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Veneti, popolo di esploratori e navigatori
La storia e noi di Alvise Tommaseo
VENETI POPOLO DI ESPLORATORI E NAVIGATORI
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La Repubblica di Venezia ha dominato il mare Adriatico, e parte del Mediterraneo, per quasi sei secoli. E’ stata una temibile potenza militare marinara, ma soprattutto si è distinta come una formidabile entità economico - commerciale. I suoi eleganti vascelli, realizzati nell’attrezzatissimo e organizzatissimo Arsenale dove lavoravano migliaia di operai, falegnami, fabbri e artigiani, nel corso del tempo, sono approdati ovunque, ma in particolare nei porti ed empori dell’Oriente. L’espansione del commercio verso porti, città e terre lontanissime, alcune delle quali all’epoca sconosciute, la si deve, anche e soprattutto, all’audacia, curiosità, intelligenza e coraggio di tanti navigatori ed esploratori originari non solo di Venezia, ma di tutte le province venete. Senza il pregiatissimo legname proveniente dai boschi del Montello, del Cansiglio, ma soprattutto dal Cadore ed in parte dal Feltrino, nell’Arsenale di Venezia non sarebbero state progettate, costruite e varate le imbarcazioni che poi hanno solcato le acque di tanti mari ed Oceani al comando dei migliori comandanti. Ma non solo per mare. L’eccezione per eccellenza non può che essere quella di Marco Polo, in assoluto il più famoso viaggiatore – esploratore di tutte le epoche, secondo, per fama, solo al genovese Cristoforo Colombo. Il giovanissimo Marco partì da Venezia per l’Oriente, con il padre e lo zio, nel 1271 e vi rimase la bellezza di 17 anni. Attraversò i deserti dell’Asia, scavalcando la catena del Pamir fino a raggiungere la Cina. Rientrato nella città natale, nel 1298, divenne marinaio della Serenissima, ma in uno scontro navale con Genova fu catturato. Durante la prigionia raccontò le sue avventure in terre lontanissime a Rustichello da Pisa, che le trascrisse, prima in lingua francese e poi in italiano, con il titolo “Il Milione”. Un secolo dopo il veneziano Alvise
Ca’ da Mosto, dopo avere navigato nel Mediterraneo e nel nord Europa, lasciò Lisbona con l’intento di esplorare le coste occidentali dell’Africa. Dopo aver vistato Madeira e Le Canarie puntò verso il Senegal. Successivamente, raggiunto l’estuario del fiume Gambia, lo risalì per un centinaio di chilometri. Nel tragitto di ritorno approdò e scoprì, in mezzo all’Atlantico, le isole di Capo Verde. Nel 1550 furono pubblicate le mappe e le descrizioni delle sue scoperte. Nel 1432 il nobile veneziano Pietro Querini naufragò con il suo carico di vino presso le isole Lofoten nel nord della Norvegia. Si salvò e, in quell’occasione, scoprì il merluzzo, ovvero il famoso stoccafisso altrimenti chiamato bacalà, che tanto successo riscosse sulle tavole dei Veneti e dei Vicentini in particolare. Risale al 12 ottobre 1492 la fatidica data della scoperta dell’America ad opera del genovese Cristoforo Colombo. Non passarono che pochissimi anni quando, il 24 giugno 1497, Giovanni Caboto, veneziano d’adozione, sbarcò per primo sulle coste del nord America in un epico viaggio commissionato da re Enrico VII d’Inghilterra. Secondo alcuni storici scoprì l’isola di Terranova e successivamente anche la Groelandia. Le esplorazioni di Caboto assicurarono ai geografi europei del tempo le prime indicazioni scientifiche circa la vastità del continente americano e stimolarono la ricerca di un passaggio a nord – ovest verso l’estremo Oriente. Sebastiano Caboto, figlio di Giovanni, che per lungo tempo abitò a Venezia, oltre che a viaggiare al fianco del padre, esplorò la punta meridionale dell’isola di Baffin fino alla Florida. Nel 1525 raggiunse il Brasile per poi puntare sull’Argentina dove fondò un villaggio fortificato vicino alla città di Santa Fè ed un’altra roccaforte in Uruguay lungo l’estuario del Rio de la Plata. E come non ricordare il grande navigatore e geografo vicentino Antonio Pigafetta. Partecipò, grazie alla raccomandazione di un vescovo, alla spedizione marinara comandata da Ferdinado Magellano che si proponeva la prima circumnavigazione del globo. Si imbarcò nel 1519 sulla nave ammiraglia Trinidad. Due anni dopo, nelle attuali Filippine, la spedizione fu attaccata dagli indigeni che uccisero Magellano e ferirono lo stesso Pigafetta. Pigafetta raccontò successivamente la sua incredibile esperienza nella “Relazione del primo viaggio intorno al mondo”, uno dei manoscritti più preziosi che documentano le grandi scoperte geografiche del Cinquecento. Meno nota, ma non per questo meno importante, è la figura del veneziano Niccolò Manucci, avventuriero, esploratore e medico, con grandissime doti diplomatiche, vissuto tra il 1638 ed il 1720. Trascorse gran parte della sua lunga vita tra la Turchia, la Persia e l’India le cui lingue parlava con grande disinvoltura. Nel 1663 lasciò Delhi per recarsi in Bengala. Per qualche tempo trovò ospitalità presso un collegio dei padri Gesuiti che riuscirono, grazie alle sue abilità diplomatiche ad ottenere un permesso per costruire una chiesa in muratura. Nel 1705 Manucci affidò al padre Capuccino Eusebio di Bourgesun un grosso plico di documenti che raccontavano le sue incredibili avventure nelle Indie e la sua “Storia.” Si chiude questa veloce carrellata dedicata agli esploratori Veneti ricordando il padovano Giovanni Battista Belzoni nato nel 1778 e deceduto in Nigeria nel 1823. Fattosi monaco, gettò ben presto alle ortiche la sua tonaca per coltivare la sua passione per l’idraulica, per i viaggi, ma soprattutto per l’archeologia. In Egitto diede inizio alla ricerca di antichità a Karnak e nella Valle dei Re. Le sue scoperte gli diedero grande fama soprattutto in Inghilterra dove, in suo onore, fu addirittura coniata una moneta di bronzo. Al museo archeologico di Padova donò preziosi reperti egizi, alcuni dei quali si trovano oggi esposti nel palazzo della Regione Veneto.