Eurocarni 10-2016

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXI N. 10 • Ottobre 2016

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Una Storia di Famiglia



10/16 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Stampa

EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Veniteci a trovare a CIBUS TEC: 25 – 28 ottobre 2016 / Pad. 4 – Stand D 15 Vi aspettiamo!

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Agenda

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Immagini

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Naturalmente carnivoro

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Carnivori prêt-à-porter

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Attualità

Comunicare: alla base di tutto

Elena Benedetti

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Slalom

La gelata di Ferragosto

Cosimo Sorrentino

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Aziende

Lo stile vincente di Vitelco

Elena Benedetti

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Marr: crescita di ricavi e redditività operativa

Silvia Saracino

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Stagionare, facile, affidabile e 100% italiano

Elena Benedetti

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Broughton Water Buffalo

Elena Benedetti

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Info alle imprese

Contributi a fondo perduto, i bandi disponibili

Retail marketing

Keep calm and be “ready to eat”

Mercati

Ismea: le carni nel secondo trimestre 2016

Indagini

Affiliazione, parola d’ordine per uscire dalla crisi

Sebastiano Corona

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L’incertezza del reddito frena le scelte dei giovani

Fortunato Tirelli

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Nutrizione

Cambiare le abitudini e mangiare la carne senza tabù!

Josette Baverez Blanco 72

La carne in tavola

Variazioni sul vitello tonnato

Giorgia Fieni

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Street food

Carni di strada

Giovanni Ballarini

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Macellerie d’Italia

Arriverà ottobre. E la bistecca della Macelleria Mair

Riccardo Lagorio

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Meat blogger

La verità sulle 2T

Andrea Laganga

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Formazione

Accademia delle carni, lavori in corso

Benessere animale

La rimonta, cenerentola dell’allevamento

Giulia Mauri

Razze

La Podolica serba

Andrea Gaddini Srdjan Stojanović

Packaging

Gli Europei e l’imballaggio

Sicurezza alimentare

Più incidenti alimentari da cibi più sani

Tecnologie

Monaco, l’Oktoberfest e l’HB

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Lazzari Packaging distribuisce Micvac in Italia

124

Distanziatori per il congelamento: la soluzione per chi vuole congelare e risparmiare

128

Storia e cultura

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112 Giovanni Ballarini

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La cucina del futuro

Giovanni Ballarini

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Pasticci di carne

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LA CARNE NEL MONDO

Stati Uniti Il 2015 è stato un anno molto importante per il settore delle proteine animali negli Stati Uniti: si è registrato infatti il più grande aumento nel consumo di carne dalla crisi alimentare degli anni Settanta. Ma quali sono le implicazioni di questa espansione record? Secondo RABOBANK si tratta di una situazione molto particolare, non solo perché si è registrato un aumento del consumo pro capite che ha sfiorato il 5%, ma soprattutto perché la crescita è stata realizzata senza l’aiuto delle carni rosse, il cui consumo è rimasto piatto per tutto l’anno. Fino al 2018 Rabobank prevede una crescita della produzione di proteine animali del 2,5%, in calo rispetto al 3% del 2015, e in questo caso il manzo la farà da padrone rispetto alla carne di suino e di pollame. Dal 2016 la situazione tenderà a stabilizzarsi, ma Rabobank non prevede che i mercati internazionali possano assorbire questa crescita della produzione, che dovrà essere assorbita dal mercato interno, e richiederà di conseguenza prezzi più bassi. Entro la fine del 2018, quando cioè si concluderà questo ciclo, tutto il settore della carne affronterà un assottigliamento del profitto, favorendo i produttori più grandi e con strategie di lungo periodo. Intanto, il mercato internazionale della carne sta diventando sempre più competitivo e la volatilità dei tassi di cambio, vedi Brasile, sembra essere un fattore chiave nel determinare vantaggi commerciali. Dato che il dollaro si sta rafforzando, il consumatore statunitense dovrà assorbire, o meglio consumare, gran parte della futura crescita dell’offerta (fonte: RABOBANK, UNAITALIA; photo © Olesya Shelomova – Fotolia).

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Spagna Sulla base dei dati pubblicati dal Grupo de Elaborados de la Asociación Nacional de Industrias de la Carne de España (ANICE), nel 2015 la Spagna ha esportato 53.506 tonnellate di insaccati, pari ad un aumento del 22%, con Francia, Regno Unito, Belgio, Germania, Portogallo e Paesi Bassi come principali clienti, ed una crescita significativa verso i Paesi Terzi, come Cile, Stati Uniti e Messico. I prosciutti e le spalle stagionate hanno raggiunto le 52.256 tonnellate esportate nel 2015, il 16% in più rispetto all’anno precedente. I destinatari principali restano i Paesi dell’Unione Europea, in particolare Francia, Germania, Portogallo, Italia e Regno Unito, ma avanzano anche le spedizioni verso i Paesi Terzi, in particolare Messico, Giappone, Cile, USA e Australia. Per quanto riguarda gli insaccati cotti, lo scorso anno la Spagna ha esportato 11.409 tonnellate (+9% rispetto al 2014 e +24% rispetto al 2011) verso Portogallo, Francia, Libano, Congo, Regno Unito, Grecia, Andorra e Guinea equatoriale come principali destinazioni (fonte: 3tre3.it; photo © funkyfrogstock – Fotolia).

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AGENDA Clermont-Ferrand, Francia Pensato 25 anni fa per valorizzare le razze da carne del Massiccio centrale, il Sommet de l’Élevage di ClermontFerrand è la rassegna di riferimento e grande vetrina del know-how francese in fatto di produzioni animali e di genetica che il 5, 6 e 7 ottobre prossimi ospiterà al Parco esposizioni della Grande Halle d’Auvergne oltre 2.000 animali rigorosamente selezionati e 1.400 espositori. 85.000 i visitatori attesi. Phil Hogan, Commissario per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale, ha già confermato la sua partecipazione all’evento, a riprova della sua importanza per il settore a livello europeo. Tra i numerosi concorsi di eleganza del vivo la Charolaise, prima razza da carne in Francia e Europa, sarà l’indiscussa protagonista con il proprio concorso nazionale e con uno spettacolo che è sempre molto atteso dagli allevatori sia francesi che stranieri. Tantissime delegazioni estere hanno confermato la loro presenza all’edizione 2016, tra cui quelle dell’Iran e Cuba, che per la prima volta saranno a ClermontFerrand. Altra delegazione attesa è quella della Colombia, Paese ospite d’onore di questa 25a edizione. www.sommet-elevage.fr

Inzago (MI) La Sagra di Inzago è una ricorrenza particolarmente sentita da parte di tutta la comunità di questo comune milanese e si svolge la seconda domenica di ottobre. L’appuntamento quest’anno è fissato quindi per il 9 ottobre. Una festa, questa, che ha radici antiche, risalenti alla seconda metà del 1600, durante la quale non mancheranno i bovini vivi, i prodotti tipici e le tradizioni culinarie locali (a destra, le carni di SERGIO MOTTA dell’omonima macelleria, sempre presente alla sagra). www.comune.inzago.mi.it

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Parigi, Francia L’appuntamento con l’offerta agroalimentare a livello globale quest’anno è il SIAL, Salone Internazionale dell’Alimentazione, in programma dal 16 al 20 ottobre a Paris Nord Villepinte. Sviluppata dal network SIAL Group, attraverso i suoi 8 saloni, anche quest’anno SIAL Paris, con oltre 200 Paesi rappresentati, sarà fortemente orientata al business. Grande Distribuzione, centrali d’acquisto, hard discount, vendite al dettaglio, tutte le insegne saranno presenti all’appuntamento di Parigi che si appresta a confermare, ancora una volta, il ruolo strategico di questa manifestazione nel comparto mondiale dell’agroalimentare (in alto, uno scatto dell’edizione 2014; photo © sial-network.com) www.sialparis.com

Tribunale di Perugia Concordato Preventivo n. 21/2011 Complesso aziendale costituito da beni mobili ed immobili, adibito ad attività di macellazione carni sito in Foligno (PG). Prezzo base € 934.560,00. Il Liquidatore Giudiziale invita a formulare offerte di acquisto in busta chiusa entro e non oltre le ore 11:00 del giorno 16/11/2016. Informazioni c/o Liquidatore Giudiziale, Avv. IVANO BRIGANTI, Perugia via M. Fanti n. 2, (telefono 075 5731505).

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Parma A poche settimane dall’apertura dei cancelli, Cibus Tec si conferma punto di riferimento italiano per la community del meccano-alimentare con un grado di riconferme da parte degli espositori 2014 del 95%, cui si aggiungono 200 nuove adesioni e l’ampliamento significativo (+30%) dell’area dedicata alle tecnologie e ai materiali per il confezionamento. Cibus Tec esprime la forza attrattiva di tutte le tecnologie (selezione, trasformazione, confezionamento, fine linea e logistica) per le principali filiere agroindustriali (Frutta&Vegetali, Carni, Latte&Derivati, Prodotti da forno, Dolci e Caffè) cui si affiancano nuove aree dedicate a Gelato, Dessert e Ingredienti. Lo sviluppo della manifestazione, in calendario nel quartiere fieristico di Parma dal 25 al 28 ottobre, ha anche portato all’apertura del nuovo e più capiente padiglione 2. Un intenso programma di workshop con ospiti internazionali che affronterà i temi più attuali per il settore tra cui le nuove frontiere della food hygiene e della food safety, diagnosi dei consumi energetici e soluzioni future, Water Footprint e strategie per la riduzione del consumo di acqua, il ruolo delle tecnologie eco-friendly per accrescere la competitività. Ampio spazio anche alle soluzioni dedicate alla produzione e confezionamento dei prodotti FreeFrom e all’Eco Packaging. Al fianco di partnership consolidate con le associazioni tra cui FEDERALIMENTARE e ASSOCARNI, anche nuove collaborazioni con le principali istituzioni nazionali e internazionali come l’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari e IFU. L’obiettivo è chiaro: creare networking tra gli operatori delle diverse community e sviluppare nuove potenzialità di business per gli espositori di Cibus Tec. www.cibustec.it

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Cremona Si svolgerà dal 26 al 29 ottobre prossimi presso il quartiere fieristico cremonese la 71a edizione della Fiera Internazionale del Bovino da Latte, l’appuntamento zootecnico di CremonaFiere che di recente ha annunciato la collaborazione stretta con CREA, il Centro di Ricerca per le Produzioni Foraggere e Lattiero-casearie (CREA – FLC). Saranno parecchi i temi al centro dell’attenzione, tra cui la zootecnia di precisione, la zootecnia biologica e la sostenibilità ambientale. La rassegna fieristica ospiterà anche la 20a edizione di Italpig, il Salone della suinicoltura italiana, la 6a edizione di Expocasearia – Tecnologie per la produzione e la distribuzione di prodotti lattiero-caseari e la 4a edizione di International Poultry Forum. www.bovinodalatte.it

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Lo sapevate che la vera cotoletta alla milanese è fatta con la carne di vitello? Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Garanzia data dall’integrazione. Tutte le aziende del VanDrie Group sanno di essere responsabili al 100% per la qualità ottimale del prodotto finale. Questo vale sia per gli allevamenti sia per le aziende produttrici di latte in polvere e di carne. In quest’ottica la collaborazione per offrire al consumatore finale la garanzia di un prodotto di elevata qualità diventa logica. Così il VanDrie Group ha sviluppato la sua strategia integrata, assistito da uno dei più avanzati sistemi di controllo. www.vandriegroup.com La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“LA COTOLETTA ALLA MILANESE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

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Tanta carne al Cibus Tec con un +25% di espositori del comparto carne e il Meat Day di Assocarni (venerdì 28 ottobre) Macchine ad elevata automazione per l’industria delle carni e gli affettati, linee di produzione e confezionamento dedicate a salumi. Insomma tutte le idee più raffinate del made in Italy. Il comparto della meccanica alimentare per il settore carni e salumi si riconosce nella business community che fa capo a Cibus Tec, al via dal 25 al 28 ottobre alle Fiere di Parma. Lo dimostrano, accanto alle oltre 300 novità di prodotto presentate in anteprima, i numeri: riconferma degli espositori meat della precedente edizione, un grado di riconferme generale del 95%, sviluppo del 25% della superficie espositiva dedicata alle tecnologie di settore carni, successo dell’area dedicata al packaging con un ampliamento significativo (+30%) e di quelle dedicate allo sviluppo di nuovi comparti (prodotti da forno, gelati e ingredientistica). Accanto ad un partner nuovo, molte collaborazioni consolidate (Federalimentare, Amitom-WPTC per il pomodoro da industria, EHEDG Italy per la sicurezza alimentare solo per citarne alcune), tra queste ASSOCARNI che in occasione di Cibus Tec organizzerà il Meat Day (28 ottobre). «L’obiettivo di questo incontro — che Assocarni organizza in collaborazione con Cryovac e con Cibus Tec — è fare un approfondimento mirato sui temi del packaging, della sostenibilità e delle nuove richieste da parte dei consumatori che obbligano l’industria a nuove riflessioni e strategie» commenta FRANÇOIS TOMEI, direttore dell’Associazione Nazionale Industria e Commercio Carni e Bestiame (www.assocarni.it). Tra i progetti speciali, Cibus Tec Industry, che vedrà funzionare nei padiglioni del polo fieristico di Parma alcune linee di produzione e confezionamento end-to-end dedicate a salumi e affettati. Il progetto, attivato grazie alla collaborazione di un pool di aziende espositrici italiane ed estere, che mostreranno i trend tecnologici dei prossimi anni, intende attribuire a Parma un nuovo ruolo: non più fiera statica ma un vero e proprio ambiente di lavoro dove professionalità e soluzioni tecnologiche trovano una perfetta sintesi. E se il nuovo format di Cibus Tec ha già fatto espandere la superficie espositiva, con l’apertura di un nuovo padiglione (Pad. 2) e registrare il sold out, si allunga la lista dei CTO – Chief Technology Officer delle più rilevanti aziende alimentari globali che saranno presenti a Parma. Tra queste BRF, Tyson Foods, Smithfield Foods, VION e altre aziende con progetti di investimento in tecnologie per la lavorazione e il confezionamento di prodotti a base carne. «Abbiamo investito oltre 1,5 milioni di euro nell’incoming — afferma FABIO BETTIO, Brand Manager di Cibus Tec — con l’obiettivo di offrire anche alle aziende del comparto del meat una vetrina internazionale all’altezza delle aspettative di business. I nostri espositori hanno bisogno non di format “sperimentali”ma di concrete opportunità che consentano di crescere nei mercati esteri». >> Link: www.cibustec.it

In aumento il numero complessivo degli espositori “meat” con uno sviluppo del 25%. La tecnologia più avanzata del made in Italy prende vita in fiera con linee di trasformazione end to end “funzionanti” dedicate a carne e affettati. E di carne si parlerà a 360° nella giornata di venerdì 28 ottobre al Meat Day organizzato da Assocarni in collaborazione con Cryovac e Fiere di Parma.

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Etichette importanti, prodotti gourmet, carne ordinata nel banco frigo, ma soprattutto una geniale camera d’invecchiamento per le bistecche. A vista, dietro imponenti vetrate. Riccardo Lagorio ha visitato la Macelleria Mair di Terlano e ce ne parla nell’articolo a pagina 84.

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NATURALMENTE CARNIVORO

Due “Naturalmente carnivori” per passione e professione: Eugen Capra e Dorinel Niculae, della rivista Industria Carnii. Presenti alla tavola rotonda organizzata annualmente dal Belgian Meat Office, l’ente che promuove lo sviluppo del comparto delle carni belghe capitanato da René Maillard, Eugen e Dorinel hanno presentato il Sibiu Salami Igp, un salame tipico rumeno che da febbraio è entrato nel paniere europeo dell’agroalimentare di qualità. Industria Carnii è anche a capo dell’organizzazione della fiera biennale Carnexpo, in programma il prossimo anno a Bucarest dal 25 al 29 ottobre (photo © Belgian Meat Office).

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Alfonso Camassa, dottore veterinario della clinica Endell Veterinary Group, con Dagan James, titolare della Broughton Water Buffalo con sede a Salisbury, sud-ovest dell’Inghilterra. Due “Naturalmente carnivori” che lavorano a stretto contatto per verificare il benessere animale dei bufali allevati nel Wiltshire. C’è oggi grande interesse per questa carne, distribuita dalla Broughton Water Buffalo a macellerie tradizionali, farmers market locali, canale retail e ad una selezione di ristoranti londinesi. A luglio siamo andati a trovarli per scoprire tutto sui bufali inglesi. A pagina 52 il servizio (photo © Elena Benedetti).

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CARNIVORI PRÊT-À-PORTER Chiamatelo orgoglio carnivoro o voglia di riscatto per quel 93% (Rapporto Eurispes) della popolazione italiana che sceglie anche le proteine animali nella propria dieta. Questo orgoglio da oggi si può anche indossare e sorseggiare!

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ATTUALITÀ

Comunicare: alla base di tutto Che cosa vuole oggi il consumatore di carne? A questa domanda sono state date risposte nel corso dell’11a edizione della tavola rotonda che il Belgian Meat Office organizza ogni fine agosto chiamando a raccolta i media europei più rappresentativi del comparto carne a Bruxelles. Per riflettere, stimolare un confronto e analizzare gli scenari moderni dei consumi e del mercato delle carni di oggi da parte di chi, per professione, scrive di carne tutto l’anno di Elena Benedetti

V

erso fine agosto, oramai da 11 anni, l’ente che promuove lo sviluppo del comparto delle carni belghe, il Belgian Meat Office capitanato da RENÉ MAIL-

LARD, chiama a raccolta la stampa specializzata di settore a Bruxelles (con l’unica eccezione dello scorso anno, che ha visto Expo Milano sede della round table), per una tavola

rotonda che, anno dopo anno, si è trasformata in un evento sempre più formativo e davvero unico nel suo genere. L’edizione 2016 non è stata da meno. Anzi, quest’anno si è

René Maillard, direttore del Belgian Meat Office e regista della tavola rotonda 2016 sulla storia e sul futuro del consumo di carne, tra conflitti, comportamenti e tendenze, insieme ai relatori Frédéric Leroy, ricercatore di Microbiologia industriale e Biotecnologia alimentare dell’Università di Vrije a Bruxelles, Sharon Lagast, a capo di Belpork, e Michael Gore, amministratore delegato di FEBEV (photo © Belgian Meat Office).

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Ecco un esempio palese di come la stampa crea “disgusto” nel lettore trattando temi di attualità dell’industria delle carni. Questo articolo è stato pubblicato sul numero del 19-26 agosto 2016 di Internazionale, un importante e diffuso settimanale che traduce e pubblica materiale tratto da quotidiani e periodici esteri. Il pezzo è firmato da Audrey Garric per Le Monde. Tema dell’articolo è raccontare le condizioni di lavoro dei dipendenti dello stabilimento di macellazione di suini di Lamballe. In realtà tutto l’articolo è infarcito di parole volte non ad approfondire la situazione della forza lavoro impiegata bensì a dare un’immagine negativa e degradata, anche e soprattutto dal punto di vista morale ed etico, a questo lavoro (“una carneficina di massa”, “macchina sgozzatrice” solo per citare qualche esempio). dimostrata ancor di più una formula vincente che, attraverso la presenza di speaker qualificati e un’agenda di contenuti fortemente attuali, ha stimolato gli oltre 20 giornalisti europei giunti da Germania, Francia, Olanda, Regno Unito, Italia, Romania e Polonia per riflettere e confrontarsi sui temi della comunicazione delle carni. «Un prodotto, quello delle proteine animali, che è molto più di un semplice ingrediente della nostra dieta», come ha giustamente subito sottolineato il prof. FRÉDÉRIC LEROY, ricercatore di Microbiologia industriale e Biotecnologia alimentare dell’università di Vrije a Bruxelles. I temi trattati sono stati numerosi e fonte di discussione e di analisi. Viviamo una fase tanto complessa, dal punto di vista dei mutamenti politici ed economici a livello globale, quanto stimolante, a parer mio, nella necessità di mettere a fuoco le tendenze della società moderna in tema di comportamenti di consumo. Anche la nostra testata EUROCARNI era presente, come d’abitudine, per contribuire alla riflessione su-

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gli orientamenti del consumatore e sulle dinamiche che guidano gli acquisti, o non-acquisti, delle carni oggi nella GDO e nel canale tradizionale. Carne, l’evoluzione di una fonte di nutrimento Il prof. Leroy, all’apertura dei lavori, ha ripercorso il processo evolutivo dell’essere umano mettendo in evidenza la valenza delle carni prima come fonte primaria di nutrimento (ad esempio nella società preistorica dei cacciatoriraccoglitori), poi come elemento legato ad una certa sacralità religiosa (si pensi alla raffigurazione degli dei o ai riti sacrificali di animali), fino al rituale del suo consumo come socializzazione (ad esempio durante le festività del Natale o della Pasqua, o le tradizioni e gli eventi che chiamano a raccolta le persone per mangiare carne). Questi comportamenti sono stratificati e presenti in ogni cultura, a qualsiasi latitudine, a testimoniare, ancora una volta, la centralità della carne in una visione olistica che comprende aspetti culturali, religiosi, simbolici ed etici.

Prima e dopo la costruzione dei macelli L’analisi di Leroy ha evidenziato due precisi momenti storici: il primo è il XIX secolo, nel quale la domanda di carne da parte dell’Occidente ha raggiunto i massimi livelli, con lo sviluppo del comparto, dell’industria di trasformazione, degli allevamenti intensivi negli USA e nell’America Latina, oltre all’innovazione tecnologica nella lavorazione di prodotto, logistica e trasporto. Il secondo è il XX secolo, con la diffusione degli stabilimenti di macellazione e con il conseguente sviluppo e l’attenzione all’igiene, al training del personale e alla sanificazione. Con la comparsa dei macelli industriali la carne è diventata un bene di largo consumo e l’animale da reddito è entrato nei cardini di un processo razionale ed economico il cui risultato è un prodotto di massa. La carne come bene di consumo di massa «Abbiamo smesso di mangiare animali e abbiamo iniziato a mangiare carne» ha enfatizzato Leroy, facendo riferimento a carni porzionate, in vaschetta, sottovuoto, magari

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Focus sul comparto delle carni belghe La filiera delle carni in Belgio è altamente specializzata nell’allevamento e nella lavorazione di carni di maiale, manzo e vitello, destinate al mercato interno e all’export. Si attestano intorno a 860.000 tonnellate le carni suine destinate ai mercati esteri e a 171.000 tonnellate le carni di bovino e il vitello, confermato il Paese ai vertici tra i maggiori esportatori di proteine in animali in Europa. Per il suino la maggior parte della produzione di suino è concentrata nei territori delle Fiandre. Il mercato di destinazione Razza molto diffusa in Belgio (50% della popolazione bovina), sia in purezza del prodotto è soprattutto quello che incrociata, per la produzione di carne, la Blanc Bleu Belge è spesso definita europeo, con l’export destinato prinla Piemontese del Belgio, Paese dove la razza è più rappresentata. Essa deriva da cipalmente a Germania, Polonia, Paesi un’azione selettiva iniziata nella metà del XIX secolo sulla popolazione locale nella Bassi, Italia e Francia. Non mancano parte meridionale del Belgio, popolazione molto insanguata dalla Shorthorn. flussi extra europei verso i Paesi del L’obiettivo, allora, era di ottenere animali a duplice attitudine con buon sviluppo Commonwealth, Hong Kong, Cina e della muscolatura. Dal 1950-60 la selezione si è orientata verso la produzione di Corea del Sud. Sul fronte del bovino animali da carne (photo © Olivier Bertaud; fonte www.agraria.org). il bestiame è caratterizzato soprattutto dalle pregiate razze da carne Blanc Bleu Belge, con i loro muscoli ben definiti, magri e teneri. Tutti i capi macellati in Belgio sono tracciati con il sistema di identificazione Sanitrace, che consente di monitorare la carne lungo l’intera filiera, dall’abbattimento al punto vendita. Il mercato europeo è il principale canale di destinazione del manzo belga, con Olanda, Francia, Italia e Germania che assorbono il 79% del prodotto. Altri mercati di destinazione extra UE per il bovino e vitello sono il Medio Oriente, il Sudafrica e l’Europa dell’Est. >> Link: www.belgianmeat.com

Nel corso della sua presentazione Frédéric Leroy ha citato The Meat Paradox, il paradosso della carne, coniato dall’accademico Steve Loughnan dell’Università del Kent in un suo scritto del 2010. Amare gli animali e nello stesso tempo mangiare carne è possibile? «La relazione che si crea tra le persone e gli animali è moralmente complessa. Questa complessità è alla base del nostro comportamento ambivalente verso gli animali e si può analizzare molto bene proprio nell’analisi del consumo di carne. Mangiare carne è eticamente problematico perché contrasta il nostro desiderio di evitare dolore ad altri esseri viventi. Questa tensione — che si concretizza con l’amore per gli animali e il piacere di mangiare carne — è l’essenza del cosiddetto Meat Paradox». Come venire a capo di questo dilemma? «La stragrande maggioranza delle persone non diventa vegetariana e trova dei modi per continuare ad assimilare delle proteine animali. Il modo attraverso il quale noi pensiamo agli animali, caratterizzandoli come edibili o da affezione, e il modo in cui consideriamo l’umano e l’animale giocano un ruolo importante nelle nostre decisioni. Non c’è alcuna evidenza che questi processi siano motivati e ciò porta a concludere che il paradosso della carne sia un qualcosa che, se non raramente, influenzi i processi decisionali delle persone» (Steve Loughnan, 2010).

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Anversa, un porto per connettersi con il mondo intero La tavola rotonda 2016 del Belgian Meat Office è stata l’occasione anche per una visita guidata al Porto di Anversa, che dista una cinquantina di chilometri dal centro di Bruxelles. Questo snodo del commercio marittimo si colloca strategicamente nel cuore dell’Europa, più precisamente all’estremità superiore della foce del fiume navigabile Schelda. Il porto è infatti sia marittimo che fluviale. I bacini di Anversa sono efficientemente connessi all’entroterra tramite collegamenti ferroviari, fluviali e stradali. Di conseguenza, il porto di Anversa è diventato uno dei più grandi porti commerciali in Europa, al secondo posto dopo Rotterdam (e prima di Amburgo) per quantità totale di merce imbarcata (e al primo posto per la movimentazione di caffè e ortofrutta in Europa). Nel 2015, il porto di Anversa ha movimentato oltre 208 milioni di tonnellate di merce e ha offerto servizi di linea a 800 destinazioni marittime differenti. La sua superficie portuale si estende su 12.000 ettari che equivalgono a 20 campi da calcio. Sono 900 le aziende che operano all’interno e 61.000 gli addetti che lavorano nell’area. Nel porto sono inoltre attivi 2 milioni di metri cubi di magazzini refrigerati per carni, prodotti ittici e ortofrutta. Oggi il porto è anche una meta d’interesse per gli appassionati di architettura. A settembre è infatti stato inaugurato il nuovo edificio dell’autorità portuale (nella foto), firmato da Zaha Hadid. «Si tratta di una nuova struttura che accoglie gli ufficiali dell’autorità portuale e che sovrasta la vecchia caserma dei vigili del fuoco di Anversa, completamente ristrutturata» ci spiega Maartje Driessens, business development manager del Porto di Anversa. «Il contrasto tra antico e moderno risalta agli occhi e si sposta perfettamente alla tradizione mercantile e navale del territorio e alle moderne tecnologie che oggi consentono di movimentare questo flusso di merci». L’edificio di Zaha Hadid, prematuramente scomparsa pochi mesi fa, ha un corpo in vetro a cui si alternano riflessi e trasparenze che rimandano ai cristalli, un dovuto omaggio all’industria dei diamanti di Anversa (photo © Belgian Meat Office). >> Link: www.portofantwerp.com

già condite e pronte da cuocere o semplicemente da scaldare. Il dilemma del Meat Paradox E oggi qual è lo scenario che stiamo vivendo? È quello della controcomunicazione pilotata da gruppo animalisti e vegan che bombardano le pagine social con immagini orrifiche di macelli e allevamenti allucinanti, fiumi di sangue, carcasse, animali mutilati e sofferenti. L’obiettivo? «Creare disgusto nel consumatore», risponde il ricercatore dell’università di Vrije. Ma che cos’è il disgusto? «È quella reazione che si percepisce quando l’essere umano si confronta con elementi che rimandano alla mortalità». Story-meat: lo storytelling contro la crisi Alla luce di questo excursus evolutivo della percezione delle pro-

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teine animali da fonte primaria di nutrimento a rituale sacrificale e a bene di largo consumo, fino allo sdoppiamento della carne dall’animale stesso, quale strada si può percorrere per riportare il consumatore a vivere in modo sì consapevole ma anche meno teso la scelta e il suo acquisto? Il prof. Frédéric Leroy ci fornisce una soluzione: essa consiste nel dare valore al prodotto carne, non relegandolo ad un semplice pezzo di muscolo e tessuti di alto valore nutritivo in un packaging moderno o in un bell’incarto. Occorre accompagnare il consumatore nel racconto di quella carne, che sia l’origine, la razza, il modo attraverso il quale l’animale è stato allevato. Oppure focalizzare l’attenzione sul valore aggiunto che le sue vitamine e proteine daranno al nostro corpo. Insomma, la chiave di svolta

è il racconto, il cosiddetto storytelling di cui oggi tanto si parla. Per diventare dei consumatori onnivori coscienziosi e consapevoli, interessati al benessere dell’animale, al suo allevamento, alla riduzione degli sprechi. Secondo Leroy occorre raccontare la carne al consumatore in modo più efficace, coinvolgendolo e spalancando le porte a tutta la filiera. Le sfide che ci attendono Di sfide ha parlato MICHAEL GORE, amministratore delegato di FEBEV (www.febev.be) la Federazione belga dell’industria delle carni. «Che cosa sanno oggi i consumatori del processo di macellazione e lavorazione delle carni?» si è chiesto Gore davanti alla platea di giornalisti europei. «Ovviamente nulla! E quale è l’impatto dei media e dei retailer sulle scelte di consumo?».

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Foto di gruppo per gli oltre 20 giornalisti europei giunti a Bruxelles da Germania, Francia, Olanda, Regno Unito, Italia, Romania e Polonia per riflettere e confrontarsi riguardo ai temi concernenti la comunicazione delle carni (photo © Belgian Meat Office). Naturalmente la risposta è scontata. I media di comunicazione, dai tradizionali giornali e TV a quelli social, oggi sono in grado di stravolgere abitudini e percezioni relative a molti prodotti, e quello carne è particolarmente sensibile. Michael Gore, a capo di un’organismo che rappresenta tutta l’industria di macellazione e trasformazione delle carni belghe, ha sottolineato che in questo delicato momento FEBEV si trova ad affrontare nuove sfide, con un approccio volto a trovare soluzioni attraverso un nuovo metodo collaborativo e di confronto, anche con chi la pensa diversamente. «Possono infatti esserci comunque temi sui quali far convergere la stessa visione — ha ricordato Gore — come il tema del benessere animale, fortemente voluto da tutti».

