PROGETTAZIONE COSTRUZIONE GESTIONE E MANUTENZIONE PROFESSIONALE DEGLI SPAZI VERDI
giardiniere N° 032
IL
Gennaio – Marzo 2022
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In copertina Domenico Maschi di Idea Verde Maschi, nato e cresciuto tra le piante e i giardini
LA NUOVA RIVISTA PER IL GIARDINIERE FOCUS INNOVAZIONE Panoramica di prodotti pensati per agevolare il lavoro
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A
EDITORIA LE
Anno nuovo, vita nuova… O meglio, rinnovata. È con questo spirito che ILgiardiniere è pronto ad affrontare il 2022, per raccontare al meglio un settore in continua evoluzione, che dovrà essere pronto ad affrontare sfide importanti, da quelle legate alla sostenibilità a quelle che implicano la continua innovazione. E così IL giardiniere si sdoppia: giornale cartaceo più magazine digitale - IL giardiniere SMART SMART, con contenuti multimediali e inediti (primo numero a marzo). In tutto 11 numeri, per un’informazione sempre più puntuale. LA NUOVA RIVISTA PER IL GIARDINIERE
Ma le novità partono già dal numero che state leggendo, con l’introduzione di ben sei nuove rubriche. Andiamo con ordine. A pagina 8 una firma speciale, quella di Francesco Ferrini, professore di Arboricoltura e coltivazioni arboree all’Università di Firenze e presidente del Distretto Vivaistico-Ornamentale di Pistoia, con il suo “Glossario verde”: su ogni numero, la spiegazione di un vocabolo che ricorre tra i professionisti del verde, per fare luce sulle parole corrette e mettere in ombra quelle che creano scompiglio. E poi una spazio fisso dedicato a giovani e giovanissimi, “New generation”, che ci aiuterà ad avere uno sguardo verso il futuro. A pagina 18 trovate la testimonianza di Lorenza di Marco, una giovane architetta del paesaggio, che ci ha raccontato del nostro settore, del suo percorso e delle sue ambizioni, tra sensibilità e legame con la sua terra. Un’altra nuova firma è quella dello Studio Urka, composto dagli architetti del paesaggio Lavinia Raccah ed Edoardo Carconi, che si occupa di progettare e realizzare spazi esterni per committenza pubblica e privata. “Prima e dopo” il nome della loro rubrica, che con un approccio molto pratico, su ogni numero ci presenteranno una problematica e la soluzione adottata per risolverla. Andando avanti, poi, troverete uno spazio fisso dedicato ai libri, uno alla sostenibilità, uno al verde sociale. E queste sono solo le novità. Il prossimo appuntamento, a marzo, sarà con il primo numero de IL giardiniere SMART SMART, il magazine digitale, distribuito tramite newsletter, con contenuti diversi dalla rivista cartacea, che tratteranno temi pratici e con un approccio diretto: tema-soluzione (per riceverlo scrivi a: info@laboratorioverde.net). E allora, sulla scia di questo rinnovamento, vi auguro una buona lettura! di Francesco Tozzi
N°032
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© Sandro Degni.
LA RIFLESSIONE
LE DIMENSIONI NON CONTANO La semplicità è la forma della vera grandezza. di Sandro Degni
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Francesco De Sanctis
olti anni fa durante una riunione con alcuni giardinieri si cominciò a discutere su attrezzature varie, mezzi di trasporto e dimensioni dei lavori, e in maniera molto curiosa mi resi conto che tutto quello che era gigante faceva assumere al professionista un certo peso, al contrario lo faceva sentire poco più di un hobbista. Ovviamente da che parte stavo lo potete immaginare, da quella di chi a dispetto del “giga” preferiva il “mini” o comunque il piccolo e contenuto. Ricordo ancora l’appunto di un collega che mi disse che senza un grosso furgone non potevo nemmeno essere annoverato nell’olimpo dei giardinieri. Per un po’ di tempo ho creduto a questa fragile teoria, anche perché la formazione scolastica giardinieristica oltre a dare validi principi e basi per il futuro, a pensarci bene, faceva passare questo tipo di concetto: lavoroni grossi, mezzi grossi, strumenti grossi. Ma da ormai lungo tempo, per
me la semplicità è la vera forma di grandezza: la semplicità in giardino è la base per poter fare grandi realizzazioni e ottenere risultati eccellenti. Il concetto che esprime la frase less is more dovrebbe essere il punto di partenza di molti progetti: puntando su piccole realizzazioni, che molti reputano essere antieconomiche, dimostriamo la nostra capacità di visione futura di uno spazio verde, sia esso un giardino o un terrazzo. Quando affrontiamo un piccolo progetto non Q siamo meno bravi di chi realizza grandi spazi o progetti faraonici e quotati, anzi, dobbiamo avere la capacità di prevedere con margini di errore ridotti quello che accadrà in futuro. Si lavora di cesello. Insomma, è il fascino del micromondo, quando guardiamo nel microscopio restiamo sempre molto affascinati e stupiti di quello che riusciamo a vedere e non immaginavamo. Le dimensioni non contano: un piccolo spazio
Il Giardiniere deve uscire dall’ottica del “grande”, inteso spesso come unico momento edificante della propria professione, e accettare che per crescere, la realizzazione e l’interesswe verso piccoli spazi sono una vera e propria palestra formativa 6
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Il Giardiniere deve uscire dall’ottica del “grande”, inteso spesso come unico momento edificante della propria professione, e accettare che per crescere, la realizzazione e l’interesse verso piccoli spazi sono una vera e propria palestra formativa. Una delle difficoltà di molti giardinieri, per esempio, è l’incapacità di proporre ai clienti piante e fiori meno appariscenti per forme e colori, ma sicuramente più interessanti da un punto di vista della texture delle foglie, oppure per il profumo o, ancora, per la produzione di infiorescenze, bacche, spighe o pannocchie di dimensioni ridotte. E questo perché si tratta di particolari nascosti che vanno cercati, che possono essere notati solo sviluppando una certa curiosità. Pensate al fiore del calicanto, piccolo,
fiorito ancora nella stagione fredda e con la capacità di farsi sentire da una lunghissima distanza; o immaginate la Sarcococca, esempio palese che le dimensioni non sono così importanti; e, con orgoglio e presunzione, lo fa notare senza nessun problema, sfacciata come solo lei può essere. Lee dimensioni non contano, la natura ce lo insegna molto bene in tante occasioni quindi perché mai dovremmo sentirci superiori? Amate i piccoli spazi, giocate con loro, divertitevi a fare incastri e provare e riprovare, imparerete dai vostri errori e diventerete dei maestri quando, finalmente, avrete davanti il progetto della vostra vita: quello enorme, da affrontare con il camion gigante, usando attrezzi grandissimi. In fondo, in fondo, perché facciamo questo lavoro? Solo ed esclusivamente perché siamo rimasti dei giovani uomini e delle giovani donne che giocano con mille attrezzi senza che nessuno ci dica niente…
© Sandro Degni.
