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Personaggi in controluce: Don Ivan Maffeis
Personaggi in controluce
di Waimer Perinelli
DON IVAN MAFFEIS
UN TRENTINO VESCOVO IN UMBRIA
Sono le prime parole di don Ivan Maffeis appena nominato Arcivescovo Metropolita di Perugia-Città della Pieve. Parole che tracciano il ritratto di un uomo, un sacerdote capace di parlare sinceramente di umiltà, con modestia ma con la forza di chi non la confonde con la sottomissione, se non a Dio e alla Chiesa. L’ho conosciuto bene quando era, dal 2001 al 2009, direttore del Settimanale Diocesano Vita Trentina e Assistente Diocesano dell’Azione Cattolica e io ero presidente dell’Ucsi, Unione cattolica stampa italiana. Con umiltà, senza ingenuità, e con comprensione si era avvicinato al gruppo di giornalisti che cercava di comunicare e vivere il messaggio evangelico: in primo luogo cercando la verità e respingendo le false notizie e poi testimoniando la Fede in vari modi. Quando gli parlavi era attento, avvicinava il viso, chinava leggermente il capo, sembrava ti stesse confessando, ma era solo un modo per concentrarsi perché ti aveva già assolto. Ti ascoltava, pesava ogni tua parola e ti lasciava libero di lavorare. Tuttalpiù un suggerimento "stai attento", per dire sii prudente. S.E. Mons. Ivan Maffeis è nato nel 1963 a Pinzolo, a due passi da Giustino dove è nato don Lauro Tisi, di un anno più vecchio e ,dal 2016, 122esimo Arcivescovo di Trento. La loro diocesi. Si conoscono, si rispettano e stimano, proprio don Tisi è stato fra i primi a congratularsi con don Maffeis. Entrambi hanno maturato esperienze nelle comunicazioni sociali a contatto con i media. Monsignor Tisi ha bruciato più in fretta le tappe verso la guida dell’Arcidiocesi trentina di cui era precedentemente vicario dell’Arcivescovo Luigi Bressan, oggi vescovo emerito, e forse proprio all’intuito di questo sacerdote originario di Sarche di Madruzzo, sulla via che da Trento porta in val Rendena, a Giustino e
S.E. Ivan Maffeis (da Vita Trentina)
Personaggi in controluce
Pinzolo, deve la precoce nomina diocesana. Tanto era brillante, rapido nell’ascoltare monsignor Bressan, ricordo ad un tavolo la capacità di rispondere contemporaneamente a chi gli era vicino e a chi era lontano almeno 4 metri, tanto è calmo, riflessivo fino ad apparire titubante monsignor Tisi. Bressan me lo sono rappresentato come un cacciatore di anime, Tisi un sacerdote che getta le reti, monsignor Maffeis un canestro che le accoglie con serenità. Tre trentini, tre vescovi. Monsignor Bressan è stato in precedenza Nunzio apostolico ovvero ambasciatore della Chiesa; Monsignor Tisi, suo vicario e attento esecutore; monsignor Maffeis un libero pensatore, uno studioso nel nome di Cristo, un comunicatore. Il suo apostolato si nutre degli studi di filosofia e teologia, docente presso la facoltà di Scienze della Comunicazione; vive dell’esperienza parrocchiale come vicario a Mori e, fino alla nomina ad Arcivescovo, che avverrà a settembre, parroco a Rovereto S. Marco e S. Famiglia; si perfeziona nella comunicazione fino a diventare direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali e Sotto-Segretario della CEI, Conferenza episcopale italiana. In qualità di Arcivescovo Metropolita di Perugia e Città della Pieve, fondata nel 1986 dall’unione di due antiche sedi episcopali, la prima nel secondo e terzo secolo dc, e la seconda nel 1600, interessa 285 mila abitanti di cui quasi 260mila battezzati. Le parrocchie sono 155 (sette vicariati) con 205 presbiteri. La sede vescovile è nella cattedrale di San Lorenzo in Perugia, una città decisamente fedele alla Chiesa, nella quale si tennero diversi conclavi con elezione di papi e fra questi, quel Celestino quinto, che Dante condanna per la grande rinunzia. La provincia ecclesiastica comprende quattro sedi vescovili suffraganee facenti riferimento a Metropolita di Perugia, questo significa che fra gli
interlocutori dell’Arcivescovo don Maffeis ci sarà anche Assisi, sede di uno dei più maestosi ed importanti santuari cristiani, affrescato da Giotto. Don Ivan vivrà dunque, fra cultura, religione, comunicazione, a Perugia ha sede un importante centro di formazione professionale dei giornalisti, e potere perché Roma non è lontana. Nel giorno della sua presentazione ufficiale avvenuta a Trento lo scorso luglio, il nuovo Arcivescovo di Il Vescovo Ivan Maffeis durante un'intervista Perugia-Città della Pieve ha ringraziato i trentini: “..sono stato contento di sentirmi parte attiva di questa chiesa, ha detto...Questa nomina arriva e cambia le attese, i progetti. Non più tardi di ieri sera ho concluso il Grest... Ora avverto la sproporzione tra quello che sono e la responsabilità che mi è affidata. Confido sulla vostra amicizia, fraternità a preghiera.” Con Monsignor Ivan Maffeis salgono a otto i vescovi di origine trentina attualmente in vita: monsignor Luigi Bressan, arcivescovo emerito di Trento; monsignor Guido Zendron, vescovo di Paulo Afonso in Brasile; monsignor Mariano Manzana, vescovo di Mossorò in Brasile. Appartenenti a ordini religiosi: monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano, stimmatino; monsignor Giuseppe Filippi, vescovo di Kotido (Uganda), comboniano; monsignor Adriano Tomasi, vescovo ausiliare emerito di Lima (Perù), francescano.