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Belpork, un esempio di comunicazione efficace La parola è quindi passata a SHARON LAGAST, che coordina Belpork (www.belpork.be) un’organizzazione no-profit a cui fanno capo 2.361 allevatori di suini (circa la metà dei presenti sul territorio belga), 13 macelli, 23 impianti di disosso e 140 società di auto-trasporti. Fondata nel 2000 per dare rassicurazioni sul prodotto e sulla carne suina al consumatore, oggi Belpork ha un approccio di filiera verticale e applica una serie di certificazioni di qualità che puntano a rafforzare i temi dell’origine del prodotto, del benessere e della salute animale. Passare dalle parole ai fatti, subito, per comunicare meglio il valore della carne Gli argomenti selezionati per l’e-

dizione 2016 da René Maillard e dal suo staff del Belgian Meat Office hanno suscitato parecchio interesse e uno scambio di opinioni nella seconda parte dei lavori, con commenti e osservazioni da parte di tutti i giornalisti presenti. Per quanto riguarda il mercato italiano occorre passare dalle parole alle azioni, per comunicare meglio e in modo più efficace il valore del prodotto carne. Non mancano mai le occasioni nelle quale i vari attori della filiera delle carni italiana non rinnovino la volontà di investire in una comunicazione più incisiva per dare fiducia ad un consumatore sempre più disorientato e confuso. Alla luce dei fatti, però, troppo poco si sta facendo anche, e soprattutto, nei social. Elena Benedetti

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Economia italiana allo stallo

La gelata di Ferragosto di Cosimo Sorrentino

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el mezzo della piena attività vacanziera è calata sul nostro Paese una doccia gelata che ha fatto impallidire anche i più cauti osservatori. Infatti, l’economia italiana, nel secondo trimestre del corrente anno, non si è mossa e tra aprile e giugno il PIL è rimasto invariato. Confronto ai tre mesi precedenti e rispetto a un anno fa l’incremento è stato dello 0,7% e se non ci dovessero essere variazioni positive, la nostra crescita, a fine anno, sarebbe la metà di quanto previsto nel Documento di economia e finanza. Lo stesso Governo ha riconosciuto di dover ricalcolare le sue stime sul deficit, che va valutato, com’è noto, in rapporto al PIL. La situazione dell’economia, quindi, risulta notevolmente peggiorata rispetto ai messaggi di ottimismo proclamati, a più riprese, da esperti e osservatori di settore, i quali avevano finora sostenuto che la lunga crisi fosse ormai alle nostre spalle. Ora si ritiene invece che la fragilità della ripresa non costituisce una sorpresa e si smentisce così l’ottimismo precedentemente evocato, adducendo un mix di fattori che comprende il terrorismo, la crisi dei migranti, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Anche il Fondo Monetario Internazionale e l’OCSE, sempre pronti a diffondere dati e previsioni che poi risultano non veritiere, hanno rivisto al ribasso le stime della crescita mondiale, ma la situazione italiana è da considerarsi ancora una volta la più negativa poiché il fermo della crescita si avverte statisticamente in termini più ampi (e perciò più preoccupanti), tenuto anche presente che il nostro debito pubblico, secondo Bankitalia, ha toccato, a

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giugno scorso, la cifra record di 2.250 miliardi, 70 in più rispetto al precedente mese di maggio. Segnali negativi sulla nostra crescita si erano però già manifestati nell’ultima parte del secondo trimestre, quando si era notato un sensibile calo della produzione industriale, che ha perso a giugno lo 0,4% rispetto al mese precedente (seconda flessione consecutiva), mentre gli economisti si aspettavano un segno positivo. Poi si è avuta la frenata delle esportazioni che, con il perdurare della deflazione, ha causato il rallentamento del PIL, anche se non previsto della citata entità. Nonostante tutto si può vedere un segnale positivo se si considera che il dato congiunturale sintetizza sì una frenata dell’industria, però nello stesso tempo manifesta un aumento del valore aggiunto dell’agricoltura e dei servizi, e la risalita del settore primario si ricollega anche all’incoraggiante ripresa del PIL del Sud Italia dopo sette anni di crisi. Comunque non è che i nostri partner europei siano in una situazione molto più allegra; pure loro stanno rallentando, anche se meno dell’Italia, poiché nel secondo trimestre dell’anno, nell’area euro, il PIL ha avuto un rialzo dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,6% rispetto a un anno fa. Date queste premesse, la previsione di un aumento del reddito nazionale dell’1,2% per quest’anno, che pure era modesta, dovrà essere rivista al ribasso e l’Italia rimarrà ancora nella condizione di crisi in cui si trova da anni, attestandosi così nelle ultime posizioni tra i paesi europei. Da più parti si sostiene che il nostro Paese non progredisce a causa del forte invecchiamento della po-

polazione, ma la Spagna e la Germania, che sotto questo profilo presentano la stessa situazione, hanno però visto crescere il loro PIL, nel secondo trimestre di quest’anno, rispettivamente dello 0,7% e dello 0,4%. Neanche vale invocare l’instabilità politica per il nostro Paese: la Spagna si trova a fronteggiare una grave crisi politica, eppure il suo PIL aumenta. Appare infondata anche l’indicazione dell’uscita della Gran Bretagna dall’UE, avvenuta a fine giugno. Invece si tralascia di considerare che l’Italia, quale Paese importatore, è stato agevolato dal crollo dei prezzi del petrolio e delle materie prime, nonché dai bassi tassi d’interesse che dovrebbero ridurre il pagamento degli interessi su un debito pubblico che continua a crescere inesorabilmente. Si parla, da un po’ di tempo, di “flessibilità” (di cui anche noi ci siamo occupati su questa RIVISTA), ma la flessibilità può essere utile se si attuano cambiamenti realmente strutturali, che possano essere ritenuti credibili. E quale credibilità possiamo dare se i programmi per nuove infrastrutture vengono bloccati da lunghi contenziosi o da problemi che vengono ora posti anche dal nuovo codice degli appalti? Né si può sottacere dei lunghi contenziosi tra le varie istituzioni pubbliche, con grave danno per la crescita, o dei gravi problemi che da decenni incombono sulla scuola e sulla giustizia. Rimedi parziali o sussidi di vario genere non bastano più; è necessario praticare politiche di lungo periodo, assicurando tempi certi di attuazione di operazioni strutturali che consentano finalmente una ripresa vera e non solo sussulti di ripresa.

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

2. Congresso Mondiale della Carne 1. Comunicare la carne su Instagram Ecco un’azienda che sa comunicare bene su Instagram: è la canadese SEBASTIAN & CO. FINE MEATS, accessibile al link www.instagram.com/sebastianandco. Le foto sono strepitose, originali e ricche di texture. Questi signori di West Vancouver sono specializzati in carni biologiche e nelle lunghe frollature. Anche il sito www.sebastianandco.ca merita una visita (photo © Sebastian & Co. Fine Meats).

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Si svolgerà tra un mese a Punta del Este in Uruguay, dal 7 al 9 novembre prossimi, la 21a edizione del CONGRESSO MONDIALE DELLA CARNE, l’evento organizzato dall’IMS-International Meat Secretariat, che raccoglierà tutti i top leader delle carni mondiali, dalle Americhe, dall’Africa all’Europa, passando attraverso Medio Oriente e Asia. Saranno tantissimi i temi trattati: dai trend delle carni al commercio a livello globale, dal benessere animale alla sostenibilità. Il sito dell’evento è www.wmc2016.uy (nella foto una mandria al pascolo in Uruguay, photo © Tomáš Petrů, CC BY-SA 2.0; fonte howwegettonext.com).

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meat Benedetti

4. The Meat Show di Nick Solares 3. Tour delle migliori macellerie parigine Volete dare un’occhiata alle migliori macellerie di Parigi? Vi segnaliamo un articolo pubblicato su THE HIP PARIS BLOG, accessibile al link goo.gl/inIf8i. Vi troverete indirizzi, commenti e tantissime foto degli interni e dei banchi delle carni (photo © Jean-Marie Heidinger).

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NICK SOLARES ama definirsi un “carnivoro professionista”. Direttore di Eater.com, il portale di food e recensioni di ristoranti di Vox Media, Solares cura un programma dedicato dal nome inconfondibile: The Meat Show (www.eater.com/meat-show). Sul canale YouTube dedicato ci sono video che raccontano le sue incursioni nelle cucine degli chef. Un esempio? Al link goo.gl/rYOw3s potete rivedere la visita di Nick a The Beatrice Inn, una steakhouse del West Village di New York. Qui la chef Angie Mar mostra e racconta, passo dopo passo, una frollatura delle carni per 160 giorni nel whisky.

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AZIENDE

Lo stile vincente di Vitelco Intervista quasi corale al management commerciale dell’azienda olandese leader nella filiera del vitello. La pragmaticità e il cuore di un team che si appresta a conquistare il mercato globale con una carne di vitello in grado di soddisfare ogni esigenza, anche quella del disosso di Elena Benedetti

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d inizio marzo dello scorso anno eravamo nel sud dell’Olanda tra Eindhoven e Utrecht in visita al quartier generale di Vitelco b.v., società di PALI Group, leader nella filiera del vitello olandese, per incontrare il management e per salutarci, dopo un paio di giorni, con una vigorosa stretta di mano, tanti progetti sulla carta e il disegno di una importan-

te riorganizzazione commerciale. Sono trascorsi 16 mesi e siamo di nuovo qua a ‘s-Hertogenbosch, in compagnia di EDOARDO MASSIRONI e WILFRIED FLEUREN. Il primo è il referente Italia per Vitelco, una consolidata esperienza nella vendita di tagli di vitello sul nostro mercato e una conoscenza capillare degli operatori delle carni del Belpaese; il secondo è il responsabile dell’uf-

ficio vendite della società olandese, da sempre in Vitelco. In questi ultimi mesi l’azienda si è completamente trasformata: nuovi uffici, uno staff commerciale potenziato, nuove leve anche per il mercato italiano, un nuovo gestionale informatico, l’acquisto di 20 camion di proprietà per il trasporto del vivo e una strategia forte e chiara per consolidare la presenza

Taglio di disosso in confezionamento (photo © PALI Group).

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1) La squadra commerciale di Vitelco con lo staff dedicato al mercato italiano: Edoardo Massironi, referente Italia per Vitelco, Rick Houtepen, junior account manager Italia, Wilfried Fleuren, responsabile dell’ufficio vendite della società olandese, Salvo Nirta, account manager Italia e Han Paridaans, general manager di Vitelco. 2) Martijn Paridaans, managing director di Vitelco. 3) Claudia Lavrijsen, marketing manager di Vitelco. 4) Mark Verstegen, division manager Pig Farming Vitelco. di Vitelco sul mercato del vitello bianco e rosato a livello mondiale. Non ultimo, un investimento importante nella struttura produttiva, con l’ampliamento dello stabilimento di disosso per altri 700 m2, oggi in fase di completamento, che sarà pronto per il rodaggio tecnico

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entro fine anno. Insomma, questa è un’azienda che sta crescendo, in numeri, redditività e mercati e che ha puntato tanto sul potenziamento del comparto produttivo e sugli investimenti strutturali. Tutto ciò a fronte di un mercato che, anno dopo anno, cresce e si consolida

rinnovando l’apprezzamento per il vitello Vitelco. Obiettivo n. 1: potenziare il disosso «Oggi macelliamo 1.500 capi al giorno, 5 giorni su 7 ed entro il 2017, grazie all’ampliamento dello

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Nel nuovo packaging, coordinato da Claudia Lavrijsen, predominano il colore blu scuro corporate identity del Gruppo, un profilo stilizzato e moderno del vitello e la bandiera olandese

PALI Group, non solo vitello Vitelco b.v. è una società di PALI Group, il Gruppo fondato dalle famiglie di Tiny Paridaans e di Bert Liebregts, commercianti olandesi di bestiame fin dal 1959. PALI Group, dedita ad un continuo processo di sviluppo nella produzione di carni bovine, è proprietaria del macello Vitelco b.v. che dal 1992, anno di inizio delle attività, è stato oggetto di investimenti e ampliamenti. Sono tre i Paridaans oggi attivi nel Gruppo con competenze e ruoli specifici: Han, direttore di Vitelco e di alcune società collaterali; Martijn, responsabile commerciale del vivo e Irma, che si occupa dei molti adempimenti burocratici riguardanti il bestiame vivo, mentre suo marito, Willem Jorissen, è il direttore amministrativo. Il Gruppo PALI oggi conta 200 dipendenti e 400 collaboratori esterni. Al suo interno operano anche le società Rompa Tanneries e Vrieskade, acquisite nel 2014, operanti rispettivamente nella lavorazione e concia del pellame e nel congelamento. Ad esse si aggiunge la divisione PALI Logistic, che movimenta il vivo (è recente l’acquisto di 20 automezzi moderni, dotati di tutte le tecnologie necessarie per il trasporto degli animali minimizzando lo stress) e PALI Meat, la divisione dei sottoprodotti della macellazione che commercializza ogni settimana 120 tonnellate di prodotto. Nel corso del 2016 è anche stato acquistato un nuovo macello di suini: questo aveva, inizialmente, una capacità produttiva di 3 mila capi a settimana. Oggi l’impianto raggiunge le 9 mila carcassa a settimana e l’obiettivo è di arrivare, entro fine 2017, a 15 mila capi (nelle foto, a sinistra l’esterno di Vrieskade, lo stabilimento dedicato al congelamento delle carni di PALI Group, e a destra alcuni automezzi per il trasporto del vivo). >> Link: www.paligroup.nl

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Confezionamento di porzionati di vitello presso lo stabilimento Vitelco a ‘s-Hertogenbosch (photo © PALI Group).

Gli obiettivi del management commerciale sono chiari: aumentare la capacità produttiva di tagli disossati e ottimizzare la logistica del vivo e del congelato, con consegne veloci e flessibili in tutto il Centro e Sud Europa. «Due anni dopo il nostro incontro posso confermare che il grande sforzo organizzativo che ha coinvolto tutta l’azienda si è ampiamente consolidato» dice Wilfried Fleuren

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stabilimento in corso in questi mesi, aumenteremo di 200 capi al giorno per arrivare a 8.500 capi su base settimanale» mi spiega Wilfried, mentre si uniscono alla chiacchierata anche SALVO NIRTA, account manager Italia, e RICK HOUTEPEN, junior account manager Italia. Gli obiettivi del management commerciale di Vitelco sono chiari: aumentare la capacità produttiva di tagli disossati e ottimizzare la logistica del vivo e del congelato, con consegne veloci e flessibili in tutto il Centro e Sud Europa. «Due anni dopo il nostro incontro posso confermare che questo grande sforzo organizzativo che ha coinvolto tutta l’azienda è stato positivo e si è ampiamente consolidato» mi dice Wilfried. «Tutti ne stanno traendo vantaggio, sia i clienti, che sentono la casa madre più vicina, e noi, all’interno, che possiamo interagire col cliente in modo più diretto e veloce». La richiesta di tagli già disossati è inoltre una realtà consolidata sui grandi mercati europei. «In Germania, Francia e Spagna c’è stato un processo molto veloce di

adeguamento del mercato verso il prodotto disossato» ha sottolineato Han Paridaans. Obiettivo n. 2: aumentare il valore della carcassa La scelta strategica di aumentare la capacità di offerta del prodotto disossato, soddisfacendo le richieste del cliente in base a colore, tagli e dimensioni, è strategica e al contempo finalizzata a portare a casa un risultato ben preciso. «Vogliamo aumentare il valore di tutta la carcassa e con il disosso riusciamo a collocare il prodotto nel giusto mercato di riferimento, al prezzo giusto e nei tempi e modalità che ci richiede il cliente» mi dice Wilfried Fleuren. «Il disosso ci consente di non subire brusche oscillazioni di mercato». Obiettivo n. 3: una rete commerciale ancora più forte per l’Italia «Vogliamo far capire come sta cambiando Vitelco e come ci stiamo organizzando per servire ancora meglio il mercato italiano, nel quale la società è presente fin dal 1985»

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Il vitello della Vitelco ha tutte le carte in regola con certificazioni qualità (ISF Food, BRC Food, SKV, Halal Quality Control e non ultima Beter Leven che attesta i livelli di benessere degli animali). Nei Paesi Bassi la Dutch Food and Consumer Product Safety Authority (NVWA, www.nvwa.nl) presiede alla sicurezza della catena alimentare e alla salute degli animali attraverso audit indipendenti che controllano la conformità della carne di vitello agli standard più elevati. Gli animali provengono per il 60% da allevamenti di proprietà e per il 40% da allevatori che sottoscrivono un rigido disciplinare di produzione. Ciò consente di poter contare su una filiera controllata e tracciata in ogni fase (in foto un allevamento di vitelli di Vitelco b.v.; photo © PALI Group).

Oggi l’azienda di ‘s-Hertogenbosch sviluppa 3 linee di prodotto, il bianco, il rosato fino a 8 mesi e il vitello 8-12 mesi, «e questa è una bella opportunità di scelta per i nostri clienti. Ad esempio il rosato è più adatto per Cash & Carry e ristorazione, con un ottimo rapporto qualità/prezzo» sottolinea Han Paridaans

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aggiunge Edoardo Massironi, da anni referente sull’Italia per questo marchio. L’Italia è infatti il terzo mercato per volumi di export, dopo la Germania e quasi in parità con la Francia. I clienti italiani, oltre a Massironi, sono seguiti direttamente dalla casa madre in Olanda già da un anno e mezzo da Salvo Nirta, belga di nascita ma calabrese di origini, che a breve sarà affiancato dall’olandese Rick Houtepen. In Italia la carne di vitello è da sempre apprezzata e consumata per le qualità nutrizionali del prodotto e per la grande versatilità in cucina. Il nostro è e resta un mercato importante, che assorbe il 23% dell’export totale di Vitelco e ben il 35% del vitello bianco del Gruppo olandese. «Puntiamo sul grossista tradizionale, sulle

insegne della GDO che lavorano in osso» mi dice Salvo. «Tra i nostri obiettivi c’è l’incremento della vendita diretta del disossato anche presso i Cash & Carry, l’industria del congelato e l’HORECA». Obiettivo n. 4: il vitello come lo vuoi tu Vitelco sta investendo in tecnologia, strutture e risorse umane per sviluppare la penetrazione anche sul mercato italiano. «In Italia facciamo numeri importanti e per le grandi insegne il disossato è importante» mi conferma HAN PARIDAANS, direttore generale di Vitelco, che si unisce all’incontro. Ad oggi l’azienda di ‘s-Hertogenbosch sviluppa 3 linee di prodotto, il bianco, il rosato

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I numeri e i mercati di Vitelco La società di PALI Group oggi macella e lavora 350.000 capi di vitelli all’anno, per un volume di oltre 52.000 tonnellate di carne. Il 23% del prodotto Vitelco è esportato sul mercato italiano, una percentuale che sale al 35% se si considera solo la pregiata carne di vitello bianco. L’Italia è il terzo mercato per volumi importati, dopo Germania e Francia. Seguono Spagna, Portogallo e Scandinavia per il rosato, e parecchie destinazioni fuori dall’UE, Filippine, Medio Oriente, Africa, Giappone (in foto un operatore nella sala disosso; photo © PALI Group).

fino a 8 mesi e il vitello 8-12 mesi, «e questa è una bella opportunità di scelta per i nostri clienti. Ad esempio il rosato è più adatto per Cash & Carry e ristorazione, con un ottimo rapporto qualità/prezzo». Perché è importante il disosso? «Perché si allunga la vita del prodotto» risponde Wilfried Fleuren. Ma per far questo occorre organizzare al meglio la logistica e sostenere maggiori costi. «Per Vitelco ciò che conta è soddisfare le esigenze del cliente» sottolinea Han. «Tutto lo staff dell’area commerciale è orientato a dare al cliente di Vitelco ciò che serve per rispondere alle sue necessità di mercato, customizzando il prodotto e fornendo ogni giorno il giusto taglio e colore».

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Questo è e resta lo stile di Vitelco Vitelco è un’azienda che negli anni ha saputo cogliere le opportunità del mercato, facendo i giusti passi nella crescita e nel consolidamento degli investimenti, ampliando le società collaterali del Gruppo e rafforzando al contempo il main business che è e resta quello di fornire una carne di vitello sempre più funzionale alle esigenze di un mercato e di un’industria che, negli ultimi 10 anni, si sono totalmente trasformati. E se oggi gli sforzi della famiglia Paridaans e dell’intera organizzazione sono quelli di intercettare le tendenze dei mercati in un’ottica di crescita produttiva, resta sempre presente alla base di tutto lo stile di questo Gruppo giovane e

dinamico, che continua a credere nel rapporto di fiducia diretto col cliente. Questo vale oggi con il vivo e con le carcasse e varrà domani anche col disosso. Elena Benedetti

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Marr: crescita di ricavi e redditività operativa di Silvia Saracino

B

ilancio positivo per Marr — la divisione del gruppo Cre monini specializzata nella distribuzione di prodotti alimentari alla ristorazione extradomestica — che ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con ricavi totali pari a 722,8 milioni di euro, in leggero aumento rispetto ai 697,9 milioni del primo semestre 2015. In crescita anche la redditività operativa con Ebitda a 49,5 milioni di euro — a fronte di 47,2 milioni nel 2015 — Ebit a 41,5 milioni, risultato netto consolidato di 25,4 milioni di euro, a fronte di 23,6 milioni pari periodo 2015, e patrimonio

netto consolidato in aumento, a quota 253,7 milioni di euro. Ad aumentare è anche l’indebitamento finanziario netto, passato da 172,5 milioni a 201,8 milioni, dato che però risente dell’acquisizione, conclusa nell’aprile scorso, della società abruzzese DE.AL specializzata nella distribuzione alimentare agli operatori indipendenti della ristorazione extra-domestica con il marchio Pac Food. L’acquisizione rientra nella strategia di aumentare quote di mercato mantenendo i livelli di redditività raggiunti: strategia che ha portato le vendite del gruppo Marr a toccare quota 711,4

milioni di euro nei primi tre mesi dell’anno (685,6 milioni nel 2015) e 410,9 milioni nel secondo trimestre (395,2 milioni nel 2015). A registrare le performance migliori sono le vendite ai clienti della ristorazione commerciale e collettiva, quindi le categorie street market — la distribuzione alimentare a ristoranti e hotel non appartenenti a gruppi o catene — e national account, operatori della ristorazione commerciale strutturata e della ristorazione collettiva. L’acquisizione della società DE.AL ha permesso, in particolare, di rafforzare le vendite nello street

Alla fine dei primi sei mesi del 2016 le vendite di Marr sono state pari a 711,4 milioni di euro, in aumento rispetto ai 685,6 milioni nel 2015, mentre quelle del secondo trimestre hanno raggiunto i 410,9 milioni contro 395,2 milioni dello scorso anno. La società opera su tutto il territorio nazionale e si avvale di circa 800 automezzi.

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Francesco Ospitali, AD Marr. market: in questo segmento le vendite dei primi sei mesi sono schizzate a 443 milioni di euro — a fronte di 405,2 milioni nel 2015 — con un contributo di 18 milioni di euro dovuti al consolidamento di DE.AL e di 2,6 milioni di euro relativamente

alla società Sama, servizi di commercializzazione e distribuzione al segmento bar, entrata a far parte del gruppo Marr il primo giugno dell’anno scorso. “Il positivo impatto della neo acquisita DE.AL ha beneficiato di un’accelerazione delle vendite a quei clienti che prima dell’acquisizione erano serviti anche da Marr”, scrive l'azienda in una nota. I buoni risultati di Marr sono in linea con il trend nazionale: secondo i dati dell’ufficio studi CONFCOMMERCIO fotografati, la voce “alberghi, pasti e consumazioni fuori casa” ha fatto registrare nei primi tre mesi dell’anno una crescita dei consumi — in termini di quantità — del 2%. Sono invece leggermente calate, ma sempre solide, le vendite di Marr nel segmento national account e wholesale (grossisti), rispettivamente a quota 143 milioni di euro e 125 milioni nei primi sei mesi dell’anno. Il primo semestre si è caratterizzato anche per il rafforzamento della partnership con Baldini Adriatica Pesca Srl e Sfera Spa, entrambe incorporate in Marr con una fusione approvata dal consiglio di ammi-

nistrazione nell’ultima riunione prima della pausa estiva. Le due società erano già interamente controllate da Marr con la procedura di affitto di ramo d’azienda; con la fusione si persegue l’obiettivo di una maggiore razionalizzazione della gestione economica, finanziaria e amministrativa. Con l’affitto di ramo d’azienda di Baldini, risalente al 2007, Marr ha rafforzato la posizione nella commercializzazione di prodotti ittici freschi e congelati. Oggi il Gruppo Marr vanta un’organizzazione di oltre 800 addetti commerciali e serve oltre 40.000 clienti (principalmente ristoranti, hotel, pizzerie, villaggi turistici, mense aziendali), con un’offerta che include circa 10.000 prodotti alimentari, tra cui pesce, carne, alimentari vari, ortofrutta. La società opera su tutto il territorio nazionale attraverso una rete logistico-distributiva costituita da 34 centri di distribuzione, 5 Cash & Carry, 4 agenti con deposito e si avvale di circa 800 automezzi. Silvia Saracino

Procede l’internazionalizzazione di Inalca Food & Beverage Lo scorso giugno Inalca Food & Beverage, società controllata da Inalca Spa (Gruppo Cremonini) specializzata nella distribuzione internazionale di prodotti alimentari tipici del made in Italy, è entrata nel mercato australiano con l’acquisizione di una quota di maggioranza del 60% delle società Fresco Gourmet Pty Ltd e Itaus Pty Ltd. Le società sono specializzate nella distribuzione di fresh&fine foods da tutto il mondo, in particolare da Italia, Francia, Spagna e Grecia, con 1.200 referenze e circa 350 clienti (alberghi, ristoranti, catene di ristorazione e grande distribuzione organizzata). Con questa operazione IF&B ha l’opportunità di svilupparsi velocemente nel mercato australiano, che presenta alti tassi di crescita del prodotto importato di alta gamma, soprattutto di provenienza europea: da Sidney sarà gradualmente coperto il territorio con l’apertura di nuove sedi nelle maggiori città. L’acquisizione australiana si è inserita nella strategia di sviluppo del crescente e frammentato mercato asiatico e australe della distribuzione del sempre più ricercato Food & Beverage italiano, focalizzandosi nel segmento medio-alto del canale Ho.re.ca. e garantendo anche alle catene di retail la fornitura regolare delle specialità del Belpaese. Altre opportunità di espansione del business sono in corso di valutazione a Singapore, in Vietnam e nelle Filippine.

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Augusto Cremonini, amministratore delegato di Inalca Food & Beverage.

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Stagionare, facile, affidabile e 100% italiano La modenese Idealclima di Camposanto consolida la sua presenza nel mercato degli armadi di stagionatura dei salumi. Forte di un’esperienza ventennale nel settore e caratterizzata da quel mix perfetto d’artigianalità e innovazione tipico degli emiliani di Elena Benedetti

L

a lavorazione delle carni è un processo complesso e pieno di variabili. Quasi misterioso agli occhi dei non addetti ai lavori. L’aria pesante di umidità gioca un ruolo prezioso nella produzione di muffe che conferiscono odori e sapori unici alle carni. Odori e sapori che, giorno dopo giorno, si trasforme-

ranno in quei salumi straordinari che tutto il mondo ci invidia. I lettori di EUROCARNI lo sanno bene e altrettanto bene sanno che basta un piccolo cambiamento per ottenere un prodotto totalmente diverso. Ad

esempio, la stagionatura dei salumi richiede umidità, temperatura, un certo tipo di budello e carni (siano essere fresche o congelate), un bilanciamento ragionato delle materie prime e delle spezie. Tutto ciò, in un contesto di ambiente lavorativo che può variare da caso a caso, da stagione a stagione.

Paolo Minozzi negli uffici dell’azienda di Camposanto (MO), che produce impianti di asciugatura e stagionatura, disponibili anche a noleggio.

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Il modello IX 100 di Stagionare, con una capienza di 100 kg (max 140) di prodotto e caratterizzato da 6 coppie di guide con 30 bastoni. Ne sa sicuramente qualcosa anche PAOLO MINOZZI, che insieme al fratello Francesco a gennaio di quest’anno ha deciso di intraprendere una nuova avventura nel mondo dei norcini e salumieri, con un’azienda e, soprattutto, un marchio, che racchiude in sé tutta l’esperienza di oltre 25 anni di lavoro. È Stagionare, il brand degli impianti per salumifici e macellerie, siano essi grandi o artigianali, che

i fratelli Minozzi hanno iniziato a produrre nel loro stabilimento di Camposanto, in provincia di Modena. Dopo tanti anni di lavoro per conto terzi, con un monte ore infinito trascorso ad ascoltare le richieste della clientela, Paolo e Francesco hanno deciso di presentarsi con qualcosa di nuovo sul mercato degli impianti di asciugatura e stagionatura.

I concetti base sono tanto efficaci quanto trasparenti: fornire un prodotto semplice e intuitivo nell’utilizzo, dotato di centraline touch che si possono controllare e regolare comodamente da remoto, e l’impiego di materiali in acciaio inox, made in Italy, ritenuti idonei e affidabili (come ad esempio lo spessore di isolamento di 7,5 mm dell’armadio inox). Poi c’è il vero segreto del successo di Stagionare, che è legato al servizio al cliente che questi imprenditori emiliani, un ibrido tra bravi artigiani e illuminati inventori, sono capaci di garantire. Non dimentichiamo infatti che in terra di Emilia la cultura salumiera è presa molto seriamente. Ci sono specialità della tradizione salumiera emiliana che da queste parti hanno secoli di storia, tra ricette e metodi di lavorazione delle carni suine. Oggi la tradizione convive con la modernità e da quest’ultima può trarre vantaggi in termini di tecnologia a supporto delle lavorazioni. Il prodotto di punta è l’armadio inox monoscocca con caldo e freddo a bassa ventilazione. Facile da utilizzare, consente l’impostazione dei tempi di lavoro e di pausa. Le personalizzazioni sono tante, dalle porte in vetri alle ruote, fino all’implementazione degli strumenti touch. Dal monoscocca si passa poi ad armadi componibili in lamiera plastificata e a mini celle con caldo e freddo ventilato. La gamma di offerta è quindi piuttosto ampia, coprendo le esigenze di piccole pezzature dai 50 kg di prodotto fino ad allestimenti industriali. La presenza alle fiere di settore tra cui iMeat a Modena ha dato parecchi frutti in termini di contatti e commesse, che sono giunte anche da mercati esteri.

Un esempio di centralina touch con un display di 7 pollici LCD retro illuminato per la gestione del caldo, freddo, ventilazione della cella, umidificazione, ricambio aria, rilevazione della temperatura e dell’umidità. Grazie alla connessione wi-fi e al collegamento da remoto con software di analisi questa centralina è facile da gestire anche nelle delicate fasi di avviamento della lavorazione del prodotto.

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Il modello IX 50 di Stagionare, l’armadio di asciugatura e stagionatura di base che ha una capienza di 50 kg (max 70) di prodotto ed è caratterizzato da 3 coppie di guide con 15 bastoni. «Ora si tratta di ponderare bene la nostra crescita interna» commenta Paolo Minozzi che mantiene i piedi ben saldi alla terra. Una terra che da queste parti non raramente continua ancora ad oscillare con episodi sismici. Con la flemma tipica degli imprenditori di queste zone tutte le energie dei fratelli Minozzi sono oggi focalizzate a far crescere questo

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business che è in piena evoluzione e che spazia anche nel mondo della maturazione delle carni e all’essiccatura dell’ittico. Tutto ciò continuando a seguire la clientela e garantendo un ottimo servizio di assistenza personalizzata che resta il loro biglietto da visita. Elena Benedetti >> Link: www.stagionare.it


Dagan James, da pittore a social farmer

Broughton Water Buffalo di Elena Benedetti

S

iamo nell’Hampshire, la regione nel sud-ovest dell’Inghilterra a pochi minuti da Salisbury. La campagna inglese è rigogliosa e verdissima, collinosa e solcata da strette strade che portano a residenze da sogno e ad allevamenti di ovini e bovini. Ad eccezione di qualche gastropub e rivendite di materiale agricolo c’è poco altro. Solo campi agricoli e pascoli. Tanti pascoli. L’aria è tersa in questa giornata di piena estate e all’orizzonte si annuncia un temporale. Sono in buona compagnia, con ALFONSO CAMASSA, medico veterinario tarantino che da gennaio lavora per la prestigiosa clinica di

servizi veterinari Endell Veterinary Group e con MICHELA MASINI, referente di Fieragricola per Veronafiere. La meta è un’azienda agricola che sta facendo parlare parecchio di sé tanto da aver scomodato perfino il giornalista MATT BAKER della BBC. Arriviamo a Broughton Water Buffalo e il titolare, DAGAN JAMES, ci accoglie su un piccolo fuoristrada. C’è da andare a controllare i bufali. L’incipit dell’attività Dagan ha rilevato l’attività da suo nonno quindici anni fa. «Quest’azienda agricola fu acquistata dalla mia famiglia negli anni ‘50 e gestita principalmente per la coltivazione

di seminativi e per l’allevamento di ovini» mi dice Dagan mentre mi accompagna a visitare il lo spaccio aziendale. «Io avevo scelto un’altra strada, vivevo a Marsiglia e facevo il pittore». Poi il cambio vita! «Si presentò questa opportunità per me e per la mia famiglia e fu così che decidemmo di subentrare nell’attività, venendo a vivere qui per dedicarci ad un progetto di agricoltura e zootecnia naturale e biologico. Lessi su una rivista di allevamenti di bufali, animali mansueti e più resistenti a infezioni e altre patologie e fu così che decidemmo di occuparci di bufali!». Il 9 settembre 2001 furono consegnati i primi 20 capi.

Bufali dell’allevamento Broughton Water Buffalo nell’Hampshire, in Inghilterra, modello di social farm che ha scomodato perfino il giornalista della BBC Matt Baker (photo © Elena Benedetti).

