Premiata Salumeria Italiana 1-2025

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Autorizzazione del Consorzio del Prosciutto di Parma del 21-4-98

Siamo gli specialisti del San Daniele DOP

Il segreto è tutto

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Allevamenti di proprietà

ostri a suini nati e cresciuti nei sei ella fami osamente se

Le carni dei nostri prosciutti di San Daniele DOP provengono da suini nati e cresciuti nei sei allevamenti della famiglia Aimaretti o da siti rigorosamente selezionati.

Benessere animale

ere e

dell’animale sono una priorità. I nostri allevatori controllano attentamente l’alimentazione, si assicurano che gli ambienti siano spaziosi e areati e riducono al minimo lo stress del suino.

Prosciutto di San Daniele DOP Etichetta Nera SanDan. Inimitabile.

Solo le cosce migliori

I nostri mastri salumieri mettono al primo posto la genuinità delle materie prime e selezionano le cosce migliori per portare in tavola il gusto inconfondibile di un prodotto sano e naturale.

ono una tori che o cono ess lu genuinit le n ondibile s

Con pa

Con pazienza, secondo tradizione

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La salatura, a mano, e l mini vi d natura

La salatura, rigorosamente a mano, e la stagionatura minima di 18 mesi, danno vita ad un crudo dal gusto unico, naturalmente buono.

Direzione – Redazione

Amministrazione – Pubblicità

Edizioni Pubblicità Italia Srl

Piazza Roma 3 – 41121 MODENA

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Gruppo editoriale

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Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food – Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia

Direttore responsabile e editoriale

Elena Benedetti

Redazione

Gaia Borghi – Federica Cornia –

Marco Credi

Segreteria di redazione

Gaia Borghi

Grafica

Federica Cornia

Prestampa

Marco Credi

EURO ANNUARIO CARNE 2025

Marketing e pubblicità

Luigi Credi – Chiara R. Zaccaroni

Fotografia Luigi Credi

Abbonamenti

Fioretta Fiorentin

Amministrazione

Andrea Tomassone

Collaboratori scientifici

Dr. Giovanni Ballarini – Dr. Marco Cappelli – Dr. Emanuele Guidi

Euro Annuario Carne

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni.

Edizione 2024 Copia cartacea: € 95,00

A pagina 56.
Eurocarni – Premiata Salumeria Italiana – Il Pesce – Euro Annuario Carne – Euro Genuine Food Annuario del Pesce e della Pesca – US Annuario dei Fornitori della Sanità in Italia
A pagina 68.
A pagina 36.
A pagina 87.

LA MORTADELLA DI ALTISSIMA QUALITÀ

nuovaimmagine

Ispirata alla tradizione Ferrarini, solo materia prima italiana, un processo produttivo artigianale e una lenta cottura, aromatizzata con la ricetta originale ed unica di Ferrarini.

Italica è stata premiata come Migliore Mortadella al pistacchio da una giuria di 15 chef.

Ferrarini è iscritta nel registro speciale dei “Marchi storici di interesse nazionale”, tenuto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

www.premiatasalumeriaitaliana-online.com

Lo chef dell’olio 2025. Evo on the road
Fabrizio Bertucci 112
Olio da carne, Olio tenute Librandi
Massimiliano Rella 114 olio da pesce
Sicurezza alimentare Lavarsi le mani
Tre Libri Crumbs – Hai mangiato? – SantoPalato
A pagina 82.
A pagina 102.
A pagina 48.

Da oltre 50 anni curiamo i nostri prodotti con grande amore. Selezioniamo solo le migliori carni di suini Italiani e le lavoriamo nel rispetto della tradizione.

ph: Franceschini Vincenzo

AGENDA

Rimini

La 10a edizione di Beer&Food Attraction, organizzata da Italian Exhibition Group alla Fiera di Rimini dal 16 al 18 febbraio prossimi, dedicherà un’attenzione speciale al settore food, rispondendo alle esigenze del fast casual dining con una esposizione ricca di prodotti ready to eat e tecnologie full service per la ristorazione. Non mancheranno le competizioni legate al food, con la FIC Arena (padiglione A3) come cuore pulsante. Qui si svolgeranno infatti i Campionati della Cucina Italiana organizzati proprio da FIC (Federazione Italiana Cuochi) arrivati alla 9a edizione, con oltre 500 concorrenti in gara a sfidarsi su 9 categorie, e la Global Chefs Challenge European Grand Prix 2025, l’evento di selezione europea di alta cucina propedeutico al campionato mondiale del circuito Worldchefs Beer&Food Attraction si terrà in contemporanea con la 7a edizione di BBTech Expo, il salone per le tecnologie di processo e confezionamento – oltre ad accessori e materie prime – per birre e bevande, targato sempre Italian Exhibition Group. Negli stessi giorni, sempre alla Fiera di Rimini, ci sarà anche la 14a edizione dell’International Horeca Meeting di Italgrob, a riunire gli operatori della filiera HO RE CA (photo © facebook.com/BeerFoodAttraction). beerandfoodattraction.it

Firenze Taste. In viaggio con le diversità del gusto, il salone di Pitti Immagine dedicato alla scena food contemporanea, taglia il traguardo della 18a edizione. Negli spazi della Fortezza da Basso, dall’8 al 10 febbraio, si riuniranno oltre 700 aziende, in rappresentanza del meglio della produzione e della cultura enogastronomica. Di queste, 100 circa sono le realtà che per la prima volta, dopo un accurato scouting, sono state selezionate per essere presentate alla community dell’evento. Il tema scelto come filo conduttore di questa nuova edizione del salone è “Nato sotto il segno del gusto”. In Fortezza appariranno infatti nuove “costellazioni”, una metafora perfetta per tracciare inediti abbinamenti, inaugurare speciali aree espositive ed esplorare interessanti tendenze di consumo. E non mancherà uno sguardo sul futuro con l’Oroscopo di Taste. Novità di quest’anno, si aggiungono al percorso le Aree monumentali e le Costruzioni Lorenesi che diventano sedi di progetti speciali. Infine Ring, eventi, talk e la formazione andranno in scena nel nuovo layout del Padiglione delle Ghiaie. taste.pittimmagine.com

Bologna

Torna Slow Wine Fair, a Bologna dal 23 al 25 febbraio. Vignaioli, vignerons e operatori del settore (buyer, ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi, sommelier) si ritrovano di nuovo alla fiera internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto, che aprirà le proprie porte anche al pubblico di appassionati nella giornata di domenica 23 (dalle 11:00 alle 19:00). I wine lovers potranno fruire del banco d’assaggio, il cui costo è incluso nel biglietto di ingresso, e seguire incontri, convegni e Masterclass. Organizzata da Bologna Fiere da un’idea di Slow Food, Slow Wine Fair ospiterà circa 1.000 cantine italiane e internazionali, per oltre 5.000 etichette, e si svolgerà insieme a SANA Food (photo © Michele Purin). slowinefair.slowfood.it

Milano

“Alla 20a edizione, il rischio era quello di celebrarci, scordandoci che in fondo si tratta di numeri e che bisogna andare oltre, insistere guardando alla sostanza. Così il tema di Identità Milano numero 20 esalta proprio la natura di questo genere di avvenimenti. Con il tema Identità Future, 20 anni di nuove idee in cucina ribadiamo il nostro credere nelle novità, il sapere che il nostro humus ha iniziato a depositarsi a metà Anni Zero e ora è il concime delle kermesse che sopraggiungeranno. Quello che è stato, ci conforta e ci sprona a perseverare e ai relatori chiederemo di raccontarci quale futuro sarà il loro”: sono le parole con le quali Paolo Marchi ha presentato Identità Milano 2025, il congresso internazionale di cucina d’autore nato per dar voce, visibilità e accompagnare la crescita degli chef italiani via via allargatosi ai “distretti confinanti”, ossia pizza, pasticceria, vino, mixology, prodotti d’eccellenza, ospitalità e hôtellerie. Dal 22 al 24 febbraio l’appuntamento è negli spazi di Allianz MiCo – North Wing (photo © instagram.com/identitagolose). identitagolose.it

Modena

Nel corso degli ultimi anni il comparto carne è stato protagonista di una importante evoluzione grazie a metodi innovativi e nuove tecnologie che hanno rinnovato il settore. Dal 2013 Ecod Srl ha creato iMEAT®, appuntamento che nel tempo è diventata manifestazione di riferimento a livello internazionale per le attività operative nell’ambito carne. iMEAT® è l’unica fiera che si rivolge ai negozi di macelleria e gastronomia, alla ristorazione, alle industrie per la lavorazione delle carni e alle aziende medio-piccole artigianali di eccellenza. iMEAT® mette in relazione questi operatori con i fornitori di tutti le merceologie dedicate collocandosi in un’ottica B2B. Ecco le aree tematiche dell’edizione 2025, a ModenaFiere dal 23 al 25 marzo:

• TEC – Tecnologie, attrezzature, aromi e ingredienti per la lavorazione, la conservazione e la cottura delle carni e dei salumi;

• FOOD – Dedicata all’esposizione dei prodotti alimentari di eccellenza;

• GRILL – Area riservata a tecnologie, attrezzature, tendenze e metodi di cottura grill professionale;

• PASSIONE FUOCO (novità 2025) – Attiguo all’area GRILL, sarà allestito un padiglione esclusivo dedicato alle dimostrazioni di cottura grill con fiamma libera. Nell’area esterna verranno inoltre esposte le nuove tendenze di cottura BBQ. imeat.it

Bologna

L’evoluzione nei consumi e nei trend di settore si è tradotto in una nuova concezione di manifestazione fieristica. Da fiera di prodotto, SANA è diventata fiera di canale con un nuovo format — SANA Food —, dedicato esclusivamente al mondo dell’alimentazione, che aprirà le porte ai visitatori per la sua prima edizione dal 23 al 25 febbraio presso BolognaFiere. Esporranno aziende del bio e della sana alimentazione verso un target di visitatori nazionali e internazionali in rappresentanza dei settori dell’HO RE CA., dei negozi specializzati e dei distributori. Il mondo del consumo fuori casa richiede sempre più opzioni nutrizionali sane e sostenibili per il pianeta e maggiormente in linea con le esigenze di un consumatore attento a valori nutrizionali, innovazione e rispetto della tradizione. I dati di mercato rivelano un’impennata della domanda di prodotti vegani, vegetariani, plant based, “liberi da”, “arricchiti da”, DOP, IGP e STG, oltre che degli integratori alimentari, guidata da una crescente consapevolezza dell’impatto ambientale della produzione alimentare. Nella proposta espositiva di SANA Food, questi prodotti si affiancano al biologico, da 36 anni cuore pulsante di SANA, per offrire al pubblico professionale un’esperienza di visita e opportunità di business più ricche, articolate e in sintonia con le tendenze di mercato (photo © instagram.com/sanafiera). sana.it

Brescia

Tradizione, passione, cultura. Tutto questo è BBQ Expo, l’unica fiera italiana dedicata interamente alla cucina outdoor, aperta ad appassionati e professionisti del settore, a Brescia, al Brixia Forum, dal 29 marzo al 1o aprile. La manifestazione offre un percorso organizzato in 4 sezioni (Dispositivi, Combustibili, Carni, Food&Beverage) che permetterà di scoprire nuove tecniche di cotture e tagli di carne, esplorare nuove tecnologie e ammirare il design dei prodotti per la cucina outdoor realizzati da alcuni dei brand più importanti del comparto. Il pubblico avrà inoltre a disposizione un ricco calendario di workshop, pensati per affinare le abilità sia dei neofiti che degli esperti. Si potranno inoltre incontrare pit master di livello nazionale e internazionale, come Alberto Perin, Stefano Rebughini, Riccardo Tonella e Luca Bini. Grande attesa per il BBQ Expo Master’s Challenge, con 30 team internazionali che dovranno cimentarsi nella preparazione di chicken (pollo), pork ribs (costine di maiale), pork (Boston butt, la spalla del maiale, con sopra montata la coppa) e brisket (punta di petto di manzo). La gara fa parte della KCBS (Kansas City Barbeque Society), la più grande gara del pianeta in ambito BBQ. bbqexpo.it

SUGGESTIONI DAL MONDO

Viva la carta da parati! Per rinnovare una parete della propria bottega con un tocco creativo e vintage guardate questa carta da parati. Una collezione di bottiglie che dona all’ambiente un’atmosfera al contempo ludica e nostalgica. La carta da parati di design Dupenny in più è lavabile. Su cartadaparatideglianni70.com, articolo Potions verde felce.

Charcuterie Millas: l’essenziale! Molto bella la parete allestita per una delle sue tre botteghe in Francia da Charcuterie Millas (charcuterie-millas.fr), la Boutique Moulin-Mage, a Murat-Sur-Vèbre. Semplice, pulita, essenziale appunto, con una esposizione di prodotti che vanno dai prosciutti al vino, alle conserve e scatolame. E sotto c’è spazio anche per un po’ di green che non guasta mai (photo © Pinterest).

LA TORTA DI NOCCIOLE DI ALBA

In Redazione ci trattiamo bene e per la pausa abbiamo scelto la Torta di Nocciole di Alba firmata dallo chef Enrico Crippa (Piazza Duomo, Alba, Cuneo) per Relanghe. È un dolce soffice e gustoso ottenuto esclusivamente da Nocciole Piemonte IGP, senza farina e perfetto come dessert a fine pasto, accompagnato da un cucchiaio di mascarpone o zabaione e, perché no, da un calice di Moscato. relanghe.it

Salam Nustrà by Macelleria Cucchi 1984

Se capitate dalle parti di Castrezzato (BS), una tappa d’obbligo è la Macelleria Salumeria e Gastronomia Cucchi 1984. Una bella famiglia di artigiani delle carni e dei salumi. Noi abbiamo assaggiato il loro Salam Nustrà, prodotto da Luigi Cucchi con carni suine italiane e stagionato senza forzature nelle cantine della sua bottega. Buonissimo! riservadomini.myshopify.com

BUD POWER W BUD SPENCER

Barrette proteiche in salumeria? Perché no?! In diverse botteghe abbiamo visto esposti i prodotti della linea Bud Power, ispirata a Bud Spencer e sviluppata dal nipote Carlo Pedersoli Jr., e abbiamo scelto la barretta proteica con arachidi e caramello. Con elevato contenuto proteico, basso contenuto di zuccheri e fonte di fibre: molto buona! bud-power.com

TRA PANE E GRISSINI I

BIBANESI

Da un’idea della trevigiana Da Re, abbiamo scoperto I Bibanesi con olio 100% extravergine d’oliva nella versione “più piccoli” per il formato multipack da 6 confezioni. Un po’ pane, un po’ grissini, decisamente buoni, fragranti e ideali per uno snack o una merenda come si deve. bibanesi.com

Olio di Puglia DESIGN

COLLECTION

I mini pack in lattina della linea Olio di Puglia prodotta da De Carlo sono veramente bellissimi, anche da esporre in salumeria. Perfetti per un cadeau originale e gustoso o da tenere in ufficio per gustare l’olio extravergine IGP Puglia. Tre le grafiche (Trullo, Barca, Fico d’India), a raffigurare tre immagini iconiche della regione. Gli oli sono blend di Coratina, Ogliarola Barese, Leccino e Peranzan. oliodecarlo.com

LOMO DE BELLOTA MARCIAL CASTRO

Il Lomo de Bellota Ibérico è un’esperienza unica all’assaggio. Un viaggio sensoriale attraverso i sapori tradizionali della salumeria spagnola prodotto da Marcial Castro e distribuito da Andrea Conticelli Meat & Food Trading. Questo lombo di maiale si ottiene da carne di suini iberici, nutriti a ghiande ed erbe selvatiche. Ha un sapore intenso e profumato. marcialguijuelo.es – andreaconticelli.com

DOP, IGP e STG in crescita per il terzo anno di fila: la DOP Economy italiana vola oltre i 9 miliardi di euro

La DOP Economy italiana, malgrado le varie criticità del sistema produttivo agricolo e dei mercati, si mostra in buona salute e cresce per il terzo anno di fila.

I dati del XXII Rapporto Ismea-Qualivita ci raccontano che ha raggiunto 9,17 miliardi di euro di valore alla produzione (+3,5% la crescita annua, +44% il trend dal 2013) per un fatturato al consumo finale che sfiora i 18 miliardi di euro (+3,6%). Bene soprattutto i formaggi (+5,3%), per la prima volta sopra i 5,5 miliardi di euro e con la produzione più alta degli ultimi cinque anni, ma buone crescite in valore anche per oli di oliva (+33%), prodotti della panetteria e pasticceria (+9%) e carni fresche (+10%). Numeri frutto dell’impegno di 87.212 operatori, 585.000 occupati, 182 Consorzi di tutela autorizzati dal MASAF e 42 organismi di controllo.

FOOD PACK

Bella grafica + bontà del prodotto, il gioco è fatto!

La grafica nel food packaging gioca un ruolo cruciale nel catturare l’attenzione del consumatore e nel comunicare i valori del prodotto. Un design accattivante e ben studiato non solo rende il prodotto visivamente attraente, ma svolge anche una funzione informativa. Il packaging deve, infatti, riflettere l’identità del marchio, trasmettere la qualità del cibo e, allo stesso tempo, rispondere alle esigenze del consumatore moderno, sempre più attento alla sostenibilità, agli ingredienti e all’origine del prodotto. Elementi come colori, tipografia, immagini e materiali devono essere scelti con cura per evocare sensazioni positive e stimolare l’acquisto. Una grafica efficace riesce a distinguere un prodotto dalla concorrenza, creando un legame emotivo col potenziale acquirente. In un mercato affollato, il packaging diventa quindi una forma di comunicazione strategica, capace di influenzare le decisioni di acquisto e costruire una relazione di fiducia con il consumatore. Un esempio di lavoro ben fatto? Quello di Ciokarrua Srl di Modica (RG), per la sua Linea Grezzopuro di Cioccolato di Modica IGP. Prodotti stupendi e buonissimi. ciokarrua.it

SALUMI & CO.

Yoon JOOHEE

Illustratrice e designer, JooHee Yoon crea connessioni attraverso la comunicazione visiva. Vive e lavora a New York, collaborando con i più importanti quotidiani di tutto il mondo. Ha ricevuto numerosi premi, da AMERICAN ILLUSTRATION, COMMUNICATION ARTS, la Golden Medal dalla SOCIETY OF ILLUSTRATORS NY e l’Ars in Fabula Grant Award alla Mostra Illustratori della Fiera del Libro di Bologna. jooheeyoon.com

IN/TAGLIO

Oramai sapete che i taglieri sono la nostra passione. In particolare quelli della linea IN/TAGLIO firmati Lara Caffi, 2015, per KnIndustrie “Una serie di taglieri/centrotavola in cui un insolito contrasto tra il legno grezzo di noce e alcuni elementi in porcellana, disegnati da Patricia Urquiola per il catalogo di alta gamma dell’azienda Mutina, raccolti e fissati insieme a una sottile base in acciaio inox con una piccola tavola di contenimento”. knindustrie.it

Too Much

SAUCE

“Too much sauce è un art toy dal sapore speciale, un omaggio alla cosa più POP del mondo: la Pizza Margherita. Limitato a 1.889 pezzi, anno in cui è stata sfornata la prima Margherita, raccoglie pochi ingredienti essenziali per creare qualcosa di straordinario! Non c’è niente di più pop, più democratico, più globale di una pizza Margherita… e tanti pomodori!”. Costa € 99,00. seletti.it

EVENTI CARNIVORI

726 kg per oltre 3 metri di lunghezza: è il Superzampone 2024, protagonista della 35a edizione dell’omonima festa dedicata a questo insaccato da primato dal Comune di Castelnuovo Rangone (MO), in collaborazione con l’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi, svoltasi domenica 1 dicembre scorso. Prima di essere servito gratuitamente ai circa 5.000 partecipanti all’evento, con contorno di fagioloni e Lambrusco, lo zampone è stato cotto per 75 ore in una zamponiera lunga 4 metri.

Il taglio ufficiale della prima fetta è avvenuto come di consueto a mezzogiorno in punto insieme a Luisa Falchi Vecchi, presidente dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi, presenti come sempre in gran numero alla festa, e a Stefano Bortolamasi, figlio dell’ideatore e “Re” del SuperZampone Sante Bortolamasi

COME TI REINVENTO UN PIATTO ICONICO… E VINCO

Massimo Bottura decreta il vincitore del concorso “Gli Chef di domani” organizzato dal Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP. «Ho assistito, anno dopo anno, a una crescita incredibile della qualità delle ricette» commenta. Trionfa l’IPC Musatti di Dolo con la rivisitazione di un suo piatto, “Una compressione di pasta e fagioli”

«Passione, dedizione e tanto lavoro, passando dal rispetto delle materie prime», questo il messaggio dello chef Massimo Bottura agli studenti in gara lo scorso 14 dicembre in Piazza Roma a Modena, dove si è svolta la finale del concorso “Gli Chef di domani”, nel corso della 13a edizione della Festa dello Zampone e del Cotechino Modena IGP, organizzata dal Consorzio di tutela. Gli studenti delle dieci scuole alberghiere precedentemente selezionate dallo chef Bottura, arrivati in città da tutta Italia, visibilmente emozionati, hanno preparato live le loro ricette a base di Zampone e Cotechino Modena IGP, per sottoporle al suo giudizio insindacabile. La giuria — presieduta dallo chef modenese insieme al presidente del Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP Paolo Ferrari — ha poi decretato le 3 scuole vincitrici. Al primo posto, l’IPC Musatti di Dolo, Venezia, con la rivisitazione di un piatto proprio di chef Bottura, “Una compressione di pasta e fagioli”. L’interpretazione di un piatto storico di Bottura che ha più di 25 anni, creata durante il suo periodo di collaborazione con i grandi chef del

In alto: l’assaggio dei piatti e la premiazione. A pagina 28: il piatto vincitore.

calibro di ALAIN DUCASSE e FERRAN ADRIÀ, la pasta e fagioli. La rivisitazione degli studenti del Musatti ha subito conquistato chef Bottura, tanto da definire il piatto «eccezionale» e conferirgli il podio del primo posto.

Al secondo posto, l’IPSEOA Don Pino Puglisi di Enna, con la ricetta “Cavati con cozze, fagioli e Cotechino Modena IGP”, dove a convincere

Bottura è stata l’eccezionalità del sapore, «un abbinamento incredibile quello delle cozze con i fagioli», ha commentato lo chef, per un piatto che ha definito «totalmente sapore». All’IIS P. Artusi di Chianciano Terme, Siena, è andato infine il terzo posto, con la ricetta “Rocher con caponata”

>> Link: www.modenaigp.it

IMMAGINI

Cinquant’anni di lavoro in malga sono tanti, anche se la malga resta aperta per pochi mesi all’anno. I mesi delle transumanze, del fieno, delle vacche e del latte. I mesi della fatica, della dedizione al lavoro, della lontananza da casa e dell’isolamento tra i boschi e i lupi. Ma è questo il traguardo raggiunto quest’anno dalla famiglia Marini. Situata a 1.648 m slm, Malga Dosso di Sotto è una piccola gemma incastonata negli incantevoli paesaggi di Cima Larici, in località Val Formica. In estate è possibile acquistare direttamente l’Asiago DOP fresco e Stagionato, l’Asiago Prodotto della Montagna ma anche ricotta e burro. Frequentata da personaggi del calibro di Mario Rigoni Stern e Ermanno Olmi, ce ne parla Gian Omar Bison a pagina 108.

