EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
Anno XXXIX N. 12 • Dicembre 2024
€ 5,42
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
Anno XXXIX N. 12 • Dicembre 2024
€ 5,42
alle autrici e agli autori di quest’anno, a chi ci legge sulla rivista cartacea, a chi ci legge on-line, a chi ci segue, a chi ci sostiene con l’abbonamento e con la pubblicità. A questi ultimi un GRAZIE di cuore perché, senza di voi, nulla di tutto ciò che facciamo sarebbe possibile.
Elena Benedetti con Fioretta Fiorentin, insieme a Gaia Borghi, Maria Cristina Brambilla, Federica Cornia, Luigi Credi, Marco Credi, Andrea Tomassone e Chiara R. Zaccaroni
Lara Abrati • Giovanni Ballarini • Josette Baverez Blanco
• Elena Benedetti • Andrea Bertaglio • Gian Omar Bison
• Gaia Borghi • Susanna Bramante • Marco Cappelli • Emiliano Caradonna • Giuseppe Carollo • Chat GPT • Federica Cornia
• Sebastiano Corona • Marco Credi • Maria Antonietta Dessì
• Giorgia Fieni • Veronica Fumarola • Andrea Gaddini • Paolo
Amedeo Garofalo • Emanuele Guidi • Elisa Guizzo • Riccardo Lagorio • Nunzia Manicardi • Martina Francesca Marsano
• Edoardo Meroni • Giovanni Papalato • Chiara Papotti
• Massimiliano Rella • Roberto Villa
le grandi carni italiane pronte in un momento.
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Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE
EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA
US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
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La sua arte viene definita “surrealismo domestico” in quanto questa artista di origine russa trasforma i suoi panni stesi all’aria in vere e proprie opere d’arte, ironiche e originali. “Helga Stentzel è cresciuta in Unione Sovietica dove ha imparato molto sul riutilizzo, sul reinventare e il creare cose da zero” scrive Artuu Magazine. “La sua arte consiste nel trovare la magia nel quotidiano, vedere la bellezza nelle imperfezioni e connettersi con la realtà in un modo nuovo”. A noi piace tantissimo! (photo © instagram.com/helga.stentzel). helgastentzel.com
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Giornalista, saggista, conduttore TV, Jeremy Clarkson ha lavorato per anni e con grande successo ad un programma automobilistico della BBC, Top Gear. Dal 2021 si è trasformato in allevatore e agricoltore nella sua azienda agricola Diddly Squat Farm a Chipping Norton, Oxfordshire. Proprio sulla base di questa nuova esperienza professionale è stata costruita la serie Amazon Clarkson’s Farm, amatissima dal pubblico, che segue le sue vicissitudini di coltivatore e allevatore tra ovini, bovini, pollame. Grande appassionato di auto e motori, dopo aver acquistato un enorme trattore Lamborghini nel primo episodio della Serie 1, Clarkson condivide con i telespettatori la vita faticosissima di allevatori e contadini, che si trovano ogni giorno a fare i conti con costi, prezzi di mercato isterici, burocrazia infinita, piogge torrenziali e siccità, oltre a tanti piccoli e grandi problemi della quotidianità. È uno show divertentissimo, che finalmente racconta il duro lavoro di chi lavora la terra e alleva animali da reddito. E lo fa con un tono ironico e scanzonato, tipico di Clarkson, ma anche attraverso la voce sincera e spontanea dei tanti personaggi (irresistibili) del mondo agricolo e zootecnico che gli ruotano intorno. Una serie molto consigliata per la pausa di fine anno (photo © facebook.com/clarkson.farm.season.three).
Un meraviglioso controfiletto di manzo irlandese Grass Fed IGP firmato da Enrico Bartolini, chef 3 stelle Michelin con il ristorante che porta il suo nome al MUDEC, il Museo delle culture di Milano, in occasione di un evento organizzato da Bord Bia Vi raccontiamo tutto a pagina 38.
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Durano solo 24 ore e sono una via di mezzo tra un diario di bordo e un flusso di coscienza, potente strumento di condivisione e racconto. Come le storie Instagram di Beppe Romeo (@bepperomeoo), meat influencer, tra le quali ogni mese selezioniamo un’immagine per noi forte e significativa. Questa Beppe l’ha scattata presso la tenuta di Placido Massella, alias Mr. Beefy (@mrbeefy_angus), superlativo allevatore di Aberdeen Angus in quel di Mozzecane, Verona. In foto potete ammirare in particolare il vacio, un taglio tipico argentino. Anche questa, soprattutto questa, è Carnivore Essence (photo © @bepperomeoo).
Da oltre novant’anni, i nostri prodotti a base di carne bovina sono affidabili. Il risultato di una lavorazione artigianale autentica, svolta in uno stabilimento all’avanguardia e praticata in modo consapevolmente sostenibile e nel rispetto dell’animale, la vacca da latte olandese. Massima qualità e tracciabilità sono elementi per noi di fondamentale importanza. Nessun dettaglio è irrilevante. La spinta a essere i migliori e la piena attenzione ai desideri del cliente sono profondamente radicati nel nostro DNA. Dal 1928, sempre con lo sguardo rivolto al domani.
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Per gli amanti del pollo ecco il Pulled Chicken dell’austriaca TANN Marchtrenk, che produce specialità di carne e salsicce in sei stabilimenti regionali esclusivamente per i 1.600 punti vendita del supermercato austriaco SPAR. Per gustare la carne, marinata e cotta nel forno a bassa temperatura per diverse ore, bisogna passarla in forno a 180 °C per circa trenta minuti e poi va “rotta” con la forchetta per ottenere l’effetto “pulled”. Buonissima!
USA: McDonald’s denuncia all’antitrust i colossi della carne Tyson Foods, Cargill, JBS e National Beef McDonald’s ha avviato una causa contro i quattro produttori di carne USA Cargill, JBS, National Beef e Tyson Foods. L’accusa è aver costituito un cartello segreto per manipolare i prezzi della carne, violando le leggi antitrust. Più precisamente, secondo la causa depositata presso un tribunale federale di New York, McDonald’s sostiene che dal 2015 i produttori citati abbiano ridotto volutamente l’offerta di bestiame per mantenere alti i prezzi. Avrebbero, di fatto, manipolato il mercato riducendo la capacità produttiva, chiudendo stabilimenti e limitando gli orari operativi. Stiamo parlando di giganti della carne americana: si stima infatti che, insieme, controllino circa l’80% del mercato della carne bovina negli Stati Uniti. Approfittando di questa posizione dominante, avrebbero influenzato l’intero sistema di approvvigionamento, danneggiando grandi acquirenti, proprio come il re del fast food. Il risultato di questo “cartello” sarebbero stati prezzi della carne gonfiati artificialmente, mentre i costi per gli allevatori sono rimasti stabili o persino diminuiti. McDonald’s, soprattutto, sostiene di aver pagato molto di più per la carne bovina a causa di questa presunta collusione. La questione attualmente è circoscritta al mercato statunitense ma le ripercussioni potrebbero toccare anche il mercato europeo e anche italiano: la carne bovina, infatti, è uno degli ingredienti chiave nel menu di McDonald’s anche in Italia e il costo crescente delle materie prime potrebbe avere effetti sui prezzi finali dei prodotti anche qui da noi. Secondo dati recenti, l’Italia è uno dei principali mercati europei per McDonald’s, con oltre 600 ristoranti e circa 24.000 dipendenti: fluttuazioni nei costi delle materie prime potrebbero incidere sul prezzo dei prodotti anche da noi, dove l’inflazione alimentare ha già toccato livelli preoccupanti nel 2023. Detto questo, è chiaro che per McDonald’s, questa causa potrebbe essere anche un rischio: i produttori di carne coinvolti sono partner fondamentali dell’azienda da decenni e una frattura nei rapporti con fornitori strategici come quest potrebbe creare problemi nella gestione della catena di approvvigionamento, sia negli Stati Uniti che in altri mercati come quello italiano. McDonald’s, però, al momento fa orecchie da mercante e continua a difendere la sua posizione, sostenendo di voler garantire un mercato più equo per i consumatori e di proteggere i propri interessi economici (fonte: EFA News – European Food Agency).
UE-Cina: tensioni mettono a rischio l’export italiano di carne suina
L’Unione Europea ha recentemente imposto dazi sulle auto elettriche cinesi, accusando Pechino di concorrenza sleale a causa dei sussidi statali alle sue aziende. Una mossa che, sebbene mirata a proteggere l’industria automobilistica europea, rischia di scatenare una reazione a catena dagli effetti imprevedibili. Il settore suinicolo italiano, già fragile per una serie di fattori interni e globali, si trova infatti ora a dover fronteggiare l’ennesimo ostacolo sul mercato cinese, uno dei più importanti per le esportazioni del nostro Paese. La Cina rappresenta uno sbocco fondamentale per la carne di maiale made in Italy, che gode di una reputazione di altissima qualità. Le esportazioni verso il colosso asiatico sono aumentate negli ultimi anni, grazie anche alla crescente domanda di prodotti alimentari di fascia alta da parte della classe media cinese. Tuttavia, la situazione attuale rischia di capovolgere questo trend. Se Pechino decidesse di rispondere ai dazi sulle auto elettriche con contromisure simili, la carne di maiale italiana potrebbe essere uno dei primi bersagli. È un’ipotesi che molti temono e non senza ragione. Il settore suinicolo, a differenza di altri, ha dimostrato in passato di essere particolarmente vulnerabile agli sviluppi geopolitici e alle ritorsioni commerciali. Basti pensare agli effetti devastanti delle sanzioni russe nel 2014, quando l’embargo imposto da Mosca su una serie di prodotti europei colpì duramente gli allevatori italiani. Oggi, l’industria italiana delle carni suine vive un momento complesso, già alle prese con sfide come l’aumento dei costi delle materie prime, la Peste Suina Africana e le difficoltà nella catena di approvvigionamento. Aggiungere una possibile crisi commerciale con la Cina, che rappresenta uno dei principali mercati per i tagli pregiati come prosciutto e pancetta, potrebbe avere conseguenze devastanti. Il rischio di dazi, restrizioni o blocchi delle importazioni mette in pericolo non solo le aziende coinvolte direttamente nell’export, ma l’intero ecosistema della filiera, che include allevatori, macelli, trasformatori e distributori. Il comparto suinicolo italiano è fatto di piccole e medie aziende che spesso non hanno la capacità di assorbire l’impatto di una crisi internazionale. E quando un mercato cruciale come quello cinese diventa incerto, l’intero sistema vacilla. È necessario, ora più che mai, che le istituzioni italiane ed europee siano pronte a difendere questo settore strategico. Il rischio, altrimenti, è di vedere il comparto suinicolo pagare ancora una volta un prezzo troppo alto per una guerra commerciale che ha radici lontane dal nostro Paese (fonte: ASSOSUINI, assosuini.it).
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In Sardegna si attendeva questo momento da oltre 40 anni di
embargo, isolamento e misure restrittive rigidissime
di Maria Antonietta Dessì
La PSA, che oggi purtroppo dilaga in altre zone d’Italia, in Sardegna è ufficialmente eradicata e sono state abrogate le norme che impedivano la libera circolazione di capi vivi o macellati. Ma i Sardi oggi celebrano anche il Presidio Slow Food del Maiale di razza Sarda, un prestigiosissimo riconoscimento che riguarda tutta la regione e che — si spera — coinvolgerà col tempo sempre
più allevatori, macellatori e trasformatori.
La razza suina Sarda è una delle 6 razze autoctone italiane sottoposte a programmi di conservazione e iscritte al Libro Genealogico gestito dall’Associazione Nazionale Allevatori Suini (ANAS, www.anas.it). Si tratta di capi diffusi in Barbagia, nel Gennargentu, nel Supramonte, in Ogliastra, nel Sarrabus-Gerrei, nel Monte Linas e nel Sulcis-Iglesiente,
in particolare nelle aree ricche di foreste. Le caratteristiche peculiari sono il colore scuro (nero, grigio ma anche fulvo o pezzato), la piccola taglia (60 cm al garrese per 80-150 kg di peso), la criniera di lunghe setole sulla schiena, la coda cavallina, gli arti corti e robusti, la testa conica con le orecchie piccole erette o anche pendenti in avanti, il dorso rettilineo e poco convesso. Grazie al lavoro di conservazione della razza
Suini di razza Sarda dell’Azienda Agricola di Rocco Piras, in cui si pratica l’allevamento di tipo semibrado “en plein air”. Nel 2022 l’azienda ha aperto Birdesu Salumificio Artigianale, dedicato esclusivamente alla lavorazione delle carni dei propri animali (photo © Birdesu Salumificio Artigianale, www.birdesu.com).
da parte di alcuni allevatori, oggi il Suino Sardo è stato recuperato. I controlli funzionali per il Libro Genealogico vengono svolti dall’AARS (Associazione Allevatori della Regione Sardegna) e gli allevatori custodi, una novantina in tutto, sono iscritti anche al Repertorio regionale dell’agrobiodiversità.
Se da una parte si sta lavorando per la IGP del maialetto sardo, il presidio Slow Food si preannuncia persino più rigido nelle regole: allevamento semibrado, possibilmente in spazi recintati delle comuni foreste di leccio che in Sardegna costituiscono oltre il 40% del territorio delle aree interne, spesso delimitate in ricoveri chiusi con legni e materiali naturali locali. E ancora: un’alimentazione a base di prodotti naturali che i maiali trovano grufolando, integrati unicamente da orzo o granaglie locali, ghiande, carrube e castagne (perfetti per il lungo finissaggio, che può durare, a seconda della produzione di ghiande, anche 6 mesi), che restituiscono una carne dal grasso importante ma dalle caratteristiche nutrizionali ottimali in virtù di una quantità di acidi grassi insaturi superiore, conseguente al pascolo semi brado.
La partecipazione alla filiera può però essere dalla prima fase — quella dell’allevamento — a quelle intermedie o limitata alla produzione, stagionatura e confezionamento dei salumi. Alcuni produttori incorporano ogni anello, altri solo uno o alcuni. In ogni caso i salumi del Presidio saranno lavorati senza conservanti o altri additivi. Le aziende sinora direttamente coinvolte, che Slow Food spera di integrare quanto prima, sono le imprese di SANDRO TRULLU di Perdaxius (SU), FRANCESCO DERIU di Bonorva (SS), 2G DI GIOVANNI E GIACOMO PILUZZA di Ittireddu (SS), SALUMIFICIO BIRDESU di Rocco Piras di Girasole (OG), GIANFRANCO LECCA di San Basilio (SU), COOPERATIVA STROVINA 78 (AZIENDA AGRICOLA SU STAI di Sanluri), I SALIS di Ardara e, a breve, MARIO MUSU di Samugheo.
Ci hanno creduto fortemente MAURO MONACO e VALERIO TARAS di Slow Food Sardegna ma in questa operazione ha avuto un ruolo fondamentale anche l’Agenzia regionale Agris e in particolare l’agronomo SEBASTIANO PORCU, instancabile ricercatore, impegnato, al di là del ruolo, nell’approfondimento delle modalità per sconfiggere la Peste Suina Africana. A Porcu si deve la ricostruzione della storia, delle caratteristiche e delle peculiarità del maiale sardo, di cui ha cercato per decenni di evidenziare, a favore del pubblico, le infinite qualità e valorizzare ogni aspetto, senza tralasciare l’impatto economico e sociale. Sono stati infatti anni duri in cui si era persa la speranza di eradicare la PSA e, nel contempo, sono venute meno competenze, usanze e orgoglio di un’identità che in una certa fase è apparsa come una colpa.
La Sardegna è stata a lungo un sorvegliato speciale, la Cenerentola d’Europa, sebbene la Peste l’avesse suo
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malgrado importata e subita. Sulla storia di una razza animale importante come questa per un intero popolo, la PSA si è abbattuta come un flagello, cambiandone le sorti e segnandone il destino in maniera indissolubile.
Tuttora dei pregiudizi aleggiano insensatamente sulle sue qualità, probabilmente anche per giustificare la preferenza verso altre razze alloctone che hanno maggiori rese, ma che non sono superiori in termini di qualità e di gusto.
A questo proposito si esprime MICHELANGELO SALIS, salumiere da generazioni e convinto sostenitore del progetto a cui ha aderito dal primo momento: «noi operatori dobbiamo fare lo sforzo di riprendere consuetudini di lavoro, che un tempo erano la norma e che ora sono considerate straordinarie. Per esempio, non si è più abituati a gestire alcune parti del maiale che si tende a scartare e che invece si potrebbero essere utilizzate, con grande successo. Come il lardo, utilissimo in cucina e per la conservazione dei salumi, prezioso da consumare anche a tavola. È chiaro che bisogna badare alle dosi, ma questo è un principio che vale per ogni prodotto».
D’altronde la storia del maiale di razza Sarda parla da sola: una consuetudine produttiva che si perde nei secoli, per molto tempo regolata dagli usi civici e da codici non scritti. Le foreste di leccio e le ghiande erano infatti una risorsa della comunità e, finito l’inverno, i maiali venivano spostati per ritornare ad autunno inoltrato. In assenza di ghiande, infatti, i maiali, con il loro grufolare, avrebbero arrecato danno alle coltivazioni.
L’allevamento brado della razza locale è stato messo a forte rischio a seguito del diffondersi della PSA, perché l’introduzione di razze alloctone ha di fatto inquinato il patrimonio genetico originario. Il riconoscimento ufficiale della razza Sarda è avvenuto già nel 2006, sebbene poco o nulla si sia fatto dopo. Ma con l’istituzione recente del presidio e l’eradicazione della PSA, un nuovo slancio è stato finalmente dato al settore.
Acquistano così una nuova onorabilità piatti fortemente identitari come su proceddu arrustiu, il maialetto da latte arrosto, che forse più di ogni altro incarna la cultura enogastronomica isolana e ne è l’emblema fuori e dentro la Sardegna.
La norcineria sarda annovera anch’essa dei prodotti di assoluto interesse quali la salsiccia, in certi casi con la variante dei semi d’anice, tipica del Sud Sardegna e in particolare del Cagliaritano, o con l’aceto o il vino, la vernaccia nell’Oristanese, secca o fresca e in questo caso ulteriormente arricchita di aromi e spezie. È diffusa anche affumicata e quella secca si presenta a forma ad U o arrotolata su sé stessa.
Tra le tipicità locali cotte a base di suino si fa spazio la testa in cassetta. Mentre per stare su suini oltre i 6 mesi, la tradizione sarda comprende anche la mustela (lonza), il guanciale, la coppa, la pancetta, il lardo e, ovviamente, lo strutto. Quest’ultimo utilizzato anche per friggere o impreziosire altri piatti o prodotti tipici come la sfoglia delle Sebadas, solo per citare un’altra specialità isolana molto nota.
Vale inoltre la pena citare i prosciutti , in particolare quelli dell’Ogliastra e della Barbagia, che si possono ricondurre sostanzialmente a tre tipologie: il tradizionale, il prosciutto di spalla con guanciale e sartizza a lorika. Il prosciutto tradizionale, lavorato a livello familiare, ha una forma particolare e del tutto simile alle raffigurazioni di alcune monete romane del I secolo a.C. mostrate dal PROF. J. GONZALEZ BLASCO in occasione del III Congreso Mundial del Jamón a testimoniare l’origine antica di questo tipo di lavorazione.
Tutte specialità, quelle citate, per lungo tempo bandite, che potevano essere consumate unicamente in Sardegna e non potevano varcare il mare se provenienti da suini nati ed allevati nell’isola. La suinicoltura sarda, dopo anni di oblio e dannazione, rivede finalmente la luce e si presenta al grande pubblico con questo prestigioso riconoscimento, di recente celebrato anche a Torino a Terra Madre – Salone del Gusto finanziato da LAORE SARDEGNA, riscuotendo l’interesse e la curiosità di amatori e esperti di tutto il mondo.
Maria Antonietta Dessì
Buone notizie dalla Sicilia: la Regione ha infatti riconosciuto con Decreto la prima Organizzazione Produttori del settore dei bovini da carne della Sicilia, associata all’AOP Italia Zootecnica. «È stato un percorso lungo e partecipato — ha commentato il presidente di OP Sicilia dott. Marco Mocciaro — iniziato nel 2009 con un primo incontro a Messina, dove l’allora Comitato Italia Zootecnica ci presentò una delle prime bozze di Piano Carni Bovine Nazionale. Noi eravamo un Consorzio di allevatori che gestiva un Disciplinare di etichettatura facoltativa. Da quel giorno molta strada è stata fatta: il Comitato Italia Zootecnica è diventato AOP Italia Zootecnia, ottenendo nel 2018 il riconoscimento quale unica Associazione di Organizzazioni Produttori del settore carni bovine in Italia, e il Consorzio Carni di Sicilia, nel giugno 2019, ha modificato la ragione sociale in “Organizzazione Produttori Bovini da Carne della Sicilia Scarl” iniziando il percorso per ottenere il riconoscimento quale OP dalla Regione. Finalmente, proprio alla vigilia del G7 tenutosi a Ortigia (SR), ci è stato consegnato il Decreto ed è stato quindi con vero piacere che ho partecipato al convegno organizzato da AOP Italia Zootecnica unitamente all’OP UNICARVE e al Consorzio Sigillo Italiano su “La sostenibilità e la qualità del sistema di allevamento italiano dei bovini da carne” potendo presentare ufficialmente la nostra Organizzazione con una relazione in linea con la nostra storia avente per tema “L’evoluzione del Consorzio Carni di Sicilia in OP e Capofiliera SQNZ del Vitellone e Scottona allevati ai cereali”. Ora siamo pronti a nuove sfide — conclude Mocciaro — e sarà nostra cura collaborare col Distretto Produttivo Filiera Carni Sicilia per proporre un progetto di sviluppo per la zootecnia bovina da carne in regione che parta dall’allevamento della vacca nutrice per arrivare ad organizzare l’intera filiera».
di Elena
I fratelli Juan Manuel e Juan Cruz López Hamdan sono la terza generazione di una famiglia di allevatori di bovini Black Angus (grass fed) di Balcarce, nella Pampa argentina. A Gallarate (VA) gestiscono Cultura Carnica (culturacarnica.it), la loro prima boutique di carne Angus proveniente dagli allevamenti di famiglia in Argentina. Una vera meraviglia! Anche su instagram. com/culturacarnica.it (photo © @culturacarnica.it).
I Savigni (savigni.com) sono allevatori, norcini e macellai. Come? Con la loro macelleria agricola etica della montagna toscana, i loro allevamenti semi-bradi di suini di Cinta Senese DOP e suini grigi Sambucani e bovini selezionati. Il tutto con il loro stile comunicativo. Bravissimi come sempre! Anche su instagram.com/savignilamacelleriaagricola (photo © @savignilamacelleriaagricola).
Sono dei veri professionisti del BBQ i signori di Meat Church. Dal Texas vendono on-line anche seasoning e rubs. Noi li seguiamo su instagram.com/meatchurch e la loro t-shirt natalizia è bellissima! (photo © @meatchurch).
A Madrid è una meta imperdibile per veri carnivori: il Restaurante Lana seleziona le carni e i tagli migliori per cotture che ne esaltano e valorizzano gusto e sapori. Il tutto in un contesto molto esclusivo. In attesa di andare a trovarli, li seguiamo sul loro profilo instagram.com/ restaurante_lana (photo © @restaurante_lana).
Il Gruppo Zivieri, nato nel 1987 con la prima omonima macelleria nel cuore dell’Appennino emiliano, a Monzuno (BO), ha fatto dell’artigianalità e della filiera chiusa i propri punti di forza. Nel corso degli anni questi valori, grazie alla passione e alla professionalità di tutti i membri della famiglia, l’hanno portato ad acquisire un’azienda agricola con agriturismo sulle colline di Sasso Marconi (in foto), oltre 90 ettari di boschi, pascoli, orto e allevamenti; un macello collocato in posizione strategica rispetto agli allevamenti e ai laboratori di lavorazione, perché il benessere deve essere rispettato in tutti i momenti di vita degli animali; laboratori per la lavorazione delle carni fresche al servizio dell’alta ristorazione di tutta Italia e dei privati; un salumificio artigianale e diversi punti vendita sia nell’area metropolitana bolognese che nel cuore del capoluogo. La prossima primavera, infatti, la famiglia realizzerà all’interno degli spazi che furono dello storico locale Pappagallo un nuovo ristorante con annessa bottega di vendita di carni e salumi artigianali a marchio Zivieri
Per un progetto che continua ad espandersi, è arrivato quindi il momento di coinvolgere la comunità cittadina e non solo. La storia di dedizione, passione e innovazione, che ha trasformato una tradizionale macelleria in un’impresa familiare di successo, oggi vuole diventare ancora più grande, aprendo le porte della propria realtà, la vita dell’azienda, a clienti e sostenitori attraverso un progetto di equity crowdfunding. Un modo importante per rafforzare i legami con chi condivide gli stessi valori e vuole essere parte attiva del successo di Macelleria Zivieri. La campagna, aperta su MAMACROWD, la piattaforma più avanzata per investire in equity crowdfunding, ha l’obiettivo di raccogliere un massimo di 4,5 milioni di euro che serviranno per l’apertura dello spazio ristorativo e di vendita al dettaglio nel cuore di Bologna, rafforzare la filiera nella trasformazione e distribuzione delle carni, implementare le vendite a distanza e l’home delivery. Dal 6 novembre è possibile investire, a partire da 500 euro, nel progetto diventando parte del Club Zivieri e sostenendone la crescita. Investite nel gusto, raccoglietene i frutti.
Per tutti i dettagli sulla campagna: mamacrowd.com/it/project/macelleria-zivieri
Il Natale è il momento per eccellenza delle grandi tavolate in famiglia, dei sapori che scaldano il cuore e dell’atmosfera conviviale che solo i piatti della tradizione sanno creare. Tra i protagonisti indiscussi di queste giornate, al centro della tavola c’è anche il carré di vitello, che si distingue per la sua eleganza e versatilità. Per il menu di Natale, un’ottima ricetta da servire è quella del Carré in crosta di erbe aromatiche, accompagnato da scalogni in agrodolce. L’esempio
perfetto di un piatto raffinato, ma al tempo stesso ricco di sapore, ideale per stupire gli ospiti durante le festività natalizie.
Il carré di vitello: gusto ed eleganza in tavola Il carré di vitello è uno dei tagli più pregiati e apprezzati per la sua tenerezza e il gusto delicato. Si tratta della parte della schiena del vitello, comprendente le costole, che conferisce alla carne una straordinaria succosità durante la cottura. La sua
conformazione lo rende anche un taglio molto scenografico e quindi perfetto per occasioni speciali come il pranzo di Natale, dove la cura dell’estetica del piatto si sposa con la bontà del sapore.
Questo taglio si presta a diverse preparazioni, ma si cucina prevalentemente arrosto. Servire il carré in crosta di erbe aromatiche con il contorno di scalogni in agrodolce è un’idea sfiziosa e diversa dal solito per valorizzare le caratteristiche di questa carne, ricca di proteine, vita-
Il carré di vitello è un taglio molto versatile, la cui particolare conformazione lo rende anche molto scenografico.
mine e ferro, che sa essere gustosa ma allo stesso tempo leggera. Le erbe, mescolate a pane grattugiato e burro, creano una croccantezza irresistibile che esalta la delicatezza della carne, arricchendola con note aromatiche intense. Il risultato è un contrasto perfetto tra la morbidezza interna del vitello e la crosta croccante e profumata.
La ricetta
Preparare il carré di vitello con crosta di erbe aromatiche non è così complicato come può sembrare e il risultato finale ripagherà ogni sforzo. Per iniziare, si posiziona la carne su una placca da forno e si condisce con sale e pepe. La prima fase della cottura prevede un passaggio in forno a 220 °C per 20 minuti, che servirà a sigillare i succhi all’interno del carré. Nel frattempo, si procede con la preparazione della crosta aromatica. Le erbe (rosmarino, menta, timo ed erba cipollina) vengono tritate finemente e mescolate in una boule con pane grattugiato, un cucchiaino di miele, senape, sale, pepe e 40 g di burro. Questo composto verrà impastato con le mani fino a otte-
nere una pasta compatta, che andrà messa in frigorifero a riposare fino al momento di utilizzarla.
Parallelamente, si preparano gli scalogni in agrodolce, un contorno che si sposa alla perfezione con il sapore del vitello. Gli scalogni vengono immersi in una miscela bollente di acqua, aceto di mele, zucchero di canna, miele e zafferano e lasciati sobbollire per circa 20 minuti. Questo processo dona agli scalogni una nota piacevole, che è allo stesso tempo dolce e acidula.
Trascorsi i primi 20 minuti di cottura del carré, si estrae la carne dal forno e si spalma la crosta di erbe preparata in precedenza sulla superficie. A questo punto, si copre il tutto con un foglio di alluminio e si continua la cottura a 180 °C per circa 1 ora e 20 minuti. Durante questo tempo, la crosta si dorerà perfettamente, mentre la carne resterà morbida e succulenta.
Al termine della cottura, il carré di vitello è pronto per essere servito. Si consiglia di disporre la carne su un piatto da portata e di contornarla con gli scalogni in agrodolce, creando un contrasto di colori e sapori
che conquisterà gli ospiti a tavola. Il succo rilasciato dalla carne durante la cottura può essere utilizzato per nappare leggermente il piatto, aggiungendo ulteriore sapore e una lucentezza invitante.
>> Link: www.sfizioso.it
• Per tutti i dettagli su ingredienti e preparazione della ricetta: www.sfizioso.it/carre-di-vitelloalle-erbe-secondi-di-natale
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Lo chef Enrico Bartolini accende i riflettori su questo prodotto apprezzato dai consumatori più attenti, consigliato dai macellai e scelto dai protagonisti dell’alta ristorazione
In alto: Giorgio Pellegrini, Avril Murphy, Enrico Bartolini, Francesca Perfetto e James O’Donnell.
A sinistra: Rocher di manzo irlandese Grass Fed IGP preparato dallo chef Enrico Bartolini in occasione dell’evento organizzato da Bord Bia al MUDEC di Milano, sede del ristorante 3 stelle Michelin “Enrico Bartolini”.
La carne di manzo irlandese Grass Fed, ossia allevata al pascolo, ha recentemente ottenuto dall’Unione Europea lo status di Indicazione Geografica Protetta (IGP) , un riconoscimento che premia l’esperienza delle aziende agricole locali a conduzione famigliare e il contributo dei rigogliosi pascoli irlandesi alla produzione di una carne di manzo eccezionale, dal gusto e dalla consistenza unici. Per celebrare il raggiungimento del riconoscimento, Bord Bia, ente governativo responsabile dello sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari e delle bevande irlandesi, ha organizzato un evento speciale al terzo piano del MUDEC, il Museo delle Culture di Milano, dove lo chef Enrico Bartolini dirige il ristorante omonimo premiato con tre stelle Michelin.
«Con la mia cucina cerco da sempre di realizzare piatti che siano il risultato dell’incontro tra perfezione gustativa ed estetica. Con una filosofia che punta a fondere tradizione e innovazione,
cerco sempre di offrire ai miei clienti un’esperienza gastronomica indimenticabile» ha detto lo chef Bartolini, che per l’occasione ha preparato un menù speciale, “From Irish Farm to Italian Fork: A Taste of Ireland”, pensato appositamente per andare ad esaltare la carne bovina irlandese Grass Fed IGP. «Ricerco sempre materie prime di ottima qualità, immutata nel tempo, ma che allo stesso tempo mi consentano di spaziare creando ricette e sapori sempre nuovi. Proprio nella carne bovina irlandese Grass Fed ritrovo una materia prima eccellente che evoca una lunga tradizione di un metodo di allevamento in cui gli animali vivono in armonia con la natura e che da poco ha anche visto il riconoscimento dello status IGP, che sottolinea il legame importantissimo con la sua terra di origine, l’Irlanda. Col suo gusto unico e intenso e la sua tenerezza, la carne di manzo irlandese risponde ad esigenze e a palati diversi ed è per me un ingrediente con cui è sempre stimolante sperimentare in cucina».
Un riconoscimento che valorizza esperienza e passione delle famiglie irlandesi di allevatori La certificazione europea IGP valorizza i metodi tradizionali con cui viene allevata la carne irlandese e la conoscenza degli Irish farmer che, di generazione in generazione, allevano i bovini con cura e dedizione. La carne bovina irlandese Grass Fed, infatti, proviene da animali selezionati che seguono una dieta composta per almeno il 90% da erba e che pascolano nelle distese dei prati dell’isola per un minimo di 220 giorni all’anno «Sono molto fortunata a vivere in una fattoria in cui la mia famiglia abita da generazioni: è qui che da oltre un secolo portiamo avanti i nostri allevamenti di manzi che, nel corso del tempo, abbiamo visto crescere in dimensioni e numero di capi, con un impegno sempre più significativo verso una maggiore sostenibilità sia ambientale sia sociale» racconta Avril Murphy, proprietaria di The Murphy Family Farm (Glasson, Westmeath) e presente all’evento milanese. «La nostra farm fa parte del programma nazionale Origin Green di Bord Bia
e i dati del loro ultimo audit ci dimostrano che siamo sulla strada giusta: abbiamo ridotto la nostra impronta di carbonio del 3% e siamo quasi al –3% rispetto alla media irlandese. La verità, però, è che mettere in atto pratiche virtuose per noi significa prima di tutto prenderci cura della nostra terra e del nostro territorio, garantendo così alti standard di benessere animale. Credo molto in questo progetto — ha proseguito Avril Murphy — e sono sicura che le generazioni future potranno fare la differenza. Per questo, nel mio lavoro di insegnante di Agricultural Science presso la scuola secondaria cerco di istillare la passione verso il mondo dell’agricoltura e della sostenibilità, soprattutto tra le giovani ragazze. Sento che entrambi i miei lavori, quello di farmer e quello di
Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari e bevande irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2023 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivate a quota 16,3 miliardi di euro. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa, con scambi valutati, nel 2023, a 234 milioni di euro.
