Eurocarni 10-2020

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 10 • Ottobre 2020

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo

Segreteria di redazione Gaia Borghi

Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi

Euro Annuario Carne

Abbonamenti Fioretta Fiorentin EURO ANNUARIO CARNE 2020

Amministrazione Andrea Tomassone

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2020 Copia cartacea: € 95,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Ufficio stampa e Media Partner

Stampa

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

La carne nel mondo

USA e Cina

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Agenda

Mantova: Food & Science Festival

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Immagini

Un’indagine di SGMarketing

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Francesco Cutri di Ciccio & Pinolo

16

Naturalmente carnivoro

Dario Cecchini e Riccardo Ricci

18

Tendenze

Cecchini Panini truck

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Vitello stellato ad arte

22

Meat Pack

Hamburger di scottona NaturAmica, nel packaging tutto quel che c’è da sapere

24

AgriBotteghe

Antica Corte Pallavicina inaugura l’esperienza a km 0 dello spaccio…

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Il punto

I retailer nel post-lockdown

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Attualità

Cibus Forum: le fiere ripartono da Parma

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A pagina 76.

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Slalom

Situazione economica attuale e strategia responsabile per l’uso dei fondi UE Cosimo Sorrentino

La carne in rete

Social meat

Aziende

Il dinamico mondo delle aste on-line Food that Matters

Scenari

Preparare i retailer al business nel post lockdown

Indagini

La macelleria ai tempi del Covid

Elena Benedetti

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Ronald Lotgerink

50 54

Elena Benedetti

56

Il futuro per carne e salumi nel post-Covid

58

Sostenibilità, gli allevamenti ovini sardi all’avanguardia

62

Webinar

Belgian Meat Round Table edizione 2020: parola d’ordine resilienza

Gaia Borghi

Comunicare la carne

Post-verità sui grassi della carne bovina

Giovanni Ballarini 70

Razza Blonde d’Aquitaine, un’eccellenza europea naturalmente tenera

64

76

Progettare la carne

Stare nella ciambella

Francesca Monti

80

Marketing

Carte fedeltà, ottimo alleato commerciale da maneggiare con cura

Sebastiano Corona

84

La carne irlandese torna nelle principali città italiane Speciale Marche

88

Benedetti: modello di buon governo zootecnico associato BovinMarche

Massimiliano Rella 90

Macelleria Alessi: carni e salumi che sono garanzia di qualità…

Massimiliano Rella 94

Ristoranti carnivori

Da Ciccio & Pinolo la carne si cuoce alla brace in bella vista nel camino

100

La carne in tavola

Spezzatino al sugo e ramen: la carne di vitello nelle ricette di due…

102

Il pudding di carne

Nunzia Manicardi 104

Sapori dal mondo

Ungheria, non solo gulash

Nunzia Manicardi 108

Eventi carnivori

#MeatopiaAtHome

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 10 • Ottobre 2020

€ 5,42

A pagina 116. In copertina: il grasso è molto importante per la qualità della carne, la rende più saporita e succulenta.

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Tutto il biologico, oggi

Casale del Castellaccio: bell’esempio di impresa verticale…

Massimiliano Rella

Week-end

Il cammino della transumanza in Sardegna

Josette Baverez Blanco 122

Convegni

Controllo della filiera e consumi: valorizzazione delle carni bovine…

Riccardo Lagorio

Fiere

MarcabyBolognaFiere si prepara all’edizione 2021

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Tecnologie

La tecnologia CSB per il software di Business Intelligence

128

Sealed Air investe in Plastic Energy

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Tecnologia, sostenibilità e industria 4.0: le linee Colimatic

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Statistiche

Dati Anas: classificazione delle carcasse suine

140

Sono 180 grammi, lascio?

Come la pancetta a colazione

Giovanni Papalato

142

Storia e cultura

L’allevamento nel Regno di Napoli nel ‘700

Andrea Gaddini

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La buona carne di cinghiale

Giovanni Ballarini

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A pagina 94.

A pagina 62.

A pagina 54.

www.eurocarni-online.com 8

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LA CARNE NEL MONDO

USA-Cina Gli hamburger Shake Shack sbarcano a Pechino: il brand di hamburger newyorchese Shake Shack ha infatti aperto il suo ristorante presso il TaiKoo Li. L’azienda aveva inaugurato l’anno scorso il suo primo ristorante nella Cina continentale, a Shanghai. Il gruppo ha aperto i battenti nella capitale in un momento in cui gli affari statunitensi in Cina stanno affrontando una crescente incertezza man mano che si fa più forte l’attrito tra le due maggiori economie del mondo. Nel secondo trimestre la società, fortemente penalizzata dalla pandemia, ha realizzato ricavi per US$ 91,8 milioni e una perdita netta di 18 milioni di dollari. Fondata a New York nel 2004 e quotata in borsa, la catena di burger premium conta 280 locali, di cui 95 fuori dagli Stati Uniti. La società ha un accordo con la controllata di Autogrill, HMSHost, per lo sviluppo nei canali del travel retail (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © Evan Sung).

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USA Il business dei prodotti sostitutivi della carne continua ad attirare investitori: Impossible Foods raccoglie altri 200 milioni di dollari. L’azienda californiana si è infatti assicurata 200 milioni di dollari in un nuovo round di finanziamento, portando il totale dei fondi raccolti dalla sua fondazione nel 2011 a 1,5 miliardi di dollari. Il nuovo finanziamento è stato coordinato dall’hedge fund Coatue di New York, che ha realizzato il primo investimento nella società; hanno contribuito anche altri soci storici, come Mirae Asset Global Investments e Temasek, ma anche il fondo XN, nuovo investitore. Il finanziamento arriva a meno di sei mesi da un altro, di circa 500 milioni di dollari, uno dei più grandi finanziamenti per una start-up di tecnologia alimentare. Impossible Foods prevede di utilizzare il capitale per espandere i suoi programmi di Ricerca & Sviluppo, accelerare lo sviluppo della produzione, aumentare la presenza nel retail a livello internazionale e continuare a sviluppare nuovi prodotti. Come mai tutto questo interesse da parte di investitori finanziari? Da un lato, il mercato spera in una quotazione record, come quella della rivale Beyond Meat; dall’altro, l’azienda può contare su significativi successi commerciali. Oltre all’accordo con Burger King per il lancio dell’Impossible Whopper, negli ultimi sei mesi Impossible Foods ha stabilito nuovi record di vendite negli USA, cresciute di oltre 60 volte. Inoltre, l’azienda ha appena lanciato Impossible Sausage, un nuovo prodotto distribuito in oltre 22.000 ristoranti. «Il 2020 è stato un anno di crescita esplosiva per noi, ma questo è solo l’inizio», ha affermato DAVID LEE, chief financial officer di Impossible Foods. «Abbiamo in programma di creare sostitutivi a base vegetale per ogni principale categoria di prodotti alimentari di origine animale. Questo investimento ci consentirà di continuare a sviluppare e commercializzare la tecnologia che consentirà tale trasformazione» (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © thespoon.tech).

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AGENDA

Mantova Il Food & Science Festival ha rivisto e modificato alcune delle proprie caratteristiche per adattarsi al momento che stiamo attraversando senza dover interrompere il dialogo iniziato quattro anni fa col suo pubblico. In programma a Mantova da venerdì 2 a domenica 4 ottobre, la manifestazione metterà in scena la metamorfosi come tema centrale dell’edizione 2020. Con un rinnovato palinsesto di appuntamenti on-line e in presenza, si offrirà così uno spazio di confronto sui grandi mutamenti che attraversano il nostro tempo e che mai come in questo periodo abbiamo avvertito tanto intensamente. Tra le novità dell’edizione 2020 anche la partecipazione di UNAItalia che sarà presente con un’iniziativa legata al progetto europeo di promozione delle carni bianche: l’associazione infatti parteciperà al Festival con uno showcooking dedicato al mondo della carne bianca con la presenza della foodblogger SONIA PERONACI e della dietista SARA OLIVIERI, @iniziolunedi su Instagram, che insegneranno segreti e accorgimenti per una cottura perfetta e gustosa, dando anche utili consigli per una sana alimentazione, nell’evento dal titolo “Il pollo perfetto? È questione di scienza!”. Tra le tante istituzioni che collaborano con il Food & Science Festival, per l’edizione di quest’anno si aggiunge il contributo dell’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), l’organismo incaricato della valutazione del rischio in materia di catena alimentare, che elabora pareri scientifici e consulenza alla base della legislazione e delle politiche dell’Unione Europea. Con loro si parlerà di sicurezza alimentare alla luce anche della recente emergenza sanitaria globale. foodsciencefestival.it

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I fornitori di carne belgi sono tra i precursori in termini di competenze professionali: in base alle specifiche del cliente, offrono un servizio personalizzato, su misura e con il massimo rendimento. Inoltre, la carne fresca viene fornita con estrema rapidità , come solo da un partner affidabile e di fiducia ci si può aspettare.

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IMMAGINI

Complice il lockdown e la chiusura forzata del canale Ho.re.ca., nei primi cinque mesi del 2020 le vendite al dettaglio di carni fresche hanno registrato una crescita a volume del 5,9% (fonte: Ismea-Nielsen Consumer Panel), così come i salumi confezionati a peso imposto hanno consolidato una positiva dinamica del venduto già in atto da diversi anni (+19%). Nel contesto delineato, la società bolognese SGMarketing ha realizzato un’indagine quantitativa di approfondimento in modalità CAWI su 800 consumatori, con l’obiettivo di mettere a fuoco l’evoluzione attesa delle dinamiche di acquisto e consumo per carni e salumi e prefigurare i possibili scenari futuri. A pagina 58 una sintesi dell’indagine (photo © thebigland45 – stock.adobe.com).

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Il buon

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“Matto, furioso e privo di buon senso è chi del pasto non gode ogni senso”: con questo detto popolare dal 2012 Francesco Cutri (in foto) e la sorella Maila danno il benvenuto ai clienti nel loro ristorante Ciccio & Pinolo a La Spezia, punto di riferimento cittadino per la carne cotta alla brace, in bella vista nel camino del locale. Razze pregiate e attenzione per la frollatura, anche personalizzata: a pagina 100 il servizio (photo © Ciccio & Pinolo).

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NATURALMENTE CARNIVORO

All’Antica Macelleria Cecchini ritroviamo Dario Cecchini, nel nuovo look post lockdown con due baffi favolosi, insieme a Riccardo Ricci. Nel nostro girovagare italiano quest’estate siamo passati a salutare i due super butchers “Naturalmente carnivori” di Panzano in Chianti (FI) e a provare il burger del Cecchini Panini Truck (lo trovate a pagina 20).

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TENDENZE Cecchini Panini truck

È stato inaugurato quest’anno il Cecchini Panini Truck, il primo camioncino con griglia a bordo dell’Antica Macelleria Cecchini. Lo trovate nel giardino del ristorante Officina della Bistecca a Panzano in Chianti (FI), con un burger spettacolare e salsiccia cotti sulla brace e perfetti da gustare nei pressi del truck o da asporto. Il pane dell’hamburger è del forno di Panzano e tre sono le salse fatte in casa: la Darionese all’aglio, la Salsa Pomodario o la Senape Cecchini, delicata e saporita. Naturalmente non poteva mancare la birra DC2, bionda, da 1 litro e 250 ml, nata dalla collaborazione tra Dario Cecchini e il birraio DAVIDE CALFA.

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Vitello stellato ad arte

Beautiful, Psychedelic Spin Painted Veal. «L’arte è da sempre grande fonte di ispirazione, guida le nostre idee e rappresenta la scintilla che ci permette di andare al di là dei singoli ingredienti per utilizzarli in maniera inaspettata. “Beautiful, Psychedelic Spin Painted Veal”, uno dei grandi classici serviti nel menù degustazione di 9 portate della nuova dinner experience Francescana at Maria Luigia, si ispira ad una delle opere di DAMIEN HIRST. Tre tavoli comuni, la cucina a vista e le opere di Damien Hirst a fare da cornice ad un’esperienza unica». Parola di MASSIMO BOTTURA. Casa Maria Luigia è la guest house nella campagna modenese di Bottura e della moglie LARA GILMORE. >> Link: casamarialuigia.com

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Abbiamo chiesto allo Chef Stefano De Gregorio di reinterpretare il Vitello Tonnato, una storica ricetta italiana conosciuta in tutto il mondo. Trovate questa ricetta insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. L’organizzazione olandese VanDrie Group è leader di mercato per la carne bianca di vitello, ma non solo. Il VanDrie Group è anche un’organizzazione fondata sulle migliori tradizioni familiari. Il gruppo, con le sue oltre 25 aziende, costituisce la più grande azienda integrata di carne di vitello al mondo ed è pertanto leader mondiale nel settore della carne di vitello, nonché il più grande produttore di latte in polvere per vitelli. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“IL VITELLO TONNATO” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

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MEAT PACK Hamburger di Scottona NaturAmica, nel packaging tutto quel che c’è da sapere

Ecco il pack dell’hamburger diScottona da 200 grammi di NaturAmica di Meolo (VE). Sul retro della confezione l’azienda fornisce informazioni sul tipo di carne (Scottona), sul packaging (skin) e sulle modalità di cottura. A completamento c’è il QR-Code che rimanda a naturamicacarni.com

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AGRIBOTTEGHE

Antica Corte Pallavicina inaugura l’esperienza a km 0 dello spaccio di prodotti della Bassa

L’AgriBottega di Benedetta, Luciano e Massimo Spigaroli, inaugurata in via sperimentale sfruttando un periodo incerto come quello del lockdown, è un vecchio sogno delle tre menti che hanno concepito l’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR), ben nota alle buone forchette per il Culatello di Zibello stagionato nelle storiche cantine ma anche per le coltivazioni autoctone dell’orto. Se la quarantena ha offerto l’occasione per testare l’efficacia di un’idea nella sua versione con consegna domicilio, il punto vendita di prodotti di produzione propria dell’azienda e di realtà selezionate sul territorio apre in questi giorni le porte ai clienti all’interno del Podere La Motta, in Strada Motta Vecchia, quasi simbolicamente a ridosso dei campi e a brevissima distanza dall’Antica Corte. Dal venerdì alla domenica nella bottega sarà possibile avventurarsi in un’esperienza artigianale a km 0, lasciandosi tentare da ortaggi di stagione, salumi, vini, conserve e composte (giardiniera, salsa antica, confetture) e carni di qualità (dalla costata di bue bianco, ai tagli per ossobuco, brasato, roast beef, confezionati sottovuoto). Coinvolgendo anche realtà affermate, appartenenti ad una rete impegnata a tutelare le tradizioni e la biodiversità del territorio, la proposta dell’AgriBottega si arricchisce di veri e propri gioielli enogastronomici come i formaggi dell’azienda agricola biologica La Villa, che parlano attraverso il loro sapore, la loro genuinità e la loro freschezza di una passione e di un amore sconfinati per un luogo e la sua anima (photo © Carla Soffritti). >> Link: www.anticacortepallavicinarelais.it

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IL PUNTO

Il futuro che si prospetta è fatto di integrazione tra negozio fisico e digitale, tra servizi on-line e relazioni consolidate con il cliente, tra prodotti da ritirare in bottega o al supermercato o punti di ritiro esterni comodi e pratici per chi non può seguire gli orari di apertura. Un mondo fluido che si sviluppa su più canali e che rapidamente si adegua alle necessità, anche pandemiche.