© Sandro Degni.
di qualche metro quadrato può diventare un capolavoro al pari di un grande terrazzo o giardino, ma questo dipende solo da noi; significa lavorare con piccoli accorgimenti, leggere modifiche, usare un pennello dalla punta fine che ci aiuti a dosare il colore invece che rovesciarlo tutto insieme per poi stenderlo in maniera grossolana.
GLOSSARIO V ERDE
pino domestico vs pino marittimo la confusione regna sovrana Su ogni numero, la spiegazione di un vocabolo N che ricorre tra i professionisti del verde. Per fare luce sulle parole corrette e mettere in ombra quelle che creano scompiglio di Francesco Ferrini
egli articoli dei quotidiani e un po’ in tutti i media, tradizionali o meno, si trova spesso citato il pino marittimo (Pinus pinaster) quando invece ci si riferisce al Pino domestico (Pinus pinea). Non solo, se digitate “pino marittimo” su Google, appare subito l’immagine del Pinus pinea insieme anche a quella del Pinus pinaster. Facciamo chiarezza.
Pino domestico s. m. [lat. scient. Pinus pinea] – Produce i pinoli, presenta pigne lunghe 8-15 cm, ovoidali e grandi, ed è un’icona del paesaggio mediterraneo con il tronco relativamente breve in natura e la sua caratteristica chioma globosa “a ombrello”, così bella da essere insignito dell’Award of Garden Merit da parte della Royal Horticultural Society. Pino marittimo s. m. [lat. scient. Pinus pinaster pinaster] – Molto diverso dal pino domestico, ha un portamento conicopiramidale e presenta l’ago più lungo e pungente, la pigna più piccola, stretta e allungata. È una specie che vive in climi più oceanici, potendo interessare areali più elevati, e spesso è utilizzato in vasti rimboschimenti. P Flora nell’affresco rinvenuto durante gli scavi archeologici dell’antica città di Stabiae, l’odierna Castellammare di Stabia, conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (fonte Wikipedia).
COME RICONOSCERLI In genere nel pino domestico la corteccia si presenta di colore grigio scuro, spessa e fessurata in colorazioni rossastre, mentre è spessa con grosse placche verticali e di colore più grigiastro nel pino marittimo. I due pini possono essere riconosciuti anche stropicciando gli aghi fra le mani e annusando l’odore emesso, che ricorda quello dei pinoli nel pino domestico, mentre è intenso e aspro nel pino marittimo.
Dèi in giardino di Sandro Degni Visto che ci stiamo lasciando l’inverno alle spalle, la prima divinità che andiamo a conoscere è Flora, la dea romana e italica della primavera. Dea che, secondo il poeta romano Ovidio, corrisponde alla figura greca di Clori. La mitologia racconta che un giorno, mentre Flora passeggiava per i campi, fu avvicinata da Zefiro, il vento della primavera, che se ne innamora immediatamente, la rapisce e la sposa. E come dono d’amore, le dà la possibilità di regnare sui fiori dei giardini e dei campi coltivati. Flora, in genere rappresentata con una ghirlanda di fiori sul capo, è legata all’immagine della freschezza e della rigogliosità. La dea, in antichità, veniva celebrata durante i Floralia, giochi a lei dedicati tra aprile e maggio, particolarmente allegri e lascivi.
COVER STORY
14
Giardinieri si nasce di Daniela Stasi
NEW GENERATION
18
Il cantiere
21
Le regole per fare “goal”
26
Nuove visioni
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Il territorio, trama e promessa di R Rachele Pozzato
di R Rachele Pozzato
Prima & Dopo. Paradiso in città
di Lavinia R Raccah ed E Edoardo Carconi
30
SOLUZIONI
di Valerio Pasi
Sottobosco urbano di R Rachele Pozzato
36
Energia e precisione
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Semplice come un’app
40
Modelli celebrativi
41
FOCUS INNOVAZIONE
45
Il colore della rinascita
46
Senza pensieri
47
La natura protagonista
48
Eleganza funzionale
50
In sicurezza, ma con stile
di M Margherita Wotton di Viola Delfino di IIrene Nuvola
di Anita Cavalli
di R Rachele Pozzato
di E Emma Colombo di Margherita Wotton di E Emma Colombo
di Margherita Wotton
gestione
SOMMARIO N°032
56
La redazione in classe
58
Per i sensi e per la memoria
60
L’importanza delle parole
62
Un tesoro per il terreno
66
A conduzione naturale
di Daniela Stasi e Francesco Tozzi di G Giovanna Cutuli di R Rachele Pozzato
testo e foto di F Federico Fagan di Daniela Stasi
N˚ 032 GENNAIO / MARZO 2022 DIRETTORE RESPONSABILE Francesco Tozzi / f.tozzi@laboratorioverde.net RESPONSABILE EDITORIALE Daniela Stasi / d.stasi@laboratorioverde.net
sCOPERTE
COLLABORATORI Jessica Bertoni, Lucio Brioschi, Edoardo Carconi, Anita Cavalli, Emma Colombo, Giovanna Cutuli, Sandro Degni, Viola Delfino, Federico Fagan, Francesco Ferrini, Stefania Medetti, Irene Nuvola, Valerio Pasi, Rachele Pozzato, Lavinia Raccah Margherita Wotton, Anna Zottola
68
Vibrazioni tropicali
70 72
Incanto cangiante di SStefania Medetti
75 76
PRODUZIONE E SEGRETERIA Katiuscia Morello / k.morello@laboratorioverde.net
Fioriscono e rifioriscono
PROMOZIONE E SVILUPPO Matteo Ragni / m.ragni@laboratorioverde.net Stefano Carlin / s.carlin@ laboratorioverde.net
di Margherita Wotton
L’uomo che pianterà gli alberi
Buono di natura
di Daniela Stasi, foto di R Rachele Pozzato
GRAFICA Testo&Immagine snc / testoeimmagine@fastwebnet.it
STAMPA Ciscra spa, Via San Michele 36, Villanova del Ghebbo (RO)
06
La riflessione
Flortecnica e vivaismo, periodico mensile registrato presso il Tribunale di Piacenza n. 275 del 8/03/1977 – n. R.O.C. 15/171. Spedizione Posta Target Magazine autorizzazione LOMBARDIA/00202/02.2014/CONV.