LA COPERTINA ESPLOSA

Anno XXXVII N. 1 Gennaio-Febbraio 2025

Realizzato dal Salumificio Bazza di Terrassa Padovana (PD), è un salume completamente naturale, prodotto senza l’aggiunta di additivi, che siano conservanti, antiossidanti, derivati del glutine o lattosio, con due soli tagli del maiale, coscia e pancetta. “L’impasto viene macinato a grana fina, miscelato con sale marino, pepe spezzato e all’occorrenza aromatizzato con aglio. Insaccato e poi legato dai nostri artigiani, è così pronto per una delicata fase di gocciolamento, seguita da lenta asciugatura che lo accompagnerà al meritato riposo in cantina. La stagionatura, in tutta la sua semplicità, valorizza un salame che rispecchia le più tradizionali caratteristiche del territorio, esaltando sapori e profumi dimenticati” (salumibazza.it). Buonissimo!

Buonissima la Robiola di Roccaverano DOP dell’Azienda Agricola Stutz-Pfister sita a Mombaldone, nell’Astigiano.

Ben ci sta sul nostro (e sul vostro) composta biologica di mirtilli di raccolta selvati pe Pragas, az Z), fondata lavora da c d d

e di altissima qualità. alpepragas.com

Scaglie di Parmigiano Reggiano DOP del Caseificio dell’Emilia 4 Madonne di Lesignana (MO). “Coniugando tradizione e innovazione, perseguiamo una produzione responsabile, che tutela l’ambiente e valorizza ogni aspetto della nostra filiera”. caseificio4madonne.it

Questi taralli all’olio d’oliva sono realizzati con grano duro Senatore Cappelli dall’azienda salentina Prodotti Tipici Chironi di Martano, Lecce. Gustosi e croccanti. chironi.com

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Una fetta deliziosa di pensieri

di Alessia Morabito (illustrazioni di Alessia Serafini)

Che grande rammarico che la frenologia non esista! Che gran peccato che il cervello umano non si possa indagare con la facilità di una mappa, che le funzioni psichiche non siano collocate in circoscritte regioni del cervello o che certi aspetti della nostra personalità non dipendano dalle conformazioni morfologiche del cranio, insomma, che questa pseudoscienza, di lombrosiana ispirazione, sia del tutto infondata e non sia assolutamente in gradi di farci conoscere meglio noi stessi o gli altri.

Immaginate: avere l’umorismo proprio prima dell’orecchio, la saggezza in fronte, la curiosità al centro, il coraggio nella nuca, avere lo smarrimento proprio accanto all’avventura e la tristezza accanto alla speranza: un massaggio, una sollecitazione esterna e riuscire ad alleviare le pene del proprio spirito, trovare il coraggio, stimolare la fantasia… E invece no, per uscire dai trabocchetti della Psiche ci vuole un bravo terapista e molto impegno.

Ora voi vi chiederete come questo sproloquio possa collegarsi ad un salume della tradizione italiana: immaginate una fetta tonda e larga di coppa di testa, tagliata per sezione, come si presenta sul banco della salumeria. Vedo distintamente la sua trama disomogenea, le cartilagini auricolari, la lingua, pezzi di carne più o meno grandi, più o meno rossicci o rosati, esattamente come fosse una mappa frenologica che seziona la nostra testa facendoci vedere dove risiedono i nostri istinti, le emozioni, i nostri sentimenti, le caratteristiche della nostra personalità.

La coppa di testa si prepara mettendo a bollire le teste di maiale (ben depilate e senza cervello) in un brodo aromatico per almeno 3/4 ore. Ancora calde si spolpano bene togliendo ossa ed occhi, poi si aggiungono sale, spezie, erbe aromatiche e scorze di agrumi grattugiate.

Si massaggia il tutto senza spezzettarlo troppo, tanto basta per distribuire gli aromi, e si insacca all’interno di una vescica naturale o sintetica oppure all’interno di uno stampo.

Alla testa, in fase di cottura, possono essere aggiunti il cuore, altre lingue, rifilature di polpa e grasselli o gli zampetti.

Si lascia freddare, il collagene presente in questi tagli solidificherà determinandone la consistenza caratteristica.

Si consuma fredda, tagliata al coltello non troppo sottile, oppure si mette ad asciugare sotto pressa e si può tagliare in affettatrice.

Ne esiste una versione trentina, praticamente dimenticata, che la vede tagliata, impanata e fritta.

La sua diffusione è prevalentemente in Toscana ed Emilia. Esiste anche la coppa marchigiana e non mancano versioni piemontesi, liguri e sarde che prendono il nome di testa in cassetta.

Ce n’è una versione fatta prevalentemente di lingue che si chiama “La pettegola”

Al momento non esiste un disciplinare o una richiesta di riconoscimento, la coppa di testa è il salume che si prepara per onorare tutto del maiale.

Io, che la coppa di testa qualche volta l’ho preparata, vorrei poter mettere a posto i miei pensieri con la stessa dimestichezza: un pentolone abbastanza grande, un bel tavolo, le spezie giuste, aggiungo cotenne o lingue?, “sale in zucca”, una buona dose di attenzione e pazienza per togliere quello che è da togliere ma di buon ritmo perché la massa non deve raffreddare, compattare tutto, aspettare un pochino e voilà!

Una fetta scioglievole di pensieri deliziosi…

1. Our Food Stories

Le fotografe e stylist di Berlino Laura Muthesius e Nora Eisermann di “Our Food Stories” realizzano allestimenti e progetti visivi che sono una meraviglia. Come le loro tavole imbandite: vera poesia! Da seguire assolutamente su instagram. com/_foodstories (photo © @_foodstories).

2. Studio Dispenser

Brand identity, pack design, brand experience… sono il pane quotidiano dell’agenzia Studio Dispenser. Noi ci siamo innamorati del loro account instagram.com/studiodispenser Qui vedete il loro bellissimo lavoro per il nuovo packaging del peperoncino piccante “Lu’ Lazzarett” di Tenuta Fragassi (photo © @studiodispenser).

di Elena

FOOD

Benedetti

3. Antica Salumeria Vargiu

Siamo a Cagliari presso l’Antica Salumeria Vargiu. Bella l’idea della loro bowl di salumi freschi, che abbiamo scoperto seguendoli su instagram.com/anticasalumeriavargiu/ (photo © @anticasalumeriavargiu).

4. Non accettare carne dagli sconosciuti

È il motto di Sebastiano Cillo, butcher di Airola (BN) molto attivo anche su instagram.com/cillo.sabatino e instagram. com/macelleriacillo. Tante le sue passioni, dalla selezione delle migliori carni alla realizzazione di salumi di grande qualità alle cotture al BBQ (photo © @cillo.sabatino).

IL PROSCIUTTO DI PARMA VERSO LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

PRESENTATO IL PROGETTO REALIZZATO DAL

CONSORZIO IN COLLABORAZIONE CON IL

POLITECNICO DI MILANO, ENERSEM E CSQA

Il Consorzio del Prosciutto di Parma conferma il proprio impegno verso l’ambiente e porta a termine un progetto pluriennale volto a supportare la transizione ecologica delle proprie aziende.

Avviato nel 2022, il progetto si è posto l’obiettivo di definire una politica ambientale per il comparto del Prosciutto di Parma che sia al servizio dei propri produttori, ottimizzandone le prestazioni in fatto di sostenibilità. Per fare questo, l’ente di tutela del Parma DOP ha coinvolto partner altamente qualificati e di riconosciuta autorevolezza: il Politecnico di Milano per la fase di definizione e realizzazione del progetto, il suo spin-off Enersem per lo sviluppo del software previsto dalla ricerca e CSQA per gli aspetti relativi alle verifiche.

Il progetto, nel corso di oltre due anni, ha previsto la realizzazione di alcune fasi distinte. In un primo momento è stato effettuato il calcolo dell’impronta ambientale del comparto del Prosciutto di Parma, attraverso l’applicazione della metodologia ufficiale PEF (Product Environmental Footprint) , uno

strumento messo a disposizione dalla Commissione europea per valutare, tramite specifici indicatori, l’impatto sull’ambiente delle attività produttive. Questa operazione è stata resa possibile grazie al coinvolgimento e alla partecipazione attiva di un cospicuo numero di aziende del comparto ed è stata, in seguito, validata dall’organismo di certificazione CSQA.

Alla luce dei dati elaborati e raccolti in questa prima fase, il Consorzio ha potuto depositare presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) le cosiddette Regole di Categoria di Prodotto (RCP) valide per tutti i prosciutti crudi DOP, che definiscono un profilo ambientale di riferimento per questa categoria merceologica.

Questo passaggio era necessario per richiedere l’attivazione per il Prosciutto di Parma, dello schema Made Green in Italy lo schema di certificazione nazionale sull’impronta ambientale di prodotto promosso dal MASE, che nasce per riconoscere, su richiesta volontaria delle aziende, i prodotti made in Italy di alta qualità ambientale.

Nell’ultima fase è stato creato e messo a disposizione delle imprese del comparto del Prosciutto di Parma un software per il calcolo e la riduzione dell’impronta ambientale, volto ad ottimizzare le prestazioni dell'intero ciclo produttivo. Attraverso questo software, verificato anch’esso da CSQA, i produttori che ne fanno richiesta ricevono indicazioni di miglioramento personalizzate per la riduzione dell’impronta ambientale di prodotto e per il risparmio energetico, oltre ad una relazione sulle proprie prestazioni ambientali e al confronto con realtà comparabili.

«Il valore di un prodotto unico come il Prosciutto di Parma si misura anche attraverso la sua capacità di mostrarsi coerente con le esigenze dei consumatori e con le sfide di un mondo che cambia velocemente» ha commentato Alessandro Utini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Parma. «Il legame indissolubile che la nostra DOP ha con il suo territorio ci rende ancor più responsabili rispetto all’impatto generato dalle nostre produzioni e per questo siamo particolarmente orgogliosi di aver condotto questo progetto insie-

me al Politecnico di Milano, Enersem e CSQA. L’obiettivo principale è stato quello di supportare le nostre aziende nel loro già consistente impegno verso la transizione ecologica, rafforzando così la tutela dell’ambiente, per il futuro del comparto e per le nuove generazioni.

Ciò che constatiamo con profonda soddisfazione è che un numero rilevante di produttori ha già deciso di avvalersi dell’utilizzo del software che abbiamo realizzato con questo progetto,

confermando l’etica ambientale del nostro comparto, anche a beneficio della sua competitività sui mercati esteri in relazione a queste importanti tematiche».

«La collaborazione col Consorzio del Prosciutto di Parma per la realizzazione di questa ricerca si è rivelata estremamente significativa. Progetti di questa natura, promossi da Consorzi e organizzazioni di settore, sono fondamentali per accelerare la transizione ecologica prevista dal Green Deal

europeo» aggiungono dal Politecnico di Milano Mauro Ceconello e Carlo Proserpio, coordinatori del progetto. «Rapportarsi alle esigenze del mondo produttivo consente al Politecnico di Milano di esplorare nuovi percorsi di ricerca e di rispondere alla necessità di un’innovazione continua.

La collaborazione con il mondo industriale ci permette inoltre di assecondare la vocazione dei territori e di essere da stimolo per il loro sviluppo anche e soprattutto in termini di sostenibilità. Auspichiamo che questa iniziativa possa ispirare altri Consorzi, favorendo azioni concrete per raggiungere gli ambiziosi e imprescindibili obiettivi di decarbonizzazione».

Si unisce Matteo Zanchi , direttore generale di Enersem: «Siamo particolarmente soddisfatti del software realizzato, il primo in assoluto pensato per le DOP e sviluppato ad hoc per il Prosciutto di Parma. Tutte le imprese del comparto hanno ora a disposizione un percorso più semplice per ottenere la certificazione ambientale, grazie a:

* semplicità e velocità con cui le aziende possono fornire dati e informazioni sulle performance ambientali;

* unione di calcolo della PEF e proposta di interventi per ridurla;

* analisi coerenti e confrontabili fra tutti i produttori;

* una metodologia solida e una serie di modelli rigorosi e precisi». «La normativa comunitaria in materia di dichiarazioni ambientali attribuisce un ruolo importante all’organismo di certificazione» dichiara infine Marco Omodei Salè, responsabile Innovazione di CSQA. «La PEF, quale strumento metodologico promosso dalla Commissione europea per il calcolo degli impatti ambientali, verificata da CSQA, rappresenta la base per l’adozione da parte delle aziende della certificazione Made Green in Italy. Il software per il calcolo degli impatti ambientali — anch’esso verificato da CSQA — rappresenta lo strumento che il Consorzio mette a disposizione delle aziende del comparto per agevolare il processo di transizione ecologica anche attraverso la certificazione volontaria».

>> Link: www.prosciuttodiparma.com

Photo © Saverio Lombardi Vallauri

Delfino, i primi in Liguria

IN UNA TERRA IRTA E DIFFICILE, COMPRESSA TRA MARE E

MONTAGNA, I LIGURI PRODUCONO MATERIE PRIME E PRODOTTI

TRASFORMATI DAVVERO SORPRENDENTI. IL PASTIFICIO DELFINO

NASCE UN SECOLO FA IN QUESTO CONTESTO

E CONTINUA IL SUO OPERATO FEDELE ALLA TRADIZIONE

Olive, asparagi, basilico, borragine, aglio, solo per fare alcuni esempi, sono consumati tal quali, in salsa o come aggiunta a ricette a cui sono in grado di attribuire un carattere unico. La produzione ortofrutticola, ma anche casearia e marinara, è un patrimonio che vanta denominazioni europee, PAT e presidi Slow Food, che in mille modi contribuiscono ad arricchire la cucina che non ti aspetti, fatta di specialità a cui i liguri hanno dato i natali, ma, soprattutto, intendono dare un futuro.

È in questo contesto che è sorto e si è strutturato il Pastificio Delfino, una realtà produttiva artigianale che nel 2025 compirà un secolo di operatività e che per lungo tempo ha prodotto solo pasta, ma oggi propone anche una gastronomia e salse, dove la tipicità la fa da padrone.

“La nostra è una storia di famiglia e tradizione che è iniziata nei primi anni del ‘900 e che stiamo portando avanti con amore”.

In foto, Giuseppe Delfino e Angela Giusto, coppia e seconda generazione di mastri pastai in azienda (photo © instagram.com/pastificio.delfino).

Sta per raggiungere il traguardo del secolo dunque, ma la prima cosa che viene da dire, a conoscere gli attuali titolari, è che quest’impresa, gli anni, se li porta benissimo.

A impiantarne le basi fu Gerolamo Delfino nel 1925, sulle alture di Cogoleto, prima come mulino e produzione di pasta secca. Nel 1948 subentrarono il figlio Giuseppe e sua moglie Angela Giusto. Nel 1963, Giuseppe Delfino Junior iniziò a produrre pasta fresca e gastronomia ma spostandosi sulla Riviera di Ponente. Nel 1988, la terza generazione, quella dei fratelli Gerolamo e Paolo Delfino e di sua moglie Paola Freccero, aprì il nuovo laboratorio a Toirano (SV) con un cambio di linea aziendale importante: nessun conservante chimico o additivo, processi artigianali e in buona parte manuali e solo metodi naturali per la conservazione. Da qui la scelta del freddo, con la proposta di pasta surgelata

Oggi siamo alla quarta generazione, perché nel laboratorio di produzione è presente anche Matteo Delfino, figlio di Paola e Paolo, che non solo convive professionalmente con i genitori e apporta novità e modi nuovi di pensare, ma si occupa in prima persona anche di alcune produzioni e ha contribuito fortemente all’introduzione di pasta fresca e gastronomia, di salse e sughi da frigo. Sarà lui a prendere in mano le redini dell’impresa da qui a qualche anno e a gestire il nuovo laboratorio appena acquisito.

Se però limitassimo il racconto della vita di questo storico pastificio ad un elenco di date, non faremmo un buon servizio né all’impresa né al lettore, perché il merito dei Delfino non è tanto o solo di essere sopravvissuti indenni ad un secolo di vicissitudini tra le più disparate, compresa una guerra mondiale e una pandemia, ma anche di essersi volutamente strutturati e migliorati negli anni, per offrire un servizio sempre più completo e un prodotto di grande qualità.

La ricerca dell’eccellenza è stata la costante in tutto questo tempo e, come una dote, si è trasmessa da una generazione all’altra. E pur essendo cambiati i tempi e le esigenze, non si è mai ceduto nei decenni a fare le cose diversamente da quella che era la

politica aziendale iniziale, che voleva e tuttora vuole i Delfino impegnati per la qualità e il territorio.

Qui si conosce in prima persona la fatica che si nasconde dietro alla ricerca di un prodotto buono e dal sapore unico. Ma queste specialità sono anche lo specchio di chi le realizza. Un catalogo vasto, variegato e ricco che impone un mangiare rilassato per assaporare ogni boccone: la stessa calma di Paolo Delfino che opera convinto che le cose di pregio richiedano tempo, per essere fatte e per essere apprezzate. Gli fa da contraltare Paola Freccero, sua moglie, che in laboratorio mette un’energia e un dinamismo unici, che consentono ad un pastificio storico di operare sempre al passo coi tempi, così come il mercato vuole. Infine Matteo, che oltre a portare innovazione, tecnologia e uno sguardo al futuro, ama sperimentare e innovare e si mette alla prova, tanto nella gestione quanto nella produzione.

Consapevole del fatto che un’eredità come quella è un’opportunità, ma anche una responsabilità, Matteo si prepara sul campo per esserne pienamente all’altezza. La regola è utilizzare quanto più possibile prodotti del territorio e, ad osservare le specialità del pastificio, che sono un’esplosione di sapori e forme, non c’è dubbio.

La pasta Delfino è il classico piatto con cui si può stupire il commensale, per la singolarità dei colori e delle forme:

un prodotto che stupisce nell’immagine e non delude nel gusto

I Delfino, anche nella pasta, utilizzano spesso le castagne, con le quali, tra gli altri, propongono anche le Troffie, coniugando così una materia prima tipica del luogo con un formato di pasta tradizionale della regione. Ma le castagne sono anche protagoniste degli Gnocchetti e, per andare sui ripieni, non mancano i Ravioli di pesce, di dimensioni e forme diverse, o quelli ai funghi porcini, altro prodotto di cui i boschi liguri sono ricchissimi in certe stagioni dell’anno.

Il catalogo aziendale colpisce per i suoi colori e contiene, per diverse referenze, la precisazione che si tratta di prodotti stagionali. Tra i più significativi e tipici: Ravioli di zucca, di cernia o di borragine, Cappellacci al salmone, Pansotti di magro, Troffie di grano saraceno, Tagliolini neri, semplici o di borragine, Margherite a pasta rossa con ripieno di radicchio e scamorza, Chicche tricolori, Zembi bianchi e neri ripieni di pesce. Che si tratti di formati o di ripieni, la Liguria più autentica è servita.

Maria Antonietta Dessì

Pastificio Delfino

Via Pietro Mainero 45 17055 Toirano (SV)

Web: pastificiodelfino.com

Pastificio Delfino @pastificio.delfino

Troffie di grano saraceno (photo © www.facebook.com/pastificio.delfino).

STAGIONELLO® ACADEMY: CENTRO D’ECCELLENZA PER L’ARTE DELLA SALUMERIA ARTIGIANALE

di Raffaele Arcuri

La Stagionello® Academy offre un’educazione completa sulle pratiche tradizionali e moderne per la creazione di salumi, prosciutti suini e salumi cotti di alta qualità. Lo chef Vojtech Kalasek è uno dei professionisti che è stato ospitato dall’Academy e oggi produce salumi unici, arricchiti da un tocco personale, grazie alla tecnologia Stagionello®.

La Stagionello ® Academy si afferma come un centro d’eccellenza per tutti coloro che desiderano approfondire la tecnologia Stagionello® e le tecniche artigianali nella produzione di salumi. Questo centro formativo offre non solo una conoscenza approfondita dei dispositivi di stagionatura, ma anche un’educazione completa sulle pratiche tradizionali e moderne per la creazione di salumi, prosciutti suini e salumi cotti di alta qualità. I partecipanti hanno l’opportunità di apprendere direttamente da esperti del settore, acquisendo competenze che vanno oltre la teoria. Il tutto, per abbracciare una pratica consapevole e innovativa.

Il percorso di Vojtech Kalasek: da Praga alla maestria artigianale

L’Academy da anni ospita non solo professionisti italiani ma anche esteri.

Vojtech Kalasek è uno di questi. Originario della Repubblica Ceca e residente nella tranquilla cittadina di Stábor, Vojtech ha intrapreso il suo viaggio nel mondo della salumeria presso l’Ambasciata britannica a Praga, dove ha lavorato come chef. «Lì ho imparato tutto e da quel momento è diventata la mia passione», afferma Kalasek che oggi produce salumi unici, utilizzando metodi tradizionali, arricchiti da un tocco personale.

La svolta nella sua carriera è poi avvenuta circa tre anni fa, quando ha iniziato a cercare una “cella di stagionatura” da acquistare. Questa sua ricerca lo ha portato a scoprire la tecnologia Stagionello®. Il contatto con l’azienda italiana si è rivelato immediatamente proficuo: «Mi hanno invitato in Italia per vedere il prodotto, fornendomi un elenco dettagliato delle funzioni e dei criteri principali, supportandomi costantemente».

Esperienza e innovazione: l’impatto della Stagionello® Academy Nel 2019, Vojtech aveva già partecipato ad un corso di salumeria in Italia, ma la recente esperienza alla Stagionello® Academy si è rivelata unica: «Tutti erano molto accoglienti, mi sono sentito come a casa. Durante i corsi legati ai salumi,

al pesce e alla maturazione della carne, ho ricevuto così tante informazioni che ogni mio dubbio è stato fugato».

Il Metodo Cuomo: tradizione e innovazione per la stagionatura perfetta

Il cuore della tecnologia Stagionello® è il Cuomo Method, che rappresenta

Anni di ricerca e sviluppo hanno permesso la creazione di strumenti che replicano le condizioni ideali per «È fondamentale comprendere a fondo le tecnologie che si utilizzano ed è per questo che invito tutti a visitare la Stagionello Academy» ha commentato Vojtech Kalasek. Un luogo, l’Academy, dove apprendere il funzionamento dei dispositivi così come l’efficacia e il valore di soluzioni innovative.

la vera rivoluzione nel settore della conservazione e trasformazione alimentare. Questo metodo combina tradizione e innovazione per produrre salumi di alta qualità in modo sicuro ed efficiente.

la stagionatura e non solo dei salumi, garantendo uniformità e sicurezza alimentare.

Il controllo preciso di fattori critici come temperatura, umidità, velocità dell’aria e attività dell’acqua permette di ottenere salumi artigianali dalle eccellenti caratteristiche organolettiche.

