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Dalla parte del cittadino: la qualità di coerede
Dalla parte del cittadino in collaborazione con A.E.C.I - FELTRE
La qualità di coerede, la comunione e la divisione ereditarie
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Quando muore una persona cara, pur nel dolore e nella difficoltà del momento, si presenta la necessità per coloro che sono chiamati a ereditarne il patrimonio di gestire tutti gli incombenti relativi alla c.d. successione. Infatti, nell’ambito della successione, se più soggetti risultano titolari del diritto a subentrare nel patrimonio del deceduto, pur se in misura fra loro diversa, si parla di coeredi. A stabilire chi sono gli eredi può essere il defunto tramite la redazione di testamento. Il testamento è un documento che va a contenere tutte le volontà di un soggetto per il tempo in cui avrà cessato di vivere, includendo anche propositi e indicazioni di tipo morale o personale (ad esempio, oltre alle disposizioni patrimoniali, possono essere previste indicazioni su come deve avvenire il funerale o la eventuale cremazione); esso può essere redatto in forma solenne e pubblica, di fronte ad un Notaio, oppure in modo privato, quale testamento c.d. olografo, scritto a mano dal testatore nel rispetto di alcuni
requisiti di forma. Solo in pochi tuttavia muoiono dopo aver fatto testamento. Così, in assenza di testamento, è la legge a definire a chi debba andare il patrimonio e come esso debba essere gestito. Il Codice civile prevede una serie di regole precise che individuano delle quote di patrimonio rispetto alle quali i coeredi hanno diritto di succedere in base al grado di parentela di ciascun soggetto vivente. Di regola, la disciplina privilegia i parenti di grado più stretto: i figli, il coniuge, i genitori, i fratelli. Così, ad esempio, in presenza di tre fratelli quali unici eredi del padre, a ciascuno di questi spetterà il 33% di ciascuno dei beni paterni. Quando più coeredi diventano assieme titolari di quote sul patrimonio ereditario, si verifica quella che viene chiamata comunione ereditaria. La comunione ereditaria è anche definita comunione pro indiviso ossia una condivisione dei diritti e doveri di più persone sullo stesso bene, da esercitarsi secondo delle precise quote. In altri termini, ciascun coerede è titolare di una quota ideale e non fisica su tutto il patrimonio del soggetto deceduto, la c.d. massa ereditaria. è importante sottolineare come la massa ereditaria contempli tutti i beni che erano nella titolarità del decuius (beni immobili, mobili, gioielli, denaro) inclusi eventuali debiti e, in certe casi, le donazioni. Così, ad esempio, ciascun fratello, titolare di un terzo della casa paterna, non ha diritto a utilizzare solo un terzo dell’immobile (ad esempio, tre camere su nove o un piano su tre) ma un terzo dell’intero immobile: tale quota non ha un suo riscontro fisico nella realtà, anche perché, come detto, contempla tutti i beni lasciati dal decuius, inclusi tutti i più piccoli oggetti raccolti negli anni (ad esempio la fede nuziale). È evidente come tale situazione possa creare non poche difficoltà, soprattutto se i coeredi faticano ad andare d’accordo fra loro o, più semplicemente, sono in un numero elevato sparsi per il mondo: il codice civile, infatti, impone a tutti
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e ciascuno dei coeredi il dovere di gestire insieme la massa ereditaria, curando la manutenzione e quindi tutti gli adempimenti connessi all’ordinaria amministrazione, con conseguente ripartizione, appunto pro quota, delle relative spese. Ne deriva, dunque, spesso, la necessità per gli eredi di procedere alla c.d. divisione ereditaria. Con la divisione ereditaria, la comunione pro indiviso che viene a crearsi all’apertura della successione trova la materiale spartizione fra i coeredi, ciascuno per la quota che gli spetta in base alla legge o al testamento. Se gli eredi vanno d’accordo, la divisione può tranquillamente essere raggiunta con un atto notarile, forma necessaria nel caso in cui la massa ereditaria contempli beni immobili: di regola, in tali casi, è opportuno che gli eredi procedano insieme alla quantificazione del valore di tutti i beni che compongono l’asse ereditario, accordandosi poi fra loro per capire a chi spetterà cosa, nel rispetto, appunto, della quota di ciascuno. In tal caso, sono gli eredi che, fra loro, decidono a chi spettano, ad esempio, i terreni, gli immobili, i gioielli, il denaro che erano appartenuti al decuius. Laddove i coeredi non siano in grado di raggiungere una divisione ereditaria in accordo fra loro, l’unica opzione è il processo civile. Il Tribunale procederà alla quantificazione precisa del valore della massa ereditaria, attraverso – di regola – la nomina di un perito e procederà poi alla spartizione dei beni agli eredi secondo le quote di spettanza. Nei casi di accesa conflittualità, in presenza di beni immobili non comodamente divisibili (ad esempio, un appartamento) l’opzione di regola seguita è la vendita con successiva ripartizione del ricavato. Si tratta, all’evidenza, di soluzioni di tipo salomonico che spesso non conducono ad una dispersione del patrimonio ereditario, che per essere diviso viene liquidato anche con terzi soggetti per ottenerne un ricavato spartibile. Il consiglio è certamente quello di gestire il momento della successione in modo attento rivolgendosi a professionisti, al fine di evitare successive liti poco proficue.
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