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Il personaggio: Alessandro Selmi

Il personaggio contemporaneo

di Laura Mansini

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ALESSANDRO SELMI

Medico del cuore

“Che cos’era Caldonazzo per me quando ero giovanissimo? Il mio sogno, quando non c’ero, la mia beatitudine, quando c’ero”. Così si racconta nel nostro incontro il medico-cardiologo Alessandro Selmi, uno dei personaggi più interessanti, generosi ed ermetici da me conosciuti

Penso che a Caldonazzo tutti conoscano il dottor Selmi ed il fratello gemello Alberto. Sono venuti in vacanza all’età di 3 anni e da allora sono sempre rimasti. Nato per caso a Treviso, ma veneziano doc, Alessandro ed il fratello sono nati il 7 settembre del 1950 a Treviso, perché la mamma, Elsa Boscolo, ha voluto andare a partorire nella casa dei genitori. Una famiglia molto interessante quella di Alessandro, la mamma infatti si è laureata in lettere all’Università di Vienna, ed era un’ottima pianista, mentre il padre Celso, era violinista nell’Orchestra della Fenice. “Essere veneziani è uno stato d’animo, io mi sento profondamente veneziano, sono vissuto a Venezia, ho studiato in questa bellissima e difficile città. Ho frequentato il liceo Classico Marco Foscarini ed avevo fra i compagni di classe Renato Brunetta, un ragazzo di spiccata intelligenza, pensa che abbiamo preparato assieme l’esame di Maturità proprio qui a Caldonazzo.”. Il liceo Foscarini è il più antico e prestigioso di Venezia; uno dei più antichi d’Italia essendo stato fondato nel 1807 con decreto di Eugenio di Beauhamais, vicerè d’Italia. “Amo Venezia, ma Caldonazzo è la mia seconda patria - afferma - siamo venuti in vacanza in questa cittadina quando avevo 3 anni. Caldonazzo era il mio sogno di quando non c’ero, la mia beatitudine quando c’ero. A Caldonazzo godevamo della più assoluta libertà, potevamo andare in bicicletta, andare a nuotare, o arrampicarci in montagna. Io e mio fratello abbiamo fatto amicizia con

Il personaggio contemporaneo

tutti i nostri coetanei del paese. Un paese ancora dal sapore ottocentesco: si andava nei campi o nel bosco con gli amici, ricordo i carri tirati dai cavalli, l’odore delle stalle, dove i contadini tenevano le loro mucche, ricordo anche i falò di copertoni e vario materiale, che facevamo nel torrente Centa che in pratica era il deposito d’immondizia all’aria aperta del Paese. Ora, giustamente, non si può più fare, anche perché i rifiuti hanno il loro sito. Come sport vero si giocava a calcio. Pensa che con mio fratello abbiamo fatto parte della prima squadra dell’Audace; io ero portiere.” Vivace, sportivo, ama sciare, andare in montagna, ha fatto anche il subacqueo, adora i cani, ama l’archeologia, ma è soprattutto un grande Medico- Cardiologo. Ha iniziato l’Università a Trieste, ma poi ha proseguito a Padova. All’inizio voleva fare l’Anestesista, ma dopo aver lavorato per un anno come interno in Anestesia all’Ospedale Santa Chiara di Trento ha scelto di dedicarsi alla Medicina ed in particolare alla Cardiologia dove sono più frequenti e positivi i contatti con le persone.“Amo la Medicina, dice, ed il contatto con i pazienti, in tutta la mia storia professionale non ho mai rifiutato aiuto anche agli sconosciuti”. Nel 1979 si è sposato con Tiziana Angelico, anche lei venuta da piccola con i genitori in vacanza a Caldonazzo. Alessandro e Tiziana sono davvero una bella coppia, aperta e disponibile, innamorati di questo bel paese posto sull’omonimo lago. Fra le diverse esperienze professionali, per tre anni stato anche direttore Sanitario delle Terme di Levico, che ha lasciato perché aveva nostalgia della Medicina sul campo. Ha collaborato per molti anni a Villa Bianca, col dottor Carlo Stefenelli, che definisce medico di grande apertura e generosità, disponibile a condividere con i colleghi il suo lavoro; poi anche col prof. Francesco Furlanello, uno dei maggiori cardiologi in campo internazionale, acquisendo una grande esperienza in particolare sull’ Aritmologia. Ha collaborato inoltre con lo stesso Furlanello, il dott. Gianni Cioffi ed il dottor Stefenelli nella pubblicazione di molti studi clinici . Io poi ho avuto modo di apprezzarlo non solo come medico ma anche come amministratore, quando, nel 2005 ha accettato di candidarsi col nostro gruppo per le elezioni Comunali ed abbiamo vinto. A lui abbiamo affidato la delega alla salute pubblica, ruolo che ha svolto con la consueta professionalità. Storici i suoi interventi sull’inquinamento atmosferico dato dalle stufe a legna, soprattutto se veniva bruciato il legno dei meli , oppure dalla necessità del distanziamento dalle case dei contadini quando spruzzano i pesticidi. Abbiamo lottato contro l’inquinamento elettromagnetico atmosferico causato dalle onde delle antenne messe dalle varie ditte di telefonia mobile, che abbiamo indotto a desistere aumentando molto il costo dell’affitto del terreno. Sono stati 5 anni intensi e di vero entusiasmo ed attenzione alla salute del paese e dei suoi abitanti. Attualmente lavora come libero professionista sempre a Villa Bianca. Gli abbiamo chiesto di parlarci del cuore ed in particolare delle aritmie scompensi cardiaci da non sottovalutare e trascurare da tutti ma in particolare da chi pratica sport.

Cos’è l’aritmia

Per aritmia s’intende un’alterazione del ritmo cardiaco. Ci sono aritmie fisiologiche e aritmie patologiche. Come esempio di aritmia fisiologica c’è la tachicardia sinusale che non è altro che l’aumento del battito cardiaco conseguente ad uno sforzo (alle volte è presente anche senza sforzo in persone ansiose) o l’aritmia dei bambini, detta anche aritmia sinusale. Le aritmie patologiche si distinguono in ipercinetiche ed ipocinetiche. Uno degli esempi più frequenti di aritmia ipercinetica è la cosiddetta extrasistoleo battito ectopico atriale o ventricolare, spesso fastidiosa, ma non pericolosa. Molto frequenti sono la fibrillazione atriale, patologia tipica dell’invecchiamento, caratterizzata da un ritmo spesso veloce e caotico ed il flutter atriale. Fra le aritmie più pericolose vi sono la tachicardia ventricolare e la fibrillazione ventricolare; quest’ultima se non è trattata immediatamente può portare alla morte. Per aritmie ipocinetiche si intende invece quando è presente una frequenza cardiaca al disotto dei limiti della norma. La più frequente ma perlopiù fisiologica, è la bradicardia sinusale che si osserva soprattutto durante le ore notturne negli atleti ed in quelle persone che assumono farmaci che rallentano il battito cardiaco come effetto collaterale. Le aritmie ipocinetiche pericolose sono quelle caratterizzate dai blocchi atrioventricolari che vanno dal primo al terzo grado e che possono rendere necessario l’impianto di un pacemaker.”

Grandi personaggi della politica

di Waimer Perinelli

ENRICO BERLINGUER L’ultimo comunista

Sono passati 37 anni dalla morte di Enrico Berlinguer. Berlinguer? chi era costui? Non è stato fatto recentemente né credo si farà a breve un sondaggio sul ricordo e conoscenza di uno degli uomini politici più importanti del dopoguerra. Se si facesse ora è probabile che della generazione attuale qualcuno ricordi che è il padre di Bianca Berlinguer giornalista e conduttrice di una rubrica del Tg3 Rai di cui è stato a lungo ospite Mauro Corona, l’uomo di Erto, il promotore del pino mugo.