Stagionello®: tecnologia avanzata al servizio

della salumeria artigianale

Lo Stagionello® Salami Curing Device è l’espressione tecnologica del Cuomo Method®, progettato per offrire un ambiente controllato che riproduce fedelmente le condizioni di una stagionatura tradizionale. Dotato di sistemi avanzati come la sonda pH, il dispositivo monitora e regola continuamente i parametri necessari per una stagionatura ottimale e sicura. Con questo device, infatti, viene garantita la sicurezza e salubrità dei prodotti e ne vengono esaltati il gusto e la qualità. La tradizione della salumeria viene portata ad un nuovo livello di eccellenza.

Il futuro della salumeria: opportunità e crescita

«Consiglio agli aspiranti salumieri di puntare sempre sul miglior prodotto possibile e di lavorare in modo sicuro e consapevole» ha spiegato Vojtech. «È fondamentale comprendere a fondo le tecnologie che si utilizzano ed è per questo che invito tutti a visitare la Stagionello Academy: un luogo dove apprendere non solo il funzionamento dei dispositivi, ma anche l’efficacia e il valore delle loro soluzioni innovative» ha poi aggiunto. «Guardando al futuro, vedo un enorme potenziale per la salumeria nella Repubblica Ceca. Abbiamo risorse locali di alta qualità e una tradizione culinaria ricca, che possono essere elevate ad un nuovo livello grazie a tecnologie avanzate come quelle offerte da Stagionello».

Arcuri

• Scopri di più sulla tecnologia Stagionello® e su come può trasformare la tua produzione di salumi. Scansiona il QR-Code qui a lato per ulteriori informazioni e per entrare nel mondo della salumeria innovativa

>> Link: www.stagionello.com

Il Gruppo Pini rileva le attività di Vismara: in programma un piano di rilancio strutturale

Lo scorso 14 gennaio Pini Italia si è aggiudicata, all’asta pubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia, l’acquisto della partecipazione totalitaria nella Vismara 1898 Srl, società nella quale è stato conferito il ramo d’azienda della Vismara Spa avente ad oggetto la produzione e la commercializzazione dei prodotti relativi allo stabilimento di Casatenovo (LC). L’operazione, che permette la salvaguardia di tutta la forza lavoro impiegata presso l’azienda, pari a 162 dipendenti, si configura come un nuovo inizio per Vismara dopo il difficile periodo trascorso negli ultimi anni. Ora, nel futuro della nuova società costituita, che raccoglie l’eredità di un’azienda con un fatturato pari a 62 milioni di euro, c’è un piano di rilancio che prevede importanti investimenti mirati a una crescita strutturale dell’azienda, che interesserà la parte di produzione e di vendita: un focus sempre più importante verrà rivolto al mercato internazionale, in particolare quello statunitense, grazie all’inserimento dell’azienda in un sistema di filiera capillare guidato dal Gruppo Pini, che ha all’attivo 10 centri produttivi, 8 in Italia e 2 all’estero.

Con questa operazione il Gruppo Pini conferma così il proprio impegno alla valorizzazione di aziende storiche simbolo del Made in Italy — Vismara, fondata nel 1898, è iscritta nel registro speciale dei “Marchi storici di interesse nazionale” del Ministero delle Imprese e del Made in Italy — che rappresentano anche al di fuori dei confini nazionali la qualità dell’agroalimentare italiano. «Questa operazione rappresenta un altro tassello importante per il nostro Gruppo che ormai da anni si sta focalizzando su una crescita strutturata nei prodotti di filiera di alta qualità, avendo rilevato prima Ferrarini e ora Vismara: due marchi storici simbolo dell’eccellenza agroalimentare italiana. Questi sono i pilastri fondamentali per lo sviluppo che intendiamo portare avanti unendo innovazione, sostenibilità e continua attenzione alla filiera e alla qualità del prodotto», ha dichiarato Roberto Pini, presidente di Pini Italia.

La sede dello stabilimento Vismara a Casatenovo (LC).

Aceto Balsamico di Modena IGP e gelato, il binomio si rinnova al SIGEP

Aceto Balsamico di Modena IGP e gelato: la strana “coppia” torna protagonista nell’edizione 2025 del “SIGEP World – The World Expo for Foodservice Excellence”, organizzata da Italian Exhibition Group. «Aceto Balsamico e gelato è un binomio insolito — spiega Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena — ma che si sposa alla perfezione proprio per questa sua eccellente versatilità che lo rende adatto a qualsiasi abbinamento. A Modena è una tradizione consolidata quella di offrire a fine pasto un gelato alla crema con l’Aceto Balsamico di Modena IGP; portando questa nostra visione al grande pubblico auspichiamo che possa diventare per tutti un piacevole momento di gusto all’insegna di due eccellenze tutte italiane. Ognuno dei due prodotti, semplici e complessi allo stesso tempo, presi singolarmente raccontano storie, maestria e passione; insieme raccontano al mondo le enormi potenzialità del made in Italy agroalimentare». Coordinato dalla conduttrice Francesca Romana Barberini, l’evento clou della presenza dell’Aceto Balsamico di Modena IGP al SIGEP ha visto protagonista allo stand della Carpigiani Gelato University il maestro gelatiere Stefano Ferrara, con una degustazione di crema alle fragoline di bosco con tre tipologie di Aceto Balsamico di Modena IGP in purezza, quello contraddistinto da 3 e 5 pallini di dolcezza del Consortium Profile e l’invecchiato. «È interessante abbinare il gelato ad un prodotto così, le cui caratteristiche possono variare e rendere ogni abbinamento singolare» ha dichiarato Ferrara. «Abbiamo deciso di servire l’Aceto Balsamico di Modena IGP in purezza per apprezzarlo al massimo e ricercare il giusto abbinamento personale». Un abbraccio tra sapori in cui grassezza e dolcezza si sposano eccellentemente con la consistenza e le note agrodolci del prezioso condimento, un contrasto interessante che si rende piacevole a palati con sensibilità diverse.

>> Link: www.consorziobalsamico.it

SAPORI DI SICILIA: Antica Salumeria Sturiale

Antica questa salumeria di Santa Teresa di Riva, in provincia di Messina, lo è per davvero. Non inganni l’anno di apertura (il 2014), quello che conta è altro. È la cultura norcina che la ispira, la competenza consolidata, l’attenzione ai dettagli e, soprattutto, sono le sue

preparazioni a fare la differenza. Prodotti come prosciutti cotti e mortadelle d’asina sembrano venire dal principio del secolo scorso, quando le fiere di bestiame animavano i piccoli centri e i salumi si producevano ancora in casa. Le loro ricette, gelosamente custodite, sono state tramandate di padre in figlio

ed ora danno vita a prodotti che possiamo definire “di nicchia”. Salami in cera d’api, salsicce secche al finocchietto, capocolli e pancette arrotolate sono tutte specialità dal gusto forte e deciso, proprio come quelle che assaporavano i nostri nonni. Parliamo, quindi, di eccellenze destinate alla ristorazione e ai

Il salame al pistacchio, un salame tradizionale siciliano con l’aggiunta di pistacchi di Bronte.

buongustai, con una caratteristica ben precisa: più che essere espressione di un territorio, rappresentano il patrimonio di una famiglia con salde radici nell’isola. Un patrimonio gastronomico che ha il sapore di un tempo e che l’Antica Salumeria Sturiale condivide con i suoi clienti nel modo più moderno possibile. Basta infatti un clic sulla tastiera e questi salumi, premiati nel 2024 ai Sicilia Food Awards — il primo Oscar dedicato ai produttori agroalimentari della Sicilia, col patrocinio del MASAF, NdR — nella categoria Salumifici, sono a casa vostra.

Quella degli Sturiale è una famiglia numerosa che conta commercianti di bestiame, allevatori, macellai e norcini. Insomma, quanto basta per avviare una vera e propria filiera virtuosa. A Natale era tradizione che si riunissero per macellare il maiale e produrre i salumi necessari al proprio fabbisogno. «È così che sono diventato artigiano» ricorda Davide Sturiale, classe 1978, titolare, assieme a suo fratello gemello Marco, dell’Antica Salumeria Sturiale.

È in quei giorni di festa, ancora fanciullo, che papà Achille gli insegna una tecnica di lavoro che solo pochi produttori impiegano ancora: l’estrazione dell’arteria femorale. Una tecnica che serve ad iniettare la “salina” nel coscio, destinato in quelle occasioni a diventare un prosciutto cotto. Già negli anni ‘50, infatti, Achille Sturiale aveva aperto un salumificio tutto suo, poi chiuso per emigrare in Sud America. «In Venezuela — racconta Davide — mio padre lavorò come capo produzione per la Oscar Mayer e, dieci anni più tardi, una volta tornato in Italia, ricoprì lo stesso ruolo per un’altra azienda produttrice di salumi, la Lenti di Santena, Torino». Infine, l’ultima esperienza di lavoro tra la Francia e la Sicilia come commerciante di bestiame.

Così come papà Achille trattava bovini e suini e come nonno Carmelo importava cavalli dalla Sardegna, anche Davide è entrato nel commercio di bestiame. Un’esperienza importante che gli ha permesso non solo di conoscere gli allevatori della zona, ma anche

di imparare a riconoscere i migliori capi per la produzione di carne. In primis i suini. «I maiali, allevati allo stato semibrado, devono raggiungere un peso di almeno 140 kg — spiega Davide — perché solo così sviluppano uno strato dl grasso capace di reggere la salatura».

La salatura, come tutti gli altri passaggi produttivi, è importante, richiede il suo tempo e il tempo quando si parla di salumi artigianali (gli Sturiale impiegano almeno 15 giorni per produrli) è un ingrediente fondamentale. Al pari di un’ottima materia prima e delle spezie che aromatizzano il prodotto, che sia una salsiccia a punta di coltello, una porchetta o un salame di bufala.

Forte delle sue reti di conoscenza e di un know how secolare, Davide, assieme al fratello Marco, diventato nel frattempo macellaio, avvia nel 2014 l’Antica Salumeria Sturiale. Marco professionalmente parlando è il naturale completamento di Davide, perché, oltre a saper lavorare la carne, è anche un maestro norcino. È lui infatti che trascorre più tempo nel laboratorio. Gran parte dei salumi, quindi, sono plasmati dalle sue mani. Grazie a questa suddivisione dei compiti Davide trova il tempo per occuparsi di altri aspetti dell’azienda: selezione della materia prima, rapporti con i clienti e amministrazione.

L’attività propone un’ampia scelta di salumi, da quelli più fedeli alla tradizione a quelli che la interpretano in chiave moderna e nel bagaglio di famiglia (anche se non è in vendita) c’è pure il planchado, un prosciutto cotto venezuelano che si presenta con la cotenna caramellata e l’aggiunta di fette d’ananas e frutta candita.

Tra i salumi tradizionali spiccano la mortadella d’asina e il salame in cera d’api

La mortadella d’asina è di origine antichissima, in passato si produceva utilizzando esemplari da soma a fine carriera, oggi invece si utilizzano esemplari più giovani, ma la ricetta di famiglia è rimasta sostanzialmente immutata. Si trita la carne in modo grossolano (75% carne d’asina, 25% grasso di suino), si amalgama l’impasto, si aggiungono gli aromi (tra i tanti, aglio, macis, cannella, pepe nero e pepe bianco), si insacca il tutto in una vescica (naturale o sintetica), si cuoce per 15

I fratelli Davide e Marco Sturiale.

ore, si lascia riposare e la mortadella d’asina è pronta.

Anche l’impiego della cera d’api risale ad un’epoca remota, antecedente all’invenzione del frigorifero. Questa sostanza, utile a proteggere l’insaccato dall’attacco degli agenti patogeni, resiste a temperature superiori ai 30 gradi centigradi. E in una località di mare come Santa Teresa di Riva questo aspetto è senz’altro un vantaggio. In più, la cera d’api migliora il sapore del salame. «Dopo tre mesi di stagionatura — conferma Davide — la grana assorbe gli odori della cera assumendo un sapore zuccherino molto simile a quello del miele».

Tra i salumi più innovativi c’è il Cotto di culatello, da quello al pistacchio a quello affumicato al Jack Daniels, e del repertorio di famiglia fanno parte anche i salumi ottenuti con carne bovina, come ad esempio le bresaole.

La differenza di questi salumi artigianali rispetto a quelli industriali la fa da una parte il valore nutrizionale e, dall’altro, il gusto. Una mortadella d’asina tradizionale, ad esempio, oltre ad essere più leggera (contiene il 50% di grassi in meno di quella tradizionale), è priva di colesterolo e ricca di ferro. In genere, quindi, parliamo di prodotti più facilmente digeribili, dagli aromi avvolgenti e dal gusto sapido ed equilibrato.

Tutte queste delizie hanno permesso all’Antica Salumeria Sturiale di competere con altri rinomati salumifici regionali, conquistando un premio lo scorso novembre, come già accennato, ai Sicilia Food Awards. Un traguardo che apre le porte all’edizione nazionale del concorso in programma a marzo. Vincere l’Italy Food Awards sarebbe il coronamento di una professionalità che abbraccia tre generazioni dedite con amore e sacrificio all’arte norcina.

Antica Salumeria Sturiale Srl Via Regina Margherita 237 98028 Santa Teresa di Riva (ME) Telefono: 0942798847 – 3288748204

E-mail: anticasalumeriasturiale@gmail.com

Web: www.anticasalumeriasturiale.it

Antica Salumeria Sturiale – Salumificio-Laboratorio Artigianale @anticasalumeriasturiale

L’ACETO BALSAMICO è DI MODENA

Unico. Autentico. Di Modena.

Slices of Art: la pinsa romana Di Marco si veste di street art

La pinsa romana di Corrado Di Marco si fa preziosa grazie alla collaborazione con tre street artist italiani — Camilla Falsini, Lucio Schiavon e DanieleTozzi — e nasce così la “PBox”. Anzi, le box, tre per l’esattezza, completamente diverse una dall’altra per stile e ispirazione, così da poter scegliere quella che meglio si addice al proprio umore, al proprio stile, al proprio “gusto” artistico. «Siamo molto orgogliosi di poter offrire a chi ordinerà la nostra pinsa un vero e proprio pezzo d’arte, anzi… due: la pinsa e la sua confezione disegnata da artisti che rappresentano l’avanguardia dell’arte moderna e contemporanea» afferma Alberto Di Marco, CEO dell’omonima azienda di Guidonia Montecelio, alle porte di Roma, punto di riferimento nei mercati della pizza e della panificazione professionale di alta qualità. Ad ogni artista è stato chiesto di dare forma alle principali caratteristiche della pinsa e ciascuno di loro ha creato un’opera colorata, divertente e bellissima, in pieno spirito street e moderno. L’illustratrice Camilla Falsini, ad esempio, ha rappresentato la condivisione partendo dalla forma ovale che contraddistingue la pinsa e la rende perfetta per essere gustata e condivisa in compagnia. Non è un caso, infatti, che nella sua opera sia presente l’elemento umano, fondamentale per trasmettere il senso di convivialità e tradizione. Con i suoi colori decisi e il tratto un po’ “pop”, rappresenta una famiglia sorridente, felice di condividere in armonia uno dei momenti più importanti della giornata.

L’illustratore Lucio Schiavon ha raccontato la storia dell’invenzione della pinsa,una storia che inizia dal laboratorio di Corrado Di Marco. Con il suo tratto inconfondibile ha rappresentato la vitalità e l’energia di un laboratorio geniale e molto romano. Infine, il lettering artist Daniele Tozzi con i suoi lettering creativi ha narrato attraverso parole chiave ciò che rende unica la pinsa.

Con la sua tipica forma ovale, la pinsa romana Di Marco è croccante all’esterno, morbida all’interno e leggerissima. Il mix di farine realizzate per la sua preparazione è composto da farine di frumento e soia alle quali si uniscono riso e pasta madre per una leggerezza garantita. Oggi sono oltre 7.000 le pinserie distribuite in tutto il mondo che offrono la pinsa romana di Corrado Di Marco.

>> Link: www.dimarco.it

Creazione del valore nella filiera food e priorità nelle decisioni d’acquisto di salute, sostenibilità prodotti e convenienza economica

In occasione dell’evento food retail show “Driving the Future – Persone, prodotti, format e digital, motori della crescita”, svoltosi lo scorso novembre presso le Officine del Volo di Milano, industria e distribuzione del Food & Beverage si sono incontrate e confrontate, basandosi sui dati condivisi da EY sul mercato consumer. Nell’occasione, è stata presentata anche la 2a edizione dell’Osservatorio Food Court che, grazie al contributo di BVA Doxa, ha offerto un’analisi approfondita del mercato delle Food Court all’interno di centri commerciali e luoghi di viaggio. Nello spazio dedicato all’analisi delle priorità nelle decisioni di acquisto dei consumatori, l’analisi “Future Consumer Index 2024” di EY riflette l’importanza di salute (23%) e sostenibilità (17%) come pilastri stabili nelle scelte di consumo ed evidenzia la crescita (+8 p.p. vs 2022) della convenienza economica negli ultimi anni. La sostenibilità dei prodotti è un requisito fondamentale per il 68% degli intervistati e per il 42% di essi l’impatto sulla salute e benessere è il secondo criterio di scelta. In virtù di una situazione economica stabile del mercato consumer crescono le tensioni tra distributori e aziende di marca e aumentano le marche private (ritenute dal 54% del campione un aiuto al risparmio).

Per Riccardo Passerini, Consumer, Products and Retail Consulting Leader di EY Italia, «Il nostro progetto “Value For Food” ha l’ambizione di creare valore nella filiera agroalimentare italiana e innescare meccanismi di pensiero strategico comuni tra tutti i player della filiera, reinventando le modalità di collaborazione tra di essi. In quasi due anni, abbiamo raggiunto grandi risultati coinvolgendo oltre 50 aziende e azionando numerosi progetti pilota di valore. Durante gli incontri con le aziende partner di “Value For Food”, abbiamo riscontrato come salute, sostenibilità e accessibilità economica siano pilastri fondamentali nelle scelte di acquisto dei consumatori. Queste priorità sono confermate anche dall’EY Future Consumer Index, che riporta l’accessibilità economica (39%) e la salute (23%), rispettivamente al primo e secondo posto, nelle priorità dei consumatori italiani».

L’analisi “Future Consumer Index 2024” di EY riflette l’importanza di salute e sostenibilità come pilastri stabili nelle scelte di consumo ed evidenzia la crescita della convenienza economica. In virtù di una situazione economica stabile del mercato consumer, crescono le tensioni tra distributori e aziende di marca e aumentano le marche private.

FORMAI DE MUT DOP: GIOIELLO CASEARIO OROBICO

Due etichette, una rossa e una blu, a caratterizzare la produzione d’alpeggio e quella di latteria. Un formaggio prodotto in Alta Valle Brembana (BG) che merita l’assaggio

di Lara Abrati

Se il Formai de Mut DOP dell’Alta

Valle Brembana esiste ancora

è perché è stato tramandato l’uso dell’andare in alpeggio, attività che permette la sopravvivenza di questi tesori caseari, la tutela dei pascoli e il non abbandono delle montagne.

L’etichetta blu sulla forma indica quello estivo prodotto in alpeggio, mentre la rossa la produzione invernale o con animali in stalla (photo © Matteo Zanardi).

Chi non ha mai frequentato l’Alta Valle Brembana probabilmente non ha mai avuto l’occasione di incrociare questo formaggio, soprattutto la sua produzione più prestigiosa, quella dell’alpeggio estivo. Un formaggio che, fuori dalla sua area di produzione, si trova solo in botteghe e formaggerie specializzate, dove lo si conosce e lo si apprezza.

Si tratta di una classica toma di montagna , ma, a differenza di altri formaggi della stessa tipologia, viene prodotto con latte intero: è infatti un formaggio grasso a pasta semicotta. L’alimentazione del bestiame che produrrà il latte per la produzione di questo formaggio deve essere costituita da foraggi verdi o essiccati (fieno) che derivano dal prato o dal pascolo della zona di produzione. Sono permesse integrazioni con cereali e, solo nel periodo invernale, con insilati di mais o di erba.

Il latte viene riscaldato ad una temperatura tra i 35 e i 37 °C, poi

viene aggiunto il caglio e in circa 30 minuti si forma la cagliata che viene rotta col classico strumento, lo spino, e poi semi-cotta fino alla temperatura di 4547 °C, avendo cura di procedere alla successiva agitazione fuori fuoco.

La cagliata viene estratta e messa nelle fascere; una volta spurgato il siero in eccesso, le forme vengono salate (a secco o in salamoia) e, per essere marchiate, devono sostenere una stagionatura minima di 45 giorni.

Un formaggio interessante per l’evoluzione della sua stagionatura, che può proseguire per diversi mesi e anni, soprattutto nel caso di quello estivo prodotto in alpeggio, caratterizzato dal marchio blu (il rosso, più facile da reperire, indica la produzione invernale o con animali in stalla).

Il Formai de Mut DOP dell’Alta Valle Brembana può essere prodotto in comuni specifici dell’area: Averara, Branzi, Carona, Camerata Cornello, Cassiglio, Cusio, Piazzatore, Foppolo, Isola di Fondra, Lenna, Mezzoldo, Moio de’ Calvi, Olmo al Brembo, Ornica,

Piazza Brembana, Piazzolo, Roncobello, Santa Brigida, Valleve, Valtorta e Valnegra.

Sono forme il cui peso varia dagli 8 ai 12 kg, di forma cilindrica e dallo scalzo alto circa 7-8 cm. Le facce sono piane e la crosta bella pulita.

Le forme di alpeggio presentano una pasta bella gialla, ricca di carotenoidi che derivano dall’alimentazione bovina a base di specie erbacee e floreali di montagna. Per questo motivo, all’assaggio, oltre alla dolcezza e giusta sapidità percepita attraverso le papille gustative (con l’umami che arriva solo dopo una più lunga stagionatura), per via olfattiva è facile riconoscere l’aroma

di latte cotto, floreale, ma anche un fruttato lievemente agrumato e il tostato, a ricordare la frutta secca.

Si tratta di un formaggio che può regalare grandi soddisfazioni gustative e che si trova in commercio in genere per tutto l’autunno e parte dell’inverno: poi le forme esauriscono e bisogna aspettare la produzione dell’estate successiva.

Il Formai de Mut DOP è solo l’ultima parte di una storia che inizia da molto più lontano. Questo formaggio, infatti, esiste ancora oggi perché famiglie di allevatori hanno tramandato di padre in figlio l’uso dell’andare in alpeggio, attività faticosa e di grande sacrificio,

Il Formai de Mut DOP dell’Alta Valle Brembana è una classica toma di montagna, ma, a differenza di altri formaggi della stessa tipologia, viene prodotto con latte intero. Durante la produzione, una volta spurgato il siero in eccesso, le forme sono salate (a secco o in salamoia) e, prima della marchiatura, devono stagionare minimo 45 giorni (photo © Matteo Zanardi).

ma che permette non solo a sopravvivenza di questi tesori caseari, ma anche la tutela dei pascoli e il non-abbandono delle montagne.

