Per l’agenda di quest’anno siamo partiti da un concetto semplice: il giardino edibile. Doveva essere così, in fin dei conti, il primo giardino, un piccolo terreno produttivo sottoposto alle cure dell’essere umano. Da questo concetto di giardino non ci siamo mai davvero allontanati, perché è una formula che appaga occhi, spirito e appetito. Ma l’universo – si sa –tende alla complessità, e dove in passato era un semplice orto, oggi vogliamo uno spazio agricolo multiuso e multifunzionale, dove piante da frutto, ortaggi, leguminose, aromatiche convivono in consociazione, in sinergia con piante spontanee e fauna del luogo. Uno spazio che ripristini la biodiversità e che sia il più autosufficiente possibile. È un modo di fare giardinaggio complesso, lo so, ma è spinto da un autentico impegno civico, dalla promessa di restituire alla natura quanto le stiamo negando. Insomma, vogliamo farvi cavalcare la nuova onda del giardino edibile, conosciuto anche come food forest. Ma non temete, non sarete soli in questo viaggio: abbiamo preparato tutto quello che c’è da sapere… il 31 dicembre 2025 sarete cintura nera!
BUON 2025!
AGENDA DEL VERDE
2025
UN GIARDINO DA MANGIARE
20 a edizione
“Un giardino vive davvero solo nella misura in cui è un’espressione di fede, l’incarnazione di una speranza e un canto di lode”.
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IMMAGINI
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APRILE
GENNAIO
Melograno
L’INGANNO DELLA MELAGRANA
Il melograno, simbolo mitologico, è un albero resistente che regala splendidi fiori e frutti ricchi di vitamine e antiossidanti.
Il melograno è la causa dell’alternarsi delle stagioni, quantomeno secondo la mitologia classica. La melagrana è infatti protagonista della vendetta di Ade per tenere con la tanto desiderata Persefone, figlia di Demetra. Il signore degli inferi offrì della frutta alla malcapitata, che mangiò solo qualche seme di melagrana. Ma chi mangia del cibo degli inferi è destinato a rimanerci: Persefone vivrà sei mesi all’anno nell’Ade, causando la disperazione della madre – dea dell’agricoltura – e innescando un periodo freddo e sterile per la natura. Ecco, tutto questo non succederà a voi che ospiterete la Punica granatum nel vostro giardino commestibile. Originario dell’Iran, ma diffuso già dall’antichità in area mediterranea, questo alberello caducifoglie perenne è resistente alla siccità e può raggiungere i 5 metri di altezza. A maggio il melograno produce fiori rosso vivo. I frutti, invece, sono delle grosse bacche di forma rotonda al cui interno si celano centinaia semi, detti arilli, circondati da una polpa acidula ma deliziosa. Questa polpa, diversamente da quella di Ade, è ricca di vitamine e antiossidanti e non potrà che fare del bene a chi la prova.
CURIOSITÀ / Un’altra mela
Il nome del melograno e del suo frutto, la melagrana, sono la fusione dei due termini e concetti con cui veniva nominato in latino, ovvero malum granatum, ‘mela granata, con semi’. In italiano, dopo una fase attestata di melogranato e melagranata, si è giunti all’attuale forma.
30 lunedì
S. Silvestro I Papa
S. Eugenio Vescovo 5 domenica S. Amelia
1 mercoledì S. Maria Madre di Dio
2
3
S. Genoveffa
4 sabato S. Ermete
Gennaio
6 lunedì
Epifania del Signore
7 martedì
S. Raimondo
8 mercoledì
S. Massimo
9 giovedì
S. Giuliano Martire
10 venerdì S. Aldo
11 sabato
S. Igino Papa
12 domenica
Battesimo del Signore
FOOD FOREST, MA IN CHE SENSO?
Sebbene il nome giardino commestibile o food forest possa suggerire uno spazio simile all’orto o al frutteto, questa tipologia di giardino sembra essere piuttosto una sintesi ben equilibrata di diverse formule e tendenze. Certamente, uno dei suoi punti cardine è l’essere fonte di cibo per chi ne può avere bisogno, animali ed esseri umani. Ma ha anche grande affinità con la permacultura, per il suo proposito di creare un ecosistema perenne e autofertile, che dipenda il meno possibile dall’essere umano e che mantenga la propria biodiversità. Il modello di food forest è stato sviluppato per la prima volta da Robert A. de J. Hart, che negli anni Sessanta in Inghilterra coltivò con questo metodo una superficie di 500 metri quadri. Da qui, l’idea di ricreare un modello basato sull’ecosistema del bosco, coltivato a più strati, con alberi, arbusti e piante erbacee che si sostengono a vicenda si diffuse in altre parti del mondo. In Italia, sono già tanti i progetti di giardino commestibile, dal Sud al Nord, ognuno con le piante autoctone del proprio territorio.
Biodiversità e formaggi!
Formaggi, vini, pane, birre… che delizia! Tutto possibile grazie alla biodiversità. O meglio, è grazie alla (bio)diversità di muffe, batteri, uve e lieviti se un taleggio o un gorgonzola sono quello che sono. Senza queste differenziazioni genetiche, specifiche – nel senso di specie –, non potremmo goderci queste prelibatezze. La ricchezza di vita sulla terra è spesso riferita attraverso il termine biodiversità, parola coniata dall’entomologo americano Edward O. Wilson nel 1988 (traduzione dell’inglese biodiversity, abbreviazione di biological diversity). La biodiversità comprende quindi l’insieme delle piante e degli animali, ma anche dei microrganismi viventi e dei geni che essi contengono. Non è però solo un mero conteggio, ma anche lo studio in termini di varietà e di variabilità degli organismi viventi e di come questi variano da un ambiente ad un altro nel corso del tempo. Uno dei propositi del nostro giardino commestibile è proprio quello di rispettare l’ecosistema, quindi la biodiversità, selezionando specie autoctone e garantendone una corretta interazione. Solo così gli ecosistemi, in cui tutti viviamo, saranno in salute.
INGREDIENTI /
• 320 gr di riso
• 2 melagrane
• 20 gr di burro
• 1 cipolla bianca
• 1,5 l di brodo vegetale
• 1 bicchiere di vino bianco secco
• Grana Padano grattugiato q.b.
• Olio extravergine d’oliva q.b.
• Sale e pepe q.b.
RISOTTO ALLA MELAGRANA
DOSI PER: 4 persone
PREPARAZIONE
/
TEMPO: 40 minuti
DIFFICOLTÀ: media
Abbinamento:
Cerasuolo d’Abruzzo/ Pinot nero
INGREDIENTI /
• 1,5 kg di melagrana
• 2 mele
• 500 gr di zucchero
• 50 ml di succo di limone
Tagliare a metà una melagrana e, utilizzando uno spremiagrumi, ricavare il succo. Sgranare l’altra melagrana cercando di lasciare i chicchi intatti. Scaldare 2 cucchiai d’olio con la cipolla e unire il riso. Mescolare finché non avrà preso un po’ di colore e versare il vino bianco. Aggiungere il succo e portare a cottura incorporando il brodo caldo. A fine cottura unire i chicchi di melagrana, il burro e il formaggio grattugiato, mescolare e coprire la pentola. Impiattare aggiungendo un po’ di pepe e servire.
MARMELLATA DI MELAGRANA
DOSI PER: 4 persone
PREPARAZIONE
/
TEMPO: 90 minuti
DIFFICOLTÀ: media
Tagliare la calotta superiore e inferiore delle melagrane, dividerle in 4 o 6 parti e ricavarne i chicchi. Per essere più veloci, spremere i chicchi con uno schiacciapatate ottenendone il succo. Pulire le mele, sbucciarle ed eliminare il torsolo, quindi tagliarle a cubetti. Versare il succo di melagrana e le mele in un tegame dal fondo spesso, unire il succo di un limone e lo zucchero. Portare sul fuoco e cuocere per circa un’ora mescolando spesso con un mestolo in legno. Con un mixer ad immersione frullare il composto fino a farlo diventare più cremoso. Riportare sul fuoco e cuocere per ulteriori 40 minuti. A questo punto versare la confettura nei vasetti precedentemente sterilizzati, chiuderli e lasciarli capovolti fino a quando non si saranno raffreddati (oppure cuocere i vasetti pieni di marmellata, ben chiusi, in acqua bollente per 20 minuti, separati tra di loro con dei canovacci). Potete conservare la marmellata di melagrana in un luogo asciutto per 3-4 mesi. Una volta aperto, conservare il barattolo in frigo e consumarlo entro una settimana.
27 lunedì
S. Angela Merici
28 martedì
S. Tommaso d’Aquino
29 mercoledì
S. Costanzo
30 giovedì
S.S Martina e Savina
31 venerdì
S. Giovanni Bosco
Febbraio
1 sabato
S. Verdiana
2 domenica
Pres. del Signore al Tempio
FEBBRAIO
Mirtillo selvatico
UN VERO TOCCASANA
Il mirtillo selvatico, prezioso arbusto del giardino, richiede molta acqua e produce deliziose bacche bluastre ricche di proprietà benefiche.
