Valsugana News 11/2021 Dicembre

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ANNO 7 - NR. 11 - DICEMBRE 2021

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Attualità di Patrizia Rapposelli

GREEN PASS,

elettricità di un ingranaggio politico e popolare

G

reen pass, la nuova crociata è decisa: una campagna politica e mediatica, per vaccinare tutti. Alcuni pensano sia necessario, altri inutile. È evidente che lo Stato ha introdotto, indirettamente, l’obbligo surrettizio di vaccinarsi senza assumersi responsabilità e lo ha fatto spingendo il lavoratore a pagare per lavorare. Ora il Governo medita di non rilasciare più la certificazione ai non vaccinati. L’efficacia dei vaccini conta, ma la strada percorsa è poco trasparente e selettiva. Il cittadino, nel rispetto della libertà dell’altro, è legittimato a scegliere. Il pass non esclude dalla vita sociale e dà per certi versi protezione, ma se sopravvalutato, fa il gioco del virus. La responsabilità ricade nelle persone non vaccinate e in quelle vaccinate. È pragmatico dire che il green pass è una patente di libera circolazione per la persona e il virus. Il Paese è in cortocircuito, le parti raccontate si scontrano. La Costituzione è calpestata un po’, ma questo modello protegge dal virus, tanto che gli altri Paesi si preparano ad imitarci. Poi però è prolungamento dello stato di emergenza e narrazione allarmista. Qualcosa non torna. In Italia l’85 % della popolazione è vaccinata e l’attuale aumento dei contagi, parlano gli esperti, è dovuto alla stagionalità e all’efficacia calante del vaccino dopo sei-otto mesi dalla somministrazione. Aggiungerei la mancanza di responsabilità. Purtroppo, la ragione si perde tra due estremismi, si vax, no vax. Un

dibattito utile, dovrebbe basarsi sul confronto di opzioni diverse, per affrontare una realtà più o meno condivisa. Oggi le caratteristiche della discussione sono perse. Non è tanto prendere una posizione in favore o contro il green pass. Ci sono pro e contro, è un mezzo che permette di non chiudere, ma che dovrebbe essere maneggiato con cura. È poter esercitare quel senso critico necessario affinché una società possa continuare a dirsi democratica e aprire la possibilità ad ulteriori strade per gestire il virus (cure, trasporti, impianti di aereazione, etc.). Siamo al punto in cui domande o dubbi dei non allineati sono mandate in pensione. La discussione green pass si sta concretizzando in vaccinati e non vaccinati. L’Oms ricorda che l’Europa, il continente con il maggior numero di immunizzati, è dentro la quarta ondata. Il siero protegge e nonostante si spinge verso la terza dose, forse, non basta. Così come il green pass. E l’informazione è parziale. Poi, nessuno dice ad alta voce, che il vaccino, magari, non va bene a tutti: ogni farmaco si può adattare meglio a una o un’altra persona. Questa categoria viene comunque inserita nel minestrone dei no green pass, nei quali fanno rientrare negazionisti e no vax. Si sa, i no vax a prescindere ci sono da sempre, considerando che ci sono ancora i terrapiattisti. Francesco Vaia, direttore generale Spallanzani, ad un’intervista per Repubblica dice che il vaccino è

indispensabile, ma la comunicazione è stata pessima, balletti e tentennamenti, hanno generato dubbi di molti che oggi esistono, legittimamente preoccupati e disorientati. Gli italiani sono mine vaganti. Da una parte vaccinati con manie onnipotenti (la probabilità di rischio malattia è minore, ma esiste) e dall’altra gli opposti che protestano, esasperando commercianti e non solo. Nell’insieme vandalismi e violenze. Gravi e inammissibili. Palese, anche, l’ostentata rinuncia a dispositivi di protezione di questi assembramenti. Penso si debba essere nel giusto per provare ad essere ascoltati. Allo stesso modo altrettanti vaccinati mancano di questa attenzione. Green pass o meno, esiste un’irresponsabilità generale. È necessario un cambio di rotta, che forse non è un ricatto, ma azioni accompagnate ad altre che fanno riconquistare la fiducia del cittadino nel vaccino e nello Stato. Il green pass è l’elettricità che ha messo in moto un treno, ingranaggio politico e popolare, che va ad una velocità tale che rischia di deragliare. E su quel treno ci siamo tutti. La crociata dovrebbe orientarsi alla responsabilità di ognuno.

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SOMMARIO ANNO 7 - DICEMBRE 2021 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Erica Zanghellini - Katia Cont Alessandro Caldera - Massimo Dalledonne Emanuele Paccher - Francesca Gottardi - Maurizio Cristini Silvana Poli - Elisa Corni - Laura Mansini - Alice Rovati Francesco Zadra - Erica Vicentini Laura Fratini - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Nicola Maschio - Giampaolo Rizzonelli - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott. Francesco D'Onghia - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni D'Onghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)

PER LA TUA PUBBLICITÀ cell. 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

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Attualità: il Green Pass 3 Sommario 5 Fatti & misfatti: la legge Zan 7 La Valdastico o Vald’astio? 11 Il Parlamento, bilancio di un anno 12 Per favore ridateci Gesù Bambino 14 Contro l’evasione, basta contante 17 Il senso religioso 20 Trento, città più ecologica d’Italia 22 Gerusalemme, una città, tre religioni 24 I martiri giapponesi che ci insegnano il Natale 27 Le Funivie Lagorai 28 Il personaggio: Mauro Neri 30 La Federazione Trentina Prolo Loco d’Italia 33 Le Prolo Loco... ponte tra le comunità e il turismo 34 Shamsia Hassani, a colpi di grafiti 37 Società oggi: nasce “Oltre gli ostacoli” 38 Natale, un libro sotto l’albero 39 Economia & Finanza: la legge di bilancio 42 Lo sport in cronaca: Irene Pedrotti 45 I canti di Natale che scaldano i cuori 46 Il personaggio: mia zia Orsolina 48 Tra Provincia di Trento ed Estero: i Consultori 50 Novità in libreria: il libro di Matteo Paoli 51 Il personaggio: Valentino Rossi 54 A mio parere: con la cultura non si mangia 56 Eugenio Montale: il poeta della poesia umile 58 A parere mio: il mondo che non c’è 61 Buon viaggio Gianmaria 62 Ieri avvenne: Gugliemo Welsperger 64 Caritas zonale Valsugana e Tesino 66 L’Associazione Mazziniana di Trento 69 Il senso di una maratona: reportage dalla Grecia 70 Valsuganotti di successo: Flavio Casagrande 72 Il Beato Enrico da Bolzano 75 Il Centro Tesino di Cultura: viaggio a Mauthausen 76 Dio e noi, una sola cosa 79 Le antiche miniere di Cavè 80 Il Tiro a Segno di Strigno 82 La scuola di Borgo Valsugana in controluce 85 Il personaggio: Francesco Ambrosi 86 Anziani e l’attività fisica 88 Medicina & Salute: ragazzi e perfezionismo 90 I quattro paracadustisti della Valsugana 93 Girovagando: Luserna e Pieve Tesino 94 Il Golf Club di Roncegno Valsugana 96 La legge e il cittadino: le sostanze dopanti 98 Che tempo che fa 100 Le tradizioni natalizie: il vischio e l’abero di Natale 102

Fatti & Misfatti LA LEGGE ZAN Pagina 7

Il personaggio MAURO NERI Pagina 30

Sport e Società IL TIRO A SEGNO STRIGNO Pagina 82

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Fatti & Misfatti di Armando Munao’

Il Disegno di legge ZAN Un percorso travagliato Dieci articoli che, nelle intenzioni dei proponenti, avrebbero dovuto “aggiornare” la legge Mancino contro i reati di razzismo estendendo le pene anche a chi istiga alla violenza omofobica. Dopo l’approvazione alla Camera, il ddl Zan si è arenato al Senato. Alcuni articoli di questo decreto legge, sin dalla sua prima comparsa, hanno, infatti, trovato una forte, fortissima, opposizione e pareri contrastanti, specialmente il 1° sull’identità di genere, il 4° sulla libertà di opinione e il 7° sull’istituzione della giornata contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la tran­sfobia perché avrebbe coinvolto le scuole di ogni ordine e grado, quindi anche le elementari e medie. Il Centrodestra, la Lega e Forza Italia, con l’aggiunta poi di Italia Viva, avevano espresso serie perplessità e motivate critiche sugli articoli sopra citati tant’è che avevano presentato o chiesto modifiche, secondo loro, costruttive e migliorative al testo iniziale. Modifiche che non sono state accettate dal PD e dai 5 Stelle e che, di fatto, hanno motivato la bocciatura di una legge, da molti definita di “civiltà”.

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l 27 ottobre 2021 i senatori, votando a scrutinio segreto e a favore della “tagliola” proposta da Lega e Fratelli d’Italia contro il ddl. Zan “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità“ hanno bloccato l’iter parlamentare della proposta di legge che il 4 novembre 2020, con 265 voti favorevoli, 193 contrari e un astenuto, era stata già approvata alla Camera del Deputati. Per la cronaca la “tagliola”, detta anche “ghigliottina”, è un meccanismo previsto dal regolamento del Senato che testualmente così recita: “Prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un senatore per ciascun Gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame. La votazione della proposta ha la precedenza su quella degli ordini del giorno.” Il centrosinistra, a Palazzo Madama, era sicuro di avere 149 voti necessari per superare lo scoglio, purtroppo, però, parafrasando un vecchio adagio “ ha fatto i conti senza l’oste, perchè due senatori si sono astenuti e altri 16 sono passati con il centrodestra (questi ultimi perché certamente non condividevano la legge ZAN o parte di essa e quindi non hanno seguito le indicazioni di partito). E’ finita 154 a 131 e secondo l’opinione di moltissimi politici e commentatori i “franchi tiratori” potrebbero essere anche di più, perché il centrodestra poteva contare su 135 senatori. Immancabili le polemiche e le accuse, specialmente nel centrosinistra che ha accusato il centrodestra e

On.le Alessandro Zan

Italia Viva di aver voluto affossare una legge di civiltà, come l’hanno definita Letta and Company. Il segretario di Italia Viva Matteo Renzi, invece incolpa il Pd. “Per mesi, ha detto, ho chiesto di trovare un accordo per evitare di far fallire il ddl Zan. Hanno voluto lo scontro e queste sono state le conseguenze. La responsabilità di oggi è chiara: e dire che per Pd e Cinque Stelle stavolta era facile, più facile dei tempi di ‘O Conte o morte’. Non importava conoscere la politica, bastava conoscere l’aritmetica”. E Renzi, a conferma della sua posizione ha citato anche le parole di Romano Prodi il quale, nella trasmissione “Che tempo che fa” di RAI 3, era stato molto critico sulle circostanze relative al fallimento del ddl Zan dichiarando che : “Era molto facile fare piccole modifiche, anche verbali, ma si è strumentalizzato il tutto. Si voleva creare l’incidente e incidente c’è stato. È stata una prova di forza, la Destra ha anche vinto, ma a danno di un problema su cui ci voleva un accordo”. “L’arroganza dei Cinque Stelle e del Pd

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Fatti & Misfatti ha prodotto una sconfitta incredibile, non solo per il Parlamento, che ha perso l’occasione di far approvare una legge di civiltà, ma anche per le tante donne e uomini che aspettavano di essere finalmente tutelati da aggressioni e discriminazioni. Noi siamo quelli che hanno portato a casa la legge sulle unioni civili, mentre loro hanno giocato sulla pelle di persone che meritavano una legge, non delle bandierine”. Così Maria Elena Boschi, presidente dei deputati di Italia Viva. Sul ddl Zan era intervenuto anche il Vaticano, per voce del Segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, che nel mese di giugno aveva infatti inviato una nota all’ambasciata italiana presso la Santa Sede in cui si chiedeva formalmente la modifica del disegno di legge. Non è la prima volta che la Chiesa si esprime sulla questione.

Nel mese di maggio infatti era anche intervenuto il presidente della Cei, (la Conferenza Episcopale Italiana), il Cardinale Bassetti, affermando che “la legge potrebbe essere fatta meglio perché dovrebbe essere chiara in tutti i suoi aspetti senza sottintesi.” E vediamoli questi tre articoli contestati dal centrodestra e dai renziani e sui quali il PD, Letta in testa, i Stelle e altri, non hanno voluto aprire una discussione e un dibattito migliorativo, ma, convinti di avere la maggioranza, hanno cercato, a detta di moltissimi, il “muro contro muro”. Articolo 1: “Ai fini della presente legge: a) per sesso s’intende il sesso biolo­gico o anagrafico; b) per genere s’intende qualunque ma­nifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; c) per orientamento sessuale s’intende l’attrazione sessuale

o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; d) per identità di genere s’intende l’i­dentificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corri­spondente al sesso, indipendentemente dal­l’aver concluso un percorso di transizione”. Quindi, secondo gli oppositori al decreto e interpretando quanto previsto da questo ultimo punto, una persona, in qualsiasi momento del suo vivere, può svegliarsi una mattina e dichiarare di appartenere all’altro sesso e di sentirsi come tale con tutte le conseguenze del caso. Su questo specifico articolo si erano espresse, con parere decisamente sfavorevole, anche e soprattutto numerose associazioni femministe e lesbiche. L’articolo 4: (Pluralismo delle idee e libertà delle scelte).

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Fatti & Misfatti Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime ri­conducibili al pluralismo delle idee o alla li­bertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compi­mento di atti discriminatori o violenti”. In poche parole non viene ostacolata la libertà di espressione, ma la punibilità scatterà solo in caso di “concreto pericolo” di azioni discriminatorie o violente”. Di fatto, però, questo articolo introdurrebbe o potrebbe introdurre un reato di “opinione” nei confronti di chi è contrario, per esempio, ai matrimoni o adozioni gay, al cambio di sesso, alla maternità surrogata ( utero “in affitto”) oppure esprime la sua contrarierà o essere in disaccordo con un qualcosa che interessa, coinvolge o appartiene al mondo LGBT. Articolo, che se approvato e secondo emeriti

costituzionalisti, andrebbe contro l’Art. 21 della Carta che testualmente dice: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E la decisione su questo punto, ovvero sulla concretizzazione di un possibile reato, spetterebbe a un giudice. Articolo 7: “La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la tran­ sfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contra­stare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione.

In occasione di questa Giornata “sono organizzate cerimonie, in­contri e ogni altra iniziativa utile per la re­alizzazione delle finalità di cui sopra. Le scuole di ogni ordine e grado dovranno inserire nella propria offerta formativa programmi di sensibilizzazione a questo tipo di discriminazioni”.

Palazzo Madama - Roma

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Una strada fra Veneto e Trentino di Waimer Perinelli

VALDASTICO o VALD’ASTIO?

A

vevo una Fiat 600 e da Verona salivo a Trento per frequentare sociologia. Che tempi! Ricordo le file di autotreni sulla Statale 12, stretta e piena di curve, e il paese di Ossenigo, vicino a Dolcè, in particolare la salita sulla quale i mezzi pesanti arrancavano e con la mia Fiat, li superavo correndo sulla strada che attraversa il paese e sbucando così sulla Statale davanti a loro. Il sorpasso! Altro che il film di Dino Risi con Vittorio Gassman, uscito nel 1962, ovvero l’anno in cui partivano timidamente i lavori per l’autostrada del Brennero pensata già nel 1949. C’erano voluti 13 anni di polemiche, spesso insensate e irresponsabili, per arrivare a quel primo mattone e ce ne vorranno altri 11 per completarla. Ora non potremmo vivere senza questi 100 chilometri di strada su cui corrono la nostra esportazione ed il turismo. Poi ai tre moschettieri della dc, Piccoli, Bisaglia e Rumor, venne la pazza idea della PIRUBI: dal mare Adriatico e dintorni fino a Trento. Le bandiere verdi si spostarono dalla valle dell’Adige alla Valsugana e la Superstrada 47 è diventata una serie di spezzoni più o meno larghi e una trappola per il commercio e turismo. In molti, troppi casi una trappola mortale. L’hanno messa nel cassetto e da quello vicino hanno estratto la Valdastico. Gli oppositori a questo progetto, gli stessi ideologicamente e opportunisticamente contrari, tanto non si paga nulla a dire di no, hanno scoperto che il traffico della Statale 47, è una pura invenzione degli speculatori: che autotreni targati Olanda, Germania, Slovenia, Romania, partono da Borgo Valsugana per arrivare a Trento, lo stesso percorso compiuto dai camper e automobili dei turisti.

A loro si aggiungono i residenti a Pergine e Alta Valsugana che si lanciano su Trento facilitati dalle, dicevano i complottisti,” schifose” gallerie dei Crozi volute dal Centro sinistra in barba ai soliti oppositori che preferivano sfrecciare sulla stretta strada che corre sotto la montagna, trafitta dai massi e dall’acqua. Sognatori! Sognatori come loro gli amministratori strapagati ma che nulla hanno pagato per gli insuccessi della Superstrada della Valsugana oggi desolatamente abbandonata a se stessa anche da chi, in campagna elettorale, la voleva percorrere in carroccio. C’era perfino chi vantava di avere nel cassetto il progetto per una variante sotto Levico e il suo lago e poi giù a Trento. Sogni, ma anche sognare dovrebbe avere un costo: il prezzo delle bugie. Ora la parola d’ordine è Valdastico una strada di fantasia che, passando a Caldonazzo e sotto Centa sbuca a Mattarello, secondo il progetto Gilmozzi-Rossi, oppure forando la Vallarsa arrivare a Besenello, ma forse meglio si dice ora a sud di Rovereto. Con quest’ultimo progetto pare che i camionisti siano indotti dal paesaggio a percorrere qualche chilometro in più salendo e scendendo da nord a sud e viceversa. Voli di fantasia contro cui non due ma tanti cittadini ed amministratori locali si oppongono. Fra una proposta e l’altra è chiaro che la Valdastico, o meglio sarebbe chiamarla Vald’Astio, non vedrà la luce perché non si realizza nulla con l’indecisione, e non ha ragione d’essere “il qui o là” purché si faccia: se si ha da fare ci sono le possibilità tecniche, economiche, sociologiche, ambientali per decidere il miglior percorso. Non sono decisioni facili. Molte stra-

de esistenti seguono percorsi complicati con tornanti e curve tracciate non solo per evitare smottamenti e difficoltà ambientali, bensì per non rovinare i terreni di alcuni importanti proprietari, ai danni di altri. La massima espressione egoistica di fine millennio è riassunta dal motto di alcuni benpensanti: Non sul mio. Per accontentare loro dovremmo volare, ammesso che non rivendichino il possesso anche dello spazio aereo. Nel dubbio, stretti fra un’elezione e l’altra, i politici temporeggiano diffondendo a mani piene tracciati e percorsi. E i tecnici, diventati divi della televisione, si trasformano in politici.: e si sa che la politica è spesso intrisa d’astio.

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2021 un anno impegnativo di Cesare Scotoni

PARLAMENTO BILANCIO DI UN ANNO

È

tempo di bilanci, di individuare la cifra che ha caratterizzato l’anno che si chiude. Certo non è facile per l’Italia ricondurla ad un inizio ben preciso. Ovvio che non ci si riferisca qui al pretesto pandemico più recente, bensì al fallimento del 2005 sulla Costituzione Europea di cui abbiamo vissuto e viviamo ora le conseguenze più aspre. L’Idea di un’Europa COSTRUITA su una comunanza ed una condivisione dei Diritti e dei Doveri dei Cittadini e degli Stati Membri, in cui ad una Moneta Unica corrispondesse un Quadro Normativo Coerente e dei Vincoli e delle Regole Comuni fu azzoppata in 3 Paesi, tra cui la Francia, dalle divergenze emerse in modo eclatante nel conflitto che accompagnò la dissoluzione jugoslava e nel corso del quale ciascun stato membro riconobbe come prevalenti i propri interessi rispetto a quell’interesse generale che vedeva invece un’Unione rinnovata i cui Confini non dovessero necessariamente coincidere con quelli dell’Alleanza Nord Atlantica.

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L’Italia che, fin dal 1994, era stata la leva per frenare la nascita di una moneta unica, toccò con mano nel conflitto del 2011, come l’indebolimento dell’Alleato d’oltre Atlantico sulla vicenda dei derivati sui mutui subprime, significasse una sua emarginazione nel Progetto di Unione, ridotto dopo il 2005 ad un mero coacervo di accordi bilaterali. La vicenda ucraina, con il conflitto esploso nel 2013 a Kiev tra Germania ed Inghilterra e risolto nel 2015 con l’intervento russo in Siria e le portaerei USA mosse dal Mediterraneo al Mar della Cina, erano un chiaro segnale e la successiva uscita della Gran Bretagna dall’Unione la cesura di quelle ambizioni franco-tedesche. Il resto è solo cronaca, per chi sa leggerlo. Cosa han significato quindi i duri passaggi di questo 2021? Dobbiamo forse oggi fingere che la banalità della “Decrescita Felice” o della “Repubblica dei Sussidi” siano altra cosa dalla Volontà di una minor dipendenza dai carburanti fossili travestita da svolta

Roberto Fico - Presidente della Camera dei Deputati

Green, o dalla dura ristrutturazione degli apparati produttivi e dell’organizzazione della distribuzione, dalla Liberalizzazione del Welfare, del ritirarsi del pubblico da interi comparti con l’obiettivo di indirizzare invece risorse pubbliche a nuovi strumenti di “Difesa Comune”? Il G8 di Pratica di Mare nel 2001 vide l’Italia protagonista della battaglia per poi


2021 un anno impegnativo

Palazzo Montecitorio - Sede della Camera di deputati

perdere la Guerra, tutta europea, cui il 2005, con la fine di quelle ambizioni, dette l’avvio. Oggi la spinta cinese e la necessità degli USA di riacquisire capacità negoziale su quel fronte ha trovato o creato il pretesto per ridisegnare l’organizzazione della spesa di quella “Old West Europe”, che mai si è fatta Unione. Qualcuno nel finale di partita, ha detto “VEDO!” e l’Unione ha mostrato tutte le sue divisioni e le sue debolezze. E il nostro Paese ha bruciato un’altra volta una Classe Dirigente. L’Italia ha accettato, ancora una volta

tacendo, il commissariamento di una intera Classe Politica espressa in un Parlamento che non ha chiesto di confrontarsi su quelle Riforme di cui un “Esecutivo del Presidente” è un mero latore. Non perché non vi fosse spazio per una progettualità nazionale, ma perché la maggioranza relativa del Parlamento era priva di un qualsiasi riferimento sociale di cui fosse l’espressione politica o di cui rappresentare gli interessi. Non solo, la maggioranza relativa del Parlamento ha mostrato e mostra tuttora una tragica incapacità di farsi Istituzione. Uccidere i Partiti per rappresentare un volatile consenso è la logica che imperversa da 5 lustri ed ha offerto agli elettori l’occasione per ricordare come i Partiti nacquero per “costruire consenso” e che quello si edifica sulle

idee. Il 2021 ha spazzato via 27 anni di suggestivi equivoci, per offrire nuovamente spazio alle Ideologie ed alla esigenza che quelle rappresentino dei BISOGNI CONCRETI. Le Ipotesi Accademiche hanno reso il Sogno Europeo un Incubo. Gli Europeisti senza Europa hanno esaurito il catalogo degli slogans ed ogni italiano avverte sulla pelle come un Paese Forte e dalle Istituzioni fragili come il nostro, deve “ritrovarsi” per costruire forme nuove di Sovranità. In Europa e con l’Europa, ma partendo da ciò che NOI siamo per Storia, Tradizioni, Autonomie, Organizzazione della Formazione, della Produzione e del Welfare e dell’Impianto Normativo che ne Regola il funzionamento. Che non sono certo riconoscibili nell’impianto di riforme che il Mario Draghi sta offrendo ad un Parlamento attonito ed imbelle.

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Lo spirito del Natale di Waimer Perinelli

PER FAVORE,

RIDATECI GESU’ BAMBINO

“P

ensate cosa accadrebbe se un giorno, contemporaneamente, da tutti i presepi del mondo scomparisse la statuetta del Bambino Gesù”. E’ questa una fantasia di Mauro Corona che dell’episodio ha fatto il tema per una favola sul bene e male, sull’ ipocrisia e malvagità dell’umanità. Il rapimento del Bambinello è un’ invenzione ma da non sottovalutare perché spesso accade che la realtà superi l’immaginazione. La cronaca ci racconta di molti rapimenti del bambinello: a Lissone in provincia di Monza, due anni fa, quattro giovani hanno agito nella notte fra il 30 e 31 dicembre sottraendo la statuetta dal presepe allestito sul sagrato della chiesa principale. Puro esibizionismo immortalato, con infantile follia, su Istagram, ovvero la rete sociale dove, avanzando la tecnologia, regredisce spesso, l’intelligenza. A Vigevano altri giovani hanno inscenato il rapimento chiedendo il riscatto, come si scrisse, a fin di bene, perché per la restituzione del bambinello chiedevano il risanamento dell’oratorio che il parroco, vecchio e stanco, aveva abbandonato all’azione demolitrice del tempo. Blasfemo il primo rapimento quanto ingenuo il secondo, ma, nelle diverse sfumature delle narrazioni natalizie, esistono moltissime versioni poetiche. Lo stesso Mauro Corona, eclettico artista friulano, nel 2015, aveva fantasticato sul ritrovamento nella mangiatoia di un bambinello nero e di uno bianco per raccontarci della biodiversità dell’uomo.

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A lui dobbiamo, in questi giorni, una Favola di Natale che è rappresentazione della vita. Nella storia fantastica di Mauro Corona, come nella vita reale, le indagini per trovare bambino e rapitori, scattano rapide e in tutte le direzioni; i primi ad essere sospettati sono i i soliti ladri, poi i collezionisti e i senza fede. Ma non accade nulla e la statuetta non si trova; qualcuno allora inizia a sospettare che l’artefice del furto sia Satana, anche perché, ogni tentativo di rimodellare il bambinello fallisce. Solo un artigiano riesce nell’intento modellando la cenere del camino, ma poi un colpo di vento distrugge anche questa sua opera, simbolo della rigenerazione, che ritroviamo nella favola dell’Araba Fenice rinata dalle proprie ceneri, e nella vicenda di Gesù venuto al mondo, dice il Vangelo, per rigenerare spiritualmente l’umanità. Una bella immagine, suggestiva, capace di evocare primordiali paure e altrettante speranze, raccontata da un uomo che dalla vita ha avuto molto, al punto da poter dire ai propri familiari di

non avere bisogno di alcun regalo a Natale, ma che tale fortuna ha dovuto costruirla, passo dopo passo, con pazienza e attenzione, come quando scala le pareti della roccia attorno ad Erto, il suo paese. Il geniale scrittore, alpinista, scultore, da qualche tempo anche commentatore televisivo, ci porta a riflettere sulla perdita possibile, ma in parte già avvenuta, dell’innocenza dei bambini. Quella semplicità che li porta a credere nelle favole, a viverle con intensità, a credere che ci sarà sempre il lieto fine, come accade perfino nella laicissima leggenda “Canto di Natale”di Charles Dickens, dove l’avaro ed egoista Scrooge riesce nel finale a trovare la giusta via, quella della bontà e generosità. Un finale da favola per una storia cruda, dove si descrivono azioni e sentimenti cattivi purtroppo tanto presenti nel nostro mondo martoriato dall’odio e dall’invidia, dalle guerre, omicidi, furti, rapimenti.. Il bambino del Presepe (sinonimo di mangiatoia) , ideato nel 1223 da San Francesco d’Assisi con una rappresen-


Lo spirito del Natale tazione vivente nel borgo di Greccio, rappresenta tutti i bambini del mondo. Tutti rapiti nella fantasiosa favola di Mauro Corona il cui intento, subito evidente, è indicarci come i bimbi vengono “rapiti”e trasportati nel mondo virtuale, fasullo, dove videogiochi, telefonini, applicazioni, se malamente usati, distraggono dalla vita reale. I bimbi e gli adolescenti si ritrovano in un mondo che non insegna nulla, tutto il contrario delle favole, ideate per accrescere lo spirito critico, educare con intelligenza, illustrare alcune regole morali. Da Fedro a La Fontaine, Tolstoi, Trilussa... Calvino, scrittori capaci di educare divertendo. Nei loro racconti, come in quelli di Mauro Corona, è rappresentata la vita dell’uomo nella società e nella natura, dove non mancano i conflitti, i soprusi ma, alla fine, il bene prevale lasciandoci qualche volta una triste

amarezza. La favola attuale è raccontata dal G20 di Roma e da Cop26 di Glasgow, dove politici e amministratori di gran parte del mondo si scambiano opinioni e rimedi sui problemi ambientali della Terra. Greta Thunberg, la pasionaria del pianeta, non crede alle favole e teme che i bla,bla, bla dei politici siano solo fumo per inquinare le menti, al pari dello smog generato dall’uso di combustibili fossili, che distrugge la natura. Alla recita dei grandi della Terra manca ancora il finale. E’ difficile credere al ravvedimento degli speculatori, degli accaparratori di soldi:

sono loro gli attuali Scrooge che distruggono lo Spirito del Natale. Sono loro che uccidono il bambino che si trova dentro ogni uomo saggio. Noi vogliamo continuare a credere alle Favole. Per favore: Ridateci Gesù Bambino.

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Economia, finanza e società di Franco Zadra

CONTRO L’EVASIONE BASTA CONTANTE Con gennaio 2022 entra in vigore lo stop alle transazioni in contanti oltre i 1000 euro, per effetto del decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2020 che dal primo luglio aveva già ridotto la soglia da 3 mila a 2 mila euro, applicata per qualsiasi tipo di pagamento o di passaggio di denaro tra persone fisiche o giuridiche.

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uesto significa che non solo l’acquisto di un bene o la prestazione di un professionista, ma anche una donazione o un prestito a un figlio per una cifra di almeno 1000 euro dovrà essere giustificato ed effettuato con un tipo di pagamento tracciabile, come un bonifico. Nulla cambia per quanto riguarda prelievi e versamenti in banca, poiché non si tratta di trasferimenti di denaro tra due soggetti diversi ma di movimenti che interessano una sola persona, ma il divieto si riferisce anche ai titoli al portatore in euro o in valuta estera, comprese le donazioni o le erogazioni a favore di parenti. Si tratta della nona modifica in vent’anni, e della quinta negli ultimi dieci. Il 6 dicembre del 2011 fu il decreto Salva Italia dell’allora governo Monti a portare il tetto a 1000 euro. Poi arrivarono le modifiche del 2016 e l’esecutivo guidato da Matteo Renzi lo triplicò. La politica portata avanti dal governo italiano della guerra al contante attraverso la misura del cashback ha facilitato questa scelta, trainando l’inversione nei pagamenti, dando spazio alla moneta elettronica e arginando il fenomeno del sommerso. Una tendenza che, forse, in pochi anni arriverà ad azzerare l’utilizzo del contante. Fate attenzione anche se utilizzate assegni bancari, assegni circolari, vaglia postali e vaglia cambiari, per

pagare una somma uguale o superiore ai 1000 euro, ad apporre la clausola obbligatoria “non trasferibile”, e indicare nome o ragione sociale del beneficiario, poiché non si possono usare assegni trasferibili, girati da altri o anche fatti all’ordine “mio proprio” e poi girati al beneficiario, utili solo per prelevare contanti in banca o alla posta, con girata alla banca (o alla posta) stessa. Una cosa è certa: le transazioni elettroniche riducono notevolmente, almeno in apparenza, la possibilità di pagamenti in nero e l’evasione fiscale, ma i contanti rimangono la modalità di pagamento preferita dagli italiani tant’è che il nostro Paese si trova al penultimo posto in Ue per il numero di transazioni pro capite con le carte (81 contro una media di 146, quasi la metà). Ma numerosi studi sembrano indicare che il problema contante sia in realtà un falso problema per combattere l’evasione e le frodi, poiché non è provato in modo scientifico che un ridotto uso del contante migliori questo aspetto, chi ci governa però pare propendere per la necessità di attuare tale sistema, e per questo si sono chiusi centinaia di sportelli bancomat rendendo il denaro irreperibile, almeno nei piccoli centri italiani.

In Italia siamo abituati ai fronti opposti sul tema evasione, con governi sempre divisi tra favorevoli e contrari. L’argomento di chi si oppone al limitare la circolazione del contante evidenzia come questa non favorisca l’inclusione sociale e non faccia da volàno per l’economia, ma quando Renzi portò le transazioni monetarie da mille a 3mila euro, si ebbe l’effetto di veder crescere di 0,5 punti l’economia irregolare in Italia. Guardando da un altro punto di vista sembra che l’argomento evasione vada affrontato non tanto dagli economisti, ma dagli statisti “vecchio stampo”. Senza contare la reale possibilità di controllo del sommerso e di sanzionare quel centesimo in più ai leciti 999,99 euro di una transazione cash, va fatta crescere una cultura diversa e una filosofia di vita che non si paga, nemmeno con due banconote da 500 euro.

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I.C.E.V.

S.R.L.

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Il senso religioso di Franco Zadra

RAGIONEVOLEZZA, ESIGENZA STRUTTURALE DELL’UOMO Percepiamo ancora se un atteggiamento è o no ragionevole?

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el tentare di sgomberare il campo da ogni possibile equivoco che può sorgere affrontando un discorso sul senso religioso, abbiamo fin qui visto una premessa di metodo – attingendo al testo di don Luigi Giussani intitolato appunto come questa rubrica –, il realismo, che ci ha aiutato a comprendere come il metodo con cui si affronta qualcosa è determinato dall’oggetto allo studio, e non, come quando ci dilettiamo in qualche revisionismo storico (per fare un esempio classico, possiamo interpretare il fascismo come “guerra civile europea”, scaturita dalla reazione al bolscevismo, per non dire di Gesù Cristo per cui ci si è spinti fino a considerarlo un alieno), immaginato a capriccio del soggetto. La seconda premessa di metodo che ci presenta don Giussani è la ragionevolezza come capacità “strutturale” dell’uomo di prendere coscienza del reale secondo la totalità dei suoi fattori. Per cogliere come non sia del tutto scontato il fatto che utilizziamo sempre la ragione come invece la potremmo usare – e siamo chiamati a usarla in quanto uomini – ci serviremo di un recente fatto di cronaca, la strage avvenuta il 5 novembre scorso in Texas quando, durante il concerto del rapper Travis Scott all’Astroworld Festival di Houston, per il quale già a maggio i 100mila biglietti in vendita erano andati esauriti in un’ora, una calca di gente ha causato la morte di dieci ragazzi tra i 9 e i 27 anni, mentre circa 300 sono finiti in ospedale, vittime, a quanto può sembrare, di panico

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e caos. Travis Scott, in un tweet, si dice “devastato” per questa tragedia, «Le mie preghiere sono per le famiglie di tutte le persone coinvolte», ed è di solito questo che la gente intende per “senso religioso”, lasciando l’opinione pubblica “in pace” nel sapere che verranno rimborsati i biglietti dell’evento ed è stato già annullato il prossimo concerto. Dobbiamo dirlo? Viviamo in superficie ogni rapporto con la realtà! Rieducati dalla cultura dominante che ci vuole solo consumatori, disinteressati ai drammi degli altri che al massimo potranno dichiararsi delusi, come il nonno dell’ultima vittima di 9 anni, dal fatto che la città permetta che un evento continui in questo modo uccidendo decine di persone, «Vogliamo solo sapere cosa è successo e chi sono i responsabili». Risulta poi assolutamente irragionevole l’atteggiamento del rapper che ha continuato a cantare mentre la gente moriva ai piedi del palco. Ma l’accusa nei suoi confronti è, al limite, di scarsa sensibilità per la folla in difficoltà. Qualcuno potrà ricordare episodi più “nostrani” di gente in spiaggia che continua a prendere il sole mentre cadaveri di migranti ingombrano la battigia, oppure altri, purtroppo tantissimi, esempi, ma non dobbiamo dimenticare che ciò che emerge da questi fatti è la nostra indotta consuetudine a un uso riduttivo della ragione, del tutto sdoganato a livello culturale. Canzoni di successo come quella nell’album Blue’s del 1987 di Zucchero Fornaciari, ci hanno incul-

cato che è vero che «solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica», e pare una beffa che ci siamo ridotti a questo punto se si pensa che nel Settecento, detto anche “il secolo dei Lumi”, avevamo la pretesa di “illuminare” le coscienze mediante la luce della ragione, rischiarandole così dalle tenebre dell’oscurantismo medievale. Oggi, appare ragionevole farsi “sbattezzare” e rinunciare al patrimonio di valori che il cristianesimo ci conserva, senza peraltro conoscerne più i contenuti. Sembra che vi sia un misterioso ostacolo che rende impossibile anche ai cristiani l’essere cristiani. Per questo, consiglio la lettura del libro di Alexander Schmemann, “Per la vita del mondo. Il mondo come sacramento”.


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Attualità di Enrico Coser

TRENTO CITTÀ PIÙ ECOLOGICA D’ITALIA T

rento si conferma la città più ecologica d’Italia nell’edizione 2021 del progetto Ecosistema Urbano. Lo indica l’indagine di Legambiente, giunta alla 28esima edizione, nel rapporto realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ore, che mette a confronto la vivibilità ambientale dei capoluoghi italiani. Gli indicatori presi in considerazione sono: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. La classifica generale conferma Trento al vertice, seconda Reggio Emilia (salita dalla quinta posizione e sempre in testa nelle piste ciclabili), terza Mantova. Tra le città medie e piccole del nord che assiepano la Top Ten, la sola eccezione è Cosenza: quinta nel 2018, era ottava l’anno scorso, ma è diventata addirittura quarta in particolare grazie al primo posto per basso numero d’incidenti e acque depurate, il quarto per le isole pedonali, il quinto per la diffusione del solare termico e fotovoltaico su edifici pubblici e il nono per la “ciclabilità”. A premiare Trento sono l’83,1% di raccolta differenziata (sesto posto in Italia) e soprattutto il verde a disposizione degli abitanti: 399,5 metri quadrati per ogni cittadino, secondo dato in tutto il Paese. Bene anche i parametri energetici, con il quinto posto nella classifica della dispersione energetica e l’ottavo in quella del solare pubblico. Chiudono la top ten Treviso, nona, e Ferrara decima, al comando nella raccolta differenziata con l’87,6% di rifiuti

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Trento - Piazza del Duomo

separati. In fondo alla lista, si rileva il quartultimo posto di Alessandria (con due rappresentanti del centro Italia, Massa e Latina, rispettivamente 98esima e 100esima) ma sette degli ultimi dieci capoluoghi appartengono al sud. Di questi ben cinque sono siciliani. Quanto alle grandi città metropolitane dal 2016 a oggi il rapporto mette in luce Milano: in particolare è l’unica, tra le grandi città, dove è diminuito il numero di auto circolanti ogni 100 abitanti. Bologna si distingue perché ha più piste ciclabili: 12,4 metri lineari ogni 100 abitanti (+15%), Genova per il basso inquinamento, Palermo per la maggiore crescita (+12%) nella differenziata negli ultimi sei anni. Soddisfatto per il risultato raggiunto, il sindaco di Trento Franco Ianeselli. «Per il titolo di capoluogo più sostenibile d’Italia – scrive Ianeselli in una nota -, dobbiamo ringraziare tutte le persone che lavorano nell’Ammini-

strazione comunale e provinciale. Ma soprattutto la nostra riconoscenza va ai cittadini, perché è merito loro se nella raccolta differenziata raggiungiamo risultati importanti o se a Trento c’è la propensione a spostarsi con l’autobus. Poi certo conta anche quanto è stato fatto dall’Amministratore comunale negli anni precedenti, conta la pianificazione strategica dei primi anni Duemila, che ha messo le basi per la sostenibilità di oggi. Erede di quella pianificazione è oggi il Pums, il piano urbano della mobilità in via di definizione, che prevede non solo grandi opere ma anche piccoli interventi per favorire gli spostamenti leggeri.Essere la città più sostenibile è importante – conclude il sindaco –, oltre che per i residenti, anche dal punto di vista turistico perché, nel decennio in cui più si parla di sostenibilità, credo che sia significativo poter mostrare ai visitatori il proprio impegno ambientale».


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La Palestina e la guerra infinita di Guido Tommasini

GERUSALEMME UNA CITTÀ, TRE RELIGIONI

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a guerriglia urbana dello scorso maggio aveva bloccato gli espropri delle abitazioni palestinesi di Sheikh Jarrah, quartiere di Gerusalemme Est ed ora le quattro famiglie residenti hanno respinto il compromesso offerto dai giudici della Corte Suprema israeliana. L’esproprio, su iniziativa della Nahalot Shimon( associazione di coloni ) era stato giustificato dal fatto che in quel quartiere aveva vissuto in passato una comunità ebrea per cui bisognava ripristinare lo status quo. Per la verità nel corso dei secoli quei territori sono stati abitati o egemonizzati da diverse entità: cananee, filistee, assire, romane, arabe, bizantine, franche, seleucidi, egiziane, turche, tanto per citare solo le più importanti. E’ comprensibile che gli israeliani accentuino la presenza ebraica in quei territori, ma non si può esagerare. Tanto per avere un quadro di fondo, Gerusalemme, città santa per le tre religioni monoteistiche è stata attaccata nel corso dei secoli 52 volte, conquistata 44 volte, assediata 23 volte e distrutta 12 volte. La sovranità territoriale ebraica su di essa è stata quindi di durata molto limitata e comunque, era ormai scomparsa totalmente già dal 63 A.C. con la conquista del Regno di Giuda da parte del romano Pompeo Magno. Del resto, le rivendicazioni israeliane attuali si inseriscono semplicemente dentro un progetto di potere mirante ad attrarre del tutto nella sfera dell’ebraismo quella città, che invece dovrebbe restare un luogo condiviso fra ebraismo, cristianità ed Islam. La chiesa del Santo Sepolcro e la moschea di Al Aqsa ne sono testimoni. Per una visione generale sul cristianesimo mediorientale bisogna premettere che, come conseguenza indiretta della guerra di George W. Bush in Irak, l’ Islam Politico

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Gerusalemme

nelle sue varie espressioni(Isis o Daesh, Al Nusra o Tharir Al Cham) ha trovato ampi spazi di manovra per eliminare le altre religioni compreso il cristianesimo: ad Aleppo dei 300.000 cristiani ne sono rimasti 3.000, a Jabroud, un’altra città siriana di 60.000 abitanti, dove si parlava l’antico aramaico il cristianesimo è stato stroncato anche con la simbolica distruzione da parte di Al Nusra(la Al Qaida siriana) una statua simbolo della Vergine Maria adorata anche dai musulmani, ma questa situazione è generale. Il presidente cristiano libanese Aun aveva anni fa, fatto presente che, dove si erano impiantati, i terroristi islamici avevano liquidato quasi del tutto i cristiani d’Oriente, aggiungendo che Israele cercava sempre di frammentare la regione in pezzi confessionali, simulacri di stati per assemblare un puzzle settario. A questo proposito si ricorda che nel 1982 Odede Yinon, funzionario del Ministero degli Esteri israeliano, aveva già elaborato un piano che recitava in particolare: “La dissoluzione della Siria e dell’Irak in aree etniche o religiosamente coese è l’obiettivo prioritario di Israele per il fronte orientale a largo raggio”. La configurazione attuale del Medio Oriente è molto simile

a quella ed ha prodotto stragi e fughe non solo di cristiani, ma anche di altre minoranze come gli sciiti, gli yahzidi, gli shabacks, gli aramaici, tutte denunciate dettagliatamente dall’associazione Chredo con sede a Parigi che si batte contro queste discriminazioni. La Caritas e l’ ACS(Aiuto alla Chiesa che soffre) hanno peraltro individuato anche le terribili condizioni in cui attualmente versano i cristiani siriani mentre a Gerusalemme l’associazione ebraica Ateret Cohanim(La corona dei sacerdoti) cerca da anni di ostacolare l’attività del Patriarcato Greco-Ortodosso per strapparle anche la proprietà di alcuni Hotel storici con la conseguenza che la Porta di Jaffa, secolare ambito dei palestinesi cristiani della Città Vecchia, verrebbe trasformata in un quartiere ebraico. E tutto questo avviene nell’indifferenza del mondo occidentale non solo per l’identità di Gerusalemme ma anche per le libertà religiose in pericolo ed i diritti delle minoranze falcidiate. Con il nuovo premier israeliano Naftali Bennet favorevole alle iniziative dei coloni anche la soluzione dei Due Stati(Israele e Palestina), sostenuta dal presidente americano Biden si farà sempre più lontana.


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Ieri avvenne di Franco Zadra

I martiri giapponesi che ci insegnano il Natale Mentre si susseguono le varie ondate di pandemia arriva anche quest’anno Natale portando forse, assieme a una accresciuta incertezza, uno stimolo in più per approfondire il suo significato, se non altro per chiederci che cosa voglia dire per noi il celebrarlo dentro il variare delle circostanze. La festa del Natale è il fare memoria di un fatto unico e irripetibile nella storia umana, Dio che si fa carne, l’incarnazione del Logos di Dio in un uomo che ha promesso di stare sempre con noi fino alla fine dei giorni.

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er questo, non si capisce il Natale se non si guarda alla morte e risurrezione di Cristo. Non si può gioire del Natale se non si accetta la croce, argomento però divenuto tabù nelle festività natalizie ridotte a sagre sentimentali dal pervasivo risvolto commerciale, dove è quasi obbligatorio sentirsi più buoni, come effettivamente accade ai più. Celebrare il Natale include una prospettiva di eternità che sembra del tutto dimenticata, ma la smemoratezza degli uomini non è mai stata un ostacolo all’irrompere di Dio nella storia, e facciamo ancora esperienza della grande forza di questa profezia: «Il popolo che camminava nelle tenebre, vide una grande luce». Paolo Miki, celebrò il Natale di 525 anni fa in carcere a Osaka, assieme ad altri 25 compagni di fede. La sua storia – rintracciabile facilmente in Rete – ci può aiutare a ritrovare uno spirito natalizio più autentico. Il 5 febbraio 1597 in Giappone sulla collina di Tateyama alle porte di Nagasaki vennero erette 26 croci. Fu la prima esecuzione pubblica da quando lo Shogun Hideyoshi aveva ordinato di perseguitare i cristiani. Fino a quel momento non c’erano stati problemi, il grande gesuita missionario Francesco Saverio era arrivato in Giappone nel 1549, e in pochi anni i cristiani si erano moltiplicati,

San Paolo Miki e gli altri, i giapponesi crocifissi per la fede (da Famiglia Cristiana)

arrivando fino a 200mila credenti. Ma i “signori” dell’epoca, gli Shogun, si sentivano minacciati, temevano che la nuova religione avrebbe portato a un’invasione del Giappone da parte delle potenze occidentali. Soprattutto per questo iniziarono a perseguitare i cristiani. Paolo Miki era molto conosciuto tra i cristiani giapponesi. Era il primo gesuita giapponese, un grande predicatore, e molti si erano convertiti dopo averlo ascoltato. Fu arrestato a Osaka nel dicembre del 1596. In carcere con lui c’erano altri due gesuiti, sei missionari francescani, e diciassette laici giapponesi, tra cui due ragazzi, Antonio e Ludovico, di 11 e 13 anni. In tutto 26 cristiani. Subirono torture terribili, ma nessuno di loro rinnegò la fede. Furono costretti a camminare per trenta giorni da Osaka a Nagasaki, un tragitto di 800 chilometri nel rigido inverno giapponese. Un viaggio che si trasformò in una grande testimonianza di fede. Il 5 febbraio 1597 vennero portati

sulla collina di Tateyama per essere crocifissi. Quando videro le croci, su cui erano scritti i loro nomi, si inginocchiarono e le baciarono. Quel luogo viene chiamato “la santa collina”. Paolo Miki parlò un’ultima volta perdonando i suoi persecutori ed esortandoli a convertirsi. «Dichiaro pertanto a voi che non c’è altra via di salvezza se non quella seguita dai cristiani. Io volentieri perdono all’imperatore e a tutti i responsabili della mia morte, e li prego di volersi istruire intorno al battesimo cristiano». Morirono tutti lodando Dio fino all’ultimo respiro, e il sangue di questi martiri è diventato il seme di nuovi cristiani. Passarono più di 250 anni prima che dei missionari potessero tornare in Giappone, ma quando tornarono trovarono ad attenderli una fiorente comunità cristiana, i “Kakure kirishitan”, i cristiani nascosti. Avevano conservato la loro fede per oltre due secoli, e finalmente potevano tornare allo scoperto. Paolo Miki e i suoi 25 compagni furono beatificati nel 1627 e canonizzati da Pio IX nel 1862. La messa al bando dei cristiani dal Giappone è stata abolita ufficialmente nel 1873. Papa Francesco che da giovane gesuita desiderava andare in Giappone in missione, durante il viaggio apostolico del 2019 ha potuto finalmente pregare davanti alle reliquie di questi primi martiri giapponesi.

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Il personaggio di Chiara Paoli

MAURO NERI Una vita passata a raccontare storie Mauro Neri, giornalista e scrittore che ha saputo dare voce alla Tempesta Vaia e ci ha tenuto compagnia con le sue storie per bambini durante il lookdown, ci racconta le sue ultime “imprese” letterarie.

Mauro Neri

Da quanti anni scrivi storie? M: Io scrivo storie da circa 42-43 anni, ho pubblicato ad oggi circa 270 titoli, di cui una parte considerevole dedicata all’infanzia e all’adolescenza. Come è nata questa passione per la scrittura? Nasce tutto dalla mia vecchia nonna Pia, quando passavo le estati da lei, tutte le sere mi raccontava sempre una storia diversa che si inventava lì per lì, di volta in volta con grande fantasia. È stata lei a darmi l’imprinting verso la narrazione e la chiave per il mondo della fantasia. Quando è nata mia figlia Veronica, ho iniziato a raccontare ogni sera a mia volta delle storie che inventavo per lei. Agli inizi degli anni ‘80 lavoravo a Vita Trentina come giornalista e all’epoca il

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direttore era don Vittorio Cristelli. Quando gli raccontai di questa mia abitudine serale mi propose di pubblicarle, dando nuovamente spazio alla pagina di storie per ragazzi. Nasce così “il Contafiabe racconta per voi”. In questi anni ho scritto più di 750 fiabe, considerate anche quelle inserite in raccolte di vari capitoli, in cui ognuna è una storia a sé. Per ragazzi e adulti ho scritto anche 32 racconti di archeologia, che usciranno in una collettiva a primavera del prossimo anno. I bambini degli anni ’80 che mi seguivano con passione sono cresciuti e così ho cominciato a scrivere anche romanzi per grandi, per accompagnarli ancora nella loro vita ormai adulta. Ma oggi, c’è ancora qualche sogno nel cassetto… Quali sono progetti attuali? Con Silvia Vernaccini, mia moglie, abbiamo avviato una raccolta dal titolo I Libraloghi. Si tratta di cataloghi sull’arte con narrazione. Nel catalogo classico mancava la contaminazione tra arte e letteratura e così, in accordo con alcuni amici artisti, è partito questo progetto per cui sono state create delle opere d’arte ispirate alla storia narrata da me. Nasce così “Anselmo e Meral” partendo da un’antica leggenda gardesana che arriva sulla porta dell’Oriente, illustrata dalle opere d’arte del veneto Luigi Ballarin. La pubblicazione ha avuto un notevole successo, nonostante l’arrivo della pandemia con le sue conseguenze. La storia è stata fatta propria dalle

ambasciate italiane di parecchi Paesi soprattutto medio orientali per celebrare la Settimana della lingua italiana nel mondo. Il secondo libralogo dal titolo “La dogaressa e Forcolin” è corredato dalle sculture del veneziano Valerio Bacciolo. Il terzo libralogo, “La danza dei diavoletti”, si lega alla mostra “Depero new Depero” allestita al Mart e che sarà visitabile fino al 13 febbraio 2022. Molti altri sono i progetti in cantiere: una sinfonia su padre Kino per la scuola di musica Celestino Eccher di Cles, ma anche un lavoro video per i cori del Trentino e un volume dedicato alla Valle dei Mòcheni e molto altro. Come nasce questa nuova collaborazione con il Mart? “La danza dei diavoletti” è nata da una grande passione che avevo fin da piccolo per questi personaggi curiosi e fantastici, frutto della fantasia e della


Il personaggio creatività di Fortunato Depero. A questo importante artista trentino avevo già dedicato due fiabe lunghe, la prima è “Come nacque il Mart villaggio di Gelindo Ghiadedoro”, dove viene enfatizzato il trionfo dell’arte di Depero. Insieme ai bambini della scuola dell’infanzia di Vigo di Ton invece, è stata scritta quattro anni fa una storia intitolata “Fortunato Depero e il grande melo.” Quando ho saputo della mostra dedicata a Depero, mi sono fatto prestare dal Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Rovereto 12 immagini del Fondo Mart e su queste ho scritto 12 fiabe, alcune completamente di fantasia, altre legate alle fiabe trentine raccolte nella seconda metà dell’Ottocento trentino da Christian Schneller, un ispettore scolastico austriaco che viveva in Trentino che raccolse e pubblicò nel 1964 le vecchie fiabe trentine, molte conosciute, come Cappuccetto Rosso, Cenerentola ecc… E

Fortunato Depero

così, la scultura “Gatto Nero” di Depero, diventa il “Conte Martin della Gatta”, versione trentina del Gatto con gli stivali, con uno stile però che possa piacere ai bambini di oggi. Insomma, una favola proposta oggi nella versione che anche Depero aveva sentito raccontare nella sua gioventù, durante il filò serale. Sono in previsione cinque incontri dedicati con le famiglie negli spazi del Mart, nel

corso dei quali racconto quattro favole alla volta. Ogni incontro si apre con la lettura del primo capitolo del libretto “Fortunato Depero e il grande melo”, scritto per e con i bambini della scuola di Vigo di Ton per spiegare perché il nostro artista si chiamava Fortunato. Girerò anche in una ventina di biblioteche locali a portare queste fiabe, con un tour sponsorizzato dalle Casse Rurali Trentine.