A pagina 56 un approfondimento su come i retailer si devono preparare al business nel post-lockdown (photo © auremar – stock.adobe.com).

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LA NOSTRA STORIA NASCE DA MANI ESPERTE Dal 1936 lavoriamo la carne con la volontà costante di offrire prodotti sani e di qualità, cercando di cogliere i processi di cambiamento del mercato e soddisfare le esigenze dei nostri clienti. Tutto ciò ha contribuito a rendere la nostra azienda una realtà capace, fondata su basi solide e sull’impegno quotidiano nella crescita e nello sviluppo dei reparti produttivi, nella cura delle spedizioni, nelle rigide applicazioni delle norme sanitarie.

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ATTUALITÀ

Cibus Forum: le fiere ripartono da Parma Soddisfazione per Fiere di Parma a conclusione della due giorni che ha riportato in presenza, per la prima volta dopo il lockdown, il confronto tra operatori della food community, Consorzi di tutela delle eccellenze del made in Italy, organizzazioni agricole e imprenditoriali insieme alle istituzioni

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a ripartenza economica post Covid, con l’intesa tra le varie componenti della filiera agroalimentare, prende il via ufficialmente da Parma. I maggiori rappresentanti dell’industria alimentare, della Grande Distribuzione e dell’agricoltura si sono infatti

dati appuntamento a Cibus Forum, svoltosi nel quartiere fieristico della bella città emiliana gli scorsi 2 e 3 settembre, avviando un dialogo col Governo, rappresentato, in presenza nella giornata d’apertura, dal Ministro degli Affari Esteri LUIGI DI MAIO. «L’industria alimentare,

dopo essersi rivelata fondamentale nel periodo strettamente legato all’emergenza, può ancora fare da traino economico e tornare ai livelli pre-crisi velocemente» ha dichiarato IVANO VACONDIO, presidente di FEDERALIMENTARE. «Questa sua forza, però, non deve essere scambiata

Cibus Forum è stato aperto dai saluti di Gian Domenico Auricchio, presidente di Fiere di Parma, Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, e Stefano Bonaccini, Governatore della Regione Emilia-Romagna (in foto, il suo intervento).

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Il buon

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Luigi Di Maio, nel corso del suo intervento, ha confermato l’impegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con tutta la sua rete estera, a sostegno del comparto agroalimentare. per uno stato di benessere. Il 2020 è l’anno nero anche per il food & beverage che, per riprendersi in fretta, ha assoluto bisogno del sostegno da parte del Governo. Mi riferisco in particolare ai finanziamenti a fondo perduto per il settore HO. RE.CA., che dovranno essere ben più sostanziosi di quelli stanziati nel DL di agosto, essenziali per far rialzare il settore della ristorazione. Se ci sarà questo supporto, sono convinto che entro la fine del prossimo anno l’industria alimentare tornerà ad essere il volano dell’economia italiana». Di Maio, nel corso del suo intervento nella prima giornata della fiera, ha confermato l’impegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con tutta la sua rete estera, a sostegno del comparto agroalimentare. «Vogliamo trasformare ogni Ambasciata nel mondo in una casa delle imprese, perché l’Italia e le nostre aziende devono crescere ed esportare le nostre eccellenze ovunque. Molti sono gli interventi che abbiamo previsto, a cominciare dal rilancio del settore fieristico, che può ora contare su una piattaforma digitale

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— Fiera 365 — a disposizione degli operatori. Abbiamo inoltre creato un programma straordinario di incoming fisico e virtuale attraverso il quale accoglieremo nel nostro Paese gli attori determinanti per il rilancio del brand Italia nel mondo, a cominciare proprio dalla filiera agroalimentare, che ne rappresenta una delle eccellenze più conosciute ed apprezzate». La necessaria collaborazione tra le componenti della filiera agroalimentare è stata sottolineata anche da GIORGIO SANTAMBROGIO, past president di Associazione Distribuzione Moderna e AD del Gruppo VèGè. «La Grande Distribuzione vuole collaborare con l’industria e l’agricoltura per affrontare le sfide del post-Covid. Stiamo già lavorando assieme per eliminare tutte le pratiche unfair come il caporalato nei campi e le aste a doppio ribasso. A proposito di queste ultime, abbiamo sostenuto la nuova legge già passata alla Camera e che è ora in discussione al Senato. Il confronto è aperto anche sul terreno dei prezzi e delle promozioni». Un’analisi condivisa da ANTONIO

CELLIE, CEO di Fiere di Parma. «Abbiamo riunito per la prima volta dopo il lockdown i protagonisti della filiera agroalimentare: in presenza abbiamo avuto oltre 1.000 operatori al giorno e circa 3.000 spettatori in streaming, molti dei quali buyer esteri. La riflessione comune ha portato a definire i seguenti concetti: il lockdown ha spinto i consumatori a capire meglio il valore del cibo e del lavoro che c’è dietro, dunque bisogna insistere sulla valorizzazione del cibo italiano; urgono misure di sostegno all’HO.RE.CA. e in particolare ai ristoratori, che sono i grandi alfabetizzatori del cibo di qualità in Italia e nel mondo; l’innovazione mescola storia dei territori con le nuove tecnologie, quindi tradizioni antiche, droni, in agricoltura e packaging compostabile. Un bellissimo paesaggio di innovazione policentrica e quindi adatto all’eclettico talento italiano». Nel corso della prima mattinata è stato presentato anche il report di Nielsen sull’andamento dei consumi nell’era del Covid. Dopo il boom nel lockdown, le vendite del largo consumo si sono stabilizzate ma continuano a mantenersi positive. Il fattore prezzo sarà sempre più un fattore determinante e continueranno a crescere le vendite nei discount e nei negozi specializzati. Avremo una polarizzazione dei prezzi, con una domanda crescente sia sul basso sia sull’alto prezzo, e decrescente nella fascia media. L’e-commerce continuerà a crescere, anche se una parte significativa del territorio non è coperta. Nella seconda giornata di Cibus Forum, dopo il saluto in streaming di TERESA BELLANOVA, Ministro delle Politiche Agricole — la quale ha ricordato l’impegno del Governo per contrastare il sistema di etichettatura alimentare a semaforo «che induce a scelte disinformate» e le pratiche sleali in agricoltura —, DENIS PANTINI di NOMISMA ha presentato una ricerca su come cambiano i comportamenti dei consumatori italiani nell’era post Covid. Pantini ha anche messo in guardia la filiera agroalimentare italiana: è necessario essere rapidi

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Post-Covid solutions: Costa Group presenta le innovazioni specifiche per l’Ho.re.ca. e la Grande Distribuzione per la ripartenza del fuoricasa A Cibus Forum l’azienda spezzina Costa Group, leader a livello mondiale nella progettazione e arredamento di locali della ristorazione e del food retail, ha presentato le sue “soluzioni” 4.0 per il mondo del food & beverage post-Covid. «Lo stop forzato delle attività ha costretto in ginocchio un settore già sofferente e l’emergenza sanitaria sta accelerando il processo di evoluzione della ristorazione e dell’ospitalità in generale. Oggi l’obiettivo primario è ripartire, ma farlo con idee nuove» ha spiegato Franco Costa (in foto in basso), presidente di Costa Group. «Come Costa Group abbiamo avviato una ricerca rivolta al domani, coinvolgendo imprenditori operanti in settori diversi, per trovare insieme delle soluzioni. Soluzioni che sicuramente contribuiranno a traghettare l’ospitalità verso il futuro, con maggiore attenzione al cliente e un nuovo concetto di “percepito”. Siamo di fronte ad un mondo in rapida evoluzione, in cui ci rapportiamo con un pubblico profondamente cambiato: più insicuro, attento ed esigente. Sarà obbligatorio creare ambienti visibilmente sicuri e offrire un servizio protetto ed efficiente. Cibus Forum è l’occasione per mostrare in anteprima quanto gli imprenditori italiani sappiano fare con le mani e la testa, anche in piena emergenza». Le proposte di Costa Group realizzate insieme a partner specializzati • SaniTunnel di Sprech: da posizionare all’ingresso di locali pubblici, misura la temperatura corporea, rileva il corretto utilizzo della mascherina e il passaggio al suo interno garantisce la sanificazione delle persone e di tutti gli oggetti in transito; • Cashlogy, ovvero sistemi di pagamento automatici per limitare i contatti con il denaro contante e con l’operatore di cassa, garantendo maggiore sicurezza, igiene e riducendo tempi e costi; • il sistema di conservazione a temperatura di servizio UNOX®, frutto della sperimentazione e realizzato grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Fisica della Materia dell’Università di Parma, guidato dal prof. DAVIDE CASSI, mantiene fino a 200 porzioni sopra i 63 °C, garantendo la massima sicurezza alimentare, oltre che tempi di servizio rapidi e operatività più efficiente; • Whide Tube sanifica le superfici e i prodotti all’interno di murali caldi e freddi attraverso un’azione stermicida efficace fino al 99% contro microrganismi nocivi come virus, muffe, batteri; • Tubdesign.it, semplici ma funzionali divisori realizzati da EMANUELE MARTERA con la collaborazione dei detenuti della Casa Circondariale di La Spezia; • Dionisos, abiti da lavoro originali e igienizzati grazie ad un trattamento specifico non chimico del tessuto;

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un inedito progetto take away (foto a lato) per Autogrill Spa che sarà presto sulle strade italiane; un concept originale per garantire igiene, sicurezza mettendo in luce l’eccellenza dell’italianità; Planet one, cocktail innovativi serviti secondo antichi saperi alchemici; KnIndustrie, piatti, padelle e pentole dotati di manici rimovibili e coperchi per limitare il contatto tra operatore e prodotto. L’importanza del rame, materiale naturalmente antibatterico; The Wine Sider semplifica l’esperienza d’acquisto nei ristoranti di tutto il mondo con un sistema unico basato sulla tecnologia: consulenza nella creazione della carta vini, formazione del personale, gestione digitale delle wine operations, dashboard di controllo e possibilità di pagare le bottiglie solo dopo averle vendute; Overled, la combinazione di tecnologia e ricerca rivolta al dopo Covid per garantire al pubblico i più efficaci sistemi di sanificazione, con dispositivi diversi per ogni esigenza. Un occhio di riguardo a bicchieri e bottiglie, igienizzati in pochi istanti grazie all’impiego di luce Led-UVC; Giardini Valle dei fiori, un sistema di noleggio e cura di installazioni verdi volte alla valorizzazione di spazi interni ed esterni. La combinazione di piante e vasi contribuisce alla creazione di ambienti unici ed è un ottimo sistema per mascheramenti e delimitazioni.