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Dei capi portati in macello, da 85 a 100 all’anno, in azienda ritornano le mezzene che vengono disossate e tagliate in un laboratorio a fianco del negozio nel quale si effettua la vendita al pubblico (photo Š Elena Benedetti).

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L’allevatore di bufali Dagan James. «Oggi ne abbiamo 250, oltre ad una trentina in arrivo da un allevamento nelle vicinanze di proprietà dell’ex pilota di Formula 1 JODY SCHECKTER, diventato allevatore di animali di razze pregiate». Social farm, un modello sostenibile per tutti (animali compresi) «Qui perseguiamo un obiettivo chiaro, volto a migliorare la qualità del cibo in UK, lavorando per realizzare un buon prodotto, sano,

sostenibile dal punto di vista alimentare e ambientale» ci tiene a precisare Dagan. «Il cibo non può costare troppo poco. Il suo valore nutritivo è elevato e occorre far passare il messaggio che la qualità non può andare a scapito del prezzo giusto. E così, dopo 15 anni di lavoro, abbiamo realizzato il nostro sogno, quello di costruire una social farm: qui noi apriamo le porte della fattoria e del nostro allevamento a clienti e amici per mostrare che esiste un modello sostenibile nel quale prodotti chimici e fertilizzanti sono banditi» sottolinea Dagan. L’allevamento oggi si sviluppa su 20 campi che ricoprono una superficie complessiva di 15 ettari. Ogni giorno i bufali vengono spostati su un nuovo campo nel quale pascolano liberi, nutrendosi solo di erba e foraggio naturale. Il giorno successivo cambiamo campo e così via. «Ogni anno portiamo al macello da 85 a 100 capi. Ci ritornano le mezzene che disossiamo e tagliamo nel nostro laboratorio a fianco del negozio» mi spiega Dagan mentre usciamo dallo shop, aperto al pubblico dal giovedì al sabato. La vendita al pubblico è gestita da Nick e Tania, una giovane coppia che vive nella fattoria e che, oltre al negozio, organizza eventi

• • • • •

Le cifre principali 15 anni di attività 20.000 alberi piantati 280 bufali 30 mesi l’età per il macello 21 giorni di frollatura delle carni

speciali, feste, barbecue e trasferte ai mercati agricoli. I bufali Broughton Water Buffalo «I bufali sono animali mansueti, che non si ammalano. Il pascolo è naturale dalla primavera all’autunno mentre l’inverno lo passano in stalla». Questa razza di bufali da carne è mediterranea, un incrocio tra l’italiana e la rumena. La carne è destinata ai farmers market, alle macellerie della zona, ai supermercati e a qualche ristorante londinese. C’è grande interesse. Elena Benedetti Broughton Water Buffalo Telefono: +44 07734 923143 E-mail: dagan@water-buffalo.co.uk Web: www.broughtonwaterbuffalo.co.uk www.facebook.com/ broughtonwaterbuffalo

Resa al macello e caratteristiche nutrizionali Dal punto di vista economico, i maschi di bufalo fino ai 4 quintali di peso hanno un accrescimento del tutto simile a quello di razze di bovini come la Frisona, con indici di conversione degli alimenti ed incrementi ponderali quotidiani del tutto comparabili. La resa al macello del bufalo è, però, inferiore (circa il 56% contro il 60%), a causa della maggiore incidenza di testa, pelle e zampe in rapporto al peso; il grasso ha una maggiore presenza rispetto alla specie bovina; tuttavia, esso è depositato prevalentemente come grasso di copertura. Proprio la presenza del tessuto adiposo all’esterno dei fasci muscolari e la quantità esigua che si ritrova per contro a livello intramuscolare ne fanno una carne dalle caratteristiche nutrizionali superiori, dal momento che il grasso di copertura può essere facilmente rimosso. Minore rispetto al bovino è il contenuto in colesterolo, mentre superiori sono quelli in acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi. Ed anche gli indici di aterogenicità e di trombogenicità, misurati durante una sperimentazione, sono risultati migliori di quelli di una razza bovina da carne pregiata come la Marchigiana. Secondo gli studi diffusi dalla Camera di Commercio di Frosinone, i parametri reologici, determinati con l’ausilio del texturometer (strumento simulatore dell’azione masticatoria umana) in indagini comparative tra carne proveniente da vitelli bufalini e vitelli frisoni, macellati a 20-36-52 e 64 settimane, hanno posto in evidenza che la carne bufalina è in ogni caso più tenera, richiedendo un minore lavoro di masticazione. La maggiore tenerezza è imputata al contenuto di idrossiprolina (64,6 ± 15,1 mg/100 g di muscolo fresco, sensibilmente minore di quanto registrato in vitelloni bruni, 93,8 mg/100 g, Frisoni 109,1 mg/100 g, Charolaise 75,7 mg/100 g); questo amminoacido è incluso per il 13-14% nel collagene e viene utilizzato come parametro per stimare indirettamente la tenerezza delle carni. Inoltre, la maggiore ritenzione idrica in cottura ne determina una più elevata succosità (da R. VILLA, Carne di bufalo, nuove prospettive, in Eurocarni, n. 12/2011).

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INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto, i bandi disponibili

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ubblichiamo di seguito i bandi di settore attualmente disponibili per la richiesta di contributi a fondo perduto. Regione Toscana Contributi a fondo perduto dal 25% al 35% su investimenti delle aziende agro-alimentari e agroindustriali per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (lattiero caseario, carni bovine, suine, avicole, uova, vitivinicolo, ortofrutticolo, cerealicolo, sementiero, oleaproteaginose, foraggere, olio di oliva e produzioni di nicchia) (PSR 2014/2020 - Reg. UE 1305/13 Mis. 4.2.1). Regione Lazio Sono operativi due bandi per le aziende agricole (PSR 2014/2020, Reg. UE 1305/13, Mis. 4.1.1) e per le aziende agroalimentari (PSR 2014/2020, Reg. UE 1305/13, Mis. 4.2.1). Regione Sardegna Contributi a fondo perduto del 40% su investimenti delle azien56

de agro-alimentari e agro-industriali per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (lattiero caseario, carni bovine, suine, avicole, uova, vitivinicolo, ortofrutticolo, cerealicolo, sementiero, oleaproteaginose, foraggere, olio di oliva e produzioni di nicchia) (PSR 2014/2020 - Reg. UE 1305/13 Mis. 4.2.1). Tali bandi sono attivi nei settori carne bovina/suina/ovicaprina, latte e formaggi, ortofrutta, cereali, riso, avicunicolo, florovivaismo, olio d’oliva, miele , vitivinicolo, ecc… Si possono effettuare, a seconda delle tipologie di bando, i seguenti investimenti da realizzarsi nell’annualità 2016/2017 per: • nuova costruzione o ristrutturazione di fabbricati adibiti alla conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli; • acquisto di linee e attrezzature per la conservazione/commercializzazione dei prodotti aziendali; • investimenti per impianti termoidraulici, elettrici, frigoriferi, ecc…;

• acquisto di mezzi specialistici in grado di mantenere la catena del freddo nel trasporto della materia prima, per esempio, latte; • acquisto di macchine e attrezzature di campagna; • impianto o reimpianto di colture arboree o arbustive con la realizzazione dell’antigrandine; • investimenti per l’eliminazione e sostituzione dell’amianto; • riduzione dei consumi energetici o il miglioramento dell’efficienza energetica; • investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ad esclusivo uso aziendale; • investimenti con hardware e software per la gestione elettronica dell’azienda e al commercio; • spese generali (tecnici, studi di fattibilità, ecc…). Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it Eurocarni, 10/16



RETAIL MARKETING

Keep calm and be “ready to eat” di William Funck

L

a crescente esigenza di “risparmio di tempo” ha creato nel corso degli anni una maggiore apertura dei consumatori verso prodotti che offrono un risparmio, non tanto in termini economici, considerando i prezzi sempre più alti rispetto ai prodotti basici, ma in termini di tempo, risorsa che con l’attuale ritmo di vita è sempre più scarsa. I piatti pronti, dunque, si confermano un mercato in forte crescita, registrando un virtuoso trend positivo sul totale Italia, sia a valore (+23,4%) che a volume (+18,3%). Stiamo parlando di un mercato il cui giro d’affari si assesta sui 446 milioni di euro (48 milioni di chili). La Distribuzione Moderna (Iper, Super, Liberi Servizi, Discount) traina la categoria incidendo sul 97,8% del giro d’affari, il 75,2% del quale si concentra negli Iper e Super. Tutti i canali crescono, ma a trainare questa impennata sono gli ipermercati, le cui vendite a valore crescono del 41,4% e il cui numero medio di referenze passa da 87 a 107; notevole anche l’aumento delle vendite registrate all’interno dei supermercati (+27,1% a

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valore, +22,9% a volume). I piatti pronti all’interno dei Discount, che valgono 60 milioni di euro (incidenza del 13,5% sul totale Italia), mettono a segno una crescita del 33,8% a valore e del 29% a volume, segnata da un aumento del prezzo medio no promo (da 6,09 a 6,23) e del prezzo medio promo (da 5,36 a 5,92). Anche i tradizionali segnalano performance positive, non particolarmente rilevanti tuttavia in quanto questo canale incide solamente per il 2% sul totale Italia. I consumatori italiani, esigenti e alla ricerca di soluzioni ad alto contenuto di servizio che facilitino loro la vita, sono disposti a spendere per acquistare questi prodotti ad alto valore aggiunto e, di fatto, questa propensione è confermata dal calo dell’indice d’intensità promozionale nei canali della DM, da 27% a 23%: nello specifico calano sia l’incidenza delle promo di taglio prezzo (–2,5 punti) sia quella delle attività in store (–1,2 punti). Aumenta il numero di referenze medie nella DM (da 16 a 20), a testimonianza della forte evoluzione dell’offerta, ma anche del desiderio dei consumatori di varietà e novità,

che sono disposti a spendere di più e desiderosi di provare nuovi piatti. Entrando nel dettaglio della categoria i primi piatti e i piatti esotici registrano le crescite più importanti, rispettivamente del 26,5% e del 27,7%, confermando in quest’ultimo caso l’interesse della popolazione per una cucina sempre più internazionale. Nel Nord Italia, che generalmente detta i trend in termini di consumi, l’aumento delle vendite dei primi e degli esotici si affianca ad una notevole crescita (33,5% a volume) delle insalate/contorni nella DM, dato in linea con la forte propensione all’acquisto di frutta, verdura e, in generale, di cibi naturali, che sta caratterizzando i nuovi consumi. La categoria comprende un mix di prodotti che rispondono anche all’esigenza del consumatore odierno di alimentazione sana e naturale. Fonte: Nielsen Insights www.nielsen.com Nota In foto, cannelloni prodotti dall’azienda barese Sabatelli Gastronomia.

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Quanto conta il “Made in…” nella scelta dei prodotti da acquistare? Mediamente 2 Italiani su 3 dichiarano che l’origine della marca è importante tanto quanto — o più importante di — altri nove criteri di scelta che possono guidare l’acquisto di un prodotto tra cui assortimento, prezzo e qualità. Questa è una delle evidenze emerse dalla ricerca Nielsen Global Survey of Brand-Origin, condotta intervistando oltre 30.000 utenti internet in 61 Paesi, tra cui l’Italia, per studiare le preferenze d’acquisto verso brand globali (prodotti da società multinazionali che operano in una pluralità di mercati) e brand locali (realizzati da società che operano solo nel loro mercato) su 40 categorie di prodotti, da quelli di largo consumo ai beni durevoli. Il “Made in…” è oggi un driver di scelta di molti consumatori, ma è interessante notare che il sentiment rispetto all’origine del brand varia in funzione della categoria di prodotto. Il 71% degli intervistati nel nostro Paese dichiara di scegliere prodotti italiani per frutta, verdura, carne e pesce (+ 7% vs media europea). Lo stesso orientamento è registrato nei seguenti acquisti alimentari: latte (66%), verdure/pomodori in scatola (61%), gelati (60%), acqua (54%), yogurt (52%), biscotti (48%), succhi di frutta (45%), latte in polvere per bambini (42%). Per le bevande analcoliche frizzanti, invece, la scelta ricade su marche globali (40%; +12% rispetto alla media europea). Lo studio di Nielsen mette, inoltre, a fuoco il vissuto dei consumatori italiani in rapporto all’origine dei marchi dei prodotti acquistati. Per quanto riguarda quelli locali, il sentiment degli italiani è quello di affidabilità (46% Italia; +2% vs Europa) e di vicinanza al consumatore (50% Italia; +3% vs Europa). A questo si aggiunge il pensiero volto al supporto delle aziende locali con effetto positivo sull’economia del paese (61% Italia vs 60% Europa). Nel caso dei marchi globali gli intervistati si dichiarano attratti dalle innovazioni offerte dalle grandi aziende multinazionali (48% Italia; in linea con la media europea). È infine importante considerare la finestra dell’ecommerce e il modo in cui il canale on-line interagisce con l’origine del brand. Da un lato, lo shopping on-line è utilizzato dagli Italiani soprattutto per l’acquisto di marche globali (83% dei fruitori del web) con l’obiettivo di reperire prodotti oltre confine non disponibili nello store fisico di prossimità (in particolare prodotti di elettronica / informatica). Dall’altro lato, gli utenti internet in Italia che acquistano on-line prodotti a marchio locale (66%) si mostrano più propensi all’acquisto di prodotti alimentari. Debora Costi (Nielsen, www.nielsen.com)

Carni e salumi della Garfagnana

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MERCATI

Analisi e previsioni per la filiera agroalimentare

Ismea: le carni nel secondo trimestre 2016

L’

economia italiana prosegue la sua fase di espansione a ritmi moderati: dopo la crescita dell’1% del primo trimestre (su base annua, ISTAT – Conti nazionali) gli indicatori congiunturali più aggiornati disponibili indicano, per il secondo trimestre, un avanzamento del PIL più contenuto, come osservato più in generale nell’area euro. La stima per l’intero anno è stata recentemente rivista al ribasso dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che, in occasione del G20 di Pechino, ha previsto per l’Italia una crescita dello 0,9% nel 2016.

Questo adeguamento va inquadrato in un contesto di crescita globale piuttosto debole, caratterizzata dalla situazione stagnante del commercio internazionale e dal crollo dei prezzi delle materie prime. A questi aspetti si aggiungono gli elementi di forte incertezza di natura politica ed economica che limitano le prospettive di ripresa, tra cui spiccano la crisi in Turchia e il risultato del referendum in Gran Bretagna, che hanno contribuito a rendere lo scenario ancora più imprevedibile. In forza soprattutto di quest’ultimo evento, il FMI ha rivisto al ribasso

anche la crescita mondiale prevista per il 2016, che perde un decimale e scende al 3,1%. Per l’Unione Europea la previsione è invece dell’1,6%. Sono state migliorative invece le revisioni di metà anno per la crescita delle economie emergenti — il cui rallentamento era stato sovrastimato — e dell’economia cinese, con un’espansione prevista del 6,6%. Le economie avanzate, ad eccezione di quella americana, che continua ad essere moderatamente dinamica (+2,2%), sono quelle che destano la maggiore incertezza in termini di prospettive a breve termine.

Mercato attivo e prezzi all’ingrosso in aumento nel comparto dei tagli di carne suina, per effetto di un lieve miglioramento della domanda, anche di prodotti da barbecue, che si verifica tipicamente all’inizio dell’estate.

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Direttamente dai pascoli Scozzese, la carne rossa dal sapore vero!

Per ulteriori informazioni potete contattare l’Ufficio Carne Scozzese tramite e mail a info@qmscotland.co.uk

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La carne bovina Scozzese e la carne di agnello Scozzese godono del riconoscimento IGP in quanto provengono da animali che sono nati e che hanno trascorso tutta la loro vita in Scozia, nel massimo rispetto sia dell’ambiente che dell’ animale; sono stati allevati in grandi pascoli verdi seguendo i metodi più tradizionali ma anche gli schemi di produzione rigorosi, che riguardano tutta la filiera, per garantire la massima bontà e la massima sicurezza!


Le carni Il secondo trimestre dell’anno è risultato nel complesso positivo per i prezzi dei suini e delle loro carni, confermando dunque i segnali già emersi nel trimestre precedente. A fronte del buon andamento delle quotazioni, con incrementi sia all’origine che all’ingrosso, e della crescita nei primi quattro mesi dell’anno dell’export di carni suine e salumi, note negative sono giunte dall’aumento dei costi dei mangimi (mais e soia in primis), nonché dalla perdurante debolezza delle vendite di carne suina nel mercato interno. Congiuntura positiva per i prezzi dei suini da macello Per quanto riguarda i suini grassi da macello, il mercato nazionale ha trovato sostegno grazie all’aumento della domanda dei macelli e all’andamento positivo registrato nei principali mercati continentali, ma soprattutto grazie all’ottima ripresa dei prosciutti DOP, in particolare del prosciutto di Parma. Particolarmente accentuati i rialzi osservati a giugno (rispetto a maggio +8,6% all’origine, +6,7% all’ingrosso). Sulla scia del buon andamento nel trimestre, i prezzi sono tornati così ad attestarsi su livelli più elevati rispetto allo scorso anno, con variazioni su base tendenziale che all’origine sono passate dal –9,7% di aprile al +5% di giugno. Congiuntura negativa, al contrario, si è registrata per i suinetti, dopo che a marzo i valori avevano raggiunto i massimi degli ultimi tre anni. Sulla discesa osservata nel secondo trimestre ha inciso la tipica stagionalità che caratterizza i prezzi di questa tipologia di suini. Nonostante i ribassi congiunturali, per i suinetti il confronto con lo stesso periodo dello scorso anno è rimasto comunque positivo. Buona, nei primi mesi dell’anno, anche la dinamica delle macellazioni che, dopo la crescita osservata nel 2015 (+3,4% su base annua), anche nel primo trimestre del 2016 ha mostrato un incremento, con il numero di capi macellati cresciuto del 3,3% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno.

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Segno più anche per la coscia suina fresca Mercato attivo e prezzi all’ingrosso in aumento nel comparto dei tagli di carne suina, per effetto di un lieve miglioramento della domanda, anche di prodotti da barbecue, elemento che si verifica tipicamente all’inizio dell’estate. Inoltre, rialzi si sono registrati per cosce (+2,7% su base mensile per la coscia destinata alla produzione tipica) e spalle, in particolare nel mese di giugno, sia sulle piazze nazionali che su quelle spagnole. Grazie anche alla congiuntura positiva, i prezzi delle cosce si sono mantenuti più elevati su base annua, anzi accentuandosi durante il trimestre (da +10,2% a +14,8%), sempre grazie all’ottima congiuntura che sta interessando i prosciutti del circuito DOP. Ancora in difficoltà, invece, gli scambi di lombi, con i prezzi del lombo Modena ancora in flessione e su livelli inferiori rispetto al 2015. Andamento positivo anche sul fronte degli scambi con l’estero, con i primi quattro mesi dell’anno caratterizzati da importazioni di carne fresca in calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (–4,6% in quantità, –13,2% in valore) e, al contempo, dalla crescita delle esportazioni (+13% in quantità, +4% in valore), seppure con valori medi unitari in contrazione per la maggior parte dei prodotti. Risultato di tale dinamica è stato un saldo commerciale che, pur mantenendosi negativo, ha ridotto in valore il disavanzo del 17,3% rispetto allo scorso anno. Positivo l’export dei salumi A conferma di un secondo trimestre d’anno complessivamente positivo per i prezzi lungo la filiera DOP delle carni suine, anche i prezzi all’ingrosso dei prosciutti marchiati hanno evidenziato dei rialzi. In particolare, aumenti si sono osservati nella seconda parte del trimestre sia per il prosciutto di Parma DOP che per il San Daniele DOP, grazie al buon andamento degli scambi, sostenuti dalla domanda di prodotti stagionati. L’export ha confermato il suo ruolo di traino, con i dati relativi al

Il secondo trimestre dell’anno è risultato nel complesso positivo per i prezzi dei suini e delle loro carni, confermando dunque i segnali già emersi nel trimestre precedente

Nel mercato avicolo, invece, nonostante un lieve recupero osservato nel trimestre per i prezzi del pollo, nel circuito sia del vivo che del macellato, la congiuntura rimane difficile, con i prezzi di pollo e tacchino che, nelle due prime fasi di scambio, si sono mantenuti più bassi rispetto allo scorso anno

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primo quadrimestre del 2016 che hanno mostrato una crescita delle spedizioni all’estero di salumi made in Italy sia in quantità (+6,8%) che in valore (+2,5%) rispetto allo scorso anno. Per contro, ancora difficoltà si sono riscontrate sul versante dei consumi interni, sebbene si sia rilevato un lieve ridimensionamento dei dati negativi di fine 2015. Nel mercato avicolo, nonostante un lieve recupero osservato nel trimestre per i prezzi del pollo nel circuito sia del vivo che del macellato, la congiuntura rimane difficile, con i prezzi di pollo e tacchino che nelle due prime fasi di scambio si sono mantenuti più bassi rispetto allo scorso anno. Trimestre negativo per i prezzi del tacchino Negativo, in particolare, l’avvio di trimestre per le quotazioni del tacchino che, complici i consumi contenuti dei principali tagli (fesa in primis) e la concorrenza del prodotto estero, hanno accusato ad aprile un calo su base mensile del 7,5% per il vivo e del 6,9% per il macellato. Il trimestre è proseguito con una sostanziale stabilità, ma comunque su valori ben inferiori rispetto allo scorso anno (a giugno –14,9% per il vivo, –14,1% per il macellato). Aumenti per i prezzi del pollo Lievi graduali aumenti congiunturali hanno caratterizzato l’andamento dei prezzi del pollo, più evidenti a maggio (rispetto ad aprile +3,3% per il vivo, +5,4% per il macellato) ma presenti anche ad aprile e giugno. Frutto di un’offerta contenuta di animali vivi e di una domanda su livelli discreti seppure non eccezionale. Anche in questo caso, comunque, i prezzi sono rimasti per tutto il trimestre su livelli più bassi rispetto allo scorso anno (a giugno –9,4% per il vivo, –5% per il macellato). Avvio negativo per i conigli ma in recupero a giugno Dopo un primo trimestre dell’anno chiusosi positivamente, anche grazie alla domanda in crescita con

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Andamento dei prezzi nel comparto bovino ancora all’insegna della debolezza, sia sul fronte degli animali vivi che dei principali tagli di carne. l’avvicinarsi delle festività pasquali, il secondo trimestre del 2016 si è mostrato nel complesso negativo per i prezzi dei conigli, con ribassi che hanno coinvolto anche il prodotto macellato. Particolarmente accentuate le flessioni mensili riscontrate ad aprile (–6,9%) e maggio (–10,8%) per il prodotto vivo i corsi hanno registrato poi una ripresa nel mese di giugno. Per tutto il trimestre il livello dei prezzi è comunque rimasto superiore a quello dell’analogo periodo dello scorso anno. I consumi sono ri-

masti deboli e solamente nell’ultima parte del trimestre hanno mostrato segnali di miglioramento. Crescita delle richieste che ha comportato una ripresa dei prezzi sia del prodotto vivo (a giugno +5% rispetto a maggio) che del macellato (+1,7%). Anche grazie alla risalita avvenuta nell’ultima parte di trimestre, i prezzi si sono riportati su livelli leggermente più alti rispetto al 2015 (a giugno +2,2% per il prodotto vivo, +3,6% per il macellato). Da sottolineare come sul fronte delle macellazioni il dato relativo al

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Dopo un primo trimestre dell’anno chiusosi positivamente, anche grazie alla domanda in crescita con l’avvicinarsi delle festività pasquali, il secondo trimestre del 2016 si è mostrato nel complesso negativo per i prezzi dei conigli, con ribassi che hanno coinvolto anche il prodotto macellato. primo trimestre abbia evidenziato una flessione dell’offerta di carne cunicola del 4% su base annua. Prezzi in calo nel comparto bovino Andamento dei prezzi nel comparto bovino ancora all’insegna della debolezza, sia sul fronte degli animali vivi che dei principali tagli di carne. Per quanto riguarda i prezzi del bestiame, leggeri ribassi mensili si sono registrati per i vitelloni (–1,6% ad aprile, –1,4% a maggio), ma anche per i vitelli e le vacche da macello, mentre una migliore intonazione, in particolare nell’ultima parte del trimestre, si è osservata per il bestiame da ristallo,

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soprattutto per i vitelli baliotti. Sul fronte delle carni, cali mensili si sono rilevati per tutti i principali tagli, più evidenti a giugno, quando per le mezzene si sono rilevate flessioni di oltre 7 punti percentuali (–1,6% ad aprile, –1% a maggio). Alla base delle tendenze in atto in questi primi sei mesi sempre una domanda piuttosto debole, con consumi in contrazione del 6% e con offerta nella Grande Distribuzione che risente della pressione esercitata dal prodotto estero. In termini tendenziali, ossia su base annua, i prezzi del vitellone da macello hanno dimostrato una debolezza di fondo; si sono infatti attestati su livelli inferiori di circa un

punto percentuale agli analoghi del 2015 pur riferendosi ad un’offerta in termini quantitativi solo impercettibilmente superiore allo scorso anno. I dati sull’import relativi al primo trimestre dell’anno segnalano in effetti una flessione dei quantitativi di carni bovine importate (–1,8% nel complesso su base annua) a cui hanno contribuito lievi aumenti dei quantitativi congelati ed evidenti flessioni di quelli freschi. In linea con i primi tre mesi dello scorso anno, invece, le macellazioni. (Fonte: AgrOsserva “Trimestrale di analisi e previsioni per la filiera agroalimentare” II Trimestre 2016, ISMEA, www.ismea.it)

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SERVIZIO DI PIATTAFORMA LOGISTICA CONTO TERZI DI CARNE FRESCA TRASPORTATA SU GANCIERE O CARTONATA

SERVIZIO DI LOGISTICA ANCHE PERANIMALI VIVI REGOLARMENTE RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON IL NUMERO CE 07/PS


INDAGINI

Affiliazione, parola d’ordine per uscire dalla crisi Il Centro Studi del Salone Franchising di Milano presenta interessanti dati sulle performance di oltre 1.000 aziende. L’alimentare non solo non è esente dal fenomeno, ma è tra i comparti che mostra maggior dinamicità, soprattutto con la ristorazione e in particolar modo all’estero, dove il cibo made in Italy è universalmente richiesto ed apprezzato di Sebastiano Corona

I

dati parlano chiaro: il primo trimestre 2016 ha registrato, rispetto allo stesso periodo del 2015, un +12% degli articoli per la persona, un +11% per l’abbigliamento e un +9% del food. Il franchising sembra quindi essersi

lasciato alle spalle la crisi, ben prima dei canali commerciali classici. Nel 2015 il giro d’affari si è attestato a 23,3 miliardi di euro, un valore che è pari all’1% del prodotto interno lordo nazionale e che, dopo una leggera flessione, si è ora ristabilito

sui livelli dell’anno 2013. Sul lungo periodo si colgono le interessanti performance di un settore che contribuisce in maniera importante, a tenere alte le sorti dell’economia nazionale. Dal 2009 ad oggi, il giro d’affari, al pari del personale im-

Banco macelleria di un punto vendita di Eataly (photo © www.chicagofoodies.com).

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LùBar, un’ape piaggio che vende prodotti siciliani e al solito panino offre l’alternativa di arancini e cannoli. piegato, è cresciuto del 5% circa, mentre il numero delle insegne, è aumentato vistosamente con una percentuale che supera il 15% (dati, ASSOFRANCHISING ITALIA 2015). Ad onor del vero non è tutto positivo. Calano, per esempio, vistosamente i servizi alle imprese con –29% e il commercio specializzato, –27%, dove evidentemente gli spazi sono minori. Anche quella ripresa che il franchising ha saputo riagganciare prima e meglio degli altri canali, non è stata dunque completamente priva di difficoltà. Ci sono ambiti dove questa formula si mostra particolarmente vincente sia in casa che oltre confine, soprattutto quando l’affiliazione riguarda uno di quei settori dove il marchio made in Italy è particolarmente forte come cibo, moda, gioielli o accessori alla persona. Non a caso, le aperture all’estero di attività in franchising sono in crescita quest’anno di un valore pari al 35%, rispetto al 2015. I punti vendita pesano per oltre 1.100 nuovi assunti e per il 20% sul fatturato

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totale, con punte fino al 60% per alcuni franchisor. Tra le mete più ambite in cui sviluppare la formula, ci sono mercati relativamente nuovi come l’Arabia Saudita, Dubai, Oman, Iran, ma anche mercati classici come la Svizzera, il Belgio, il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Est Europa (soprattutto con Romania e Bosnia) e le ex Repubbliche sovietiche. Nell’analisi dei settori va alla moda lo scettro per migliore performance, con un numero significativo di nomi che stanno occupando posizioni nei centri più importanti del pianeta, anche aprendo decine di negozi per volta. Ma a trainare è anche il comparto alimentare, a cui ha contribuito in maniera importante Expo 2015. La ristorazione in franchising è infatti passata da un fatturato di 2 miliardi nel 2013 ai 2,5 del 2015, con un incremento del 25%. Nel food si stanno velocemente imponendo marchi come LA YOGURTERIA, ILLYCAFFÈ, CAFFÈ VERGNANO, EATALY, GIOVANNI RANA, YOGORINO, ROSSOPOMODORO, ma anche QUEEN’S

CHIPS.