Ebbene, Enrico padre è stato una quercia della politica italiana e internazionale, una brava persona come recita un verso degli anni 70 di Giorgio Gaber. Essere bravi e onesti non era facile in un mondo percosso da tristi eventi, frastornato e conteso fra i blocchi dell’est comunista e dell’occidente filo americano, dove la politica si combatteva all’arma bianca fra complotti più o meno veri e stragi orribili, criminali come quella piazza Fontana nel 1969 a Milano, e poi piazza della Loggia a Brescia nel 1974, una scia di sangue e dolore che porta a Bologna, alla stazione ferroviaria, dove 85 persone sono state uccise da un bomba. Quest’ultimo attentato va particolarmente ricordato perché si collega a quella che fu chiamata strategia della tensione, nella quale apparati dello Stato trattarono e agirono in combutta con la Mafia, la Massoneria, nostalgici del Fascismo e ci riconduce alla morte di un altro statista, Aldo Moro, ucciso dalla brigate rosse, un uomo con cui proprio Berlinguer aveva iniziato nel 1976 l’avvicinamento fra il Partito comunista italiano di cui era segretario e la Democrazia Cristiana. La loro azione chiamata Compromesso storico, mirava alla fondazione di un partito democratico unico; il loro era un confronto per un governo autorevole del paese che le brigate presunte rosse e criminali neri, non riuscirono a fermare ma certamente a rallentare. Enrico Berlinguer segretario generale del Partito Comunista Italiano dal 1972 fino al 1984 aveva accennato la sua idea poco prima di morire ad Achille Occhetto, suo successore nel 1988. Nato il 25 maggio del 1922 a Sassari nella splendida Sardegna da famiglia agiata, Enrico si diploma nel 1940 al liceo classico e l’anno dopo si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza con l’intento di laurearsi con una tesi di filosofia. Ma la guerra mondiale decide diversamente ed egli a 21 anni si iscrive al partito comunista e partecipa alla lotta partigiana. Alla fine della guerra inizia il percorso politico che lo porterà alla guida del più grande partito comunista del mondo occidentale ed a confrontarsi con il PCUS, partito comunista dell’Unione Sovietica, un blocco rosso, granitico, intollerante, al cui fianco si stava muovendo il partito italiano guidato da Palmiro Togliatti. E’ un percorso difficile in un partito che affronta crisi ideologiche con, nel 1956, la repres-

Enrico Berlinguer

Grandi personaggi della politica

Berlinguer con Benigni a una manifestazione per la pace. (Archivio Rodrigo Pais - Università di Bologna - da Pintarest)

sione in Ungheria, e conflitti interni, con troppi leader impegnati a giocare allo sgambetto, come accade in generale nella politica ma che è nel pci e nella sinistra italiana in generale, uno sport, molto praticato: un vero campionato. Enrico Berlinguer deve superare diversi esami, a Roma come a Mosca, ma nel 1968 candida ed è eletto deputato in Lazio con oltre 150mila preferenze. Nel 1972 al congresso di Milano prospettò la necessità di trovare, per il bene dell’Italia, una linea comune con la balena bianca, la Democrazia Cristiana, spiaggiata in altra parte della politica ma ancora molto forte. Fu eletto segretario generale del partito e avviò la lunga marcia per portare lo stesso al governo. La sua corsa si chiude nel 1984 a Padova mentre parla dal palco; colpito da malore, ha la forza di finire il discorso poi crolla. Morto. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, volle la salma sull’aereo presidenziale, dicendo: «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta». Enrico Berlinguer fu l’ultimo leader comunista. Valter Veltroni nel 2004 dira’:” Il Pci finisce con la morte di Berlinguer, questa è la verità.” e aggiugerà :” Se la sinistra è arrivata al governo lo si deve al fatto che Berlinguer ha costruito quel partito lì, non l’amministrazione di un declino, ma l’apertura di un cammino». Come accade sempre non tutti sono d’accordo. Massimo D’Alema, un emergente nel partito, disse lo stesso anno «Corriamo il rischio di trasformare Berlinguer in una figura profetica, disinteressato alla politica come compromesso, manovra, aggiramento dell’avversario. Invece morì mentre stava trattando con la Dc per far cadere Craxi.” Proprio D’alema negli anni Duemila sarà “rottamato” da Matteo Renzi, giovanissimo leader del Partito democratico, che non è mai stato iscritto al PCI. La storia del partito comunista italiano come quella di ogni associazione è costruita su nobiltà e miseria, ricchezza e povertà d’idee, sulla meschinità e la gloria delle persone, senza conoscere questo percorso, le sue donne, come Nilde Iotti, e uomini come Enrico Berlinguer, non possiamo comprendere il caos costruttivo che ci circonda. Chiudo questo sintetico, necessariamente incompleto viaggio ricordando quando nel 1983, con un simpatico e scanzonato ma non innocente gesto, il comico Roberto Benigni prese in braccio un Berlinguer più che mai intimidito e però sorridente. Fu un grande gesto mediatico tentato più volte da altri politici: una gara a farsi prendere in braccio, o almeno a farsi baciare dall’attore toscano, che finiva per ottenere l’effetto opposto, stucchevole.