>> Link: www.irishbeef.it
docente, mi permettono di contribuire al futuro di questo settore mantenendo viva la tradizione di famiglia e cercando di innovare le pratiche di allevamento per raggiungere standard sempre più elevati».
La parola ai maestri macellai Negli ultimi anni sembra essere cresciuto ulteriormente l’importanza del banco macelleria: sempre più rilevante per guidare il consumatore nell’acquisto (38%). In particolare, il ruolo del macellaio viene interpretato dal consumatore come una figura di consulenza importantissima in grado di supportare e di guidare le scelte con suggerimenti sui tagli migliori per le diverse realizzazioni culinarie. Il macellaio è, infatti, sempre più rilevante nelle scelte di acquisto, soprattutto per gli Italiani, che ancora oggi si affidano al negozio di vicinato e alla conoscenza e esperienza di questi professionisti. «Nella mia bottega storica propongo da oltre 15 anni la carne irlandese» commenta Giorgio Pellegrini, titolare dell’omonima macelleria di Via Lazzaro Spallanzani a Milano e presidente dell’Associazione Macellai di Milano e provincia. «Ho avuto la fortuna di scoprire le cure amorevoli degli allevatori irlandesi e le ampie distese verdi in cui i bovini vivono in un’ambiente ideale per loro, circondati da grandi pascoli, ricchi di erba nutriente. Proprio il nutrimento a base di erba è l’ingrediente principale che contraddistingue la carne irlandese, conferendole sapore e qualità nutrizionali specifiche. L’alimentazione Grass Fed conferisce alla carne il tipico colore rosso borgogna e il caratteristico grasso dorato, ideale per rendere la carne più tenera e più saporita. La sua marezzatura ottimale, ossia la distribuzione uniforme del grasso intermuscolare, in cottura, rende questa carne tenera, gustosa e succulenta. Al mio cliente, che conosce il mio servizio e la qualità della mia materia prima, consiglio quale taglio scegliere e per cosa utilizzarlo».
Insieme al padre Patrick e al fratello Aaron, Avril Murphy gestisce un’azienda agricola a Glasson (Athlone), sulle rive del Lough Ree, che appartiene alla sua famiglia da generazioni e che, a partire dal 2006, alleva esclusivamente bovini di razza Angus, con un’alimentazione per quasi il 100% Grass Fed. Ereditata nel 1920 dal nonno di Avril, dal 1973 la Murphy farm viene guidata dal padre che, da sempre, ha coinvolto i figli nell’attività, insegnando loro i metodi di allevamento tradizionali che in Irlanda si tramandano di generazione in generazione. Nella sua azienda agricola Avril unisce la tradizione e le nuove tecnologie con un’attenzione verso la sostenibilità, sottolineata dall’impegno nel programma Origin Green, che promuove la sostenibilità lungo l’intera filiera assicurando la qualità dei prodotti. Non solo allevatrice, Avril è anche un’insegnante di scuola secondaria, che prende parte ogni anno alle Certified Irish Angus Schools Competition, programmi di formazione dedicati agli studenti che si vogliono avvicinare al mondo dell’agricoltura.
Dal sempre verde territorio irlandese la qualità della sua carne bovina Grass Fed, ora anche IGP, arriva sulle tavole italiane
Perfetta per una tranquilla cena in famiglia o per festeggiare un’occasione speciale al ristorante, la carne di manzo irlandese è protagonista degli appuntamenti gastronomici nostrani mettendo in risalto tre aspetti principali: sostenibilità, qualità e gusto. «Dalle nostre ricerche1 è emerso come, negli ultimi anni, sia cresciuta in maniera costante, tra i consumatori europei, la percentuale di coloro che considerano la carne bovina come la migliore fonte di proteine animali che si possa acquistare (65%). Parallelamente, sta crescendo sempre più l’attenzione che il consumatore dedica alle sue scelte alimentari, un consumatore scrupoloso che dà importanza alle informazioni riportate sul prodotto (22%). Da ciò emerge una tendenza molto interessante: i consumatori acquistano meno carne di manzo ma di maggiore qualità. Secondo le nostre ricerche, infatti, il 74% dei consumatori italiani afferma di acquistare carne di maggior qualità rispetto al passato» afferma Francesca Perfetto, market specialist di Bord Bia. «L’Italia gioca un ruolo davvero importante in questo
scenario. Il Belpaese, infatti, è il secondo mercato di esportazione per la carne bovina irlandese, con il più alto valore medio per tonnellata tra i principali importatori del continente europeo, posizionandosi quindi nel segmento premium della categoria come una carne dalla qualità eccellente».
Assistiamo quindi ad un’evoluzione del consumatore che, oltre alla qualità, presta attenzione anche alla sostenibilità, che si rivela essere uno dei principali driver di scelta del consumo di carne irlandese. Il 45% degli intervistati, infatti, considera come carne di qualità quella Grass Fed e il 25% di essi la acquista proprio perché allevata con questo metodo. E se l’aspetto del prodotto è fondamentale, quando si parla di carne di qualità, il sapore rimane una delle caratteristiche principali indicate dai consumatori (31%).
Una qualità ricercata in macelleria e anche fuori casa, motivo per cui molti chef della ristorazione di alto rango considerano la carne irlandese un prodotto indispensabile per poter dare spazio alla sperimentazione in cucina.
Nota
1. Bord Bia Meat Shopper Insight Italy 2024.
Gli investimenti costanti di Ambrosini Carni, azienda bergamasca specializzata nel comparto del porzionato, riflettono l’impegno incessante per la sicurezza e la qualità dei prodotti, con un occhio di riguardo verso la sostenibilità. Il 2024 è stato un anno di grandi successi: l’azienda ha raggiunto l’autosufficienza energetica, grazie a un nuovo impianto
fotovoltaico, e ha investito in un rinnovamento significativo della propria camera bianca, garantendo la massima sicurezza dei prodotti alimentari ready to eat. All’interno della camera bianca (o clean room) tartare, battute, carpacci vengono lavorati in un ambiente altamente controllato e pressurizzato grazie ad un ricircolo forzato di aria dove potenti sistemi
di ventilazione e filtraggio bloccano le più piccole particelle e i microrganismi garantendo così un ambiente di lavorazione sicuro.
L’accesso alla camera bianca è strettamente controllato e riservato al personale autorizzato. Tutti gli operatori vengono debitamente equipaggiati con tute monouso e dispositivi di protezione individuale e ogni materiale introdotto nell’am-
Progettata per garantire la massima sicurezza, la camera bianca è un’unità autonoma dove ogni parametro ambientale è misurato e controllato con precisione in linea con i più rigorosi standard internazionali. E, grazie alla presenza della camera bianca, a materie prime selezionate, ad analisi e challenge test, ad un uffi cio qualità interno e ad operatori formati e qualificati, Ambrosini offre una linea di prodotti ready to eat senza conservanti aggiunti.
biente viene sottoposto a rigorosi trattamenti.
Progettata per garantire la massima sicurezza, la camera bianca è un’unità autonoma dove ogni parametro ambientale è misurato e controllato con precisione in linea con i più rigorosi standard internazionali
Grazie alla presenza della camera bianca, grazie a materie prime selezionate, ad analisi e challenge test, ad un ufficio qualità in terno e ad operatori formati e qualificati… Ambrosini offre una linea di prodotti ready to eat SENZA CONSERVANTI AGGIUNTI
Questa decisione, seppur penalizzante dal punto di vista estetico, pone la salute del consumatore
al primo posto. Le tartare e le battute Ambrosini, infatti, presentano un colore meno intenso, in quanto privi di conservanti che ne alterino la tonalità naturale. Nonostante ciò, a contatto con l’ossigeno, la carne riacquista il suo colore caratteristico.
Le Tartare e Battute di Ambrosini sono inoltre:
• SENZA GLUTINE: all’interno dello stabilimento tutti i prodotti sono senza glutine. Tartare e battute sono certificate CSQA DTP n. 108, standard volontario a garanzia supplementare per il consumatore finale;
• ALTO CONTENUTO DI PROTEINE: la scelta ideale per chi cerca un’alimentazione sana, bilanciata e povera di grassi.
>> Link: www.ambrosinicarni.com
TORRE RETROBANCO:
la rivoluzione dedicata ai tagli più pregiati
ESPOSIZIONE VERTICALE SCENOGRAFICA: cattura l’attenzione e valorizza ogni taglio.
Il partner ideale per una perfetta presentazione e conservazione dei vostri prodotti
TRASPARENZA E PROTEZIONE: freschezza garantita, autenticità esposta.
di Elena Benedetti
John Nielsen, titolare della danese JN Meat International, è molto conosciuto nel mercato per la sua linea di prodotti “Sashi” Appassionato “sommelier della carne”, da oltre 30 anni viaggia in tutto il mondo per selezionare e portare le migliori carni bovine alla sua azienda di disosso e maturazione
in Danimarca. Due dei motti più ripetuti di John sono: “Tutti possono fare carne tenera, ma solo pochi possono fare anche carne saporita, e io sono orgoglioso di essere uno di questi pochi”; “Non mi importa se siamo una piccola azienda, purché continuiamo ad essere tra i migliori”. Al SIAL Paris 2024 l’abbiamo incontrato e intervistato
per scoprire i punti di forza, le novità del suo business e, soprattutto, la sua visione del mercato internazionale delle carni.
Mi racconta qualcosa di JN Meat International? Ho letto che è stata fondata nel 1980 e che ha al suo interno una divisione di disosso e maturazione.
JN Meat International è stato decretato il miglior produttore di bistecche al mondo per tre volte consecutive nella competizione internazionale World Steak Challenge.
«Siamo un’azienda di nicchia, sommelier della carne bovina, focalizzati sulla ricerca e la produzione della migliore carne bovina del mondo. Ogni mercato/paese ha le proprie preferenze su cosa si intenda per “buona carne”. Nel Nord Europa, ad esempio, la tenerezza di prodotto è il criterio più importante, ma in molte zone della Spagna e in alcune parti d’Italia il gusto è altrettanto importante. Per questo motivo, il Gruppo Sashi dispone
di vari marchi e di carni bovine con caratteristiche differenti, che soddisfano le esigenze dei consumatori di ciascuna area geografica e di ciascun mercato. Tra i nostri marchi ci sono Prussian Black, Mountain Beef e Wayne&Willis, carni da vacche da latte di alta qualità, la carne di scottona prodotta con i marchi finlandesi Freygaard-Nordic Nature Beef e Choco Beef e, infine, ricordiamo il nostro ultimo marchio Sagyu – The Artisan Collection».
Il comparto delle carni sta cambiando radicalmente. Cambia l’offerta da parte dei produttori, cambia l’atteggiamento di acquisto dei consumatori. C’è poi questa ondata di campagne di comunicazione sulle carni sintetiche. Alla luce di tutto ciò, come vede il mercato delle carni oggi? In questo mercato come si colloca JN Meat International?
Apprezziamo molto la passione e la conoscenza della carne rossa da parte dei clienti italiani e siamo felici e orgogliosi di constatare che siano sempre di più coloro che in Italia scelgono i marchi della nostra linea Sashi, capace di accontentare esigenze diverse su tenerezza e gusto
«Ha ragione: il nostro settore sta cambiando eccome. Dalle stime attuali sappiamo che il consumo complessivo di carne nell’Unione Europea diminuirà: tra il 2023 e il 2035, in particolare, si prevede una riduzione del 3,7%. Certamente verranno offerte più alternative alla carne tradizionale. Tuttavia, il Gruppo Sashi è pronto a questo cambiamento, anzi, lo accoglie con favore. I nostri prodotti di nicchia di alta gamma si rivolgono proprio ai consumatori che richiedono una qualità superiore. E il nostro motto, “Mangia meno ma scegli meglio”, è in linea con questa tendenza».
Quali sono i plus della linea Sashi Beef?
«Uno dei vantaggi della linea Sashi è la varietà di prodotti e marchi di carne bovina di alta gamma che soddisfano le diverse esigenze, sia in termini di tenerezza che di gusto. E il nostro impegno nel reperire e selezionare il meglio del meglio ha fatto sì che fossimo premiati come Miglior produttore di bisteccheal mondo per tre volte consecutive al World Steak Challenge».
Siete molto presenti in Italia?
«L’Italia è il nostro principale mercato d’esportazione: la maggior parte dei nostri clienti appartiene al canale HO.RE.CA. Consegniamo sia nel Nord Italia che nelle zone più a Sud del Paese».
Che idea si è fatto del mercato italiano?
«Il mercato italiano varia molto da regione a regione: il mercato romano, ad esempio, è tradizionalmente orientato verso la carne bovina, in altre parti del Paese si predilige la scottona. L’Italia è un mercato con un forte consumo di carne rossa e ha il maggior consumo totale di carne rossa dell’UE.
Apprezziamo molto la passione e la conoscenza della carne rossa da parte dei nostri clienti italiani e siamo felici e orgogliosi di constatare che sempre più clienti del vostro Paese preferiscano i marchi della nostra linea Sashi. In generale, ho constatato che c’è una tendenza a preferire l’approvvigionamento di
Ribeye (costata) di Sashi. Il taglio, prelevato dalla parte centrale della costata, è molto amato grazie alla particolare marmorizzazione.
carne bovina di alta qualità da parte di uno specialista di nicchia come noi, piuttosto che da grandi aziende generaliste».
Qualche anticipazione sulla nuova linea Sagyu che ho visto al SIAL?
«Abbiamo avuto un’accoglienza fantastica del nostro marchio Sagyu al SIAL Paris 2024. Ab-
Sashi in giapponese significa “marezzatura” e la Sashi beef viene selezionata proprio in base al suo livello di marezzatura. Solo una quantità limitata di bovini ha il potenziale genetico per produrre una carne con un grado di marmorizzazione elevato. Questo, così come classificazione e selezione, fanno di Sashi un prodotto di nicchia. Per gli amanti della carne, che non richiedono solo tenerezza ma ne apprezzano gusto e succulenza. «La carne Sashi non è popolare perché ha un fascino “esotico” o perché proviene da una razza speciale di bovini o da un paese specifico oppure per una questione di prezzo. Il successo di Sashi beef è dovuto alla sensazione che si prova quando la si gusta» ricorda spesso John Nielsen.
biamo ricevuto così tanti ordini che abbiamo esaurito i prodotti 3-4 settimane dopo la fi era. La carne di manzo Sagyu è scarsa in termini di quantità, abbiamo poco prodotto, ma estremamente elevata in termini di qualità, grazie ai severi criteri di selezione. Questo manzo è unico in termini di gusto ed è sempre tenero e per questo rappresenta una fantastica alternativa ad altre carni molto più costose. La nostra sfida nell’immediato futuro sarà quella di approvvigionarci di una quantità sufficiente di carne Sagyu per soddisfare la domanda di tutti i clienti all’interno e all’esterno dell’UE».
Elena Benedetti
JN Meat International APS
Elmedalsvej 8 – DK-4200 Slagelse
Telefono: +45 58 58 02 02
E-mail: ordre@jnmeat.dk
Web: jnmeat.dk @sashi_beeflover
Parla con il tuo consulente per la tracciabilità alimentare e prenota la tua demo personalizzata
Novità di prodotto: Smash burger by Centro Carni Company, gustoso ready to cook dedicato al canale foodservice
Centro Carni Company, azienda di Tombolo (PD), con oltre 40 anni di esperienza nel settore della lavorazione della carne bovina, guarda fuori dai confini nazionali e annuncia il lancio di un nuovo prodotto di ispirazione americana: lo smash burger. Destinato al canale del foodservice, lo smash burger firmato Centro Carni Company è un prodotto surgelato, senza glutine e realizzato con il 93% di carne bovina macinata, sale, pepe e pochi altri ingredienti.
Smash burger, un prodotto al passo coi tempi con la qualità di sempre
Lo smash burger, letteralmente “burger schiacciato”, rappresenta uno dei piatti più emblematici della cucina americana. Inventato, secondo la leggenda, negli Stati Uniti a fine ‘800, è diventato popolare solo più tardi, ossia quando intorno al 1921 una delle più antiche catene di fast food americane ha applicato questo metodo di cottura a tutti i panini del suo menù. Poi dimenticato per circa mezzo secolo, il burger originario del Centro America è tornato in auge da poco, negli anni Duemila. Oggi il trend ha attecchito in tutto il mondo.
L’azienda veneta ha ampliato la sua gamma di prodotti con lo smash burger, una novità di ispirazione americana, gluten free e a base di pochi e semplici ingredienti.
In Italia, ha oramai conquistato tutti i palati più curiosi, i meat lovers e non solo. Da che cosa dipende il successo di questo alimento? Dalla sua particolare tecnica di cottura, che prevede di schiacciare una “polpetta” di carne macinata su una piastra rovente. Quest’azione, tanto semplice quanto fondamentale, serve per ottenere una crosta esterna croccante e dorata e, al contempo, un interno tenero e succoso: le principali caratteristiche del prodotto.
«Il nuovo prodotto di Centro Carni Company rappresenta un’apertura verso le tradizioni gastronomiche internazionali, dimostra la versatilità della carne e va incontro alle esigenze di tutti quei consumatori che cercano un'esperienza gastronomica saporita e divertente» ha dichiarato Raffaele Pilotto, direttore marketing dell’azienda. «Lo smash burger, infatti, offre infinite possibilità di personalizzazione. Variando i condimenti, come le salse, i formaggi e le verdure, si possono ottenere risultati sempre diversi. Il nostro obiettivo, del resto, è sia quello di ideare prodotti easy to cook, che vadano incontro ai trend del momento, sia quello di esaltare il sapore autentico della carne».
>> Link: centrocarnicompany.com
Recla presenta lo Stinco Alpino alle erbe, un omaggio alla tradizione culinaria sudtirolese reinterpretato in chiave gourmet grazie alla collaborazione con tre celebri chef dell’Alto Adige. Realizzato con carne di suino fresca e selezionata, questo piatto conquista con la sua tenerezza e il sapore intenso, grazie a un perfetto equilibrio tra erbe aromatiche e carne. La lenta cottura, in sottovuoto, preserva intatte le proprietà organolettiche, rendendo la carne particolarmente succosa e delicata, quasi si scioglie in bocca.
Si tratta di un prodotto pratico e versatile, ideale per chi desidera gustare un piatto prelibato senza rinunciare alla comodità. Per la sua preparazione saranno sufficienti 20 minuti in pentola, in forno, in microonde oppure sul grill, per servire in tavola i sapori e i profumi di una tipica ricetta alpina, da abbinare a crauti, patate, verdure o insalata. Grazie alla sua grammatura generosa (750 g), lo stinco è ideale per due persone. Il prodotto è senza glutine e lattosio.
>> Link: www.recla.it
La storia salumiera della famiglia Simonini, di Salumi Simonini (salumisimonini.it), ha radici lontane ed è cresciuta nel tempo coniugando la maestria artigianale trentina con le evoluzioni delle tendenze di consumo. Oggi l’antica macelleria, con i suoi 30 dipendenti ed un fatturato di 9.000.000 euro, ha raggiunto una dimensione in-
dustriale: sistemi avanzati di produzione si affiancano a procedimenti manuali perché «la cura artigianale nella lavorazione della carne è rimasta invariata» afferma con soddisfazione Grazia Bertè, COO dell’azienda trentina di Ala (TN).
La qualità nelle scelte «Nel 2008 abbiamo cominciato un
grande processo di rinnovamento aziendale — prosegue Grazia Bertè — con l’acquisto di macchinari sempre più performanti e con l’efficientamento di ogni segmento aziendale. Un’evoluzione che è stata possibile solo grazie alla passione e alla profonda conoscenza del mestiere, delle materie prime e dei processi di trasformazione della
carne sia da parte del nostro personale specializzato che dei nostri partner. E, a proposito di partner, avevamo bisogno di un software che semplificasse il conseguimento dei nostri obiettivi: sicurezza e controllo alimentare, trasparenza della filiera, servizio al cliente e controllo dei costi. Dopo attente valutazioni abbiamo scelto l’ERP CSB-System. Ci ha convinti la loro dettagliata conoscenza del settore carne». Il software, infatti, è già configurato secondo le best practice del settore e Simonini lo utilizza per gestire gli acquisti di carne e componenti di alta qualità, la produzione con distinte base e ricette coadiuvata da 3 CSB Racks, lo stoccaggio e le movimentazioni del magazzino, il controllo qualità, le vendite con calcolo di incentivi, provvigioni e premi di fine anno, l’evasione degli ordini e la contabilità generale e industriale per sfruttare al massimo i vantaggi di un software integrato, senza doppi inserimenti e limitando le possibilità di errore. In qualsiasi momento la direzione potrà avere dati aggiornati sulle giacenze di materie prime, sui prodotti finiti, sugli imballi, sullo stato di avanzamento della produzione. Tutto questo anche grazie a statistiche ed indici forniti dal gestionale, quali l’efficienza di reparto o i margini sui clienti.
La qualità nei prodotti Nell’azienda trentina l’attenzione per la sicurezza alimentare è elevatissima. All’arrivo, ogni articolo viene controllato e lottizzato per essere sempre tracciabile durante tutte le fasi produttive e di commercializzazione. Nello specifico, una volta definiti i cosiddetti Critical Control Points, le informazioni sono inserite, registrate e analizzate online nel CSB-System, senza soluzione di continuità. Allo stesso tempo, il Sistema Informativo Lotti di CSB-System assicura la gestione dei dati di provenienza e produzione secondo gli standard europei.
Tutte qualità, queste, che hanno permesso a Simonini il consegui-
mento di prestigiose certificazioni alimentari come IFS (International Food Standard) e DTP108 SENZA GLUTINE di CSQA.
La qualità nel servizio al cliente Fondendo l’antico “saper fare” del territorio trentino a un processo industriale all’avanguardia, Simonini offre una grande varietà di prodotti per rispondere alle esigenze della sua variegata clientela. «Operiamo sia con la GDO che con il retail e i grossisti e gestiamo quasi 100 referenze tra prodotti freschi, cotti, stufati, stagionati e specialità trentine, a marchio proprio e private label. A ciascun cliente dedichiamo la massima attenzione. Siamo attrezzati per ampliare la gamma prodotti e soddisfare ordini minimi e speciali
oppure ordini più consistenti, con puntualità e precisione» spiega Daniele Simonini, CEO e quarta generazione alla guida dell’azienda. «Lo scambio di documenti coi nostri partner commerciali — prosegue — è automatico e avviene attraverso EDI di CSB-System. Le quattro linee di peso-prezzatura gestite tramite il CSB-System ci assicurano la massima trasparenza nella commercializzazione della carne, inserendo tutte le informazioni previste dalle normative vigenti».
L’ERP CSB-System amministra centralmente le anagrafiche a bordo macchina, i layout di stampa personalizzati per cliente, l’etichettatura promozionale o neutra, i diversi impegni per linea, i prezzi di vendita al pubblico.
Caricamento ordine di produzione gestito con CSB-System.
«Massimizziamo le performance, minimizzando i cambi articoli e gli allestimenti macchina» continua Daniele Simonini. «Lavoriamo su tempistica e flessibilità, per garantire ogni giorno la consegna dei nostri prodotti».
Un ulteriore aiuto è dato dalla pianificazione giri di CSB-System, una soluzione integrata che sfrutta i potenziali di ottimizzazione per quanto riguarda itinerari, ripartizione, peso e volume di carico nonché impiego di personale e mezzi, con lo scopo di ridurre i costi e di aumentare l’affidabilità di consegna. L’idea di fondo della gestione giri è di definire tutti gli avvenimenti necessari per ottenere la perfetta gestione dell’ordine e di controllarli in sequenza.
Cogliere le sfide del futuro Il consumatore è oggi sempre più consapevole delle proprie scelte alimentari.
È cresciuta l’attenzione alla salute, ai temi etici, alla territorialità e alla genuinità dei prodotti. Alla quantità, si sostituisce la qualità.
«A questa evoluzione del mercato noi rispondiamo nell’unico modo che conosciamo: lavorando sempre con responsa bilità, trasparenza e innovazione» conclude Grazia Bertè. «E scegliamo solo partner che condividano questi valori». Il gruppo CSB-System è lieto che Simonini abbia scelto il suo ERP, strumento essenziale per la digitalizzazione dell’intera azienda.
Referente:
• Dott. A. MUEHLBERGER
CSB-System Srl
Via del Commercio 3-5
37012 Bussolengo (VR)
Telefono: 045 8905593
Fax: 045 8905586
E-mail: info.it@csb.com
Web: www.csb.com
La recente masterclass organizzata da Gros Market a Rivoli (TO) lo scorso 24 ottobre ha offerto un’immersione nell’universo della frollatura professionale della carne, un tema di crescente interesse per i professionisti del settore e i consumatori. Grazie agli interventi di esperti come il dottor Alessandro Cuomo, inventore che ha dato licenza per costruire i dispositivi Stagionello®, del responsabile tecnico della macelleria di Gros Market Massimo Fogher e di Luca Carvello, Master (EP2769276B1) per la maturazione e frollatura della carne del pesce e dei salumi, i partecipanti hanno potuto approfondire aspetti fondamentali della maturazione della carne, inclusi requisiti normativi e vantaggi nutrizionali. La sessione è stata inaugurata da un rappresentante di Gros Market, che ha sottolineato l’importanza di comprendere a fondo il processo di frollatura per valorizzare questo prezioso alimento che è la carne. I relatori, con le loro competenze specifiche, hanno introdotto i temi su cui verteva la giornata, chiarendo l’importanza della formazione continua nel settore alimentare.
Il dottor Cuomo ha avviato la discussione approfondendo il concetto di alimento, richiamando le definizioni storiche di SOCRATE e IPPOCRATE, e mettendo in luce la necessità di una conoscenza precisa
Durante la masterclass Gros Market ha presentato una selezione esclusiva di carni maturate, evidenziandone le caratteristiche uniche e la provenienza.
della composizione nutrizionale degli alimenti, in particolare in contrapposizione alle tendenze industriali. La carne è stata presentata come un elemento centrale nell’evoluzione della dieta umana, con un valore unico che la rende un pilastro di qualità nella nutrizione.
Metodi di conservazione e trasformazione della carne
Durante la masterclass si sono analizzati i diversi metodi di conservazione e trasformazione della carne. La distinzione tra processi fisici, chimico-fisici e biologici è stata essenziale per comprendere le tecniche di frollatura. Sono stati ad esempio discussi i vantaggi della frollatura a secco con verifica del pH di sicurezza della carne, che può estendersi fino a 35 giorni, sempre in conformità ai recenti regolamenti UE che modificano la regolamentazione 853 del 2004.
La sicurezza alimentare è stata poi trattata in dettaglio, con un focus sui requisiti normativi e sui controlli previsti, in particolare sul sistema HACCP e sulle responsabilità delle autorità sanitarie. È stato sottolineato il valore della qualificazione dei fornitori e della tracciabilità dei prodotti, fattori chiave per garantire la qualità della carne.
Un aspetto centrale è stato il processo di maturazione aerobica, con gestione del range del pH della carne, oltre i 35 giorni, con un
approfondimento sulla gestione del pH e sull’importanza di evitare la formazione di muffe. È stato chiarito che le cosiddette “muffe nobili” rappresentano un potenziale rischio: “la carne ammuffita resta carne ammuffita”, è una considerazione fondamentale per la sicurezza alimentare.
Il Metodo Cuomo
La masterclass ha anche presentato il “Metodo Cuomo”, un approccio innovativo alla frollatura a secco basato su tecnologie avanzate (Brevetto 276878). Questo metodo
utilizza dispositivi Stagionello® per garantire una frollatura sicura e regolamentata.
Sono stati poi approfonditi aspetti relativi ai controlli sanitari, che, in base al nuovo regolamento richiederanno una precisa documentazione: Dichiarazione di conformità, Licenza d’uso e il Manuale di Corretta Prassi Igienica. Grazie a queste tecnologie si aprono, inoltre, nuove opportunità anche per la trasformazione alimentare, maturazione aerobica (Brevetto EP2769276B1) e la produzione di alimenti ready to eat sicuri e di qualità.
L’offerta di carni maturate di Gros Market
Gros Market ha presentato una selezione esclusiva di carni maturate, evidenziandone le caratteristiche uniche e la provenienza accuratamente selezionata. I partecipanti hanno potuto apprezzare i vantaggi nutrizionali di questi tagli, con un focus sulla qualità superiore e l’impegnodi Gros Market per una vendita di carne che garantisca freschezza e personalizzazione
L’azienda offre infatti un servizio completo, che include il grado di maturazione scelto dal cliente, etichette informative dettagliate e un servizio di taglio e confezionamento personalizzato.
Cottura e valori nutrizionali delle carni maturate
Un’ultima sessione ha trattato le tecniche di cottura ottimali per la carne frollata a secco e i suoi valori nutrizionali. Si è evidenziato come
la carne maturata sia un alimento di qualità superiore, arricchito di vitamina B12 e di altri nutrienti rispetto alla carne fresca. Questi benefici sono particolarmente interessanti per chi segue una dieta equilibrata e cerca alimenti di alto valore nutrizionale. Massimo Fogher ha concluso con una riflessione sull’importanza di mantenere gli standard elevati richiesti dai clienti di Gros Market: «La tecnologia di Stagionello® ci permette di fornire prodotti di eccellenza. Il reparto macelleria è un fiore all’occhiello dell’azienda e contribuisce alla nostra crescita anno dopo anno». Gros Market continua a impegnarsi nella promozione della carne di alta qualità e nella garanzia di sicurezza alimentare, ponendo al centro la consapevolezza e la competenza, affinché sia i professionisti che i consumatori possano trarre vantaggio dalle innovazioni nel campo della frollatura della carne.
«La tecnologia di Stagionello® ci permette di fornire prodotti di eccellenza. Il reparto macelleria è un fiore all’occhiello dell’azienda e contribuisce alla nostra crescita anno dopo anno» ha dichiarato in conclusione di masterclass il responsabile tecnico della macelleria di Gros Market Massimo Fogher.
• Se desideri approfondire ulteriormente la tecnologia Stagionello ® per la frollatura a secco e maturazione aerobica professionale della carne e scoprire tutti i vantaggi del Metodo Cuomo, ti invitiamo a scansionare il QR-Code a lato: un’opportunità per esplorare da vicino “come Stagionello® possa fare la differenza nel tuo lavoro e per i tuoi clienti”.
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Come sarà il 2025 alle porte per il settore delle carni? Quali saranno le tendenze e in che direzione andrà il mercato? Su cosa dovranno fare leva le aziende per restare competitive? Si punterà sempre di più su tematiche oramai conosciute ma in constante sviluppo come la sostenibilità, l’innovazione tecnologica e
la tracciabilità. Fattori che saranno determinanti per rispondere alle richieste dei consumatori e alle sfide ambientali, i due pilastri su cui basare le strategie future.
Il software Track Carni di Zuffellato Technologies può rappresentare uno strumento chiave per le aziende, offrendo soluzioni
mirate per migliorare l’efficienza e garantire una maggiore trasparenza lungo tutta la filiera.
Sostenibilità e riduzione dell’impatto ambientale
La sostenibilità dovrà essere al centro delle politiche aziendali nel 2025. Le imprese del settore dovran-
Il software Track Carni di Zuffellato Technologies può rappresentare uno strumento chiave per le aziende, offrendo soluzioni mirate per migliorare l’efficienza e garantire una maggiore trasparenza lungo tutta la filiera.
no ridurre le loro emissioni di gas serra e ottimizzare l’uso delle risorse, come l’acqua. Track Carni può integrare sistemi di monitoraggio delle emissioni, consentendo alle aziende di valutare e ottimizzare le loro pratiche per ridurre l’impatto ambientale. Grazie alla tracciabilità delle risorse e alla gestione dei dati, chi produce può identificare aree di miglioramento e adottare tecniche sostenibili e implementare pratiche che riducono il consumo idrico.
L’obiettivo per molte aziende sarà allinearsi agli standard internazionali per la riduzione del 30% delle emissioni e del 10-20% dell’uso dell’acqua (obiettivi della FAO). Il tipo di tracciabilità che può offrire
Track Carni aiuterà le imprese a dimostrare il loro impegno verso la sostenibilità, rispondendo alle richieste dei legislatori e a quelle dei consumatori, sempre più informati, consapevoli e attenti a ciò che vogliono acquistare.
Innovazioni tecnologiche nella produzione
Nel 2025 l’automazione e l’intelligenza artificiale svolgeranno un ruolo sempre più fondamentale nella produzione, lavorazione e distribuzione di carne, consentendo alle aziende di ottimizzare i processi e ridurre gli sprechi. Un software come Track Carni, integrando queste tecnologie, può offrire strumenti di verifica e gestione delle operazioni produttive, migliorando così l’efficienza e la precisione delle attività. La tracciabilità fornita dal software consentirà un controllo capillare su ogni fase della filiera, dal produttore fino al consumatore finale.
Il programma può essere utilizzato nella gestione degli allevamenti, nelle operazioni di produzione e macellazione, nelle attività di confezionamento e sottovuoto, nella gestione di ordini, acquisti e vendita, il tutto direttamente da un
dispositivo palmare. Track Carni, inoltre, può essere impiegato per la tracciabilità di carni equine, bovine, suine e di pollame.