Va detto, il mirtillo selvatico sarà una delle piante che avrà bisogno di più acqua, ma nel nostro giardino commestibile rappresenterà una gemma preziosa; e se quest’acqua viene dal riciclo, ancora meglio. Il mirtillo selvatico, chiamato così per la somiglianza con le bacche di mirto, è un arbusto di altezza compresa tra i 20 e i 50 cm appartenente alla famiglia delle Ericacee e diffuso in tutto l’emisfero boreale, spontaneo in Italia in zone montane e premontane del Nord e del Centro. Dalle foglie lanceolate verde brillante e dai fiori primaverili bianchi e campanulati, a partire da luglio produce succose bacche bluastre opache e ricoperte da un inconfondibile strato di pruina. I mirtilli selvatici non sono però quelli del supermercato, che sono invece i frutti delle più grandi piante di mirtillo gigante americano, ma una prelibatezza per pochi! Ricordare le proprietà di questi frutti sarebbe superfluo. Per integrare al meglio il mirtillo nel nostro giardino bisognerà dargli una collocazione in mezz’ombra in un terreno ben drenato, che andrà mantenuto umido e fresco, soprattutto nei periodi di crescita e di fruttificazione.
CURIOSITÀ / Occhi da gufo!
Pare che durante la Seconda guerra mondiale i piloti della Royal Air Force (RAF) britannica mangiassero grandi quantità di mirtilli, in marmellate, per migliorare la loro vista notturna. Il mirtillo, infatti, possiede delle proprietà rigeneranti dei pigmenti della retina, che aumentano la qualità della vista in condizioni di luce crepuscolare e di oscurità.
3 lunedì
S.S Biagio, Oscar e Cinzia
4 martedì S. Gilberto Sempronio
5 mercoledì S. Agata
6 giovedì S. Paolo Miki e Compagni
7 venerdì S. Teodoro Martire
8 sabato S. Girolamo
9 domenica S. Apollonia
Febbraio
10 lunedì
S. Scolastica
11 martedì
B.M.V. di Lourdes
12 mercoledì
S. Eulalia
13 giovedì
S. Maura
14 venerdì
S. Valentino Martire
15 sabato
S.S Faustino e Giovita
16 domenica
S. Giuliana Vergine
DA ZERO A FOOD FOREST!
Eccoci pronti per iniziare il viaggio che vi porterà a creare il vostro personale giardino commestibile. Ogni terreno, secondo le proprie caratteristiche, può diventare un’ottima food forest, il trucco è assecondare la natura. Vediamo insieme i 5 passi che ci separano dal giardino dei nostri sogni.
1 OSSERVAZIONE E DESIGN
Osser vare, tutto parte da qui. Osserviamo come lo spazio riceve la luce solare, come restituisce umidità, le sue pendenze e i venti che lo toccano. A questo vanno sovrapposte accurate informazioni geopedologiche: è un terreno drenante? In che modo l’acqua si muove nel terreno dopo una pioggia? Le risposte a queste domande ci permetteranno di disegnare un primo progetto, nel quale includere anche una zona per il compost e una cisterna per il recupero dell’acqua.
2 SCELTA DELLE PIANTE
Nessuna scelta è casuale, ci tocca di nuovo osservare. Notiamo, se è presente, che tipo di vegetazione c’è, che sia spontanea o piantata dall’uomo, e quale fauna la frequenta. Questo ci aiuterà a capire cosa e dove piantumare nel giardino. La scelta delle piante è uno degli aspetti più critici: l’obiettivo è imitare la stratificazione naturale di una foresta, creando una comunità di piante che lavorano in sinergia per sostenersi a vicenda. Partendo dall’alto, pensiamo agli alberi da frutto e da legna, considerando l’ombra che faranno e la grandezza che potrebbero raggiungere; gli arbusti da frutto; le piante erbacee, come le aromatiche e gli ortaggi; ancora più in basso, immaginiamo piante tappezzanti; radici e tuberi; infine, le piante rampicanti.
3 PREPARAZIONE DEL SUOLO E PIANTUMAZIONE
Prima di piantare sarà utile arricchire il terreno con il nostro compost. Esistono varie tecniche di piantumazione efficaci; un consiglio in linea con gli ideali di permacultura è di creare delle gilde attorno alle piante appena messe a dimora, consociazioni di piante con esigenze, apparato radicale e portamento diversificati, e di seminare leguminose e altre piante pioniere. Poi, come di consueto, innaffiare e applicare uno strato di pacciamatura organica.
4 MANUTENZIONE E CUR
Una food forest ben progettata richiede meno manutenzione rispetto ai giardini tradizionali. L’obiettivo è intervenire il meno possibile, lasciando che l’ecosistema si autoregoli. Ciò non toglie che dobbiamo monitora re la salute del nostro giardino, potare quando serve e innaffiare nei periodi più secchi.
5 LENTO GODIMENTO
È ora di godersi il nostro lavoro, senza urgenze e pressioni. Appendiamo una comoda amaca e rilassiamoci!
S.S Edilberto Re e Mattia
S.S
MARZO
MORA ECCELSA
Le more di gelso, prodotte da un albero maestoso e longevo, offrono frutti nutrienti e protezione, distinguendosi dalla mora di rovo.
Gelso
More di gelso e more di rovo possono essere confuse dai meno esperti, ma solo se si guarda unicamente al frutto – non per niente condividono il nome anche se fanno parte di generi botanici diversi (genere Morus il primo, Rubus il secondo) –. Ma se si allarga lo sguardo alla pianta, ci si renderà presto conto che il gelso è tutta un’altra cosa. Il gelso è un albero alto fino a 20 metri e ben ramificato: per i latini era, infatti, la mora cĕlsa(m), ovvero ‘alta’, rispetto al più modesto rovo. Originario della Cina e della Corea, a questo albero deciduo va lasciato ampio spazio nel giardino, visto che può raggiungere notevoli dimensioni e vivere facilmente più di un secolo. All’interno del nostro giardino commestibile avrà il suo ruolo: le sue radici robuste aiutano a prevenire l’erosione del suolo, mentre la fitta chioma darà ombra e riparo a piante e animali. Dulcis in fundo, i frutti dolci e nutrienti, ricchi di vitamine C e K, ferro e antiossidanti, da consumare freschi, in succhi, o come ingredienti in cucina.
CURIOSITÀ / Una dieta un po’ particolare…
Le foglie di gelso sono l’unico alimento dei bachi da seta, il che rende questo albero fondamentale per la sericoltura. Pare abbiano anche un discreto appetito, i bachi, visto che se ne cibano giorno e notte, crescendo di conseguenza molto velocemente. La dieta di sole foglie di gelso è essenziale per la qualità del bozzolo di seta che il baco produce.
3 lunedì S. Cunegonda
4 martedì S. Casimiro
5 mercoledì S. Adriano
6 giovedì
S.S Coletta e Giordano
7 venerdì
S.S Perpetua e Felicita
8 sabato S. Giovanni di Dio
Giornata della donna
9 domenica S. Francesca Romana
S. Simplicio Papa
Costantino
S.S Patrizia e Cristina
S. Matilde Regina
S. Massimiliano
sabato S. Luisa 12 mercoledì
S. Eriberto Vescovo 14 venerdì
Giuseppe
S. Alessandra Martire Giornata del papà
S. Benvenuto
S. Turibio di Mogrovejo
IL TEAM VERDURE
Nello strato basso della nostra lasagna-giardino ci sono le verdure. A differenza di un orto tradizionale, una food forest si basa sulla diversificazione e l’integrazione di diverse piante in un ecosistema complesso. Ergo, non avrà l’aspetto ordinato e rado tipico di un orto, ma un aspetto più selvaggio, anche se ugualmente ben ragionato.
Criteri per la selezione
Prima di esplorare alcune delle verdure specifiche da includere in una food forest, è importante considerare alcuni criteri chiave che ne guidino la selezione: Compatibilità ecologica: ogni food forest ricerca la cooperazione tra le piante: le verdure devono interagire positivamente tra di loro e non competere per le risorse, oltre a integrarsi nella stratificazione che le ospita. Per esempio, le verdure a foglia come gli spinaci o il cavolo sono ideali per crescere sotto alberi e arbusti sfruttando lo spazio disponibile senza entrare in competizione con le piante superiori.
• Adattabilità al microclima: la stratificazione delle piante, con alberi e arbusti che forniscono ombra parziale o totale, genera aree con condizioni ambientali diverse. Le verdure scelte devono essere adatte a queste specifiche condizioni.
• Fertilità del suolo: in un ambiente che mira a essere autosufficiente, le piante che migliorano la qualità del suolo devono essere un must. Parliamo delle leguminose, come fagioli e piselli, che fissano l’azoto nell’aria e lo rilasciano nel terreno, oppure delle verdure con radici profonde, come le carote, che favoriscono l’aerazione e la percolazione dell’acqua.