ABBIGLIAMENTO E INTIMO DA 0 A 99 ANNI

La donazione del sangue

di Nicola Maschio

Più di mezzo millennio di storia

Un gesto spontaneo, di aiuto reciproco. La donazione del sangue è divenuta, nel tempo, una prassi comune a tanti. Ma chi si è mai chiesto quale sia realmente la storia di questo processo? Chi è stato il primo donatore, quando e soprattutto in che modo? La Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia ha ripercorso le tappe più importanti della donazione del sangue. In principio, precisamente nel 1492 (coincidenze, lo stesso anno della scoperta dell’America, altra tappa storica di fondamentale importanza nella storia dell’umanità), nel tentativo di salvare la vita di Papa Innocenzo VII si tentò una prima trasfusione di sangue. Questo primo approccio, tuttavia, non ebbe successo. E nemmeno quanto avvenne nei successivi 400 anni, con diverse sperimentazioni e pochissimi benefici per le persone interessate dal processo. Ma tutto ciò permise di progredire in modo importante rispetto alle scoperte scientifiche che, al giorno d’oggi, caratterizzano la nostra società: dalle diversità rispetto al tipo si sangue (venoso oppure arterioso) alla possibilità o meno di compiere trasfusioni da animali ad essere umani, fino alla quantità di sangue e alle diverse modalità d’infusione. Tuttavia, verso la metà del diciannovesimo secolo i dati non erano ancora confortanti: tra il 1840 ed il 1875 si registrarono 317 trasfusioni, la metà delle quali si conclusero con il decesso dei pazienti. Le motivazioni furono diverse, dagli emboli per sangue coagulato fino all’inquinamento dovuto a batteri, germi e tossine di vario tipo. La vera svolta avvenne nel 1900, quando il medico e biologo Karl Landstenier fece una scoperta sensazionale, ovvero quella dei gruppi sanguigni. Un passo decisivo nell’ottica della scienza moderna, tanto da consentirgli di vincere il premio Nobel. Il “Sistema AB0”, appunto la classificazione delle diverse tipologie di sangue presenti negli organismi, chiuse definitivamente il capitolo inerente la fase sperimentale delle trasfusioni. Il ventesimo secolo ha segnato, sotto tanti punti di vista, una vera e propria svolta nelle trasfusioni e donazioni del sangue. Sfortunatamente, gran parte di questa evoluzione è da attribuirsi ai conflitti mondiali della prima metà del ‘900. In primo luogo, tra il 1914 ed il 1918 (primo conflitto mondiale) il citrato di sodio venne utilizzato come anticoagulante consentendo le prime pratiche di conservazione e trasporto del sangue: divenne un processo di importanza assoluta durante la guerra, in particolar modo rispetto a coloro che venivano gravemente feriti in battaglia. Successivamente, negli anni ‘20 e ‘30, cominciarono a formarsi le prime Associazioni di donatori volontari in tutta Europa: nel 1927 ad esempio, in Italia prese vita l’AVIS, l’Associazione Volontari Italiani del Sangue, che successivamente divenne parte del FIODS (Federazione Internazionale delle Organizzazioni dei Donatori di Sangue), fondata a Lussemburgo nel 1955. Ancora, la Guerra Civile Spagnola (1936) ed il secondo conflitto mondiale richiesero una elevatissima quantità di sangue, fatto che diede una grande spinta alla ricerca scientifica rispetto al tema di donazioni e trasfusioni. Da quel momento in avanti, le necessità di sangue divenne una questione internazionale, tanto da portare alla fondazione delle prime Banche del Sangue. A Torino, precisamente nel 1948, venne inaugurato il primo Centro Trasfusionale italiano. La prima legge europea relativa alla trasfusione si ebbe il 21 luglio 1952, mentre nel nostro Paese occorrerà aspettare il 1967 per un ordinamento specifico. Fu negli anni ‘80 però che si riscontrarono alcuni problemi, soprattutto legati all’AIDS. Questa particolare patologia rimise in discussione tutte le modalità di donazione definite negli anni precedenti, e da quel momento si dovettero stabilire nuovi metodologie per la selezione dei donatori e delle procedure di controllo. Si arrivò così al 2003, quando si riscontrano le raccomandazioni finali sul tema, a firma del Parlamento Europeo (linee guida che vennero adottate da tutti gli Stati membri dell’Unione Europea): quest’ultimo di fatto ha stabilito tutte le normative inerenti la qualità e la sicurezza nelle operazioni di donazione, conservazione e distribuzione del sangue umano. Nel 2019 sono stati più di un milione e mezzo i donatori in Italia, sostanzialmente stabili rispetto agli anni passati, con un calo del 2,3% però in merito ai nuovo donatori (362mila), con la fascia di età 18-25 anni che conta ben 213.422 soggetti che hanno deciso di donare il sangue.

