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La vera statura dell’essere umano

Il senso religlioso di Franco Zadra

LA VERA STATURA DELL'ESSERE UMANO

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Nella lettura de “Il senso religioso” di Luigi Giussani, abbiamo visto come il volto umano, quella “scintilla” che accende l'esistenza, l'energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le etnie si rapportano con tutto, sia riscontrabile in una esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della felicità che fa cogliere come conseguenza logica e razionale, per quella esperienza elementare di cui tutte le madri, di ogni tempo e latitudine e allo stesso modo, dotano i loro figli, che la natura dell'uomo è rapporto con l'infinito. Un Infinito che si può amare, nell'accettazione di una realtà che ci è data, oppure bestemmiare, prigionieri di una illusione di se come soggetto autonomo, ma destinato a dissolversi nel nulla.

Ci sono quindi due scelte radicalmente opposte che si presentano alla nostra esperienza: affermare noi stessi all'infinito o accettare l'infinito come significato di sé e, il senso religioso che andiamo riscoprendo, dice chiaramente che «l'uomo afferma veramente sé stesso solo accettando il reale, tanto è vero che comincia ad affermare sé stesso accettando di esistere: accettando cioè una realtà che non si è data da sé». Capita a proposito, una scelta che per un milione o quasi di sottoscrittori del referendum su l'eutanasia legale sembra divenuta del tutto ragionevole e “umana”. Con quel referendum - per il quale siamo in attesa di un pronunciamento sulla ammissibilità del quesito proposto che intende riformare in parte l'articolo 579 del codice penale che punisce l'omicidio del consenziente prevedendo una pena da 6 a 15 anni -, si vorrebbe promuovere una sorta di diritto a morire, legalizzando di fatto l'eutanasia, affermando convintamente che il singolo uomo ha tutto il potere di determinare il suo significato ultimo e le azioni a esso tese. Una convinzione affascinante poiché sembra salvare interamente la statura dell'essere umano, che però si finisce per condividere solo nella dimenticanza di sé come creatura finita e senza alcuna consistenza permanente. È quindi dimostrazione di onestà intellettuale la precisazione del Giudice Costituzionale per dire che «non esiste un “diritto di morire” in quanto tale, dato che dall’art. 2 della Costituzione discende il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire». Risulta ingannevole, invece, invocare un “diritto” a l’eutanasia “attiva” - come ha fatto il Comitato promotore del Referendum -, appellandosi alla sentenza sul caso Cappato, il dj Fabo, travisando di fatto i limiti e i principi che quella sentenza ha fissato. Ma come posso, io qui, avere la spudoratezza di contrastare la volontà di un milione di sottoscrittori il Referendum, miei connazionali? Con quale coscienza lo posso fare? Scrive Giussani: «L'esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della felicità, costituiscono il volto ultimo, l'esigenza profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano tutto, al punto che essi possono vivere tra loro un commercio di idee oltre che di cose, possono trasmettersi l'un l'altro ricchezze a distanza di secoli, e noi leggiamo con emozione frasi create migliaia di anni fa dagli antichi poeti con un'impressione di suggerimento al nostro presente, come talvolta non deriva dai rapporti quotidiani». Suggerisco in conclusione la lettura meditata (e perché no la memorizzazione?) del Salmo 87, «Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte...». Libro suggerito: La libertà dell'ordine, un sentiero aperto per il ritorno, Gustave Thibon.

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