• Diversità e resilienza: la selezione deve includere una varietà di piante con cicli di crescita e raccolta differenti, per garantire una produzione continua e ridurre la vulnerabilità del sistema a malattie e parassiti.
Dati
questi criteri, ecco una selezione di verdure:
Verdure a foglia e da radice
Spinacio (Spinacia oleracea)
Cavolo (Brassica oleracea)
Bietola (Beta vulgaris var. cicla)
Carota (Daucus carota)
Verdure rasoterra
Zucca (Cucurbita)
Rucola (Eruca sativa)
Legumi rampicanti
Pisello (Pisum sativum)
Fagiolino rampicante (Phaseolus vulgaris)
Verdure perenni e biennali
Carciofo (Cynara scolymus)
Asparago (Asparagus officinalis)
Porro (Allium ampeloprasum)
Sedano (Apium graveolens)
Verdure annuali adatte al reimpianto spontaneo
Pomodoro (Solanum lycopersicum)
(tecnicamente un frutto)
Zucchina (Cucurbita pepo)
Cavolo cappuccio (Brassica oleracea var. capitata)
APRILE
ICONA DA GIARDINO
Anche Shakespeare celebra l’essenza immutabile della rosa, simbolo di bellezza e poesia, i cui petali e bacche arricchiscono giardini e tavole.
Rosa
“Che cos’è un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”. William Shakespeare sapeva bene che al di là delle etichette, l’essenza delle cose rimane invariata e uguale a sé stessa. Per dirlo, sceglie non a caso il più poetico dei fiori, la rosa. La rosa è un genere della famiglia delle Rosacee, che comprende circa 25 specie, tra piante cespugliose, rampicanti, arbusti e alberelli, diffusa in tutto il mondo. Anche il fiore può variare molto a seconda delle varietà: piccoli o grandi, a mazzetti o solitari, singoli o doppi… In Italia le specie spontanee sono circa trenta; per il nostro giardino commestibile avremo quindi l’imbarazzo della scelta. Inoltre, oltre ad avere un impareggiabile valore estetico, la rosa è una pianta molto resistente, che può giovare alla salute delle vicine, come l’aglio, la salvia e la lavanda. Sia i petali che i cinorrodi – piccole bacche rosse – di molte varietà sono commestibili. Da provare il buonissimo risotto con le rose!
CURIOSITÀ / Un fiore (quasi) impossibile?
Per secoli, i coltivatori di rose hanno provato a creare una rosa blu naturale, un’impresa rivelatasi quasi impossibile visto che le rose mancano del gene per produrre questo pigmento, un gene chiamato delfinidina. Si è arrivati a una rosa simile al blu solo attraverso l’ingegneria genetica o, più semplicemente, tingendo una rosa bianca.
Aprile Marzo
S. Beniamino Martire
1 martedì S. Ugo Vescovo 31 lunedì
2 mercoledì
S. Francesco di Paola
3
4 venerdì S. Isidoro Vescovo
5 sabato
S. Vincenzo Ferrer
6 domenica
S. Pietro da Verona
Aprile
7 lunedì
S. Ermanno
8 martedì
S. Alberto Dionigi
9 mercoledì
S. Maria Cleofe
10 giovedì
S. Terenzio Martire
11 venerdì
S. Stanislao Vescovo
12 sabato
S. Giulio Papa
13 domenica Le Palme
14 lunedì S. Abbondio
15 martedì
S. Annibale
16 mercoledì S. Lamberto
18 venerdì S. Galdino Vescovo
17 giovedì S. Aniceto papa Pasqua
19 sabato S. Emma di Sassonia
20 domenica Pasqua di Resurrezione
BUONE E PROFUMATE
Le piante aromatiche sono piante contenenti sostanze di odori gradevoli, talvolta ricche di oli essenziali. Le sostanze aromatiche possono essere localizzate in tutta la pianta o in determinati organi, come semi, fiori, bulbi ecc. Nella nostra food forest possiamo farle crescere un po’ ovunque, pur tenendo sotto controllo l’indole invasiva di alcune specie. Tante sono le importanti funzioni che possono svolgere nel giardino:
• Le aromatiche, come per esempio la lavanda, la menta e la citronella, aiutano a tenere lontani i parassiti e gli insetti dannosi, attirando allo stesso tempo i benefici impollinatori.
• Migliorano la struttura e la qualità del suolo. Molte di queste piante, infatti, possiedono radici profonde che aiutano a prevenire l’erosione, migliorano la struttura del suolo e favoriscono l’infiltrazione dell’acqua. Ad esempio, la radice del rosmarino penetra in profondità nel terreno, stabilizzandolo e creando canali che facilitano il drenaggio dell’acqua, riducendo così il rischio di ristagni.
• Le piante aromatiche sono anche delle ottime piante consocianti, quindi in grado di indurre benefici reciproci alle vicine. In particolare, una buona consociazione può migliorare la crescita, la salute e la produttività delle piante. Qualche esempio: basilico e pomodoro; timo e cavolo; Allium (aglio, cipolle ecc.) e rose; coriandolo e carota…
Ecco alcune piante aromatiche buone e profumate, ordinate in base alle loro caratteristiche:
• Rose non trattate di vari colori (carnose e semiaperte)
• 1 albume
• Zucchero semolato q.b.
TEMPO: 45 minuti
DIFFICOLTÀ: media
Preparare la pastella: sciogliere il lievito nell’acqua tiepida, unire la farina ed un pizzico di sale, mescolare bene in modo che non vi siano grumi. Lasciare riposare per circa un’ora. Lavare delicatamente i petali, asciugarli e tuffarli nella pastella sgocciolando l’eccesso. Friggere i petali pastellati in olio bollente, sgocciolarli, aggiungere sale e servire con una salsa allo yogurt.
PETALI DI ROSA BRINATI
DOSI PER: 4 persone
PREPARAZIONE /
TEMPO: 45 minuti
DIFFICOLTÀ: media
Staccare il bocciolo intero di petali facendo attenzione a non romperli. Controllare e pulire i petali uno ad uno con un panno morbidissimo, quindi metterli in una ciotola. Sgusciare l’uovo e dividere il tuorlo dall’albume: porre quest’ultimo in una ciotolina. Versare dello zucchero semolato in un’altra ciotolina. Prendere un petalo per volta, e con un pennello da cucina, spennellarlo delicatamente e interamente con l’albume e poi passarlo nello zucchero semolato. Riporre i petali ottenuti su un vassoio, senza sovrapporli e lasciarli asciugare fino a quando diventano rigidi. Una volta asciutti, è possibile utilizzare i petali brinati per decorare torte, cupcake, gelati, creme, mousse, macedonie.
28 lunedì
S.S Pietro Chanel e Valeria
29 martedì
S. Caterina da Siena
30 mercoledì
S.S Pio V Papa e Mariano
Maggio
1 giovedì Festa dei Lavoratori
2 venerdì S. Atanasio
3 sabato S.S Filippo e Giacomo
4 domenica S. Silvano
MAGGIO
ROSA SENZA SPINE
Un tempo regina della medicina, oggi la peonia incanta con fiori setosi e colorati, rustica bellezza resistente e perenne.
Peonia
Sono davvero tantissimi gli usi officinali e cosmetici della peonia, specie che nell’antichità rappresentava la pianta medicinale per eccellenza. Oggi, invece, sono la bellezza e la sinuosa eleganza dei suoi fiori a togliere il fiato di chi la ammira: una grande corolla lussureggiante, costituita da strati di morbida seta in un gioco di colori che vanno dal bianco più puro al rosa intenso, fino al rosso rubino e al giallo dorato. La peonia è una pianta perenne a portamento erbaceo o arbustivo, unico genere della famiglia delle Peoniacee e diffusa principalmente nelle regioni temperate dell’emisfero settentrionale. Tra le molte varietà, quelle arbustive sembrano più adatte al progetto di un giardino commestibile, perché più facili da coltivare, rustiche e resistenti alla siccità. Le peonie si moltiplicano principalmente tramite divisione dei cespi, una tecnica che garantisce piante sane e vigorose. Il momento ideale per dividere le peonie è in autunno, in modo da consentire alle nuove piante di stabilirsi prima dell’inverno.
CURIOSITÀ / Una scelta a lungo termine Una curiosità interessante sulla peonia riguarda la sua longevità. Alcune varietà possono vivere e fiorire per oltre cento anni se coltivate in condizioni adeguate. Questo le rende non solo una scelta estetica e funzionale per i giardini commestibili, ma anche un’eredità botanica che può essere tramandata di generazione in generazione.
