Feltrino News n. 10/2022 Ottobre

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Periodico GRATUITO di Informazione, Cultura, Turismo, Attualità, Tradizioni, Storia, Arte ANNO 3°N° 10Ottobre 2022Supplemento del periodico Valsugana Newswww.feltrinonews.com Speciale Pianeta Donna Pag. 25 - 73 Foto Riccardo Sordo

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HA VINTO GIORGIA MELONI

L'Italia ha votato e il Centro Destra, con Meloni in testa, e rispettando le indicazioni dei sondaggi, ha stravinto la tornata elettorale del 25 settembre e fatto man bassa dei seggi alla Camera e al Senato. E, infatti, la sommatoria dei voti ci dice che il nuovo governo, che certamente sarà a guida Meloni, avrà la maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento. E finalmente, nel bene e nel male, il nostro Paese avrà un governo democraticamente eletto al di fuori di inciuci e giochi vari di palazzo. Le prime elezioni post- pandemia e con un Parlamento ridotto per volontà dei cinquestellini (400 deputati e 200 senatori) premiano, indiscutibilmente Giorgia Meloni che con il 26% dei voti traina tutto il suo schieramento. Un risultato che conferma anche la crisi che ha colpito tutta la sinistra, ma soprattutto il PD. Non per niente Letta, il “battuto”, ha annunciato che non si presenterà come segretario al prossimo congresso del suo partito e quindi, di fatto, ha già firmato la cambiale delle sue dimissioni.

Tornando a Giorgia Meloni, il suo destino sembrerebbe essere predestinato e se oggi è diventata capo del primo partito italiano e sicuramente la prima donna a Palazzo Chigi, deve ringraziare due uomini: Ignazio La Rus sa e Silvio Berlusconi. Fu proprio La Russa che chiese a Silvio Berlusconi di applicare, quando era Presidente del Consiglio, una particolare norma alla legge elettorale di allora, il famoso “Porcellum”, grazie alla quale poteva entrare in Parlamento anche il primo tra i partiti rimasti sotto la soglia del fatidico 3%, ovvero il migliore tra i perdenti. Il Silvio nazionale la concesse e Fratelli d'Italia, nelle elezioni del 2013, con il suo 1,93% portò in Parlamento nove deputati. Fratelli d'Italia, Forza Italia e la Lega hanno vinto le elezioni in modo netto, senza se e senza ma, e lo hanno fatto a dispetto di una campagna elettorale mai vista nel nostro paese dove tutti i segretari dei vari partiti, nessuno escluso, e con l'aiuto di intellettuali dal pensiero unico, di giornalisti e con duttori televisivi, si sono quotidianamente impegnati per denigrare il Centro Destra,

Matteo Salvini, ma soprattutto Giorgia Meloni dipingendo quest'ultima come il male assoluto. Un tiro al bersaglio nei suoi confronti senza precedenti. Berlusconi, per qualche oscuro motivo è stato lascito fuori da critiche e offese varie, diventando quasi intoccabile.

Una campagna, la loro, volta non a contro battere il programma del Centro Destra (tranne alcuni casi più unici che rari), ma paventando, con la vittoria della Meloni, non solo l'arrivo di un “nuovo” fascismo con giorni neri e bui per la nostra nazione, non solo l'attacco ai principi democratici e costi tuzionali, ma anche l'inizio di una dannosa crisi finanziaria che causerebbe la distruzio ne economicamente del nostro paese.

Argomenti questi che, purtroppo per noi, sono stati detti e ridetti anche al di fuori dei nostri confini, indubbiamente danneggian do l'immagine della nostra nazione.

E a questa odiosa campagna “contro” hanno contribuito, anche cantanti, artisti di fama, scrittrici, scrittori, opinionisti e chi più ne ha più ne metta.

Potrei continuare nell'elencazione degli at tacchi, a volte veramente offensivi e volgari, alla presidente di Fratelli d'Italia, ma, crede temi, non basterebbero tutte le pagine di questo giornale.

Indubbiamente, questo risultato, che muta la geografia all'interno del Centro Destra, è merito di quel 43% di elettori che con il loro voto hanno chiaramente detto di voler una nuova stagione politica diversa dalle precedenti, ma soprattutto di non essere creduloni e saper invece ragionare con la propria testa.

Ora, Giorgia Meloni dovrà dimostrare di meritare la fiducia dei suoi elettori e soprat tutto impegnarsi a ragionare non più come capo di un partito bensì come leader di una coalizione che è stata chiamata a governare, e nel migliore dei modi, il nostro Paese.

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L'editoriale di Armando Munaò

Sommario

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L’editoriale: ha vinto Giorgia Meloni

Elezioni del 25 settembre: a parere mio

Beati di casa nostra: Papa Luciani

Per non dimenticare: la tragedia del Vajont

personaggio: Amos Mosaner

In filigrana: dall’accumulare al sopravvivere

La crisi energetica in Europa

Fra’ Bernardino da Feltre e i Monti di Pietà

Sua Maestà la Regina Elisabetta

SPECIALE PIANETA DONNA

Madri e lavoratrici

L’evoluzione della donna

Maria Montessori

Rosa Parks, il “no” che ha cambiato la storia

femminismo attraverso l’Arte

Le donne inventrici

La chirurgia estetica

Femminicidio: numeri inaccettabili

Le mutilazioni genitali femminili

Il segnale per la richiesta d’aiuto

Violenza sulle donne: numeri preoccupanti

Margherita Sarfatti

I gioielli nell’Arte

Il Loto d’Oro: canoni di bellezza insoliti

Le donne che hanno fatto l’Italia

al vento come foglie

Ottobre

Casalinga: non per scelta ma per necessità

Katerine Johnson: una vita di calcoli

La storia della minigonna

La scrittrice di casa nostra: Maria Stella Cassol

Il genio artistico di Frida Kahlo

Caccia alle streghe

Peggy Guggenhein, storia della collezionista americana

La depilazione intima

Non c’è più l’8 marzo di una volta

Da quando le donne hanno un’anima?

I Corgi della Regina Elisabetta

Antropologia forense

SPECIALE SEREN DEL GRAPPA

Seren del Grappa

Intervista a Dario Scopel, sindaco di Seren del Grappa

La Pro Loco di Seren del Grappa

Il Centro didattico ambientale “aula verde” Valpore

Il Fojarol

L’acqua della salute

Racconti d’Arte: Incontro

Conosciamo l’Associazione A.E.C.I.

Uomo, natura, ambiente

Medicina & Salute: Odontoiatria Laser

Il cane, un vero compagno di vita

Storie di guerra: Val Tosella e Prassolan

Gli autoveicoli per lascito ereditario

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Le elezioni del 25 settembre tra luce e controluce

Anche in funzione dei miei dati anagrafici, mi par di poter dire, in veste di osservatore, che mai mi sarei aspettato di trovare tante difficoltà nel commentare queste ultime “politiche”, e ciò, a causa della loro “stranezza” che di politico, nella loro vera accezione, hanno avuto ben poco a che fare. Esse mi richiamano, escludendo qualsiasi forma di personale autocelebrazione, il pensiero per il quale, da uomo di sinistra, il 26 giugno di quest’anno, ho votato per la prima volta un governo di destra per la Città di Feltre, e ciò solo allo scopo di cam biare alcune facce politiche della prece dente amministrazione, da me considerate non all’altezza dei loro compiti, ma anche poco in linea con gli stessi sentimenti della locale società.

Mi si corregga se sbaglio, ma mi sembra che, anche le elezioni politiche nazionali abbiano rispecchiato in gran parte detta mia forzata metamorfosi politica vissuta in seno alla mia ristretta realtà geografica. Ho appena ascoltato in tv e letto sui giornali “after day”, i vari commenti della “crema” giornalistica italiana e, onesta mente, senza offendere i tanti e bravissimi colleghi, ho provato una certa tristezza professionale nel sentire e leggere certe elucubrazioni, perché di questo si tratta, nelle loro varie analisi scientificamente esposte, lasciando fuori realtà molto più semplici e forse determinanti in merito al cambio di guardia al governo. Sono infatti assolutamente convinto, anche dopo aver ascoltato persone di alta cultura anche clericale, che il voto sia stato

espresso con nessuna convinzione, ma sem plicemente nell’inten to, in base alle facce di cui ho parlato prima, di scegliere il male minore, ferma restan do l’esistenza della patologia: l’ottimo risultato di Giuseppe Conte, docet ! Detto pensiero, nella mia piccola real tà geografica, trovava conferma nell’osservazione di chi si recava a votare e decideva last minute guardando i simboli, forse senza conoscere un “et” su cosa detti simboli rappresentassero.

Va da se che il prodotto che scaturisce da una foto a colori stampata esprime tutto e anche il contrario di tutto.

Il Pd, partito che ha una sua storia (se vuoi non sempre di litigi al suo interno) ha sbagliato tutto in campagna elettorale: attaccare le persone, rinfrescare il fascismo morto e sepolto salvo qualche eccezione non certo politica, imbarcare Orban con tro la Meloni e tant’altro, è stato contro producente alla stessa stregua di quando la sinistra osteggiava fortemente Berlusconi provocando, come contraltare, il rialzo del le azioni da parte di quest’ultimo. In tutto ciò, Massimo Cacciari, ex sindaco della mia ex-città, mi trova perfettamente d’accordo quando parla di una vera e propria “cata strofe mentale” del partito democratico. Nel FdI della Meloni si eccepisce che il “deus ex machina” della sua vittoria,

ERRATA CORRIGE

peraltro con obiettivi che fanno tremare i polsi, tutti non facili da perseguire e quindi con “riserva” nella loro materializzazione, avrebbero influito molto la novità, la freschezza, il genere, l’immagine femminile nel governo, la situazione attuale ecc.ecc. Ciò, a mio parere, potrebbe anche costi tuire una componente non insignificante, ma di certo, dette aggettivazioni dicono tutto ed il contrario di tutto in quanto non mi pare di poter parlare di freschezza all’interno del suo potenziale governo (Berlusconi docet !) e tralascio tutto il resto in quanto è già agli occhi di tutti, con una Lega ormai alla canna del gas. Ora, sono passati alcun giorni dal risultato, per cui sarà necessario attendere quali saranno le reazioni, anche UE, gli assetti, gli inevi tabili conflitti all’interno di chi è emerso da questo strano coacervo politico che, sia ben chiaro, io rispetto nel nome della democrazia dell’alternanza, anche se il risultato non rispecchia certamente la vo lontà del popolo italiano, sia da una parte che dall’altra!!!

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parere mio di Arnaldo De Porti
Nel numero di settembre, all'interno dello Speciale Elezioni e nell'articolo riguardante il Presidente della Repubblica e il suo ruolo, per errore è stato scritto che l'attuale Presidente della Repubblica è Carlo Azeglio Ciampi e non, invece, Sergio Mattarella. Ce ne scusiamo con i nostri lettori, ma soprattutto con il nostro Presidente della Repubblica.

Beati di casa nostra di Walter Laurana

Beatificazione Papa Luciani, Belluno in Piazza S. Pietro

storico, grande emozione per tutto il territorio»

«Con il sorriso ha trasmesso la bontà del Signore. Chiediamo che ci ottenga il sorriso dell’ani ma”. Bellissime le parole di Papa France sco per la beatificazione di Papa Luciani, il nostro pontefice. Parole che ci porte remo dentro, perché Albino Luciani è il nostro sorriso». Così il presidente della Provincia di Belluno a margine della ce rimonia di beatificazione di Papa Luciani, Giovanni Paolo I.

«Un momento storico per il nostro territorio, che ha dato i natali a Luciani, e un’emozione grandissima per tutti i bellunesi, ma anche per tutti coloro che

hanno potuto apprezzare il Papa del sorriso, rimasto nel cuore di tanti nonostan te il brevissimo pontificato. È stato bellissimo vedere tantissimi bellu nesi in Piazza San Pietro, sorridenti e festanti, grati per il nuovo beato. Oggi è un giorno di festa e ci auguriamo che il bene seminato da Albino Luciani nella sua attività episcopale e sacerdo tale possa ricadere su di noi e continuare attraverso il beato Giovanni Paolo I».

«Per la nostra comunità è un momento di gioia che ancora non riusciamo a comprendere pienamente» aggiunge il sindaco di Canale d’Agordo. «La beatificazione di Papa Luciani è un evento importantissimo che i canalini vivranno d’ora in poi momento per momento, prendendo consapevolezza di cosa significa avere un loro concittadino nel novero dei beati».

La cerimonia è stata semplice ma festosa. Così come papa Luciani avrebbe apprezzato. Particolarmente significativa la formula della beatificazio ne che Papa Francesco ha pronunciato in San Pietro a

Roma: "Con la nostra autorità apostoli ca concediamo che il venerabile servo di Dio, Papa, d'ora in poi sia chiamato Beato". Papa Giovanni Paolo I è nato a Canale d'Agordo il 17 ottobre 1912 e morto a Roma il 26 agosto del 1978. Il suo pontificato è durato dolo 33 giorni ma sono stati sufficienti a farlo amare dai semplici, dai fedeli da chi chiede alla Chiesa di essere vicina ai più fragili. Così ha fatto questo Beato nella lunga vita umana ed ecclesiastica e conclusa da Papa, il 263 esimo salito al soglio di san Pietro. Il giorno a lui dedicato nel calen dario della Chiesa è il 26 agosto, giorno della morte.

Ad ascoltare le parole di Papa Francesco c'erano almeno 25 mila persone arrivate da Venezia, dove è stato Patriarca, da Canale d'Agordo dov'è nato, da Belluno a pochi passi da casa dove fu sacerdote, da Vittorio Veneto dove è stato vescovo, dal Trentino Alto Adige dove si recava ogni anno in pellegrinaggio al santuario di Pietralba e dove difendeva i diritti delle minoranze etniche culturali, come i Ladini tanto presenti anche nella parte nord della sua provincia da Agordo a

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«Momento

Beati di casa nostra

Cortina.

Papa Luciani fu definito il Papa del Sorriso.

Papa Francesco nell'omelia lo ha sottolineato: " Con il sorriso, ha detto, papa Luciani è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. E' bella una Chiesa con il volto sorridente".

E' nota tuttavia la sua severità. Nel 1974 sciolse la Fuci, (Universitari cattolici) perché aveva suggerito di votare no all'abrogazione della legge sul divorzio. Sulla contraccezione pensava di lasciare libertà di coscienza ai fedeli ma poi si allineò all'enciclica di Polo VI che la proibiva.

La sua beatificazione arriva dopo il riconoscimento di un miracolo

avvento con la sua intercessione. Cande la Giarda oggi 22 enne che a soli 11 anni ,fu colpita da una grave encelopatia e stava morendo, fu salvata dalle preghie re rivolte a papa Giovanni Paolo I dalla

madre e da un sacerdote.

A Canale d'Agordo è stato aperto un museo con oggetti della sua vita, della casa natale, delle vesti sacerdotali.

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LA TRAGEDIA DEL VAJONT

Ricorrenza

Anniversario

disastro

Erano le 22:45 del 9 ottobre 1963 quando dal monte Toc si staccò una frana che precipitò sul lago del Vajont riversando un volume d'acqua alto oltre 200 metri che scavalcò la diga (finita di costruire soli due anni prima) e cancellò i paesi di Longarone, Erto e Casso provocando migliaia di morti. Per molti è il più grande disastro avvenuto sul territorio italiano ed ancora oggi sulle cause rimangono molti misteri. Furono quasi 2000 i morti di questa sciagura che segno per sempre l’Italia ed il territorio bellunese

Con la "Giornata dei Superstiti", che si è tenuta a Longarone sabato 25 settembre, sono iniziate le iniziative programmate dalle Ammini strazioni Comunali di Longarone Erto e Casso e Vajont e dalle associazioni locali, che saranno realizzate sotto l'egida della Fondazione Vajont, che nel 2004 ebbe ad ottenere l'Alto Patronato del Presi dente della Repubblica, Azeglio Ciampi. Le iniziative per il 59° sono state im prontate alla sobrietà, ma non saranno prive dell'intensità emotiva che avvolge le comunità locali nelle quali, l'anniversa rio del 9 ottobre, resta un cardine nella storia della valle del Piave e del Vajont dove in pochissimi minuti si è compiuta un'immane tragedia per mano umana. Uno scempio che ha travolto la vita di queste comunità annichilite da un evento imprevedibile per loro, ma prevedibile dagli addetti ai lavori e i cui responsa

bili sono stati condannati per i reati di "esondazione, frana compresa, e omici

dio" con pene lievi, che hanno deluso le aspettative dei superstiti ma che hanno,

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Per non dimenticare di Claudio Girardi
9 ottobre,
del 59°
del
del Vajont Un anniversario che si proietta verso il 2023 per il 60° anniversario

in ogni caso, assegnato delle responsabi lità chiare e ineludibili ai responsabili del disastro.

Da quel lontano 1963, che rimarrà monito per le future generazioni, le Amministrazioni locali che si sono ritrovate a ricostruire le proprie comu nità ed a restituirle una dignità umana violata da un atto criminoso, hanno dato prova di saper dare esempio virtuoso di ricostruzione sociale ed economica, riuscendo nell'intento di ripartire dai loro paesi devastati dal disastro che si è preso 1.910 persone, delle quali molte non ritrovate. Una tragedia umana dalla quale, in ogni caso, con estremo atto di volontà e determinazione, le comunità del Vajont, hanno saputo rinascere e con il sostegno della generosità espressa da tutto il mondo e con la lungimirante

attività legislativa dell'epoca, anche, contribuire a produrre un moder no slancio economico alle Regione del Nord Est. Il Piano Industriale predisposto per la rinascita econo mica delle aree colpite dal disastro, infatti, è stato esteso al Veneto e al Friuli Venezia Giulia facendo, così, del Nord Est quella che nel gergo comune è stata definita la "locomo tica economica italiana". Sono passati molti anni, ma nien te è stato dimenticato. Il Vajont resterà nell'immaginario collettivo il più grave disastro della storia moderna del nostro Paese e per la determinazione e la costanza di queste popolazioni un monito perpetuo per le nuove generazioni. Ecco la ragione per cui le amministrazioni locali nel rin novare l'ammonimento verso le attività umane invitano l'umanità ad essere più attenta ai valori della vita, attraverso il rispetto della natura e della vita del prossimo. Questo, ormai, prossimo anniversario si caratterizzerà con un programma "leggero" nelle iniziative ma potente nel messaggio come sempre sostenuto nel corso degli anni e soprattutto darà avvio alle commemorazioni a cifra tonda rappresentate dall'imminente alba del 60° anniversario per il quale la Fondazione Vajont, in coordinamento con i Sindaci dei Comuni della Valle del Piave e del Vajont è già pronta a mettere in campo un programma im portante e di grande significato per la perorazione della Memoria della tragedia longaronese ed ertocassana del 1963.

Il Sindaco di Longarone, Roberto Padrin, definisce il 60° anniversario "un'occasione di rilancio della Memo ria quando i superstiti sono, pur troppo, sempre meno. E' vitale per la storia, non solo di Longarone e di Erto e Casso, ma per tutto il pianeta Terra, l'impegno ad anteporre in ogni obiettivo umano il valore e il rispetto

Per non dimenticare

della vita, attraverso la mitigazione dei rischi ambientali avendo ben chiara la linea off limits nelle attività industriali per la tutela della salute dei lavoratori e delle comunità che le ospitano".

Il Direttore della Fondazione Vajont, Mauro Carazzai, subentrato allo storico Direttore, Giovanni De Lorenzi, e assieme al quale si è assunto anche l'impegno organizzativo per il 60° riferisce che "avendo ben presenti le difficoltà per il ruolo che mi sono assunto nell'accettare la funzione da parte del Consiglio di Amministrazione, affronterò questo per corso con serietà, e dedizione respon sabile, nel solco di chi mi ha preceduto,

riconoscendo il valore storico ed umano del disastro e con la consapevolezza di doverlo rilanciare con il messaggio ampio che ne deriva".

Sarà, proprio, con la presentazione del Logo del 60° anniversario del Vajont, opera dello studio grafico Nerodecò Creative for Change di Mondolfo (PU) , estesa agli organi di stampa, alle autorità e alle associazioni locali, che sarà dato avvio formale alle commemorazioni previste per il 60° anniversario del disa stro, sabato 22 ottobre alle ore 10,30 al Centro Culturale di Longarone dove l'ac cesso sarà libero per tutti quanti avranno piacere di assistere all'apertura sul 2023. Sessant'anni dopo il Disastro.

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Amos Mosaner, il volto “fresco” del curling italiano.

esattamente così. Amos, raccontaci come è nata la tua passione per questo sport?

Classe 1995, quasi due metri di altezza e due spalle così.

Amos Mosaner è per tutti, o per lo meno per molti di noi, il ragazzone che ci ha fatto sognare a Pechino, dove in coppia con la cor tinese Stefania Costantini, ha vinto l’oro olimpico nella prova di curling a coppie miste. Tutti abbiamo fatto per lui e per loro un tifo sfrenato; abbiamo ancora negli occhi le loro gesta sportive e la grande gioia che ci hanno regalato. Abbiamo ancora ben impressa nella mente l’immagine di due giovani “della porta accanto”, dal viso pulito e dal sorriso sincero. Abbiamo incontrato Amos a Mugnai di Feltre, in occasione del premio “Mauro Gorza” di cui è stato ospite, e vi possiamo garantire che è ancora

Da ragazzo ho pro vato varie discipline, tra cui il ciclismo, poi – consigliato anche dal papà – mi sono avvicinato al curling, visto che il piccolo comune in cui vive vo e vivo tutt’ora, Cembra in Trentino, è dotato di un pa lazzetto del ghiaccio. Da lì è partita una lunga cavalcata che mi ha portato fino alle ultime olimpiadi di Pechino.

E non si creda che il percorso di Amos Mosaner sia stato breve o addirittura improvvisato. Oro agli europei juniores di Copenaghen nel 2012 e di Praga nel 2013, argento ai giochi olimpici giovanili di Inn sbruck sempre nel 2012, Mosaner ha già ottenuto medaglie mondiali ed europee nei rispettivi campionati negli ultimi anni, prima dell’exploit olimpico di Pechino.

Amos, smaltita la “sbornia” olim pica?

C’è sicuramente tanta soddisfazione per quanto abbiamo fatto in terra cinese e ancora qualche piccolo fe steggiamento da portare a termine, ma lo sguardo è già rivolto al futuro. Abbiamo già iniziato da tempo, attorno al 10 di agosto, la prepara

zione sul ghiaccio, partecipando ad alcuni tornei. I prossimi impegni sono peraltro già alle porte: a novembre sono in programma i campionati europei maschili a squadre, mentre ad aprile del prossimo anno sarà la volta di quelli mondiali; a fine aprile avremo poi ancora i campionati mondiali nella specialità mix double. L’obiettivo principale, sullo sfondo, rimangono naturalmente le olimpiadi di Milano-Cortina del 2026, in ottica delle quali abbiamo già iniziato a lavorare da quest’anno. L’imperativo è migliorarci costantemente, misuran doci con gli atleti delle altre nazioni per arrivare a quell’appuntamento nelle migliori condizioni atletica e tecnica.

Ti rivedremo ancora in coppia con Stefania Costantini?

Siamo nell’anno post-olimpico e in questa fase c’è ancora un momen to di relativo relax, anche se non a pieno, perché dobbiamo recupe rare interamente le energie fisiche e mentali spese durante la passata stagione. Al momento non sappiamo ancora quale coppia parteciperà alle olimpiadi di Milano-Cortina. Un challenge (ovvero un torneo inter no) determinerà, per cominciare, la coppia che rappresenterà l’Italia a prossimi campionati del mondo. Noi, comunque, ce la metteremo tutta per farci trovare pronti!

Amos, quali sono i sacrifici maggiori che ti ha chiesto questo tipo di carriera finora?

Le nostre giornate sono scandite da sedute di allenamento “a secco” e in palestra e, durante la stagione

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Il personaggio di Nicola Maccagnan

autunnale e invernale, anche sul ghiaccio. Da ragazzo la cosa che mi ha più pesato è stato sicuramente dover rinunciare talvolta alle usci te serali con gli amici. Crescen do poi però ti rendi conto che i tuoi sacrifici vengono ripa gati e che ne è valsa la pena. A questo riguardo permettetemi anche di ringraziare, tra gli altri, il Gruppo Sportivo dell’Aeronautica, che mi supporta e mi consente di poter seguire la mia preparazione

atletica e agonistica nel migliore dei modi.

In bocca al lupo Amos! Il nostro sport, e non solo, ha bisogno di ragazzi dal volto “pulito” e sincero

come il tuo; ragazzi che dimostrano di non aver perso il legame con il loro territorio d’origine e con tutti suoi valori.

13 Il personaggio
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PASSIONE, GIOCO DI SQUADRA

CHE

14 I VALORI
AMIAMO IMPEGNO,

Dall’accumulare al sopravvivere: non dovremo mica tornare a risparmiare per davvero?

Recita un vecchio adagio po polare che “Talvolta bisogna correre dove non si voleva andare nemmeno camminando”. La necessità, in altre parole, fa miracoli e funge da acceleratore di processi che spesso libri, teorie e convegni non riescono nemmeno a innescare (e di esempi di questo tipo la storia italiana è stracolma…).

Mi pare un detto che si attaglia be nissimo alla situazione nazionale e internazionale che stiamo vivendo da almeno un anno e che ci vede oggi alle prese con una serie di emergenze e problematiche che qualche anno fa nemmeno avremmo immaginato, destinate, in prospettiva, a peggiorare ulteriormente. Mentre eravamo tutti intenti a scorgere la tanto invocata uscita dalla pandemia, ci siamo ritrovati quasi senza accorgerci nel mezzo di una crisi globale di por tata straordinaria, frutto di una serie di

con-cause di varia natura. Una situazio ne che ci ha trovati tutti (colpevolmen te) impreparati e difronte alla quale an che gli organismi preposti riescono ad andare raramente oltre soluzioni-tam pone di breve termine. Già, perché questa non è solo e non tanto una crisi di natura economica, come quelle che bene o male ci siamo trovati affrontare a cadenza più o meno regolare dagli anni ’70 in poi (a proposito…qualcuno ricorda ancora la grande crisi petrolife ra di allora e la conseguente politica di tagli e risparmi?). No, oggi siamo difronte ad uno scena rio - per la prima volta dopo quasi un secolo - in cui non bastano le politiche monetarie o gli interventi delle banche centrali, non sono più sufficienti scudi “anti-spread” e ricorsi al debito pub blico o alla cassa integrazione. Oggi, quasi tutti noi per la prima volta nella vita, siamo chiamati a fare i conti con la mancanza di beni di prima necessità.