La donazione del sangue

di Giacomo Pasquazzo

L’Avis, la vera solidarietà

La nascita dell’Associazione Volontari Italiani del Sangue va attribuita a sedici persone che risposero, nella città di Milano, ad un appello di un medico d’origine fiorentina, il dottor Vittorio Formentano. E’ quindi dall’intuizione di un medico e dalla ferrea volontà di sedici cittadini che trae origine una realtà che può contare al giorno d’oggi oltre 1 milione e 250 mila soci donatori in tutta Italia (arrivando a coinvolgere anche la Svizzera!). Sono oltre 2 milioni le unità di sangue e di emocomponenti che i donatori di Avis ogni anno offrono al Servizio Sanitario Nazionale: basti pensare che nel 2020 sono state raccolte, secondo il Centro Nazionale Sangue, complessivamente 2.400.000 unità di sangue a livello nazionale. Avis è quindi la più importante realtà italiana legata al dono libero, gratuito e anonimo di sangue e di emocomponenti: circa l‘83% delle sacche di sangue proviene da avisini e avisine. La struttura AVIS è articolata e suddivisa su più livelli: sedi comunali (più di 3200!); sedi provinciali (oltre 120!); realtà regionali (ben 22!); una sede nazionale. L’Avis è quindi una realtà capillare, ben ancorata al territorio di competenza. Avis è un’associazione privata, senza scopo di lucro, che persegue un fine di interesse pubblico: garantire un’adeguata disponibilità di sangue e di emocomponenti a tutti i pazienti che ne hanno necessità. Mission associative sono la promozione del dono, la chiamata dei donatori e in alcuni casi anche la raccolta diretta di sangue, d’intesa con le strutture ospedaliere pubbliche. E’ evidente inoltre che il fine solidaristico permette a questa Associazione di essere conosciuta ben oltre la cerchia dei suoi stessi associati, perché ciascuno di noi riesce a cogliere l’importanza del dono, in particolare del sangue, elemento fondamentale per la vita. Possono far parte dell’Associazione tutti coloro che intendono donare in forma volontaria, anonima, periodica e gratuita il proprio sangue, ma anche coloro che, non potendo compiere questo gesto perché non idonei, desiderano collaborare gratuitamente a tutte le attività di promozione e organizzazione della stessa donazione. A livello nazionale, la pandemia ha impattato anche sulle donazioni di sangue, rallentando sia la raccolta di unità di sangue sia, allo stesso tempo, il suo fabbisogno, secondo quanto riportano i dati del CNS pubblicati online nel dicembre del 2020. L’Avis in Trentino Il Covid 19 ha rallentato anche l’attività di raccolta di unità di sangue e di emocomponenti anche in Trentino nel corso del 2020. Va però segnalato che il Trentino è una delle rare realtà, nel panorama nazionale, che “raccoglie” più unità rispetto a quelle che “consuma”: a fronte di un utilizzo di 18 mila unità ne sono state prodotte nel corso del 2020 ben più di 24 mila. Le sacche “in più” vengono così assegnate alle Regioni che non riescono a garantire un’autosufficienza al proprio sistema sanitario, garantendo così una solidarietà fra realtà locali che permette di puntare all’autosufficienza nazionale. In Trentino quindi l’Avis è un’Associazione molto importante, che permette alla Provincia Autonoma di poter rispondere appieno al fabbisogno locale e di essere parte, allo stesso tempo, di una rete redistributiva a livello nazionale. Il numero dei donatori supera quota “20 mila” e sono ben 47 le sedi di Avis presenti in tutto il territorio provinciale. Queste 47 Avis comunali afferiscono ad 8 punti di raccolta del sangue. Negli ultimi anni, l’Avis del Trentino, a fronte delle croniche difficoltà della sanità a fornire personale medico e infermieristico per le attività di raccolta di sangue ed emocomponenti, ha deciso di co-gestire, in accordo con l’Azienda sanitaria, anche gli aspetti gestionali della raccolta. Nel 2021 sono ben 6 i punti di raccolta nei quali operano medici e infermieri che sono collaboratori di Avis. Tutto ciò dà la misura del grande apporto che Avis del Trentino fornisce per far sì che i pazienti che necessitano di sangue e di emocomponenti possano ricevere adeguata attenzione e le dovute cure basate sul dono.

