Il personaggio di Waimer Perinelli
Luca Zaia il doge serenissimo
L
uca Zaia 52 anni. “Il suo papà io lo conosco, dice Camilla Girardi, titolare di una concessionaria automobilistica, è uno che ancora va in giro con la tuta da meccanico operaio. Una persona semplice”. E’ così, una persona alla mano, anche Luca, nato a Conegliano Veneto, in provincia di Treviso, il 27 marzo del 1968. Nella terra del prosecco si è diplomato enologo e all’università di Udine si è laureato in Scienze della produzione animale. La sua carriera politica è esemplare. Inizia a 25 anni quando viene eletto consigliere comunale a Godega di Sant’Urbano, suo paese di origine. A trent’anni è già presidente, il più giovane d’Italia, della Provincia di Treviso, incarico lasciato nel 2005 per ricoprire fino al 2008, nell’Era di Giancarlo Galan, il ruolo di vicepresidente della Regione Veneto. A quarant’anni è ministro delle politiche agricole e ambientali del governo Berlusconi. Nel 2010 viene eletto presidente della Regione Veneto. Tutto questo fra la spada e il leone, la Lega nord e la Liga veneta. Due simboli, un solo cuore. Fino ad oggi almeno visto che Zaia, con il 47 per cento delle preferenze perso-
nali, ha superato nelle regionali di settembre la lega di Salvini, ferma al 16 per cento, raggiungendo tuttavia con gli alleati del centro destra il 76,79 % dei voti. “ Tutti i miei elettori sapevano che sono della Lega” dice Zaia chiudendo, almeno per ora, alle polemiche che lo vorrebbero contrapposto al leader nazionale del Carroccio. “ La politica, afferma, non è una partita di calcio dove ad ogni sconfitta o vittoria si vuole cambiare allenatore”. Luca Zaia è il nuovo Doge di una Regione che rivendica un glorioso passato e viene scelta da altri come modello nella lotta al Corona Virus, e dello sviluppo economico. Anche se, su certi capannoni diventati dinosauri abbandonati nella devastata pianura, qualcosa ci sarebbe da recriminare. I capannoni, ora in molta parte abbandonati, sono i testimoni della devastazione del territorio, di un’economia dal rapido sviluppo su cui i veneti si sono divisi ed ora troviamo ricompattati dall’identità politica che, più che all’economia, guarda al territorio attraverso la storia. Secoli di storia comune in una Repubblica avida e spesso arida, ma capace di lottare con-
tro i turchi, gli imperi di Francia, Austria, Spagna e il Papato, difendendo qualche eretico e molti ebrei, pur confinandoli nel ghetto. che dalla città lagunare prende il nome, non possono passare come acqua nel canale, Mille anni di storia sono come i pali di castano e rovere su cui è fondata la Serenissima; sono la forza di un popolo che ha combattuto a Lepanto nel 1571, commerciato nell’estremo Oriente con Marco Polo, divertito il mondo con le commedie di Goldoni, affascinato Shakespeare che vi ha voluto ambientare non a caso, “Il mercante di Venezia” . Una autentica secolare cultura. “Oggi, dice Zaia, quello che serve alla politica è una vera una rivoluzione culturale”. La cultura porta al cambiamento o almeno lo indirizza. Il referendum di settembre ha dimostrato che il processo di mutamento dello Stato è fortemente richiesto. Luca Zaia, da uomo forte in una Regione forte, lo ha capito. “Serve l’ autonomia regionale, dice, e un Senato delle Regioni, sul modello tedesco.” Ma non assomigliava molto a questa la proposta del rampante Matteo Renzi, bocciata nel referendum costituzionale del 2016?
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