3 minute read

Strutture

Next Article
Sisboccia

Sisboccia

Fare luce dal vetro

Serre di produzione, ampliamenti e progettazioni ex novo ricercano la trasparenza e l’illuminazione naturale grazie alle strutture firmate da Rabensteiner che dagli anni Settanta pensa a rifare il look ai garden center. Ma il mercato italiano a che punto è?

colloquio con KLAUS WIERER di FRANCESCO TOZZI

L’ azienda Rabensteiner nasce alla fine degli anni Settanta grazie a Peter Rabensteiner che, da dipendente di una floricoltura di Bressanone, subentra al proprietario precedente e inizia a progettare e realizzare serre con una piccola novità rispetto al passato: il portavetro in alluminio che sostituisce ferro e stucco. Dopo appena dieci anni, l’azienda prende forma grazie al boom di richieste per le serre di produzione. Nel

1991 però Rabensteiner entra nel gruppo Wierer Holding che mantiene il nome del marchio.

Abbiamo intervistato Klaus Wirer, CEO di Rabensteiner per farci spiegare il rapporto con il mercato italiano che, nel corso del tempo, non è più lo stesso.

Come è iniziata la sua avventura in Rabensteiner? «Nel 1993 i miei zii avevano bisogno di qualcuno che li supportasse e dopo trent’anni sono ancora qui. In questo periodo di tempo è cambiato tutto, mercato e clienti, perché prima si lavorava principalmente con l’Italia mentre ora non è più così. Il nostro primo lavoro risale al 1997 quando c’erano ancora rispettivamente marco e lira e la nostra azienda era estremamente competitiva all’estero. Nel 2005

poi, quando abbiamo acquistato Gabler, il più grande produttore di serre abbiamo creato la sede tedesca di Rabensteiner vicino a Stoccarda, arrivando

ai 75 dipendenti attuali. Da quel momento in poi abbiamo iniziato a muoverci sul mercato tedesco che ci ha permesso di evitare le problematiche sorte per chi è rimasto in Italia. Il mercato tedesco infatti ci ha permesso di imporci, nonostante i competitor, e occupare una fetta di mercato più ampia».

Lavorare per l’Italia e per la Germania. Ci sono differenze sostanziali? «In primis il concetto di garden center che, in Germania, ha un’identità diversa. L’evoluzione del

prodotto vetro per il garden center è avvenuta principalmente verso la metà degli anni 2000 mentre, a livello di materiali, il cambiamento è stato favorito dai progetti all’estero.

Siamo arrivati a costruire veri e propri edifici che devono seguire normative e permessi e negli ultimi sette anni, in paesi come la Germania con un quadro normativo chiaro, tante aziende private hanno investito perché è più facile chiedere e concedere un finanziamento».

L’ultimo garden center a cui avete lavorato in Italia? «Il Viridea di Castenedelo a Brescia e un ampliamento per Flover a Bussolengo».

Cosa si può aspettare un garden center dalla vostra consulenza? «La nostra competenza sta nel

creare un progetto architettonico perché non esiste la figura dell’architetto specializzato in garden center e non si sa a chi rivolgersi in questi casi, proprio perché è un mercato

di nicchia. In Rabensteiner lavoriamo con 3-4 architetti che gestiscono in toto la progettazione e la gestione delle pratiche del comune. In Italia non è così facile fare lo stesso perché è complicato avere una gestione lineare dell’intero processo. Pertanto realizziamo il progetto architettonico di base e, in seguito, lo passiamo a un progettista del posto che porta avanti tutti i permessi e la parte burocratica».

In Italia esiste ancora il limite della burocrazia? «Le tempistiche sono sempre lunghe perché non esiste una norma specifica. Questo non vuol dire che all’estero sia sempre più facile ma per lo meno il quadro normativo è più chiaro. Questo spiega

perché l’Italia rappresenta il 10% del nostro fatturato men-

tre l’estero il 90%. A noi piace lavorare con l’Italia e continuiamo a mantenere la sede nonostante l’attività si sia spostare verso l’esterno nel corso degli anni».

Klaus Wierer, CEO di Rabensteiner.

Quali sono i paesi dove lavorate maggiormente? «Austria, Svizzera, Germania (che vale il 60 % del fatturato), Repubblica Ceca, Slovacchia e Belgio».

Qual è il vostro core business? «Ci concentriamo e ci distinguiamo sul settore del garden center ma, tecnicamente parlando, siamo in grado anche di realizzare le serre di produzione. Ci occupiamo dal layout alle autorizzazioni».

Quale potrebbe essere la superficie minima di un garden? «Direi che la metratura base

ideale sarebbe dai 1.500-2.000

metri quadrati in su. Questo vale in Italia come in Germania, nonostante le differenze a livello progettuale e burocratico».

LA NOSTRA COMPETENZA STA NEL CREARE UN PROGETTO ARCHITETTONICO PERCHÉ NON ESISTE LA FIGURA DELL’ARCHITETTO SPECIALIZZATO IN GARDEN CENTER E NON SI SA A CHI RIVOLGERSI IN QUESTI CASI PERCHÉ È UN MERCATO DI NICCHIA

Il progetto del Viridea di Castenedolo.

This article is from: