6 minute read

Under

Next Article
Sisboccia

Sisboccia

Tutto riparte dalla terra

Quattro studenti dell’ultimo anno dell’Istituto Tecnico Agrario sono volati in Kenya per aiutare l’associazione “Amici della Brianza” a insegnare e formare i giovani agricoltori locali sulle migliori tecniche di coltivazione. Ecco il racconto della loro esperienza

a cura del COMITATO di REDAZIONE FONDAZIONE MINOPRIO*

Roberto Cattaneo e Giuseppe Terraneo sono i rappresentanti dell’Associazione “Amici della Brianza” e sono impegnati dal 2020 in

attività di solidarietà a favore di comunità povere del Kenya

come la Nanyuki Furaha Foundation. Insieme si propongono di avviare un percorso di aiuto non basato esclusivamente sulla raccolta di fondi da destinare alla comunità (60 tra bambini e bambine senza dimora dai 4 ai 17 anni), ma soprattutto all’insegnamento e alla for-

mazione di giovani agricoltori.

Per questa ragione hanno acquisito, con regolare contratto di affitto, un terreno pianeggiante di circa quattromila mq nelle vicinanze della comunità, dove prevedono di coltivare ortaggi necessari e sufficienti al fabbisogno quotidiano della comunità e alla vendita o scambio. Il progetto (che sarebbe dovuto partire nel 2020 ma si è arenato per la pandemia) si propone di raggiungere due obiettivi fondamentali: uno di breve-medio termine con la messa in produzione del

terreno e la raccolta di prodotti

biologici necessari alla sana crescita di bambini e adolescenti della comunità. Due di medio termine:

la formazione di giovani adole-

scenti della comunità affinché apprendano e sappiano mettere in pratica le migliori tecniche di coltivazione. Roberto Cattaneo e Giuseppe Terraneo si sono rivolti alla Fondazione Minoprio affinché la scuola fornisse l’assistenza tecnica necessaria per ottenere i migliori risultati e raggiungere gli obiettivi proposti. Si sono resi disponibili a partire, l’11 agosto scorso, quattro studenti dell’ultimo anno dell’Istituto Tecnico Agrario: Federico

Garbagnati, Giorgia Ragazzini, Francesca Askja Roveda e Nicola Vincenzi.

Parlateci del progetto: cosa vi ha spinti a partire? Federico: «Ho deciso di partire il giorno stesso dell’incontro per mettermi in gioco in un’esperienza lavorativa lontano da casa che potesse aiutare l’intera generazione della comunità di Nanyuki». Giorgia: «Mi ha dato la spinta il racconto del professor Salvan che ha portato la sua esperienza in Congo e mi ha trasmesso la voglia di conoscere un contesto diverso dal nostro e aiutare, per quanto possibile, la comunità». Francesca: «Era una bella opportunità sia dal punto di vista umano sia professionale. Ero incuriosita e spaventata allo stesso tempo perché sono restia a nuove esperienze, ma mi sono convita e son partita».

Come era organizzata la giornata e quali colture avete seminato? Nicola: «Per le colture, sono stati organizzati degli incontri con il professor Giovanni Salvan che ci ha consigliato quali piante bisognasse seminare, poi abbiamo contattato la responsabile della comunità che ci ha raccontato delle esigenze dei bambini, quali erano i principali ortaggi che coltivavano in zona e quelli più consumati. Prima che partisse il progetto, la comunità

I quattro studenti dell’ultimo anno dell’Istituto Tecnico Agrario sono Federico Garbagnati, Giorgia Ragazzini, Francesca Askja Roveda e Nicola Vincenzi.

mangiava esclusivamente riso e cavoli, sia a pranzo sia a cena. Abbiamo seminato fagioli, piselli, carote, pomodori, zucchine, con un risultato più che

soddisfacente, spinaci, sukuma (un ortaggio tipico a foglie verdi della famiglia delle Brassicacee), frutto della passione, patate, mais, cipolle e cavoli. I semi erano quasi tutti trattati chimicamente quindi erano tutti colorati di rosso, infatti per metterli a dimora bisognava utilizzare i guanti». Francesca: «Non abbiamo scelto delle cultivar specifiche perché dif-

* Progetto che vede Edizioni Laboratorio Verde collaborare con la Fondazione Minoprio ITS. Un comitato di redazione composto da allievi e professori, per raccontare il mondo del verde là dove si formano i professionisti del settore. Cinque gli studenti-redattori coinvolti: Iris Cazzaniga, Alessia De Micheli, Alessandro Ferri, Giacomo Gatti e Maddalena Mercandalli. Quattro i professori: Daniela D’Alessandro, Barbara Fedrigo, Andrea Tomé e Debora Piccolo.

