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Leggende in Valsugana: i fantasmi di Caldonazzo

Leggende della valsugana

di Andrea Casna

Attenti ai FANTASMI di Caldonazzo

Lo sapevate che Caldonazzo è un paese infestato dai fantasmi? E sì. Proprio così. Quindi evitate di passeggiare per il paese nelle notti illuni perché il rischio d’imbattersi in spaventosi spettri è veramente alto. Andiamo con ordine. Come dicevo sopra, nelle notti buie, quelle tenebrose non illuminate dalla pallida luce della luna, è facile intravedere nei pressi della Magnifica Corte di Caldonazzo delle ombre che si muovono in fila indiana, ondeggiando, come mosse da un lieve venticello. In mano hanno quelle che sembrano essere delle torce. Sono, queste ombre, figure innocue ma irrequiete perché cercano le chiavi del Paradiso, unico modo per arrivare ad avere la pace eterna. Ma cosa sono queste figure? Sono i fantasmi dei cavalieri di Siccone II, antico signore di Caldonazzo, che morirono in battaglia contro i Vicentini. E some si legge nella celebre guida di Aldo Gorfer (I Castelli del Trentino, Vol. 2), «non è raro scorgere delle forme umane, munite di torce accese, procedere in fila indiana lungo il presumibile perimetro del castello, alla ricerca forse di quella pace che non avevano trovato nemmeno nell’Aldilà: erano gli spiriti dei soldati di Siccone, che ritornavano sui luoghi che avevano amato e che avevano visto – dopo strenua lotta – cadere in mano ai Vicentini (1385)». Ma le storie di fantasmi legate alla figura di Siccone non sono ancora finite. Siccone, infatti, passò alla storia come uomo violento. Agostino Perni, nelle Statistiche del Trentino, del 1852, scrive così: «di questo casato (riferendosi ai signori di Caldonazzo) fu quel Siccone celebre nella storia di questa valle per brighe e per guerre avute coi Carraresi e cogli Scaligeri». Nella cultura popolare, infatti, Siccone è sempre ricordato come uomo violento e senza scrupoli. Alla sua morte, però, la gente di Caldonazzo non faceva sonni tranquilli perché il fantasma del vecchio padrone, infatti, si aggirava nelle sale del castello in cerca di quella pace che non trovò mai in vita. La tradizione popolare racconta che Siccone, vecchio e malato, decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel suo castello di Caldonazzo in compagnia di pochi servi. Usciva di rado e quando lo faceva la gente di Caldonazzo si trovava di fronte, non l’energico guerriero di un tempo, ma un vecchio malato e ricurvo con la barba lunga. «Finalmente - si diceva sottovoce per le vie del paese e nelle osterie - ora possiamo vivere la nostra vita in tranquillità. Non dobbiamo più subire le angherie del nostro signore». E altri ancora, nel vederlo così ricurvo e vecchio: «ben gli sta - mormoravano gli anziani. È la punizione che si merita.... per le sue malefatte». I servi, inoltre, a volte si lasciavano sfuggire qualche aspetto della vita privata dell'anziano signore. «Sapete - disse un giorno uno dei servi ad un gruppo di contadini - il nostro signore non dorme mai. Passa le notti insonne. Vaga per le stanze del castello in cerca di...... di qualcosa....forse di pace». Un giorno, con l’aggravarsi delle condizioni di salute, i servi inviarono un messo al vicino convento per avvisare fra’ Nicolò (uno dei figli di Siccone). Ma quando il giovane frate arrivò al castello per portare al vecchio padre gli ultimi sacramenti era troppo tardi. Siccone morì senza confessare i suoi peccati. Negli anni successivi il ricordo del terribile Siccone era ancora vivo nelle menti della popolazione di Caldonazzo. Nelle notti buie e non illuminate dalla luna, la gente rimaneva chiusa in casa per non imbattersi nel fantasma di Siccone ora condannato a vagare senza pace per l’eternità.

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