S. Pellegrino Martire
S. Achille
B.M.V. di Fatima 12 lunedì S. Rossana 18 domenica
16 venerdì
S. Ubaldo Vescovo
S. Mattia Apostolo
17 sabato
S. Pasquale Baylon 14 mercoledì
S. Giovanni I Papa
BELLI ANCHE NEL PIATTO
In qualsiasi food forest la coltivazione di piante utili all’essere umano è molto importante. Un’utilità la si trova anche nei fiori, elementi del giardino che non hanno solo un intrinseco valore estetico e culturale, ma anche culinario. I fiori eduli, infatti, sono quei fiori che possono essere consumati in sicurezza, come ingrediente nelle ricette e nelle salse, oppure come guarnizione per insalate e bevande. Ovviamente, solo pochi tra tutti i fiori commestibili hanno un sapore gradevole e apprezzabili valori nutrizionali – altri invece sono tossici e vi consigliamo di evitarli nella food forest, in modo da non confondersi –. Di seguito, cinque fiori eduli perfetti per un rigoglioso giardino commestibile. E ricordate, i fiori con il sapore migliore sono quelli freschi, raccolti di prima mattina.
Nasturzio (Tropaeolum majus). Pianta annuale della famiglia delle Tropeolacee, è uno dei fiori eduli più comuni in cucina. Piuttosto facile da coltivare, predilige posizioni soleggiate e si autosemina facilmente. Del nasturzio si mangiano i fiori, che spaziano dal giallo fino al rosso, e le tipiche foglie a forma di scudo: sapore piccante e pepato ideale per insalate e piatti di pesce.
Borragine (Borago officinalis). Pianta annuale nota per i suoi fiori blu stellati e le foglie ricoperte di peli sottili. La borragine è una pianta estremamente rustica e con poca manutenzione potrà crescere fino a un metro di altezza. I fiori di borragine hanno un delicato sapore di cetriolo, ideale per insalate, bevande estive e dessert. Le foglie invece, una volta cotte, possono essere utilizzate in zuppe o come ripieno per pasta fresca. Tuttavia, per l’alto contenuto di alcaloidi pirrolizidinici se ne consiglia un consumo moderato.
Dente di Leone (Taraxacum officinale). Il dente di leone, o tarassaco comune, è una pianta perenne molto resistente che non avrà problemi a diffondersi nel vostro giardino commestibile. I fiori giallo brillante e le foglie hanno un sapore leggermente amaro che si può sfruttare in insalate, tisane, oppure per fare gelatine.
Fiore di trifoglio (Trifolium spp.).
Il trifoglio è una pianta perenne molto rustica, ideale come copertura del suolo nella food forest. I fiori bianchi, rosa o rossi hanno un sapore dolce e possono essere impiegati in insalate, per decorare piatti dolci, oppure essiccati in infusi.
Malva (Malva sylvestris). Dal fusto eretto e prostrato, questa pianta rustica ha bisogno di pochissima manutenzione. I fiori e le foglie di malva hanno un sapore delicato e leggermente dolce: possono essere utilizzati freschi in insalate, oppure essiccati per creare infusi calmanti.
S. Filippo Neri
GIUGNO
Fiordaliso
GIGLIO O NON GIGLIO?
FIORDALISO
Il fiordaliso, con i suoi fiori blu accattivanti e petali commestibili, affascina per bellezza e proprietà degne del suo nome.
Il nome fiordaliso deriva dal francese fleur de lis, ‘fiore di giglio’: ma che c’entrano i gigli, vi chiederete. Il fleur de lis era ed è tuttora un simbolo araldico molto importante ed è probabile che venisse usato anticamente anche per indicare entità botaniche diverse dal giglio. A parte questa ambiguità nel nome, il fiordaliso non ha nulla da invidiare al giglio. La Centaurea cyanus, questo il suo nome scientifico, è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Asteracee. Piuttosto facile da coltivare, si adatta bene a vari tipi di terreno e non richiede cure intensive. La pianta si presenta con un fusto eretto, ramificato e sottile, che può raggiungere i 90 cm di altezza. Le foglie sono lanceolate e di colore grigio-verde, coperte da una sottile peluria che le rende leggermente argentate alla vista. Ma la caratteristica distintiva della pianta sono di certo i fiori blu (anche rosa e viola, a seconda delle varietà) riuniti in capolini di 3-4 cm di diametro, che sbocciano in settembre e donano al giardino una nota cromatica accattivante. E poi c’è il dettaglio a cui teniamo molto: i petali sono commestibili e molto decorativi; inoltre, il fiore ha diverse proprietà farmaceutiche.
CURIOSITÀ / Semaforo verde
In inglese il fiordaliso è spesso chiamato bachelor’s button, ‘bottone dello scapolo’. Un’antica usanza, infatti, prevedeva che gli uomini indossassero un fiordaliso nell’asola dell’abito, indicando in tal modo che erano innamorati o pronti per conteggiare.
2 lunedì S. Pietro
Festa della Repubblica
3 martedì S. Carlo Lwanga e compagni
Giugno
4 mercoledì
S. Quirino Vescovo
5 giovedì S. Bonifacio Vescovo
6 venerdì
S. Norberto Vescovo
7 sabato
S. Roberto Vescovo
8 domenica Pentecoste
Giugno
9 lunedì
S. Primo
10 martedì
S. Diana
11 mercoledì
S. Barnaba Apostolo
12 giovedì
S. Onofrio
13 venerdì
S. Antonio da Padova
14 sabato
S. Eliseo
15 domenica
S. Vito
Giugno
Aureliano
S. Luigi Gonzaga
S. Paolino da Nola
PICCOLI FRUTTI, GRANDE SAPORE
Tre mesi di questa agenda si aprono con una pianta da piccolo frutto: corbezzolo, gelso e mirtillo selvatico. È un omaggio doveroso a piante molto amate – anche se ogni tanto sottostimate per la loro indole rustica e selvatica – che vogliamo continuare qui. I piccoli frutti sono una categoria di piante, di solito arbusti, cespugli e piante erbacee, che producono frutti di dimensioni ridotte rispetto a quelli tradizionali. Forse queste piante non saranno le più belle del giardino, ma regalano frutti ricchissimi di antiossidanti, vitamine e minerali, in concentrazioni spesso maggiori degli altri frutti! Fragole, lamponi, mirtilli. E poi le more (quelle del rovo comune e quelle di gelso, bianche, nere o rosse). I due parenti botanici ribes e uva spina; e infine quelli meno popolari: marasche, amarene, visciole, corbezzoli, corniole, bacche di crespino, di sambuco…
I fantastici 4
In una food forest anche i frutti minori possono avere una loro posizione e funzione all’interno del sistema. Pensandoci un po’ su, abbiamo immaginato come integrare quattro formidabili piccoli frutti nel nostro giardino commestibile:
Fragole (Fragaria x ananassa)
Dalla crescita bassa e tappezzante, le fragole sono ideali come copertura del suolo e possono essere piantate nel sottobosco del giardino o lungo i sentieri. Pianta le fragole in file strette o gruppi densi per coprire il suolo efficacemente.
Lamponi (Rubus idaeus)
Gli arbusti vigorosi del lampone saranno una barriera naturale adatta a delimitare il giardino e proteggere dai venti. Possono essere piantati anche lungo le recinzioni o a ridosso di muri, dove il supporto aiuterà a gestire la loro crescita verticale.
Visciole (Prunus cerasus var. austera). Le visciole sono i frutti del visciolo, una varietà di ciliegio acido molto diffusa nelle Marche. Simili alle amarene ma leggermente più dolci, sono ideali per confetture e marmellate. I viscioli sono alberelli di modeste dimensioni, ideali per lo strato intermedio o per la zona perimetrica del giardino.
Ribes rosso (Ribes rubrum). Lo spazio di mezz’ombra, dove i raggi del sole arrivano meno forti, sotto ad alberi più vigorosi è l’ambiente adatto al ribes rosso. Questo arbusto perenne caducifoglio ama
un suolo ricco e umido. Per questo, sarà utile una buona pacciamatura e qualche annaffiata nei periodi più secchi.
S. Lanfranco Vescovo
Natività S. Giovanni Battista
Giugno
S. Guglielmo Abate
S. Cirillo D’Alessandria
Attilio
S.S Pietro e Paolo
LUGLIO
Finocchio selvatico
NON SI BUTTA VIA NIENTE!
Il finocchio selvatico, pianta mediterranea aromatica, conquista con le sue parti commestibili e il suo profumo, protagonista nei giardini.
Una delle piante aromatiche più caratteristiche della cucina mediterranea: parliamo del finocchio selvatico. Il finocchio selvatico, Foeniculum vulgare, è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Apiacee (o Ombrellifere) originaria delle zone mediterranee e molto resistente alla siccità. Del finocchio selvatico si utilizzano tutte le parti: foglie, fiori, frutti e base. Le foglie piumose, dette anche “barbe” , vengono raccolte fresche e utilizzate per molte ricette, per esempio nell’ottima pasta con le sarde siciliana. I fiori, invece, gialli e ombrelliformi – oggetto delle attenzioni di vari insetti benefici – possono essere raccolti in estate e usati per guarnire e aromatizzare. Ma i più popolari sono certamente i frutti, che chiamiamo erroneamente “semi” perché simili a grani di riso: da sempre insaporiscono pane, dolci, carni e bevande con il loro sapore simile all’anice, ma con un retrogusto meno dolce. Le basi, chiamate grumuli, invece, sono meno grandi e carnose rispetto a quelle del finocchio coltivato, ma sono comunque commestibili e apprezzate. Raggiungendo anche i due metri di altezza, il finocchio selvatico apparirà come un vero protagonista del giardino.