08
Glossario Verde
52 54
News a cur cura di Rachele Pozzato
78 80
AMMINISTRATORE UNICO Francesco Tozzi
Ieri & Oggi
SEGRETERIA GENERALE Katiuscia Morello
82
L’opinione
05
di Francesco Tozzi di SSandro Degni di F Francesco Ferrini
Libreria
Prontuario
di Jessica Bertoni di Anna Zottola
UNIVERSO IL giardiniere Chi siamo, cosa facciamo e le info utili per entrare in contatto con noi
e d i z io n i
Editoriale
DIREZIONE, REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE Edizioni Laboratorio Verde srls, via E. Cosenz 35, 20158 Milano Tel. +39 02 4244 8445 info@laboratorioverde.net | www.laboratorioverde.net
rubriche
12
IN REDAZIONE Alice Nicole Ginosa
Laboratorio
verde
Casa editrice specializzata nei settori florovivaismo, garden e interior
Edizioni Laboratorio Verde srls edita i seguenti prodotti: • GreenUp • Flortecnica e vivaismo • Agenda del Verde • I Quaderni di greenup • Calendario del Verde Rappresentante e collaborazioni: • floorewall.com Edizioni Laboratorio Verde srls, titolare del trattamento dei dati relativi ai destinatari della presente pubblicazione, informa che le finalità di tale trattamento sono rivolte a consentire l’invio della presente rivista, e/o altre di propria edizione, allo scopo di agevolare l’aggiornamento dell’informazione tecnica, nonché alle operazioni necessarie alla gestione amministrativa e contabile dell’abbonamento. Edizioni Laboratorio Verde srls riconosce e garantisce ai medesimi destinatari i diritti di cui all’art. 7 del D.Lgs. 196/03.
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Le nostre firme
N° 032
IL
Gennaio – Marzo 2022
Sandro Degni
*
In copertina Domenico Maschi di Idea Verde Maschi, nato e cresciuto tra le piante e i giardini
Francesco Ferrini
Valerio Pasi LA NUOVA RIVISTA PER IL GIARDINIERE FOCUS INNOVAZIONE Panoramica di prodotti pensati per agevolare il lavoro
NOVITÀ + pagine + rubriche +
contenuti
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N°032
R giardiniere professionista di lunga data, esperto di terrazzi e spazi urbani R Professore di Arboricoltura e coltivazioni arboree all’Università di Firenze e presidente del Distretto Vivaistico-Ornamentale di Pistoia, accademico e divulgatore scientifico R agronomo specializzato principalmente in verde ornamentale e pianificazione del territorio per gli aspetti legati all’agricoltura e alle foreste
Sara Lavinia Raccah ed Edoardo Carconi R architetti del paesaggio, anime dello Studio Urka di Roma Anna Zottola R agronoma con esperienza di ricerca, docenza e gestione della Scuola di Minoprio; oggi si occupa di consulenza per progetti di formazione e sviluppo del verde
COV ER STORY
Domenico Maschi ha seguito le orme del padre e oggi è responsabile giardini dell’azienda di famiglia.
Giardinieri È il caso di Domenico Maschi, responsabile giardini dell’azienda di famiglia, la cremonese Idea Verde Maschi. Nato nella natura, il giardinaggio professionale non poteva che essere la sua strada maestra di Daniela Stasi TEMPO DI LETTU R A: 5 minuti
L
a voce di Domenico Maschi, anche se filtrata dal telefono, mi giunge subito come un vento calmo, di quelli che, in alta quota scacciano le nuvole, ma che ad altezza uomo, anziché scompigliare i capelli, hanno il potere di placare gli animi e di trasmettere una grande passione e professionalità. Ancora prima di iniziare l’intervista, ci tiene a dirmi che è giardiniere da sempre, che è nato tra le piante e le ha scelte come teatro per la sua vita professionale. Domenico, infatti, insieme alla sorella Mara (che abbiamo avuto il piacere di intervistare qualche mese fa per la rivista greenup, ndr) e al fratello Michele, rappresentano la seconda generazione di Idea Verde Maschi, l’impresa di famiglia fondata dal padre a Gadesco-Pieve
Chi è responsabile di un’impresa deve
valorizzare le competenze dei collaboratori e, in maniera specifica, seguire le predisposizioni di ciascuno 14
N°032
Delmona, in provincia di Cremona. L’azienda ha una fisionomia delineata e al suo interno propone attività ben diversificate, che vanno dal garden center ai mercati rionali (approfondimento nel box “Storia da raccontare”). Domenico, di formazione agronomo, è responsabile della parte di impresa che si occupa della manutenzione e della realizzazione di spazi verdi. Coordina una decina di giardinieri, muovendosi con competenza tra tutte le fasi di lavoro. Ecco cosa ci ha raccontato sulla sua visione del giardinaggio professionale. Domenico tu e i tuoi fratelli siete letteralmente “sbocciati” nella natura. Perché hai deciso di continuare l’attività di famiglia anziché prendere altre direzioni? La natura è sempre stata intorno a me, i lavori di giardinaggio hanno accompagnato e scandito tutta la mia vita, per me è stato un percorso naturale, non ho mai pensato di fare altro. Come definiresti il mestiere di giardiniere? Per me quello del giardiniere è il più bel lavoro che si possa fare. Certo, a volte ci si inzuppa, ma
Alcuni dei lavori realizzati da Idea Verde Maschi.
Per saperne di più visita il sito ideaverdemaschi.com
si nasce la possibilità di stare all’aria aperta è impagabile. Personalmente oggigiorno trascorro la maggior parte del mio tempo a gestire le squadre e a visitare i cantieri, sono poi miei collaboratori che svolgono fisicamente il lavoro di giardiniere.
Q è la tipologia di lavori di cui vi occupate Qual maggiormente? Ci occupiamo sia di manutenzione che di realizzazione. Giusto per fare degli esempi, curiamo la manutenzione del verde per un supermercato, una casa di riposo, un centro sportivo, alcune aziende e per numerosi privati che ci conoscono tramite il garden center. Anche la progettazione e la realizzazione sono una parte consistente del nostro lavoro: una delle mie collaboratrici fisse è una paesaggista, e mi avvalgo anche della collaborazione di un altro paesaggista libero professionista. Oltre alla progettazione in senso stretto, inoltre, ci occupiamo di una serie di altri lavori satelliti, dalle consulenze a studi di architettura a opere di forestazione e di compensazione ambientale.
V occupate solo di giardinaggio o anche Vi di lavori complementari, dagli impianti di irrigazione alla pavimentazione? La nostra scelta è di svolgere un lavoro di puro giardinaggio, ci occupiamo delle piante e della lavorazione del terreno. Per tutti i lavori STORIA DA RACCONTARE Il padre dei fratelli Maschi, fondatore dell’impresa di famiglia, ha mosso i primi passi nel lavoro vendendo sementi nelle cascine. Quando poi è cambiata la normativa in materia, ha avuto la lungimiranza di reinventarsi vendendo piante e fiori, prima nei mercati, poi aprendo il garden center e man mano ampliando l’attività. Oggi l’azienda conta anche 600.000 mq di vivaio di piante ad alto fusto e 500.000 mq di campi adibiti a monocoltura ed è attiva in ben quattro mercati rionali a settimana.