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La Federazione Trentina Pro Loco d’Italia

di Armando Munao'

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Antonino La Spina, Presidente UNPLI - Unione nazionale Pro Loco d'Italia e una delegazione. La prima da sinistra Monica Viola

UNIONE PRO LOCO D’ITALIA DAL PRESIDENTE MATTARELLA

U

n grande orgoglio per la Federazione Trentina Pro Loco d’Italia è stato l’andare al Quirinale a Roma di una delegazione dell’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia Aps, guidata dal presidente Antonino La Spina, a cui ha preso parte anche la presidente Monica Viola, in rappresentanza della prima Pro Loco d’Italia, Pieve Tesino, che ha portato i saluti e il simbolico abbraccio delle 6300 Pro Loco d’Italia al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L’occasione è stata per illustrare al presidente quell’impegno profuso da 600mila volontari Pro Loco che si spendono quotidianamente a favore dei territori; un’operosa attività che

include la valorizzazione delle risorse, la promozione dei patrimoni culturali, l’animazione territoriale e anche le azioni di supporto alle popolazioni e alle istituzioni, come accaduto durante i momenti più duri dalla pandemia. Un generoso percorso, infatti, che prende il via nel 1881 con la costituzione dell’associazione di Pieve Tesino, la prima d’Italia, di cui nel 2021 è stato celebrato il 140º anniversario dell’istituzione. Mattarella ha espresso un messaggio di ringraziamento alle Pro Loco per l’opera compiuta nei territori e di vicinanza a tutti i volontari, informato dal presidente La Spina anche della significativa attività svolta dall’Unpli a sostegno delle proprie affiliate, di

cui dal 1962 rappresenta un insostituibile punto di riferimento, e sui progetti di ulteriore crescita che poggiano sugli importanti riconoscimenti (Unesco e Isto, fra gli altri) e le prestigiose collaborazioni istituzionali avviate. La delegazione Unpli era composta, oltre a Viola e La Spina, anche da Fernando Tomasello, vicepresidente Unpli, Stefano Raso (in rappresentanza della Giunta nazionale), Antonello Pirola (in rappresentanza del Consiglio nazionale), Benni Tavella (responsabile del Dipartimento Servizio Civile), e Gian Paolo De Dominici (Pro loco di Rossa, in rappresentanza di tutte le Pro Loco d’Italia).

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LE PRO LOCO... ponte tra le comunità e il turismo di Armando Munao'

PARLA MONICA VIOLA Presidente, che ruolo hanno le Pro Loco nella nostra società e come contribuiscono alla crescita e al rafforzamento dei rapporti umani? La maggior parte di noi conosce le Pro Loco per le loro sagre o per le feste di paese, quindi a prima vista si sarebbe portati a pensare che siano soggetti che si occupano principalmente di divertimento. Tuttavia, le Pro Loco sono molto di più. Sono custodi delle tradizioni e della storia del territorio, sono un presidio delle attività agricolo-artigianali presenti sui territori, sono l’attenzione verso l’ambiente che ci circonda. Queste e molte altre attività, che contribuiscono a mantenere la vita sociale dei nostri paesi, creano coesione tra persone e tra generazioni: per questo possiamo dire che le Pro Loco contribuiscono al benessere delle comunità. E per quanto riguarda le attività legate al turismo e ai servizi di assistenza e solidarietà, quale è il ruolo delle Pro Loco? Le Pro Loco sono riconosciute come quei soggetti che fanno da ponte tra le comunità locali e gli ospiti, soggetti che attraverso i loro volontari e le loro diverse attività permettono a chi viene da lontano di conoscere la realtà locale nel suo lato più autentico. Nel periodo di pandemia ovviamente queste attività sono state quasi del tutto interrotte: ma non si è interrotta l’azione delle Pro Loco verso la comunità di appartenenza. I volontari Pro Loco si sono attivati già dai primi mesi di emergenza con vari servizi: dalla consegna della spesa a domici-

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Monica Viola

lio agli anziani, alle prenotazioni dei vaccini, agli eventi online per tenere unite le comunità. Tutte attività finalizzate a rendere un pò più agevole la vita dei compaesani in un periodo di difficoltà. Restando in tema, ci può dire come ha influito la pandemia sulle attività estive e autunnali? E per le festività natalizie cosa prevedete? In estate le parziali riaperture ci hanno permesso di tornare a organizzare eventi, anche se ovviamente in modo completamente diverso rispetto a

prima e con un grandissimo sforzo di adeguamento alle nuove norme. Si sono ridotte le dimensioni delle manifestazioni e si sono introdotte tutte le misure richieste dalla normativa per i controlli e il distanziamento. Questo ha permesso di salvare moltissimi degli eventi medi e piccoli, che tra estate e autunno sono stati oltre 200. Ci sono state anche alcune manifestazioni di ampia portata, come la Festa dell’Uva della Pro Loco di Giovo e Autumnus della Pro Loco di Trento, eventi in cui gli ingenti sforzi organizzativi dei volontari sono stati ripagati con un grande successo. Anche per il Natale sono in programma moltissime iniziative, rivisitate e riadattate per ll’emergenza sanitaria: i presepi, le feste per Santa Lucia, i piccoli mercatini…. eventi ridotti ma che tengono vive le tradizioni di questo periodo a cui è davvero difficile rinunciare. Sul sito www.unplitrentino.it trovate il calendario degli eventi in continuo aggiornamento. A Suo avviso in questi ultimi tempi, nelle Pro Loco, c’è stato un maggiorecoinvolgimento e

Al Senato - 140 anni della Pro Loco


LE PRO LOCO... ponte tra le comunità e il turismo maggiore presenza di donne e giovani? I dati ci dicono di sì. Solo nell’ultimo anno è aumentata sia la presenza femminile ai vertici delle Pro Loco, che la presenza dei giovani: un bel segno di come le realtà delle Pro Loco siano permeabili e integranti. Per quanto riguarda il tema della presenza femminile, credo che ci sia anche da dire che in questi ultimi anni in particolare stiamo assistendo a una sempre maggiore presa di coscienza delle donne dell’importantissimo contributo che possono dare alla vita sociale del loro paese. Le donne stanno diventando più consapevoli delle loro capacità: attitudini come l’accoglienza, la passione, la cura, la pazienza e la propensione al dialogo sono apprezzate e valorizzate in pieno nelle Pro Loco. Negli scorsi mesi è stato festeggiato il 140esimo anniversario della Pro Loco di Pieve Tesino, la prima in Italia. Un grande appuntamento? La nostra regione ha l’onore di avere dato i natali alla prima Pro Loco italiana, la Pro Loco di Pieve Tesino appunto, nata nell’allora Impero Austrungarico nel 1881. Una ricorrenza che abbiamo festeggiato tra settembre e ottobre, prima a Pieve, con la comu-

Pieve Tesino - Celebrazioni

nità, la Pro Loco, le autorità locali e il Presidente UNPLI Nazionale, poi a Trento con un convegno e la presenza delle Pro Loco Trentine insieme ai vertici della politica regionale e rappresentanze di UNPLI Nazionale e infine a Roma, in Senato, con una cerimonia a cui hanno partecipato i rappresentanti di tutte le Pro Loco italiane. Culmine di questi festeggiamenti è stato un inaspettato invito in Quirinale da parte del Presidente Sergio Mattarella. Questi momenti sono stati l’occasione per lanciare un messaggio sui principi fondanti del nostro movimento: abbiamo cercato di trasmettere pensieri per ispirare un nuovo modo di fare Pro Loco per il futuro,

Pieve Tesino - Celebrazioni

che veda nell’inclusione, nell’attenzione all’ambiente, alle persone e alle specificità locali i punti cardine attorno cui svilupparsi. Potrebbe significarci la Sua impressione sull’ incontro avvenuto con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, insieme a una delegazione dell’UNPLI (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia)? E ’stato emozionante ricevere l’invito a rappresentare le Pro Loco Trentine in occasione di questo eccezionale incontro, avvenuto il 10 novembre scorso. Vedere come le istituzioni apprezzino il valore del nostro fare Pro Loco attraverso l’impegno di tutti gli oltre 600.000 volontari attivi in tutta Italia, che portano avanti una missione che dura da 140 anni, ci motiva ancora di più a proseguire. Il Presidente Mattarella ha voluto rendere simbolicamente omaggio alla prima Pro Loco italiana, portando un sincero ringraziamento a tutte le Pro Loco per il loro impegno capillare sui territori. Ci auguriamo che sempre più si attivino sinergie con le istituzioni ,anche a livello locale ,per dare ai territori quell’aiuto importante per crescere e diventare luoghi dove è bello vivere, crescere, lavorare ed accogliere.

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L’arte e le donne afgane di Chiara Paoli

SHAMSIA HASSANI, a colpi di graffiti

I

l tempo delle festività natalizie è spesso un tempo di riflessione, un momento in cui pensare a quanto si è fortunati a vivere in una nazione dove regna la pace, ma gli echi della guerra sono vicini e Shamsia Hassani è una giovane artista afghana, che con i suoi graffiti ci aiuta a riflettere sulle ingiustizie di questo mondo. Shamsia il cui vero nome è Ommolbanin è nata in Iran a Teheran nell’aprile del 1988, i suoi genitori sono afgani emigrati per sfuggire alla guerra civile Talebana. Fin da piccola è evidente il suo talento artistico ma agli studenti afghani non è consesso di studiare la pittura. Si traferisce quindi a Kabul dove ha la possibilità di seguire le sue inclinazioni, laureandosi in Arte e Arte Visuale nel 2005 e divenendo docente di questa stessa Università. Considerata la prima graffitista afgana è co-fondatrice di Berang Art Organization, gruppo di artisti che sostiene l’arte e la cultura contemporanea in Afghanistan. Nel dicembre 2010 Shamsia Hassani apprende l’arte dei murales grazie ad un corso organizzato a Kabul da Combat Communications e condotto da Chu, un artista inglese. Inizia così a praticare la street art. Lavora velocemente per evitare di essere disturbata e molestata. “Quando la gente mi vede all’aperto a realizzare graffiti impreca, alcuni (uomini) mi insultano e definiscono ciò che faccio un peccato”, ha sostenuto in un’intervista al Guardian del 2019. “In Afghanistan la gente non è contraria all’arte, ma è contro il fatto che ci siano (anche) donne che svolgono attività di questo tipo”. Shamsia è convinta di ciò che fa: “Credo che i graffiti siano una gran forma d’arte, perché li possono vedere tutti” e come

Shamsia Hassani - Autoritratto

dare torto a questa sua constatazione. La sua opera d’altronde rientra in quella che possiamo definire un’arte di denuncia sociale. Le sue opere ci parlano di donne che non trovano spazio e non hanno voce in un mondo prevalentemente succube del potere maschile. Spesso si tratta di donne oppresse dalla società in cui vivono, indossano il burka, sono provate dallo strazio della guerra, dalla vista della distruzione e del sangue che scorre eppure sono così belle e piene di grinta, come se gridassero al mondo la loro esistenza. La sua arte si è diffusa sui muri della città di Kabul, ma anche girato il mondo approdando anche in Europa e in America. Nel 2014, Shamsia è stata menzionata nella lista dei “100 Leading Global Thinkers” dalla rivista Foreign Policy. Le sue opere hanno sostenuto l’arte al femminile nel suo paese e ispirato migliaia di donne nel mondo. Sulla rivista Art Radar in un’intervista Shamsia ha detto: “Voglio colorare i brutti ricordi della guerra e se coloro questi brutti ricordi, allora cancello la guerra dalla mente delle persone.

Voglio rendere l’Afghanistan famoso per la sua arte, non per la sua guerra.” Il suo impegno sociale è visibile anche nel murale realizzato nel 2013 presso l’Unione operaia di Ginevra, nel quartiere delle Grottes che rappresenta delle donne migranti vittime di violenze accolte nei centri d’accoglienza. L’opera è stata realizzata il 14 giugno per commemorare il primo sciopero nazionale delle donne svoltosi in Svizzera nel 1991, al grido del motto “Se le donne vogliono, tutto si ferma”. Nel 2014, Hassani è finalista per il premio Artraker con il suo progetto La magia dell’arte è la magia della vita. Lo stesso anno è stata nominata tra i 100 membri dei global thinkers. Shamsia è dovuta fuggire dal suo paese, che è caduto nuovamente in mano ai Talebani e tutto ciò che è stato con fatica ricostruito in questo periodo appare perduto. Le sue opere sono una viva testimonianza della storia travagliata di questa terra e di questa gente, un pensiero va a quanti non potranno festeggiare il Natale e le festività con i propri cari nella tranquillità e in pace.

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Società oggi di Rocco Cerone*

Nasce una nuova voce per la disabilità:

OLTRE GLI OSTACOLI

D

GLI

OSTACOLI

Oltre gli Ostacoli n. 0 / dicembre 2021

i questi tempi di crisi della carta stampata, una nuova voce che nasce è sempre un’impresa da festeggiare. Il 10 dicembre è stato infatti presentato il numero zero del bimestrale Oltre gli ostacoli che comincerà ufficialmente le pubblicazioni a gennaio 2022. La nuova iniziativa editoriale è nata da un’idea dell’imprenditore roveretano Antonello Briosi, presidente della Fondazione Metalsistem Onlus, durante le Paralimpiadi di Tokio, dove l’attenzione del mondo, attraverso giornali, radio e televisioni era concentrata al massimo sul mondo della disabilità, clamore continuato in ottobre durante il recente Festival dello Sport di Trento. L’obiettivo è di tenere desta l’attenzione e di focalizzare la disabilità dal punto di vista sportivo, dell’inclusione sociale, sanitario e di assistenza. La Fondazione Metalsistem, già attiva con iniziative benefiche in Africa

COOPERATIVA SOCIALE DAL BARBA UNICUM IN ITALIA PER L’INCLUSIONE SOCIALE DEI RAGAZZI AUTISTICI. IL RACCONTO A PIÙ VOCI DALL’INTERNO DELLA COOPERATIVA

LE PARALIMPIADI GRANDI RISULTATI PER GLI AZZURRI ALLE PARALIMPIADI DI TOKIO, UN RISULTATO CHE APPAGA GLI IMPEGNI: LA PAROLA AI PROTAGONISTI

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ed in Asia ed ora attiva sul territorio roveretano e della Vallagarina, dove sostiene una ventina di piccole realtà, ha voluto, con la rivista, accendere un faro su una delle emergenze della nostra società lanciando un messaggio di condivisione sui temi che ruotano attorno alla disabilità a 360 gradi, con la consapevolezza della necessità che occorre parlarne non soltanto ogni 4 anni. Di qui la concretizzazione di fare da propulsore ideale di una nuova rivista che, partendo dal territorio, possa diventare un punto di riferimento locale, nazionale ed internazionale sulla disabilità, tematica senza confini o ideologie. Ha raccolto il testimone Giancarlo Rudari, giornalista, già caposervizio del quotidiano Trentino, direttore responsabile di “Oltre gli ostacoli”. Presidente del comitato scientifico l’immunoematologo pediatra Ermanno Baldo, già primario dell’Ospedale di Rovereto, direttore clinico dell’Istituto Pio XII di Misurina ed organizzatore del centro provinciale per la fibrosi cistica. Si comincia con il numero 0, per registrare le reazioni intanto del territorio trentino per poi proseguire l’esperimento nel corso del 2022, con l’ambizione di diventare un punto di riferimento per chi è meno fortunato, delle loro famiglie e di tutti i soggetti che concretamente aiutano le persone con disabilità nello sport, nel lavoro, nell’assistenza. Spazio nel numero zero a Giacomo Bertagnolli, portabandiera delle Paralimpiadi invernali di Pechino 2022, interviste all’atleta paralimpica Martina Caironi ed al presidente del

Giacomo Bertagnolli (da Wikipedia)

Comitato Paralimpico Italiano Luca Pancalli, focus sull’allenatrice della nazionale di Volley per sorde Alessandra Campedelli e sui campioni di handbike di SportTeam Vallagarina, ma anche attenzione all’autismo con l’approfondimento delle Cooperative sociale Dal Barba di Villa Lagarina, ai sordo- ciechi seguiti da ABC IRIFOR di Trento, Mas del Gnac di Volano e Villa Maria di Calliano, in sommario anche il cavaliere barbiere degli autistici di Rovereto Christian Plotegher e l’app Clubhouse per sordo ciechi. *Rocco Cerone giornalista, è segretario della FNSI sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige


Natale con Renzo Francescotti di Laura Mansini

Natale: un libro sotto l’Albero

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enzo Francescotti: Docente di Lettere, Poeta, autore di alcune delle più interessanti commedie in vernacolo trentino, come “ La Maestra Teresa”, nella sua nuova fatica: “Il traghetto di Piedicastello” edito da Curcu- Genovese nel 2021, racconta, con la consueta vivacità, il quartiere più antico di Trento, il quale sulle vecchie case porta ancora, orgogliosamente, lo stemma con scritto “RAP” ovvero “Repubblica autonoma di Piedicastello”. Il libro si apre con un richiamo alle grandi pandemie come quella di peste del 1300, citata da Boccaccio, per iniziare i racconti del Decamerone. Per Francescotti la separazione dal “mondo” inizia l’11 marzo 2020 quando la pandemia da Covid 19 è conclamata. “Il traghetto di Piedicastello”, è definito dall’autore: “Figlio dell’Innominabile”; cioè il tremendo virus che ci ha costretti a lunghi periodi di chiusura in casa, e che tuttora, nonostante il vaccino, ci spaventa. Però anche se Renzo non è dello stesso avviso, questo virus ha un merito; lo ha costretto a trovare in casa, nella scrittura, quella libertà che il lockdown gli aveva tolto. Scorrendo le intense pagine scopriamo ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la capacità dell’autore di rappresentare le persone, le cose, le donne come Malva, che portava il nome di un fiore. La sua è una scrittura ruvida, immediata, che entra subito nella storia; già nel capitolo primo ” Trinciato forte”, che si apre così :” Chissà come e chissà perché l’afrore del fumo delle Nazionali ritorna a pungere le mie narici in questo giorno di vento. Ma non può essere il vento a soffiarmi nel naso il puzzo

del trinciato forte impastato col catrame, poiché da anni il Monopolio di Stato ha cessato la produzione dal 1891, vi immaginate?” Molto teatrale questa presentazione del Doro, definito “Giàvivo” mitico abitante di Piedicastello incaricato dall’autore di raccontare cos’era quell’ agglomerato di case, di gente comune, ma anche straordinaria, che viveva fra la riva destra dell’Adige e la montagna. Sacerdoti, lavoratori, donne, si mescolano al dottore, all’intellettuale creando un interessante affresco di varia umanità. Una ricerca minuziosa, ritratti di persone molto amate dall’ autore come don Luigi Moresco del quale, il Doro (un Giàvivo) racconta di aver letto tutto d’un fiato le nove fitte cartelle dattiloscritte nel novembre 1918 dal giovane Luigi non ancora sacerdote, ma soldato al fronte e che gli furono donate dalla professoressa Anna Maria Moresco, nipote del prete. Franco de Battaglia nella presentazione paragona “Il traghetto..” a “Gente di quartiere” scritto da Francescotti nel 1980, che rivelò una nuova città agli stessi Trentini. Tuttavia in questa sua ultima fatica l’autore propone con una intensità, un affetto particolare la gente di Piedicastello. Drammatici i racconti fatti dagli abitanti di quello che accadde il 2 settembre del 1943, poco dopo mezzogiorno, quando, una bomba, sganciata da un Caccia, in picchiata, un’unica bomba, aveva reso il rione ancora più isolato, abbattendo il Ponte di ferro a campata unica costruito

dall’ingegner Ghild di Vienna nel 1888. Un ponte che collegava Trento non solo a Piedicastello ma con il lago di Garda, con la pianura Padana. Personaggi, case, osterie con la pergola sono vivi e narrano che cosa fosse questo rione. Decisamente una lettura piacevole, un viaggio fra i Giàvivi che si raccontano con semplicità, ma con orgoglio. Un percorso al quale il lettore deve prestare particolarmente attenzione per non perdersi, cercando di raggiungere l’Osteria “Il Traghetto” che si affacciava sulla Piazza da un lato e dall’altro sulla pergola , di fronte all’imbarcadero dove approdava il Traghetto provvisorio, costruito con due vasconi congiunti da un pianale in ferro. E la vita torno normalità, alla grandezza e banalità di tutti i giorni.

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Economia & Finanza di Emanuele Paccher

Alla scoperta della

LEGGE DI BILANCIO

I

n questi ultimi mesi dell’anno torna di attualità il tema della legge di bilancio. Ma cosa è esattamente? Quali sono i termini per la sua approvazione? Occorre innanzitutto fare una precisazione terminologica: per bilancio qui intendiamo il documento contabile preventivo che contiene le spese e le entrate dello Stato previste per il triennio successivo a quello di approvazione. È quindi cosa ben diversa dal bilancio aziendalistico: in quest’ultimo si vanno ad analizzare le poste contabili ex post, vale a dire dopo che l’anno si è concluso. La prospettiva dal punto di vista dello stato è rovesciata: si effettua un controllo ex ante, prima che le entrate e le spese vengano effettuate. Questo non significa che non vi sia un controllo ex post anche per lo Stato, ma semplicemente che con la legge di bilancio tale controllo non viene effettuato. Una simile verifica viene effettuata con la presentazione da parte del Governo del rendiconto, il quale è sottoposto anche al controllo della Corte dei conti. Fatte queste importanti precisazioni, possiamo proseguire nell’esame della legge. Come è facile intuire, un documento così importante non poteva non subire l’influsso dell’Unione Europea. E infatti tale legge si inserisce in una complessa serie di passaggi procedurali, che nel complesso vanno a formare il cosiddetto “ciclo di bilancio”. L’iter comincia con il documento di economia e finanza (DEF), da presentare entro il 10 aprile. A seguire, entro il 27 settembre, vi è la nota di aggiornamento del DEF. Dopodiché si arriva

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Mario Draghi , Presidente del Consiglio dei Ministri (da Wikipedia)

alla vera e propria legge di bilancio, la quale deve essere trasmessa alle istituzioni dell’Unione entro il 15 ottobre di ogni anno. Successivamente, ed entro il 20 ottobre, il disegno di legge va presentato al Parlamento. Il parere delle istituzioni europee arriva entro il 30 novembre. Infine, il testo definitivo deve essere approvato dal Parlamento entro il 31 dicembre. Esaminato il complesso procedimento che porta all’ultima stesura, come è strutturato il bilancio dello Stato? Il bilancio si divide in due sezioni: nella prima vengono indicate le nuove entrate e spese necessarie per raggiungere quelli che sono gli obiettivi prefissati dal Governo, nella seconda si indicano l’insieme delle entrate e delle spese conseguenti all’intero complesso normativo. Perché è un documento così importante? È un documento fondamentale poiché solo attraverso di esso lo Stato ha il potere di riscuotere le entrate e di disporre le spese. E cosa capiterebbe qualora il Parlamento, per grosse divergenze politiche o per qualunque altra ragione, non riuscisse ad approvare in tempo la legge? A rispondere a tale domanda ci viene incontro l’articolo 81 della Costituzione italiana: si entrerà

nell’esercizio provvisorio, il quale comunque dovrà essere concesso per legge e per periodi complessivamente non superiori a quattro mesi. Per semplificare si può dire che durante l’esercizio provvisorio ci si deve limitare alle operazioni di ordinaria amministrazione. Un prolungato esercizio provvisorio potrebbe causare seri problemi economici, nonché la perdita di affidabilità dell’Italia per gli investitori stranieri e per l’Unione Europea. Come si comprende, l’esercizio provvisorio è una misura straordinaria che dovrebbe trovare rara applicazione, ma dal 1948 ad oggi ben 33 volte è stato dato il via libera a tale strumento. Passando all’attualità, cosa prevede la bozza di legge per il 2022? Attualmente sono previsti, tra le altre cose, finanziamenti per la manutenzione di strade e scuole, fondi per la costruzione di nuove infrastrutture per la mobilità sostenibile, lo sconto di duemila euro sull’affitto per gli under 31 che vanno a vivere da soli, l’estensione fino al 2024 della possibilità di cedere i crediti d’imposta da parte dei proprietari che hanno eseguito lavori di ristrutturazione edilizia utilizzando i bonus, la proroga di un altro anno della cosiddetta “opzione donna” e la previsione di 20 milioni di euro in più per le retribuzioni dei dirigenti scolastici. Ovviamente queste sono ancora ipotesi: per avere la certezza di ciò che verrà previsto per legge bisognerà attendere l’approvazione della stessa. Sarà il popolo, rappresentato dai parlamentari, ad avere la parola finale. In una frase: al Parlamento l’ardua sentenza.


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Il Circolo Fotografico Luigi Cerbaro in collaborazione con Valsugana News in occasione del 55esimo anniversario del Circolo

ORGANIZZA

il CONCORSO FOTOGRAFICO LE QUATTRO STAGIONI IN VALSUGANA Il concorso inizia il 3 novembre 2021 e terminerà il 21 settembre 2022. Il concorso, che è aperto a tutti, è suddiviso in 4 categorie:

Autunno, Inverno, Primavera, Estate. E ognuna terminerà con lo scadere delle varie stagioni. Le classifiche - per stagione e quella finale - saranno stabilite in base ai like ricevuti su Facebook. Al termine di ogni stagione sarà stilata la classifica temporale e quindi annunciati i vincitori. Regolamento su Facebook gruppo e pagina Circolo Fotografico Cerbaro - Borgo Valsugana. Per ulteriori informazioni: circolofotograficocerbaro@gmail.com In caso di utilizzo improprio e illegale o per appropriazione indebita delle foto pubblicate su Facebook del Circolo fotografico Luigi Cerbaro, quest’ultimo declina qualsiasi responsabilità civile, penale ed economica. Per la pubblicazione delle foto aventi come soggetto dei minori è obbligatoria la liberatoria sottoscritta da entrambi i genitori.

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Lo sport in cronaca di Enrico Coser

IRENE PEDROTTI medaglia d’argento agli Europei Under23 di JUDO A

lla Ludovika Arena di Budapest è andata in scena l’edizione 2021 dei Campionati Europei Under23 di Judo Olimpico dal 5 al 7 novembre. Giovani atleti affermati e giovanissimi emergenti hanno dato il meglio di sé sul tatami ungherese. Tra coloro che solo pochi mesi fa si contendevano una medaglia a Tokyo e chi si giocava le sue prime chances reali di confrontarsi ad alto livello, convocati della nazionale italiana di Judo, c’era anche Irene Pedrotti, cresciuta presso l’associazione Asd Judo Caldonazzo dalla madre, Greta Casagrande, maestro di Judo 5°Dan, e da quattro anni passata a Bologna dove sta studiando scienze motorie. L’atleta trentina tesserata al Dojo Equipe Bologna, si è guadagnata la convocazione grazie ai risultati precedentemente ottenuti. Si tratta del secondo Campionato Europeo consecutivo per la giovane atleta perginese che nel 2020 aveva

Irene Pedrotti con la medaglia d’argento

partecipato all’edizione Under21 in Croazia, concluso con una prova tanto generosa quanto sfortunata. Questa volta le cose sono andate decisamente meglio, con Irene che conquista il secondo gradino del podio nella categoria fino a 70kg, battuta in finale dalla compagna di nazionale Martina Esposito, ottenendo così una splendida doppietta per i colori azzurri, riportando d’attualità le emozioni che si erano provate lo scorso anno nella stessa rassegna con

Il podio

Mattia Miceli che conquistò il tetto d’Europa con una gara strepitosa condotta con grande classe nel corso di una trasferta complicata dal covid. Una sfida non facile e dall’esito tutt’altro che scontato per Irene, opposta al primo incontro a Minel Akdeniz, giovane ma esperta turca già titolare nella nazionale maggiore del suo paese. Incontro comunque vinto con una condotta molto aggressiva da parte della judoka perginese che non ha lasciato spazio all’avversaria. Nei quarti di finale Irene si è sbarazzata della olandese Silja Kok, sua autentica bestia nera, e poi in semifinale ha battuto per Ippon – come quando si immobilizza a terra l’avversario per almeno 20 secondi - la georgiana Mariam Tchanturia. Finale molto tirata contro la compagna di nazionale, e storica avversaria, Martina Esposito che ha avuto la prontezza di piazzare un vantaggio tecnico a inizio incontro, e difeso fino alla fine nonostante i continui tentativi di recupero da parte di Irene. Si tratta comunque di un ottimo risultato per la nostra campionessa; un podio europeo che rappresenta uno stimolo in più per i prossimi Campionati Italiani Assoluti a dicembre e per la prosecuzione della corsa Internazionale.

Combattimento durante la finale

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Canti di Natale di Gabriele Biancardi

LE NOTE DI GRANDI CANTANTI CHE SCALDANO I CUORI

A

bbiamo già detto vero che la musica accompagna qualunque nostro momento. Lieto, triste, festaiolo, di protesta, anzi trovo strano che ancora non siano nati brani che sostengano i no vax. Un Guccini che possa esaltare il loro pensiero. Ma la politica non mi appartiene, nel senso che non essendo il mio campo mi dedico ad altro. Il Natale si avvicina e con esso lo scongelamento di Michael Bublè. Cantore di jingle bells e white christmas. Devo dire che è riduttivo inserire il crooner canadese sono in quell’intervallo di tempo che va da fine novembre al sei di gennaio. Bublè è davvero un cantante formidabile, ma purtroppo si è inserito in un ingranaggio duro a morire. Quello del cantante di Natale. Non è il solo, nonostante dischi di platino, concerti in ogni dove, pure Mariah Carey con il primo nevischio, riappare sui circuiti natalizi. La sua “All i want for christmas it’s you”, viene suonata in ogni parte del globo. D’altronde ci sarà un motivo se il 45 giri più venduto di ogni tempo è quel “White Christmas” di Bing Crosby con ben oltre 50 milioni di copie! Uscito nel 1942 in piena seconda guerra mondiale, la calda voce di Bing, riscaldava i cuori di ogni latitudine. Gli artisti che si sono cimentati con un omaggio alla nascita più famosa di tutti i tempi sono tanti e alcuni piuttosto insospettabili. Già, perchè se Bublè, Carey, Crosby e Sinatra fanno parte di una spotychristmas list, magari Ariana Grande, Coldplay, Elvis Presley o addirittura gli Eagles di solito occupano altre classifiche. Anche da noi non scherziamo, oppo-

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Bing Crosby - 1942 (da Wikipedia)

niamo un classico Mario Biondi ad un gruppo come i Subsonica! Da Irene Grandi a Morgan e i suoi Vertigo. Insomma, sono pochi coloro che non hanno ceduto al dolce cimentarsi con arie stracolme di zampogne e campanellini. Ovviamente sui grossi nomi, Mina, Modugno, Renato Carosone non ci sono dubbi. Mi piace pensare che non siano state tutte mere operazioni di mercato, voglio illudermi che per tanti di loro, cantare il Natale, sia stato un omaggio alla propria adolescenza se non infanzia. Pure Laura Pausini non ha voluto mancare una strenna natalizia. La mia domanda però è la seguente. A parte le radio, la filodiffusione, nelle case, si ascoltano ancora cd interi? Noi abbiamo anche una tradizione di cori di montagna che hanno fatto lavori splendidi in questo senso. Ci hanno regalato note immortali e tali resteranno. Ma vorrei essere una telecamera nascosta per poter sentire cosa si ascolta a Natale del 2021. Da diversi anni io mi sono preso un privilegio dato dal ruolo e dall’anzianità di servizio radiofonico. Mi sono sempre messo in turno dalla 9.00 alle 12.00. Adoro poter entrare nelle

case di chi ascolta, ma non solo, il giorno di Natale non è fatto solo da odore di cibi buoni, di regali scartati, di abbracci e auguri. Per chi lavora in ospedale, chi fa turni del proprio mestiere, nelle case di riposo o semplicemente per coloro che si spostano in auto per tornare a casa, ecco per questi e tanti altri, io giorno di Natale è solo un pochino più triste. Allora mi piace pensare di sentire alla radio una voce che sentono tutti i giorni, come se fosse un turno normale, niente di eccezionale. Ogni anno sono tantissimi coloro che scrivono la mattina del 25, che richiedono le canzoni più disparate, magari lontane dallo spirito di Bublè che aleggia su tutti noi. Mi permetto di sottolineare due pezzi natalizi che magari non troverete negli album “The best of Christmas songs”. La prima arriva fino al cuore, grazie alla voce di Giuni Russo, artista purtroppo non più tra noi, che ha inciso una versione dell’ Adeste Fideles che semplicemente ti scava l’anima e una molto più prosaica: “Please come home for Christmas” dei sopracitati Eagles. Band californiana più famosa per hotel di dubbia frequentazione. Poi ognuno di noi sceglie quel giorno, dobbiamo ricordarci che siamo una società che sta diventando sempre più multietnica, tanti non festeggiano, non ascoltano e magari trovano pure strano quel nostro ciondolare al ritmo delle canzoni dicembrine. Difenderò sempre i pensieri altrui, le usanze e i credo. Come spero di ricevere la stessa cortesia e ora scusate, ma sento l’impellente bisogno di un Bing Crosby di annata! Auguri di cuore a tutti voi.


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Personaggi della nostra terra di Laura Mansini

MIA ZIA ORSOLINA Dedicato alle donne di montagna d’altri tempi. Ai sapori, ai profumi che uscivano dai loro masi durante l’Avvento , in attesa del Natale.

E

ra una donna d’altri tempi, ma con una propria moderna concezione della vita, mia zia Orsolina. La ricordo fiera, libera, dedita alla campagna, alla famiglia, ma con una personale indipendenza intellettuale E’ strano come, quando ripenso alle mie estati e soprattutto a certi Natali infantili, sia proprio lei a riaffiorare per prima nei ricordi. La zia Orsolina, la zia preferita di mio papà: quella che egli amava più di tutti i suoi numerosi parenti nonesi. Mio padre si illuminava quando parlava di lei, del suo modo di fare, della dolcezza che si nascondeva dietro un’aria burbera. Piccola, energica, dotata di robuste gambe storte, coperte da grosse calze nere o grigie, che spuntavano da ricche gonne arricciate, dotate di ampi grembiuli, stretti in vita; una vita esile della quale andava molto fiera, nonostante gli

Zia Orsolina con Giulio e i primi figli

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otto o dieci figli (non ricordo bene) avuti. Penso che quella fosse la sua unica civetteria. Aveva un viso molto bello, dominato da luminosi occhi azzurri, incorniciato da una massa di capelli nerissimi, quando era giovane e poi, da anziana, straordinariamente bianchi, sempre raccolti in una grossa treccia arrotolata sopra la nuca. Nata a Smarano, in val di Non, sorella di nostra nonna Virginia, era la più giovane ed esuberante di tutti i fratelli: decisamente meno intellettuale di nostra nonna che era andata a vivere in Italia (Venezia prima, Verona poi) . La zia Orsola aveva sposato Giulio, un falegname di Dimaro che possedeva un’antica e bella segheria posta sul torrente Melédrio. Classica costruzione di maso trentino, con la parte superiore, il fienile, ricoperta da assi scure, ingentilite a volte da qualche geranio rosso, posto ai lati della grande porta dalla quale facevano passare il fieno. La parte inferiore era in sasso a vista, con piccole finestre, che d’estate s’illuminavano di vasi di fiori. Per entrare si doveva fare una leggera salita, mentre sulla sinistra c’era un ponticello che attraversava il torrente e terminava in un orto, grande, ordinatissimo , profumato di fiori ed erbe aromatiche. Posta a lato del maso una grande ruota a pale forniva l’energia per far funzionare la segheria. Un luogo mitico della mia infanzia; se chiudo gli occhi rivedo i grandi tronchi degli alberi accatastati sul limitare del bosco, risento il profumo del legno, le grida di gioia di noi bambini, il portone del maso che immetteva in un ampio ingresso

Zia Orsolina fanciulla

attorno al quale si affacciavano solide porte in abete che immettevano in piccole stanze dai lindi pavimenti di legno, scuri mobili e d’estate un piacevole senso di fresco, mentre d’inverno un dolce calore avvolgeva chi arrivava. L’inverno per noi bimbe era magico. Ricordo la felicità di quando i miei genitori decidevano ai primi giorni di dicembre di andare in Val di Non ed in Val di Sole per fare gli auguri ai parenti. Era bellissimo arrivare in quei luoghi coperti di neve, il Maso soprattutto era magico, con i ghiaccioli che scendevano dai tetti, ed il profumo di pane, di spezie, che ti avvolgeva quando entravi nella grande e bella cucina, affollata di bambini di donne intente a confezionare i dolci, disordinata, dominata da una lunga tavola, sulla quale potevi


Personaggi della nostra terra trovare biscotti, strudel, ma anche fagioli secchi, orzetto cotto. Dipendeva dall’ora, dal giorno, vi era anche una grande fornasela dalla quale usciva il profumo del pane o dei meravigliosi strudel . Quando mio papà, scherzando, la rimproverava per quel disordine lei rideva e diceva “fastidi mi”; già, questa era una delle sue frasi preferite; voleva dire” pazienza, non me ne importa, niente mi dà fastidio”. Comunque, a qualsiasi ora, mese, giorno si arrivasse, il benvenuto di zia Orsolina per mio padre era sempre quello “Tei Mario, es vegnù per fonghi ?” Ed una grande risata li accomunava. Mio padre e mia zia erano, infatti, fungaioli accaniti e d’estate molto spesso , verso la fine di agosto, dopo una bella pioggia si andava a trovarla di mattino presto, e lui e la zia se ne sparivano nella “Val dei Ciavai”, un luogo rimasto nei miei ricordi; mitico,

misterioso dentro il quale si inoltravano felici, come andassero ad una festa, mentre noi restavamo a giocare sui prati sottostanti con la mamma in attesa del loro ritorno. Quello dei funghi e delle persecche era un rito silenzioso e segreto, che puntuale si rinnovava ogni anno. Ricordo ancora gli incredibili splendidi occhi azzurri della zia che maliziosamente ammiccavano al papà, mentre da una grande credenza profumata di cannella, di chiodi di garofano, ginepro, di funghi, di cose buone, usciva un sacchetto di carta da pane, gonfio di brise, da lei appositamente seccate per “Mario, el me Mario”. Per noi pope c’era invece il sacchetto delle persecche, una golosità strana, mele e pere seccate, profumate di chiodi di garofano e cannella. Quel sacchetto di brise è stato poi la sua eredità per mio padre. Quando è morta, aveva

quasi ottantotto anni, aveva lasciato un sacchetto di funghi sul quale c’era scritto a caratteri incerti “Per el me Mario”; penso che nessun regalo abbia emozionato mio padre come quel semplice sacchetto di brise. Ogniqualvolta vado in montagna, e vedo le donne raccogliere il fieno su quei grandi meravigliosi prati mi torna sempre in mente lei, una donna energica, d’altri tempi, ma libera , generosa, innamorata della vita e della montagna. E quel suo “fastidi mi” quando sono sotto pressione , preoccupata oppure ho qualche problema me lo ripeto e rivedo gli occhi azzurri della zia Orsolina., ricordo il bel maso , coperto di neve con una grande e fredda luna che faceva capolino fra gli alberi; sembrava una casa delle fiabe, abitata da una donna gentile col sorriso sempre aperto a qualsiasi persona bussasse alla porta. w

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Tra Provincia di Trento ed Estero

IL CONSULTORE

Una figura di raccordo tra Provincia e i Trentini all’estero Francesca Gottardi, la nostra corrispondente dagli USA, ha ottenuto, dalla Provincia di Trento, un incarico davvero prestigioso perché è stata nominata “Consultore per gli Stati Uniti, nuova generazione”. Ci complimentiamo con Lei e con gli altri Consultori nominati.

I

l 29 ottobre scorso, con la delibera n. 1800 la Provincia autonoma di Trento ha nominato 15 Consultori all’estero per la XVI legislatura. La legge provinciale 12/2000 stabilisce all’articolo 3 che la Provincia si può avvalere della collaborazione di un massimo di 15 consultori per definire e attuare interventi a favore dei trentini all’estero. I consultori sono scelti fra individui “che abbiano maturato esperienze nell’ambito dell’associazionismo fra emigrati, degli organismi rappresentativi dell’emigrazione, del volontariato, del lavoro, delle professioni e della cultura.” I candidati al ruolo di consultore sono proposti alla Giunta Provinciale dagli organismi associativi degli emigrati trentini all’estero, alle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari italiani e dai comitati degli italiani all’estero (chiamati Comites). Ogni Consultore è accreditato presso l’Ambasciata d’Italia ed i Consolati italiani di sua pertinenza, nonché presso i Circoli Trentini. Il Ruolo del Consultore Il Consultore è il referente della Provincia Autonoma di Trento e rappresenta le istanze delle collettività trentine nell’area di competenza assegnategli in sede di nomina. Il Consultore ricopre un ruolo fiducia-

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rio, a titolo di volontariato. Al Consultore spetta, in primis, mantenere i rapporti con gli emigrati trentini e con le loro associazioni, con gli organismi rappresentativi dell’emigrazione italiana, con le autorità locali, con le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari italiani, nonché con gli istituti italiani di cultura. Il consultore contribuisce inoltre alla formulazione e all’attuazione degli interventi della Provincia ed ogni anno presenta alla Giunta provinciale una relazione sullo stato delle collettività trentine che rappresenta. I Consultori sono tenuti a seguire un percorso di formazione ad inizio mandato e si riuniscono online almeno una volta al mese con l’Ufficio Emigrazione della PAT per coordinare la loro azione e stabilire obiettivi congiunti da perseguire.

I nuovi Consultori La XVI legislatura ha posto particolare attenzione al ricambio generazionale, alla rappresentanza di genere, al tema della nuova emigrazione e ad evitare una sovrapposizione con il ruolo di coordinatore dei Circoli dell’Associazione Trentini nel Mondo. Attenzione è stata inoltre posta all’esigenza di rappresentare in modo adeguato i nuovi emigrati, che costituiscono la cosiddetta nuova mobilità internazionale. Per questo ciclo sono pervenute 44 segnalazioni. Tra queste, sono stati selezionati 15 Consultori tramite colloqui ed analisi dei titoli, quali valutazione curricula, esperienza maturata all’estero e lettere motivazionali. I Consultori nominati il 29 ottobre 2021 sono Francesca Gottardi (Stati Uniti, nuova generazione), Amy Antoniolli (Stati Uniti), Mariano Roca (Argentina1–Buenos Aires), Cristofolini Gustavo (Argentina2–Cordoba), Francisco Nardelli (Argentina3–Bahia Blanca), Monica Torbol (Australia), Oscar Lenzi (Brasile1–Santa Caterina e Paranà), Felipe Bernardi (Brasile2–Rio Grande do Sul), Tiago Dallapiccola (Brasile3–San Paolo, Minas Gerais, Espirito Santo), Davide Corazza (Canada), Carla Dallape (Cile), Edith Pichler (Europa), Luca Endrizzi (Europa), Eduardo Zueck (Messico), Letizia Gini (Uruguay/Paraguay).


Novità in libreria

Tra MAGIA e REALTÀ Un libro dove la FANTASIA si sposa con i valori della vita.

I

n questi giorni è in prevendita il libro di racconti "l’Accademia di Arti Magiche e Oscure di Venezia” scritto da Matteo Paoli del conosciuto Hotel Paoli-La Vedova di Caldonazzo. Una particolare opera che ha nella fantasia il suo punto e valore portante. Ed è proprio Matteo che ci spiega e ci sintetizza i contenuti e il vero significato del suo libro. “Chi crede che la magia, ha infatti precisato Matteo, si celi solo tra le pagine dei romanzieri d’oltralpe o oltreoceano è sotto l’effetto di un incantesimo! Sì, caro lettore e cara lettrice, se sei un giovane mago o una piccola strega, sarai felice di sapere che non dovrai lasciare l’Italia per trovare una scuola di magia all’altezza di quella di Hogwarts. E’ l’Accademia di Arti Magiche e Oscure di Venezia, costruita su un’isola magica nella fantastica laguna, che venne fondata dal mago trentino Paternoster all’inizio del XVI secolo. E’ il luogo dove vorrei che crescessero i miei e i vostri figli. La scuola, l’isola

su cui è stata fondata, la stessa laguna di Venezia così come la racconto nelle mie pagine, esiste per tutti i bambini e i ragazzi che credono nei valori della gentilezza, dell’uguaglianza, dell’amicizia, e nei sogni. Qui le vite di giovani studenti, dei loro Professori e di creature magiche e non magiche si intrecciano in storie di vita ordinaria e straordinaria. Le lezioni e gli incredibili personaggi che animano le pagine di questi racconti, ti porteranno in un mondo fantastico, fatto di amicizia, amore, stupore, ma anche di tradimenti e qualche dispiacere. Se ti va, staremo sull’isola dell’Accademia di Arti Magiche e Oscure di Venezia per molto tempo”.

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Il personaggio di Alessandro Caldera

VALENTINO ROSSI:

l’ultima visita del “dottor 46”

“Ah la vera fama è quella di un uomo che può lasciare sulla terra un lungo ricordo di sé, dopo il suo ultimo giorno.”

S

i chiudeva così “La vita rustica”, una delle odi più celebri dello scrittore milanese Giuseppe Parini, un autore cruciale nel panorama illuministico italiano. È vero, queste poche e semplici parole, minuziosamente scelte dal poeta, avevano come fine quello di invitarci a riflettere sulla vita ed in generale su come questa andasse, o fosse stata condotta, prima dell’ultimo giorno. Gli stessi versi possono però lasciare spazio ad un’ulteriore interpretazione, non per forza legata alla morte. Il concetto ambivalente di “ultimo giorno” può infatti anche alludere allo svolgimento di una determinata mansione, o attività, per un’ultima volta. In effetti, quanto appena spiegato, calza a pennello con il protagonista del nostro racconto, un uomo che alla stessa stregua di Parini, capace di “portare” la luce durante l’Illuminismo, è riuscito, a modo suo, ad accendere milioni di riflettori, televisori e cuori per ben 26 anni. Il nome, conosciuto ad ogni latitudine mondiale, è quello di Valentino Rossi e da qui in poi è la sua storia. Nato ad Urbino, anche se di fatto crescerà a Tavullia diventata per l’appunto meta di pellegrinaggio per milioni di centauri, Valentino deve il suo avvicinamento al mondo delle due ruote al padre, Graziano, attivo tra il 1977 e 1982 nella classe 500, guarda caso con il numero 46, reso poi immortale dal figlio. In realtà la scelta del “46” anche da

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Valentino Rossi

parte del “dottore”, epiteto affibbiato a Rossi dopo la conquista del primo mondiale in top class nel 2001, è riconducibile come detto alla volontà di omaggiare il papà, ma anche al fatto che lo stesso venne utilizzato da un pilota giapponese Norifumi Abe, scomparso prematuramente in un incidente automobilistico, che impressionò parecchio il futuro campione. La carriera di Valentino nel motomondiale iniziò ufficialmente nel 1996, con la Aprilia di un team che oggi definiremmo satellite e con il quale il 18 agosto ottenne la prima di 115 vittorie. Sarà la stagione successiva, un’annata dominata con 11 primi posti su 15 tappe disponibili, alla guida di una Aprilia, questa volta però ufficiale, a renderlo iridato il 31 agosto 1997. Per la cronaca, la conquista del mondiale avvenne

sulla pista di Brno, in Repubblica Ceca, dove guarda caso solo 12 mesi prima “Vale” era salito, come già detto in precedenza, per la prima volta nella sua vita, sul gradino più alto del podio. Lo strapotere e l’egemonia presentati nel ’97, lo portarono inevitabilmente a compiere la stagione successiva il salto in 250, sempre con la squadra di Noale. Anche in questo caso per il trionfo deve lasciar passare una stagione, ci vorrà infatti l’ultimo anno del primo millennio per vederlo nuovamente sul “trono”. L’avvento del XX secolo, segnato in modo indelebile da Valentino nel primo decennio, comporta anche il pensionamento delle vecchie 500cc e il passaggio alla MotoGP. Questa nuova categoria non fece altro che confermare le doti e la precocità di Rossi: è vero il detto “la storia la scrivono i vincitori”, ma focalizzarsi esclusivamente sui numeri non renderebbe onore al talento marchigiano. La grandezza del soggetto si vide ad esempio nel 2004, quando lasciò la Honda e passò alla Yamaha. Il motivo di questo addio fu la volontà da parte del dottore di porre fine alle malelingue che lo accusavano di primeggiare grazie ad una moto eccessivamente superiore e ad una carenza reale di concorrenza, aspetto che lo portò, per l’appunto, ad accettare l’intrigante, ma incerto, progetto della casa di Iwata. L’epilogo lo conosciamo tutti, sarebbe quasi superfluo parlarne, Valentino la


Il personaggio

Valentino Rossi - 2013, Le Mans MotoGP (da Wikipedia)

scommessa la vinse e grazie alla suddetta casa nipponica raggiunse nel 2009 il traguardo dei 9 titoli iridati. C’è però un momento nella vita sportiva

di Rossi che come di incanto cancellerà tutto quanto e che lo porterà poi a compiere delle scelte per gli anni a venire. L’evento in questione è la

tragica morte di Marco Simoncelli, avvenuta nel 2011 sul tracciato di Sepang in Malesia. La scomparsa straziante non di un collega, ma di molto di più, una sorta di fratello minore che viveva con lui un rapporto di mecenatismo. Il “Sic” infatti poté usufruire per primo dell’enorme esperienza di Valentino, presentandoci i prodromi di quella che nel 2014 sarebbe poi divenuta la Academy. La cronaca ci porta però a parlare del presente, di questo 14/11/21, la cui somma fa incredibilmente 46, un giorno triste per chi ha contribuito a rendere i circuiti delle maree gialle, o per chi, come la storica voce del motomondiale, Guido Meda, ci ha tenuto per questi magici 26 anni “tutti in piedi sul divano”.

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A parere mio di Francesco Zadra

Con la cultura non si mangia... o forse sì?

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n questi mesi si fa un gran parlare di Europa. Quella che fino a qualche tempo fa veniva menzionata solo riguardo alla Brexit o all’ascesa di partiti euroscettici, è ora sulla bocca di tutti. Basta accendere la TV, “swippare” storie Instagram o sfogliare un quotidiano per essere bombardati da una confusa raffica di “Draghi”, “Von der Leyen”, “Commissione Europea”, “MES”, e ancora “Draghi” e ancora “Von der Leyen”. Il tutto attraversando una fitta giungla di sigle, protocolli e astrusi anglicismi: “enneggì-iù”, “recovery fund”, “Next Generation EU”. Mentre ascoltiamo questa interminabile litania, la domanda che più si fa largo tra i nostri connazionali (dallo sbarbato studentello reduce dalla DAD alle zie over 80 rintanate nelle RSA) è senza dubbio: cosa DIAMINE me ne frega a me di ‘sto “recoveryccoso”? In effetti, come impatterà sulle nostre vite questo provvedimento? Che effetti avrà sul futuro dei giovani? Ma, soprattutto, che cos’è? Il tanto chiacchierato “Recovery Fund” o Next Generation EU (NGEU per gli amici) è letteralmente un fondo economico di 750 miliardi che, nel luglio 2020, l’UE ha deciso di stanziare per favorire la ripresa economica dei suoi 27 Stati nel post COVID. Al nostro Paese è destinata una quota di 209 miliardi, di cui 81,4 miliardi in contributi a fondo perduto e 127,4 miliardi in prestiti. Per potervi accedere era necessario presentare a Bruxelles un “piano nazionale di ripresa e resilienza”.