Don Ivan Maffeis assieme al vecovo Lauro Tisi (foto Ganni Zotta - archivio Diocesitn)
Il personaggio di ieri
di Massimo Dalledonnne
Francesco IV di Castellato,
l’ultimo esponente della famiglia dei Castellalto
Èconsiderato l´esponente più celebre della famiglia dei Castellato. Francesco IV il Grande ancora oggi viene ricordato come un cavaliere di grande fama, amico, consigliere e capitano dell’imperatore Massimiliano I e, durante il Concilio di Trento, ambasciatore dell’imperatore Carlo V. Nasce a Telve verso il 1480 da Francesco e Gertrude Anich de Courtäsch, il padre era vicecapitano in Ivano e luogotenente in Telvana. Educato alla fedeltà verso gli Asburgo, da giovinetto fu inviato come paggio alla corte di Massimiliano che servì per tutta la vita come capitano. Nel 1509 nel corso della guerra della lega di Cambrai, figura tra i condottieri dell’esercito imperiale. Si sposa Verona nel 1513 dove subì l’assedio dei Veneziani, al quale reagì con audaci sortite. Presidiò la città per tre anni fino a quando nel 1516 dovette essere restituita ai Veneziani. Rientrò in Trentino e alla morte di Massimiliano fu inviato dai reggenti del Tirolo in Spagna, alla corte di Carlo, nuovo re dei Romani. Trattò con successo l’esaudimento delle richieste tirolesi, ma si fece anche notare dal giovane re per le sue qualità militari. Inviato in Germania a levare fanti vi reclutò 3.000 lanzi, alla testa dei quali partecipò nel 1520 alla solenne cerimonia della incoronazione imperiale di Aquisgrana, Negli anni successivi ritornò in Trentino, in Lombardia guidando i suoi lanzi verso Milano, dalla quale riuscirono a cacciare i francesi. Nel corso della rivolta contadina che insanguinò anche le valli del Trentino, fu tra i più fedeli sostenitori del potere vescovile e dell’autorità imperiale nella regione. Poco prima della sua fuga da Trento, il vescovo Bernardo Cles lo nominò, il 15 maggio 1525, insieme con il famoso capitano di lanzi Georg Frundsberg, luogotenente generale del principato. Combatté la rivolta contadina adoperandosì per tenere a bada i rivoltosi senza ricorrere alle armi. Man mano però che affluivano le truppe inviate dall’imperatore Ferdinando questa cautela divenne superflua: il 30 agosto si venne ad uno scontro in Valsugana e il giorno successivo un distaccamento di 200 lanzi al suo comando intervenne duramente, sbaragliando i contadini. Per le benemerenze acquisite al servizio vescovile ed arciducale fu nominato capitano di Trento continuando però a reclutare truppe per gli eserciti imperiali. Nel 1536 ricevette Ferdinando re dei Romani e la moglie Anna d’Ungheria a Trento; tre anni dopo, nel 1539, eseguì una missione diplomatica a Venezia per conto dei reggenti del Tirolo; nel 1542 assistette ancora una volta il re Ferdinando nella guerra contro i
Turchi in Ungheria. Come capitano del luogo e rappresentante del re dei Romani, presenziò a varie sedute del concilio di Trento, nel corso della prima sessione. Una parte di qualche rilievo ebbe solo all’inizio, quando fu nominato da
Ferdinando ambasciatore al concilio insieme con il giurista Antonio
Questa. Nel corso dei primi mesi del 1546 egli presenziò a numerose sedute e cerimonie del concilio ma successivamente si eclissò, tanto che i legati poterono scrivere a
Roma: i due ambasciatori del re dei
Romani “non sono mai comparsi in congregazione, né ancora in le cappelle, né in sessione alcuna, eccetto la prima”. Si rifece però vivo nel luglio, quando si seppe che un esercito dei protestanti della lega di Smalcalda, al comando del duca del Württemberg, stava attraversando il Tirolo puntando su Innsbruck. Francesco IV di Castellato li respinse. Ritornò a Trento nel mese di novembre e negli anni successivi non ebbe più alcuna parte nella vita del concilio, pur continuando a garantirne la sicurezza nella sua qualità di massima autorità militare della città ospite. In età assai avanzata morì a Trento il 29 novembre del 1554. La salma fu trasferita a Telve e inumata nella tomba di famiglia di quella chiesa parrocchiale. Aveva sposato Margherita Fuchsin di Fuchsberg e in seconde nozze Elisabetta di Thun, ma senza averne figli, cosicché con lui si estinse la famiglia.
