Valsugana News 7/2022 Agosto

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Il personaggio di ieri di di Chiara Paoli

TULLIO GARBARI tra primitivismo e naïf

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30 anni or sono, il 14 agosto del 1892 nasceva a Pergine Valsugana, Tullio Garbari, pittore noto per i suoi lavori in stile naïf, i suoi genitori erano Ubaldino e Adelgunda Toller. Tra il 1903 ed il 1908 frequenta a Rovereto la Scuola Reale Elisabettina, seguendo l’indirizzo tecnico ma realizzando in questo periodo i suoi primi acquerelli. Successivamente si iscrive all’Accademia di belle arti di Venezia; qui conosce quelli che vengono ribattezzati i “Ribelli di Ca’ Pesaro”, giovani artisti d’avanguardia, che come lui faticano a tollerare i dettami della pittura accademica, tra questi: Umberto Boccioni, Teodoro Wolf Ferrari, Felice Casorati, Gino Rossi, Arturo Martini e Umberto Moggioli. Segue un periodo di studio e collaborazioni che nel 1910 portano in mostra alcuni suoi lavori a Ca’ Pesaro, esibizione per cui realizza anche il manifesto. L’anno successivo un suo dipinto è esposto alla prima mostra internazionale d’arte di Valle Giulia a Roma, frequenta gli ambienti de La Voce di Giuseppe Prezzolini e prende parte alla fondazione de La Voce trentina. Nel 1912 allestisce a Trento nella sala della Filarmonica la sua prima personale, ma si aggiunge il dolore per la perdita del padre. L’anno seguente una nuova personale a Ca’ Pesaro, per cui disegna il manifesto, ma nel 1914 è costretto a fuggire a Milano con i fratelli per non prestare servizio nell’esercito austro-ungarico. Nel maggio del 1915 decide di arruolarsi nell’esercito italiano, ma dopo soli due mesi di servizio viene congedato, perché ritenuto non idoneo. Da fuoriuscito non può fare ritorno ai suoi

luoghi natii, soffre la solitudine e per i problemi famigliari: un fratello muore e l’altro rimane ferito al fronte, mentre la madre e le sorelle sono confinate in Austria. Frequenta gli ambienti culturali milanesi e dipinge, i suoi quadri di questo periodo si ispirano ai ricordi dei giorni passati in Trentino. Nel 1917 espone alla galleria Chini insieme a Carlo Carrà. Agli inizi del 1919 fa ritorno a Pergine per riunirsi alla famiglia; seguono alcuni anni dediti alla lettura e allo studio delle lingue antiche: il greco, il latino, l’ebraico e il sanscrito, cui si aggiunge il francese. Si dedica alla traduzione del De Architectura di Vitruvio e si occupa di ricerche filologiche. Approfondisce lo studio della poesia medievale e scrive lui stesso poesie, si interessa di musica, anatomia e mineralogia. Nel 1921 gli viene chiesto di scrivere una biografia su Giovanni Segantini. Nel 1924 si trasferì a Trento, dove fatica a sostentarsi, e si riavvicina pian piano all’arte pittorica, invitato a legarsi al movimento del “Novecento”, se ne dissocia, ritenendosi estraneo a quella che ormai era divenuta l’arte ufficiale del movimento fascista. Assieme a Carlo Belli si dedica alla creazione di una scuola pittorica congiunta al santuario della Madonna di Montagnaga di Piné e agli ex voto ivi custoditi, si dedica all’approfondimento dell’arte popolare e studia le opere di Jacques Maritain considerato uno dei massimi esponenti del neotomismo. Le sue opere di questo periodo vengono definite da alcuni critici “naïf”, ma questo termine non si addice alle ricerche dell’artista, che sempre più si immerge nella religiosità.

l deposto (1929)

Nel 1927 la sua produzione pittorica riparte a ritmo serrato, nella ricerca di un proprio stile personale in cui converge il forte sentimento cristiano, espone in numerose città europee, in primis a Milano, poi Amburgo, Berlino, L’Aia, Amsterdam e nel gennaio 1928 a Lipsia; nello stesso anno partecipa anche alla XVI Biennale di Venezia e alla prima mostra di arte trentina. Tra i suoi lavori anche numerose scene di vita contadina e popolare. Sono gli anni dei grandi capolavori su temi religiosi, come la “Madonna della pace” nelle collezioni del Museo Diocesano Tridentino. Nel 1931 parte per incontrare di persona Maritain, qui lo raggiunge lo scrittore e critico letterario Dino Garrone, conosciuto l’anno precedente e incontra Gino Severini, con cui condivide pensieri e riflessioni artistiche. Espone alla Galérie de la Renaissance e lavora con continuità fino alla morte, che lo coglie all’improvviso l’8 ottobre 1931.

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