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La crisi energetica in Europa
abbiamo davvero scoperchiato il vaso di Pandora?
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Nelle ultime settimane termini come "crisi energetica", "aumenti", "sanzioni" e "povertà" sembrano percuotere le nostre coscienze in maniera periodica, quasi i nostri dispositivi d’ informazione, dal classico televisore ai più recenti smartphone, riproponessero la stessa traccia come se si trattasse di un vecchio fonografo bloccato sempre sullo stesso giro di vinile. Ad acuire ulteriormente il timore e le incertezze generate da tali allarmismi vi sono le teorie più disparate dei politici e divulgatori moderni, i quali sono soliti definire questo periodo storico come "Terza Guerra Mondiale", un conflitto durante il quale bisognerebbe avvezzarsi non al boato della deflagrazione dei missili, quanto a quello causato dal crollo delle borse e dalle minacce di essere tagliati fuori dallo scacchiere dell’economia globale. Questa crisi che si traduce teoricamente in briefing tra diplomatici dalle conclusioni incognite e criptiche, ma praticamente con un effetto domino sull’ economia globale, secondo l’ ARERA , l’ autorità per la regolazione per energia, reti ed ambiente, partirà da un rincaro bollette di circa il 50% per poi ricadere su tutti i prodotti finiti delle trasformazioni industriali che senza energia non possono aver luogo, riducendo al lastrico indiscriminatamente tutte le classi sociali, dal piccolo consumatore al grande imprenditore che si vede costretto a chiudere i cancelli delle proprie aziende e a licenziare tutto o parte del personale. Le teorie che cercano di far luce su un evento tanto improvviso quanto oscuro sono molto disparate. Una delle congetture più diffuse ed accreditate sui social è sicuramente quella ‘’complottista’’, secondo la quale l’impennata dei prezzi del gas sarebbe stata determinata da accordi tra società e Stato che hanno cavalcato l’eco mediatico e la plausibilità di una crisi economica determinata dal conflitto in Ucraina. Altre teorie attribuiscono tale caos alla compresenza di vari fattori, primo tra tutti il riscaldamento globale che ha costretto l’Europa a far fronte al caldo torrido della scorsa estate attraverso consumi energetici impensabili e mai registrati fino a qualche anno fa, depauperando molte riserve e facendo scattare il periodico gioco che porta ad un aumento dei prezzi come conseguenza dell’aumento della domanda. Ben più noto ai più è il secondo e non meno rilevante motivo: la mancanza di accordi politici tra Europa e Russia. In quest’ ultimo scenario rientra il noto gasdotto sottomarino "Nord Stream" che attualmente trasporta metano dalla Russia alla Germania, passando per il Mar Baltico senza attraversare gli stati est europei nemici del Cremlino. A questo colossale sistema di stoccaggio, realizzato per la nota società Gazprom, dalla capacità di 55 miliardi di metri cubi annuali, negli ultimi mesi ne è stato affiancato uno della stessa portata , il "Nord Stream 2" il quale, sebbene ultimato, non è stato messo in funzione per l’ opposizione degli USA e della Germania più radicale che non vedono di buon occhio la crescita degli introiti di Mosca in un gioco di equilibri internazionali al
L'Europa tra Ucraina e Russia
momento così fragili. La Russia, dalla quale importiamo più del 38 percento del nostro fabbisogno annuale di metano, ha risposto al netto rifiuto europeo indirizzando le sue riserve non più attraverso il Nord Stream e verso l’Europa, ma verso la potente alleata di tradizione comunista che sta decollando nel dominio globale: la Cina. La conseguenza di tali mosse geopolitiche è che se Mosca decidesse, come sta minacciando nelle ultime settimane dando alle fiamme milioni di metri cubi di gas destinati all’ Europa, di tagliare i rifornimenti al Vecchio continente, l’Europa si troverebbe costretta a far fronte ad una penuria di energia e ad una conseguente impennata dei prezzi. Per evitare conseguenza catastrofiche sulla nostra economia sono state diverse le mosse teorizzate dai ministri europei, dalla settimana corta a scuola all’ abbassamento di un grado dei termostati, dalle fasce orarie di lavoro in fabbrica all’ aumento di importazione dai Paesi "amici" come l’Algeria e gli Usa per il gas liquido che tra l’altro conosce meno problematiche per lo stoccaggio rispetto all’ analogo aeriforme. C’ è anche chi, sorvolando sulle conseguenze ambientali, sta proponendo di rivalutare le vecchie centrali a carbone ormai dismesse e le centrali nucleari in virtù del rendimento energetico e dell’immediatezza dei risultati che consentirebbero di ottenere. Dal canto nostro, se è vero che l’unione fa la forza, ogni singolo consumatore potrebbe intervenire riducendo gli sprechi energetici che oltre ad avere gravi conseguenze sul nostro conto in banca danneggiano ulteriormente il già provato e stuprato ecosistema. Nonostante le varie congetture e teorie formulate, le decine di riunioni atte ad ipotizzare soluzioni e spiegazioni, un dubbio rimane: non è troppo alto il prezzo che tutti dobbiamo pagare per una guerra che neppure volevamo e di cui ben poco sappiamo? Non dovremmo forse rinunciare alla violenza e alle egoistiche volontà di pochi per garantire il diritto alla vita ed al benessere globale?