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L’uomo che vola con le ali il turbo e il vento
Il personaggio
di Waimer Perinelli
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L'uomo che vola con le ali, IL TURBO E IL VENTO
Vincent (Vince) Reffet 36 anni, morto lo scorso novembre a Dubai, è l'uomo che volava. Vince e aereo erano una cosa sola; attorno al suo corpo, avvolto da una speciale tuta, c'era un'ala al carbonio e agganciati due turbo reattori che gli consentivano di volare, sino a 400 chilometri l'ora, a fianco di un Airbus A380 il più grande aereo passeggeri esistente. Vincent ha portato all'estremo il millenario sogno umano di volare.
La mitologia ci racconta di Icaro e del padre Dedalo decollati con ali di piume, attaccate al corpo con la cera dall’isola di Creta, per sfuggire a Minosse. La storia centenaria descrive le macchine che Leonardo da Vinci progettava per imitare il volo degli uccelli. La storia più recente narra i voli in mongolfiera e del primo volo con aeromobile a motore più pesante dell’aria. Era il 17 dicembre del 1903, quando i fratelli statunitensi Wilbur e Orville Wrigth fecero decollare il loro Kitty Hawk. Pensate, solo due anni dopo, il signor Lutalto Galetto , nato a Sanguinetto in provincia di Verona, ottiene il brevetto di volo. La sua storia e quella della sua famiglia è una storia del volo fra Veneto e Trentino.
Il volo: andata e ritorno.
Lutalto con il brevetto conquistato in Francia si trova a pilotare aerei di guerra nel Primo conflitto mondiale e viene decorato con la medaglia d’argento al valore militare e con quella d’oro al valore aeronautico civile consegnatagli al teatro La Scala di Milano. Dopo il conflitto svolse alcune attività in Francia ed Italia e trovò casa e lavoro a Caldonazzo in Alta Valsugana dove impiantò una segheria. Il lavoro non lo distraeva dalla passione di volare che coltivò a lungo contagiando anche il figlio Luciano, oggi 97 anni, che vive nell’area dell’antica segheria dismessa. Luciano affascinato dall’entusiasmo del padre, prende il brevetto di volo nel 1949, a soli 24 anni, esercitandosi presso l’aeroporto di Gardolo a nord di Trento. La sua passione lo ha portato a volare con molti tipi di aereo da turismo, ma il suo compagno fedele è stato sempre l’ FL.3, un monomotore da turismo ad ala bassa, costruito dopo la seconda guerra mondiale dalla ditta Lombardi. E’ all’aeroporto di Gardolo e successivamente a quello di Mattarello, che Luciano incontra questo aereo. La sua passione non gli fa trascurare l’attività di famiglia ma dedica al volo ogni momento libero. Giunto a 94 anni rinuncia prudentemente ad ogni brevetto di volo, ma non a volare e decide di praticare a Bolzano il volo a vela con l’aliante. L’ultimo volo lo ha compiuto su questo mezzo leggero con le grandi ali la scorsa primavera decollando dalla pista di Belluno. “ E tornerò a volare la primavera prossima, dice Luciano, perché nell’aria sto bene”. E nell’aria la famiglia Galetto ha trovato il proprio elemento naturale. Giorgio Galetto, pilota della terza generazione, seguendo giovanissimo il padre nei diversi aeroporti, è stato fulminato dall’aliante, un aeromobile più pesante dell’aria, normalmente senza motore, che si sostiene in volo grazie alla reazione dinamica dell’aria
Lutalto Galetto
Giorgio Galetto
Il personaggio
contro le superfici alari. La passione dell’aria ha dato a Giorgio grandi soddisfazioni e la conquista di due titoli mondiali nel 1999 e nel 2011. Grazie ai successi mondiali Giorgio ha rinnovato l’impresa del nonno con la decorazione, al Teatro La Scala di Milano, con la medaglia d’oro al valore aeronautico civile. Dalla Francia dove il nonno Lutalto decollava nel 1905 a Belluno dove decolla oggi il padre a Tiene dove Giorgio ha trovato una valida squadra pur portando nel cuore il Trentino e in particolare Caldonazzo dove è nato nel 1957. Oggi a 63 anni, appare soddisfatto ma preoccupato per le alte velocità raggiunte anche dagli alianti apparentemente delicati e leggeri come farfalle. “Un aliante oggi può raggiungere i 300 chilometri all’ora, dice Giorgio, solo 50 anni fa volavano a 150. A renderli così veloci sono i nuovi profili al carbonio e
Luciano e Giorgio al simulatore
la possibilità di sfruttare all’inverosimile favorevoli condizioni termiche. Si può passare velocemente da una termica all’altra e la reazione dell’aria sembra a volte un vero e proprio calcio al fondoschiena”. La velocità sembra essere il mito del futuro. In formula uno si corre a 320 chilometri all’ora e perfino sull’acqua le barche di nuova concezione, con grandi vele e carena planante, capaci di sollevarsi dallo specchio liquido e, perciò prive di attrito, raggiungono anche i 50 nodi. La velocità è tuttavia il pericolo più grande in terra, acqua e cielo. Ne è la prova proprio l’incidente mortale occorso a Vincet Reffet. Non è ancora chiara la causa dell’incidente, certo è che l’uomo alato, nato ad Annecy in Francia, volava grazie a quattro propulsori in grado di farlo viaggiare per 50 chilometri alla velocità di 400 chilometri/ora. Per chi ama le statistiche sarà bene sottolineare che il carburante necessario per un’ora di volo varia fra 35 e 60 litri e che dunque il problema oltre alla velocità è quello di trasportare combustibile necessario per almeno una decina di minuti di volo. Poi il pilota deve aprire il paracadute per atterrare sui propri piedi. Vincent ricordava in una recente intervista di essersi lanciato con il paracadute a soli 15 anni poi nel novembre del 2015 a trent’anni, si era lanciato da un elicottero a 1220 metri di altezza affiancando con l’ala al carbonio, tuta e turbo razzi l’airbus A380. Il suo impegno nel deserto degli Emirati Arabi rientrava in un progetto più ampio, per uomini razzo, voluto e coordinato da Hamdan Bin Mohammed Bin Rashidal Maktoum 37 anni,, erede al trono di Dubai e suo estimatore.. “Far volare il mio corpo è ciò che amo, aveva dichiarato Vincent Reffet poco prima di morire, con quest’ala posso volare come un uccello”.