Lavorate solo nel cremonese? No, il nostro principale raggio di azione è collocato tra le province di Parma, Mantova, Brescia, Cremona e Piacenza. Ma ci muoviamo ovunque ci richieda la committenza: ci è capitato di seguire lavori importanti anche all’estero e in altre parti d’Italia. N°032
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COV ER STORY
Reputo che oggi ci sia sempre meno spazio per le improvvisate: con il crescere delle nuove varietà, ci vuole maggiore conoscenza delle piante, conoscenza che non si apprende in un giorno e che è un processo infinito Sei un giardiniere e vuoi raccontarci la tua storia? Scrivi a
Hai citato la conoscenza, che peso ha per te la formazione? È fondamentale, ci sono esempi positivi di scuole che formano giardinieri professionisti, ma sono ancora troppo poche. C’è ancora tanta storia da scrivere.
d.stasi@laboratorioverde.net
complementari ci avvaliamo di imprese con cui collaboriamo da anni. Per noi questo aspetto è importante, è una questione di competenza: ciascuno acquisisce esperienza e manualità nei lavori che fa quotidianamente, e per una questione di professionalità – e di rispetto nei confronti del cliente – è giusto rivolgersi a chi è specializzato in quella determinata attività. Secondo te come si evolverà in futuro il mestiere del giardiniere? Qual è la tua visione? Oggi, più che mai, è aumentato a dismisura il bisogno di verde, c’è molta più sensibilità. Ho una visione rosea per il futuro del giardiniere, anche perché le persone amano sempre di più le piante ma hanno sempre meno tempo per occuparsene; quindi la necessità di professionisti è sempre più impellente. Però, a fronte di un aumento del lavoro, il mestiere di giardiniere sarà sempre più schizofrenico: abbiamo perso la pazienza di aspettare l’evolversi delle stagioni, oggi siamo chiamati a intervenire ogni mese dell’anno con piantagioni e operazioni forzate. Ma anche in questi casi tutto sta alla professionalità del giardiniere, per far comprendere al cliente che le piante sono esseri viventi bisognosi di cure. Reputo che oggi ci sia sempre meno spazio per le improvvisate: con il crescere delle nuove varietà, ci vuole maggiore conoscenza delle piante, conoscenza che non si apprende in un giorno e che è un processo infinito.
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Cosa rappresenta per te idealmente essere un giardiniere? Essere un giardiniere significa avere la fortuna di dare vita ai progetti e ai sogni delle persone. Si tratta di una figura professionale sicuramente cambiata rispetto al passato: le normative sono aumentate, i corsi di aggiornamento tra cui poter scegliere sono molti e diverse associazioni stanno proponendo percorsi formativi decisamente interessanti. Per chi è responsabile di un’impresa di giardinaggio è importantissimo valorizzare le competenze dei collaboratori e, in maniera specifica, seguire le predisposizioni di ciascuno: all’interno del personale, infatti, c’è chi è più vocato a fare una cosa, e chi un’altra. Infine, essere un giardiniere significa anche passare del tempo dietro la scrivania, che è una parte integrante del lavoro. Q Quali sono le priorità nel giardinaggio professionale? L’estetica, il rispetto della natura, il L soddisfacimento dei desiderata dei clienti, la normativa, la salubrità e il benessere sul posto di lavoro, la sicurezza dei cantieri: sono tutti aspetti in egual modo importanti, che vanno a costituire l’alchimia del lavoro del giardiniere. Q Quali sono i tuoi punti di forza e quelli della tua azienda? La mia azienda è in grado di soddisfare qualsiasi esigenza, direttamente o tramite le aziende con cui collaboro. Inoltre, ho la grande fortuna di avere le piante in vivaio, e quindi di poterle far toccare con mano ai clienti: è già un’emozione scegliere la pianta, ancora prima di iniziare i lavori. Per quanto mi riguarda, m’impegno a creare il giusto mix nelle squadre affinché possano svolgere il lavoro al meglio.
NEW GENERATION
Il territ territo trama e pro Il passaggio generazionale è un momento cruciale in tutti i settori. Lorenza di Marco è una giovane architetta del paesaggio, che ci ha raccontato della sua professione, del suo percorso e delle sue ambizioni, tra sensibilità e legame con la sua terra di Rachele Pozzato
Un dettaglio del complesso sistema di aiuole tra il municipio e la chiesa di Pineto, realizzate come parte di un unico giardino e con intensi contrasti di colore.
TEMPO DI LETTU R A: 3 minuti
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orenza ha aperto le danze per questa nuova rubrica, New Generation, e lo stesso, ho poi scoperto in questa chiacchierata, aveva già fatto nel suo lavoro: riscoprire la sua terra grazie alla sua professione, e spesso viceversa.
Come è avvenuto il tuo incontro con il verde? Il mio percorso è stato molto naturale e spontaneo. Ero una bimba “atipica”, mi annoiavano la TV o i giochi classici, e papà era agronomo: il mio gioco preferito era andargli dietro, quindi al momento di decidere che strada prendere non ci ho dovuto
t torio,
o messa
pensare molto. Ho poi iniziato architettura, ma la mia attenzione già dai primi progetti era rivolta al mondo del verde. Mi è capitato di rifare da capo progetti perché prevedevano la potatura di un albero! La mia “famigliarità” con questo lavoro non è un caso. Dopo gli studi ho fatto una breve esperienza in uno studio, ma quasi subito mi sono buttata nel lavoro indipendente. Al momento cerco di collaborare il più possibile con i giardinieri, ho iniziato così. Piano piano ho iniziato a lavorare insieme ad architetti, ma mi sto instradando su vari fronti. Principalmente progetto giardini e terrazzi, ma il bello del mio lavoro è la varietà degli incarichi: con un’azienda agricola sto progettando i tracciati dei vigneti, questa occasione in particolare la devo alla mia zona. Sono originaria di Pineto, un piccolo paese vicino a Pescara, in Abruzzo: anche la provenienza ha inciso, perché la mia è una “città giardino”. Pineto è nata negli anni Trenta e prende il nome dalla pineta litoranea che un luminare aveva fatto piantare lì in quegli anni. L’attenzione al verde è un aspetto a cui sono abituata da sempre. La mia non è una professione molto richiesta qui, ai tempi dell’iscrizione all’albo qualche anno fa ero solo la seconda. Questo mi permette, quindi, oltre ad avere meno concorrenza, di applicare le mie competenze in aspetti satelliti di questo settore. Q è il tuo progetto dei sogni? Qual Nel mio progetto dei sogni non conta tanto l’imponenza o la grandezza, la dimensione non mi conforta più di tanto. Quello che sogno per la mia
L’IDENTIKIT
carriera, e un po’ penso di riuscirci, è avere un interlocutore sensibile, un cliente che mi permetta di esprimere la mia professionalità e competenza al 100%. Uno spazio di cui non mi Visita il profilo interessa l’estensione, ma fruibile da Instagram dello studio LAR un pubblico consapevole. Penso sia per più info! comune nel mio settore “combattere” con le richieste che arrivano dai clienti. Io cerco di far passare il messaggio che la realizzazione di uno spazio verde non deve ottenere solo qualcosa di bello, ma anche di utile. Il mio sogno lavorativo prevede una committenza che si fidi, oltre che del mio senso estetico, della mia attenzione agli ecosistemi e all’equilibrio naturale. Come ti vedi tra dieci anni? Tra dieci anni spero di essere proprietaria di un T vivaio. Mi piacerebbe moltissimo vedermi sempre più indipendente, sostenendo il mio lavoro e i miei progetti con piante prodotte da me. Il mondo del tuo lavoro è come te lo aspettavi, quando hai intrapreso questo percorso? L’università secondo me sotto questo aspetto non L aiuta molto: quando inizi poi a lavorare la realtà è sempre un po’ più ruvida. La mia fortuna è stato il lavoro di mio papà: grazie alla sua professione, crescendo, ho avuto modo di vivere l’ambiente da vicino, questo mi ha permesso di non ricevere nessun colpo forte. C’è ’è una differenza nell’approccio al lavoro della tua generazione di giovanissimi e quelle precedenti? Sicuramente icuramente sì. Non so se i miei coetanei condivideranno in toto, ma secondo me noi, della mia generazione, siamo un po’ più flessibili, elastici nei processi. Se un cliente cambia idea all’ultimo, per esempio, abbiamo la prontezza di ricontattare subito il
Lorenza Di Marco, 30 anni, architetto paesaggista. Studia Scienze dell’Architettura al Politecnico di Milano e, a seguire, Progettazione delle Aree Verdi e del Paesaggio al corso di laurea magistrale interateneo tra Università di Milano, Università di Torino, Politecnico di Torino e Università di Genova. Vive e lavora in Abruzzo, terra natìa, dove ha fondato lo studio di architettura del paesaggio LAR.