Mancanza che spesso, fortunatamente, non si manifesta subito e/o all’improv viso, ma viene preceduta dalla carenza o da un forte aumento di prezzi di quello stesso bene.

Abbiamo cominciato, già lo scorso anno, con l’impennata del costo delle materie prime (sostanzialmente tutte) e dei materiali da costruzione, su cui, oltre agli scenari internazionali, hanno certamente inciso le distorsioni innescate, a casa nostra, da bonus, extra-bonus e super-bonus. La spe culazione, dirà qualcuno, ci ha messo del suo; certo, ma è evidente che se si “droga” un mercato in maniera così potente (pur con finalità per qualche verso condivisibili) il minimo che ci si possa aspettare è che il giocattolo… sfugga di mano!

Poi è scoppiata la guerra in Ucraina. E qui l’opinione pubblica è concorde nel dire che da quello scenario ha trat to origine, per i motivi che ben cono sciamo, l’escalation dei prezzi di gas, petrolio e, di conseguenza, di tutte le forme di energia per uso domesti co e industriale di cui disponiamo. La domanda che in questo caso è però lecito porsi è se davvero nessuno si fosse mai posto la questione della di pendenza energetica da questo o quel Paese e della necessità di frazionare gli approvvigionamenti, avviando al contempo una politica seria per svilup pare forme di autosufficienza, almeno parziale. La risposta è ovvia: “Certo che qualcuno ci ha pensato!”, ma come spesso accade “si tira a campare”, spe rando che la patata bollente resti nelle

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In filigrana di Nicola Maccagnan

In filigrana

mani di qualcun’altro.

Un nuovo spettro si aggira però per l’Europa, e non solo, nelle ultime settimane ed è quello di una possibile crisi alimentare, legata alla difficoltà nella circolazione delle merci. Tema, anche questo, strettamente connesso alla guerra in Ucraina, ma che su vasta scala risente di molti altri fattori, che non è qui il caso di approfondire.  L’ac cordo sul grano, con la mediazione della Turchia (!) sembra aver per ora scongiurato il peggio (almeno a casa nostra), ma la questione pare tutt’altro che archiviata e se solo guardassimo allo scenario in altri Paesi dell’Africa e dell’Estremo Oriente capiremmo realmente la portata del problema. E l’acqua? Nelle scorse settimane, complice la prolungata scarsità di precipitazioni, si è materializzata persino nelle nostre vallate (da sempre ricchissime di “oro blu”) la peggiore crisi idrica che si ricordi, quanto meno negli ultimi decenni. Per la prima volta abbiamo dovuto fare i conti, in maniera continuativa e non solo sporadica, con i rubinetti a secco e l’impossibilità di gestire a piacimento del bene in asso luto più importante, per bere, cucinare o lavarsi. Incalcolabili, oltre a tutto questo, naturalmente i danni su colture e allevamenti. Che sta succedendo? Stanno accaden

do molti fatti, la maggior parte dei quali dipendenti, direttamente o indiretta mente, dai comportamenti umani. E probabilmente non basterà, questa volta, la fatalistica attesa che le cose cambino o “si sistemino da sole”, per lo meno nel lungo termine. Perché di crisi simili a queste siamo destinati a vederne altre, e sempre più frequenti, in primis per ragioni naturali o geopolitiche. La popolazione mondiale continua a cre scere, gli appetiti economici di alcune Nazioni altrettanto, mentre molte risor se della Terra sono destinate a ridursi se non a esaurirsi. Cose peraltro che sappiamo benissimo, da molto tempo. E allora?

Mentre la ricerca e la scienza cercano nuove soluzioni ed equilibri in grado di garantire un futuro alla Terra e ai suoi abitanti (ma siamo tutti incerti sui risultati a cui approderanno), siamo giocoforza chiamati a riappropriarci del concetto di risparmio, che forse molti di noi negli ultimi decenni hanno accantonato. E, si badi bene, non un risparmio scelto per accumulare beni o risorse, ma un risparmio necessario a poterci garantire il minimo vitale di quei beni o quelle risorse.

Dopo gli anni delle vacche grasse, po trebbero insomma tornare quelli delle vacche magre (e speriamo tutti almeno non scheletriche…) per accorgerci che non possiamo disporre del nostro pia neta come di un bancomat che eroga all’infinito, sempre e comunque.

Eppure, sin da bambini, ci avevano educati ai sani principi del “tener da conto, perché le cose possono cam biare…”; avevano cercato di metterci sull’avviso, anche con le fiabe di Esopo, come quella celeberrima – tanto per stare in tema – de “La cicala e la formica”.

Niente, sopraffatti dal vortice del consumo e delle “magnifiche sorti e progressive”, ce ne siamo allegramente dimenticati.

Ora, forse, in molti casi bisognerà “correre dove non si voleva andare nemmeno camminando”. E, comunque, potrebbe non essere solo un male.

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L'Europa tra Ucraina e Russia di Francesco Scarano

La crisi energetica in Europa: abbiamo davvero scoperchiato il vaso di Pandora?

quale l’impennata dei prezzi del gas sarebbe stata determinata da accordi tra società e Stato che hanno cavalca to l’eco mediatico e la plausibilità di una crisi economica determinata dal conflitto in Ucraina.

Nelle ultime settimane termi ni come "crisi energetica", "aumenti", "sanzioni" e "po vertà" sembrano percuotere le nostre coscienze in maniera periodica, quasi i nostri dispositivi d’ informazione, dal classico televisore ai più recenti smartphone, riproponessero la stessa traccia come se si trattasse di un vec chio fonografo bloccato sempre sullo stesso giro di vinile. Ad acuire ulteriormente il timore e le incertezze generate da tali allar mismi vi sono le teorie più disparate dei politici e divulgatori moderni, i quali sono soliti definire questo periodo storico come "Terza Guer ra Mondiale", un conflitto durante il quale bisognerebbe avvezzarsi non al boato della deflagrazione dei missili, quanto a quello causato dal crollo delle borse e dalle minacce di essere tagliati fuori dallo scacchiere dell’eco nomia globale.

Questa crisi che si traduce teorica mente in briefing tra diplomatici dalle conclusioni incognite e criptiche, ma praticamente con un effetto domino sull’ economia globale, secondo l’ ARERA , l’ autorità per la regolazione per energia, reti ed ambiente, partirà da un rincaro bollette di circa il 50% per poi ricadere su tutti i prodotti finiti delle trasformazioni industriali che senza energia non possono aver luogo, riducendo al lastrico indiscri minatamente tutte le classi sociali, dal piccolo consumatore al grande imprenditore che si vede costretto a chiudere i cancelli delle proprie aziende e a licenziare tutto o parte del personale.

Le teorie che cercano di far luce su un evento tanto improvviso quanto oscuro sono molto disparate.

Una delle congetture più diffuse ed accreditate sui social è sicuramente quella ‘’complottista’’, secondo la

Altre teorie attribuiscono tale caos alla compresenza di vari fattori, primo tra tutti il riscaldamento globale che ha costretto l’Europa a far fronte al caldo torrido della scorsa estate attraverso consumi energetici impen sabili e mai registrati fino a qualche anno fa, depauperando molte riserve e facendo scattare il periodico gioco che porta ad un aumento dei prezzi come conseguenza dell’aumento della domanda.

Ben più noto ai più è il secondo e non meno rilevante motivo: la man canza di accordi politici tra Europa e Russia. In quest’ ultimo scenario rientra il noto gasdotto sottomari no "Nord Stream" che attualmente trasporta metano dalla Russia alla Germania, passando per il Mar Baltico senza attraversare gli stati est europei nemici del Cremlino.

A questo colossale sistema di stoc caggio, realizzato per la nota società Gazprom, dalla capacità di 55 miliardi di metri cubi annuali, negli ultimi mesi ne è stato affiancato uno della stessa portata , il "Nord Stream 2" il quale, sebbene ultimato, non è stato messo in funzione per l’ opposizione degli USA e della Germania più radicale che non vedono di buon occhio la crescita degli introiti di Mosca in un gioco di equilibri internazionali al

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L'Europa tra Ucraina e Russia

momento così fragili.

La Russia, dalla quale importiamo più del 38 percento del nostro fabbiso gno annuale di metano, ha risposto al netto rifiuto europeo indirizzando le sue riserve non più attraverso il Nord Stream e verso l’Europa, ma verso la potente alleata di tradizione comu nista che sta decollando nel dominio globale: la Cina.

La conseguenza di tali mosse geopoli tiche è che se Mosca decidesse, come sta minacciando nelle ultime setti mane dando alle fiamme milioni di metri cubi di gas destinati all’ Europa, di tagliare i rifornimenti al Vecchio continente, l’Europa si troverebbe costretta a far fronte ad una penuria di energia e ad una conseguente impennata dei prezzi. Per evitare conseguenza catastrofiche

sulla nostra economia sono state di verse le mosse teorizzate dai ministri europei, dalla settimana corta a scuola all’ abbassamento di un grado dei termostati, dalle fasce orarie di lavoro in fabbrica all’ aumento di importa zione dai Paesi "amici" come l’Algeria e gli Usa per il gas liquido che tra l’altro conosce meno problematiche per lo stoccaggio rispetto all’ analogo aeriforme. C’ è anche chi, sorvolando sulle conseguenze ambientali, sta propo nendo di rivalutare le vecchie centrali a carbone ormai dismesse e le centrali nucleari in virtù del rendimento ener getico e dell’immediatezza dei risulta ti che consentirebbero di ottenere. Dal canto nostro, se è vero che l’unio ne fa la forza, ogni singolo consumato re potrebbe intervenire riducendo gli

sprechi energetici che oltre ad avere gravi conseguenze sul nostro conto in banca danneggiano ulteriormente il già provato e stuprato ecosistema. Nonostante le varie congetture e teo rie formulate, le decine di riunioni atte ad ipotizzare soluzioni e spiegazioni, un dubbio rimane: non è troppo alto il prezzo che tutti dobbiamo pagare per una guerra che neppure vole vamo e di cui ben poco sappiamo? Non dovremmo forse rinunciare alla violenza e alle egoistiche volontà di pochi per garantire il diritto alla vita ed al benessere globale?

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Personaggi e società di Alvise Tommaseo Ponzetta

FRA' BERNARDINO DA FELTRE e i MONTI DI PIETÀ

Sul finire del 1439 nacque a Feltre, da una ricca famiglia nobiliare, Martino Tomitano. Diventerà uno dei frati francescani che più hanno lasciato la loro impronta nella storia della chiesa e del territorio in cui vissero.

ideatori e fondatori dei Monti di Pietà che, proprio grazie alla sua instancabile opera di proselitismo, fiorirono in gran parte della penisola.

La sua missione sacerdotale fu dalla mag gioranza dei suoi contemporanei estre mamente apprezzata. La Chiesa nel 1654 lo volle addirittura beato. Ma questo giudizio estremamente favore vole non è mai stato unanime.

si batté Frà Bernardino da Feltre.

Ma, in alcune occasioni, i suoi sermoni fu rono così forti da fomentare gravi tumulti tra la popolazione. I fatti più gravi si veri ficarono nel 1475 a Trento, dove furono uccisi 15 ebrei al termine di un processo crudele quanto falso, ed a Firenze nel 1488 dove, per alcuni giorni, tra le vie della città, si scatenò una vera e propria caccia all’ebreo.

Fin da fanciullo dimostrò un’intelli genza superiore, una forte predi sposizione allo studio, alla lettura ed una grande passione per la letteratura. Da ragazzo si trasferì a Padova dove studiò il diritto, ma subito dopo, arrivò la vocazio ne che lo portò al sacerdozio nel 1463. Scelse la povertà e così entrò nell’Ordine Francescano dei frati Minori con il nome di Bernardino.

Dotato di un’invidiabile arte oratoria, divenne un grande e apprezzatissimo predicatore. Per queste ragioni viaggiò molto, soffermandosi in moltissime città del centro e nord Italia.

Si adoperò strenuamente a favore della povera gente e si batté, con forza, contro l’usura e gli usurai. E’ considerato uno dei

Molti studiosi e storici lo accusano di ave re criticato ed attaccato, spesso in modo scomposto, gli ebrei, alcuni dei quali, proprio a causa dei suoi duri sermoni, dovettero abbandonare le proprie case e fuggire in altre città. In alcuni casi, a causa di Frà Bernardino, più di qualcuno fu per seguitato, mentre altri, come in Trentino, conobbero la prigionia e, addirittura, la morte.

E’ risaputo che a quei tempi, e per molti secoli, una delle attività principali delle comunità ebraiche sparse in tutta Euro pa era proprio quella del prestito di denaro a fronte di interessi estremamente elevati, spesso superiori al 20% del valore del capitale corrisposto. Per queste ra gioni gli ebrei furono molto spesso accusati e condannati per usura.

Contro questa pratica, che metteva sul lastrico e nella disperazione tante famiglie,

Per queste ragioni la sua opera di predi cazione fu invisa anche a molti potenti. E così il frate originario da Feltre fu cacciato da Milano su ordine del duca Ludovico il Moro, stessa sorte subì a Firenze ed, addirittura, nel 1484, fu espulso per tutta la vita dai territori che si trovavano sotto la giurisdizione della Serenissima, provve dimento che però successivamente venne revocato.

Queste sono, dunque, le ombre che tut tora accompagnano la memoria del beato Bernardino da Feltre.

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Personaggi e società

Ma i suoi grandi meriti non possono esse re messi in discussione. Grazie a lui, infatti, la pratica dell’usura subì tra il quattrocen to ed il cinquecento una brusca frenata, con la conseguenza che decine di migliaia di famiglie furono liberate dallo strangola mento dello strozzinaggio.

Frate Bernardino girò l’Italia centroset tentrionale, in lungo ed in largo, quasi sempre a piedi nudi. In questo instanca bile pellegrinaggio fondò vari Monti di Pietà, tra i quali quelli delle città di Manto va, Parma, Lucca, Padova, Crema, Pavia, Montagnana e Monselice.

Si trattava di istituzioni finanziarie senza scopo di lucro che si proponevano di erogare prestiti di limitata entità a condi zioni favorevoli rispetto a quelle di merca to e, soprattutto, rispetto ai tassi applicati dagli usurai. Il denaro veniva consegnato in cambio di un pegno; i clienti, a garanzia della restituzione del prestito, lasciavano un oggetto che doveva valere almeno un terzo in più rispetto alla somma ricevu ta. La durata di questo piccolo mutuo generalmente era di un anno, trascorso il quale se il debitore non onorava il proprio impegno perdeva il bene dato in garanzia, che andava venduto all’asta. In sintesi, i Monti di Pietà si propone vano lo scopo di fornire liquidità a chi si trovava in una temporanea difficoltà economica. A queste antiche istituzioni

finanziarie si rivolgevano per lo più coloro che risiedevano in città, mentre in campagna il problema di avere denaro in prestito era meno sentito. Nei Monti di Pietà fondati dal frate francescano era uso prevedere nelle operazioni di prestito un piccolo interesse che, difficilmente , superava il 5%; si trattava di un margine che permetteva di mantenere l’attività dell’istituto che inevi tabilmente doveva fare fronte a debitori che non onoravano il proprio debito. Questo interesse, per quanto contenuto, fu però contrastato da vari teologi di altri Ordini religiosi ed anche da alcuni confratelli francescani. Ma ciò non demoralizzò Bernardino che continuò a difendere le attività finanziarie a cui aveva dato vita. Di fisico minuto e di salute cagionevole, il beato feltrino morì nel 1494 a soli 55 anni a Pavia, nel monastero di San Giacomo della Vernarola dove, negli ex edifici mo nastici, ancora oggi si conserva la cella

dove spirò. Le sue spoglie sono conserva te nella chiesa di Santa Maria del Carmine sempre a Pavia.

Naturalmente anche Feltre ebbe il suo Monte di Pietà ed il portale di ingresso esterno dell’antica sede è ancor oggi sormontato dalla statua del beato Bernar dino.

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Stile regale di Laura Paleari

SUA MAESTÀ LA REGINA ELISABETTA

Come ci vestiamo è il nostro personalissimo modo di espri merci attraverso colori, forme e tessuti; quando scegliamo dal nostro armadio una maglietta consciamente o inconsciamente comunichiamo verso gli altri determinati messaggi. Cosa succede, dunque, quan do questa possibilità ci viene impedita?

base all’occasione: il giallo per mo menti di gioia, come il matrimonio di William e Kate o il verde che indica speranza e crescita; il colore bandito dal guardaroba reale era il beige, troppo insignificante per un qualsiasi evento o uscita pubblica.

Non è facile sapere di dover tenere in testa il peso (e non solo metaforicamente, dati i 910 grammi della corona) di una nazione ma questa donna è riuscita con i suoi 70 anni di regno, a entrare nelle vite, non solo dei suoi cittadini ma di quelli di tutto il mondo. Elizabeth Alexandra Mary, più af fettuosamente chiamata Lilibeth dai suoi cari, nasce il 21 aprile 1926 nel Castello di Balmoral e dedica tutta la sua vita al servizio dell’Inghilterra fino alla dolorosa scomparsa lo scorso mese.

Nata senza aspettative o ambizioni per il trono reale, divenne futura re gina quando lo zio Edoardo abdicò nel 1936 per amore di Wallis Simp son, pluridivorziata americana, facen do della nipote la prima, in linea di successione, erede al trono.

A discapito del favoleggiante immaginario comune, la regina Elisabetta, così come qualsiasi altra persona appartenente alla famiglia reale, deve attenersi ad alcune regole “di buon costu me”; ciononostante, Elisabetta II è riuscita a distinguersi anche grazie al suo abbigliamento. “Ho bisogno di essere vista per essere creduta” una frase corta e d’impatto che ben descrive la situa zione in cui Elisabetta si trovava; fin da giovane la più grande difficoltà fu quella di essere presa sul serio dalle grandi persona lità maschili che la circondavano.

Quale modo migliore, quindi, di esprimere la sua forza e il suo carisma se non tramite i colori? Sono moltissimi quelli indossati da Elisabetta, ognuno con un loro significato ben preciso in

Proprio per i 60 anni di regno il Pan tone Color Institute creò un campio nario di colori indossati dalla sovrana fino a quel momento, con tanto di data dell’evento.

Tinte cosi diverse da quelle indos sate nel privato: dove i cappellini colorati e i tailleur lasciavano posto ad abiti da “vera donna inglese”, con stivali e giacche dai colori neutri.

Tra i suoi abiti più iconici, il meravi glioso wedding dress; realizzato da Norman Hartnell, couturier fidato di corte, pieno di ricami floreali e composto da diecimila perle come simbolo di rinascita dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale; e quello dell’incoronazione sfoggiato il 2 giugno 1953, di colore avorio,

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Stile regale

pieno di paillettes e perle con nasco sto un piccolo quadrifoglio ricamato come buon augurio per l’inizio del suo regno.

Elisabetta premiava il talento, per questo aveva deciso di affidarsi per scarpe e borse, a due marchi locali non molto conosciuti dal grande pubblico, entrambi, però, a tutti gli effetti divenuti fornitori ufficiali della Regina.

Avrebbe potuto comprare da mai son molto più famose come Fendi, Gucci, Chanel…invece scelse per le scarpe “Anello & Davide”, una botte ga di Kensington; di solito comprava da loro e utilizzava delle francesine con i lacci e mocassini con tacco medio-basso.

“Launer”, invece, per le borse, quasi sempre nere ma di forme diverse; si

dice che Elisabetta, utilizzasse la bor sa anche per mandare dei “messaggi in codice” al suo staff: per esempio, se appoggiata a terra, voleva dire che l’incontro era poco piacevole e gradiva poterlo concludere in fretta mentre quando la borsetta era tenu ta nella mano sinistra e i guanti nella destra o indossati, la conversazione o l’incontro venivano considerati molto piacevoli.

Tutti gli abiti e gli accessori adesso, rimarranno a disposizione della famiglia reale mentre alcuni, proba bilmente, verranno esposti in alcuni musei come è consuetudine.

Piaciuti o no, gli abiti della compianta regina e il suo personalissimo modo di indossarli sono rimasti nella nostra memoria facendola, di fatto, distin guere da tutte le altre regine in carica

ma anche dalle più giovani principes se e duchesse; gli abiti e gli accessori erano uno di quei particolari che la rendevano unica, speciale, mai vista e indimenticabile.

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Madri e lavoratrici: le donne equilibriste

Il dibattito in merito alla conciliazione tra vita familiare e carriera professio nale delle donne che decidono di diventare madri non è mai stato forte come ai giorni nostri. Stando ad una ricerca pubblicata dall’Eurostat in rife rimento all’anno 2020 le madri italiane detengono il primato della disoccu pazione Europea; l’Italia, infatti, nella classifica dedicata all’occupazione fem minile, si posiziona ultima con il 57,3% di donne lavoratrici con figli. Un quadro che rivela senza ombra di dubbio le difficoltà riscontrate dalle donne con uno o più figli nel trovare una propria realizzazione nel mondo del lavoro. A questo proposito uno studio con dotto dall’università di Manchester in collaborazione con l’Istituto per la ricer ca sociale ed economica dell’università di Essex ha dimostrato che le madri con un impiego raggiungono un livello di stress pari al 18% se hanno un unico figlio e con vette del 40 % se si trova no a crescere due bambini. Si tratta di un bilancio che entra esplicitamente in contrasto con l’immagine idealistica diffusa dalla società moderna attraverso la raffigurazione di una madre che non è mai stanca, affaticata o arrabbiata. Il ritratto, da copertina pubblicitaria, che

dipinge la maternità esclusiva mente attraverso i suoi momenti positivi, rischia di creare aspettati ve qualificabili come inverosimili. Spesso accade che sia proprio lo scarto esistente tra immagine idilliaca ed esperienza reale a condurre la neomamma in uno stato depressivo. Elena Rosci, psi coterapeuta e saggista, in un libro dal titolo Mamme acrobate. In equilibrio sul filo della vita senza rinunciare alla felicità approfondisce la tematica in questione riconoscendo alle madri l’abilità di destreggiarsi, anche se non con poche difficoltà, tra molteplici compiti e dimensioni della vita. An che Save the Children, in un rapporto dedicato alla maternità e diffuso lo scorso 4 maggio, parla di madri equili briste, espressione più che appropriata per descrivere la frenetica vita di una mamma. Conciliare carriera lavorativa e famiglia, nei primi anni di vita dei bambini, risulta meno estenuante se ci si può affidare ad una rete di aiuti quali possono essere i nonni o altri esponen ti del nucleo familiare, l’asilo nido, la baby-sitter.

Tuttavia, i dati Istat rivelano come ad usufruire delle cure dell’asilo nido siano solo il 25 % delle famiglie e le motiva zioni che si celano dietro a questo dato in molti casi vanno individuate nell’insufficienza di strutture dedi cate alla prima infanzia nel territorio italiano oltre che nei loro eccessivi costi. Dagli stessi dati Istat emerge infatti che l’offerta di servizi per la prima infanzia si pone ancora al di sotto del target europeo: alla fine del 2019 sono oltre 361 mila posti

autorizzati ma di questi solo la metà nel settore pubblico. Nel 2021 un’in dagine ad hoc evidenzia gli aumenti generalizzati dei costi di gestione delle strutture dedicate all’infanzia. Pertanto, la forma di custodia prevalente risulta essere rappresentata dai nonni (52,2%), i quali svolgono un ruolo determinante nella cura dei nipoti ponendosi come riferimento logistico per l’intero nucleo familiare.

Per sostenere le donne lavoratrici nel loro ruolo di madri esistono dei diritti imprescindibili stabiliti dalla legge italiana ai quali il datore di lavoro deve sottostare; a questo proposito la prin cipale tutela della maternità è costituita dalla legge 151 del 26 marzo 2001 che garantisce alla madre, in primo luogo, l’astensione obbligatoria dal posto di lavoro per cinque mesi. Va anche riconosciuto che un numero consi stente di aziende mette attualmente a disposizione dei propri dipendenti un asilo nido per assicurare un adeguato bilanciamento tra impegni lavorativi ed esigenze familiari. Concludiamo con l’augurio e la speranza che un numero maggiore di politiche di Welfare possa essere posto a servizio delle neomam me per sostenerle nella ricerca di un nuovo equilibrio di vita.

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L’evoluzione della donna: da angelica ispiratrice a fatale seduttrice

In poesia, letteratura e arte, il ruolo della donna è stato spesso centrale e determinante. Si pensi, ad esempio, ai grandi poemi epici della Grecia antica, dove la donna, in qualità di musa della poesia, era colei che attraverso la sua arte ispirava e dettava al poeta le vicende degli eroi protagonisti. Lo stesso Omero nell’Iliade invoca la dea Calliope, protettrice della poesia, affinché non lo abbandoni durante la narrazione: “cantami o Diva, del Pelide Achille, l’ira funesta”, comincia così l’Iliade, con un’invocazione solenne. La musa assume un ruolo positivo e impre scindibile nell’incipit dei poemi epici antichi, è silenziosa ispiratrice. Certo non tutte le figure femminili cantate nell’epica hanno però un’in fluenza altrettanto favorevole sulle sorti delle vicende narrate e dei personaggi in gioco. Per rimanere all’Iliade, si pensi ad Elena come mo

tivo per cui ebbe inizio la guerra di Troia: moglie del greco Me nelao, era considerata la donna più bella del mondo e il suo rapimento da parte del princi pe troiano Paride fu la scintilla che fece comin ciare la sanguinosa guerra tra achei e troiani. Facciamo ora un balzo cro nologico e arriviamo ad un periodo fortunato della nostra produzione poetica: lo Stilnovismo di Guinizzelli, Cavalcanti e Dante. Anche qui la don na è decantata come guida angelica che eleva l’amante a Dio. La donna angelo è l'emblema dell'amore puro e spirituale, con lei si afferma l'ide ale di una femminilità indulgente e consolatrice, dolce e comprensiva. Si pensi al ruolo che ebbe Beatrice per Dante: una donna illibata, oggetto di un amore platonico e spirituale, ebbe la funzione di indirizzare l'animo del poeta verso la sua nobilitazione. In arte potremmo fare un paragone con le giovani e bellissime donne dipinte dai preraffaeliti nella prima metà del XIX secolo da Rossetti, Hughes e Millais: corpi femminili eleganti e sensuali, lunghi capelli rossi

e carnagione cerea. A questo proto tipo positivo ed evocativo di donna, si contrappone la più conturbante figura della femme fatale, oggetto di un desiderio malefico, che reca con sé, sotto parvenze ammalianti, distru zione e sconvolgimento. Crudele e ammaliatrice, emblema dell’amore passionale e del peccato, la femme fatale è uno dei personaggi prediletti dagli autori decadenti di fine ‘800. L’anima decadente è sempre pro tesa verso il mistero, l’inconoscibile, l’ineffabile.

