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Le parrocchie da incubo
Girovagando tra i libri
di Francesco Zadra
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Le “parrocchie da incubo” non sopravvivranno al Covid
Sarà che negli ultimi anni il format televisivo “cucine da incubo”, creazione dell’irascibile chef britannico Gordon Ramsay, è approdato nelle emittenti di mezzo pianeta, con un “da incubo” di tutti i tipi, cucine, ristoranti, case e perfino hotel, ma con l’imperversare della pandemia è diventato più facile leggere la realtà come un incubo dal quale risvegliarsi al più presto. Un risveglio che non sarà privo di conseguenze, e che un parroco di recente ha preconizzato in una omelia con «la Chiesa uscirà da questo tempo con le ossa rotte».
Sembra che l’inganno dell’autosufficienza sia giunto per tutti a un punto irreversibile, tanto da bruciare l’anima facendone una terra arida e deserta; sarà forse però un’opportunità per una riforma di quelle “parrocchie da incubo” che il veronese Andrea Brugnoli, laurea in filosofia alla Gregoriana, fondatore di un progetto di evangelizzazione esportato in tutto il mondo, dalla Spagna a Taiwan, nonché tra i responsabili, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, del dicastero per l’educazione cattolica, aveva trattato in uno scritto di qualche anno fa, edito da “Fede & Cultura”, nel quale puntava il dito contro le piaghe che affliggono da decenni le parrocchie “d’ogni clima e d’ogni terra”. In tempi non sospetti, sognava «una Chiesa – dice Brugnoli – tutta protesa a formare evangelizzatori. Dove tu vai a Messa una domenica e senti un’aria di famiglia; e quelli che sono nuovi, lì per la prima volta, vengono accolti con un bel sorriso e comprendono subito che quella può essere la loro casa». Ora il sorriso, per via delle mascherine, si legge negli occhi di chi ti accoglie, ma il decoro esteriore rimane importante. «Non siamo fatti di puro spirito – spiega – ma di carne, di colori, di odori, di gusti», e l’occhio continua a volere la sua parte, come sembrano riconoscere gli stessi vescovi che con un decreto della Cei hanno concesso, dal 14 febbraio scorso, San Valentino, il segno della pace con uno scambio di sguardi. Basta alle chiese simil-sovietiche in cemento armato, bacheche in disordine, e foglietti domenicali graficamente orrendi, basta «sciatteria, improvvisazione e canzoni pop di quart’ordine», Brugnoli rivuole il fascino di quei coloratissimi mosaici, le sublimi composizioni musicali, e le luminosissime vetrate gotiche che per secoli hanno riempito il cuore dei cristiani, mentre ora le presenze domenicali, lockdown a parte, sono in caduta libera. Ma ogni nuova proposta, e il testo di Brugnoli ne è una miniera, dovrà essere adattata al contesto per non risultare controproducente, attenti sempre a non “gettare via il bambino con l’acqua sporca”. Attenzione: il manuale farà storcere il naso a chi, nella Chiesa, vive con gli occhi foderati di prosciutto ideologico: dai progressisti sessantottini fino ai più incalliti tradizionalisti, per non parlare dei tanti don Abbondio, né carne né pesce. Ma se riuscirà a trasmettere anche a una sola persona la “vision” ne sarà valsa la pena. Perché ormai, come conclude l’autore: o si cambia o si muore.