CURIOSITÀ / Non fatevi infinocchiare!
Pare che l’origine del verbo infinocchiare con il significato di imbrogliare qualcuno risieda nell’abitudine di alcuni osti del passato: quando il vino era di scarsa qualità o guasto, questi aggiungevano semi di finocchio o facevano mangiare ai clienti pezzetti di finocchio prima di far assaggiare il vino. Le sostanze aromatiche anestetizzanti per le mucose della lingua facevano percepire il vino come meno scadente…
Luglio
Giugno Luglio
30 lunedì
S.S Primi Martiri
1 martedì S. Teobaldo Eremita
2 mercoledì S. Ottone
3 giovedì S. Tommaso Apostolo
4 venerdì S. Elisabetta
5 sabato S. Antonio Maria Zaccaria
6 domenica
S. Maria Goretti
Luglio
7 lunedì
S. Claudio
8 martedì
S. Priscilla
9 mercoledì
S. Letizia
10 giovedì
S. Felicita
11 venerdì
S. Benedetto
12 sabato
S. Fortunato Martire
13 domenica
S. Enrico
I PIÙ GRANDI DEL GIARDINO
Eccoci giunti all’ultimo strato di vegetazione della nostra food forest, quello degli alberi di medio e alto fusto. A queste piante è affidato il compito di proteggere i vegetali più vulnerabili dal sole diretto e dalle intemperie, creando un microclima favorevole. Gran parte delle piante che tratteremo in questa sezione sono piante da frutto (alcune di queste sono approfondite nel corso dell’agenda); ci sono poi alberi, come per la moringa, che producono parti commestibili; altri ancora, invece, rappresentano una costante nei giardini nostrani, ovvero il pino comune e il platano. Eccone un corposo elenco per il nostro giardino commestibile:
Alberi di grandi dimensioni
Platano orientale (Platanus orientalis)
Castagno (Castanea sativa)
Ulivo (Olea europaea)
Pino domestico (Pinus pinea)
Ciliegio (Prunus avium)
Alberi di medie dimensioni
Fico (Ficus carica)
Mandorlo (Prunus dulcis)
Melograno (Punica granatum)
Melo cotogno (Cydonia oblonga)
Cachi (Diospyros kaki)
Pero (Pyrus communis)
Carrubo (Ceratonia siliqua)
Alberi di piccole dimensioni
Pesco (Prunus persica)
Albicocco (Prunus armeniaca)
Susino (Prunus domestica)
Consigli per la raccolta
Parlando di frutti – e in generale delle parti commestibili della pianta – non si può non spendere qualche parola sulla raccolta e i suoi metodi. Quattro principali accortezze andrebbero rispettate.
Moringa (Moringa oleifera)
Pepe rosa o Falso pepe (Schinus molle)
Melograno (Punica granatum)
Agrumi di medie e piccole dimensioni
Arancio (Citrus sinensis)
Limone (Citrus limon)
Mandarino (Citrus reticulata)
Pompelmo (Citrus paradisi)
conservazione, alcuni frutti possono essere raccolti leggermente acerbi.
1. Raccogliere al momento giusto. Osservare attentamente i frutti per capire quando sono maturi è essenziale. Il momento giusto dipenderà anche dal tipo di fruizione: se destinati alla
2. Utilizzare strumenti adeguati. Per frutti delicati come pesche e ciliegie è preferibile la raccolta a mano. Per frutti più alti o difficili da raggiungere si possono utilizzare attrezzi specifici come bastoni raccoglitori o cestini di raccolta.
3. Raccogliere in modo selettivo e progressivo. Non tutti i frutti maturano
contemporaneamente!
I frutti possono quindi essere raccolti in più fasi durante la stagione.
4. Minimizzare l’impatto ambientale.
Non dobbiamo prenderci tutto! Lasciare alcuni frutti sugli alberi e sul terreno può sostenere la biodiversità, fornendo cibo per gli animali. Lo stesso vale per gli scarti, che possono arricchire il suolo di nutrienti.
INGREDIENTI /
• 1 mazzetto di finocchietto selvatico
• 50 gr di pinoli
• 30 gr di mandorle
• 2 alici
• 50 gr di pomodori secchi
• 1 bicchiere di olio extravergine d’oliva
• 100 gr di pecorino grattugiato
PESTO DI FINOCCHIETTO SELVATICO
DOSI PER: 8 porzioni
PREPARAZIONE /
INGREDIENTI /
• 300 gr di finocchietto selvatico
• 3 uova
• 50 gr di formaggio grattugiato
• 1 cucchiaio di farina (facoltativa)
• Sale e pepe q.b.
• Olio per friggere
Abbinamento: Grillo
TEMPO: 15 minuti
DIFFICOLTÀ: media
Pulire il finocchietto selvatico trattenendo la barbetta e togliendo i gambi più grossi, lavarlo e asciugarlo con un canovaccio. In un padellino antiaderente tostare prima i pinoli, poi le mandorle senza buccia. Tagliuzzare il finocchietto e metterlo in un frullatore con l’olio, i pinoli e le mandorle. Aggiungere le alici e i pomodori secchi. Frullare fino a quando si ottiene un composto cremoso. Unire il pecorino. Conservare in frigorifero al massimo per 3 giorni ricoprendolo con l’olio.
FRITTELLE DI FINOCCHIETTO
DOSI PER: 4 persone
PREPARAZIONE
/
TEMPO: 35 minuti
DIFFICOLTÀ: media
Pulire i finocchietti eliminando i fili più duri e legnosi. Risciacquarli e lessarli in acqua salata per 5 minuti circa, fino a quando non saranno cotti. Scolarli in maniera tale che risultino ben asciutti. Tagliuzzare i finocchietti e metterli in una ciotola. Aggiungere le uova, un pizzico di sale, del pepe nero, il formaggio grattugiato e la farina setacciata (facoltativa). Mescolare fino ad ottenere un composto denso. Se non abbastanza denso, aggiungere altro formaggio e farina (facoltativa). In una padella dal fondo largo versare e scaldare un dito d’olio fino a ricoprire completamente il fondo. Quando sarà caldo, bagnare un cucchiaio nell’olio caldo, prendere il composto a cucchiaiate e versarlo nella padella. Le frittelle dovranno risultare dorate da entrambi i lati e leggermente gonfie.
mercoledì S. Pietro Crisologo Vescovo
S.S Nazario e Celso 3 domenica S. Lidia 1 venerdì S. Alfonso
2 sabato S. Eusebio
AGOSTO
Corbezzolo
UNA PIANTA DA RISCOPRIRE
Il corbezzolo, pianta pioniera e resistente, arricchisce l’ecosistema con le sue bacche agrodolci, ricche di vitamine e proprietà benefiche.
Nella progettazione di una food forest, il corbezzolo riveste un ruolo cruciale come pianta pioniera e di supporto agli altri vegetali. Grazie alle sue radici profonde e alla sua capacità di fissare l’azoto nel terreno, favorisce la salute generale dell’ecosistema circostante. Inoltre, la sua resistenza alla siccità e la sua capacità di prosperare su suoli poveri lo rendono un alleato affidabile nella creazione di un sistema agricolo sostenibile e autosufficiente. Vale quindi la pena scoprirlo insieme. Il corbezzolo, o Arbutus unedo, è un arbusto sempreverde diffuso nei paesi del Mediterraneo, dalle foglie lucenti e dalla corteccia ruvida. Sebbene sia una pianta un po’ dimenticata – tocca a noi valorizzarla! – è spesso coltivata come ornamentale: i frutti, piccole bacche rosso-arancio, e i fiori bianchi a grappoli si sviluppano in autunno. Ma c’è di più.
Foglie, radici e soprattutto frutti, contengono proprietà benefiche per la salute. Dal sapore agrodolce , le bacche, da mangiare fresche, come marmellate e sciroppi, sono un tesoro ricco di vitamine e antiossidanti.
CURIOSITÀ / Non più d’uno!
Il frutto del corbezzolo non doveva piacere molto allo scrittore naturalista latino Plinio il Vecchio. Secondo la sua Naturalis Historia, infatti, l’epiteto specifico latino del frutto, unedo, suggeriva che se ne dovesse mangiare uno soltanto (unum, ‘uno’ e edo, ‘mangio’).
