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Società e lavoro
di Cesare Scotoni
LAVORO: GOVERNI ALLO SBANDO LE RIFORME INUTILI E DANNOSE
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Il “Lavoro” è stato assunto come base della Costituzione del nostro Paese solo 75 anni fa ed è stato un motore di un cambiamento che, non solo per la Ricchezza che ha creato, ma dallo Statuto dei Lavoratori alla Concertazione, ha influenzato profondamente l’evoluzione Politica e Sociale della Repubblica Italiana.
Il fatto che il Lavoro, ovvero tutte quelle attività che creano Valore e Ricchezza, muti con l’evolvere delle Tecnologie è incontestabile ed incontestato così come il fatto che la sua organizzazione sia determinante per massimizzarne i risultati e ridurre la Fatica di chi lo svolge. A partire dal 1963 con il primo governo Moro (Centrosinistra) il PSI di Nenni condizionò l’introduzione di una serie di importanti vincoli e strumenti per rafforzare e tutelare i lavoratori mostrando lungimiranza e concretezza nel momento apicale dell’Industrializzazione del Paese. La Concertazione del 1993 invece, da azione tattica finalizzata allo sforzo dell’ingresso in Europa nel momento del collasso “giudiziario” della Prima Repubblica, divenne un metodo ordinario di governo che segnò in modo indiscutibile la perdita di Competitività del nostro Paese sganciando definitivamente il fondamentale Concetto di Lavoro come Processo per la Creazione di Valore e Ricchezza dalle Retribuzioni, dalla Tassazione e dai risultati in termini di Produttività. Le stesse interminabili correzioni al sistema pensionistico, figlie degli errori degli anni Ottanta e non delle scelte del 1965, entrarono nel “calderone” della Concertazione, mescolando il tema del Lavoro, con quelli, certo distinti del Welfare e della Previdenza. Confusione concettuale in cui le diverse lobbies han sempre potuto “sguazzare”. Tralasciamo le vicende più recenti e tragiche dove il Sussidio è stato inteso come Salario ed in cui, con il pretesto del Covid19 la Costituzione è stata messa da parte e quel Lavoro su cui si fonda la Repubblica ha visto insorgere la distinzione tra lavori Indispensabili e Superflui ed il Lavoro è stato ridotto al Salario o al Ristoro anziché ricondotto alla Catena del Valore. Da gente che evidentemente non sapeva connettere dei Concetti del tutto alieni alle rispettive esperienze di vita e di politica. Veniamo invece alla necessità, ravvisata da molti, di un momento di riflessione sul Lavoro, il suo Evolvere ed il cambiare dei Sistemi Organizzativi in cui si svolge ed al fatto che alcuni immaginino ancora, dopo l’epopea dei virologi televisivi degli ultimi 15 mesi, che un bel confronto tra esperti con un bel documento conclusivo che metta ecumenicamente assieme l’acqua e l’olio, possa essere una via
Società e lavoro
per superare 25 anni di errori strategici e ripartire. Esattamente un anno fa, a Palazzo Doria Pamphili, il Governo Conte II dava il via agli “Stati Generali” a porte chiuse, i cui risultati eclatanti sono oggi sotto gli occhi e sulle spalle di tutti. Seppellendo definitivamente una Metodologia. Possiamo quindi immaginare che un Confronto Aperto abbia a prendere il via solo da un Progetto, costruito sulle contraddizioni in campo, sui dati di tendenza statistica e su elementi previsionali supportati da un metodo, che preveda Impegni e Risorse e su cui, persone che magari abbiano avuto confidenza con la creazione di Valore e di Ricchezza, si cimentino in un approfondimento critico al fine di offrire elementi diversi e nuovi a quella Visione. Trasformare invece l’Oggetto in Soggetto, come solo un anno fa quel Governo di improvvisati provò a fare, sperando che da un Dibattito tra chi difende scelte ormai bocciate dalla Storia e chi spera fiducioso che il dato statistico si trasformi in visione, rinunciando a Discutere e Confrontare Progetti. Attenzione! Credere che un Progetto nasca da un confronto tra relazioni significa, ancora una volta, sperare che il Cambiamento lo facciano altri.