Noi e il clima
di Laura Mansini
EFFETTO FARFALLA EFFETTO BOMBA
Ancora profondamente turbata dalla tragedia provocata dal distacco di un enorme seracco del ghiacciaio della Marmolada, mi sto chiedendo se la causa si debba esclusivamente all’inversione termica provocata dalle nostre automobili, al gas del riscaldamento degli appartamenti e da tutte le problematiche che come sappiamo coinvolgono il clima. Quotidianamente, infatti, meteorologi, scienziati, climatologi, ci dicono le cause di quest’acceleramento dei disastri provocati dal cambio climatico che sta portando il nostro bel Paese in alcune zone alla desertificazione, in altre ad improvvisi temporali corredati da bombe d’acqua, da violente e brevi tempestate. Per ora, tuttavia, mi sembra che nessuno pensi all’Effetto farfalla”, cioè alla teoria che si basa su un antico proverbio cinese il quale afferma che “Il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo”. Nella metafora della farfalla si immagina che un semplice movimento di molecole generato dal battito d’ali dell’insetto possa causare una catena di movimenti di altre molecole d’aria, che sommandosi alla fine potrebbero causare un uragano, a migliaia di chilometri di distanza; ovvero una singola azione può determinare imprevedibilmente il futuro. Nel 1962 il grande matematico, Edward Lorenz, per primo iniziò ad analizzare l’Effetto farfalla; infatti, basandosi sull’osservazione degli avvenimenti meteorologici generali e cercando di creare un sistema per prevedere il Meteo con precisione, osservò che non era sempre possibile farlo con certezza, poiché il risultato dipende da diverse variabili. che presentano un certo margine di errore, creando in tal modo uno spazio per il Caos, che confermerebbe l’antico proverbio. Un concetto per certi versi anticipato in un saggio del 1950 da Alan Turing: “Macchine calcolatrici ed intelligenza”. Alan Turing, dotato di straordinaria mente matematica, al quale si deve parte importante nella vittoria degli alleati nella seconda guerra mondiale, era nato a Londra nel 1912, faceva parte del controspionaggio inglese e viene considerato fra i fondatori dell’informatica. Egli con il suo saggio spiegò la natura ed i limiti teorici delle macchine logiche, prima che fosse costruito un solo computer. A lui si deve la decifrazione di Enigma, la complessa macchina messa a punto dai tedeschi per spiare le mosse degli alleati e criptare le proprie comunicazioni. Niente può essere perfettamente uguale, vi è sempre una piccola possibile crepa nei sistemi, che può creare il Caos. E’, questa, una teoria che mi ha sempre affascinata fin dalla giovinezza, anche se non ci capivo molto. A quei tempi si discuteva sull’enorme disastro ambientale creato dalle bombe atomiche lanciate su Hiroshima e Nagasaki, attribuendo a loro (a causa della dispersione atomica nell’atmosfera), l’enorme aumento delle malattie tumorali in tutto il mondo. Ora la scienza ci ha dimostrato che l’atmosfera è l’involucro gassoso che riveste la terra, trattenuto dalla forza di gravità e dal campo magnetico e, la parte che ci consente di vivere, è una pellicola molto sottile, all’interno della quale si muove l’aria che respiriamo ed hanno luogo i fenomeni meteorologici e le attività che cambiano il paesaggio terrestre. I venti ruotano attorno alla terra e trasportano i gas che incontrano; lo
Noi e il clima
abbiamo sperimentato quando la centrale nucleare di Chernobyl esplose il 26 Aprile del 1986 ed il primo maggio la nube tossica, conseguenza di questa catastrofe, era giunta anche sul nostro Trentino. Ricordo molto bene quel periodo, fu l’inizio di anni di paura, il nostro terreno era inquinato e si temevano le piogge. Ora mi chiedo che cosa stiano provocando le esplosioni continue delle bombe, dei missili che a causa della guerra che Putin pensava di risolvere in pochi giorni, stanno distruggendo alcune regioni dell’Ukraina, da più di 4 mesi. Sappiamo che non siamo connessi dalla sola atmosfera ma anche dalle onde sismiche che possono provocare terremoti, tsunami valanghe. Il Governo russo, certamente gode di queste distruzioni e morti provocate dal suo esercito e minaccia gli Stati che aiutano coloro che sono stati aggrediti: tuttavia ha poco di cui gioire, perché la Natura si ribella e non conosce confini, magari provocando in anticipo quello che è accaduto sulla Marmolada, a causa di questo repentino cambio climatico con un caldo tut anomalo anche per questa stagione e un clima che sembra impazzito. Forse è tempo che l’Umanità pensi seriamente al suo futuro e rifletta su quello che provocano le armi e decida di abbandonare l’idea che una bella guerra possa risolvere i problemi. Se basta il battito d’ali di una farfalla per provocare un uragano. Chissà cosa provoca una bomba.