Tra i momenti privilegiati della cono scenza, per i decadenti, vi è soprat tutto l’arte e proprio questo culto dell’arte ha dato origine al fenome no dell’estetismo, che ha tra i suoi maggiori rappresentanti Oscar Wilde in Inghilterra e Gabriele D’Annunzio in Italia. Ne Il piacere del 1889, forse il più celebre e squisito romanzo del Vate, vi è la testimonianza più espli cita dell’estetismo dannunziano. Al centro del romanzo sta la figura di un esteta, Andrea Sperelli, giovane aristocratico e artista il quale non è che un "doppio" di D'Annunzio stes so. L'eroe è diviso tra due immagini femminili: Elena Muti, la donna fatale, che incarna l’erotismo lussurioso e Maria Ferres, la donna pura, che rappresenta l'occasione di un riscatto e di un’elevazione spirituale. Ma in realtà l'esteta libertino mente a sé stesso: la figura della donna angelo è solo oggetto di un gioco erotico più sottile e perverso, fungendo da so stituta di Elena, che Andrea continua

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Speciale

a desiderare e che lo rifiuta. Elena “era uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A similitudine di tutte le creature avide di piacere, ella aveva per fondamento del suo essere morale uno smisurato egoismo”.

Per la donna angelicata non pote vamo non nominare le serafiche silhouette dipinte dai preraffaeliti, ma per quanto riguarda la femme fatale, le immagini della pittura abbondano di questa tematica: un ossessivo e ricorrente richiamo ad un demo ne che si tenta, così, di esorcizzare. Molti sono i nomi e le interpretazioni pittoriche della femme fatale: esotica, bruna e beffarda come le incarnazio ni di Von Stuck, oppure fiammata nei capelli ed esangue come le nordiche sfingi di Khnoppf o le donne vam piro di Munch. Nell’arte di Klimt la donna occupa un posto decisamente primario. Rinnovando il mito della

femme fatale, per Klimt la donna è l’idea stessa di eros, di quell’eros che è a un tempo amore e morte, salvezza e perdizione. Egli celebra la donna e il suo potere incan tatorio ed esalta la trasformazione della donna angelicata dei preraffaelliti in donna sensuale, dominatrice e dal fascino conturbante. Anche Egon Schiele, pittore espres sionista dal linguaggio ribelle, trasgressivo e scandaloso, si lasciò ispirare dall’erotismo moderato di Klimt, spingendolo però a livelli drammatici. Seppure influenzato dal vocabolario prezioso e raffinato di

Klimt, la sua pittura diventa un viaggio nell'introspezione psicologica. I suoi soggetti sono spesso uomini e donne che posano nudi, simbolo del suo complesso rapporto con il sesso fem minile; corpi contorti, figure spesso non completate nella loro interezza.

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Maria Montessori

donna di scienza, maestra di vita, messaggera di pace

andavano oltre, evidenzian do una particolare predi sposizione per particolari idee innovative special mente a livello scolastico. Idee e comportamenti che non di rado andavano in contrasto con il marcato conservatorismo del padre. Manifestò immediatamente un particolare interesse nei confronti dei bambini con maggiori difficoltà, frequen tando quindi assiduamente i quartieri più poveri e spesso dimenticati dalle varie amministrazioni e istituzioni.

e “poesia” per la vita. “La scoperta del bambino” (1950), gioiello della letteratura pedagogica, è uno scri gno che conserva e tramanda un metodo per preparare alla vita; è il testamento spirituale di una donna che ha elevato le sue tre grandi vocazioni, la fede nella scienza, la devozione all’impresa educativa e l’amore per la pace ad una missio ne universale: Maria Montessori (1870 – 1952).

Il voto alla scienza…

Èstata un'educatrice, pedagogi sta, filosofa, medico, neurop sichiatra infantile e scienziata italiana, univer salmente riconosciuta per il meto do educativo che prende appunto il suo nome e che è stato adottato in scuole materne, elementari, me die e superiori. Dapprima in Italia e poi in tutto il mondo. E ancora oggi le scuole montessoriane vengono preferite ad altre. E’ stata una tra le prime donne a laurearsi in medicina in Italia. Da giovane Maria Montessori mostrò una particolare attrazione per il pensiero risorgimentale anche se il suo sguardo e il suo pensiero

“…L’umanità può spe rare in una soluzione dei suoi problemi, fra cui i più urgenti sono quelli di pace e di unità, soltanto volgendo la propria attenzione e le proprie energie alla scoperta del bambino e allo sviluppo della grande poten zialità della personalità umana in corso di formazione”. Poona, novembre 1948 M. Mon tessori – La scoperta del bambino Ci sono libri che almeno una volta nella vita dovrebbero essere letti, non perché imposto, non perché celebri, o almeno, con onestà intel lettuale, si potrebbe dire non solo per queste ragioni, ma soprattutto perché la loro lettura arricchisce l’a nimo, lo nutre della potenza delle parole che insieme formano “prosa”

Fin da giovanissima dimostrò de terminazione e tenacia, dapprima nella temeraria scelta di entrare in un istituto tecnico anziché come la maggior parte delle ragazze frequentare le Magistrali e in un secondo momento, nell’ambito degli studi di Medicina, specializ zandosi nel ramo della Psichiatria, attestandosi come una delle prime donne nel nostro Paese a laurearsi in questo campo. Contempora neamente era molto sensibile alla questione femminile e partecipò ai grandi congressi femministi di Berlino (1896) e Londra (1899).

L’esperienza come assistente in una clinica psichiatrica che ospitava giovani affetti da deficit cognitivi alla strada ancora poco battuta in Italia dell’educazione cosiddetta “speciale”, ossia indirizzata ai sog getti diversamente abili. I risultati importanti di questa esperienza la portarono alla felice intuizione di estendere i metodi dell’educazio

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ne speciale anche all’educazione dei normodotati. Montessori inau gurava così una nuova concezione della scuola, a misura di bambino e dell’infanzia come quella fase della vita più importante perché in essa si ancorano le basi dell’educazione e della cultura.

Il metodo Montessori e le “Case dei bambini”

Dare una definizione del metodo Montessori è piuttosto difficile, anche perché la stessa Montessori nel tempo volle attenuare la pa rola “contenitore” “metodo” per rendere prevalente il concetto di osservazione. In effetti fu proprio dall’osservazione sul campo, dallo studio della psicologia dei bam bini che capì le loro potenzialità e la loro forma mentale, diversa da quella degli adulti. Coniò l’espres sione “mente assorbente” per indi care proprio l’innata capacità del bambino di captare gli stimoli e le informazioni dall’ambiente esterno in modo creativo e attivo. Capì che

per sviluppa re la propria personalità i fanciulli dovevano essere posti nelle condi zioni ambien tali adatte a tale fine. Esattamente dall’intera zione tra lo sviluppo del bambini e l’ambiente circostante nacque l’idea delle “Case dei bambi ni”, la prima istituita nel quartiere popolare di San Lorenzo a Roma (1907) i cui spazi interni ed esterni, gli elementi di arredo, materiali, le suppellettili erano letteralmente “a misura di bambino” ed organizzati in modo flessibile e dinamico. Si trattava di una scuola costruita appositamente per facilitare il libero e spontaneo esercizio della attività da parte dei bambini. La libertà non era però sconfinata, ma sempre guidata dall’utilizzo di materiale strutturato e scientificamente pensato per la crescita sensoria le e cognitiva ed incanalata ma non sovrastata dalla figura della maestra direttrice che garantiva le condizioni fondamentali di ordine e quiete. L’idea di fondo era quella di educare all’indi pendenza quale pilastro fonda mentale per lo sviluppo della personalità, proprio perché come affermava la tessa Montes sori: “… La personalità comincia appunto quando l’Io si è sciolto

dai legami e degli altri Io e comin cia a poter funzionare da solo”. Insegnare ai giovani a fare richiede più tempo, fatica, pazienza, umiltà ma questo era nel metodo mon tessoriano ed è tutt’ora il mestiere dell’educatrice o dell’educatore.

L’ideale irenico: la pace nel mondo

Portavoce delle istanze di pace e unità nel mondo, Maria Montessori non tradì mai il suo credo morale, tant’è vero che questo la spinse ad interrompere la collaborazione con Il regime fascista che aveva inizial mente sostenuto il suo metodo. La frattura divenne tale che Montes sori dovette trasferirsi all’estero e fu proprio in quegli anni di viaggi tra l’Europa, gli Stati Uniti e l’India che intrattenne una corrispondenza cartolare con M. Gandhi, entrambi “soldati di pace” in un mondo che si stava flagellando.

È questo il punto di arrivo del progetto montessoriano di rinno vamento dei metodi per l’educa zione e per l’istruzione: una nuova educazione per una nuova coscien za che possa risollevare le sorti dell’umanità.

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Rosa Parks Il “no” che ha cambiato la storia

Lottare per i propri diritti, battersi in ciò che si crede, abbattere i pregiudizi ed eliminare le ingiu stizie. Questo è quello che ha pen sato Rosa Parks nel momento in cui ha detto “no”. Un semplice “no” che ha segnato la svolta per la comunità afroamericana statunitense.

Rosa Parks, all’anagrafe Rosa Louis McCauley, nasce da genitori di colore in Alabama nel 1913. Proprio l’Alaba ma, uno degli Stati che maggiormente permise la pratica della schiavitù e ovviamente senza che alcun diritto li venisse riconosciuto. In questo clima, la segregazione ovvero quel sistema di netta separazione tra persone bianche e di colore, non permette va di certo di poter condurre una vita normale. Tra il 1877 e il 1964, furono emanate inoltre una serie di leggi denominate “Jim Crow” (nome dispregiativo per identificare gli afroamericani) che servirono proprio per mantenere la divisione razziale e gestire la presenza delle persone di colore in apposite aree, specialmente sui mezzi di trasporto, luoghi e uffici pubblici, nelle scuole, nei bagni pub blici, ristoranti e posti di lavoro. Una netta divisione nella società americana che durò per quasi novan ta anni, in cui solo per il colore della pelle le persone venivano discrimina te. L’unico “vantaggio” che la segre gazione poteva aver portato fu che la popolazione afroamericana, godendo dell’uso esclusivo di alcuni spazi come chiese, bar e saloni di bellezza fu in grado, lontano dall’occhio dei bian

chi, di organizzare importanti forme di resistenza. Nel 1932, a 19 anni, Rosa sposò Raymond Parks, figura già attiva nel movimento per la lotta dei diritti civili. Rosa iniziò a lavorare come sarta in un gran de magazzino di Montgomery, in Alabama e affiancò il marito nella lotta ai diritti civili. Rosa Parks si distinse fin da subito per il suo supporto of ferto a nove ragaz zi afroamericani, gli Scottsboro Boys, accusati ingiusta mente di aver violentato due prosti tute bianche. Il suo contributo a soste gno della comunità afroamericana fu così determinante tanto da ricevere nel 1943 la nomina di segretaria della sezione locale della National Associa tion for the Advancement of Colored People (NAACP), ovvero l’associazio ne nazionale per la promozione delle persone di colore. Ad entrare a far parte della NAACP nel 1954 ci sarà anche un giovane pastore protestan te, ancora sconosciuto a quel tempo, Martin Luther King, che diventerà di lì a breve il portavoce del movimento dei diritti degli afroamericani.

La sera del primo dicembre 1955 Rosa stava tornando a casa in auto bus, dopo una giornata estenuante di lavoro. Quella sera non erano più disponibili i posti riservati agli afroa mericani, in fondo all’autobus e così si sedette in uno dei posti centrali, dove potevano sedersi sia bianchi che neri, nel caso in cui tutti gli altri spazi dedi cati fossero stati occupati anche se la precedenza era dei bianchi. Il tempo di poche fermate e su quell’autobus salì un uomo bianco e secondo la legge vigente, Rosa avrebbe dovuto alzarsi e lasciargli il posto. Alla richiesta dell’autista di alzarsi, Rosa decise di non cedere il suo posto a quell’uomo

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bianco. L’autista, di fronte a tale com portamento, chiamò immediatamente la polizia e Rosa venne ingiustamente incarcerata con l’accusa di “condotta impropria”.

Fortunatamente la sera stessa, venne scarcerata grazie all’intervento di Clifford Durr, avvocato bianco anti razzista. Un atto di puro coraggio che diede il via ad una serie di proteste che da lì a poco sarebbero iniziate. A sostegno del gesto della Parks, un’altra donna afroamericana, Jo Ann Robinson, il 5 dicembre 1955 stampò e diffuse in maniera clandestina dei volantini.

La popolazione di colore fu invitata a boicottare i mezzi pubblici locali di Montgomery: la rimostranza fu così forte da raggiungere migliaia di per sone che per ben 381 giorni smisero di utilizzare i mezzi pubblici. Un gesto forte che mise in crisi l’intero sistema

di trasporti della città mandandolo in fallimento, dato che per la maggior parte veniva utilizza to quotidiana mente proprio dai cittadini afroamericani. Da quel momento Rosa Parks è riconosciuta come la madre del movimen to per i diritti civili e nel 1999, quando ricevette dal presidente americano Bill Clinton una speciale onorificenza, lui commentò: “Mettendosi a sedere, si alzò per difendere i diritti di tutti e la dignità

dell’America”. Rosa Parks si spense a Detroit nel 2005 all’età di 92, dopo una vita segnata dall’attivismo per la difesa dei diritti della comunità afroa mericana.

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Il femminismo attraverso l'arte

Nei tardi anni ’60, quando il mondo è in fermento ed inneggia al rispetto dei diritti civili e delle disuguaglianze di genere, l’arte femminista si pone come lo stru mento attraverso cui le donne fanno sentire la propria voce e riscrivono la storia dell’arte da una nuova prospet tiva. Le artiste femministe affrontano i concetti d'identità, coscienza e forma opponendosi agli stereotipi legati all’universo femminile e rivendicando uno spazio per lavorare ed esporre nelle istituzioni museali.

Nel 1971 Linda Nochlin, storica dell’arte e scrittrice, dà alla luce il saggio why have there been no great women artists?  identificato come il manifesto dell’arte femminista, entro il quale esplora gli ostacoli istituzio nali ed i pregiudizi sociali che hanno impedito alle donne di costruire una carriera artistica pari a quella degli

uomini. Artiste quali Judy Chicago, Miriam Shapiro, Barbara Kruger, Cindy Sherman nelle loro opere si scontrano con le medesime que stioni ed invitano ad una riflessione sulla tematica della rappresentazio ne femminile. Nel 1972 Chicago e Shapiro, attraverso la fondazione della Womanhouse, uno spazio per mostre temporanee a Los Ange les, divengono le protagoniste di un’iniziativa che fonde produzione artistica e educazione femminista. Il display espositivo della Womanhou se pone in discussione i ruoli dome stici attribuiti alle donne e denuncia le categorie entro cui esse sono state relegate. È una denaturalizzazione dello spa zio di casa che in ogni stanza dell’in stallazione si trasforma in oggetto di critica: Scala da sposa, Ripostiglio delle lenzuola, Camera dei bambini sono alcuni dei locali dello spazio che deco struiscono le convenzionali etichette di donna come moglie, madre e tutrice della casa. Di grande effetto è il Bagno delle mestruazioni, area della casa che si scontra in maniera diretta con la te matica del corpo femminile e affronta senza filtri ciò che invece era tradi zionalmente concepito come segreto nascosto. All’interno di questa cornice espositiva il messaggio delle artiste è spesso caricato di valore attraverso il ricorso alla performance, media che sfrutta la fisicità del corpo ed il contat to diretto con lo spettatore per una comunicazione efficace. Un esempio di performance è fornito da Faith Wil ding che, mettendo in scena mansioni convenzionalmente affidate alle don

ne, rivolge una critica agli stereotipi di genere e comunica un messaggio di empowerment ed indipendenza.

La Womanhouse è dunque l’emble ma di un’arte che diviene strumento di emancipazione sessuale e politica.

Si tratta di uno scenario che emerge chiaramente in un’installazione succes siva della stessa Judy Chicago dal titolo Pranzo di gala dedicato alle donne che hanno fatto la storia.  L’opera multime diale, realizzata dall’artista a partire dal 1974, è concepita come una rein terpretazione dell’Ultima Cena nella quale, attraverso una sfida al canone, vengono celebrate le donne che han no lasciato un segno dall’antichità sino al XX secolo.

Anche dal contesto italiano giunge una forte spinta a favore dell’arte femmini sta individuabile soprattutto attorno al manifesto Rivolta Femminile del 1970 e alla figura, tra le altre, di Carla Accar di, artista siciliana e punto di riferimen to per l’astrattismo pittorico. Qualche anno più tardi l’artista originaria di Trapani è tra le fondatrici della Coo perativa Beato Angelico gestita da sole donne. Carla Accardi concepisce per la Cooperativa l’installazione Origine, omaggio ad una prospettiva matrili neare. L’esposizione consta infatti di una serie di fotografie raffiguranti sua madre che, ricordando negli intenti l’operazione realizzata da Judy Chica go, reinterpretano la storia secondo il punto di vista espressamente femmini le. Si tratta solo di alcuni esempi di una produzione artistica dall’effetto dirom pente attraverso la quale le donne di tutto il mondo celebrano nuove forme di libertà.

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Le donne inventrici

La Hollywood Walk of Fame che omaggia le star delle arti perfor mative non ha bisogno di alcuna presentazione. Le sue stelle marmoree sono celebri in tutto il mondo, costante mente sotto i riflettori come accade per le personalità alle quali sono dedicate. Sempre negli U.S.A. non più a Los Angeles però in Virginia, nello specifico nella città di Alexandria è presente un altro elenco di nomi importanti. Il National Inventors Hall of Fame celebra 603 donne e uomini americani, dato aggiornato al 2020, che hanno apportato delle novità capaci di mo dificare in meglio la nostra esistenza. In questo caso la categoria degli inventori presenti in lista è circoscritta ai cittadini americani che hanno introdotto delle novità nel campo tecnologico. Sebbene la quantità di ideatori e scopritori sia abbastanza elevata, le donne presenti

in questa lista non sono numero se, soltanto quarantasette. Questa carenza non è certamente imputa bile a una scarsa propensione allo studio delle tematiche scientifiche da parte delle donne, cliché spes so menzionato, bensì alla difficoltà che queste ultime hanno avuto per decenni ad approcciarsi al mondo dello studio. In alcuni Stati ancor oggi questa problematica non è stata completamente risolta. Basti pensare al premio Nobel per la pace Malala Yousafzai, por tavoce di un’immensa quantità di donne alle quali viene negato il diritto allo studio. A maggior ragione nei settori a lungo tempo indirizzati a soli uomini come quelli tecnologici e scientifici. Considerando le inventrici americane che sono state inserite nella National Inventors Hall of Fame, emergono nomi che hanno pla smato il settore della medicina e della nostra quotidianità. Tra le scoperte effettuate nel settore medico da parte delle compo nenti dell’associazione citata si annoverano un farmaco efficace nel trattamento dell’AIDS, uno per contrastare il rigetto del trapianto di organi e il primo farmaco antivirale impiegato contro l’herpes. Tutti e tre sviluppati dalla far macologa premio Nobel della medicina del 1988 Gertrude Belle Elion. Sempre nell’ambito farmacologico Helen Murray Free rivoluzionò il metodo con cui è possibile rilevare autono

mamente il glucosio nel sangue e nelle urine, in modo tale da monitorare il diabete. E ancora, Elizabeth Lee Hazen e Rachel Brown realizzarono il primo antibiotico, il Nystatin, trattamento efficace contro le infezioni fungine che possono svilupparsi nell’uomo. In un secondo momento tale farmaco ha per messo anche di contrastare la crescita delle infezioni in alberi e lo sviluppo di muffe nei dipinti. Donna non presente in questa lista poiché di origine inglese, ma decisamente degna di una menzio ne è Rosalind Franklin, la scienziata che individuò la presenza del DNA nel cor po umano. Venne eclissata dal team di suoi collaboratori uomini, i quali celaro no che fu lei la fautrice della scoperta e ricevettero così il premio Nobel al suo posto. Tornando alla National Inventors Hall of Fame, concentrandoci però su un altro settore d’interesse troviamo

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scoperte con le quali interagiamo tutti i giorni, come ad esempio quella di Mary Anderson, inventrice dei primi tergi cristalli che in un primo momento non vennero brevettati, ma dei quali oggi non potremmo fare a meno. Come il contributo dato da Mary Engle Pennin gton, biochimica e batteriologa che stu diò il metodo con cui oggi conserviamo i cibi congelandoli prevenendo anche così la proliferazione di batteri. O Hedy Lamarr, nota inizialmente per le sue doti attoriali e per la sua bellezza, che in quanto ingegnere contribuì a sviluppare un sistema di codifica delle informazioni trasmesse via radio, utile per sconfiggere le forze naziste e attual mente necessario per i settori della te lefonia e delle reti wireless. Quella qui riportata è una piccola selezione delle donne presenti nella lista di inventori statunitensi.

E Grace Hopper, Katharine Burr Blod

gett, Helen Blanchard e le altre, come hanno influito nella storia dell’uma nità? Grazie alle loro storie intrise di tenacia e resistenza, le donne che attualmente intraprendono lo studio e la loro carriera nel mondo scien tifico iniziano a divenire a loro volta esempi di riscatto e riconoscimento. Nel 2019 diventò virale la foto di un’emozionata Katherine Louise Bouman, classe 1989 ingegnere ed informatica facente parte dell’Event Horizon Telescope, team che riuscì ad avere la prima immagine diretta del buco nero M87*. Contrariamen te a quanto avvenuto nel caso di Rosalind Franklin, in quest’occasione i media erroneamente attribuirono l’impresa alla sola Bouman. La differen za tra le due situazioni risiede però nel fatto che quest’ultima smentì di aver ottenuto il risultato in solitaria, dando il merito anche ai suoi collaboratori. Dina

mica che invece, nel caso della Franklin, emerse solo qualche anno dopo il suo decesso. E non grazie ai suoi colleghi riconoscenti.

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La chirurgia estetica

Specchio specchio delle mie brame

Si sa, chi bella vuol apparire un po’ deve soffrire e questo è diventato un motto di tendenza specialmente a partire dall’ultimo quarto di secolo scorso, da quando chirurgia e medicina estetica hanno fatto passi da gigante. Un fenomeno davvero recente quello che riguarda gli interventi di chirurgia estetica, ma che inaspettatamente ha radici ben più antiche: dal papiro di Edwin Smith, il più antico trattato di medicina conosciuto, rinvenuto in Egitto e risalente al 1600 a.C., si sono ricavate preziose informazioni cir ca interventi al viso eseguiti già all’epoca; o ancora in India nel corso del IX secolo pare fossero già in uso pratiche di rico struzione nasale, in seguito ad episodi di amputazione per casi di adulterio o furto. Certo è che queste operazioni, che avevano per lo più uno scopo funzionale

anziché estetico, per quanto rudimen tali fossero state, hanno anticipato di molti secoli l’odierna pratica chirurgi ca. Oggi la chirurgia estetica è un am bito medico sterminato e supportato da moderne tecnologie e ricerche d’avanguardia, che ne determinano il successo e la diffusione dilagante. In una società come la nostra, bom bardata da immagini, in cui ci si sente sempre più vincolati a canoni este tici prestabiliti e determinati da una culto della bellezza, da un desiderio di omologazione latente e da una spasmodica ricerca di perfezione, la chirurgia e la medicina estetica forni scono un supporto quasi obbligato per sopperire ad un sentimento di inadeguatezza di fondo o semplice mente per una ricerca di migliora mento personale. In particolare i giovani, la cui vita trascorre in gran parte davanti agli schermi di un telefonino, spesso creano dei pa ragoni nella loro mente tra quella che è la loro fisicità e la fisicità proposta dai modelli estetici in voga: magrezza, seno prosperoso, labbra carnose, naso all’insù. Il paragone mancato diventa cosa insostenibile per molte ragazze e ragazzi, che sempre più spesso ricorrono a piccoli interventi correttivi per migliorare parti del loro corpo che reputano non conformi al gusto comune.

Secondo dati Aicpe (Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica) relativi all’anno 2019, prima della pandemia di Covid19, il totale delle procedure estetiche (chirurgiche e non chirurgiche) effettuate nel mondo, ha registrato un incremento del 7,4% rispetto all’anno precedente. Nel

2019 in Italia sono state effettuate in totale circa 1.088.704 operazioni di medi cina o chirurgia estetica, con un aumento del 7,8 % rispetto al 2018. Da circa un decennio, il trend è in costante crescita, questo a riprova del fatto che sempre più persone ricorrono alla chirurgia plastica o ad interventi di medicina estetica con una frequenza maggiore e con un approccio sempre meno diffidente e sempre più consapevole di rischi e benefici. Certo i costi elevati e le pratiche non sem pre poco invasive non creano le condizio ni affinché tutti, indipendentemente dal sesso o dall’età, vi possano accedere con facilità. Un dato è però da sottolineare, come sia tra i giovanissimi che tra gli adulti, la chirurgia estetica non sia più un tabù da demonizzare, ma una valida opportunità

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per correggere difetti con cui magari è diventato difficile convivere. Si pensi che durante il periodo di pandemia, con lo smart-working, sempre più persone hanno preso la decisione di sottoporsi a pratiche di correzione di alcune parti del viso come occhi, naso e bocca. Questo in virtù del fatto che la loro immagine riflessa sullo schermo ha enfatizzato difetti del viso che magari, in altre modalità di interazione, non venivano percepite allo stesso modo. C’è da sottolineare che, durante il primo anno di pandemia, gli interventi di chi rurgia plastica estetica sono stati sospesi per lunghi periodi, tanto è che nel 2020 in Italia sono state effettuate in totale circa 830.868 procedure estetiche, circa un dieci per cento in meno rispetto al 2019. Tra gli interventi più richiesti al 2019, anno della più recente indagine condotta dall’Osservatorio Aicpe, al primo posto si conferma la mastoplastica additiva: in Italia sono stati registrati nel 2019 circa

56.073 interventi per aumentare il seno. Al secondo posto si posiziona la blefaro plastica, intervento volto ad eliminare la pelle in eccesso delle palpebre, con un aumento di interventi soprattutto tra gli uomini. La liposuzione si colloca al terzo posto, seguita al quarto da rinoplastica e

infine dai trattamenti di lipofilling del viso. Per quanto riguarda la medicina estetica, si conferma un grande aumento di richie sta per quanto concerne le iniezioni di acido ialuronico e tossina botulinica per correggere i segni del tempo.