NEW GENERATION Uno degli ingressi principali di Masseria della Madonna a Pineto in fase di realizzazione, dove il paesaggio è definito da vigneti e oliveti.
professionali che hanno ancora competenze più generali, affinate magari con l’esperienza. Nel tuo caso, la giovane età è stato più un vantaggio o un ostacolo? Inizialmente, senza dubbio un ostacolo! Ti scavalcano con nonchalance perché sei giovane. La mia tattica consiste nel lavorare a testa bassa, consapevole delle competenze, della professionalità e delle conoscenze di cui sono dotata e che non smetto mai di cercare di aumentare. Cerco di mantenere sempre un clima di rispetto, anche quando è una fatica, e ho scoperto essere l’unico modo per farsi riconoscere dei meriti in questo settore, ma penso valga per tanti lavori.
Grandi vasi metallici definiscono una serie di spazi e utilizzi di questo terrazzo, rendendo la grande macchia di Lagerstroemia indica visibile anche dai punti più lontani del giardino in cui è immersa la villa.
fornitore e riorganizzare le cose, senza fossilizzarci come capita a colleghi più grandi. Mi capita di riscontrare in alcuni professionisti un po’ di rigidità, forse è questa la differenza sostanziale. Poi, per fortuna, noi facciamo parte di quella generazione che ha il lusso di scegliere il lavoro che vorrà fare, quindi gli studi a monte sono già piuttosto specifici, mentre spesso mi capita di trovare figure
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Che consiglio daresti a un giovane che vuole diventare architetto del paesaggio? La prima cosa da fare è chiedersi se c’è la sensibilità di base, l’attitudine che serve a fare questo lavoro. Non si può praticare con un approccio troppo commerciale. È un lavoro che spesso viene sminuito se messo in vetrina, cosa che capita facilmente con i social. Tanti si approcciano in questo modo sui social, ma sono hobbisti: noi siamo professionisti e il nostro lavoro non si può ridurre a un post o a una storia. Non cascherei troppo nell’aspetto comunicativo di questa professione: secondo la mia personalissima opinione, la cosa migliore è investire in cultura e formazione.
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Scendiamo letteralmente in campo. E insieme a Fabrizio Ingegnoli, agronomo consulente per diverse società di calcio di Serie A e serie minori, vediamo l’approccio corretto per la gestione del tappeto erboso a uso sportivo di Valerio Pasi
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a tematica del tappeto erboso a uso sportivo, e in particolare a uso calcistico, è di grande interesse per i manutentori del verde. Vediamo quali sono le regole base e il tipo di specializzazione necessario per un corretto approccio con un’intervista a Fabrizio Ingegnoli, dottore agronomo libero professionista e consulente per diverse società sportive di calcio di Serie A e serie minori. Dal campo comunale al campo di Serie A ci sono grandi differenze, tuttavia possiamo trovare delle regole di base che li possono accomunare? Dal punto di vista infrastrutturale, tecnologico e climatico, in effetti, c’è molta differenza tra gli
stadi comunali e quelli utilizzati per il Campionato di Serie A, senza contare che spesso questi ultimi si avvalgono anche di sistemi di rinforzo (orizzonatle o verticale) alla vegetazione. Forse solo l’impianto di irrigazione è più o meno simile tra le due realtà. Una regola che li dovrebbe accomunare sarebbe la tempestività nello svolgere alcune operazioni di
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Un tappeto erboso è spesso accompagnato dal cartello “Vietato calpestare l’aiuola”, per un campo di calcio è esattamente il contrario:
“Fatto per essere calpestato”
Le regole per
fare “goal”
IL CANTIERE | tecniche Nelle foto le operazioni per realizzare il sistema di drenaggio. Secondo gli enti di riferimento, il top soil dovrebbe drenare a saturazione dai 150 ai 660 mm/ora come range.
manutenzione ordinarie, quali il ripristino post partita o allenamento, il taglio con raccolta, le pulizie del cotico e la corretta e attenta gestione dell’impianto irriguo nel periodo estivo. Tutti interventi di basso costo che nell’arco dell’anno si rilevano utili nella prevenzione sanitaria e alla qualità del prato. Se ogni stadio comunale destinasse più risorse alla gestione ordinaria del campo, piuttosto che riporre aspettative solo a operazioni straordinarie, sarebbe molto meglio e più efficace al manto erboso. Q Quali sono le maggiori difficoltà nella corretta manutenzione? Gli stadi sono spesso strutture architettoniche
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di rilievo, in cui nel catino interno non ci sono le condizioni ideali per lo sviluppo delle essenze prative sottoposte a calpestamento (poca luce e alta umidità). Il particolare microclima che si instaura all’interno del catino di uno stadio richiede l’impiego di prodotti agronomici specifici, macchinari dedicati, oltre a uno staff preparato ed esperto in grado di compilare piani biotecnici a stretto raggio temporale (non oltre i 14 giorni). Sempre di più, anno dopo anno, ci si aiuta con la sensoristica, in grado di rilevare in tempo reale valori climatici utili per effettuare una vera e propria “intelligence agronomica” finalizzata a limitare i danni da stress ambientale. Un’altra difficoltà negli stadi è dovuta alla necessità di limitare le operazioni con mezzi meccanici di grosse dimensioni e optare per mezzi a spinta manuale o walk behind per ridurre al massimo i compattamenti nello svolgimento delle manutenzioni, che inevitabilmente richiedono tempi più lunghi o più personale. Se devo trovare una difficoltà sopra tutte è quella che riguarda la reperibiltà di manodopera specializzata per il verde sportivo, il cosidetto “Giardiniere Sportivo”, termine che rende l’idea ma che, a mio parere, è improprio, perché in
GESTIONE ORDINARIA In un campo di calcio il tappeto erboso si taglia più di 100 volte l’anno, così i primi 20 mm di top soil si degradano nell’arco di quattro-cinque partite.
uno stadio non c’è bisogno di un giardiniere: è un contesto, infatti, in cui viene dato poco spazio alla creatività, e un giardiniere di creatività ne ha giustamente molta.