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di Patrizia Rapposelli
STALKERWARE
È STALKING E VIOLENZA DIGITALE
Stalking digitale, l’Italia è seconda in Europa. L’11 % degli italiani risulta, secondo quanto emerge da un report Kaspersky 2021 , vittima di violazioni di privacy.
Nelle relazioni abusive ci sono anche gli stalkerware, sono software che permettono di spiare la vita privata attraverso un dispositivo smart. Una forma di violenza digitale che secondo il report “Lo stato della stalkerware nel 2021”, curato da Kaspersky, ha interessato più di 32.000 utenti mobile dell’azienda russa produttrice di software di sicurezza informatica in tutto il mondo. Nel 2021, a livello mondiale, sono stati censiti 32.694 casi, 611 dei quali rilevati nel nostro Paese. Questi numeri fanno dell’Italia il secondo paese più esposto in Europa e undicesimo a livello mondiale. Kaspersky fa riferimento ai propri clienti, sono soltanto una parte del totale. L’associazione Coalition Against Stalkeware, co-fondata dalla società russa, stima, inoltre, che, ogni anno, i casi di stalkerware al mondo siano circa un milione. È una tipologia di minaccia fino ad ora rimasta accantonata, ma nel mondo sono rilevati numeri importanti di casi. Parliamo di software spia, installati su dispositivi mobile o dispositivi intelligenti, che permettono di controllare le attività online. Nella maggior parte dei casi l’installazione degli spyware viene fatta da qualcuno che conosce la vittima e che ha facilmente accesso ai suoi dispositivi. L’installazione di uno di questi software sullo smartphone, tablet, etc., della persona che si vuole controllare, garantisce l’accesso remoto a tutte le informazioni. Localizzazione, mail, telefonate, messaggi istantanei, SMS, social network, fotocamera e ogni tipo di file. Le applicazioni spia costano poche decine di euro e agiscono senza che la vittima se ne renda conto. Il perseguitato è osservato, tipicamente con un portale web, dallo stalker. La situazione in Italia è leggermente in miglioramento rispetto ai numeri degli anni precedenti, ma questo non vuol dire che il fenomeno sia meno grave. I dati emersi dal rapporto fanno notare che non tutte le vittime nel mondo reale subiscono solo forme di stalking digitale, ma spesso quest’ultime sono esposte anche a soprusi concreti. Infatti, sempre dall’indagine di Kaspersky, emerge un collegamento tra la violenza online e offline. Dove l’11 % degli italiani dichiara di essere stata vittima di stalking digitale e il 13% afferma di aver subito violenza - abusi da parte del partner. Nel 2021, sempre limitatamente a chi usa software di sicurezza prodotti da Kaspersky, in Italia i casi di stalking digitale sono 611, in calo rispetto ai 1.144 del 2020 e i 1.829 del 2019 (rispettivamente ottavo e sesto Paese al mondo tra le nazioni più soggette al fenomeno). I ricercatori stanno analizzando e comprendendo questa attitudine, mettendo l’accento su una tendenza culturale. Stando ai dati del report, circa il 26 % degli italiani sostiene la legittimità nel controllare il partner in determinate circostanze. A novembre Kaspersky ha commissionato una ricerca globale con 21mila partecipanti provenienti da 21 Paesi diversi: il 70 % si è detto contrario al controllo del partner, ma il 30 % restante d’accordo. I motivi che spingono alla sorveglianza sono sospetti di infedeltà, incolumità personale e dubbio di attività illegali da parte del partner. Oltre le analisi e le graduatorie delle nazioni i software spia rappresentano vere e proprie attività di stalking, cyberstalking, abusi e violenze.