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Femminicidio Numeri inaccettabili

Pensavo e mi ero illusa che a distanza di settantaquattro anni dall’appro vazione della Costituzione in cui ve niva sancito, in via definitiva, l’eguaglianza e la parità tra le persone, senza distinzioni, i casi di femminicidio non dovessero reclamare giustizia. Forse la legge non basta. Un principio deve essere affermato, difeso, promosso e concretamente attua to. Il bollettino drammatico della cronaca denuncia una narrazione ricorrente di uomini che uccidono le donne. Il dossier annuale sui femminicidi in Italia non porta

buone notizie. Nel 2022 ogni tre giorni una donna è stata uccisa. A dirlo è il nuo vo report del Viminale. Quando nell’uo mo il possesso, la bramosia e il dominio, lo chiamerei disprezzo, si arroga il potere di non consentire la scelta, l’autonomia e la parità nei confronti dell’altro sesso, il risul tato è drammatico e inaccettabile. Quella dei femminicidi è una strage che non si ferma e racchiude una grande questione culturale e educativa; infatti, la violenza di genere è un crimine che trova il suo fondo nella discriminazione e nel rifiuto

del rispetto; una problematica di civiltà che richiede una crescita culturale. Il ri spetto, senza cadere nei cliché, è alla base della democrazia e della civiltà del diritto, dovrebbe essere imparato e appreso fin da piccoli, sicuramente una dicitura priva di originalità, ma la cronaca abituale non rende questa affermazione banale. È stato pubblicato il dossier sull’attività del ministero dell’interno. Nel periodo che va dal primo agosto 2021 al 31 luglio 2022, i reati registrati sono stati 2.116.479. A partire da questo dato, il rapporto sotto

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linea come la componente femminile all’interno delle vittime di omicidio volon tario sia il 39,2% del totale. Sono considerati femmi nicidi i casi in cui emerge la componente di genere, l’uccisione di una donna in quanto donna. Gli omicidi identificati nel 2022 sono 125, in aumento rispetto ai 108 dei 12 mesi prece denti. 108 sono avvenuti in ambito familiare e affet tivo e 68 sono le donne assassinate dal partner o dall’ex. La crona ca periodica mette in evidenza come nella maggior parte delle occasioni il fenomeno ha inizio in casa, dove si nasconde una sofferenza silenziosa. L’omicidio è solo la punta dell’iceberg di un percorso di dolore e soprusi che risponde al nome di violenza domestica. Infatti, numerose aggressioni avvengono tra le pareti del

luogo familiare e spesso anche i figli delle relazioni violente subiscono direttamente la prepotenza. I bambini vedono, ascolta no, sentono. Nei casi peggiori l’assassino uccide il figlio insieme alla madre. Unica consolazione, se si può chiamare tale, è il dato relativo all’attività di stalking. Infatti, sono diminuite le denunce per stalking, 15.817, a fronte di 18.653 nel periodo precedente. Contemporaneamente sono aumentati gli ammonimenti del questore,

3100 contro 2.565, di cui oltre la metà per violenza domestica. La violenza alle donne è una “pandemia globale” che attraversa il mondo femminile. Troppe volte le donne, coraggio se, vengono rimandate a casa dopo aver segnalato situazioni di difficoltà, troppe volte alcune de nunce vengono sottovalu tate esponendo al rischio. Femminicidio è questione culturale, rende necessario il cambiare una cultura patriarcale, forse il vero deterrente per affrontare in profon dità il problema è una maggiore sensi bilizzazione e una decostruzione degli stereotipi. I forse sono troppi e i numeri non accennano a diminuire. È una strage che deve essere fermata. I numeri raccolti finora mettono nero su bianco la grave situazione.

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Signal for Help … Il segnale per la richiesta di aiuto

Il nuovo modo silenzioso di denunciare la violenza domestica Promosso da associazioni sensibili sul tema. il Signal for Help permette di denunciare senza essere visti dall'aguzzino.

Per aiutare le vittime di violenza domestica a denunciare i maltrat tamenti subiti in epoca Covid, le associazioni Canadian Women’s Founda tion e Women’s Funding Network hanno istituito il Signal for Help. Un gesto che, nella sua semplicità, è capace di salvare parecchie vite.

Con lo scoppiare dell’emergenza epi demiologica e il conseguente lockdown, sono drasticamente aumentati gli episodi di violenza domestica e femminicidio. Donne, bambini e di frequente pure uomini si sono ritrovati reclusi nella loro abitazione con i propri aguzzini, isolati dall’ambiente esterno.

Secondo quanto indicano le statistiche, nella fase di quarantena Covid si è avuto un incremento del 119 per cento delle chiamate al numero verde 1522* per lo stalking e la violenza domestica. Tuttavia, spesso chi è vittima di violenza non ha la possibilità di effettuare chiama te, con le quali dovrebbero esplicitare a voce i motivi, rischiando di farsi udire dall’aguzzino e, dunque, di subire ri percussioni. Alla luce di ciò l’associazio ne Women’s Funding Network (WFN), in

compartecipazio ne con la Cana dian Women’s Foundation, ha creato il cosid detto Signal for Help .

La campagna Si gnal for Help, che sta ottenendo sempre maggiore considerazione sul web grazie al passaparola dei social media e a video esplicativi, ha ideato un segnale gestuale in grado di salvare parecchie vite. Si tratta di una maniera silenziosa di chiedere aiuto: ad esempio lo si può fare in videochiamata, senza suscitare sospetti nel responsabile dei maltrattamenti.

Le fasi gestuali del Signal for Help sono due. La prima consiste nel mostrare il pal mo della mano con quattro dita alzate, mentre sul palmo è appoggiato il pollice. La seconda prevede di abbassare le quattro dita, in modo da ‘intrappolare’ il pollice. Il Signal for Help è diventato un simbolo internazionale per denun

ciare, senza dare nell’occhio, la violenza domestica. È importante continuare a promuoverlo e a farlo conoscere. Oggi a questo segnale se ne aggiunge un altro che consiste nel chiamare il 112 e ordi nare una pizza margherita. Un messaggio in codice che non è raro. Anzi. Da una recente indagine in Toscana, è documen tato che alla Centrale Unica di Risposta del 112, dedicata a tutte le emergenze, arrivano in media due chiamate cifrate a settimane. Una falsa richiesta di pizza ogni 3-4 giorni. Sono soprattutto donne, tra i 20 e i 30 anni. Giovani vittime di maltrat tamenti in famiglia, picchiate dai proprio compagni. Finite in una gabbia da cui hanno bisogno di fuggire.

dal Dipartimento per le Pari Opportunità

operatrici spe-

violenza e

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*Il 1522 è un servizio pubblico promosso
della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Al numero rispondono
cializzate che accolgono le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di
stalking. Tratto da : https://notiziariodelweb.com

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Con disgusto, si deve prendere coscienza che, quella sulla vio lenza delle donne, non è più una situazione emergenziale, è un grave fenomeno strutturale interno alla società. È innanzitutto un fenomeno culturale. Infatti, gli interventi legislativi, pur rafforzando la tutela delle vittime, non hanno risolto il problema. È difficile il contrasto alla vio lenza di genere. Lo dicono i dati. Troppo alti. Dietro ad ogni numero c’è una storia, la storia di ogni singola donna. Di chi ha rotto il silenzio sull’umiliazione subita. Di chi ha deciso di tacere e non denunciare. Di chi non ha potuto raccontare. Sono stati resi noti i dati dell’Associazione nazionale D.i.Re ( Donne in Rete Contro la

Violenza). Lo scorso anno si sono rivolte ai centri antiviolenza della rete D.i.Re 20.711 donne. Poco più di una su quattro ha deciso di denunciare. Rispetto all’anno precedente c’è un incremento del 3,5%. Di queste, 14.565 si sono rivolte per la prima volta alla struttura, oltre mille in più rispetto al 2020, un aumento di contatti nuovi pari all’8,8 %. I dati certificano come la violenza sulle donne, in Italia, è tutt’altro che in calo. Chi sono le donne accolte?

Il 46% ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni. Poche le ragazze sotto la maggior età, la percentuale viaggia costantemente sotto l’1%. In crescita le ultrasessantenni, circa l’8%. Chiedono accoglienza preva lentemente italiane, solo il 26% ha una

diversa provenienza. Il rapporto annuale della Rete vede una donna su tre a reddi to zero, il 31,9% (disoccupate, casalinghe e studentesse), e il 37% può contare su un reddito sicuro (occupate e pensionate). Chi decide di denunciare? Solo il 28% di queste. In generale, in Italia, quello delle denunce è un problema. Secondo l’Istat è elevata la quota di donne che non par lano con nessuno della violenza subita e i tassi di denuncia riguardano il 12,2% delle violenze da partner e il 6% di quelle da non partner. Segnale che, se le donne non riescono a fare il primo passo, è anche una questione di mancata fiducia nella giustizia. Il 9 agosto 2019 entra in vigore la Legge 69, comunemente conosciuta come

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di Patrizia RapposelliViolenza sulle donne: 2021 numeri preoccupanti - DUE NEGOZI - SOPRALLUOGHI E PREVENTIVI GRATUITI - PICCOLI RESTAURI - TANTE, TANTISSIME COLLABORAZIONI I CERCA TESORI PERCHÉ RICICLARE È MEGLIO CHE BUTTARE! S. Giustina (BL) - Via Volpere, 22 - +39 370 1102994 Aperto da martedì a domenica - Orari: 09.00/12.00 e 15.00/19.00 Belluno - Via Tonegutti, 11 - +39 371 4110349 Aperto da martedì a sabato - Orari: 09.00/12.00 e 15.00/19.00 ONGARO CLAUDIO PITTURE VERNICIATURE DECORAZIONI APPL. PARATI SEDE: VIA C. RIZZARDA 5 AB.: VIALE 14 AGOSTO 21/B 32032 FELTRE (BL) TEL.: 0439/80057 E-MAIL: ONGAROCLAUDIO@LIBERO.IT CELL.: 328/8176034

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Codice Rosso. Questa normativa ha rafforzato la tutela delle vittime, ha permesso di accelerare l’iter di presa in carico dei casi di violenza, comprese le indagini preliminari, ma non è bastato. I dati lo dicono chiaramente. Il grosso problema da affrontare è anche un altro: la struttura sociale intorno a cui gira il tema della violenza delle donne, un sub-strato ancora caratterizzato da forti pregiudizi e stereotipi. Il report dell’Associazione D.i.Re suggerisce come la tendenza delle vittime al silenzio, in molti casi, ha una matrice cul turale. Le donne, che subiscono violenza, sono soggette al giudizio morale, retaggio di un’impostazione patriarcale tuttora presente. Inutile negare l’esistenza del fenomeno della vittimizzazione seconda ria, fatta di allusioni e insinuazioni che la violenza subita sia stata in qualche modo

provocata. Il silenzio diventa l’alternativa all’umiliazione di non essere prese sul serio. Sempre dal rapporto annuale della Rete emerge un altro dato preoccupante. Se da una parte i centri antiviolenza non mancano sul territorio italiano, dall’altra i consultori continuano a diminuire. Queste strutture rappresentano un ulteriore porta d’accesso in caso di maltrattamento e abusi. Presidio di prima accoglienza, fisica

e psicologica. In Italia sono 1800 quelli attivi, uno ogni 32.325 resi denti circa. Numero ben al di sotto di quanto stabilito dalla Legge 34/1996, che ne prevede uno ogni 20.000 abitanti. Fanno eccezione Bolzano, Valle d’Aosta e Basilicata (un consultorio per un numero medio di residenti compreso entro i 20.000). In altre 5 Regioni il nu mero medio è superiore a 40.000 residenti per consiglio familiare. Manca omogeneità. In generale, in Italia i consultori sono il 60% in meno di quanti ne servirebbero. Sono diminuiti nel tempo. La violenza sulle donne è un problema strutturale interno alla società e la richiesta di accoglienza nei centri anti violenza aumenta. In attesa dei dati per il 2022, il report annuale dell’Associazione nazionale D.i.Re è segno preoccupante.

Report Associazione nazionale D.i.Re

Bottega del Corredo

di De Riz Isabella e Valentina

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Margherita Sarfatti:

dalla critica d'arte all'amore con Benito Mussolini

Il nostro viaggio nell’arte al femminile prosegue con un approfondimento sul ruolo e sulla personalità di una donna straordinaria, che scrisse la storia della critica d’arte italiana della prima metà del Novecento.

Stiamo parlando di Margherita Grassini Sarfatti, veneziana di nascita ed ebrea di origini, nacque l’8 aprile 1880 e morì a Cavallasca il 30 ottobre 1961. In una so cietà tendenzialmente patriarcale come lo era quella italiana di inizi Novecento, non era semplice, né tantomeno scontato, per una donna farsi strada e acquisire credi bilità in mezzo a tanti uomini di potere. Eppure la Sarfatti, nella sua lunga e fortu nata carriera di critica d’arte, collezionista e scrittrice, non è mai rimasta neppure un passo indietro ad un uomo, facendosi rispettare alla pari e meritandosi conside razione e stima tali da garantirle un posto d’onore nel complesso e variegato mondo dell’arte del XX secolo. Di una cultura sterminata, poliedrica e determinata nei suoi intenti, direzionò i suoi interessi e le sue competenze in diversi settori e ambiti disciplinari. In politica aderì al partito socialista, sposando nel 1898 l’avvocato e militante socialista Cesare Sarfatti, da cui ebbe tre figli. Nel giornalismo ottenne dal 1909, anno in cui si trasferì a Milano, nu merosi ruoli di prestigio a partire dal suo primo incarico come responsabile della rubrica di critica d’arte sulla rivista Avanti!. Infine nel sociale promosse e sovvenzionò battaglie etiche e culturali volte a difen dere e rivendicare un modello nuovo di emancipazione femminile. Appassionata e studiosa dei grandi pensatori e scrittori di fine Ottocento come Pareto, Bergson e Péguy, si convinse che l’educazione

dovesse passare attraverso l’arte, la letteratura e le iniziative umanitarie e filantropiche. Nel 1912 collaborò in qualità di giornalista con la rivista La difesa delle Lavoratrici, fondata e diretta da Anna Kuliscioff, di stampo socialista. Sempre nel 1912 fu fatidico l’incontro con Benito Mussolini, allora dirigente del Partito Socialista Italiano. Tra i due nacque una storia d’amore destinata a durare vent’anni, durante i quali la Sarfatti assumerà un ruolo non secondario nell’ascesa politica del duce. Nel 1918 diventò redattri ce del quotidiano politico Il popolo d’Italia, fondato dallo stesso Mussolini per dare voce alla fazione interven tista del PSI. Divenne così, in breve tempo, una delle donne più influenti e conosciute dell’élite culturale di Milano, tanto che il suo salotto al numero 93 di corso Venezia attraeva intellettuali e artisti dello spessore di Massimo Bontem pelli, Medardo Rosso, Arturo Martini. È da queste premesse che nel 1922 fondò il movimento artistico noto come Grup po del Novecento assieme al gallerista Lino Pesaro e agli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi. Intento preliminare degli artisti che vi militavano era quello di tradurre e semplificare le esperienze e le influenze artistiche delle avanguardie a loro coeve, nella direzione di un ritorno all’ordine di stampo neoclassicista. Un periodo di meritati riconoscimenti e grati ficazioni per la Sarfatti, che però non durò a lungo: nel 1925, quando aderì ufficial mente al fascismo con la sottoscrizione del Manifesto degli intellettuali fascisti, molte

delle personalità del mondo dell’arte che gravitavano attorno al movimento comin ciarono a prendere le distanze da lei. Nel 1924 fu autrice della prima biografia su Mussolini intitolata Dux e pubblicata per la prima volta in Inghilterra nel 1925; tradotta in diciotto lingue, ebbe uno straordinario successo tra i lettori. Con la promulgazione delle leggi raziali nel 1938 fu costretta alla fuga. Espatriò negli Stati Uniti, dove vi ri mase fino al 1947, anno in cui fece ritorno in un’Italia finalmente liberata dalla guerra e dall’odio antisemita. L’intera documen tazione della Sarfatti, concernente la sua attività pubblica di giornalista, scrittrice, critica d'arte e intellettuale, nonché mate riali legati alla sua vita personale e familiare, è stata acquistata dal Mart di Rovereto nel 2009 e tutt’ora il Fondo Sarfatti costituisce un nucleo documentario di straordinario interesse storico-artistico.

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di Eleonora Mezzanotte

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I gioielli nell’arte

Avolte, dei dettagli, sembrano es sere indispensabili per definire l’immagine complessa che ab biamo di noi stessi. Prima di uscire di casa cerchiamo quella determinata collana che si abbina perfettamente agli abiti che indossiamo, o l’altra, che in procinto di affrontare una giornata particolarmente impegnativa ci porta alla mente ricordi piacevoli legati all’oggetto, facendoci così evadere da un pensiero opprimente. Gli accessori completano la nostra immagine dandole maggiore armonia, non solo per quanto riguarda la componente estetica, ma anche l’equilibrio del nostro spirito. Orecchini, bracciali, collane ed elementi che associamo a persone, a momenti vissuti, attribuendo loro un valore quasi totemico, spirituale, diventano indispen sabili. Si riscontrano testimonianze di ciò già dai reperti rinvenuti in numerose zone archeologiche associate alle più di sparate culture, le quali destinavano una selezione differente di orpelli alle donne ed altri agli uomini. In questo numero speciale legato al genere femminile por remo l’attenzione sugli accessori ideati per esaltare le caratteristiche di queste

ultime. Oltre alle statuette votive volte all’auspicio di fertilità a noi note, raffiguranti prosperosi corpi femminili, risalgo no a 42.000 anni fa dei ciondoli ricavati dall’avo rio di mammut, rinvenuti nel 2010 presso una grotta a Stajnia, in Polonia. Queste piccole placche lavorate presentano dei puntini, che secondo le ipotesi dei ricer catori, potrebbero indicare un conteggio legato alla caccia o alla rotazione lunare. Rimanendo nell’ambito archeologico a tema lunare, ma avanzando verso l’Impero Romano troviamo le Lunule, tipi ci ciondoli destinati alle collane a forma di luna crescente, tendenzialmente donate alle bambine alla loro nascita e indossate fino al momento del matrimonio. Crescendo, tra le donne ro mane era diffuso indossare bracciali a forma di serpen te, che inerpicandosi sulle loro braccia, assumevano un ruolo apotropaico. Testimo nianze di accessori femminili le troviamo anche nei dipin ti dei secoli successivi, uno specchio della società nella quale sono stati prodotti. Raffaello fu uno dei pittori

rinascimentali più incline nel far indossare alle sue muse dei gioielli con il fine di comunicare dei messaggi precisi. Una sua tela decisamente criptica e inusuale, la Dama con Liocorno, è stata interpretata grazie all’animale fantastico tenuto tra le braccia della donna, il quale è indicatore di verginità. Il pendente che indossa al collo contribuisce a rafforzare questo significato. La perla e lo smeral do incastonati nella collana della dama sono stati selezionati in quanto simboli di castità, mentre la terza pietra, il rubino, è da considerarsi come un simbolo di buon auspicio per una vita matrimoniale appagante, priva di tentazioni esterne al matrimonio. Così come per Maddalena Strozzi la quale nel ritratto realizzato da Raffaello porta al collo una collana che, tra altre due pietre, presenta un unicor

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no, simbolo di castità. All’interno del ventre di questo animale mitologico è stata posto uno smeraldo, con il fine di impedire un’eccessiva lascivia da parte di chi lo indossava.

La combinazione di questi due aspetti fa supporre agli storici dell’arte e ai cono scitori di iconografia del gioiello, come la dottoressa Silvia Malaguzzi, che la collana rappresenti un augurio di maternità, ma anche un freno dal desiderio carnale. A tal proposito, un ulteriore accessorio legato a questo tema è quello della cintu ra, che indossata dalla donna rimanda alle caratteristiche, o come sarebbero state definite dai coevi, i valori di umil tà e castità oltre che di seduzione. Gli ornamenti applicati a queste fasce sono un abbellimento, ma il significato di base rimane il medesimo. Si può ritrovare ad esempio nel ritratto di Eleonora di Tole do col figlio Giovanni, dipinto da Agnolo Bronzino. Facendo un balzo in avanti,

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curiosando tra gli artisti apparte nuti alla corrente Impressionista è possibile notare la ricorrenza di un determinato accessorio portato da giovani donne. Si tratta di una semplice collana girocollo nera, impreziosita spesso da un fiocco o una perla, che cinge il collo delle ballerine dipinte da Degas o dalle donne di Manet. Un simbolo di una classe sociale che andava affermandosi e destava curiosità tra i pittori, ciò vale a dire quello delle prostitute o delle danzatrici. Una di loro è Olympia di Manet e tra gli esempi celebri dello stesso pittore c’è inoltre la barista dietro al bancone de Un bar aux Folies Bergère. Ora resta soltanto da sco prire quali saranno i gioielli che le donne porteranno nei prossimi decenni e quali di questi lasceranno il segno, raccontando il nostro valore nella società.

Chissà se qualcuno di questi gioielli avrà una risonanza simile all’orecchino di perla indossato dalla Ragazza col turbante, di Vermeer.

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Il Loto d’Oro

Canoni di bellezza insoliti

Conosciamo il detto “se bella vuoi apparire un po’ devi soffrire”: soffrire per apparire più belle agli occhi degli uomini, per raggiun gere uno status sociale altrimenti non accessibile, per vivere una vita migliore nonostante le difficoltà a livello fisico che potevano sorgere a lungo anda re. Questa è la storia del Loto d’Oro, una pratica dolorosa che per secoli ha dettato il canone di bellezza alla quale bambine e giovani donne hanno dovuto sottoporsi. Questa pratica consisteva nel fasciare i piedi, modificandone la forma natu rale, per far sì che assumessero via via l’aspetto di una mezzaluna. La modifica del piede portava poi ad un’andatura ondeggiante, che in qualche modo ri cordava la grazia del fiore di loto mosso dal vento. Secondo alcune credenze popolari, il Loto d’Oro nasce intorno alla fine del 400 d.C., quando il sovrano Xiao Baojuan per godere dei movimenti leggiadri della sua concubina Pan Yunu, fece decorare il pavimento con il dise gno di un loto d’oro. La donna iniziò a

danzare con i suoi piedi piccoli e ag graziati e alla vista di que sto spettacolo l’imperatore esclamò: “Il loto sgorga da ogni suo passo!”. Al di là di queste leggende, a partire dal 960, nel periodo della dinastia Song, alcune poesie conferma no l’esistenza di questa pratica nei ceti aristocratici della società. Con la dinastia Ming, dal 1368 al 1644, la pratica del Loto d’Oro divenne sem pre più popolare anche negli ambienti non strettamente legati alla nobiltà, diventando un fattore di attrazione e di seduzione ampiamente diffuso. Succes sivamente nel 1638, con la dinastia dei Manciù, il Loto d’Oro venne bandito, es sendo questa un’usanza non ben vista a corte ma nonostante fosse stato bandito, il Loto d’Oro continuò ad essere prati cato. Le prime critiche sorsero nel XVIII secolo e nello stesso periodo nacquero anche società anti-Loto, nate per far sì che il governo attuasse un programma di ammodernamento istituzionale ed ide ologico. L’usanza del Loto d’Oro venne ufficialmente bandita nel 1912, anche se continuò fino al 1949 quando i comuni sti setacciarono ogni villaggio e rimos sero a forza le bende che avvolgevano i piedi delle donne del Loto d’Oro. Il processo di realizzazione del Loto

d’Oro era lungo e doloroso. Le bam bine iniziavano a farsi fasciare i piedi fra i 4 e 9 anni, età in cui era più semplice intervenire sul naturale sviluppo delle ossa. L’intero processo di deformazione del piede poteva richiedere dai 3 ai 10 anni. Di solito erano le madri che si occupavano di eseguire questa usanza sulle proprie figlie, immergendo i piedi delle giovani in un miscuglio di erbe e sangue di animale per ammorbidire la pelle, tagliando le unghie di frequente e spalmando unguenti naturali.

Si procedeva poi a piegare tutte le dita del piede, alluce escluso rivolgendole verso la pianta del piede, andando addirittura a rompere le ossa per fare in modo che le dita si piegassero. Si faceva poi in modo di tenere le dita in questa posizione tramite un bendaggio strettis simo. Le ossa rotte, si riassestavano poi conformandosi alla forma di mezzaluna a cui tanto si aspirava. Almeno una volta alla settimana era necessario togliere il piede dalle bende, lavarlo per bene, tagliare le unghie e agire in modo che il piede prendesse la forma desiderata. Ovviamente una forma dei piedi così in

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prospettiva del matri monio era molto limita ta. L’obietti vo rimaneva avere il

solita necessitava l’uso di scarpe apposi te, le cosiddette Scarpe di Loto, in grado di agevolare la camminata, pur sempre continuando a comprimere il piede. Queste scarpe particolari venivano realizzate dalle ragazze stesse ed oltre ad essere una necessità erano anche una perfetta occasione per sfoggiare le loro abilità nell’arte del ricamo. La misura perfetta del piede ad opera zione conclusa era di dieci centimetri o meno. Coloro che non riuscivano a ri entrare in queste misure, quindi con dei piedi tra i dodici e diciassette centimetri, venivano chiamati rispettivamente Loto d’Argento e Loto di Ferro e per loro la

piede più piccolo possibile, così da essere un buon partito agli occhi degli uomini. L’uomo infatti che sposava una donna del Loto d’Oro sapeva di sposare una donna forte perché in grado di soppor tare il dolore più lancinante e quindi di poter far fronte anche alla avversità che la vita presenta.