Un aspetto singolare è che soprattutto nell’alimentare, siano principalmente i marchi minori, a mostrare delle performance significative all’estero. In questo comparto si stanno inoltre affermando format nuovi e diversi, come gli American diners, i bistrot e bar vegani. Ma anche i negozi di patatine e pollo fritto, rivendite talvolta mono-prodotto e gli street food mobile come i truck o le più caratteristiche ape car. Parallelamente, si affermano filoni come la ristorazione a tema, di cui l’esempio più classico sono i ristoranti etnici, messicani, tex-mex o sushi. Un alleato del made in Italy Il modello di business del franchising, un tempo vissuto come nemico numero uno dal commercio, cavallo di Troia per l’invasione della ristorazione americana a danno della nostra, è diventato un alleato fenomenale del made in Italy. Il settore dove la tradizione del franchising nel food è storicamente più radicata è la GDO, dove però, sul breve periodo, la perfor-

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Nell’analisi dei settori va alla moda lo scettro per migliore performance, ma a trainare è anche il comparto alimentare: la ristorazione in franchising è infatti passata da un fatturato di 2 miliardi nel 2013 ai 2,5 del 2015, con un incremento del 25%

mance è più modesta e si assesta “solo” su un +2%. Un risultato questo, meno eclatante, ma che incide per il 33% sul totale del settore in termini di fatturato (7,5 miliardi). Sono dunque la ristorazione e la GDO a rappresentare da sole 10 miliardi di euro, un ammontare che conta poco meno della metà del totale. Secondo i dati contenuti nel rapporto di ASSOFRANCHISING, il numero complessivo delle insegne attive nel nostro Paese è pari a 950 e il numero dei punti vendita — cresciuto nel 2015 dello 0,8% — ha superato le 50.000 unità. È invece stabile il numero medio dei punti vendita per marchio (53), a conferma del fatto che, se molti franchising nascono, tanti altri muoiono nel breve termine. Gli occupati però sono tornati a crescere dopo la lieve flessione del 2014 e sono oggi 190.000, con una media di 4 addetti a punto vendita. Tra le regioni italiane, la Lombardia si conferma la sede più favorevole per numero di insegne (pari a 246), seguita dal Lazio (in lieve calo e oggi pari a 108) e dalla Campania, che ne conta 88 ma che, per il terzo anno consecutivo, si mostra in crescita (73 insegne nel 2013). Secondo RDSCONSULTING, società che organizza il Salone del franchising a Milano, nel 2015 gli Italiani hanno speso nei punti vendita affiliati, 23 miliardi di euro. Tra gli elementi vincenti di questo tipo di contratto, vi è la condivisione di rischi tra franchisor e franchisee e il grande lavoro di

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studio che non manca mai alla base dello sviluppo di un brand. Ma ci sono anche altri fattori che hanno concorso, soprattutto negli ultimi anni, a far crescere il settore. Uno di questi, è la capacità di valorizzare le specialità regionali e fare squadra tra operatori. Il franchising ha avuto sinora altresì il merito di creare una nuova classe di giovani imprenditori, fortemente orientati al mercato e capaci di rispondere e di anticipare le tendenze. Tanti vantaggi ma anche qualche ombra da tenere in considerazione Nel complesso, la formula si sta mostrando talmente valida, da spingere perfino alcune istituzioni a promuovere e finanziare chi adotta il modello. Di contro, chi temeva che questa modalità di lavoro avrebbe aperto le porte ad un’invasione di imprese e multinazionali estere, è stato smentito. In Italia, su 950 insegne presenti sul territorio, più di 800 sono made in Italy. Anche dietro nomi commerciali stranieri altisonanti, che possono indurre a credere che il prodotto non sia locale, si celano spesso connazionali. E sono soprattutto i giovani ad amare questa formula, utilizzata come trampolino di lancio per il grande salto nel mondo degli affari. La convinzione che il franchising da solo possa di per sé garantire il successo è però erronea. Questo tipo di contratto porta una serie di vantaggi evidenti che si possono leggere anche nei dati appena esposti, ma presenta, non da meno, condizioni e costi importanti che un negozio che non sottostà ad affiliazione alcuna non deve sopportare. A parte i fee annuali e i fee di ingresso, che ovviamente aumentano a seconda dell’affermazione del marchio a livello nazionale ed internazionale, le altre condizioni di contratto potrebbero tradursi in ulteriori costi. Esistono per esempio molto spesso clausole sulla posizione del negozio o sulla sua strutturazione interna ed esterna. Soprattutto nel food (ma non solo in quello), è normalmente richiesta

una posizione di assoluta visibilità o di forte intensità di traffico, i cui affitti dei locali sono pertanto orientativamente più alti. I migliori punti all’interno dei centri storici delle grandi città, i centri commerciali più frequentati, le stazioni dei treni o gli aeroporti: sono tutti parametri dettati dal franchisor. Esistono inoltre regole o prassi anche in merito al personale, che — sia per motivi economici, sia per ragioni di radicamento nel territorio — si preferisce quasi sempre assumere in loco, anche se con un percorso formativo iniziale, dove il franchisor ha un ruolo decisivo. Stesso dicasi per l’affermazione del marchio che, seppur nell’ambito di un ampio piano marketing del franchisor, è affidato al franchisee, che si deve attrezzare per promuoversi nel contesto locale e per raggiungere quegli obiettivi di bilancio in assenza dei quali, il ritiro del brand è assicurato. Quanto detto, unito a condizioni specifiche di lavoro, supervisione del franchisor, rispetto di regole ferree, che talvolta prescindono dalle specificità locali e dal mercato di riferimento, fanno dell’istituto una formula tanto efficace, quanto impegnativa. Eppure, dai dentisti ai centri di dimagrimento, dai fiorai ai supermercati bio, dalle lavanderie automatiche, passando per i centri ottici, il noleggio furgoni e i servizi postali, l’onda lunga del franchising non si arresta, travolge tutti i comparti produttivi. Ed è così che il franchising, in tempi di globalizzazione, presta il suo grande contributo all’omologazione. Ciò che si acquista a Londra — sia esso cibo o arredamento — si può avere nelle stesse modalità e con le stesse caratteristiche a Roma o a Dubai. Le specificità locali, dunque, possono utilizzare il franchising come alleato, ma anche soccombere alla dura legge del mercato che vede il consumatore affannarsi nella ricerca di un prodotto standard e sempre uguale, ovunque si trovino. Sebastiano Corona

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L’incertezza del reddito frena le scelte dei giovani di Fortunato Tirelli

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i ripete che l’agricoltura ha bisogno di giovani imprenditori. Agricoltori professionalmente preparati, ricchi di cultura e di conoscenze tecniche, in grado di cooptare il nuovo e tradurlo nelle scelte gestionali dell’azienda, con l’obiettivo di conseguire prodotti in qualità e quantità e un mercato pronto a valorizzarli economicamente. Cioè a premiare le fatiche degli agricoltori con prezzi la cui misura consenta di coprire i costi e assicurare un equo compenso ai capitali investiti e al lavoro manuale e imprenditoriale. Se osserviamo attentamente quanto sta caratterizzando il trend del mercato odierno, registriamo solo diminuzioni di prezzi, e non solo per quelli del settore zootecnico, latte e carne, ma degli stessi cereali e delle colture industriali, pomodoro, bietole e frutta in genere. Con questa situazione di incertezza che caratterizza il settore

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agricolo non è pensabile che un giovane preparato, in grado di valutare le situazioni, possa scegliere il settore agricolo. Infatti, occorre considerare che un’azienda non si esaurisce nel terreno, un’esigenza primaria; occorrono risorse per dotarla di scorte vive e morte, che comportano costi considerevoli. La stessa scelta della cerealicoltura presuppone, oltre alle scorte morte, strumenti di lavoro per dissodare il terreno, seminare, raccogliere, ecc… È vero che ci sono i contoterzisti che possono fornire i loro servizi, però questa scelta produce un aumento dei costi, una potenzialità negativa, quindi è meglio non ricorrervi. Per il resto, rimane impraticabile la strada dell’acquisizione di un’azienda, viste le poche risorse che l’UE fornisce ai giovani, e quelle nazionali, cioè i prestiti, rappresentano un costo che graverebbe sulla gestione aziendale per molti anni. Quindi, se non si ha la

fortuna di ereditare un’azienda, subentrando nella conduzione famigliare, le possibilità per un giovane sono poche, visto che la terra disponibile è scarsa e si riduce sempre più a causa della invasione del cemento. Occorre prendere atto che in questo momento, più di ieri, senza certezza di reddito, l’agricoltura è penalizzata due volte, anche se sono poche le alternative: a livello economico, per le gravi conseguenze sul piano degli investimenti, e a livello umano, perché tiene lontano i giovani con le loro potenzialità in termini d’innovazione. Se si vuole che l’agricoltura ringiovanisca in Italia e in Europa, le risorse UE che devono incoraggiare i giovani a scegliere il settore primario devono assumere dimensioni adeguate alle esigenze di chi intende dare vita ad un’azienda. Obiettivo per il quale governo e sindacati devono impegnarsi per primi.

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NUTRIZIONE

Una doppia scommessa

Cambiare le abitudini e mangiare la carne senza tabù! di Josette Baverez Blanco

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nni fa, quando sono venuta a vivere in Italia, ho scoperto che nelle regioni meridionali era difficile trovare la salsiccia e la carne di maiale in generale durante l’estate. È una carne che in effetti richiede una particolare conservazione, e questo spiega, forse, in parte, perché è vietata dalla religione musulmana. Oggi, grazie ai progressi tecnologici e alle tecniche del freddo, i rischi relativi ad una cattiva conservazione sono praticamente annullati. A dire il vero anche il mercato è cambiato, ma direi che in generale, a parte la

voglia di fare un barbecue o di mangiare una preparazione fredda, il consumo di carne sia comunque più legato ai mesi autunno-invernali. La carne fa pensare a piatti caldi, più o meno elaborati, quindi la si predilige in altre stagioni. Pensando sempre a quando mi trasferii in Italia dalla Francia, mi stupì un’altra consuetudine: quella di consumare carne d’agnello — a parte l’eccezione della regione Lazio — quasi esclusivamente durante le feste, di Pasqua soprattutto (circa il 40%) e di Natale (circa il 30%). In Francia è diverso: qui, come in

altri paesi della Comunità, si mangia l’agnello tutto l’anno perché non è legato esclusivamente a un simbolismo religioso. L’Italia è grande produttrice di carne ovina e il consumatore dovrebbe sforzarsi di cambiare le proprie abitudini considerandola come alternativa alla solita carne bianca, in particolare nella stagione estiva. Certo è che le numerose campagne mediatiche di matrice animalista, le avvertenze sanitarie spesso “drammatiche” e il costo non propriamente basso del prodotto hanno contribuito, in questi ultimi anni caratterizzati

La carne bovina di razza Piemontese è tenera e magra, rinomata a livello nazionale.

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con quella alla griglia perché, se non fatta correttamente, possono formarsi sostanze cancerogene. La carne di maiale è la più grassa? Era vero fino a qualche anno fa. Ormai gli allevatori si sono orientati verso mangimi più leggeri di quelli di un tempo e la ricerca prosegue in quella direzione. Possiamo affermare che una bistecca di maiale da 100 grammi fornisce il 5% di grassi, proprio come quella di manzo. Il colesterolo? 60 milligrammi ciascuna.

Salsiccia di maiale cruda. anche da una crisi che non vuole andarsene, ad una notevole diminuzione dei consumi. Attualmente, in Italia, il consumo medio pro capite è di 41 kg per la carne di maiale (inclusi gli insaccati), di 20 kg per la carne bovina (sempre più in calo), di 19 kg per la carne avicola (in crescita) e di 1 kg per la carne ovicaprina. Per stimolare la ripresa delle vendite e la destagionalizzazione del prodotto, puntiamo il dito su certi tabù. La carne è spesso oggetto di critiche, dubbi e opinioni discordanti. C’è chi la ritiene il “cibo per eccellenza” e chi al contrario suggerisce o addirittura impone di starne alla larga perché fa male, sottovalutando i danni di un atteggiamento dietetico troppo drastico. Vediamo allora di dare una risposta a qualche osservazione.

La carne rossa è un killer per la salute? Se di alta qualità, Chianina o Piemontese, per citare due razze nostrane di eccellenza, è magra al pari della carne bianca e presenta lo stesso quantitativo di colesterolo (55 mg per 100 g, al pari di pollo, tacchino, coniglio o pesce d’allevamento). Non solo: uguale è anche la composizione dei grassi animali saturi. Quindi, se ci piace la carne rossa, mangiamola tranquillamente anche due volte alla settimana. Solo chi ha particolari problemi di salute deve evitare di mangiarla troppo spesso: ad esempio, chi soffre di colon irritabile cercherà di non assumere proteine in eccesso perché ne infiammano le pareti. Attenzione anche alla cottura: è bene non esagerare, ad esempio,

In Italia il consumo medio pro capite è di 41 kg per la carne di maiale, insaccati inclusi, di 20 per la carne bovina, di 19 per la carne avicola e di 1 kg per la carne ovicaprina. Il nostro Paese è un grande produttore di carne ovina e il consumatore dovrebbe sforzarsi di cambiare le proprie abitudini considerandola come alternativa alla solita carne bianca

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Meglio orientarsi verso carni di struzzo e canguro? In Italia queste carni non hanno avuto molto successo e sono considerate ancora abbastanza insolite. A volte si trovano nel banco del pollo e del tacchino. Hanno un sapore più intenso, ma sono identiche per il contenuto proteico. Chi è a dieta le può provare perché in effetti hanno pochissime calorie: il canguro ne ha 97 per 100 grammi, contro le 140 del bovino e le 104 dello struzzo. Sono animali che vivono all’aria aperta, in continuo movimento, quindi poverissimi di grassi. La carne è l’unica fonte di ferro? Certamente no, ma è la più significativa. Altri alimenti ne sono ricchi (soprattutto ortaggi, legumi e frutta secca), ma questo ferro viene assorbito solo parzialmente mentre quello della carne lo è totalmente Si chiama ferro-eme ed è biodisponibile. La carne che ne contiene di più è quella della rana (5,5 mg per 100 g di cosce) seguita da quella di cavallo (3,9 mg per 100 g), la più nota, contro 1,8 mg della carne bovina. Meglio acquistare carne bio? Il suo costo è quasi il 30% in più di quella “normale”. I motivi? Gli animali sono allevati all’aria aperta nei pascoli (in realtà non sempre), con mangimi per i quali non sono stati usati pesticidi e non vengono usati farmaci tradizionali chimici, bensì omeopatici. Accorgimenti senz’altro molto validi, ma ormai sappiamo quanto siano strettamente controllate le filiere delle carni in tutte le fasi di produzione. Tutte

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le sostanze usate sia per l’alimentazione che per la cura sono a norma di legge. Ai ferventi adepti del biologico suggeriamo di non essere intransigenti più di tanto perché anche questo settore può serbarci sorprese. A questo proposito voglio raccontare quanto successo a una mia amica svizzera, proprietaria di un allevamento biologico nei pressi del Passo del San Gottardo. Rispettosa al massimo di tutte le regole, ha ricevuto con entusiasmo le persone addette ai controlli necessari per mantenere la sua certificazione. Potete immaginare quanto grande fu la sua sorpresa (tramutatasi ben presto in delusione e disperazione) apprendendo che le sarebbe stata tolta l’etichetta “bio” perché erano state trovate tracce di cherosene nei pascoli! In effetti, questo apparente paradiso terrestre nelle montagne svizzere, non lontano dall’aeroporto di Malpensa, si è rivelato, nel vero senso della parola, una discarica di miscele carburanti. Contrariamente ad altri coltivatori con i quali ha

parlato in seguito, la mia amica non aveva mai notato niente sull’erba. Come mai? Vediamo di spiegare il fenomeno. Quando un velivolo è in avaria, la prima manovra convenzionale è quella di scaricare in volo il carburante, tramite un’apposita apparecchiatura sotto le ali, per scongiurare un rischio di incendio all’atterraggio. Certi piloti lo fanno comunque per alleggerirsi e per sicurezza anche senza che vi sia un’urgenza particolare. La manovra dovrebbe essere fatta a 10.000 piedi di altezza, per consentire la vaporizzazione, ma c’è chi la fa a 4.000. Nei pressi del lago Maggiore e di quello di Varese capita di vedere una “pioggia nera” che comporta anche macchie sulla superficie delle loro acque. Ovviamente questi casi di inquinamento di acqua, aria, terra annullano tutti gli sforzi del sistema biologico. Ricordiamo ancora in proposito il caso clamoroso, avvenuto a marzo 2016, del Boeing della compagnia Corsair, diretto da Parigi alle isole

Mauritius, che per problemi tecnici dovette interrompere il volo e, prima di tornare all’aeroporto di partenza, scaricò 70 tonnellate di cherosene sulle Alpi del Giura, famoso per i suoi allevamenti di mucche da latte. A ciascuno la sua Se siete tesi e sotto pressione, scegliete il vitello. Il suo alto contenuto di zinco, fondamentale per il sistema immunitario, vi metterà al riparo dalle conseguenze dello stress. Le sue fibre non affaticano lo stomaco perché si digeriscono facilmente per l’alto contenuto in acqua. Se invece avete bisogno di energia, mangiate filetto o scamone, i tagli in cui il ferro è più concentrato. Se poi siete grandi sportivi, per combattere la stanchezza, niente è più indicato del vitellone o del maiale, che sono leggermente più calorici (150 calorie per 100 grammi). C’è quindi più di una buona ragione per portare carne a tavola! Josette Baverez Blanco


LA CARNE IN TAVOLA

Buono oggi come un tempo

Variazioni sul vitello tonnato di Giorgia Fieni

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“M

ettete, in una casseruola in cui la carne entri quasi giusta, un bel pezzo di vitello magro, il tonno sottolio tagliuzzato, una cipolla in fette sottili, le acciughe lavate, spinate e fatte in pezzi, sale e pepe e il vino bianco. Portate la casseruola su fuoco moderato copritela e fate cuocere il vitello. Quando la carne sarà cotta, mettetela in una terrinetta, passate tutto quello che è rimasto nella casseruola e diluite questa poltiglia con l’olio e il succo dei limoni. Versate la salsa così ottenuta sulla carne, aggiungete una cucchiaiata di cetriolini sottaceto, tagliati in fettine, coprite la terrinetta e lasciate così per ventiquattro ore affinché la carne possa avere il tempo di insaporirsi bene. Tenete la terrina col vitello in un luogo fresco, e man mano che vi occorrerà affettatelo. Si conserva parecchi giorni”. Ecco, la mia dissertazione sul vitello tonnato potrebbe limitarsi a questo, alla ricetta presentata da A DA BONI nel 1925. Nelle sue parole percepiamo con chiarezza sia la maestria sia la semplicità di questo classico: ingredienti facilmente reperibili, tecniche che conosciamo e il sapore dato dalle conserve in olio e aceto, oltre che dalla pazienza dell’attesa di un giorno intero (ma anche più di uno, per dare tempo alla salsa di amalgamarsi con la carne) e dall’amore nel voler offrire un nutrimento ai propri cari. Come però vado sempre scrivendo, al rispetto per una preparazione di tal sorta, va affiancata una rivisitazione intelligente, in modo che la si riconosca per tale ma porti con sé anche l’impronta del cuoco o dello chef che l’ha cucinata. SIMONE RUGIATI la chiama tonno vitellato: gli basta invertire le parti, con tonno rosso sotto e sopra una crema di vitello, capperi, acciughe e maionese allo yogurt. Più o meno come fanno MORENO CEDRONI (tonno tataki, girello al latte cotto sottovuoto, gelatina di pesce, salsa al nero di seppia, una foglia di ficoide glaciale, salsa tonnata) e A NTONINO C ANNAVACCIUOLO (la salsa è un fondo di ali di pollo, pancia di vitello e coda di manzo aromatizzato alla scorza di agrumi e salsa tartara).

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NIGELLA L AWSON cambia il tipo di carne: “invece di bollire il vitello e poi fare la maionese con il tonno, io dispongo a ventaglio su un piatto alcune fette di tacchino freddo, avanzato dalla festa, e preparo velocemente la maionese con la ventresca”. BENEDETTA PARODI addirittura cambia la carne col pesce (sotto tonno fresco e sopra salsa tonnata allo yogurt greco) e compone il piatto a bocciolo di fiore. SERGIO BARZETTI infine cucina il maiello tonnato in doppia salsa: con arista di maiale, salsa tonnata e salsa di avocado. Si possono dunque variare il taglio, usando per esempio il filetto o il carpaccio, e il tipo di carne, come il pollo, lessato, condito con citronette e fatto riposare in frigo prima di coprirlo con la salsa. E pure la copertura (possibile perché pare che originariamente tonnato non indicasse la presenza specifica del pesce, ma un semplice tanné, ovvero conciato): aggiungere patata e sedano lessati o carote oppure usare polpa di melanzane e mandorle (con pangrattato, cannella, brodo di carne, panna) o vellutata di fave con tonno e curcuma; C ARLO C RACCO consiglia, in ogni caso, di non usare la maionese (esattamente come la Boni), ma il “jus di

carne”, senz’aglio né altri profumi, e i capperi di cucinarli fritti come accompagnamento: “nell’olio bollente scoppieranno e diventeranno come un fiore: bellissimi e buonissimi…”. I vegetariani useranno il seitan e lo ricopriranno con crema di tofu e la giardiniera; gli altri presenteranno il girello a strati con maionese al sedano e zucca al vapore bagnata con aceto di mele. Il giorno dopo, il vitello tonnato diventa la versione prêt-à-porter di se stesso, nel sandwich con la lattuga. Però potete anche accompagnarlo con la caponata. O trasformare la carne in portafogli, da riempire con crema al tonno (come fa DAVIDE SCABIN) o avvolgerla nel tonno crudo (come NORBERT NIEDERKOFLER). La modalità più semplice però rimane l’involtino: carne fuori, salsa dentro e un filo di erba cipollina per tenere il tutto ben legato. Ed ecco che, con un po’ di fantasia, un classico della cucina, che dopo il boom degli anni Cinquanta pareva noioso, riprende vita. Giorgia Fieni Nota A pagina 76, vitello tonnato con capperi (photo © stefania57 – Fotolia).

“Vi propongo un’antica ricetta del vitel tonné ancora in auge ai primi di questo secolo perché c’è chi ricorda la bisnonna che lo preparava. Prendete la rotonda della coscia o girello (1 kg circa) di un vitello di Fassone, mettetelo in una terrina e copritelo con mezzo litro di aceto bianco ed acqua, aggiungete una cipolla affettata grossolanamente, 5 o 6 chiodi di garofano, 4 o 5 grani pepe nero, un pezzo di cannella, qualche foglia di lauro e sale quanto basta. Lasciate la carne a macerare nella marinata almeno 12 ore, ovvero una notte. Adesso fate brasare il girello: prendete una casseruola, fatevi sciogliere due noci di burro e poi disponete la carne ben sgocciolata e fatela rosolare un po’ affinché faccia una sottile crosta. A questo punto aggiungete 10 acciughe dissalate e deliscate e fatele sciogliere nel burro (2 noci), quindi versate nell’intingolo 2 o 3 tuorli d’uovo sodo sbriciolati. Rimestate e aggiungete subito la marinata. Fate cuocere a casseruola scoperta fino a quando il sugo si è ben ristretto. La cottura, comunque, non deve essere troppo prolungata, altrimenti la carne, quando sarà servita fredda e a fette, apparirà asciutta e prosciugata dei suoi umori. Togliete la carne e affettatela non troppo sottilmente, versate sopra le fette il fondo di cottura dopo averlo passato al setaccio e guarnito coi capperi (una decina, sotto sale) precedentemente lavati sotto l’acqua corrente. Il vitel tonné va servito freddo”. Armando Gambera (Fonte: Langhe.net)

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STREET FOOD

Carni di strada di Giovanni Ballarini

S

econdo la FAO, il cibo da strada è composto da alimenti pronti per il consumo, venduti, ma spesso anche preparati, in monoporzioni in strada o in luoghi pubblici come mercatini e fiere, anche da commercianti ambulanti, a volte su un banchetto provvisorio, furgoni o carretti ambulanti. In molti Paesi, come pure in Italia, la preparazione e la vendita avvengono anche in piccoli locali specializzati, quali pizzerie, paninoteche, bar e ora kebaberie. Il consumo di cibo per strada consente un’alimentazione informale, rapida e meno costosa rispetto ad esempio ad un ristorante e per questo motivo lo si preferisce. La FAO indica in ben due miliardi e mezzo il numero di persone che ogni giorno si nutrono in questo modo. Alcuni cibi da strada rientrano tra

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i finger food e il fast food, mentre in altri casi riguardano alimenti che, per lo scarso valore alimentare e culturale, sono classificati come junk food (letteralmente, cibo spazzatura). Il cibo di strada è legato al cibo da asporto (take away/take-out) e ad altri fenomeni di consumo informale di cibo come gli snack, gli spuntini e il pranzo al sacco. Per la dimensione economica e culturale del fenomeno, il cibo da strada ha e continua a suscitare un notevole interesse da parte di studiosi di alimentazione e di antropologia culturale, oltre che di organizzazioni nazionali e internazionali che si occupano di alimentazione e salute. Molti sono gli ingredienti che entrano nei cibi da strada: cereali, verdure e taluni tipi di carne. Di queste, soprattutto alcuni tagli vengono utilizzati in

preparazioni con rilevanti aspetti culturali, legati anche al territorio. In altri casi, invece, i cibi da strada con prodotti di carne non hanno un particolare legame culturale o con il territorio in cui vengono offerti, o, pur avendone posseduto uno in passato, non lo hanno conservato, perché andato oramai perduto a seguito della loro diffusione al di fuori delle zone di origine. Quest’ultimo è il caso dell’hamburger, del kebab e ora anche del pastrami. In alcuni casi, tuttavia, la diffusione al di fuori dei confini culturali originari, anche ampia, non ne ha cancellato la connotazione etnica e identitaria. Cibi di strada in un’Italia importatrice di carni L’Italia per il 30 o 50% secondo le specie è deficitaria di carne: buona parte del bovino, suino, ovino ed

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Il pastramă rumeno si presenta come il carpaccio o come il prosciutto e cioè in fettine molto sottili con varie salse associate o verdure come cavolo e crauti. Si ottiene da carne di manzo, montone o tacchino (anche di maiale) posta in salamoia, successivamente essiccata, condita con diverse spezie e infine affumicata e cotta a vapore. equino è infatti di importazione. Fanno eccezione le carni di pollo e di tacchino che sono prodotte in quantità sufficienti. La carne di maggior consumo è quella bovina e parte dei tagli che sono in commercio sono direttamente importati. In Italia si contano circa un milione e ottocentomila vacche da latte e circa cinquecentomila ogni anno a fine carriera lattifera sono inviate al macello. Questa carne, che era adatta a lunghe cotture di lessi e stracotti, oggi è in prevalenza trasformata in triti con diverse destinazioni, ma soprattutto hamburger. La carne suina fresca proviene in gran parte da allevamenti ubicati nel Nord Italia, ma la produzione è insufficiente per coprire le richieste. Nel nostro Paese esiste un importante allevamento ovino finalizzato prevalentemente alla produzione del latte e la carne è destinata soprattutto a consumi locali, per cui la

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maggior parte di questa carne è di importazione. Anche se il consumo di carne equina a livello nazionale è modesto, il 60% è di animali da macello di importazione. L’insufficiente produzione nazionale di carni, meno quelle avicole di cui siamo autosufficienti, impone di consumare ogni taglio e di ricuperare il loro uso e/o riuso anche secondo antiche pratiche. Di tutte le culture del passato, quando le carni non erano abbondanti, è proprio infatti l’uso o il riuso di carni che, pur sane e nutrienti, hanno un limitato valore gastronomico. Da qui una cucina degli avanzi e, soprattutto, lo sviluppo di preparazioni identitarie come cibi da strada o street food, che oggi vedono un successo nella globalizzazione alimentare. Su quest’ultima linea si pone anche l’uso nei cibi di strada di talune frattaglie, come il lampredotto (quarto stomaco di ruminanti)

fiorentino o la milza equina palermitana (pani câ mèusa). Una cucina per ogni taglio In tutte le specie animali vi sono tagli carnei di pregio, come il filetto, ma anche altri tagli che hanno bisogno di essere usati in modo particolare, per esempio nelle cotture multiple che ne permettono anche una più o meno lunga conservazione e medievale è la sequenza della loro bollitura, poi arrostitura e infine frittura. Oggi per questi tagli di carne prevalgono i trattamenti di più o meno fine triturazione eseguita con diversi metodi e associata a diversi metodi di cottura, accettando anche tecniche elaborate da culture diverse dalla nostra. Alle nostrane e tradizionali polpette, in tempi relativamente recenti si sono affiancati gli hamburger americani, poi di recente dall’oriente è arrivato il kebap e ora timidamente inizia a comparire il

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Per la dimensione economica e culturale del fenomeno, il cibo da strada ha e continua a suscitare un notevole interesse da parte di studiosi di alimentazione e di antropologia culturale, oltre che di organizzazioni nazionali e internazionali che si occupano di alimentazione e salute

Il döner kebap, carne arrostita su uno spiedo verticale. La ricetta originale prevede carne di agnello. pastrami d’origine europea orientale, ma di grande successo americano. Preparazioni adatte a un rapido uso fuori dalla tavola, soprattutto come panino e come cibo da strada. Vecchi e nuovi cibi da strada: polpette, hamburger, kebab e pastrami L’italianissima polpetta deriva il suo nome da polpa e cioè dalla parte miglior della carne che vuole imitare. Antichissima è la sua storia e già ne parla MASTRO MARTINO DA COMO (seconda metà del 1400) e

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innumerevoli sono le sue varianti, e tra queste anche quelle che considerano l’uso di avanzi, soprattutto dei lessi usati per fare il brodo. Sulle polpette si sono esercitate le capacità inventive di intere generazioni di madri e nonne che hanno costruito una quasi infinita varietà differente per aromatizzazioni, condimenti e usi. Gli hamburger sembrano trarre il loro nome dalle preparazioni di carne tritata e congelata, poi cotta sulla griglia, che era il cibo destinato agli emigranti che, in terza

Molti sono gli ingredienti che entrano nei cibi da strada: cereali, verdure e taluni tipi di carne. Di queste, soprattutto alcuni tagli vengono utilizzati in preparazioni con rilevanti aspetti legati al territorio

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classe, si imbarcavano sulle navi che partendo da Amburgo in Europa si dirigevano verso l’America. Una preparazione che si diffonde in tutto il continente americano perché di facile uso tra due fette di pane e che permette di usare parti di carni con limitato pregio e che, ben tritate, divengono adatte alla cottura della griglia. Per queste caratteristiche e dopo qualche diffidenza, inarrestabile è stato il loro successo in ogni parte del mondo, Italia compresa. Maggiori perplessità hanno prodotto e continuano a suscitare in Italia i kebab, che sono comparsi relativamente da poco e ora sono spesso presentati anche dalle pizzerie. Il kebab è tipico della cucina mediorientale, turca in particolare, ha un’alta qualità organolettica e è di basso costo. La ricetta originale prevede l’utilizzo di carne di agnello arrostita su uno spiedo fatto ruotare vicino a una fonte di calore. La preparazione si è sviluppata usando anche altre carni e nella versione osservante musulmana non è presente la carne di maiale. La carne è affettata o macinata facendo dei coni tronchi che sono infilati nello spiedo per essere cotti; se lo spiedo è verticale si ha la variante oggi più diffusa denominata döner. Nel kebab sono impiegati i tagli di carne meno pregiata a livello gastronomico e per migliorarne l’appetibilità si utilizzano diverse tecniche quali la marinatura e l’aggiunta di sale, spezie e additivi. Generalmente la parte superiore del cono è ricca di grasso in modo che durante la cottura scenda lungo le pareti impregnandole e mantenendo la carne più gustosa. Man mano che la cottura procede, la parte esterna è tagliata con un coltello e utilizzata per farne dei panini. Complessa è l’origine del pastrami, che nasce per la necessità di conservare la carne con salamoia, essiccazione e affumicatura, un metodo sviluppato dalle comunità ebree dell’Europa centrale, soprattutto in Romania, anche se esistono versioni simili in Turchia, Israele e Siria. Di grande successo in America dove a metà dell’Ottocento sono emigrate le comunità ebraiche europee, ne-

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gli Stati Uniti e in Canada (dove è noto come viande fumée) il pastrami è carne di manzo, montone o tacchino (e anche di maiale) posta in salamoia, poi essiccata, condita con diverse spezie (aglio, coriandolo, pepe nero, paprica, chiodi di garofano) infine affumicata e cotta a vapore. Tagliata in fette sottili, la carne può essere associata a salse o verdure come cavolo o crauti e velocemente mangiata tra due fette di pane, spesso di segale. Futuro per la carne di strada Nel passato tutta l’Italia e poi il mondo intero hanno accolto con favore un cibo locale e quasi etnico come la pizza. In modo analogo il nostro Paese ha accettato l’hamburger, gratificandolo anche della denominazione di “svizzera” per il suo buon rapporto tra qualità e prezzo. Il buon successo che sta iniziando ad avere il kebab fa presagire che lo stesso possa accadere per il pastrami, analogamente a quanto avvenuto in America, con un miglioramento nell’uso dei tagli carnei e quindi anche con un possibile miglioramento della nostra bilancia commerciale d’importazione delle carni. Non bisogna tuttavia dimenticare la sicurezza alimentare dei cibi da strada, uno degli aspetti sui quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha individuato i seguenti punti critici, indicando quanto segue: 1. i processi di preparazione devono essere adeguati a eliminare i rischi alimentari o a ridurli a livelli considerati accettabili; 2. i modi di preparazione devono prevenire la proliferazione di patogeni, lo sviluppo di tossine e non comportare rischi sul lavoro; 3. le condizioni di preparazione e confezionamento devono garantire che i cibi non siano suscettibili di contaminazioni successive. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota A pagina 78, dürüm kebap con verdure.

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Arriverà ottobre. E la bistecca della Macelleria Mair di Riccardo Lagorio

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ltimo giorno di agosto e già è settembre, che — calato il sipario sulla tragedia che ha colpito quei piccoli paesi dell’Appennino centrale — quest’anno è stato pieno di celebrazioni e saturo di politica, di comizi, di discorsi sulla Costituzione. C’è stato spazio persino per la demagogia. D’altro canto, nulla di nuovo rispetto a quanto in Italia abbiamo vissuto negli ultimi anni: una catarsi collettiva che aspira a scrollarsi di dosso una crisi non solo economica. Un mese durante il quale i propositi di cambiamento si rincorrono per convincere i confusi. E anche quelli che sono stanchi di (inutili) promesse sulla meritocrazia e sulla fiscalità. Ultimo giorno di agosto e oltrepasso la soglia della Macelleria Mair di Terlano, comune del Tirolo del Sud che gode della presenza primaverile di alcuni tra i migliori asparagi bianchi che il mondo genera e di Santa Maria Assunta, la parrocchiale che ininterrottamente, dal XIII secolo, procura piacere per mezzo degli strabilianti affreschi che custodisce. HANNES MAIR, poco più di vent’anni, terza generazione di macellai nell’edificio che sventola alta sul pennone la banderuola di bronzo datata 1905 (sacrosante

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regole urbanistiche impediscono in quest’angolo d’Italia di modificarne il colore originario, aprirvi finestre o attuare orripilanti trasformazioni altrove ordinarie), faccia pulita da bravo ragazzo. Già grande. Grande con il merito di gestire questo angolo di buon gusto; grande per avere idee sane e ben chiare. Etichette importanti, prodotti gourmet, carne ordinata nel banco frigo, ma soprattutto una geniale camera d’invecchiamento per le bistecche. A vista, dietro imponenti vetrate. Dentro umidità intorno all’80%, temperatura costante a 3 gradi; le piastrelle di sale dell’Himalaya retro-illuminate fungono da azione antibatterica, favoriscono il processo di lenta essiccazione della carne e rilasciano i sali minerali in grado di migliorarla. Il tempo fa il resto. Un metodo ancestrale per assaporare la carne. «Il vero intenditore di carni vive il massimo del gusto nella purezza. Da decenni ci prendiamo il tempo per scoprire nuovi procedimenti di maturazione e il prodotto finale è una bistecca succosa e tenera dal sapore intenso», afferma sicuro di sé. Quando Hannes inaugurò questa sala tre anni fa, i clienti rimasero sbigottiti, alcuni si avvicinarono

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La macelleria Mair si trova a Terlano, in provincia di Bolzano. titubanti a quella carne dall’aspetto insolito, con le estremità che erano via via eliminate perché oggettivamente scure e secche. Ci vollero mesi per vincere la perplessità, assaggi estemporanei, assicurazioni del giovane apostolo della bontà. «È anche nella materia prima il segreto di quello che riesco a fare», aggiunge. Gli animali provengono

dalle verdi Val Sarentino e Passiria, sono alimentati a fieno e altri prodotti che i masi possono crescere in autonomia. «Parlo con il contadino, lo informo di come deve essere il risultato finale e insieme stabiliamo le fasi d’ingrasso. Nel Sud Tirolo esiste la cultura del bovino da latte; quella del bovino da carne non è molto diffusa anche se i soggetti di Grigio

Non solo carne: sono diversi i prodotti venduti nel locale.