SEMINARE SOLIDALE

Grazie al progetto sono stati coltivati fagioli, piselli, carote, pomodori, zucchine, spinaci, sukuma (un ortaggio tipico a foglie verdi della famiglia delle Brassicacee), frutto della passione, patate, mais, cipolle e cavoli.

ficili da reperire. Cercavamo dei

pomodori a cespuglio e dei fagioli e, un po’ per scarsa disponibilità, un po’ per incomprensioni linguistiche, non siamo sicuri di aver comprato quello che vole-

vamo (ride)».

Quali difficoltà avete incontrato? Federico: «La primissima difficoltà è stata il ritardo della consegna bagagli e, di conseguenza, è stato ritardato anche la costruzione dell’impianto d’irrigazione, ma in quei giorni abbiamo realizzato le prode per non perdere ulteriore tempo. Abbiamo avuto qualche

problema con le misure del campo, infatti la cisterna era un po' decentrata, non dividendo esattamente il campo in due parti.

Inoltre, ci sono stati anche problemi sul recupero degli attrezzi e abbiamo dovuto pacciamare alcune prode con la paglia perché il telo non bastava. Alcuni semi erano scadu-

ti e non sapevamo se sarebbero cresciuti così, per aumentare la probabilità, abbiamo messo un

po' di semi in più per buca. Alla fine sono nati quasi tutti». Francesca: «Non è stato particolarmente difficile abituarsi, più che altro atterrare e relazionarsi con un ambiente che ha tempi, ritmi e abitudini diversi, ma anche condizioni tecniche che noi non conosciamo: si pensi alla parte di parassitologia generale e alle malattie. Comunque, penso che la cosa davvero difficile sia stata constatare il livello di povertà in cui vivono le persone, anche nelle grandi città».

Avete avuto modo di conoscere nuove piante? Giorgia: «Abbiamo potuto osservare quanto siano diversi i comportamenti di piante presenti sia da noi sia in Kenya, come la Bouganville. Da noi non ci sono colori così tanto evidenti». Francesca: «È stato bello conoscere da vicino il bioma savana, fino ad allora conosciuto solo attraverso i libri, e capire le strategie che le piante hanno adottato per sopravvivere a un particolare clima».

Quanto avete portato della Fondazione Minoprio in Kenya? Nicola: «Cinque anni di studio e di testa sui libri. Abbiamo cercato di portare più conoscenza possibile per sviluppare al meglio l’orto. Per

la prima volta abbiamo messo insieme più materie, come botanica, agronomia, orticoltura, riconoscimento botanico. Diciamo che è stata la prima volta che abbiamo realizzato qualcosa da

tecnici, partendo dalle conoscenze acquisite nel percorso quinquennale. Le materie del settore, a incastro, si sono sostenute l’una con l’altra e si sono collegate tutte, dalla prima all’ultima».

Quali sono i vostri impegni futuri? Federico: «Io frequento Viticultura ed Enologia a Pisa perché vorrei lavorare o aprire un’azienda vitivinicola sull’isola d’Elba, ma non mi dispiacerebbe uscire dall’Italia per andare in Australia o In Nuova Zelanda». Nicola: «Io volevo fare il veterinario: per me gli animali erano e sono la vita però nel mio percorso c’è stata una persona che mi ha stravolto e cambiato la vita, la professoressa Barbara Fedrigo, e quindi mi sono iscritto all’Università Telematica di Lettere per conciliare lo studio e il lavoro in un negozio di fiori. Il mio sogno è quello di insegnare, ma il desiderio di tornare a Nanyuki è forte in tutti noi». Francesca: «Per ora il mio obiettivo è l’università e cercare di

mettere in pratica tutto ciò che

sto studiando, per trasmettere agli altri la bellezza e l’importanza della natura». Giorgia: «Studio Scienze Forestali a Firenze e il mio obiettivo è continuare in questa direzione, ma lasciare aperte le porte a nuove esperienze. Da qualche mese sto

valutando l’ipotesi della Certificazione Forestale per avere pro-

dotti certificati e sostenibili da un punto di vista sia produttivo sia sociale. Uno dei paesi coinvolti da tale certificazione è il Gabon, quindi non escludo la possibilità di tornare in Africa».

This article is from: