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Fatti e Misfatti: morte di un giornale
Il fatto in cronaca
Un tratto di penna: morte di un giornale
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di Rocco Cerone *
Comincia all’insegna del lutto il 2021 per l’informazione in Trentino Alto Adige, un tempo isola felice, ma oggi non più almeno per 19 giornalisti del quotidiano Trentino, che – con un tratto di penna – si sono ritrovati senza lavoro da un momento all’altro.
La data spartiacque che segna un prima ed un dopo è venerdì 15 gennaio 2021, quando è stata decretata la sentenza di morte del Trentino, diventata una giornata di lutto per l’informazione libera e per la democrazia, che interrompe una storia di 75 anni del giornale nato come Alto Adige, trasformato nella testata Trentino nel 2000, diventato poi autonomo con un proprio direttore tre anni fa. Giornale che ha accompagnato dal secondo dopoguerra fino ad oggi la rinascita, la ricostruzione, le trasformazioni politiche, economiche e culturali di questo territorio specialissimo di confine e di ponte tra il mondo italiano e quello tedesco. Un compito non facile in una comunità dove lo scontro etnico è stato per troppo tempo all’ordine del giorno, tra rivendicazioni separatistiche da un lato ed esasperati nazionalismi dall’altro. In questo contesto l’Alto Adige ha sempre rappresentato la voce della comunità di lingua italiana, sempre però senza smettere il filo del dialogo con il mondo tedesco. Esemplare, in proposito, la presenza sull’edizione di Bolzano - fino alla fine degli anni ‘90 - delle pagine in lingua tedesca, fucina di talenti giornalistici e di voci politiche che non riuscivano a trovare spazio nei media legati al mondo tedesco. A Trento il giornale, nel momento della nascita nel 1968 del movimento studentesco, fu capace di cogliere la spinta e i valori che arrivavano da Sociologia e dai suoi leader storici, grazie anche allo spirito laico della testata che aveva, come concorrente su piazza, il quotidiano l’Adige strettamente legato alla Curia e alla Democrazia Cristiana, il cui primo direttore fu Flaminio Piccoli. Alto Adige prima e Trentino poi, nel corso dei loro 75 anni, hanno incrociato diverse realtà editoriali che hanno fatto la storia dell’informazione in Italia: da Rizzoli a Mondadori, passando per il Gruppo Espresso-Repubblica attraverso la galassia Finegil, capofila dei giornali locali. Come ha scritto nell’ultimo numero in edicola sabato 16 gennaio il direttore Paolo Mantovan nel suo saluto di commiato: il Trentino è stato un pezzo importante di democrazia, un luogo in cui la comunità si è misurata e costruita. Perdere una voce – ha concluso Mantovan - in un momento in cui la democrazia conosce capitoli come quello del Campidoglio a Washington, dove, graffiato sulle pareti durante l’invasione del 6 gennaio, si leggeva “murder the media” (“uccidi il giornalismo”), perdere una voce è un grave rischio per tutti. Credo che queste parole racchiudano plasticamente l’amarezza con la quale è stata accolta la decisione repentina della società editrice, proprietaria oltre che dei giornali di lingua italiana Trentino anche dell’Alto Adige, dell’Adige, di Radio Dolomiti, che, senza preavviso ha chiuso il giornale con effetto immediato e annunciato di volere mettere in cassa integrazione a zero ore tutti i giornalisti. Rimarrà – di fatto sulla carta - la testata online, alimentata dalla redazione infragruppo, che quindi non assorbirà che uno dei giornalisti rimasti senza lavoro. Decisione che disattende l’impegno preso due mesi prima dall’azienda che, in concomitanza con l’annuncio
della fusione per incorporazione di SETA SPA in SIE SPA del 18 novembre 2020, dichiarava che si sarebbe impegnata a presentare entro il mese di gennaio 2021, per ogni giornale del gruppo, un nuovo piano editoriale per il mantenimento dell’autonomia delle testate e per il rilancio delle stesse sul mercato e che, dall’operazione aziendale, non si sarebbero avute ricadute occupazionali eccedenti al numero degli esuberi già individuati dall’azienda nell’ultimo anno. Ma la chiusura del Trentino chiama in causa anche il comportamento del gruppo Athesia di proprietà dell’imprenditore sudtirolese Michl Ebner sotto il profilo etico: soltanto lo scorso anno, il quotidiano di lingua tedesca Dolomiten, di proprietà dello stesso Ebner, ha percepito oltre sei milioni di euro di contributi pubblici del fondo per le minoranze linguistiche, accaparrandosi oltre il 60 per cento delle risorse messe a disposizione dal governo centrale. Situazione che è anche la conseguenza di una evidente posizione dominante raggiunta sul mercato editoriale regionale dal gruppo Ebner, sulla quale rimane quanto mai necessaria una riflessione in sede politica e parlamentare che la Federazione Nazionale della Stampa Italiana non mancherà di sollevare. Il tema non è soltanto sindacale, umano che investe diciannove persone, diciannove famiglie, diciannove mondi, ma il patrimonio culturale, ideale, giornalistico che ha rappresentato per 75 anni questo testimone della storia locale, pensiamo soltanto alla nascita, crescita e sviluppo dell’Università di Trento, che è stato annientato, impoverendo il panorama giornalistico regionale e facendo mancare una voce significativa, che costituisce un depauperamento per la stessa democrazia. Ecco cosa accade in questa ricca ed opulenta terra di confine, dove i denari dello Stato centrale hanno fatto diventare questa autonomia la più tutelata del mondo e nello stesso tempo questo territorio privilegiato non ha avuto finora uno scatto di orgoglio in grado evitare la chiusura di un giornale che ha contribuito non poco a farla crescere. Timide finora le reazioni che sono venute dalla cosiddetta società civile. Il 2021 comincia più povero ed all’insegna di una voce in meno in questo territorio.
Il fatto in cronaca
* Rocco Cerone (già giornalista RAI, è segretario del sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige)
Promuovere crescita
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