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alpina sono ideali per raggiungere il grado di marezzatura della carne che permette una lunga frollatura». In effetti, per esaltare le infiltrazioni di grasso che rendono la carne succulenta e, dopo il processo di frollatura, morbida e saporita, l’alimentazione dei soggetti destinati alla macellazione va calibrata diversamente rispetto a quella che servirà a produrre latte: più generosa e ricca di proteine. La maturazione all’interno della camera al sale si protrae per almeno 6 settimane. In questo lasso di tempo gli enzimi hanno il tempo di trasformare alcune proteine della carne e rendere i tagli morbidi. Il gusto diviene concentrato, aromatico, quasi a percepire elementi di sottobosco. «Inevitabilmente c’è una perdita di liquido pari anche al 30%. Per questo sappiamo bene che non è una bistecca per tutti i giorni, ma destinata a occasioni speciali, a grigliate con gli amici». I tagli sostano nella camera chiamata Dry Age per almeno 8 settimane, le costate e le fiorentine di alcuni esemplari vi rimangono

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I tagli che maturano nella camera chiamata Dry Age. anche 12. Facile intuire cosa fa il banconiere con le bistecche destinate al pronto consumo; in caso contrario si sezionano, si rifilano e si chiudono sottovuoto: i ricordi visivi si arricchiscono di nuove tonalità di rubino, gli aromi si imbalsamano, la masticabilità svela i suoi lati più esaltanti e sensuali. Oggi, nella sua stanza di affinamento, si va da carni macellate il 27 giugno a quelle che hanno appena iniziato il percorso di frollatura, il 24 agosto… quel maledetto 24 agosto. Le prime sono giunte al giusto grado si maturazione, per le altre devono trascorrere ancora settimane. «Per arrostire una di queste bistecche occorre una pentola adatta, olio extravergine di oliva e la giusta temperatura, oppure una griglia. Sempre un minuto per ogni lato», suggerisce. E poi riposi di 5 minuti prima di servire. Alcuni importanti locali come Castel Fragsburg di Merano e Löwengrube di Bolzano propongono regolarmente la carne frollata con cura da Hannes, che per ciascuna tipologia di carne ha creato miscele

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di sale e spezie. A favore di queste bistecche, che sono il fiore all’occhiello del negozio, un insieme di diverse varietà di pepe: il Tellicherry del Kerala, pungente e sapido; il Cubebe di Giava, che dà aroma; e quello selvatico e lungo di Assam nell’India settentrionale, dalle note vagamente dolci. Ma poi c’è la speziatura adatta al pollame (con aglio, rosmarino, pepe, paprika); per le puntine di maiale, leggermente addolcita; e altre ancora. E poi i salumi, che sono l’altra vera passione. «La sala al sale aiuta a stagionare salami giganti che qui non troverebbero il giusto clima, come la finocchiona», svela. Di salumi, Hannes ne produce oltre novanta varietà, per lo più affumicati con legno di ginepro e faggio. Quelli di cervo e capriolo stanno all’apice della piramide del gusto. Assieme al prosciutto cotto con gli asparagi, la specialità che si trova per poche settimane all’anno. Esco con il sole di mezzogiorno che scalda ancora forte le mattonelle bianche, gialle e verdi che ricoprono la chiesa. Ricordo che di questi tempi, nel 2006, furoreggiava

sulle reti radiofoniche il motivo Wake me up when September ends del gruppo americano Green Day. Era in parte ambientato in Iraq e molti lo interpretarono come desiderio di svegliarsi, una volta che settembre fosse terminato; quel settembre 2001 (da allora abbiamo cambiato calendario già 15 volte…) delle Torri Gemelle. In verità la canzone è un racconto personale, poiché il padre del leader dei Green Day, BILLIE JOE ARMSTRONG, morì a settembre, quando il musicista aveva solo 10 anni. Billie Joe si chiuse in casa dopo il funerale e riferì alla madre che lo svegliasse quando settembre fosse finito. Mi sveglierò quando settembre sarà finito; vedremo cosa è rimasto delle parole solidali per chi ha perso la vita o la casa a causa del terremoto. Io proverò una delle bistecche di Mair. Riccardo Lagorio Metzgerei Mair Hauptstraße 9 – 39018 Terlano (BZ) Telefono: 0471 257114 E-mail: info@metzgereimair.com Web: www.metzgereimair.com

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MEAT BLOGGER

La verità sulle 2T Tomahawk e T-Bone steak: Gianni Giardina e Luca Terni ce ne svelano i segreti, mentre Gregori Nalon ci stupisce in cucina di Andrea Laganga

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n tanti hanno provato a raccontare la storia e il valore di queste meat icons, ma nessuno si è ancora avventurato nel percorso che abbiamo intrapreso. Noi vi vogliamo raccontare la verità sulle 2T, affidandole a chi quotidianamente le sa valorizzare al meglio ovvero tre artisti della ciccia. Partiremo dal Sud, dalla Sicilia per l’esattezza, con un grande amico: il suo nome è GIANNI GIARDINA e con lui parleremo del tomahawk e dei suoi segreti. Saliremo poi fino in Toscana, a Capalbio, nella Maremma grossetana, dove ad aspettarci c’è LUCA TERNI, giovane talentuoso macellaio che ci racconterà tutto sulla “regina delle carni”. Il mondo Oltreoceano la conosce come T-Bone steak, ma noi la possiamo chiamare Fiorentina. Per concludere il nostro viaggio, abbiamo intervistato un big dei fornelli italiani, GREGORI NALON. “Solo sano e genuino” come filosofia e un amore per il tomahawk Cresciuto in una famiglia che tratta carne da oltre cinque generazioni, Gianni Giardina giocava a riempire salsicce e preparare hamburger fin dalla più tenera età. A 11 anni si destreggiava con il coltello per disossare polli e anteriori e a 14 anni era già formato come macellaio completo, entrando a pieno titolo dopo poco nell’azienda di famiglia. Da sempre interessato a tutto ciò che il mondo meat può offrire, grazie ad un viaggio del 2011 a New York Gianni resta affascinato dalle tradizioni a stelle e strisce, trasportando fino in Sicilia l’amore per la Cowboy steak, il tomahawk.

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Cosa è il tomahawk? «Tomahawk è l’ascia da battaglia dei nativi americani. Proprio per la sua somiglianza con questo strumento, il taglio di cui parleremo in questa sede viene identificato con lo stesso nome. Il tomahawk non è altro che una costata ricavata dalla lombata di bovino tra la quinta e la dodicesima costola, lasciando per intero tutto l’osso lungo del petto. La si ricava scalzando “a velo” l’intera stecca dal bollito, mantenendo solamente il cuore del reale attaccato all’osso e ricavando così l’ascia di ciccia». Qual è il pregio di questo taglio? «Questo taglio viene consumato prima di tutto per l’effetto scenografico, vista la forma inusuale con cui si presenta. Il vantaggio fondamentale che ne ricaviamo però è il grande sapore e la tenerezza che si porta

con sé, dovuti alle caratteristiche organolettiche che lo compongono. È proprio dalla parte della costata, infatti, che troviamo un’abbondante marezzatura, la quale attraverso la cottura sprigiona succulenza e il collagene fuso che ne assicura la tenerezza. E poi, si sa, la carne intorno all’osso è la migliore». Quale difetto possiamo trovare in questo taglio? «Se proprio vogliamo trovare un difetto, possiamo dire che questo taglio è rivolto ad un pubblico a cui piace il vero sapore della carne, a cui piace rosicchiare l’osso e godere nell’assaporare il grasso intorno al magro. Un’altra limitazione è che per assaporarlo al meglio, va cucinato sulla griglia, con una buona qualità delle braci, quindi è uno dei tagli che si acquistano maggiormente durante l’estate».

Gianni Giardina.

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fumante, passo con un coltello fino ma molto affilato sui lati, stacco il filetto (che poi do a qualche bella donna) e il controfiletto, faccio delle strisce di 2 cm e poi con una pinza la servo sul piatto dei clienti, un pizzico di sale grosso e due gocce di olio extravergine di oliva. Questo è l’unico vero modo per assaporare questo taglio principe». Pregi e difetti? «Credo che, rispetto al tomahawk, non abbia ne maggiori pregi ne difetti: varia semplicemente dai gusti personali del cliente. Per noi macellai non c’è un buono o cattivo nella ciccia… tutto è sacro».

Luca Terni. I segreti della fiorentina Passiamo la parola al rude poeta della ciccia, al giovane macellaio della TV di “Detto Fatto”. Anche Luca Terni è approdato in questo mondo perché proveniva da una famiglia di macellai. Fin da giovanissimo al fianco di babbo Giuliano, maestro e artista che ha saputo trasmettergli (e tutt’ora continua) la passione per questo lavoro. Grazie a questa passione la macelleria Terni si è guadagnata la fama di “macelleria dei VIP”, vuoi per la posizione geografica, vuoi per il passaparola, con i volti noti della politica e dello spettacolo che in estate si fanno consigliare, se non cuocere personalmente, la carne da Luca. Il successo di Luca è infatti proprio nella sua creatura, la “Capalbio Catering”, attività con la quale sta ottenendo grandissime soddisfazioni, perché dopo ogni sfiancante servizio la conclusione è sempre la stessa, da applausi. Cos’è la fiorentina per Luca Terni? «La T-Bone steak, la mia cara e adorata bistecca alla fiorentina, così si chiama da noi in Maremma. La regina, perché quando preparo i miei spettacoli di barbecue la presento così. Per fiorentina si può intendere un solo taglio, non si può sbagliare; la bistecca formata da filetto e controfiletto dove abbiamo il famoso osso a T. E anche per la cottura non c’è da discutere. Può essere cotta in un solo modo, alla

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brace! E, bada bene, alla brace, non con certi ammennicoli moderni chiamati BBQ, ottimi per la cottura indiretta ma maledettamente non adatti alla cottura della regina. Lei ha bisogno di “violenza” in cottura, perché le fibre devono immediatamente chiudersi e lasciare al proprio interno tutti i gusti e i sapori. La regina deve essere alta 3 o 4 dita e il suo peso può variare da 1,5 kg ai 2,5, l’importante è che stia in piedi. Perché in piedi? Semplice. La cottura deve avvenire in tre fasi: brace violenta, meglio se di olivo perché è profumatissimo, 3 minuti da una parte, 3 dall’altra e poi 4/5 minuti in piedi. Ci sono diverse teorie che consigliano di cuocerla prima in piedi ma io dico no, perché così rischi di lessarla. E per il sale? Alla fine e grosso, insieme ad un buon olio di oliva. Il limone, mi raccomando, è vietato, roba da inesperti. Una buona fiorentina non deve essere per forza di Chianina, ma può essere di qualunque razza, purché sia stata allevata con rispetto e coscienza. Il riposo in cella è obbligatorio, almeno 28 giorni. Per concludere, la regina non si può cucinare in casa con la piastra, perciò, cari amici, compratevi un braciere e affumicate quello del piano di sopra». Come ami servirla? «Durante i miei servizi di catering la tolgo dalla brace calda e

Il metodo Gregori Passiamo ora a chi di cucina se ne intende e la vive a tutto tondo. Visto l’argomento importante, questo mese abbiamo voluto dare alla nostra rubrica un tocco diverso dal solito, perché il mondo della ciccia non finisce dal macellaio! Per questo abbiamo voluto coinvolgere un autorevole chef di oggi, un volto noto delle cucine di Alice TV e non solo. Sto parlando di Gregori Nalon, giovane di fondata esperienza, amico e collaboratore di molti macellai italiani, sempre pronto ad aiutare e a consigliare chi ha bisogno, naturalmente seguendo il suo stile e il suo punto di vista. Un tipo tosto e noi lo abbiamo scelto per questo. Ti chiediamo due ricette, una per la nostra amata fiorentina e una per il tomahawk, la costata del cowboy. «Gentili lettori di EUROCARNI, per me è un piacere poter intervenire su questa autorevole rivista dedicata in maniera specifica al settore della carne, ma che si rivolge anche al mondo della ristorazione, visto che i cuochi usano la carne e la trasformano da sempre, dando valore al lavoro di macellai e allevatori. Ovviamente lo farò nel mio stile, vi indicherò la mia idea e filosofia, più che la ricetta, che a mio parere serve a poco se non è avallata da una carne che proviene da un allevamento di qualità, una vita d’eccellenza dell’animale, una macellazione corretta ed una lavorazione eccezionale. Solo dopo arriva

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CARN AMB IDEES - CALL SEBALLUT - CARNE & IDEE


Gregori Nalon. la ricetta. Vorrei quindi piuttosto far capire il come ed il perché di un corretto fare e di una cottura perfetta. Moltissimi di voi mi conoscono, per la mia serietà, coerenza, e soprattutto perché sono solito dire ciò che penso. Attualmente sto facendo una trasmissione di cucina, “Piatti e misfatti”, su Alice TV (canale 221 digitale terrestre alle ore 20:30 di ogni sera), e qui sto facendo le mie battaglie per una formazione anche a livello “casalingo”, perché la gente sia più consapevole di ciò che fa». Quali sono le differenze tra i due tagli? «Parliamo di qualità? Allora nulla da dire se non che tale è data dalla razza, dalla vita, dall’alimentazione dell’animale, che io scelgo tra quelli cresciuti al pascolo. Per quanto riguarda il taglio nello specifico allora qualche differenza c’è. La bistecca alla fiorentina è ottenuta dalla lombata del vitellone, più o meno verso la metà della schiena, direzione coda: si tratta del taglio con nel mezzo l’osso a forma di T, con il controfiletto da una parte ed il filetto dall’altra. La razza dell’animale che ho scelto è la Chianina. Il tomahawk concettualmente è lo stesso taglio. È una costata che si ottiene dal cuberoll, ovvero una parte molto pregiata del bovino. La particolarità è data dal fatto che l’osso è pulito e lunghissimo (ecco perché la

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sua forma ricorda un’ascia), e non presenta il filetto. La carne è molto simile a quella della fiorentina, ma come detto in quest’ultima abbiamo il filetto e il controfiletto. Solo un’attenta cottura fornisce un risultato eccellente. La cottura del tomahawk, tecnicamente, è più semplice, perché parliamo di un solo taglio di carne. Spesso, però, mi trovo a degustare il tomahawk con la presenza del controfiletto, ma anche della carne che segua tutto le costole, ovvero, tutto l’osso fino alla fine. In questo caso abbiamo a che fare con due/tre tipi di strutture diverse di carni. La parte del cuberoll che di solito è fantastica (la carne che avvolge il lungo osso) è abbastanza dura, stopposa, legnosa, ma senza dubbio gustosa. Ecco perché parlo di tecnica e non di ricetta. La mia esperienza mi ha portato a formulare due tipologie di cotture per ottenere un risultato strepitoso». Raccontaci. Qual è il metodo Gregori per il tomahawk? «Per il tomahawk con la presenza della carne nel lungo osso, il mio metodo è quello di avvolgere bene la parte dell’osso, dopo averla condita con aglio, rosmarino, salvia, alloro, con della carta da forno. Inserisco quindi solo l’osso in una vasca di acqua a temperatura controllata di 58° per almeno due ore (in alternativa mettere solo l’osso in

griglia bassissima per circa 25/30 minuti). A questo punto la carne va messa sulla brace, tutta insieme, e girata e rigirata ogni minuto circa. Questo processo permette, per un effetto fisico, di portare il calore all’interno delle carni, favorendo la coagulazione delle albumine, che terranno all’interno i succhi bloccati. Condite ogni tanto durante la cottura con sale liquido in uno spruzzino, insaporendo bene. Tutto questo darà un aspetto eccezio nale, carni rosso/rosate calde dentro, lieve perdita di liquidi, sapori intensi, riduzione di condimenti, grassi, sale, ecc… Se abbiamo la carne di cuberoll (quella che avvolge l’osso) il consiglio è di effettuare una cottura a bassa densità di calore per il pezzo intero di costata con osso, con sonda al cuore a 52°. Questo lungo processo permette di maturare la carne, donare morbidezza, bloccare i succhi all’interno, e non fare fuoriuscire le albumine. Terminata la cottura, bisogna abbatterla di temperatura in positivo a +3°C e poi conservare in frigorifero a +3°C. Al momento dell’utilizzo, rimettere la costata in griglia come consuetudine, con la differenza che la cottura sarà ridotta perché la carne è già cotta, quindi si da solo la grigliatura con il sapore di legna, carbone, ecc… Una volta cotta, si può servire dopo pochi minuti, perché non rilascia liquidi. Questa tecnica è alla base delle più moderne cotture, è precisa e darà grande qualità al risultato finale». Qual è il tuo metodo per la fiorentina? «Metto il lombo intero in cottura a bassa densità di temperatura con sonda cuore a 52°, per molte ore, circa 8/12. A questo punto la carne (che subirà una cottura dolce, carne rossa all’interno, maturazione totale delle parti, rispetto delle parti delicate come il filetto e del controfiletto, distribuzione dei liquidi, coagulazione delle proteine, le albumine, che durante il processo trattengono i succhi), viene abbattuta in modo rapido a

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+3°C al cuore. Va poi conservata in cella come da fresca. Quando serve la bistecca, si mette in griglia per pochissimo tempo, partendo prima dalla cottura ad osso, riscaldando la carne all’interno (nel modo tradizionale si fa l’inverso), poi si griglia velocemente da ambo i lati. Si serve intera o tagliata a secondo le esigenze. Se vogliamo invece cuocere una bistecca alla fiorentina in modo tradizionale, partendo da carne cruda, procediamo nel mettere in griglia le bistecche, girandole ogni minuto. Condite con il sale liquido ogni tanto e senza problemi. Dopo alcuni minuti, a seconda della cottura voluta, mettere in piedi la bistecca per circa 5 minuti. Servire. Le carni vanno servite con buon vino, olio extravergine di altissima qualità, salse di accompagnamento, possibilmente fatte da voi. Possono essere la classica BBQ, quella al curry, al cumino, con cipolle cara-

mellate, sale alle erbe, niente coloranti, niente conservanti, niente additivi aggiunti, solo gusto, sapore, profumo, rispettando l’eccellenza della carne». Per quanto riguarda il sale? «Condite la carne senza problemi anche prima o durante la cottura, oppure dopo. Tecnicamente non cambia nulla, se non una lieve velatura biancastra (è il sale che si asciuga sulla superficie della carne). Salare prima non significa che “uscirà” l’acqua dalla carne, che si asciugherà, ecc… Sono dicerie, luoghi comuni, ma di certo non verità. Quindi, o prima o dopo, condite come meglio pensate. Discorso diverso se parliamo di siringature delle bistecche con acqua aromatizzata (rosmarino, aglio, lardo, ecc…), che donerà profumo all’interno come si faceva anni fa. Se utilizzate condimenti, o marinature a base di grassi (oli di qualità)

fatelo almeno cinque ore prima; avrete ottimi risultati in termini di morbidezza finale». Il classico non si tocca? Terminiamo con un buon crostone di pane al tartufo, un buon rosso di qualità e buon appetito. Provare per credere… Noi rimaniamo a disposizione per qualsiasi suggerimento e critica. Scriveteci a maremmacheciccia@gmail.com e dite la vostra. Andrea Laganga Macellaio e blogger www.maremmacheciccia.com

Calendario dei corsi ottobre-dicembre 2016 di Passione Preparati Planet «Una macelleria attiva richiede una gestione all’avanguardia del punto vendita con conoscenze precise sulla filiera della carne dalla stalla alla tavola del consumatore finale. La nostra visione è di poter avere per ogni punto vendita dei professionisti addestrati che diano un servizio a tutto tondo tenendo conto delle tendenze di mercato». Queste le parole di Francesca Santin, a capo di Passione Preparati Planet, il network che organizza corsi e seminari formativi rivolti ai maestri delle carni, cuochi e personale della ristorazione e della GDO. «Daremo importanza allestimento dei banchi di vendita, per rendere i prodotti proposti più invitanti per il cliente contribuendo in maniera significativa a rendere questi laboratori di produzione delle vere e proprie “boutique del cibo”, in grado di dare valore aggiunto alle specialità alimentari poste in vendita». Di seguito riportiamo il calendario dei corsi dell’ultimo quadrimestre del 2016. 2-3 ottobre – Seminario Alta formazione Passione Preparati Planet Durata 16 ore (solo per membri aderenti al circuito Italia) 17 ottobre – Seminario Alta formazione Passione Preparati Planet: Anteriore godurioso Docenti: Giorgio Bonarini e Francesca Santin — Durata: 3 ore 7 novembre – Seminario Alta formazione Passione Preparati Planet: Anteriore godurioso Docenti: Giorgio Bonarini e Francesca Santin — Durata: 3 ore 21 novembre – Foodporn in macelleria Docente: Francesca Santin — Durata: 3 ore 5 dicembre – La gioia del Natale comincia a tavola Docenti: Passione Preparati Planet >> Link: info@passionepreparati.it

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FORMAZIONE

Accademia delle carni, lavori in corso Il macellaio bolognese Giorgio Bonarini, autore del libro “Tagliare la carne”, ci racconta il suo progetto di formazione, una struttura che riesca integrare una scuola per giovani aspiranti macellai con spaccio, una catena di negozi in franchising e una ristorazione suddivisa in osteria e ristorante

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IORGIO BONARINI, 51 anni, macellaio da 36 e un sogno da realizzare prima del suo ritiro professionale: dare vita ad una scuola per formare il profilo specializzato del macellaio, cosa che sta sparendo dal panorama lavorativo, perché non esiste più la buona prassi di “andare a bottega” ad imparare il mestiere. Anche se l’intero settore della lavorazione delle carni sembra non soffrire dell’assenza di un profilo professionale qualificato, nonostante le statistiche facciano emergere la palese mancanza di 4.000 macellai su tutto il territorio nazionale, ad oggi, la necessità di un polo formativo teorico e pratico è ormai priorità inderogabile. L’idea di Giorgio è quindi quella di creare una struttura che riesca ad integrare una scuola di formazione per giovani aspiranti macellai con annesso spaccio, con una catena di negozi che, con la formula del franchising, possano distribuire i prodotti lavorati e confezionati dagli studenti e una ristorazione suddivisa in osteria e ristorante tradizionale, per proporre sia salumi di produzione propria che dei propri collaboratori, sia piatti a base di carne ottenuti dalle lavorazioni eseguite dagli allievi della scuola stessa.

Da dove nasce quest’idea? «Nel 2007 ho scritto il mio primo libro sulla lavorazione delle carni (Tagliare la carne) e tanti macellai mi hanno chiesto se ci fosse anche

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una scuola che insegnasse quello che avevo scrupolosamente descritto su carta. Poiché una scuola professionale che potesse divulgare la conoscenza di questi principi non esiste, mi sembra doveroso passare dalla teoria alla pratica». Che cosa ha fatto fino ad ora? «Oltre al progetto cartaceo della struttura, uno studio di fattibilità e la ricerca del personale qualificato che possa insegnare e gestire il tutto, sto vagliando varie opportunità per far nascere la scuola all’interno del contesto del territorio bolognese».

Che difficoltà ha incontrato? «Innanzitutto lo scarso appoggio dei macellai e delle aziende appartenenti al settore, con a ruota l’assenza delle associazioni di categoria, che pensano che il progetto sia bello, ma non trovano lo spunto per entrare in prima persona nel progetto stesso. E le istituzioni, che plaudono all’originalità del mio progetto, ma che demandano l’impegno diretto facendomi peregrinare da un ufficio all’altro senza ottenere l’appoggio (anche solo formale) necessario. Infine, la mancanza di un riconoscimento a livello nazionale dell’attestato che

Giorgio Bonarini.

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andremo a rilasciare, in quanto, il profilo professionale che nascerà non è assimilabile a nessun diploma di scuola tecnica o professionale esistente». Dove pensa di reperire i fondi per partire con questo innovativo progetto? «Ho mandato un’e-mail descrivendo con cura a tutti gli appartenenti al settore la mia idea di scuola, ma forse non sono stato abbastanza efficace, perché sarebbe mio desiderio coinvolgere l’intero settore delle carni, ottenendo da vari soggetti un aiuto economico proporzionato alle loro possibilità ed adeguato alla posizione da loro ricoperta all’interno del settore stesso. Sarebbe, quindi, mia intenzione chiedere un contributo compreso tra i 50 ed i 100 euro a tutti i macellai ed i piccoli esercenti, mentre vorrei ricevere un sostegno compreso tra i 500 ed i 2000 euro dai gruppi industriali del settore carne. Ovviamente, chi volesse contribuire maggiormente sarà libero di farlo. In tale maniera, si configurerebbe un finanziamento simile ad una sottoscrizione popolare, che non graverebbe in maniera eccessiva sui conti dei singoli operatori e consentirebbe di raggiungere una somma complessiva ragguardevole dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro. Ciò presuppone un’adesione superiore al 90% degli operatori del settore (di cui andrei a formarne i futuri operatori) e con il minimo sforzo di tutti otterrei non solo la forza economica bensì, soprattutto,

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William Albertazzi propugnatore con Giorgio Bonarini del progetto concernente la scuola per aspiranti macellai “Accademia delle carni”. quella ideologica, che mi attesterebbe il sostegno alla piena validità del mio progetto». Entro quanto tempo vedrà la luce la scuola con i primi studenti sui banconi della macelleria? «Spero di potere realizzare l’intera struttura entro il 2017 ed

auspico, nel frattempo, un maggior interesse dei principali operatori del settore. Voglio comunque ringraziare chi fino ad oggi mi ha sostenuto e continua nell’opera di collaborazione e sostegno in quanto condivide il mio stesso ideale». >> Link: scuolacarne@gmail.com

Obiettivi dell’Accademia delle carni Realizzare una scuola sulla lavorazione delle carni, fresche e stagionate Istruire e formare personale competente nei settori della macelleria e l’antica arte della norcineria

A chi è diretta • Ragazzi post diploma della scuola dell’obbligo • Chef e cuochi • Scuole alberghiere • Macellai • Amanti della cucina

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BENESSERE ANIMALE

La rimonta, cenerentola dell’allevamento Uno studio dell’IZS delle Venezie evidenzia i principali problemi rilevati negli allevamenti regionali. I valori di perdita degli animali sono consistenti anche se confrontati con altre realtà zootecniche e costituiscono un pesante fardello di costi economici occulti e di scadimento del benessere di Giulia Mauri

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a mortalità dei vitelli e delle manze è un problema consistente ma sottovalutato nell’allevamento di oggi. È provocato da diversi fattori e il valore percentuale degli animali colpiti può essere un valido indicatore della buona gestione aziendale. Infatti, la causa

primaria delle perdite di animali non ancora produttivi è data dalla poca importanza che hanno agli occhi dell’allevatore. Come una cenerentola, la rimonta non riceve le cure opportune, non ha a disposizione gli spazi necessari e subisce drasticamente la standardizzazione

della gestione, impostata sulla cura degli animali adulti. Sul sito dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) è stata pubblicata la ricerca corrente IZS VE 10/11 “Valutazione del benessere dei vitelli e delle manze negli allevamenti di vacche da latte della regione Veneto”.

Vengono considerati facenti parte della rimonta gli animali che non hanno ancora partorito, suddivisi nelle seguenti categorie: vitelle da 0 a 6 mesi, manzette da 6 a 12 mesi, manze da 12 mesi al concepimento, manze gravide dal concepimento al primo parto.

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Se si allontana molto precocemente il vitello dalla madre si riduce la trasmissione di patogeni come la paratubercolosi, ma allora è l’allevatore che deve farsi carico di somministrare il colostro a mano nelle prime ore di vita. Anche il Journal of Dairy Science ha affrontato la questione nell’articolo “Invited review: effects of group housing of dairy calves on behaviour, cognition, performance and health” (COSTA J.H.C., VON KEYSERLINGK M.A.G., WEARY D.M., 2016). Nello studio italiano — che ha come responsabile scientifico ANTONIO BARBERIO — i ricercatori dell’IZS hanno valutato le condizioni dei vitelli seguendo le indicazioni del sistema Welfare Quality di cui abbiamo spesso parlato su EUROCARNI. I dati sono stati raccolti attraverso osservazioni e misurazioni degli animali e interviste agli allevatori utilizzando un questionario standard. Le aziende coinvolte nella ricerca sono di dimensioni prevalentemente medio-piccole, con 40-100 capi nel 40% dei casi, e a gestione familiare. È anche da allevamenti come questi che vengono acquistati i maschi delle razze da latte di poche settimane di età che andranno a costituire la produzione di vitelli a carne bianca. I risultati emersi sono piuttosto demoralizzanti: entro la fine dei primi due mesi di vita muore addirittura il 45% dei vitelli. Superato lo scoglio dell’alimentazione lattea, il valore della mortalità cala costantemente fino ai 12 mesi di vita, per poi risalire al 22% fra i 12 e i 24 mesi. In base alla letteratura, pare sia inevitabile aspettarsi il 13% di

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mortalità nella rimonta, definizione che raggruppa i futuri animali produttori dell’allevamento, quindi dai vitelli appena nati fino alle manze gravide. E invece i risultati osservati in campo portano a superare di gran lunga questo valore: addirittura si sono registrate aziende in cui la mortalità della rimonta nel suo insieme è del 28,6%. L’articolo pubblicato sul Journal of Dairy Science riporta i risultati di valutazioni simili a quella pubblicata dall’IZS condotte in tutto il mondo. Confrontando i risultati arriva un’altra forte delusione. Uno studio britannico riporta una mortalità del 14,5% dalla nascita al primo parto (BRICKELL et al., 2009). In Francia, nel 2013, RABOISSON e colleghi hanno rilevato che la mortalità media fra il terzo giorno di vita e il primo mese è del 4,4% e fra il primo e il sesto mese di vita è del 3,2%. Da uno studio su allevamenti coreani di grandi dimensioni risulta che nel primo anno di vita muore il 10,7% dei vitelli (HUR et al., 2013). Infine, negli USA, il 6,9% delle vitelle muore entro il primo anno di vita negli allevamenti da carne (WALKER et al., 2012), mentre si viaggia sul 7,8% negli allevamenti da latte (USDA, 2008). Dunque i risultati del Veneto sono davvero anni luce lontani da quelli di altre realtà zootecniche.

