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Il personaggio di ieri: Tullio Garbari
Il personaggio di ieri di
di Chiara Paoli
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TULLIO GARBARI
tra primitivismo e naïf
130 anni or sono, il 14 agosto del 1892 nasceva a Pergine Valsugana, Tullio Garbari, pittore noto per i suoi lavori in stile naïf, i suoi genitori erano Ubaldino e Adelgunda
Toller. Tra il 1903 ed il 1908 frequenta a Rovereto la Scuola Reale Elisabettina, seguendo l’indirizzo tecnico ma realizzando in questo periodo i suoi primi acquerelli. Successivamente si iscrive all’Accademia di belle arti di
Venezia; qui conosce quelli che vengono ribattezzati i “Ribelli di Ca’ Pesaro”, giovani artisti d’avanguardia, che come lui faticano a tollerare i dettami della pittura accademica, tra questi:
Umberto Boccioni, Teodoro Wolf Ferrari, Felice Casorati, Gino Rossi, Arturo
Martini e Umberto Moggioli. Segue un periodo di studio e collaborazioni che nel 1910 portano in mostra alcuni suoi lavori a Ca’ Pesaro, esibizione per cui realizza anche il manifesto.
L’anno successivo un suo dipinto è esposto alla prima mostra internazionale d’arte di Valle Giulia a Roma, frequenta gli ambienti de La Voce di
Giuseppe Prezzolini e prende parte alla fondazione de La Voce trentina.
Nel 1912 allestisce a Trento nella sala della Filarmonica la sua prima personale, ma si aggiunge il dolore per la perdita del padre. L’anno seguente una nuova personale a Ca’ Pesaro, per cui disegna il manifesto, ma nel 1914 è costretto a fuggire a Milano con i fratelli per non prestare servizio nell’esercito austro-ungarico. Nel maggio del 1915 decide di arruolarsi nell’esercito italiano, ma dopo soli due mesi di servizio viene congedato, perché ritenuto non idoneo. Da fuoriuscito non può fare ritorno ai suoi luoghi natii, soffre la solitudine e per i problemi famigliari: un fratello muore e l’altro rimane ferito al fronte, mentre la madre e le sorelle sono confinate in Austria. Frequenta gli ambienti culturali milanesi e dipinge, i suoi quadri di questo periodo si ispirano ai ricordi dei giorni passati in Trentino. Nel 1917 espone alla galleria Chini insieme a Carlo Carrà. Agli inizi del 1919 fa ritorno a Pergine per riunirsi alla famiglia; seguono alcuni anni dediti alla lettura e allo studio delle lingue antiche: il greco, il latino, l’ebraico e il sanscrito, cui si aggiunge il francese. Si dedica alla traduzione del De Architectura di Vitruvio e si occupa di ricerche filologiche. Approfondisce lo studio della poesia medievale e scrive lui stesso poesie, si interessa di musica, anatomia e mineralogia. Nel 1921 gli viene chiesto di scrivere una biografia su Giovanni Segantini. Nel 1924 si trasferì a Trento, dove fatica a sostentarsi, e si riavvicina pian piano all’arte pittorica, invitato a legarsi al movimento del “Novecento”, se ne dissocia, ritenendosi estraneo a quella che ormai era divenuta l’arte ufficiale del movimento fascista. Assieme a Carlo Belli si dedica alla creazione di una scuola pittorica congiunta al santuario della Madonna di Montagnaga di Piné e agli ex voto ivi custoditi, si dedica all’approfondimento dell’arte popolare e studia le opere di Jacques Maritain considerato uno dei massimi esponenti del neotomismo. Le sue opere di questo periodo vengono definite da alcuni critici “naïf”, ma questo termine non si addice alle ricerche dell’artista, che sempre più si immerge nella religiosità.
l deposto (1929)
Nel 1927 la sua produzione pittorica riparte a ritmo serrato, nella ricerca di un proprio stile personale in cui converge il forte sentimento cristiano, espone in numerose città europee, in primis a Milano, poi Amburgo, Berlino, L’Aia, Amsterdam e nel gennaio 1928 a Lipsia; nello stesso anno partecipa anche alla XVI Biennale di Venezia e alla prima mostra di arte trentina. Tra i suoi lavori anche numerose scene di vita contadina e popolare. Sono gli anni dei grandi capolavori su temi religiosi, come la “Madonna della pace” nelle collezioni del Museo Diocesano Tridentino. Nel 1931 parte per incontrare di persona Maritain, qui lo raggiunge lo scrittore e critico letterario Dino Garrone, conosciuto l’anno precedente e incontra Gino Severini, con cui condivide pensieri e riflessioni artistiche. Espone alla Galérie de la Renaissance e lavora con continuità fino alla morte, che lo coglie all’improvviso l’8 ottobre 1931.