Il Loto d’Oro rappresentò per secoli un trauma a cui le donne hanno dovuto sotto porsi ma il trauma più grande fu quando, nel momento della sua abolizione, le donne con i

piedi a forma di mezzaluna non venne ro più considerate attraenti, piuttosto un peso per mariti e famiglie intere. Al giorno d’oggi le donne con i segni del Loto d’Oro sono ormai pochissime e in età avanzata: con loro se ne andrà la testimonianza di questa pratica di bel lezza secolare che ha segnato in modo doloroso generazioni di donne.

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di Elisa Corni

Le donne che hanno fatto l’Italia

Erano ventuno, con idee, provenienze e appartenenze politiche differenti; nel giugno del 1946 varca rono la soglia del Parla mento e si sedettero agli scranni circondate da 535 uomini: politici del calibro di Alcide De Gasperi e Francesco Saverio Nitti e Giuseppe Saragat. Erano in netta minoranza in quella stanza ma sono le madri della nostra costitu zione, la carta d’identità della nostra Repubblica. Provenivano da tutta la penisola, erano per la maggior parte (14) sposate con figli; possedevano titoli di studio (14 erano laureate) e molte di loro avevano partecipato attivamente alla Resistenza; rappresentavano molti dei partiti politici dell’epoca (9 per il Partito Comunista come per la democrazia Cristiana, 2 del Partito Socialista e una del Partito dell’Uomo Qualunque). Erano Ade le Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Leonil de Iotti, Teresa Mattei, Angleina Erlin, Angiola Minella, Rita Montagna Togliat ti, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce Longo, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio. Questi i loro nomi, molti dei quali sono finiti nel dimentica toio, al punto che di alcune di loro non esiste nemmeno una pagina Wikipedia,

la nostra cartina di tornasole per ciò che è importante sapere e ciò che non lo è. Eppure queste 21 signore furono le prime donne a mettere piede in Parlamento, furono anche le prime elette durante la prima votazione cui ebbe ro accesso anche le donne nel nostro paese, quella del 2 giugno nella quale gli Italiani hanno preferito la Repubblica alla Monarchia. Furono scelte per rappresentare le istanze del mondo femminile italiano, per dare voce ai milioni di madri, figlie, sorelle che fino a quel momento non potevano nemmeno scegliere chi le potesse rappresentare. Dal 25 giugno di quell’anno fino al 31 gennaio dell’anno successivo quelle 21 rappresentanti del mondo femminile italiano presero parte ad accese discussioni, proposero articoli, redassero i testi che ancora oggi sono alla base del nostro vivere civile. E fece ro la loro parte. Molti degli articoli sulla parità di genere, sull’uguaglianza della donna all’uomo, sul diritto all’istruzione

e al lavoro furono opera loro.

Teresa Mattei, la più giovane deputata, dipinta dai cronisti come una giovane con “molti bei riccioli bruni e due begli occhi vivi” risponde tono su tono ai giornalisti dell’epoca: “Io darò tutte le mie forze perché siano tolte tutte le barriere che limitano la attività cultu rale femminile. Mancano scuole speciali, all’Uni versità molte facoltà sono precluse”. Dalle sue parole non traspaio no bellezza ed eleganza, ma concretezza e decisione.

Come da quelle della deputata Maria Maddalena Rossi: “Una delle facoltà notevolmente frequentate dalle donne oggi è quella di chimica. […] Migliaia di dottoresse in chimica popolano oggi le nostre industrie. È interessante tuttavia notare come esse siano costantemente escluse dai compiti di direzione”. A leggere gli scritti di queste donne, vecchi di settant’anni, viene tristezza perché parlano ancora dell’oggi, della situazione delle donne pagate meno, con minor possibilità di carriera, per le quali si preferisce il bell’aspetto alla pro fessionalità. E appare ancora moderno quanto scrisse Filomena Delli Castelli a proposito del suo ruolo nella Costituen te: “E non saremmo state più considerate solo casalinghe o lavoratrici senza voce ma fautrici a pieno titolo della politica italiana”.

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Capelli al vento... come foglieCaduta, diradamento e stempiature

Autunno si sa è il momento in cui su spazzola e cuscino troviamo più capelli del solito, magari qualcuno in più dei famosi 100 al giorno associati al fisiologico rinnovamento cellulare. E se sono di più? Quando preoccupar si? Quali atteggiamenti sbagliati determinano o incrementano la caduta e come prevenirla o curarla?

Il ciclo di crescita, caduta, e ricrescita si ripete circa venti volte durante l’esistenza di un individuo, e la durata di ogni ciclo varia dai 2 ai 7 anni prima che il capello muoia per atrofizzazione del follicolo pilifero. La caduta dei capelli durante la giornata è variabile e concor rono numerosi fattori come il clima e la stagione, le condizioni di salute, lavaggio, spazzolatura troppo energica, densità di capelli e genetica ereditaria. In primavera e autunno si verifica un aumento nella ca duta che colpisce indistintamente uomini e donne.

Al di là dei casi di competenza medica come disfunzioni ormonali, chemiotera pia e altri trattamenti farmacologici per specifiche patologie, a causare la caduta dei capelli non di rado sono stress, una dieta scorretta priva dei nutrimenti giusti, anemia e problemi a tiroide e fegato, eccesso di vitamina A, infezioni, diabete,

vitiligine, carenza di zinco, patologie del capello come seborrea che origina forfora o dermatite.

È bene però distingue re tra le varie forme di caduta a seconda delle cause e delle aree del cuoio capelluto che vengono colpite per orientarsi meglio sulle cause e i relativi rimedi.

I consigli della propria parrucchiera possono essere buoni e appropriati rimedi. Consigli che vanno dall’applicazione di prodotti mirati a mas saggi in grado di stimolare il microcircolo. Laddove si può, tuttavia la prevenzione rimane l’arma preferibile e si traduce: in una sana alimentazione, proteggere i capelli dal sole e lavarli con frequenza

usando prodotti professionali e specifici, limitare l'uso di piastre con troppo calore incandescenti che indeboliscono la strut tura del capello.

Da ricordare che i prodotti di preven zione anti caduta servono a stimolare il bulbo pilifero e rallentano l’invecchia mento del follicolo.

Fondamentale è l’utilizzo di “preparatori cutanei” che svolgono azione igienizzante del cuoi capelluto, eliminando impurità e preparando la cute a ricevere i nuovi trattamenti.

Secondo gli esperti la detersione deve essere effettuata con un bagno rivitaliz zante che ha anche le funzioni di rinfor zare la fibra capillare, coadiuvante nel trattamento prevenzione caduta.

Da evidenziare che il ciclo completo consigliato per un buon risultato è di otto settimane da ripetere al bisogno oppure ogni cambio di stagione.

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Casalinga: non per scelta ma per necessità

Nell’esperienza scolastica di ciascuno di noi almeno una volta siamo stati destinatari di questa domanda: quale lavoro fanno la tua mamma e il tuo papà?

Una domanda che ha in sé l’innocenza di un sondaggio ma che potenzialmente veicola un giudizio, una valutazione, un luogo comune, soprattutto se la risposta

società veste l’abito della casalinga, quel mestiere che passa spesso in sordina nei dibattiti sulle politiche sociali e lavorative perché poco profitte vole, poco risonante come eco mediatica, poco sentito come questione di interesse pubblico, diversamen te e comodamente spiegato come un fatto eminentemente privato, riconducibile alla scelta di una persona. Si potrebbe commentare “nulla di più facile e astuto che ricorrere alla scappatoia della scelta e della volontà individuale per fuggire a delle responsa bilità iscritte nell’agenda di programma ministeriale”.

Fintanto che la realtà dei fatti rimane

la verità. La verità in questo caso è che il mestiere della casalinga non è una scelta, è una necessità. Una necessità a fronte della solitudine nella gestione della famiglia e dei problemi familiari che re golarmente si presentano, dell’assenza o carenza di una rete di mutuo-aiuto tra le persone perché i tempi sono cambiati, e non si vive più nella dimensione raccolta appunto familiare della comunità del paese e del quartiere.

Venuto meno quel sostegno disinteres sato e puramente altruistico di una volta, quando si diceva che “erano figli di tutti” per cui un po' tutta la comunità se ne occupava, sono rimasti solo il vuoto e le sempre maggiori difficoltà a coniugare lavoro e famiglia, in assenza di adeguati strumenti di welfare per genitori e figli. Di qui la necessità per una categoria di donne di ritirarsi e di abbandonare quella parte di sé che aveva permes so di esprimere il loro potenziale per

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di impegno, di attenzione e di costanza, con l’unica sostanziale differenza di non essere retribuito. In una realtà lavorati va che ancora misura la superficie e la profondità di un lavoro sulla base del metro retributivo è gioco forza che un lavoro a 360° come quello della casa linga viene estromesso dalle tutele che circondano qualsiasi attività lavorativa in senso proprio. E fintanto che la figura della casalinga continuerà ad essere letta sotto questa lente non c’è da sperare che possa uscire dalla sua condizione di marginalità rispetto al mondo del lavoro. Tante volte cambiare la prospettiva da cui osserviamo le cose aiuta a cambiare anche il proprio atteggiamento verso le stesse. Se introduciamo una variazione nella traiettoria della nostra visuale allora la nostra apertura prospettica diventa anche un’apertura verso un approccio più oggettivo, globale e reale. Questa è la nostra “visione stereoscopica”, quella

che ci permette di cono scere in modo autentico e profondo tutte le sfuma ture di significato della realtà circostante. Se que sto funzioni sempre non è dato saperlo, ma che funzioni spesso è ormai confermato dalle regole dell’esperienza comune. Quello che vorrei sugge rire è uno spostamento dell’angolazione da cui si è sempre osservato il ruolo della casalin ga e questa angolatura viene già deli neata dall’art. 4 della Costituzione che dopo aver sancito al comma. 1 il diritto al lavoro al comma. 2 ne tratteggia una definizione onnicomprensiva: “Ogni cit tadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della

società”.

Il lavoro della casalinga anche se formal mente non considerato un lavoro, nella sostanza lo è perché è espressione di un contributo prezioso alla società. Anche una vita che può apparire meno visibile e meno gratificante ha in sé una grande ricchezza di valori, di conoscenze e di competenze delle quali beneficiano la famiglia e la società.

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Speciale Pianeta Donna Katherine Johnson Una vita di calcoli

Una mente brillante quella di Ka therine Johnson, una vita dedicata alla matematica che le ha permes so di avvicinarsi allo spazio più di quanto avesse mai potuto fare prima di quel momento una donna afroamericana. Na sce in Virginia nel lontano 1918 e fin dalla giovane età dimostra grande talento per la matematica. I suoi genitori, vedendo in lei questo potenziale, diedero molto importanza alla sua carriera scolastica, mandandola nella contea vicina affinché potesse accedere all’istruzione, una cosa non scontata in quel periodo per i cittadi ni afroamericani.

Si diploma in tempi brevissimi a soli 14 anni e a 16 anni inizia a frequentare il West Virginia College, dove riuscirà a laurearsi in matematica e francese nel 1937 a 18 anni. Nel periodo immedia tamente successivo alla laurea, si dedica all’insegnamento di matematica, fisica e musica in una scuola riservata ad afroame ricani in Virginia. In Katherine rimane però la profonda curiosità ed interesse per il mondo matematico e in particolare per il calcolo. Infatti, proprio per via della sua più grande passione, il 1953 rappresentò sicuramente l’anno della svolta. Le venne proposta un’occasione che di certo non capita a tutti e che da quel momento

in poi le permetterà di farsi strada nella ricerca scientifica. È da ricordare che nell’immediato dopoguerra, gli Stati Uniti avevano iniziato ad investire ingenti som me volte alla conquista dello spazio. In vestimenti che erano nati dall’esigenza di far fronte alla corsa allo spazio che anche l’Unione Sovietica stava intraprenden do: una competizione che però gli Stati Uniti volevano vincere a tutti i costi. In questo scenario, Katherine venne assunta dalla NASA (al tempo NACA – National Advisory Committee for Aeronautics), dove iniziò a lavorare nel dipartimento di “Guida e Navigazione”.

Dal 1953 al 1958 si occupò inoltre di complicate operazioni di calcolo per l’attenuazione degli effetti delle raffiche di vento sugli aeromobili. Katherine, nei primi tempi alla NASA, entrò a far parte di un team di calcolo composto esclusiva mente da donne afroamericane sopran nominate “calcolatori di colore”. Il periodo alla NASA, sebbene fu un periodo di crescita nell’ambito che più le interessava, rappresentò al tempo stesso un periodo difficile dal punto di vista delle discri minazioni razziali e sessiste che dovette subire. Dal 1958, quando il gruppo di cal colo di sole donne afroamericane venne sciolto, Katherine fu invece assegnata ad un gruppo tutto al maschile che si occupava di ricerca di volo. Da quel momento fino all’anno del suo ritiro dalla NASA, lavorò a tutti gli effetti come ingegnere aero spaziale e nel 1959 fu proprio lei a calcolare la traiettoria del primo volo effettuato con equipaggio a bordo. Successivamente, nel 1962, quando l’agenzia aerospaziale americana introdusse per la prima

volta l’utilizzo dei computer, a Katheri ne venne chiesto di verificare a mano i calcoli necessari per il volo orbitale della Mercury Friendship 7: tanta era la sua bravura che gli stessi astronauti si fidavano più della sua precisione che dei nuovi strumenti di calcolo.

Grazie alle sue infallibili doti e la sua estrema precisione, Katherine fu incaricata di calcolare la traiettoria per la missione dell’Apollo 11, la famosa missione che nel 1969 portò l’uomo sulla luna. Nel 1970 lavorò anche al programma di Apollo 13 e nel momento in cui la missione fu interrotta fece in modo di far tornare sano e salvo sulla Terra l’intero equipag gio. Nel 2015 le venne conferita dall’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama la medaglia presidenziale della Libertà, la più alta onorificenza civile americana, un riconoscimento alla sua vita dedicata allo spazio e alla matematica.

Katherine si spense alla veneranda età di 101 anni nel 2020. A rendere immortale il suo contributo alla NASA e nell’ambito del calcolo, nel 2016 fu realizzato il film

“Il diritto di contare” con scene che bene riassumono l’impegno, la dedizione come anche gli ostacoli trovati lungo il suo per corso dettati da tempi e condizioni sociali per niente facili.

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Speciale Pianeta Donna La storia della minigonna: indumento-icona di un secolo

Provocante e provocatoria, discussa e discutibile, diventata indumento iconico di un secolo e capo rap presentativo di un cambiamento sociale e culturale che vide come protagoniste le donne della seconda metà del Nove cento: stiamo parlando della minigonna, inventata nel 1963 dalla britannica Mary Quant e che fece la sua prima comparsa sulle vetrine dello storico negozio londi nese “Bazaar” nello stesso anno. È curioso ricordare come la paternità, o in questo caso la maternità, dell’indumento è stata oggetto di una disputa tra la Quant e il sarto francese André Courrèges, il quale ne rivendicò l’invenzione. Un sensuale, cortissimo, ardito lembo di stoffa che nonostante la sua non più tenera età (sta per compiere sessant’anni) mantiene un’i

deale di freschezza e attualità da sempre, diventando bandiera di femminilità, sedu zione e ribellione. Certo anche prima del la sua invenzione nei primi anni Sessanta, la gonna era un indumento ampiamente indossato dalla platea femminile; già verso la fine del XIX secolo, alcuni movimenti femministi si batterono per accorciare le allora pesanti, scomode e lunghe gonne che era prassi portare fino ai piedi, per avere maggiore libertà di movimento. Perché si arrivi alla mini-skirt se ne sono ta gliati centimetri di stoffa, ma non è un caso che la minigonna faccia la sua comparsa nei primi anni Sessanta, quando le batta glie femministe e a favore della parità di genere stavano crescendo e prendendo piede in mezzo mondo, anticipando quel famoso ’68 delle donne. Anni di rivolta sociale, di emancipazione e di conquista di valori sociali e gusti estetici, di nuove leggi a favore dell’inserimento delle donne in posizioni lavorative che prima di allora erano riservate solo agli uomini come la magistratura, gli uffici pubblici e le forze dell’ordine. Piccoli grandi traguardi nel lavoro, nella vita politica e culturale del paese; un decennio che porta con sé molti cambiamenti e ne anticipa altri; si pensi all’approvazione nel 1970 della legge sul divorzio che affida pari respon sabilità tra i coniugi, nonché eguali diritti e doveri. La minigonna diventa simbolo di un’epoca caratterizzata da una società femminile combattiva e sempre più emancipata, conscia delle proprie libertà e dei propri diritti, anche nel modo di vestire. Le prime minigonne non avevano le lunghezze trasgressive e vertiginose dei giorni nostri, erano colorate, squadrate, non passavano di certo inosservate da quella generazio

ne X, testimone della portata rivoluziona ria di questo indumento. Nonostante la minigonna mantenga un fascino intra montabile ed eversivo soprattutto tra la gioventù, non sempre incontrò il favore di stilisti e critici: Coco Chanel, massima icona della moda e dell’eleganza nel mondo, la etichettò come “semplicemente orrenda”, esperti di stile e le femministe più orto dosse la condannarono in quanto simbolo dell’omologazione delle donne e della

riduzione della donna ad un oggetto del desiderio. Tuttavia la minigonna divenne uno Status symbol, emblema di tendenza, lotta generazionale, protagonista di una moda minimal e libera. Il successo della minigonna rimane immutato nei decenni, tanto che stilisti e case di moda come Dol ce&Gabbana, Yves Saint Laurent, Prada produssero e producono tutt’ora intere collezioni lasciandosi ispirare proprio da questo controverso, inevitabile ed innovativo trend, tra i più amati nella storia della moda.

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di Eleonora Mezzanotte

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Maria Stella Cassol Una giovane e fiorente penna

Chiamo Maria Stella, fino a quel momento non avevamo avuto occasione di sentirci di perso na, ma già dai Whatsapp che avevano preceduto la telefonata era affiorato un animo gentile. Mi risponde una voce pacata, leggermente vibrante dall’emozione con una naturalezza che oggigiorno più che mai commuove e rassicura perché toglie le maschere ai volti, per comunicare tra le persone in modo genuino e autentico. Dopo uno scambio di battute sui nostri percorsi universitari la conversazione ci porta spontaneamente ad una passione condivisa, la scrittura, e soprattutto al sogno di Maria Stella diventato una meravigliosa realtà: un libro, il suo primo libro.

La capacità di sintesi, chi mi conosce lo sa, non è esattamente il mio punto di forza, ma come una ginnastica quo tidiana la sto allenando ed è con lo spirito di darvi un piccolo, conciso ma efficace assaggio della storia narrata nel libro di Maria Stella che desidero destare la curiosità di lettrici e lettori ed in particolare di raccogliere il coin volgimento di voi carissime lettrici. La trama…“Piccole confessioni” è un diario che vede come protagonista una donna giunta ad un momento particolare della sua vita, in cui a pesare non sono solo la staticità delle abitudini in cui si è ripiegata, ma anche le domande al condizionale in cui tutti ci rispecchiamo, quei “se”, quel chie dersi come sarebbero andate le cose se… e se… e ancora se. Un circolo di “se” che diventano insostenibili, ingombranti e con cui però è costretta a fare i conti... Irrompe nella sua quoti

dianità la sagoma di una persona importante nella sua giovinezza e questo incon tro la porterà a misurarsi con nodi irrisolti della sua adole scenza, riaprire e ricucire ferite del passato che allo stesso tempo le consentiranno di curare il suo presente. Sono sicura che anche a voi è ac caduto: riuscire a capire molto dell’altra perso na già da una semplice chiacchierata. Ecco, posso dire che, pur non cono scendo Maria Stella, ascoltando il suo racconto di come si è accostata alla scrittura, di quando è gemmata l’idea di realizzare un libro e di alcuni scorci della sua vita, mi ha restituito l’immagi ne di una ragazza che come suggerisce il suo stesso nome è luminosa: nei suoi occhi si leggono l’entusiasmo e la fi ducia di una giovane che accoglie e fa scorta delle cose belle e buone della vita per non smettere mai di sorridere per sé e per gli altri anche quando non tutto procede nella direzione giusta.

L’autrice si racconta…

“Mi è sempre piaciuto scrivere e devo ammettere che fin dall’infanzia coltiva vo il sogno di diventare scrittrice. Non so se fosse una cosa che effettivamen

te sentivo appartenermi o semplice mente se fosse l’idea che mi incantava; sai, da bambini si costruisce tanto con gli occhi dell’immaginazione e della fantasia e la maggior parte delle volte ci si proietta sempre in cose grandi, forse proprio perché ci si vede così piccoli. Ad ogni modo, crescendo, nella mia adolescenza non avevo mai seriamente preso in considerazione l’idea di scrivere un libro e magari, perché no, di svolgere questa attività a livello professionale.

Durante le superiori scrivevo molto, non solo riflessioni personali sulle mie vicende quotidiane, ma soprattutto mi dilettavo a intrecciare i fili della realtà e della fantasia per tessere storie in ventate o verosimili. Scrittura e lettura vanno a braccetto, per cui non ho mai trascurato di leggere molto in questi anni, senza avere un genere fisso che

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mi potesse irrigidire. Leggere mi ha aiutato molto nel tradurre al meglio il complesso mondo dei pensieri, dei sentimenti, delle percezioni e delle emozioni, in parole scritte. Quando ciò che scrivevo si è trasformato in un progetto editoriale? Dunque, il tutto è iniziato nell’otto bre 2020, avevo appena cominciato la Laurea Magistrale a Padova. Per uno dei corsi che stavo frequentan do avevo la consegna di scrivere la sceneggiatura di un film, un compito straordinario e sfidante che in effetti si è rivelato essere “apri-pista” rispetto alla ventilata ipotesi di scrivere un li bro. Il professore, titolare del corso, mi contattò: era rimasto colpito dal mio elaborato, con sincerità e vivo interes se mi disse che dovevo assolutamente provare a lanciarmi in questa avventu ra. Poco dopo scoppiava l’emergenza pandemica e tutto era fermo. Come la

gran parte delle persone mi trovavo a casa ed è stato proprio in quel perio do che ho avviato la stesura del libro, un lavoro di un anno circa con diversi intervalli di pausa. Scritta la storia si poneva il grande quesito: come pub blicarla?

Pensavo “le grandi case editrici sicu ramente ricevo no tanti libri e chissà entro quali tempi avrei avuto risposta”. Così ho inviato la bozza ad una casa editri ce emergente di Verona, “Aletheia editore” che ha valutato positi vamente la mia storia rendendosi disponibile per la pubblicazione.

Ancora non mi sembra possibile e mi godo tutta la magia di questo momen to nell’attesa della pubblicazione che avverrà a breve. Nel frattempo, posso dire solo grazie alla scrittura che mi ha dato tanto, forse una delle cose più importanti: la serenità”.

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Il genio artistico di Frida Kahlo

Talento pittorico e spirito femmi nista si intrecciano nella figura di Frida Kahlo (il suo vero nome all’anagrafe era Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón), artista di origine messicana la cui fama è divenuta internazionale. Nata nel luglio 1907 nella delegazione di Coyoacàn, la sua stessa esperienza di vita è spesso descritta in termini d’opera d’arte. Gran parte delle vicende biografiche di Frida vengono fortemente segnate da un grave inciden te di cui ella è vittima all’età di diciotto anni, quando l’autobus sul quale sta viaggiando per tornare a casa da scuola viene colpito da un tram. Una volta di messa dall’ospedale la giovane, a causa delle fratture riportate, è costretta ad un riposo forzato durante il quale rintraccia nell’arte una modalità attraverso cui dare voce al suo dolore. La convalescenza si traduce nell’opportunità di entrare

in relazione con sé stessa utilizzando tela e pennelli. A questa prima fase della sua espressione artistica appartengono infatti numerosi autoritratti realizzati grazie all’i dea di apporre uno specchio al soffitto del letto a baldacchino in modo da ricavare un’ottima visione di sé senza doversi affatica re. Anche negli anni successivi, quando la sua produzione si intensifica ed incontra il mondo del surreali smo, il rapporto con il suo corpo rimane uno degli aspetti cen trali della sua arte. Un secondo evento capace di plasmare la breve vita di Kahlo va individuato nell’incontro av venuto nel 1922 con Diego Rivera, ce lebre pittore, muralista e attivista poli tico messicano di vent’anni più grande di lei. Il loro matrimonio, avvenuto otto anni dopo il loro primo incontro, è descritto da Frida come un viaggio tur bolento e rivoluzionario entro il quale l’infedeltà si unisce alla passione. La storia d’amore non convenzionale con Diego, tormentata ma indistruttibile, domina i sentimenti di Frida e la porta a dipingere le sfumature della sua femminilità. Uno dei più celebri dipinti dell’artista, Le due Frida, è realizzato nel 1939 e rivela il tormento che attra versa la donna in seguito alla scoperta dell’ennesimo tradimento da parte del

marito. Un quadro enigmatico, entro il quale la figura dell’artista si sdoppia a rappresentare una Frida legata al passato con la foto del suo amato tra le mani, l’altra emancipata, cresciuta e segnata dagli avvenimenti. Gli organi interni delle due donne sono visibili nel dipinto; un cuore integro e rosso vivo nella figura di destra ed un cuore rotto e dal colore spento nella figura di sinistra. La Frida di sinistra ha versato il suo sangue in un amore angosciato. Un’immagine capa ce di evocare un conflitto interiore, un desiderio di transizione che nonostante tutto resta ancorato al suo passato e a quell’amore che appare insormontabile. La vita di coppia è segnata anche da tre aborti che segnano l’impossibilità per i due di avere figli e generano in Frida una sofferenza senza fine. La stessa Kahlo ha più volte sottolineato come

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i suoi dipinti siano ispirati dagli eventi che ha vissuto e superato con grande determinazione: “non dipingo sogni o incubi ma dipingo la mia realtà”. Gli ultimi anni della vita dell’artista segnano un peggioramento delle sue condizioni di salute di fronte al quale ella riconosce di essere sofferente ma felice di essere viva fino a che le è concessa la possibilità di dipingere. Nel 1953 in Messico si tiene

una mostra personale dell’artista alla qua le ella, gravemente malata ma desiderosa di partecipare, arriva nel suo letto traspor tata da un’ambulanza. Un inno alla vita che emerge anche nel dipinto Viva la Vida, realizzato pochi giorni prima della sua morte, nell’anno 1954. Si tratta di un’opera raffigurante delle angurie dal colore rosso e dall’aspetto appetitoso; un grido al colore e all’esistenza. Il surrealista André Breton ha definito la sua arte come ‘un fiocco legato ad una bomba’, mostrando di cogliere la qualità esplosiva della sua pittura. L’arte di Kahlo ci insegna che malgra do il dolore, la vita merita di essere

vissuta intensamente. Il genio dell’artista messicana oggi ci affascina attraverso una mostra digitale e multimediale a 360°, organizzata in numerosi paesi del mondo, che invita il pubblico a prende re parte all’universo incomparabile di Frida Kahlo.