* Costa Group vanta oltre 6.000 realizzazioni in tutto il mondo e da oltre 40 anni collabora con i più importanti brand del settore food e retail. Oggi Costa Group è tecnologia e ricerca, è molto di più del semplice mobile: è dar voce all’arredo, in modo che il cibo sia protagonista assoluto. >> Link: www.costagroup.net

nell’affrontare la sfida del Green Deal, altrimenti si rischia che altri Paesi europei possano vantare una maggiore sostenibilità dei loro prodotti, tanto più che l’etichettatura a semaforo potrebbe definire i prodotti italiani come meno competitivi. «La partita su cui si gioca il futuro è tra cibo agricolo e cibo sintetico» ha dichiarato M ASSI MILIANO GIANSANTI, presidente di CONFAGRICOLTURA. «Per noi il cibo deve avere un legame con la terra e siamo contrari al cibo prodotto in laboratorio. Naturalmente siamo favorevoli alle novità scientifiche e tecnologiche e guardiamo con interesse all’innovazione Bio Tech che rappresenta la nuova frontiera per stimolare la produzione senza operare modifiche genetiche come gli OGM. Ma l’Italia agricola deve produrre di più: oggi solo il 75% di quello che finisce sulle tavole

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degli Italiani è prodotto da noi». «Per aumentare le esportazioni sarà importante anche il tema delle infrastrutture» ha aggiunto ETTORE PRANDINI, presidente COLDIRETTI. «Le merci agricole dovranno viaggiare meno su gomma e di più su treno, aereo e via mare. Siamo al 7o posto in Europa per trasporto agricolo via mare. Quindi il futuro si giocherà su logistica e interconnessioni infrastrutturali. Come pure sulle energie rinnovabili, con un sempre maggiore ricorso al biometano». «Per rendere sostenibile il sistema agroalimentare — ha osservato DINO SCANAVINO, presidente CIA-Agricoltori Italiani — bisognerà rivedere il concetto di filiera: oltre ad agricoltura, industria alimentare e Grande Distribuzione vanno aggiunti i trasporti, l’industria del packaging ed i produttori di macchine, sia meccaniche sia robotiche».

Scanavino ha anche ricordato che quasi 10 milioni di Italiani avranno una minore capacità di spesa, per cui si dovrà forzatamente mantenere bassi i prezzi dei prodotti agroalimentari. PAOLO DE CASTRO, coordinatore S&D della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, ha ricordato che «la Politica Agricola Comune attiva risorse finanziarie pari a quasi il 40% del budget europeo e il Recovery Fund prevede altri 7,5 miliardi di euro». Sulle problematiche dell’export è intervenuto ROBERTO LUONGO, direttore generale di ICE Agenzia, che ha sottolineato come si stia rafforzando un gioco di squadra tra le istituzioni che si occupano di esportazione: Farnesina, Agenzia ICE e Ministero dello Sviluppo Economico. ICE si è impegnata per garantire il rimborso delle spese sostenute alle imprese danneggiate

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Antonio Cellie, Stefano Bonaccini e Gian Domenico Auricchio. dalla cancellazione delle manifestazioni fieristiche, sta finalizzando la realizzazione di Fiera Smart 365 per la digitalizzazione delle fiere e incontri B2B, promuovendo l’e-commerce delle imprese e la loro presenza nella Grande Distribuzione. «Non ci sarà ripresa se non c’è innovazione» ha dichiarato MARCO PEDRONI, presidente di Coop Italia e neopresidente di ADM-Associazione Distribuzione Moderna — e per innovazione intendo un rinnovato spirito di collaborazione tra tutti i

segmenti della filiera agroalimentare che si basi su pochi punti basilari: accordi di ampio respiro equi per tutti; accorciamento ed efficientamento delle filiere; creazione di valore per i consumatori e non solo per le imprese. Ma innovazione è anche sostenibilità. Il New Green Deal è una buona idea, però va sostenuto con i fatti. Detassare i beni sostenibili e sostenere l’innovazione sui prodotti: questo servirebbe ad impostare nuovi modelli di consumo post pandemia».

Assegnati gli Awards di Tespi per il settore Carne Durante Cibus Forum sono stati assegnati anche gli Awards di TESPI MEDIAGROUP, Carni & Consumi. «Questo premio valorizza tutte le iniziative marketing e commerciali che si sono svolte nel 2019» ha dichiarato ANGELO FRIGERIO, CEO di Tespi. Le categorie in gara erano 23 e sono state premiate un centinaio di aziende. Per quanto riguarda il settore Carni a vincere sono stati Fileni Alimentari (www.fileni.it) per il Miglior packaging del prodotto a libero servizio con “Eco Vassoio Bio”; la Bervini Primo (www.bervini. com) si è aggiudicata il premio per il Miglior packaging del prodotto a libero servizio “Hamburger” con la “Linea Bervini Beef”; alla Rico Carni (www.ricocarni.it) è andato l’award per la Miglior innovazione di prodotto con il “Miglioramento nella modalità di cottura utilizzando il sottovuoto”; Miglior campagna stampa trade a Centro Carne (www.centrocarne.com), per la “Razza Marchigiana”. La linea hamburger Bervini Beef dell’azienda reggiana Bervini Primo è realizzata con le migliori selezioni di carni provenienti da Argentina, Canada, Nuova Zelanda, Uruguay… e con Angus da filiera controllata. Tutte le confezioni rispettano l’ambiente, con l’85% di plastica in meno. Presente anche una referenza bio.

A Parma è stato poi presentato uno studio di The European House – Ambrosetti sul futuro dell’olio italiano: la crescita del comparto oleario italiano passa per la sostenibilità e la valorizzazione del prodotto come confermato da ZEFFERINO MONINI, dell’omonima azienda umbra, che ha sottolineato come i limiti territoriali dell’Italia non consentano una crescita in quantità e quindi si debba puntare su un aumento qualitativo, un valore per tutto il Paese. Nell’ultima sessione dell’evento, dedicata a sostenibilità e innovazione come risposta all’emergenza e curata da ALESSANDRO PEREGO, Politecnico di Milano, il moderatore, ALFONSO PECORARO SCANIO, presidente della Fondazione UniVerde e già Ministro delle Politiche Agricole e dell’Ambiente, ha dichiarato: «È importante il forte messaggio sulla priorità della sostenibilità ambientale arrivato dal mondo delle università e da importanti attori del settore delle imprese. L’agroalimentare italiano deve diventare leader in Europa per la sostenibilità, sia per quanto riguarda le modalità di produzione sia nella propensione a rivoluzionare il sistema degli imballaggi all’insegna di una vera bioeconomia circolare. Con questa capacità di coniugare innovazione e sostenibilità si può rilanciare l’occupazione e la qualità della vita nei nostri territori e nelle nostre stesse aziende». A quest’ultima sessione è intervenuto, da remoto, VINCENZO AMENDOLA, Ministro per gli Affari Europei, che ha confermato l’impegno di rendere il Green Deal uno strumento utile per la ripresa del Paese. In questo nuovo contesto mondiale, pieno di paure ma anche opportunità, l’Europa ha dato la sua risposta e l’Italia deve essere pronta a divenire leader in questa fase di transizione. Cibus 2021 ci aspetta Ora l’appuntamento è con Cibus 2021, che inaugurerà il 4 maggio del prossimo anno a Parma e sarà la prima grande fiera alimentare europea dopo il lockdown. >> Link: cibusforum.cibus.it

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Il mondo della salumeria piange la scomparsa di Enrico Delfini, imprenditore capace, manager appassionato, profondo conoscitore del mercato delle carni e della lavorazione dei salumi Parmigiano di nascita, vicentino d’adozione, è scomparso lo scorso 6 settembre all’età di 72 anni, vittima di una grave malattia, Enrico Delfini. Molto conosciuto e stimato nel settore alimentare, dove si era fatto apprezzare per le sue capacità professionali quanto per la passione che metteva nel suo lavoro, Delfini era cresciuto fra stabilimenti e prosciuttifici, seguendo le orme del padre Dante. Un manager serio, preparato, appassionato, sempre portatore di idee innovative e creative, elegante e disponibile all’ascolto, al dialogo, che abbiamo avuto il piacere di intervistare più volte nel corso degli anni e incontrare alle varie fiere di settore. Delfini aveva iniziato giovanissimo come mediatore di salumi. Poco alla volta aveva poi costruito una carriera che lo aveva visto assumere ruoli di sempre maggiore responsabilità: insieme all’allevatore-macellatore Giuseppe Aimaretti e al vicentino Bruno Brendolan negli anni Novanta avviò uno dei più grossi stabilimenti di produzione del prosciutto crudo presenti a San Daniele, la cui insegna, A&B, segnava l’unione dei due imprenditori. Prima amministratore delegato, poi presidente, Delfini guidò l’azienda per anni, portandola a centrare successi importanti, sia in termini qualitativi sia gestionali. Alla Nuova Boschi, storica azienda di Felino, ha ricoperto il ruolo di amministratore delegato per oltre 13 anni. Tra i suoi ultimi progetti ricordiamo il prosciuttificio “Perla d’Ampezzo”. Delfini amava moltissimo il suo lavoro: anche dopo la pensione era infatti rimasto legato al settore dei prosciuttifici, a cui non ha mai smesso di dare il suo contributo. Negli ultimi anni, ad esempio, aveva studiato un sistema di tracciabilità delle carni e dei prosciutti per evitare possibili contraffazioni. «Il lavoro era la sua vita» racconta a LAURA UGOLOTTI della GAZZETTA DI PARMA Paolo Bucci, fratello della prima moglie, Lillia. «Era molto bravo, capace, tutti lo stimavano. Ma soprattutto era un uomo di una generosità fuori dal comune, un vero signore». Delfini viveva in provincia di Vicenza con la moglie, SILVIA BRENDOLAN, e le figlie Erica e Ilaria. «Pur non vivendo qui, tornava spesso a Parma ed era una piacevole abitudine quella di trovarci a tavola» prosegue Bucci. «Non scorderò mai le nostre cene, insieme alla figlia Maria Chiara. Amavamo entrambi la buona cucina ed era un modo per stare insieme e curare i legami di famiglia, seppur nella distanza. Per me Enrico era molto più di un cognato. Era un fratello, un amico, una persona di gran cuore, generoso e disponibile con tutti. So che si dice sempre di chi viene a mancare, ma nel suo caso è la pura verità. Credo che nessuno possa dire il contrario». Ai famigliari e agli amici vanno le più sentite condoglianze della Redazione tutta di PREMIATA SALUMERIA ITALIANA e EUROCARNI.

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...una storia Italiana

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Situazione economica attuale e strategia responsabile per l’uso dei fondi UE di Cosimo Sorrentino

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iamo alla vigilia di due importanti appuntamenti: la nota di aggiornamento del DEF, documento che precede la manovra di bilancio 2021 e, nel quadro del Recovery found, la presentazione dei progetti, corredati da priorità,

tempi e costi di esecuzione, al fine di ottenere, fin dall’inizio del prossimo anno, parte delle risorse europee (un anticipo di circa venti miliardi). Possiamo dire che la nostra condizione economica finanziaria sia abbastanza evidente, alla luce

dell’andamento delle principali variabili economiche: verticale caduta del PIL, significativa contrazione dell’occupazione, interi settori produttivi che si trovano in gravi difficoltà e imprese, soprattutto piccole, che hanno chiuso e stentano

Per contribuire a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus, rilanciare la ripresa in Europa, proteggere l’occupazione e creare posti di lavoro, il 26 maggio la Commissione europea ha proposto un piano di ampio respiro per la ripresa dell’Europa che intende sfruttare appieno le potenzialità offerte del bilancio UE. Il 21 luglio i leader dell’UE hanno concordato questo piano per la ripresa e il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 per uscire dalla crisi e gettare le fondamenta di un’Europa moderna e più sostenibile.

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a riaprire. Inoltre, un debito giunto a livelli insopportabili ed anche la situazione sanitaria, chiara nella sua gravità, tanto che, per impedire un possibile crollo, è costato finora più di 100 miliardi di spesa in deficit, ma tale cifra ingloba, peraltro, altri costi meno visibili con effetti riscontrabili nel tempo. Secondo le ultime stime preliminari l’ISTAT ritiene che il PIL sia crollato del 12,4% su base congiunturale e del 17,3% su base annua, nel secondo trimestre; dalle tavole diffuse ai primi di agosto risulta come il valore del prodotto interno tra aprile e giugno si sia ridotto appunto di 50 miliardi rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Aggiunge ancora l’ISTAT, che “l’economia italiana, nel secondo trimestre di quest’anno, ha subito una contrazione senza precedenti (–12,4%). Un crollo determinato dal pieno dispiegarsi degli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate”. A frenare è il valore aggiunto di tutti i comparti, dall’agricoltura all’industria, ai servizi. A preoccupare è anche l’andamento del costo della vita, che alimenta sempre più lo spettro della deflazione. A luglio l’inflazione è risultata negativa per il terzo mese consecutivo, come non accadeva da maggio 2016. Una buona notizia, certificata sempre dall’ISTAT nell’ultima nota mensile, riguarda il ritorno dei consumi quasi ai livelli pre-Covid; ora si guarda con fiducia alla crescita della produzione industriale, in risalita a maggio del 41,6% ed a giugno del 8,2%. Dalla stessa nota mensile dell’ISTAT emerge che i consumi sono tornati ai livelli pre-Covid grazie anche alla “riduzione dell’occupazione notevolmente inferiore a quella dell’attività economica, che, associata ai meccanismi di supporto ai redditi introdotti in questi mesi, sembra riflettersi sugli acquisti di beni di consumo da parte delle famiglie, in decisa ripresa”. È chiaro perciò, secondo noi, che le conseguenze economiche sarebbero state molto più gravi e sarebbero stati necessari inter-

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venti massicci attraverso la finanza pubblica per fronteggiare sia le situazioni economiche immediate del lockdown sia quelle successive, ma, per fortuna, a differenza della grande crisi che abbiamo patito nel 2008, tutte le istituzioni internazionali hanno condiviso dette esigenze, a partire dal Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Centrale Europea, al Consiglio Europeo ed alla Commissione UE. In particolare, il Consiglio europeo ha fatto proprio il progetto elaborato dalla Commissione UE, il Next Generation EU, creando così una situazione nuova rispetto alle situazioni di rigore che la stessa Europa ha imposto negli anni. Ci tocca però rimarcare che questa nuova condizione pare che venga interpretata come una licenza a spendere senza criterio e senza controllo e, per di più, l’avvicinarsi di scadenze elettorali rischia di stimolare una corsa alla ricerca di consensi. Notiamo la proliferazione di proposte di spesa non coordinate tra loro e non valutate nei loro possibili effetti; stanno proliferando i bonus per le vacanze, per gli acquisti computer, per acquisti di prodotti italiani o per altre attività accessorie da non praticare in questa fase, anche se pur giustificati nel pieno del lockdown. I vari interventi proposti, a nostro parere, dovrebbero invece essere misurati tra loro, in modo da prevedere un effetto di crescita del PIL. E tutto questo perché le spese che si stanno accumulando vengono ad accrescere il debito pubblico, che, poi, dovrà comunque essere pagato; e come potrà l’Italia pagarlo se non riesce a spendere per iniziative che possono avere un significativo effetto positivo sulla ripresa? Procedendo con spese improduttive non si riuscirà ad innescare la ripresa e ci avvicineremmo al punto di non ritorno della crisi del debito pubblico, cosa che il nostro Paese non si può assolutamente permettere. Cosimo Sorrentino


LA CARNE IN RETE

Social di Elena

2. Mosca 1916, da cent’anni sempre sul pezzo 1. Bottega della Carne di Stefano Limuti È molto ben fatto e completo il sito della Bottega della Carne di Limuti ad Angera (VA), sul Lago Maggiore (labottegadellacarnedilimuti.it). Il titolare, STEFANO LIMUTI, racconta la sua storia e la sua professione fatta di passione e continua ricerca e sperimentazione, tra tagli pregiati di carni, frollature e servizio al cliente (photo © labottegadellacarnedilimuti.it).