Nuovi modelli di consumo Il comportamento dei consumatori si sta evolvendo, con una crescente domanda di carne premium e cruelty free. Si cercano prodotti che offrano qualità superiore rispetto ai normali standard di mercato, che garantiscano e certifichino origine e tracciabilità, ma anche benessere animale, alimentazione naturale e lavorazione artigianale o comunque con tecniche che intensifichino il sapore e migliorino ulteriormente la consistenza della carne, rendendola più tenera e saporita. Track Carni è in grado di aiutare i produttori a raccogliere e analizzare dati in tempo reale sui modelli di consumo, consentendo loro di adattare rapidamente l’offerta alle nuove esigenze del mercato.
Track Carni può essere utilizzato nella gestione degli allevamenti, nelle operazioni di produzione e macellazione, nelle attività di confezionamento, nella gestione di ordini, acquisti e vendita, direttamente da un dispositivo palmare.
L’Unione Europea mira a ridurre del 50% l’uso di antibiotici negli allevamenti entro il 2030. Il software di Zuffellato Technologies può offrire soluzioni per contribuire a raggiungere questo obiettivo: nell’utilizzo in allevamento è previsto infatti il collegamento alle tabelle veterinarie, inclusi la registrazione e il controllo dei farmaci.
Allo stesso tempo, attraverso la trasparenza e la disponibilità di informazioni dettagliate sui prodotti, si può contribuire ad educare ancora di più i consumatori riguardo alla qualità e alla provenienza della carne, rafforzando la loro fiducia nei marchi made in Italy. Track Carni funge quindi anche da strumento di marketing, migliorando la reputazione e l’immagine del prodotto, elementi chiave soprattutto nei mercati esteri: non va dimenticato che nel 2024 l’export di carne italiana ha continuato a crescere, rappresentando una delle principali aree di espansione per il settore.
La carne italiana continua infatti a essere richiesta nei mercati esteri più esigenti come quelli europei (Germania e Francia) ed è in espansione anche negli Stati Uniti e in Asia.
Sicurezza alimentare e conformità normativa
Nel 2025 la sicurezza alimentare sarà un altro tema centrale e la
legislazione in merito sarà sempre più stringente. Track Carni permette alle aziende di monitorare il rispetto delle normative sanitarie e del benessere animale, garantendo la trasparenza lungo tutta la catena produttiva.
L’Unione Europea mira a ridurre del 50% l’uso di antibiotici negli allevamenti entro il 2030 (strategia “Farm to Fork” del Green Deal europeo). Il software di Zuffellato Technologies può offrire soluzioni per contribuire a raggiungere questo obiettivo: nell’utilizzo in allevamento è previsto infatti il collegamento alle tabelle veterinarie, inclusi la registrazione e il controllo dei farmaci.
Con l’evoluzione del mercato e le sfide ambientali, l’adozione di soluzioni come Track Carni può aiutare le imprese a rimanere competitive migliorando l’efficienza e adattandosi a nuove norme, nuovi mercati e alle aspettative dei consumatori, garantendo trasparenza e tracciabilità per prodotti sicuri, etici e sostenibili.
>> Link: www.trackanyfood.com
>> Link: www.zuffellato.com
Zuffellato Technologies
Via Bela Bartok 12 44124 Ferrara
Telefono: 0532 904711
E-mail: info@zuffellato.com
Epta, global partner indipendente e leader specializzato nella refrigerazione commerciale, ha significativamente alla realizzazione del punto vendita Lidl Italia più sostenibile di sempre, progettando un innovativo impianto di refrigerazione. Quest’ultimo si distingue nel panorama del retail italiano in quanto composto da una centrale frigorifera a CO2 tran-
scritica, arredi refrigerati a gruppo incorporato a propano e un sistema di recupero di energia termica, che alimenta le pompe di calore acqua-acqua per il riscaldamento e il raffrescamento dello store.
L’insegna, che conta oltre 12.350 store a livello globale, dei quali 750 solo in Italia, ha infatti scelto di affidarsi a Epta per ottimizzare le performance della sua catena del
freddo nel primo format di supermercato del futuro, inaugurato lo scorso fine maggio a Villafranca, in provincia di Verona.
Il nuovo Lidl, che si estende su una superficie di 1.400 m2, sostituisce lo storico punto vendita di Villafranca aperto nel 1992 e segna l’inizio di un nuovo capitolo e un punto di svolta nelle politiche di sostenibilità dell’azienda.
Con l’obiettivo di limitare la dispersione del freddo all’interno dello store di Lidl Villafranca, a vantaggio di una migliore conservazione delle referenze e di un abbattimento dei costi energetici, l’insegna ha infatti selezionato i top di gamma dell’offerta tecnologica Costan, con porte vetrate sempre di produzione Epta.
Nel reparto Freschi spiccano i verticali positivi GranVista della famiglia GranFit e Arcade della linea Fundamenta, entrambi a marchio Costan, destinati rispettivamente a referenze di ortofrutta, carne e pesce e salumi e latticini.
Numerosi sono i primati del nuovo store: completamente autosufficiente da un punto di vista energetico in virtù dell’installazione di un impianto fotovoltaico da 575.000 kWh/anno e costruito con materiali riciclati, minimizza le dispersioni energetiche e le emissioni in atmosfera, per un’ecocompatibilità a tutto tondo.
Quattro stagioni di freschezza e un piano d’azione per un freddo naturale Epta ha proposto soluzioni di refrigerazione naturali ed efficienti grazie ad un impianto a CO2 volto a calibrare i propri parametri in funzione delle diverse condizioni climatiche e banchi a R290 a marchio Costan, in versione Closed, per arredare tutti i reparti della superficie di vendita. «Questo progetto nasce dalla consolidata collaborazione tra Epta e Lidl Italia: nel 2022 un team di specialisti dell’insegna
ci ha infatti presentato la sfida di realizzare un format di Retail ad impatto zero, che si ispira alla comune vocazione per l’innovazione e la sostenibilità di entrambe le realtà» afferma David Wirth, responsabile tecnico di Epta del progetto. «Grazie alle dettagliate ricerche e agli studi comparativi condotti dall’Institut für Luft- und Kältetechnik gGmbH di Dresda, oltre che a una condivisione di valori e principi imprenditoriali, Epta è stata selezionata come unico
partner di riferimento per questo progetto». Al cuore dell’impianto si colloca una versione potenziata di Eco2Small, centrale a CO2 transcritica di media e bassa potenza, ideale per installazioni in spazi ristretti, che coniuga compattezza e modularità, consentendo numerose possibilità di configurazione. In tale contesto la centrale si combina con un subcooler ETE Extreme Temperature Efficiency che, attivo in caso di tem-
Grazie alla tecnologia ETE, il nuovo punto vendita è in grado di lavorare nelle più sfidanti condizioni di calore estremo che caratterizzano le estati di oggi e del futuro.
L’intero sistema si fonda infatti sul recupero di energia termica che prevede in primavera e autunno il rilascio in ambiente dell’eccesso di calore prodotto dagli arredi
“ ”
Epta, che opera a livello mondiale grazie ai suoi marchi Costan (1946), Bonnet Névé (1930), Eurocryor (1991), Iarp (1983) e Kysor Warren (1882), si posiziona sul mercato domestico e internazionale come partner in grado di produrre e commercializzare sistemi completi per la refrigerazione grazie all’integrazione di specifiche linee di prodotto quali banchi frigoriferi tradizionali, verticali e semi-verticali positivi, verticali e orizzontali negativi, banchi a gruppo incorporato (Plug-in) per il settore Retail e Food & Beverage e centrali di media e grande potenza. Con sede a Milano, opera con 8.000 dipendenti, vanta diversi siti produttivi in Italia e all’estero, una capillare presenza in tutto il mondo garantita da più di 40 presidi tecnico-commerciali.
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Youtube: @EPTAspa
Instagram: @Epta_Group
perature elevate, garantisce un raffreddamento del fluido refrigerante e un significativo risparmio oltre i 40 °C. In aggiunta, l’intero sistema si fonda sul recupero di energia termica che prevede, in primavera e autunno — con temperature esterne comprese tra i 15 e i 22 °C — il rilascio in ambiente dell’eccesso di calore prodotto dagli arredi, a favore di una sensibile riduzione dei consumi energetici. Grazie alla tecnologia ETE, il punto vendita è in grado di lavorare nelle più sfidanti condizioni di calore estremo che caratterizzano le estati di oggi e del futuro.
Infine, nella stagione invernale, al di sotto dei 15 °C, un sistema di Heat Recovery permette di valorizzare il surplus di energia termica originata dai banchi, al fine di riscaldare il punto vendita. Il sistema,
già sperimentato da Epta in diverse installazioni, è garanzia di efficienza in tutte le quattro stagioni.
Nello store Lidl di Villafranca l’innovazione del Gruppo raggiunge un livello inedito: per la prima volta l’impianto opera a CO2 subcritica, senza la necessità di passare in transcritico durante la modalità Heat Recovery, attiva nel periodo invernale. Inoltre, Lidl Italia consegue un superiore risparmio energetico grazie ai 1.280 moduli fotovoltaici bifacciali applicati sul tetto e sulle pensiline ombreggianti del parcheggio del punto vendita, in grado di produrre il corrispettivo energetico dei consumi di 230 abitazioni.
Refrigerazione senza sprechi
Lidl Italia opta per la chiusura dei banchi frigoriferi del suo nuovo
La collaborazione tra Lidl Italia e Epta ha condotto verso nuove frontiere, per cui oggi il nuovo supermercato veronese rappresenta un format a impatto positivo sull’ecosistema e apre la strada ad una nuova generazione di store sempre più sostenibili
punto vendita adottando una strategia vincente per combattere gli sprechi. Con l’obiettivo di limitare la dispersione del freddo all’interno dello store, a vantaggio di una migliore conservazione delle referenze e di un abbattimento dei costi energetici, l’insegna ha infatti selezionato i top di gamma dell’offerta tecnologica Costan, con porte vetrate sempre di produzione Epta. Tra i modelli protagonisti del punto vendita, Sound Top, verticale negativo a gruppo incorporato, funzionante a propano e destinato ai surgelati, si conferma assoluto best seller per il mondo Discount, con una superficie espositiva raddoppiata a parità di ingombro al suolo, in combinazione con vasche tradizionali.
Nel reparto Freschi spiccano invece i verticali positivi GranVista della famiglia GranFit e Arcade della linea Fundamenta, entrambi a marchio Costan, destinati rispettivamente a referenze di ortofrutta, carne e pesce e salumi e latticini.
Se il primo modello assicura eccellente visibilità ai prodotti, grazie a porte dal design esclusivo dotate di maniglie trasparenti che rendono il banco quasi invisibile, il secondo, specifico per il canale Soft Discount, presenta un’area di appoggio ottimizzata, con configurazioni fino a 7 ripiani rinforzati. Quest’ultimo coniuga flessibilità e un miglioramento delle prestazioni, calcolato tra il 12 e il 22% rispetto ai modelli precedenti, grazie a evaporatori ad alta efficienza e ventole a consumo ridotto, a dimostrazione di come la sostenibilità, per Epta, si declini in ogni dettaglio, dall’impianto al singolo banco.
La collaborazione tra Lidl Italia e Epta, consolidata in anni di restyling e aperture di numerosi punti vendita, ha condotto verso nuove frontiere, per cui oggi il nuovo supermercato di Villafranca rappresenta un format a impatto positivo sull’ecosistema, aprendo la strada a una nuova generazione di store sempre più sostenibili.
COPPIELLO GIOVANNI
Tel. 049 725 596 Fax 049 893 0525 www.coppiello.it - info@coppiello.it
Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo.
Nella foto una delle nostre “Ricette Consigliate”: Bresaola di Cavallo con Perle di Verdure e Salsa Zafferano Esecuzione: con lʼapposito scavino realizzare le perle di verdure e lessarle. Condire con unʼemulsione di succo di limone, olio, zafferano, pepe ed un pizzico di sale. Servire la bresaola di cavallo su un letto di rucola e guarnire il piatto.
Ingredienti per 4 persone
200 gr. di Bresaola, 2 Zucchine, 2 Carote, 1 Limone 1 Bustina di Zafferano, 6 Cucchiai di Olio dʼOliva, Pepe in Grano, 20 gr. Sale al Sedano.
visione contemporanea di un mestiere antico.
di
“In certi paesi della Calabria si respira l’odore delle cose antiche, del rispetto, dell’accoglienza, della scoperta, della meraviglia” Questo è un pensiero dello scrittore FABRIZIO CARAMAGNA, che in poche parole riassume l’attaccamento dei calabresi alla loro terra. Un legame fortissimo che non conosce tempo, che si esprime nella quotidianità del lavoro e per generazioni.
Questa è la storia della Macelleria D’Arrigo, che è molto più di una semplice macelleria: stiamo parlando infatti di un pezzo di storia e un simbolo di autenticità. Fondata nel 1950, questa bottega a conduzione familiare ha saputo costruire un solido legame col territorio e la propria gente, incarnando i valori della tradizione macellaia calabrese. Ne abbiamo parlato con Giuseppe D’Arrigo, 38 anni, terza generazione in bottega, che insieme al padre Diego, alla madre Raffaella, oltre ad una collaboratrice, gestisce un’attività che da oltre 70 anni è un punto di riferimento per la clientela locale.
Ciò che distingue la Macelleria D’Arrigo è la scelta coraggiosa di operare esclusivamente con materie prime locali, selezionate con cura dai migliori allevamenti e produttori della zona. In un’epoca in cui l’industria alimentare spesso privilegia la quantità rispetto alla qualità, questa bottega rappresenta un baluardo dell’artigianalità e della cultura gastronomica calabrese, so-
Tra i punti di forza di Macelleria D’Arrigo ci sono i banchi refrigerati e moderni armadi frigoriferi firmati Criocabin che garantiscono la conservazione ottimale di carni, salumi e prodotti alimentari. Ecco la tecnologia Criocabin presente nel punto vendita: Il Magnifico da 125 cm, Enixe 250M1 da 6
stenendo un modello di produzione etico e sostenibile.
Nonostante questo profondo attaccamento alla tradizione, la macelleria non ha mai smesso di guardare al futuro. Pur mantenendo un’identità fortemente legata al territorio, l’azienda ha investito in tecnologie avanzate per migliorare l’efficienza e la qualità del servizio Tra i punti di forza dell’attività ci sono infatti banchi refrigerati di ultima generazione e moderni armadi frigoriferi che garantiscono la conservazione ottimale delle carni, dei salumi e dei prodotti alimentari, rispettando standard di qualità elevati.
Per la nuova sede dell’attività, inaugurata lo scorso maggio, Giuseppe D’Arrigo ha scelto Criocabin, l’azienda padovana leader nel design e nella produzione di ban-
chi per la refrigerazione attiva sul territorio attraverso Vadalà Due Srl di Gioia Tauro (RC). L’uso di attrezzature all’avanguardia permette alla macelleria di preservare la freschezza e le proprietà nutrizionali dei prodotti, senza intaccare l’integrità del loro sapore originario.
Il banco carni e salumi «Noi offriamo solo ed esclusivamente carne calabrese, frutto di capi allevati dai contadini locali senza mangimi industriali e solo a cereali, selezionata direttamente in allevamento, capo per capo, e seguita fino alla macellazione» mi
È studiato per dare il massimo risalto all’esposizione della merce, grazie alle sue linee semplici e alle superfici piane. S-Concept è una refrigerazione statica con fondo refrigerato, ideale per la carne e i prodotti di salumeria con un livello di umidità garantita. Questa linea di banchi agevola parecchio il lavoro dello staff, sia nella pulizia — è infatti facile da pulire —, ma altrettanto semplice è l’allestimento dei prodotti al suo interno. I vetri apribili verso l’alto rendono comoda la manutenzione e semplice l’accesso al piano espositivo per la personalizzazione del visual merchandising
La ricca offerta a banco di Macelleria D’Arrigo è messa bene in evidenza da EPV, il retro-banco refrigerato pensile studiato per le reali esigenze del consumatore per freschi e freschissimi serviti direttamente dall’operatore.
racconta Giuseppe D’Arrigo. Non c’è quindi la rincorsa a carni estere. Qui si punta tutto sul territorio, sulle montagne della Sila, sui pascoli del-
la Calabria. Le razze variano dalla Podolica a quelle tradizionalmente più vocate alla produzione di carne come la Limousin e la Blu Belga.
È un’area promozionale, una teca, la vetrina perfetta per i preparati pronti a cuocere, prodotti unici frutto dell’esperienza e della creatività di ogni butcher. La combinazione di vetrate serigrafate in Thermopane e l’illuminazione crea l’esposizione ottimale, i vetri anteriori apribili “a libro” e i vetri posteriori scorrevoli facilitano l’allestimento dell’esposizione oltre che ottimizzare le operazioni di pulizia. La zona d’esposizione è realizzata in acciaio Inox e l’illuminazione CRIOLED® farà brillare le vostre creazioni. Canalizzabile ai banchi Etoile ed Ebony, ha una refrigerazione ventilata in classe climatica 3-M1. Il quadro elettronico dotato comandi WOW Touch Control è l’interfaccia perfetta per il monitoraggio a distanza delle rilevazioni di performance dei prodotti Criocabin, connessi in rete tramite app scaricabile da Android. Ogni prodotto può avere il proprio controllo da remoto: uno per il Magnifico Tower, specifico per i preparati, e uno per il banco a cui è canalizzato.
Anche il suino è locale, il maiale Nero calabrese, perfetto anche per la lavorazione di salumi e frittole calabresi, altra grande passione di questi imprenditori. Il banco carni offre tagli freschi e tantissimi preparati (soprattutto involtini, cotolette e tramezzini), ricchi di valore aggiunto in termini di servizio per la clientela.
Perché Criocabin
«Per il nuovo punto vendita che abbiamo inaugurato lo scorso 19 maggio abbiamo scelto Criocabin come partner per i banchi refrigerati sia di carne che di salumi e formaggi e siamo davvero molto soddisfatti» mi dice Giuseppe D’Arrigo. «Attraverso Vadalà Due Srl, abbiamo optato per quattro prodotti: il Magnifico Tower , che valorizza davvero al massimo i prodotti esposti, il banco Enixe 250M1 da 6 m, bello, dalle linee moderne e molto funzionale nell’utilizzo; Epv 20 Show da 2 m e le Celle Elle».
Con il suo equilibrio tra tradizione e innovazione, Macelleria D’Arrigo è oggi una realtà unica, che non solo preserva le radici calabresi ma le arricchisce di nuove prospettive. Elena Benedetti
Macelleria D’Arrigo
Via Barraccamento 40 89135 Reggio Calabria
Contatto: GIUSEPPE D’ARRIGO Telefono: 348 2976963
RIVENDITORE:
Vadalà Due Srl
SS 111 N 68 89013 Gioia Tauro (RC)
Criocabin Spa
Via S. Benedetto 40/A
35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909122
E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com
La vetrina perfetta per esporre i preparati, pronti a cuocere, il frutto della tua esperienza e creatività.
La combinazione di vetrate e illuminazione crea l’esposizione ottimale.
I vetri anteriori apribili “a libro” e i vetri posteriori scorrevoli facilitano l’allestimento dell’esposizione oltre che ottimizzare le operazioni di pulizia.
SIMONE FRACASSI, con la sua macelleria a Rassina (AR), porta avanti da generazioni un lavoro incentrato sulla qualità e la lavorazione di soli prodotti del territorio. Gli dedichiamo questa prima intervista, domandandogli la sua personale idea di macelleria.
«La mia idea di macelleria è molto semplice: ordine, rispetto, disciplina ed etica. Sono queste le quattro pietre miliari che mi guidano sul percorso intrapreso a suo tempo da mio nonno. In fondo tutto parte dal nome che identifica il nostro lavoro: macellaio. Si tratta di un concetto ben diverso da quello di mero rivenditore di carne: il macellaio è infatti colui il quale macella l’animale, lo seleziona, ha cioè conoscenza di un prodotto legato ad un determinato territorio, e lo rispetta. Così come rispetta l’allevatore, il quale a sua volta rispetta l’animale nei tempi di crescita ed alimentazione giusti.
Bisogna conoscere profondamente il prodotto che si vende, nel mio caso la Chianina e il Grigio del Casentino, per comprenderne le peculiarità e le esigenze al fine di portare sui nostri banchi il miglior prodotto possibile. Alimentare per esempio la Chianina cercando di fare un surplus di peso, che potrebbe essere la mentalità di un qualsiasi commerciante al fine di vendere e guadagnare di più, è secondo me una condotta sbagliata non solo da un punto di vista etico, ma proprio controproducente dal punto di vista qualitativo, perché
sforzando le fibre muscolari si va a compromettere la morbidezza e la qualità del prodotto.
Nella mia professione sono particolarmente grato a quei pochi allevatori con cui collaboro, che hanno la forza di poter fornire la giusta alimentazione agli animali in casa propria, sia essa fieno sia esso una piccola parte di cereali — e i bovini necessitano anche di quelli per mettere su massa grassa, fondamentale per il sapore. Insomma, essere macellaio vuol dire lavorare eticamente dal principio (nascita e vita del vitello) alla fine (macellazione e frollatura). Macelleria per me vuol dire macellare e vendere tutto l’animale e se ancora oggi riesco a farlo vuol dire che c’è anche chi l’apprezza — sempre meno devo dire eh — però ancora oggi qualcuno si trova».
Qual è il tuo modo di lavorare e frollare la lombata?
«Il mio modo di lavorare la lombata credo sia quello tutti gli altri, non penso ci possano essere significative differenze nella maniera di staccare una lombata dalla mezzena o tagliare una bistecca. Per la frollatura, invece, ognuno di noi ha le sue peculiarità, dalle differenti tempistiche a tipologie di differenti carni (quindi di razze), passando per predilezione per una tipologia di frollatura piuttosto che un’altra, scelta quest’ultima che ha, a mio avviso, una importante relazione con le razze selezionate. Io ad esempio lavoro prettamente carne
Chianina. E la carne Chianina, si sa, ha bisogno di tempo, tempo che può essere ottimizzato in base al soggetto, al peso, al sesso e all’età dell’animale. Si può quindi variare da un minimo di 15 giorni per una femmina a un massimo di 40 o 50 giorni per un maschio.
Ci sono numerose tecniche di frollatura, ognuno di noi le può poi sviluppare come meglio crede. Io stesso faccio numerosi esperimenti, ma, a mio avviso, l’obbligo è sempre quello di rimanere nell’ambito della salubrità del prodotto. Il dry age è una di queste: si tratta di una frollatura “a secco” e la si usa, in parole povere, per asciugare la carne fino quasi a sigillarla, così che la maturazione vada all’interno della sigillatura. Io lavoro all’incirca nello stesso modo, però lo faccio, diciamo, a modo mio. Nella fattispecie, faccio fare alla carne un primo passaggio in cella ventilata e poi un secondo passaggio mediante l’uso della tecnica del sottovuoto, quanto basta per renderla morbida, molto semplice.
Il dry age ha senza dubbio tanti vantaggi, ma credo sia giusto domandarsi se il gioco vale davvero la candela. Al di là delle tempistiche, infatti, bisogna poi fare i conti con lo scarto (che con questa tecnica è moltissimo) che fa ovviamente lievitare i costi. Ad ogni modo, io tento di andare dritto per la mia strada, sempre nel rispetto dell’animale e del consumatore. La mia etica professionale è cercare molto semplicemente di essere un buon artigiano».
La seconda intervista la dedichiamo a LUCA MENONI, titolare di una popolare e fiorentinissima bottega situata nel mercato di Sant’Ambrogio (FI), a cui chiediamo subito la sua personale idea di macelleria. «Come mi ha insegnato mio babbo, quando si prepara la carne si compie un atto importante per la nostra vita, un atto nutritivo. Per questa ragione, dal mio punto di vista, penso che il concetto di macelleria si dirami in tre ambiti:
1. rivolgersi a chi prima di noi ha allevato , avendo massimo rispetto sia per lui che per chi seleziona l’animale;
2. trattare la carne come un bene prezioso, mantenendo quindi il sottile filo della qualità. Dico “sottile” perché le cose da tenere in considerazione possono apparire delle inezie, ma sono in realtà fondamentali. Dall’appendere l’animale nella maniera giusta (in modo tale che le fibre non si stressino) al mantenerlo alla temperatura opportuna, o affettare la carne per il verso giusto della fibra. In poche parole, trattare il prodotto fosse un gioiello, maneggiare una bistecca con la stessa delicatezza con cui si terrebbe un collier;
3. col mio lavoro ho la possibilità di servire una famiglia (o una persona) per un intero mese facendogli mangiare ogni giorno, a pranzo e cena, un piatto diverso, perché posso lavorare innumerevoli tagli di tante specie, che si traducono in altrettanti piatti. Questa per me è una grandissima gioia, rappresentando al contempo il valore aggiunto che il cliente trova da un macellaio che fa davvero il suo mestiere. Un altro elemento che caratterizza il mio modo di lavorare (e di pensare) lo si può sintetizzare nella frase “più se ne butta nel corbello (in fiorentino “pattumiera”, NdA), meno si guadagna e prima si chiude”. In sintesi, per me è essenziale prendere un animale e lavorarlo senza fare neanche un taglio inutilizzabile, va-
lorizzarlo tutto e al meglio. E questo non significa macinare tutto — tanto il macinato si vende bene —, ma evitare di macinare il più possibile se non quello che ho deciso debba essere deputato alla macinatura. Arrivare a chiusura della bottega e, per assurdo, non rimanere col cantuccio, il taglio povero rimasto lì e difficilmente vendibile, ma restare con i pezzi più pregiati. Valorizzare significa quindi riuscire a sfruttare al meglio ciò che non ha valore, per poi riuscire a dare al “cliente finale” sempre i gioielli migliori».
Luca, ci puoi raccontare il tuo modo di lavorare e frollare la lombata?
«Una buona frollatura, o maturazione, inizia già col sezionare la mezzena il più tardi possibile, facendola cioè riposare intera in cella il più a lungo possibile. Se la mezzena potesse stare intera un mese al freddo (fra i 2 e i 4 °C), otterremmo la lombata al suo meglio. In questo modo si otterrebbero cioè senz’altro succosità, sapore e tenerezza. Ciò però non è possibile perché l’anteriore è un pezzo più sanguigno, non solo per fisiologia, ma anche per “precipitazione” rispetto a come è collocata in cella la mezzena (il sangue scende verso il basso). Ha cioè una minor durata, si sciupa prima. Bisogna quindi sezionare la mezzena ben prima che la lombata arrivi al suo punto di maturazione adeguato. La pratica può dunque seguire la teoria solo in parte. Ciò nonostante, dopo aver lavorato il quarto anteriore possiamo fortunatamente continuare col processo di maturazione di quello posteriore. Sia questa attaccata alla coscia o meno, la lombata deve stare in una cella dove vi siano una giusta ventilazione ed umidità (che io personalmente trovo a naso). Dico “a naso” non a caso, perché è proprio così che riesco a percepire il freddo, il secco, l’umidità, l’odore del sangue e del grasso, cercando di capire se la carne è pronta o se il processo sta andando nell’esatta direzione che desidero.
Per quanto riguarda le tempistiche, una lombata comincia ad essere pronta quando ha 4 settimane di maturazione per una femmina giovane, o 6 settimane per un maschio adulto (20-24 mesi). Per la vacca il discorso andrebbe fatto a parte, in base cioè ad altre variabili, ma generalmente si tratta di un periodo di tempo che va dalle 6 alle 8 settimane. Superati questi tempi, a mio modesto parere, la maturazione diventa un processo inutile, è tempo sprecato insomma.
Quasi dimenticavo un altro aspetto fondamentale per la buona riuscita del procedimento: la mezzena, in questo caso la lombata, matura meglio quando è ben coperta di grasso, che fornisce uno strato protettivo da quel che in gergo chiamiamo “il cuocersi della carne in cella”. Per fare un esempio in proposito, ho da poco riscoperto un fornitore che lascia il grasso del rognone e questo mi permette di preservare maggiormente la lombata, di avere quindi un prodotto finale di migliore qualità.
Esco forse un poco dal seminato della domanda, ma mi è venuta in mente una questione che ho piacere di dire in chiusura. Il mio modo di trattare la lombata, ma forse più in generale il modo in cui tratto la carne, è lo stesso con cui un falegname tratta il legno o un sarto la stoffa. Più precisamente, così come il falegname parte dalla scelta di un particolare tronco d’albero individuandone qualità e potenzialità, io faccio lo stesso con un vitello. Entrambi lo facciamo poi stagionare e ne leviamo una parte per ricavarci delle piccole cose, chi una bavetta e chi i tasselli; poscia ne mettiamo da parte altre perché per l’uno potrebbero diventare solide tavole o magari semplici regoli per la realizzazione di mobili e per l’altro un buon bollito d’inverno o del macinato di qualità d’estate. Ogni cosa la si usa al momento giusto, nel punto giusto e con la misura giusta. In questo modo, come diceva il babbo, nulla va nel “corbello”». Edoardo Meroni
L’Accademia dei
di
Oltre alla peste suina, c’è un’altra malattia che preoccupa molto gli allevatori: la Bluetongue o Lingua blu o febbre catarrale dei ruminanti. Ne abbiamo parlato con Giovanni Savini, Head of Public Health Department, Director of the European Reference Laboratory for RVF, WOAH and National Reference Laboratory for Bluetongue dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e Molise.
Che cos’è la Lingua Blu o Bluetongue?
«La Bluetongue è una malattia virale che colpisce i ruminanti ed è, per lo più, trasmessa da moscerini appartenenti a specie del genere Culicoides. Il virus della Bluetongue include oltre 35 diversi sierotipi, tra cui i più importanti da un punto di vista clinico e normativo sono quelli da 1 a 24. Ogni sierotipo è immunologicamente distinto dagli altri e all’interno di ciascun sierotipo possono esserci più ceppi o stipiti virali. La distinzione tra i sierotipi è fondamentale, poiché un vaccino prodotto contro un determinato sierotipo generalmente è efficace per tutti i ceppi virali appartenenti a quel sierotipo».
Qual è la situazione in Europa e nel nostro Paese?
«La situazione in Italia e in Europa è piuttosto complessa. Ci troviamo a fronteggiare sierotipi diversi e ceppi virali altamente virulenti. Attualmente, il ceppo
virale prevalente nel Centro-Nord Europa appartiene al sierotipo 3. Introdotto nei Paesi Bassi nel settembre dello scorso anno, questo virus si è rapidamente diffuso, causando gravi danni alla zootecnia in diverse nazioni europee. Dal territorio olandese, infatti, il virus si è propagato in Belgio, Germania, Inghilterra, Francia, Lussemburgo, Svizzera, Danimarca, Norvegia, Svezia, Austria e Portogallo.
Si tratta di un ceppo estremamente virulento, capace di determinare seri quadri clinici ed elevata mortalità, soprattutto tra le pecore. Sono stati inoltre segnalati sintomi e cali di produzione anche nei bovini, in particolare in Francia.
La nuova emergenza europea ha spinto diverse aziende farmaceutiche a sviluppare vaccini contro questo sierotipo. Vari prodotti sono stati sviluppati e introdotti sul mercato e alcuni sono già in uso in diverse nazioni europee dove ne è autorizzato l’impiego.
Un altro ceppo che sta interessando in modo significativo l’Europa appartiene al sierotipo 8; presenta caratteristiche genomiche che lo differenziano da altri ceppi dello stesso sierotipo che precedentemente erano circolati in Europa e in Francia. Anche questo ceppo ha mostrato spiccate caratteristiche di virulenza. In Francia, i primi focolai clinici causati da questo ceppo virale sono stati osservati nell’agosto del 2023 nella regione
meridionale del Massiccio Centrale. Da lì, il virus si è diffuso in Corsica e, successivamente, in Sardegna (ottobre 2023).
Con l’arrivo della nuova stagione vettoriale 2024, il virus si è propagato anche in Spagna, nelle Isole Baleari, ad Andorra e in Svizzera. Anche per questo sierotipo sono disponibili vaccini sul mercato. Circolazione ridotta con danni non significativamente apprezzabili è stata segnalata per ceppi virali appartenenti al sierotipo 4 e 1 rispettivamente in Francia e Spagna.
Se in Europa la situazione è complessa, in Italia è ancora più intricata. Grazie alla sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, l’Italia funge da ponte tra l’Africa e l’Europa, consentendo l’arrivo di numerosi patogeni di origine africana, in particolare quelli provenienti dal Nord Africa. A causa delle mutate condizioni climatiche, questi patogeni riescono a stabilirsi e diffondersi nel nostro Paese.
Il virus della Bluetongue è entrato in Italia nel lontano 2000, dando origine a numerose epidemie con diversi sierotipi e ceppi virali, soprattutto in Sardegna che, per le sue peculiarità climatiche e le condizioni di allevamento, presenta caratteristiche ottimali per la stabilizzazione e la diffusione dei vari ceppi virali.
Attualmente, l’Italia è interessata dalla circolazione di ceppi virali appartenenti ai sierotipi 1, 3, 4 e 8.
Attualmente l’unico Stato Membro dell’UE impegnato nell’attuazione di un piano di eradicazione della Bluetongue è la Spagna. Le misure per prevenire la diffusione della malattia si limitano, pertanto, al divieto o allo spostamento degli animali, subordinato a prove di laboratorio che confermino l’assenza del virus nel sangue, che richiedono sforzi economici importanti.
Tra questi, il ceppo virale del sierotipo 8 è quello che desta maggiori preoccupazioni: entrato in Sardegna dalla Corsica nell’ottobre del 2023, il virus ha ripreso a circolare nel luglio del 2024. Da lì, o dalla Francia — poiché i profili genomici sono molto simili, non è possibile individuare con certezza l’origine geografica delle epidemie nel territorio peninsulare italiano — il virus si è propagato. Focolai sono stati osservati contemporaneamente in Piemonte, Lombardia, Calabria e Sicilia; da queste regioni, il virus ha raggiunto la Basilicata, la Liguria, l’Emilia-Romagna, la Toscana e la Valle d’Aosta.