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Caccia alle streghe

mente a quanto si è creduto in precedenza. False fonti storiche facevano riferimento a 9 milioni di uccisioni eseguite per un uni co movente, teoria ad oggi con futata. Il risultato però non muta. I principi che hanno legittimato quella che comunemente viene denominata caccia alle streghe ha mietuto numerose vittime e ha contraddistinto interi periodi storici e culture.

La capacità fisiologica delle donne di poter generare la vita, portarla in grembo e crescerla, oltre agli aspetti piacevoli che possono essere dedotti, ha dato origine a un rove scio della medaglia, a dinamiche di esclusione del genere femminile e nei casi peggiori, alla condanna delle sue appartenenti. Dal XV secolo questo fenomeno si intensificò in modo espo nenziale, sfociando nella persecuzione nei loro confronti. L’epicentro della caccia alle streghe si localizzò in Europa per espandersi nei secoli successivi anche oltreoceano. Secondo approfondimenti recenti le persone giustiziate in nome della Santa Inquisizione, ente mosso da convinzioni di stampo cattolico che promuoveva lo sterminio delle persone ritenute alleate del maligno, si annoverano tra le qua rantamila e le sessantamila, contraria

Ciò di cui venivano principal mente accusate erano i danni alla fertilità, sia per quanto riguarda le provvigioni del raccolto sia per la prole. Le ostetriche, nel caso in cui la nascita della bambina o del bambino non avessero avuto un esito positivo, venivano accusate di aver boicottato la vita del nascituro. Stessa sorte subivano coloro che aiutavano a portare a termine una gravidanza indesiderata o le donne che vivevano la propria sessualità in modo più libero rispetto a ciò che veniva ritenuto accettabile. Basti pensare che il semplice fatto di conservare in casa composti a base d’erbe o infusi e unguenti dalle proprietà curative, era una legittimazione per essere conside rate colpevoli di essere alleate con il diavolo. Cono scenze delle quali avrebbe potuto

fruire l’intera comunità erano divenute motivo di persecuzione.

La donna, dalle attività di curatrice, levatrice ed erborista poteva ottenere anche un sostentamento economico, necessario soprattutto in un periodo storico caratterizzato da carestie ed epidemie. Veniva temuta per le sue abilità e per questo risultava essere un facile bersaglio, motivo per cui la percentuale maggiore di persone decedute era di genere femminile, ma non bisogna tralasciare il fatto che alcuni degli imputati appartenevano a quello maschile. Le confessioni, fittizie o meno, venivano estorte mediante differenti torture: la privazione del sonno, l’immersione degli accusati nei corsi dei fiumi, lo schiacciamento sotto le pietre e il raschiamento della pelle, pratica che permetteva agli inquisitori di scovare sui corpi dei condannati un ipotetico marchio impresso dal diavolo, lo stigma diaboli. La pratica è riprodotta nella pellicola del 2020, "Il Sabba”, che si concentra sulla persecuzione delle donne nei Paesi Baschi nel corso del 1600. La figura misteriosa delle streghe

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ha in effetti avuto ampio successo nelle arti; si contano innumerevoli pellicole, pitture e brani che hanno tratto ispira zione dalle vicende in questione. Spesso si fa riferimento a una visione edulcorata della strega, termine che oggi racchiude in sé molteplici sfaccet tature e concezioni differenti della crea tura, talvolta mitologica, talvolta storica. Roghi, pozioni, calderoni, incantesimi e malefici sono elementi entrati nell’im maginario comune tramite fiabe e storie di stampo fantastico basate sulla perce zione degli accusatori, ma non aderenti a coloro che venivano condannate per questi motivi. Le donne indipendenti prive di marito e prole, che vivevano ai margini della società e non rispec chiavano quindi le convenzioni, erano il bersaglio prediletto, il capro espiatorio di vicende critiche. Una dinamica affine alle persecuzioni di qualsiasi matrice, in qualsiasi periodo storico. In questo caso

le persecuzioni erano frutto del controllo di stampo maschilista, il quale non prevedeva l’affermazio ne della donna in quanto individuo indipendente dal potere maschile. Infatti nel 1484 Papa Innocenzo VIII emanò la bolla Summis desideran tes affectibus, con la quale dava il potere ai frati J. Sprenger e H. Kramer di prendere provvedimenti per reprimere il paganesimo, la stregoneria ed eresia dalla Ger mania. Tre anni dopo questi ultimi pubblicarono il Malleus Malefica rum (letteralmente "Il martello delle malefiche", quindi delle streghe); un manuale per i persecutori che venne ristampato per trentaquattro edizioni. Il suo contenuto faceva leva sulla presunta inferiorità d’intelletto e forza femminile, individui di fede mi nore meritevoli di tortura. Il tema delle streghe ad oggi ha assunto tutt’altro

valore, ma in secoli non troppo lontani, a differenza delle favole, ha avuto un impatto disastroso.

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Peggy Guggenheim: storia della collezionista americana

Raccontare la vita di Peggy Gug genheim significa imbattersi nell’avventura di una tra le più brillanti collezioniste d’arte del XX seco lo. Peggy nasce a New York nel 1898 da una famiglia benestante che ha trovato fortuna in campo minerario e nel 1912 eredita dal padre, deceduto nel naufra gio del Titanic, la sua parte di patrimo nio. La sua è una passione che nasce in tenera età e che ben presto la conduce in Europa dove incontra lo scrittore e artista Laurence Vail, suo primo grande amore. È a Londra che la mecenate d’arte inaugura la sua prima galleria, attraverso la quale si afferma come grande sosteni trice dell’avanguardia europea offrendo mostre a Kandinsky, ad artisti surrealisti quali Tanguy e numerosi scultori. È l’inizio della sua carriera oltre che un momento capace di influenzare note volmente la storia dell’arte. La seconda tappa del suo percorso è Parigi dove, duranti gli anni cruciali del secondo con flitto mondiale, ella si mostra determinata ad acquistare un quadro al giorno. In

questo momento storico di grande criticità per il mondo intero, Peggy ag giunge alla sua collezione alcuni capolavori come i quadri di Salvador Dalì, Joan Mirò e Piet Mon drian. Nella cornice pari gina Guggenheim entra in contatto con il pittore surrealista Max Ernst al quale si unisce in matri monio. Nel 1941 lascia la Francia occupata dai Nazisti per fare rientro a New York non senza promettere a sé stessa che un gior no sarebbe tornata in Europa. Di rientro a New York, nel 1942, Peggy inaugura la galleria Art of This Century che diventa la piattaforma di lancio per giovani artisti emergenti, primo fra tutti Jackson Pollock. L’occasione per un viaggio nel continente europeo giunge alla collezionista alla fine della guerra quando la sua collezione viene accolta alla Biennale di Venezia, nel padiglione della Grecia. Attraverso il volume Una vita per l’arte. Confessioni di una donna che ha amato l’arte e gli artisti è possibile cogliere il legame della collezionista con l’Europa: “[…] amavo l’Europa più dell’America e quando la guerra finì sentii che dovevo tornare per forza. In viaggio decisi che Venezia sareb be stata la mia patria futura. […].” La sua esposizione alla biennale coincide con la prima occasione in Europa per ammirare le opere di artisti quali Pollock e Mark Rothko, dando agli italiani e agli europei la possibilità di vedere ciò che

accade dall’altra parte dell’Atlantico. Un padiglione che si traduce in una rassegna completa e accurata del modernismo. Nella laguna veneta da lei amata, Peggy nel 1949 acquista Palazzo Venier dei Le oni, commissionato dalla famiglia Venier nel 1749 ma mai terminato. L’edificio incanta Peggy Guggenheim tanto che de cide di trasformarlo nella sua abitazione presso la quale dimorerà per i successivi trent’anni. Nel 1951 Peggy apre le porte del suo palazzo al pubblico, gratuita mente e per tre pomeriggi alla settimana rivelando la sua fede in un’arte capace di dare beneficio a ciascun individuo.

Nel 1970 Peggy decide di donare prima il palazzo e poi la sua collezione alla fondazione Guggenheim, creata dallo zio della collezionista, Solomon, per gestire più musei a partire dal Solomon R. Gug genheim di New York. Peggy, dopo aver dedicato la totalità della sua vita all’arte, muore a 81 anni e come sottolinea il sito dedicato alla Collezione Guggenheim, le sue ceneri sono custodite in un angolo del giardino del suo museo.

Palazzo Venier dei Leoni, affacciato sul Can Grande, oggi ospita uno dei mu sei d’arte moderna più significativi del mondo ed è annoverato tra i luoghi più magici di Venezia con 400.000 visitatori l’anno. Fino a gennaio 2023 presso la Collezione Guggenheim è possibile ammirare la mostra Surrealismo e Magia, un’esposizione che offre un’esaustiva panoramica del surrealismo e che la direttrice della Collezione, Karole Vail, ha sottolineato essere capace di rievocare l’amore di Peggy per l’arte surrealista.

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La depilazione intima

Pericoli di una pratica alla moda

È stato il telefilm di culto di fine anni ’90, Sex and the City, a sdoganare anche in Italia la depilazione totale, o quasi, delle parti intime femminili, garantendo un ottimo effetto estetico. Una pratica irrinun ciabile della newyorkese emancipata, ma anche pericolosa per la salute. Oltre a sentirsi più sexy con il proprio partner e più sicure a letto, sembra che molte donne lo facciano per sentirsi più “pulite” conside randola una pratica igienica e ignorandone invece i rischi. Una moda dilagata sempre di più come confermano anche gli esperti del settore i quali rivelano che ora anche i maschi chiedono sempre più spesso la depilazione intima totale.

bili dei traumi genitourinari sono i rasoi usati spesso in modo non adeguato. Le microabrasioni che ne derivano pro vocano ascessi, follicoliti (che potreb bero degenerare in cisti), foruncolosi, lacerazioni e si registrano anche reazioni allergiche alle sostanze irritanti contenu te nei prodotti riservati alla depilazione come le creme depilatorie.

Itanto odiati peli pubici però costitu iscono una sorta di “cuscino protetti vo” per la pelle intima e mantengono un’adeguata umidità impedendo il proliferare di batteri, funghi, e germi in quanto impediscono il loro passaggio in vagina proteggendo dunque da eventuali infezioni e malattie. Man tengono gli organi genitali femminili a una temperatura corretta, trattengo no l’odore personale che trasmette i segnali sessuali al partner e prevengono l’irritazione e l’arrossamento della zona genitale durante il rapporto sessuale tramite lo sfregamento. Le ragazze in età prepuberale sono quelle più esposte a irritazioni e problemi. Aumenta il nu mero di “incidenti” dato da depilazione totale e semitotale. I maggiori responsa

Con la depilazione totale la pelle ne risente, i follicoli piliferi si irritano e causano la comparsa di peli incarniti, bruciature con la ceretta e taglietti con il rasoio. La ceretta a caldo indebolisce i pori che insieme all’umidità e al calore del corpo crea un habitat adatto ai bat teri e agli streptococchi di tipo A e che a questo punto non hanno più barriere in ingresso. C’è anche chi ricorre alla depilazione con il laser o luce pulsata e in quel caso diventa una situazione definitiva da cui non si può più tornare indietro. Le donne che scelgono la depilazione totale sono anche più soggette a soffrire di herpes genita le, e secondo lo studio condotto dall'Accademia spagnola di Dermatologia di Barcellona aumente

rebbe il rischio di contrarre papilloma virus (HPV), verruche genitali e sifilide, di cui negli ultimi anni si è registrato un aumento di casi segnalati, soprattutto tra i giovanissimi. La depilazione totale poi risulta pericolosa non solo per chi la fa ma, anche per il partner con cui si entra in contatto che risulta quindi più esposto a contrarre queste malattie. Per chi soffre di disturbi cutanei come eczemi e psoriasi la depilazione totale potrebbe addirittura andare a peggio rare la situazione.

Questo non significa che non si pos sano tenere “in ordine” le parti intime per andare in piscina, incontri speciali o semplicemente per se stessi, ma la cosa importante è mantenere una quantità sufficiente di pelo nella zona centrale.

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Non c’è più l'8 marzo di una volta

La Festa della don na ha origine dai movimenti politici femminili di rivendicazio ne dei diritti delle donne di inizio Novecento, ma delle sue puntuali moti vazioni storiche è andata perduta la memoria. Era opinione diffusa e convinta, alimentata dalla connotazione fortemente politica dalla Giornata in ternazionale della donna dopo la seconda Guerra Mondiale, che l'8 marzo fosse stato scelto in memoria di una tra gedia, in realtà mai accaduta, del 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operaie di un'industria tessile, la Cot tons di New York, rimaste uccise da un incendio. In realtà, fu un altro incendio, quello della fabbrica Triangle, avvenuto a New York il 25 marzo 1911, che causò la morte di 146 persone (123 donne e 23 uomini), a riverberare una forte eco sociale e politico, e a seguito del quale vennero varate nuove leggi sulla sicurezza sul lavoro e crebbero di molto le adesioni alla International Ladies' Gar ment Workers' Union, oggi uno dei più importanti sindacati degli Stati Uniti. Ma non può essere neppure quest’ultimo all’origine della Festa della donna poiché questa celebrazione si tiene negli Stati Uniti a partire dal 1909, mentre in alcuni paesi europei dal 1911, anche se in Italia solo dal 1922. I fatti che hanno portato all'istituzione di questa festa sono pro babilmente legati alla rivendicazione dei

diritti delle donne, tra i quali soprattutto il diritto di voto. Durante il VII Congresso della II Internazionale socialista svoltosi a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907, si portò sul tavolo la “questione femminile” e il voto alle donne, con l’impegno dei partiti socialisti di introdurre finalmente il suffragio universale. Appena tre giorni dopo, alla Conferenza internazionale delle donne socialiste, fu istituito l'Ufficio di informazione delle donne socialiste e Clara Zetkin ne divenne dirigente. Fu poi Corinne Brown, il 3 maggio 1908, a presiedere la conferenza del Partito socialista a Chicago, ribattezzata poi "Woman’s Day", durante la quale si parlò di sfruttamento delle operaie, di discri minazioni sessuali e diritto di voto. Alla fine del 1908 il Partito socialista america no decise di dedicare l'ultima domenica di febbraio all'organizzazione di una manifestazione per il voto alle donne. La prima "giornata della donna" negli Stati uniti si svolse quindi il 23 febbraio 1909. Nella seconda Conferenza internazionale

delle donne socialiste, a Copenaghen il 26 e 27 agosto 1910, si decise di seguire l'iniziativa america na istituendo una giornata internazionale dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne. In realtà per alcuni anni negli Stati Uniti e in vari Paesi europei la giornata delle donne si è svolta in giorni diversi. A San Pietroburgo, l'8 marzo 1917, le donne manifestarono per chie dere la fine della guerra. In seguito, per ricordare questo evento, durante la Seconda conferenza inter nazionale delle donne comuniste che si svolse a Mosca nel 1921 fu stabilito che l'8 marzo fosse la Giornata internazionale dell'operaia. In Italia la prima giornata della donna si è svolta nel 1922, ma il 12 marzo e non l'8. Nel settembre 1944 a Roma è stato istituito l’Udi, Unione Donne Italiane, e si è deciso di celebrare il successivo 8 marzo la giornata della donna nelle zone liberate dell'Italia. Dal 1946 è stata introdotta la mimosa come simbolo di questa giornata. L'8 marzo 1972 in Piazza Campo de Fiori a Roma, luogo del rogo di Giordano Bruno nel 1600, la festa della donna rivendicava tra altre cose, anche la legalizzazione dell'aborto. Oggi l’otto marzo, sotto un rametto di mimosa, è per lo più un’oc casione per le donne di uscire con le amiche e concedersi qualche evasione dalla rutine, cosa che accade anche per il giorno della Befana.

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di Franco Zadra
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Speciale Pianeta Donna

di Franco Zadra

Da quando le donne hanno un’anima?

La vicenda storica, ormai bimil lenaria, della Chiesa cattolica, è particolarmente complessa e ar ticolata, tanto che i cattolici, anche i più consapevoli, la conoscono in maniera insufficiente. Un autore tra i molti che di continuo contribuiscono allo studio di quella storia, Jean-Pierre Moisset, nella sua “Storia del Cattolicesimo”, edizioni Lindau, del 2008, cerca di rispondere con uno stile quasi giornalistico, a molte domande di fondo che vorrebbero recuperare quelle lacune che lasciano i cattolici di oggi in balia di revisionismi e fole storiche ormai assimilate in un bagaglio “culturale” difficile da riformare, per comprensibile mancanza di tem po, che insinuano dubbi e insicurezze altrimenti dipanati e del tutto risolti in ambiti specialistici. Un esempio tra questi è la credenza diffusa e molto radicata nell’opinione pubblica che la Chiesa avesse negato l’esistenza dell’a nima delle donne, riabilitate solo di recente a persone corredate di ciò che si stenta a negare persino agli animali.

Fu un polemista calvinista, Pierre Bayle, che spacciò come dato storico incon futabile il fatto che dei vescovi avevano negato alla donna l’anima, inventandosi

un inesistente decreto del II concilio di Macôn, del 585 d.C.. «I circa cinquan ta vescovi presenti – scrive Moisset a proposito di quel concilio – non hanno minimamente discusso l’argomento, ma Gregorio di Tours, nella sua Historia Francorum, scritta poco prima della sua morte, nel 594 (quindi dopo neppu re 10 anni da quell’evento e con una tempestività da cronista considerando il fatto che non esistevano telecamere o registratori, Ndr.), riporta le dichiarazioni di un vescovo: “dicebat mulierem homi nem non posse vocari”, ovvero “diceva che non si può applicare alla donna il termine homo”. Il problema sollevato è di ordine linguistico: era il caso di applicare alla donna il termine generico homo, che designa l’essere umano, o bisognava chiamarla femina o mulier? Dal momento che l’evoluzione del lati no parlato tendeva ad assimilare homo (essere umano) a vir (essere umano di sesso maschile), l’oratore chiedeva che si prendesse atto del nuovo uso, riser vando homo all’essere umano di sesso maschile (un problema attualissimo se si pensa che è diventata quasi una offesa in inglese usare “Chairman” per indicare la carica di “presidente”, ed è divenuto obbligatorio usare invece “Chairperson”. Persona in latino vuol dire “maschera di un attore”, senza indicazioni di genere, Ndr.). Gli altri vescovi non erano di quell’avviso e hanno risposto che biso gnava cercare di esprimersi, oralmente e soprattutto per iscritto, in buon latino; di conseguenza, era giusto continuare a chiamare homo la donna. Per circa un millennio nessuno ha più fatto riferimen to a questo piccolo aneddoto. Esso fa nuovamente capolino durante il Rinasci

mento, ma è soltanto alla fine del XVII secolo che un calvinista, Pierre Bayle, formula nel suo Dictionnaire historique et critique l’idea secondo la quale alcu ni vescovi si sarebbero domandati se la donna avesse un’anima. Naturalmente, Bayle usava l’argomento per attaccare la Chiesa cattolica. Il tema è stato avida mente ripreso nel XVIII e XIX secolo. Questo mito, del tutto privo di senso da un punto di vista cattolico, è ancora assai diffuso ai giorni nostri, nonostante le smentite degli storici». Una fake news del ‘700 confutata, dunque, che però non ci deve distogliere dall’approfon dire la questione del perché la donna si sia quasi sempre (ma ci sono molte eccezioni proprio in ambito ecclesiale e addirittura nel Medioevo con la diffu sione in Europa di priorati misti retti da Badesse con la stessa dignità e potere dei vescovi) trovata in una condizione subalterna rispetto all'uomo.

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Non solo animali di Monica Argenta

I Corgi della Regina Elisabetta

Ai funerali della Regina Elisabetta II c'erano anche loro, Muick e Sandy, gli ultimi due esemplari di una lunga serie di Corgi appartenuti alla Regina. L'affet to manifestato da Elisabetta fin da bambina verso questa particolare razza ha influenzato la cultura popolare tanto che gli adorati cagnolini sono stati raffigurati assieme a lei in dipinti, statue e niente meno anche sulle monete coniate per il giubileo dei 70 anni di regno! Cerchiamo ora di capire cosa rende speciale questi iconici animaletti. Il loro nome completo è Pembroke Welsh Corgi, riporta no quindi immediatamente alle loro origini gallesi. Testimonianze documentate accer tano che questa razza esista nel Regno Unito almeno dal 920 d.C. E che si sia sviluppata dai cani importati dai tessitori fiamminghi. I Corgi infatti erano molto popolari tra il XIV e il XVIII secolo, venivano impiegati come cani pastore e conduttori di bestiame. Nonostante le gambe corte e il corpo che tocca quasi a terra, i Pembroke Corgi hanno molta energia e impulsività, per un adulto è necessaria almeno un'ora di esercizio al giorno. Sicuramente questa caratteristica sarà stata apprezzata dalla Regina, famosa per la sua propensione alle camminate all'aria aperta ma deve essere tenuta bene a mente per chiunque, sull'onda dell'emotività del funerale più spettacolare della storia, abbia

intenzione di adottarne uno. Ricordiamo che il Corgi è un cane molto dinamico, energe tico e a volte testardo tanto che anche alla corte inglese si sono registrati non pochi incidenti. Nel 1989 la Regina stessa ha assunto a tempo pieno un istruttore comporta mentale per disciplinare i suoi cani che, per quanto adorati, l'avevano morsa ad una mano provocandole una ferita poi suturata con tre punti oltre aver combinato altri piccoli guai! Tuttavia, la grande vivacità della razza è anche compensata da una straordinaria socialità ed intelligenza. Molto affettuoso, il Corgi è un ottimo animale da compagnia, anche per i bambini - la Regina stessa aveva regalato come “nursery pet” ai piccoli Carlo e Anna un cucciolo di nome Sugar, divenuto uno dei Royal Corgi più fotografato e famoso al mondo. Sugar, assieme a tutti gli altri cani, è ora sepolto nel cimitero della residenza reale di Norfolk, dopo aver vissuto una vita letteralmente principesca.

I cani della Regina hanno avuto la fortuna di essere amati e seguiti da veterinari e istrut tori. Hanno dormito in una stanza dedicata tutta per loro, la Corgi Room, ognuno nella propria cesta di vimini, sollevata da terra per

non essere disturbati dalle correnti d'aria.

Hanno mangiato carne di lepre e altra sel vaggina, cucinata appositamente per loro da uno chef, a Natale la Regina attaccava le calze al caminetto con giochini e croccantini per loro. Ora Muick e Sandy, gli ultimi due Corgi sopravissuti alla Sovrana sono sotto una lente di attenta osservazione a livello mondiale, apparentemente mostrano segni di depres sione. A rivelarlo è il quotidiano britannico

Daily Mail che ha consultato John Smith, esperto di cani e fondatore di Yappy: “I cani non comprendono il concetto di morte ma la mancanza del padrone la sentono. Sebbene i cani non piangano nel senso in cui lo fanno gli umani, possono provare sentimenti di di sperazione emotiva come quelli che possono essere visti negli animali abbandonati”. Sagge parole John e sì….God save the Corgi!

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Una scienza al servizio delle autorità giudiziarie

Quando un corpo viene ri trovato sono molte le figure professionali che si mettono al servizio delle autorità giudiziarie per poter ricostruire quanto è acca duto e fra queste, e lo sanno bene gli appassionati della serie tv Bones, c'è l'antropologo forense. Ma chi è esattamente e cosa fa un antropologo forense? Questo mese ne ho parlato con Cristina Martinez Labarga, Pro fessoressa all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Professoressa, che differenza c'è tra un medico legale e un antropologo forense? Il medico legale si occupa di accerta re le cause della morte e di identifica re un cadavere. Ma a volte, se lo stato di decomposizione è troppo avan zato o solo alcune parti del cadavere sono state rinvenute, allora è neces sario procedere con delle tecniche identificative che sono proprie della disciplina dell'antropologia fisica. L'antropologia fisica è una branca

delle scienze biologiche che studia l’evoluzione e la diversità di 'Homo sapiens, include pertanto anche i suoi antenati fossili e tutti i primati non umani. L'antropologo forense è dunque un biologo che usa le basi dell'antropolo gia fisica per identificare una vittima e, in alcuni casi, anche l'autore, partendo da resti umani e tracce biologiche – ma non solo. A esempio, l'antropologo forense può essere interpellato dalle autorità per poter stabilire se le immagini riprese dalle telecamere di sicurezza in modo non sempre chiaro sono attribuibili o meno a un indagato. Professoressa, può spiegarmi meglio le tecniche tipiche di questa disciplina?

La disciplina è relativamente giovane, ufficialmente nata attorno agli anni '70 e quindi è in continua evoluzione. Tipicamente, ci si concentrava su dati macroscopici riguardanti le ossa dello scheletro: la lunghezza degli arti, la forma del bacino, lo stato dei denti o la forma del cranio. Già queste informazioni sono sufficienti per darci molte indicazioni sull'identità di una persona, ovvero il suo sesso, età stimata, il suo stato di salute. Negli ultimi anni però grazie all'avan zamento delle tecniche molecolari e lo studio del DNA possiamo andare

ben oltre a questi processi identi ficativi macroscopici. Prenda il caso del ritrovamento di uno scheletro di un bambino: dall'analisi delle sue ossa era difficile stabilirne il sesso, ora invece con le tecniche mole colari non si possono avere dubbi. Una tecnica relativamente nuova ma oramai collaudata è anche l'analisi degli isotopi dello stronzio ed ossi geno sullo smalto dei denti che può rivelare dove l'individuo ha trascorso i primi anni della sua vita e questo è molto utile per capire gli even tuali spostamenti di quell'individuo. Particolari marcatori genetici aiutano a ricostruire la così detta “ancestralità”, la provenienza di un individuo e a tal proposito ricordiamo infatti che in

76 L'Antropologia Forense di Monica Argenta

biologia umana non si può parlare di razze perché la variabilità tra popola zioni mostra un andamento continuo e non è sufficiente per giustificare questo termine.