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Ossia un documento programmatico abbozzato dall’esecutivo Conte bis e discusso dalle due Camere lo scorso autunno. Lo scopo? elaborare una lista di progetti prioritari per il futuro dell’Italia, con relativi indici di spesa, per sottoporle al vaglio della commissione europea. Ma quali saranno le ricadute concrete? Il Recovery Plan italiano è suddiviso in 6 macro categorie, denominate “missioni”: ● digitalizzazione, innovazione e cultura; ● transizione ecologica; ● mobilità sostenibile; ● istruzione e ricerca; ● inclusione; ● salute. Nel progettare la rinascita del nostro Paese non possiamo prescindere da due elementi fondamentali: il suo passato, ricco di arte e cultura; e il suo futuro: rappresentato dal capitale umano, dai nostri tanti, troppi, “cervelli in fuga” e da migliaia di Neet, giovani tra i 20 e i 35 anni che non studiano e tantomeno lavorano. Appare chiaro come il nostro patrimonio culturale (composto, secondo dati UNESCO e ISTAT, da 58 siti patrimonio dell’umanità e 4’908 musei) e i giovani siano le due “leve” su cui puntare per ripartire nel post covid. Ha scatenato non poche polemiche, nel dicembre del 2020, la campagna #UnoNonBasta, con la quale i giovani, spesso descritti come menefreghisti

Von der Leyen e Mariao Draghi (da Ansa.it)

e irresponsabili, rivendicavano a gran voce qualcosa di più di quel misero 1% (secondo le stime di Visionary e Officine) a loro riservato dal budget di un piano che, ironia della sorte, prende nome proprio dalla “next generation”, la loro. L’Italia è il fanalino di coda per quanto riguarda i fondi del NGEU destinati ai giovani. Altre nazioni, tra cui la Francia con i suoi 15 miliardi e la Spagna col 17,6%, ci superano di gran lunga. E’ così che coltiviamo i loro sogni e le loro energie? Spostiamo ora il focus sulla voce “cultura”. Che deriva dall’etimo latino colere, coltivare. Qualcuno diceva che con la cultura non si mangia, ma ne siamo proprio sicuri? Secondo il rapporto “Io sono cultura” della Fondazione Symbola e Unioncamere, l’indotto economico creato dal comparto culturale (che comprende tanto il mondo archeologico-museale quanto le “creative industries”, cioè cinema, editoria, musica, design etc) sarebbe pari al 6,1% del PIL nazionale, con un giro d’affari (indotto compreso) di 255 miliardi di euro. Mica bruscolini. Basterebbero questi dati per aprire


A parere mio culturale e alla rimozione delle dei punti chiave della campagna barriere architettoniche nei siti #UnoNonBasta era l’inserimento lavoarcheologici (1,1 mld). Lodevoli rativo di almeno 350’000 Neet. Cifra iniziative, intendiamoci. Però curiosamente vicina al dato inglese manca una visione a lungo sull’occupazione. termine che spingerebbe a Dunque non solo con la cultura si investire anche sulle industrie può “portare a casa la pagnotta” ma Il Parlamento europeo a Strasburgo culturali, senza le quali gran può essere un volano per la ripreparte del patrimonio culturasa economica del nostro Paese, in gli occhi anche al più incredulo dei le rappresenterebbe una passività particolare impatterebbe significatipolitici. Eppure, nel Bel Paese non economica. L’unico provvedimento vamente sull’occupazione giovanile. sono stati stanziati gli adeguati fondi. vagamente simile a ciò è lo stanziaQuesto però non è chiaro alla classe Dei 49,2 miliardi inclusi nella voce mento di 300 milioni a favore degli dirigente, che preferisce prendere “Digitalizzazione, Innovazione, Comstudi cinematografici di Cinecittà. provvedimenti palliativi volti a “riverpetitività, Cultura” solo una piccola Misura decisamente scarna se niciare a nuovo” parte è destinata al mondo Fidiaculturale, srl, in collaborazione con il GAL Trentino orientale, organizza 2 corsi di ciò che già esiste a formazione analizziamo i dati del “Arts Council mo’ di mancetta, piuttosto che creare e si tratta perlopiù di interventi volti of England”, il ministero della cultura opportunità concrete per le future al restauro e conservazione di beni di Suauna Maestà, secondo nel 2019 generazioni. culturali di carattere religioso o rurale E-Commerce: La cui comunicazione e le industrie creative hanno generato Anche stavolta l’Italia dimostra di (2,7 mld) oppure all’efficientamento nuova opportunità il marketing nell’era la bellezza di 363’700 posti di lavoro. non essere un Paese per giovani. E energetico di cinema, teatri e musei, per lo sviluppo digitale Niente male considerando che uno nemmeno per artisti. alla digitalizzazione del patrimonio

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Tra poeti, scrittori e letteratura di Silvana Poli

EUGENIO MONTALE il poeta della poesia umile

E

ugenio Montale è uno dei più importanti poeti del Novecento perché ha saputo testimoniare il disagio esistenziale della generazione che ha vissuto due guerre sanguinose, il regime totalitario e la guerra fredda. Nasce a Genova nel 1896 da una famiglia che appartiene alla borghesia commerciale. A causa della salute cagionevole, Montale compie gli studi superiori frequentando pochissimo la scuola, studiando da autodidatta, ma con l’aiuto prezioso della sorella. Per esigenza famigliare quindi si diploma in Ragioneria, per passione personale invece si dedica al canto, alla pittura e alla letteratura: studia i simbolisti francesi e si confronta con la grande poesia italiana. Sopra tutti, ama Dante Alighieri e Giacomo Leopardi. Durante la Prima Guerra mondiale viene mandato, come sottufficiale in Vallagarina; viene congedato solo nel 1922 quando può finalmente tornare a dedicarsi alla scrittura. Nel 1925 Montale pubblica la sua prima raccolta poetica dal titolo “Ossi di seppia”: sullo sfondo delle liriche appare il paesaggio delle Cinque Terre dove da giovane trascorreva le estati. Il titolo della raccolta fa riferimento agli umili resti delle seppie che rimangono sulla sabbia: come gli ossi, anche le sue liriche vogliono essere umili, sia nello stile che nel contenuto. In queste liriche da un lato esprime lo smarrimento di chi ha vissuto gli orrori della guerra, dall’altro insinua, pur con discrezione, il dubbio che esista una via d’uscita alla negatività, un varco nel grigiore della quotidianità,

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uno spiraglio di vitalità rappresentato, ad esempio, dal colore dei limoni “le trombe d’oro della solarità”. Il dopoguerra in Italia è segnato dalla violenza; le camicie nere di Mussolini prima imperversano nelle piazze del Nord Italia seminando il terrore, poi, un passo alla volta, prendono il potere nel paese. Lui è un antifascista convinto tanto che firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Alla fine degli anni venti si trasferisce a Firenze per lavorare in una casa editrice poi ottiene la direzione del Gabinetto Vieusseux, un’importante istituzione culturale fiorentina. Per ricoprire tale incarico viene fatta una lista di possibili intellettuali: nonostante altri due fossero più titolati di lui, la scelta ricade su Montale, perché antifascista. In quegli anni però, il potere di Mussolini cresce e il poeta, che non intende prendere la tessera del PNF,

dopo essere rimasto più di un anno senza stipendio, viene licenziato per lo stesso motivo per il quale era stato assunto. Ironia della sorte! E così, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il poeta è nuovamente costretto a fare lavori saltuari, come collaborazioni editoriali, traduzioni. Ma nel 1940, viene richiamato alle armi e poi congedato nel 1942. Durante l’occupazione nazista collabora con i movimenti della resistenza, si iscrive al partito d’azione, collabora con la commissione culturale del CLN e nasconde in casa sua il poeta triestino Umberto Saba per evitare che venisse deportato. Nel corso della sua vita Montale stringe relazioni affettive con diverse donne tanto che a volte le sue relazioni si intrecciano. Quando arriva a Firenze, trova alloggio nella casa di uno storico dell’arte, Matteo Marangoni, e resta affascinato dalla moglie di lui,


Tra poeti, scrittori e letteratura Drusilla Tanzi. Tra i due si evidenzia da subito un’affinità che li terrà legati per decenni. Tempo dopo conosce una studiosa americana, Irma Brandeis, della quale si innamora. La relazione tra i due è intensa, ma è ostacolata dalla presenza insinuante di Drusilla. Quello che si crea è un triangolo amoroso a cui non mancano i colpi di scena: Irma mal sopporta gli isterismi di Drusilla, la quale teme che il suo Eugenio possa volare via per seguire la bella americana. Drusilla arriverà addirittura a inscenare un finto suicidio per convincerlo a non partire. Ma quando nel 1939 Mussolini emana le leggi razziali, la bella Irma, che è ebrea, deve scappare. Sale su un aereo e Montale, nonostante abbia ipotizzato per tanto tempo di seguirla, non la rivedrà mai più. La donna torna però nelle liriche del poeta dove viene cantata con lo pseudonimo di Clizia; in molte poesie della raccolta “Le occasioni” e in “La bufera e altro”, la figura di Clizia assume le sembianze di una donna angelo: in una lirica il poeta immagina che lei riesca ad attraversare l’oceano, volan-

do con le sue ali e torni a trovarlo, per portargli conforto e speranza. È una costante montaliana quella di celebrare le sue donne solo dopo che sono uscite dalla sua vita e accade così anche con Drusilla Tanzi. La relazione tra loro dura, tra alterne vicende, per più di trent’anni: lei diventa la sua musa ispiratrice, l’anima affine con cui condividere sogni e progetti. Quando nel 1962 muore il marito di lei, finalmente Eugenio e Drusilla possono convolare a nozze. Il matrimonio però ha vita breve perché la donna muore l’anno successivo in seguito a una caduta. Lui la chiamava affettuosamente Mosca, a causa delle spesse lenti che la

donna indossava, perché era terribilmente miope. In una delle raccolte poetiche successive alla morte di lei, moltissime sono le liriche dedicate alla sua Mosca, in cui celebra la sua forza d’animo, il suo carisma. Assieme avevano percorso molte strade e Eugenio aveva sempre sentito di potersi affidare a lei, era lei che lo aiutava a trovare le vie d’uscita dalle oppressioni del quotidiano. In una delle sue più celebri poesie Montale dice “Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale”, e conclude la poesia dicendo che lui non le dava il braccio perché lei ci vedeva poco ma perché “le sole vere pupille sebbene tanto offuscate erano le tue”. La grandezza del genio di Montale viene ampiamente riconosciuta tanto che negli anni Sessanta ottiene la Laurea in Lettere honoris causa e nel 1975 gli viene attribuito il premio Nobel per la Letteratura. L’attività a cui si dedica con passione per tutta la vita tanto che, in un’intervista Eugenio Montale dichiara: “Pensavo che sarei diventato famoso per i miei quadri, non le mie poesie”.

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A parere mio di Emanuele Paccher

IL MONDO CHE NON C’È: quanto le nostre stime delle cose si avvicinano alla realtà?

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uanti riteniamo che siano in percentuale gli immigrati in Italia? Quanti sono in realtà? Quanti disoccupati pensiamo che ci siano nel nostro paese? Qual è il loro numero ufficiale? In media gli italiani ritengono che il 26% dei residenti in Italia siano immigrati e che il tasso di disoccupazione sia il 49%. In realtà gli immigrati rappresentano il 9%, e il tasso reale di disoccupazione è circa il 10%. Nando Pagnoncelli parla di “Penisola che non c’è” per indicare l’ampia forbice tra l’idea che un italiano si è fatto della realtà e la realtà stessa. Come dice lo stesso Pagnoncelli il problema è che “La percezione diventa realtà, è essa stessa realtà; una realtà che si posa su quella primaria e finisce per sostituirla”. Ma da cosa sono influenzate le nostre stime? Perché è così facile cadere in errore? Innanzitutto la scolarizzazione riveste un ruolo fondamentale e l’Italia, purtroppo, presenta grandi carenze. Secondo i dati Istat, si stima che la quota di diplomati tra i 25 e i 64 anni sia pari al 61,7% nel 2018, mentre meno di due su dieci sono laureati (19,3%). Anche da ciò scaturisce il fatto che molte persone hanno scarsa dimestichezza con i numeri e le percentuali, e faticano a fornire la stima corretta di un fenomeno. Questo non vuol dire che bisogna essere laureati per capire la situazione o sviluppare determinate competenze, ma senza dubbio l’istruzione aiuta ad avere più strumenti per interpretare una realtà che è sempre molto complessa.

Dopodiché, nell’uomo tende sempre a prevalere l’emozione sulla razionalità. Come direbbe Kahneman, è il sistema 1, quello impulsivo, emotivo, ad agire per primo e a dominare la scena. E in un mondo in cui veniamo bombardati da “fake news” che puntano ad impressionarci, a far colpo sulle nostre emozioni, e con la politica che spesso cerca di cavalcare le nostre paure, ben si comprende come sia difficile mantenersi razionali, e non cadere in errori nella comprensione e nella stima dei fenomeni. Diceva Seneca: “Spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall’opinione che non dalla vera sostanza della cosa stessa”. Simili fenomeni psicologici entrano in gioco anche in altri ambiti. Si pensi ad esempio alla riforma di “Quota 100”: se un lavoratore anziano va in pensione di conseguenza verrà assunto almeno un giovane, vero? Questa soluzione ci sembra ovvia, scontata, asseconda subito le nostre convinzio-

ni e ci dà facili risposte sul funzionamento del mercato del lavoro. Peccato che sia errata: la forza lavoro non è fissa, e poi giovani e anziani non sono proprio intercambiabili, viste le differenze di esperienza e mansioni. L’evidenza empirica ci mostra che i Paesi in cui vi è una più alta percentuale di lavoratori senior al lavoro sono anche gli stessi più virtuosi per il lavoro dei giovani. In economie sane ci sono pochi disoccupati in entrambe le categorie. Gli errori percettivi in alcuni settori talvolta diventano colossali, e possono portare alcuni soggetti a ritenere che la terra sia piatta, che il mondo sia governato da Soros, che il virus Covid-19 sia una banale influenza, che attraverso il vaccino venga modificato il nostro DNA e ci venga impiantato un chip. Per dirla assieme a Gabbani: “Non esiste prova alcuna dello sbarco sulla luna, le piramidi egiziane sono marziane”. È così facile credere ad un mondo che non c’è.

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In ricordo di un amico di Franco Zadra

BUON VIAGGIO GIANMARIA! Don Franco Pedrini ha pronunciato il discorso di estremo saluto per l’amico Gianmaria Bertoldi, davanti a una piccola folla di concittadini dell’artista e politico levicense, nel piazzale delle ex scuole, ed ex municipio, di via Slucca.

«H

o l’onore di poterti dare un ultimo saluto e dirti grazie per quanto hai seminato in mezzo a noi durante la tua vita, durante la tua piccola grande storia personale. Anzitutto voglio ringraziarti per la tua amicizia, sincera e affettuosa». Ha esordito così, don Franco Pedrini, nel salutare per la folla di parenti, amici e concittadini, lo scomparso amico di sempre, Gianmaria Bertoldi. «In punta di piedi oso pensare – ha continuato don Franco - che la tua identità umana, il tuo io personale, la tua piccola grande storia, sia ormai dentro il cammino evolutivo del cosmo intero che arriva sino a noi, esseri umani autocoscienti. Un giorno, incontrandoti per Levico, mi hai detto : “da te accetto anche una benedizione”. E io a spiegargli che benedire deriva da una paroletta in lingua ebraica che significa “trasmettere vita”, “rendere fecondo”. Naturalmente, non solo in senso biologico. E poi quante volte mi hai chiesto, mi hai parlato del vangelo? E io ancora a rispondergli che non c’è nulla di più umano e di più laico del suo contenuto essenziale: la salute, la vicinanza, il conforto per i malati, il cibo per tutti e per tutte, e le migliori relazioni umane possibili». Il sacerdote ha poi citato una poesia di Ungaretti. “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, per assimilare l’amico a «una foglia che ha fatto sino in fondo il proprio dovere, con onestà, con dignità, nel corso del tempo, e che ora, questa foglia, sa fertilizzare la

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terra. Questa immagine è ambientata in autunno, questo nostro autunno, ovvero la stagione in cui la natura è alla conclusione del proprio ciclo vitale, e le foglie sono già di per sè più deboli e prossime a cadere. Basta un soffio di vento». Protagonista della vita politica e culturale della città, amministratore pubblico, eletto più volte nel Consiglio comunale, del quale è stato anche presidente per una legislatura, la figura di Bertoldi è stata tratteggiata da don Pedrini come quella di un «politico, nel senso più ampio e nobile del termine, costantemente impegnato a costruire ponti e nel cercare intese, piuttosto che scontri. Chiaramente e ostinatamente a sinistra e sempre con il pensiero a chi è nato in luoghi e contesti meno fortunati dei nostri, convintamente alla ricerca di nuove leve e di giovani disposti a impegnarsi nelle istituzioni democra-

tiche. Impegnato nella promozione dei diritti civili, nel diffondere una maggiore consapevolezza ambientale, e nella tutela dei beni storici e artistici del nostro territorio (vedi per esempio San Biagio)». Un impegno civile e artistico che si avvicinava molto alla sensibilità di don Lorenzo Milani, citato da don Franco in alcune frasi come questa: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che nel vostro senso io non ho patria, e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri”. Gianmaria era un artista che aveva come motto “la bellezza salverà il mondo” e don Franco ha ricordato tra i tanti suoi lavori, il grande mosaico nella sala consigliare, ma anche il suo impegno nel volontariato. «L’immagine di una pittura antica – ha concluso Pedrini - ritrovata in una tomba di Pestum dove si vede il tuffo di una persona nel blù che sta a rappresentare il passaggio tra la vita e la morte, mi fa pensare che ti sei tuffato nel blu, ma non sapevi cosa avresti trovato al di là. So però che così come ti sei impegnato per rendere questo mondo un posto migliore per tutti, se ne avrai la possibilità, ti impegnerai, con la tua pacata serenità, per rendere migliore per tutti il posto dove arriverai». Una poesia di David Maria Turoldo, Canta il sogno del mondo, declamata dallo stesso don Franco, e il saluto del sindaco, hanno concluso la struggente cerimonia.


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Ieri avvenne di Massimo Dalledonne

GUGLIELMO WELSPERGER Il “Principe Vescovo”

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Borgo è nato, tanti anni fa, anche un principe vescovo. Esattamente della diocesi di Bressanone. E quest’anno ricorre il 380° anniversario dalla sua morte. Stiamo parlando di Guglielmo Welsperger. Era nato nel castello di Telvana il 16 febbraio del 1585 e morto, all’età di 57 anni, il 27 marzo del 1641. Figlio di Cristoforo Welsperg, capitano del castello, e della contessa Alberta Fugger, a Borgo rimase ben poco. Con la famiglia, infatti, si trasferì a Brunico e nel 1600 ottenne due canonicati: a Ratisbona ed a Salisburgo. Come scrive anche don Armando Costa nel suo libro “Cives

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Burgi Ausugi memoria digni” nel 1602 viene ammesso agli ordini minori e due anni dopo ottenne un canonicato anche a Bressanone. Dalla cittadina, però, si allontanò per diversi anni ed ottenne l’ordinazione presbiteriale a Salisburgo. “Nel 1613 – scrive don Costa – viene nominato canonico della cattedrale di Trento, incarico che lasciò tre anni dopo. In modo del tutto singolare il 22 novembre del 1622 il capitolo della cattedrale di Bressanone lo elegge all’unanimità, alla prima votazione, principe-vescovo di quella diocesi. Nel 1627 viene eletto anche decano del capitolo della Cattedrale di Sali-


Ieri avvenne

sburgo e più tardi divenne membro e presidente del consiglio principesco e governatore della stessa cittadina austriaca”. Nel suo incarico di principe-vescovo di Bressanone Guglielmo Welsperg venne confermato nel 1629 da Papa Urbano VIII e, nello stesso anno, ebbe anche l’ordinazione episcopale dall’allora vescovo di Bressanone Antonio von Crosini. In quei anni ci furono parecchie contrarietà con i sovrani ed anche due epidemie che, nel 1631 e

nel 1635, colpirono il Tirolo. Tra i collaboratori del principe-vescovo nativo di Borgo da ricordare Jesse Perkhofer, lo stesso vescovo von Crosini e il cancelliere Platzgummer. Guglielmo Welsperg, come ricorda ancora don Costa, “di fronte al governo di Innsbruck, che a quel tempo aveva riproposto vecchie aspirazioni tirolesi a scapito della sovranità dei principi vescovi di Bressanone e Trento, si comportò con grande fermezza e dignità. Il conte del Tirolo pretendeva di avere l’ingerenza sugli affari interni dei due principati e di portarsi a casa contributi permanenti”. Alla morte del conte di Tirolo Leopoldo V divenne reggente la moglie Claudia de Medici. Se Trento, in qualche modo si piegò alle continue richieste della contessa, meno arrendevole e più energico fu il principe-vescovo Welsperg rivendicando,

direttamente presso l’imperatore Ferdinando III, il fatto che Trento e Bressanone erano principati molto più antichi di quello del Tirolo. “A sostegno dei suoi diritti si appellò anche alla corte Papale ma la de Medici, appoggiata dall’imperatore, riuscì a far sequestrare tutti i possedimenti brissinesi nel Tirolo. Nel 1639 – riporta ancora nel suo libro don Costa – Guglielmo Welsperg riuscì a far revocare la confisca con un pagamento volontario”. Sotto il suo governo la situazione finanziaria di Bressanone, già compromessa, peggiorò ulteriormente. Il principe-vescovo Guglielmo Welsperg, nato nel 1585 nel castello di Telvana a Borgo Valsugana, muore nella sua residenza Theisegg a Brunico il 27 marzo del 1641 all’età di 57 anni. La sua salma venne sepolta nella locale chiesa parrocchiale.

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Volontariato, solidarietà e altruismo

CARITAS ZONALE VALSUGANA E TESINO

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opo lunghi mesi di interruzione della normale attività la Caritas zonale della Valsugana Orientale, con l’inizio di ottobre, ha ripreso con rinnovato slancio i propri impegni. In una riunione del direttivo a fine settembre il Referente Caritas, Carlo Galvan, ha ricordato che il Gruppo Caritas vive un momento di difficile transizione al dopo pandemia, evento che per quasi due anni ha interrotto e/o ridotto le relazioni interpersonali causando difficoltà al proseguimento dell’attività. Ora è necessario ricucire il vestito strappato della Caritas ritornando a puntare sulla relazione tra volontari e persone bisognose di aiuto. Il rallentamento dell’attività della Caritas ha reso difficile il contatto con la situazione emergenziale della po-

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vertà e del bisogno locale (anche se durante la pandemia non è mai stato interrotto il servizio di distribuzione viveri e la disponibilità all’ascolto). La realtà attuale è caratterizzata da problemi in gran parte noti, come l’immigrazione (pensiamo all’Afghanistan), la ripresa scolastica in presenza, la disoccupazione, l’aumento dei costi dell’energia, il problema alloggi, ecc. La pandemia però ha portato anche a riscoprire la bellezza e la necessità di avere relazioni, di crearle, di ricostruirle quando necessario e di coltivarle costantemente. Un primo passo per la ripresa a pieno regime dell’attività dei volontari Caritas è la frequenza ai corsi on line che la Caritas diocesana ha organizzato da ottobre 2021 fino a marzo 2022 (corsi rivolti anche al Centro Missiona-

rio, Ospitalità tridentina e altri). Per la ricostruzione del gruppo Caritas si partirà dal progetto redatto nel 2019 per la Valsugana e Tesino. Progetto che vuole essere uno strumento di aiuto affinché le Comunità in tutte le loro componenti (ragazzi, giovani, adulti) possano essere coinvolte sul tema dell’educazione alla Carità. Si ricordano i compiti primari della Caritas: Ascoltare e conoscere il territorio e la vita della gente che in esso abita: individuando i problemi, i bisogni, le povertà, le aspettative dei più deboli ed emarginati; Vigilare: a maggior ragione in tempi, come questi, di crisi o di smarrimento, quando cioè la mancanza di prospettive storiche unita a una certa abbondanza di beni materiali rischia di addormentare le coscienze;


Volontariato, solidarietà e altruismo Formare: proporre nuove iniziative per animatori di catechesi e liturgia, operatori pastorali e volontari per infondere coraggio e motivazioni per far crescere la preghiera e la capacità di cogliere i bisogni di solidarietà e accoglienza; Motivare: partendo dal Vangelo diffondere la cultura dell’accoglienza e presentare alle persone la reale situazione della povertà e degli immigrati nei nostri paesi; Collaborare: con altri soggetti caritativi presenti sul territorio e con la componente catechistica e liturgica per l’elaborazione di proposte relative ai vari ambiti della pastorale (giovani, famiglia, missione, lavoro, cultura, tempo libero ecc.); Implementare l’attività di sostegno economico ed alimentare; per rispondere in modo più ampio alle crescenti richieste di aiuto economico. La Caritas svolge la propria attività in Bassa Valsugana e Tesino (18 comuni) e vuole rendersi presente e riconoscibile in tutte le comunità attraverso le sue strutture: il Direttivo zonale, le sentinelle del territorio, i Parroci e la diffusione di una puntuale informazione sull’attività e i progetti Caritas sui bollettini parrocchiali ed anche sulla stampa locale (Vita Trentina, L’Adige…). Poiché non tutte le persone e le famiglie in difficoltà hanno il corag-

gio di umiliarsi e tendere la mano per chieder aiuto, la Caritas vuole essere presente su tutto il territorio per individuare le situazioni che esprimono bisogno di aiuto e sostegno, comprese quelle dovute a problematiche familiari come la ripresa della scuola in presenza, le spese e gli oneri familiari imprevisti, la disoccupazione, la malattia ecc.) oltre che per sostenere le richieste di persone che direttamente si rivolgono alla Caritas presso il Centro di Ascolto (CEDAS). Il CEDAS è il luogo dove le persone in difficoltà possono incontrare volontari preparati per ascoltarle e accompagnarle nella ricerca di soluzioni ai propri problemi. Valutata la situazione gli operatori cercano di definire con la persona ascoltata un progetto di aiuto specifico, sostenibile e rispettoso delle potenzialità e della dignità di ciascuno. Nell’ambito di questo progetto, quando necessario e compatibilmente con le risorse della comunità, vengono offerti degli aiuti materiali. In ogni caso viene garantita un’azione di orientamento e accompagnamento ai servizi e alle risorse del territorio. L’attività di un Centro di Ascolto non si esaurisce nella relazione con le persone ascoltate, ma implica un’inte-

razione con il territorio finalizzata a individuare possibili risposte ai bisogni incontrati e la sua efficacia non si misura nel numero delle situazioni “risolte”, ma nell’apporto fornito alla costruzione di una comunità capace di condividere i bisogni per restituire dignità alle persone. Il CEDAS ha la propria sede presso l’oratorio parrocchiale di Borgo (3° piano) ed è regolarmente aperto ogni giovedì, dalle ore 09.00 alle 11.00. Gli incontri devono essere su appuntamento. Per fissare un appuntamento: Telefonare al n. 333 4303464 Email: caritasvalsuganaorientale@ gmail.com

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Da parte dell’Associazione Mazziniana di Trento riceviamo questi comunicati che volentieri pubblichiamo

No Green Pass. “Cortei pilotati da estremisti. Preoccupano l’appoggio dalla politica e i danni all’economia cittadina”

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li ormai quasi quotidiani cortei contro vaccini e green pass, dove i triti e ritriti slogan negazionisti e i lamenti per una presunta libertà negata si uniscono a grottesche e irrispettose manifestazioni di insensibilità nei confronti delle tragedie che hanno costellato la nostra storia e verso quelle attività economiche che, dopo un lungo periodo di crisi, tentano di risollevarsi.” Ad affermarlo è Massimiliano Piffer, presidente della sezione di Trento dell’Associazione Mazziniana Italiana, che continua: “I negozianti del centro, già duramente provati da due anni di chiusure, vedono ora il loro lavoro osteggiato da chi, invece che contribuire alla rinascita della società, preferisce remare contro in virtù di immaginari complotti”. “Preoccupa la sponda offerta (anche recentemente) da alcuni partiti e personalità politiche, soprattutto della destra conservatrice, a queste formazioni”, aggiunge Giacomo Dolzani, segretario dell’associazione, che continua: “Nei discorsi tenuti nel corso di queste manifestazioni si possono ascoltare affermazioni che, nel nome di una concezione sui generis della libertà, incitano a sovvertire l’ordine democratico della Repubblica. Non si tratta infatti solo di ignoranza, spesso nei cortei si nascondono elementi estremisti che pilotano la folla e per combattere i quali è necessario che tutte le forze che rientrano nell’arco costituzionale facciano fronte comune contro questa deriva, cosa che attualmente non sta accadendo.” “ La Politica non si faccia intimorire da violenti, serve lockdown non vaccinati per salvare economia” “E’ indispensabile che in questo momento la politica presti ascolto ai rappresentanti di commercianti e attività produttive, soprattutto di quelle imprese di piccole dimensioni, a gestione familiare, che costituiscono una parte fondamentale dell’ossatura del nostro sistema economico e che chiedono ora maggiori restrizioni più dure nei confronti dei non vaccinati.” Ad affermarlo è Massimiliano Piffer, presidente della

Il presidente, Massimiliano Piffer, durante una conferenza su Cesare Battisti

sezione di Trento dell’Associazione Mazziniana Italiana, che aggiunge, “Con l’arrivo dell’inverno e l’incremento dei contagi è una necessità primaria tutelare il più possibile il comparto produttivo e, in particolare data la vocazione turistica della nostra terra, il settore turistico e della ristorazione che, nel caso di un nuovo lockdown, subirebbe un colpo che per molte attività potrebbe risultare fatale.” “E’ necessario che sia l’amministrazione statale che quella provinciale mostri coraggio, non si concentri sugli interessi elettorali e, soprattutto, non si faccia intimorire dalla violenza dei pochi facinorosi che affollano le manifestazioni contro vaccini e Green Pass”, ha aggiunto Giacomo Dolzani, segretario dell’Associazione, “è necessario un lockdown selettivo nei confronti di coloro che per scelta non hanno voluto immunizzarsi, in modo che la loro decisione non costituisca un danno irreparabile per il resto della comunità.”