I rilievi zoometrici dei vitelli considerati nello studio italiano non hanno rilevato anomalie: l’altezza al garrese, la circonferenza cranica e i valori di Body Condition Score erano nella media. E per di più gli autori ammettono che gli animali osservati erano in buona salute: meno dell’1,5% presentava scolo nasale o tosse o respiro alterato o gonfiore addominale o segni di diarrea. Eppure i tassi di mortalità sono stati troppo alti. Qual è la causa di questi numeri? Gli autori della ricerca veneta affermano che, ancora oggi la rimonta viene vista dall’allevatore come un costo perché si tratta di animali che non hanno ancora raggiunto la fase produttiva. Un costo in termini di tempo, di risorse, di materie prime e di strutture. Di conseguenza si sottovaluta l’importanza dello stato di salute di questi capi, li si gestisce in maniera inappropriata, utilizzando strutture inadeguate e attrezzature non idonee. Addirittura, si ricorre a piani alimentari di razionamento errati e si utilizzano alimenti poco adeguati all’età dei vitelli. In casi estremi, per ridurre il lavoro e i tempi, si finisce per fornire alla rimonta la razione formulata per gli animali adulti. Naturalmente tutto ciò ha delle conseguenze rilevanti sulla produttività dell’azienda: costi nascosti, ma micidiali. Per non parlare degli effetti sul benessere animale. E invece la rimonta è il futuro dell’azienda e va gestita con attenzione e in maniera mirata perché i buoni risultati in fase di lattazione si raggiungono pian piano allevando animali forti e sani. Secondo gli autori della ricerca dell’IZS, la mortalità nella rimonta è data da cause diverse in base all’età dei vitelli: negli animali giovanissimi, nei primi mesi di vita, è dovuta principalmente alle infezioni, mentre nei capi che hanno superato l’anno di vita è data da problemi strutturali o gestionali. L’articolo analizza per età gli aspetti che possono concorrere a così elevati livelli di mortalità. Fino ai due mesi di vita, l’allevamento dei vitelli è molto standardizzato: tutti gli allevamenti utilizzano le

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gabbiette singole e vi sistemano i vitelli appena nati. Questo sistema di per sé non è ottimale per il benessere animale, ma a detta degli autori rimane tuttora la migliore stabulazione possibile per prevenire la trasmissione di malattie infettive e garantire cure individuali. In realtà, però, le gabbiette vanno sanificate con attenzione prima di alloggiarvi il nuovo vitello. E la lettiera va tenuta abbondante e asciutta. Infine, soprattutto in estate, le gabbiette possono comportare diversi problemi di isolamento termico: il tetto è basso e il sole batte forte sulle pareti e sul fronte aperto. Sicuramente è necessario mantenere il fronte delle gabbiette rivolto verso Sud in modo da sfruttare l’ombra costituita dalla tettoia della gabbietta (quando presente). Quando la gabbietta è a forma di igloo con un piccolo spazio aperto antistante, il problema del riscaldamento e dei raggi del sole che colpiscono direttamente l’animale è ancora più grave. L’ideale sarebbe poter sistemare le gabbiette addossate al lato Nord di un edificio (ma solo per il periodo estivo) in modo da sfruttarne l’ombra oppure sotto gli alberi (ma devono esserci). Se si allontana molto precocemente il vitello dalla madre si riduce la trasmissione di patogeni come la paratubercolosi, ma allora è l’allevatore che deve farsi carico di somministrare il colostro a mano nelle prime ore di vita. Questo fatto secondo gli autori della ricerca dell’IZS è ben noto a tutti e però molto spesso (se non sempre) non è rispettato. Problemi di tempo, di organizzazione, di attrezzature e quant’altro sono scuse che impediscono al vitello di assumere la giusta quantità di colostro nei tempi giusti, cioè quelli immediatamente dopo la nascita. E questa mancanza di colostro porta inevitabilmente a molti problemi sanitari negli immediati giorni successivi. Anche l’erogazione del latte ai vitelli giovani è spesso un problema, che porta a sviluppare disturbi gastrointestinali, forieri di complicazioni multiple: solo due secchi belli pieni al giorno, erogati in due uniche occasioni non costituiscono la giusta modalità di

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nutrimento per i vitelli molto giovani. Inoltre, i secchi devono essere ben lavati. Infine, i secchi devono essere dotati di tettarella, in modo da permettere al vitello di attivare la chiusura della doccia esofagea ed evitare i ristagni di latte nei prestomaci in via di sviluppo. Secondo quanto emerso dalla ricerca negli allevamenti veneti, una volta superata la fase critica dei primi due mesi di alimentazione liquida e solida (gli allevatori rispettano le norme di legge fornendo dalla seconda settimana l’alimento fibroso), i problemi più rilevanti diventano la qualità e la disponibilità complessiva di spazio per gli animali della rimonta. In circa un quarto degli allevamenti considerati, per almeno una categoria di età, lo spazio a disposizione pro capite è al di sotto degli standard minimi. E paradossalmente spesso questo problema interessa solo la rimonta, mentre gli animali adulti di quasi tutte le aziende possono godere di spazi ampi, con valori in linea o anche superiori a quelli consigliati dalla Dairy Calf and Heifer Association. Passiamo ora a parlare della lettiera. In genere è costituita da paglia o stocchi di mais, il che è più che soddisfacente di per sé, poiché la paglia è ritenuta essere il miglior materiale da lettiera. Tuttavia, molto spesso è troppo vecchia e sporca, non viene sostituita o integrata quanto necessario. Certo la paglia ha un costo, ma se la rimonta e soprattutto le manze e le manzette riposano su un substrato sporco contaminano le mammelle con batteri che — una volta giunte alla fase di lattazione — provocheranno mastiti ambientali. Purtroppo gli allevatori non mettono ancora in relazione la pulizia della lettiera con le mastiti nelle primipare. E perdere (in parte e per un certo tempo) la produzione di una primipara è un costo che davvero nessuno si può permettere. Un vero e proprio spreco. Il problema della pulizia della lettiera è al centro dell’attenzione in questo periodo. Sul BUR-Lombardia del 4 aprile 2016 sono state pubblicate le Linee di Indirizzo per aiutare i

Secondo gli autori della ricerca dell’IZS, la mortalità nella rimonta è data da cause diverse in base all’età dei vitelli: negli animali giovanissimi, nei primi mesi di vita, è dovuta principalmente alle infezioni, mentre nei capi che hanno superato l’anno di vita è data da problemi strutturali o gestionali

Superato lo scoglio dell’alimentazione lattea, il valore della mortalità cala costantemente fino ai 12 mesi di vita, per poi risalire al 22% fra i 12 e i 24 mesi. In base alla letteratura, pare sia inevitabile aspettarsi il 13% di mortalità nella rimonta, definizione che raggruppa i futuri animali produttori dell’allevamento, quindi dai vitelli appena nati fino alle manze gravide. E invece i risultati osservati in campo portano a superare di gran lunga questo valore: addirittura si sono registrate aziende in cui la mortalità della rimonta è del 28,6%

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veterinari ufficiali a valutare il grado di pulizia degli animali. È una valutazione che può essere condotta in allevamento, durante il trasporto e al macello. Prevede che in caso di condizioni molto sporche o sporche e umide dell’animale, il veterinario intraprenda contromisure adeguate sia per la fase di allevamento, sia per quella di macello. In conclusione, secondo gli autori la gestione della rimonta costituisce un punto critico in molti allevamenti di vacche da latte e com-

porta pesanti ricadute economiche e in termini di benessere animale. Al tempo stesso, dal punto di vista dell’auditor o dell’esaminatore esterno, lo spazio disponibile per questa classe di animali, la pulizia dei capi e la mortalità della rimonta sono indicatori utili per rilevare situazioni anomale, individuare carenze strutturali o gestionali e proporre soluzioni di miglioramento della produttività e del benessere degli animali. Giulia Mauri

Italia e Lapo campioni assoluti alla mostra ovina Razza delle Langhe di Murazzano Parata di grande bellezza zootecnica alla mostra degli ovini di razza delle Langhe che si è tenuta alla fine di agosto a Murazzano, nell’ambito dell’Antica Fiera dei Trenta. Dopo tre giorni di passerella sul ring, la giuria della rassegna organizzata dall’associazione regionale allevatori ha incoronato campione l’ariete Lapo di Elda Barbero e campionessa la pecora Italia di Rocco Gatto. Dal gregge di Gatto sono usciti altri vincitori nelle varie categorie che hanno visto sfilare un totale di 105 capi, il fior fiore della razza. Sottolinea il successo della mostra, che mantiene viva una tradizione secolare, il direttore ARAP Tiziano Valperga. «Siamo impegnati, assieme a tutti gli allevatori, in un percorso di recupero e mantenimento della razza, con particolare attenzione agli aspetti connessi alla selezione e al mantenimento della variabilità genetica nonché al sostegno tecnico delle piccole aziende storiche e nuove che costituiscono il tessuto produttivo». La pecora di Langa (photo © madeinlangheroero.it), con una trentina di allevamenti e poco più di 2.000 capi, è oggi una realtà ridimensionata, ma continua a rappresentare un elemento caratteristico e soprattutto funzionale dei territori collinari e marginali. Le Langhe cuneesi rappresentano il baricentro genetico di questa razza autoctona, che prima della guerra era arrivata a contare 30.000 capi. La sua versatilità rende la pecora di Langa uno straordinario “strumento di gestione”. La sua alimentazione a base di pascolo, foraggi e arbusti verdi favorisce infatti la conservazione dell’habitat naturale nelle aree collinari e marginali, offrendo ai giovani che abbiano voglia di intraprendere questa strada una reale possibilità di insediarsi e provare a sviluppare un allevamento sostenibile, perfettamente integrato con l’ambiente circostante. La produzione di latte, ricco di proteina e acidi grassi insaturi amici della salute, può variare dai 100 ai 150/200 kg per ogni lattazione (durata media di circa 6/8 mesi). Il prodotto principe è il Murazzano Dop, gloria casearia piemontese. (fonte: APA Cuneo)

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RAZZE

La Podolica serba di Andrea Gaddini e Srdjan Stojanović

L

a Podolica serba (Podolsko goveče o anche Sivo-stepsko goveče o Podolac) è una delle razze balcaniche del ceppo Podolico, allevata nella Repubblica Serba, e come molte altre razze rustiche del ceppo è a rischio di estinzione ed è oggetto di programmi di protezione. Area di diffusione La razza è diffusa soprattutto nella Vojvodina, provincia autonoma settentrionale della Repubblica Serba, fino al 1918 appartenente all’Ungheria. La regione comprende anche la Sirmia, attualmente divisa tra Serbia e Croazia, che ha dato il nome alla razza Podolica croata Slavono-Sirmia. In Vojvodina, considerata la “patria della Podolica”, già nel Settecento la razza era ampiamente diffusa come animale da lavoro nei latifondi.

Caratteristiche La Podolica serba manifesta una grande capacità di adattarsi a condizioni di allevamento estreme, per la sua grande frugalità, resistenza alle avversità climatiche, facilità di parto, ottima attitudine materna, notevole resistenza alle malattie, come la tubercolosi, e forte crescita compensatoria che permette di minimizzare i danni causati da periodi di scarsità di cibo dovuti ad eventi climatici nefasti, ma che in passato hanno permesso anche di superare turbolenze politiche. L’attitudine materna, espressa dalla capacità di portare i vitelli allo svezzamento in condizioni difficili, va intesa anche come caratteristica collettiva, come dimostra l’episodio raccontato dall’allevatore Tružinski Sabolč: avendo una vacca partorito a 20 ºC sotto zero, le altre bovine dell’allevamento si erano

strette intorno al neonato, spingendogli intorno la paglia della lettiera per riscaldarlo (CRNOBARAC, 1999). La Podolica serba ha forse i suoi antenati nei bovini dalle lunghe corna rappresentati nelle testine in bronzo del VI-VII secolo a.C. conservate nel Museo archeologico di Belgrado, ed ha avuto una lunga storia come animale da lavoro, grazie alla costituzione robusta e alla resistenza alla fatica, frutto di secoli di selezione, ma è entrata in crisi nella seconda metà dell’Ottocento con la riduzione della disponibilità di pascoli, messi a coltura per produrre mais. Nel Novecento la meccanizzazione dell’agricoltura ne ha provocato la sostituzione, soprattutto con la Simmental, importata a partire dal 1899 (STOKOVIĆ), che nei Balcani ha svolto un ruolo di primo piano nella

Mandria di razza Podolica di Milenko Plavšič sull’isola di Krčedinska Ada.

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La Podolica serba manifesta una grande capacità di adattarsi a condizioni di allevamento estreme, per la sua grande frugalità, resistenza alle avversità climatiche, facilità di parto, ottima attitudine materna, notevole resistenza alle malattie, come la tubercolosi, e forte crescita compensatoria che permette di minimizzare i danni causati da periodi di scarsità di cibo dovuti ad eventi climatici nefasti, ma che in passato hanno permesso anche di superare turbolenze politiche

La forma ed il colore delle corna sono una caratteristica importante per la valutazione dell’individuo, e la decornazione non viene praticata. Sono lunghe, dirette in fuori e poi in avanti, con le punte rivolte indietro, sono accettate le corna “a foglia” ma non quelle “di capra”, dirette verso l’alto

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scomparsa delle razze autoctone e che oggi costituisce circa il 70% della popolazione bovina serba (ALEKSIĆ et al., 2009). In effetti, come le altre podoliche, in origine la razza era a triplice attitudine, essendo allevata in zone molto marginali, nelle quali anche il reddito aggiuntivo della produzione della carne e del latte era prezioso per il bilancio famigliare. Oggi l’attitudine è alla produzione di carne, però, come per altre razze podoliche, non va trascurata l’importanza come attrazione turistica, nei parchi naturali, come quello di Zasavica, presso Sremska Mitrovica ma anche nelle manifestazioni folcloristiche, come la festa delle arti popolari ungheresi a Bačka Topola, che vede sfilare un attacco di quattro buoi podolici. Allevamento I bovini podolici serbi in passato erano allevati in condizioni estremamente estensive, su pascoli di solito secchi in luglio ed agosto. Tradizionalmente dopo i raccolti il bestiame era lasciato al pascolo sulle stoppie fino all’autunno avanzato ma in inverno poteva contare solo su fieno e stocchi di mais, e integrazioni di granaglie erano rare e destinate solo alle vacche con vitello o ai buoi prima dell’inizio della stagione lavorativa. Queste dure condizioni di allevamento hanno selezionato le caratteristiche di resistenza della razza, perfettamente adattata alla pianura pannonica e in grado di dare produzioni anche quando razze migliorate non sarebbero state in grado di farlo. Anche oggi l’allevamento è prevalentemente al pascolo, ma esistono mandrie a stabulazione libera su lettiera permanente e razione costante tutto l’anno, con prevalenza di paglia di frumento aziendale, data a volontà. La paglia che non viene consumata rimane a fare da lettiera e il letame viene rimosso a macchina una volta all’anno, alla fine dell’inverno. Lo spesso strato della lettiera e la sua fermentazione, che rilascia calore, aiuta i capi a sopportare le rigide temperature invernali. Nella stabulazione all’aperto gli animali dispongono di

mangiatoie riparate da tettoie dove consumano altro foraggio di buona qualità (mangimi concentrati, fieno di erba medica). La sopravvivenza della razza, nonostante il successo della Simmental, è dovuta anche al fascino di questi animali: secondo alcuni allevatori la Podolica incute rispetto, per il suo forte temperamento, in confronto alla Simmental, che può risultare noiosa, per l’eccessiva tranquillità degli animali (STEVANOVIĆ et al., 1971). Inoltre, il suo comportamento è molto simile a quello degli ungulati selvatici, come testimoniato dagli allevatori dell’azienda delle dune di Deliblato, che, oltre alle Podoliche, allevano anche cervi (STOJANOVIĆ, 2006). Produzioni Attualmente il prodotto principale della razza è la carne, che si presenta secca, consistente e scura, adatta per cotture umide prolungate e ottenere prodotti trasformati, grazie anche alla scarsa marmorizzazione, dovuta anche alla prevalente deposizione di grasso nel tessuto connettivo sottocutaneo nella cavità addominale; in passato era infatti nota la particolare predisposizione dei bovini podolici della Sirmia per deporre sego (STOJANOVIĆ, 2006). La resa al macello per i vitelloni ingrassati è del 52-55%, ma arriva anche al 57%, mentre per i tori a fine carriera è del 49% e nelle vacche a fine carriera è del 42% (STOJANOVIĆ, 2006, 2012). L’indice di conversione e la capacità di deporre grasso sono bassi, ma quest’ultima aumenta con l’età. La carne dei vitelloni e dei manzi è da tempo apprezzata sui mercati austriaci, come quelli di Vienna e Graz. I dati sulla qualità della carne (colore, perdite d’acqua, tenerezza, valutazione organolettica) sono in linea con quelli delle altre razze rustiche di ceppo podolico (STOJANOVIĆ, 2012). La Podolica serba è una razza tardiva: i maschi raggiungono la maturità a 30 mesi e sono adibiti alla riproduzione a 2,5-3 anni (STOJANOVIĆ, 2009) e le femmine sono fertili a 24, il primo calore varia da 494 a 1199 giorni, con una media di 893,54 giorni, pari a 29,78 mesi.

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Vacca di razza Podolica dell’azienda di Sabolč Tružinski a Bačka Topola. Il primo parto ha luogo dopo i due anni. STOJANOVIĆ (2006) ha rilevato valori medi di 39,2 mesi (1177,46 giorni), ma non è raro trovare allevamenti con primo parto a quattro anni. La grande variabilità è dovuta alle diverse condizioni di allevamento e soprattutto alla stagione, vista la notevole differenza di qualità degli alimenti tra inverno ed estate. Infatti, l’avvento del primo estro è influenzato dallo stato nutritivo e quindi dalla condizione fisica delle giovenche, oltre che dalla temperatura. La fertilità è elevata, nell’ordine dell’85%, la durata media della gravidanza è di 284,03 giorni, con variazioni assolute da 269 a 304 giorni, e l’interparto medio è di 362,23 giorni. La razza ha una grande facilità di parto, senza necessità di assistenza, la percentuale di vitelli nati vivi è di 94,38%, con il 2,04% di aborti spontanei e il 3,57% di vitelli nati morti (STOJANOVIĆ, 2006). Il peso medio alla nascita è 25-30 kg, in STOJANOVIĆ (2006) risulta 30,44 kg nei maschi e 29,61 kg nelle femmine. Gli accrescimenti medi sono di 300 g/giorno e gli animali

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a 8 mesi raggiungono 100-120 kg, ad un anno 140-160 kg, e a 3-4 anni 350-450 kg. Vitelloni allevati a stabulazione libera e macellati ad un’età media di 19 mesi hanno raggiunto un peso medio di 445,91 kg (STOJANOVIĆ, 2012). La razza è molto longeva, con durata della carriera di 25 anni, e punte di 30, mentre i buoi erano utilizzati per il lavoro nei campi fino ai 15 anni (STOJANOVIĆ, 2006); il limite alla longevità è dato soprattutto dalla perdita dei denti, con impossibilità di nutrirsi adeguatamente. La produzione media di latte è di 800-1.000 kg, in linea con quella delle altre razze podoliche rustiche, con punte fino a 3.000 kg, il contenuto di grasso è del 3,8-4,9% (media 4,24%), il contenuto proteico medio del 3,99% (STOJANOVIĆ, 2012); le lattazioni in media sono 11, con durata media di 152 giorni (con minimo di quattro mesi). I valori rilevati sulle produzioni lattiere non sono significativamente differenti tra primipare e pluripare (STOJANOVIĆ, 2006). I valori odierni della produzione del latte non evidenziano miglioramenti rispetto a

lavori dei decenni precedenti, visto che non c’è stata nessuna iniziativa selettiva per migliorarla, essendo gli sforzi tesi piuttosto ad evitare l’estinzione della razza. Consistenza Il brusco calo della consistenza della Podolica serba deriva dai fattori comuni alle altre razze autoctone, la meccanizzazione, alla diffusione di razze esotiche, nel caso specifico della razza Simmental, allo spopolamento delle zone di montagna per l’urbanizzazione e all’abbandono della produzione estensiva di bestiame in aree marginali, i cambiamenti nella domanda del mercato, guerre, disordini e instabilità politica, la mancanza o l’inadeguatezza di politiche per la zootecnia, la perdita di consapevolezza dei consumatori dell’importanza delle razze locali, i cambiamenti climatici, le malattie umane ed animali. La consistenza di bovini podolici in Vojvodina è passata dai 213.370 capi del 1911 ai 6.822 del 1951. Nel 2004 si è rilevato un dato minimo di 60 vacche e 5 tori, risalite a 250 nel 2009, grazie all’intervento di misure di

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sostegno pubbliche (STOJANOVIĆ et al., 2011). La sospensione per due anni di tali misure, ora ripristinate, ha determinato un nuovo calo della consistenza. Nel 2015, in 12 allevamenti sono presenti 240 capi, tra i quali 16 tori e 107 vacche. I principali allevamenti di Podolica sono l’azienda di Sabolč Tružinski a Bačka Topola, la Riserva naturale di Zasavica, presso Sremska Mitrovica, la mandria di Milenko Plavšić sull’isola di Krčedinska Ada, presso Kovilj, e altri allevamenti minori a Beška, Bela Crkva e Vršac. Morfologia Il mantello è grigio argento, più scuro nei maschi, a partire dai 3-4 anni, spesso con occhiali neri e sfumature nere a collo, lati della testa, garrese e parte inferiore del petto e delle cosce; il nappo della coda e gli unghioni sono neri. In generale il treno anteriore è più scuro di quello posteriore, ma il mantello troppo scuro non è apprezzato, sebbene non sia considerato un difetto, mentre sono considerati non conformi allo standard la testa del tutto nera nei tori, peli bianchi nel nappo della coda e depigmentazioni della pelle, che indicano un allontanamento dallo standard di razza. Il colore cambia anche con la stagione, diventando più scuro d’inverno, quando il pelo si presenta anche più fitto, lungo e arruffato, mentre d’estate è corto e lucido. Esistono anche rari animali albini. Come nelle al-

tre razze podoliche il mantello dei vitelli è fromentino, anche se non è considerato un requisito, a 2-3 mesi comincia a cambiare colore e a 4-6 mesi è del tutto grigio. La forma ed il colore delle corna sono una caratteristica importante per la valutazione dell’individuo, e la decornazione non viene praticata. Sono lunghe, dirette in fuori e poi in avanti, con le punte rivolte indietro, sono accettate le corna “a foglia” ma non quelle “di capra”, dirette verso l’alto. Nei tori di solito raggiungono 70-100 cm, ma in certi esemplari raggiungono 150 cm, con distanza tra le punte fino a 2 metri; nelle vacche misurano di solito 60-70 cm e nei buoi arrivano a un metro. La circonferenza alla base può raggiungere 30 cm. Le corna hanno l’ultimo terzo nero lucido, la parte mediana bianca e la parte prossimale bianco sporco, non sono gradite sfumature verdastre o giallastre; negli animali giovani le corna hanno sfumature rossicce, fino al raggiungimento del colore definitivo, intorno ai quattro anni (STOJANOVIĆ, 2006). La testa è tendenzialmente lunga e stretta, proporzionata al corpo, il profilo fronto-nasale è piatto, gli occhi grandi e scuri, la mascella larga, il collo lungo, leggermente muscoloso e piuttosto stretto, l’olfatto e udito sono ben sviluppati. Il treno anteriore è più sviluppato del posteriore, il torace è cilindrico, profondo e lungo, le regioni della linea dorsale sono

poco muscolose, il dorso è lungo e moderatamente largo, i lombi sono lunghi e stretti e la groppa è piatta e piuttosto lunga (STOJANOVIĆ, 2006). La mammella è di piccole dimensioni, ricoperta di pelo, con capezzoli piccoli e sottili e la coda è attaccata correttamente, di media lunghezza e spessore e raggiunge quasi il garretto (SMILEVSKI, 1974). Gli arti sono più lunghi rispetto ad altre razze del ceppo, sono solidi, con tendini forti, articolazioni asciutte e unghioni duri. Gli appiombi sono generalmente corretti, ma sono presenti anche arti anteriori mancini e posteriori falciati. Il portamento è vigoroso, a testa eretta, il passo è lungo e l’andatura veloce (STOJANOVIĆ et al., 2011). Il peso medio dei tori è di 800 kg, con estremi da 600 a 900 kg, mentre quello delle vacche è di 500 kg, con intervallo da 350 a 700 kg; per i buoi i pesi variano da 550 a 650 kg. L’altezza al garrese, secondo vari autori, varia tra 130 e 145 cm per le vacche, 150 cm per i tori e 160 cm per i buoi (STOJANOVIĆ, 2006). Le misure biometriche medie secondo STOJANOVIĆ (2009) sono riportate in Tabella 1. Parentele La Podolica serba è molto simile alla Podolica slavona, una delle due razze podoliche presenti in Croazia, tanto che l’Atlante delle razze rare dei Balcani (KUGLER) le considera una razza unica. A conferma di ciò RA-

Tabella 1 – Misure biometriche medie della razza Podolica (Stojanović, 2009) Media

Giovenche 1 anno

Altezza al garrese (cm)

126,02

105,15

117,90

105,00

126,50

Altezza groppa (cm)

128,64

108,24

120,00

109,50

128,80

Lunghezza tronco (cm)

160,66

117,86

141,20

125,25

158,80

Larghezza torace (cm)

41,92

30,33

34,20

30,50

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Profondità torace (cm)

67,19

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Circonferenza torace (cm)

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Circonferenza stinco (cm)

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Larghezza ischi (cm)

13,19

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Larghezza Ilei (cm)

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Giovenche 1-2 anni

Manzi

Tori

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Nell’azienda di Sabolč Tružinski a Bačka Topola, gli animali vengono allevati a stabulazione libera su lettiera permanente. MLJAK et al. (2011), allo scopo di migliorare la Slavona senza snaturarne l’identità genetica, propongono insanguamenti con la Serba e la Grigia ungherese, identificate come le uniche razze strettamente imparentate con i bovini croati. Negli anni ‘60 l’abbandono da parte di alcuni allevatori ha portato alla vendita di animali in Croazia, contribuendo a formare la Podolica slavona, mentre altri capi dall’importante azienda di Rado Tisma, alla sua morte, furono venduti in Ungheria. Prima della divisione della Iugoslavia nelle attuali sei repubbliche indipendenti, sotto il nome di razza Iugoslava della steppa erano raggruppate insieme la Slavona e la varietà nana serba della Posavina o Gulja (MASON), diffusa in Bosnia ed ora estinta (FAO). Secondo PIROCCHI (1906), la Posavina della Bosnia aveva “i caratteri dei bovini podolici, quali si presentano sugli Appennini compresi dagli Abruzzi alle Calabrie”. Fino al 1993 era documentata una razza podolica mista, la Kolubarska, nata da incrocio con la razza nana

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locale Busha, nella zona di Mionica, Valjevo, nell’alto corso del fiume Kolubara, che ovviamente aveva una taglia più piccola. La razza nacque con il decisivo impulso del principe MILOŠ OBRENOVIĆ che tra il 1820 e il 1835, a Divčibare sul monte Maljen, possedeva un suo “centro genetico” personale. Un altro incrocio tra Podolica serba e Busha era la razza Spreča (anche Spre čko gove če o Tuzla), diffusa nel nord-est della Bosnia, con mantello grigio-giallastro (PORTER) che oggi risulta estinta. Inoltre la Podolica ha contribuito alla formazione del bestiame meticcio pezzato di derivazione Simmental, che costituisce circa il 25% del bestiame bovino serbo (ALEKSIĆ et al., 2009). Conservazione Il programma di protezione, che ha consentito di evitare l’estinzione della razza, è gestito dal 2003 dal Ministero dell’agricoltura e della protezione dell’ambiente della Repubblica Serba (LIGDA C. e ZJALIĆ M.), poi Ministero dell’agricoltura, delle foreste e delle risorse idriche

(STOJANOVIĆ, 2012) e prevede innanzitutto una protezione in situ, ossia nell’area tradizionale di distribuzione della razza. Esso si attua con un sostegno agli allevatori di razze a rischio estinzione, e il referente è il dottor SRDJAN STOJANOVIĆ, medico veterinario del Ministero. Il libro genealogico della Podolica serba, come quelli delle altre razze zootecniche del Paese, è tenuto dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Novi Sad, che gestisce anche il piano degli accoppiamenti. Non è stata costituita un’associazione di allevatori della razza. La Podolica serba è inserita nel Piano di gestione e sviluppo della Riserva naturale speciale di Zasavica, finanziato dal Ministero degli affari economici, agricoltura e innovazione dei Paesi Bassi, iniziato nel 2009 e terminato nel 2011 con un congresso a Sremska Mitrovica. Il Piano applica i principi di pianificazione della gestione della Direttiva 92/43/CEE (Direttiva habitat). Il movimento per la conservazione della natura di Sremska Mitrovica ha iniziato ad allevare vacche podo-

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liche nel 1998, i primi esemplari, dono di PECA PETROVIĆ, ecologista di Mionica, furono introdotti in primavera presso uno stagno usato per la pesca; oggi sui 500 ettari dei pascoli di Valjevac pascolano in estate 80 capi che forniscono una carne particolarmente saporita, carattere tipico dei bovini podolici, che viene usata localmente per produrre il tipico Podolski goulash stufato di origine magiara, che risente dell’influenza della vicinanza con l’Ungheria. Dallo stesso parco proviene un formaggio di latte d’asina che viene definito dai suoi produttori come il formaggio più costoso del mondo. Una delle idee allo studio per salvaguardare l’allevamento di questa razza, e dei suini lanosi di razza Mangalica, rendendone economicamente vitale l’allevamento, è di proteggerne l’origine geografica, seguendo l’esempio della Grigia ungherese, protetta da DOP (Denominazione di Origine Protetta). La richiesta al momento non è stata presentata perché si sta valutando la convenienza di sostenere il costo per la pratica di registrazione per l’ottenimento del marchio, con la relativa raccolta di documentazione e presentazione di motivazioni, visto che esso potrebbe non essere compensato da un prezzo più alto per la carne, che per i prodotti provenienti da Zasavica è già garantito. Un altro possibile incentivo commerciale è l’inserimento dei prodotti della razza nel circuito dell’agricoltura biologica, non difficile grazie al sistema di allevamento ampiamente estensivo e rispettoso del benessere animale, con bassissimo impatto sull’ambiente, specie dove effettuato all’interno di zone naturali protette. Va tenuto presente che l’utilità per l’ambiente delle razze rustiche, compresa la Podolica serba, è anche quella di preservare la biodiversità e la diversità del paesaggio, dato che la cessazione del pascolo in alcune zone ha provocato l’espandersi di specie vegetali invasive, che spesso minacciano la sopravvivenza delle popolazioni ridotte e isolate di specie vegetali rare, e possono

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Teste bovine in bronzo del VI-VII secolo a.C conservate nel Museo Nazionale di Belgrado. portare alla scomparsa di habitat unici. Il ripristino del pascolamento può servire a contenere le specie invasive e a proteggere quelle rare. È previsto anche un programma di conservazione ex situ, ossia al di fuori della zona tradizionale di diffusione, con la creazione di una banca dei geni; al momento non viene eseguita la fecondazione artificiale né la crioconservazione del seme, che invece è attuata per la Busha, l’altra razza autoctona serba. La conservazione delle razze autoctone a rischio di estinzione può anche prevedere l’apporto di riproduttori di razze simili, che nel caso della Podolica sono diverse, dopo aver adeguatamente conosciuto la vicinanza genetica e gli incroci avvenuti nel passato, con gli strumenti attualmente forniti dalla genetica molecolare. Andrea Gaddini Srdjan Stojanović Nota Photo © Andrea Gaddini. Bibliografia 1. ALEKSIĆ S., PANTELIĆ V., RADOVIĆ Ć. (2009), Livestock production: present situation and future development directions in Republic of Serbia, Biotechnology in ANIMAL HUSBANDRY, 25 (5-6): 267-276. 2. ALEKSIĆ S., PETROVIĆ M. M., SRETENOVIĆ LJ., PANTELIĆ V., TOMAŠEVIĆ D., OSTOJIĆ-ANDRIĆ D. (2007),

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Cattle production: current situation and future directions of development in Republic of Serbia, Biotechnology in ANIMAL HUSBANDRY, 23 (5-6): 1-10. 3. BOGDANOVIĆ V., ÐEDOVIĆ R., PERIŠIĆ P., PETROVIĆ M.M. (2005), Cattle breeding goals and programmes in Serbia, Biotechnology in ANIMAL HUSBANDRY, 21 (5-6): 15–21. 4. BOGDANOVIĆ V., ÐEDOVIĆ R., PERIŠIĆ P., PETROVIĆ M.M. (2007), Breeding strategy in small and closed livestock populations, Biotechnology in ANIMAL HUSBANDRY, 23 (5-6): 269-275. 5. CENTRE FOR DEVELOPMENT INNOVATION (2011), Zasavica Special Nature Reserve, Management Plan 2012-2022, www.zasavica. org.rs 6. CRNOBARAC J. (1999), Bačkotopolac Sabolč Tružinski čuvar tradicijePodolac otrgnut od zaborava, Poljoprivrednikov poljoprivredni kalendar 1999, DOO Dnevnikpoljoprivrednik, Novi Sad. 7. FAO (2014), DAD-IS Domestic Animal Diversity Information System, Podolian/Serbia, dad.fao.org 8. KUGLER W. (2009), Rare Breeds and Varieties of the Balkan Atlas 2009, Monitoring Institute, St. Gallen Switzerland, 53 p. 9. LIGDA C., ZJALIĆ M. (2011), Conservation of animal genetic resources in Europe: overviews of the policies, activities, funding and expected benefits of conservation activities, Animal Genetic Resources, 49: 75-86. 10. MASON I.L. (1951), World Dictionary of Livestock Breeds, Types and Varieties, Commonwealth Agricultural Bureaux, Slough, Bucks, England. 11. PETROVIĆ M.M., ALEKSIĆ S., PETROVIĆ M. P., PETROVIĆ M., PANTELIĆ V., NOVAKOVIĆ Ž., RUŽIĆ-MUSLIĆ D. (2013), Potentials of Serbian livestock production. Outlook and future, Biotechnology in ANIMAL HUSBANDRY 29 (1): 1-17. 12. PIROCCHI A. (1906), Sul bestiame del Montenegro, della Bosnia Erzegovina e della Dalmazia, Tip. Nazionale di G. Bertero e C., Roma.

