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USA: 11 settembre 2011
USA: 11 settembre 2001 di Francesca Gottardi
Vent’anni dal giorno che ha cambiato l’America
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Alle 9 del mattino dell’11 settembre 2001 due aerei dirottati nel cielo di Manhattan colpivano le iconiche Torri Gemelle nel cuore di New York. Un terzo aereo colpisce il Pentagono. Il Volo 93, che si pensa fosse diretto alla Casa Bianca o al Campidoglio, si schianta invece in Pennsylvania dopo che i passeggeri si ribellano ai dirottatori. Quello dell’11 settembre è il primo attacco terroristico di tali proporzioni sul suolo americano. Responsabili sono 19 terroristi di Al Qaeda. Sono quasi 3000 le vittime di quel tragico giorno, 6000 i feriti. Questo senza contare le 2000 persone che si stima siano decedute negli ultimi 20 anni a seguito delle conseguenze derivanti dall’inspirazione di polveri tossiche disseminate dall’attacco e dal crollo delle Torri, quali tumori e problemi respiratori. L’attacco alle Torri Gemelle non ha avuto solo immense conseguenze nell’immediato, con centinaia di famiglie per sempre segnate dalla perdita di un loro caro. A seguito degli attacchi terroristici gli Stati Uniti sancirono una vera e propria guerra al terrorismo jihadista. Gli USA iniziarono dapprima un conflitto in Afghanistan e poi in Iraq, accusandoli di aver aiutato i militanti di Al Qaeda. Tali conflitti hanno contribuito ad aumentare l’instabilità geopolitica della regione ed alcuni ritengono che l’invasione abbia incentivato il nascere di nuovi gruppi terroristici. A livello domestico, a seguito degli attacchi gli USA hanno introdotto leggi severissime in materia di terrorismo ed immigrazione. Oggi emigrare e viaggiare negli USA significa passare attraverso un laborioso screening fisico e burocratico prima di poter varcare il confine. Il trattamento da parte delle autorità USA di individui sospetti di esser coinvolti in atti di terrorismo è stato ampiamente criticato da varie organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani. Per esempio, controversa fu la pratica interrogatoria del waterboarding (annegamento simulato), in seguito bandita. In occasione del ventesimo anniversario si sono svolte numerose cerimonie commemorative, tra cui nel luogo dove un giorno sorgevano le Torri, al Pentagono e presso il sito dello schianto del Volo 93. Delle Torri oggi rimangono due ampie fontane nere che tracciano il perimetro dove un tempo sorgevano gli edifici. Il luogo è stato chiamato “Ground Zero” ovvero punto di impatto. Il Presidente Americano Biden ha presenziato alla cerimonia, assieme alla First Lady Jill Biden ed agli ex presidenti Barack Obama e Bill Clinton. Assente l’ex presidente Donald Trump, che non ha preso parte a nessuna cerimonia ufficiale ma che ha visitato Ground Zero in privato. Le cerimonie sono iniziate con l’inno USA, seguite da momenti di silenzio in corrispondenza dell’ora degli attentati e del crollo delle Torri. I parenti delle
vittime hanno poi ricordato i loro cari elencandone i nomi. È impossibile dimenticare. A distanza di 20 anni il ricordo di quel fatidico giorno è ancora vivido: tra le 8:46 e le 10:27 dell’11 settembre 2001 l’occidente fu messo in ginocchio in meno di due ore. Molti dei passeggeri sugli aerei dirottati hanno lasciato diretta testimonianza dei loro ultimi minuti prima dei fatali schianti. “Stanno accoltellando le mie colleghe davanti ai miei occhi”, dice disperata una hostess in una chiamata al suo supervisore. Un passeggero lascia un messaggio vocale ai suoi cari: “L’aereo è sotto il controllo di persone armate di bombe, ci stanno dirottando, vi voglio bene.” Barbara Olson, a bordo di uno degli aerei, chiama il marito descrivendo come i dirottatori, armati, stessero costringendo i passeggeri a spostarsi verso il fondo dell’aereomobile. Gli chiede disperatamente: “cosa devo fare?” Poi lo schianto. Quando Sean Rooney, che lavorava in una delle Torri, chiamò la moglie Beverly Eckert lei subito gli chiese dove si trovasse. Sean rispose “al 105 piano.” Beverly sapeva che Sean non sarebbe mai tornato a casa. “C’era un edificio in fiamme sotto di lui, ma Sean non perse mai la compostezza; neanche quando tutto attorno a lui c’era fumo e le finestre attorno a lui erano talmente calde che non si potevano nemmeno toccare. Avevamo smesso di parlare di vie di fuga. Sean mi ha disse di dire alla sua famiglia che gli voleva bene, e poi abbiamo iniziato a parlare di tutta la felicità che abbiamo condiviso, di quanto siamo stati fortunati ad avere l'altro. […] Alla fine, mentre il fumo diventava più denso, Sean continuava a sussurrare, “Ti amo”. Poi, all’improvviso, ho sentito per telefono l’edificio crollare con l’assordante suono di una valanga.
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