La situazione è in continua evoluzione. Come già sottolineato, si tratta di un ceppo altamente virulento che sta causando notevoli disagi al settore ovino e alla zootecnia
in generale, specialmente a causa del blocco delle movimentazioni attuato in risposta alla circolazione virale, volto a impedire ulteriore diffusione del virus.
Anche in Italia, analogamente a quanto avviene in Europa, i problemi legati alla Bluetongue non derivano dalla circolazione di un unico ceppo virale. In Sardegna, dopo anni di diffusione limitata e danni contenuti, soprattutto nella parte meridionale dell’isola, quest’anno il ceppo virale appartenente al sierotipo 3 si sta diffondendo in tutta la regione, causando problemi all’allevamento ovino.
Entrato originariamente in Sardegna dalla Tunisia nel 2018, dopo anni di circolazione ha acquisito un corredo genetico leggermente diverso da quello dello stipite virale originale.
Attualmente, la diffusione del sierotipo 3 è limitata alla Sardegna. In Italia, casi di circolazione residua sono stati segnalati anche per i sierotipi 4 e 1».
Come si sta muovendo l’Europa, da una parte, e il nostro Paese, dall’altra, per eradicare la malattia?
«Dal 21 aprile 2021 è diventato obbligatorio e direttamente applicabile agli Stati Membri il Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1882, uno dei provvedimenti previsti dalla Legge sulla salute animale (Regolamento UE 2016/429). Questa normativa classifica le malattie animali trasmissibili in base a una scala di priorità, tenendo conto del grado di preoccupazione che suscitano a livello dell’Unione, in relazione al loro potenziale impatto sulla sanità pubblica e animale, sull’economia,
sulla società e sull’ambiente. La classificazione tiene in considerazione anche le specie animali (o gruppi di specie) e le specie vettori.
La Bluetongue è catalogata come malattia di categoria C, ovvero una malattia che, pur essendo elencata, risulta rilevante solo per alcuni Stati Membri, nei quali è necessario adottare misure preventive per evitarne la diffusione nelle aree dell’Unione ufficialmente indenni dalla malattia o che dispongono di programmi di eradicazione (articolo 9, paragrafo 1, lettera c, del Regolamento UE 2016/429).
Per questa categoria di malattie, le misure di eradicazione sono facoltative.
Attualmente, l’unico Stato Membro dell’UE impegnato nell’attuazione di un piano di eradicazione è la Spagna. Le misure per prevenire la diffusione della malattia si limitano, pertanto, al divieto o allo spostamento degli animali, subordinato a prove di laboratorio che confermino l’assenza del virus nel sangue, che richiedono sforzi economici importanti».
Ritiene che un programma di vaccinazione, ancorché su base volontaria, possa avere successo?
«Come accade per molte infezioni virali, la vaccinazione rappresenta lo strumento più efficace per proteggere gli animali dalla forma clinica della Bluetongue, facilitare gli spostamenti e, eventualmente, limitare la diffusione del virus in determinate aree. Tuttavia, a causa delle recenti e gravi epidemie di Bluetongue in Europa, attualmente non sono disponibili dosi vaccinali sul mercato. Di conseguenza, gli allevatori italiani si trovano in difficoltà poiché non possono acquisire i vaccini necessari per proteggere i propri animali.
La produzione di un vaccino richiede diversi mesi di elaborazione da parte delle aziende farmaceutiche, rendendo fondamentale un ordine programmato e tempestivo per garantire la produzione
delle dosi necessarie e poter così avviare la campagna vaccinale prima dell’insorgere della stagione vettoriale.
In passato, le campagne vaccinali nazionali si sono dimostrate determinanti per l’eradicazione della Bluetongue, soprattutto nei paesi del Centro-Nord Europa. Al contrario, le iniziative di vaccinazione volontaria adottate da singole nazioni non hanno prodotto risultati significativi, registrando tassi di adesione molto bassi (10-15%). Pertanto, ritengo che sia fondamentale che le autorità locali o centrali prendano l’iniziativa di coordinare le campagne vaccinali. Questo approccio garantirebbe ordini consistenti di dosi vaccinali, semplificherebbe la produzione da parte delle aziende farmaceutiche e contribuirebbe a contenere i costi complessivi».
Ci può dare un’idea dell’entità dei danni, soprattutto economici, che la Lingua blu sta provocando?
«Come per altre malattie degli animali da reddito, i costi associati a tali patologie possono derivare sia dalle perdite generate dal calo della produzione, traducendosi in mancati incassi, sia dalle spese sanitarie (costi aggiuntivi), che incidono negativamente sul reddito aziendale. I mancati incassi sono riconducibili a diversi fattori, tra cui la diminuzione della produzione di latte, la perdita di peso, il ridotto accrescimento, l’ipofertilità, gli aborti, la mortalità e il limitato accesso ai mercati, dovuto a blocchi o restrizioni nella movimentazione degli animali. I costi aggiuntivi si riferiscono principalmente alle spese per la vaccinazione e per le misure di prevenzione e controllo adottate dalle aziende.
Determinare l’entità dei danni provocati da una situazione in evoluzione non è semplice e le stime potrebbero non essere né accurate né precise.
È evidente che i danni sono influenzati dalle caratteristiche di
virulenza del ceppo virale responsabile dell’epidemia.
Possiamo affermare che il ceppo virale di sierotipo 8, responsabile dell’attuale epidemia in Italia, è altamente virulento, in grado quindi di determinare sia danni diretti che indiretti. Fino ad oggi, sono stati notificati un totale di 1.034 focolai, con 38.418 casi confermati, di cui 36.292 clinici e 8.271 morti. Oltre il 94% dei focolai confermati è di tipo clinico.
Numerosi studi sono stati condotti sulle epidemie da BTV in Europa e nel mondo. In particolare, in Europa la maggior parte di queste ricerche ha riguardato l’epidemia da BTV-8 del 2006-2007. In uno degli studi più indicativi, condotto nei Paesi Bassi e relativo all’epidemia del 2006-2007 da BTV-8, il costo totale (che comprende perdite produttive, spese diagnostiche, costi di trattamento e misure di controllo) è stato stimato tra 40,9 e 41,3 milioni di euro.
Recentemente, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e Molise, in collaborazione con l’Università di Bologna, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana e con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna, ha condotto uno studio, sponsorizzato dal Ministero della Salute, riguardante l’epidemia da BTV-4, un ceppo virale altamente virulento, che ha colpito la Sardegna nel 20162017. I costi stimati sostenuti dalla amministrazione regionale e dagli allevatori sardi per questa epidemia ammontano a circa 30 milioni di euro».
Ringraziamo moltissimo il dott. Savini anche a nome del presidente dell'Accademia dei Georgofili per la disponibilità a rispondere alle nostre richieste di aggiornamento e, soprattutto, per la competenza e l'accuratezza nei riguardi dell'argomento.
Mauro Antongiovanni Accademia dei Georgofili georgofili.info
di Elisa Guizzo
La famiglia Sanguin è la somma di quattro generazioni che sanno di storia e passione per l’allevamento del bovino da carne. L’apripista fu DOMENICO SANGUIN che passò la tradizione al figlio ROMUALDO, il quale, a sua volta, la trasmise a FRANCESCO, che oggi gestisce l’azienda insieme ai figli LINDA e RICCARDO. L’attività imprenditoriale dei Sanguin cominciò nel 1972, in concomitanza con il trasferimento
della famiglia ad Este, comune della provincia di Padova adagiato ai piedi dei Colli Euganei, i veri artefici della bellezza del paese. Romualdo iniziò con una dozzina di bovini, incentrando tutta l’energia nella selezione dei capi migliori, scelti nei centri di ristallo della Francia e Germania, e il numero degli animali aumentò progressivamente. Oggi Francesco vanta un’esperienza invidiabile: aveva infatti solo sedici
anni quando accompagnava il padre nei centri di raccolta, apprendendo nozioni di grande valore, le stesse che oggi trasmette ai suoi figli. Francesco, cosa ti ha insegnato tuo padre? «Tutto. Ho imparato a fare l’allevatore, a svezzare gli animali, come alimentarli e a capire quando stanno male. Acquistavamo i baliotti, vitelli di razza Pezzata rossa con un peso di circa 80 kg che svezzavamo e ingrassavamo».
L’alimentazione dei bovini è prevalentemente fibrosa nel primo periodo del ciclo produttivo, il cosiddetto adattamento; nel finissaggio, invece, la dieta è per lo più energetica.
Riccardo, Linda insieme al padre Francesco Sanguin.
In Italia, oggi, gli svezzatori si sono ridotti ad una manciata di realtà; si svezzano prevalentemente incroci da latte che producono un vitellone leggero alimentato a latte e mangime. L’allevamento degli svezzati è stato svolto per oltre trent’anni dalla famiglia Sanguin, poi soppiantato da quello dei ristalli, rigorosamente di genetica francese, importati da Francia, Belgio e Spagna. Importazione e allevamento sono dunque le due attività cardine della Sanguin Group. Francesco ha cominciato la sua avventura lavorativa insieme alla moglie Daniela, parte attivissima dell’azienda, che ricopriva più ruoli all’interno della stessa, sostituendolo quando si recava all’estero. Daniela è venuta a mancare nel 2009. «Se non ci fosse stata lei la crescita della nostra azienda non sarebbe mai avvenuta» commentano Linda e Riccardo, che stanno imparando il mestiere del padre, un mestiere che sa di nobiltà, passione e rispetto, di padre in figli, come si suol dire. «Abbiamo suddiviso l’azienda in tre settori: ognuno di noi si occupa del proprio, mantenendone responsabilità e competenze. Le decisioni invece si prendono insieme, condividendo tutto con estrema sincerità e dimestichezza, questa azienda è il nostro tesoro» racconta Linda, entrata nel Gruppo nel momento più difficile e delicato, ovvero in seguito alla morte della madre.
Francesco con amore e caparbietà ha saputo proteggere e unire i figli che hanno ricambiato creando
un’armonia preziosa. Una storia di valore, amore e sacrificio. «Tutti i meriti vanno a mio padre perché ha trovato la forza di farci sorridere e apprezzare la vita» spiega Linda, che in tasca possiede un diploma di ragioneria e in azienda si occupa della parte amministrativa ma anche di quella economica e gestionale. «Per me è stata una grande fortuna aver scelto questo indirizzo scolastico perché tutto ciò che ho studiato l’ho messo a frutto».
Linda gestisce inoltre l’aspetto sanitario e quello di ricerca e sviluppo, cercando di captare le novità che possono portare valore in azienda. Il fratello Riccardo, che rappresenta l’anello fondamentale tra la gestione e la crescita aziendale, si occupa dell’intero comparto operativo.
L’alimentazione dei bovini è prevalentemente fibrosa nel primo periodo del ciclo produttivo, il cosiddetto adattamento; nel finissaggio, invece, la dieta è per lo più energetica. L’attività foraggera
e quella dedita alla preparazione degli insilati sono eseguite secondo alti standard qualitativi; gestire al meglio le coltivazioni equivale a garantire un’ottima qualità della razione alimentare, necessaria a soddisfare il fabbisogno giornaliero dei bovini.
La razione degli animali, alimentati per circa 10 mesi, è costituita da fieno, medica, soia, orzo e farina di mais, tutto rigorosamente di produzione interna. «Le nostre coltivazioni ci donano animali sani e carni di qualità» dicono i Sanguin. La qualità è una scelta e, per ottenerla, è doveroso metterla in pratica lungo tutto il percorso della filiera. Le stalle, che ospitano circa un migliaio di capi, sono organizzate in box che misurano 50 m2 l’uno; ogni box ospita circa dieci bovini.
Sanguin Group aderisce al Classyfarm, una piattaforma informatica che elabora dati raccolti sul campo riguardanti valutazioni del benessere animale e biosicurezza
La carne di Sanguin Group segue il percorso di certificazione previsto dal Consorzio Sigillo Italiano, marchio che garantisce al consumatore qualità certificata e sicurezza dei prodotti. La carne è destinata ai vari centri di lavorazione e alle macellerie d’Italia. Una carne che fa la differenza
dell’allevamento, consumo e suscettibilità agli antimicrobici, parametri relativi a stati sanitari, dati produttivi e alimentazione, rilevazioni al macello di dati sanitari e di benessere animale. Le informazioni raccolte provengono dai controlli ufficiali svolti dalle autorità competenti, dagli audit dei certificatori e dal veterinario aziendale, opportunamente formati per svolgere le attività di autocontrollo. ClassyFarm è in grado di analizzare e comparare un elevato numero d’informazioni provenienti da fonti differenti così da poter categorizzare gli allevamenti in base al rischio, in termini di benessere animale, biosicurezza dell’allevamento, consumo di antimicrobici e profili di antimicrobicosuscettibilità.
La carne segue il percorso di certificazione previsto dal Consorzio SigilloItaliano, marchio nato nel 2018 e che aderisce alle direttive che fanno capo al SQNZ – Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia,
La razione degli animali, alimentati per circa dieci mesi, è costituita da fieno, medica, soia, orzo e farina di mais, tutto di produzione interna. «Le nostre coltivazioni ci donano animali sani e carni di qualità» dicono i Sanguin.
regime di qualità volontario strutturato secondo precise linee guida riconosciute a livello nazionale ed europeo ai sensi del Regolamento (CE) n. 1974/2006.
Il marchio del Sigillo Italiano garantisce al consumatore qualità certificata e sicurezza dei prodotti. La carne è destinata ai vari centri di lavorazione e alle macellerie d’Italia, una carne che fa la differenza.
Tra gli obiettivi di Sanguin Group vi è quello di fortificare il marchio come elemento di garanzia
di una carne proveniente da animali sani e allevati nel pieno rispetto del benessere animale.
Sicurezza, trasparenza e qualità sono i principi di Sanguin Group che, uniti ad impegno e perseveranza, sono sinonimo di radici im portanti rinsaldate attraverso continui miglioramenti che vanno oltre l’allevamento del bovino da carne.
Elisa Guizzo Meat Specialist
>> Link: sanguin.group
di Lara Abrati
Sono ancora tante le persone che utilizzano preparazioni e ricette locali per iniziare scontri e guerre che, a volte, diventano occasioni per esprimere grande aggressività verbale. Ma si sa, le tradizioni e la loro codifica sono frutto di un’esigenza nata nella cultura gastronomica moderna. Codificare in modo rigido quella che è la preparazione di un piatto potrebbe essere utile per
mantenere viva una determinata ricetta, ma non fa altro che uccidere quello che la tradizione è nel suo significato più profondo e cioè un processo di scambio, acculturazione e crescita reciproca, frutto della contaminazione tra diverse culture e popoli. Insomma, tutt’altro che una guerra…
Tra le tante preparazioni gastronomiche povere che tutt’oggi apprezziamo tantissimo c’è anche
lei, la polpetta. Senza regole rigide, senza dettami e imposizioni, potremmo dire che la polpetta è un prodotto che unisce per davvero, senza discriminazione alcuna.
“Non crediate che io abbia la pretensione d’insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare cominciando dal ciuco, il quale fu forse il primo a darne il modello al genere umano. Intendo soltanto dirvi come esse si preparino da qualcuno con
carne lessa avanzata; se poi le voleste fare più semplici o di carne cruda, non è necessario tanto condimento”. Inizia così la ricetta delle famose “polpette di lesso” di Pellegrino Artusi, raccontando della semplicità di questa preparazione e definendo una prima classificazione delle stesse: possono essere preparate a partire da un alimento cotto oppure crudo, che sia di origine vegetale o animale.
Con un focus sulle polpette di carne, sono celebri le polpette di lesso, ma anche quelle d’arrosto o brasato: un modo per riutilizzare gli avanzi, regalando loro un aspetto diverso e nuovo rispetto al piatto iniziale. Sono tantissime anche quelle preparate con la carne cruda macinata, che può provenire da diverse tipologie di animali e può essere insaporita con aromi e spezie tra le più diverse. Unico aspetto fondamentale: la necessità di un elemento legante, come l’uovo, la ricotta o il formaggio.
In ogni parte del mondo potrete trovare le polpette. Ognuno le prepara secondo i propri usi e i gusti e possono essere cotte in padella, alla brace, in umido al forno oppure fritte. Come le celebri polpette al
pomodoro, che uniscono l’Italia agli Stati Uniti, dove gli Spaghetti meat balls sono un piatto molto apprezzato (sì, loro, proprio quelli resi celebri nel film d’animazione della Disney Lilli e il vagabondo).
La polpetta può avere una forma sferica, leggermente appiattita, ma anche allungata. La troviamo nella cucina asiatica come in quella thai con le Look Chin Ping, piccole polpette di carne mista miscelata con erbe e spezie cotte alla griglia o fritte: uno snack da consumare come street food accompagnate ad una salsa dolce o piccante. In Giappone è possibile assaggiare le Tsukune , piccole polpette di pollo cotte in genere sulla tipica griglia rettangolare (sempre spiedate a tre a tre), lo Shichirin. Sono poi glassate con le salse leggermente piccanti utilizzate in genere per gli yakitori, i tipici spiedini di pollo.
Passando al Sud America, arrivano le celebri papa rellenas: una sorta di crocchetta di patate fritta ripiena di carne di manzo insaporita a piacere, a volte anche con della cipolla. Ovviamente, ogni zona dell’America latina ha la propria variante, ma la sostanza non cambia.
Poi torniamo verso est e facciamo tappa nella zona dei Balcani e del Medio Oriente, con le tradizionali kefta, che si dice siano le prime polpette nate proprio in Persia (si dice!). Questa preparazione è diffusa anche in tutto il Nord Africa, fino alla Tunisia e al Marocco: vengono preparate come ovvio che sia in varie modalità. Una costante sembra essere la massiccia speziatura, la forma allungata e la modalità di consumo: infilzate su spiedini come in Oriente.
Risalendo verso il continente europeo, si trova una via di mezzo tra le polpette europee e quelle arabe: sono i famosi cevapcici, tipici della penisola balcanica. Delle polpette di forma allungata, variamente speziate e sempre a base di carne macinata in genere di manzo e agnello. Spesso vengono serviti con l’ajvar, una salsa molto piccante a base di peperoni rossi macinati e spezie o con il kajmak: una sorta di formaggio spalmabile morbido e acidulo che ben si sposa con il sapore deciso e speziato dei cevapcici.
Infine, arriviamo in Europa del Nord, con le bitterballen olandesi che, a differenza di quelle raccontate finora, si preparano con carne cotta e sfilacciata. Poi le Scotch eggs, piatto tipicamente inglese che prevede un uovo sodo avvolto da carne macinata che viene poi impanata nella parte esterna: per un antipasto goloso e sostanzioso.
Dal Belgio, meritano menzione le boulets à la liégeoise, polpette di carne mista (in genere manzo e maiale) cotte e servite con una classica salsa agrodolce.
Osservando gli elementi principali che caratterizzano quasi tutte le preparazioni, nonostante le distanze e le enormi diversità culturali, è facile percepire in realtà quanto alcuni aspetti della nostra cultura alimentare si avvicinino.
Le polpette: tanto buone e golose, si fanno legante tra popoli e culture di tutto il mondo. Che bellezza.
Lara Abrati
Come la visione del futuro influenza le scelte di fronte allo scaffale
di Maria Antonietta Dessì
Covid, guerra in Ucraina e Palestina, impennata dell’inflazione, crisi energetica, crisi climatica sono eventi che hanno generato paure e timori destinati a segnare le nostre esistenze e a condizionarle a lungo.
L’attenzione al risparmio continua ad essere alta, il carrello si fa più povero e la spesa più frequente ed è boom dei discount, che diventano il secondo canale per rilevanza in Italia. In contemporanea, aumenta la richiesta di valore aggiunto del
prodotto e le categorie che performano meglio (+20%), rispetto al 2019, sono quelle che fanno capo al benessere e salutistico. Stesso fortunato destino per i prodotti ad alto contenuto di servizio (dati Nielsen, NIQ Consumer Planet, 2024). Alla crescita del discount fa da contraltare quella del digital commerce che il Covid ci ha fatto conoscere meglio e ora fa parte delle nostre vite sfiorando i 7 miliardi di euro di fatturato! Questi valori che sembrano schizofrenici non sono
in realtà che l’espressione della polarizzazione dei consumatori , fenomeno che nel tempo andrà via via accentuandosi.
Ma è anche sintomo del fatto che non siamo tutti uguali e a queste differenze corrispondono scelte diverse, che vanno indagate se si vuole fare breccia nel cuore e nel portafoglio del consumatore.
Nei prossimi anni cresceranno le famiglie senza figli. È un fatto demografico noto, a cui è pressoché impossibile porre rimedio sul
breve termine. Per comprensibili ragioni, le famiglie con figli hanno tendenzialmente un basso potere d’acquisto, mentre quelle senza figli hanno e avranno una disponibilità economica superiore alla media.
Le esigenze a cui il mercato dovrà dare risposte nel futuro partono da quest’evoluzione demografica. Da questo non si sfugge. Ma l’idea che ognuno ha di quello che accadrà da qui a qualche anno è determinante già oggi.
Allo stesso tempo, la visione del futuro è fortemente influenzata dalle risorse nella disponibilità attuale della persona e nell’approccio più o meno individualista alla vita, nel suo complesso. La paura di quel che sarà genera una prevalente concentrazione sul presente e, in un contesto in cui l’oggi prevale sul domani, si perde di vista l’interesse collettivo, privilegiando quello individuale. Si aspira ad una vita libera da vincoli: non a caso cresce esponenzialmente il numero degli animali domestici e cala quello dei figli pro-capite.
È chiaro che, per chi è molto concentrato su sé stesso e non intende fare sacrifici, meno che mai a favore della collettività, la sostenibilità, tanto decantata — soprattutto come nuovo obbligo per istituzioni e imprese — diventa un tema secondario. Ma se da una parte abbiamo una fetta di popolazione più chiusa e individualista, dall’altra c’è chi vive nella preoccupazione che i comportamenti attuali abbiano delle ricadute in futuro.
E mentre la prima fascia di popolazione si focalizza su se stessa e vive le esperienze in maniera più estemporanea, dall’altra c’è chi calibra ogni movimento. Anche negli acquisti.
Coloro che dal futuro sono fortemente spaventati, vorrebbero che non arrivasse mai e per questo guardano con trasporto e nostalgia alla tradizione, alla famiglia, al territorio. Ma c’è anche chi fa una tale fatica a gestire l’oggi che il futuro nemmeno lo immagina. Persone che non hanno le risorse per af-
frontare il quotidiano e vedono come una fatica inutile ragionare su problemi o semplicemente temi non imminenti.
Dove invece ci sono più risorse c’è anche più apertura al cambiamento e al nuovo, c’è ottimismo e accoglienza delle nuove tendenze. Queste persone cercano di vivere la vita a pieno, quindi di massimizzare la propria esperienza cercando anche di garantirsi il successo. Per questa fascia è molto importante l’immagine: mostrano infatti sempre la versione migliore di se stessi, portando il futuro nel presente, senza programmarlo.
Un’altra categoria invece il futuro lo pianifica minuziosamente e ciò che fa oggi lo realizza pensando al domani. Qui hanno un gran peso le questioni sociali, è prioritaria la sostenibilità sotto ogni punto di vista, ma anche le nuove tecnologie messe al servizio della costruzione di un mondo migliore.
Coloro che invece vorrebbero che il futuro non arrivasse mai negano anche tecnologie dirompenti come l’intelligenza artificiale.
Manco a dirlo, anche il rapporto coi media è influenzato dall’approccio del singolo al futuro. La multimedialità è oramai trasversale e va presa in considerazione sempre a prescindere dal target, sebbene sia ovvio che alcune fasce della popolazione siano più sensibili alla multimedialità rispetto ad altre.
Le leve d’ingaggio che si devono utilizzare per parlare alle diverse culture del futuro sono differenti, perché diversi sono i bisogni profondi a cui ancorarsi per costruire dei contenuti che siano rilevanti e che risuonino al target di riferimento.
In generale, chi ha paura del futuro cerca rassicurazioni e vicinanza e, quindi, premierà negli acquisti tutto ciò che già conosce, come i prodotti tradizionali, e ciò che è fisicamente prossimo, quindi il territorio.
Chi non sta pensando al futuro, perché deve gestire un presente già troppo pesante di per sé, cercherà anche nel cibo una consolazione e qualunque cosa alleggerisca il quotidiano, anche in una logica di semplificazione,
oltre che di gratificazione del palato: quindi ampio spazio al servizio, alla gastronomia, ai piatti pronti o facili da preparare. Qui però il rischio è che l’attenzione verso un prodotto nello specifico abbia un tempo breve, perché si tratta di uno stile di vita mordi e fuggi, anche a tavola.
In questo caso la sfida, per le aziende, è quella di generare e mantenere l’attenzione sul prodotto anche in un tempo lungo, ma, fortunatamente, il compito è facilitato dal fatto che questa fascia di persone vede la pubblicità come un’alleata che dispensa preziosi consigli, pertanto la giusta comunicazione a quel target può dare importanti risultati. La pubblicità deve però essere unica, personalizzata e veramente stimolante.
Chi invece il futuro lo pianifica, cerca relazioni più durature e stabili e sposa, con il prodotto, l’impresa. Pertanto se il progetto aziendale è allineato a quello dell’individuo, l’adesione è forte. La pubblicità per questo target è una comunicazione che racconta una mission o un’ope-
razione specifica e la valorizza. In tutto questo, il prezzo ha un ruolo fondamentale per le famiglie con figli ed è invece nettamente subordinato alla qualità per quelle mature affluenti. Le famiglie con figli chiedono gratificazione immediata, semplificazione del quotidiano, accessibilità e prezzo. La categoria simbolo è lo snack indulgente. Nel carrello delle famiglie benestanti troviamo invece prodotti che ci parlano di salute, territorio, esperienza culinaria, sostenibilità, radici. Il prezzo passa in secondo piano. Sono loro ad acquistare frutta, verdura, biologico e vini certificati.
Questa è l’area su cui il biologico nel recente passato ha costruito il suo successo e adesso premia le filiere d’eccellenza (dati: Nielsen). Non è un caso se la fascia di popolazione dove si riscontrano i maggiori casi di sovrappeso sia quella con un livello culturale e reddituale più basso, mentre al contrario, dove si ha consapevolezza, anche per conoscenza del valore nutrizionale del cibo, l’attenzione alla qualità — e alla linea! — è maggiore.
In tutto ciò, le grandi marche tendono a lavorare bene sulla richiesta di consolazione espressa dalle famiglie con figli, ma sono decisamente sottorappresentate nel basket d’acquisto di quelle mature affluenti. Paradossalmente, l’industria sembra far fatica ad intercettare il segmento delle famiglie più ricche, mentre la distribuzione moderna, in particolare con il private label, sta già da tempo presidiando quest’ambito e non a caso molte insegne hanno marchi dedicati a linee salutistiche o di benessere anche non food.
È evidente un gap in termini di offerta e di specializzazione e differenziazione che andrà colmato e che nei prossimi anni può rappresentare una grande opportunità per chi sarà in grado di coglierla.
Il tema della differenziazione diventerà un ritornello, soprattutto per chi non si potrà permettere di disperdere risorse. Tanto più si è
precisi nell’individuare e colpire il proprio target con pubblicità, comunicazione e poi a seguire distribuzione, tanto più si sarà in grado di ridurre i costi e massimizzare il fatturato. Un compito non facile, soprattutto in un Paese come il nostro, con un mercato talmente frammentato da far scappare tutte le multinazionali della distribuzione.
In nessuna parte d’Europa le dinamiche socio-demografiche stanno portando ad una tale polarizzazione dei consumi e, allo stesso tempo, ad una richiesta così geolocalizzata di alimenti e bevande.
L’Italiano medio ha esigenze dettate dal portafoglio, dal livello culturale, dallo stile di vita e dalla visione del futuro e, in più, è tendenzialmente legato alla sua terra, pertanto sempre in cerca di prodotti locali e della tradizione. Questo fatto impone logiche assortimentali altamente specialistiche, dove prezzo e comunicazione non sono comunque secondari.
Ergo, segmentare correttamente il consumatore, definirne il profilo consumistico e parlare a lui e a lui solo e soltanto: questo deve essere fatto
È indispensabile capire quale sia il reale basket di spesa di ogni tipologia di consumatore e su quello operare, offrendogli ciò che chiede. Lo scaffale non deve essere infinito — per questo saranno privilegiati in futuro gli spazi minori — ma deve parlare la lingua del consumatore che frequenta quel determinato negozio.
Il manifesto dell’inefficienza è la sconfinata e dispersiva superficie che ha costi enormi, dove tantissime, troppe referenze parlano a consumatori indefiniti nel profilo e nell’esigenza, sparando nel mucchio senza criterio. Chi adotta strategie studiate sul consumatore medio, avrà risultati medi(ocri). Le parole d’ordine, sempre più spesso, saranno precisione e differenziazione. Nell’industria, quanto nella distribuzione.
Maria Antonietta Dessì
Eurocarni, 12/24
di Elena Benedetti
Sono state intense e cariche di contatti e relazioni commerciali le cinque giornate di SIAL Paris 2024, lasciatasi definitivamente alle spalle i toni dimessi del post pandemia e tornata al centro del mondo agroalimentare internazionale con una ricchissima presenza di espositori e visitatori: sono stati infatti più di 285.000 i professionisti provenienti da tutto il mondo che si sono confrontati sulle ultime tendenze e innovazioni alimentari. Insieme, hanno esplorato soluzioni per il futuro di fronte alle grandi sfide dell’alimentazione di domani. Noi, come d’abitudine, ci siamo focalizzati sul mitico Padiglione 6, il più bello, dedicato a carni e salumi. Visitandolo in lungo e in largo abbiamo notato un’ampia
varietà di alimenti “super proteici” e un netto di calo nell’offerta di “carni vegetali”, in linea col fatto che questo segmento — almeno in Italia — non è decollato. Insomma, le proteine stanno riscontrando parecchio interesse e la forte attrattività della carne e dei prodotti a base di carne (vera) si è riscontrata nel traffico di visitatori e operatori. Questa era la 60a edizione di SIAL, ampiamente celebrata al Parc des expositions de Paris-Nord Villepinte. «Questa edizione di SIAL è stata caratterizzata un’energia eccezionale. Abbiamo provato tutti un grande piacere a riunirci ed è questa atmosfera unica che rende SIAL un evento imperdibile» ha commentato Audrey Ashworth , direttrice di SIAL Paris. «Il salone
ha consolidato la sua posizione di leader mondiale nel settore food, con una crescita significativa sia degli espositori che dei visitatori. In cinque giorni ci siamo resi conto di quanto, in un mondo sempre più digitalizzato, il contatto umano e la collaborazione tra start-up e grandi aziende siano fondamentali».
SIAL Innovation, parole d’ordine: innovare e rinnovare
Tra i contenuti più interessanti del salone c’è stato sicuramente il SIAL Innovation, l’osservatorio globale sull’innovazione alimentare gestito in collaborazione con Protéines XTC. L’industria agroalimentare mondiale si sta reinventando per rispondere alle sfide attuali e alle aspettative dei consumatori, svilup-
pando prodotti innovativi e più sani con nuovi ingredienti e imballaggi.
SIAL Paris premia queste innovazioni attraverso una ventina di premi tematici assegnati per categoria, oltre a premi speciali come gli Own the Change (CSR), i premi Start-up e i Public’s Choice. Questa edizione 2024 ha previsto nuovi premi speciali come i Top 3 Countries Awards, per la scelta delle nazioni che hanno offerto i prodotti più innovativi, e gli Africa Awards
Nella categoria “Carne” il SIAL Innovation è andato all’azienda francese Luissier Bordeau Chesnel, per gli sfilacci di carne di maiale (o di pollo) lanciati sul mercato ad aprile. La giuria ha apprezzato il posizionamento premium del prodotto proposto con una consistenza “sminuzzata” dall’effetto
pulled pork che oggi va parecchio di moda. Gli amanti della carne sono tutti favorevoli alle lunghe cotture, che consentono di ottenere quella tipica consistenza di prodotto “che si scioglie in bocca”. Luissier Bordeau Chesnel offre agli amanti di queste texture un alimento di qualità pronto all’uso, adatto per uno spuntino o come antipasto.
• 400.000 prodotti esposti;
• 7.500 espositori;
• 205 Paesi rappresentati;
• 11 padiglioni;
• 10 settori merceologici;
• 285.000 operatori professionali (dei quali 75% proveniente dall’estero);
• 100+ delegazioni ufficiali estere;
• 650 start-up;
• 8.000 top buyer;
• 200 contatti fatti in media per espositore;
• 83% percentuale di buyer che hanno siglato acquisti in fiera.