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Già dal nome si può facilmente capire che la macelleria Mosca 1916 (mosca1916.it; instagram.com/mosca1916) di strada ne abbia fatta parecchia. Aperta come piccolo negozio all’inizio del ‘900 da ERMENEGILDO MOSCA nel centro di Biella, oggi, cinque generazioni di macellai dopo, è una realtà moderna che coniuga magistralmente la tradizione di tagli pregiati di carni di Fassone piemontese e vitello da latte del Canavese a servizi di delivery, ordine telefonico e ritiro, catering e comunicazione. Bravissimi (photo © instagram.com/mosca1916).

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meat Benedetti

3. ButcherBrothers®, passione per la carne ButcherBrothers® (www.butcher-bros.com) celebra la figura iconica del macellaio, la passione per la carne, per il BBQ e le bistecche. Il progetto Butcher-bros.com, lanciato nel 2020 dall’idea di un collettivo di macellai amanti delle cotture al barbecue, condivide esperienze, suggestioni, ricette e e-commerce. “Fondato in Italia, è il brand che unisce la cultura per le materie prime di qualità ed il buon cibo alla decennale esperienza di butchers qualificati nella lavorazione della carne, raccontando le tecniche di cottura e tutte le novità in arrivo dagli States e dall’Australia”. (photo © butcher-bros.com).

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4. Raimondello, carni e salumi “Secondo noi, la prima regola per mangiar bene è comprendere quello che si mangia”. In questa frase è racchiusa la filosofia alla base del lavoro di Raimondello (raimondello.com), azienda pugliese che lavora carni e salumi in quel di Martina Franca (TA). Fedeli alle tradizioni e al territorio e moderni e innovativi nella comunicazione. Da seguire! (photo © instagram.com/salumiraimondello).

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Crescere e migliorare, questo è l’obiettivo. Nata nel 1950 da una tradizione famigliare, oggi la Bervini Primo srl è presente sul mercato nazionale ed internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni. BERVINI PRIMO S.R.L. via Colonie, 13 42013 Salvaterra di Casalgrande Reggio Emilia · Italia

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AZIENDE

Il dinamico mondo delle aste on-line Industrial Auctions, societĂ olandese leader nelle aste on-line per l’industria del food & beverage, ci rivela i segreti di questo business ricco di opportunitĂ

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on un giubileo ancora da celebrare, la società di aste on-line Industrial Auctions ha già compiuto progressi significativi nei suoi primi 10 anni di vita. Concentrandosi sull’industria alimentare e delle bevande, l’azienda organizza aste in tutta Europa e vende macchinari e attrezzature in tutto il mondo. Le aste si svolgono una dopo l’altra con la copertura di un’ampia varietà di prodotti e l’azienda gestisce il tutto puntando molto sulla trasparenza. Andiamo quindi alla scoperta di questo business e delle sue potenzialità. Il ruolo dei project leader di Industrial Auctions Un ruolo chiave in Industrial Auctions lo giocano i project leader sempre a disposizione per fornire informazioni sulle loro attività quotidiane e sui processi che caratterizzano il loro lavoro. «In primo luogo, quando si organizza un’asta tutto deve essere organizzato nei minimi dettagli sia per l’acquirente

on-line che per il cliente possessore degli articoli che sono oggetto della vendita» ci dice JEROEN BÖTTCHER, project leader dell’azienda olandese. «Per ogni asta viene utilizzato un programma di lavoro rigoroso: la numerazione e la descrizione dei lotti richiedono uno o più giorni di lavoro sul posto per poter definire tutto il materiale che sarà messo in vendita». Come si prepara un’asta Un’asta su Industrial Auctions varia rapidamente dai 100 ai 2.000 lotti. La convenienza del prezzo è un servizio e richiede conoscenza del prodotto da parte dei project leader. «Macchinari che per i più sono sconosciuti e non riconducibili ad attività industriali non sono mai un mistero per loro». L’inventario delle macchine sul posto implica non solo l’analisi di come le linee produttive attraversano lo stabilimento e la mappatura dei macchinari, ma significa anche avere un occhio per i dettagli.

Le macchine sono accuratamente e ampiamente descritte e fotografate da tutte le angolazioni, comprese le parti interne. In questo modo un acquirente che non può o non vuole prendere visione personalmente dei lotti oggetto dell’asta nella giornata dedicata alla visita sa effettivamente che cosa sta acquistando. Nessuna foto fuorviante, nessuna carenza di informazioni o descrizioni incomplete possono intralciare il procedimento d’acquisto. «Il commercio equo è ciò che distingue le aste industriali» ci tengono a sottolineare a Industrial Auctions. In questo lavoro le tempistiche giocano un ruolo importante: sapendo che un’asta sarà on-line per circa 3 settimane prima della chiusura, i lotti sono inventariati con cura e precisione. Le foto delle attrezzature e dei macchinari sono inoltrate ai colleghi della società olandese e nello stesso giorno l’asta sarà annunciata sul sito. I lotti vengono caricati sul

Il team logistico di Industrial Auctions al lavoro (photo © Industrial Auctions).

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sito www.industrial-auctions.com e anch’essi immediatamente controllati. Si tratta di più di un semplice controllo ortografico poiché tutti i lotti devono essere classificati nelle giuste sottocategorie. Tutto è predisposto per una perfetta navigazione on-line, sia nella barra di ricerca che nell’elenco delle categorie nella pagina dell’asta. Gli aggiustamenti vengono elaborati in tempo reale e le domande da parte dei potenziali acquirenti sono monitorate e verificate rapidamente con il contractor. La visione dei macchinari e delle attrezzature Per ciascuna asta le giornate di visione delle attrezzature in loco sono organizzate di comune accordo con il cliente al fine di garantire la massima trasparenza e precedute dall’invio di una newsletter che contiene immagini e informazioni sui prodotti oggetto della vendita on-line. All’arrivo il visitatore trova la segnaletica e il parcheggio della sede, accolto da un team di Industrial Auctions pronto a dare informazioni e supporto. Ai potenziali acquirenti viene chiesto se desidera-

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In alto: il fenomeno delle aste on-line si sta sempre più diffondendo in tutti i settori, anche dell’agrifood. Il web, nel suo ruolo di immenso e sterminato marketplace, facilita lo scambio di informazioni commerciali su prodotti di varia natura, anche riguardanti attrezzature e tecnologie. Industrial Auctions è la società olandese specializzata nelle aste on-line del food & beverage con sede operativa a Eindhoven. In foto l’esterno dell’azienda (photo © Industrial Auctions). In basso: i macchinari e le attrezzature oggetto dell’asta sono accuratamente e ampiamente descritti e fotografati da tutte le angolazioni, comprese le parti interne. In questo modo un acquirente che non può o non vuole prendere visione personalmente dei lotti oggetto dell’asta nella giornata dedicata alla visita sa effettivamente che cosa sta acquistando (photo © Industrial Auctions).

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no essere accompagnati attraverso la fabbrica mentre guardano le macchine, o se preferiscono farlo da soli. Nonostante l’azienda operi on-line, le esigenze degli acquirenti vengono soddisfatte anche con un catalogo cartaceo, che nel frattempo può essere consultato. Nel corso della giornata all’acquirente viene offerta la possibilità di visionare le macchine togliendosi così ogni dubbio e rafforzando la relazione personale tra acquirenti, team di Industrial Auctions e i clienti proprietari dei beni oggetto delle aste. Alla chiusura dell’asta… Si fa quindi il conto alla rovescia fino al giorno di chiusura dell’asta: per motivi di trasparenza il cliente viene accolto presso la sede centrale di Industrial Auctions a Eindhoven dove seguirà il finale concitante di offerte al rilancio per l’aggiudicamento dei lotti in vendita. Il finale è sempre una garanzia: massima soddisfazione da parte degli acquirenti on-line e del cliente. Conclusa l’asta la prima mossa è quella di assegnare i lotti ai migliori offerenti: il project manager contatta ogni acquirente per supportarlo anche nella successiva fase di consegna. Ricordiamo che Industrial Auctions vende in tutto il mondo e ciò richiede assistenza a livello logistico. Ad esempio, è capitato in passato che un acquirente dall’Uruguay acquistasse macchinari in quattro differenti aste e che facesse spedire il tutto in un unico container, per ottimizzare costi e tempi di consegna. Chi si trova non lontano dalla sede dei macchinari può anche effettuare il ritiro personalmente nei tempi e modalità condivisi con il team della logistica di Industrial Auctions che resta sempre di supporto, anche con un carrello elevatore. «Il mondo delle aste on-line è in continua evoluzione ed è un business ricco di stimoli e soddisfazioni» ci dice Jeroen Böttcher. «Il mio lavoro, e quello dei vari team di progetto, è permeato da tanto entusiasmo e dalla consapevolezza che il servizio da noi offerto è strategico per agevolare la compravendita di tecnologie che proseguono il loro ciclo di vita e di utilizzo. Una professione, questa, che non si apprende a scuola ma sul campo, asta dopo asta, per arrivare a soddisfare le richieste del mercato». E capita così che mentre un’asta è on-line prossima alla scadenza, il project manager di Industrial Auctions sia già in contatto con un nuovo cliente da qualche parte nel mondo per organizzare una vendita.

Industrial Auctions BV Looyenbeemd 11 5652 BH Eindhoven (NL) Telefono: +31 (0) 40 2409208 E-mail: info@industrial-auctions.com Web: www.industrial-auctions.com

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Food that Matters di Ronald Lotgerink

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ntro il 2050 dovremo sfamare 10 miliardi di persone, tutti individui che avranno il pieno e incondizionato diritto ad accedere ad un’alimentazione sicura e di qualità. Per fare questo occorrerà incrementare la produzione alimentare del 60% e, date le risorse limitate a nostra disposizione, non potremo certo continuare a lavorare e a produrre nelle modalità perseguite negli ultimi 50-60 anni. Qualche giorno fa ero a casa e una delle mie figlie è venuta da me e mi ha detto che aveva qualcosa di importante da comunicarmi: “Papà, dobbiamo mangiare meno carne”. La cosa mi ha stupito, ma poi ho compreso che era una nuova generazione che mi stava parlando. E, riflettendoci su, è chiaro che i giovani hanno tutto il diritto di chiedere alla nostra generazione di

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trovare soluzioni per ciò che servirà loro nel futuro. Quando ti trovi in Asia noti l’esplosione della popolazione, quando sei in Europa il focus è incentrato sui temi del cambiamento climatico e del benessere animale. Se mettiamo le due cose insieme ecco che si entra in una contraddizione: dobbiamo dare da mangiare a tutte queste persone ma in modo responsabile. Se comprendi ciò, ti rendi conto che devi passare all’azione e il tempo a nostra disposizione non è poi così tanto. La cosa migliore che possiamo fare è riflettere per creare un cambiamento: lavoriamo per fare le cose al meglio, nel miglior modo possibile. Ma non dobbiamo pensare a Vion nel modo tradizionale, dobbiamo pensare a Vion in un modo nuovo.