Le operazioni da svolgere sempre post partita o post allenamento, che si tratti di un campo comunale o di un campo utilizzato per il Campionato di Serie A: il taglio con raccolta, le pulizie del cotico e la corretta e attenta gestione dell’impianto irriguo nel periodo estivo.
Q Quanto è influente il substrato sulla durata del tappeto erboso e sulle caratteristiche del gioco? Un top soil per stadio è come l’asfalto per la Formula 1. Diciamo, il corretto bilanciamento tra velocità d’infiltrazione e ritenzione idrica è la chiave del successo. Nel luogo comune, un tappeto erboso è spesso accompagnato dal cartello “Vietato calpestare l’aiuola”, per un campo di calcio è esattamente il contrario: “Fatto per essere calpestato”. I carichi di gioco (calpestamento e trazione) insieme a numerosi passaggi meccanici (si taglia più di 100 volte in un anno!) degradano velocemente l’efficienza del top soil, fino a ridurlo a uno strato molliccio, salino e impenetrabile. I primi 20 mm si degradano nell’arco di quattrocinque partite!
Sotto il profilo prestazionale, il top soil influisce sul rimbalzo, sullo scorrimento della palla oltre che sulla trazione. Secondo gli enti di riferimento (USGA e STRI) il top soil dovrebbe drenare a saturazione dai 150 ai 660 mm/ora come range: vi assicuro che diversi prestigiosi stadi italiani drenano 500 mm/ora, se poi in realtà se non vengono mantenuti nel modo migliore, i primi 20 mm dopo cinque partite si riducono a un film organico quasi impenetrabile ad acqua e aria. Q Qualè il periodo più critico per il prato? Posso essere preciso: uno stadio in Pianura Padana con essenze microterme, soffre tra il 20 luglio e il 15 settembre, c’è di buono che in quel periodo le squadre non giocano spesso. Il periodo peggiore, a mio avviso, è durante i giorni piovosi di novembre e dicembre, è in quel lasso di tempo che si
LE PRIORITÀ • Manodopera specializzata nel verde sportivo • Prodotti agronomici specifici • Macchine dedicate • Redazione di piani biotecnici non oltre i 14 giorni • Utilizzo di mezzi a spinta manuale o walk behind
Se ogni stadio destinasse più risorse alla gestione ordinaria del campo, piuttosto che riporre aspettative solo a operazioni straordinarie, sarebbe molto meglio e più efficace al manto erboso N°032
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Il periodo peggiore per un campo di calcio è durante i giorni piovosi di novembre e dicembre.
distruggono i tappeti erbosi negli stadi (Genova, Torino, Milano e tutta la fascia padana da Alessandria a Udine). Un mix letale di impegni agonistici e piogge autunnali con scarsa forza di penetrazione determina la repentina discesa prestazionale del campo. In quel periodo si forma il “paciugo” destabilizzante per il top soil e per la tenuta degli scarpini, a ridosso dell’inverno la situazione peggiora fino a fine gennaio. Un campo in macroterme, cioè in
Un mix
letale di impegni agonistici e piogge autunnali con scarsa forza di penetrazione determina la repentina discesa prestazionale del campo
gramigna sia seminata che insediata con ibrido vegetazionale (Tifway 419, Latitude 36, Tahoma 31), ha due periodi critici, che si riducono proporzionalmente al ridursi della latitudine: la transizione estiva, cioè l’uscita della gramigna dalla dormienza fino alla chiusura della vegetazione pronta per l’uso calcistico, che comprende circa 70-80 giorni al Nord e 60-70 al Sud; la transizione autunnale, che consiste nel velocizzare la dormienza della gramigna per favorire la comparsa della specie microterma (loietti diploidi, tetraploidi, Loietti multiflorum westervoldicum, Poa trivialis, Poa pratensis, Poa annua, ecc) per ottenere il manto erboso autunno-primaverile. Quest’ultima si svolge sempre con il campionato in corso e si sfruttano le pause della nazionale. Spesso non si riesce a essere in tempo, così in televisione si vedono campi a macchie (spesso nei campi del Sud Italia).
CANTIERE | racconti
Elena Grandi, assessora all’Ambiente e al Verde nominata dal sindaco Sala a Milano, ci ha raccontato i progetti attuali e futuri per la gestione e la cura del verde nel capoluogo lombardo di Rachele Pozzato TEMPO DI LETTU R A: 4 minuti
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n queste pagine emerge quanto il denominatore comune dei prossimi interventi a Milano sia la necessità di rendere gli spazi verdi sempre più connessi tra di loro e accessibili a tutti. Insieme alla fruibilità, al primo posto della lista, ci spiega l’assessora all’Ambiente e al Verde del Comune, Elena Eva Maria Grandi, una manutenzione puntuale ed esperta perché il verde entri finalmente a pieno titolo nella rete dei servizi pubblici. Q è il futuro della figura del giardiniere nella Qual nuova visione del verde del Comune di Milano? Abbiamo fortemente voluto un grosso Abbiamo cambiamento: la manutenzione del verde ormai da molti anni è affidata a consorzi che partecipano a gare per prendere in carica gli interventi con contratti triennali, ma stiamo lavorando per far rientrare questi lavori in house. Sarà possibile grazie a MM Spa, una società interamente partecipata del Comune che creerà un comparto ad hoc di giardinieri e tecnici per farsi carico della manutenzione del verde. Questo comporterà un lavoro dell’assessorato che dovrà mantenere un ruolo di visione e progettazione, lavorando in sinergia con MM in una direzione ambiziosa: fare in modo che il verde e il paesaggio siano riconosciuti come una vera e propria infrastruttura.
Parco Ticinello a Milano.
Elena Eva Maria Grandi, assessora all’Ambiente e al Verde del Comune di Milano.