36° salone internazionale del biologico e del naturale
Tredici sono state le aziende UK esportatrici di carne rossa riunitesi allo stand di AHDB, l’ente per la promozione delle carni rosse inglesi, a SIAL Paris. Le esportazioni di carne rossa e di latticini del Regno Unito nel 2023 hanno registrato un valore rispettivamente di 1,7 miliardi e di 1,8 miliardi di sterline. Per queste aziende, SIAL era l’occasione ideale per incontrare i propri clienti e conoscerne di nuovi, con l’obiettivo di far crescere sempre più la carne rossa e i latticini del Regno Unito sulla scena globale. Oltre 200 delegati hanno inoltre presenziato alla consueta cena di gala di AHDB, svoltasi alla presenza dell’Ambasciatrice britannica in Francia Menna Rawlings. «Sono lieto che così tanti esportatori si siano uniti a noi in occasione del 60o anniversario di SIAL e che, in questa occasione, siamo stati anche in grado di supportare i nostri colleghi del settore lattiero-caseario» ha dichiarato Graham Wilkinson, CEO di AHDB. «Per il settore della carne rossa, le esportazioni svolgono un ruolo fondamentale, consentendoci di massimizzare le opportunità per i nostri prodotti a livello globale. SIAL è una vetrina mondiale per i nostri prodotti e noi, come ente, siamo orgogliosi di offrire opportunità concrete alle nostre aziende che possano fornire loro risultati positivi e tangibili». SIAL è stato anche il palcoscenico del rilancio in Europa del marchio Quality Meat from Britain di AHDB. «Abbiamo prodotti di qualità da condividere a livello globale» ha aggiunto Graham Wilkinson. «Il nostro marchio Quality Meat from Britain è già stato utilizzato e ben accolto in altri mercati chiave, dall’Asia all’America. Il suo lancio in Europa garantirà maggior trasparenza su ciò che il nostro settore ha da offrire: quale posto migliore per presentarlo se non a SIAL? Il valore delle esportazioni di carne rossa e latticini testimonia l’efficacia dell’approccio collaborativo tra AHDB, industria e governo, e continueremo il nostro lavoro per migliorare la reputazione del Regno Unito come fornitore di carne rossa e di latticini di alta qualità».
Link: ahdb.org.uk
In alto: lo spazio riservato alle aziende produttrici di carne made in Ireland organizzato da Bord Bia, The Irish Food Board, l’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari irlandesi. In basso: lo stand del Gruppo Pini con un’ampia offerta di carni e salumi.
Meat Japan ha portato al SIAL Paris tante novità di prodotto, diversi tagli, tra cui lo Steak cut, i prodotti surgelati per l’Ho.re.ca. comprendenti hamburger di Wagyu, spiedini per yakitori e ravioli gyoza, Juku, il primo Wagyu sostenibile, vincitore della Medaglia d’oro al World Steak Challenge 2024, il Ginkakuji Onishi Wagyu e la linea esclusiva di Charcuterie di Wagyu giapponese. Allo stand, i tre soci Paolo Tucci, Salvatore Di Mento e Hideki Onishi con tutto lo staff.
1/2/3/4) Tanta la carne in mostra al Padiglione 6, dalla selvaggina al pollame, al suino e bovino. Da 60 anni, SIAL Paris accoglie nella capitale francese i protagonisti del settore alimentare internazionale. Oggi SIAL attira espositori e visitatori da oltre 200 paesi ed è un evento di punta nel calendario alimentare mondiale. 5) Anche le carni gallesi IGP presenti a SIAL Paris 2024. 6) Maxim Oeyen e Andrea Carta di Sopraco.
In alto: i cuochi al lavoro presso l’area del VanDrie Group (photo © Aurélien Bacquet). In basso: panoramica dell’ingresso al Padiglione 6, dedicato alle proteine animali. Il SIAL Paris è un trendsetter e offre ai visitatori uno sguardo unico sul futuro dell’alimentazione globale attraverso un’area dedicata al salone con i prodotti della selezione SIAL Innovation (photo © Aurélien Bacquet).
1) Tagli di agnello e bovino scozzese IGP. 2) Joris Coenen, direttore del Belgian Meat Office, qui con Sharon Lagast e Elyne De Bruycker, ha accolto buyer e operatori in visita ai produttori del comparto carni del Belgio. 3) Rick Hutten, titolare di Hutten Beef, con i commerciali Theo van de Ven e Falko Kruiswijk in visita al SIAL. Hutten Beef opera nella macellazione e lavorazione carni dal 1928. 4) Scatto presso lo spazio espositivo del Gruppo francese Bigard.
In alto: Oliver King di Buitelaar Group. Con 16 sedi operanti in Europa, tra cui Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, il Gruppo offre tra le altre cose tagli bovini ottenuti da animali allevati e ingrassati in regime grass-fed. In basso: la spagnola Central de Carnes-Grupo Norteños, tra i maggiori distributori di carne in Europa con tagli premium per l’alta ristorazione.
Al termine della seconda giornata di SIAL Paris, si è svolta la presentazione ufficiale del nuovo Tuttofood 2025 (tuttofood.it) targato Fiere di Parma, in programma a Milano dal 5 all’8 maggio prossimi. Dalla suggestiva terrazza dell’Automobile Club di Parigi, a due passi dalla piramide del Louvre, l’AD di Fiere di Parma Antonio Cellie ha dichiarato: «Sono certo che, anche grazie alla partnership con Koelnmesse, Tuttofood già dal 2025 si affermerà come appuntamento chiave del calendario internazionale delle fiere del food. Da oggi, diventa ufficiale la nuova programmazione di Tuttofood Milano: dopo l’edizione di maggio 2025, che segnerà il debutto del nuovo format internazionale, Tuttofood si sposterà negli anni pari, e dunque a maggio 2026 (11-14) e maggio 2028, così da alternarsi con l’Anuga di Colonia, la più grande fiera europea B2B dedicata al mondo del food e, sul piano nazionale, con Cibus Parma, oggi più che mai casa del made in Italy agroalimentare e dei suoi territori. Tuttofood sarà la piattaforma privilegiata di promozione dei nuovi modelli di produzione e consumo responsabili. In fiera sarà possibile scoprire e toccare con mano le nuove tendenze, i processi produttivi più avanzati ed i prodotti più contemporanei alla domanda dei prossimi anni. Il nostro obiettivo è supportare e promuovere il cibo di qualità e renderlo disponibile, tramite retailers e distributori, ai consumatori di tutto il mondo». Alla serata è intervenuto anche Thomas Rosolia, AD di Koelnmesse Italia e presidente di Koeln Parma Exhibitions, secondo il quale il progetto Tuttofood 2025 «è riuscito ad intercettare le reali esigenze delle imprese, mettendo loro a disposizione una piattaforma unica di business e networking. Ne è la dimostrazione l’adesione di numerose aziende e collettive internazionali provenienti da 30 Paesi del mondo, particolarmente interessate anche alla Tuttofood Week, anch’essa un unicum nel panorama fieristico internazionale».
Gli oltre 150.000 m2 di spazio espositivo Rho Fiera si amplieranno andando ad abbracciare l’intera area metropolitana di Milano grazie alla concomitante Tuttofood Week, che già dalla settimana precedente (3-8 maggio), in collaborazione con Mondadori, promoverà una rassegna itinerante tra luoghi iconici della città, tra food show, tavole rotonde, eventi serali, degustazioni guidate, percorsi di mostra e rassegne cinematografiche, con una previsione di afflusso superiore ai 500.000 accessi (fonte: EFA News – European Food Agency).
SIAL Insights e i nuovi trend di consumo
SIAL Insights è uno studio esclusivo realizzato dal salone in collaborazione con i suoi partner, che ha l’obiettivo di analizzare le aspettative dei consumatori e le tendenze dell'innovazione alimentare, della ristorazione fuori casa e del retail su scala globale. Attraverso questo studio, SIAL Paris condivide con gli operatori le principali tendenze del 2024 e intende anche sensibilizzare i consumatori di tutto il mondo a diventare attori impegnati. I risultati sottolineano l’importanza centrale del food nella nostra vita e si basano su tre pilastri principali: emozione (il piacere prima di tutto, la ricerca di sapori potenti), connessione (il ritorno in forze della convivialità dopo la pausa forzata della pandemia) e attenzione (il nostro rapporto con il cibo per prenderci cura di noi stessi, degli altri, del pianeta).
SIAL Paris, con l’aiuto dei partner, ha anche pubblicato uno studio sull’open innovation nell’industria alimentare, rivelando le numerose sfide e i vantaggi di questo approccio collaborativo. Lo studio evidenzia il ruolo cruciale che le strutture giovani e agili svolgono nell’accelerare l’innovazione: non a caso il Villaggio delle Start-up quest’anno ha raddoppiato la sua superficie espositiva rispetto all’edizione precedente, diventando il cuore pulsante della manifestazione, simbolo dell’ascesa delle giovani imprese nella trasformazione del settore alimentare.
Elena Benedetti
➤ Prossima edizione del Salone Internazionale dell’Alimentazione
SIAL Paris 2026
Paris Nord Villepinte, 17-21 ottobre
Per 7 Italiani su 10 è il piatto di famiglia, un’eredità culturale, un “piatto della memoria” tramandato di generazione in generazione. Dopo le lasagne, il pollo arrosto è il “piatto della nonna” replicato più spesso e 7 Italiani su 10 lo cucinano almeno 1 volta al mese. A rivelarlo l’indagine AstraRicerche presentata in occasione del Pollo Arrosto Day 2024, la maratona social organizzata da UNAItalia, l’associazione nazionale dei produttori di carni bianche, che ogni anno il 2 ottobre, in concomitanza con la Festa dei Nonni, celebra uno dei piatti più amati di sempre. «Il Pollo Arrosto Day è un’occasione per scoprire trend e curiosità su una carne 100% made in Italy, la più consumata dagli Italiani, che piace a tutti per sua versatilità e la trasversalità, per le sue proprietà nutrizionali, il gusto e la facilità di preparazione. Ma anche il suo forte legame con la cultura italiana, le ricette tradizionali e quindi la memoria collettiva gastronomica» commenta Antonio Forlini, presidente di UNAItalia. «A confermare il trend, la crescita dei consumi pro capite (+2,9%) arrivati a 21,38 kg». «Il pollo arrosto, oltre ad essere un piatto della tradizione, è una pietra miliare importantissima nella mia vita in cucina, fortemente legata alle radici di Nonna Rosa» afferma lo chef Peppe Guida di Antica Osteria Nonna Rosa di Vico Equense (NA), 1 stella Michelin, tra i protagonisti di questa edizione del Pollo Arrosto Day con la ricetta “Pollo arrosto di Nonna Rosa con salsa fredda di limoni e patate”. «Trentacinque anni fa, Nonna Rosa era la rosticceria più conosciuta del Paese: il suo pollo allo spiedo era una vera bomba. La gente apprezzava, c’era sempre la fila sulla scala che portava all’ingresso. Con il mio piatto per questa edizione dell’evento ho voluto riproporre la ricetta di famiglia
ma soprattutto una preparazione di cui mi occupavo personalmente da ragazzino. Ancora oggi ricordo il profumo inebriante delle braci di legno di ulivo, la succulenza delle carni data dalla cottura in due tempi, l’odore delle spezie quali il rosmarino, aglio e falso pepe o pepe rosa. Da questa matrice fortemente familiare e tradizionale del pollo arrosto, ho poi elaborato una ricetta che, con le dovute modifiche, mi riporta ai gusti e ai profumi di un tempo, con un tocco diverso: una salsa di agrumi che richiama la mia terra».
Pollo arrosto, il secondo più replicato che batte le polpette Lasagne e pasta al forno, polpette al sugo, gnocchi, pollo arrosto sono senza dubbio i piatti protagonisti dei ricordi degli Italiani, con il pollo arrosto che è il “secondo della nonna” più replicato (32,8%) mentre il primo sono le lasagne. Sono i ricordi a fare da leitmotiv ai piatti più replicati dagli Italiani: quelli dell’infanzia, che si mangiavano da bambini. Dall’indagine emerge, infatti, che per 88,2% degli intervistati la nonna è presente nei personali ricordi dei piatti della tradizione. Lungo
tempo hanno infatti trascorso gli Italiani con la nonna in cucina: per il 28,3% degli intervistati si è trattato di tutti o quasi tutti i giorni della propria infanzia/adolescenza e per il 22,5% di tutti i week-end, per il 20,5% il tempo delle vacanze estive/invernali.
E chi ha ricordi di cucina legati alla propria nonna, non ha dimenticato i suoi segreti: spontaneità e intuito sono il vero segreto (45,7%), una sorta di “superpotere” che permette di misurare le dosi senza
bilancia, di cucinare ad occhio e che fa dell’assaggio in cottura, anche attraverso l’uso delle mani, lo strumento definitivo per appurare l’effettiva resa di un alimento. Tra i must per un “pollo come nonna comanda” ci sono poi le patate a volontà (44,4%), l’uso di erbe aromatiche, anche sottopelle, soprattutto rosmarino e aglio (37,8%) e la marinatura prima di infornare il pollo (22,8%).
Fonte: UNAItalia unaitalia.com
La carne certificata Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP torna protagonista tra i banchi di scuola con lezioni dedicate alla qualità e alla valorizzazione di questa eccellenza made in Italy. L’iniziativa, promossa dal Consorzio di Tutela, si rivolge agli studenti delle classi quarte e quinte degli istituti agrari e alberghieri di Toscana, Umbria e Marche. L’obiettivo è quello di approfondire attraverso incontri nelle scuole temi importanti quali il significato e il valore delle certificazioni dei prodotti agroalimentari, la filiera produttiva del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP e le specificità delle tre razze tipiche previste dal Disciplinare di produzione: Chianina, Marchigiana e Romagnola. Gli incontri del Vitellone Bianco nelle scuole hanno preso il via giovedì 31 ottobre da Grosseto, con la lezione all’Istituto†Tecnico Agrario Statale “Leopoldo II di Lorena”. A novembre è stata la volta di Macerata seguita da Pesaro e Fabriano. Le lezioni dedicate alla qualità della carne certificata del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP proseguono nel mese di dicembre a Siena e Montalcino.
«Siamo felici di tornare tra i banchi di scuola con il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP — ha commentato il direttore del Consorzio di tutela Andrea Petrini — e di portare avanti un’iniziativa nata negli anni scorsi per contribuire alla formazione pratica e teorica dei nostri professionisti del futuro. Questi incontri sono particolarmente apprezzati dalle scuole e dai ragazzi perché arricchiscono e completano il loro curriculum scolastico con un approccio concreto verso i temi della qualità alimentare, del controllo delle filiere produttive e delle produzioni DOP e IGP. Per il nostro Consorzio di tutela, inoltre, queste lezioni sono un’attività stimolante e ci permettono di condividere con i giovani le competenze e l’esperienza che ci contraddistingue in questo settore».
>> Link: www.vitellonebianco.it
Acquisita la maggioranza dello storico chiosco milanese. Obiettivo, espandere il brand
Per Milano e i Milanesi è qualcosa più che un semplice chiosco al centro di Piazza Bruno Buozzi, nel pieno del quartiere di Porta Romana. Giannasi 1967 Milano è considerato da anni il re dei polli allo spiedo, un pezzo di storia gastronomica meneghina che entra oggi in una nuova era, visto che è stato acquisito dal Gruppo Finiper Canova. Lo fa sapere lo stesso gruppo in una nota nella quale comunica l’acquisizione di “una partecipazione di maggioranza in Giannasi, il celebre
chiosco milanese conosciuto fin dal 1967 soprattutto per il suo rinomato pollo. Questa collaborazione vuole accompagnare il percorso di crescita di Giannasi che mira a espandere la propria presenza sul territorio, con l’apertura di nuovi chioschi e punti vendita, mantenendo intatta la sua identità e tradizione”
“Il Gruppo Finiper — prosegue il comunicato — si impegna, a rispettare e preservare i valori fondanti che hanno reso Giannasi un’icona cittadina, garantendo la continuità in termini di qualità, servizio e coerenza con la
sua storica offerta. La continuità sarà anche garantita da Paola Giannasi, figlia del fondatore, che rimarrà attiva nella gestione del brand meneghino, ispirandone lo sviluppo futuro”.
La partnership, spiega ancora la nota ufficiale, ha infatti “l’obiettivo di assicurare una crescita armoniosa e graduale che mantenga le caratteristiche uniche e riconosciute che hanno contribuito al successo di Giannasi. La priorità è garantire che i clienti possano continuare a riconoscere in Giannasi la stessa autenticità e qualità che hanno
sempre amato”. Il Gruppo Finiper agirà come partner strategico, offrendo supporto e opportunità di sviluppo, “senza modificare l’essenza di ciò che ha reso Giannasi un marchio di successo e un punto di riferimento per la gastronomia milanese”, conclude la nota.
L’attività di Giannasi ha inizio nel 1950 quando i fratelli Graziella, Dorando e Luciano Giannasi approdano a Milano dall’Appennino tosco-emiliano per aprire una “Polleria e Posteria” con tanto di locale di macellazione all’avanguardia per l’epoca. L’individuazione del chiosco in piazza Buozzi e il suo avvio risalgono al 1967. Negli anni ‘80 la ditta ha all’attivo 6 dipendenti e si comincia a vendere anche carne rossa. Negli anni ‘90 Dorando Giannasi ottiene la nomina a Cavaliere del Lavoro e avviene la vera svolta con l’inserimento del primo girarrosto nel chiosco: ha inizio la “parabola del pollo”. Negli anni 2000 la rosticceria occupa la maggior parte del banco e viene istituito il merchandising. Il Covid porta all’introduzione del servizio di delivery e alla creazione dei canali social. Nel 2023 FORBES inserisce Giannasi tra le 100 eccellenze italiane
Il Gruppo Finiper Canova, fondato nel 1974 con l’apertura del primo ipermercato italiano a Montebello della Battaglia (PV), opera prevalentemente nel settore della GDO e si suddivide in 4 grandi aree: ipermercati Iper La grande i , supermercati Unes, col marchio il Viaggiator Goloso, le diverse insegne legate al settore della ristorazione(tra cui Ristò, Rom’Antica, CremAmore e Portello Caffè) e attività immobiliari.
Presente in 4 regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto ed EmiliaRomagna), il Gruppo è ancora oggi controllato dal suo fondatore, l’imprenditore Marco Brunelli, e vanta una rete di 21 ipermercati, 1 super store, 206 supermercati (di cui 75 in franchising), 6 gallerie commerciali e 91 punti di ristorazione (ristoranti self-service, pizzerie, bare
Nel 2010 il Comune di Milano ha premiato il signor Dorando Giannasi conferendogli l’Ambrogino d’oro con questa motivazione: “da oltre 40 anni punto di riferimento per gli abitanti di Porta Romana e per tutti i Milanesi amanti del gusto e della gastronomia. Passione, serietà e un’attenta selezione delle materie prime per garantire al cliente un prodotto d’eccellenza e dal gusto inconfondibile. Questi i tratti distintivi di una vita dedicata al lavoro a cui si affianca un costante impegno civile e di sostegno alle attività di raccolta fondi promosse dall’AIRC” (fonte: www.comune.milano.it/benemerenzeciviche; photo © instagram.com/giannasi1967).
gelaterie) che impiegano un totale di oltre 10.000 addetti: ha chiuso il 2023 superando 3 miliardi di euro di fatturato, con oltre 200 milioni di ebitda.
Questo tipo di operazioni non sono certo un episodio isolato nel mondo della ristorazione e gastronomia. Complice la stanchezza della vecchia gestione, la mancanza di eredi che vogliono portare avanti la tradizione, sono tante le inse-
gne milanesi acquisite dai grandi gruppi. Ricordiamo la Pasticceria Marchesi ora sotto Prada, la Pasticceria Cova presa addirittura da Monsieur Arnault, il ristorante Giacomo rilevato dalla Famiglia Rovati. Oppure La Latteria San Marco, che secondo alcune indiscrezione è verso la riapertura grazie all’imprenditore del cashmere Loro Piana. Fonti: EFA News – European Food Agency, www.giannasi1967.com
Cresce il peso del biologico all’interno del settore agroalimentare, aumentano i prodotti bio nell’offerta del canale HO RE CA. e l’attenzione dei consumatori verso cibi e ingredienti considerati più sani. Sono queste le evidenze rilevate negli ultimi anni da NOMISMA analizzando il mercato biologico italiano, uno dei fiori all’occhiello del made in Italy
Per fare il punto sul ruolo del bio in vista di SANA Food, manifestazione che si terrà in una veste rinnovata nel quartiere fieristico di Bologna dal 23 al 25 febbraio 2025, NOMISMA AGRICOLTURA ha intervistato Evita Gandini, responsabile Market Insight Nomisma. «Sul posizionamento del biologico sui mercati italiani e stranieri Nomisma ha iniziato a raccogliere dati nel 2012.
Registrando una crescita costante» spiega Evita Gandini. «Basti considerare che oggi il bio vale quasi 5,5 miliardi di euro sul mercato italiano e 3,6 miliardi di euro sui mercati internazionali, con un incremento del 9% nel primo caso e dell’8% nel secondo, dati registrati nel 2023 sull’anno precedente. E sull’export emerge un balzo a tre cifre: +203% la variazione 2023-2012. Numeri che certificano la crescente rilevanza del prodotto bio nell’agroalimentare. Per quanto riguarda, invece, l’incidenza sul totale, possiamo esaminare cosa accade nel canale della distribuzione moderna (solo iper e supermercati), dove il bio pesa il 3,2% sul carrello della spesa delle famiglie, con un aumento negli ultimi dieci anni di un punto percentuale».
Analizzando nello specifico i dati della GDO è, inoltre, possibile conoscere quali sono i prodotti biologici più apprezzati dai consumatori. «Nella top 10 dei più venduti troviamo uova, gallette, confetture spalmabili a base di frutta, sostituti del latte e olio extra vergine di oliva. Queste sono le macro categorie principali, molte delle quali, come ad esempio gallette e confetture, presentano un’incidenza del bio molto alta. Ovviamente, più questa incidenza sale, più è probabile trovare a scaffale il prodotto, con una ricaduta positiva sulla consumer base».
Il biologico fuori casa
vale 1,3 miliardi di euro
Gli ultimi dati raccolti da Nomisma, e presentati a SANA nel 2023, mostrano come i consumi fuori casa
L’evoluzione nei consumi e nei trend di settore si traduce in una nuova concezione di manifestazione fieristica: da fiera di prodotto, SANA diventa fiera di canale, creando il format SANA Food, dedicato esclusivamente al mondo dell’alimentazione. SANA Food propone alle aziende del bio e della sana alimentazione target profilati di visitatori nazionali e internazionali in rappresentanza dei settori dell’Ho.re.ca, dei negozi specializzati e dei distributori. I dati di mercato rivelano un’impennata della domanda di prodotti plant based, free from, rich in, DOP, IGP e STG, guidata da una crescente consapevolezza dell’impatto ambientale della produzione alimentare. Nella proposta espositiva di SANA Food, questi prodotti si affiancano al biologico, da 36 anni cuore pulsante di SANA, per offrire al pubblico professionale un’esperienza di visita e opportunità di business più articolate e in sintonia con le tendenze di mercato. Ciò anche grazie alla contemporaneità con Slow Wine Fair, la fiera internazionale del vino buono, pulito e giusto, con cui SANA Food condivide valori, filosofia e il visitatore specializzato del mondo HO RE CA
>> Link: sana.it
abbiano dato un forte impulso alla crescita complessiva del mercato biologico. «Il bio away from home vale 1,3 miliardi di euro, con un balzo in avanti del 18% sul 2022, considerando sia la ristorazione collettiva, come scuole e ospedali, sia quella commerciale, specializzata o generalista, che offre prodotti biologici.
Abbiamo approfondito questa tendenza dal punto di vista di consumatori e operatori HO.RE.CA. tramite l’Osservatorio SANA 2022: qui i dati ci dicono che 7 ristoranti su 10 e 6 bar su 10 propongono sul menù almeno un ingrediente o un piatto biologico. Una penetrazione trasversale in Italia nel canale extradomestico che sarà oggetto di ulteriore analisi a Rivoluzione Bio 2025: gli stati generali del biologico italiano. In questa occasione Nomisma presenterà i dati aggiornati al 2024».
Ma la presenza del bio è aumentata anche nella ristorazione collettiva, grazie alle decisioni lungimiranti prese a livello amministrativo. «Oggi i menù delle scuole e degli ospedali sono molto più attente a cosa mettere in tavola rispetto al passato. Si può certamente fare di più, perché sono gli stessi cittadini che
chiedono una maggiore presenza di alimenti biologici nelle mense scolastiche, ospedaliere e aziendali, come abbiamo rilevato nelle survey» commenta Gandini.
Perché scegliere bio?
Le motivazioni di ristoratori, baristi e consumatori
Interpellati sulle motivazioni che orientano verso il biologico, ristoratori e baristi esprimono posizioni strategiche analoghe, mentre i consumatori confermano una tendenza ormai radicata. «Le risposte cambiano in base al target. Per i ristoranti, ad esempio, è soprattutto una scelta etica o legata all’obiettivo di presentare sulla carta prodotti di maggiore qualità. Per i bar si aggiunge una valutazione di posizionamento: i locali che scelgono bio
SANA Food 23-25 febbraio 2025
BolognaFiere
vogliono distinguersi e differenziarsi rispetto alla media dei colleghi, oltre che offrire prodotti salutistici alla propria clientela.
Mentre il driver che più di altri indirizza i consumatori verso scelte bio è legato ai motivi di salute. Un prodotto biologico è ritenuto più sicuro e salubre rispetto ad uno convenzionale. Ma non solo. Fra le motivazioni emerge anche il gusto e la qualità, perché si ritiene che il prodotto bio sia più buono».
Più informazioni bio
Tutte le indagini effettuate da Nomisma negli anni passati evidenziano un fattore che probabilmente si confermerà anche nel prossimo rapporto, ovvero la necessità di avere più informazioni sui prodotti biologici. «Questo accade sia dal
Oggi il bio vale quasi 5,5 miliardi di euro sul mercato italiano e 3,6 miliardi di euro sui mercati internazionali. E sull’export emerge un balzo a tre cifre: +203% la variazione 2023-2012. Numeri che certificano la crescente rilevanza del prodotto bio nell’agroalimentare
con un aumento negli ultimi dieci anni di un punto percentuale.
lato domanda che dal lato offerta» prosegue Evita Gandini. «Consumatori da una parte e ristoranti e bar dall’altra ritengono di non avere informazioni sufficienti su tutto ciò che riguarda il metodo di produzione e le caratteristiche dell’alimento o dell’ingrediente bio. Solo il 27% dei baristi e il 32% dei ristoratori dichiara di essere adeguatamente preparato.
Disporre di maggiori informazioni per conoscere e promuovere i prodotti bio non è una velleità fine a se stessa ma diventa una necessità perché, da una parte, consente una selezione consapevole dei prodotti da parte dell’esercente e, dall’altra, sensibilizza i consumatori affinché riconoscano le proprietà e le virtù del biologico».
In questo scenario, soprattutto negli ultimi due anni, il prezzo è stato un freno per chi non si era ancora avvicinato a questo mondo,
una situazione che oggi — col calo dell’inflazione e dei prezzi — può cambiare. «Nonostante un tasso di penetrazione che ha raggiunto il 90% (9 Italiani su 10 hanno acquistato cibi biologici almeno una volta in un anno), oggi chi non sceglie bio lo fa essenzialmente per il costo. Tuttavia, va detto che gli ultimi dati 2024 registrano un calo dell’inflazione e questo sta avendo come conseguenza un calo dei prezzi importante, anche nel bio, che incide sulla crescita del comparto emersa nella GDO».
Rivoluzione BIO 2025: numeri e analisi al servizio del settore biologico
Come detto, all’interno di SANA Food 2025 si terrà la sesta edizione di Rivoluzione Bio. «Rivoluzione Bio, in calendario il 24 e 25 febbraio, sarà il momento all’interno di SANA Food in cui parleranno i numeri.
Un evento di diffusione e condivisione dei dati raccolti e aggiornati, sia rispetto ai dati strutturali del comparto, come superfici, aziende e operatori, sia rispetto ai dati di mercato più recenti.
Scatteremo una fotografia del bio 2024 in tutti i canali, con un focus sull’export attraverso un’indagine diretta sulle imprese che ci permetterà di individuare il ruolo delle esportazioni italiano sui mercati internazionali, grazie anche alla piattaforma ITA.BIO, supportata da ICE. Ci sarà, inoltre, un approfondimento dedicato ai consumi fuori casa, per definire opportunità e prospettive di un comparto in continua ascesa» conclude Evita Gandini. Fonte: Nomisma Agroalimentare Ricerche di mercato, servizi e consulenza per il settore vinicolo e agroalimentare
>> Link: nomisma.it
ABRUZZO- Teramo LENOSTREDIVISIONI
PELLICONCIATE: PELLIGREZZE: VENETO- Arzignano
Lo afferma il Rapporto Coop 2024 che analizza consumi e stili di vita degli Italiani di oggi e di domani
Èstato pubblicato il “Rapporto Coop 2024 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di ANCC-COOP (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop ) con la collaborazione scientifica di NOMISMA, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi, Campo Ricerca-Scomodo. L’edizione 2024 del Rapporto è orientata a leggere le scelte che gli Italiani sono pronti a compiere e che quotidianamente fanno partendo dal loro rapporto con il cibo.
Il mondo al bivio “È il tempo delle scelte, quelle che cambiano i destini del mondo, quelle dei singoli Paesi, fino ad avere impatti sulla vita quotidiana di ciascuno di noi. Il 2024 è l’anno in cui hanno votato o voteranno i cittadini di 76 Paesi, tra i maggiori del mondo (a partire dagli USA), elezioni che coinvolgono oltre metà della popolazione mondiale, ma mai come ora la democrazia non può darsi per scontata e va invece difesa. Non è certo un caso se nell’ultimo anno l’affluenza alle elezioni europee sia stata in media del 51% a fronte di poco più del
42% di 10 anni fa. Ed è anche questo l’anno in cui per il proliferare dei conflitti il ricorso alle armi torna ad essere un’opzione concreta. Una consapevolezza quest’ultima che sembra oramai acquisita anche nel nostro Paese: un Italiano su 3 dichiara la sua preoccupazione per le tensioni internazionali, la maggioranza (il 55%) si dice favorevole alla reintroduzione della leva militare obbligatoria e il 65% ritiene necessario intervenire in un conflitto nel caso l’adesione alla Nato lo richiedesse, accettando anche per il 15% del campione l’invio di truppe di terra.
A generare altra preoccupazione fra i nostri connazionali è anche il cambiamento climatico. Se è vero infatti che le conseguenze del climate change si scaricheranno soprattutto sul Sud del mondo (anche se la metà delle emissioni dei gas serra è responsabilità di appena un decimo della popolazione, la più ricca), l’Italia, per la sua condizione geografica e la posizione al centro del Mediterraneo, ne subirà i maggiori effetti in Europa, come teme il 55% dei manager intervistati nella survey Looking Forward, per non parlare del 37% degli intervistati che vede tra i principali rischi del surriscaldamento del Pianeta anche
La parola chiave con cui gli Italiani si approcciano ai consumi oggi è risparmio, la scelta del cibo passa dalla testa piuttosto che dalla pancia, si moltiplicano le identità alimentari e si rafforza la coscienza ambientalista, driver dei comportamenti alimentari insieme al benessere
“ ”
la difficoltà di approvvigionamento di materie prime (e il 52% dà già per certo l’aumento dei costi operativi). Peraltro, proprio la sua posizione espone l’Italia ai maggiori flussi migratori che verranno dal continente africano, protagonista nei prossimi trent’anni di una eccezionale crescita demografica.
A livello economico, scampato il pericolo della stagflazione e con un PIL globale che va meglio di quanto previsto (+3,2% le ultime previsioni sulla crescita), a tirare la volata sono sempre più le economie emergenti (al fianco della Cina, si rafforza l’India), ma con l’Italia che rivela una sorprendente capacità di resilienza e non è più l’ultima d’Europa anche se in un contesto continentale certo non brillante. +0,9% la previsione PIL UE a fine 2024 a fronte di una previsione pari a +0,7% del PIL del nostro Paese, mentre il 61% dei manager intervistati dichiara il suo ottimismo su una crescita economica dell’Italia superiore o quanto meno in linea con la media europea nei prossimi anni.
Un Paese inquieto
La modesta ripresa economica non basta a tranquillizzare gli Italiani. La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2024 è quella di un Paese inquieto,
Dopo un anno complesso diviso tra andamenti altalenanti dell’inflazione e crisi internazionali, gli Italiani vivono il 2024 preparandosi al momento delle scelte. Posti di fronte a molti bivi, modificano le loro attitudini al consumo, sostituiscono le loro icone e si preparano anche agli scenari peggiori, come il possibile scoppio di nuovi conflitti. Pronti a rimboccarsi le maniche ove ce ne è bisogno, ma anche alleggeriti dall’inflazione, riscoprono la tavola e anche se stessi attraverso questa.
dove si riduce la quota di chi guarda con fiducia al futuro (che scende di 4 punti in due anni) e aumenta il timore (+11 punti percentuali 2024 su 2022). Le giovani generazioni, sulle quali si scarica maggiormente il peso del futuro incerto che si prospetta, pur non mostrando piena consapevolezza di ciò, sono più mobilitate dei loro coetanei europei ad attivarsi per cercare di cambiare la società in cui vivono: il 52% lo ha fatto rispetto ad un 48% della media europea.
Un’inquietudine di fondo generata anche dal fatto che la maggioranza degli Italiani (il 55%) è alle prese con una vita ben diversa dalle proprie aspettative di partenza molto spesso in senso peggiorativo (44% del campione). Un sentiment con cui gli Italiani si proiettano in avanti che cozza con i dati dell’oggi. Seppur in modo diseguale.