Questa è una enorme transizione e significa non solo pensare a ciò che si fa ma al suo valore nella filiera produttiva. E gran parte di questo “valore” sta negli allevamenti. Gli allevatori non si prendono solo cura degli animali e del loro impatto ambientale — due aspetti che pressoché saturano il loro tempo lavorativo — ma devono anche produrre carne secondo le specifiche richieste dai consumatori. Come fare? Ottimizzando la filiera e producendo prodotti col giusto valore per il giusto consumatore. Questo sarà il nostro nuovo lavoro. Un passaggio importante che ha fatto questo Gruppo, e l’ha fatto oramai da tempo, è stato rendersi conto che bisogna essere trasparenti. E questa non era certo una pratica abituale nel nostro settore. Così l’abbiamo fatto: abbiamo

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Vion è un produttore di carne, prodotti a base di carne e sostitutivi vegetali alla carne che opera a livello internazionale, con stabilimenti produttivi nei Paesi Bassi e in Germania.

dobbiamo mettere in connessione i clienti con gli allevatori e con i commerciali, con le autorità governative e con le OGM. Serve una certa dose di coraggio per riunire tutti questi soggetti intorno allo stesso tavolo! Vion è una grande società con un buon posizionamento di mercato e i nostri dipendenti sono dei veri artigiani e maestri nella lavorazione delle carni. Con queste premesse ci assumiamo le nostre responsabilità per le generazioni future, per le mie figlie, per i vostri figli, per soddisfare le loro aspettative e ciò che ci richiedono. Il che significa prendersi cura di questo Pianeta e delle sue risorse. Ronald Lotgerink CEO di Vion Food Group evidenziato le cose giuste e quelle sbagliate, abbiamo rivisto i processi e cercato nuove soluzioni. Le cose sono cambiate, perché Vion è passata da player di medio livello a player premium, con un posizionamento

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nella top ten delle società attente al benessere animale. Quando pensiamo alla nostra strategia è ovvio che nulla sia facile, che occorre confrontarsi e discutere con un gran numero di persone,

>> Link: www.vionfoodgroup.com vimeo.com/383705275

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Ri-Nasci-Menti: presentato presso il nuovo stabilimento Boxmarche di Pergola il Living Company Report 2019 Presso il nuovo stabilimento di Pergola (Pesaro-Urbino), lo scorso 18 settembre, Boxmarche ha presentato il Living Company Report 2019, pregevole volume in cui l’azienda dal 2003, fra le prime PMI in Italia, pubblica ininterrottamente il Bilancio Integrato (di esercizio, sociale ed ambientale, analisi del capitale intellettuale). Il tema dell’evento, “Ri-NasciMenti”, in un momento socio-economico così complesso, vuole essere da parte dell’azienda di Corinaldo un messaggio di buon auspicio per il futuro. Boxmarche vuole infatti ripartire (RI) dalla voglia di reagire e di cambiamento (NASCI) spinta dalle Persone (MENTI). «Il nostro obiettivo vuole essere quello di promuovere un cambiamento per indicare una direzione: rinascere, appunto» ha spiegato il presidente di Boxmarche Tonino Dominici. «Il trauma profondo che abbiamo vissuto ha segnato la nostra esistenza ma ha generato al tempo stesso idee che ci hanno dato nuova forza. Ecco allora che dai pericoli si creano opportunità». Il visual design del LCR, ideato da DMP Concept di Senigallia è ispirato ad alcune delle opere più importanti del Rinascimento italiano. Tra queste, anche la Madonna del PERUGINO e gli stucchi del BRANDANI a Palazzetto Baviera di Senigallia, recentemente restaurati anche grazie al contributo di Boxmarche. Tutte le opere sono state “rilette” in chiave contemporanea con tratti minimali e colori accesi, dando corpo a particolari e segni che, estrapolati dal contesto originale, assumono una autonoma e gustosa caratterizzazione. La presentazione, condotta da Massimiliano Colombi, è stata l’occasione per inaugurare il nuovo stabilimento Boxmarche di Pergola dedicato alla produzione di Halopack, vassoio eco-friendly in cartoncino per alimenti freschi confezionati in atmosfera protettiva e skin in grado di ridurre del 90% l’utilizzo di plastica.

Azienda cartotecnica nata nel 1969 a Corinaldo (AN) per fornire scatole per le aziende calzaturiere marchigiane, Boxmarche hai poi diversificato la produzione su diversi settori (food & beverage, casalingo, cosmetica, farmaceutica, ecc…), raggiungendo livelli di eccellenza per produzione di packaging con prodotti di alto design ampiamente riconosciuti attraverso il conseguimento di numerosi premi nazionali. Nel 2018 PHILIP KOTLER, inventore del marketing moderno, ha citato Boxmarche come modello italiano di Responsabilità Sociale d’impresa. Boxmarche dal 2003 edita il periodico Next, oggi arrivato al sessantacinquesimo numero, al quale hanno collaborato oltre 200 autori, occupandosi dei più svariati temi come fotografia, poesia, ambiente, solidarietà, arte, letteratura… Il legame con il territorio dell’azienda è forte e concreto, avendo negli anni sostenuto e prodotto rilevanti iniziative culturali, sociali e di solidarietà. >> Link: www.boxmarche.it

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Nuove nomine ai vertici di Bettcher Group e della consociata Cantrell Gainco Group Ed Steele (in foto) è il nuovo presidente di Bettcher Group con responsabilità nella direzione della visione aziendale, dei piani strategici ed operativi e con mansioni che comprendono strategie di marketing, pricing, sviluppo dei prodotti, direzione operativa e branding. MARK HOST è stato promosso vicepresidente alle vendite del Gruppo, con responsabilità per l’orientamento strategico delle attività di vendita ed assistenza dell’azienda, compresa la gestione dei distributori a livello internazionale, vendita delle attrezzature e assistenza. La sua area di competenza abbraccia lo sviluppo e l’implementazione di programmi e pratiche volte ad incrementare le vendite e la redditività, oltre alla partecipazione alle attività di acquisizione e alle nuove iniziative di sviluppo di prodotti. Host è entrato in Bettcher Industries nel marzo del 2020 in qualità di direttore vendite per il Nord America, forte degli oltre 20 anni di esperienza acquisita nel food & beverage. KYLE STOFFER è chief financial officer in Bettcher Group ed è responsabile della gestione finanziaria, informatica e dei rischi. Le sue responsabilità comprendono la messa a punto di strategie finanziarie e operative, l’elaborazione di metriche associate a tali strategie, lo sviluppo di sistemi di controllo atti a garantire un’accurata rendicontazione finanziaria e la conservazione del patrimonio aziendale. Fondata nel 1944, Bettcher Industries Inc. vanta oltre 75 anni di innovazione e successo nell’industria alimentare. L’azienda è leader nello sviluppo e nella produzione di innovative attrezzature da taglio di precisione per il settore alimentare, industriale, medicale e per altre applicazioni e intrattiene numerose partnership strategiche di vendita e assistenza con svariati grandi produttori internazionali che sono leader per design e tecnologia nelle rispettive categorie di prodotti. Bettcher è un’azienda certificata ISO 9001:2015 con distribuzione diretta in più di 50 Paesi di tutto il mondo (photo © Bettcher Group). >> Link: bettcher.com


SCENARI

Preparare i retailer al business nel post lockdown

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ell’ultimo periodo abbiamo visto molti retailer apportare rapidi cambiamenti alle proprie attività: aprire shop on-line, organizzare ordini in negozio, utilizzare i dark site o semplicemente ridurre la gamma di prodotti. Il retail attende trepidante il futuro post Covid-19, ma ci sono ancora molte domande a cui rispondere: che impatto avranno sulle supply chains globali i ritardi nella consegna dei materiali o di parti di ricambio provenienti da altri Paesi? I retailer decideranno di applicare sconti sugli stock attuali per far posto a nuovi articoli di stagione o di adeguare la loro gamma di prodotti per garantire ai consumatori ciò che vogliono? E ancora, quando i negozi saranno in grado di riaprire completamente e, quando lo faranno, quanto saranno disposti i consumatori a riprendere da dove hanno lasciato? Con così tante domande e (attualmente) pochissime risposte, i retailer stanno facendo il possibile

per iniziare a prendere decisioni informate per prepararsi ai vari possibili scenari. Prepararsi ai cambiamenti in negozio Il ritorno nei negozi è stata una grande spinta morale per buona parte della popolazione, per non parlare dei retailer. Quando le restrizioni date dal lockdown sono state revocate, molti consumatori hanno mostrato cautela nell’uscire di casa e i retailer ne hanno dovuto tenere conto. La semplice creazione di più spazio nel negozio, in modo che i consumatori possano ancora mantenere la distanza, rassicura i clienti sul fatto che si stiano prendendo realmente delle precauzioni. È probabile che l’esperienza alla cassa continui a cambiare radicalmente, con meno casse in grado di aprire, code più lunghe a causa della distanza tra ogni cliente e, forse, anche con meno personale in negozio. I retailer potrebbero

voler considerare l’introduzione di opzioni di cassa contactless per mantenere i clienti al sicuro e rendere l’esperienza di acquisto priva (o quasi) di preoccupazioni. Guidare i clienti verso i negozi attraverso le opzioni di Click & Collect (ordina on-line o al telefono e ritira la spesa pronta sul punto vendita) sarà un modo fondamentale per i retailer di collegare, ancora una volta, la propria esperienza omnicanale. Tuttavia, disporre della giusta infrastruttura per soddisfare tutti gli ordini senza creare ritardi e code sarà fondamentale per rendere questa esperienza fluida e sicura. Qual è l’obiettivo? Essendo noi tutti in balia degli eventi e degli scenari che mutano rapidamente dobbiamo organizzarci e ridefinire piani d’azione per la “nuova normalità”, considerando anche come la tecnologia possa aiutarci proattivamente in questo periodo di transizione. Fonte: Manhattan Associates

Parola d’ordine per tutti: omnichannel È la rivoluzione del terzo millennio e, nel mass market, ha un solo nome: omnichannel. La “dispersione” del consumatore su un ampio spettro di opzioni non solo ha ridefinito le categorie dello spazio e del tempo nell’universo del largo consumo, ma ha anche obbligato le imprese a ripensare in modo globale il loro modello aziendale, le strategie di marketing e le politiche di gestione dei diversi touchpoint e delle singole categorie merceologiche, per adeguarsi alle esigenze e ai desideri del nuovo customer journey. Uno scenario complesso, impegnativo e sfidante, che mette in discussione l’intero “ecosistema” del largo consumo, imponendo alle imprese un cambiamento profondo e sfaccettato, ma anche agile e sostenibile. Partendo dall’analisi dei nuovi trend di mercato, dei nuovi canali e dei nuovi consumatori, passando per le testimonianze delle aziende che hanno già adottato nuovi approcci, e presentando gli strumenti sviluppati da GS1 Italy per supportare le aziende nel loro percorso verso l’omnicanalità, l’evento ha tessuto il racconto del presente e del futuro della “omnichannel revolution” in Italia, affidandosi sia alle voci e alle esperienze dei protagonisti sia al know-how e alle analisi degli esperti (fonte: GS1 Italy; Nuage Comunicazione).

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Il futuro che si prospetta è fatto di integrazione tra negozio fisico e digitale, servizi on-line e relazioni consolidate col cliente, prodotti da ritirare in bottega o al supermercato o punti di ritiro esterni comodi e pratici per chi non può seguire gli orari di apertura. Un mondo fluido che si sviluppa su più canali e che rapidamente si adegua alle necessità, anche pandemiche. Secondo Edmondo Lucchi, media and communication insight strategist di GfK, il consumatore non ravvisa più alcun dilemma tra canale fisico e canale digitale e si aspetta di utilizzarli in modo intercambiabile a seconda delle situazioni di acquisto e delle opportunità. Quel che resta è la fiducia a pesare sulla scelta dell’insegna o del negozio, tanto sul canale fisico quando su quello digitale (photo © mark_gusev – stock.adobe.com). Eurocarni, 10/20 55


INDAGINI

La macelleria ai tempi del Covid di Elena Benedetti

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sei mesi dall’inizio della pandemia di Covid-19 è forse il tempo di tracciare un consuntivo su come il canale tradizionale della vendita al dettaglio di carni e prodotti a base di carne abbia reagito alla crisi. Sia nei tempi di reazione, con la necessità di adeguarsi in tempistiche ristrettissime a procedure e protocolli tanto severi quanto cavillosi per sanificazione, gestione degli spazi e accoglienza della clientela, quanto per l’offerta di prodotti e modalità di ricezione e consegna degli ordini. A tal proposito nel corso dell’estate iMeat (www.imeat.it), l’evento di punta delle macellerie italiane ed estere sviluppato da LUCA CODATO e dal suo team, in collaborazione con FEDERCARNI e la nostra testata EUROCARNI, ha condotto un sondaggio al fine di ottenere una fotografia del settore macellerie in questi mesi di emergenza Covid-19. Le macellerie che hanno aderito alla raccolta di dati erano per oltre l’80% a conduzione famigliare, con un range di addetti tra 1 e 5, quindi di dimensioni ridotte ma, al contempo, probabilmente più snelle e rapide nella ricezione di nuovi protocolli. Tempi di adeguamento dell’attività Ed è proprio sulla capacità di adeguamento delle attività all’interno

della macelleria alle nuove e stringenti disposizioni in materia di sicurezza sanitaria gli intervistati si sono spaccati a metà: il 40% ha trovato poco difficoltoso seguire le nuove regole, mentre il 42% ha trovato abbastanza difficile il nuovo scenario nel quale lavorare. Trend positivo delle vendite Sul trend delle vendite in crescita rispetto allo scorso anno i rispondenti al sondaggio si sono invece trovati per la maggior parte d’accordo, con un 80% che ha registrato un incremento del fatturato. La prossimità dei negozi di quartiere alle abitazioni ha probabilmente fatto recuperare alle macellerie tradizionali anche quella clientela che prima si rivolgeva soprattutto alla GDO. Nuova clientela Anche nella domanda relativa all’eventuale percezione di aver acquisito nuova clientela le risposte hanno sfiorato il 90%, confermando il ruolo centrale della macelleria nella vita dei quartieri e dei piccoli e medi centri urbani. Consegne a domicilio Se prima erano poco richieste dalla clientela, con la pandemia del Covid-19 le consegne a domicilio

sono diventate strategiche ed essenziali nel periodo di lockdown e sono e restano un servizio utile anche ora. L’80% dei macellai si è impegnato a garantire l’attività di delivery ai vecchi e nuovi clienti, fornendo un servizio prezioso per la propria comunità. Raccolta ordini multicanale Si parla tanto di multicanalità in questo periodo e un esempio concreto è quello che descrive in quali modalità le macellerie hanno raccolto gli ordini dai clienti che non andavano fisicamente in bottega: gli ordinativi sono arrivati via telefono, via whatsapp, su Facebook e attraverso il sito web. Nuovi strumenti per vendere H24 Se il 25% degli intervistati sta valutando di acquistare in tempi brevi distributori automatici o armadi a temperatura controllata per l’acquisto o il ritiro in autonomia dei prodotti o della spesa, il 10% è già strutturato con la vendita on-line mentre il 35% è decisamente orientato ad investire su un e-shop. Nota A pagina 56, photo © karepa – stock. adobe.com.

