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Il Sole Invictus e il Carvevale

Feste e ricorrenze di casa nostra

di Waimer Perinelli

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Il Sole Invictus e il Carnevale

E’ il 21 dicembre quando il sole solleva il cupo mantello dell’autunno e fa capolino fra le foschie annunciando l’avvio di una nuova stagione. Sol invictus, il sole vittorioso, dicevano i romani, il nostro astro che sconfigge le nebbie autunnali e torna a prevalere sulle tenebre. Si prepara la primavera. I nostri avi nel tardo romano impero celebravano questo giorno con una grande festa rinnovata e sovrapposta dal cristianesimo al Natale, ovvero la nascita del Redentore, da cui ogni celebrazione pagana è stata definitivamente cancellata.

Ma la tradizione e la tenacia della cultura popolare riprendono il sopravvento già a gennaio con la festa dell’Epifania. Hai voglia a raccontare che si tratta del giorno della manifestazione del Bambino Santo al popolo con l’arrivo dei Re Magi alla capanna: appena usciti dal portone della chiesa, l’epifania è il giorno della Befana, la strega con la scopa volante, preludio alle festività del Carnevale. La Befana il sei gennaio vola sopra le vallate, salutata dai falò, o fuochi propiziatori, che nell’Agordino si chiamano Pavarui; nella val di Zoldo sono i Paaruoi; a Rocca Pietore i Pagaruoi. Un tempo nell’alto Agordino e nel Cadore era diffuso il rito della Donaza o Redodesa assimilabile proprio alla Befana, la vecchia che fa dispetti ai bimbi cattivi e porta dolcetti ai buoni. I fuochi accesi all’imbrunire e alimentati tutta la notte pronosticano con il loro fumo l’ andamento dell’anno. Nella valle dei Mocheni, del Trentino orientale, abitata da una comunità germanofona, a questo rito s’accompagna quello della Stern o Stella, di Natale, presente in Carinzia come nel sud Tirolo. I coscritti portano un’ insegna a forma di stella a sei punte, di casa in casa per annunciare la nascita di Gesù e l’arrivo dell’Epifania. Martin Lutero riteneva il rito poco aderente al Vangelo ma la Chiesa della Controriforma grazie ai gesuiti lo rafforzò proprio per ribadire il proprio primato. Tuttavia, vuoi perché fuori faceva freddo e le case di montagna avevano sempre un bel fuoco e molta grappa, l’annuncio si tramutava spesso in baldoria e bagordi. Per questo la Chiesa pensò di raffreddare gli animi con un po’ di cenere come si fa con il fuoco e la tradizione venne lentamente sopita per tornare più viva che mai ai nostri giorni. L’ antico proverbio recita: l’Epifania tutte le feste si porta via. E’ vero, ma solo fino al Carnevale ovvero alla festa più trasgressiva dell’anno quella che precede la Quaresima il periodo in cui, aspettando degnamente la Pasqua con la morte e risurrezione del Salvatore, si toglie la carne dalla tavola . Il Carnevale(Carne-Levare) è una

Feste e ricorrenze di casa nostra

festa che non ha una data fissa ma si basa sul ciclo lunare. Nella Chiesa Cattolica corrisponde alla domenica di Settuagesima ed è celebrata circa settanta giorni prima della Domenica di Pasqua segnando l’inizio del cosiddetto Tempo di Settuagesima o Tempo di Carnevale, un periodo di preparazione alla Quaresima, in cui si inizia, come detto, l’astinenza dalle carni nei giorni feriali. Quest’anno l’inizio di questa festività è avvenuto il 31 dicembre. Poiché tutto ciò ch’è bello prima o poi finisce anche per la festa di Carnevale arriva un termine che per quest’anno è il 16 febbraio. Come vuole la tradizione il periodo è segnato da banchetti a base di frittelle, grostoi, frappe, bugie, strauben, gnocchi e sfilate di carri, manifestazioni folcloristiche, scherzi, mascherate con i costumi che un tempo erano ricavati da abiti dimessi o comunque confezionati in casa con nastri e fiori colorati e le maschere erano rigorosamente realizzate in legno da artisti locali secondo una tradizione tramandata da padre a figlio. In valle di Fassa i Matoci ed il Bufon aprono le sfilate per i paesi ladini; Matoci e facere di legno in Valfloriana e Valle di Non; nel Comelico ci sono i Lachè e il Matazin, il matto sopravvissuto alle proibizioni del Concilio di Trento, che a Venezia lanciava uova “profumate” ai passanti. Il caratteristico Carnevale del Comelico culmina con la Mascherata di Santä Ploniä a Dosoledo, una colorata e allegra sfilata aperta dalle maschere. Ancora oggi in quasi tutti i paesi della provincia di Belluno è tradizione festeggiare il Carnevale con varie iniziative: fiaccolate mascherate, balli. Negli ultimi anni anche Canale d’Agordo ha recuperato l’antica tradizione del Carnevale con la festa della Zinghenesta, una sfilata di maschere e personaggi caratteristici aperta dalla ragazza più bella del paese, la Zinghenesta appunto, con un abito colorato e ornato di fiori e nastri che guida il corteo fino alla piazza principale dove continuano i balli. A Fornesighe di Forno di Zoldo, invece, la Gnaga non è solo la maschera tradizionale di una vecchia che porta nella gerla un giovane a simboleggiare l’anno vecchio che porta la primavera, ma anche un apprezzato concorso di scultura dei volti lignei dei Carnevali di montagna. A Grauno, un paesino di 150 abitanti in valle di Cembra, l’ultimo giorno di Carnevale, detto anche martedì grasso, da qualche tempo si rinnova il rito del pino bruciato. I coscritti del paese e di quelli vicini trascinano un grosso pino fino ad una collinetta fuori dall’abitato, lo rivestono di paglia ed altro materiale infiammabile e lo incendiano. E qui termina il periodo di carnevale dove si dice “ogni scherzo vale”, per lasciare il posto al mercoledì delle ceneri con le quali si cosparge il capo per ricordare la brevità della vita. Inizia con questo rito la Quaresima, quaranta giorni precedenti la Pasqua, durante il quale si è invitati a riflettere sulla caducità della vita. Nel frattempo il sole invitto continua a raddrizzare i suoi raggi sulla terra e con l’equinozio del 20 marzo, quando la notte è lunga quanto il giorno, arriva la primavera ed a rinascere è tutta la natura.

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