Se è vero infatti che il potere di acquisto nel nostro Paese ha recuperato i livelli pre-pandemia e che
oggi più di ieri sono diminuiti gli Italiani che hanno vissuto situazioni di disagio profondo (l’ammettevano 20 milioni di persone nel 2022 rispetto ai 12 milioni di oggi) e che le famiglie in difficoltà ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro passano dal 45% del 2023 al 33%, restano comunque ampie le difficoltà sociali del Paese. E anche questa faticosa tenuta non è avvenuta senza sacrifici
Innanzitutto, l’overworking è la leva principale con cui gli Italiani provano a difendere il loro tenore di vita: infatti, già nel 2023, per ottenere redditi reali di poco superiori a quelli di 5 anni, fa sono stati costretti a un surplus di ore lavorate (un miliardo e mezzo di ore in più). E, come spesso accade, sono molto ampie le differenze tra i settori economici. Ad esempio, i redditi per occupato dei lavoratori della sanità sono calati dell’8,5%, quelli dell’istruzione dell’11,2% mentre per altri, come il settore costruzioni
o l’ambito immobiliare, i redditi sono cresciuti rispettivamente del 4,6% e del 6,4%. Forse anche per questo a precisa domanda il 75% degli intervistati non esita a dichiararsi insoddisfatto in primo luogo della propria retribuzione.
La vita al risparmio
Col recupero dei redditi anche i consumi tornano, in termini reali, ai livelli pre-pandemia (+0,3% nel 2023 vs 2019), ma più che in passato sono ostaggio delle spese obbligate che limitano di molto gli spazi discrezionali delle famiglie. Non sorprende allora che la parola chiave con cui gli Italiani si approcciano ai consumi sia il risparmio, di gran lunga il primo criterio di scelta negli acquisti (lo dice il 75% del campione), sia che si tratti di riempire l’armadio sia di scegliere un’auto (peraltro sempre più frequentemente usata, tanto che sono 15 milioni gli Italiani che hanno rinunciato all’acquisto dell’auto
nuova nel 2024), mentre rimane un miraggio la casa di proprietà (–2,1% le compravendite nel corso di quest’anno).
Anche i prodotti tecnologici a partire dallo smartphone, fino all’altro ieri oggetto dei desideri, hanno perso buona parte della loro attrattività e le vendite a volume nell’ultimo anno scendono di oltre il 6% e proprio lo smartphone con i suoi accessori (–7,4% e quanto a numero di pezzi quasi un milione in meno anno su anno) insieme alle TV e ai PC registrano cali significativi (mentre crescono prodotti tech per la cucina e il beauty). Sostanzialmente una vita a basso impatto dove l’essenziale diventa centrale, il superfluo viene drasticamente ridotto
Tra i comportamenti emergenti in fatto di abitudini di consumo non stupisce trovare il tema del riparare oggetti piuttosto che sostituirli (il 26% con maggiore frequenza in prospettiva) e il ricorso ai prodotti di seconda mano (nelle prossime intenzioni di acquisto dichiarate dal 24%). Ed è così che si fa largo un ripensamento significativo della propria identità. Per l’85% del campione piuttosto che la capacità economica e lo status sociale è proprio la dimensione personale e privata a caratterizzare la percezione di sé stessi, a partire dalla famiglia, dalla propria situazione affettiva e anche dal dispiegarsi delle proprie doti etiche e morali. Anzi, l’acquisto e il possesso di beni smettono di essere aspirazionali e sembrano perdere per buona parte degli Italiani quegli attributi di gratificazione personale e di riconoscibilità sociale che pure hanno caratterizzato una lunga fase della nostra società degli ultimi decenni.
Un’indifferenza per gli acquisti (coloro che aumenteranno gli acquisti solo per il mero piacere di comprare sono meno di chi invece aumenterà questo approccio di consumo, –3 punti percentuali) e uno strisciante de-consumismo che relega i forzati del lusso in una
trincea sempre più minoritaria e oramai appannaggio solo dei super ricchi.
In tanta frugalità, sopravvive invece, e anzi si rafforza, la propensione al benessere personale e a un vero e proprio culto del corpo. Ne deriva, da un lato, una sana attenzione alla propria salute, che tra l’altro spinge gli Italiani nelle braccia della sanità privata (il 23% della spesa sanitaria nel nostro Paese — 40,6 miliardi di euro — è finanziata direttamente dai cittadini). E qui spunta anche una propensione positiva verso un’applicazione dell’AI per quanto riguarda il progresso tecnologico, le scoperte scientifiche e anche le applicazioni in campo medico a tutela proprio della salute.
Più sorprendente, a fianco di questo utilizzo tutto sommato strumentale dell’AI, il fatto che un Italiano su tre dichiari di poter in futuro persino sviluppare un legame affettivo con un umanoide digitale o un sistema operativo. O la disponibilità dichiarata dal 37% di farsi impiantare un microchip per eseguire piccole azioni quotidiane come pagare digitalmente o altro.
Dal culto del proprio corpo deriva anche il mantra del tutti a dieta, siano esse diete ipocaloriche, salutistiche e dello sport praticato oramai a vario titolo da 4 Italiani su 10 (quasi 17 milioni di persone). E dall’altro si profila l’ossessione per i trattamenti estetici e la cosmesi, dove la parsimonia prima evidenziata sembra attenuarsi e in certi casi scomparire.
Gli Italiani spendono in media 350 euro all’anno per cure estetiche, la variazione di vendite di prodotti cosmetici (2024 su 2019) è a doppia cifra (+29%), fino a sfiorare comportamenti disfunzionali (8,6 milioni gli Italiani che assumono o sono interessati a ricorrere a farmaci per il diabete per dimagrire).
La dimensione olistica del cibo Dopo gli anni difficili dell’impennata dei prezzi, che aveva messo
Si frammenta l’identità alimentare degli Italiani a tavola.
in profonda difficoltà gli acquisti degli Italiani e la loro stessa identità alimentare, nel 2024 l’inflazione si azzera e i volumi del largo consumo tornano dopo quattro anni in positivo (+0,9% nel primo semestre 2024 rispetto al 2023). Guardando ai soli canali iper, super e libero servizio, nel primo semestre 2024 le vendite a volume sono state superiori a quelle del 2019 del 3,9%. Il cibo rimane, anche nelle previsioni, l’unico comparto in cui tagliare la spesa è una opzione solo per una ristretta minoranza degli Italiani; il 21% del campione dichiara che aumenterà la sua spesa contro il 10% che intende diminuirla. Torna a crescere il numero degli Italiani che dichiara una identità alimentare (+6% sul 2023), non più una sola, però, ma molteplici. Pur nel solco della tradizione, sono infatti molti gli Italiani che si aprono alla scoperta di nuovi stili alimentari (…).
Da sempre, d’altronde, il cibo è per noi Italiani rispetto alla media europea più di un nutrimento fine a sé stesso e, vista la propensione attuale, non stupisce come i nostri
connazionali siano ben più attenti ad una alimentazione sana rispetto al resto degli europei. Coloro che pensano di rafforzare questa propensione sopravanzano di 36 punti percentuali chi la diminuisce; una differenza più alta di quella europea che si ferma a 31 punti percentuali.
Sempre gli Italiani sono anche gli unici, almeno a parole, a dirsi disposti a pagare di più per avere prodotti salutari (complessivamente e al netto di chi non sarà disposto, +15%, a fronte di una media UE ferma a +1%). Sempre di più la scelta del cibo passa dalla testa piuttosto che dalla pancia e questo spiega molte delle rinunce in atto. Una riscossa salutistica che non lascia a casa nemmeno il biologico, ritornato dopo anni di appannamento tra i desiderata degli Italiani: sono 24,8 milioni le famiglie già acquirenti, con una penetrazione del 96,6% e 9,6 milioni gli Italiani che nei prossimi mesi ne aumenteranno l’acquisto.
Queste nuove sensibilità si ritrovano anche nell’approccio che le generazioni più giovani hanno
nei confronti del cibo dove, al pragmatismo nella ricerca del prezzo più basso (il 51% lo considera il fattore su cui basa la sua decisione di acquisto), si affiancano alternative più rispettose dell’ambiente (il 58% sceglie prodotti di stagione, il 39% privilegia freschezza e qualità).
Sul versante dei comportamenti di acquisto, i prodotti a marchio del distributore (MDD) e i discount continuano a rappresentare i migliori interpreti di questa nuova saggezza dei consumi. Nel primo semestre 2024 la MDD raggiunge a volume il 38,2%% delle vendite totali del mercato con un incremento di 2,2% a valore e 2,4% a volume rispetto allo stesso periodo 2023, a fronte di una variazione dei prodotti di marca (TOP 20) del –0,5% a valore e –2,2% a volume. Allo stesso modo continua la crescita del discount che, anche grazie ad una continua espansione della rete di vendita, raggiunge il 23% di quota di mercato, con un incremento di circa 4 punti percentuali rispetto al 2019”.
Fonte: italiani.coop
Il Rapporto FIPE-Confcommercio delinea un quadro a tinte fosche, ma si inizia ad intravedere la luce in fondo al tunnel
di Maria Antonietta Dessì
Non c’è pace per la ristorazione italiana. Dopo il Covid, una crisi sui costi, come poche ce ne sono state negli ultimi decenni. Prima l’impennata insopportabile delle bollette, poi un’inflazione galoppante che stenta a ridursi e un mercato dove si deve fare i conti con portafogli sempre
più leggeri. E, come se non bastasse, nel sentimento comune, bar e ristoranti sono visti come soggetti attivi in questo nefasto processo, colpevoli, secondo una diffusa scuola di pensiero, di aver ritoccato oltremodo al rialzo i propri listini. Questo a dispetto anche del fatto che la dinamica dei prezzi del settore sia
stata in realtà trattenuta di oltre tre punti al di sotto di quella generale, nel tentativo di andare incontro ad una clientela già sfiancata dall’aumento vertiginoso del costo della vita. E se da una parte persistono vecchi problemi — si pensi ai costi ingenti per rinnovare gli ambienti — dall’altra si fanno i conti con
Il fuoricasa si conferma un mercato importante e in sviluppo per aziende e imprenditori a tutti i livelli, ma al contempo è un mercato sempre più competitivo e complesso per cui occorre sviluppare strategie mirate in funzione di aree e canali che si intendono presidiare.
Sulla base dei dati presenti nel “Rapporto 2023 sulla Ristorazione” di FIPE -Confcommercio, nell’analisi dello stato di salute del comparto colpisce l’alta mortalità delle imprese. Nel 2022 ne sono state avviate 9.688, ma nello stesso anno 20.384 hanno cessato, portando il saldo a –10.696 unità (photo © Aleshin Andrei).
nuove problematiche, come quelle della mancanza di personale, della necessità di elevare la professionalità e di trovare “un proprio posto nel mondo”, con una proposta definita che qualifichi l’esercizio.
Sono tutti elementi forniti dal “Rapporto 2023 sulla Ristorazione” di FIPE-Confcommercio che, per valutare lo stato di salute del comparto, ha condotto uno studio anche in collaborazione con prestigiosi istituti che operano nel campo delle analisi economiche.
Tra i primi dati colpisce l’alta mortalità delle imprese. Nel 2022 ne sono state avviate 9.688, ma nello stesso anno 20.384 hanno cessato, portando il saldo a –10.696 unità. Se da una parte c’è l’invalsa convinzione che aprire un bar o un ristorante siano operazioni alla portata di tutti e quindi soluzioni buone sia per chi vuole investire sia per chi è rivolto all’autoimpiego, dall’altra manca diffusamente l’inclinazione alla pianificazione e allo studio di progetti e modelli organizzativi adeguati, che garantiscano maggiori certezze di riuscita.
Con un valore aggiunto stimato in 43,5 miliardi di euro, a dicembre 2022 negli archivi delle Camere di Commercio italiane risultavano attive 335.817 imprese appartenenti al codice di attività 56.0, col quale vengono classificati i servizi di ristorazione e non solo. Il numero è in diminuzione sul 2021, seppur in maniera lieve, con una maggiore accentuazione nel Friuli Venezia Giulia e in modo ancora maggiore nelle Marche, effetto probabilmente degli strascichi delle misure dovute alla pandemia. Il calo è diffuso a livello territoriale, non alterando in modo significativo la composizione percentuale tra le regioni. Le imprese del settore gestite da donne sono il 28,2% del totale, quelle da giovani under 35 invece 48.408, pari al 12,3%. Sono infine più di 50.000 le imprese con “titolari” stranieri, pari quasi al 13%.
I pubblici esercizi sono una realtà ampiamente diffusa in ogni regione che non ha eguali in nessun’altra tipologia di servizio alle persone. La presenza è strettamente legata a variabili demografiche più
che economiche. La Lombardia si conferma la prima regione per presenza di imprese del settore, con una quota sul totale pari al 15,3%, seguita da Lazio (10,5%) e Campania (10,1%).
Valutando invece la struttura aziendale, la ditta individuale si mostra la forma giuridica prevalente, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, dove la quota sul totale, raggiunge soglie che sfiorano il 70% del numero complessivo delle imprese attive (vedi caso della Calabria). Le società di persone sono un’opzione diffusa nelle aree settentrionali del Paese, mentre le società di capitali, pur minoritarie, si ricavano uno spazio in regioni come il Lazio. In questo contesto, il settore mense & catering, cioè di ristorazione collettiva, rappresenta oltre 3.600 realtà, concentrate principalmente in Lombardia, Lazio, Campania, ma con presenze importanti anche in Toscana e Sicilia, complice la presenza di scali aeroportuali di rilievo. Il settore è dunque più strutturato e il mercato principalmente B2B, spesso regolato da gare d’appalto, ma che registra i più bassi tassi di sopravvivenza.
Quanto al personale, al netto dei numerosi problemi a reperirlo, è in ripresa l’occupazione dipendente: le oltre 165.000 aziende con almeno un dipendente hanno impiegato 987.052 lavoratori. L’occupazione dipendente anche in bar, discoteche e ristorazione collettiva migliora, ma resta sotto i valori del 2019.
L’input di lavoro proviene per oltre il 63,8% dal lavoro dipendente, mentre le unità di lavoro indipendenti sono il 36,2% del totale. Inoltre, andando a guardare negli organigrammi aziendali, osserviamo che l’imprenditore è anzitutto un lavoratore. Il 93,8% svolge infatti la propria attività lavorativa all’interno del proprio ristorante, con un’intensità dell’impegno tutt’altro che banale, poiché assorbe mediamente oltre 9 ore al giorno.
Secondo l’INPS, ciascuna azienda occupa mediamente 6 unità. I
Il 2022 è stato un anno importante per la ristorazione, con un recupero notevole delle perdite subite in pandemia. Gli imprenditori del settore abbozzano un timido ottimismo, con 9 ristoratori su 10 che si dicono fiduciosi sul futuro.
valori si avvicinano sempre più ai livelli pre-pandemia. Il recupero in termini assoluti ha interessato tutti i settori, ma in particolare rispetto al 2019 sono i ristoranti (+9.308), la fornitura di pasti preparati (+8.166) e gli stabilimenti balneari a registrare un segno positivo. L’87,5% degli occupati dipendenti svolge mansioni operative. Non trascurabile il numero degli apprendisti, pari a oltre 76.000 unità.
Il 40% dei dipendenti risulta assunto con orario di lavoro a tempo pieno, mentre la forma di part time più diffusa è quella di tipo orizzontale con 519.941 lavoratori. L’utilizzo di contratti a tempo indeterminato è molto diffuso nel comparto dei pubblici esercizi (59,4%), mentre il ricorso al lavoro stagionale risulta marginale (9,9%).
7 ristoranti su 10 lavorano sei giorni a settimana, ma stanno crescendo quelli che tengono chiuso
anche più di un giorno. All’opposto, poco più di un ristorante su cinque continua a fare il 7 su 7, una formula che richiede una più complessa organizzazione del lavoro per la gestione di turni e riposi. Ma forse anche a causa dei problemi di reperimento del personale e di ricerca di una migliore qualità della vita per chi opera in questo campo sono in aumento i ristoranti che effettuano un solo turno. Il 21% è aperto solo a cena, mentre appena il 6% solo a pranzo.
Sono anni difficili e di cambiamento, dove però non mancano segnali positivi che fanno ben sperare. Nel complesso, infatti, nel 2022 i consumi alimentari in Italia sono stati pari a circa 260 miliardi, di cui 172 consumati in casa e 82 fuori, riavvicinandosi così al valore del 2019 (85,5 miliardi).
La crescita del mercato fuoricasa è stata rilevante, con un incremento
del 26% rispetto all’anno precedente. I consumi alimentari domestici sono cresciuti, ma in modo più modesto (+4,7%).
In questo scenario ha aiutato di certo il turismo, che prima del 2020 pesava il 10% circa dei consumi fuoricasa; percentuale che nel 2020 è scesa al 5% per poi risalire nel 2021 e ora tornare più o meno ai livelli pre-Covid.
La ripresa delle occasioni serali e in generale del mercato ha visto una crescita significativa per i ristoranti di fascia medio/alta, una stabilità per le pizzerie e lievi riduzioni per la fascia medio/bassa, delineando una potenziale polarizzazione dell’offerta, ove nelle occasioni più funzionali ci si orienta alla convenienza e in quelle più particolari alla gratificazione e ricerca di nuove esperienze culinarie.
La ristorazione veloce raccoglie il 7% delle visite complessive.
Positivi, anche se con variazioni leggermente inferiori alla media, tutti gli altri canali, con l’eccezione dei locali con cibo da asporto e del food delivery, in particolare di quello offline, il cui ruolo era stato invece fondamentale in pandemia, e che si attesta ormai su quote del 4-5%.
Il fuoricasa si conferma quindi un mercato importante e in sviluppo per aziende e imprenditori a tutti i livelli, ma al contempo si delinea come un mercato sempre più competitivo e complesso per cui occorre sviluppare strategie mirate in funzione di aree e canali che si intendono presidiare.
Si conferma la maggiore attenzione dei consumatori verso fattori relativi al benessere, alla gratificazione e al recupero della socialità, ma al contempo anche a tematiche più ampie legate alla tutela dell’ambiente e alla sostenibilità in generale.
Il consumatore è comunque più sensibile ad uno storytelling anche valoriale sul prodotto.
In conclusione, il 2022 è stato un anno importante per la ristorazione, con un ulteriore balzo in avanti verso il recupero, sebbene non ancora pieno, delle perdite subite durante la pandemia. Anche gli imprenditori del settore abbozzano un timido ottimismo: 9 ristoratori su 10 si dicono fiduciosi sul futuro.
L’andamento della ristorazione, proprio per questo turn over continuo che garantisce stabilmente certi numeri, sembra non preoccupare chi è a valle e a monte di questa economia. Eppure è ovvio che si tratti di un ragionamento miope e poco lungimirante, soprattutto in un Paese come il nostro in cui la tavola, anche quella del ristorante, è intersezione tra filiere preziose del made in Italy, è stile
Roadhouse, la società del Gruppo Cremonini che gestisce diversi brand di ristorazione casual dining, rafforza la presenza a Mantova con l’apertura di due nuovi punti vendita, che si affiancano allo storico Roadhouse Restaurant, presente in città da più di vent’anni. La principale novità riguarda l’apertura del terzo locale di RIC Chicken House: nuovo format dove gustare pollo alla griglia con ricette nuove e originali. Una piccola rivoluzione: la grigliatura e il gusto del pollo da RIC sono esaltati da marinature homemade e accompagnati da contorni ricercati. Per questi motivi, quello che può gustare il cliente non è il solito pollo, ma un “Really Important Chicken”. I primi locali di RIC Chicken House sono stati aperti con successo a Milano, all’interno del Centro commerciale Merlata Bloom, e a Bologna Casalecchio.
Roadhouse Restaurant è la prima steakhouse italiana, che in oltre vent’anni di storia ha conquistato milioni di clienti in tutta Italia. Il ristorante di Mantova è stato uno dei primi aperti dalla catena, nel 2004, ed ora è stato completamente ristrutturato per garantire sempre meglio la “Roadhouse experience”: un’offerta di tagli di carne selezionati e grigliati al momento, tante proposte sfiziose e di qualità, promozioni quotidiane e offerte dedicate.
>> Link: www.roadhouse.it
di vita delle comunità, è territorio, è cultura, è identità, è spessissimo l’ultimo miglio del comparto agroalimentare, quello dove è possibile valorizzare un piatto e quindi un prodotto, anche il più semplice, e dargli una spinta a 360 gradi verso il mercato. Il ristoratore è il miglior ambasciatore di un prodotto e di un territorio.
L’occhio attento nota che i ristoranti nascono come funghi, talvolta con molto clamore di stampa, di influencer e di pseudo esperti che del nuovo locale valutano l’apparenza senza ponderare il giudizio.
Assistiamo a meteore che durano il tempo di una recensione, non facciamo sempre caso al fatto che invece la ristorazione è una cosa serissima, da cui dipende l’andamento di molti altri settori. E con la stessa serietà andrebbe trattata.
Maria Antonietta Dessi
Aggiornamento Ismea a luglio 2024
Nel corso del 2023 si è registrato un aumento dei consumi di carne bovina delle famiglie con figli piccolissimi (+14% vs 2022) e delle famiglie over 60, che sono quelli che sostengono oltre la metà degli acquisti in volume di carne bovina.
Aluglio 2024 è stata aggiornata da ISMEA la scheda di settore riguardante la carne bovina, che contiene tutte le principali grandezze sia di tipo strutturale che congiunturale (ed è scaricabile al link: ismeamercati.it/ carni/carne-bovina). Al suo interno è possibile trovare gli ultimi dati su superfici, operatori, produzione, prezzi, consumi interni e scambi commerciali, corredati anche da una Swot Analysis e dall’indicazione delle prospettive. Il suo aggiornamento è a cadenza annuale.
In merito alla domanda domestica, la spesa per le carni bovine pesa per l’11% sullo scontrino medio annuo. In volume, le carni bovine rappresentano circa un terzo sull’offerta di carni fresche (30%), con volumi inferiori alle avicole ma superiori alle suine. In valore, sono predominanti su tutte le altre: pesano per il 40%.
Nel 2023 le carni bovine — dopo la fl essione del 4,4% dell’anno precedente sul 2021 —, tornano in terreno positivo chiudendo l’anno a
+0,9%, ma nel primo quadrimestre 2024 i volumi tornano a contrarsi (–4,5% gennaio-aprile 2024 su analogo periodo 2023; Grafico 1). Nel 2023 la spesa per le carni bovine è cresciuta più di quella per le carni avicole e suine. Su base annua l’incremento è stato del 7%, grazie all’aumento dei prezzi medi e in piccola parte all’incremento dei volumi venduti (+0,9%). Nel primo quadrimestre 2024, a fronte di una evidente contrazione dei volumi (–4,5%), la spesa si è ridotta del 2,2%. Il calo dei volumi nel primo quadrimestre 2024 è stato meno importante di quello che ha interessato le carni suine e ovicaprine. Solo le carni avicole hanno avuto una maggior tenuta sui volumi, in parte dovuta al ridimensionamento dei prezzi, fenomeno che non ha interessato gli altri segmenti delle carni (Grafici 2 e 3).
Volumi in contrazione, prezzi in aumento
Nel 2023 i volumi di carne bovina acquistati sono stati superiori a
Grafico 2 – Carne bovina: volumi acquistati per consumo “at home” (000 t)
Fonte: Ismea.
Fonte: Ismea. Grafico
quelli del 2022 (+0,9%), una leggera ripresa che segue due anni di contrazione dopo l’eccezionale 2020, periodo di confinamento e di chiusura dei canali HO RE CA
I volumi acquistati per uso at home nel 2023, confrontati con quelli di 5 anni prima, pur flettendo leggermente (–0,3% rispetto al periodo pre-Covid), sono tornati ad allinearsi a questi. La spesa ha continuato invece a salire gradualmente di anno in anno, accumulando in 5 anni un incremento del 19,8%.
Il bovino adulto, a referenza maggiormente presente (57% in volume lo share), è quella che nel lungo periodo ha perso più quote sostituita con carne di scottona che pur rappresentando solo il 10% del mercato in 5 anni cresce del 16% (Grafico 4).
L’atteggiamento dei consumatori di carne bovina di fronte all’aumento dei prezzi
• In termini di valore le carni bovine sono al primo posto tra tutte. Il prezzo unitario più elevato rispetto alle altre ne determina in alcuni casi il livello di consumo: non a caso nel 2022 sono state le prime a subire una contrazione dei consumi per l’effetto del calo del potere di acquisto delle
Grafico
Fonte: Ismea.
Grafico
Fonte: Ismea.
famiglie meno abbienti.
• La spesa per le carni bovine cresce nel complesso meno di quella per suine e avicole sia nel 2022 che nel 2023.
• Le carni avicole sono quelle che mostrano la maggior tenuta malgrado l’incremento dei prezzi rispetto al periodo pre-Covid sia più rilevante di quello delle altre.
• L’aumento dei prezzi delle carni rispetto al periodo pre-Covid è per tutte le tipologie a doppia cifra.
L’atteggiamento dei consumatori di carne bovina di fronte all’aumento dei prezzi
• Il consumo di carne bovina in 5 anni ha subito una lieve flessione (–0,4%), ma nel 2023 si ha un recupero dello 0,8%.
• Sono soprattutto le famiglie con figli piccoli e adolescenti a ridurre maggiormente i consumi nel corso del quinquennio (–15,4% in totale con una forte incidenza del 2023 sul 2022 in cui i consumi di questa tipologia
di famiglia sono calati del 9,4%.
• Aumentano nel 2023 i consumi delle famiglie con figli piccolissimi (+14% vs 2022) e quelli delle famiglie over 60 che sono quelli che sostengono oltre la metà degli acquisti in volume di carne bovina (57% di share in volume; Grafico 5).
Fonte: Bovino da carne Ismea – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare Luglio 2024 www.ismeamercati.it
di Gian Omar Bison
Talmente importante la porchetta nella vita professionale dei RIGHETTI di Negrar di Valpolicella (VR) da farne più che un tratto distintivo. Un vero e proprio brand. E così negli anni, dal 1970 ad oggi, la macelleria non poteva che chiamarsi proprio Alla Porchetta. Il fondatore ITALO RIGHETTI venne conquistato dalla porchetta che alcuni romani venivano a cuocere diverse volte l’anno per una grossa fiera sul territorio a San Peretto nell’unico forno presente, tanto
che in seguito, insieme ad alcuni amici, andò a Roma per capire come veniva prodotta. E se ne invaghì a tal punto da cullare da subito il desiderio di preparare dalla A alla Z le sue porchette da proporre insieme ai propri salumi nei mercati rionali e ai ristoranti. Dal maialino vivo al maialino cotto in mezzo bisognava però costruire la selezione dei fornitori, tutti della Lessinia, la macellazione, la lavorazione e la cottura nel forno a legna. Un lavoro lungo e meticoloso.
«Per quanto le tecniche di preparazione e di cottura siano state affinate negli anni — puntualizza STEFANO RIGHETTI, nipote di Italo — macelliamo ancora nel nostro macello aziendale e lavoriamo seguendo un metodo consolidato che potremo definire tradizionale. Siccome alla porchetta dobbiamo il successo della nostra attività, farne motivo di distinzione e di riconoscibilità per tutte le nostre attività è sembrato logico e consequenziale».
Quarant’anni fa circa, sulla scia del padre Italo, sono entrati in attività i figli GIUSEPPE, padre di Stefano, e FRANCESCO. Ed è di trent’anni fa il processo che ha portato alla trasformazione di un negozio di alimentari nell’attuale macelleria, ristrutturata una prima volta una decina di anni fa.
La trattoria vicina, manco a dirlo “Alla Porchetta”, recentemente riam-
modernata (con futura possibilità di pernotto) è di proprietà e gestita dalla zia di Stefano (Via San Peretto 18, Negrar, Telefono: 045 7500011, www.trattoriaallaporchetta.it), mentre l’altro zio (il quarto fratello) si occupa delle campagne di famiglia destinate per lo più alla coltivazione di uva da vino da conferire alle aziende vinicole della Valpolicella. In tutto tre società distinte.
Una macelleria che nasce da una bottega di alimentari che apparteneva alla sorella del fondatore, Italo Righetti, papà di Francesco e Giuseppe, attuali proprietari. Con l’arrivo di prodotti come soppressa e porchetta, che si possono oggi degustare al ristorante di famiglia, la bottega diventa un punto di riferimento per gli amanti della carne
«La nostra — sottolinea Stefano — è sempre stata una macelleria classica improntata su una proposta tradizionale. C’è ancora una clientela che chiede tutto quanto serve per un bollito, cotechini, quinto quarto, e che apprezza la nostra proposta gastronomica che spazia dalle lasagne al forno, che vanno tantissimo, alla Parmigiana e allo spezzatino. Non abbiamo cucina e per questo ci appoggiamo alla trattoria. Ristomacelleria? Non è in programma, anche perché abbiamo tante altre priorità da mettere in cantiere». La cantina di stagionatura dove insaccati e salumi vengono messi a maturare come si faceva una volta si trova tre piani sotto terra. E come si faceva una volta vengono portati su e giù a spalla. «Facciamo principalmente cotechini, salsicce, sopresse e salami ma anche pancette salamate, pancette arrotolate e altro».
Stefano ha 25 anni e lavora in macelleria da cinque. «Ho iniziato a frequentare l’università subito dopo il diploma e contemporaneamente a lavorare in bottega. Da piccolo non lo avrei mai detto, pensavo avrei fatto tutt’altro e piuttosto lontano. Siccome sono appassionato di cucina, invece, piano piano mi sono innamorato di questo lavoro. Inizialmente al sabato gestendo la cassa, poi guardando e cercando di capire come vengono fatti i salami, la porchetta e così via. Mi sono laureato in Economia aziendale a Verona ma ora come ora sono certo su cosa voglio fare nella vita: il macellaio». Il fratello Nicolò collabora saltuariamente con la macelleria, così come il cugino Sebastian, che ha però un’altra occupazione.
La carne venduta è per un buon 40% di bovino, 30% suino e 30% pollame. I bovini li acquistano tramite PAOLO CIPRIANI, un commerciante che li seleziona da alcune stalle di fiducia in Lessinia e nelle montagne circostanti. «Lavoriamo principalmente Limousine — continua Stefano — che secondo noi raggiunge una qualità nelle carni superiore alla media e a volte capitano anche Garronesi o altre razze. Se il bovino e la carne che ne deriva sono di qualità però non abbiamo preclusioni. Per quanto riguarda i suini ci riforniamo da un allevamento veronese e talvolta anche da un fornitore nel Mantovano. Sul pollame trattiamo la linea Ruspantino del GRUPPO MARTINI».
Oltre a carne e gastronomia hanno un’offerta di pane che acquistano da Gottardi a Negrar — anche perché di panini con la porchetta preparati sul momento ne vendono tantissimi —, e formaggi e vini tipici del territorio. Macellano nel macello attiguo di famiglia un bovino a settimana circa.
Porchette ne preparano 25 a settimana. «Le vendiamo tutte in macelleria e molte all’ingrosso a clienti che fanno mercati o ristoratori. Non facciamo catering. Per
fare tutto questo siamo in quattro: io, mio papà, mio zio e DANIELE GIRLANDA, che lavora con noi da più di quarant’anni».
Il futuro sembra roseo e i progetti sono parecchi. «Ci stiamo pensando, anche perché mio papà e mio zio non sono più giovanissimi. Di sicuro l’immobile della macelleria, e non solo quello, andrà ristrutturato a breve. Personalmente mi piace pensare alla possibilità di investire in quella parte di campagna vitata di famiglia dove c’è anche una villa dove abitiamo. Stiamo riflettendo se fare qualcosa e cosa: Bed & Breakfast? Sala degustazioni? Altro? Al momento non sappiamo.
Fra 10 anni dove mi vedo? Mi piacerebbe trovare la giusta quadra in famiglia tra tutte le attività in essere e i progetti a venire, sia in macelleria che a gestire le attività legate alla villa e alla campagna».
E la vostra porchetta? Ha qualcosa di diverso, di particolare rispetto alle altre più note? «Negli anni mio papà e mio zio hanno sperimentato e trovato il giusto mix di spezie e le giuste modalità di cottura e legatura delle porchette. La nostra è diversa da quella di Ariccia, ad esempio, perché non “facciamo” il maiale grande ma porchettine piccole, anche sui 12 kg.
Complessivamente è un processo lungo, con gli animali da macellare, disossare, riempire con carne di maiali più grossi. Poi la salatura, 6 ore di cottura in forno e la legatura a mano con legnetti e spago così che la porchetta resti più compatta. È una delle ultime cose che sto imparando, vista la procedura molto delicata e molto complessa».
Gian Omar Bison
Macelleria Alla Porchetta
Salumificio Righetti
Via S. Peretto 18
37024 Negrar(VR) Telefono: 045 750005
Web: www.macelleriallaporchetta.com @macelleria_allaporchetta
di Riccardo Lagorio
Il centro del pittoresco borgo di Sutrio, ricco in statue in legno che rappresentano i lavori e le credenze di un tempo, è a poche decine di metri. Qui nell’alta Carnia, in Friuli Venezia Giulia, nel 2000 ha trovato modo di esprimersi al meglio Flavio Piazza, macellaio e norcino, firma tra le più prestigiose della regione, se è vero che nel marzo scorso la giuria di Fums, Profums e Salums (manifestazione annuale che si tiene la prima domenica di marzo) ha eletto il suo salame come il migliore. Anche il figlio Marco ha, nel corso degli anni, attinto all’esperienza del capostipite Flavio, che produce salumi da oltre dieci lustri.
«Quando mi trasferii a Piano d’Arta (frazione a mezza costa del comune di Arta Terme a pochi chilometri da Sutrio, NdR), a fine anni Ottanta, lo spazio era davvero poco in relazione al viavai di turisti che frequentavano le terme. Il consolidamento avvenne in quel periodo, tanto che nel 2000 potemmo aprire questa attività a Sutrio, con ampi spazi a disposizione, adatti per avviare il macello e la preparazione dei salumi».