iMeat – Innovazione nel comparto carne: la settima edizione in programma dal 21 al 23 marzo 2021 negli spazi di ModenaFiere Negli ultimi anni il comparto della carne ha subito una forte evoluzione che ha portato metodologie innovative sia da un punto di vista tecnico che propositivo. Proprio da questa constatazione nel 2013 Ecod ha creato iMEAT®, una fiera dedicata esclusivamente alle attività operative nel settore della carne: macellerie al dettaglio, gastronomie, ristorazione specializzata. iMEAT® mette in relazione questi operatori con i fornitori di tutti le merceologie dedicate in quanto unica fiera nazionale business to business. iMEAT®, inoltre, costituisce un momento di approfondimento di varie tematiche e di aggiornamento su una serie di problematiche che guardano al futuro del settore. La settima edizione di iMEAT® si svolgerà dal 21 al 23 marzo a ModenaFiere, una location facilmente raggiungibile dalle varie regioni italiane e, nello stesso tempo, una struttura ampiamente collaudata nella realizzazione di iniziative dedicate all’agroalimentare. Un’idea Ecod La società Ecod, con sede in Italia, è proprietaria del marchio iMEAT® e organizza le fiere omonime: iMEAT® in Italia (Modena) e iMEAT® España (Barcellona). >> Link: www.imeat.it

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I risultati dell’indagine #parolealfuturo di SGMarketing

Il futuro per carne e salumi nel post-Covid

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omplice il lockdown e la chiusura forzosa del canale HO.RE.CA., nei primi cinque mesi del 2020 le vendite al dettaglio di carni fresche hanno registrato una crescita a volume del 5,9% (fonte: I SMEA -N IELSEN Consumer Panel), così come i salumi confezionati a peso imposto hanno consolidato una positiva dinamica del venduto già in atto da diversi anni (+19%). Nel contesto delineato SGMARKETING ha realizzato un’indagine quantitativa di approfondimento in modalità CAWI (Computer Assisted Web In-

terviewing) su 800 consumatori, con l’obiettivo di mettere a fuoco l’evoluzione attesa delle dinamiche di acquisto e consumo per carni e salumi e prefigurare i possibili scenari futuri. Rispetto la propensione al consumo, emerge, per il futuro, un orientamento complessivo di riduzione delle carni suine e salumi, a cui fa da contraltare un atteggiamento favorevole per le carni avicunicole. All’insegna della stabilità paiono essere, invece, le aspettative di consumo per le carni bovine. Nel confronto con i mesi di crisi

pandemica, si registra, inoltre, una propensione prospettica incrementale per l’acquisto al banco servito, motivata in primis dalla maggiore freschezza e qualità attribuite ai prodotti disponibili per la vendita assistita e la possibilità, per i clienti, di acquistare quantitativi adatti alle proprie esigenze, minimizzando così lo spreco domestico. Ulteriore elemento chiave emerso dall’indagine è la crescente domanda di convenienza manifestata dai consumatori: in funzione della specifica categoria carnea d’interesse, una quota di acquirenti variabile

“Il consumatore di carni e salumi nel post-Covid #parolealfuturo” è l’indagine quantitativa di approfondimento in modalità CAWI realizzata da SGMarketing su 800 consumatori con l’obiettivo di mettere a fuoco l’evoluzione attesa delle dinamiche di acquisto e consumo per carni e salumi e prefigurare i possibili scenari futuri.

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Nel corso del periodo di lockdown, il 20% del campione intervistato ha dichiarato di aver cambiato luogo di acquisto principale, con un incremento significativo in supermercato, ipermercato, discount e macelleria. Per coloro che hanno acquistato carne e salumi on-line, la consegna è avvenuta per il 20% attraverso il ritiro della merce presso il punto vendita, per il 40% con consegna a domicilio e per il restante 40% in entrambe le modalità (photo © Andrey – stock.adobe.com). tra il 55% ed il 65% del totale dichiara la volontà prospettica di attuare cambiamenti nel modo di fare gli acquisti, a favore di soluzioni/tipologie più economiche. Nel caso delle carni fresche, le principali strategie di contenimento della spesa dichiarate evidenziano un orientamento al trading down, con spostamento su formati e punti vendita più economici, un maggior ricorso alle promozioni ed un parziale switch selettivo sul confezionato, che, però, non coinvolge mai trasversalmente, sul singolo shopper, le tre categorie merceologiche analizzate (bovina,

avicunicola, suina). Nel caso dei salumi, i principali comportamenti votati al risparmio si sostanzieranno in un focus prioritario sui prodotti in promozione ed in una diminuzione di quantità e frequenza d’acquisto. Italianità, localismo/territorialità, filiera controllata e benessere animale rappresenteranno i driver primari di rassicurazione, per gli intervistati, nell’acquisto futuro di carni fresche e salumi. Altro attributo d’interesse, nel reparto macelleria, sarà il “senza antibiotici”, mentre nei salumi si affermeranno il “senza conservanti

Italianità, localismo/territorialità, filiera controllata e benessere animale rappresenteranno i driver primari di rassicurazione, per gli intervistati, nell’acquisto futuro di carni fresche e salumi. Altro attributo d’interesse, nel reparto macelleria, sarà il “senza antibiotici”, mentre nei salumi si affermeranno il “senza conservanti chimici aggiunti” e la certificazione Dop-Igp

chimici aggiunti” e la certificazione DOP-IGP. L’elevato apprezzamento palesato dagli shopper per le caratteristiche di salubrità di carni e salumi trova ulteriore riscontro nella richiesta di indicazioni chiare del profilo nutrizionale, dell’apporto di nutrienti e dei benefici salutistici associati ai diversi prodotti, in aggiunta ad informazioni trasparenti ed esaustive su luoghi e modalità di produzione (tipologia di alimentazione ed allevamento, ecc…) e a consigli di preparazione consumo. Si delinea, inoltre, la centralità del punto vendita quale media preferenziale: la confezione dei prodotti ed il reparto rappresentano, infatti, gli strumenti di comunicazione preferiti dagli intervistati, in maniera trasversale alle due categorie. Segue il volantino promozionale, sempre più vissuto come strumento informativo in senso ampio. >> Link: www.sgmarketing.it

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Pubblicati i primi dati del progetto europeo “SheepToShipLIFE”

Sostenibilità, gli allevamenti ovini sardi all’avanguardia

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ono arrivati i primi risultati sul monitoraggio degli impatti ambientali degli allevamenti ovini in Sardegna nell’ambito del progetto europeo “SheepToShipLIFE”, coordinato da CNR, Istituto per la BioEconomia di Sassari, in partnership con Agris, Laore, assessorato regionale della difesa dell’Ambiente, dipartimenti di Agraria e di Scienze economiche e aziendali dell’Università sassarese. La Sardegna è stata scelta come area di intervento del

progetto in quanto rappresentativa del comparto ovino mediterraneo: da sola conta infatti oltre il 40% del patrimonio ovino italiano. Gli studi di SheepToShipLIFE evidenziano come “le relazioni tra l’allevamento ovino e le emissioni di gas serra sono poco studiate, nonostante la continua crescita a livello mondiale dei piccoli ruminanti e il rilevante interesse dei consumatori verso i prodotti di origine ovicaprina”.

Le strategie elaborate per raggiungere questi obiettivi (–20% di emissioni di gas serra con l’incremento delle redditività negli ovili entro nel 2030) hanno seguito un approccio multidisciplinare che è stato presentato a Macomer nella sede del Consorzio per la tutela dell’Igp Agnello di Sardegna, durante un focus group che ha coinvolto circa 30 tra pastori tecnici e una delegazione delle istituzioni partner del progetto.

L’obiettivo principale del progetto SheepToShipLIFE è quello di contribuire a migliorare le prestazioni ambientali del comparto ovino sardo, individuando e applicando soluzioni innovative per la riduzioni delle emissioni di gas serra della filiera lattiero-casearia. La Sardegna è stata scelta come area di intervento del progetto in quanto rappresentativa del comparto ovino mediterraneo: da sola conta infatti oltre il 40% del patrimonio ovino italiano (photo © felinda – stock.adobe.com).

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Il piano è stato declinato su una serie di tecniche di mitigazione che prevedono: incremento dell’efficienza riproduttiva del gregge, portando la fertilità media del gregge da circa il 75% al 99%, attraverso protocolli specifici (es. protocollo Sementusa); a questo consegue dunque un incremento dal 6 al 21% nella produzione di latte e del 40% circa della produzione di carne. Tra le altre tecniche di mitigazione, il miglioramento nella produzione dei foraggi in azienda, con tecniche di agricoltura conservativa che riducono i costi e le ore di lavoro ma migliorano la durata e la qualità dei pascoli, a vantaggio anche del valore nutrizionale e proteico dei foraggi, che così più apprezzati e digeribili dagli animali, contribuiscono alla riduzione delle emissioni di metano dei ruminanti, tra le voci maggiormente impattanti sul bilancio delle emissioni di CO2. Fonte: EFA News European Food Agency.

Il progetto europeo “SheepToShipLIFE” L’obiettivo principale del progetto è quello di contribuire a migliorare le prestazioni ambientali del comparto ovino della Sardegna, individuando e applicando soluzioni innovative per la riduzioni delle emissioni di gas serra della filiera lattiero-casearia. Per raggiungere tale scopo il progetto analizzerà, tramite la metodologia del Life Cycle Assessment in duecento aziende ovine e in dieci caseifici della Sardegna, le implicazioni ambientali dei processi di produzione del latte e dei formaggi Dop Pecorino Romano, Pecorino Sardo e Fiore Sardo, individuando i punti critici ambientali dei processi di produzione. Dai risultati dell’analisi saranno sviluppati due manuali di Buone Pratiche per la Mitigazione dei Cambiamenti Climatici (uno sulle tecniche agro-zootecniche, diretto alle aziende ovine, l’altro sul processo di caseificazione industriale) per la promozione dell’ecoinnovazione e delle strategie di miglioramento e di ottimizzazione della qualità dell’intera filiera. >> Link: www.ispaam.cnr.it/italiano-sheeptoship-life

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Belgian Meat Round Table edizione 2020: parola d’ordine resilienza di Gaia Borghi

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i è soliti dire che in tempi eccezionali servano misure eccezionali. Ed ecco perché, proprio in via eccezionale, l’oramai tradizionale appuntamento organizzato alla fine dell’estate dal Belgian Meat Office con la stampa specializzata europea (EUROCARNI compresa), per fare il punto sulla situazione del mercato delle carni e favorire un confronto di idee tra i partecipanti, si è svolto appunto a distanza. La Round Table 2020 (la

prima edizione risale al 2005) in versione on-line è stata moderata da JORIS COENEN, responsabile del Belgian Meat Office, e ha visto la partecipazione di RUPERT CLAXTON di GIRA e di KRIS MICHIELS, marketing advisor di VLAM (Flanders Agricultural Marketing Board), intervenuti per approfondire l’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto sul mercato delle carni a livello UE-28 e più in generale a livello globale e sulle abitudini di consumo degli

acquirenti in Belgio e non solo. Parola d’ordine, per non dire mantra, da ripetere a noi stessi in una situazione in cui l’incertezza la fa da padrona sotto diversi aspetti dell’esistenza, è resilienza. La resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento ma in psicologia viene utilizzata per indicare la capacità di uno o più individui di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà in maniera positiva. Resistere

Kris Michiels, marketing advisor VLAM, e Joris Coenen, responsabile Belgian Meat Office e moderatore della tavola rotonda edizione 2020 in versione on-line.