L'antropologia forense è quindi una disciplina che oltre ad occuparsi di cadaveri può essere utile anche all'individuazione di sogget ti ancora in vita?

Certo, come dicevo anche prima un esempio è dato dall'aiuto che possiamo fornire nelle stime delle immagini poco chiare delle telecame re di sorveglianza. L'analisi molecolare serve poi a stabilire il possibile grado di parentela tra individui ed è quindi molto utile nei casi di rapimenti di bambini e il loro eventuale ritrova mento dopo decenni. Inoltre, grazie a nuovi softwares siamo in grado di sti

mare in modo sempre più preciso quale sarebbe il volto di un adulto partendo dai dati forniti da una fotografia di un bambino, o stimare il processo di invecchiamento e questo è molto utile nelle indagini. L'antropologia forense, dunque, ha molteplici applicazioni ma a volte ho come l'impressione che sia più presente nei telefilms americani che nella nostra realtà, lei che ne pensa?

In effetti, in Italia è ancora una di sciplina poco diffusa anche se al Labanof di Milano stanno lavorando molto nell’identificazione dei cada veri dei naufragi nel Mediterraneo. In generale, posso dire che l'antropo logia forense gode di un maggiore impiego in Sud America, in Spagna o nell'Europa dell'Est dove la presenza

L'Antropologia Forense

di un elevato numero di fosse comuni ha favorito l'impiego di specialisti. Per quel che riguarda i telefilm americani ,hanno comunque divulgato anche in Italia almeno la curiosità sulla discipli na e avvicinato qualche studente ai nostri corsi di Laurea. Certo, spesso fanno una gran confusione tra medici legali, antropologi e criminologi ma questa è una altra storia.

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SEREN DEL GRAPPA

S

eren, o se preferite in dialetto locale, Sàren del Grappa, è un centro di circa duemilacinquecento abitanti distribuiti su 14 frazioni o località. Un piccolo comune, “sereno” con una tragica storia che lo squarcia nello scorso secolo.

Il primo evento terribile è legato alla Grande Guerra combattuta in molta par te, specie dopo la battaglia di Caporetto, sul massiccio del Grappa dove si fron teggiarono gli alpini e le truppe austro tedesche. Erano gli anni 1917-18 e fra questi monti con le 11 cime rese im mortali anche dai canti alpini, gli scontri furono durissimi. Nel solo giorno 24 ot tobre del 1918 nella battaglia che portò all'ingresso italiano a Vittorio Veneto, i morti furono 15 mila. Per il grande corag gio e la determinazione dimostrate dalla popolazione su quest'ultimo baluardo di resistenza agli attacchi nemici, al primitivo nome di Seren, nel 1923 venne aggiunto il secondo nome “del Grappa”. Le tragiche giornate di guerra sono ricor date anche con una passeggiata turistico sportiva.

BOSCO DEGLI EROI SUL GRAPPA

Si tratta, dice la presentazione, di una facile camminata fa fare sul versante nord orientale del massiccio. Partendo dal rifugio Bocchette si percorre un itine rario in mezzo al bosco, a tema Grande Guerra che porta al Cason dei Labi e a

Valpore. Bosco degli Eroi è un percorso tematico, che parte dalla Conca delle Bocchette a Seren del Grappa, è un affasci nante intreccio di Natura, Arte e Storia attorno al tema della Grande Guerra, considerato in un’ottica di pace. Ha un dislivello di 300 metri e lunghezza di 8,5 chilometri. Il tempo di percorrenza è di circa tre ore con punti d'appoggio al Rifugio delle Bocchette e al Cason dei Labi.

EROI DELLA SECONDA GUERRA

MONDIALE

Coloro che compiono questa escursione non possono non ricordare gli eroi della Seconda Guerra Mondiale.Sulla parete occidentale del Municipio di Seren del Grappa è fissata una lapide rettangolare in marmo che recita: Qui il 21 9 1944 immolarono la giovane vita a salva guardia della Libertà. Seguono i nomi di 5 uomini, 4 civili e un partigiano: Ten nino Angelo, unico di Seren del Grap pa, Sisto, Vittorino e Pasquale Rumor, Emilio Salvadori, tutti di Chies D'Alpago. Sono vittime delle atrocità della guerra partigiana che sul monte Grappa ebbe terribili conseguenze con l'uccisione di decine di interessando persone, civili e

partigiani, militari ex prigionieri alleati, interessando anche la zona di Bassano del Grappa dove 31 veri o presunti par tigiani vennero strangolati con fili elettrici appesi agli alberi lungo una via centrale. Una scia di sangue in paese e in Valle di Seren che non va dimenticata. Milledue cento partigiani arroccati sulle cime del massiccio furono circondati da 10 mila nazifascisti, fra questi il Corpo di Sicu rezza Trentino (CST), in un'operazione di rastrellamento, iniziata nel settembre del 1944, che portò all'uccisione di 264 persone di cui 187 fra bruciati, fucilati o impiccati e 23 in combattimento. Delle altre vittime si sono perse le tracce. In seguito a queste tragiche vicende Seren del Grappa è fra le città italiane insignite dell'onorificenza al valore militare nella lotta partigiana.

79 SPECIALE SEREN DEL GRAPPA
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Dialogo aperto con Dario Scopel, sindaco di Seren del Grappa

Sindaco, come ha vissuto e come sta vivendo il comune di Se ren del Grappa la difficile crisi socio-economica determinata dalla pandemia Covid.

La parola emergenza è diventata oramai quasi di uso comune: emergenza Vaia, emergenza sanitaria e ora l’emergen za energetica. In questi ultimi 3 anni si sono susseguiti eventi che hanno messo a dura prova il territorio, dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Come Amministrazione ci siamo messi a disposizione e grazie alla sinergia da sempre presente nella nostra Comunità con le Associazioni, le Parrocchie, il mon do imprenditoriale abbiamo cercato di rimanere sempre un punto di riferimento per i cittadini.

Lo Stato ha spesso generato caos nella gestione di misure di aiuto, scaricando i problemi sui Comuni, che hanno dovuto trovare soluzioni per dare risposte ai cittadini. Per fortuna devo dire la logica delle fusioni (drogate) ha fallito perché senza la presenza delle Amministrazioni comunali in territori come quello della

provincia di Belluno, morfologicamente

difficile e con una densità abitativa bas sissima, i cittadini si sarebbero trovati soli. Però oggi più che per la pandemia le an sie e i timori per il futuro delle persone sono legati all’aumento vertiginoso del costo dell’energia che sta determinando difficoltà non solo nelle fasce più deboli, ma anche per i redditi medi. Una situa zione verso la quale prestiamo massima attenzione.

E la voce turismo è stata penalizzata?

Il turismo a Seren del Grappa, come nel Feltrino, non è ancora il motore principa le dell’economia, ma sta facendo passi in avanti grazie alla condivisione di intenti delle Amministrazioni Comunali di tutta l’Unione Montana Feltrina che lavora in sinergia con l’imprenditoria turistica del territorio. Certamente i due anni di pandemia hanno pesato come in tutto il territorio nazionale, ma nel 2022 possia mo dire che siamo quasi tornati ai livelli pre-pandemici. Il fatto che partiamo quasi da zero ci sta aiutando a creare un progetto di sviluppo che guarda a tutta l’area della Valbelluna, dal lago del Corlo

al lago di Santa Croce dove nel mezzo vi è un immenso patrimonio rurale, storico, culturale, gastronomico e ambientale. Malgrado ci sia stata la pandemia, siamo riusciti a concretizzare e ottenere per il Massiccio del Grappa il riconoscimento di Riserva di Biosfera – Mab Unesco, anche in questo caso grazie al dialogo e all’obbiettivo comune delle Ammini strazioni dei Comuni di tre Province (BL – TV – VI) che credono fortemente sia fondamentale per lo sviluppo economi

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Il Comune in evidenza di Armando Munaò

co valorizzare il patrimonio ambientale e socio-economico di questo territorio. Certo sono tutti piccoli mattoncini che presi da soli sono poca cosa, ma che devono esser visti come elementi a cui devono seguire altri passi concreti. Il dialogo costruttivo per avere una visione comune degli intenti e delle azioni da perseguire tra pubblico e privato credo sia la leva su cui dobbiamo continuare a spingere senza l’ansia o l’affanno di voler vedere risultati enormi nel brevissimo tempo, per i quali ci vuole la perseveran za e da parte di tutti.

Ogni comune, e quindi anche Seren del Grappa, ha nel suo scadenzario particolari progetti mirati allo svilup po socio-economico della sua comunità. Ce ne vuole parlare?

Cerchiamo di proporre in vari settori e tematiche azioni che diano la possibilità al nostro territorio di guardare sempre al futuro. Ci siamo attivati a suo tempo per

poter essere tra i primi territori in provin cia ad avere la fibra ottica (operativa ormai quasi da due anni), un’infrastruttu ra necessaria sia per le aziende che per le famiglie, sia per i servizi come per il mondo della scuola.

Ci siamo impegnati per migliorare gli edifici comunali che sono basilari per dare servizi: è stato adeguato sismica mente il plesso scolastico di Rasai, per il quale siamo impegnati nel realizzare l’apertura di una sezione di scuola dell’infanzia pubblica; stiamo adeguando sismicamente e con un efficientamento energetico anche il plesso scolastico di Seren, che ospita la scuola elementare e media.

Ma anche nella valorizzazione della montagna, dell’agricoltura e della silvi coltura abbiamo fatto vari interventi per promuovere la produzione del Bastardo del Grappa e del Morlacco nella Malga Bocchette (formaggi), creato il percorso

ad anello del Bosco degli Eroi che insiste tra la Conca delle Bocchette e Valpore, attraverso il quale si entra in contatto con la natura e la storia della Grande Guerra. Vari investimenti sono stati fatti poi per ridurre il consumo energetico con la so stituzione di oltre 200 punti luce (su 550) con apparecchi a led e la realizzazione della caldaia a biomassa che alimenta gli edifici pubblici del capoluogo (scuole, centro servizi, municipio) e la casa di ri poso; un investimento che oggi, alla luce della crisi del metano, ci dà una mano importante.

E quali le specifiche iniziative di volon tariato e di solidarietà sociale?

Ho la fortuna di amministrare un terri torio che ha una spiccata vocazione al volontariato, che si manifesta in nume rose forme e associazioni. Dall’aiuto agli anziani e ai malati, alla manutenzione del verde, alla promozione del territorio con manifestazioni culturali e ricreative, a chi

81 Il Comune in evidenza RASAI - SEREN DEL GRAPPA (BL) - TEL. 0439 394851

Il Comune in evidenza

si dedica ai più giovani sia per le attività sportive sia per quanto riguarda le attivi tà extra scolastiche; e poi i giovani stessi, impegnati nei gruppi parrocchiali che si danno da fare in molte tra cui anche i grest estivi.

Naturalmente il ricambio generazionale pone dei problemi, ma vi sono giovani leve che fanno davvero ben sperare. Lo dico da molto tempo, nei piccoli comuni ci sono grandi Comunità e ne sono sem pre più convinto! Cosa ci può dire delle manifestazioni che fungono da richiamo per le molte comunità viciniori e come influiscono sull’economia del paese?

Nel corso dell’anno ci son molte ma nifestazioni che animano il territorio. Stiamo tornando a livelli pre-covid con appuntamenti sparsi in tutto il territorio, organizzati dai Casei, dalla Pro Loco, dagli Alpini.

Le due manifestazioni più grandi sono la Sagra di Ferragosto e la storica Festa dei Moroni che richiamano migliaia di persone nell’area degli impianti sportivi dove c’è il Palaseren. Un appuntamen to speciale è anche il Cammino da S. Vittore a Cima Grappa organizzato dall’Ass. Monte Grappa insieme ai Casei. Un’esperienza di cammino di due giorni lungo il Massiccio del Grappa che richia ma persone anche da fuori provincia e

regione. Ma tantissime sono i momenti di festa in Valle, a Porcen, a Rasai; e poi Caupo e Seren che allietano il periodo estivo e danno alle persone la possibilità di vivere momenti di comunità. Crisi energetica, quali azioni sono possibili per fronteggiare la proble matica?

Con i costi che (come per le famiglie e imprese) schizzano alle stelle diventerà difficile garantire i servizi. Questo mal grado il fatto che in questi anni abbiamo fatto molti investimenti per ridurre il consumo di energia: sostituzione di una parte di illuminazione pubblica con apparecchi a led, sostituzione degli infissi del municipio della biblioteca, della farmacia, degli ambulatori; abbiamo migliorato il parco mezzi, e realizzato due impianti fotovoltaici (dall’Amministrazio ne Loris Scopel), oltre a una centrale a biomassa che riscalda gli edifici pubblici. Questi interventi importanti ci danno una mano, ma rispetto ad aumenti dei costi che salgono di 4/5 volte per l’ener gia elettrica e per il metano non possono certo bastare.

Sarà determinante continuare negli investimenti per il risparmio energetico: continueremo a farlo e lo stiamo facendo anche ora, perché con l’adeguamento sismico del plesso scolastico di Seren stiamo realizzando anche l’efficientamen

to energetico; l’obiettivo è che anche quando sarà passata questa tempesta e i costi rimarranno credo comunque più alti di quelli a cui eravamo abituati noi saremo attrezzati.

Come fronteggiare gli eventi meteo estremi che sono sempre più frequenti?

Di fronte ad un evento meteo estre mo tipo quello di pochi giorni fa nelle Marche credo sia difficile poter esser pronti, perché anche per la scienza me tereologica prevedere la formazione di un temporale autorigenerante che dura ore credo sia impossibile. Certo bisogna porre attenzione a stati di allerta che mettono in guardia da possibili fenome ni severi. La prevenzione è importante e fatta di piccole e grandi cose. Come Amministrazione cerchiamo di essere sentinelle del territorio, anche con l’aiuto dei cittadini che ci evidenziano situazioni di rischio.

Con la sinergia di Servizi Forestali e Veneto Agricoltura ogni anno cerchiamo di migliorare la situazione degli alvei di torrenti e vallecole, prestando attenzione anche alle opere idrauliche. Grazie poi alla sinergia con la squadra di protezione civile vengono puliti caditoie e tombini ogni anno e ogni qual volta vi è un’aller ta meteo una parte del gruppo si attiva per esser pronto in caso di necessità.

Anche il Genio Civile e la Regione hanno investito molto dopo Vaia e molto è stato fatto, anche se naturalmente altro ancora rimane da fare. In molti alvei dove è necessario sghiaiare sarebbe bene dare la possibilità di farlo a costo anche zero (se viene visto come un investimen to di riduzione del rischio) e analoga mente per il prelievo della boscaglia che nasce all’interno e sugli argini, utile solo a produrre cippato.

In ogni caso ognuno di noi può esser parte attiva con gesti semplici ma impor tanti: ad esempio in momenti di piogge intense se si nota un tombino coperto da foglie basta un attimo per liberarlo e risolvere il problema.

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Pro Loco Seren del Grappa

Presente fin dagli anni 50, la Pro Loco è sempre stata l’anima dell’associazionismo serenese, da un lato fungendo da traino per la valorizzazione e la scoperta del territorio ai fini culturali e turistici, dall’al tro svolgendo soprattutto, per lungo tempo, opera di coordinamento delle varie iniziative di pro mozione naturalistico/ ambientale e ricreative portate avanti insieme ad altri gruppi locali. Vari sono i campi in cui la Pro Loco si è distinta per la sua creatività, quello sportivo per esempio, che spazia dalle ciaspolade sulle Bocchette, al sostegno attivo al “Trail degli Eroi”, passando per attività sportive dedi te ai ragazzi, fino alle passeggiate e alle escursioni alla scoperta del territorio, il tutto organizzato in prima persona o affiancando altre società sportivo-culturali. Interessanti e partecipati i con corsi fotografici che nel corso degli anni hanno suggerito uno sguardo su ambienti e lavori tradizionali, su momenti di gioco e di svago, o sui vari ed affascinanti aspetti della natura. La partecipazione all’evento regionale “Veneto di Mistero” ha favorito poi la riscoperta di storie, leggende

P.zza

e personaggi fiabeschi della nostra tradizione popolare. Ma due sono i momenti clou dell’attività della Pro Loco, due Feste diventate ormai eventi attesi in tutto il Feltrino: la Festa di Ferragosto e la Festa dei Moroni. Grazie alla disponibilità di un comodo ed attrezzato spazio nell’a rea degli impianti sportivi, il Palaseren, dotato di cucine, servizi, pista da ballo, palco per i gruppi e le orchestre, è forte l’affluenza nel periodo agostano ma ancor di più nei due tradizionali weekend di ottobre quando si svolge la Festa dei Moroni. Nata sul finire degli anni ‘80 come occasione di sostegno ai castanicoltori locali che andavano riscoprendo l’importanza del castagno anche come fonte di reddito, la Festa punta tutt’ora a valorizza re il morone locale, particolarmente ricercato per la sua polpa saporita e dolce, ma accanto all’immancabile pre sentazione di questo prodotto non manca l’opportunità di visitare varie bancarelle, di degustare l’ottima cucina, di ballare sull’ampia pista al suono di famose orchestrine e di gruppi capaci di venire incontro ai gusti più diversi. Quest’anno la Festa dei Moroni si svolgerà nei giorni 1516 e 22-23 ottobre con possibilità di pranzo e cena, e... tante fisarmoniche

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Con spirito di adattamento il centro può ospitare grup pi fino ad un massimo di 40 persone.La struttura è do tata di cucina professionale,

ampia sala da pranzo, bagni, sala multi uso con televisore, libreria specializzata in volumi di montagna ed ecologia. Valpore può accogliere gruppi di famiglie per le vacanze; classi di scuole per gite scolastiche di educazione in ambiente naturale; gruppi scout: vacanze di branco per Lupetti/Cocci nelle, campi di reparto per Esploratori e Guide, uscite o campi di clan/noviziati per Rovers/Scolte (magari misti fisso e mobile: chiedeteci!); gruppi parroc chiali; ritiri di squadre e gruppi sportivi: dal Nordic Walking all’arrampicata, dal

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Via Industria, 18/A RASAI di SEREN DEL GRAPPA (BL) NUOVA
Il centro didattico ambientale “aula
SPECIALE SEREN DEL GRAPPA SERVIZI DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA SEREN DEL GRAPPA (BL) - TEL. 0439.448169 Via Marconi 19/1 Tel. 0439-44024 farmaciamazzocato@gmail.com WhatsApp: 340-9935657

ciclismo (benvenute mountain bike, fat bike, cross, stradali, gravel bike, city bike…. bastano buone gambe!) al Trail Running, adatto anche alle attività di orienteering; gruppi che si dedicano allo Yoga; gruppi di astrofili; ma anche orchestre, gruppi musicali, compagnie teatrali che hanno voglia di un periodo di concentrazione; ottimo punto di appoggio per le guide naturalistiche;

SPECIALE SEREN DEL GRAPPA

gruppi di giovani e meno giovani che vogliano trascorrere un po’ di tempo immersi nella natura.

C'è anche la possibilità di usare l’aula didattica polivalente con i sussidi didattici di cui è dotata (tra cui: videoproiettore e scher mo bianco, televisore, videoregi stratore, microscopio, telescopio, binocoli e monocolo per osserva zione della natura, bi blioteca a tema storico/ naturalistico) Valpore può essere punto di partenza

per numerose escursioni: l’aula verde è inserita nel percorso dell’ “Anello Naturalistico del Grappa” (A.N.G. sulle mappe).  Numerose le malghe nei dintorni (Valpore di Cima, Lebi, le più vicine)  che insieme ai rifugi (Rif. Bassa no e Rif. Bocchette i più vicini) possono diventare tappa di varie escursioni. La struttura è aperta da maggio a ottobre.

EDILIZIA FERRAMENTA CERAMICHE La Rivendita Professionale per l’Edilizia Avoscan Amedeo & F.lli srl - Sig. Riccardo Avoscan Via Vare, 43 - San Tomaso Agordino (BL) - Tel. 0437/598018 Andreazza srl - Sig. Fabio Andreazza Via Mercato Vecchio, 60 - Barcon di Vedelago (TV) - Tel. 0423/473051 Barea Daniele - Sig. Daniele Barea Via Bosco, 27 - Badoere di Morgano (TV) - Tel. 0422/837110 Bontorin Giuseppe srl - Sig. Emanuele Bontorin Via Molinetto, 93 - Borso del Grappa (TV) - Tel. 0423/561103 Comin Costruzioni Generali srl - Sig. Davide Comin I NOSTRI PUNTI VENDITA Edilgarden snc - Sig.ra Cristiana Tomietto Via 4 Novembre, 165 - Carbonera (TV) - Tel. 0422/398022 Tintinaglia snc - Sig. Gianni Tintinaglia Via Piave, 27 - Tezze di Vazzola (TV) - Tel. 0438/28404 Edilizia Frare srl - Sig. Massimo Frare Via Erizzo, 217 - Valdobbiadene (TV) - Tel. 0423/975078 Edilverde srl - Sig. Remo Toniolo e Sig. Simone Toniolo Prefabbricati in cemento - Materiali edili e ferramenta PRENOVA 76 Via A. Rizzo 1 - 32030 Seren del Grappa (BL) Tel: 0439 44191 - Fax: 0439 394231 www.prenova76.it - info@prenova76.it

Il Centro Valpore è compo sto dall’edificio principale, il più grande, per l’alloggio dei gruppi; un edificio subito adia cente che è l’alloggio dei custo di; più appartato in alto, si trova il fantastico FOJAROL, tradizio nale abitazione estiva dei pa stori, ristrutturato rispettando la tradizionale ed esclusiva tecnica di copertura del tetto, realizzata con fasce di ramaglia di faggio; accanto, un piccolo edificio d’appoggio, chiamato caserin, adibito a locale tecnico. Il fojarol, piccolo edificio a due

piani, oltre ad essere un’importante testimonian

za dell’a dattamento e ingegno dell’uomo, può essere liberamen te utilizzato dai gruppi per le proprie attività: per attività di raccoglimento, come palestra, teatro o anche per dormire in un ambiente suggestivo, con odori e situazioni di luce esta

sianti.

Il Centro Valpore è dotato di caldaia a legna per lo sfrutta mento di materia prima dispo nibile in loco; un sofisticato sistema di recupero e potabiliz zazione dell’acqua piovana.

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L'Acqua della Salute

Ormai conosciuta da tutti come “Acqua della salute”, l’acqua della Val Scura e di Peùrna sgorga da due sorgenti sotterranee, poste rispettivamente nella Val Scura a quota 600m e nel monte Peùrna a quota 900m circa, per poi riunirsi nel fondo di Val Carbonaia nell’acquedotto comu nale vecchio. L’acquedotto della Val

Scura risale al 1919 e fu realizzato nel primo dopo guerra con fondi stanziati dal Ministero delle Terre Liberate. Il secondo stralcio, con la sorgente de “I Passaòr” del Peùrna, fu realizzato nel 1935 Nel 1937 vi fu un riconoscimen to ufficiale delle caratteristiche oligominerali e curative dell’”Ac qua della salute”. L’esperienza del dott. Giovanni Alberton, medico condotto a Seren del Grappa, tra il 1912 e il 1924, che sul campo rilevò i benefici miracolosi di quell’acqua, portò ad un tentativo di sfruttamento della stessa a scopi termali e curativi, prospettando anche la possibili tà dell’imbottigliamento.

NOTA DI REDAZIONE

Il segreto curativo dell’acqua prove niente dalle due sorgenti “si basa sullo specialissimo stato elettrico dei minerali di calcio sospesi nell’acqua” e dovreb be avere effetti benefici sullo stato dei polmoni, delle vie urinarie e negli stati di intossicazione, visto l’alto grado di capa cità depurative dell’acqua locale.

Considerato l'attuale periodo di siccità ed essendo la fontana e collegata all'acquedotto, in questo "particolare" momento è chiusa e lo sarà, probabilmente, fino alla primavera prossima

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INCONTRO

Un tuffo nel 1877. Siamo a Na poli. Il ventiseienne Francesco Paolo Michetti porta, all’esposi zione nazionale di belle arti di Napoli, due opere. Una è La processione del Corpus Domini a Chieti, l’altra l’Au toritratto che vedete nell’immagine riprodotta in queste pagine. Il pittore e scrittore d’arte Francesco Netti commenta La Processione del Corpus Domini a Chieti nelle pagine de “L’Illustrazione Italiana” dello stesso anno. Leggiamo insieme qualche riga, che ci tornerà utile anche per il nostro quadro di questo mese.

«Debbo confessare […] che la prima volta che ho veduto il quadro, l’im pressione è stata abbagliante […]. Se voi lo considerate come rappresen tazione di un soggetto determinato, come logica di composizione; se vi cercate ciò che si chiama un quadro completo, non sarete pienamente soddisfatti, ve ne prevengo. Troverete delle cose messe a mal proposito, tro verete degli errori – delle lacune nel disegno, – nelle proporzioni, – nell’in sieme dell’intonazione, nel calcolo de gli spazii, – nel distacco tra una figura e l’altra. Da lontano non si vede bene, e

bisogna avvicinarsi molto per distinguer tutto. Non è una processione, ma una fanta smagoria di processione. Non è la festa del Corpus Domini, ma è la festa degli occhi». Con questa tela, e a dispetto di qualche critica sulla scelta della cornice, su errori di prospettiva e nel disegno dei corpi, Michetti vince uno dei due premi della pittura e si porta a casa 4000 lire. Il qua dro viene anche comprato dall’imperatore di Germania Guglielmo II. Un buon risulta to, non c’è che dire, amplifica to dai complimenti a più voci e alle dichiarazioni sul destino della splendida carriera che lo attende da lì in avanti. Torniamo ora a noi. Guardia mo il ragazzo dell’autoritratto. Non riuscirei a usare una formula più calzante di quella di Netti: l’impressione che se ne ha è “abbagliante”.