Piffer (a destra) con Giacomo Dolzani, segretario dell'associazione, durante la manifestazione per il 2 giugno.

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Sulle orme di Filippide di Marco Nicolò Perinelli

Il SENSO di una MARATONA REPORTAGE dalla GRECIA

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bbiamo vinto. E’ questa la parola, Νενικήκαμεν (Nenikèkamen) che, secondo lo storico greco Erodoto, nel 490 a.C. l’ateniese Filippide avrebbe pronunciato poco prima di esalare l’ultimo respiro dopo aver corso per circa quaranta chilometri per annunciare alla sua città l’esito della battaglia. Uno scontro passato alla leggenda: lo stratega Milziade, a capo di circa undici mila soldati elleni, sconfisse il potente esercito del persiano Dario, oltre trentamila uomini, sbarcato sulle coste dell’Attica per punire i fastidiosi greci che si erano opposti alla sua avanzata. Furono 192 i morti ateniesi, più di 6400 quelli persiani. Uno scontro che molti conoscono, se non altro per il nome del piccolo villaggio dove ebbe luogo e che ha dato origine ad una specialità dell’atletica leggera, considerata la regina delle corse, la Maratona. Ed è proprio in questa piccola località che mi trovo alle sette del mattino del 14 novembre. Mentre mi guardo intorno, circondato da centinaia di persone che, come me, hanno deciso di ripercorrere le orme di Filippide (sperando di non fare la sua stessa fine), sono emozionato nel trovarmi in quella piana di terra rossa coperta di ulivi. Il paese di Maratona, di per sé, è un posto abbastanza triste se paragonato agli straordinari scenari a cui la Grecia ci ha abituato, ma il carico di storia che si respira nell’aria è davvero tanto. Io sono lì per correre la mia maratona, la prima della mia vita. Una piccola follia per chi, come me, non ha certo la corsa nel sangue, né una predisposizione fisica particolare. Ma siamo in

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Marco Perinelli con le figlie

tanti alla partenza, oltre novemila dicono: persone provenienti da tutto il mondo unite dalla voglia di mettersi alla prova, di partecipare a un evento che unisce sport e storia, divertimento e cultura. Così mi trovo a chiacchierare con un tedesco che sembra tutto un fascio di nervi e poco dopo con un coreano vestito da clown. E ancora una donna inglese, di quasi settant’anni che, come me, è alla prima esperienza e balla per scaldarsi nell’aria fresca del mattino. Ma il clima è festoso, tra musica moderna e sirtaki greco, il tempo scorre velocemente mentre l’adrenalina sale. Il primo blocco (siamo stati divisi in 16 blocchi in modo da mantenere ordine e distanze per il covid) è già sulla linea. Faccio il conto alla rovescia con lo speaker e via, i primi sono andati. Ora tocca a me. Prendo posto sul bollino tracciato al suolo, mi preparo. Penso ai 42 km che mi aspettano. Sono tanti e non sono così allenato,

tra uno stiramento e una frattura, ho perso più di due mesi questa estate. Ma ormai sono lì. Bang, il colpo di pistola. Partiamo. Non ho fretta, voglio arrivare entro le cinque ore. Inizio a correre, un passo dopo l’altro. Prendo un ramoscello di ulivo che mi porge una ragazza a bordo strada e lo infilo nel cinturino dell’orologio. Voglio portarlo con me a Tenna. Dopo poco più di cinque chilometri arrivo al tumulo degli ateniesi, il luogo dove riposano da duemilacinquecento anni i caduti greci e rendo loro onore, come vuole la tradizione e come molti altri hanno fatto prima di me, alzando il pugno destro al cielo. Le gambe continuano a muoversi, il ritmo è costante, la corsa misurata. Ai lati della strada molte persone incitano: “Pane!”, “forza!” Una piccola orchestra suona musica tradizionale, poco più avanti un batterista solitario detta il ritmo. Tra il decimo e il trentunesimo chilometro è tutta salita. E’ dura, qualcuno


Sulle orme di Filippide ha i crampi e si ferma, ma l’atmosfera è bellissima e il traguardo sempre più vicino. Guardo i cartelli 25 km, 29 km, 32 km…A dieci chilometri dalla fine penso che ormai è fatta, ma sento la stanchezza. I bambini si allungano a bordo strada per battere il cinque, quasi fossimo campioni a cui strappare un saluto. Un keniota dai capelli grigi mi supera, è scalzo, ma corre come io non potrò mai. Lo incito io stesso. Al cartello dei 39 km rallento per bere e improvvisamente un blocco. Le gambe sono pesantissime, non sembrano rispondere. Respiro, riprendo il controllo, manca poco. Prima la gamba sinistra avanti, poi la destra, così, un passo avanti l’altro. Ci vogliono alcuni istanti, ma poi riprendo il ritmo. Sono ormai in città e percorro l’ultimo chilometro accelerando. Quando entro nello Stadio Panaithinaiko, la sorpresa

più bella: le mie figlie mi attendono lì, sulla pista, e insieme percorriamo gli ultimi 195 metri. Dopo 4 ore e 47 minuti finalmente mi fermo, felice, e mi godo il loro abbraccio. E mentre ripenso ai 42 km fatti capisco la metafora di questa corsa: non è tagliare il traguardo la parte più importante, ma l’esperienza accumulata chilometro dopo le chilometro, gli ostacoli fisici e mentali superati per arrivare fino in fondo, le persone che ho incrociato durante la corsa, la gioia delle mie figlie mentre mi vengono incontro per portarmi all’arrivo. Emozioni che danno un senso a tutto.

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Valsuganotti di successo di Claudio Girardi

FLAVIO CASAGRANDE UNA VITA COL PALLONE

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lavio Casagrande è un trentino doc, nato nel 1961 nell’ultimo paese dell’alta Valsugana (Nogarè di Pergine Valsugana), ma oramai trapiantato a Verona, la città di Giulietta e Romeo. Ha alle spalle una carriera sportiva molto variegata. Dice Flavio “dopo alcuni anni come allenatore dell’ AC Fornace, dove ho debuttato, sono stato chiamato nell’anno 1990, ad allenare US Rovereto del Presidente Gazzi”. Le varie esperienze e i risultati sportivi conseguiti lo portano ad allenare le giovanili, all’AC Trento nel 1994, con direttore Generale Claudio Molinari, attualmente Vice Presidente Direttori Sportivi, con cui firma il primo accordo, vincendo il campionato regionale della categoria giovanissimi annata 81/82. Grazie a tale vittoria regionale Casagrande passa alla fase nazionale. La soddisfazione arriva quando per la prima volta una squadra trentina riesce a superare la fase finale a livello nazionale, andando ad eliminare il Montebelluna poi però perdendo successivamente solo con gli Aldini di Milano (società satellite dell’Inter)

Casagrande allenatore giovanissimi

che poi si sono aggiudicati il titolo nazionale. “Durante la mia esperienza all’AC Trento, ricorda Casagrande, il Presidente della FIGC regionale, Ettore Pellizzari mi chiama alla guida della rappresentativa regionale. Siamo nel 1997 e i risultati conseguiti nelle manifestazioni nazionali, creano curiosità ai responsabili dell’attività calcistica di Coverciano (all’epoca d’Ottavio e Necci), che scelgono il gruppo da me guidato per test tecnici e atletici, così che organizzano una giornata di ritiro presso l’impianto di Termeno (BZ) con

utilizzo di test. In quella occasione -dice Flavio- per la prima volta viene usata una macchina che misura la velocità della palla. La voce arriva ai dirigenti dell’Hellas Verona che nell’estate del 1999 mi vogliano alla guida dell’annata 1985, dalla quale escono due giocatori importanti, (Meggiorini e Cazzola), che avranno un’ ottima carriera in serie A Nel 1996 per la prima volta Flavio Casagrande vola negli stati Uniti, chiamato per insegnare calcio ai giovani statunitensi ad un campus ,

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Valsuganotti di successo a Detroit grazie ai buoni rapporti con Franco Pertot. L’esperienza si ripete per alcuni anni, e nel frattempo nel giugno 1999 con la rappresentativa regionale FIGC organizza un tour negli USA e Canada per disputare delle partite, fra le quali, da ricordare la partita a Toronto nello stadio della metropoli. Alla trasferta partecipa con i collaboratori Rech, Cesaro, Corposanto, Manfredi e Vianello. All’Hellas, nel 1987, allena anche i tre trentini doc Sceffer, Bazzanella e Iachemet. “Ricordo con piacere, dice, un torneo in Francia dove abbiamo incontrato Karim Benzema.” Dopo l’esperienza in campo ricopre sempre all’Hellas Verona il ruolo di responsabile scouting, delle società affiliate e dei campi estivi. Ma ritorna poi in Trentino nell’anno in cui il Mezzocorona per la prima volta volta gioca in serie C. Siamo

nel 2007, e oltre ad arrivare alla fase dei play off, la soddisfazione principale viene nell’aver vinto più ricorsi contro la Lega di Serie C, così permettendo alla squadra di disputare il campionato, altrimenti .... ci sarebbe stato il nulla. A fine 900 si è trasferito a Verona pur mantenendo sempre vivi i contatti con il Trentino. Ad oggi si occupa di volontariato con l’Opera Salesiana, di cui è presidente dell’AGESC, nonché del progetto Calcio presso l’oratorio salesiano di Santa Croce in collaborazione con un altro trentino Don Matteo Chiarani. Ha un sogno nel cassetto: creare un’ Associazione dei trentini che vivono nella città scaligera, e ricordare con loro storia e tradizione della montagna. I potenziali aderenti sono molti, lo statuto è già pronto.

Casagrande con Don Umberti

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Il Beato Enrico da Bolzano

Sulle tracce del santo protettore di boscaioli e vignaioli Il Cammino del Beato Enrico da Bolzano a Treviso, attraverso la Valsugana tra miracoli e leggende.

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’Italia è un paese di pellegrini e di vie di pellegrinaggio. Alcune regioni come il Veneto, il Trentino, il sud Tirolo lo sono in modo speciale, situati come sono tra i valichi transalpini, gli accessi dal mondo slavo e le vie utilizzate per Roma, Santiago e Venezia, porta e porto per Gerusalemme. Difficile districarsi tra i fasci di vie che nell’evo di mezzo si sovrapponevano, si intersecavano e mutavano nel tempo, percorsi in tutte le direzioni da pellegrini, mercanti, uomini d’arme, nobili e abati. La proposta di un nuovo e nello stesso tempo antico itinerario di fede e di storia attraverso le terre tirolesi, trentine e venete si innesta sulle conoscenze disponibili circa le antiche vie che collegavano le terre venete con il nord Germanico, sia sulle storie dei pellegrini, tra cui Enrico, che tali vie percorsero nell’evo di mezzo. La storia del beato Enrico o Arrigo o Heinrich è stata rivisitata e riproposta alle comunità cristiane e civili in occasione delle celebrazioni organizzate nel 2015 dalle diocesi di Treviso e di Bolzano per il settimo centenario della morte del rispettivo patrono, il Beato Enrico da Bolzano, le cui LOGO DI ART & WOOD spoglie sono venerate da sette secoli nella cattedrale di Treviso. Un santo Logo ART&WOOD apparentemente minore, un pellegriFONT: Fiker Futura Regular &: Abadi MT Condensed Extra Bold no, prima boscaiolo e poi pellegrino Ellisse verde: Dry Brush 2. CMYK: 64, 0, 100, 0. urbano, della penitenza e della Ellisse arancione: Dry Brush 2.uomo CMYK: 9, 64,100,1. Linee di contorno da adattare alla grandezza del logo stesso. carità, la cui memoria si è conservata per secoli tra le genti del nord alpino e del Veneto, dove è venerato come patrono dei vignaiuoli e dei boscaioli. Logo in negativo. Arrivò verso la fine del XIII secolo a Da usare su tutti gli sfondi colorati che non siano arancione e/o verde.

NB: da valutare SEMPRE se la resa diventa migliore nel caso in cui i cerchi vengano come sotto, quindi BIANCHI.

Treviso, dove morì in fama di santità nel 1315. Alla sua morte le campane della città di Treviso suonarono all’unisono spontaneamente ed enorme fu l’afflusso di persone alla sua tomba. L’evento ebbe risonanza ben fuori dei confini della città, tanto che venne citato dal Boccaccio nelle sue opere. I numerosissimi miracoli avvenuti post mortem, tra cui alcuni a persone di Borgo Valsugana e di Levico, vennero diligentemente registrati dai notai di Treviso in testi ancor oggi conservati nella biblioteca capitolare. Il cammino sulle orme del beato Enrico fa riferimento a questo contesto. Un percorso di 250 chilometri in 10 tappe che collega Bolzano a Treviso, via Trento, Borgo Valsugana, Bassano, Castelfranco, con un prolungamento, lungo la via Claudia Augusta verso Altino-Torcello-Venezia, grande snodo delle vie di pellegrinaggio medievali. Un itinerario lungo gli assi dei grandi fiumi Adige, Brenta e Sile che, al fascino dei paesaggi montani, collinari, lacustri, fluviali e lagunari unisce quello della storia e della bellezza dei borghi e città attraversate, di chiese, castelli, conventi e antichi ospitali posti lungo il cammino. La mutevolezza del paesaggio sembra una delle cifre di

questo cammino. Il pellegrino inizia il suo cammino a Bolzano, coronata dalle Alpi, per arrivare ad Altino immerso nel paesaggio lagunare, attraversando la val d’Adige, la valle del Brenta, le colline della pedemontana veneta, il parco naturale delle sorgenti del Sile, la pista ciclopedonale dell’Ostiglia. Il tracciato è in parte sterrato ed in parte ricalca piste ciclabili o modeste stradine di campagna e si integra nella rete dei grandi cammini: ad Altino con la via Romea “strata” e a Castelfranco con il Cammino di Antonio. Infine, ma non ultimo, si tratta di un percorso facilmente raggiungibile in treno, dato che la ferrovia corre parallela al cammino in quasi tutto il suo percorso da Bolzano a Treviso. Info: Mail: compagniadisantiago@gmail.com sito web www.compagniasantiagobeatoenrico.org facebook: Compagnia di Santiago e beato enrico

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Es: nel caso scegliessi uno sfondo viola, io lascerei i cerchi

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Per non dimenticare di Francesco Zadra

Il Centro Tesino di Cultura in viaggio a Mauthausen

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o scorso 6 novembre un gruppo di soci del Centro Tesino di Cultura è partito alle prime luci dell’alba in direzione Mauthausen. 44 partecipanti, per lo più giovani e giovanissimi (dai 14 ai 25 anni), desiderosi di fare Memoria degli errori ed orrori del passato affinché non si ripetano. Non è mancata una componente meno giovane, ma non nello spirito, e la delegazione istituzionale composta dai 3 sindaci del Tesino: Oscar Nervo in rappresentanza di Pieve, Leonardo Ceccato per Cinte e Graziella Menato, sindaco di Castello nonchè organizzatrice del viaggio. Giunti ai piedi del memoriale degli italiani dopo un tragitto di nove ore, i giovani partecipanti depongono una corona d’alloro in onore dei nostri connazionali vittime della furia nazional-socialista. Mentre il sindaco Nervo esegue il Silenzio con la tromba, un brivido di commozione pervade la comitiva: «ogni singolo sasso che calpesteremo - spiega Menato di fronte al lager - ha visto dolore, sofferenza e morte di migliaia di innocenti». La visita prosegue in silenzio e raccoglimento mentre la voce dell’audioguida scuote le coscienze con il racconto di angherie, soprusi e delitti avvenuti fra quelle mura 76 anni prima. Seppur non si trattasse di un campo di sterminio, come i ben più noti Auschwitz e Birkenau, il lager austriaco costituiva un vero e proprio meccanismo di disumanizzazione in cui, grazie a studiate umiliazioni fisiche e morali, i prigionieri erano spogliati del proprio nome, della propria

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I prigionieri tesini e valsuganotti a Mauthausen

identità, e messi l’uno contro l’altro pur di inseguire l’agognata libertà o vedersi concesso un “privilegio” in più. Tra baracche, cortile dell’appello e forni crematori spicca la sala dei nomi: un’installazione seminterrata che tenta di restituire un’identità alle vittime. Impossibile non lasciarsi interrogare da quella sequenza interminabile di dignità calpestate. Di speranze infrante. Di vite distrutte. Tra quei cordoni di filo spinato trovarono la morte ben 7 giovani tesini: i fratelli Danilo e Tarcisio Ballerin, Ermanno Secondo Boso, il volontario della guerra civile spagnola Em-

I tre sindaci del Tesino


Per non dimenticare La corona depositata al memoriale degli italiani

merico Boso, Ilario Zampiero e don Narciso Sordo, deportato dai nazisti assieme al cugino Gaspare Fattore per aver supportato la resistenza. Per non parlare delle vittime valsuganotte: il levicense Emilio Dal Lago, Ferruccio Arturo Marchesoni di

Caldonazzo, il nativo borghesano Eugenio Delvai, Leandro Pesa di Strigno e Leopoldo Baratto di Ivano Fracena. Dopo la prima fase del viaggio, dedicata alla riflessione e alla Memoria, ci si dirige nella confinante Repubblica Ceca per pernottare nella graziosa cittadina di Cesky Krumlov. Tappa decisamente più leggera e allegra inaugurata da una gustosa cena boema a base di zuppe in ciotole di pane, birre locali e piatti di carne conditi da una “delicata” salsa al rafano che difficilmente verrà dimenticata. Prima di cadere tra le braccia di Morfeo i nostri eroi hanno potuto godere di qualche ora in compagnia, tra chiacchiere filosofiche al chiaro di luna, risate e degustazioni di cocktail in grado di sedurre i più intransigenti degli astemi. L’indomani è dedicato alla scoperta del centro storico, con i suoi mo-

numenti patrimonio dell’UNESCO e suggestivi scorci fluviali. Prima della ripartenza un ultimo excursus gastronomico tra il tipico dolce trdelnik, hamburger artigianali e, per i più salutisti, la leggera minestra al pomodoro espressione del più autentico spirito boemo. Un giusto mix di confronto, formazione e aggregazione reso possibile anche grazie al contributo economico di Costabrunella srl, Ecomuseo del Tesino e Cassa Rurale Bassa Valsugana e Tesino. «Gli obiettivi del progetto sono stati pienamente raggiunti dichiara infine Graziella Menato - e ci auspichiamo di realizzare in futuro tante altre iniziative rivolte ai giovani del nostro territorio». Un ringraziamento speciale a Siria Troian e Andrea Valandro per l’eccellente servizio fotografico.

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Natale a Pergine Valsugana Giochi e passatempi sotto l'albero! Piazza Fruet - Pergine

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Riflessione sul Natale di Fiorenza Malpaga

DIO E NOI

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i sta avvicinando la festa del Natale, la più importante dell’anno, che ricorda la nascita di Cristo, un bambino venuto al mondo, duemila anni fa, in una grotta della Palestina. Quell’uomo che, dopo una vita dedicata a diffondere il messaggio divino, è stato poi messo in croce dal suo stesso popolo, perché accusato di dichiararsi figlio di Dio, il massimo dei reati per gli ebrei. Durante la Messa di Natale, la liturgia contempla la lettura del famoso Prologo al Vangelo di Giovanni, che inizia con “In principio era il Verbo, ed il Verbo era presso Dio, ed il Verbo era Dio, Egli era in principio presso Dio, tutto è stato fatto per mezzo di Lui, senza di Lui nulla è stato fatto, di tutto ciò che esiste…” Un inno che squarcia il cielo, che illumina e rischiara la mente e i cuori, l’ascolto attento di queste parole suscita una profonda emozione. L’esaltazione del Verbo, della Parola,

UNA SOLA COSA

del Logos, come principio “Archè” di tutte le cose, talmente vicino a Dio da essere Dio stesso. L’evangelista Giovanni, come un’aquila spirituale, scruta dall’alto dei cieli tutto il mondo illuminato dalla luce divina, ci trasmette un messaggio di speranza e di fiducia per il futuro dell’uomo. Immagine della copertina del Libro la metafora dell’Evangelista La copertina del libro è Giovanni, l’Aquila, la Luce divina e la terra stata disegnata proprio nostra energia vitale, il verbo la parocon l’intento di riprodurre la, in definitiva il “logos” di cui siamo gli elementi essenziali del messagdotati e del quale facciamo parte. gio dell’evangelista Giovanni: la luce E’ sufficiente porre attenzione, ascoldivina, l’aquila che scruta dall’alto il tarsi, meditare, e riusciremo a ricomondo e sotto la terra, dove l’uomo noscerlo nell’amore e nell’affetto dei vive la propria esperienza, molto nostri cari, nel sorriso innocente di spesso senza rivolgere lo sguardo al un bambino, nel firmamento infinito, cielo. nel deserto, sulla alte vette, nei mari Ma Dio chi è ? l’interrogativo che e nei laghi, nei fiori, negli alberi, negli ogni persona si pone o si è sempre animali, nel fascino della natura che ci posta nella sua vita, nessuno però lo circonda. ha mai visto, lo afferma lo stesso E quel bimbo, Dio fatto uomo, nato evangelista Giovanni proprio a Betlemme in una grotta durante nel Prologo al suo Vangelo. una fredda notte di Dicembre, è qui Forse la spiegazione più logica e a ricordarcelo, che siamo tutti figli di naturale è quella che Dio siamo Dio. proprio noi, esseri umani, le cose Un messaggio di fiducia e di speranza che ci circondano, l’universo sul significato della vita, che non può animato e materiale. esaurirsi nell’esperienza terrena, ma Dio non dobbiamo cercarlo fuori che è destinata a rimanere in eterno, di noi, perché è proprio denseppure in forme nuove e diverse, tro la nostra anima, nel nostro perché siamo noi stessi Dio. spirito, nei nostri sentimenti, è la

Fiorenzo Malpaga, laureato in giurisprudenza, umanista, Segretario comunale a riposo, è nostro collaboratore. Ci racconta esperienze di viaggio in paesi esotici, Africa e Asia, in particolare abbiamo letto le sue meditazioni in Tibet e India. Da queste riflessioni ha tratto un libro in cui unisce gli insegnamenti evangelici e di altre filosofie per condurre il lettore alla conclusone che Dio è in noi, noi siamo suoi figli, noi siamo Lui ed Egli è noi”. ll libro dal titolo “L’uomo è Dio” editore del Faro 2021.In vendita anche su Ibs. it la Feltrinelli.