Formaggi che rappresentano molto di più, formaggi che hanno un valore culturale fondamentale per queste zone. Oggi ci sono ancora molti giovani che scelgono di continuare queste attività, con condizioni migliori del passato, ma pur sempre una vita dura, di privazione e fatica. Storie da raccontare, facce oneste, prodotti superlativi.

Come consumare il Formai de Mut DOP? Ovviamente tal quale, da apprezzare nella sua purezza.

Lara Abrati

COPPA DI TESTA

DALLA CUCINA ALLA GASTRONOMIA

Antica è la tradizione, in molte regioni italiane, di preparare un salume cotto usando lo spolpo di testa del suino, come dimostra il marchese VINCENZO TANARA (Bologna, … – Bologna, dopo il 1644) che, tra le “centodieci maniere di farne vivande” del suo celebre libro L’Economia del Cittadino in Villa (1644), descrive la trasformazione del grugno suino in una sorta di insaccato che può essere considerata la prima ricetta scritta della Coppa di testa e un antesignano della odierna Coppa d’estate bolognese. Quando esaminiamo l’uso dello spolpo di testa dell’animale per farne un salume — diffuso soprattutto in Umbria, Marche, Abruzzo, Toscana ed Emilia-Romagna, dove è preparata con alcune piccole varianti —, troviamo una grande diversità di nomi: Cope (Friuli), Testa in cassetta (Liguria), Cicciolata (Parma), Capo freddo (Molise), Soprassata o Soprassata (Toscana), Coppa marchigiana (Marche), Zuzzu (Sicilia). Il salume, spesso riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale, ha una sua diffusione soprattutto quando tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in molte città italiane compaiono i negozi di gastronomia.

Una preparazione, molte varianti

La coppa di testa è preparata con la testa del maiale depilata e privata del cervello e delle carni come i muscoli del guanciale e delle ossa; sono tolti gli occhi, la cui “vista” risulterebbe per lo meno antiestetica. Mantenendo la presenza delle orecchie con le loro cartilagini e della lingua, oggi questo salume nelle lavorazioni industriali è impreziosito con l’aggiunta di altre lingue e, in misura maggiore o minore, ritagli di cotenna. Il tutto è fatto bollire in un paiolo d’acciaio o di rame per diverse ore fino a quando la pelle, le parti carnose, tendinee e le cartilagini più elastiche risultano facilmente asportabili dall’osso con una forchetta. Quanto così ottenuto è condito con sale e pepe, poi insaccato, tradizionalmente nello stomaco del suino privato della mucosa e sottomucosa o in una vescica di bovino, o in sacche di tela, mentre nelle lavorazioni artigianali e industriali si usano guaine in cellulosa di vari diametri. I diversi tipi regionali

di coppa di testa si diversificano per l’aromatizzazione che, oltre a sale e pepe, vede la presenza di aglio, pistacchi, cannella o noce moscata, arance e limoni grattugiati o a pezzi. A volte si aggiunge anche il brodo di cottura filtrato, vin cotto, distillati secchi come Brandy, Cognac, Rum, Mistrà.

Una volta raffreddata sotto pressa, oppure in appositi locali per circa 20 giorni, i gel di collagene di cui la coppa di testa è ricca aiutano a mantenere una consistenza soda, elastica e gelatinosa. Non necessita di stagionatura: questo salume tradizionalmente si produceva nei mesi freddi (oggi non più), va mantenuto a temperatura tra 0 e 4 ºC e deve essere consumato al massimo entro due mesi dalla produzione.

La fetta, al taglio, di colore rosato o grigiastro a seconda del tempo di cottura, con nervature bianche che testimoniano la presenza delle parti cartilaginee delle orecchie, si presenta marmorizzata in rosa-grigio per la composizione variegata di carni e cartilagini e per questo ANTONIO NEBBIA (1723-1786), nel ricettario Il cuoco maceratese (1779), la denomina La Coppa alla Mosaica. All’assaggio è morbida per la notevole percentuale gelatinosa, con un profumo speziato e il sapore è aromatico.

In cucina e gastronomia

Tradizionalmente era consumata nel periodo di produzione e poco oltre, affettata e mangiata con pane o piadina, tigelle, gnocco fritto e simili, oppure insieme alla polenta. Oggi è reperibile e consumata tutto l’anno. In tavola, da sola tagliata sottile o unita ad altri salumi, è un antipasto che può essere accompagnato da scaglie di un formaggio stagionato e rucola aromatizzata con succo di limone o aceto balsamico. A cubetti è usata nella preparazione di un’insalata con carote, arance, finocchio e sedano o consumata come snack. LUCIANO MONOSILIO, del ristorante Luciano Cucina Italiana, propone la Coppa di testa alla brace con zenzero e granita di kiwi, mentre CARLO MOLON, executive chef dello Sheraton Lake Como, Quadrucci con cubottini di coppa di testa, menta e olio extravergine di oliva dei Colli Martani. Lo chef MARCELLO GALLOTTI di Erasmus Restaurant la associa al caviale biologico Naccari. Per il food blogger ANDREA ZINNO la coppa di testa va nel Tortino con broccolo romano e Pecorino sardo dolce mentre STEFANO VOLA prepara la Pizza al padellino con segale integrale, crema di ceci, coppa di testa, scorza di limone e prezzemolo Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

Gli ingredienti per la preparazione della Coppa di Testa alla brace con zenzero e granita di kiwi dello chef Luciano Monosilio, del ristorante romano Luciano Cucina Italiana (photo © www.europeanauthentictaste.eu).

Consorzio di tutela Prosciutto di Norcia IGP: aziende e indotto tengono vivo il territorio confermandosi settore trainante

9 aziende consorziate, oltre 120 lavoratori e un indotto importante in un territorio che conta poco più di 7.000 abitanti, nel cuore dell’Umbria. Sono i numeri di un’eccellenza gastronomica simbolo di un mondo antico e modernissimo che ha saputo superare le difficoltà e valorizzare al meglio la propria storia. Il Consorzio di tutela del Prosciutto di Norcia IGP si conferma una realtà imprenditoriale a tutela di famiglie e tradizioni che punta al futuro, consapevole che la sua forza viene proprio dalle persone e dalle proprie origini. L’ambiente, con le sue particolari condizioni climatiche, e l’arte della norcineria, tramandata di padre il figlio per secoli, rendono unica la produzione del prosciutto di Norcia. Il Consorzio, nato nel 2004 con l’obiettivo di tutelare e valorizzare il prodotto, garantendo il rispetto delle caratteristiche previste dal rigido disciplinare di produzione, ha permesso anche di rafforzare i legami tra gli imprenditori, creando un gruppo compatto capace di muoversi con competitività portando una realtà locale dentro i grandi mercati internazionali. È di pochi mesi fa, ad esempio, l’ok degli Stati Uniti all’export di carne suina a breve e lunga stagionatura: la previsione è stata di un 20% in più di prosciutto da produrre e inviare oltreoceano. E i 5,1 milioni di vaschette attuali, in forte crescita rispetto al 2022 e cifre come 450.000 prosciutti prodotti nel 2003, hanno reso concreta l’attrattività del settore per nuovi imprenditori e accrescere così le opportunità di lavoro per i giovani del territorio.

«L’alta norcineria si conferma il settore trainante dell’economia della Valnerina» ha detto Pietro Bellini, presidente del Consorzio di tutela del Prosciutto di Norcia IGP. «Le aziende non si sono fermate neanche durante le fasi critiche del sisma: la produzione ha sfidato i forti disagi dovuti al reperimento delle materie prime ed alla compromessa viabilità. Ma la tenacia degli imprenditori ha permesso di avviare al meglio la ricostruzione ed è stato soprattutto l’attaccamento alle proprie terre la leva per rilanciare tutto il settore Il merito è stato delle donne e degli uomini che hanno scelto di proseguire storie antiche di lavoro e tradizioni familiari, sfidando le difficoltà e garantendo la vitalità economica di questo territorio, soprattutto per le future generazioni».

>> Link: prosciuttodinorcia.com

Premiata Salumeria Italiana, 1/25

Nasce il Presidio

Slow Food dei prati stabili e dei pascoli

Il nuovo Presidio Slow Food dei prati stabili e dei pascoli è un progetto importante per la rinascita delle terre alte, la rigenerazione della pianura, la conservazione della biodiversità e la promozione di un allevamento amico del clima, della terra, degli animali e della nostra salute. Questo Presidio parte dopo tre anni di lavoro, grazie alla collaborazione di un importante partenariato tecnico e scientifico e al sostegno di Eataly e del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano. Una selezione di formaggi del Presidio è infatti disponibile da Eataly (in vendita nei negozi, in degustazione nei ristoranti e protagonista di numerosi appuntamenti didattici e di formazione) e lo è stato a Terra Madre Salone del Gusto 2024

«Potrebbe sembrare strano, ma un prato ricco di biodiversità ha molto a che fare con il nostro cibo, con la sua bontà e la sua salubrità. Non solo: ha a che fare con la cura dell’ambiente e con la nostra sicurezza, perché i pascoli sono un argine per frane, slavine e incendi estivi» ha dichiarato Serena Milano, direttrice di Slow Food Italia. «Il prato è un’oasi di biodiversità vegetale e animale, un elemento di bellezza per il paesaggio. Proteggere questo ecosistema vuole anche dire fare qualcosa di giusto, perché consente agli erbivori di mangiare fieno ed erba fresca, nel rispetto del loro benessere».

«I prati stabili sono anche una risposta alla crisi climatica — ha ricordato Francesco Sottile, docente dell’Università di Palermo e membro del board di Slow Food Internazionale — perché rappresentano uno straordinario serbatoio di carbonio, proprio come i boschi e le foreste». «A seconda del luogo, dell’esposizione e dell’altitudine i prati stabili sono diversi gli uni dagli altri» ha sottolineato Giampiero Lombardi, docente dell’Università di Torino Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari. «Solo nelle Alpi, se ne contano oltre un centinaio di tipi diversi. Da ciascuno deriva un foraggio differente, sotto il profilo degli acidi grassi e dei polifenoli, e questa varietà si riflette nelle produzioni alimentari».

«Praterie e pascoli sono luoghi incredibili — ha aggiunto l’ecologo Andrea Catorci , responsabile del corso di laurea in Ambiente e gestio-

ne sostenibile delle risorse naturali all’Università di Camerino — in grado di competere con le foreste tropicali per ricchezza di biodiversità. Ma, a differenza delle foreste, senza l’attività della pastorizia, perderebbero biodiversità. Abbandonati, tenderebbero a diventare prima un arbusteto e poi, col tempo, un bosco. Per conservare questi ambienti non c’è alternativa alla zootecnia semi-estensiva: quando scegliamo una fetta di formaggio, ricordiamoci che dietro c’è un ecosistema molto complesso».

«Se si perde la gestione agronomica e pastorale — conclude Lombardi — perdiamo anche i prati stabili, e ripristinarli non sarà facile, perché la riconversione richiede molto tempo e denaro. In pianura serve un decennio di lavoro, in montagna ancora di più. Ecco perché vanno salvati, prima che sia troppo tardi».

Quando uomini e natura collaborano «Qua non cresce molto: patate, segale e poco più. Per il resto è sempre stato tutto prato e pascolo» ha raccontato Silvia Pennati, che a Formazza, nel più settentrionale dei comuni piemontesi, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, gestisce la cooperativa Formazza Agricola (www.formazzaagricola.it). A metà del secolo scorso in paese c’erano 600 bovini, ora sono un centinaio appena e le sorelle Pennati ne hanno una settantina, perlopiù di razza Bruna alpina. «La stalla è a quota 1.300 metri, i pascoli vanno dai 1.150 ai 1.800» racconta. «In estate l’alimentazione è a erba, senza insilati», mentre d’inverno gli animali mangiano il fieno autoprodotto, che non viene imballato ma accatastato, sciolto, nel fienile sopra alla stalla. «In questo modo mantiene la parte di foglia, che è la parte proteica, così non perdiamo il buono del fieno. Rimane un prodotto integro».

Per Nicola Brighi, che nel borgo di Uffogliano, nel comune di Novafeltria, Rimini, alleva circa 80 capre e gestisce l’azienda agricola Il Satiro (IG: @l_satiro_) con il fratello Lorenzo, «il prato stabile è un bacino di biodiversità incredibile: un sacco di essenze e fiori che innanzitutto permettono agli animali di star bene. Pascolando, infatti, possono scegliere quelle che più gradiscono».

Il nuovo progetto di Slow Food è un simbolo del possibile equilibrio tra attività umane e natura. Una risposta a molte delle emergenze attuali, a partire dalla crisi climatica. 30 i primi produttori coinvolti: da Nord a Sud Italia producono formaggi col latte di animali alimentati a fieno ed erba di prati e pascoli ricchi di essenze

L’azienda dei fratelli Brighi si trova a circa 450 metri slm, i loro pascoli — nove ettari, tra prati stabili e arbusti — sono collinari. «In estate facciamo pascolamento nel bosco, dove le temperature sono più basse, e quando le risorse finiscono alimentiamo gli animali con fieno che arriva dai prati stabili secolari del monte Carpegna, a oltre 1.000 metri».

Stagione dopo stagione i formaggi cambiano, in virtù della diversità aromatica delle essenze erbacee di cui si alimentano gli animali Sembra un ossimoro ma, se il prato è stabile, i formaggi non sono mai uguali. «Gestiamo prati stabili da una vita» ha detto Vitantonio Cerrone, della società agricola La Bersagliera di Campagna, in provincia di Salerno (labersaglierasrl@ libero.it; FB: SocietaAgricolaLaBersagliera). L’azienda ha novant’anni di

storia e Vitantonio — terza generazione — insieme al fratello Antonino alleva vacche di razza Podolica, pecore di razza Bagnolese e capre di razza Cilentana. «Siamo un’azienda transumante, facciamo alpeggio nel periodo estivo e solo la prima neve, tra novembre e inizio dicembre, ci caccia dalle montagne». Tra i 1.000 e i 1.700 metri, i fratelli Cerrone gestiscono 460 di ettari di pascoli: «Mi ritengo un custode, non soltanto di razze autoctone ma anche del territorio e di ciò che i nostri animali mangiano». Negli anni, ha fatto analizzare e studiare le essenze: nelle sue praterie si trovano trifoglio, dente di leone, cardo mariano, finocchietto selvatico, cicorietta, origano, malva, asparago, penniseto, calamintha sylvatica, portulaca, mora selvatica e tante piante appartenenti alla famiglia delle graminacee.

Parmigiano Reggiano: il contributo

«Il nostro impegno è sviluppare iniziative, progetti, ricerche, campagne, per salvare i prati stabili e i pascoli montani dall’abbandono, ripristinarli dove sono andati perduti, favorire l’adozione di politiche e normative che sostengano chi li custodisce» ha commentato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano. «Con oltre 70 varietà diverse di piante erbacee di tipo stagionale che crescono in gran parte del territorio di origine del Parmigiano Reggiano (come quello del fiume Enza e nelle zone appenniniche), il prato stabile rappresenta un ecosistema unico di biodiversità. Il suo foraggio viene impiegato da 1000 anni come una delle fonti di alimentazione delle bovine da latte. L’80% delle piante è rappresentato da graminacee e leguminose, ma sono

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Il

mio ERP. Rende più facile prendere decisioni.

numerose anche le essenze prative di altre famiglie. Per il Parmigiano Reggiano è fondamentale la qualità del foraggio, in quanto trasferisce odori e sapori delle erbe al latte e, di conseguenza, al prodotto finito, distinguibili al palato a livello sensoriale al momento dell’assaggio». Il Consorzio con Slow Food si impegna quindi a proseguire l’attività di formazione dei produttori per migliorare la gestione dei prati.

Fonte: Fondazione Slow Food

Nota

Alle pagine 64 e 65, pascoli presso il Caseificio Primiero, Mezzano di Primiero, Trento (photo © Federico Bontempi). In questa pagina, a sinistra, pascolo di ovini a Genazzano, Roma (photo © Slow Food). A destra: Caseificio Primiero e Trentingrana di alpeggio (photo © Federico Bontempi).

Prendere le decisioni giuste –questa è la cosa più importante per ogni azienda Report dettagliati, dati attuali dalla produzione, degli ordini: il CSB-System vi fornisce esattamente questa trasparenza, semplicemente premendo un tasto. Così anche in tempi incerti potrete prendere decisioni certe.

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I PASTORI DEL ROERO

Dal bue alla capra ecco una bella storia di allevamento e di pastori, quella dei fratelli Roberto e Paolo Pertusio, di Santo Stefano Roero (CN), ribattezzati I Pastori del Roero. I due hanno gestito per anni un maneggio per l’equitazione ma ai tempi del Covid e delle chiusure forzate decisero di cambiar vita e lavoro, diventando pastori, gli unici nel Roero, il territorio in provincia di Cuneo, a nord del fiume Tanaro. I due avevano cominciato un po’ per gioco già nel 2015. «Facevamo qualche formaggetta, delle robiole della tradizione piemontese» racconta Paolo. «Poi, nel 2020, con

la pandemia, il maneggio ha dovuto chiudere e ci siamo dedicati a tempo pieno alla produzione di formaggio. Oggi abbiamo 80 capre tra meticce e Camosciate delle Alpi e vari incroci, animali forti e resistenti». I capi sono allevati allo stato semibrado, al pascolo quasi tutto l’anno e tutto il giorno, cibandosi nei campi e nei boschi di castagni selvatici, rovere, etc, ricchi di ghiande, castagne, rovi ed erbe.

I Pertusio producono 30-40 robiole al giorno, «sempre diverse dalle altre perché influenzate dal tipo di alimentazione al pascolo. Partiamo dai classici tumin, che rappresentano la base delle

altre lavorazioni, fino alla cacioricotta che noi chiamiamo roùnsa, nel dialetto locale è il termine per indicare i rovi, richiamando l’alimentazione delle capre». Le robiole sono fresche di 4 giorni, stagionate per 35-40 giorni o affinate con fieni, vinacce e altre essenze, comunque tutte prodotte con caglio vegetale, latte e sale. Il prodotto ricade anche in un presidio Slow Food Vediamo perché.

Il territorio del Roero è caratterizzato da colture diverse, dove convivono la vigna, i noccioleti, i frutteti, i castagneti, i campi di pere Madernassa, una varietà locale. Tutto questo in

Photo © @sharon_gol

I fratelli Pertusio producono 30-40 robiole al giorno, come questa robiola del crutin (photo © instagram.com/ipastoridelroero).

modo differente dalle distese di vigneti ordinati e curati che caratterizzano ad esempio le vicine Langhe. Il paesaggio del Roero si presenta invece come un mosaico di colture.

Slow Food ha valorizzato questo approccio agricolo attraverso l’istituzione dei cosiddetti “prati stabili” (si veda l’articolo di approfondimento a pagina 64), una pratica agraria che si oppone alla monocoltura intensiva e che promuove la conservazione del terreno: niente semine, arature, trattamenti chimici. Sono ammesse invece falciature, concimazioni naturali e pascolo. Tra i principali fautori di questa filosofia ci sono appunto i fratelli Pertusio, che producono formaggi in modo sostenibile e in piccole quantità.

La peculiarità dei “prati stabili” risiede nella varietà botanica che segue i ritmi della natura, conferendo sfumature diverse al latte e al formaggio. Le ricette, tramandate, rimangono fedeli alla tradizione: «Il nostro latte non è standard, non è come quello degli allevamenti intensivi che rimane uguale tutto l’anno. Le ricette che apprendevamo nei corsi tecnici non funzionavano, così sono diventato autodidatta confrontandomi

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con chi da sempre lavora il latte in queste zone». La qualità e la purezza del prodotto sono valorizzate dall’Etichetta Narrante, un progetto di Slow Food che i Pastori del Roero hanno adottato per raccontare con un pizzico di poesia la loro attività.

Paolo si è fatto promotore di una comunicazione più diretta, portandola oltre il dialogo scritto e creando un contatto con il pubblico. L’azienda infatti punta oggi anche sull’esperienza diretta e coinvolge i turisti, molti gli stranieri, in passeggiate e dimostrazioni di mungitura e caseificazione. Con degustazione finale. «Chi arriva dall’estero — sottolinea Paolo — vuole vivere esperienze vere. Accogliamo piccoli gruppi e gli offriamo la possibilità di scoprire il territorio e i nostri prodotti senza intermediari». Visite ai pascoli, passeggiate nei boschi e degustazioni nei ciabot — le tradizionali costruzioni piemontesi a supporto dei vigneti — sono parte di un progetto molto originale. Una strada che altri giovani potrebbero seguire. In tutta Italia.

Massimiliano Rella

@ipastoridelroero

41038 S. Felice s/P (MO) Via Palazzetto, 36 infoidealclimasnc@gmail.com

API E MIELE: A CHE PUNTO SIAMO?

Il ruolo delle api e degli altri impollinatori in termini di mantenimento della biodiversità e di salubrità alimentare è da tempo riconosciuto, non solo dal mondo scientifico, ma anche dall’opinione pubblica, che vede nel miele un alimento goloso e salutare al contempo. Proprio per questo il settore delle api e del miele ha raggiunto negli ultimi anni valori significativi: con oltre 22.000 aziende agricole e più di un milione di alveari, l’Italia è al 6o posto in Europa per numerosità di alveari, l’80% circa dei quali gestiti da apicoltori professionali. Un trend in continua crescita, se si confrontano i dati degli ultimi 2 censimenti ISTAT (nel 2020 si registra +57% di alveari a livello nazionale, rispetto al 2010). Dal 2016, inoltre, il settore può contare su rilevazioni più precise e sistematiche grazie all’istituzione della Banca Dati Apistica (BDA), che rileva una crescita costante di aziende (anche prive di terreno agrario), di apicoltori (72.000 tra i professionali e coloro che producono per autoconsumo) e di alveari (oltre 1,6 milioni).

Oltre la metà delle aziende apistiche si concentra nelle regioni del CentroNord, mentre quelle meridionali sono numericamente inferiori, ma mediamente più grandi, anche se con dimensioni molto piccole di SAU (oltre il 50% non arriva ad un ettaro di Superficie Agricola Utilizzata). Nella maggior parte dei casi (74%) si tratta di aziende caratterizzate da un orientamento produttivo misto, che comprende sia attività di coltivazione che di allevamento. I dati, dunque, mostrano l’evidenza di un settore che ha contato negli anni su una interessante crescita, ma che sta vivendo un momento di crisi, trovandosi ad affrontare sia problematiche di mercato — crescita dei costi di produzione a fronte di riduzione dei prezzi all’ingrosso e concorrenza di mieli esteri di scarsa qualità — sia, soprattutto, una fortissima esposizione ai cambiamenti climatici. Un comparto che può contare, in questi ultimi anni, su una crescente attenzione alla tematica api e impollinatori, anche dal punto di vista scientifico e istituzionale, con azioni e programmi di sostegno nazionali ed europei.

Alla filiera delle api e del miele italiana, per la programmazione 20232027, sono stati destinati oltre 80 milioni di euro (complessivamente 83,8 milioni

La centralità degli impollinatori come fattore di equilibrio dei sistemi naturali e agricoli è la ragione di un interesse crescente nei confronti della filiera delle api e del miele. Assicurare la vitalità dell’apicoltura è un contributo essenziale al mantenimento di funzioni ambientali, senza tralasciarne valenza economica, produttiva e sociale

di euro), risorse per il 30% stanziate dalla PAC (25,1 milioni di euro) e per il 70% (58,6 milioni di euro) cofinanziate con risorse nazionali. La relazione con l’attività agricola è fortissima: oltre alle questioni legate alla qualità degli ecosistemi, nel rapporto si stima che oltre il 30% del valore economico delle produzioni vegetali derivi dalle coltivazioni che beneficiano dell’azione di impollinazione delle api.

L’Italia può contare su una grande varietà di mieli uniflorali (oltre 30) e diversi millefiori, fortemente caratterizzati sul territorio e determinati dall’immenso patrimonio di ambienti e di biodiversità del Paese. Senza dubbio un fattore di qualità e di distintività dei prodotti, fondato su stretti legami con i territori di produzione e che è anche alla base del Sistema di Qualità Nazionale. La produzione nazionale, che nel 2022 ha raggiunto circa 23.000 tonnellate , in forte ripresa rispetto all’anno 2021, quando la produzione si era fermata a 12.450 tonnellate (dati: Osservatorio Nazionale Miele) resta però insufficiente rispetto alla domanda, per cui le importazioni raggiungono le 26.500 tonnellate circa, pari a 100,8 milioni di euro.

I dati e le cifre sopraelencati emergono dal Rapporto CREA “Api e Miele: opportunità: potenzialità e minacce per una filiera essenziale”, realizzato grazie alla collaborazione dei centri di ricerca del CREA Politiche e Bioeconomia, Agricoltura e Ambiente, Alimenti e Nutrizione e Orticoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, nell’ambito delle attività delle Rete Rurale Nazionale. Si tratta di un lavoro unico nel suo genere, che restituisce la fotografia dettagliata di una filiera essenziale per l’economia, l’ambiente e la biodiversità, e la salute umana, che gioca un ruolo fondamen-

tale per lo sviluppo dei territori rurali, grazie alla qualità, alla tipicità e alla unicità dei prodotti.

Il Rapporto esplora ed analizza con un approccio integrato e multidisciplinare tutti i molteplici aspetti del settore: dalle questioni strutturali alle dinamiche di mercato, dalla sostenibilità dell’attività apistica e delle aziende che se ne occupano e dei sistemi agricoli e agroforestali che ospitano le api, fino ad arrivare agli aspetti qualitativi e alle caratteristiche e alle proprietà salutistiche delle produzioni.

Fonte: CREA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria www.crea.gov.it

RAPPORTO CREA

Api e Miele: opportunità, potenzialità e minacce per una filiera essenziale

A cura di MILENA VERRASCINA

Data di pubblicazione: settembre 2024

Miele

e salumi, un abbinamento da promuovere

Il miele, col suo sapore dolce e avvolgente, ha da tempo trovato posto sulle nostre tavole come dolcificante naturale, ideale per accompagnare una vasta gamma di alimenti. Meno conosciuto, ma altrettanto affascinante, è l’abbinamento tra miele e salumi. Questo accostamento, apparentemente insolito, che può fintanto apparire azzardato, crea infatti un nuovo e sorprendente equilibrio a livello di sapori che arricchisce l’esperienza gustativa e culinaria. Infine, le proprietà del miele possono esaltare e mettere in risalto le caratteristiche dei diversi insaccati, fino a farne emergere le sfumature.

Quali varietà scegliere per abbinare correttamente miele e salumi e trarre il massimo beneficio da questa accoppiata?

• Acacia: la sua dolcezza delicata e la sua consistenza fluida lo rendono ideale per salumi più leggeri come la bresaola o il prosciutto crudo.

• Castagno: con il suo sapore robusto e leggermente amaro, questo prodotto è perfetto per salumi stagionati e ricchi come il salame o la salsiccia secca.

• Eucalipto: con una nota balsamica, può essere un ottimo complemento per salumi affumicati.

Miele e salumi, come servirli correttamente?

Ci sono diverse alternative. Si può servire il miele in un piccolo vasetto o in una ciotola a parte, permettendo agli ospiti di dosare la quantità di miele a loro piacimento. Oppure, provate a spalmare un sottile strato di miele sulla fetta di salume prima di servirla o a creare un grande piatto composto con fette di salumi alternati a gocce o fili di miele. Per arricchire ulteriormente l’esperienza, considerate di abbinare la selezione di salumi con dei formaggi, in particolare quelli stagionati o dal sapore intenso. D’altronde, gli abbinamenti tra miele e formaggio sono tutt’altro che sconosciuti. Il pane croccante o le focaccine sono l’ideale per creare una base su cui appoggiare salumi e miele. Non dimenticate di accompagnare il tutto con vino rosso robusto o un bianco aromatico a completamento del quadro. Fonte: Apicoltura Melissa, apimelissa.it

MARCAby BolognaFiere 2025, un’edizione da record

23.000 visitatori (+15%) 1.300 aziende (+23% sul 2024), 35.000 m2 di area espositiva (+26%), 9 padiglioni (+2) e 24 insegne della GDO per la 21a edizione dell’unico appuntamento in Italia dedicato alla MDD. Più di 300 buyer internazionali da 60 Paesi per oltre 9.000 incontri B2B

La 21a edizione di MARCAbyBolognaFiere si conclude all’insegna di un successo senza precedenti, con 1.300 aziende protagoniste, 9 padiglioni e 35.000 m2 di superficie espositiva. Il numero, la rappresentatività e l’autore-

volezza degli operatori in visita — oltre 23.000, inclusi i numerosi professionisti stranieri — testimoniano il forte interesse verso una manifestazione che si conferma sempre più punto di riferimento imprescindibile per la private label 24 le insegne della GDO presenti con

un proprio stand: Alta Sfera, Ard/ Ergon, C3, Carrefour, Conad, Coop, Coralis, Cortilia, Crai, D.it – Distribuzione Italiana, Decò Italia, Despar, Italy Discount, Fratelli Arena, Lekkerland, Marr, MD Italia, Migross, Pam Panorama, PiùMe, Risparmio Casa, S&C

La 21a edizione di MARCAbyBolognaFiere, l’unica manifestazione italiana interamente dedicata alla Marca del Distributore, ha registrato numeri straordinari: 23.000 visitatori, 1.300 aziende protagoniste, 9 padiglioni per 35.000 m2 di area espositiva, oltre 450 prodotti novità e 300 buyer internazionali, provenienti da 60 Paesi. In alto: lo spazio di Italia Alimentari a MARCA 2025.

Consorzio Distribuzione Italia, Selex, VéGé. MARCAbyBolognaFiere cresce e rilancia, espandendo la propria area di influenza ben oltre i confini nazionali. Tra gli ingressi dall’estero spiccano gli oltre 300 buyer internazionali (il doppio rispetto allo scorso anno) — per un totale di 60 Paesi rappresentati, tra cui Stati Uniti, Cina, Brasile, Canada, Giappone Australia, Francia, Germania, Sudafrica e India — che hanno contribuito ad accrescere la dimensione globale all’evento. Sono stati oltre 9.000 gli incontri B2B tra aziende della MDD e retailer della GDO estera, in buona parte realizzati nel corso della nuova e molto apprezzata International Buyers Preview del 14 gennaio, organizzata alla vigilia dell’apertura ufficiale della fiera.

Numeri importanti che segnano l’inizio di una nuova era per la manifestazione che, a partire dal prossimo anno, si

trasformerà in MARCAbyBolognaFiere e ADM. La storica collaborazione tra i due soggetti si rafforza grazie al rinnovo della partnership fino al 2031 e alla condivisione della proprietà del marchio della rassegna.

La crescita di MARCAbyBolognaFiere — che, oltre alla collaborazione con ADM, gode del patrocinio della Regione Emilia-Romagna e della Camera di Commercio di Bologna —, rispecchia l’andamento della Marca Del Distributore: a dicembre 2024, infatti, la MDD si posizionava a 29,5 miliardi di euro di ricavi complessivi e a 29,9% punti quota. I dati CIRCANA, presentati con il XXI Rapporto Marca, attestano una crescita a valore del 2,2%, confermata da un significativo aumento dei volumi di vendita (+3%).

«L’anno fieristico — ha commentato Gianpiero Calzolari, presidente di BolognaFiere — non poteva aprirsi

in modo migliore. La 21a edizione di MARCA ci ha consentito di raggiungere traguardi straordinari, sia per qualità sia per quantità dell’offerta espositiva. BolognaFiere ringrazia ADM, che sarà partner di MARCA fino al 2031, e ICE-ITA Agency che ha contribuito alla crescita internazionale dell’evento. Un grazie speciale anche ai professionisti, alle insegne e alle aziende che hanno scelto di essere con noi per questo appuntamento, unico in Italia e in Europa».

«Grande soddisfazione da parte di ADM per il successo riscosso da questa edizione di MARCA, sia per il numero di espositori sia per il dinamismo dimostrato da tutti gli operatori che hanno partecipato» ha commentato Mauro Lusetti, presidente ADM. «Il successo è una responsabilità, che ci obbliga a impegnarci ancora di più per garantire la crescita della manifestazione anche per l’edizione del 2026».

Gli spin-off di MARCA

Il ventennale know-how di BolognaFiere nella gestione della MDD si traduce in un’azione strategica mirata all’internazionalizzazione, con l’espansione di nuovi format fieristici a livello globale. La quarta edizione di MARCA China International Private Label Fair (Guangzhou, 25-26 settembre 2025) sarà preceduta dal debutto di MARCA Poland, a Poznań il 2-3 aprile prossimi, rassegna co-organizzata con MTP Group, che rivoluzionerà il mercato delle private label in Polonia e nell’Est Europa, con oltre 200 espositori provenienti da diversi Paesi e 250 buyer della GDO europea e un focus sull’area orientale. Nei due appuntamenti troveranno spazio anche i prodotti vincitori dell’International Private Label Selection (IPLS), altra iniziativa in forte crescita: promossa da MARCAb BolognaFiere in collaborazione con Expertise On Field – IPLC, l’IPLS 2025 area ha dato risalto agli oltre 450 prodotti novità, proposti dalle 180 aziende espositrici coinvolte, e gli 8 prodotti selezionati continueranno il loro percorso su altri palcoscenici internazionali targati MARCA.

MARCA on e off-line

L’edizione 2025 di MARCA ha registrato numeri da record anche nella comunicazione: sono stati oltre 400 i giornalisti accreditati all’evento, con la Rai come media partner. Negli ultimi sei mesi, il sito ufficiale ha registrato 320.000 visite, segnando un aumento del 120% rispetto all’edizione 2024, con 76.000 utenti unici attivi sulla piattaforma. Nei primi quindici giorni di gennaio, l’interesse per i contenuti on-line è stato particolarmente elevato, con 700.000 pagine visitate, di cui ben 350.000 relative al Catalogo espositori

Prossima edizione di MARCAbyBolognaFiere 14 e 15 gennaio 2026

>> Link: marca.bolognafiere.it

In alto: Lorenzo e Ludovico Levoni del Gruppo Alcar Uno. Al centro: Roberto Pini, al centro, allo stand Ferrarini – Gruppo Pini. In basso: Emanuele Borin.

1) Lo spazio del Gruppo Italian Food Orchestra con l’idea vincente (e molto fotografata!) del concetto di sartoria nella salumeria. 2) Ampia l’offerta di prodotti della toscana Bernardini Gastone, leader nella lavorazione di carni pregiate, selvaggina e specialità ittiche. 3) Lo spazio espositivo del Prosciuttificio Leonardi di Marano sul Panaro (MO). 4) A MARCA 2025 anche il Caseificio D&D con i suoi formaggi dell’Alta Irpinia. 5) Marcello, Margherita e Francesco Palmieri hanno accolto buyer, clienti e visitatori nello spazio del loro Salumificio Palmieri di San Prospero (MO).

1) Carlo, Annarita e Dino Negrini. 2) Maurizio Manfrè e Stefano Aimaretti nello stand di SanDan Prosciutti. 3) Stefania Bianchi con i nuovi prodotti di Delicatesse. 4) La Salumi Veroni a MARCA 2025.
1) Il pack del ready to eat Galletto Vallespluga. 2) Il Carpaccio di cervo fumè di Bernardini Gastone. 3) Il pack del salame Golosetto by CLAI. 4) Prosciutto Toscano DOP di Salumeria Monte San Savino pronto al taglio.
1) Beniamino Starvaggi e Leonardo Pintaudi del Salumificio Starvaggi 1969 Srl di Sant’Angelo di Brolo (ME). 2) Alessandro Iacomoni di Salumeria di Monte San Savino dal 1968. 3) Giacomo Fabbri, Mattia Bonandi, Marco Fabbri e Lorenzo Minguzzi della Fabo S.I. di Massa Lombarda (RA). 4) Lo staff di IPV PACK di Padova.

Ferrarini presenta in fiera la nuova veste della Mortadella Italica

Sono molti gli appuntamenti fieristici in Italia e all’estero a cui l’azienda di Rivaltella ha partecipato nei primi mesi del nuovo anno, ad iniziare proprio da MARCAbyBolognaFiere, seguito a ruota dal SIGEP. Fuori dai confini nazionali, Ferrarini è stata presente a Las Vegas al SFA Winter Fancy Food Show, a Lione per il SIRHA e a Lisbona per il Lisbon Food Affair. Il mese di febbraio chiude con la partecipazione al Beer&Food Attraction di Rimini. Al centro della comunicazione in fiera i nuovi prodotti, come Quel tocco in più, la nuova linea di cubettati e petali in confezioni da 100 grammi pensati per un consumo agile e versatile, Pavo – Petto intero di tacchino arrosto e il Guanciale al pepe. L’ultima novità, è rappresentata dalla campagna di rinnovamento dell’identità visiva della Mortadella “Italica” con pistacchi e mandorle, prodotto che trova il suo punto di forza e segreto nell’infuso di erbe aromatiche presenti, lo stesso della ricetta del cotto Ferrarini. Nei prossimi mesi, Italica sarà disponibile con un packaging rinnovato e dal colore azzurro.

>> Link: ferrarini.com

Il Consorzio del Parmigiano protagonista a Bologna

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano torna a MARCAbyBolognaFiere per sviluppare i rapporti di collaborazione con le catene GDO, sia nella prospettiva delle private label che nella prospettiva profondità della gamma offerta e supporto alla valorizzazione del brand. In fiera il Consorzio ha inoltre annunciato i dati positivi del sell-out totale Italia (distribuzione moderna e discount; fonte: NIQ) nel 2024: le vendite a volume hanno segnato un +1% (pari a 47.383 t) sul 2023, mentre le vendite a valore un +4,1% (pari a oltre 873 milioni di euro). Il Parmigiano Reggiano sovraperforma a fronte di uno scenario di mercato che nel 2024 ha visto un calo delle vendite a volume totali del –0,9% (pari a 126.884 t) e una crescita delle vendite a valore del +1,1% (oltre 2 miliardi di euro). Per il Consorzio, la fiera è anche stata l’occasione per promuovere l’utilizzo della DOP come ingrediente caratterizzante in prodotti composti, elaborati o trasformati che recano nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità il riferimento a una denominazione protetta. Dati alla mano, si tratta di un mercato che sta crescendo velocemente: basti pensare che nel 2023 l’industria è stata il secondo canale distributivo per il PR, con una percentuale attestatasi al 17,1%.

>> Link: parmigianoreggiano.com

A spasso per SUTRIO

Un progetto di albergo diffuso ideato più di vent’anni fa ha rilanciato nel borgo piccole attività agricole e ricettive all’insegna del prodotto tipico: carni, salumi, formaggi, trote affumicate, birre, erbe spontanee e i piatti della tradizione carnica offerti nelle trattorie e osterie montanare

testi e foto di Massimiliano Rella

Il progetto vincente che ha rilanciato Sutrio — paese di presepi e sculture di legno in provincia di Udine, a pochi chilometri dal confine austriaco, lungo le sponde del fiume Bût e alle pendici dello Zoncolan, i cui impianti attirano d’inverno migliaia di sciatori — è quello dell’Albergo Diffuso Borgo Soandri, ideato nel ‘99 dall’allora sindaco Enzo Marsilio. «Quando a Sutrio nacque l’albergo diffuso — ricorda — c’era soltanto l’Hotel Del Negro, con 20 posti letto. A distanza di 24 anni, il paese ha 120 posti letto nelle 30 case recuperate ad albergo diffuso e altri 300 posti letto sorti nel frattempo in nuovi alberghi, rifugi e B&B. Inoltre, c’è l’indotto di piccole attività artigianali, ristoranti, aziende agricole e locali sorti sotto la spinta del turismo».

Se all’epoca la falegnameria era il comparto dominante, oggi a Sutrio

prevale l’economia del turismo, della gastronomia e dei servizi. Questi i numeri più recenti: nel 2023 circa 45-50.000 arrivi, 14.000 dei quali dalla rete del “paese albergo”, che è coordinato attraverso un centro unico di prenotazione con sede nell’ufficio turistico. Il progetto fu creato con i contributi della Regione e l’obbligo del recupero conservativo, oggi è fi nanziato al 50% con l’impegno a mettere in affitto l’abitazione nel circuito “alberghiero”, per dieci anni.

Uno dei risultati a lungo termine di questo progetto di albergo diffuso è stato il rilancio di piccole attività agricole e ricettive, sui passi del turismo e all’insegna del prodotto tipico: carni, salumi, formaggi, trote affumicate, birre, erbe spontanee e i piatti della tradizione carnica offerti nelle trattorie e osterie montanare del piccolo borgo.

A Sutrio troviamo, ad esempio, cinque ristoranti che propongono cinque diversi tipi di cjarsons, i caratteristici ravioli dolce-salati carnici, un piatto nato all’epoca dei kromars, quei camminatori-commercianti di tessuti che andavano all’estero a vendere le merci e tornavano carichi di spezie, con cui le mogli preparavano il ripieno dei suddetti ravioli.

Uno dei five è il ristorante dell’Hotel Del Negro (www.hoteldelnegro.com), che propone delicati cjarson ripieni di patate, prezzemolo, bieta, geranio selvatico, limoncino, biscotti, uvetta, cannella e confettura di mele fatta in casa (esatto, tutto questo) e conditi con burro chiarificato. I cjarson sono preparati con un impasto di sola farina, acqua e sale. Tra i secondi piatti, poi, troviamo un ingrediente allevato sul territorio, il “bis” di trota iridea salmonata

In alto: Enzo Marsilio, ideatore dell’Albergo Diffuso Borgo Soandri quando era sindaco di Sutrio ed ex consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia.

A sinistra: forme di Alto Bût al Caseificio Sociale Alto Bût a Sutrio (UD).

affumicata e di salmerino affumicato, con cipolle rosse caramellate e top di pomodorini.

Un punto di riferimento per la gastronomia locale è il Caseificio Sociale Alto Bût (www.caseificioaltobut.it), che fa ottimi formaggi con il latte dei suoi piccoli allevatori: un Alto Bût di diverse stagionature, dal fresco (2 mesi) all’extra vecchio (il “vecio”); inoltre, la ricotta fresca e affumicata, lo stracchino, la caciotta fresca, il burro e il Formadi Frant, ottenuto dall’unione di “annate” di Alto Bût poi macinato, impastato con sale, pepe e panna, “rimesso in forma” e stagionato 20-30 giorni. Infine, c’è

il Pastorût, formaggio grasso a pasta molle, da latte vaccino intero pastorizzato, con aggiunta di latte fermentato e spore di muffa Penicillum

Se saliamo però sul monte Zoncolan, a 1.750 metri slm, a Baita da Rico, oltre a cavalli di battaglia come le tagliatelle fresche con sughetto di capriolo, gli immancabili cjarson, il toco de vora e altre bontà, possiamo schiarirci la gola con una selezione di liquori e amari fatti in casa per infusione di erbe, radici e frutti locali: genziana, ruta, pino mugo, abete (www.baitadarico.it).

Ce n’è pure per gli amanti del pesce a La Trute (www.latrute.it), un allevamento di trote e salmerini in acque sorgive di montagna alimentato da una risorgiva affiorante e con 8.000 m2 di vasche a cielo aperto. A conduzione famigliare, i VIDOTTI sfilettano ogni giorno e affumicano ottimi prodotti in modo artigianale.

Troviamo poi un curatissimo allevamento di vacche da latte, capre di razza Camosciata delle Alpi e capre meticce miste a Saanen — 50 capi in tutto — nell’ Azienda Agricola Davide Flora (www.facebook.com/lavareit) guidata dai giovani fratelli DAVIDE e MATTIA, 27 e 17 anni. In estate portano gli animali più grandi in alpeggio, a Malga Lavareit, a 1.472 metri slm sui monti di Paluzza, vista sul confine austriaco e sui luoghi della Grande Guerra.

Queste piccole attività agricole e ricettive sono promosse nel Percorso turistico della Fattoria Didattica. Ci si muove in piccoli gruppi alla scoperta di caseifici e allevamenti di Sutrio: 3-4 ore d’esperienza con degustazione di formaggi passando per stalle di pezzate rosse, capre Camosciate delle Alpi, cavalli, oche, allevamenti di trote (1520 euro pp).

Il caso Sutrio è riassunto da una frase ad effetto dal presidente dell’Albergo Diffuso Borgo Soandri Silvio Ortis: «La Carnia è un Klondike ricco di pepite nascoste. Per scoprirle bisogna scavare come i minatori» ama ripetere. «Abbiamo 2.500 erbe spontanee, 7 tipi di menta, 4 varietà di timo, essenze come il radìc di mont, un radicchio selvatico protetto e a raccolta limitata, diffuso sopra i 1.300 metri. E tanto altro».

Massimiliano Rella

>> Link: www.albergodiffuso.org

Salumeria Italiana, 1/25

STRADA DEL CULATELLO, DELIZIE VERDIANE

Dove, se non nella Bassa Parmense, si possono abbinare al meglio le delizie del palato a quelle dell’udito? Nato nel 1813 a Roncole, distretto di Busseto e piccola città del Ducato di Parma, Joseph Fortunin François Giuseppe Fortunino Francesco Verdi era un suddito francese, dato che il Dipartimento del Taro era un possedimento dell’Impero napoleonico. Dopo

la sconfitta di Waterloo, fu restaurato lo Stato Emiliano con un’altra sovrana, Maria Luisa, figlia dell’Imperatore austriaco Francesco I d’Asburgo e seconda moglie di Napoleone. Durante questi trent’anni di governo, venne data preponderanza alla vita culturale del Ducato e soprattutto gran spazio alla musica. La chiesa collegiale di Busseto aveva un suo bellissimo organo, il Municipio la sua scuola musicale ed era molto attiva

la Società Filarmonica nonché di ricche rappresentazioni il teatro. Giuseppe Verdi diceva di essere nato “in uno del luoghi più banali e insipidi d’Italia”, eppure la “Bassa” esercita un suo fascino grazie alle diverse atmosfere che regala il Po e agli splendori architettonici dei suoi paesini. Il territorio e il clima con grandi sbalzi di temperature e umidità permettono da sempre la lavorazione di insaccati eccezionali ma gran parte

La campagna di Zibello nella Bassa Parmense.

di questa eccellenza è stata anche sviluppata dalla raffinatezza dei gusti, dalla preziosità di certi sapori ricercati da buongustai che non devono solo mangiare bensì assaporare… Qui c’è Roncole con il suo Strolghino, Zibello col suo Culatello DOP, San Secondo con la Spalla cotta dalla forma tondeggiante, Fontanellato e la sua Culaccia morbida, dolce e pastosa, Palasone con la Spalla cruda. La Festa del Culatello di Zibello va a braccetto col Festival Verdi di Parma e Busseto, arte e gastronomia, la sintesi di un territorio.