5 martedì S. Osvaldo
4 lunedì S. Nicodemo 10 domenica S. Lorenzo
6 mercoledì Trasfigurazione Nostro Signore
7
8 venerdì S. Domenico di Guzman
9 sabato S. Romano
Agosto
11 lunedì
S. Chiara
12 martedì
S. Giuliano
13 mercoledì
S.S Ippolito e Ponziano
14 giovedì
S. Alfredo
15 venerdì
Assunzione Maria Vergine
Buon Ferragosto
16 sabato
S. Stefano
17 domenica
S. Giacinto
19 martedì S. Ludovico 18 lunedì S. Elena
giovedì S. Pio X Papa
S. Rosa da Lima 20 mercoledì S. Bernardo Abate
S. Bartolomeo Apostolo
PIANTE E BUOI DEI PAESI TUOI
Certo, le piante sanno viaggiare e adattarsi, e lo fanno da prima dell’arrivo dell’essere umano, attraverso il vento, l’acqua e gli animali. Tuttavia, se vogliamo costruire un ecosistema autosufficiente e resistente, il primo passo è partire dalle piante autoctone. Le piante autoctone, o native, sono le piante che si sono originate e sviluppate in un luogo specifico; quindi, adattatesi dopo millenni di evoluzione al clima, alle componenti biotiche del terreno, alla flora e alla fauna locali, con cui instaurano mutue interazioni biologiche. Coltivare piante autoctone rende necessari meno interventi, contribuisce a preservare il patrimonio genetico e culturale del luogo, oltre a favorire la biodiversità. Pensate che esistono piante che dipendono dalla continua interazione con un animale impollinatore (e viceversa). Il caso più famoso è quello del fico comune (Ficus carica) e della Blastophaga psenes, detta ‘vespa del fico’, che si trovano in un rapporto di coevoluzione: in un fico maschio, le vespe depongono le uova; in un fico femmina, impollinano i fiori interni che svilupperanno così semi e permetteranno alla pianta di riprodursi. Senza le vespe, i fichi non produrrebbero frutti e le vespe, a loro volta, perderebbero il loro habitat e la fonte di nutrimento per le larve.
Il giardino delle piante autoctone
Considerando che, come un sistema boschivo, la nostra food forest sarà organizzata in più strati di vegetazione, vi proponiamo di seguito una lista non esaustiva di piante autoctone – e buonissime! –. Chiaramente, alcune di queste sono anche protagoniste di altre pagine dell’agenda.
Livello degli alberi (alto)
• Leccio (Quercus ilex): le ghiande, una volta trattate, sono commestibili e utilizzabili per farne una farina.
• Melograno (Punica granatum): produce frutti succosi e nutrienti, adatti al consumo fresco o per succhi.
Livello degli arbusti (intermedio)
• Mirto (Myrtus communis): le bacche e le foglie sono utilizzate per aromatizzare piatti e preparare liquori.
• Cappero (Capparis spinosa): i boccioli fiorali, i capperi, sono un ingrediente classico della cucina mediterranea.
Livello delle piante erbacee (basso)
• Borragine (Borago officinalis): le foglie e i fiori sono commestibili e possono essere utilizzati in insalate, zuppe e ripieni.
• Tarassaco (Taraxacum officinale): le foglie giovani sono ottime in insalata, mentre le radici possono essere tostate e usate come sostituto del caffè.
SETTEMBRE
PROFUMO D’ESTATE
Venerato sin dall’antichità, il fico incanta con frutti dolci e un ruolo ecologico fondamentale, arricchendo l’ambiente e i palati più raffinati.
Fico
Apprezzato – e addirittura venerato – sin dall’antichità, il fico rimane una pianta straordinaria, oggi come allora. Originario del Medio Oriente, il Ficus carica è oggi diffuso in maniera significativa nelle regioni a clima mediterraneo, caldo e arido. Con la sua capacità di adattarsi a diverse condizioni e la prodigiosa generosità dei suoi frutti, questo albero si integra perfettamente in un sistema agroforestale, arricchendo l’ambiente e offrendo una fonte di alimentazione sana. Non ne facciamo segreto: il suo incanto risiede nelle sue infruttescenze, piccoli scrigni di rara dolcezza che maturano – ne sentirete l’inconfondibile profumo – in tarda estate. Ma il fico può fare molto di più dei suoi frutti. Il nostro albero ha anche un importante ruolo ecologico: le radici profonde migliorano la struttura del suolo, contribuendo alla prevenzione dell’erosione, e aumentano la capacità di ritenzione idrica, favorendo la crescita delle piante circostanti. Più in alto, invece, il fitto fogliame lobato offre l’habitat a insetti benefici e uccelli. Insomma, un albero di grande utilità, ma soprattutto di grande bontà.
CURIOSITÀ / La verità che non ti aspetti I frutti del fico non sono veramente frutti, almeno in senso stretto. Si tratta tecnicamente di siconi, ricettacoli carnosi sulle cui pareti interne sono disposti numerosi piccoli fiori, che a loro volta daranno vita ai veri frutti, detti acheni. Quello che noi mangiamo è quindi una grossa infiorescenza carnosa, piriforme, ricca di zuccheri e nutrienti.
1 lunedì S. Egidio Abate
2 martedì S. Elpidio Vescovo
3 mercoledì S. Gregorio Martire
4
5 venerdì B.M. Teresa di Calcutta
6 sabato S. Umberto
7 domenica S. Regina
Settembre
8 lunedì
Natività Beata Vergine Maria
9 martedì
S. Sergio Papa
10 mercoledì
S. Nicola da Tolentino
11 giovedì
S. Diomede Martire
12 venerdì
S.S Nome di Maria
13 sabato
S. Maurilio
14 domenica
Esaltazione della Santa Croce
LA CASA DI TUTTI
Troppo spesso il termine ‘giardino’ viene associato solo ed esclusivamente ai vegetali. Ma in natura, flora e fauna condividono lo stesso ambiente e sono, talvolta, in stretta simbiosi. Non possiamo quindi dimenticarci degli animali quando creiamo il nostro giardino, soprattutto se si tratta di una food forest. L’ecosistema che vogliamo creare è rifugio, banchetto e casa di moltissimi animali, dagli insetti agli uccelli, dai piccoli mammiferi ai rettili… c’è posto davvero per tutti! Le bacche di arbusti come il sambuco, il ribes, il biancospino e la rosa canina, per esempio, sono una fonte preziosa di cibo per uccelli come merli e pettirossi. Con alberi come noci e noccioli attireremo i simpatici scoiattoli, mentre con erbe aromatiche, fiori e piante erbacee richiameremo api, farfalle, falene e coleotteri, che a loro volta sono cibo per uccelli insettivori e piccoli rettili. Anche se non sarete svegli per assistere, di notte, a seconda delle zone, volpi, tassi, cervi e pipistrelli potrebbero farci visita. Parlando di rifugi, invece, rocce, vecchi tronchi e cataste di legna, per esempio, saranno perfetti per ricci e lucertole. Infine, la presenza di una zona umida o di un piccolo stagno supporterà la vita di rane, libellule, specie acquatiche e altri insetti, creando un ambiente ancora più ricco e diversificato.
Più completi con lo stagno
Il nostro bosco commestibile, abbiamo detto, sarà casa e luogo di passaggio di molti animali, che come noi potranno giovare del ricco ecosistema. E lo sarà ancor di più se lo completeremo con un piccolo stango o una zona umida. Questo aumenterà sensibilmente la biodiversità, oltre a servire come luogo di raccolta dell’acqua. Ecco come creare un piccolo stango tenendo fede ai princìpi della food forest. Per prima cosa, scegliere un luogo adatto, non troppo vicino agli alberi, e scavare una buca. Assicurati di variare la profondità, creando zone che vanno da pochi centimetri a circa mezzo metro. Sii certo di livellare bene i bordi e scava dei canali di entrata e di uscita. La buca andrà coperta prima con del tessuto non tessuto e poi con un telo di plastica, per poi aggiungere un piccolo strato di terra in cui sistemare le piante acquatiche. È il momento di riempire lo stango: una volta fatto, libellule, coleotteri acquatici, rane e tritoni non tarderanno ad arrivare. Infine, le piante galleggianti, come le ninfee e la lenticchia d’acqua, offriranno ombra e ridurranno la crescita delle alghe, minimizzando la necessità di interventi umani.
OTTOBRE
MANEGGIARE CON CURA
Spesso temuta, l’ortica è una pianta generosa: ricca di nutrienti, utile in cucina e come fertilizzante naturale. Del resto, brucia solo se toccata.
Ortica
Considerata spesso un’intrusa fastidiosa e scostante, l’ortica è in realtà una pianta generosa e ricca di usi. Certo, il suo nome mette bene in risalto il suo vizio, bruciare, ustionare con i tricomi disposti lungo le foglie e i fusti (probabilmente dal latino urere, ‘bruciare’). Ovviamente, basta non venirne a contatto direttamente con la pelle. L’ortica comune (Urtica dioica) è una pianta erbacea perenne diffusa in Europa, Asia e Nord Africa, in Italia spontanea fino ai 1.800 m di quota. Alta tra i 30 e i 250 cm, la pianta si sviluppa intorno a un fusto eretto e poco ramificato, con foglie grandi, lanceolate e acuminate. L’aspetto dei fiori, invece, dipende dall’individuo di pianta: l’ortica è infatti una pianta dioica, quindi differente nei due generi. Anche l’ortica, ovviamente, è commestibile e ricca di nutrienti: foglie e germogli, raccolti in primavera, sono ottimi in risotti, zuppe e frittate. La cottura eliminerà i peli urticanti. Infine, il macerato di ortica può essere un ottimo alleato come fertilizzante e insetticida naturale.