L’esperienza ha seguito di pari passo il desiderio dei clienti, che acquistano volentieri salumi di cui si conosce esattamente l’origine. E così, perché non legarsi ad un unico fornitore che sa con esattezza quali sono i desideri dei Piazza? «Da oltre vent’anni si è sedimentato un proficuo rapporto con un allevatore friulano. Insieme possiamo stabilire le caratteristiche dei suini e il rapporto aperto fa sì che non vi siano fraintendimenti».
Coi bovini tutto cambia e ci si affida a piccoli allevatori locali, che non possono garantire la continuità a fornire animali. Tuttavia, le caratteristiche rimangono costanti e Flavio va alla ricerca nelle vallate carniche in base alla necessità. «Ascolto chi
ha da offrirmi il capo che ha allevato, lo visito e controllo che possa avere le proprietà che piacciono ai nostri clienti: non una muscolatura eccessiva come in alcune razze da carne, piuttosto una marezzatura ben diffusa». La decisione dell’ac-
Il salame di Flavio Piazza
nel 2024 ha ottenuto il riconoscimento quale Miglior
Salame del Friuli Venezia Giulia
della giuria di Fums, Profums e Salums, manifestazione gastronomica che si tiene ogni anno la prima domenica di marzo a Sutrio ed è dedicata ai salumi tipici della Carnia.
quisto si formalizza una volta che l’occhio esperto ha passato sotto la lente d’ingrandimento il bovino: la competenza è una sorta di raggi X che guarda dentro e sa cosa vuole… Al macello di casa si compie l’atto… finale. Se a queste scelte sovrintende tuttora Flavio Piazza, al banco si trova spesso il figlio Marco, a cui spetta il compito di scegliere il taglio migliore in base alle richieste dei clienti. Nel banco non vi è traccia di pronti a cuocere, ma solo di carni ben esposte e preparate. «Ci vorrebbe una persona destinata al loro allestimento e, soprattutto, non è una richiesta che ci viene fatta dai clienti che, secondo l’usanza locale, si preparano le pietanze da sé. Qui si prediligono ancora lunghe cotture, le persone amano stare in cucina e quindi le carni più richieste sono per gulasch, spezzatini e brasati con la polenta, che accompagna tutti i piatti».
Certo non mancano gli amanti della fettina e della bistecca. «In questo caso la frollatura non è mai inferiore ai 30 giorni, in base all’età del soggetto, scottona, vitellone o adulto e al taglio. La semplicità, il rapporto diretto e consolidato con chi compera sono comunque sempre il nostro punto di forza».
Punto di forza che, per parlare di salumi, sta nel salame. Un salame preparato con carni scelte di coscia, lombo e lardo ben sodo, disossate e denervate con perizia. Passano nella piastra da 10 mm e sono insaccate in budello bovino di calibrature diverse. «Anche per questa ragione e in base all’umidità esterna l’affumicatura può variare tra le 36 e le 48 ore o più». Tutti i salumi passano attraverso l’affumicatoio, che funziona con legno di faggio e la durata della sosta dipende dalla dimensione del pezzo: dal cotechino (il pezzo forte tra novembre e dicembre) alla
pancetta e al guanciale. Esistono poi golosità locali, che pure vengono affumicate. Ci sono, prime fra tutte, le costolette, che sostano per 3 giorni in salamoia e poi passano per l’affumicatoio, utilizzate in umido o a tocchetti nel minestrone. I piedini, che seguono la stessa procedura, e che infine vengono bolliti dal cliente, accompagnate da patate. E ancora resistono le cotenne. Opportunamente affumicate, sono le protagoniste del condimento delle lenticchie. «Ma per le cotenne ci sono ormai pochi fedeli appassionati, 10/15 in un anno, spesso anziani o amici che decidono di trascorrere una giornata diversa». Tradotto: le tradizioni resistono, ma qualcosa sta cambiando anche qui. Riccardo Lagorio
Macelleria Piazza
Via Martiri 4 – 33020 Sutrio (UD) Telefono: 0433 778013
a gelatina alimentare di origine animale (da non confondere quindi con la gelatina di origine vegetale ottenuta da peptina o alghe) è ricavata dal collagene, una proteina presente nel tessuto connettivo degli animali e, nello specifico, dalla cotenna di maiale e dalle ossa e dalle cartilagini anche bovine. È tuttora però nota anche con il nome di “colla di pesce” perché in origine la si produceva in Russia essiccando al sole le vesciche natatorie di pesci (in particolare lo storione) e la loro cartilagine e ottenendo l’ittiocolla, che significa appunto colla di pesce. Il prodotto
di Nunzia Manicardi
ittico è stato però poi generalmente sostituito, soprattutto per gli altissimi costi di produzione, da quello industriale di origine suina e bovina benché non manchino aziende, anche italiane, che continuano a produrlo.
La gelatina di produzione europea, nello specifico, è costituita per l’80% dalla cotenna di maiale, per il 15% dal bifido bovino, cioè da uno strato sottile presente sotto la pelle, e per il restante 5% quasi tutto da ossa di maiali e bovini.
La presenza del tessuto connettivale, e quindi del collagene, equipara la gelatina ad una fonte
proteica, di valore analogo a quello della matrice ossea: 86 g per 100 g di prodotto. Ridotti sono i contenuti lipidico e glucidico, rendendola perciò adatta anche ad una dieta ipocalorica. Bisogna tuttavia prestare attenzione alla qualità del prodotto d’origine, per altro attualmente sottoposto a controlli molto severi per evitare il rischio BSE per quanto riguarda i bovini.
La gelatina ha svariate proprietà: gelificante, addensante, brillantante, stabilizzante, emulsionante, inibitore di sineresi, collante, legante per l’acqua… In cucina, in particolare, è utilizzata soprattutto come
addensante degli alimenti, affinché la preparazione risulti compatta ma morbida e, soprattutto, che non si sfaldi e come gelificante per migliorarne anche l’aspetto estetico. Per questo compare nella lista degli ingredienti di moltissime ricette sia dolci, come per quelli al cucchiaio, i dessert, i budini, le cheesecake o le caramelle, che salate, come per aspic, salse, fondi di cottura, formaggi e yogurt cremosi.
La sua versatilità è dovuta anche al fatto che non ha odore né sapore o colore. È molto impiegata nell’industria alimentare per la preparazione di carni fredde (anche con funzione antiossidante e di prevenzione dell’essiccazione), prosciutti in scatola, maionese, latte condensato, conserve di pesce e simili, integratori alimentari per articolazioni e ossa e per la cura del corpo, bevande e barrette energetiche, cibo per animali e pure in enologia, per la chiarificazione dei vini in quanto reagente dei tannini e delle sostanze amare del vino e con funzione assorbente delle sostanze che creano torbidità e che essa riesce ad asportare. Rende quindi possibile la chiarificazione anche di sidro, birra e succhi di frutta.
La gelatina si presenta in commercio con fogli sottili e trasparenti. Raramente si trova sotto forma di polvere. Questi fogli si gonfiano subito una volta messi in acqua (a differenza della colla di pesce che aumenta di poco il proprio volume).
Normalmente 6 fogli di gelatina ri-
escono a gelificare 500 ml di acqua; usando invece, a parità d’acqua, 8-9 fogli si ottiene una gelatina molto più solida che è possibile tagliare con il coltello.
L’utilizzo è facile ma per un risultato ottimale vanno rispettate alcune regole di base. Innanzitutto bisogna essere sicuri che il quantitativo impiegato sia adeguato alla preparazione, né troppo né poco. I fogli vanno messi in ammollo in acqua fredda per circa un quarto d’ora perché si ammorbidiscano, dopodiché si strizzano accuratamente e poi si scaldano in acqua calda o a bagnomaria oppure al microonde alla massima potenza per una decina di secondi. Infine, si aggiungono agli altri ingredienti. Se però è previsto che qualcuno di
questi debba essere scaldato, come ad esempio il latte, si può farlo tutto insieme saltando un passaggio.
Tanti, e per molti versi forse anche inaspettati e sorprendenti, sono gli impieghi non alimentari della colla di pesce: per usi farmaceutici nella preparazione di capsule molli e compresse di vitamine, nella cosmesi per creme e prodotti di bellezza, nel campo fotografico dove la gelatina funge da legante per le pellicole, nel restauro come colla per legno o per fare aderire la foglia d’oro al bolo (l’argilla su cui la foglia viene stesa), per la preparazione manuale dell’inchiostro (ammesso che qualcuno ancora lo faccia…). Sconsigliato l’utilizzo invece come prodotto per fissaggio dei capelli perché ne danneggia la fibra.
Dalla colla di pesce dello storione alla gelatina di suino e bovino. Inodore, insapore e incolore, priva di grassi e zuccheri, questo preparato è utilizzato in cucina e dall’industria alimentare come addensante e gelificante per prodotti dolci e salati e come chiarificante in enologia. Molteplici, e sorprendenti, anche gli utilizzi non alimentari
Di ancora più recente utilizzo sono le applicazioni mediche della gelatina per plasma espansori nella medicina d’urgenza dove, con specifiche microbiologiche e di endotossine molto stringenti, spesso vengono usati dei prodotti a base di gelatina per ricostituire i volumi di sangue a seguito di perdite eccezionali o per la produzione di spugne emostatiche che possono anche venire assorbite dai tessuti.
Nunzia Manicardi
La tradizione culinaria vuole che la razza caprina Pezzata stiriana (Steirische Ziegenschau), originaria della Stiria, la regione che copre buona parte del territorio sud orientale dell’Austria, sia un’ottima fornitrice di carne. Sono poco meno di 600 i capi riproduttori e il numero, dopo avere toccato il minimo negli anni Novanta, è in costante crescita, a dimostrazione del rinato interesse nei confronti delle razze locali considerate a rischio di estinzione. Colline dolci, un tempo vulcani, talvolta impercettibili, d’improvviso si fanno possenti e brusche rupi scoscese su cui si celano castelli tra boschi di faggio e si insinuano tra villaggi tranquilli e assopiti. Come Risola, riposante frazione di St. Anna am Aigen, località di grandi vini. Durante il periodo dell’Impero Romano questo era luogo di confine tra le province del Norico e della Pannonia e oggi viene conosciuto come crocevia per coloro che vanno alla ricerca di riposo termale tra Stiria, Burgenland e Slovenia (thermen-vulkanland.at). Un cippo voluto da Maria Teresa d’Austria ricorda le vicende dal sapore antico; ben equipaggiati hotel sono l’immagine di oggi.
L’arrivo alla fattoria di Sonja Trummer è all’insegna dei belati. Si avvicinano al recinto con circospezione, altre guardano dall’alto di improvvisati cavalletti che evidentemente rendono le capre più… sicure. «Le chiamo per nome e loro si avvicinano, guarda…». E Heike si fa incontro. Sonja Trummer gestiva un negozio di strumenti di ortopedia, ma, all’arrivo del terzo figlio, decise insieme al marito di tirar su la famiglia lontano dal caos cittadino. «Prendemmo la decisione di allevare capre perché a noi è sempre piaciuta la carne di capra. Mi regalarono un capretto e nel 2008 decidemmo di trovargli delle compagne. Dopo tre anni il gregge contava già sette soggetti».
Oggi in zona la conoscono come la lattaia, in quanto la Steirische Ziegenschau è una media
Sonja Trummer alleva circa 70 capre di razza Steirische Ziegenschau. Con la loro carne, prepara anche piccoli salami, ai quali vengono aggiunti semi di zucca, che conferiscono all’insaccato un sapore caratteristico.
produttrice di latte e le 70 capre, allevate all’aperto anche per la manutenzione del paesaggio, forniscono la materia prima per ottimi formaggi cremosi, yogurt e palline di formaggio conservate sottolio con erbe profumate e peperoncino. «Il sapore del latte che ottengo da un’alimentazione basata su erba, fieno e scarti di zucca, utilizzata per ottenere olio, è in linea con le richieste del mercato che predilige gusti poco pronunciati».
I capretti sono allevati con latte materno. Alla nascita, che si concentra tra i mesi di gennaio e febbraio, pesano tra 3 e 4 kg. Il colore del vello, dal pelo corto, è variabile ma sempre maculato di colori marrone, nero, bianco e grigio mentre la testa è spesso bianca. Femmine e maschi si distinguono chiaramente non solo per la corporatura, ma soprattutto per la forma del capo, leggera per le prime e con profilo accentuatamente montonino nei maschi.
«Grazie alle buone prestazioni di crescita e alle opportune pratiche di allevamento, la carne risulta assai tenera, soda e molto magra. Una
volta avvenuta la macellazione, la carne riposa per una settimana. Si seziona trascorso questo periodo, la confeziono in atmosfera modificata e successivamente la congelo».
La carne di Pezzata Stiriana si presenta di colore roseo in pacchetti sottovuoto dal peso variabile tra 400 e 600 grammi. «Il mercato della carne di capra è ancora molto piccolo. C’è bisogno di sensibilizzare i consumatori affinché diventino consapevoli che si tratta di una carne sana e vengano superati i pregiudizi del passato: dagli standard igienici al sapore sgradevole e marcato».
Con questa carne Sonja prepara anche piccoli salami. Non viene aggiunta carne di suino, ma semi di zucca che conferiscono un sapore caratteristico all’insaccato. Un modo alternativo per avvicinare il consumatore a questa squisitezza austriaca.
Riccardo Lagorio
Milchmädchen Ziegenhof Risola 4 – 8354 St. Anna am Aigen Telefono: +43 (0) 6644018601
Milchmädchen – Ziegenkäse
L’allevamento
per
la produzione di carni di alta qualità può essere un elemento di crescita per le aziende agricole sarde
La razza bovina Sardo Bruna, presente in Sardegna con circa 57.000 capi, ha un potenziale inespresso come carne di alta qualità che può aspirare ad avere il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta. Per capire come riportarne l’allevamento ad un punto di forza è nato il Progetto Valorisardo, avviato grazie ad una partnership di aziende e sviluppato col fondamentale apporto del Dipartimento di Agraria
dell’Università di Sassari, che ha presentato i risultati di uno studio ad hoc al convegno dal titolo “Valorizzazione della carne bovina di razza Sardo Bruna attraverso la sostenibilità ambientale e la riduzione del farmaco”. Sono infatti proprio la sostenibilità ambientale e la riduzione del farmaco i due elementi che hanno mosso le direttrici della ricerca finanziata con il PSR 2014/2020, attraverso la Sottomisura 16.1 –
SECONDA FASE. Sostenibilità ambientale tradotta in primis nelle caratteristiche insite nella razza, ossia una altissima adattabilità a condizioni pedoclimatiche difficili per altre razze specializzate da carne. «L’obiettivo di questo progetto — ha spiegato Francesco Forma, imprenditore nel settore carni capofila del gruppo operativo — è quello di aumentare il numero di capi allevati e, conseguentemente,
la produzione di carne, in modo da creare una filiera della carne di razza Sardo-Bruna in grado di competere sul mercato con un’offerta ad alto valore aggiunto come linea di produzione antibiotic free. Elemento ricercato nei banchi delle macellerie dei supermercati da una clientela sempre più esigente e attenta alla filiera».
«Le attività svolte con Valorisardo hanno messo assieme competenze diverse della filiera del bovino da carne in Sardegna, pervenendo a risultati che danno prospettive interessanti di sviluppo per la valorizzazione di un’importante risorsa del patrimonio zootecnico regionale» ha sottolineato la professoressa Anna Nudda, responsabile scientifica del progetto. «Abbiamo voluto sperimentare un protocollo di allevamento teso a produrre alimenti più sani e sostenibili, migliorando sia la qualità delle carni, le caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto, la qualità nutrizionale del grasso, il colore di muscolo e grasso, sia le rese. Abbiamo provato strategie nutrizionali innovative con l’obiettivo di definire nuove formule di alimentazione per aumentare le difese immunitarie degli animali e favorire la riduzione dell’uso degli antibiotici dagli allevamenti. Il tutto con un lavoro di monitoraggio costante dei capi fino all’analisi delle carni, con un’attenzione particolare anche alla definizione dei costi di alimentazione».
«Progetti come Valorisardo rappresentano un asset conoscitivo importantissimo per le filiere bovine della Sardegna, perché rivelano non solo la bontà delle nostre carni ma anche la loro sostenibilità sotto l’aspetto ambientale e della riduzione dell’utilizzo del farmaco. Questo anche in relazione agli impatti ambientali della carne artificiale che sono decisamente superiori a quelli della carne naturale» ha sottolineato Giuseppe Pulina, professore ordinario di Zootecnica Speciale al Dipartimento di Agraria di Sassari.
«Le indagini di mercato sono state un altro elemento fondante», ha detto Antonio Lorenzoni, consulente d’impresa e CEO di LM Consulting Srl. «Sono stati realizzati test sul prodotto tramite focus group, a livello regionale e nazionale, con operatori del settore HO RE CA. e GDO e con consumatori abituali di carne che hanno dimostrato una qualità delle carni eccellente sia all’assaggio che alla vista. Le indagini di mercato condotte a livello nazionale, tramite questionario on-line, e regionale, con oltre 9.000 interviste nei punti vendita della GDO, hanno evidenziato un grande interesse per la carne bovina di razza Sardo Bruna, anche se poco conosciuta, e per le carni antibiotic free. La stragrande maggioranza dei partecipanti si è dichiarata disposta a pagare un prezzo premium». In sintesi, le ricerche di mercato hanno dimostrato che la razza Sardo Bruna, sebbene poco conosciuta, possiede tutte le potenzialità per affermarsi sul mercato nel segmento delle carni di alta qualità. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, è necessario definire una strategia produttiva e di marketing che tracci le linee guida per il suo posizionamento nel segmento delle carni di qualità, favorire la collaborazione tra imprese, associazioni di categoria e istituzioni per costituire un Consorzio di tutela per la valorizzazione e promozione delle carni di razza Sardo Bruna, così da replicare il successo ottenuto da concorrenti come la Chianina, la Marchigiana e la Piemontese».
L’ottenimento della IGP rappresenta infatti un’opportunità importante per il settore. A parlarne è stato Alessandro Mazzette, direttore del Consorzio di Tutela dell’Agnello di Sardegna IGP, che ha illustrato i numeri delle certificazioni in Europa, i vantaggi della tutela, spiegando infine la crescita e il funzionamento di un consorzio, il CONTAS, che raggruppa oltre 5.000 soci. Fonte: Valorisardo valorisardo.it
Con la stagione fredda il locale estende l’uso della brace, arricchendo piatti a base di carne, pesce e verdure
Con l’arrivo del freddo FAAK “Cibo e Vino a Ribellione Naturale”, il progetto milanese della chef Viviana Varese, aperto ad aprile scorso in zona Scalo Farini, rinnova la propria offerta gastronomica. La proposta del locale continua a variare a seconda del momento della giornata, dalla colazione alla cena, ampliando in
questa stagione l’offerta dei diversi menu, mentre la passione di Viviana per il mondo dei lievitati e del forno continua ad esprimersi attraverso nuove pizze e torte salate. Uno degli elementi più significativi del nuovo menu, ad esempio, è l’uso sempre più centrale della brace: la chef salernitana gioca infatti con il fuoco per creare abbinamenti inte-
ressanti e gustosi, come il Diaframma con carote al BBQ e crema di carote o l’Anatra con rapa rossa bruciata e crema di rapa rossa piccante, due piatti presenti tra le nuove proposte della cena e del fine settimana. “La brace è il cuore ardente di FAAK, la scintilla che ci rende un focolare del quartiere” si legge sulla pagina IG del locale che, non a caso, è @faakfuoco.
Sempre più spazio viene riservato però anche alla componente vegetale, non intesa come semplice contorno ma come protagonista del piatto, trattando sapientemente ogni vegetale per esaltarne sapore e versatilità. E anche il pesce viene celebrato attraverso la cottura alla brace e tra le novità in menu spiccano il Baccalà leggermente cotto con salsa pil pil e il Polpo con patata alla cenere, salmoriglio, maionese al limone e salicornia
Se nel menu del giorno trovano ampio spazio insalate e piatti freddi, torte salate e panini — tra cui il
Club sandwich con pollo fritto, cavolo fermentato e maionese alla senape e il Bun con porchetta, scamorza, salsa al BBQ e cetriolo marinato con insalatina — per gli amanti della “carne al fuoco” non manca l’offerta alla brace con la Salsiccia con peperone crusco e crema di sedano rapa e la Costata di Fassona con osso e purè di patate
La sera l’offerta si fa più articolata e conviviale: dai piccoli piatti e spiedini, con le bombette pugliesi, i turcinieddi e gli arrosticini di agnello, agli speciali come il Foie gras bruciacchiato su crostone di pane con composta di albicocca e timo o l’Ossobuco al BBQ
In alto: confetture e spalmabili di produzione propria in vendita nel laboratorio a vista del locale. A sinistra: pan brioche con tartare di Fassona piemontese e maionese alla senape.
con diaframma e la Tartare di Fassona piemontese, cipollotto, maionese alla senape e neve all’aceto. L’attenzione si rivolge anche alle pizze, con impasto lievitato 48 ore e suddivise tra rosse, con base pomodoro San Marzano, gialle, con base pomodoro giallo ciliegino campano, e bianche, categoria nella quale sono presenti due novità: Fichi, con mozzarella di Agerola, prosciutto crudo di Parma, fichi e rucola, e Tonno e cipolle, con mozzarella di Agerola, tonno Campisi e cipolla al BBQ.
>> Link: www.faakfaak.it
Un evento che ha richiamato il pubblico delle grandi occasioni
Oltre 500 persone, tra quelle in sala e quelle collegate in streaming, hanno seguito, lo scorso 16 ottobre, la 7a edizione della Giornata della Suinicoltura organizzata da Expo Consulting Srl a Modena e interamente dedicata alla Peste Suina Africana. L’attualità del tema, con le sue drammatiche con-
seguenze sull’intera filiera suinicola nazionale, e l’importante parterre di relatori, tra i quali il Commissario straordinario Giovanni Filippini, hanno richiamato l’attenzione di allevatori, veterinari, macellatori e operatori del settore che non hanno voluto mancare a un appuntamento così importante.
Tanti e numerosi gli approfondimenti e gli spunti di riflessione per delineare la strada più efficace in grado di condurre «non tanto verso l’eradicazione della malattia — ha spiegato il Commissario Filippini — obiettivo ancora molto lontano, quanto al controllo e al confinamento di un virus molto resistente e
aggressivo che, paragonato al Covid, tanto per fare un esempio, nella sua invisibilità, ha le dimensioni di un leone rispetto ad un agnello. È una lotta che dobbiamo combattere insieme perché siamo tutti sulla stessa barca. Occorrono prudenza, calma, pazienza e grande determinazione perché, proprio come con il Covid, abbiamo davanti un nemico invisibile che va anticipato e non rincorso attraverso una serie di misure che insieme alla squadra di esperti che sto costituendo condividerò con la Commissione europea.
Dobbiamo avere tutti la consapevolezza di chi abbiamo davanti e se gli allevatori rappresentano uno dei protagonisti di questa situazione drammatica, occorre considerare gli autotrasportatori, il personale che lavora in azienda, i veterinari liberi professioni che hanno un ruolo fondamentale nelle aziende insieme ai servizi veterinari, a cui invece è demandato il compito di supporto e controllo, senza dimenticare i cittadini perché la biosicurezza, dentro e fuori gli allevamenti, deve essere la priorità assoluta.
Insieme a questi aspetti — ha concluso Filippini — non va sottovalutato il depopolamento dei cinghiali rispetto al quale sto lavorando con la mia squadra per concretizzarlo con azioni di caccia mirate e controllate».
Importanti gli interventi degli allevatori, che hanno illustrato le diverse esperienze vissute a causa dell’abbattimento o dell’impossibilità a movimentare gli animali o perché in allevamento era esploso un focolaio o perché le aziende si trovavano in zona di restrizione: ai danni economici, rilevanti, si è infatti sempre unito un danno emotivo che, probabilmente, mai avrebbero pensato di dover affrontare.
«Siamo estremamente soddisfatti del riscontro registrato» ha dichiarato Elisabetta Zagnoli, AD di Expo Consulting. «L’organizzazione di questa edizione della Giornata della Suinicoltura ha richiesto
In alto: alcuni dei relatori presenti al convegno, moderato da Andrea Bertaglio. In basso: il Commissario straordinario per la PSA dott. Giovanni Filippini.
molto impegno, soprattutto perché volevamo che un tema così importante come la Peste Suina Africana venisse trattato dai più autorevoli esperti affinché ogni partecipante, in presenza o in collegamento online, potesse portarsi a casa qualcosa di costruttivo su cui lavorare. Volevamo realizzare un evento all’altezza
delle aspettative del pubblico a cui era rivolto. Crediamo di esserci riusciti».
L’appuntamento per l’8a edizione della Giornata della Suinicoltura è già fissato per il 15 ottobre 2025
>> Link: expoconsulting.eu/giornata-della-suinicoltura
di Chiara Papotti
Morozzo è un piccolo centro della provincia di Cuneo noto principalmente per la Fiera del Cappone, che si tiene ogni anno il terzo lunedì di dicembre (e la domenica precedente). Le origini di questa antica fiera risalgono ai primi anni del Novecento, poi, con il passare degli anni, furono illustri personaggi della borghesia locale a dare nuova luce a questa storica manifestazione. Il comune,
che accoglie poco più di duemila abitanti, è ancora oggi luogo d’incontro per la zootecnia, la gastronomia, il commercio e l’arte. All’esposizione dei capponi si abbinano momenti culturali, concorsi d’arte, mercati e degustazioni che celebrano questo elegante Presidio Slow Food, reso noto nell’immaginario collettivo dai versi del MANZONI, che li volle come cadeau di Renzo per l’avvocato Azzeccagarbugli.
L’arte dell’allevamento del Cappone di Morozzo è antica e proviene dalla tradizione contadina del territorio. Il consorzio che unisce gli allevatori è nato nel 1923 e riunisce attualmente oltre 40 professionisti, grazie ai quali vengono spediti i pregiati capponi in tutta Italia. Le donne svolgono un ruolo fondamentale nella filiera: sono infatti depositarie del perpetuarsi di questa tradizione e per loro, in
special modo, sono sempre stati motivi di vanto ed orgoglio i premi conquistati nel giorno della fiera, a coronamento di un paziente lavoro iniziato in primavera con la schiusa dei pulcini.
Nel 1998 i capponi si erano ridotti ad un numero esiguo e la storica fiera del paese venne messa a rischio. L’associazione Slow Food decise allora di sostenere e valorizzare la produzione, assegnando al cappone il titolo di primo Presidio italiano: dai 300 capponi del 1999 si passò ai 3.000 capi nei due anni successivi.
Cos’ha, dunque, di speciale questo cappone così famoso? Come previsto dalla tradizione e garantito dal Disciplinare di produzione, i capi devono essere allevati a terra, liberi nell’aia o in recinti con una superficie di almeno 5 m² per capo ed alimentati con prodotti esclusiva-
mente di origine vegetali. Il galletto viene castrato chirurgicamente prima che abbia raggiunto la maturità sessuale e macellato ad un’età di almeno 220 giorni.
La razza utilizzata per la produzione del tradizionale Cappone di Morozzo è la nostrana “biotipo scuro di Cuneo”, che presenta piumaggio lucente e variopinto, sinonimo di buona salute, testa piccola di colore giallo arancione, pelle di colore giallo e un peso variabile tra i 2 e 3 kg. Dopo la capponatura viene lasciato ingrassare per un periodo di almeno 77 giorni, per poi essere venduto nelle macellerie della zona.
Nelle aie del paese vengono allevate anche le pollastre nostrane che mantengono viva la tradizione di un allevamento rigoroso e lontano nel tempo, le cosiddette “pule”. Le gallinelle, dalle squisite caratteri-
I capponi di Morozzo sono considerati tra i migliori al mondo per tenerezza e gusto. Nelle aie del paese sono allevate anche le ‘pule’, mantenendo viva la tradizione di un allevamento rigoroso, vagliato anche dal Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cappone di Morozzo
Il Cappone di Morozzo è un galletto castrato chirurgicamente prima che abbia raggiunto la maturità sessuale e macellato ad un’età di almeno 220 giorni. Dopo la capponatura deve essere ingrassato per almeno 77 giorni. La razza utilizzata per la sua produzione è la nostrana biotipo scuro di Cuneo (photo © www.capponedimorozzo.it).
stiche organolettiche appartenenti alla medesima razza del Cappone di Morozzo, sono gli esemplari di sesso femminile nati dalla stessa covata del prestigioso cappone.
La carne di questi esemplari è morbida, tenera e delicata: i puristi la gustano semplicemente lessata e bagnata nel sale (o al limite accompagnata dal bagnet verde), ma può anche essere ingrediente di piatti raffinati, come il pasticcio o il cappone ripieno.
Quella del cappone di Morozzo è una produzione di eccellenza, che ha a che fare con le tradizioni trasmesse di generazione in generazione, con l’amore per il territorio e con la passione per la lavorazione di un prodotto che è simbolo delle festività natalizie. In un mondo che va troppo veloce, dove siamo sempre super connessi alla tecnologia e meno all’anima, rallentare diventa necessario per ristabilire e riassaporare tutto ciò che viene allevato con il cuore.
Per gli appartenenti al movimento slow, il pasto è un momento importante di incontro e convivenza, che necessita di essere vissuto in serenità e allegria, lontano dalla frenesia della vita quotidiana. Perché non cominciare assaporando un grande cappone?
Chiara Papotti
ADM e BolognaFiere hanno deciso di rendere strutturale la loro collaborazione, condividendo la proprietà del marchio della rassegna che, dall’edizione 2026, diventerà MARCA by BolognaFiere ed ADM. La registrazione congiunta del nuovo marchio conferma la volontà delle insegne della distribuzione moderna organizzata di identificare in MARCA un luogo di riferimento fondamentale per stabilire relazioni commerciali con chi vuole entrare nel settore della marca privata in Italia. «Il consolidamento della partnership con ADM — ha spiegato Antonio Bruzzone, CEO di BolognaFiere — rappresenta l’importante riconoscimento della qualità del lavoro organizzativo svolto in questi 20 anni, al servizio del settore della distribuzione moderna e del comparto agroalimentare e del largo consumo. Crediamo nel-
la crescita strategica del mercato della MDD al punto che abbiamo iniziato a geoclonare l’evento nel mondo, prima in Cina e, dal 2025, in Polonia con partner locali, per internazionalizzare la manifestazione e aiutare le aziende del made in Italy ad entrare nella distribuzione moderna organizzata in mercati dove difficilmente riuscirebbero ad entrare stabilmente da sole».
L’intesa raggiunta prevede un coinvolgimento sempre più attivo di ADM nello sviluppo della manifestazione, a partire da una maggiore presenza delle insegne associate. «Siamo consapevoli delle opportunità che ci aspettano e pronti a lavorare insieme per raggiungere nuovi traguardi» ha aggiunto Mauro Lusetti, presidente di ADM.
L’indagine recentemente condotta da CIRCANA sull’andamento nei primi nove mesi del 2024 del
mercato totale omnichannel in Italia conferma che la MDD è stato il segmento più dinamico, con una crescita delle vendite a valore di +2,7%, per 22 miliardi di euro di ricavi complessivi e 30 punti di quota. L’offerta di prodotti a marca del distributore è cresciuta, si è arricchita di tante linee che interpretano anche i nuovi gusti dei consumatori (pensiamo al bio e dei prodotti tipici regionali) e oggi è sempre più apprezzata dagli Italiani perché coniuga qualità e convenienza. «Lo scouting accurato di espositori che facciamo in tutto il mondo, ha l’obiettivo di far crescere il numero e la qualità dei partner della Distribuzione Moderna italiana, i cui contratti durano in media oltre cinque anni» conclude Antonella Maietta, Exhibition manager di MARCA».
Fonte: EFA News – European Food Agency, efanews.eu
Bologna, 15-16 gennaio 2025 marcabybolognafiere.com
MARCA by BolognaFiere 2025 cresce e per la 21a edizione propone un nuovo layout con 9 padiglioni (16-21-22-2526-28-29-30-36) pronti a ospitare retailer, aziende e business community del settore MDD.
Nasce Marca Poland (Poznań, 19-20 febbraio 2025): nascono nuove opportunità per le aziende italiane desiderose di espandersi in Est Europa
Si svolgerà a Poznań, il 19 e il 20 febbraio 2025, la prima edizione di MARCA Poland. Co-organizzata da BolognaFiere e da MTP Group, MARCA Poland si basa su un format di successo come quello di MARCA by BolognaFiere (il 15-16 gennaio 2025 a Bologna la sua 21a edizione) e punta a rivoluzionare il mercato della private label in Polonia, aprendo nuove opportunità alle aziende italiane desiderose di espandersi nell’Est europeo. Nei due ampi padiglioni multifunzionali all’interno del Centro Congressi di Poznań è prevista per questa prima edizione la presenza di oltre 200 espositori in arrivo da Polonia, Italia, Spagna, Germania e altri Paesi europei, e di 250 buyer in rappresentanza della GDO europea (prevalentemente dell’Est). «Marca Poland rappresenta un altro importante passo avanti nella strategia di internazionalizzazione di BolognaFiere» ha commentato Antonio Bruzzone, CEO di BolognaFiere. «Come successo già con Cosmoprof nel settore della cosmetica, intendiamo esportare nel mondo la ventennale esperienza di MARCA by BolognaFiere nel settore della private label, creando un network di eventi B2B». Come già avviene a MARCA by BolognaFiere in Italia, Marca Poland intende mettere in contatto produttori food e non food con le principali catene di distribuzione europee. «L’evento — dichiara Wojciech Kokotek, direttore di MARCA Poland — risponde a una chiara esigenza di mercato. In Polonia la quota di mercato raggiunta dalla marca privata all’interno della GDO locale ha raggiunto il 27% e crescerà nei prossimi anni (fonte Nielsen IQ). Vogliamo creare un momento di contatto tra le insegne e le aziende che vogliono contribuire con i loro prodotti a questa crescita». «Marca Poland rappresenta un’opportunità unica per le aziende italiane che vogliono entrare nel mercato polacco e nei Paesi limitrofi: offrirà infatti un’importante piattaforma per il networking tra produttori e distributori, facilitando l’accesso a nuovi mercati e creando nuove opportunità di business», commenta Domenico Lunghi, direttore Manifestazioni Dirette Food & Beverage di BolognaFiere. «Le imprese che daranno vita al progetto avranno la possibilità di allargare il loro raggio d’azione entrando in mercati dove oggi poche aziende italiane sono presenti e dove è attesa una grande crescita nella domanda di prodotti di qualità» (in foto, una rappresentante del team di MARCA by BolognaFiere a Polagra, una delle principali fiere agroalimentari in Europa che si tiene a Poznań).