Facente parte del progetto delle Strade dei vini e dei sapori dell’EmiliaRomagna, la Strada del Culatello si snoda all’interno della Bassa Parmense. Tre sono i “prodotti” promossi dalla Strada: il Culatello di Zibello DOP, il formaggio Parmigiano Reggiano e il Fortana del Taro IGP, vitigno autoctono della Bassa Parmense.

L’area di produzione del culatello di Zibello comprende otto comuni: Zibello, Busseto, Polesine, Soragna, Roccabianca, Sissa, San Secondo, Colorno. A difendere, suggellare e promuovere la qualità e la tipicità del Culatello di Zibello DOP c’è il Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello, che oggi rappresenta le 23 aziende produttrici della DOP.

Ricavato dalla parte alta della coscia del suino, lavorato solo con una semplice miscela di stagione fatta di pepe intero e a pezzi, un po’ d’aglio e vino bianco secco, conservato dopo legatura stretta o immagliatura che impedisca bolle d’aria, il culatello sarà pronto dopo 12 mesi, con un peso variabile tra i 3 e i 5 chili. Estratto il culatello, si lavora nel medesimo modo il fiocco, più magro e che richiede una stagionatura più breve, sette otto mesi ma che esala ugualmente un profumo inebriante.

Già nel 1300 l’allora regnante della Bassa Parmense, Pallavicino, lo mandava come regalo pregiato agli Sforza di Milano. Viene documentato che è stato servito al banchetto nuziale di ANDREA DEI CONTI ROSSI con GIOVANNA DEI CONTI SANVITALE. Si può quindi parlare di un prodotto di irripetibile regalità, dal sapore delicato, soffice e dolce, colore rubino, trasparente in ogni sua fetta.

A Sant’Agata di Villanova sull’Arda è possibile visitare Villa Verdi, acquistata nel 1848 da Verdi coi proventi delle sue

opere, per poi stupirsi degli spettacolari interni barocchi della Rocca Lupi Meli a Soragna, nonché dei profani affreschi del Parmigianino in quella di Fontanellato. Ma è Busseto, col suo aspetto sonnacchioso e pacifico, l’ampia piazza che contrasta con i portici protettivi, che conserva le memorie verdiane. Il teatro ottocentesco, il museo nel neoclassico Palazzo Orlandi dedicato al maestro e a Toscanini affiancato dal Cinquecentesco Monte di Pietà.

Nella casa natale a Roncole Verdi è allestito un museo didattico e interattivo vicino alla chiesa dove è stato battezzato col nome francese. Si dice che da Sant’A-

gata Verdi usasse raggiungere Zibello in calesse per passeggiare e cacciare i fagiani nei boschi lungofiume e allietare il palato con il culatello. In vero, i suoi piatti preferiti erano il pavone, il risotto che cucinava personalmente e la spalla cotta di San Secondo; alla sera, si accontentava di due semplici uova o di un minestrone.

Giuseppe Verdi è dunque veramente l’emblema della sua terra, sintesi della semplicità e della raffinatezza che ritroviamo a livello gastronomico. Josette Baverez Blanco

>> Link: stradadelculatello.it

Dettaglio del monumento dedicato a Giuseppe Verdi a Busseto.

L’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense

È il frutto della magnifica “ossessione” della famiglia Spigaroli per la propria terra, cominciata nell’800 dal bisnonno Carlo (mezzadro del Maestro Giuseppe Verdi) e che continua oggi, più forte che mai, grazie alla tenacia e alla creatività dei fratelli Massimo e Luciano Spigaroli. La Corte Pallavicina è il castello trecentesco appartenuto ai Marchesi Pallavicino, che sorge sulla golena del Po e che al Grande Fiume dedica tutta la sua filosofia. Qui la famiglia Spigaroli, come affittuaria, ha lavorato duramente per tre generazioni, allevando animali, piantando pioppi, producendo ortaggi, frutta, grano e i salumi, secondo le antiche usanze dei masalèn (i norcini). I fratelli Spigaroli l’hanno acquistata nel 1990 — era ridotta a un rudere — e in vent’anni di lavori di restauro l’hanno riportata all’antico splendore, anzi hanno fatto di più: l’hanno trasformata in un piccolo mondo dedicato all’ospitalità, alla ristorazione e alla storia contadina, per far conoscere questi luoghi magici intrisi di storia e tradizioni. La corte ospita 11 camere di charme, ognuna diversa dall’altra, che combinano armoniosamente arredamenti antichi a pezzi di design e a elementi rustici, frutto della maestria di artigiani locali, pavimenti in cotto originale, soffitti con le travi a vista o a cassettoni (del ‘500), trame preziose, camini, vasche da bagno che campeggiano nella stanza da letto e vista rasserenante sulla campagna intorno. Il relais fa parte della prestigiosa catena Les Collectionneurs

Il ristorante omonimo Antica Corte Pallavicina è il regno dello chef stella Michelin Massimo Spigaroli, che ha ideato una cucina gastrofluviale e che per i suoi piatti utilizza per il 95% di materie prime (frutta, verdura, carni, farine) coltivate e prodotte nell’orto-giardino e nei frutteti della corte, nell’azienda agricola di famiglia, nei campi e nelle vigne a pochi passi. Il restante 5% arriva da piccole realtà locali. Il ristorante sorge sulle cantine di stagionatura più antiche al mondo, risalenti al 1320, in cui riposano lungamente — respirando l’aria unica della Bassa Parmense (afosa d’estate e nebbiosa d’inverno) — i prelibati Culatelli, famosi nel mondo e oggetto del desiderio anche di grandi ristoranti, chef come Alain Ducasse, Massimo Bottura e di principi come Carlo d’Inghilterra e Alberto di Monaco Una curiosità? All’aperto si può scoprire il Po Forest, un percorso che parte dalla corte e si addentra nel bosco fluviale del Po, pensato per un’immersione in una natura sorprendente e verdissima in cui incontrare anche i maiali neri dell’allevamento allo stato semi brado. Massimo Spigaroli si è battuto per recuperare quest’antica razza locale e salvarla dall’estinzione. Ci sono anche tavoli tra gli alberi in cui godersi un momento di sosta o un picnic, con il box (rigorosamente biodegradabile) che contiene tante prelibatezze. A disposizione anche le biciclette per vivere i dintorni.

>> Link: anticacortepallavicinarelais.it

Culatello di Zibello DOP dell’Antica Corte Pallavicina e culatelli in stagionatura riservati a Sua Maestà il Re Carlo III nelle suggestive cantine della Corte a Polesine Parmense.

Compie 10 anni il Labirinto di Franco Maria Ricci, parco culturale unico nel suo genere

Nei primi anni Duemila, dopo aver annunciato il progetto affidandolo alle pagine della sua rivista FMR, l’editore Franco Maria Ricci diede seguito all’idea di realizzare un luogo che raccontasse il proprio lavoro e la propria visione, che lo rappresentasse e gli sopravvivesse. “Ci saranno rovine e bambù, all’ombra dei quali nasceranno un grande labirinto, una biblioteca e tante altre cose superflue” aveva anticipato ai lettori. Si tratta dunque di un luogo multiforme: il Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci è un laboratorio editoriale, è un museo che ospita centinaia di opere d’arte datate dal Rinascimento al Novecento e spazi per mostre temporanee eclettiche e sorprendenti, come anche spazi per feste ed eventi. Il tutto circondato da uno straordinario labirinto di bambù: era il 1977 quando Ricci promise all’amico e collaboratore Jorge Luis Borges, scrittore argentino che più di chiunque altro seppe cogliere e raccontare l’essenza del segno labirintico, che un giorno avrebbe costruito il dedalo più grande del mondo proprio in quei campi in cui i due erano soliti passeggiare. A conferire un principio di concretezza a quelle parole, rimaste a lungo una silenziosa utopia, fu l’incontro, avvenuto negli anni Novanta, con il giovane studente torinese di architettura Davide Dutto, che propose all’editore un progetto affascinante, accettato con entusiasmo. L’idea consisteva nel ricostruire tramite software ai tempi innovativi la mitica Isola di Citera e le sue architetture, così come erano state descritte nel più prezioso fra i libri a stampa, l’Hypnerotomachia Poliphili (Francesco Colonna, 1499). Le immagini così ottenute ricordarono a Ricci il labirinto e l’intenzione di costruirne uno; domandò dunque l’aiuto di Dutto e insieme iniziarono a sviluppare i primi progetti del grande parco.

Il Labirinto della Masone, con pianta a stella, copre 7 ettari di terreno ed è realizzato interamente con piante di bambù di specie diverse. Al centro si trova una piazza di 2.000 m2 contornata da porticati e ampi saloni. Prospiciente la piazza, una cappella a forma piramidale ricorda il labirinto come simbolo di fede. Dal 1 gennaio 2015 il Labirinto fa parte del circuito dei Castelli del Ducato di Parma, Piacenza, Guastalla e Pontremoli. Ci sono, per i visitatori, una caffetteria, un ristorante, uno spazio gastronomico e un bookshop dove si possono trovare anche molte edizioni ormai rare di Franco Maria Ricci.

>> Link: labirintodifrancomariaricci.it

36° salone internazionale del biologico e del naturale

In contemporanea con

SANA FOOD, UN NUOVO VIAGGIO VERSO I TEMI DELLA SANA ALIMENTAZIONE

Una piattaforma innovativa che unisce esposizione formazione e networking nata dall’esperienza di SANA, il Salone internazionale del biologico e del naturale, pensata per i professionisti dell’Ho.re.ca. e del retail specializzato

Sulla scorta delle recenti evoluzioni del mercato — che collocano i consumi fuori casa nel segmento Food & Beverage oltre la soglia dei 92 miliardi di euro nel 2023 (fonte: Rapporto FIPE Confcommercio) –, SANA Food, dal 23 al 25 febbraio a BolognaFiere, rappresenta la risposta al forte incremento nella domanda di prodotti sani e sostenibili, innovativi nella composizione e nella

presentazione e, al contempo, rispettosi delle diverse tradizioni territoriali. E per offrire un’ampia panoramica sull’alimentazione sana, sostenibile e di qualità, l’area espositiva di SANA Food ospiterà non solo il biologico e il biodinamico, ma anche prodotti DOP, IGP e STG, vegetariani, vegani, plant based e dell’alimentazione funzionale, articolata in proposte free from e rich in, e altre particolarmente indicate per

chi deve seguire specifici regimi. Ad accomunare tutte queste opzioni, la filiera controllata e i volumi medio-piccoli. SANA Food si rivolge ai professionisti e agli operatori dell’HO.RE.CA. e del retail specializzato. Le varie realtà espositive di SANA Food contempleranno anche le aree collettive regionali e delle maggiori associazioni di categoria, che valorizzeranno le produzioni enogastronomiche territoriali di qualità.

A SANA Food il biologico resta centrale, ma il concetto di sana alimentazione si estende a prodotti vegani, vegetariani, plant based, free from, rich in, DOP, IGP e SGT, purché a filiera controllata e di qualità e con volumi di produzione medio-piccoli. SANA Food è organizzata da BolognaFiere in collaborazione con FederBio, Demeter, V Label Italia, AITA e CIA, col patrocinio del MASAF, del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Bologna e della C.C.I.A.A. di Bologna, e con il supporto di ICE – Agenzia (photo © Rare & Pasture).

«SANA Food raccoglie la preziosa eredità di SANA per offrire alle imprese del food service e dell’Ho. re.ca. soluzioni all’avanguardia e al passo coi tempi» commenta Gianpiero Calzolari, presidente di BolognaFiere. «La manifestazione si propone come agorà per l’intera business community del settore, chiamata a riflettere sull’importanza di una gestione responsabile delle risorse e a dotarsi di strumenti utili a sintonizzarsi con un consumatore ogni giorno più consapevole e orientato verso prodotti salutari, sostenibili e di alta qualità. Sposando questo progetto, BolognaFiere intende contribuire a un futuro in cui l’attenzione all’origine degli alimenti e al benessere delle persone diventi centrale sia per i produttori che per chi consuma, anche fuori casa. Infine, la contemporaneità con Slow Wine Fair è un valore aggiunto per gli espositori e per i visitatori, e consolida BolognaFiere come punto di riferimento fieristico per il Food & Beverage di qualità e la riflessione strategica sulla sostenibilità».

>> Link: sana.it

SANA Food 23-25 febbraio 2025 BolognaFiere

In contemporanea a: Slow Wine Fair

La fiera internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto

«SANA Food 2025 è un nuovo viaggio verso i temi della sana alimentazione racchiusi per la prima volta in Europa sotto lo stesso tetto» sottolinea l’exhibition manager Claudia Castello. «E nella convinzione che un’alimentazione sana e sostenibile sia un diritto di tutti, questo tema, nelle sue varie declinazioni, troverà ampio spazio nei giorni di manifestazione attraverso un ricco calendario di eventi, masterclass e talk. Non solo: SANA Food sarà anche innovazione di prodotto, attraverso l’immancabile vetrina SANA Novità, che consente di scoprire come le aziende espositrici migliorino la propria offerta nel rispetto della salute e del pianeta, tra prodotti originali ed estensioni di linee esistenti, formulazioni inedite e packaging rivisitati».

100 Giorni Sani

A leggere, profilare e, quando possibile, anticipare le esigenze dei consumatori attenti a questo tipo di proposte, contribuisce una delle principali novità di SANA Food, l’Osservatorio 100 Giorni Sani. Realizzata in collaborazione con CHANNEL MARKETING COMPANY, LIGHTUP

ITALIA! e TOLUNA GROUP, questa survey consumer fornirà un’analisi approfondita delle intenzioni e delle motivazioni di acquisto della popolazione italiana e internazionale, a partire dall’indagine condotta per 100 giorni, due volte all’anno, su 4.000 consumatori selezionati. Oggetto dell’inchiesta, le idee, i suggerimenti e i comportamenti di consumo fuori casa, riguardanti il concetto di stile di vita sano, di 3.000 Italiani e 1.000 Danesi di età eterogenea, per mettere a confronto scelte e preferenze di due Paesi culturalmente distanti. I risultati aggregati dell’Osservatorio saranno presentati nella loro interezza a SANA Food, ma vengono già ora periodicamente anticipati sul sito della manifestazione in forma di pillole informative, consolidando così il ruolo di SANA Food di banca dati sempre aggiornata e al servizio della propria business community. A partire da questi primi spunti, l’Osservatorio si conferma uno strumento particolarmente efficace in chiave strategica e ampliabile all’occorrenza, su richiesta degli espositori, per esplorare scenari futuri e specifici settori.

Rivoluzione Bio

Tra gli appuntamenti più attesi di SANA Food, la 6a edizione di Rivoluzione Bio, gli Stati Generali del settore biologico e biodinamico, promossa da BOLOGNAFIERE e organizzata in collaborazione con FEDERBIO e ASSOBIO, col supporto di NOMISMA. L’evento si inserisce nel progetto europeo BEING ORGANIC IN EU, gestito da FEDERBIO in partenariato con NATURLAND DE e cofinanziato dall’UE ai sensi del Reg. UE n. 1144/2014, e si conferma un luogo di confronto per istituzioni, esperti e business leader chiamati a riflettere su numeri, priorità e aree di sviluppo per il rafforzamento del settore agroalimentare biologico. Rivoluzione Bio ruoterà intorno a due importanti momenti di discussione e approfondimento: il primo ospiterà la presentazione dei dati dell’Osservatorio SANA 2025 e sarà dedicato ai trend del mercato biologico e alle politiche e strategie a supporto del settore; il secondo verterà sul ruolo del biologico e della sana alimentazione nei consumi fuori casa e nella ristorazione collettiva.

DAL 23 AL 25 FEBBRAIO, A BOLOGNAFIERE TORNA

SLOW WINE

FAIR 2025

1.000 cantine e oltre 5.000 etichette alla fiera internazionale del vino buono, pulito e giusto. Che lancia un nuovo dibattito sulla sostenibilità del vino attraverso packaging e logistica: quali innovazioni e alleanze per alleggerirne il costo economico e ambientale?

Nel 2024 Slow Wine Fair ha registrato la presenza di 1.000 espositori, circa 900 dei quali cantine, provenienti da tutte le regioni italiane e da 26 Paesi. Circa 170 gli espositori internazionali, tra i quali hanno debuttato cantine da Giappone, Australia, Sudafrica, Svezia e Messico. Più di 5.000 le etichette del banco d’assaggio. 12.000 gli ingressi (photo © Michele Purin).

Per tre giorni, vignaioli e vignerons, appassionati e operatori del settore — buyer, ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi, sommelier — si ritrovano a Bologna per parlare di vino “buono, pulito e giusto” (photo © Michele Purin).

Dal 23 al 25 febbraio 2025, a BolognaFiere torna la Slow Wine Fair, l’unica fiera internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto. Organizzata da BolognaFiere, con la direzione artistica di Slow Food, Slow Wine Fair è nata dal connubio fra la ultratrentennale esperienza di BolognaFiere nel mondo del biologico con SANA, che si terrà quest’anno in contemporanea a Slow Wine Fair, nella nuova veste di SANA Food (si veda l’articolo a pagina 93), e lo storico impegno di Slow Food nei temi della biodiversità, della sostenibilità ambientale e dell’equità sociale.

«Slow Wine Fair sta raggiungendo la fisionomia che avevamo pianificato quando l’abbiamo ideata» osserva Giancarlo Gariglio, coordinatore della Slow Wine Coalition. «Una fiera che propone vini dalla qualità media altissima, grazie alla ferrea selezione che solo BolognaFiere ha avuto il coraggio di operare. La sua forza è anche l’omogeneità del profilo delle cantine espositrici: in maggioranza sono certificate biologiche, seguono tutte la produzione dall’uva alla bottiglia, secondo i principi del Manifesto del vino buono pulito e giusto, che prevede la rinuncia al diserbo e a diversi prodotti di chimica di sintesi.

Proprio questa offerta così alta e omogenea è la chiave del successo della Slow Wine Fair: sempre più buyer e professionisti la considerano un luogo dove è più semplice fare scouting o trovare le etichette giuste per completare la gamma da proporre ai clienti. E anche per gli appassionati che affollano i padiglioni alla domenica, la fiera è un’esperienza impagabile di dialogo e conoscenza, perché ogni vino è servito direttamente da chi lo produce».

Dalla salute del suolo al packaging del vino, passando per la logistica

Per tre giorni, vignaioli e vignerons, wine lovers e operatori del settore — buyer, ristoratori, enotecari, importatori, distributori, cuochi, sommelier — si ritrovano a BolognaFiere per parlare di vino buono, pulito e giusto, conoscere e degustare una selezione unica nel panorama fieristico vinoso. Dopo aver affrontato, nel 2024, il tema della salute del suolo, la Slow Wine Fair innesca quest’anno un dibattito sulla sostenibilità del vino a 360° e porta a esempio le innovazioni che produttori, consorzi e professionisti stanno sviluppando per far evolvere il proprio approccio alla produzione vinicola verso un minor impatto sull’ambiente.

Un mondo in divenire, in cui non esistono risposte univoche, ma soluzioni che vengono sperimentate e alleanze fruttuose che possono fare la differenza. Al confronto aperto su questi temi sono dedicate sia la formazione on-line, rivolta prevalentemente agli operatori e pensata come un percorso di avvicinamento all’evento, sia le conferenze in presenza in fiera.

Conferme e novità, a partire dai vini

Slow Wine Fair ospita l’incontro internazionale della Slow Wine Coalition, la rete internazionale inclusiva e collaborativa che unisce i protagonisti del mondo del vino. Circa 1.000 cantine espositrici dall’Italia e dall’estero — con più di 5.000 etichette al banco d’assaggio —, per oltre il 50% certificate biologiche o biodinamiche o in conversione, saranno distribuite nei padiglioni 15 e 20 in isole espositive in base al Paese e alla regione italiana di provenienza.

I vignaioli e i vignerons presenti alla Slow Wine Fair sono accomunati dal fatto di aver sottoscritto, e di mettere in pratica, il decalogo del Manifesto per il vino buono, pulito e giusto, impegnandosi a preservare l’ambiente e le sue risorse, a rispettare il paesaggio

Anche per questa edizione di Slow Wine Fair sono molto attese le degustazioni guidate rivolte agli appassionati e ai professionisti del settore. Le masterclass portano i partecipanti a esplorare l’ampio panorama vitivinicolo italiano e internazionale, e mostrano quali siano le componenti che contribuiscono a rendere un vino buono, pulito e giusto (photo © Michele Purin).

e il terroir di provenienza del vino, a valorizzare la comunità agricola di cui è espressione e a sostenere la biodiversità.

SANA Food

È la novità assoluta del 2025: Slow Wine Fair si svolge in contemporanea con SANA Food, il nuovo concept dedicato alla sana alimentazione fuori casa. Operatori e visitatori potranno così godere di un’esperienza ancora più ricca e altamente qualitativa, accedendo a SANA Food (padiglione 18) con lo stesso biglietto di ingresso della Slow Wine Fair. «La sinergia tra la Slow Wine Fair e SANA Food — sottolinea Domenico Lunghi, direttore manifestazioni dirette Food&Beverage di BolognaFiere — darà vita ad un appuntamento fieristico imprescindibile per la business community del biologico. SANA è stata, infatti, per 35 anni, la manifestazione di riferimento per l’alimentazione bio in Italia e ora l’esposizione di questi cibi verrà affiancata da una mostra in cui sono presenti 500 produttori di vino

biologico e biodinamico. Il visitatore specializzato bio (e non solo) troverà, in padiglioni attigui, proposte di eccellenza sia per il menù food che per la carta dei vini e il beverage. Inoltre, grazie al supporto di ICE e alla contemporaneità delle due fiere, il respiro sarà ancora più internazionale: prevediamo l’arrivo di oltre 300 buyer esteri, dunque il 50% in più della passata edizione di Slow Wine Fair, con una partecipazione molto ampia dal Nord Europa, dal Nord America e dal Canada. La collaborazione tra i due progetti ci consentirà, poi, di organizzare in fiera l’Aperitivo Sano/Bio/Sostenibile, coniugando la ricca offerta di vini e di spirits della Slow Wine Fair con i cibi “sani e sostenibili” di SANA Food».