13. PORTER V. (2002), Mason’s World Dictionary of Livestock Breeds, Types and Varieties, CABI Publishing, New York, USA. 14. RAMLJAK J., IVANKOVIĆ A., VEIT-KENSCH C.E., FÖRSTER M., MEĐUGORAC I. (2011), Analysis of genetic and cultural conservation value of three indigenous Croatian cattle breeds in a local and global context, Journal of animal breeding and genetics: 128: 73-84. 15. SMILEVSKI S. (1974), Govedarstvo, Univerzitet Kiril i Metodij vo Skopje, Skoplje. 16. STEVANOVIĆ M., MARKOVIĆ S., MATIĆ S., PEŠIKAN M. (1971), Rečnik srpsko hrvatskoga književnog jezika, knjiga četvrta, Matica Srpska, Novi Sad. 17. STOJANOVIĆ S. (2006), Morfološke karakteristike i osobine plodnosti podolskog govečeta. Magistarska teza. Univerzitet u Novom Sadu, Poljoprivredni Fakultet, Novi Sad, Serbia. 18. STOJANOVIĆ S. (2009), Caratteristiche morfologiche e caratteri riproduttivi dei bovini di razza Podolica, Atti del convegno “Sulle tracce delle podoliche”, Matera, 10 luglio 2009, 173-174 pp. 19. STOJANOVIĆ S. (2012), Kvalitet mesa i mleka podolskog govečeta, Doktorska disertacija, Univerzitet u Novom Sadu, Poljoprivredni Fakultet, Novi Sad, Serbia. 20. STOJANOVIĆ S., DJORDJEVIĆ-MILOŠEVIĆ S. (2003), Autochtonous Breeds of Domestic Animals in Serbia and Montenegro, Lir, Belgrado, Serbia e Montenegro, 80-85 pp. 21. STOJANOVIĆ S., TRUZSINSZKI S., HOLLÓ D. (2011), Autochthonous breeds of domestic animals in Serbia and Montenegro, in Podolic Cattle. Characterization of indigenous and Improved Breeds (a cura di IMRE BODÓ), Te-Art-Rum Bt., Budapest, 91-95 pp. 22. ŠTOKOVIĆ I., EKERT KABALIN A., KAROLYI D., SAKIĆ V., MISCEVIĆ B., DAUD J., STARIĆ J., BUNEVSKI G. (2007), Cattle production trends in the region of ex Yugoslavia, 2nd Cattle NetworkEAAP Workshop, 15/09/2006, Antalya, Turkey, EAAP News no. 56, July.

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PACKAGING

Gli Europei e l’imballaggio I risultati esclusivi del grande sondaggio commissionato dal salone All4Pack Paris e realizzato da ObSoCo

A

pochi mesi dall’apertura, All4Pack Paris 2016, il salone internazionale di riferimento dell’area EMEA per i mercati dell’imballaggio e dell’intralogistica che si svolgerà a Paris Nord Villepinte dal 14 al 17 novembre 2016, rivela i risultati di un sondaggio esclusivo sulla cosiddetta “esperienza imballaggio” dei consumatori europei. Realizzato con ObSoCo – Observatoire Société et Consommation in quattro Paesi (Francia, Germania, Italia e Spagna) tra l’11 ed il 24 maggio scorsi su un campione di 2.186 persone, suddivise equamente, questo sondaggio dimostra come le attese in termini di imballaggio, sia a livello di forma che di impatto emotivo o di informazioni veicolate,

divergano molto in funzione dei Paesi interpellati. Mette inoltre in luce un altro aspetto: l’effetto generazionale sembra influenzare il rapporto tra l’imballaggio ed i consumatori, in particolare per quanto riguarda l’innovazione e la riduzione dell’impatto ambientale. Aspettative specifiche per Paese Se un certo consenso si manifesta per alcuni punti, il sondaggio mette in evidenza l’influenza delle specificità culturali sui risultati raccolti. Si può così osservare una certa divergenza tra i Francesi ed i Tedeschi da una parte, che sembrano privilegiare un approccio funzionale dell’imballaggio, e gli Italiani e gli Spagnoli dall’altra, più

A novembre, All4Pack Paris proporrà numerosi eventi che permetteranno ai visitatori di decodificare i trend e di informarsi sulle sfide attuali e di domani del settore. Per l’esaustività dell’offerta, il salone ha la capacità di riunire in un solo luogo i professionisti di circa 100 Paesi e rappresenta un appuntamento prioritario per tutti gli attori della filiera

Imballaggio sottovuoto per carni esposto al Salone All4Pack a Parigi. Secondo un sondaggio svolto prima del salone, le attese in termini di imballaggio cambiano di Paese in Paese (photo © www.all4pack.com).

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L’aspetto generazionale influenza il rapporto tra imballaggio e consumatori, soprattutto per quanto riguarda la riduzione dell’impatto ambientale (photo © myvarvara). sensibili all’estetica e agli aspetti emozionali. Il 32% dei Francesi, ad esempio, vede l’imballaggio principalmente come una fonte d’informazione utile sui prodotti, che consenta loro di acquistare la dose e il giusto prodotto. Il 33% dei Tedeschi, invece, privilegia un packaging leggero che, nell’ambito specifico dell’e-commerce, riduca i volumi degli scarti, o un imballaggio a cui sia possibile dare una seconda vita. In base ai dati raccolti i Tedeschi sembrano i più sensibili all’impatto ambientale degli imballaggi, dalla fase di progettazione al loro riciclo. Per il 29% di essi, infatti, l’imballaggio deve essere riciclabile o riutilizzabile. Italiani e Spagnoli sono molto più sensibili nei confronti delle “esperienze” offerte da alcuni imballaggi e si interessano allo sviluppo di imballaggi interattivi, intelligenti e personalizzati che rappresentano un autentico progresso per oltre due terzi di loro. Su una scala da 0 a 10, gli Spagnoli accordano 6,5 punti e gli Italiani 5,1 all’effetto “wow” che procura un imballaggio personalizzato. Un imballaggio ideale per ogni generazione Un effetto generazionale sembra inoltre influenzare il rapporto tra l’imballaggio ed i consumatori. Nei quattro Paesi di riferimento,

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gli intervistati più giovani (fascia 18-24 anni) sono i più entusiasti nei confronti degli imballaggi interattivi, che rappresentano per loro una fonte di progresso tanto in termini di salute e sicurezza dei prodotti che di riduzione dell’impatto ambientale degli imballaggi. Questa parte della popolazione rappresenta un segmento per cui innovare nell’ambito degli imballaggi risulta essenziale! Il 36% della fascia 18-24 anni privilegia, inoltre, nel quadro dell’e-commerce, un imballaggio leggero che riduca i volumi degli scarti connessi all’imballaggio (vs. il 28% dell’intero campione). Gli intervistati più avanti con l’età (fascia 55-70 anni) sono più attenti agli imballaggi che garantiscono la protezione dei prodotti. Si tratta della funzione principale citata da più dei due terzi di essi. D’altra parte, sono anche i più numerosi a privilegiare un imballaggio che sia possibile riutilizzare o riciclare nel settore dell’ecommerce. L’imballaggio ideale per questa generazione sembra quindi corrispondere ad un imballaggio sostenibile, prodotto a partire da materiali in grado di garantire solidità e protezione del contenuto e che sia possibile riutilizzare o riciclare alla fine del suo ciclo di vita. >> Link: www.all4pack.fr www.salonifrancesi.com



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SICUREZZA ALIMENTARE

Più incidenti alimentari da cibi più sani Dai titoli dei giornali sembra che gli incidenti “alimentari” siano aumentati, mentre ricercatori e autorità sanitarie affermano che i cibi sono sempre più sani. L’apparente contraddizione dipende dai nuovi metodi di controllo e di identificazione delle infezioni d’origine alimentare con sistemi più rapidi e precisi di Giovanni Ballarini

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econdo i titoli dei giornali sembra che gli incidenti alimentari e soprattutto le infezioni provocate dai cibi siano in crescita, come numero e come cause. Fino a poco tempo fa, ad esempio, nessuno conosceva il norovirus o che esistessero talune varietà di Escherichia coli, un batterio comu-

nemente presente nell’intestino umano, che possono causare gravi malattie. Allo stesso tempo, i ricercatori ma, specialmente, le autorità sanitarie, affermano che i livelli di sicurezza degli alimenti siano sempre più elevati e che in particolare siano molto più alti di quelli di pochi decenni fa, per non parlare di quel-

lo che avveniva in quelli che sono ritenuti i bei tempi andati… Questa indubbia contraddizione, un vero e proprio ossimoro, deriva da un insieme di fattori che interagiscono tra loro, dall’evoluzione dei metodi di analisi, alla mondializzazione del commercio alimentare, fino la diffusione delle notizie in tempo reale.

Le epidemie legate al batterio del Norovirus sono spesso associate al consumo di insalate, cibi freddi, sandwich, prodotti di panetteria. Il cibo potrebbe essere contaminato alla fonte, da acque infette, sia nel caso di frutti di mare sia di verdure fresche o di frutti di bosco (fonte: www.epicentro.iss.it; photo © www.8108roma.it).

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sso rci pre 2 a t i s i ad. eav Venit d C043 - P n lo Sta


Controllo qualità degli alimenti in laboratorio. Grazie ai progressi nel campo della microbiologia, oggi si risale in breve tempo alle cause delle infezioni alimentari limitandone la diffusione anche grazie all’istituzione di un sistema rapido di allerta sovranazionale – RASFF (photo © Alexander Raths, www.ilfattoalimentare.it). Impronte genetiche di batteri e virus La medicina, e in particolare la microbiologia, la disciplina che studia i batteri e i virus che provocano le malattie, sono state oggetto di un grandissimo progresso e oggi abbiamo a disposizione metodi di analisi molto più efficienti rispetto a quelli anche di un passato recente. Un tempo i microbi erano isolati e identificati con culture e prove biochimiche e sierologiche che potevano durare persino settimane; oggi, invece, si usano metodi di biologia molecolare e di genetica batterica che rapidamente e con estrema precisione individuano le

loro “impronte genetiche” e le confrontano con le banche dati mondiali. In questo modo sono costruite e continuamente aggiornate una sorta di “mappe geografiche” dei batteri e virus interessati alle malattie collegate all’alimentazione. La rapidità d’individuazione delle cause delle infezioni d’origine alimentare e lo sviluppo dei commerci ha portato alla costituzione di un sistema sovranazionale di comunicazioni rapide o “allerte”. Una conseguenza di tutto ciò è che oggi sono identificati anche piccoli focolai di malattia alimentare, costituiti da una sola famiglia, e non soltanto, come una volta, i focolai

Con il sistema di allerta si ha il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale e, nel caso di rischio grave, l’immediato sequestro dei prodotti può essere integrato con comunicati stampa. In questo caso i cittadini sono informati sul rischio legato al consumo di un determinato prodotto e sui modi di riconsegna dell’alimento alla ASL competente

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che comprendevano molte persone come gli incidenti di centinaia di ammalati (per esempio dopo un pranzo di nozze). Allerte alimentari Il meccanismo delle comunicazioni rapide è uno strumento essenziale per la valutazione di eventuali rischi e per la tutela del consumatore. Per notificare in tempo reale i rischi connessi al consumo di alimenti in Europa è stato istituito il Sistema Rapido di Allerta sotto forma di rete e che trova il suo fondamento giuridico nella Direttiva 92/59/ CEE del Consiglio europeo e nel Regolamento CE 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio. In Italia, il Ministero della Salute ha fornito indicazioni ai propri uffici periferici (UVAC, PIF, USMA) e alle Regioni e Province autonome le competenze e le modalità operative in caso di frode tossica o di prodotti nocivi o pericolosi per la salute pubblica, con un proprio sistema di allerta. Allerta significa allarme, mettere in guardia, avvisare. Il flusso delle allerte deve garantire la completezza delle informazioni e la tempestività

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della comunicazione. Le notifiche sono comunicate e condivise tra gli Stati Membri via rete, in tempo reale. Con il sistema di allerta si ha il ritiro di prodotti pericolosi per la salute umana o animale e, nel caso di rischio grave ed immediato (esempio tossina botulinica), l’immediato sequestro dei prodotti può essere integrato con comunicati stampa. In questo caso i cittadini sono informati sul rischio legato al consumo di un determinato prodotto e sui modi di riconsegna dell’alimento alla ASL competente. La Commissione europea ha un sito apposito per la consultazione on-line delle notifiche settimanali, divise in prodotti a rischio che sono sul mercato europeo, o non presenti sul mercato europeo o già sottoposti a misure di controllo. Il sistema fa parte di un sistema mondiale che coinvolge analoghi sistemi nazionali e sovranazionali, come il FoodNet e PulseNet degli Stati Uniti d’America. I dati mostrano che dove sono attivi i sistemi di allarme si ha una diminuzione delle tossinfezioni alimentari, perché la rete d’informazioni stimola le azioni preventive e aumenta l’attenzione sui controlli. Anche produttori e rivenditori, temendo i controlli, si preoccupano di non andare incontro a incidenti che potrebbero tradursi in un grave danno di immagine. Il sistema funziona anche nei casi più complicati perché scatta un livello di analisi più approfondito che, in genere, consente di individuare la causa. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, nel 2015 si sono avute 2.967 notifiche contro le 3.097 del 2014 e le 3.136 del 2013. La diminuzione del numero di segnalazioni è in parte dovuta ad una maggiore collaborazione amministrativa tra Paesi Membri, che comunicano fra loro alcune non conformità di tipo “non grave” (esempio, etichettatura non conforme ecc…), senza effettuare notifica attraverso il sistema RASFF. Anche nel 2015 l’Italia è risultata il primo Paese membro nel numero di segnalazioni inviate alla Commissione europea.

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Comunicazione planetaria delle allerte e paura Un tempo i giornali davano notizia solo di incidenti soprattutto locali e relativamente rari che colpivano molte persone ammalate e che ricorrevano contemporaneamente all’ospedale del luogo. Era il tempo nel quale si diceva che per un influente giornale inglese, il TIMES, era più importante dare notizia di un morto a Piccadilly che cinquemila morti in Cina. Oggi attraverso i giornali, la televisione e, soprattutto internet, e usando i dati delle allerte alimentari, chiunque e in tempo reale sa di possibili rischi e anche di piccoli se non minimi episodi in qualsiasi parte del mondo e che comunque ci fanno paura. Di conseguenza, pare che ci siamo abituati ai morti di casa nostra, mentre abbiamo sempre più paura dei rischi e anche di minime malattie alimentari (e non) dei Cinesi o di popoli che vivono dall’altra parte della terra e di cui ci danno continuamente notizia i giornali e le televisioni. Infatti, bastano quattro o cinque Cinesi ammalati di enterite alimentare per preoccupare la massaia italiana che fa la spesa. Da qui l’aumento delle paure alimentari, anche se i nostri cibi sono sempre più sicuri, anche e proprio attraverso la scoperta di rischi ancora potenziali e di sia pur minimi incidenti, e attraverso i sequestri che eliminano ogni sia pur piccolo rischio. Da qui, più sicurezza degli alimenti, ma anche più paure emotive. Sistemi di allerta e commercio internazionale Infine, in una sempre crescente mondializzazione dei commerci, poter individuare con sicurezza e rapidamente negli alimenti batteri e virus anche solo potenzialmente pericolosi, e seguire il loro spostamento apre un nuovo scenario nelle trattative sui commerci degli alimenti, soprattutto se questi avvengono tra Paesi o continenti con diversi livelli di conoscenze e di sicurezza alimentare. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma


TECNOLOGIE

Monaco, l’Oktoberfest e l’HB Un progetto realizzato anche grazie alla più moderna Information Technology del gruppo CSB-System

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a HB-HOFBRÄUHAUS di Monaco di Baviera, punto d’attrazione per avventori provenienti da tutto il mondo, è una delle più celebri birrerie tedesche. La sua storia ha inizio nel 1589 quando il duca Guglielmo V decise di costruire un birrificio per evitare di dover acquistare la birra per il suo esercito al di fuori del regno; il prefisso Hof (“corte”) indica che il locale e l’annessa fabbrica furono la birreria reale del Regno di Baviera. Nel 1897 la Hofbräuhaus divenne proprietà dello Stato bavarese e il birrificio situato nella parte retrostante dell’edificio fu trasferito in periferia per lasciare posto ad una nuova grande sala per gli ospiti.

Oggi il birrificio gestisce l’osteria nel centro di Monaco, la Hofbräuhaus am Platz, il ristorante Hofbräukeller e la seconda tenda più grande dell’Oktoberfest, la Hofbräu-Festzelt. Qualunque sia la pietanza servita, l’arrosto di maiale con canederli, lo stinco con insalata di patate o i famosi Weißwürstel con Brezel, il locale nel cuore di Monaco è diventato l’incarnazione della cultura e della gastronomia bavarese. Affinché in cucina si possa lavorare e servire ad un ritmo spedito senza tradire la qualità elevata delle preparazioni, ogni piatto viene preparato in un apposito stabilimento di produzione costruito nel 2012 a Brunnthal, distante solo pochi chilometri da

Monaco. Su 2.000 metri quadri sono presenti una macelleria, un panificio ed una pasticceria che producono quotidianamente da quattro a sei tonnellate di alimenti. Dietro le quinte si nasconde però una tecnologia innovativa, ovvero la soluzione IT completa CSB-System. Il progetto in generale «Grazie al gestionale CSB-System abbiamo fatto enormi balzi in avanti per quel che riguarda la trasparenza e l’efficienza della nostra filiera nonché la precisione e la rapidità nella preparazione dei piatti. Tutto ciò ha fatto in modo che potessimo servire prodotti ancora più freschi» spiegano i fratelli MICHAEL e WOLF-

La storica birreria e osteria Hofbräuhaus.

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Carico e scarico materie prime al CSB-Rack multifunzione. GANG SPERGER, entrambi amministra-

tori delegati della Hofbräuhaus. Il sistema ERP collega i processi aziendali l’uno all’altro: dagli acquisti alla produzione fino alla gestione del magazzino a scaffalature e alla preparazione ordini; processi complementari quali la gestione e la pianificazione della qualità, dei valori nutrizionali, della manutenzione e del personale, oltre a CRM e Business Intelligence, vengono anch’essi totalmente eseguiti con il CSB-System. Un rilevamento dati così attento, rigoroso e trasversale, che ha inizio già in fase di entrata merci, fornisce alla direzione aziendale la necessaria trasparenza sulla quale poi fondare i suoi interventi. Un magazzino automatico all’avanguardia con il CSB-System Il cuore del flusso dei materiali è il magazzino automatico. Fornisce circa 2.000 posizioni casse e viene utilizzato per il carico e scarico sia di materie prime che di prodotti finiti. La gestione dei processi di magazzino e delle posizioni avviene interamente tramite CSB-System. «Con la messa in funzione del magazzino gestito dal software abbiamo potuto ridurre le giacenze di magazzino a beneficio di materie prime più fresche, e ridurre il vincolo del capitale. Nonostante tutti gli scarichi e i carichi di magazzino, non spendiamo più di 600 euro all’anno di elettricità», afferma Wolfgang Sperger. Per ren-

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dere i percorsi dei dipendenti i più brevi possibili ed aumentare quindi la loro produttività, ogni reparto ha un proprio accesso al magazzino. Per ogni area sono state installate postazioni di lavoro multifunzionali, i cosiddetti CSB-Rack collegati al gestionale CSB-System, sulle quali i dipendenti caricano e scaricano le casse ed effettuano direttamente le relative registrazioni. Le casse, in realtà, sono dei contenitori E-Performance che contengono una Inmould label con GRAI (Global Returnable Asset Identifier) nel codice a barre. Il GRAI viene identificato nel carico in magazzino mediante uno scanner fisso; contemporaneamente sul CSB-Rack viene inserito il codice lotto interno degli articoli, viene rilevato il peso ed il contenuto viene associato alla cassa. Tramite la gestione integrata delle posizioni a magazzino, il software conosce in ogni momento l’ubicazione delle materie prime e dei prodotti finiti. Con la conferma del carico in magazzino sullo schermo, si avvia un segnale sul PLC (Programmable Logic Controller) e la cassa viene riposta sull’apposito scaffale. Qualità garantita grazie a ricette predefinite Anche la produzione è stata ottimizzata con l’aiuto del CSB-System. In tutti i reparti sono installate postazioni IT con bilance integrate sulle quali vengono elaborati i lotti

di produzione. Qui per ogni ricetta il software stabilisce quale materia prima utilizzare e in quale quantità. Grazie a rigide predefinizioni delle ricette vengono garantiti non solo processi efficienti ed un impiego ottimale delle materie prime, ma anche una qualità costantemente elevata. Premendo un tasto, gli ingredienti vengono scaricati dal magazzino a scaffalature e resi disponibili per la produzione. I prodotti pronti vengono pesati e inseriti nel sistema, etichettati con GS1-128-Barcode e stoccati, e poi nuovamente scaricati per l’evasione degli ordini. La cucina nello stabilimento di Brunnthal prepara i piatti in modo tale che alla HB debbano solo essere cotti e guarniti. Processi ottimali nella ristorazione Per collegare produzione e Point of Sale (POS) nella ristorazione, la Hofbräuhaus ha puntato sulla soluzione CSB-System. «In questo modo otteniamo la massima integrazione possibile tra produzione e sala ristorante» afferma Wolfgang Sperger. Dal 2011 a oggi, passo dopo passo, sono stati ristrutturati e ottimizzati i processi del ristorante e della cucina. Una parte importante della modernizzazione è stato il collegamento di tutti i componenti del ristorante al sistema ERP centrale: impianto di mescita, frigoriferi con tecnica di pesatura, macchina per il caffè, chiavetta cameriere, sistema di pagamento con carte di credito

«Grazie al CSB-System abbiamo fatto enormi balzi in avanti per quel che riguarda la trasparenza e l’efficienza della nostra filiera nonché la precisione e la rapidità nella preparazione dei piatti. Tutto ciò ha fatto in modo che potessimo servire prodotti ancora più freschi» spiegano i vertici della Hofbräuhaus

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Dalla produzione alla sala ristorante, grazie al CSB-System sono migliorate efficienza e trasparenza della filiera HB. e stampante scontrini e/o fatture comunicano oggi direttamente con il software CSB-System. Il punto centrale è la cassa ristorazione con funzione touch. Ognuno dei cento camerieri presenti per turno può collegarsi con la propria chiavetta ed eseguire gli ordini comprensivi di generazione delle fatture. Registrazioni, storni, correzioni, splitting e riporti vengono gestiti centralmente con la soluzione cassa, che contribuisce, quindi, non solo ad una gestione ottimale del ristorante bensì migliora anche i processi di produzione, magazzino e cucina perché il cuoco riceve in tempo reale sullo schermo della sua postazione una panoramica di tutti i piatti che deve preparare. Nel momento in cui si comunica che il piatto è pronto per essere servito, i piatti vengono “scomposti” nei loro singoli componenti e registrati, in

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modo da eseguire una ridotazione delle scorte di magazzino in cucina e consentire che a Brunnthal venga eseguita una produzione adeguata ai bisogni. La disposizione delle giacenze per il riapprovvigionamento e per la gestione della produzione ha avuto come conseguenza una notevole riduzione delle scorte in eccedenza. Questo ha consentito un enorme risparmio nell’impiego di materie prime e si è inoltre rivelato un vantaggio data la superficie ridotta della cucina della Hofbräuhaus. Persino la pianificazione degli eventi è gestita centralmente tramite un apposito modulo. Sono così gestite le richieste relative all’evento, presentate le offerte ed elaborati infine ordini e prenotazioni. «Con il CSB-System possiamo gestire centralmente e in modo ottimale i vari rami della nostra azienda. Sono sempre a disposizione numeri

concreti su giacenze di magazzino, fabbisogni e vendite. Potendo noi oggi lavorare in modo più efficiente, rapido e preciso, posso affermare che l’investimento nel software CSB-System è stato rapidamente ammortizzato» conclude Sperger.

Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Lazzari Packaging distribuisce Micvac in Italia Una confezione intelligente per un prodotto di qualità da vedere al Cibus Tec

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RÖN KO (mucca verde) è un’azienda familiare svedese che gestisce un allevamento bovino ecologico ed uno spaccio e un ristorante in cui si possono acquistare i suoi prodotti ed altri prodotti locali. Vendendo soprattutto filetti ed altri tagli di carne di pregio, ha iniziato a chiedersi cosa fare del resto della carne e la soluzione è stata sviluppare le ricette per piatti lunghi da preparare ma buoni e sani, ideali per famiglie di corsa che non hanno il tempo di prepararseli da soli. Da subito i titolari hanno capito che la shelf-life che raggiungevano era troppo breve ed era difficile ottenere una produzione efficiente, quindi, hanno cercato una soluzione per ottenere la stessa alta qualità, aumentando efficienza produttiva e shelf-life. La soluzione è stata il metodo Micvac.

Un unico processo continuo Il metodo Micvac vuol dire cottura e pastorizzazione all’interno della confezione: include l’utilizzo di un tunnel a microonde ed il confezionamento con una valvola richiudibile. È un metodo di produzione moderno e semplice, in un unico processo continuo in cui le vaschette (o buste) vengono riempite con gli ingredienti, saldate con un film inclusivo di valvola e trasportate al

tunnel a microonde. Questo processo permette cotture veloci ad alte temperature, per ottenere un prodotto finale con più vitamine, sapori e colori. Durante il processo si crea un vuoto naturale all’interno della vaschetta, grazie al fatto che in cottura e pastorizzazione la valvola si apre lasciando fuoriuscire vapore ed aria, per poi richiudersi una volta che le microonde smettono di trasmettere energia al prodotto. La confezione sottovuoto potrà essere esposta in verticale sugli scaffali dei supermercati, con maggiore visibilità, e resterà integra per varie settimane, in virtù dell’assenza di ossigeno che eviterà al prodotto di ossidarsi, diminuendo il deterioramento degli alimenti. Grön Ko utilizza il metodo Micvac soprattutto per piatti pronti freschi quali Manzo alla Bourguignon, Riso al curry, Polpette svedesi con purè di patate ed altri piatti tradizionali svedesi. Per offrire una gamma più ampia, produce anche diversi tipi di zuppe, inclusi Gulasch e Zuppa di pesce. I piatti serviti nel suo ristorante sono gli stessi in vendita allo spaccio. Una volta deciso di investire nella linea Micvac, Grön Ko ha iniziato a cercare gli spazi per realizzare la produzione, trovando così un grande impianto caseario che è stato riconvertito in centro alimentare locale, in cui oltre

alla sua linea vi sono anche piccole unità produttive di altre aziende. KNUT LILLIENAU, titolare di Grön Ko ed ambasciatore alimentare della regione svedese Värmland, è molto soddisfatto di tutto l’aiuto avuto da Micvac nella pianificazione e realizzazione dell’impianto; poter utilizzare tutto il know-how in merito a flussi produttivi e macchinari è stato per lui un grande vantaggio. Oggi i piatti pronti Grön Ko non vengono più venduti solo nel negozio di proprietà, ma anche nei più grandi supermercati del Paese. È stato uno sviluppo fantastico, ma l’obiettivo non è cambiato: produrre cibi buoni e sani ma di gran sapore! Pratico e comodo Il punto dei piatti pronti freschi è la loro comodità, e con il metodo Micvac si hanno nuovi vantaggi che li rendono addirittura più pratici per il consumatore finale: la vaschetta brevettata è studiata per assicurare un riscaldamento uniforme, sia

Tunnel a microonde Micvac per cottura e pastorizzazione di piatti pronti. 124

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A sinistra: metodo Micvac di cottura e pastorizzazione a microonde di piatti pronti. A destra: piatto pronto Grön Ko cotto e pastorizzato a microonde con metodo Micvac. durante il processo di produzione che durante il riscaldamento con il forno microonde di casa, la valvola brevettata si apre durante il riscaldamento nel microonde e fischia quando il prodotto ha raggiunto la corretta temperatura per essere consumato; ci vogliono circa tre minuti e non serve più mescolare e poi provare se è caldo al punto giusto. Inoltre, il fatto che la confezione sia sempre chiusa e integra (la valvola si richiude sempre dopo il riscaldamento) permette di scaldare varie porzioni e di servirle tutte assieme: infatti se non si apre la confezione togliendo il film pelabile il piatto rimane caldo per circa 20 minuti. Micvac vuole essere per i suoi clienti un partner attivo ed in quest’ottica ha realizzato in Europa alcuni studi di mercato sui comportamenti di acquisto dei consumatori, scoprendo che l’80% di loro acquisterebbe volentieri piatti pronti realizzati con il metodo Micvac e li consiglierebbe agli amici. Il principale motivo di ciò sta nel fatto che sono molto buoni e del tutto naturali. Il tunnel a microonde utilizzato nel processo è stato progettato appositamente per piatti pronti ed è costruito in Svezia ed utilizzato da tutti i clienti Micvac; è stato costantemente aggiornato e, ad oggi, dispone di serie di sistema di controllo e gestione da remoto, nuova unità buffer e nastro di alimentazione flessibile. Il riscaldamento è ottimizzato per garantire la massima ripartizione dell’energia ed assicurare una stabile ed uniforme cottura e pastorizzazione.

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Sistema modulare Per permettere di incrementare la produttività del tunnel una volta già installata la linea, Micvac ha optato per una configurazione modulare. Il forno ha un’ottima efficienza energetica e studi comparati tra microonde ed autoclave realizzati dall’Istituto Alimentare KIN (Germania) dimostrano che utilizzando la tecnologia a microonde si possono ottenere grandi risparmi in costi e tempi di produzione. Ulteriori studi di KIN rivelano che, con il breve trattamento termico consentito da questo tipo di cottura, si raggiungono migliori performance in termini di gusto, colore e consistenza. La vaschetta è disegnata e brevettata da MICVAC e viene prodotta su licenza, è in PP ed una volta sottovuoto si deforma in modo controllato. Il film è un laminato pelabile PA/PP, mentre la valvola è prodotta internamente da Micvac in Svezia, ed è l’unica sul mercato che si possa aprire e richiudere più volte. Grazie alla valvola si può produrre senza alcuna contro-pressione, di solito necessaria per evitare che la confezione scoppi durante la pastorizzazione. Micvac considera lo sviluppo della confezione e del processo di cottura come un unico elemento, poiché non basta avere realizzato un tunnel a microonde che riscaldi in modo uniforme tutti i prodotti al suo interno, ma è fondamentale anche conoscere in profondità il comportamento dei differenti tipi di plastica. Tutti i componenti della confezione devono lavorare all’unisono per assicurare il funzionamento corretto

di ognuna delle sue parti oltre che dell’insieme: devono resistere al gonfiarsi in pastorizzazione, dovuto all’aumento di pressione interna, e deformarsi una volta sottovuoto, per cui si tratta veramente di una confezione attiva (active packaging). L’ultimo sviluppo ad oggi è la vaschetta a due comparti con l’utilizzo di una sola valvola; sarebbe stato semplice utilizzare due valvole, però la confezione sarebbe costata troppo, quindi la sfida è stata riuscire ad utilizzarne solo una; un ulteriore sviluppo arriva con la possibilità di lavorare buste piccole ma anche di più grandi dimensioni, per vendite all’ingrosso. Al giorno d’oggi c’è sempre più domanda di cibi di qualità e questa confezione intelligente è ora conosciuta in tutto il mondo. Un fischio ed il tuo piatto è pronto: non potrebbe essere più facile! Lazzari vi aspetta nel suo stand a CIBUS TEC, dove potrete avere campioni, vedere e soprattutto assaggiare alcuni piatti realizzati con il sistema Micvac, l’unico sistema che garantisce gusto naturale e freschezza ai vostri prodotti pronti! Lazzari vi aspetta!

