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Quando le cantine facevano la musica
Musica di casa nostra
di Gabriele Biancardi
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QUANDO LE CANTINE FACEVANO MUSICA
Se le cantine potessero parlare... racconterebbero tante storie, di sogni, di speranze e ovviamente di illusioni. Le case provviste delle stesse, negli anni 80 sono state letteralmente prese d’assalto da orde di adolescenti bramosi di musica. Occorrente, un amico che lavorasse nel vicino supermercato al quale “rubare” kmq di confezioni di cartone per uova. A dire la verità non tratteneva il suono come erroneamente si pensava, serviva piuttosto a tenere “asciutta” la stanza destinata alla creazione di capolavori. Secondo passo, il beneplacito dei genitori, i quali molto spesso preferivano sopportare una cassa in quattro, il tum tum dei musici, ma sotto le mura domestiche, piuttosto che pensare a serate “sex drugs and rock’n roll”. La scelta dei componenti poi era fondamentale. Si partiva per simpatia, poi per bravura. La suddivisione degli strumenti poteva essere casuale piuttosto che per capacità vera e propria. Ma uno che strimpellava meglio degli altri era fondamentale. A Trento in quella decade non c’erano molti negozi che affittavano strumenti a giovani sbarbatelli. A dire il vero uno. Music Albano. Vicino all’oratorio del duomo di Trento. Pure io ne ho approfittato, nel 1979 la prima batteria a noleggio (7.000 lire al mese) mi fu consegnata da Mauro Lusuardi che ancora oggi assembla palchi e cavi. Ma da dove si partiva? Beh, i Beatles era in assoluto la prima scelta. Vuoi perché tutti in casa avevano dischi o cassetti dei “fab four”, vuoi perché studiavi inglese e non ti pareva vero poter dire “elp ai niid sombadi elp” scuotendo la testa e il casco di capelli che avevi. Le prove erano di pomeriggio ovviamente, prima i compiti e poi sala prove. Al mattino a scuola cercavi di far sapere ad Antonella della prima fila che verso le 18 avresti avuto modo di suonare. Essere musicisti voleva dire fare uno scalino verso la popolarità. Anche perché il traguardo più ambito, quello a cui tutti aspiravano, era il concerto di fine anno scolastico! Un gruppo era formato di solito da cinque elementi, ragazze ovviamente non se ne vedeva l’ombra. Discussioni sulla scelta delle canzoni, su come suonarle, interrotti da madri che con merende pantagrueliche cercavano di fermare per una mezz’oretta quello che non era proprio un piacere per le orecchie. I più ambiti erano ovviamente i chitarristi. Potevano suonare la sei corde ovunque, in classe, nel prato durante la ricreazione, il pomeriggio ai giardini. Io suonavo la batteria, che facevo, mi portavo il rullante dietro? Nell’immaginario collettivo il basso non serviva a nulla, è il classico strumento, fondamentale, di cui ti accorgi l’importanza quando non c’è. Il tastierista era di solito quello che economicamente stava meglio di tutti. Le lezioni di piano erano davvero un lusso ed era uno strumento non proprio alla portata di tutti. Certo per alcuni genitori, sentire che il piccolo Mozart di casa passava dalle sinfonie a “lady Madonna”, poteva risultare una mazzata, ma che non si fa per i figli. Dopo uno o due anni di prove estenuanti, accadeva. Chi davvero era appassionato poteva addirittura scegliere il conservatorio, si facevano e disfacevano gruppi fino a che non trovavi lo stile che più ti piaceva. Gli strumenti da noleggiati diventavano acquistati, si studiava quella scala o quell’arrangiamento e si migliorava. Qualcuno invece mollava senza rimpianti, aveva iniziato per la compagnia e ora che il livello necessitava tempo e dedizione, si passava ad altro. Oggi? In fondo nulla è cambiato, la tecnologia certo ha stravolto modalità e tempi, ma si noleggia ancora, anche solo per vedere se ad un ragazzo/a nasce la passione. Le cantine sono meno, tra pc e software si fa tutto in camera e spesso da soli. Ma le “band” ci sono ancora e non moriranno mai. Ancora oggi ho un grande rimpianto, io a quel concerto di fine anno non ho mai suonato...