AVIS, altruismo e solidarietà

di Giacomo Pasquazzo

DONARE è un gesto magnifico

Nostro colloquio con Franco Valcanover, Presidente di Avis del Trentino

Valcanover, quale messaggio vuole trasmettere a tutti i lettori?

“DONARE è un gesto magnifico e… donare il sangue è una scelta che può fare la differenza” è questo il primo messaggio che, come Presidente, mi sento di trasmettere.

Quali i risultati positivi raggiunti dall’Associazione negli ultimi anni?

La partecipazione alla gestione delle unità di raccolta, in convenzione con l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, si è rafforzata: i nostri medici ed i nostri infermieri hanno permesso, anche nel periodo di maggiore crisi, il funzionamento dei punti di raccolta periferici. Al momento, siamo presenti in ben 6 centri su 8! Un risultato notevole per un’Associazione. I contatti con l’Assessorato alla salute della PAT e con i responsabili dell’APSS sono stati continui: la raccolta ha sempre rispettato la programmazione modulata sulle richieste dei vari Ospedali ed è stata effettuata nel rispetto delle normative emanate nei vari DPCM, senza dimenticare le indicazioni dell’ I.S.S. e del C.N.S., oltre a quelle di Avis Nazionale.

Il 2020 è stato un “annus horribilis” per la sanità: quale impatto ha avuto la pandemia su Avis del Trentino?

Durante il 2020 abbiamo assistito a numerosissime difficoltà generate dalla pandemia. Tuttavia posso affermare, con orgoglio, che Avis del Trentino non si è mai fermata, anzi ha proseguito ed incrementato la propria attività di promozione del dono, cambiando senza dubbio le modalità di incontro e confronto. E’ particolare e significativo un dato: il numero dei soci di Avis è aumentato proprio in piena pandemia.

In che modo la pandemia ha impattato sui donatori?

Abbiamo cercato di evitare qualsiasi tipo di potenziale problematica per i donatori. Al primo posto abbiamo sempre messo la salute del donatore, anche durante le fasi più critiche della pandemia. La chiamata dei donatori è stata rivista e riorganizzata a fasce di orari programmati, in modo da eliminare possibili assembramenti. La sicurezza dei punti di raccolta, nel momento del lockdown, è stata rinforzata con l’acquisto e la distribuzione di 6000 mascherine.

Avete promosso anche iniziative originali e molto particolari per sostenere l’Azienda Sanitaria, ce le vuole raccontare?