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Conosciamo la Valsugana di Massimo Dalledonne

LE ANTICHE MINIERE DI CAVE’

I

n passato anche in Valsugana erano attive diverse miniere. Sia in Alta (soprattutto) che in Bassa valle. Alcune di queste sono state scoperte, riaperte ad uso turistico e divulgativo. Altre sono al centro di studi e progetti di valorizzazione. Ma ci sono anche delle miniere di cui si sa ben poco. Come quelle che, nei secoli XIV e XV, erano in funzione nella valle di Cavè, nel comune di Torcegno. Ne parla Giulio Candotti nel suo libro “Torcegno, ieri e oggi” edito da Sicos srl di Lentiai, in provincia di Belluno dopo averne trovato traccia nel volume “Sguardo sull’attività mineraria nel Tirolo e Nel Voralberg nel passato ed oggi) pubblicato nel 1928 ad Innsbruck dal dottore Robert

R. von Srbik. A pagina 310 si legge testualmente: Monte di Cavè – comune di Torcegno. Minerali di argento con galena disposti in filoni serpeggianti fra il granito ed il porfido. Nelle vallette alpine del Ceggio, a nord del monte di Cavè, nella valle dei Sette Laghi, nei secoli XIV e XV funzionava una miniera all’aperto. Verso la metà del XV, per motivi sconosciuti, cessò l’attività”. Si legge ancora. “Non si conosce la proprietà iniziale di tale miniera; più tardi, fu proprietà dei

Una veduta della forcella di Cavè

principi vescovi di Trento, i quali, lungo il torrente Larganza, allo sbocco della Val di Roncegno, possedevano la fonderia”. Di antiche miniere, queste in funzione fino alla Prima Guerra,

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Comunello&co

Comunello1921


Conosciamo la Valsugana

La valle di cavè vista dai carli

ve ne erano anche in Civerone. Il materiale estratto veniva trasportato, su rotaia, fino a Borgo passando per la frazione di Olle. Come scrive Giulio Candotti nel suo libro si evince che il materiale scavato in Val di Cavè veniva poi trasportato,

probabilmente impiegando asini e muli, fino al forno fusorio installato lungo la Larganza, a Roncegno, dove ancora oggi esiste il toponimo “le fondàrie”. Miniere che rimasero in funzione fino al secolo XV. Per tantissimi anni, alcuni secoli per la precisione, rimasero inutilizzate. Poi, come si legge ancora nel libro di Candotti “a distanza di tantissimo tempo cu fu un nuovo tentativo di sfruttamento dei filoni di galena di Cavè. Venne attuato nel corso del XIX secolo. Così lo ricordano gli adulti del paese di Torcegno per averlo appreso dai loro nonni. Ma, con tutta probabilità, la scarsa produzione ne provoca,

poco dopo, l’abbandono”. Durante la Seconda Guerra Mondiale arrivarono in zona una squadra di “carbonari”. Si dice originari della Valle del Chiese, dei paesi di Bondone e Baitoni, o addirittura friulani. “Queste persone – scrive ancora Giulio Candotti – si accamparono in località Spiadi e, con l’arrivo della bella stagione, sfruttando la presenza di una abbondante faggeta, innalzarono le carbonare producendo una buona quantità di carbone che poi, trasportandolo sui carri, portavano a valle fino a Borgo Valsugana. Un nuovo tentativo viene fatto agli inizi degli anni ’50 del secolo scorso. Si provò a sfruttare un giacimento di quarzo. “Esattamente in località Boaleti, poco sotto Corto Cortù. Ma anche questo esperimento – conclude Candotti nel suo libro – non offrendo i frutti sperati, venne quasi subito abbandonato”.

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Lo sport per adulti, ragazzi e ragazze di di Armando Munao’

Il Tiro a Segno di Strigno,

un’associazione affascinante e formativa. Dal 1° gennaio 2022 sono aperte le iscrizioni al poligono

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on l’avvio della campagna abbonamenti 2022 e forte di tanti premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale per meriti sportivi di assoluto prestigio conseguiti dai propri associati, il Poligono di Castel Ivano presieduto da Ferruccio Inama, apre le porte al nuovo anno riaprendo tutte le linee di tiro; rinnovate le linee dei 50 metri e quelle dei 25 ai piani terra, al fianco del tunnel dei 25 metri che, pur soggetto alle disposizioni sanitarie, è sempre rimasto attivo, e gli stand dell’aria compressa. Una ripresa “alla grande” a riprova della tenuta del gruppo di collaboratori, supportati convintamente da Comune e Provincia, che hanno saputo attingere ai motivi di fondo che da sempre caratterizzano le attività dell’associazione, mostrando la capacità aggregativa e socializzante del tiro a segno, una disciplina educativa e formativa, facendo corpo unico per un solo obiettivo, all’insegna del più genuino volontariato. Il Poligono è ormai il punto di riferi-

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mento comune anche per le attività formative di tiro delle forze dell’ordine e vengono convogliate a Strigno le attività di tiro dei Carabinieri di tutta la Provincia, oltre alla Polizia Locale, le Guardie Forestali, e i Guardia Caccia. La pratica e l’esercizio permettono di ottenere performace sportive di un certo livello, come ben sanno tutti coloro che, a partire dai dieci anni si allenano all’interno di questa associazione di Tiro a Segno Nazionale (TsN), esercitandosi anche in pratiche olimpioniche e partecipando alle varie

gare; ma sono indicate a tutti coloro che detengono un’arma, poiché, una volta acquisito, il gesto tecnico va tenuto in costante allenamento. Per chi detiene un'arma è consigliata l'iscrizione al poligono di tiro per esercitarsi nel migliore dei modi all'uso della stessa. Quanto sopra per poter garantire il detenere e maneggiare un’arma in completa sicurezza, consapevole della responsabilità che ciò comporta. In quest’ottica la Direzione del Poligono sta preparando l’organizzazione di corsi e seminari specifici sulla difesa personale o di difesa domestica, perpetuando l’impegno formativo di quella che fu, già nel 1861, la Società per il TsN, normata dalla legge 883 del 2 luglio 1882, che poi diede origine all’Unione Italiana Tiro


Lo sport per adulti, ragazzi e ragazze

a Segno, per coordinare l’addestramento all’uso delle armi da fuoco dei

ISTITUTO DI ESTETICA

di Nadia Libardi

giovani delle nuove regioni annesse al Regno d’Italia, fino a veder nascere nel 1894 l’Unione dei Tiratori Italiani, organismo che l’11 novembre 1910 divenne Unione Italiana di Tiro a Segno e nel 1919 entrò a far parte del Coni. La storia dell’Ente vide poi assegnare all’Uits compiti di natura sportiva, come il perfezionamento dei giovani con particolari attitudini

al tiro, organizzazione e disciplina delle gare, e partecipazione a competizioni internazionali, finalità sportive riconfermate anche dall’ultimo statuto Uits approvato dal Ministero della Difesa appena dieci anni fa.

Per info 338 68 48 013 (Inama Ferruccio - Presidente)

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La scuola di Borgo in controluce di Massimo Dalledonne

“Un percorso di biologia con curvatura biomedica”

al Liceo Scientifico di Borgo Valsugana

L’

attesa notizia è arrivata all’inizio dell’anno scolastico. L’Istituto “Alcide Degasperi” di Borgo è entrato nella graduatoria del bando nazionale di selezione promosso dal Miur per avviare un percorso di biologia con curvatura biomedica. Una grande soddisfazione per il dirigente scolastico Giulio Bertoldi che da subito ha sostenuto il progetto e ha trovato ampia disponibilità tra i docenti delle discipline coinvolte, convinti che il progetto porterà un notevole valore aggiunto alla preparazione e alla formazione dei nostri studenti. Sono infatti circa 200 i licei, classici e scientifici – e solo due in Trentino (oltre al Degasperi il Da Vinci di Trento) - selezionati quest’anno che attueranno questo percorso didattico di potenziamento e orientamento, promosso già da alcuni anni in tutta Italia dalla scuola capofila di rete, il Liceo Scientifico “Leonardo Da Vinci” di Reggio Calabria. L’iniziativa ha trovato subito grande interesse tra gli studenti delle attuali classi terze del Liceo Scientifico e del Liceo delle Scienze Applicate, per la notevole valenza formativa e orientativa del progetto. Attraverso un piccolo bando di sele-

Istituto Degasperi Borgo

zione interna sono stati individuati 24 ragazzi che costituiscono il primo gruppo-classe sperimentale. Il percorso prevede un potenziamento del corso di biologia con lezioni tenute dai docenti di scienze naturali, che saranno affiancati anche da medici specialisti che, grazie alla sottoscrizione di un protocollo tra il direttore generale degli ordinamenti scolastici e il presidente della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, potranno entrare in classe a insegnare agli studenti. In questa prima annualità, sono previste 20 ore di lezione di scienze svolte in aula dalle professoresse Marina Curzel e Sonia Magnabosco, coordinate dalla professoressa Ivonne Bernhart, referente del progetto per il liceo di Borgo. Altre 20 ore saranno svolte dai medici appartenenti all’Ordine Provinciale; per l’Istituo Degasperi si sono resi disponibili

medici specialisti impiegati presso l’Ospedale S. Lorenzo di Borgo, grazie all’intervento e la collaborazione del Direttore medico dottore Pierantonio Scappini. La sinergia con la struttura sanitaria del territorio sarà fondamentale quando gli studenti saranno tenuti a completare il percorso con ulteriori 10 ore “sul campo”, in attività in presenza o a distanza presso strutture sanitarie, ospedali o laboratori di analisi. Questo progetto è molto impegnativo per tutte le parti coinvolte; sia i docenti che i professionisti sanitari hanno dimostrato fin da subito entusiasmo e disponibilità per poter offrire agli studenti del Degasperi questa interessantissima opportunità di mettersi in gioco e diventare veri protagonisti del proprio percorso di crescita. Ampliando, così, anche la prospettiva di studio-lavoro all’ambito biologico-medico.

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Il personaggio di Massimo Dalledonne

FRANCESCO AMBROSI

È

stato uno dei maggiori studiosi della storia del Trentino Alto Adige. Scrittore, storico e scientifico ma anche etnologo e botanico Francesco Ambrosi era nato esattamente 200 anni a Borgo Valsugana. Era il 17 novembre del 1821. Come si legge nella sua biografia, scritta dallo stesso Ambrosi in appendice all’opera “Scrittori ed artisti trentini” pubblicata nel 1894 da Giovanni Zippel di Trento “crebbi contrastato dai vecchi pregiudizi di una famiglia che voleva fare di me un sacerdote. E dal bisogno altamente sentito di darmi allo studio”. Venne avviato dalla stessa famiglia alla pastorizia. “Chiesi, e non ottenni – si legge ancora nella stessa autobiografia – d’uscite di patria al fine di percorrere i corsi regolari del ginnasio, onde presi la risoluzione di fare da me rendendomi autodidatta”. Studiò da solo l’Ambrosi. Interessandosi alle scienze naturali, alla storia, alla filosofia ed alla botanica. “Mi aiuto con i libri e buoni consigli il dottore sacerdote Francesco Dall’Orsola, uno degli eremitani di Sant’Agostino venuto in patria dopo la soppressione del convento in Trento. Mi aiutò anche padre Camillo Terzi d’Alzano. Ambedue mi divennero consiglieri e amici, da ambedue – scrive ancora Francesco Ambrosi - ritrassi quelle norme che mi raffermarono nella via dello studio”. La versatilità nell’apprendimento e la varietà delle conoscenze acquisite sono ben testimoniate dall’abbondante produzione pubblicistica che lo contraddistinse. Nel 1864 venne invitato a Trento dal comune per dirigere la biblioteca e il museo. “Promotore della sua nomina – ricorda Antonio Zanetel nel suo

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libro dedicato ai principali uomini Agiati e la Società degli Alpinisti del Trentino sud-orientale – fu il suo Tridentini. Si interessò anche di zocompaesano Carlo Dordi”. Francesco ologia, scrivendo alcune memorie Ambrosi promosse la catalogazione sugli uccelli e un importante trattato distinta per materia all’ordinamento sull›orso del Trentino. Scrisse innualfabetico dei manoscritti, l’istituzione merevoli libri di carattere storico-letdi una libera cattedra per l’insegnaterario, geografico e scientifico, tra mento della storia e della letteratucui anche “Lettere di uomini illustri ra italiana fino alla pubblicazione, nel della Valsugana”. Fu collaboratore di 1881, del periodico «Archivio storico molte riviste e in collaborazione con per l›Istria, Trieste e Trento». Ebbe Francesco Facchini approntò un prela possibilità di entrare in contatto zioso erbario che venne donato poi epistolare con numerose personalità al Museo di Scienze Naturali di Trento. del panorama scientifico italiano ed Scrisse anche il volume “La Valsugana internazionale, fra le quali il roveretadescritta al viaggiatore” occupandosi no Fortunato Vincenzo Zeni, fondaanche dei castelli scomparsi che, nei tore del Museo civico di Rovereto, secoli, erano presenti nella sua terra e Theodor Mommsen, che aiutò nelle di origine, la Valsugana. Argomento, ricerche epigrafiche. Nel 1881 viene quest’ultimo, di cui ci occuperemo processato dal governo austro-unnei prossimi numeri del 2022. garico a causa dei suoi sentimenti patriottici e filo-italiani, accusato di aver infranto le leggi sulla stampa, detenendo nella biblioteca un volume censurato dalle autorità di pubblica sicurezza. Tuttavia mantenne il suo incarico, sino alla morte che lo colpì il 9 aprile del 1897. Francesco Ambrosi fu socio di diverse istituzioni scientifico-culturali, nazionali ed internazionali, fra le quali la Società Botanica di Francia, l’Accademia Alcide Davide Campestrini - ritratto di Francesco Ambrosi (Trento, Biblioteca Comunale) Roveretana degli


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“Mens sana in corpore sano” di Patrizia Rapposelli

ANZIANI E ATTIVITÀ FISICA

Garanzia di salute

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qualsiasi età, svolgere attività fisica è garanzia di vita sana. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha spiegato come la mancanza di questo aspetto nella vita quotidiana, rappresenti per le persone il quarto fattore di rischio (mortalità) in tutto il mondo. Lo sport, a volte teatro di critiche, rappresenta nell’insieme una palestra di vita che promuove valori, rispetto, socializzazione e salute mentale-fisica. Fondamentale in età giovanile, a volte non si tiene conto di quanto lo sia nella terza età. L’attività fisica nell’anziano è indispensabile. Può sembrare azzardato, eppure esistono ricerche scientifiche che dimostrano quanto sia benefico. Sono tanti i vantaggi fisici, mentali e psicologici. Non solo. Lo sport ha un forte impatto nell’ambito sociale, capacità aggregativa. È occasione di socialità e interazione, permette di essere attivi anche nello spirito. I modi di interpretare e vivere l’attività fisica sono molti, ma quello che conta è farla diventare una costante quotidiana. L’importante è prendere il via, cambiando qualche abitudine. Fare le scale al posto dell’ascensore, una passeggiata, uscire con il cane, sbrigare qualche lavoretto a casa. Non esiste una regola precisa, necessario è dosare sforzi e adattare le attività ai propri bisogni. Secondo dati analizzati, ad oggi, circa il 23 per cento della popolazione mondiale svolge un’attività fisica insufficiente e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato un’ulteriore diminuzione del 10 per cento. Sempre da un recente studio è

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stato stimato come un’attività di 150 minuti settimanali ad intensità moderata è associata ad una diminuzione del 22 per cento di rischio mortalità. Ovviamente la ricerca consiglia un’adeguata attività fisica e una corretta alimentazione. Quindi una camminata al giorno per almeno trenta minuti potrebbe diventare un’importante mezzo di intervento per la sanità a livello mondiale. Il valore della relazione tra anziani e salute viene inserita in un programma europeo dedicato al miglioramento delle condizioni di vita. “Strategy and action plan for healthy ageing in Europe, 2012- 2021”. Questo studio, in sintesi, spiega come l’invecchiamento può avvenire in modo intelligente. Gli aspetti negativi della terza età possono essere mitigati. Le condizioni di salute migliorate. Fare moto fornisce all’anziano uno stimolo quotidiano. Uno dei maggiori problemi, in età matura, è l’eccessivo tempo libero nell’arco della giornata, la drastica

diminuzione degli impegni e l’isolamento sociale (pensionamento, allontanamento dei figli, la morte del partner). Statisticamente sono situazioni che determinano un calo della vitalità in persone che dispongono, in generale, di una minore forza fisica o hanno patologie croniche o passeggere. L’International Society of Sport Psycology (ISSP) ha confermato che la pratica regolare di una qualsiasi attività fisica aiuta l’autostima, questo, influisce positivamente, direttamente, su alcune patologie (osteoporosi, diabete, disturbi dell’umore, etc.). La risposta si trova nella scienza. L’attività motoria aumenta il rilascio di sostanze chimiche di origine organica che producono effetti analgesici ed eccitanti. Fare movimento è importante per stare bene. Da un lato vuol dire avere obiettivi ed impegnare il tempo nel raggiungerli, dall’altro, quando coinvolge più persone, permettere la socialità. L’attività fisica è un’arma efficacie da sfruttare a nostro favore.


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Medicina & Salute di Erica Zanghellini*

RAGAZZI E PERFEZIONISMO

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i sono bambini/ragazzi estremamente ordinati, puntuali e controllati mentre altri vivono come un tornado, tutto fuori posto, sempre sull’onda dell’emozione e molto impulsivamente. Sicuramente sono due tipologie di minori molto diverse ma, non per forza una è più funzionale dell’altra. Essere scrupolosi, precisi e metodici può essere un pregio ma, quando invece diventa limitante? Quando si nasconde dietro questi comportamenti una profonda paura del giudizio dell’altro. Quando l’unica strategia per “sentirmi al sicuro”, per non essere in ansia è il mettere in pratica rigidi comportamenti e non riesco a godermi il momento. Se ci pensate questa situazione può avere tanti fattori predisponenti, in alcuni casi possono esserci pressioni famigliari, in altre la scuola ma, anche tutto quello che gira attorno ai media non aiuta. Basta pensare a internet, ai social: quante foto personali sembrano essere uscite da un giornale. L’uso di filtri, per migliorare (o così pare), il proprio aspetto, la foto perfetta e al

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momento top della giornata. E poco importa se poco prima ho litigato col fidanzato, bisogna mettere la foto più sdolcinata di sempre, con un sorriso da duemila denti, anche se dentro siamo ancora infastiditi l’uno con l’altra. Pensate che ora come ora ci sono filtri che “sfinano” il viso, ingrandiscono gli occhi o li rendono più profondi, modificano i capelli, tanto per citarne qualcuno. Capite che i ragazzi stanno combattendo con standard impossibili, irrealistici. Ma nella pratica come possiamo tradurre questa necessità di essere perfetto? Un bambino/ragazzo sempre in ansia, col timore per i voti o più in generale con l’ansia da prestazione queste sono le cose a cui un genitore può cominciare a stare attento per farsi un’idea. Oppure preoccupazioni per il suo aspetto fisico, ore e ore in bagno, in camera a scegliere l’outfit migliore. Il continuo modificare le foto postate sui social, o magari incessanti rinunce a varie attività perché crede di non riuscire ad arrivare al risultato sperato, questi possono essere indizi importanti.

In generale direi, per aiutare a orientare i genitori, che quando si nota che la paura di fare una brutta figura prevale su tutto e magari riesce anche a bloccare il proprio figlio nelle attività quotidiane, allora è il caso di approfondire la situazione. E se invece parliamo di bambini, a cosa possiamo stare attenti? Possiamo notare questa propensione, quando non riescono ad accettare la sconfitta, a un gioco o in uno sport e la loro reazione è esagerata. Esplosioni di rabbia, pianti inconsolabili. O ancora bambini che se colorano fuori dalle righe, strappano il disegno o lo cancellano proprio perché non accettano l’idea che possa venire male. Attenzione però, la reazione deve essere pervasiva e importante, perché ad esempio fino ai sei anni circa (dico circa perché siamo tutti unici e diversi ed è quindi solo un’indicazione di massima) ci può stare la fatica nel gestire una sconfitta o un errore. In generale e questo vale anche per i ragazzi, c’è proprio una dicotomia o è tutto perfetto oppure non c’è nulla. O tutto bianco o tutto nero.


Medicina & Salute Mi raccomando non sempre una tendenza al perfezionismo è negativa, lo diventa quando è invadente e sproporzionata. Una piccola quota è funzionale, ci rende competitivi, ci spinge a migliorarci, il problema è quando è troppa. La gestione dell’errore o l’inadeguatezza dell’adolescente allo specchio sono di sicuro fasi che tutti abbiamo attraversato, quello a cui il genitore deve stare attento è alla quantità di questi comportamenti e alla presenza o meno di impedimenti nel svolgere le attività quotidiane. Altre cose che possono far da campanello d’allarme possono essere per esempio la difficoltà a gestire gli imprevisti, avere in testa più e più regole da seguire pedissequamente, una diminuzione della propensione a sperimentare cose nuove. Logico che prima si individuano questi blocchi, prima e con maggior successo si

riescono a istaurare strategie efficaci per superarli. Se un genitore si accorge di riconoscere il proprio figlio in questa descrizione e se non ci sono state richieste specifiche da parte del contesto in cui si vive, direi che può provare a mettere in pratica qualche strategia per cercare di “smussare” questi tratti caratteriali del proprio figlio. Per i più piccoli si potrebbe provare a programmare esperienze e affrontarle anche se non si è sicuri di riuscire a portarli a termine, anche semplicemente fare dei disegni dove non ci sono schemi rigidi, rinforzarlo per l’impegno profuso, e non per il risultato ottenuto. Per quanto riguarda invece, i ragazzi le cose si complicano, ma non sono impossibili, possiamo provare a fargli frequentare ambienti nuovi, non per forza competitivi, ma anche solo del sano associazionismo.

O ancora spingerlo a potenziare o creare una buona rete si rapporti con i pari. A quell’età la sensazione di inadeguatezza regna e avere qualcuno con cui condividerla è importante. Quindi, possiamo programmare delle merende assieme, qualche gita fuori porta tanto per citare un paio di attività da poter fare. O ancora cerchiamo di essere noi un esempio positivo, condividiamo con loro le esperienze di errore. Cerchiamo di fargli vedere che siamo sopravvissuti o che in alcuni casi addirittura da quella che sembrava una sconfitta è emersa una grande possibilità di rivincita.

Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675

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In ricordo dei caduti di Massimo Dalledonne

I quattro paracadutisti della Valsugana

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ra i quattordici nomi ci sono anche quelli di quattro valsuganotti. Sono i paracadutisti che, durante la Seconda Guerra Mondiale, sono caduti o sono stati reduci dalle due battaglie di El Alamein, in Egitto, nel 1942 e di Eluet El Asel, svoltasi esattamente 80 anni fa in Libia. Nella prima fu impegnata la Divisione della Folgore, in Egitto il 1°Battaglione Carabinieri del Tuscania. Nomi scanditi, uno per uno, nelle scorse settimane a Borgo, dal presidente della sezione di Trento dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia Roberto Calicetti. Con Cesare Cristoforetti (Malè), Cesare Andreolli (Rovereto), Marcello Berloffa (Martignano), Ettore Pallaver (Trento), Bruno Trentin (Trento), Bruno Patton (Trento), Danilo Rossi (Arco), Mario March (Molina di Fiemme), Gino Mattordes (Castello di Fiemme) e Arrigo Vitti (Cadine) anche Vittorio Dalcolmo di Madrano, Ilario Vinciguerra di Pergine, Olivo Carraro di Villagnedo e la medaglia di bronzo Osmano Bonapace di Strigno. Sono stati ricordati in occasione di una cerimonia organizzata dal Nucleo Valsugana e Tesino dell’Anpdi, sezione di Trento. Dopo la Messa la sfilata fino al Tempio Civico di Sant’Anna per gli onori ai caduti e la deposizione di una corona. Con il sindaco di Borgo Enrico Galvan ed il suo vice Luca Bettega, presenti anche diverse autorità civili e militari oltre alla rappresentanza della sezione Anpdi di Bassano del Grappa, del Nucleo paracadutisti di Montebelluna ed i carabinieri del Tuscania. Dopo l’intervento del sindaco Claudio Rozza ha dato lettura della preghiera al soldato con Luciano Capraro che ri-

Onore ai paracadutisti valsuganotti e trentini caduti

cordato, brevemente, quanto successo in occasione delle due battaglie in Africa. Soprattutto i fatti accaduti al 1° Battaglione Carabinieri Reali Paracadutisti il 19 gennaio del 1941 nella Cirenaica. In Libia, dover persero la vita quasi tutti i soldati. “Su ordine del generale Rommel il battaglione fu assegnato al bivio di Eluet et Asel – ha ricordato Luciano Capraro – per resistere ad oltranza contro le forze preponderanti inglesi per una intera giornata. Così da permettere la ritirata delle divisioni dell’Afrika Korp, Trento, Bologna, Pavia, Brescia e delle truppe tedesche; truppe che, l’anno seguente, vennero impiegate nella seconda battaglia di El Alamein con i paracadutisti “Leoni della Folgore” dove anche il 7° reggimento Bersaglieri Trento venne completamente annientato e successivamente sciolto”. Il 1° Battaglione Carabinieri Reali Paracadutisti era composto da 400 carabinieri, un plotone di paracadutisti libici e qualche bersagliere ai cannoni. Tutti al comando del maggiore Edoardo Alessi. “Il battaglione era formato da tre compagnie e una di queste – ha sottolineato Capraro – era comandata dal tenente Osmano Bonapace di

Strigno, poi decorato con la medaglia di bronzo al valore militare. La battaglia fu asprissima ma il reparto riuscì a fermare gli inglesi per una intera giornata così da permettere la ritirate delle truppe dell’Afrika Korp. Il maggiore Alessi la notte lasciò solo 40 uomini per continuare il fuoco ed ingannare il nemico, favorendo così la sua ritirata con i resti del battaglione. I sopravvissuti furono 23. Il battaglione nella ritirata dovette aprire tre varchi in località Lamluda ed alla fine della battaglia ne sopravvissero solo qualche decina”. Dopo la battaglia Radio Londra disse “Si sono battuti come leoni, mai i reparti inglesi in terra d’Africa avevano incontrato una così accanita resistenza. “Per questi fatti i carabinieri paracadutisti vennero decorati con cinque medaglie d’argento e sei di bronzo al valore militare”. Ed una di questi era il tenente Osmaro Bonapace di Strigno. “Sono eroi. Ricordare questi fatti d’armi – ha concluso Luciano Capraro – non è una cosa anacronistica. Queste persone hanno dato la vita per la nostra patria favorendo, con il loro sacrificio, pace, libertà e la nascita della nostra repubblica democratica”.