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Dalla CMP, leader nel settore dei pallet e contenitori in plastica

Distanziatori per il congelamento: la soluzione per chi vuole congelare e risparmiare

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a CMP Srl di Saluzzo, Cuneo, presenta un nuovo prodotto appositamente realizzato per facilitare e velocizzare le attività di congelamento e scongelamento. Si tratta di interfalde in polietilene ad alta densità dotate di una geometria particolare che garantisce la massima circolazione di aria sia in senso verticale che orizzontale. La particolare struttura di queste interfalde risulta molto robusta e resistente ed è utilizzabile sia con casse di plastica che con scatole in cartone. I vantaggi sono numerosi: • riduzione dei tempi di congelamento con conseguente riduzione dei costi di esercizio della centrale frigorifera; • aumento della superficie di scambio. L’aria che circola velocemente attraverso le cavità dell’interfalda assicura un congelamento più veloce ed efficiente dell’intero pallet caricato; • temperature di esercizio: da –50 °C a +90 °C; • facile pulizia e sanificazione; • impilabile con risparmio di spazio (100 distanziatori impilati occupano l’altezza di 180 cm); • portata massima: 3.000 kg; • peso: 2,9/3,6 kg; • materiale: HDPE; • 100% riciclabile. Le dimensioni disponibili sono adattabili alle misure dei pallet standard: • Mod. FS 800: per pallet da 1.200 x 800 mm; • Mod. FS 1000: per pallet da 1.200 x 1.000 mm

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La cucina del futuro La cucina ha sempre avuto stretti rapporti con le tecniche sviluppate nelle diverse aree scientifiche. Come nel recente passato si è trasformata passando dal fuoco a legna a quello a gas e poi elettrico, la cucina del futuro sfrutterà l’informatizzazione e si baserà sui nuovi strumenti che già usano l’industria alimentare e i grandi cuochi di Giovanni Ballarini

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ià a metà del secolo diciannovesimo JUSTUS VON LIEBIG e LOUIS PASTEUR svolgevano ricerche per meglio comprendere ciò che avveniva nella conservazione e trasformazione degli alimenti. Contestualmente, iniziarono trasformazioni tecniche che cambiarono le cucine, dai fuochi ai sistemi di cottura, perché la cucina, come ogni altra attività umana, è in costante evoluzione, condizionata e influenzata com’è dalle condizioni sociali, economiche, culturali, dagli avanzamenti scientifici e, in particolare, da quelli dei materiali e delle tecnologie. Prima le industrie e poi i cuochi hanno visto e applicato nuovi strumenti e tecniche, alcune delle quali si diffonderanno anche alle cucine casalinghe e quindi contribuiranno alla cucina del futuro.

Cucina e tecniche È sempre difficile, se non impossibile, prevedere il futuro, anche della cucina, ma se si guarda quello che sta avvenendo in altri campi del vivere umano possiamo pensare che un ruolo importante avrà l’informatizzazione e l’uso delle nuove tecnologie nel trattamento degli alimenti. A proposito di queste ultime, va precisato che la tecnica non è ciò che definisce il cuoco, ma il mezzo attraverso il quale il suo pensiero prende forma: confondendo i due elementi, quindi, si incorre in errore. Inoltre, già oggi assistiamo allo sviluppo di nuove tecniche, da considerare dei classici della cucina contemporanea. Voler modificare la consistenza di preparazioni come salse e succhi ha fatto comprendere meglio la gelificazione, ha permesso di sviluppare la tecnica della sferificazione e lo studio di composti aerati ha dato vita a spume e arie. Molte tecniche in uso negli studi e nei gabinetti scientifici o nelle industrie alimentari sono state perfezionate e apparecchi che erano presenti nei laboratori scientifici hanno iniziato a comparire nelle cucine, come ad esempio il circolatore termostato e la cottura a bassa temperatura. L’essiccatore oggi permette di apprezzare la sensazione del croccante, con il Pacojet si creano sorbetti e purè

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ghiacciati, dolci e salati. L’utilizzo dell’azoto liquido dimostra che il grande freddo può produrre consistenze e strutture ricche di gusto. Molte altre sono le “macchine” e le tecnologie innovative di una probabile cucina del futuro, che elenchiamo di seguito in ordine alfabetico e che meritano una sia pur breve descrizione. Arie aromatiche Arie aromatiche o semplicemente arie si dicono le schiume e la loro preparazione è molto semplice. Ad un liquido aromatizzato si aggiunge lecitina di soia in polvere; il tutto viene poi frullato ad alta velocità con un frullatore a immersione. La schiuma che si forma sulla superficie è denominata aria. Con qualche cucchiaio di aria aromatizzata si può aggiungere un particolare aroma e dare volume ad un piatto. Le arie non hanno una consistenza propria ma, in quanto ricche dell’aroma del liquido originario, lo trasferiscono senza intermediazione nella bocca e altri elementi non possono attenuare o modificare la percezione di questo sapore. Atmosfere modificate L’Atmosfera Modificata o Atmosfera Protettiva o Modified Atmosphere Packaging (MAP) è una tecnologia di confezionamento che, attraverso la sostituzione dell’aria con una miscela di gas, permette di aumentare il periodo di conservabilità (shelf-life) dei prodotti deperibili, mantenendone inalterate le proprietà sensoriali, le virtù nutrizionali, l’aspetto e il sapore. Le caratteristiche di durabilità del prodotto in atmosfera protettiva continuano anche dopo l’apertura della confezione, perché l’alimento assorbe dalla confezione parte dell’anidride carbonica, diminuendo il proprio grado di umidità e la conseguente vulnerabilità agli agenti esterni. L’anidride carbonica inibisce la crescita di funghi, muffe e batteri, ma una concentrazione troppo elevata può provocare la decolorazione dell’alimento, in particolare delle carni rosse, rallentare la macerazione dei vegetali e non è adatta per i prodotti lattiero-caseari.

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La cottura a bassa temperatura e sottovuoto preserva la morbidezza ed il sapore della carne (photo © www.mpproject.it). L’azoto è un gas inerte, inodore, insapore ed è utilizzato come gas di riempimento. L’ossigeno in certi casi è aggiunto per evitare lo sviluppo di batteri anaerobi, permettere la respirazione dei vegetali freschi e mantenere il colore rosso della carne. Azoto liquido Il freddo in cucina non è una scoperta recente: era infatti ben noto ai Romani e agli Arabi che usavano l’acqua congelata a zero gradi e che, aggiunta ai cibi, li diluiva. L’azoto liquido ha una temperatura molto inferiore e non idrata i cibi. A temperatura e pressione ambiente l’azoto è un gas inerte che non reagisce e non altera gli alimenti. L’azoto a pressione atmosferica si trasforma in liquido alla temperatura di –195,82 °C e può essere conservato in apposite taniche coibentate (vasi Dewar). L’azoto liquido è utilizzato in cucina per congelare in modo molto rapido i cibi e in particolare per preparare gelati e sorbetti con una grande varietà di basi. Nel congelamento rapido con azoto liquido i cristalli di ghiaccio sono molto pic-

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coli e si ottengono prodotti con una consistenza molto più fine di quelli preparati tradizionalmente. Inoltre, i finissimi cristalli di ghiaccio si sciolgono più rapidamente in bocca e danno una sensazione meno fredda di quella di un gelato o sorbetto tradizionale. L’utilizzo dell’azoto liquido in cucina ha portato ad altre applicazioni, come il parziale congelamento di spume, realizzando preparazioni che hanno una parte esterna croccante e fredda e una interna più morbida e meno fredda. Il rapidissimo congelamento con l’azoto liquido permette di congelare alimenti che sono poi frantumati e trasformati in polveri ghiacciate. Bassa temperatura di cottura Per le cotture a bassa temperatura, generalmente inferiore ai 70°C, si usano termostati a circolazione di liquido detti circolatori termostati (CT), nei quali il continuo rimescolamento dell’acqua assicura una cottura uniforme. Uno dei primi CT utilizzati nelle cucine professionali è stato il roner e il nome poi è rimasto in uso tra i cuochi per definire un

particolare tipo di cottura. Oggi in commercio esistono vari tipi di CT, anche facilmente trasportabili e utilizzabili nelle cucine di casa. La cottura a bassa temperatura non è una tecnica culinaria recente. La cassetta di cottura e il fiasco di fagioli cotto nella cenere sono vecchi di qualche secolo. Nelle cucine professionali la cottura a bassa temperatura, e regolata in relazione alla coagulazione delle proteine, si è sviluppata e perfezionata nell’ultimo ventennio, abbinandola al confezionamento sottovuoto dell’alimento prima della cottura. Le basse temperature di cottura permettono di ottenere carni di grande morbidezza, con una minor perdita di peso rispetto alle cotture tradizionali in forno, dove si arriva fino al 40% di calo. Nonostante i tempi molto lunghi — si parla di diverse se non molte ore —, il consumo energetico è più basso rispetto ad altri tipi di cottura. Lo svantaggio della bassa temperatura di cottura è la mancanza di reazione di Maillard e quindi della crosticina superficiale

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Le basse temperature di cottura permettono di ottenere carni di grande morbidezza, con una minor perdita di peso rispetto alle cotture in forno, nelle quali si arriva fino al 40% di calo. Uno svantaggio è invece, ad esempio, la mancanza di reazione di Maillard e quindi della crosticina superficiale, che può essere ottenuta con un secondo trattamento

della carne, che comunque può essere ottenuta con un secondo trattamento. Ad esempio, per un filetto cotto a bassa temperatura, il successivo, brevissimo intervento superficiale ad alta temperatura con una delle tecniche tradizionali, fornisce risultati migliori di quelli ottenuti attraverso la cottura tradizionale per quanto riguarda colore e aroma di Maillard. Essiccazione Gli apparecchi oggi usati per l’essiccazione degli alimenti, chiamati essiccatori, sono generalmente costituiti da un elemento riscaldante, un ventilatore, prese d’aria che consentono la circolazione dell’aria e vaschette su cui appoggiare gli alimenti da essiccare. L’essiccazione riduce il contenuto d’acqua di un alimento e per questo inibisce lo sviluppo batterico e i fenomeni di decomposizione degli alimenti stessi, prolungando la durata della loro conservazione. Il procedimento dell’essiccazione non è nuovo e fin dall’antichità, con metodi empirici, era applicato a frutta, verdura, carne e pesce (lo stoccafisso è un esempio molto noto). Nelle cucine professionali l’essiccatore non è utilizzato per conservare gli alimenti ma per la preparazione di prodotti secchi da polverizzare e utilizzare come basi per brodi o infusi o per fritture, o per ottenere prodotti croccanti usati come finitura di un piatto.

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Evaporazione a bassa temperatura L’evaporatore rotante è un apparecchio che permette di distillare un liquido a bassa pressione, mantenendone le sue caratteristiche chimiche e organolettiche. Impiegato nei laboratori chimici, di recente ha cominciato a essere utilizzato nelle cucine professionali. La distillazione tradizionale è il processo di estrazione dei componenti più volatili da una soluzione, attraverso riscaldamento e successiva condensazione dei vapori. In questo modo si ottengono molti liquori, tra cui la grappa. La distillazione è effettuata a bassa pressione e con temperature del liquido basse, circa 35°C. Questo evita di danneggiare le caratteristiche dei componenti contenuti nella soluzione. Il basso contenuto in ossigeno dovuto al sottovuoto dell’apparecchio limita i fenomeni ossidativi del liquido e del distillato. Con l’evaporatore rotante si preparano essenze attraverso la distillazione di liquidi, si concentrano a bassa temperatura brodi e succhi in alternativa alla classica riduzione per ebollizione, con grandi vantaggi nutrizionali e organolettici dovuti alla bassa temperatura e alla mancanza di ossigeno. Fermentazioni Da tempo immemorabile in cucina si usano alimenti fermentati, tra i quali vi sono il pane, la birra, il vino, i formaggi. Sono generalmente chiamate fer-

mentazioni le modificazioni indotte sugli alimenti dall’attività di batteri o funghi. Sono le fermentazioni che trasformano gli zuccheri in alcol e producono sostanze secondarie che influiscono sull’aroma del prodotto finale. Il primo che ha studiato scientificamente le fermentazioni alimentari è stato Louis Pasteur e in tutto il mondo si stanno studiando le fermentazioni con lo scopo di comprendere meglio il fenomeno, per sperimentarne di nuove, selezionare fermenti particolari e sviluppare nuovi aromi e prodotti. Gastrovac Il Gastrovac è un apparecchio che per dimensioni e aspetto ricorda una pentola a pressione ed è utilizzato per la cottura e impregnazione sottovuoto. All’interno del Gastrovac, utilizzando una pompa per sottovuoto, è creata una depressione e si esegue una cottura a bassa temperatura, con il vantaggio di non dover utilizzare il confezionamento sottovuoto dei prodotti. Consistenza e colore degli alimenti sono simili a quelli ottenuti con la cottura sottovuoto con il circolatore termostatato. I cibi cotti con il Gastrovac si espandono a causa della depressione. Inoltre, nel Gastrovac si produce un “effetto spugna” e, quando è ripristinata la pressione atmosferica, gli alimenti assorbono il liquido circostante, con la conseguente aromatizzazione. La

Carne essiccata (photo © www.finedininglovers.it).

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cottura in olio che si può eseguire nel Gastrovac dà risultati unici e non realizzabili fino ad ora con nessun altro strumento di cucina. Gelificazione La gelificazione è un procedimento ben noto in cucina e consiste nella trasformazione di un liquido complesso in un fluido viscoso o quasi solido. Questa trasformazione avviene con i fondi di carne, le marmellate e le gelatine di frutta. Sotto l’azione del calore o di agenti chimici, le macromolecole in sospensione che si aggregano danno luogo ad una rete tridimensionale in grado di assorbire la fase liquida. In tempi recenti, la gelificazione da fenomeno empirico è divenuto un campo di ricerca, con l’individuazione degli ingredienti che forniscono le macromolecole necessarie, denominate gelificanti, tra i quali ricordiamo la colla di pesce e l’agar agar, note e usate fin dalla fine dell’Ottocento, le carragenine, il gellano e la pectina. In alimentazione si usano i gel idrofili, con una fase liquida a base di acqua, e non i

gel lipofili a base grassa. Il gel può avere una consistenza fluida (fluid gels) o più consistente (solid gels) che dipende dal tipo di gelificante e dalla quantità utilizzata. Anche la stabilità del gel dipende dal tipo di gelificante aggiunto e dalle caratteristiche del liquido. Liofilizzazione La liofilizzazione permette l’eliminazione dell’acqua contenuta in un alimento con il minimo deterioramento possibile della sua struttura e dei suoi componenti. Il processo si svolge nelle seguenti fasi: surgelazione rapida, sublimazione sottovuoto, essiccamento finale. Il vantaggio rispetto alla tradizionale disidratazione per riscaldamento è che si conservano meglio le caratteristiche iniziali del prodotto. L’energia richiesta per la liofilizzazione è notevole e gli apparecchi hanno costi troppo alti per essere adottati nelle cucine professionali. Alcune ditte, comunque, stanno studiano apparecchi che per dimensioni e costi potranno presto essere a disposizione di noi cuochi.

Pacojet Pacojet è il nome di una macchina per cucinare inventata nei primi anni ‘80 dall’ingegnere svizzero Wilhelm Maurer. Il termine “pacossare” descrive il particolare processo svolto dalla sua macchina. Il brevetto per il Pacojet fu venduto a Gregor Staub nel 1988. In seguito il sistema è stato ulteriormente sviluppato e lanciato nel 1992. Il funzionamento dell’apparecchio prevede che gli alimenti freschi vengano inseriti nel bicchiere-contenitore del Pacojet e congelati per almeno 24 ore a -22°C. Il bicchiere-contenitore viene quindi inserito nel Pacojet, si seleziona il numero di porzioni desiderato e si mette in funzione la macchina. Con una velocità di rotazione di 2.200 giri/minuto, le due lame montate sull’albero tritano finemente la base congelata posta nel bicchiere-contenitore. Operando in leggera sovrapressione, il composto oltre ad essere sminuzzato viene perfettamente montato e mantecato. La macchina permette di ottenere purè o polveri ghiacciate molto fini, che possono

Macchina domestica per la cottura sottovuoto a bassa temperatura (photo © www.mpproject.it).

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essere utilizzati come tali, gelati e sorbetti, oppure come basi per altre preparazioni. Essendo recentemente scaduto il brevetto sul processo del pacossare, l’International Cooking Concepts di Barcellona ha immesso sul mercato un apparecchio simile chiamato Rowzer. Robot Il robot è l’elettrodomestico più completo e tecnologicamente avanzato della cucina domestica. I primi robot da cucina furono immessi sul mercato negli anni Sessanta del secolo scorso e il primo modello, della ditta tedesca Reba, era poco più di un frullatore, in grado di tagliare, tritare o frullare i vari cibi. Con il passare degli anni, il robot non è cambiato molto, ma si sono aggiunti decine di accessori supplementari che hanno reso questo elettrodomestico in grado di preparare virtualmente qualunque alimento. I modelli più avanzati svolgono le seguenti funzioni: pesare, mescolare, tritare, macinare, impastare, frullare, cuocere (anche a vapore), montare, riscaldare in modo controllato, rimescolare ed emulsionare. Sferificazione La sferificazione è una tecnica con la quale si preparano piccole e perfette sfere, tipo il caviale, racchiudendo un liquido all’interno di una pellicola di gel (vedi gelificazione). La sferificazione si ottiene con molte variazioni e può essere diretta, inversa, inversa con congelazione e in bagno di olio. Nell’immaginario collettivo la sferificazione, assieme all’uso dell’azoto liquido, rappresenta la cosiddetta cucina molecolare e quella d’avanguardia di Ferran Adrià. La sferificazione diretta, la più diffusa, si ottiene aggiungendo alginato di sodio al liquido che si vuole sferificare, poi il liquido si fa cadere, goccia a goccia, in acqua, nella quale si è sciolto cloruro di calcio. Le sfere che si formano sono in seguito raccolte e risciacquate in acqua per eliminare il gusto amaro del cloruro di calcio. Sottovuoto La conservazione degli alimenti sottovuoto consiste nell’elimina-

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zione dal contenitore di tutta l’aria presente o solo di alcuni gas, come l’ossigeno, principale responsabile dell’ossidazione. La tecnica, utilizzata da molto tempo a livello industriale e commerciale, di recente è entrata in cucina grazie a macchine compatte ed è usata anche in combinazione con la cottura a bassa temperatura. In assenza di aria la maggior parte dei microorganismi e dei batteri non può svilupparsi e permette di conservare il sapore, il profumo, il colore e le proprietà nutrizionali dell’alimento. Lo strumento più utilizzato nella ristorazione è la macchina confezionatrice sottovuoto a campana di acciaio. Gli alimenti sono sistemati all’interno di appositi sacchetti e una pompa aspirante posta all’interno della campana elimina l’aria (al 99,9%). Il sacchetto è quindi chiuso con saldatura termica. I principali vantaggi del sottovuoto sono l’arresto dello sviluppo di microrganismi aerobi, l’ostacolo ad alterazioni chimiche dovute all’ossigeno (ossidazioni), il mantenimento della freschezza e protezione da odori penetranti esterni. In cucina, gli alimenti e, soprattutto, le carni dopo aromatizzazione e in sacchetti sottovuoto sono pronte per cotture lente a bassa temperature.

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Spume Con il classico sifone per la panna montata si preparano composti dolci e salati denominati spume. La preparazione di spume è largamente utilizzata in tutte le cucine professionali e permette di aggiungere ad un piatto un aroma attraverso una preparazione che ha una struttura molto areata e che fornisce volume alla presentazione senza appesantirla. Il gas contenuto nelle cartucce del sifone è il protossido di azoto, conosciuto anche con il nome di gas esilarante, che a pressione atmosferica è inerte e in generale non reagisce con le sostanze alimentari. Ultrapressioni Sottoponendo gli alimenti a trattamenti a ultrapressione (High Pressure Processing – HPP), si ha un

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Il sottovuoto utilizzato a livello industriale è recentemente entrato nelle cucine di casa grazie a macchine compatte (photo © Miguel Malo, www.sheknows.com). effetto analogo alla classica pastorizzazione, ma senza sottoporre gli stessi al trattamento termico. Le pressioni utilizzate (6000 bar) sono circa cinque volte maggiori della pressione esercitata dall’acqua nel fondo degli oceani. I trattamenti a ultrapressione sono utilizzati anche nel settore ittico per la separazione di carne e polpa da crostacei e molluschi senza dover sottoporre gli stessi a cottura, con un notevole risparmio di energia e conservando le caratteristiche organolettiche del prodotto crudo. Per la grande complessità degli impianti non sono previste applicazioni a breve termine nelle cucine industriali, di ristoranti e tanto meno casalinghe. Ultrasuoni Gli ultrasuoni sono delle onde meccaniche sonore di frequenze superiori a quelle mediamente

udibili da un orecchio umano. Per le loro caratteristiche, i processori ultrasonici sono applicati nell’industria di trasformazione alimentare per emulsionare i liquidi immiscibili o estrarre materiali intracellulari. Gli ultrasuoni sono generati da un apparecchio denominato sonicatore, utilizzato nei laboratori di analisi chimica, e che recentemente ha iniziato a comparire nelle cucine professionali. L’apparecchio ha dimensioni e aspetto simile a un trapano, la cui punta contiene un generatore di onde sonore con frequenza superiore a quella normalmente percepita dall’uomo, chiamate ultrasuoni. L’applicazione del sonicatore in cucina è agli inizi, quindi ancora molta sperimentazione è necessaria, e al momento i principali campi di utilizzo sono: preparazioni di emulsioni ed estrazione di sostanze aromatiche.

I vantaggi nel trattamento ad ultrasuoni per l’omogeneizzazione sono molteplici e si basano sulla riduzione delle particelle contenute nel liquido o in una miscela. Questo sistema è chiamato cavitazione e i sonicatori ne sfruttano l’effetto. Il sonicatore consente di estrarre sapori e aromi che verrebbero persi durante il normale processo di cottura

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Esempio classico di un’emulsione in cucina è la preparazione della vinaigrette partendo da olio e aceto. Con la frusta si creano piccole gocce che rimangono in sospensione nel liquido. Utilizzando il sonicatore, olio e aceto sono versati contemporaneamente nel contenitore, si inserisce la punta del sonicatore nel liquido e l’azione degli ultrasuoni permette di creare micro-gocce, molto più piccole di quelle che si possono creare con la frusta. Le vinaigrette preparate con gli ultrasuoni rimangono stabili per giorni, hanno una colorazione differente e anche il loro gusto è diverso poiché si hanno particelle più piccole che danno una differente percezione gustativa. Altro esempio è la preparazione di un estratto alcolico di menta. Tradizionalmente si prepara macerando le foglie di menta per alcuni giorni ma con il sonicatore si può preparare l’estratto in pochi minuti, grazie alla rottura delle pareti cellulari della foglia e al conseguente rilascio di aroma e pigmenti. Essendo il processo rapidissimo, l’estratto alcolico ha un aroma di menta più “fresco”. oltre ad una leggera colorazione verde. Si stanno eseguendo anche esperimenti di abbinamento di cottura a bassa temperatura in buste sottovuoto e ultrasuoni. I prodotti sottoposti a questo trattamento sviluppano un aroma più accentuato, anche se la conoscenza dei meccanismi responsabili del fenomeno non sono al momento conosciuti. Alcuni chef stanno utilizzando questa tecnica per varie applicazioni: mediante ultrasuoni, infatti, è possibile estrarre elementi più aromatici e saporiti da ogni ingredienti e raggiungere una freschezza di gusto che sarebbe normalmente persa durante il processo di cottura. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota A pagina 130 e 131, laboratorio per produrre pillole, cartolina del 1899. L’illustratore francese immaginava così la vita nell’anno 2000 (photo © unpodichimica.wordpress.com).

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STORIA E CULTURA

Pasticci di carne Oggi quasi dimenticati, erano tra le migliori preparazioni della cucina rinascimentale e borghese e possono essere recuperati nella moderna cucina del riuso di Giovanni Ballarini

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n cucina e gastronomia il termine “pasticcio”, insieme al suo diminutivo “pasticcini”, deriva da “pasta”, cioè da un impasto di farina e acqua. In epoca medievale i cuochi erano obbligati a usare il fuoco vivo e solo raramente disponevano di un forno, peraltro non sempre. Gli unici ad averlo erano i fornai e gli offellai, questi ultimi fabbricanti di offelle, biscotti, cialde, in pratica i pasticceri di oggi. Spesso, per cuocere le carni o le verdure e

per preparare piatti importanti da presentare sulle tavole dei signori, si ricorreva alla confezione di pasticci, detti anche “torte salate” o “dolci”, “pastelli” o “coppi”, involucri di pasta che racchiudevano ripieni diversi. Le torte e i pasticci dolci erano di competenza dei pasticceri e nei pranzi convenzionali venivano presentati come “intermezzo”, dopo il piatto forte di carne e prima dei dolci veri e propri, della frutta e

dei formaggi. Carni, pesci, verdure, con o senza spezie, e formaggi erano invece contenuti nei pasticci o torte salate, preparati in tutte le case dove vi era un camino con un fuoco che produceva braci. Le cuoche, potendo usufruire del forno comune del villaggio solo in qualche giorno, avevano imparato a cuocere queste preparazioni in un “testo” di terracotta (da qui il nome di “coppo”) o più sovente di metallo, che ricoprivano con la brace del

Pasticci di carne. Preparazione di origini antiche, per il ripieno di solito si scelgono carni di animali giovani, cacciagione e fegato d’oca. La pasta del pasticcio permette una cottura protetta del contenuto, dolce e prolungata, al riparo dall’aria e con un procedimento oggi recuperato con le lunghe cotture sottovuoto (photo © Elenathewise, Fotolia). 140

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Il ripieno delle moderne torte salate è sempre in piccoli pezzi e quando l’ingrediente del ripieno è lasciato intero si parla di preparazione “in crosta” (photo © azurita, Fotolia). focolare. Il tutto poteva essere posto su altre braci: proprio la tecnica “tra le due braci” ha dato origine ai brasati. In questo caso la cottura delle carni, disossate, macinate e condite, avveniva lentamente, in una pignatta di coccio o di metallo, dotata di coperchio. La costruzione di un pasticcio di pasta ripiena è un’invenzione culinaria antica, come dimostra il fatto che, nel De agricoltura, CATONE descrive un pasticcio di formaggio: “Con un impasto di farina e acqua avvolgete un ripieno di formaggio fresco o ricotta con o senza miele. Cuocetelo, ben rosolato e croccante, nel focolare sotto la brace, e la cenere in un testo di argilla, oliato e foderato di foglie di alloro”. Una sorta di grande madre di tutti i pasticci e le torte, salate e dolci, che al tempo pesava circa dieci chili… La carne La denominazione di “pasticcio” deriva dal fatto che la preparazione è ricoperta con pasta e non dal fatto che il contenuto sia ridotto in pezzi, condizione non necessaria.

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Esistono, infatti, pasticci che contengono parti intere di un animale (per esempio un prosciutto) o un piccolo animale completo e non disossato. Quando sulla tavola si rompe l’involucro di pasta, si ottiene uno splendido effetto scenografico. Una ricetta francese rinascimentale descrive un coniglio in piedi sulle zampe, completamente ricoperto di pasta dorata e croccante. Le cotture “in crosta” sono riservate anche ai pesci interi, e tra questi bisogna ricordare le trote, descritte così dal MAESTRO MARTINO DA COMO (1430?-1500?) nel suo Libro de Arte Coquinaria, che fanno tuttora parte della nostra gastronomia. Il successo dei pasticci è determinato dalla raffinatezza della presentazione, dal fatto che la copertura permette una cottura dolce e rispettosa del ripieno, conservandone i succhi, i profumi di erbe e spezie e la morbidezza naturale, procurando alla fine un piacevole contrasto con la testura della crosta. Per i pasticci si scelgono le carni di animali giovani, cacciagione e fegato d’oca. Da non

sottovalutare che, una volta preparato e cotto, il pasticcio o torta salata o dolce si conserva per più giorni; può quindi essere fatto in anticipo, caratteristica un tempo preziosa, quando non si conoscevano ancora frigoriferi e congelatori. Particolare attenzione è dedicata alla pasta che avvolge il ripieno. In generale si tratta di diversi strati di sfoglia. In una torta “ungaresca” rinascimentale si stendevano nove sfoglie sotto al ripieno e nove sopra. Ancora oggi la pasta per la torta pasqualina genovese, a base di erbe, dovrebbe avere trentatré strati, come gli anni di Gesù Cristo. La crosta La crosta dei pasticci e delle torte in certe ricette è di fattura ordinaria, in altre elaboratissima, non di rado arricchita di uova e burro. Nel primo caso l’involucro di pasta è un semplice elemento di protezione dal forte calore delle braci (e oggi del forno), nel secondo è parte integrante del gusto del piatto, dove si gioca sul contrasto fra morbido e croccante,

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amico di Pellegrino Artusi, riporta molte ricette in cui si utilizzano gli avanzi come ripieno delle torte. Oltre a quello che resta dei piatti cucinati, anche le rimanenze della lavorazione dei vari ingredienti, in genere considerati scarti, trovano una buona collocazione nelle torte salate. L’esigenza, oggi giustamente molto sentita, di evitare sprechi di cibo richiede però un’arte raffinata fatta di di conoscenze tecniche, sensibilità gastronomica e attenzione negli abbinamenti, per non cadere nel pericolo di utilizzare la torta come una “discarica”. Attualmente, accanto ai pasticci di un tempo, in prevalenza di carne, hanno successo le torte farcite con sole verdure, secondo una pratica vegetariana o addirittura vegana, per soddisfare tendenze salutistiche e rispettare la sostenibilità ambientale. Inoltre, da quando i supermercati offrono la pasta già pronta, le torte salate si realizzano molto facilmente. In vendita ce n’è di tutti i tipi: pasta brisée, sfoglia, frolla, base per pizza e focaccia, pasta con farina integrale, sottile e spessa, di forma tonda o rettangolare, già avvolta nella carta da forno e perfetta per qualsiasi ricetta. Torta salata di pollo (photo © chelseawinter.co.nz). fra il salato del contenuto e l’insipido o dolce dell’involucro. La pasta non è lievitata, e in questo pasticci e torte si distinguono da pizze e focacce di ogni genere, appartenenti alla famiglia del pane, tipiche del sud dell’Italia e della Francia. La crosta può essere impreziosita dalla caramellizzazione di componenti ricchi di zuccheri, formaggio, pangrattato presenti negli ingredienti o appositamente cosparsi sulla superficie, in modo che durante la cottura diventi croccante. Pasticci e torte salate oggi Il successo delle torte salate nella cucina domestica contemporanea deriva da diversi elementi. Innanzitutto vi è la facilità di ottenere un buon risultato. Una bella torta, con l’aspetto rigonfio, dorato e

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croccante, e nello stesso tempo con un ripieno di consistenza morbida, è quanto di meglio si possa offrire a ospiti anche di riguardo. Può essere servita fredda come antipasto o calda come primo, preparata anche con un giorno d’anticipo, usata come finger food per un picnic e facilmente trasportabile quando è necessario. Nell’odierna tendenza al riuso anche in cucina, un pasticcio e soprattutto una torta si prepara ancora con quello che si trova nel frigorifero o nel freezer, riciclando gli avanzi. Sulla base di questo orientamento, per esempio, sono nati anche piatti celebri, come il pasticcio di maccheroni o il pasticcio di tortellini. Non dimentichiamo che, nel libro L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa, OLINDO GUERRINI,

Un termine negativo di una preparazione da rivalutare Perché il termine “pasticcio” sembra quasi scomparso dalla moderna cucina? Oggi per pasticcio s’intende un lavoro (anche intellettuale) malfatto, disordinato, confuso; un miscuglio d’idee, di frasi senza ordine e senza nesso logico; una scrittura piena di correzioni e cancellature; soprattutto una faccenda o una situazione intricata, confusa, poco chiara; in proposito viene in mente il titolo di un romanzo di CARLO EMILIO GADDA, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Molto probabilmente il significato negativo dato al termine pasticcio deriva dagli ingredienti misteriosi con cui poteva essere preparato: carni di oscura origine, o verdure di dubbia provenienza, o avanzi di controversa natura. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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