Abbiamo ideato e promosso una raccolta fondi, come Avis del Trentino, che ha permesso di conferire 100.000,00 euro ad APSS per l‘acquisto di materiale da utilizzare, in prima battuta, nei reparti di terapia intensiva. Avis del Trentino si è anche proposta come sponsor etico e finanziario per uno studio di notevole rilevanza sanitaria grazie all’apporto dell’Università di Trento e dei suoi centri di ricerca.

Quanto è importante la formazione dei “dirigenti” avisini?

Fondamentale, direi. Siamo convinti che i nostri soci (e soprattutto i nostri dirigenti!) debbano essere formati. Per questo, in collaborazione con la scuola di formazione Avis del Triveneto e con Avis Nazionale, abbiamo proposto vari momenti di formazione e di aggiornamento per gli amministratori, oltre a molti corsi e/o webinar sui vari argomenti legati al sistema trasfusionale. Abbiamo inoltre intrapreso a tutti il percorso di adeguamento alla riforma del Terzo settore.

Quali sono le sfide future alle quali Avis non potrà sottrarsi?

Le nuove esigenze mediche, la riforma del Terzo Settore già menzionata, i grandi cambiamenti in corso a livello sociale ed economico ci pongono di fronte ad una riflessione dell’intero mondo avisino, del suo ruolo, della sua identità. Un esempio: come identificare e conciliare la figura del donatore di sangue e la figura del socio Avis? quali sono le motivazioni che spingono una persona a diventare donatore non riconoscendosi nel valore culturale, sociale ed etico dell’Associazione? L’augurio è che Avis possa continuare ad essere un laboratorio sociale capace di essere attivo sul territorio e capace di essere promotore di solidarietà e aggregatore di Comunità.

Franco Valcanover (da Trentino)

AVIS, altruismo e solidarietà

di Chiara Paoli

AVIS: donare è importante

Il 14 giugno è la Giornata mondiale dedicata ai donatori di sangue, persone importanti, che io stessa ringrazio ogni anno, quando viene ora di scegliere a quale associazione dare il 5 per 1000. L’AVIS, associazione volontari del sangue, ente privato, ma con scopo di pubblica utilità, nasce nel 1927, grazie all’appello di Vittorio Formentano sulla stampa milanese. I primi 17 volontari che rispondono, il 16 febbraio di quell’anno danno vita all’AVIS, che vuole dare soddisfazione alla sempre maggiore richiesta di sangue, necessario per salvare vite umane, grazie al contributo di donatori preparati e tenuti sotto controllo, anche nell’intento di debellare la vendita di sangue. Due anni dopo l’associazione elaborò un proprio Statuto, il cui motto era “Charitas usque ad sanguinem”, cioè “carità fino al sangue”. L’iniziativa ha successo e viene ricalcata in molte altre città, nel 1933 si contano già 34 sezioni. Il ventennio fascista ha riservato all’associazione duri colpi, con il tentativo di nazionalizzazione. L’associazione Nazionale viene istituita nel 1946 e l’anno seguente viene pubblicato il primo numero della rivista. Sempre nel 1947 la Croce Rossa Italiana dichiara di voler assorbire l’AVIS, gli associati si ribellano a questo disegno di legge e sospendono le trasfusioni, ad eccezione di quelle urgenti. La contestazione ottiene risultati e si procede con l’abrogazione di tale provvedimento e con la legge 59 del 20 febbraio 1950, l’AVIS viene riconosciuta giuridicamente dallo stato italiano; il provvedimento porta la firma di De Gasperi. La legge 592 del 1967 ha provveduto a garantire una prima legislazione relativa ai servizi trasfusionali, individuando AVIS come realtà di fondamentale importanza. Il 12 ottobre 1968 viene promossa la prima Giornata Nazionale del donatore di sangue, mentre dal 1970 il nuovo statuto permette di costituire gruppi associativi regionali. Avis oggi si distingue per i grandi numeri: 1.300.000 soci ripartiti in 3418 sezioni, che garantiscono la raccolta di più di 2.000.000 di unità di sangue e derivati, soddisfacendo l’80% della richiesta nazionale di sangue. L’AVIS provinciale in Trentino nasce 85 anni or sono, il 10 febbraio 1936, gli inizi non sono semplici e dopo varie vicissitudini, la sezione comunale cittadina riuscirà a costituirsi legalmente e ad avere una propria sede soltanto nel 1967. La prima convenzione con l’Ospedale S. Chiara ha decorso a partire dal 1° gennaio 1970 e prevede che la raccolta di sangue venga effettuata presso il Centro Trasfusionale della struttura ospedaliera. Anche questa fase risulta purtroppo problematica, viste le difficoltà economiche della clinica che non riesce a garantire i dovuti rimborsi. Fino al 1972 anche il servizio di segreteria è su base volontaria; fino agli anni ’90 le visite vengono effettuate in orario serale da dottori “amici di AVIS” che mettono a disposizione gratuitamente il loro tempo e le loro capacità. Il Centro raccolta di Pergine Valsugana prese avvio nel dicembre del 1988, grazie al sostegno della Lega Pasi Battisti e all’interessamento del presidente dell’epoca Ezio Andreaus; nello stesso anno venne aperta anche l’attuale sede della Banca del Sangue, sita in via Malta a Trento. I nuovi statuti del 2005 prevedono la possibilità di azione unicamente nel comune di appartenenza; l’AVIS sovracomunale di Trento, che era ripartita in molteplici realtà dislocate sul territorio, si trasforma, dando vita a sezioni separate come quelle di Civezzano e Pergine. Anche in tempi di Covid i donatori del sangue non si sono tirati indietro e hanno continuato a offrire una parte di sé per salvare vite. A loro va il nostro più sentito grazie e al lettore ricordiamo che “un tuo gesto può salvare una vita, vieni a donare”.