Conosciamo le leggi
di Erica Vicentini *
L’uccisione e il maltrattamento di animali
Ormai si sa, gli animali sono diventati davvero i più fedeli amici dell’uomo e si sono diffusi molto di più di quanto nascano figli. La tutela degli amici a 4 zampe è molto severa anche dal punto di vista delle norme civili e penali che vigono in Italia. L’ordinamento giuridico italiano negli ultimi anni ha dato sempre maggiore rilievo agli animali, domestici e non. Un presidio forte si trova nel codice penale, che agli artt. 544 bis e ter c.p. punisce l’uccisione ed il maltrattamento di animali. Dunque il nostro codice penale non punisce in modo esclusivo l’uccisione ma anche il maltrattamento, perpetrato sotto ogni forma e soprattutto da valutarsi in concreto se volto a procurare all’animali inutili sofferenze. Il delitto di uccisione di animali si perfeziona solamente se la morte è provocata con coscienza e volontà, quale conseguenza voluta della propria azione od omissione. Ciò significa che il reato non sussiste nel caso di colpa, da intendersi come negligenza, imprudenza o imperizia, di chi ad esempio investe un cane o un gatto perché non lo ha visto sbucare in strada oppure perché non ha fatto in tempo a sterzare. Il maltrattamento, invece, si realizza ogni qualvolta un soggetto provochi una lesione ad un animale ovvero lo sottoponga a “sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche”, che significa in sostanza lavori e compiti oggettivamente inadatti rispetto alle caratteristiche fisiche dell’animale (ad esempio un carro pesante trainato da un cane di taglia media o bassa). La giurisprudenza ha ritenuto perseguibile penalmente anche il proprietario di un animale che lo costringa a vivere in un ambiente non adatto, perché molto angusto oppure sporco. Entrambi i delitti di uccisione e maltrattamento, poi, richiedono che la condotta sia stata realizzata “per crudeltà o senza necessità”: questo inciso va inteso nel senso di mancanza di un’adeguata e oggettiva giustificazione alla condotta violenta posta in essere contro l’animale. Sebbene il concetto, di primo acchito, sembri di difficile comprensione, esso va relativizzato agli altri eventuali interessi che, nel caso concreto, vengono in gioco. La valutazione, infatti, va condotta in termini di “giustificazione” della condotta che, astrattamente intesa, sarebbe da considerarsi violenta. Laddove, ad esempio, la morte dell’animale è provocata dal veterinario per evitare sofferenze a un animale anziano oppure malato, essa va considerata lecita, di certo non penalmente rilevante, dato che si assume che essa sia stata “giustificata” proprio dalla patologia dell’animale e, quindi, quale unica soluzione alle sue sofferenze. La Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che la giustificazione può essere rinvenuta in un pericolo attuale e concreto di aggressione o comunque di rischio per l’incolumità personale, con ovvia esclusione del caso in cui l’animale sia già stato messo in fuga. Per converso, la giurisprudenza non ritiene la lesione o il maltrattamento leciti, con integrazione del reato, nel caso di uccisione di cani che parevano aggirarsi minacciosi in una proprietà privata mediante sparo proveniente dall’interno della propria abitazione. In tal caso non può ritenersi esistente lo stato di necessità che giustifica l’uccisione di un animale, che sussiste solamente quando vi è «una situazione di attuale ed imminente pericolo alla incolumità personale che non sia altrimenti evitabile». Va infine, purtroppo, evidenziato, che i delitti di uccisione e maltrattamento di animali non consentono l’arresto in flagranza di reato (né obbligatorio né facoltativo), quindi nel caso di fatti di questo tipo l’autore può solo essere identificato e rimesso in libertà.
Nota: chi desiderasse ulteriori informazioni in merito a quest’articolo può contattare la dott.ssa Vicentini.
* Avvocato Erica Vicentini, del Foro di Trento, Studio legale in Pergine Valsugana, Via Francesco Petrarca n. 84)
Chi desiderasse avere un parere su un problema o tematica giuridica oppure una risposta su un particolare quesito, può indirizzare la richiesta a: direttore@valsugananews.com