Sentenza n. 5006/2024 pubbl. il 13/05/2024
RG n. 40556/2019
Repert. n. 4071/2024 del 13/05/2024
Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati: dott. Claudio Marangoni presidente rel. dott. Vincenzo Barbuto giudice dott.ssa Elisa Fazzini giudice
ha pronunciato la seguente
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 40556/2019 R.G. promossa da: SIRSA s.p.a. (C.F. 01871980163), in persona del legale rappr.te pro tempore; attrice
contro:
PENTA-PLAST s.r.l. (C.F. 00950990416), in persona del legale rappr.te pro tempore; convenuta
IL CONTENITORE s.r.l. (C.F. 06431850152), in persona del legale rappr.te pro tempore; convenuta contumace
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, 1) in accoglimento delle domande avanzate da SIRSA s.p.a. nei confronti di PENTAPLAST s.r.l. e della contumace IL CONTENITORE s.r.l., accertata l’interferenza
dell’aspetto esteriore dei contenitori denominati ALTANA — in tutte le versioni disponibili — con le registrazioni comunitarie n. 000011549- 0001, 000011549-0002 e 000011549-0003 di cui parte attrice è titolare, inibisce alle società convenute l’ulteriore produzione, commercializzazione e promozione in ogni forma di tale prodotto nonché di prodotto diversamente denominato comunque interferente con i titoli di proprietà industriale di parte attrice;
2) fissa a titolo di penale per eventuali violazioni la somma di€ 500,00 per ogni esemplare prodotto e/o commercializzato dalle convenute in violazione dell’inibitoria innanzi comminata;
3) ordina alle società convenute il ritiro dal commercio dei prodotti innanzi menzionati;
4) dispone ai sensi del comma 4 dell’art. 124 c.p.i. l’assegnazione in proprietà in favore di SIRSA s.p.a. dello stampo utilizzato da PENTA-PLAST s.r.l. per la produzione dei prodotti ritenuti in contraffazione;
5) condanna PENTA-PLAST s.r.l. e IL CONTENITORE s.r.l. in via tra loro solidale al risarcimento del danno in favore di SIRSA s.p.a., determinato nell’importo di 311.808,90 oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma rivalutata di anno in anno a decorrere dalla data di inizio della commercializzazione dei prodotti contraffatti fino all’effettivo saldo;
6) dispone la pubblicazione del dispositivo della presente sentenza per una volta e a caratteri doppi del normale sulla rivista Eurocarni a cura e a spese delle società convenute, da eseguirsi entro 15 giorni dalla notifica in forma esecutiva della presente sentenza, autorizzando sin da ora parte attrice — ove detto termine fosse inutilmente decorso — a procedere direttamente a tale pubblicazione ponendo le relative spese a carico delle convenute mediante trasmissione della relativa fattura;
7) condanna le parti convenute in via tra loro solidale al rimborso delle spese sia del presente giudizio che della fase cautelare svoltasi ante causam in favore di parte attrice, complessivamente liquidate in € 25.415,00 per compensi ed€ 1.500,00 per spese, oltre rimborso spese generali ed oneri di legge, cui devono aggiungersi gli onorari liquidati in favore della CTU contabile in corso di causa e il rimborso degli onorari versati da SIRSA s.p.a. al proprio consulente di parte limitatamente all’importo liquidato in favore della CTU.
Milano, 9 maggio 2024
Il Presidente
Claudio Marangoni
L’anno 2024 segna un momento chiave nella storia di IPV Pack. Con l’inaugurazione del nuovo headquarter e investimenti strategici su tutti i fronti, infatti, l’azienda si prepara ad affrontare le sfide future con determinazione e visione.
Questa fase di espansione e rinnovamento rappresenta un ulteriore passo avanti nella trasformazione di IPV Pack da azienda commerciale a leader innovativo nel settore del packaging
Dal 2017, IPV Pack ha intrapreso un percorso di evoluzione che l’ha vista trasformarsi da distributore di imballaggi a produttore con un proprio sito produttivo in pro-
vincia di Padova. Questa svolta ha permesso all’azienda di assumere un controllo diretto sulla qualità e sulla produzione, favorendo una crescita costante.
L’apertura di una seconda fabbrica in Serbia nel 2022 ha ulteriormente accelerato il processo di internazionalizzazione, aumentando significativamente la capacità produttiva e ampliando la presenza sul mercato internazionale.
Uno dei punti di forza di IPV Pack è la sua struttura organizzativa snella e flessibile, che permette di rispondere rapidamente alle esigenze dei clienti. La combinazione di esperienza consolidata e l’ingresso di manager provenienti
da settori diversi, come l’automotive, ha consentito di sviluppare processi produttivi e logistici avanzati, migliorando la sincronizzazione delle fasi operative. «La nostra capacità produttiva è stata dimensionata e implementata negli anni per ridurre i rischi di saturazione degli impianti mantenendo però una qualità molto elevata», spiega Simone Palma, founder e CEO di IPV Pack.
Nel 2024, l’azienda ha ulteriormente rafforzato la sua struttura organizzativa con la creazione di tre diverse business unit, una dedicata al mondo carni, una al pet food e la terza al settore human food. Questo nuovo assetto permette a IPV Pack di diversificare le proprie attività e di
investire in nuovi settori, portando innovazione e nuove competenze. «Crediamo fortemente che la crescita a lungo termine possa essere raggiunta solo attraverso un continuo miglioramento del nostro impatto sul mercato, sull’ambiente e sulle persone», afferma Palma.
L’ampliamento della produzione ha permesso anche di dedicare maggior spazio al laboratorio qualità e alle aree per i test qualitativi, con un aumento significativo dei macchinari disponibili per la verifica delle caratteristiche tecniche degli imballaggi.
IPV Pack punta ad offrire soluzioni personalizzate, adattate alle esigenze specifiche dei clienti, con particolare attenzione alla qualità dei materiali e alle finiture esterne.
Dal 2004 al 2016, IPV Pack operava come azienda commerciale senza macchinari interni. Tuttavia, nel 2017, l’azienda ha deciso di affrontare la sfida della produzione interna, avviando quella che Palma definisce “l’avventura produttiva”.
Grazie all’esperienza di Adriano Vesco, technical development manager, IPV Pack ha adottato macchinari di ultima generazione, customizzati per soddisfare le esigenze dei diversi mercati. Oggi, le linee di produzione sono attive sia in Italia che in Serbia, con una continua espansione della capacità produttiva.
La sede in Serbia, inaugurata nel 2022, ha raddoppiato la sua capacità in un anno e mezzo, con ulteriori espansioni previste a breve. «L’impianto in Serbia ci sta dando molta soddisfazione», dice Palma, sottolineando come la nuova sede stia contribuendo significativamente alla crescita internazionale dell’azienda.
Il 2024 ha portato anche ad una riorganizzazione aziendale strategica, con l’ingresso di nuovi membri nel consiglio di amministrazione e l’assunzione di un nuovo COO e CFO. Questa nuova struttura manageriale, insieme alla consulenza
strategica di Gianni dal Pozzo, CEO di Considi, sta aiutando IPV Pack a perseguire rapidamente i suoi ambiziosi obiettivi di crescita.
La crescita di IPV Pack ha portato non solo ad un’espansione del personale, ma anche ad un impegno verso la diversità e l’inclusione. L’azienda sta lavorando per promuovere un equilibrio di genere, in linea con le migliori pratiche aziendali moderne. Allo stesso tempo, l’età media dei dipendenti si è ridotta, portando nuove idee e dinamismo, pur mantenendo un solido bagaglio di esperienza tra i membri del team.
L’azienda ha investito nel miglioramento di tutte le funzioni
strategiche, dall’amministrazione alla qualità, dalle vendite alla programmazione della produzione.
L’azienda sta crescendo ulteriormente nel settore degli imballaggi per l’industria alimentare umana e soluzioni packaging innovative per prodotti sterilizzabili e microondabili. Le tre business unit, già operative e ora oggetto di un importante potenziamento, beneficiano della guida di nuovi responsabili che hanno portato il loro prezioso know-how da realtà di successo. Questo piano di sviluppo ambizioso si estende al prossimo triennio, con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente la nostra posizione di mercato e incrementare i fatturati in tutti i settori.
Reparti trasformazione e magazzino.
La sostenibilità è un tema centrale per IPV Pack. L’azienda ha adottato un approccio rigoroso all’utilizzo di materiali riciclabili, in linea con le direttive di Recy-
class di cui è platinum partner. IPV Pack è impegnata nella riduzione dell’impatto ambientale, eliminando vernici esterne e garantendo la stabilità dei processi produttivi. «Ab-
biamo dedicato molto tempo alla progettazione e industrializzazione del monomateriale, ottenendo risultati molto confortanti nei test di tenuta».
In conclusione, IPV Pack sta affrontando il futuro con una visione chiara e una strategia ben definita. Con il nuovo headquarter, importanti investimenti e una struttura organizzativa solida, l’azienda è pronta a superare le sfide del mercato e a consolidare la sua posizione di leader nel settore del packaging.
Le soluzioni packaging
Le soluzioni packaging offerte da IPV Pack sono realizzate con materie prime di altissima qualità. Sono disponibili prodotti personalizzabili secondo le esigenze del cliente.
Prodotti TOP
SACCHI TERMORETRAIBILI
• Massima trasparenza e brillantezza; • Alta barriera;
• Miglioramento shelf-life;
• Massima retrazione;
• Spessori disponibili da 45 a 100 my;
• Altissima resistenza alla perforazione;
• Disponibilità di tutte le presentazioni richieste dal mercato PROTEINE;
• Misure standard pronta consegna.
SKIN FILM
• Massima trasparenza e brillantezza;
• Con o senza barriera;
• Miglioramento shelf-life;
• Massimo effetto “skin” confezione;
• Spessori e fasce a richiesta.
FILM PER TERMOFORMATRICI
• Massima trasparenza e brillantezza;
• Massima resistenza alla perforazione e alla termoformatura;
• PA/PE – PA/EVOH/PE – PA/PP
– PA/EVOH/PP;
• Spessori e fasce a richiesta.
BUSTE SOTTOVUOTO
• Idonei alla pastorizzazione;
• Massima trasparenza e brillantezza;
• Altissima resistenza alla perforazione;
• Vasta gamma di spessori;
• Misure standard pronta consegna.
CORDE-SPAGHI
• Colore azzurro MOCA;
• In rotolo o tagliata a misura;
• 2 mm, 4 mm, 5 mm, 6 mm;
• Con anime su richiesta;
• Confezionata in cartoni.
STOCCHINETTE
• Bianca/Nera/Personalizzata;
• In rotolo o tagliata a misura;
• Massima resa;
• Leggera;
• Resistente;
• Elastica;
• Varie grammature;
• Materiale pronta consegna.
TELA PARAFFINATA
• Supporto in TNT;
• Supporto in cotone;
• Alta resistenza alla perforazione;
• Altissima aderenza al prodotto
• Varie fasce disponibili;
• Disponibile anche pretagliata varie misure;
• Materiale pronta consegna.
SACCHI/ROTOLI/FOGLI MONO PE
• HDPE – LDPE – COEX;
• Colorati o trasparenti;
• Per congelamento;
• Per cottura (cartene);
• Disponibili in sacchi, in rotoli pretagliati, in fogli singoli o a strappo;
• Materiale pronta consegna.
IPV Pack Srl Unipersonale
Via dell’Industria e dell’Artigianato 2 35010 Carmignano di Brenta (PD) Telefono: 049 9431318
E-mail: info@ipvpack.com Web: www.ipvpack.com
Crostatura criogenica prima del confezionamento in skinpackaging: come indurire hamburger e tartare ed evitarne il disfacimento con gli abbattitori criogenici di tecnologia Linde
L’ utilizzo delle temperature ultrabasse ha rivoluzionato i processi di lavorazione dell’industria della carne: lavorare con temperature di processo
fi no a –100 °C consente infatti alle industrie di lavorazione della carne di condurre le operazioni di raffreddamento rapido dei propri prodotti in spazi estremamente
ridotti, mantenendo il processo in linea continua. Il confezionamento in skin di prodotti a base di carne è, d’altro canto, una tecnologia che trova sempre più ampia appli-
Per crostatura criogenica si intende la formazione di uno strato temporaneamente congelato sulla superficie di un prodotto, tale da garantirgli una struttura compatta, necessaria per le successive lavorazioni. Questa applicazione trova particolare utilizzo in referenze quali hamburger e tartare prima del confezionamento in skin packaging.
I tunnel lineari, tunnel a spirale, armadi criogenici: Linde Gas Italia offre una gamma di soluzioni tecnologiche adattabili ad ogni contesto produttivo.
cazione per gli indubbi vantaggi in termini di shelf-life, di risparmio di spazio a scaffale e di presentazione dei prodotti. Questa tecnologia si combina a livello produttivo ai pretrattamenti di crostatura criogenica. L’operazione di crostatura criogenica, anche detta di crust freezing, consiste nella formazione di uno strato temporaneamente congelato sulla superficie dei prodotti (2-4 mm), in modo tale da garantirgli una struttura compatta e coesa, necessaria per le successive lavorazioni. Questa applicazione trova particolare utilizzo nella crostatura di prodotti quali hamburger e tartare prima del confezionamento in skin packaging: infatti, consente di evitare il disfacimento del burger durante il tiraggio del vuoto in confezionatrice. Diversamente, prodotti troppo caldi, con una texture insufficientemente compatta, saranno soggetti a spappolamento e deformazioni. In questo contesto, Linde Gas Italia offre una gamma di soluzioni tecnologiche adattabili ad ogni contesto produttivo.
Tunnel lineari
Si tratta di surgelatori in continuo in cui il prodotto, tramite un nastro di trasporto, viene introdotto nella zona di raffreddamento ad azoto liquido. A seconda della pezzatura e della temperatura del prodotto, vengono impostati il tempo di permanenza e la temperatura. La lunghezza del tunnel determina la capacità produttiva.
Tunnel a spirale
Si tratta di tunnel criogenici in continuo, in cui il nastro di trasporto si sviluppa in altezza “a spirale”, consentendo notevoli superfici del nastro e grandi capacità produttive.
Armadi criogenici
Si tratta di surgelatori a batch in cui il prodotto viene caricato manualmente su carrelli ed introdotto all’interno della camera di surgelazione, per produzioni più limitate.
Vantaggi della tecnologia Linde Il processo di crostatura criogenica è totalmente “reversibile”, resti-
tuendo dopo confezionamento un prodotto completamente identico al prodotto di partenza, senza decadimenti qualitativi, che si possono invece verificare con altre tecniche d’indurimento. Si tratta di soluzioni estremamente versatili, facilmente installabili in spazi contenuti. I surgelatori criogenici, permettono, inoltre, di diversificare la produzione aggiungendo nuove referenze (esempio burger surgelati, carne macinata surgelata in IQF, ecc…).
Le apparecchiature sono disponibili anche a noleggio senza alcun investimento economico richiesto al cliente.
• Per ulteriori dettagli potete contattare Linde Gas Italia: marketing.it@linde.com
>> Link: www.linde-gas.it
Nell’ambito della sanificazione industriale, Jarvis Italia si distingue con soluzioni tecnologiche avanzate, come il sistema di sanificazione con vapore e aspirazione midollo, modelli CV-1 e SR-1. Strumenti che rappresentano l’eccellenza in termini di efficienza e adattabilità alle diverse esigenze di produzione nei macelli
La sanificazione degli strumenti per la macellazione del bestiame deve essere eseguita con prodotti specifici che garantiscano l’eliminazione di batteri e agenti contaminanti, senza danneggiare le attrezzature. La frequenza della pulizia dipende dalla natura e dall’intensità dell’uso: al termine di ogni turno di lavoro, è indispensabile effettuare una pulizia approfondita, mentre una sanificazione più leggera è consigliata tra un uso e l’altro una pausa e l’altra durante la giornata lavorativa.
Prodotti di pulizia efficaci Per la pulizia delle attrezzature di macellazione, è essenziale scegliere detergenti e disinfettanti approvati e testati. Soluzioni a base di ipoclorito di sodio ed altri prodotti specifici sono ampiamente utilizzate per la loro efficacia contro una vasta gamma di microbi. È fondamentale seguire le indicazioni dei produttori per evitare danni alle attrezzature e garantire una sanificazione efficace.
Tecniche per evitare contaminazioni crociate
Le contaminazioni crociate possono essere prevenute seguendo rigorosi protocolli di sanificazione e organizzando lo spazio di lavoro in modo che le attrezzature pulite non
vengano mai in contatto con quelle ancora da sanificare. L’uso di color coding per gli strumenti e le zone di lavoro può aiutare a mantenere l’ordine e la sicurezza.
Sicurezza nella macellazione
La sicurezza degli operatori è prioritaria. Tutti gli strumenti e le attrezzature devono essere mantenuti in perfetto stato e sanificati regolarmente per prevenire infortuni e garantire un ambiente di lavoro sicuro. Il rispetto delle normative sulla sicurezza e l’uso di attrezzature di protezione individuale (EPI) sono imprescindibili.
Innovazioni in sanificazione: il sistema CV-1 di Jarvis Italia Nell’ambito della sanificazione industriale, Jarvis Italia si distingue con soluzioni tecnologiche avanzate, come il sistema di sanificazione con vapore e aspirazione midollo, modelli CV-1 e SR-1. Questi strumenti rappresentano l’eccellenza in termini di efficienza e adattabilità alle diverse esigenze di produzione nei macelli.
Strumento di sanificazione con vapore modello CV-1 Il modello CV-1 è specificamente progettato per la sanificazione delle carcasse mediante l’uso di vapore.
L’impiego del vapore come agente sanificante è noto per la sua capacità di ridurre significativamente la carica batterica senza l’utilizzo di prodotti chimici, garantendo così un trattamento ecologico ed efficace. La sanificazione a vapore non solo migliora la sicurezza alimentare ma estende anche la durata di conservazione delle carni*.
Strumento di aspirazione midollo modello SR-1
L’aspirazione del midollo è una fase critica nella lavorazione delle carcasse e il modello SR-1 di Jarvis Italia eccelle in questa funzione. Disponibile sia con che senza opzioni a vapore, questo sistema utilizza una pompa elettromeccanica ad alte prestazioni per un’aspirazione efficiente e rapida. Il serbatoio di contenimento e il filtro di separazione integrati sono progettati per una facile manutenzione e una lunga durata operativa, riducendo i tempi di inattività e i costi di gestione.
Configurazioni personalizzabili e prestazioni di alto livello
Il sistema CV-1 / SR-1 offre varie configurazioni per adattarsi alle specifiche esigenze di produzione di ogni impianto di macellazione. Con la possibilità di aggiungere un generatore di vapore su richiesta,
CV-1 / SR-1 sistema di sanificazione con vapore e aspirazione midollo
• Strumento di sanificazione con vapore per carcasse modello CV-1 / Strumento di aspirazione midollo modello SR-1 con e senza vapore.
• Varie configurazioni in base alle esigenze di produzione.
• Sistema di aspirazione con vuoto tramite pompa elettromeccanica ad alte prestazioni.
• Serbatoio di contenimento e filtro di separazione.
• A richiesta generatore di vapore.
• Straordinaria resa e qualità di rendimento.
• L’alta efficacia riduce la carica batterica sulla carcassa.
• Facile da usare, costruzione robusta, manutenzione ridotta.
CV-1 / SR-1 sistema di sanificazione con vapore e aspirazione midollo, particolari. Robusta costruzione e manutenzione ridotta garantiscono che questi sistemi siano una soluzione a lungo termine per le sfide quotidiane nei macelli.
i macellatori possono configurare il sistema per massimizzare l’efficienza e l’efficacia del processo di sanificazione.
La combinazione di resa straordinaria e qualità del rendimento rende il sistema CV-1 / SR-1 una scelta privilegiata per coloro che cercano non solo conformità alle normative di sicurezza alimentare ma anche un’operatività ottimale. La robusta costruzione e la manutenzione ridotta garantiscono che questi sistemi siano una soluzione a lungo termine per le sfide quotidiane nei macelli.
Integrando il sistema di sanificazione con vapore modello CV-1 nel vostro processo produttivo, potrete beneficiare di una riduzione della carica batterica e di un miglioramento generale nella sicurezza e qualità delle carni lavorate.
Jarvis Italia continua a guidare l’industria con soluzioni innovative che rispondono alle esigenze dei professionisti della macellazione, sostenendo la sicurezza, l’efficienza e la sostenibilità ambientale.
• Per ulteriori informazioni su questi innovativi strumenti di sanificazione e per esplorare il nostro ampio catalogo di prodotti, visitate on-line la nostra sezione prodotti o scaricate il catalogo PDF.
• Con Jarvis Italia, assicuratevi la migliore tecnologia per una produzione sicura e di qualità.
Nota
* Si veda anche l’interessante video su YouTube: www.youtube.com/ watch?v=GokuLSdNjsU
Jarvis Italia Srl
Via F.lli Pinfari 8/C 46029 Suzzara (MN) Telefono: 0376 508338
E-mail: info@jarvisitalia.it Web: jarvisitalia.it
La vicinanza ai clienti al centro: nel 2025 parte una nuova affiliata Weber Food Technology
Nella primavera del 2024 WEBER FOOD TECHNOLOGY ha annunciato la costituzione di una propria affiliata in Italia e la costruzione di un nuovo edificio per la Weber Food Technology Italia Srl. Jörg Schmeiser, amministratore della Weber Food Technology GmbH, e l’intero futuro team di Weber Italia il 27 settembre hanno annunciato la posa della prima pietra nella zona
produttiva di Egna. Con la propria presenza, in futuro Weber rileverà dall’attuale partner commerciale Niederwieser Spa l’assistenza diretta ai clienti italiani. «La costituzione di una propria affiliata in Italia e questa costruzione sono ulteriori passi verso una vicinanza ancora maggiore ai clienti e un’assistenza completa. Infatti, dal 2025 i nostri clienti beneficeranno dell’accesso
alla nostra intera gamma di servizi, dalla consulenza alla gestione dei progetti, passando per l’assistenza post-vendita, e all’utilizzo delle soluzioni software globali e delle strutture di supporto», ha sottolineato Jörg Schmeiser. Su questa base, il nuovo edificio di 1.500 m2 avrà, oltre a spaziosi uffici, anche uno show room per le dimostrazioni ai clienti e un magazzino ricambi
PRODUTTORE DI MACCHINE PER LA LAVORAZIONE DELLE CARNI
KT dal 1938
INDUSTRIA DELLE CARNI / MACELLERIE / INDUSTRIA ITTICA
Pulled Pork sta conquistando il mondo!
Le carni sfilacciate, la moda del momento, stanno ottenendo una rapida crescita nel mercato italiano.
ELEVATA CAPACITA’
Taglia rapidamente a pezzetti la carne cotta
La paletta di ingresso è progettata per operazioni in totale sicurezza.
NESSUN TAGLIO
Ottieni lunghe fibre muscolari senza tagliare ostrappare il prodotto.
KT-PK Tenderiser
1200 bistecche all’ora
Acciaio inossidabile
Facile da pulire
Progettato per la Sicurezza
La KT-SH-1 Pulled Meat Machine è progettata per produrre prodotti tagliuzzati/sfilacciati “quasi istantaneamente”. Ideale per grandi ristoranti, produttori di carni di piccola e media impresa e per il catering, questa macchina ha una capacità di più di 00 kg all’ora.
Taglia la maggior parte dei prodotti freschi
Assicura una qualità costante
Acciaio inossidabile
Alimentazione automatica
Facile da pulire
Sicuro da utilizzare
KT-S Fish Scaler
Acciaio inossidabile
Mandrino di taglio impermeabile
Isolamento sicuro
Tutte le parti esterne sono antiruggine
Facile da utilizzare per un lungo servizio
OTTERRAI OTTIMI PRODOTTI DA QUESTE MACCHINE!
Sezionamento
Carne Tritata Porzioni Tagliate Tagli Inteneriti Pesce Squamato
Produttore: Distributore per l’Italia: KONETEOLLISUUS OY
Järvihaantie 5
01800 Klaukkala (Finland) Web: www.koneteollisuus.fi
KT-750 sega a nastro
KT-ALP Meat Press
800 bistecche all’ora
Acciaio inossidabile
Pressa senza perdita di peso
Spessore regolabile 1mm - 40mm
Completamente ricoperto per la Sicurezza
Disponibilità della piastra di pressa per pollo e pollame
Per maggiori informazioni e per visionare i video delle macchine in uso, visitate il sito www.koneteollisuus.fi
COMMINT SRL
Via per Modena 55/C2 41014 Castelvetro di Modena (MO) Tel: +39 059-702727 Web / email: www.commint.net / sales@commint.net
per servire rapidamente i clienti. L’ultimazione dei lavori è prevista per fine 2025.
Dalla fine degli anni ‘80, la società Niederwieser è stata responsabile della rappresentanza dell’impresa Weber, nonché dei relativi prodotti e servizi sul mercato italiano. Con l’apertura della Weber Food Technology Italia tutti i collaboratori Niederwieser, che finora hanno lavorato nell’ambito della partnership commerciale Weber, faranno parte della nuova squadra Weber.
Gerhard Zöschg, amministratore della Niederwieser Spa di San Giacomo di Laives, ha ringraziato la sua squadra per la lunga e fruttuosa collaborazione e nel corso di un discorso ha consegnato al nuovo amministratore, Tobia Cigana, la responsabilità del mercato italiano: «Sono convinto che Tobia, grazie alla sua lunga esperienza maturata nel settore, ai suoi stretti rapporti
Dall’affettatura a peso fisso e dal confezionamento di salumi, carne, formaggi e prodotti vegani fino a complesse soluzioni di automazione per piatti pronti, pizze, sandwich e altri prodotti: Weber Food Technology è uno dei principali fornitori di soluzioni per generi alimentari come prodotti affettati e in pezzi nonché per il confezionamento di prodotti freschi. L’obiettivo principale dell’azienda è quello di semplificare lo svolgimento delle attività dei clienti fornendo soluzioni eccezionali e personalizzate, consentendo loro di far funzionare in modo ottimale gli impianti per tutto il loro ciclo di vita. Oggi Weber Food Technology impiega circa 1.900 dipendenti in 26 sedi in 21 nazioni, che contribuiscono quotidianamente al successo del Gruppo Weber con passione e dedizione. L’azienda è a conduzione familiare ed è guidata da Tobias Weber, CEO e figlio maggiore del fondatore dell’azienda, Günther Weber.
>> Link: www.weberweb.com
con i clienti e alla sua approfondita competenza implementerà con successo la nuova sede Weber». Gerhard Zöschg continuerà a supportare il team Weber Italia svolgendo
consulenza. Ed è già stata prevista la possibilità di crescita: l’area di 7.200 m2 offre tutto lo spazio necessario e tante opportunità di ampliamento strutturale.
Tec Forum (28-29 ottobre 2025): two days to reimagine Food Tec
Cibus Tec Forum — mostra-convegno sulle tendenze delle tecnologie alimentari organizzata da Koeln Parma Exhibitions
Srl e in programma nella sua seconda edizione a Fiere di Parma nelle giornate del 28 e 29 ottobre 2025 —è un evento unico che rivoluziona il Food Tec, dove presentare e scoprire le soluzioni più interessanti e le tecnologie innovative per l'industria alimentare e delle bevande. Questo il profilo degli espositori: fornitori di tecnologie per il settore alimentare e delle bevande (innovazioni in macchine e componenti; nuove frontiere del packaging; soluzioni per la sicurezza alimentare; soluzioni di automazione avanzata; digital e IoT; ingredienti e formulazioni innovative); innovatori rivolti al settore alimentare e delle bevande; startup, acceleratori ed incubatori; istituzioni pubbliche e private, accademie e centri di ricerca. Cibus Tec Forum rivoluziona anche il concetto di evento, offrendo a espositori e visitatori un ambiente informale ma proiettato al futuro, con un forte impegno a offrire concrete opportunità di networking. È progettato per favorire l'innovazione e la collaborazione nei settori alimentare e tecnologico. L’ingresso a Cibus Tec Forum è gratuito ma è necessaria la registrazione on-line. La biglietteria on-line sarà attiva nel 2025.
Il percorso ideale per rimanere connessi con il mercato
Partecipare a Cibus Tec Forum non è solo l’occasione per creare sinergie e stabilire contatti nel 2025 ma anche un trampolino di lancio essenziale in vista di Cibus Tec, la manifestazione globale sulle tecnologie alimentari e delle bevande, organizzata, come sempre a Parma, dal 27 al 30 ottobre 2026
>> Link: cibustecforum.it
È stato calcolato che il valore annuale del cibo sprecato in Italia è di 15,6 miliardi di euro* e questo rende ancora più insopportabile il dato che registra oltre 2 milioni di famiglie italiane in povertà assoluta, di cui quasi 200.000 sono in Lombardia*.
Ed è qui che siamo impegnati ogni giorno per contrastare l’insicurezza alimentare, distribuendo 1.200.000 kit di spesa ogni anno e sostenendo ogni giorno quasi 5.000 persone in di ff icoltà che passano dai nostri centri, senza fare distinzioni di nessun tipo, grazie ai nostri 250 volontari, ai privati e alle aziende che sostengono la nostra associazione Pane Quotidiano ONLUS.
Ma il numero di ospiti giornaliero è raddoppiato negli ultimi 5 anni e adesso abbiamo bisogno anche di voi.
Ci servono le vostre eccedenze di produzione: siamo organizzati per ritirare anche i prodotti freschi e in scadenza in tempi rapidi, con una piani ficazione digitalizzata che considera anche la catena del freddo. Con il dono di prodotti in surplus, oltre a contribuire a un importante impegno sociale, potete anche bene ficiare di vantaggi economici, fiscali e logistici.
Un grande aiuto per chi ha bisogno, e una scelta di sostenibilità per la vostra azienda.
*fonti: Waste Watcher International Observatory 2023, Istat
eccedenze@panequotidiano.eu
MANUELA VANNI
I tagli del maiale
Le razze, le preparazioni di base e le tecniche di cottura
Edizioni: Giunti
96 pp. – € 9,90
SCHIRA, FRANCO CAZZAMALI
Il libro delle frattaglie
Oltre 350 ricette per scoprire e riscoprire il loro gusto straordinario
Edizioni: Antonio Vallardi
352 pp. – € 18,90
ALLAN BAY
Il libro completo dei sughi, delle salse e dei ragù
Edizioni: Giunti
448 pp. – € 17,10
Impara a riconoscere e a preparare al meglio tutte le parti del maiale, dal muso al codino, dalla spalla alla pancia. Le tecniche contemporanee indispensabili per chi desidera aumentare il proprio livello di competenza in cucina spiegate in dettaglio e alla portata di tutti. Le giuste scelte, gli strumenti, gli ingredienti e le ricette per preparare piatti perfetti e moderni con il linguaggio chiaro e comprensibile e il metodo infallibile del team di ALLAN BAY. Una collana di volumi in formato tascabile dotati di un ricco apparato fotografico, facili da leggere e da usare, essenziali ma completissimi. Un vero e proprio master concentrato per scoprire gli elementi di base che portano dal fare cucina al fare una grande cucina.
Animelle, bottarga, cervella, creste, cuore, fegato, guance, lingua, milza, omento, orecchie, piedini, polmone, rognone, testa, testicoli, trippa, zampe. Questo libro, il punto di riferimento assoluto sulle frattaglie e sul loro uso in cucina, si propone innanzitutto di far conoscere il “quinto quarto” in tutti i suoi aspetti. Sfatando i luoghi comuni, i due autori — lei scrittrice, giornalista e critica gastronomica, lui autorità assoluta in fatto di carne — ci dimostrano quanto le frattaglie siano sane, nutrienti e sostenibili. Grazie alle oltre 350 ricette, attinte dalla ricchissima tradizione italiana ma arricchite anche da proposte innovative di chef, il libro esplora un patrimonio di gusto trascurato da troppi amanti della buona tavola, da riscoprire e valorizzare.
ALLAN BAY, tra i primi divulgatori di cucina italiana, ha il dono di trasmettere conoscenza e insieme passione. “Io sono da sempre un sugofilo seriale: non concepisco una preparazione che non sia nappata con abbondante sugo adatto. Da anni avevo in testa questo libro: dove il clou della ricetta è un sugo e poi, ma solo come conseguenza, si dice dove può essere aggiunto”. Nasce così questo repertorio unico di sughi, salse e ragù, con oltre 400 ricette e gli abbinamenti ideali, che risponde alle esigenze di un cuoco alle prime armi. Perché in cucina nulla più di un sugo ha la capacità di trasformare un piatto.