CURIOSITÀ / Un ritorno in grande stile
Le fibre di ortica, simili al lino, hanno avuto una lunga storia di utilizzo nell’ambito tessile, che risale a secoli fa. Dopo un periodo di declino, negli ultimi anni l’interesse per questo materiale sembra essere rinato, anche grazie alla crescente attenzione dell’industria della moda verso la sostenibilità.
2
Santi Angeli Custodi 30 martedì S. Girolamo 29 lunedì S. S Michele, Gabriele e Raffaele
Festa dei nonni
3 venerdì S. Gerardo Abate
1 mercoledì S. Teresa del Bambin Gesù
4 sabato S. Francesco d’Assisi
5 domenica S. Placido Martire
6 lunedì
S. Bruno Abate
7 martedì
Beata Vergine Maria del Rosario
8 mercoledì
S. Pelagia
9 giovedì
S. Dionigi
10 venerdì
S. Daniele Vescovo
11 sabato
S. Firmino
12 domenica
S. Serafino
BEN OLTRE IL GIARDINO
Fino ad ora abbiamo raccontato il giardino commestibile, ma assai poco è stato detto dei suoi fruitori, animali selvatici a parte. Sono famiglie, quartieri, scuole e comunità, volontari e professionisti, persone che cercano nel giardino una terra di riscatto e di coesione, oppure ferrati agronomi... E poi ci sono i contesti di realizzazione, calati nella realtà sociale e urbana del nostro territorio: è di questo che trattano i testi dei mesi di ottobre e novembre.
Orto domestico
La prima declinazione di un giardino commestibile, la più ovvia, è quella di orto domestico. Non tutto si può fare, chiaramente, in uno spazio ristretto, ma la filosofia della food forest può comunque realizzarsi. Pensiamo prima di tutto agli scarti domestici, resti inevitabili dell’abitare, che possiamo ridurre a compostaggio per la nostra famiglia di piante. Qui, in piena terra o in vaso, seppur con alcune limitazioni, si può coltivare per goderne in famiglia e, perché no, spartire con vicini e parenti. L’obiettivo è comunque quello di abbandonare sempre più l’idea di orto allineato ed esigente per ricercare l’efficacia di uno spazio meno dispendioso e più simbiotico.
Giardino comunitario
Quando l’intento si fa comune, possono nascere spazi verdi condivisi. È il caso dei giardini comunitari, nati negli anni Settanta a New York, e diffusi ormai in tutto il mondo. Si gestisce tutto in maniera collettiva, dalla semina alla raccolta: una splendida opportunità sociale e civile, ancor prima che di coltivazione, in un contesto urbano sempre più frammentato. I benefici per la comunità e per il singolo sono quindi innumerevoli, dalla salute mentale al valore culturale, dall’educazione all’ambiente ai benefici che gli si apporta. E c’è di più, nella food forest comunitaria non sarà possibile attribuire uno spazio riservato al singolo coltivatore urbano, come a volte accade. Tutto è di tutti, e i frutti vengono spartiti: si lavora in sinergia, altrimenti che food forest sarebbe?
Orto urbano
Simili ai giardini comunitari, gli orti urbani hanno però una genesi e una fruibilità essenzialmente diverse. Spesso nati da progetti di riqualificazione, gli orti urbani sono tipicamente ben integrati nel contesto cittadino, tanto da essere accessibili al pubblico. La gestione, quando non locale, è di solito affidata a enti o associazioni, ma anche a privati. In più, date le forze in campo, le tecnologie e le strutture per la coltivazione sono spesso innovative ed efficienti. E tu, conosci gli orti urbani della tua città?
INGREDIENTI /
• 400 gr di ortiche
• 40 gr Parmigiano
Reggiano grattugiato
• 40 gr di burro
• 5 uova
• Sale e pepe q.b.
FRITTATA DI ORTICHE
DOSI PER: 4 persone
PREPARAZIONE /
Abbinamento:
Pinot nero
dell’Oltrepò vinificato in bianco
INGREDIENTI /
• 1 kg di foglie di ortiche fresche
• 2 patate medie
• 4 cucchiai di pangrattato
• Sale q.b.
• Olio Extravergine d’oliva q.b.
• Aglio (opzionale)
Abbinamento:
Vino rosso Schiava
Alto Adige DOC
TEMPO: 35 minuti
DIFFICOLTÀ: facile
Sfogliare le ortiche con i guanti e tenere solo le foglie, lavarle bene, farle bollire per 10 minuti e scolare. Rompere le uova in una ciotola con sale, pepe e parmigiano, e sbattere bene. Mettere in una padella il burro e aggiungere le foglie delle ortiche cotte; versare le uova, mettere il coperchio e far cuocere per 8 minuti a fuoco basso. Girare il contenuto e far cuocere per 4 minuti senza coperchio. Impiattare e servire.
POLPETTE ALLE ORTICHE E PATATE
DOSI PER: 4 persone
PREPARAZIONE /
TEMPO: 30 minuti
DIFFICOLTÀ: facile
Lavare molto bene le foglie di ortica con acqua e bicarbonato. Sciacquarle e farle bollire per qualche minuto. Scolare le foglie cotte e strizzarle, poi ripassarle in padella con un po’ d’olio, sale e aglio (opzionale). Nel frattempo cuocere le patate, schiacciarle e farle raffreddare: mettere tutto nel robot da cucina assieme alle ortiche e a 3 cucchiai di pangrattato. Aggiustare di sale e con un cucchiaio prelevare la quantità desiderata per fare una polpetta, passarle nel pangrattato avanzato e dorarle in padella.
27 lunedì
S. Fiorenzo Vescovo
28 martedì
S.S Simone e Giuda
29 mercoledì
S. Ermelinda
31 venerdì
S. Lucilla
1 sabato Tutti i Santi
NOVEMBRE
A OGNUNO IL SUO STRATO
Nella food forest, la viola, piccola e profumata, crea microclimi ideali e fiorisce presto, offrendo colori e bellezza al giardino.
Viola
In un ecosistema come quello della food forest, in cui diverse piante partecipano alla creazione di un sistema complesso, stratificato e complementare anche le piante più piccole possono svolgere un ruolo vitale. È il caso della viola, piccola pianta che non supera i 20 cm di altezza ma che occuperà la parte bassa del giardino ricoprendo il suolo con le sue foglie a forma di cuore e i suoi profumati fiori viola. Crescendo in ambienti ombrosi e umidi, spesso sotto alberi e arbusti più alti, la viola contribuisce a creare un microclima ideale per le altre piante, migliorando la ritenzione dell’umidità e limitando la crescita di erbe infestanti. La viola è un genere di piante della famiglia delle Violacee che comprende oltre 400 specie erbacee annuali o perenni originarie dell’Europa e oggi diffuse in quasi tutto il mondo. Tra queste, la viola odorata e la viola del pensiero selvatica, spontanee in Italia, sembrano perfette per il nostro giardino commestibile. La loro caratteristica distintiva?
Sono una delle piante dalla fioritura più precoce in primavera; grazie a questo, saranno fonte di cibo e nettare in un momento in cui poche altre piante sono in fiore. Ovviamente, anche in questo caso il fiore è commestibile, molto profumato e decorativo!
CURIOSITÀ / Caporal Violette
Napoleone Bonaparte pare avesse un legame particolare con questo fiore. La viola fu presente ai suoi due matrimoni, prima con Giuseppina de Beauharnais e poi con Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma. (Tra l’altro, Maria Luigia d’Austria, anche lei amante di questo fiore, contribuì alla popolarità della viola nella città di Parma). La viola divenne quindi un simbolo di speranza e fedeltà tra i bonapartisti, che si riferivano in codice a Napoleone usando il nomignolo di Caporal violette.
3 lunedì
S. S Martino e Silvia
4 martedì
S. Carlo Borromeo
Giorno Unità Nazionale
5 mercoledì
S. Zaccaria Profeta
6 giovedì
S. Leonardo Abate
7 venerdì
S. Ernesto Abate
8 sabato S. Goffredo di Amiens
9 domenica S. Oreste
10 lunedì
S. Leone Magno
11 martedì
S. Martino di Tours
12 mercoledì
S. Renato Martire
13 giovedì S. Diego
14 venerdì
S. Giocondo Vescovo
15 sabato
S. Alberto Magno
16 domenica
S. Margherita di Scozia
lunedì S. Elisabetta d’Ungheria
S. Oddone Abate
mercoledì S. Fausto Martire
S. Benigno
Presentazione B. Vergine Maria
S. Cecilia Martire
S. Clemente Papa
ANCORA PIÙ IN LÀ…
Orti domestici, giardini comunitari e orti urbani sono declinazioni che fortificano i legami sociali di un gruppo che per passione si cimenta nella coltivazione. Simile è l’orto scolastico, che fa della scuola un giardino rigoglioso. Giardini perenni e sinergici, invece, ci mostrano importanti variazioni sul tema del giardino commestibile.