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ad un urto senza rompersi. «Una qualità di cui tutti oggi abbiamo un gran bisogno e che i fornitori di carne belga hanno da vendere» hanno sottolineato i rappresentanti dell’Ufficio preposto alla promozione e allo sviluppo commerciale delle carni belghe. Una situazione incerta, in continua evoluzione L’epidemia di Peste Suina Africana prima e la pandemia di Covid-19 poi hanno destabilizzato il mercato delle carni nella sua interezza. «Non dimentichiamoci che prima del Covid-19 c’era già la PSA» ha ricordato Rupert Claxton, di GIRA (www.girafood.com), importante società di consulenza e ricerche di mercato operante nei settori degli alimenti, delle bevande e del retail a livello europeo e mondiale, con particolare riferimento ai comparti merceologici di carne, pesce e latticini. «La situazione attuale nei Paesi chiave a livello globale — USA, Brasile, Cina —, oggi è molto eterogenea e ancora molto seria a livello sanitario. Si sta però lentamente passando dalla paura della pandemia al declino economico ahimè: la grande differenza di questa crisi con quella finanziaria del 2008 è stata infatti quella di aver colpito contemporaneamente tutti i settori dell’economia. L’impatto dell’epidemia di Covid-19 è tutt’altro che finito e gli effetti economici saranno sia immediati che a lungo termine». L’UE-28 e la sua economia già altalenante sono state colpite più duramente della media globale, ha proseguito Claxton. «Il lockdown ha arrestato il canale del foodservice e della ristorazione da un giorno all’altro e abbiamo assistito ad un’impennata del retail per quanto concerne gli acquisti di carne, con un calo della domanda per i prodotti premium. Come era logico che fosse, le preferenze dei consumatori si sono indirizzate verso prodotti locali, di base ed economici; l’aumento delle vendite al dettaglio ha però solo parzialmente compensato la perdita del foodservice». In Europa, l’impatto della malattia sulla produttività delle fabbriche

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Consumo mondiale di carne, 2008-2024: previsioni pre-COVID-19 (© GIRA)

Consumo trimestrale di carne US, UE, BR, CN 2018-2021f (© GIRA)

Panoramica trimestrale sulla domanda di carne nell’UE-27+1: consumo di carne 2018-2021f (© GIRA)

è stato tutto sommato limitato: rispetto agli USA, infatti, le fabbriche sono più piccole e più numerose, con una capacità di stoccaggio e una flessibilità maggiori. Per quanto

riguarda la carne suina nello specifico, è previsto un ulteriore calo produttivo nel primo semestre 2020, con l’accumulo di stock in alcuni mercati, mentre per la carne bovina

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ratterizzate da volatilità dei volumi e dei prezzi. Le tematiche legate alla “sostenibilità” acquisiscono via via sempre maggior peso e importanza agli occhi dei consumatori. Inoltre, gli standard relativi al benessere animale cui devono sottostare le aziende produttrici di carne sono in aumento e aggiungono costi alla produzione. Il ritiro degli antibiotici dal mercato è ormai inevitabile e rappresenta una tematica importante per i consumatori, con ulteriori costi aggiuntivi. Concludendo, il 2021 sarà un anno complesso, caratterizzato da riequilibrio e incertezza.

Nel 2019, il patrimonio suino belga contava poco più di sei milioni di animali, ovvero una contrazione del 2% rispetto al 2018. Nello stesso anno, in Belgio sono stati macellati quasi 11 milioni di suini, ovvero il 4,55% in meno rispetto al 2018. La produzione ha raggiunto poco più di un milione di tonnellate, con un peso medio di macellazione che è passato da 95,5 a 96,9 chilogrammi (fonte: www.belgianmeat.com).

Produzione di carne nell’UE 2018-2021f (© GIRA)

si accentuerà il normale fenomeno della stagionalità. Ancora sulla carne suina nell’UE-27+1, nonostante i prezzi siano buoni (il prezzo è calato rispetto al periodo di picco della PSA, ma si mantiene forte data la situazione legata al Covid-19), si prevede un leggero calo della

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produzione interna lorda (GIP) sul medio termine ma con dinamiche regionali diverse. Nell’Est Europa, ad esempio, continua l’incidenza negativa della PSA, mentre in Spagna proseguirà l’aumento della produzione, trainato soprattutto dalle esportazioni verso la Cina, ca-

Lo tsunami Covid sui consumi «È molto difficile in questo momento fare delle previsioni» ha detto Kris Michiels di VLAM nella sua analisi relativa all’impatto del coronavirus sul consumo di carne. «Non aspettatevi però che la pandemia porti a rivoluzioni nei comportamenti di acquisto che non fossero già prevedibili da tendenze in atto» ha sottolineato. «Sto parlando dell’interesse dei consumatori per il benessere animale, la sicurezza e la tracciabilità dei prodotti; la tutela ambientale e il km 0, il biologico… I cambiamenti dei comportamenti di acquisto e consumo, al di là della situazione emergenziale del lockdown, avvengono sempre piuttosto lentamente. I prodotti che siamo soliti consumare in ambito domestico hanno registrato risultati leggermente migliori di quelli che siamo soliti consumare fuori (per esempio, la carne bovina). Ma, in linea generale, le abitudini alimentari sono rimaste invariate: si consumano più o meno gli stessi prodotti di prima, solo che si consumano più spesso in ambito domestico». In Belgio, dall’inizio della pandemia, alla fase di adattamento, fino alla cosiddetta “nuova normalità”, le cose sono andate verosimilmente in maniera simile agli altri Paesi europei, con la conferma ad oggi di un maggiore interesse per i prodotti locali ma anche un timore diffuso per le conseguenze economicofinanziarie della crisi sanitaria (e tutto ciò che ne consegue in termini di scelta dei punti vendita — di pros-

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Il Belgio è il quinto esportatore netto di carne suina dell’UE. Il 91% viene esportato nell’UE e il 9% verso Paesi Terzi. Nel 2019, il Belgio ha esportato quasi 800.000 tonnellate di carne suina (fonte: www.belgianmeat.com). simità e discount, oggi sul podio —, e impatto su ristorazione e HO.RE. CA.). «In tanti, però, dicono di voler acquistare più prodotti locali e sani, ma quando la preannunciata grave crisi economica sarà una realtà, i prezzi ricopriranno un ruolo ancora più importante nelle decisioni di acquisto» sottolinea Michiels. Per quanto riguarda la carne, durante il lockdown c’è stato un ritorno alle radici, nel senso di riscoperta delle ricette classiche, con la conseguente diminuzione della vendita dei prodotti cosiddetti “sostitutivi” della carne. «Tutti chiusi in casa, tutti ai fornelli, a cucinare i piatti della tradizione, semplici, sostanziosi; il comfort food che in Belgio si traduce in “carne, verdure e patate”. Nel secondo trimestre 2020 il consumo domestico di carne fresca ha registrato un aumento del 23% rispetto allo stesso periodo 2019; di questa percentuale, il tasso di crescita più alto spetta alle carni miste. Oggi si riprende a consumare pasti con gli amici e fuori casa. Credo che le aziende debbano puntare su praticità e maneggevolezza dei prodotti».

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L’esempio di Belgian Pork Group e Danis Pork Masters Alla tavola rotonda è stata data voce ai due produttori principali di carne suina in Belgio, MANUEL GODERIS, di Belgian Pork Group, e LUC DE LILLE, di Danis Pork Masters. Belgian Pork Group (www.belgianporkgroup.com) garantisce una produzione di carne suina sostenibile dalla produzione al consumatore finale, gestendo l’intera filiera e ponendo grande attenzione al benessere animale. L’impresa, a conduzione familiare, è specializzata nella macellazione, nel sezionamento, nella porzionatura, nell’imballaggio e nel congelamento di carne suina di prima qualità. Per quanto riguarda l’esperienza legata al Covid di Belgian Pork Group, oltre ad un aumento delle vendite al dettaglio (+15%) e ad una diminuzione più sostanziosa delle esportazioni (–30%), orientate soprattutto al settore della ristorazione, dal mese di marzo a fine luglio non è stato registrato nessun focolaio negli impianti di produzione di Belgian Pork Group e sono state implementate le Linee guida di base contro il Covid.

Linee che, da metà luglio, sono state ulteriormente rafforzate (controllo della temperatura individuale di ogni dipendente, mascherina obbligatoria in tutti gli stabilimenti di produzione + uffici). C’è stato un investimento extra per la ventilazione e la purificazione dell’aria nei punti più critici e, attraverso figure di “Stop Covid stewards”, l’implementazione dei controlli, soprattutto nei momenti più delicati della giornata lavorativa, come la pausa pranzo e l’ingresso in azienda. «Da fine luglio ad inizio agosto, tramite il sistema di tracciamento dei contatti, abbiamo ricevuto notifiche di alcuni casi individuali che potevano essere tutti correlati a un particolare impianto di produzione: da qui la decisione di testare tutti i dipendenti, per precauzione» ha dichiarato Goderis. «Fortunatamente, tutti i nostri collaboratori godono di buona salute. Nessuno di loro è dovuto andare in ospedale. Insomma, non siamo in grado di impedire al Covid-19 di entrare in uno stabilimento di produzione — ha poi aggiunto — ma siamo riusciti a far fronte alla situazione grazie alla nostra filosofia d’azione e alla nostra resilienza». LUC DE LILLE, di Danis Pork Masters (www.danis.be), ha affrontato la situazione del mercato italiano. «Le nostre vendite verso l’Italia sono calate tantissimo (60-70%), ma sui volumi stiamo recuperando in fretta: si può dire tranquillamente che, da questo punto di vista, oggi siamo tornati ad un’attività pressoché normale nei confronti dell’Italia e così vale anche per gli altri Paesi europei, anche se, certamente, siamo ancora molto lontani dai livelli pre-crisi. Con lo spettro della recessione economica in agguato sono convinto che difficilmente le esportazioni in Europa potranno riprendersi, ma voglio rimanere ottimista: dobbiamo puntare alle esportazioni verso i Paesi Terzi, che potrebbero compensare le perdite dei volumi dell’Europa». Gaia Borghi

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Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare (Chafea) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include.

CAMPAGNA FINANZIATA CON L’AIUTO DELL’UNIONE EUROPEA


COMUNICARE LA CARNE

Post-verità sui grassi della carne bovina di Giovanni Ballarini

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uando il figliol prodigo torna a casa, è scritto nel Vangelo, il padre indice una grande festa per la quale ordina di macellare un vitello grasso. Anche nel mondo pagano, i vitelli e i buoi fanno parte dei sacrifici più importanti. La carne di bovino, soprattutto grassa e succulenta, è uno dei pilastri della grande cucina borghese, iniziando dalla mitica Sella di vitello alla Orloff, probabilmente elaborata dallo chef URBAIN DUBOIS (1818-1901) nel periodo in cui fu a servizio del principe NIKOLAJ ALEKSEEVIČ ORLOV (1827-1885), ambasciatore di Russia a Parigi. Nonostante il favore che gode la carne bovina, diverse sono le accuse che di tanto in tanto le sono rivolte, e una delle più ricorrenti è che

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contiene grasso e in particolare gli acidi grassi saturi, argomento non di rado affrontato da incompetenti e che al riguardo merita qualche commento sulle false verità o, come oggi si dice, post-verità. Post-verità, dall’inglese post-truth, è quando in una discussione su un fatto o una notizia la verità è considerata una questione di secondaria importanza rispetto alla notizia che è diffusa, percepita e accettata come vera dal pubblico sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi dei fatti. In una discussione caratterizzata da post-verità, i fatti oggettivi, chiaramente accertati, sono meno influenti nel formare l’opinione pubblica rispetto ad appelli ad emozioni e convinzioni personali.

Grassi nelle carni I grassi come gli oli sono costituiti da catene di atomi di carbonio e atomi d’idrogeno uniti fra loro. Quelli più spesso usati in cucina hanno tre catene, ciascuna con circa 10/20 atomi di carbonio. Un grasso saturo ha il massimo numero di atomi d’idrogeno uniti a quelli di carbonio; nei grassi insaturi i legami tra atomi di carbonio e idrogeno sono meno presenti e questo spiega perché un grasso può essere solido oppure liquido. I grassi saturi si uniscono facilmente tra loro e a temperatura ambiente formano dei solidi con un punto di fusione di solito più alto. Derivano da animali che hanno una temperatura corporea che nei diversi organi varia trai 35 e i 40 ºC,

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La marezzatura è l’infiltrazione e distribuzione di grasso all’interno del tessuto muscolare animale. Più alta è la percentuale di tessuto grasso contenuta, maggiore è generalmente considerata la qualità della carne. temperatura alla quale sono fluidi, per poter essere utilizzati come fonte d’energia. Nei pesci e nelle piante, che hanno una temperatura organica inferiore, si trovano grassi insaturi fluidi. Negli animali come il bovino vi sono diverse localizzazioni dei grassi. Una prima categoria è quella dei grassi contenuti nelle cellule, in modo particolare nella parete cellulare, detti grassi di costituzione e in gran parte insaturi. Una seconda categoria è quella dei grassi presenti negli organi e una terza nei depositi soprattutto sotto la pelle, dove aumenta la percentuale di acidi grassi saturi. Per quanto riguarda il muscolo, e cioè la carne, la classificazione del grasso nella carcassa, mezzena o quarto di un animale macellato secondo il MIPAAF è la seguente: • grasso molto scarso visibile solo all’interno della cassa toracica; • grasso scarso visibile nei muscoli intercostali; • grasso mediamente importante,

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prominente all’interno della cassa toracica e nei muscoli intercostali; • grasso abbondante con vene di grasso prominente all’interno della coscia e muscoli intercostali; • grasso molto abbondante prominente ovunque, coscia interamente ricoperta. Il grasso che copre i muscoli si chiama di copertura, quello interno al muscolo si definisce d’infiltrazione: è indice di qualità nel taglio della carne e secondo la disposizione e la quantità si parla di venatura, marezzatura e prezzemolatura. Quando il grasso è ben visibile tra i fasci della carne si dice che è venata; quando il grasso è visibile come onde sottili e diffuse si parla di marezzatura; le carni molto marezzate, nelle quali il grasso forma piccoli e diffusi contorni che somigliano alle foglie di prezzemolo, si dicono prezzemolate. Il grasso è molto importante per la qualità della carne e una carne

con alta marezzatura è più costosa; una carne grassa è più morbida e saporita di una carne magra, anche se qui entra in gioco la frollatura. Altrettanto importante è la quantità dei grassi saturi della carne bovina. Se il grasso o sego di bue che deriva dai grassi di deposito è costituito per la metà di acidi grassi saturi, le carni come un etto di filetto di manzo o di lombata di manzo cotta ne contengono soltanto tra gli 8 e mezzo e i 9 grammi e se poi si passa ad altri tipi di carni magre le quantità scendono ancora fin sotto al grammo per etto; quantità analoghe se non inferiori ad altre carni come quelle di maiale e soprattutto di pollo e tacchino. Importante è anche conoscere come cambia la composizione degli acidi grassi della carne rispetto al tipo di alimentazione dell’animale. Da qui emergono due post-verità: la prima sta nel confondere grassi di costituzione e grassi di deposito, la seconda di stabilire una correlazione univoca con l’alimentazione