Cinema in controluce
ETTORE SCOLA
di Katia Cont
“C’eravamo Tanto Amati”, “Brutti, Sporchi E Cattivi”, “Una Giornata Particolare”, “I Nuovi Mostri”, “Ballando Ballando”, “La Famiglia”. A 90 anni dalla nascita del cineasta che nella sua carriera ha lavorato con i grandi attori del cinema italiano, da Marcello Mastroianni a Vittorio Gassman, passando per Sophia Loren e Stefania Sandrelli.
Non è certo un personaggio che può essere ricordato attraverso banali e retoriche biografie. Quello che si cela dietro alla sua storia personale e cinematografica è più di un racconto telecronistico e fine a sé stesso. Quello che Ettore Scola ha fatto e ha lasciato alla cultura italiana e internazionale, non è solo un mondo costellato da capolavori cinematografici, ma la modifica di una coscienza collettiva, un imprinting che ancora oggi ritroviamo per certi tratti nella cinematografia e nella storia del nostro Paese. Certo, ci vuole anche rispetto ed infinita cultura anche solo per permettersi di pensare di analizzare la sua carriera. Per ovviare a questo, le sue figlie Paola e Silvia hanno scritto un libro profondo e personale su quest’uomo sempre lontano dalle luci della ribalta, ricco delle sue fulminanti battute ironiche e disincantate, ma anche uomo discreto e geloso di una vita privata per lui preziosissima, vissuta tra amici famosi, le amatissime figlie e la conoscenza. Si intitola
“Chiamiamo il babbo. Ettore
Scola, una storia di famiglia”, è pubblicato da Rizzoli ed è introdotto da un bellissimo testo scritto da Daniel Pennac. Ne emerge un imperativo assoluto che ha accompagnato Scola in tutta la sua vita e carriera: “Far ridere”. E’ riuscito a farlo anche mentre raccontava il calvario degli operai emigrati dal sud verso Torino nel film “Trevico-Torino - Viaggio nel Fiat-nam” o in “Brutti, sporchi e cattivi” con il protagonista Giacinto Mazzatella (Nino Manfredi) e la sua famiglia che vivevano in una baraccopoli romana, raccontando che la miseria finiva per spegnere qualsiasi sogno. “Chiamiamo il babbo” è un lungo viaggio nei “mondi complessi” della sua visione registica. La figlia Paola, che è stata segretaria di edizione, assistente di studio, aiuto regista e sceneggiatrice, e Silvia, autrice radiofonica e teatrale, che ha scritto con il padre film come “Che ora è”, “La cena”, “Concorrenza sleale”, raccontano di una splendente Sophia Loren che solo il padre riuscì a convincere ad interpretare la parte di Antonietta in “Una giornata particolare”, film che il 19 maggio 1977 veniva presentano al festival di Cannes. Il capolavoro di Scola con Sophia Loren, vincitrice del Nastro d’Argento e Marcello Mastroianni, compie 40 anni. Lunghissimo primo piano sequenza, tra i più lunghi della storia del cinema italiano, fu un capolavoro innovativo per come aveva raccontato l’omosessualità e la femminilità. Un film che ha segnato la storia del cinema, che ha vinto tanti premi tra cui il Golden Globe come miglior film straniero, due candidature agli Oscar e che pochi anni fa è stato restaurato e restituito al suo, bellissimo, colore.
Ettore Scola è stato uno dei più grandi registi della storia del cinema ed è riuscito in oltre venti film a raccontare la storia del suo paese e del suo popolo.
Non voleva fare il regista, ma solo lo sceneggiatore. Fu convinto da Vittorio Gassman a provare a stare dietro la macchina da presa, un gesto per il quale tutto il mondo dell’arte sarà sempre grato. Un gesto che ha regalato al cinema, e a tutti noi, un maestro assoluto.