Anche qui le figure che gli stanno die tro non sono esenti da approssimazio ni, ma riescono comunque a rendere a perfezione l’idea di una scena. Ci tro viamo sicuramente ad una processione religiosa: vediamo un prelato vestito di scuro in basso, dietro la spalla destra del ragazzo. C’è movimento di gente, tutto attorno. In alto, sulla sinistra del quadro, si fa vedere una sorta di icona. Ma in fondo cosa ce ne importa della processione se al centro c’è un tale luccichio tutto umano e calamitico? Sappiamo che dal 1871 Michetti fa

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Racconti d'arte di Daniela Zangrando*

uso sistematico della fotografia come base alle sue opere pittoriche. E cono sciamo la sua frequentazione, a partire dal 1874, con il pittore Mariano For tuny, che lo influenza, allontanandolo in parte dalla tendenza naturalista e verista imperante e avvicinandolo a temi più pittoreschi, più folclorici. Cambia anche il segno, e i colori si schiariscono.

Con buona probabilità, per usare un’espressione legata al nostro con temporaneo, Michetti si fa un selfie durante la processione e da lì lavora al quadro. Le tinte che adopera si alleg geriscono e si fanno tenui fino quasi a disgregarsi. Sono poco meno che pallide, potremo dire gentili. È solo pittura, sono solo pastelli e tempere su carta, eppure rendono la dinamicità del collo e delle spalle spinte avanti in quella che immaginiamo essere la calca

di una folla in processione. Sottolinea no il movimento dorato dei capelli, dei peli di baffi e barba. Dilatano le narici per far respirare il ragazzo a pieni polmoni. Accarezzano il velluto degli occhi, che parte dalla linea color pesca degli zigomi, per arrivare su su fino alle sopracciglia. Appoggiano l’ombra del bavero della giacca, illuminano la camicia.

È difficile che io mi soffermi così tanto a guardare un ritratto ottocentesco. Anzi dovrei usare un tempo verbale passato e dire che fino a qualche set timana fa sarebbe stato difficile. Prima di incontrare lui. Perché a Napoli, alle Gallerie d’Italia, questo ragazzo mi ha inchiodato, letteralmente. Il nostro incontro è stato così inaspettato da meravigliarmi e sconquassarmi. Il suo sguardo ha trapassato il mio. L’ho intercettato, pieno di desiderio, di vita,

di sogni. Di una tenerezza dimenticata. Mi ricorda una frase di John Berger, che cito a braccio: «Il suo viso era fragile e invincibile». C’è qualcosa di perduto nel suo atteggiamento. Non nasconde niente, è tutto in luce, però la sua vita mi è invisibile, intangibile, inaccessibile.

Quello che definisco come perduto, non sarà magari qualcosa che ho perso io? La domanda mi rende nostalgi ca. Allo stesso tempo, l’idea viva e bruciante della perdita tiene accesa l’attesa di rivedere questo ragazzo, e di incontrarlo ancora nello sguardo dei passanti, dei giovani, degli artisti, dei sognatori.

* Daniela Zangrando

è Direttrice del Museo d'Arte Contemporanea Burel di Belluno

91 Racconti d'arte
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Dalla parte del cittadino

CONOSCIAMO L’ASSOCIAZIONE A.E.C.I.

A.E.C.I. (Associazione Europea Consumatori Indipendenti) nasce nel marzo 2003 con l’obiettivo esclusivo di tutelare, difendere e informare il consumatore a 360°, così come sta bilito dalle legge 281/98, e in riferi mento alle indicazioni del BEUC (The European Consumer Organisation) che stabilisce la totale indipendenza delle Associazioni di Consumatori da Partiti Politici e sindacati ed è un'As sociazione indipendente, apartitica, aconfessionale, laica, democratica e opera senza fini di lucro. Ispira la sua attività ai principi dei trat tati istitutivi della Comunità Europea, perseguendo obiettivi di solidarietà e promozione sociale, attività di sostegno, formazione e informazione a favore di chi è svantaggiato per con dizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari. Per statuto A.E.C.I. è indipendente e quindi non è legata istituzionalmente a nessun sindacato, nessuno partito politico, nessuno studio legale. Gli unici finanziatori di A.E.C.I. sono i soci che determinano l'azione politica a favore esclusivo dei consumatori.

Il gruppo di lavoro di A.E.C.I. è

composto da professionisti, avvocati e commercialisti che hanno deciso di met tere la propria decennale esperienza al servizio della tutela e difesa del consuma tore, sposando la politica istituzionale che impone di non ac cettare accordi e/o compromessi con chicchessia..

A.E.C.I. ,con la sua presenza na zionale, è una delle Associazioni di Consumatori con maggior capillarità territoriale. Grazie alla presenza delle proprie sedi raccoglie numerose pratiche che rappresentano il cuore delle azioni collettive del sistema di tutela evoluto.

Le 70 sedi sparse sul territorio na zionale, tutte realmente  operative, mettono a disposizione avvocati, commercialisti, fiscalisti ed  esperti di settore coadiuvati dallo Sportello Operativo Nazio nale che è  comun que in grado di gestire pratiche a distanza.

La tutela e difesa del consumatore è realizzata a livello nazionale ed è radicata nel ter ritorio grazie alle sedi regionali e provinciali in forma

individuale (attraverso gli sportelli locali) o in forma collettiva (rapporti con Istituzioni, Enti locali, grandi so cietà di servizi).

L’attività di A.E.C.I. si riassume nelle seguenti aree tematiche:

1) Capillare campagna di informazione sui principali argomenti di interesse pubblico: educazione al consumo, erogazione di servizi a favore del cittadino da parte di enti e amministrazioni pubbliche, sicurezza e qualità di prodotti e servizi, ecc.;

2) Difesa del consumatore per con troversie che riguardano a 360° la vita quotidiana: utenze domestiche, finanziamenti, mutui, rapporti con le banche, con il condominio, iscrizioni al CRIF, locazioni, prodotti difettosi, pubblicità ingannevole, ecc.;

3) Assistenza legale, stragiudiziale e in sede conciliativa;

4) Assistenza Fiscale (non in tutte le sedi): sportello CAF per 730, F24, ISEE, RED, ecc.;

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I nostri

Le nostrese rvi zi

· pratiche INPS ed INAIL

· centro assistenza fiscale, CAF

· richiesta SPID

· firma digitale, attivazione PEC

· contenzioso tributario e fiscale

· diritto bancario e tributario

· analisi bancarie, finanziarie, crif

· ser vizio di patronato, centro raccol ta epas

· mediazione civile e familiare

· mediazione volontaria ed obbligatoria

· mediazione corecom, agicom, arera

· responsabilità civile, medica, automobilistica

· superbonus 110% , decreto rilancio

· professionisti in sede su appuntamento · ser vizi per immigrati

tutele

· utenze e ser vizi domestici

· tariffe e qualità ser vizi banche, finanziarie, assicurazioni

· mediazione finanziaria creditizia

· malasanità

· divisioni e successioni

· contratti, clausole vessatorie e locazioni

· lavori ar tigianali

· incidenti domestici

· acquisiti fuori dai locali, televendite, vendite a distanza

· concorsi e operazioni a premi

· vigilanza, controllo, sicurezza, I.G.S .S . investigazioni

· saldi, pubblicità ingannevole, sicurezza sui prodotti

· alimentazione, salute, f rodi commerciali

· rifiuti e ambiente, sanità e farmaci

· gestio e inf tunistica,

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Uomo, natura e ambiente di Domenico Grazioli

IL TEMPO, IL CLIMA, IL MODO SONO CAMBIATI: cosa aspettarci, cosa fare?

Il 1° settembre era il 17° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la cura e la custodia del creato; a fine ottobre il 4° anniversario della tempesta VAIA che si è abbattuta sul nostro territorio con effetti disastrosi per la pioggia intensa ed il forte vento con seri danni. Il prof. Carlo Barbante, che si occupa da anni di Paleoclimatologia, cioè dello studio del clima nel lontano passato, ci ha fatto capire che migliaia di anni fa ci sono state variazioni climatiche, anche ravvicinate: glaciazioni estese seguite da periodi caldi, ma solo in questi ultimi anni c’è stato un riscaldamento globale così rapido, in cui ai fattori naturali si sono aggiunti quelli dovuti all’uomo con la produzione di anidride carbonica (CO2) che, stazionando nell’at mosfera, cinge la Terra in una cappa come una serra: cioè trattiene le radiazioni solari sotto di essa, riscaldando aria, terra e acqua, quindi continenti e oceani.

Ci siamo dentro in pieno e dobbiamo conviverci, finchè non riusciremo a miglio rare questa situazione e ha confermato che segni premonitori di Vaia ce ne sono stati ed è possibile che fenomeni simili si ripetano… Queste parole ci hanno fatto venire in mente almeno 2 episodi negli anni precedenti: sempre tempeste, con “bombe” d’acqua, con forte vento e talora grandine che hanno anche causato delle vittime. Ricordiamo poi la perturbazione “Detef” “del 14,15, 16 e 17 novembre 2019, in montagna e nel Veneziano! Ad altri tornerà in mente la lettera – enciclica di Papa Fran cesco del 24.5.2015 “Laudato si”, proprio su questo tema…e al recente crollo in Marmo lada e al disastro nelle Marche…

Una riflessione sul clima è quindi necessaria perchè effettivamente il clima è cambiato rapidamente e dobbiamo conviverci finchè non riusciremo a ridurne la negativa influen za di origine umana ; riflettere anche sui due anni di Covid e, per non farci mancare niente, sulla guerra in Ucraina, la crisi ener getica con l’inflazione e un’estate torrida e secca che ci hanno messo a dura prova…

E allora che fare? A livello globale se ne stanno interessando, governi, organismi e molte associazioni; ma a livello locale e individuale, come cercare di difendersi?

Partendo dalla recente classifica delle province italiane per il Clima, stilata dal Sole 24 Ore che ci vede all’ultimo posto in Italia, credia mo che intanto ognuno possa pensare alla propria casa eliminando gli alberi, troppo vicini. Inoltre assicurare le coperture, cementando coppi e tego le, almeno sul colmo e sul perimetro del tetto e sostituendo o assicurando meglio le coperture in lamiera. Dotiamola inoltre, contro la siccità, di un sistema di captazione e stoccaggio della pioggia, un serbatoio da almeno 1.000 litri, possibilmente interrato e coibentato contro gli sbalzi termici: l’acqua piovana è la migliore per orti, fiori e giardi ni! E all’esterno, contro le grandinate, instal liamo le apposite reti. Certo la frutticoltura diventa sempre più difficile, però possiamo organizzarci un bell’orto con irrigazione goccia a goccia di acqua piovana. Pensare poi a ridurre il consumo energetico da sorgenti di CO2, con fonti rinnovabili, per es.: installare sul tetto i pannelli solari per l’acqua sanitaria: ormai costano poco, sono molto efficienti, non necessitano di interventi o manutenzioni, ci consentono un minimo di acqua calda tutto l’anno e godono di incentivi fiscali; anche i pannelli fotovoltaici sono una bella idea, anch’essi ormai molto efficienti, non necessitano di manutenzione, costano più dei solari, ma godono anch’essi di alcuni incentivi.

Si pone comunque il problema di una casa più fresca durante i periodi di caldo torrido estivo e più calda riducendo il riscaldamen to d’inverno: evitiamo, se possibile, i con dizionatori. E’senz’altro molto utile invece

un cappotto esterno: non occorre arrivare a una casa clima A2, è sufficiente un cappotto che la isoli contro gli sbalzi termici e l’umi dità col risultato di un maggior benessere tutto l’anno e una minor spesa per il riscal damento/raffreddamento. Anche qui si può usufruire di agevolazioni fiscali. Di questi be nefici si può godere anche installando nuo ve caldaie a gas o gasolio a alto rendimento. E arriviamo alla tradizione: il riscaldamento a legna, per vari motivi, è ancora molto usato e diffuso. E’ben vero che ci sono molti argomenti a favore, vero però è anche che ci sono alcuni argomenti contro: il principale è che introduce in atmosfere soggette a inversione termica, come il Feltrino, oltre a CO2, fumi, gas e polveri sicuramente nocivi in quanto contengono composti, come gli idrocarburi policiclici aromatici, cancerogeni per i polmoni. A parte la nicotina, è come se dai nostri camini uscisse il fumo di centi naia di sigarette!

Come ovviare? La causa è soprattutto la combustione lenta a bassa temperatura, quindi bruciamo solo legna ben secca, possibilmente in breve tempo in stufe ben isolate e che non necessitino di continuo ca rico manuale, ad es. a pellet. Tuttavia anche queste hanno un lato debole: necessitano di energia elettrica per funzionare e con VAIA e i black out elettrici, si è reso ne cessario l’impiego di generatori, in genere costosi, rumorosi e molto inquinanti. Inoltre il pellet è molto caro e ricercato. Meglio

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quindi le stube tradizionali dell’Agordino o del Cadore, possibilmente fatte costruire in casa, con una camera di combustione che consenta l’introduzione di legna lunga almeno 80-100 cm, il che comporta meno lavoro per prepararla e un solo carico gior naliero, non necessita di corrente elettrica e garantisce una discreta riduzione di pro dotti nocivi. Sono comunque in commercio anche stube prefabbricate, moderne, con piano cottura e forno, collegate all’acqua sanitaria o al riscaldamento, che godono di benefici fiscali.

Una casa così invece di consumare energia emettendo inquinanti, ne produce, anche in eccesso, riducendo molto la liberazione di CO2 e di inquinanti! Sarebbe un bel risultato individuale e anche collettivo se i Comuni incentivassero e coordinassero, anche a livello conoscitivo, queste iniziative. Come conseguenza della globalizzazione siamo infine assediati da insetti come vespe, mosche, zanzare di varie specie, tafani, cimici cinesi… Ci sembra che il rimedio più prati co ed efficace sia controllare e chiudere ev.

fessure (ad es. sotto le porte, fori di aereazione ecc.) ma soprattutto in stallare delle zanzariere alle finestre.

Per prevenire od alme no ridurre i danni delle tempeste, proponiamo che ENEL e Telecom interrino quella fitta rete di fili che avvolge la Re gione, un vero e proprio detrattore ambientale, anche per gli sventramenti della vegetazio ne a lato delle linee, ma che non impedisco no danni e interruzioni del servizio ad ogni soffio di vento.

E poi viene il doloroso capitolo spostamen ti: è dura rinunciare all’automobile! Ma cosa c’è di più simpatico e liberatorio, per i brevi spostamenti, di usare la bicicletta? Però adesso ci sono le auto elettriche! Direte. Certo, ma come si produce l’energia elettri ca? Se guardate la vs bolletta ENEL vedrete che che la gran parte proviene da centrali

Uomo, natura e ambiente

a carbone, gasolio o metano, quindi non diminuiamo le emissioni, le concentriamo in un’unica fonte…

Infine riflettiamo su questo “elettrizzare” tutto: e se per qualche motivo capita un black out? Quanto resisteremo senza luce, computer, auto, condizionatori, riscalda mento, frigoriferi…? Torniamo così da dove siamo partiti e, per il 2023, programmiamo e regaliamoci una casa, per quanto possibi le, autosufficiente.

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L'utilizzo del laser in odontoiatria è molteplice e questo strumento si può applicare in tutti i campi. Si può usare in chirurgia per poter effettuare tagli senza sanguinamento, o anche in paro dontologia permettendo un trattamento delle tasche dentali o in endodonzia per trattare il nervo dentale senza dolore. Tra i suoi molti usi si può utilizzare per permettere una desensibilizzazione mirata.

Il laser a diodi infatti è regolabile per in tensità e ha un alto potenziale battericida che consente un trattamento più sicuro rispetto ai metodi tradizionali.

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Medicina & Salute

Il cane, è sempre, un compagno di vita

Per lunghissimo tempo, forse per centinaia di anni, il cane è stato quasi sempre ritenuto un “partico lare” essere vivente utile solo a soddisfare alcune esigenze di vita del proprio pa drone. Per esempio per la caccia, per la conduzione e guardia delle greggi, della propria abitazione, per l’espletamento di attività sportive e, purtroppo, anche per i violenti combattimenti tra di loro. Oggi le cose sono decisamente cambiate perché, nel tempo e con il tempo questo animale, sempre di più, è considerato come un qualcosa che fa oramai parte della quotidianità, sia del singolo sia della famiglia, specialmente per i bambini. Il cane, ed è risaputo, su tutti gli animali d’affezione e quello che da sempre si di

mostra come il migliore amico dell’uomo e sempre di più è parte integrante del nostro vi vere ed è, a tutti gli effetti, un “membro familiare” affidabile, un vero compagno di vita, dai sicuri sentimenti verso il padrone e tutti i componenti. Purtroppo, ancora oggi, in moltissimi paesi, non solo dell’Europa, ma anche al di fuori dei suoi confini, non è consentito ai cani di entrare nel pubblici locali quali risto ranti, negozi, bar, supermercati ecc. In Italia, per fortuna, e grazie alla continua sensibilizzazione della pubblica opinione e dei titolari delle varie strutture pub

bliche, quasi sempre è permesso agli animali di accompagnare i loro padroni considerandoli, oramai, parte integrante del proprio nucleo familiare.

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guerra

Val Tosella e Prassolan

Gli echi della guerra si perdono ancora tra le cime dei tanti colli di cui è composto il Grappa. Esplo rando gli anfratti più remoti del massiccio si possono ancora fare delle importanti scoperte di carattere storico; i resti di un passato così doloroso emergono dal terreno e paiono volerci lanciare un monito, un avvertimento sul pericolo che una guerra non smette di rappresenta re. Questi sono ormai rottami rugginosi dispersi tra le felci del sottobosco, sono profonde trincee scavate col sudore di fronti inscurite da un sole malato, soffoca to dai gas e dai fumi delle granate, sepol te come il ricordo di chi, lì, ha lottato per sopravvivere.

La montagna riserva a chi la vive le emo zioni più vere e sincere, spettacoli infiniti di albe e tramonti ai quali hanno assistito milioni di soldati che si trovavano quassù. Quegli uomini oggi non ci sono più e il loro sacrificio viene compreso a fatica da una società opulenta e frenetica come quella in cui viviamo. Basta a volte fare un passo in più, oltre le nostre distrazioni, le nostre chiusure, per accorgersi la loro memoria non è persa per sempre; occa

sioni di approfondimento come confe renze, mostre e convegni si affiancano a migliaia di testi, libri e documenti di ogni tipo, filmografia e documentari. E poi tantissimi musei sparsi nel territorio, spes so al centro di quelli che furono terribili campi di battaglia, come quelli del monte Grappa nel settore del monte Pertica. Col della Martina, Col di Buratto, Pras solan, Fredina e Cima Val Tosella, questi sono solo alcuni dei luoghi che lo com pongono e che nel corso delle varie fasi degli scontri armati, sono stati prota gonisti di quei tragici eventi. Proprio in prossimità dell’omonima cima, è possibile visitare un piccolo ma forni tissimo museo, all’interno del rifugio Val Tosella. Nelle vetrine sono esposti migliaia di oggetti appartenuti ai soldati degli opposti schieramenti, italiani ed austroungarici da un lato, ma anche germanici, francesi, inglesi ed americani. Pugnali, baionette, cinturoni, bombe a mano, distintivi, pipe, ma anche gavette, cucchiai, fotografie, oggetti di sanità o funerari e ancora lettere, elmetti, meda glie ed anelli. Sono le piccole cose che riempivano la giornata dei Franz, dei

Matthew, dei Joule, dei Battista; ragazzi di meno di vent’anni scagliati all’inferno tra fuoco e fiamme. Proprio frugando in un cassetto tanti anni or sono era venuta alla luce la foto del bisnonno Battista, Gamba Battista. Grazie ai racconti della figlia, mia nonna Bruna è nata in me la voglia di saperne di più e, già forte della mia precoce passione per l’argomento, ho iniziato a cercare di capire dove lui avesse combattuto e quali avventure gli fosse toccato di vivere. Sapevo che aveva combattuto sul monte Grappa, ma non dove di preciso; grazie al foglio matrico lare (recuperato presso l’archivio di stato a Padova) e ad altre ricerche ho finalmen te dato una risposta alle tante domande e dopo qualche anno ho deciso di realizzare il museo e di dedicarlo pro prio a lui e all’altro bisnonno, Emanuele Vignoli, combattente sul Carso e sull’Al topiano con la Brigata Liguria. Attorno al rifugio sono presenti e ben visibili i segni dei bombardamenti e le postazioni dell’artiglieria austroungarica nel fitto del bosco. Piazzole, camminamenti e gallerie sono ovunque; tra le tante, una è davve ro speciale e si trova sul vicino Prassolan, raggiungibile a piedi in pochi minuti lungo la provinciale Cadorna.

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Storie di
di Davide Pegoraro

Storie di guerra

Il monte era stato scelto fin da subito come perfetto osservatorio per dirigere i tiri dell’artiglieria; in effetti il panorama che si gode dalla sua cima è qualcosa di stupefacente, con la dorsale dei Solaroli a chiudere la corona di cime dal Pertica al Grappa e prima tutto ciò che sormonta il Brenta con le principali batterie imperiali. Da quel punto era possibile sparare a 360 gradi sulle linee italiane di Valpore, sul Casonet, dietro il Pertica, sul col Fari ne, Coston, Rivon, di controbatteria oltre la cima (per scovare i cannoni nemici) e giù in fondo nella Val del Termine.

Una importante galleria ospitava il co mando d’artiglieria asburgico, ben pro tetto da una struttura in cemento armato dalla tipica forma tedesca. Una grande lapide sormontava l’ingresso con la scritta “1918”, oggi rovesciata dopo la probabile esplosione di una carica all’interno del ricovero durante la ritirata. Dagli occhi degli stimatori di distanze, agli apparec chi telefonici sprofondati nelle buche sotto la pelle del monte, dove orecchi e bocche aspettavano impazienti di lanciare coordinate ai pezzi, secchi coman di e poi un uragano di fuoco si abbatteva sui camminamenti, i prati, le baracche, le teorie di muli, di uomini, di giorno e di notte, tra bagliori ed esplosioni, quei paesaggi sono stati visti anche dai nostri nonni, da quelli

dei nostri avversari. Le loro mani hanno sparato, scavato, pregato, tutte alla stessa maniera. L’immensità dei gesti compiuti al fronte, con le parole pronunciate in tutte le lingue del mondo sono andati perlo più perduti, ma non la voglia di tenerli in vita, grazie soprattutto a chi non smette di visitare questi luoghi onorando la memo ria di chi non vuole essere dimenticato, come Battista ed Emanuele.

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GLI AUTOVEICOLI PER LASCITO EREDITARIO

Quando si eredita un vei colo sia per successione sia per lascito testamenta rio, si deve sempre formalizzare la nuova situazione di proprietà entro e non oltre 6 mesi dalla data di decesso. Secondo la legge italiana il passaggio di proprietà dell'auto che si eredita dev'essere effettuato entro 60 giorni dall'autentica della firma posta sull'atto di accettazione dell'eredità. E sempre 60 giorni per registrare presso il PRA (Pubblico Registro Automobilistico) e aggior nare quindi il libretto di circolazione. In caso contrario la vettura non può essere utilizzata perchè non si può circolare con la vettura che era del defunto senza aver prima provvedu to al passaggio di proprietà al PRA e quindi all’aggiornamento della carta di circolazione.

Attualmente la nostra giurispruden za prevede 3 casi di eredità per i veicoli:

*Quando il veicolo deve essere intestato per successione all'unico erede: In questo caso l'erede, dopo aver fatto l'accettazione di eredità

e trascritto il passaggio, ne diventa proprietario.

*Quando il veicolo deve essere intestato per successione a tutti o ad uno solo degli eredi: In questo caso è necessario che tutti gli eredi accettino l'eredità e, nel caso in cui il veicolo venga intestato ad uno solo di essi, firmano contestualmente la vendita ad esso allegando una di chiarazione sostitutiva di atto notorio nella quale un solo erede dichiara chi sono gli eredi legittimi. Si tratta quindi di due trasferimenti di proprietà, uno mortis causa e uno per vendita. Alcune province, tra cui quella di Belluno, hanno però previ sto delle agevolazioni sulle imposte da pagare in questi casi.

*Quando il veicolo deve essere intestato a un soggetto terzo: In questo caso il veicolo viene dap prima intestato all'erede o a tutti e contestualmente si può provvedere alla vendita secondo le leggi e le normative previste.

Per perfezionare la successione del veicolo l’erede deve munirsi del certificato di proprietà, della carta di

circolazione e della copia del certifi cato di morte mentre l'atto di accet tazione di eredità ed eventualmente la contestuale vendita può essere fatto direttamente presso una agen zia di pratiche automobilistiche. Ecco perchè è consigliato rivolgersi ad una agenzia esperta di pratiche automo bilistiche allo scopo di non incorrere in errori o mancanze e quindi subire l'applicazione di eventuali sanzio ni, soprattutto per il fatto che nei trasferimenti di proprietà per mortis causa, ogni provincia ha una propria regolamentazione per l'applicazione dell'Imposta Provinciale di Trascrizio ne (IPT).

Da sapere anche che, in caso di mor te del proprietario, il bollo è comun que dovuto perchè non si considera sospeso, anche in caso di fermo del veicolo e non utilizzato dagli eredi. E la normativa prevede che tale tassa sia pagata o dal solo erede oppure da tutti gli eredi in misura proporzio nale alla quota di eredità di ciascuno. E quando sarà perfezionato il passag gio di proprietà del veicolo, il bollo sarà a carico del nuovo proprietario.

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PRATICHE VEICOLI

Trasferimenti

TASSE AUTOMOBILISTICHE

PATENTI

Rinnovo

SERVIZI VARI

Visure

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di proprietà e immatricolazioni Radiazione per esportazione veicoli Consulenze e pratiche per il trasporto di merci conto terzi e conto proprio Nazionalizzazione veicoli provenienti dall’estero
Riscossione bollo auto anche per prima immatricolazione Gestione pratiche di contenzioso bolli con la Regione Veneto Gestione domande di rimborso bollo auto CON LA POSSIBILITÀ DI PAGAMENTO DA CASA! Contattaci per le info.
patenti AUTOMOBILISTICHE E ANCHE NAUTICHE con medico in sede Gestione pratiche rinnovo patenti presso Commissione Medica Locale Duplicati e pratiche patenti - Visite mediche per rilascio patenti
Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per la verifica di eventuali gravami Pratiche di rinnovo e rilascio porto d’arma e patente nautica Gestione parchi veicoli e pagamento di bollettini postali Via Montelungo, 12/F - Feltre (BL) - c/o Centro Acquisti “Le Torri” Tel: 0439 1870004 - info@autopratichedolomiti.it Agenzia consorziata PUNTO ABILITATO AL PAGAMENTO “PAGOPA” ANCHE PER PRATICHE DI MOTORIZZAZIONE
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