Violenza domestica e maltrattamenti

Signal for Help... Il segnale per la richiesta di aiuto

Il nuovo modo silenzioso di denunciare la violenza domestica promosso da associazioni sensibili sul tema. Il Signal for Help permette di denunciare senza essere visti dall'aguzzino.

Per aiutare le vittime di violenza domestica a denunciare i maltrattamenti subiti in epoca Covid, le associazioni Canadian Women’s Foundation e Women’s Funding Network hanno istituito il Signal for Help. Un gesto che, nella sua semplicità, è capace di salvare parecchie vite. Con lo scoppiare dell’emergenza epidemiologica e il conseguente lockdown, sono drasticamente aumentati gli episodi di violenza domestica e femminicidio. Donne, bambini e di frequente pure uomini si sono ritrovati reclusi nella loro abitazione con i propri aguzzini, isolati dall’ambiente esterno. Secondo quanto indicano le statistiche, nella fase di quarantena Covid si è avuto un incremento del 119 per cento delle chiamate al numero verde 1522* per lo stalking e la violenza domestica. Tuttavia, spesso chi è vittima di violenza non ha la possibilità di effettuare chiamate, con le quali dovrebbero esplicitare a voce i motivi, rischiando di farsi udire dall’aguzzino e, dunque, di subire ripercussioni. Alla luce di ciò l’associazione Women’s Funding Network (WFN), in compartecipazione con la Canadian Women’s Foundation, ha creato il cosiddetto Signal for Help. La campagna Signal for Help, che sta ottenendo sempre maggiore considerazione sul web grazie al passaparola dei social media e a video esplicativi, ha ideato un segnale gestuale in grado di salvare parecchie vite. Si tratta di una maniera silenziosa di chiedere aiuto: ad esempio lo si può fare in videochiamata, senza suscitare sospetti nel responsabile dei maltrattamenti. Le fasi gestuali del Signal for Help sono due. La prima

consiste nel mostrare il palmo della mano con quattro dita alzate, mentre sul palmo è appoggiato il pollice. La seconda prevede di abbassare le quattro dita, in modo da ‘intrappolare’ il pollice.

Il Signal for Help è diventato un simbolo internazionale per denunciare, senza dare nell’occhio, la violenza domestica. È importante continuare a promuoverlo e a farlo conoscere.

*Il 1522 è un servizio pubblico promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Al numero rispondono operatrici specializzate che accolgono le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.

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