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Girovagando di Chiara Paoli

Luserna e Pieve Tesino tra i borghi più belli

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sono i “Borghi più belli d'Italia” di fresca elezione, tra questi anche due paesi del Trentino: Luserna/Lusérn sull’altopiano Cimbro e Pieve Tesino. Le due new entry si sommano a quelli già eletti negli anni passati, per un totale di 8: Mezzano, Vigo di Fassa, Canale di Tenno, Rango, Bondone e San Lorenzo - Dorsino. Il borgo di Mezzano si contraddistingue per le sue artistiche cataste di legna, mentre a Vigo di Fassa si trova la sede del Museo Ladino che ci accompagna alla scoperta della minoranza linguistica retoromanza che si colloca a cavallo tra la nostra provincia e l’Alto Adige. Rango e Canale di Tenno sono presi d’assalto nel periodo che precede il Natale per i caratteristici mercatini che da diversi anni si svolgono dentro

gli avvolti, nei fienili e nei luoghi più caratteristici di questi piccoli centri. Tenno è caratterizzata anche dal suo splendido lago le cui acque si distinguono per il colore azzurro intenso e per l’isolotto che si colloca nel mezzo. Bondone è un centro su cui svetta un bellissimo maniero medievale, il castello di San Giovanni, che si affaccia sul lago d’Idro e veglia sulla valle del Chiese, il bene è stato riaperto al pubblico nel 2019. San Lorenzo in Banale è ricordato come il paese della Ciuiga, anche quest’anno sul finire di ottobre, come ogni anno si è celebrata la sagra di questo salume che ha ottenuto il riconoscimento di presidio Slow food. L’abitato di Luserna si connota per essere un’isola linguistica, l’unico paese della provincia di Trento dove ancora oggi si parla la lingua Cimbra/Zimbar,

Luserna (da Italia da scoprire)

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parlata anche nel vicino Veneto. Qui ha sede il Centro Documentazione Lusérn / Dokumentationszentrum Lusérn incaricato di custodire, promuovere e preservare la cultura locale e l’idioma minoritario. All’interno della sede museale, grazie alla suddivisione degli spazi in molteplici sezioni, è possibile conoscere la storia e le tradizioni proprie di questa popolazione emigrata in epoca medievale, ma è anche possibile approfondire la propria conoscenza rispetto all’Età del Bronzo, epoca in cui vennero predisposti dei forni fusori e in merito alla Grande Guerra, che tocca questa terra di confine. Merita una visita la Casa museo “Haus von Prükk”, casa contadina, rimasta così come era nel XIX secolo, che consente di immergersi nella vita di un’epoca ormai lontana.


Girovagando

Pieve Tesino (Museo Casa De Gasperi)

Proprio in questo antico maso il prossimo 26 dicembre si svolgerà l’evento Natale alla Haus, che prevede la presenza di numerosi figuranti che vestono i costumi tradizionali, ma torneranno anche gli animali ad abitare i loro spazi e ci sarà modo di apprezzare le dimostrazioni di antiche lavorazioni artigianali, da quella del legno all’antica e prestigiosa arte del tombolo (per la produzione di merletti), insieme alla narrazione di antiche leggende per i più piccini. The caldo e i biscotti tipici riscalderanno quanti vorranno prendere parte a questo momento di rievocazione e saranno allietati dai canti dei bambini di Luserna. L’abitato di Pieve Tesino è conosciuto a tutti per essere il paese natale del noto statista Alcide De Gasperi (18811954) e qui ha infatti sede il Museo Casa Degasperi che attraverso video, foto e documenti ripercorre le vicende umane di questo personaggio che ha dedicato la sua vita alla politica ed è stato riconosciuto tra i "padri fondatori" dell'Unione Europea. Qui dalla primavera e fino all’autunno è possibile visitare anche lo splendido

che si colloca negli spazi di casa Buffa Giacantoni. Gli abitanti di questo luogo si dedicano infatti a partire dal XVII secolo alla vendita delle stampe realizzate dalla ditta Remondini di Bassano, divengono quindi ambulanti, girano tutta l’Europa, ma si imbarcano anche oltreoceano e spesso si fermano in luoghi lontani, dove aprono i loro negozi per vendere la loro merce. Il percorso racconta la vita e le vicissitudini di questa gente che è partita nella speranza di trovare fortuna, alcuni ci sono riusciti e sono tornati nella terra natia arricchiti, altri hanno avuto una sorte diversa. Il visitatore si immerge nella storia, ma è anche circondato dalle stampe, che sono appese alle pareti come testimonianza di un commercio che ha connotato fortemente gli abitanti di questa zona.

“Giardino d’Europa” a lui intitolato che si inserisce nel più ampio contesto dell’arboreto del Tesino. La visita vi consentirà di ASSISTENZA - VENDITA ammirare l’anfiteNUOVO E USATO atro naturale, ma RICAMBI ORIGINALI REVISIONI (Consorziato) anche il labirinto, la zona paludosa, il laghetto e il roccoTRATTAMENTO IDROREPELLENTI PER VETRI lo. Una passeggiata Ideale per il parabrezza: di un’ora e mezza respinge pioggia, sporco, sottili strati di ghiaccio e neve. circa vi consentirò di seguire tutto DA NOI CONTROLLO GRATUITO DELLA BATTERIA il percorso che si snoda fra prati, boschi e zone umide, consentendovi di godere di un’ampia varietà di specie vegetali provenienti da tutto il mondo. Nel piccolo borgo di Pieve Tesino, troviamo anche una seconda sede espositiva, dedicata ai “perteganti” Tesini, si tratta del Borgo Valsugana (Tn) - Via Giovanelli, 11 - Tel. e Fax 0461 753325 “museo per via”,

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Sport, salute e benessere di Armando Munao’

Golf Club

Roncegno Valsugana

I

l Golf Club Roncegno Valsugana nasce come associazione sportiva dilettantistica nel 1998 da un’idea di alcuni appassionati che intravidero la possibilità di realizzare un campo pratica di golf presso il Centro sportivo di Roncegno Terme su un’area rimasta inutilizzata a causa del mancato completamento del Centro federale di tennis ritenuto non più sostenibile da parte della FIT. Grazie all’intervento del Servizio di ripristino ambientale della PAT e del Comune di Roncegno Terme ma soprattutto all’autofinanziamento dei primi venti soci fondatori del Club vennero così realizzati un driving range e le prime tre buche par 3. Tra il 2006 e il 2008 il campo venne ampliato con due nuove buche par 4 grazie ancora all’intervento della PAT per il recupero ambientale di un’area in fregio al torrente Larganza. E finalmente tra il 2018 e il 2020 sfruttando un contributo nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale (PSR-FEARS, Progetto Leader – GAL Trentino

Albo dei presidenti e dei segretari del Club Presidenti 1998-2000 Mariano Trentin 2000-2004 Vincenzo M. Sglavo 2005-2007 Giorgio Ferrai 2008-2015 Giuseppe Postai 2016-a oggi Vincenzo M. Sglavo Segretari 1998-2009 Mariano Trentin 2009-a oggi Francesco Venturini

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Orientale), grazie anche all’intervento del Comune di Roncegno Terme e al cofinanziamento del club, il campo è stato completato con tre nuove buche così da portarlo alla configurazione standard per essere omologato dalla Federazione Italiana Golf (FIG) – European Golf Association (EGA) così a poter ospitare gare regolamentari. Il campo comprende ora una buca par 5, quattro buche par 4 e quattro buche par 3 per un par complessivo pari a 34 con una lunghezza di 2240 metri. L’intero impianto gestito dal Golf

Club Roncegno Valsugana comprende driving range, putting green e pitching green ed è completato da sei campi da tennis in green set, un campo da calcetto in erba sintetica, un campo polivalente per basket/ pallavolo e un parco giochi, il tutto servito da un grande parcheggio. Attorno al campo da golf si snodano anche alcuni percorsi lungo i quali è possibile praticare nordic walking o semplicemente passeggiare ammirando l’ambiente circostante. Tra i servizi presso la club house, bar con terrazza, ampia sala riunioni, accoglienti spogliatoi con docce e sala deposito sacche. Il campo resta a disposizione di tutti gli appassionati di golf da marzo a novembre. Il percorso che si snoda lungo il torrente Larganza e il Brenta Vecchio a tratti attraversa boschi di fondovalle, in altri costeggia vigneti e frutteti; sufficientemente tecnico, appassiona ogni giocatore che deve far buon uso di tutti i ferri presenti nella sacca. Il campo da golf è un piccolo gioiello dal punto di vista paesaggistico e ambientale. A pochi metri dal Golf Club si trova il biotopo “Palude di Roncegno” sulla sponda occidentale del rio Chiavona, direttamente accessibile dalla pista ciclabile della Valsugana. Le caratteristiche principali di


Sport, salute e benessere Alcuni buoni motivi per iniziare a giocare a golf Fa bene al corpo e allo spirito e migliora la concentrazione Si può praticare il golf in modo più o meno competitivo e permette di muoverti all’aria aperta, in ambienti molto belli assolutamente protetti, con movimenti mai bruschi o violenti, allenando la coordinazione e l’elasticità muscolare. Giocando a golf su libera la mente da tutti gli altri pensieri perché si è concentrati sia sui movimenti da eseguire che sulla strategia di gioco. Inoltre, questo piacevole sport, che aiuta la socializzazione, è l’ideale in questo particolare periodo di isolamento e distanziamento sociale perché è una buona possibilità per incontrare altre persone in un contesto sicuro e, soprattutto, all’aperto Va bene per tutti e per ogni età e si può giocare in tutte le stagioni Ebbene sì. Dai 5 anni in sù, qualunque età è ottima per iniziare a giocare a golf. La maggior parte dei giocatori iscritti alla Federazione Italiana Golf hanno più di 60 anni! E per giocare a golf e divertirsi non è necessario avere doti atletiche particolari o abbigliamento specifico: bastano scarpe comode per camminare sul prato, un vestiario che permetta semplici movimenti un guanto e qualche pallina. E il divertimento è assicurato. E a golf possono giocare assieme nonni e nipoti, madri, padri e figli, golfisti provetti e principianti, visto che a seconda dell’abilità ognuno ha un certo numero di colpi da fare, livellando la diversità di gioco. Il golf non costa più degli altri sport Iscriversi ad un golf club costa come andare in piscina, al circolo tennis o in palestra con la sola differenza che al golf ci si può andare tutto l’anno, giocando anche per tante ore al giorno. L’attrezzatura necessaria per cominciare costa un paio di centinaia di euro e dura anni!

questa riserva sono la costante presenza di acqua e l’esistenza di uno degli ultimi ma più importanti boschi ripariali di fondovalle della Provincia Autonoma di Trento. In mezzo a tale mondo naturale non è improbabile l’incontro con volatili quali Da sinistra a destra, Giorgio Ferrai, Giuseppe Postai, Vincenzo Sglavo, il merlo acquaiolo, il Adelino Valerio, Francesco Venturini germano reale o l’airone cinerino. CostegIl 3 ottobre u.s. si è svolta la “Cassa giando frutteti e soprattutto i boschi Rurale Valsugana e Tesino CUP”, gara di fondovalle è facile essere disturbati su 18 buche (due giri) valida come dal picchio rosso o dal picchio verde, campionato sociale; sono risultati sentire lo svolazzare dell’upupa, del vincitori Adelino Valerio (1a categoporciglione e della cannaiola verdoria), Sandra Boni (2a categoria) e Carlo gnola; più alti in cielo, ma sempre afZuccato (1° lordo). Il Club organizza fascinanti, rimangono falchi e poiane. periodicamente corsi di avviamento Molti anche i mammiferi che a volte al golf per ragazzi e adulti mettendo visitano il campo quali lepri, caprioli e a disposizione tutta l’attrezzatura per più di rado cervi e piccole volpi. far conoscere a quante più persone Grazie al completamento del campo possibile uno degli sport più belli e a 9 buche e dell’omologazione da appassionanti. parte della FIG – EGA, nonostante qualche alcune restrizioni riguardanti il distanziamento tra le persone e le limitazioni imposte nell’utilizzo di spogliatoi e servizi igienici causate dalla pandemia Covid-19, negli ultimi due anni sono state organizzate numerose gare anche nell’ambito di circuiti nazionali.

PRENOTA UNA PROVA GRATUITA DEL GOLF! A partire dal 1° marzo 2022, invia una email (info@golfclubroncegno.it) o telefona (0461 773337) al Golf Club Roncegno Valsugana per prenotare una prima prova del golf che sarà gratuita

presentando il presente talloncino.

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La legge e il cittadino di Erica Vicentini *

I reati in materia di sostanze dopanti:

QUESTI POCO CONOSCIUTI

S

e pensiamo alle sostanze stupefacenti, siamo abituati a far correre la mente a situazioni di degrado urbano, spaccio di quartiere o grandi feste, nei quali le droghe vengono condivise fra giovani e meno giovani per lo “sballo”. Queste condotte sono punite gravemente nel nostro sistema, con reati che prevedono la reclusione fino a 20 anni. Esiste poi il mondo, forse un po’ meno conosciuto, del doping sportivo, connesso all’assunzione di anabolizzanti o sostanze psicoattive utili a migliorare le prestazioni sportive in modo artificiale. Si tratta, pur sempre, di droghe, nel senso di sostanze psicoattive, la cui diffusione e commercializzazione è punita come reato. E le condotte connesse alla loro circolazione sono punite come reato a prescindere dalle sanzioni eventualmente comminate dagli Organismi ed Enti di giustizia sportiva (es. una squalifica). L’art. 586 bis c.p., inserito nel codice penale con la riforma Orlando del 2018 nell’ambito del progetto che intendeva riportare nel codice penale quanti più reati possibili (d.lgs 21/2018) sanziona l’utilizzo, la somministrazione o la commercializzazione di farmaci o di altre sostanze dopanti, con entrata in vigore al 6 aprile 2018. Prima di tale delitto, le stesse condotte erano punite dall’art. 9 della Legge 376/2000, abrogato conseguentemente nel 2018. Se, da un lato, la giurisprudenza ha avuto modo di specificare come la modifica normativa non abbia deter-

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minato l’abrogazione del reato, vanno fatte alcune precisazioni: la nuova formulazione del delitto, infatti, non è perfettamente identica a quella previgente. Le condotte contemplate riguardano tutte le forme di diffusione, assunzione e commercializzazione di sostanze dopanti così previste dalla legge, con il fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. Solo nella formulazione dell’art. 586 bis c.p.p., si è previsto in modo univoco oggi il dolo specifico del fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, con la scelta di limitare l’operatività della norma – appunto – ai soggetti atleti professionisti, che

svolgono attività sportiva a livello agonistico. Si tratta di un dato perfettamente coerente con la ratio della fattispecie, volta a presidiare, più che la salute pubblica in generale, il regolare e corretto svolgimento delle gare sportive di livello non amatoriale, nella consapevolezza degli interessi commerciali ed economici sottesi. Il commercio clandestino di tali sostanze viene punito in modo più grave, indipendentemente dal fine specifico perseguito dal soggetto agente e configura un reato di pericolo, diretto a prevenire il rischio derivante dalla messa in circolazione di tali farmaci, al di fuori delle pre-


La legge e il cittadino scrizioni imposte dalla legge, per la tutela sanitaria delle attività sportive; in altri termini, in tal caso non è richiesta la verifica del fine di alterare una competizione sportiva, proprio perché lo scopo della norma è limitare al massimo grado la circolazione “imprenditoriale” di tali sostanze. Attenzione, però, che per la configurabilità del delitto di detenzione di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive (cosiddetti anabolizzanti) non è richiesto dalla legge che l’attività sportiva sia svolta a livello professionistico o comunque agonistico: ciò significa quindi che è sufficiente essere iscritti ad un club sportivo e partecipare regolarmente a gare per trovarsi in una situazione delicata. In questo contesto, va citata una recente sentenza molto interessante del Tribunale di Milano che stabili-

sce, per quanto in obiter, l’irrilevanza penale dell’assunzione strettamente personale di anabolizzante, senza il fine di alterare le prestazioni sportive (sent. d.d. 25/06/2021). Seppur la sentenza giudichi in via principale un fatto di ricettazione, approfondisce l’argomento del doping personale ritenendolo insussistente se privo dell’elemento del dolo specifico previsto dall’art. 586 bis c.p.: “occorre chiedersi se la punibilità della condotta di chi acquisti sostanze anabolizzanti per farne uso esclusivamente personale ed al di fuori di qualsiasi contesto di attività sportiva agonistica sia stata mai anche indirettamente contemplata dal legislatore, nonostante lo stesso sia

intervenuto sulla materia de qua attraverso una legge speciale […]” e la mancanza di una previsione di punibilità specifica dell’uso personale avulso dal contesto agonistico deve ritenersi “chiaramente indicativa di della irrilevanza penale implicitamente attribuita a tali condotte dal legislatore”. Si badi, infine, che questa nuova formulazione del delitto ha condotto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 586 bis c.p. che risulta tuttora pendente.

*Avvocato Erica Vicentini, del Foro di Trento, Studio legale in Pergine Valsugana, Via Francesco Petrarca n. 84)

Chi desiderasse avere un parere su un problema o tematica giuridica oppure una risposta su un particolare quesito, può indirizzare la richiesta a: direttore@valsugananews.com

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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *

L’ottobre 2021 è stato il quarto più caldo di sempre a livello globale dal 1880. In Trentino un mese con poca pioggia AFRICA: l’ottobre 2021 è stato il settimo più caldo di sempre. OCEANIA: nel complesso è stato sopra la media, tuttavia è stato l’ottobre più fresco dal 2016. ATTIVITA’ COMPLESSIVA DI CICLONI E URAGANI: l’attività globale dei cicloni tropicali da gennaio a ottobre è stata superiore alla media con 86 eventi, il numero di uragani finora generati (ai quali è stato dato un nome) nella “stagione degli uragani” del Nord Atlantico 2021 è stato di 21, ed è il terzo numero più alto mai registrato. Fig.1 - Alcune delle più significative anomalie ed eventi estremi ottobre 2021

L’

Agenzia Federale USA Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) ha reso disponibile la mappa di fig. 1 dove sono evidenziati i principali eventi estremi/anomalie che hanno colpito la Terra nel corso dell’ottobre 2021, che riassumo/traduco qui di seguito.

strate precipitazioni record in diverse zone della California.

ESTENSIONE DEI GHIACCI ARTICI: nell’ottobre 2021 l’estensione dei ghiacci artici è stata inferiore del 18,9% rispetto alla media 1981/2010, insieme al 2017 è risultato l’ottavo anno con estensione inferiore da quando sono iniziate le rilevazioni satellitari nel 1979. NORD AMERICA: è stato il secondo ottobre più caldo di sempre dopo quello del 1963. OVEST USA: a fine mese si sono regi-

USA “CONTIGUI”: hanno registrato il sesto ottobre più caldo di sempre in 127 anni di rilevazioni.

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URAGANO RICH: un uragano di categoria 2 nel sud ovest del Messico ha portato piogge abbondanti con allagamenti con forti venti che hanno causato danni a case e interrotto le linee elettriche.

SUD AMERICA: ha registrato il terzo ottobre più caldo di sempre dopo quelli del 2014 e 2020. EUROPA: anche se le temperature sono state sopra la media è stato l’ottobre più fresco dal 2016. ASIA: l’ottobre 2021 è stato il dodicesimo più caldo di sempre.

ESTENSIONE GHIACCI ANTARTICI: l’estensione dei Ghiacci Antartici nell’ottobre 2021 è stata del 2,6% inferiore alla media e la quarta più bassa in 43 anni di rilevazioni. Solamente il 1984, 1986 e 2016 ebbero un’estensione inferiore. Venendo invece al Trentino l’ottobre 2021 è stato piuttosto secco. Nella nostra provincia si sono registrati mediamente solo 3 giorni di pioggia, esattamente i giorni 4-5-6, in seguito si è dovuto attendere il 1° novembre per rivedere giorni piovosi, quindi un mese con precipitazioni sotto la media. Alcuni dati statistici: a Levico Terme solitamente i giorni piovosi di ottobre (per giorno piovoso si intende quello in cui cade almeno 1 mm di pioggia, 1 mm per metro quadrato equivale a un litro) sono 7, con una media mensile di 118 mm, quest’anno nel mese sono caduti 69 mm. Va detto comunque che le precipitazioni hanno ben recuperato nel mese di


Che tempo che fa novembre dove si sono registrati valori superiori alla media. Una breve analisi del peggioramento di inizio ottobre: Una saccatura ha raggiunto nella giornata del 3 ottobre la Penisola Iberica, manovrata da una vasta depressione centrata fra l’Islanda e le Isole Britanniche, tale saccatura dopo aver portato abbondanti piogge nel sud della Francia, lunedì 4 ottobre ha raggiunto l’Italia. Le precipitazioni si sono dapprima concentrate sul Nord Ovest, in particolare sulla Liguria dove si sono raggiunti accumuli “storici” per la meteorologia italiana (in 24 ore in alcune zone sono caduti quantitativi pari a quelli che a Trento cadono in un intero anno), e nel pomeriggio ha raggiunto il Triveneto. In Trentino le precipitazioni sono dapprima iniziate sulla parte sud occidentale della provincia per poi spostarsi lentamente verso est nord est, gli accumuli a fine giornata sono andati dai 62,6 mm di Pian delle Fugazze a 9,2 mm di Trento Roncafort a 12 mm di Levico Terme (tutte stazioni Meteotrentino), 5 mm a Passo Rolle (Meteotriveneto). Le precipitazioni sono poi proseguite nella notte tra il 4 e il 5 ottobre, con una pausa (fatta eccezione per alcune precipitazioni sparse) per poi riprendere nel pomeriggio del 5 ottobre. In seguito, una saccatura in approfondimento sulla Spagna si è avvicinata all’Arco Alpino provocando una fase di tempo instabile/ perturbato su tutto il nord Italia. Il minimo profondo, responsabile di abbondanti piogge e di venti tempestosi tra Francia e Inghilterra, ha raggiunto il Nord determinando il for-

Fig. 2 - Precipitazioni inizio ottobre Trentino

marsi di un minimo secondario a sud delle Alpi nella giornata di mercoledì, portando ulteriori precipitazioni e un forte calo termico a partire dalla metà della giornata del giorno 6. Nella tabella di fig. 2 sono riepilogate le precipitazioni rilevate in Trentino (rete Meteotrentino) nei tre giorni 4 5 e 6 ottobre su cui spicca la stazione di Pian delle Fugazze notoriamente interessata da fenomeni di “stau”. Nel tardo pomeriggio del 6 ottobre si è poi registrato un forte calo termico che ha portato le prime nevicate autunnali sulle montagne trentine, per dare un’idea la stazione meteo del sottoscritto e di Meteotriveneto posta ai 2125 metri della Paganella, è passata da una massima di +7,6°C ad una minima di -2,4°C. Nella foto di fig.

3 scattata sopra il lago di Caldonazzo nel tardo pomeriggio del 6, si vedono imbiancate tutte le cime da Manderiolo fino all’Ortigara. Notevole il calo termico nelle stazioni di Meteotriveneto poste oltre i 2900 metri, spiccano le minime del giorno 7 di -7,1°C ai 2950 m. del Sass Pordoi e di -8,3°C ai 3152 del Piz Boè. Per il Trentino le temperature del mese di ottobre sono state pressoché nella media, a Trento la media mensile è stata pari a +13,1°C di 0,4°C superiore alla media storica di +12,7°C (fonte Report mensile Meteotrentino). * Giampaolo Rizzonelli (Appassionato di meteorologia e climatologia)

Fig. 3 - Prima neve autunnale 6 ottobre 2021

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Le tradizioni natalizie di Mario Pacher

Perché si usa un abete come simbolo del Natale?

L’

albero di Natale è, insieme con la tradizione del presepe, una delle più diffuse usanze natalizie. L’albero di Natale è un uso di origine nordica, particolarmente diffuso nell’area tedesca. Si tratta in genere di un abete o un sempreverde addobbato con palline, piccoli oggetti colorati, luci, festoni, dolciumi; alla base o sui rami si pongono piccoli regali impacchettati. Un tempo l’albero era sempre di origine naturale, di solito un piccolo abete che veniva tagliato nel bosco e portato in casa come addobbo natalizio. In epoca industriale iniziarono il commercio degli abeti coltivati e degli abeti di materiale plastico, in vari formati e colori. L’abete può essere portato in casa

o tenuto all’aperto, viene preparato qualche giorno o qualche settimana prima di Natale e rimosso dopo l’Epifania. Nelle grandi città è d’uso abbellire una delle piazze principali con un grande abete. Quando l’albero viene collocato in casa, è tradizione in Italia che nei pressi o ai suoi piedi venga collocato anche il presepe, come pure siano collocati anche i regali di Natale ben impacchettati, in attesa del giorno della festa in cui potranno essere aperti. Nella tradizione milanese l’albero di natale viene preparato a Sant’Ambrogio, patrono di Milano, il 7 dicembre; mentre nella tradizione barese è allestito a San Nicola, patrono di Bari, il 6 dicembre. Un’altra usanza ne prevede la preparazione l’8 dicembre,

ovvero durante la festività cattolica dell’ Immacolata Concezione. L’immagine dell’albero come simbolo dell’ axis mundi che collega il Cielo supremo sede della Divinità (specificamente la stella polare) e la Terra, ha origini molto antiche e trova riscontri in diverse religioni.

La leggenda del vischio raccontattami più di 70 anni fa Il vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno. Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, moneta su moneta, aveva fatto un bel mucchietto di denari. Si levò. Li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente. Il mercante non poteva dormire. Uscì di casa e vide gente che andava da tutte le parti verso lo stesso luogo. Preva che tutti si fossero passati la parola per partecipare a una festa. Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce si levò: – Fratello, – gli gridarono – non vieni? Fratello, a lui fratello? Ma che erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante; e per lui non c’erano che clienti: chi comprava e chi vendeva. Ma dove andavano? Si mosse un po’ curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli. Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Ma lui cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare. No, lui non poteva essere fratello a quella povera gente che aveva sempre sfruttata, ingannata, tradita. Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote; anche i poveri avevano qualcosa. E lui non aveva niente, lui che era ricco. Entrò nella grotta insieme con gli altri; s’inginocchio insieme agli altri. – Signore, – esclamò – ho trattato male i miei fratelli. Perdonami. E proruppe in pianto. Appoggiato a un albero, davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere, e il suo cuore cambiò. Alla prima luce dell’alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline. Era nato il vischio.

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100% freschi vantaggi

unquarto MUTUO unquarto 1/4, oltre le aspettative

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