Faccio riferimento quindi a un verde sempre più connesso a Milano, tutela della biodiversità, depavimentazione dei suoli, connessione tra i parchi della cintura e quelli interni… Tutte azioni che fanno parte della visione dell’assessorato, che in parte c’erano già tra i programmi e le intenzioni delle giunte precedenti, ma che andremo certamente a implementare. I ruoli di professionisti come gli agronomi, i paesaggisti o i botanici saranno fondamentali. A questo vorrei che si aggiungesse la creazione di un vero e proprio tavolo scientifico del verde, a cui possano partecipare non solo professionisti del settore ma anche le varie realtà associative, con cui peraltro già il Comune collabora, e i cittadini stessi. Quello che ritengo sia importante in questa nuova visione del verde è il coinvolgimento della città, nel sentirsi sempre più proprietari di Milano. All’interno di valorizzazione e
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recupero delle aree verdi la condivisione degli spazi è fondamentale, e deve essere raccontata e svolta con criterio e attenzione. Oltre ai progetti più celebri, come ad esempio ForestaMi, sono in programma interventi pensati ad hoc per problematiche più specifiche del territorio milanese, come la qualità del suolo o il rispetto della biodiversità? Assolutamente sì, in parte già ricompresi in ForestaMi che si sta trasformando nel tempo: non è più un progetto di sola forestazione urbana, ma un collettore in cui immaginare interventi che riguardano innanzitutto il suolo. Lavoriamo in modo diverso: per esempio, una compensazione per l’eliminazione di quattro alberi può essere la depavimentazione di una rotonda in cemento che diventa drenante con prato e cespugli. Immaginare quindi il concetto di verde e spazio aperto con tutte le sue componenti. La permeabilizzazione del suolo è primaria, e lavoreremo in quest’ottica; non è il numero di esemplari, ma la tipologia, la qualità e la fruibilità a fare la differenza. U verde fruibile e con una manutenzione Un puntuale risolve molte problematiche di una città come Milano: dalla sicurezza alle ricadute su benessere fisico e psicologico dei cittadini. Nei prossimi cinque anni i principali progetti riguarderanno un po’ più la periferia? Già qualche anno fa abbiamo fatto una ricerca con una studentessa per la sua tesi di laurea su come il cervello reagisse diversamente quando ci si trova in mezzo a un parco piuttosto che tra palazzi e cemento. E alla luce di studi come questi sono stati ripensati moltissimi spazi a Milano. I progetti che stiamo portando avanti sono diversissimi tra loro: ci sono CityLife e la Biblioteca degli Alberi, ma ci sono anche gli interventi come quello al parco di Rogoredo, che restituisce qualcosa alla città. Quello che era il “fortino della droga” sta diventando un parco più esteso di Parco Sempione, con aree picnic per le famiglie e piste da mountain bike. Vogliamo pensare al verde sia come verde progettato, molto innovativo, sia al verde come parco naturale, con il recupero delle aree e la valorizzazione della
La direzione è ambiziosa: fare in modo che il verde e il paesaggio siano riconosciuti come
una vera e propria infrastruttura
biodiversità e di spazi già esistenti con un impatto e un costo diverso, in una modalità di intervento che ugualmente renda la città fruibile e accessibile per tutti. C’è poi per esempio anche il Parco Forlanini, o ancora quello delle Cave: vogliamo portare a una connessione tra il centro della città e le zone esterne, non solo in termini di collegamento ciclopedonale ma anche ecologico e di biodiversità. Un altro progetto a cui stiamo lavorando, ora in parte fermo per le perplessità anche dei cittadini, è un secondo lotto di interventi sul Parco Agricolo Ticinello che nasce come urbano, ma sfocia poi totalmente in un parco agricolo. Tanti poi sono i progetti finanziati con fondi europei, quindi dovranno essere messi “a terra” in tempi brevissimi per sfruttare al meglio tutte le risorse. ATTENZIONE ANCHE AGLI SVINCOLI AUTOSTRADALI Da quando ha preso avvio il progetto ForestaMi sono oltre 280.000 gli alberi già messi a dimora nel territorio della Città metropolitana di Milano. E nell’ambito di questo progetto recentemente sono diventate isole verdi anche gli svincoli autostradali: le prime aree individuate per la piantagione sono quelle di cintura Sud-Est e Sud-Ovest della città; complessivamente saranno messe a dimora 7.752 piante di differenti specie autoctone di cui 16 arboree e 18 arbustive. «Per la prima volta in Italia un nuovo modo di ripensare queste aree, non più spazi passivi di servizio ma polmoni verdi attivi, utili a migliore la qualità dell’aria e a salvaguardare l’ambiente», sostiene Elena Grandi.
Piantagione allo svincolo autostradale di San Donato.
visioni
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IL CANTIERE | prima&dopo
PARADISO IN CITTÀ TEMPO DI LETTU R A: 3 minuti
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l progetto riguarda un giardino privato a Roma, commissionato da una cliente in cerca di un’attenta progettazione che potesse risolvere le numerose problematiche esistenti. L’esposizione a Sud ha permesso l’impianto di specie erbacee e graminacee, quali: Pennisetum macrorum, Stipa tenuifolia, Echinacea spp. e Achillea spp.; nelle zone
in ombra invece specie quali: Helleborus orientalis, Dryopteris affinis e Anemone hybrida. Sono state inserite, quasi ovunque, specie a bassa necessità idrica, in modo da evitare un eccessivo utilizzo di acqua di rete, a eccezione delle zone in ombra. Il percorso è stato realizzato con un pavimento in grès effetto pietra, così da rendere il tutto più funzionale, rispetto alla situazione iniziale.
Presenza della sola acqua di rete comunale per l’irrigazione.
prima L’idea
Sentirsi sempre in vacanza. Questa l’idea alla base del progetto. Ecco, quindi, un arredo d’esterno bohémien e d’effetto che si unisce ad angoli di verde lussureggiante. Un’area solarium immersa tra le piante, una vasca idromassaggio, un bancone da bar, un’area pranzo annessa a una cucina all’aria aperta e per finire un’area living. Fantastico, non credete?
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Percorso in terra, molto poco funzionale al passaggio pedonale.
Numerose le problematiche esistenti, ma lo Studio Urka è riuscito a risolverle realizzando minimi interventi con il massimo risultato. Et voilà un giardino romano di Lavinia Raccah ed Edoardo Carconi che fa sentire sempre in vacanza
Per saperne di più sul progetto vai al sito studiourka.com
Attenta selezione di specie a bassa manutenzione e necessità idrica in grado di emozionare per la loro bellezza.
dopo Creazione di un giardino terrazzato con annessa realizzazione di un percorso pedonale.
GLI AUTORI Lo Studio Urka, composto dagli architetti del paesaggio Lavinia Raccah ed Edoardo Carconi, con base a Roma, si occupa di progettare e realizzare spazi esterni per committenza pubblica e privata. Tra i punti di forza: un’elevata creatività mista a una sapiente conoscenza tecnica e al non volersi mai accontentare di realizzazioni mediocri.
