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L’editoriale: si protesta, ma la povertà cresce

L'editoriale di Armando Munaò

E MENTRE SI PROTESTA LA POVERTÀ CRESCE

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Ius Soli, decreto Zan, NO e PRO Vax, estremisti di destra e di sinistra, centri sociali, manifestazioni di tutti i tipi e generi, e chi più ne ha più ne metta. E' questa, ahinoi, la quotidianità che da parecchio tempo si vive in Italia, non considerando che altri, e più impellenti, sono i problemi che interessano gli italiani, specialmente quelli che riguardano i meno abbienti e di coloro i quali, non di rado, mendicano un pranzo o una cena. Certo, alcune manifestazioni sopracitate per molti saranno anche importanti, ma non tali da richiedere urgente soluzione. Eppure a dispetto di una situazione veramente drammatica, i nostri politici, nessuno escluso, perdono tempo a parlare di temi e sviscerare problemi che andrebbero posizionate tra le ultimissime pagine nel libro del nostro vivere dimenticandosi che oggi più di otto milioni d’italiani vivono in povertà, tra assoluta e relativa. Si organizzano mega manifestazioni per protestare contro il possibile ritorno del fascismo (e chi ci crede), contro il Green pass, avverso decisioni delle istituzioni che andrebbero contro la libertà e il popolo o per combattere le scelte del governo, compresa quella, che a ragione, spinge e raccomanda la vaccinazione per tutti gli italiani allo scopo di combattere la pandemia che ha causato oltre 130mila morti. Ultimamente si riempiono le piazze e si chiamano a raccolta le più svariate classi sociali, ma non per mettere un vero freno alla crescente povertà nel nostro paese o per trovare soluzioni a problemi reali quali il lavoro e l’occupazione giovanile, la difesa delle imprese, la sicurezza e la legalità, bensì per urlare ai quattro venti argomentazioni che, a mio modesto avviso, lasciano il tempo che trovano e che saranno destinate a cadere nel dimenticatoio.

Fateci caso, ma nelle settimane prima delle elezioni amministrative non si è parlato altro che di fascismo, antifascismo, sovranismo e via discorrendo. Poi, però, come puntualmente avviene da decenni e chiuse le sedi elettorali, quella che prima era considerata un’emergenza vera e un pericolo assoluto, cade nel dimenticatoio per poi puntualmente riemergere alla prossima tornata elettorale. Sarà strano, ma il pericolo fascismo scatta come la par condicio e magicamente spunta prima di ogni elezione, sia essa nazionale o regionale, per poi sparire a urne chiuse. E su questa mia posizione, per fortuna, non sono solo perché tantissimi opinionisti, ben più competenti del sottoscritto, ospiti dei vari talk show nelle tv, sono della stessa idea. Paolo Mieli, che di certo non è un simpatizzante di Meloni, Salvini e del Centro Destra, (si è autodefinito

«antifascista per tradizione familiare), ha espressamente detto: «Com'è possibile che questo tema, il pericolo fascismo, spunti magicamente in ogni tornata elettorale», ricordando come già nel 1946 un simile trattamento era toccato ad Alcide De Gasperi, e da allora in poi "fascisti sono diventati Fanfani, Craxi, Berlusconi e persino Renzi". Stessa sorte è toccata a quasi tutti gli avversari della sinistra post-comunista. Una dichiarazione, quella di Mieli, che ha trovato concorde Enrico Mentana, direttore del Tg di La7, il quale, dopo il dire dell'ex direttore del Corriere della Sera, ha aggiunto che il “pericolo fascismo è come il conflitto d’interesse di Berlusconi: lo tiravano fuori solo quando il Cavaliere era al governo e spariva magicamente quando tornava all'opposizione". E l’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro? “È chiaro che il dramma italiano del secolo scorso, ha scritto, non potrà riproporsi in mezzo all'Europa delle costituzioni liberali e nel cuore dell'Occidente democratico. Nessuno lo pensa». E ha sottolineato questo suo pensiero quando, nell’ articolo, e a suo avviso, ha voluto evidenziare le ambiguità e le non chiare prese di posizioni di Giorgia Meloni e del suo partito rispetto all'eredità del fascismo come qualcosa che ancora sopravvive nei rituali, nei gesti e nel linguaggio dei militanti, e alla contiguità con gruppi e organizzazioni che esplicitamente si richiamano all'esperienza nazifascista. E Massimo Cacciari? Anche lui rigetta la "farsa dolorosa” del fascismo ovvero la presunzione di certa sinistra secondo cui l’Italia, ciclicamente, e sempre vicino alle elezioni, viva un vero e proprio “pericolo fascista”. Secondo il filosofo veneziano, questo timore “è altrettanto realistico dell’entrata di un’astronave in un buco nero”. Ovvero quasi impossibile. “Le condizioni storiche, sociali, culturali di quel caratteristico fenomeno totalitario - ha scritto Cacciari sulla Stampa - non hanno alcun remoto riscontro nella realtà attuale di nessun Paese”. È innegabile che l’attacco alla CGIL di Roma sia stato un attacco violento e squadrista, ma da qui a parlare di un possibile ritorno al fascismo, ce ne vuole. E sono certo, che al di là di ogni ragionevole dubbio, non ci credono nemmeno coloro i quali sostengono questa tesi. Se lo fanno è solo e solamente per convenienza elettorale o marcati interessi di partito. Per la cronaca alla fine del mese di ottobre la Camera dei Deputati ha approvato (con 225 voti a favore, 198 astenuti e 1 contrario) la mozione del Centro Sinistra che chiedeva al Governo di operarsi per lo scioglimento di Forza Nuova e di tutte le formazioni neofasciste. Il Centro Destra si è astenuto. Approvata anche quella del Centro Destra che chiedeva al Governo, invece, di agire per contrastare “tutte le realtà eversive, anche quelle di sinistra” nessuna esclusa. Il risultato è stato di 193 voti a favore, 224 astenuti (tra cui i deputati del Centro Sinistra e 3 contrari. E sempre nel mese di ottobre il Senato ha dato il suo ok a entrambe le mozioni presentate, sia quella dove sono confluite le quattro depositate da PD, M5S, Liberi e Uguali e Italia Viva e sia quella del Centro Destra. E’ utile precisare che sebbene le mozioni del Centro Sinistra siano state approvate e di fatto indirizzano politicamente il Governo ad applicare la Legge Scelba (è una legge della Repubblica Italiana Repubblica di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana che, tra l'altro, introdusse il reato di apologia del fascismo) queste votazioni non sono vincolanti ovvero l’esecutivo presieduto da Draghi non è obbligato a procedere rispetto a quanto deciso dal Parlamento.

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