Gli amari e gli spirits

L’area dedicata agli spirits e al mondo della mixology sarà ancora più ampia e verrà suddivisa in sezioni tematiche. Quella riservata agli amari ruoterà intorno alla 5a edizione della Fiera dell’A-

maro d’Italia, promossa da AMAROTECA e ANADI – Associazione Nazionale Amaro d’Italia

Coffee lovers…

Per la prima volta, approda a Slow Wine Fair uno spazio dedicato alla Slow Food Coffee Coalition e al mondo del caffè. Caficoltori, torrefattori ed esperti forniranno ai visitatori informazioni preziose sugli strumenti principali per assaggiare in modo consapevole, per riconoscere, imparare a scegliere e apprezzare un caffè di qualità.

…e sidri

Altra new entry, i produttori di sidro. Ottenuta dalla fermentazione del succo di mele pressate, questa bevanda ha una storia antica e affonda le proprie radici nelle culture europee, dove è stata a lungo popolare. Alla Slow Wine Fair ci si interrogherà su quale sia oggi il ruolo del sidro in Italia e nel panorama mondiale e si potranno assaggiare numerosi prodotti.

La fiera internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto

BOLOGNAFIERE

23-25 FEBBRAIO 2025

Per questa edizione di Slow Wine Fair l’area dedicata agli spirits e al mondo della mixology sarà ancora più ampia e verrà suddivisa in sezioni tematiche. Quella riservata agli amari, ad esempio, ruoterà intorno alla 5a edizione della Fiera dell’Amaro d’Italia, un’occasione imperdibile per tutti gli operatori del settore e gli appassionati.

Buyer e Ho.re.ca.

Circa 300 buyer e professionisti internazionali si sono già registrati alla manifestazione e possono contare sul servizio di matching fornito dalla piattaforma B2Match. Ampio e articolato il mondo HO.RE.CA., arricchito dalla partecipazione della rete di ristoratori amici di Slow Food, dalle Osterie d’Italia, presenti nei giorni della fiera, dalla contemporaneità con SANA Food e dall’importante lavoro di scouting realizzato all’estero in collaborazione con ICE e con agenzie specializzate. Slow Wine Fair 2025 pone l’accento anche su importatori e distributori nazionali i cui cataloghi rispecchiano la selezione presente all’evento.

Il Premio Carta Vini Terroir e Spirito Slow

Attribuito dal pubblico e da una giuria di esperti, valorizza le migliori carte dei vini italiane e internazionali e torna con nuove categorie territoriali e un nuovo premio dedicato al mondo degli amari.

Non c’è Slow Wine Fair senza masterclass!

Molto attese le degustazioni guidate rivolte agli appassionati e ai professionisti del settore. Le masterclass portano i partecipanti ad esplorare l’ampio panorama vitivinicolo italiano e internazionale, e mostrano quali siano le componenti che contribuiscono a rendere un vino buono, pulito e giusto.

Gli OFF della Slow Wine Fair

Tornano gli appuntamenti nei locali di Bologna e dintorni, per conoscere la città e le sue specialità Food&Beverage.

I partner della filiera

Nell’idea di produzione circolare virtuosa, il settore della supply chain svolge un ruolo chiave, supportando lo sforzo dei produttori di ridurre il proprio impatto ambientale. Un’area espositiva della Slow Wine Fair è riservata alle imprese della filiera vitivinicola che, attraverso macchinari, attrezzature, tecnologie e

materiali innovativi, contribuiscono a rinnovare il sistema agricolo e permettono ai vignaioli di adottare metodi di produzione sostenibili e rispettosi dell’ambiente.

A chi si rivolge l’evento: il pubblico di Slow Wine Fair

Slow Wine Fair è un evento B2B rivolto ai professionisti dell’HO RE CA. e della GDO interessati a vini di alta qualità, ma domenica 23 porte aperte anche ai wine lovers.

>> Link: slowinefair.slowfood.it

TuttoFood Milano 2025, in fiera innovazione e futuro dell’agroalimentare

TuttoFood è la fiera B2B per l’intero ecosistema agroalimentare. Globale e innovativa, è il punto di riferimento nel mondo per i produttori e distributori dei prodotti di qualità dell’intera filiera del Food & Beverage che incontrano in manifestazione i buyer con effettivo potere d’acquisto come: distributori, importatori, GDO, negozi di prossimità, negozi gourmet, food service, Out of Home, chef.

• La valorizzazione del prodotto di alta qualità è la mission di TuttoFood in Italia e nel mondo. La manifestazione, suddivisa per aree di prodotto, propone una gamma merceologica attenta non solo all’offerta più tradizionale ma anche alle tendenze emergenti dei consumi e ai nuovi segmenti del mercato.

• TuttoFood non è soltanto un marketplace internazionale, ma un partner a tutto campo sempre a fianco delle aziende: attraverso un costante monitoraggio dei mercati e degli stili di consumo, vengono condivise competenze e conoscenze tutto l’anno. Osservatori, per aiutare le imprese a prendere le giuste decisioni e conoscere best practice e novità da tutto il mondo, approfondimenti per dar voce agli attori delle filiere e ai temi di attualità del settore.

• TuttoFood si svolge a Milano, nella capitale dell’innovazione in tema di cibo e alimentazione, punto di riferimento mondiale per lo sviluppo e la crescita del settore

• TuttoFood 2025 è in programma dal 5 all’8 maggio, dalle ore 10:00 alle ore 18:00, eccetto l’ultimo giorno, 8 maggio, dove l’ultimo ingresso permesso è alle ore 15:00 e la manifestazione chiude alle ore 17:00.

>> Link: tuttofood.it

BBQ EXPO 2025, Brescia capitale del barbecue

Scrive lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari che “l’invitante profumo delle carni non è solo celebrazione del gusto e il sapore forte della brace non è solo una ghiottoneria per adepti. C’è qualcosa di più, qualcosa che si sarebbe tentati di chiamare il richiamo della foresta” Dal 29 marzo al 1o aprile, il Brixia Forum di Brescia tornerà ad essere il cuore pulsante di questo “rito” che unisce tradizione, passione e cultura. Qui, infatti, si svolgerà la 2a edizione di BBQ Expo, unica fiera italiana dedicata interamente alla cucina outdoor con espositori nazionali e internazionali. 4 giorni tra le tecniche all’avanguardia di lavorazione e cottura della carne. Per i professionisti del settore un’importante

vetrina di business, per gli appassionati 4 giorni nel segno del gusto. «BBQ Expo 2025 offre un’esperienza completa che combina formazione, competizione e innovazione, in un mercato in forte espansione» commenta Mauro Grandi, CEO di Area Fiera. «A 3 mesi dall’apertura avevamo già allocato l’80% degli spazi espositivi, pari al doppio dell’area espositiva della precedente edizione. Dopo le 24.000 presenze dello scorso anno, siamo certi di raggiungere numeri ancora più importanti».

Tendenza positiva cucina outdoor: un settore in continua crescita

Un settore, quello della cucina outdoor, in costante espansione. A dirlo sono i

numeri. Nel 2024, secondo MORDOR INTELLIGENCE, in Italia si è raggiunto un valore di circa 118 milioni di euro*, con una previsione di crescita annua del 4,69%, che dovrebbe portarlo a circa 150 milioni di euro* entro il 2029.

Una tendenza, quella dell’aumento dell’interesse degli Italiani per la cucina all’aperto e il barbecue, cui la manifestazione risponde offrendo uno spazio espositivo con 4 aree tematiche (Dispositivi, Combustibili, Carni, Food&Beverage ) che permetterà di scoprire nuove tecniche di cotture e tagli di carne, esplorare nuove tecnologie e ammirare il design dei prodotti per la cucina outdoor realizzati da alcuni dei brand più importanti del comparto. Ad arricchire l’esperienza del pubblico,

su www.bbqexpo.it

La seconda edizione di BBQ Expo vedrà tra i protagonisti rinomati chef, pit master e Butcher. Il calendario degli eventi è disponibile

BBQ Expo è l’unica fiera italiana dedicata interamente alla cucina outdoor con espositori nazionali e internazionali. Quattro giorni all’insegna delle tecniche all’avanguardia di lavorazione e cottura della carne. Ad arricchire l’esperienza del pubblico, ci sarà un ricco calendario di oltre 14 showcooking e circa 30 masterclass pensati per affinare le abilità sia dei neofiti che degli esperti.

ci sarà un ricco calendario di oltre 14 showcooking e circa 30 masterclass pensati per affinare le abilità sia dei neofiti che degli esperti. Solo per citarne alcuni: Il vero Tacos Messicano, B.O.B. The Battles Of the Burgers, Le salsicce dal mondo, L’arte del Brisket… BBQ Expo vedrà tra i protagonisti rinomati pit master, Butcher e chef. Tra loro, Marco Agostini, esperto di tecniche di cottura alla griglia e affumicatura e l’untraditional chef (come lui stesso si definisce) Davide Bigarella

Il calendario degli eventi è disponibile su www.bbqexpo.it

BBQ Expo Master’s Challenge

Torna infine anche nel 2025 il BBQ Expo Master’s Challenge, con 30 team pronti a sfidarsi in una gara all’ultimo sapore che vedrà le squadre competere in una serie di competizioni rappresentative dei tagli di carne più comune: chicken (pollo), pork ribs (costine di maiale), pork (Boston Butt, la spalla del maiale, con sopra montata la coppa) e brisket (punta di petto di manzo). Il contest, oltre a segnare premi e trofei ai vincitori, concorre nell’assegnare punteggi per la classifica TOY Europe (Team of The Year) 2025, nell’ambito della KCBS (Kansas City Barbeque Society), la più grande gara del pianeta in ambito BBQ.

Nota

* Nel report di MORDOR INTELLIGENCE i valori sono indicati in dollari ovvero 128,60 milioni di dollari (trasformati in 118 milioni di euro) e 163 milioni di dollari (trasformati in 150 milioni di euro). Il cambio è al 19 dicembre 2024.

>> Link: bbqexpo.it

È tempo della Fresa di Ittiri

Febbraio in Sardegna a caccia di gioielli caseari

di Chiara Papotti

La Sardegna, terra di tradizioni millenarie, è culla di una ricchezza gastronomica ineguagliabile. E, tra le meraviglie casearie di quest’isola, emerge la Fresa di Ittiri. Prodotto in un angolo verde e selvaggio del Coros, nel cuore del Logudoro, questo formaggio fresco ovino è uno dei tesori che rischiavano di scomparire, ma che, grazie al lavoro di Slow Food e di pochi produttori locali,

ha trovato una nuova strada verso la valorizzazione e la salvaguardia. Ittiri è un antico borgo situato a 450 metri di altitudine, circondato da monti, valli rocciose e corsi d’acqua che ne caratterizzano il paesaggio. Questo microcosmo naturale è ricco di storia e cultura, con numerosi nuraghi e Domus de Janas, le tombe prenuragiche scavate nella roccia, che raccontano l’antica presenza umana sul territorio. Un ambiente

agropastorale ideale per l’allevamento delle pecore, che qui pascolano in semilibertà. La zona è altresì famosa per la produzione di ortaggi pregiati, tra cui il carciofo spinoso, e per i vigneti e oliveti che abbelliscono le colline circostanti. Tuttavia, è proprio la produzione casearia, legata indissolubilmente al latte di pecora, a rappresentare una delle principali tradizioni culinarie di questa regione.

A destra: oggi la Fresa di Ittiri è prodotta da un ristretto numero di produttori. Il Presidio Slow Food intende espandere la rete di pastori, promuovendo la diffusione di una cultura casearia che non sia solo sostenibile, ma conservi anche la memoria storica e culturale di Ittiri e della Sardegna. Tra i produttori di fresa c’è Rosa Canu, dell’Azienda Agricola Canu di Ittiri, protagonista del docu-film “La Donna della Fresa” (2023) di Walter Bencini e disponibile su www.raiplay.it (photo © FB Pecorino San Leonardo Az. Agricola Canu). A sinistra: una domus del complesso archeologico di Sa Figu a Ittiri.

La fresa di Ittiri è un pecorino fresco che deriva il suo nome dal latino “ fresus ”, che signifi ca schiacciato. Questo formaggio si distingue infatti per la sua forma particolare: un cilindro basso, con un diametro di circa 20 cm e un’altezza ridotta, che ne facilita la stagionatura breve.

La pasta è morbida, di color bianco candido, con una leggera occhiatura che ne segnala la freschezza. L’aroma, delicato ma persistente, richiama note di yogurt fresco e macchia mediterranea, con un retrogusto che evoca la tradizione e la naturalezza del pascolo.

Il processo di produzione tradizionale prevede che il latte crudo di pecora venga trasformato nelle prime ore dopo la mungitura, durante il periodo di lattazione, per preservarne al massimo la freschezza e le caratteristiche organolettiche.

Il latte, riscaldato a 36-38 °C, viene cagionato con rennet naturale, quindi la cagliata viene rotta in piccoli granuli, successivamente avvolti in teli di cotone. La pressatura, eseguita manualmente per 5-6 ore, conferisce al formaggio la sua caratteristica forma schiacciata, mentre la salatura avviene in salamoia, prima di passare alla maturazione su

assi di legno, con un controllo costante e ripetuto per evitare l’eccessiva fuoriuscita di siero.

La fresa, un tempo, veniva prodotta in estate, quando la lavorazione del latte in ambienti caldi rendeva difficile produrre pecorini stagionati. Il latte, trasformato direttamente dal pastore, veniva lavorato con l’ausilio delle donne che, con molta cura, controllavano la cagliata, schiacciandola con massi e mattoni per eliminarne i gonfiori, tipici delle alte temperature. Oggi la produzione di formaggi stagionati è prevalente e molti dei formaggi freschi come la fresa sono a rischio di estinzione.

In un contesto di crescente omologazione dei prodotti caseari, la fresa di Ittiri ha ricevuto un riconoscimento fondamentale per la sua salvaguardia: è stata inserita tra i Presidi Slow Food. Questo progetto, che ha come obiettivo la tutela e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, punta a difendere il prodotto dalle pressioni del mercato e dalla standardizzazione industriale, garantendo il sostegno ai produttori locali che continuano a praticare la tradizione della pastorizia sarda.

Il Presidio si propone di coinvolgere nuovi pastori nella produzione di questo

formaggio, stabilendo un Disciplinare che impone pratiche di lavorazione tradizionali, l’allevamento semibrado e l’alimentazione basata sul pascolo. Inoltre, il Disciplinare vieta l’uso di insilati e mangimi contenenti OGM, puntando a preservare la purezza del latte e la qualità del prodotto finale.

La Fresa di Ittiri è un formaggio che porta con sé non solo il sapore autentico della Sardegna, ma anche la sua storia, la sua identità e il suo futuro. Per garantire la sua sopravvivenza e la sua diffusione, è fondamentale che i professionisti del settore — dai casari ai ristoratori — investano nella valorizzazione di prodotti come la fresa, che rappresentano l’essenza della tradizione gastronomica sarda. In questo contesto, il ruolo di Slow Food è cruciale: creare una rete di supporto per i produttori, sensibilizzare i consumatori e promuovere un modello di consumo che premi qualità e tracciabilità dei prodotti.

La Fresa di Ittiri è un esempio di come, grazie alla sinergia tra tradizione e innovazione, sia possibile dare nuova vita a prodotti che altrimenti rischierebbero di essere dimenticati.

MALGA DOSSO DI SOTTO:

Asiago, formaggi e burro in altopiano

Situata a 1648 m slm, Malga Dosso di Sotto è una piccola gemma incastonata negli incantevoli paesaggi di Cima Larici, località Val Formica. In estate è possibile acquistare direttamente i prodotti della malga: l’Asiago DOP fresco e Stagionato (Mezzano, Vecchio e Stravecchio), l’Asiago Prodotto della Montagna ma anche ricotta e burro

Cinquant’anni di lavoro in malga sono tanti, anche se la malga resta aperta per pochi mesi all’anno. I mesi delle transumanze, del fieno, delle vacche e del latte. I mesi della fatica, della dedizione al lavoro, della lontananza da casa e dell’isolamento tra i boschi e i lupi. È questo il traguardo raggiunto quest’anno dalla famiglia Marini che, dopo aver avviato l’azienda agricola nel 1956 a Carmignano di

Brenta (PD), fece nel 1974 la prima transumanza a Malga Erio a Mezza Selva di Roana (VI) e vi rimasero fino al 1995. Nel 1996 il trasferimento a Malga Dosso di Sotto, situata a 1647 metri di altitudine in prossimità di Cima Larici, in località Val Formica, dove si trovano tutt’ora.

Nonno Tarquinio Marini, nell’immediato dopoguerra, andò a lavorare sulle malghe svizzere dove conobbe nonna Gina e insieme tornarono in Veneto, si sposarono ed ebbero dieci figli, che negli anni diedero continuità all’attività allevativa, casearia e di gestione della malga. Per i Marini c’è qualcosa di appagante e ancora stimolante nelle attività in malga che non sono solo i profumi e i sapori dei formaggi, del burro, della ricotta che escono dal laboratorio di trasformazione. Sono i ricordi. Uno in particolare: le chiacchierate con due persone illustri dell’altopiano di Asiago del calibro di Mario Rigoni Stern ed Ermanno Olmi, vicini di casa che amavano andare in malga da Tarquinio per condividere piatti generosi e un buon bicchiere di vino. Ci piace pensare che le ispirazioni di alcuni tra i tanti libri dedicati all’altopiano di Rigoni Stern piuttosto che alcune tra le opere monumentali di Olmi, su tutte “Torneranno i prati” del 2014, siano nate lì, dal freddo, dalle nevi, dai silenzi, dai campanacci delle vacche,

seduti a tavola. «Mario arrivava e si mettevano davanti al fuoco a chiacchierare» sostiene Matteo Marini, nipote di Tarquinio. «Io non ho avuto il privilegio di assistere essendo nato nel 1993. Ma anche quando ci siamo trasferiti sulla malga di adesso, in cima Larici, nel 1996, continuando come sempre a produrre latte, formaggio, burro e ricotta, i rapporti con Mario sono continuati, ancora più stretti di prima e spesso capitava venisse a trovarci con Ermanno Olmi. Quando si fermavano a mangiare il menu era sempre lo stesso: lasagne al burro e faraona in tecia fatte da zia Paola. All’epoca tenevamo un piccolo allevamento di galline e faraone: è durato fino a qualche anno fa, poi, a causa delle predazioni delle volpi, lo abbiamo chiuso definitivamente. Non facevamo ristorazione ma si cucinava in famiglia e per qualche amico ed ospite che venivano accolti in taverna». Curioso che quando Olmi vinse il Leone d’oro alla carriera, il giorno dopo telefonò per organizzare al Dosso un pranzo con altri attori e registi con i quali condividere il solito menù. Evidentemente una sorta di elisir di lunga e buona vita. «Una tradizione — continua Matteo — che è proseguita col figlio di Mario, che viene spesso a trovarci».

Tanti i lavori di ristrutturazione della malga negli anni. In particolare nel 2007 sono state cambiate le di-

sposizioni interne anche in ossequio all’evoluzione della normativa sanitaria e di sicurezza e agli obblighi che ne conseguono, dovendo separare completamente il laboratorio di trasformazione dalla zona di vita quotidiana.

«Mio papà Ugo e mio zio Raffaele sono subentrati a mio nonno gestendo la malga fino al 2022. Dal 2022, considerato che le nuove normative europee avevano cancellato il diritto di prelazione per i conduttori uscenti delle malghe che andavano a rinnovo di concessione, sono subentrato io alla guida del Dosso dopo essermi messo a part time nel mio lavoro principale di ingegnere. Senza il mio ingresso si rischiava di finire a fondo graduatoria del nuovo bando di assegnazione delle malghe non avendo giovani in azienda, aspetto questo che permette di acquisire un punteggio determinante ai fini dell’aggiudicazione. Al momento non mi sfiora troppo l’idea di fare il malgaro a tempo pieno. È una vita dura e molto impegnativa. E, per quanto rispetto agli anni addietro le condizioni siano meno disagevoli, è tutto ancora molto difficile

nonostante tutti gli zii diano una mano nelle diverse attività».

In malga si entra ad inizio giugno e si scende a fine settembre. Le razze bovine da latte dei Marini sono sempre state le Brune ma poi nel tempo hanno iniziato a ristallare e mungere le Frisone che sono più produttive. «Al momento — sottolinea Matteo — abbiamo 90 capi da latte e 40 vitelle, numero non aumentabile in rapporto agli obblighi che la normativa ci impone sul numero massimo di bovini allevabili in rapporto agli ettari di pascolo in concessione. Il sistema allevativo e produttivo è rimasto lo stesso di mio nonno nonostante le innovazioni e gli obblighi di legge da seguire. Tanto per dire, usiamo ancora il fuoco a legna, sopra il quale mettiamo la caldera di rame col latte e per fare il formaggio usiamo ancora e solo il latte innesto, non fermenti lattici. Seguono una serie di passaggi come salatura, aggiunta di caglio, mescolamento, ecc…, che danno vita alle prime fasi di trasformazione senza l’uso di macchinari. Complessivamente è un processo di produzione mediamente più lento

A sinistra: l’Asiago DOP Prodotto della Montagna della famiglia Marini di Malga Dosso di Sotto vincitore del premio nella categoria formaggio semistagionato all’Italian Cheese Awards 2023. Il formaggio viene interamente lavorato e prodotto con latte vaccino in malga ad un’altitudine di 1648 m due volte al giorno esclusivamente da giugno a settembre.

A destra: la dedica di Ermanno Olmi, regista di fama mondiale, a Tarquinio Marini, “vero Maestro caseario”. Olmi era un frequentatore abituale della malga così come lo scrittore Mario Rigoni Stern, narratore della vita e della natura dell’altipiano dei Sette Comuni. «Quando si fermavano a mangiare il menu era sempre lo stesso: lasagne al burro e faraona in tecia fatte da zia Paola» racconta Matteo Marini, nipote di Tarquinio.

degli altri e per questo produciamo formaggio due volte al giorno, mattina e sera. Si inizia alle quattro del mattino con la mungitura e, una volta tornati col latte, accendiamo il fuoco e iniziamo le lavorazioni. Alle dieci circa finiamo e curiamo il pascolo. A mezzogiorno si mangia servendo anche eventuali avventori. Alle tre del pomeriggio si riparte e alle quattro si ritorna a mungere e fino alle nove e mezza, dieci di sera si fa il formaggio. Una volta terminata la produzione di formaggio, il siero che rimane viene raccolto in una vasca per essere dato ai maiali che alleviamo noi e dai quali ricaviamo tutti i nostri salumi e insaccati lavorati nell’azienda agricola di Carmignano da novembre a gennaio. Produciamo sopressa, pancetta, cotechini, salsicce». La malga, tra le altre cose, offre a clienti e visitatori l’opportunità unica di assistere alle varie fasi di lavorazione dei prodotti caseari. I rapporti con il Consorzio Tutela Formaggio Asiago DOP? «L’attività di comunicazione e marketing portata avanti dal Consorzio ci è molto utile. È una bella vetrina che ci ha permesso di

farci conoscere, considerato che la nostra posizione è piuttosto defilata in fondo alla valle e non è facile raggiungerci. Nonostante questo non chiederemo mai che la stradina sterrata che porta alla nostra malga venga asfaltata».