IL CANTIERE | progetto
Sottobosco Fare coesistere architettura e vegetazione: obiettivo reso possibile da Livingreen al primo piano della sede milanese di Zurich, con la creazione di uno spazio verde dove prima si trovava solo pavimentazione sterile di Rachele Pozzato TEMPO DI LETTU R A: 8 minuti
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a necessità era quella di creare uno spazio di cui poter fruire in diversi momenti: ritrovarsi con i colleghi, per un momento di relax, per lavorare in un ambiente più accogliente. È proprio in quest’ottica che è nato lo Zurich Garden, il giardino pensile della sede di Zurich a Milano, nel quartiere Maciachini, nell’area cittadina di nord ovest. È stato così pensato, progettato e realizzato uno spazio che potesse essere vissuto al massimo, sfruttando tutti i benefici di una pausa nel verde. A conciliare e rendere realtà queste necessità, l’intervento di Livingreen di Paolo Vezzali, su un progetto di Hortensia Garden Design.
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URBANO
Per saperne di più visita il sito livingreensrl.it
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MIGLIORIE NON SOLO ESTETICHE Come si sa, il verde pensile permette di rendere fruibile, trasformando da area sterile a verde, qualsiasi superficie: coperture, tetti, terrazzi, ecc… I vantaggi di queste realizzazioni sono molti, migliorano infatti l’immobile anzitutto dal punto di vista estetico, ma anche delle performance energetiche, grazie alla coibentazione dei volumi interni, che permette raffrescamento passivo estivo e mantenimento del calore in inverno.
Il primo piano della sede, prima della creazione del giardino.
I NUMERI • 10 giorni di lavoro • 8 professionisti della squadra Livingreen • 8 specie scelte • 240 mq di superficie complessiva • 85 mq di superficie verde
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OMBRA ISPIRATRICE
Ci troviamo al primo piano della sede, in uno spazio all’aperto coperto da pilastri, vicino all’accesso dell’auditorium. Proprio dall’ombra creata da questo portico è nata l’ispirazione, facendo di necessità virtù, di ricreare l’ambiente di un sottobosco: questo ha comportato le scelte botaniche, preferendo specie adatte a crescere anche in ombra, tra le quali si snoda un sentiero che sfocia in aree allestite con tavoli e sedie, per lavorare o ritrovarsi. Si tratta di un progetto glocal, poiché affianca specie autoctone a piante glocal “viaggiatrici”. Troviamo la Carex, propria dei sottoboschi che troviamo in provincia di Como, accanto a una specie tipica invece delle foreste russe come la Mahonia. Tra le altre troviamo poi la Convallaria dal Giappone, la Sarcococca dalla Cina e la Pachysandra dalla Corea, affiancate però a specie nostrane come la Vinca o la Dryopteris.
Installazione degli strati tecnici sulla pavimentazione impermeabile preesistente.
UN TOCCASANA PER IL PIANETA Il verde pensile permette di mitigare molti impatti antropici sull’ecosistema: 1) Ripristino del ciclo dell’acqua: con 33 cm di substrato, questi sistemi rilasciano il 10% di acqua, avvicinandosi così all’effetto di regimazione sul ciclo dell’acqua di una superficie vegetata a terra. 2) Riduzione dell’isola di calore urbana: è un sistema molto diffuso in città proprio perché permette di reintrodurre la vegetazione in aree densamente edificate. E le piante permettono di ridurre le temperature dell’ambiente circostante, grazie all’evapotraspirazione e al bilancio energetico, riducendo il rischio di formazione di ozono nei bassi strati e combattendo il mantenimento in sospensione delle polveri sottili. 3) Assorbimento di gas serra: grazie alla fotosintesi, il verde pensile sequestra dall’atmosfera anidride carbonica e nitrati riducendo così l’inquinamento e l’effetto serra. 4) Conservazione della biodiversità: allestendo verde pensile sulle superfici di edifici e costruzioni, si rimette a disposizione della flora e della fauna aree che altrimenti sarebbero gravemente compromesse dal punto di vista ecosistemico. Per essere un intervento davvero impattante è anche necessario, per esempio, prevedere l’utilizzo di piante autoctone e selvatiche, realizzando il verde pensile in modo da metterlo al servizio della connettività ecologica tra gli ambienti circostanti, come avviene per sovrappassi stradali o ferroviari.
L’IMPORTANZA DEL TERRICCIO
L’impianto a subirrigazione, installato sotto i pannelli e con il suo erogatore direttamente nella terra.
La scelta delle specie, in giardini pensili come questo, dipende anche dal peso che può sostenere la soletta: circa 310 chili per ogni metro quadro, corrispondono a 25 centimetri di terriccio di portata. Da questo dipende la scelta di realizzare un giardino estensivo, con prato o Sedum, piuttosto che uno intensivo con piante più grandi, fino ad arrivare ad alberi e cespugli. Nei giardini pensili il terriccio ricopre dunque un ruolo fondamentale, anche nella sua composizione: è detto tecnogenico, prodotto da una miscela di pomici, vulcaniti e
I cordoli in alluminio delle aree del giardino.
La messa a dimora delle piante.
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TRA I DESIDERI DEI CLIENTI E L’EQUILIBRIO DELLA NATURA Livingreen è nata nel 2016 dalla passione e dalla competenza di Paolo Vezzali, agronomo che, dopo anni come lavoratore dipendente, ha creduto nella realizzazione del suo progetto. Con lui collaborano progettisti e realizzatori, per creare giardini in cui desideri del cliente ed equilibrio della natura siano in armonia. Tutti specializzati proprio nel verde pensile, che realizzano più spesso per privati o, come in questo caso, portando a termine i progetti in aziende e imprese. Quelli di Livingreen sono giardini pensili certificati, con impianti di irrigazioni automatizzati e a risparmio idrico, o persino giochi illuminotecnici a supporto e implemento degli spazi realizzati.
torbe, creato appositamente. Si genera così un pH alcalino, poco indicato per piante acidofile, ma con una grande capacità drenante pur mantenendo umidità.
ZERO IMPROVVISAZIONE
La realizzazione di un giardino pensile incontra spesso criticità, specialmente nel campo della logistica: sono necessarie gru, diverse attrezzature e giorni di lavori anche solo per portare il materiale occorrente sul luogo del progetto. In questo caso, per esempio, il portico dove realizzare lo Zurich Garden si trovava al primo piano, dove è stato necessario trasportare tutto il materiale prima di avviare i lavori. Sulla pavimentazione impermeabile preesistente è stato poi possibile installare gli
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strati tecnici, i cordoli in alluminio delle aree del giardino e il terriccio, dove i giardinieri hanno successivamente messo a dimora le piante. Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione per la realizzazione di giardini pensili sono gli scarichi d’acqua: i tetti sono generalmente pensati per smaltirla e si trovano quindi fori nella soletta o sui bordi. Sotto ai pannelli sta anche l’impianto di irrigazione, che ha poi il suo erogatore direttamente nella terra.
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