Orto scolastico
In poche parole, la coltivazione come strumento educativo di nozioni di agricoltura, ecologia, nutrizione e sostenibilità – argomenti ancora poco trattati nelle scuole –. Tutto questo, naturalmente, coinvolgendo studenti, insegnanti, personale e, perché no, anche genitori in attività pratiche sostenibili. La difficoltà dello studio teorico viene così superata dall’apprendimento interattivo, sul campo, che, tra le altre cose, apre una valvola di sfogo positiva per studenti e insegnati. Tuttavia, per un istituto quella dell’orto è una sfida considerevole, che dovrebbe trovare maggiore appoggio e sostegno economico da parte delle istituzioni pubbliche.
Giardino perenne
Se un piccolo sistema agricolo produttivo ci sembra complesso da realizzare, non abbandonate vanga e carriola, perché si possono provare strade alternative pur sempre sostenibili. Il giardino perenne non è incentrato sulla produzione di cibo e di piante utili all’uomo, come per la food forest, ma solo sulla coltura di piante perenni. Questa particolare scelta, tuttavia, semplifica e non di poco la manutenzione del giardino, che se progettato con attenzione porterà fioriture in diverse stagioni dell’anno. E poi, chi dice che tra le piante non possiamo inserire le perenni da frutto e aromatiche? Così facendo potremo ottenere un equilibrio perfetto fra estetica e produttività.
Giardino sinergico
In quasi completa sintonia con la food forest c’è il giardino sinergico, un modo di coltivare che mira a creare un sistema agricolo autosufficiente e rigenerativo. Diversamente da questa, però, il giardino sinergico è più orientato verso l’orto, che si caratterizza per un’attenta pacciamatura del terreno e per le tecniche di consociazione. Il giardino sinergico è essenzialmente un orto basato su aiuole rialzate o cumuli, dove in uno spazio limitato diverse piante vengono coltivate insieme per sfruttare le loro relazioni benefiche. Giardini sinergici e food forest, ampiamente influenzate dai primi, condividono approcci sostenibili che riducono al minimo l’impatto ambientale e il bisogno di manutenzione.
DICEMBRE
cachi
MELA D’ORIENTE
Il cachi, albero resistente e longevo, arricchisce il giardino commestibile con frutti dolci e nutrienti, evocando un’invernale magia arancione.
Il
Se mi chiedessero qual è il candidato migliore per un giardino commestibile, non esiterei a proporre il cachi! Certo, tutte le piante che presentiamo in questa agenda si sposano bene con la food forest, ma il cachi forse di più… Nell’Estremo Oriente viene coltivato da più di 2000 anni, mentre in Italia si dice sia giunto nei primi anni del Novecento. Perché è il candidato migliore?
Partiamo dall’albero: resistente – richiede solo una buona esposizione alla luce del sole –, longevo e difficilmente attaccato dai parassiti. Foglie e frutti caduti forniscono al terreno ricche sostanze concimanti. Fino a qui, direi che si presenta bene. Ma poi ci sono i frutti, da ottobre a dicembre, da consumare (salvo per la varietà cachi mela) quando il frutto è ammezzito, cioè molle e maturo. Il frutto è un vero toccasana per il nostro corpo, e con la sua polpa si possono fare ottimi dolci e marmellate. E poi c’è lei, quell’immagine a cui tutti pensiamo: in inverno, con i primi geli, il nostro cachi potrebbe somigliare a un buffo albero di Natale, spoglio, ma ricco di simpatiche palline arancioni. Un’ultima cosa riguarda il nome, che viene dal giapponese (kaki): il suo adattamento italiano è invariabile al singolare e plurale. E se non vi piace questo nome, potete chiamarlo anche loto, mela d’Oriente, oppure diospiro.
CURIOSITÀ / Leggendario
In Oriente il cachi viene chiamato anche albero delle sette virtù che, secondo la leggenda, erano la longevità, l’ombra, la mancanza di nidi, l’assenza di tarli, il verde delle foglie, la resistenza al freddo e la creazione del concime con i frutti caduti.
1 lunedì S. Eligio
2 martedì S. Bibiana
3 mercoledì S. Francesco Saverio
4
5 venerdì S. Giulio Martire
6 sabato S. Nicola Vescovo
7 domenica S. Ambrogio Vescovo
Dicembre
8 lunedì
Immacolata Concezione
9 martedì
S. Siro
10 mercoledì
Beata Vergine Maria di Loreto
11 giovedì
S. Damaso I Papa
12 venerdì
S. Giovanna Francesca
13 sabato
S. Lucia
14 domenica
S. Giovanni della Croce
S. Valeriano
S. Lazzaro
S. Graziano Vescovo
S. Liberato Martire
S. Pietro Canisio
ALLA CONQUISTA DEL TERRENO
Abbiamo più volte ricordato che il giardino commestibile è organizzato a imitazione della natura. Nel ricreare un sano ecosistema boschivo, su più livelli, è essenziale avanzare per gradi: trapiantare un bosco in una zona spoglia, chiaramente, non servirà a nulla e genererà un ambiente fortemente dipendente dalle nostre cure. La soluzione arriva proprio dall’osservazione della natura: la prima fase dello sviluppo di un ecosistema è quella degli organismi pionieri. Le piante pioniere sono specie estremamente adattabili a terreni esausti e a condizioni climatiche estreme, dove mantengono una grande capacità riproduttiva. In questa prima fase, rovi e piante pioniere renderanno il terreno fertile in maniera naturale e idoneo a ospitare altri strati di vegetazioni più esigenti e delicati. Le pioniere più efficaci sono quelle azoto-fissatrici: lupino, sulla, erba medica, veccia, trifoglio nano e trifoglio sotterraneo (erbacee); ginestra, olivello, coronilla (arbustive); mimosa, pisello siberiano, robinia, ontano (arboree).
Per una naturale fertilità
Abbiamo visto come l’utilizzo di particolari specie possano preparare il terreno per fasi ecologiche più ricche e complesse. Avere un terreno fertile è una condizione essenziale per ogni bosco commestibile; ottenerlo e mantenerlo tale in maniera sostenibile e naturale è una delle sfide di questa filosofia di giardinaggio. Anche in questo la natura provvede a sé, e sono le piante stesse, mentre crescono, a fertilizzare il terreno con i loro essudati radicali, i residui organici e la loro attività chimica, aiutate, chiaramente, dagli organismi che popolano il terreno. Possiamo implementare la rigenerazione del terreno attraverso il compostaggio, una pratica che ci permette di trasformare, attraverso un processo aerobico di decomposizione, materiali di origine organica (vegetali e non) e inorganica (seppure in quantità limitata). Un modo rapido per trasformare resti organici, scarti di cucina, sfalci di potatura e fogliame è il bokashi, una tecnica di origine giapponese. Rispetto alle tecniche classiche, il bokashi sfrutta un processo di fermentazione della materia organica.
INGREDIENTI /
• 2 cachi mela
• 80 gr gocce di cioccolato
• 100 gr di zucchero semolato
• 200 gr di farina
• 2 uova
• 1/2 bustina di lievito per dolci
• 60 ml di latte
• 40 gr di olio di arachide
• 30 gr di mandorle a lamelle
• Scorza di limone q.b.
TORTA DI CACHI
DOSI PER: 6 persone
PREPARAZIONE /
TEMPO: 60 minuti
DIFFICOLTÀ: facile
Abbinamento: Malvasia Aromatica di Candia
INGREDIENTI /
• 250 gr di pasta (suggeriti i fusilli)
• 1 salsiccia
• Polpa di un caco
• Vino bianco q.b.
• Pepe verde q.b.
Abbinamento:
Metodo classico a base di Pinot nero
Lavare, asciugare e tagliare a spicchi sottili i cachi lasciandone da parte 6/7 fettine per la decorazione. Mettere in una ciotola la farina, il lievito, lo zucchero, le uova, l’olio e il latte e mescolare con una frusta. Aggiungere la scorza di limone, i cachi affettati e mescolare con una spatola. Estrarre le gocce di cioccolato in precedenza messe in frigorifero e amalgamarle all’impasto. Versare il composto in uno stampo unto e rivestito con carta forno. Con le fette rimaste dei cachi decorare la superficie del dolce distribuendo anche le scaglie di mandorla. Cuocere in forno a 180 gradi per 40 minuti. Sfornare la torta, farla raffreddare e servirla.
PASTA SALSICCIA E CACHI
DOSI PER: 2 persone
PREPARAZIONE /
TEMPO: 20 minuti
DIFFICOLTÀ: facile
Far bollire l’acqua per la pasta e nel frattempo spezzettare la salsiccia mettendola in una padella antiaderente con il coperchio. Cuocere a fuoco basso fino a farla dorare. Sfumarla con un goccio di vino bianco, quando sarà evaporato aggiungere la polpa di caco e il pepe verde creando un composto cremoso. Cuocere la pasta, scolarla e aggiungere il sughetto.