Per produrre Asiago Prodotto della Montagna il formaggio deve stagionare almeno 3 mesi sopra i 600 metri di altitudine. E per questo, considerato il periodo che i Marini lavorano in malga, sono obbligati a produrlo nel solo mese di giugno così che poi sia pronto a settembre. Il resto dell’asiago viene prodotto nelle categorie Asiago DOP Fresco, Stagionato Mezzano, Stagionato Vecchio, Stagionato Stravecchio Il futuro? «Per mio padre e per mio zio — conclude Matteo — passati i cinquant’anni di Malga della mia famiglia, è sempre più difficile e non solo per l’età. L’aumentata predazione dei lupi che quest’anno ha interessato anche noi con l’uccisione di un capo e le difficoltà conosciute dal latte crudo (non pastorizzato, NdR) rendono l’attività sempre più difficoltosa. A seguito di un tragico evento di cronaca è passato il messaggio

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che i prodotti da latte crudo siano nocivi per la salute. In realtà, se il latte viene lavorato bene e secondo gli obblighi e controlli sanitari, non dovrebbe creare problemi, ma per prudenza ulteriore lo sconsigliamo fortemente alle donne in gravidanza, ai bambini sotto i cinque anni o in particolari casi di soggetti immunodepressi.

In conclusione, nonostante appunto le fatiche e le difficoltà, ci tengo a sottolineare che negli ultimi anni abbiamo partecipato a dei concorsi caseari ottenendo sempre riscontri gratificanti. In particolare, nel 2023 abbiamo vinto il primo premio all’Italian Cheese Awards con un Asiago DOP nella categoria semistagionato (“È un formaggio morbido di colore giallo paglierino, con un’occhiatura marcata ed irregolare. Il sapore è intenso e l’aroma richiama sentori di frutta secca e burro. Nota particolare il gusto delle erbe aromatiche tipiche dell’alpeggio di montagna”). E poi proprio quest’anno, in occasione dei cinquant’anni di attività, siamo stati premiati dal Senato della Repubblica». Gian Omar Bison

2025. EVO ON THE ROAD

Buon 2025 ai lettori dal vostro

Chef dell’olio! Premesso che, se mi seguite, oramai tutti sapete che:

A. l’olio extravergine di oliva non è un condimento, è un ingrediente. È un alimento, non si beve, si mangia;

B. il “piccante e amaro” non è l’acidità, bensì la nota sensoriale dei polifenoli (molecole con proprietà antiossidanti che conferiscono all’olio extravergine di oliva la sua personale struttura organolettica);

C. un olio extravergine non filtrato e torbido dura molto meno in termini di profumi e sapore di un olio fil-

trato e cristallino (le particelle solide residue sono le prime ad ossidare e fermentare, meglio eliminarle);

D. i quattro nemici dell’olio extravergine in termini di conservazione sono la luce, il calore, l’ossigeno e il tempo (l’olio extravergine è semplicemente la spremitura di un frutto attraverso processi meccanici. Spremereste oggi delle arance per berne il succo dopo due o tre anni?);

E. in Italia abbiamo più di 500 varietà di olive, ergo l’olio extravergine non è uno solo (regioni diverse, terroir diversi, profumi, sapori e strutture diverse);

F. ad ogni olio extravergine di oliva il suo piatto, ad ogni piatto il suo olio extravergine di oliva.

A questo punto siete pronti per viaggiare con me

Sì, perché, in questo splendido nuovo anno, vi porterò, attraverso questo spazio che la Rivista mi riserva, a far visita alle aziende produttrici italiane e ai loro frantoi, raccontando dei loro prodotti, delle storie e della passione.

Alternando il viaggio con irruzioni nelle cucine degli chef miei colleghi sensibili alla materia EVO, proponendo piatti a quattro mani in abbinamento

Fabrizio Bertucci con
l’executive chef Massimo Salvadei e il sous chef Matteo.

ad extravergine di grande qualità, non mancando di raccontarne i criteri di scelta.

E voglio iniziare dal mio fraterno amico a collega Massimo Salvadei, chef del ristorante Le Sequoie di Carsoli (AQ), in Abruzzo (lesequoie.it). Un punto di riferimento dal lontano 1968, un locale che ha saputo rinnovarsi in nome della valorizzazione della tradizione.

Massimo studia. Studia sempre. Ed il mondo dell’extravergine ci ha fatti incontrare nel 2019, compagni di banco al corso FIS per completarci come cuochi divenendo Sommelier dell’olio. Da lì in poi percorso condiviso. Visitiamo insieme produttori, ascoltiamo le storie, condividiamo assaggi ed organizziamo eventi a tema nel suo ristorante.

Massimo non ha la Carta degli Oli, ma, appena entrerete nel ristorante, noterete uno scaffale dove a far bella mostra di sé saranno marche e varietà di extravergine di oliva non solo abruzzesi. Che vi saranno consigliate in sala con stile dal sommelier Marco, il fratello di Massimo, a seconda del menu e delle pietanze scelte. Sì, esatto, proprio come i vini.

A tal proposito vi documento, attraverso le due fotografie presenti nel testo, l’ultima nostra serata in ordine di tempo, durante la quale abbiamo presentato 5 produttori da regioni diverse, abbinando 5 portate ai 5 extravergine. Con l’aiuto prezioso del prode Matteo, il suo sous chef, abbiamo regalato agli ospiti il concetto di armonia tra ingredienti, senza che il monovarietale da Maurino di Paolo prevaricasse il sapore dei ravioli, o che la Toccolana di Stefano non esaltasse la carne, o che la Coratina di Luigi e Maria Rosa non chiudesse il cerchio sullo strepitoso gelato di Massimo. Insomma, mentre le papille gustative dei commensali ringraziavano e i produttori raccontavano la loro avventura, non rimaneva che fare tutti insieme un brindisi finale al buon esito dell’evento, con tanto di scambio di contatti per futuri acquisti.

Tutto questo per dire cosa? Se siete produttori di extravergine ed avete fatto della qualità il vostro obiettivo, il vostro stile di vita, mettendo profumi e sentori davanti alle rese, fatelo anche nella comunicazione. Ed in concomitanza alla tanto attuale quanto spasmodica esigenza di visualizzazioni, non trascu-

rate l’idea di affidarvi anche a professionisti VERI per divulgare il verbo della conoscenza del vostro prodotto. Perché saranno narrazioni qualificate, documentate da assaggi ed abbinamenti veri, con tavole di convivio vere, quelle con gli ospiti che mangiano davvero, magari saranno un po’ meno dei follower, ma potranno dire, quella sera, che il vostro olio era buono davvero.

Poi mi rivolgo ai ristoratori ed ai colleghi cuochi. Approfondite l’argomento e, se volete, contattatemi. Ne parleremo insieme. Visiteremo insieme frantoi nella vostra zona, costruiremo La Carta degli Oli, stringeremo accordi privilegiati con

i produttori, il tutto al fine di donare ai vostri ed ai nostri ospiti un’esperienza nuova e sorprendente.

Se state con me, sono certo che questo nuovo anno porterà curiosità e conoscenza in merito ad un argomento che, ad oggi, è ancora troppo riservato a pochi. Intervisteremo tecnici frantoiani, nutrizionisti, giornalisti di settore, grandi chef e tutti quelli che potranno aiutarci a capirne di più.

Per quanto mi riguarda, sono felice di essere ancora con voi per continuare insieme questo meraviglioso viaggio. A presto! Fabrizio Bertucci

OLIO DA CARNE, OLIO DA PESCE

Dalla Calabria un modello di innovazione sostenibile nel comparto oleario

OLIO TENUTE LIBRANDI

A destra: la nostra degustazione, gli oli extravergine bio Monocultivar Carolea, fruttato medio-leggero e sentori delicati, Monocultivar Nocellara del Belice, fruttato intenso dai profumi complessi e avvolgenti, Monocultivar Frantoio, fruttato medio-intenso, carattere deciso.

A sinistra: i Librandi Bros, ovvero Pino, Carmela, Lucia, Angela e Michele.

Era il 2004 quando la famiglia Librandi, noti produttori di extravergine d’oliva di qualità, conquistarono i primi riconoscimenti da guide di settore e concorsi oleari. Solo per citarne un paio: il Gold Medal Los Angeles County Fair Olive Oils of the World e il primo classificato nella categoria fruttato intenso Ercole Olivario. Altri tempi, un ventennio fa. Da allora Tenute Librandi Pasquale non ha sbagliato un colpo e di anno in anno i premi e i riconoscimenti si sono accumulati, senza mai mancare un appuntamento — neanche un anno — sull’altare della qualità. Addirittura nel 2021 la Guida internazionale FLOS OLEI riconobbe l’impegno di quest’azienda a conduzione famigliare premiandola come Miglior realtà olearia al mondo

Un traguardo che è il frutto di un lungo e costante impegno nella cura della terra e di una visione innovativa che ha unito il rispetto per le origini con la ricerca applicata e la buona

gestione dell’uliveto. Ma vediamo chi sono i protagonisti di questa storia aziendale che accende i riflettori sulla migliore Calabria.

L’azienda è situata sulle colline che costeggiano il Mar Ionio, a Vaccarizzo Albanese, in provincia di Cosenza, un borgo di lontane tradizioni arbëreshë (le comunità albanesi arrivate in Italia nel ‘600 al seguito del condottiero Scanderberg).

Qui i fratelli Librandi — Carmela, Angela, Lucia, Michele e Pino — rappresentano la quinta generazione di una famiglia che ha saputo custodire uliveti centenari, un patrimonio di biodiversità e conoscenza agricola che trova nuova linfa nella moderna gestione aziendale, le Tenute Librandi Pasquale, anni fa ribattezzata in omaggio al papà Pasquale, scomparso nel 2012.

Da lui fondata negli anni ‘60, l’azienda ha raccolto l’eredità di una tradizione solida e competente: prima di lui, il padre Michele, il nonno Ettore fino al bisnonno Michele, personaggi e

contadini di una volta che avevano fatto della coltivazione degli ulivi e della trasformazione in olio un’arte da tramandare di padre in figlio.

Con il tempo questi saperi si sono raffinati, senza mai allontanarsi da un profondo rispetto per il territorio e per i ritmi della natura. Dal 1997 i circa 230 ettari dei Librandi sono stati interamente convertiti all’agricoltura biologica; di questi ben 154 sono ad uliveto, con oltre 28.000 piante. In seguito, con una scelta radicale, i Librandi hanno rinunciato a lavorare in conto terzi per dedicarsi integralmente al loro prodotto, al loro frantoio, alle loro olive coltivate nei loro terreno. Un controllo totale sulla qualità, dall’oliva alla bottiglia.

Non è dunque un caso che quest’azienda calabrese sia oggi un modello di innovazione sostenibile nel comparto oleario. Grazie a tecnologie all’avanguardia come le sonde di precisione per il monitoraggio dello stress degli ulivi e per l’ottimizzazione delle risorse idriche, ogni fase produttiva è ottimiz-

A partire dal 1997 i circa 230 ettari della famiglia Librandi sono stati interamente convertiti all’agricoltura biologica; di questi ben 154 sono ad uliveto, con oltre 28.000 piante.

zata per rispettare le esigenze delle piante e preservare l’ambiente. Le olive sono raccolte a mano e lavorate entro poche ore, trasformate in oli extravergini biologici di eccellenza, dai profili organolettici unici.

I Monocultivar ottenuti dalle varietà Carolea, Frantoio, Giarraffa e Nocellara del Belice esprimono la purezza e l’identità di ciascuna varietà, mentre i blend, come il Dradista e il Piepo, nascono dall’armonia di più cultivar. L’Appena Franto, altro fiore all’occhiello della produzione, dona un’esperienza sensoriale intensa, un gusto vivace e profumi inebrianti che solo un olio appena fatto può offrire.

Ma l’eccellenza di Tenute Librandi non si ferma al prodotto. Il design delle bottiglie, concepito per esaltare la bellezza e la preziosità dell’extravergine, ha ottenuto altri riconoscimenti internazionali, come il Dieline Award a Los Angeles e l’Amphora Olearia all’Ercole Olivario. Queste eleganti confezioni sono state addirittura esposte al MUDEC di Milano e al Museu del Disseny di Barcellona, a testimonianza di un connubio perfetto tra arte, innovazione e tradizione.

La nostra degustazione: gli oli extravergine bio Monocultivar

Il Monocultivar di Nocellara del Belice ha un bel fruttato con amaro e piccante in grande equilibrio, ben integrati, coerenti, ricchi di sfumature e personalità. Al naso prevalgono i sentori di foglie di pomodoro, peperone verde e una lievissima nota di agrume. In bocca è splendido: una delicatissima punta di pinolo sul finale e un piccante stupendo che non sembra tramontare mai.

Il Monocultivar di Carolea ha un fruttato medio con amaro e piccante molto equilibrati, elegante e complesso. Al naso ricorda il gambo di carciofo crudo e rilascia sentori piacevoli di pinolo, che tornano al palato insieme alla mandorla sul finale.

Infine, fruttato-medio di Monocultivar Frantoio, un altro grande evo: note di conifere, frutta secca, mallo di noce. Al palato torna un piccante lungo e persistente.

Massimiliano Rella

>> Link: www.oliolibrandi.it

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LAVARSI LE MANI

UNA PRASSI IGIENICA IMPORTANTE MA SPESSO SOTTOVALUTATA

Nel 2019 l’Osservatorio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha svolto uno studio etnografico nelle cucine di alcune famiglie italiane per indagare i comportamenti e le abitudini delle persone durante la preparazione dei pasti, il loro consumo e il riordino successivo, così da individuare quali abitudini possono maggiormente esporre a rischi alimentari. Dai risultati è emerso che la maggior parte delle persone osservate nello svolgimento delle loro pratiche quotidiane in cucina sottovaluta l’importanza di lavarsi le mani, un’operazione al contrario fondamentale per impedire che gli alimenti manipolati vengano contaminati da microrganismi potenzialmente patogeni. Molte delle persone coinvolte nello studio non si sono lavate affatto le mani prima di iniziare a preparare gli alimenti né prima di mangiare. Nei casi in cui ciò è avvenuto, spesso l’azione non è stata comunque svolta in modo efficace o al momento adeguato.

Le pratiche osservate dallo studio IZSVe

Ad esempio, spesso le persone coinvolte nello studio non si sono lavate adeguatamente le mani dopo aver toccato alimenti crudi (carne, pesce, pollame, uova, verdure). Oppure non le hanno lavate dopo aver toccato animali domestici o oggetti estranei alla preparazione degli alimenti, come sacchetti delle immondizie, pannolini, telefonini, telecomandi, pinze per capelli o la ciotola del cane, né dopo essere stati ai servizi igienici, aver starnutito o aver soffiato il naso. Oppure, ancora, molti hanno vanificato l’igienizzazione delle mani immediatamente dopo averle lavate utilizzando strofinacci sporchi per asciugarle. In alcune famiglie i bambini sono stati lasciato giocare con petti di pollo crudi, portando poi le mani sporche sul viso e sulla bocca e toccando altre persone, oggetti e superfici.

Nella gran parte di casi, la pulizia delle mani durante la preparazione del pasto è stata eseguita passando

frequentemente e velocemente le mani sotto il getto dell’acqua corrente del lavandino, ma senza l’utilizzo di detergente (compiendo, quindi, in modo distratto soltanto un risciacquo, scarsamente utile a fini igienici). Alcune delle persone osservate si sono lavate le mani soltanto a conclusione del pasto. Allo stesso modo, molto spesso i bambini sono stati invitati a lavare le mani solo dopo aver mangiato e non prima di iniziare. Il lavaggio delle mani in questi casi non era svolto per motivi igienici, ma piuttosto per evitare di sporcare o ungere i mobili e gli oggetti della casa. Infine, in alcuni casi, con le mani sporche le persone hanno manipolato anche gli avanzi del pasto e i contenitori puliti usati per la loro conservazione.

Rischi derivanti dalle mani sporche

Al contrario di tutto ciò, il lavaggio delle mani non è un’azione banale da sottovalutare: le mani infatti possono rappresentare un veicolo importante di con-

taminazione e/o cross-contaminazione degli alimenti. Per cross-contaminazione si intende il trasferimento non intenzionale di microrganismi o sostanze chimiche da un alimento a un altro, oppure da una qualsiasi fonte contaminata a un alimento. Questa può accadere per contatto diretto fra alimenti, ma anche in modo indiretto attraverso intermediari come appunto le mani di chi prepara gli alimenti, ma anche le superfici di lavoro, oppure gli utensili precedentemente toccati con le mani sporche.

In particolare, quando si manipolano alcune tipologie di alimenti crudi — come pollame, pesce e carne cruda — le superfici e gli oggetti che vi entrano in contatto vengono inevitabilmente contaminati dai microrganismi che sono naturalmente presenti su questi prodotti. Se successivamente lo stesso utensile viene utilizzato per alimenti pronti al consumo, come verdure o cibi cotti, questi ultimi vengono contaminati, creando le condizioni che possono potenzialmente originare una malattia a trasmissione alimentare

Quando lavarsi le mani per ridurre i rischi alimentari

Lavare correttamente le mani al momento giusto e nel modo corretto permette quindi di interrompere la trasmissione dei patogeni, ovvero la cross-contaminazione di alimenti e oggetti da cucina come strofinacci, utensili e stoviglie. Al fine di impedire la diffusione dei batteri patogeni e la loro proliferazione, ci sono dei momenti chiave in cui compiere il lavaggio delle mani.

Innanzitutto, è necessario lavarsi adeguatamente le mani con sapone PRIMA di manipolare o consumare alimenti. In particolare, è fondamentale lavarsi le mani al rientro in casa dopo aver frequentato luoghi pubblici, come ad esempio uffici, mezzi di trasporto, stazioni, bar, ristoranti, ospedali ecc…

Durante la preparazione e il consumo dei pasti, inoltre, le mani vanno sempre lavate DOPO:

• aver toccato alimenti crudi come carne, pesce, pollame e uova, ma anche verdura non lavata;

• aver tossito, starnutito o soffiato il naso;

• aver usato il bagno;

• aver cambiato un pannolino;

• essere stati a contatto con persone ammalate;

• essere stati a contatto con animali;

• aver maneggiato la spazzatura;

• aver maneggiato oggetti o utensili sporchi e/o estranei alla preparazione degli alimenti come per esempio telecomandi, telefonini, soldi, pinze per capelli, ciotole per il cibo degli animali domestici ecc.

Come lavarsi le mani in modo efficace

Sciacquare le mani continuamente sotto l’acqua corrente senza l’utilizzo di un detergente non ha l’efficacia di un lavaggio appropriato. Anzi, si rischia che le mani mal lavate ancora sporche contaminino gli strofinacci con cui ci si asciuga in seguito, creando proprio quelle condizioni che favoriscono le contaminazioni crociate. Il lavaggio delle mani deve quindi prevedere sempre l’utilizzo di SAPONE, che deve essere sufficiente a coprire tutta la superficie delle mani. L’operazione di lavaggio deve durare come minimo 40-60 secondi. Le mani vanno prima bagnate, va applicato il sapone frizionando palmo contro palmo, avendo cura successivamente di raggiungere con il detergente anche le zone in mezzo alle dita e il dorso della mano. Dopodiché le mani vanno risciacquate fino a completa eliminazione del detergente, e vanno asciugate preferibilmente con carta a perdere monouso, o, quantomeno, con panni o asciugamani puliti.

In assenza di acqua corrente è possibile igienizzare le mani con appositi prodotti disinfettanti, come ad esempio gel a base alcolica. Anche con l’uso di questi prodotti sono richiesti 30-40 secondi per il lavaggio delle mani; l’azione va fatta inoltre con mani asciutte, altrimenti ne viene ridotta l’efficacia. Ricordate, infine, che questi prodotti, se usati frequentemente, possono provocare secchezza della cute.

Nota

Fonte: salepepesicurezza.it. “Sale, pepe e sicurezza” è un blog che fornisce informazioni sui rischi per la salute collegati alla preparazione e al consumo di alimenti. Gli articoli del blog sono scritti da esperti in sicurezza alimentare dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

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BEN MIMS

Crumbs

Cookies and Sweets from Around the World

Edizioni: Phaidon 432 pp. – $44,96

OSCAR FARINETTI

Hai mangiato?

Racconti per prendersi cura del genere umano ispirati

Edizioni: Slow Food Collana: asSaggi

272 pp. – € 19,80

ISBN 9788884998750

SARAH CICOLINI

SantoPalato

Prefazione: FRANCESCO SEMINARA

Edizioni: Giunti, 2024

Collana: CUCINA CHEF

192 pp. – € 19,90

A colazione, insieme al tè del pomeriggio o come spuntino notturno: chi è che non ama i biscotti? In Crumbs, BEN MIMS, scrittore che si autodefinisce letteralmente “ossessionato” dalla pasticceria, accompagna i suoi lettori in un tour attraverso paesi e culture differenti, facendosi guidare dai profumi di burro, zucchero, uova, farina, gli elementi alla base dei cookies: dagli Snickerdoodles alla cannella tradizionali del New England ai Maamoul libanesi ripieni di datteri, dai coloratissimi Macarons francesi ai biscotti al cardamomo, senza dimenticare gli italianissimi Canestrelli e i Marranitos o Cochinitos, biscotti messicani a forma di maialino. Organizzato dal punto di vista geografico, Crumbs è ricco di ricette classiche e moderne provenienti da oltre 100 Paesi. Ogni ricetta inizia con un’affascinante storia sull’origine del biscotto, seguita da istruzioni chiare e dettagliate e da note sulle variazioni regionali.

La guerra, l’amore, i sogni, storie anonime e ritratti di personaggi famosi popolano le pagine del nuovo libro di Oscar Farinetti il cui titolo si ispira alla celebre frase di ELSA MORANTE secondo la quale l’unica vera frase d’amore fosse “Hai mangiato?” Il cibo come cura, passione, come relazione, momento di condivisione, c’è tutto questo sulle tavole, ai fornelli e tra i personaggi del libro.

MICHELANGELO PISTOLETTO, UMBERTO ECO, GIOVANNI TRECCANI, ma anche i vecchi di Langa, due fratelli, una cameriera che sognava Marilyn Monroe: la penna dell’autore percorre fatti storici e episodi della vita quotidiana regalandoci racconti coinvolgenti e ritratti originali, ispirati alle fotografie di BRUNO MURIALDO

SantoPalato apre a Roma in un giorno di primavera del 2017. La chef e proprietaria SARAH CICOLINI lo battezza con questo nome, un tributo alla Taverna del Santopalato che fu covo del movimento futurista di Torino nel 1931. “Sarah Cicolini è una giovane donna che non ha paura. Arriva dalla campagna abruzzese e si conquista l’autorevolezza in cucina sfidando Roma sul suo pezzo forte, il quinto quarto. E vince. Le ragioni del suo successo stanno in un mix potente e perfetto di energia, gusto, coraggio, sensibilità, attenzione alle materie prime e alle persone. Il cibo è la sua espressione di libertà, il suo modo di essere e sentire. Questo libro parla di lei. Ed è una storia di passioni e illuminazioni, in fondo, è una storia d’amore”.

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