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animale, in particolare quando si parla di ruminanti. La fisiologia digestiva e nutrizionale dei ruminanti è molto complessa. Il cibo ingerito è conservato nel rumine per essere più volte masticato attraverso la ruminazione, dove è fermentato da microrganismi che producono proteine, vitamine e soprattutto acidi grassi volatili (acetico, propionico e butirrico) partendo dalla scissione degli amidi e della cellulosa vegetale. Pochi sono i grassi contenuti negli alimenti di cui si cibano i ruminanti: in gran parte superano il rumine e assieme a quelli volatili ruminali sono usati dall’animale come fonte d’energia. Le eccedenze vanno a formare i grassi di deposito, per cui il loro livello di saturazione non dipende in modo diretto dalla composizione originale dell’alimento ingerito o dalla loro alimentazione al pascolo o con cereali, ma dalla flora microbica ruminale, in rapporto al pH ruminale e ad altri fattori. Altre differenze nella com-

posizione degli acidi grassi dipendono da razza, età, sesso e attività fisica degli animali e non soltanto dal tipo di allevamento. Dai dati pubblicati dal CREA-INRAN risulta che il contenuto di grasso nelle carni bovine prodotte in Italia nel corso del tempo, per merito delle diverse forme di allevamento e della genetica, sia diminuito in modo significativo, come è migliorato il rapporto tra grassi monoinsaturi e saturi, evitando anche altre postverità come quelle di tipo bucolico. Anche la carne di animali allevati al pascolo contiene infatti, oltre ai grassi saturi, anche acidi grassi insaturi. Grassi saturi alimentari e salute Diversi studi indicano che una diminuzione del consumo di acidi grassi saturi riduce il rischio di malattie cardiovascolari e alle stesse conclusioni è arrivato anche l’Istituto Superiore di Sanità, raccomandando una riduzione del consumo di acidi grassi saturi contenuti in grassi ve-

getali (olio di cocco, olio di palma, burro di cacao, margarine, ecc…) e animali (burro e strutto in particolare), menzionando anche la carne il cui consumo deve essere moderato, perché anche in questo caso è la dose che fa il veleno, come ben sapevano e predicavano gli antichi. Parlare di carne bovina e non della sua quantità è un’altra post-verità! Gli Italiani mangiano solamente 20 kg di carne bovina (un sesto dei consumi americani) su un totale di carne che non raggiunge gli 80 kg annui per persona, dove inoltre la dieta complessiva comprende oli con molti grassi insaturi, come l’olio d’oliva. Anche per i grassi non bisogna dimenticare che una corretta assunzione di quelli saturi è inevitabile, se non necessaria, e quello che bisogna evitare sono gli eccessi, senza criminalizzare questo o quel cibo e senza diffondere ingiustificati allarmismi che confondono i consumatori. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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Confraternita del Grasso, ovvero scegliere una strada morbida per una maggiore consapevolezza alimentare Che il Grasso sia lodato! Con l’obiettivo di riscattare un “elemento nutritivo” troppo spesso frainteso e maltrattato, è nata, proprio all’inizio di quest’anno, la Confraternita del Grasso. La Confraternita, prima in Italia dedicata al grasso, ha avuto il suo battesimo lo scorso 16 febbraio — a pochi giorni dal martedì più famoso del calendario, grasso pure lui — presso Locanda Solagna a Vas (Belluno), che ha ospitato il pranzo di fondazione. Tra i promotori dell’iniziativa ci sono infatti ANDREA RIBONI, titolare di Locanda Solagna, e DANILO GASPARINI, docente di Storia dell’Agricoltura e dell’Alimentazione all’Università di Padova, docente al Master di Ca’ Foscari in Cultura del cibo e del vino e consulente a GEO & GEO (RAI 3). «Il fine della Confraternita del Grasso — ha chiarito meglio Riboni — non è dare vita a banchetti luculliani in cui servire cibi affogati nell’unto fine a se stesso. Al contrario, il nostro obiettivo è riportare consapevolezza sulla qualità, creare un gruppo dove appassionati di cucina, nutrizione, storia, cultura e lifestyle discutano e si confrontino sul tema. Partiremo dal territorio, ma abbiamo intenzione di aprire il confronto anche con le altre confraternite, con associazioni e istituti di formazione. Vogliamo dare spazio tanto al lato godereccio quanto a quello della ricerca e riflessione accademica». A riprova e sostegno dell’idea alla base del progetto, il menù del pranzo inaugurale dell’associazione è stato un delizioso susseguirsi di materie tipicamente legate all’idea di pesantezza, che hanno saputo invece stupire i commensali per la loro delicatezza: Cannolo al baccalà mantecato; Cervella di vitello fritte alle nocciole, crema di romanesco agrodolce; Anguilla di mare affumicata, lime siciliano e cipolla rossa di Cannara; Tagliatelle al farro monococco, burro montato al Piave riserva, pinoli tostati e castraure; Bottoni di pasta fresca ripieni di oca in onto e brodo di cappone; Baccalà in olio cottura, la sua maionese e crema di faraona; Pancia di vitello al tartufo nero, crostoli di patata al limone e broccolo di Creazzo; Biscotto alle grue di cacao, crema al caffè e semifreddo al mascarpone… «Per questo primo appuntamento della Confraternita — ha spiegato lo chef RAFFAELE MINUTE — ho voluto un menù capace di lasciare una sensazione assolutamente contrapposta alla tipica idea di pesantezza che la mente evoca quando sente la parola grasso. Ciascun piatto è stato pensato per trasmettere l’idea di equilibrio. Di delicatezza». Insomma, parafrasando una famosa opera letteraria, si è sperimentata l’incredibile leggerezza del grasso. Lavorato con consapevolezza, utilizzato nelle giuste quantità. Non solo intingoli e calorie Riportiamo dalla pagina Facebook della Confraternita: “Protagonista di mille ricette che ci riportano all’infanzia, simbolo nei secoli di abbondanza e prosperità, oggi il grasso è sempre più spesso frainteso e maltrattato. Proprio partendo da questa consapevolezza nasce l’idea di dedicargli una Confraternita, il cui fine non è l’esaltazione dell’eccesso. Al contrario, ci si propone di riportare consapevolezza sulla qualità della materia, sulle origini del suo utilizzo e sul ruolo fondamentale che gioca in cucina e nella nostra alimentazione quotidiana. La Confraternita del Grasso è aperta a tutti coloro che vorranno portare il proprio contributo. Il fine è l’istituzione di un vero e proprio tavolo di lavoro e di ricerca sulle molteplici sfaccettature e prospettive che questo elemento può presentare. La nostra aspirazione è creare un gruppo in cui appassionati di cucina, ma anche di nutrizione, di storia, di cultura e di lifestyle discutano e si confrontino sul tema. Partiremo con le nostre iniziative dai territori della Valbelluna (perché qui nasciamo), ma ci auguriamo di aprire il confronto anche con le numerose altre confraternite, con associazioni e istituti di formazione. Nelle attività che la Confraternita promuoverà ci impegneremo sempre a dare spazio tanto al lato godereccio quanto a quello della ricerca e riflessione accademica”. Per chi volesse saperne di più: 340 3478532 confraternitadelgrasso@gmail.com www.facebook.com/ConfraternitaDelGrasso

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Razza Blonde d’Aquitaine, un’eccellenza europea naturalmente tenera Asprocarne Piemonte capofila di un progetto finanziato dalla Commissione europea per la promozione e valorizzazione di una delle piÚ pregiate razze da carne del panorama mondiale

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La Blonde d’Aquitaine è un’eccellente razza bovina di origine francese che ha un profondo legame con l’Italia, in particolare il Piemonte, dove da decenni viene allevata.

È

partito nel mese di gennaio scorso, e avrà durata triennale, il nuovo progetto di promozione e valorizzazione della razza bovina Blonde d’Aquitaine gestito dall’OP Asprocarne Piemonte in collaborazione con l’associazione francese France Blonde d’Aquitaine Sélection con sede ad Agen, nella regione Nouvelle Aquitaine. L’investimento nel suo complesso sarà di oltre 1,5 milioni di euro, finanziati in larga parte dai fondi previsti dal Reg. UE 1144/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli realizzate nel mercato interno. La partnership tra i due Paesi coinvolti è alla base del progetto e permetterà di dare maggiore risalto alle varie iniziative previste, molte delle quali saranno congiunte. Servirà inoltre a consolidare il legame storico che ha dato vita alla filiera Francia/Italia e allo sviluppo

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dell’allevamento della razza Blonde d’Aquitaine in Piemonte. La Blonde d’Aquitaine è allevata in Italia storicamente a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, in particolare in Piemonte, il quale, col tempo, ha sviluppato una vera e propria filiera produttiva che, ad oggi, conta più di 200 produttori che allevano oltre 60.000 capi all’anno (circa il 90% dei capi allevati in Italia). Obiettivo principale del progetto è quello di far conoscere ed apprezzare sempre di più le caratteristiche di questa razza, la quale, grazie alle sue qualità genetiche, è in grado di soddisfare sia i produttori, per le ottime performance in allevamento e l’elevata resa alla macellazione, sia il consumatore finale. Questa carne si distingue infatti nel panorama mondiale per due caratteristiche principali che la rendono unica: la tenerezza e la magrezza.

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La sua spiccata tenerezza è data dalla particolare struttura muscolare degli animali e dal fatto che viene consumata partendo da capi macellati giovani nella categoria Vitelloni maschi e femmine. Il basso contenuto di grasso muscolare è anch’esso una caratteristica peculiare della razza, già ben visibile anche negli animali vivi, soprattutto maschi, e che si ritrova poi nelle mezzene e nei tagli. Queste particolarità rendono la carne ideale per un consumo giornaliero anche per quelle categorie di consumatori più sensibili quali

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i bambini e gli anziani. La Blonde d’Aquitaine viene maggiormente esaltata in alcune preparazioni tipiche del Piemonte quali la carne cruda battuta al coltello, il carpaccio di carne cruda, il roastbeef, le bistecche della coscia e tutte le preparazioni con cotture medie o non troppo prolungate. La Razza Blonde d’Aquitaine La razza Blonde d’Aquitaine è originaria delle regioni del Sud-Est della Francia, in quella porzione di territorio che va dal confine con la Spagna lungo la catena dei

Pirenei, fino all’Oceano Atlantico. Anticamente venivano allevate in questa zona tre popolazioni distinte a triplice attitudine (latte, carne e lavoro) denominate Garronaise, Quercy e Blonde des Pyrénées. In seguito, all’inizio degli anni ‘60 del secolo scorso, grazie all’intuizione e alla spinta di RAPHAËL TRÉMOUILLE, veterinario e rappresentante politico locale, si arrivò ad unire i tre rami. La fusione avverrà in due tempi: nel 1961 si uniscono la Garronaise et la Quercy; la Blonde des Pyrénées le raggiunge nel 1962.

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Asprocarne Piemonte è un’organizzazione di produttori di bovini da carne operante sull’intero territorio della Regione Piemonte. È stata costituita nel 1985 sulla base di un’apposita normativa comunitaria e l’anno successivo ha ottenuto il riconoscimento da parte della Regione Piemonte. Oggi Asprocarne conta circa 500 soci che allevano oltre 130.000 bovini da carne di razze italiane ed estere e che rappresentano il 25% della produzione regionale. La mission dell’organizzazione è di migliorare, qualificare, promuovere, valorizzare e commercializzare le carni bovine prodotte dagli allevatori associati. Detto in altri termini, l’Asprocarne costituisce l’interfaccia dei produttori piemontesi di carne bovina con il mercato. France Blonde d’Aquitaine Sélection è un’associazione francese con sede ad Agen (Regione Nouvelle Aquitaine) che ha come scopo generale la selezione genetica della razza Blonde d’Aquitaine al fine di migliorare le qualità originali della razza, la sua morfologia e le performance dei capi. Si occupa inoltre di mantenere aggiornato il libro genealogico della razza, di certificare i capi riproduttori selezionati e di assicurare gli interessi generali degli allevatori attraverso l’organizzazione di eventi specifici e implementando attività di promozione sul territorio.

Da quel momento in poi si u tilizzerà l’appellativo Blonde d’Aquitaine e l’orientamento della selezione genetica avverrà esclusivamente verso la produzione di carne. Nell’arco di 10-15 anni da razza autoctona regionale si diffonderà su tutto il territorio francese arrivando a contare oltre 500.000 capi allevati e risultando oggi la terza razza francese per numero di bovini dopo la Charolaise e la Limousine. Nota Photo © Paolo Ferrante, Altaluce.

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Consorzio Sigillo Italiano, riconosciuto con Decreto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali n. 828 del 28.02.2018, è un Consorzio di valorizzazione dei prodotti ottenuti grazie all’adozione dei disciplinari approvati all’interno dei Sistemi di Qualità Nazionale in Zootecnia (SQNZ). Gli allevamenti piemontesi che partecipano al progetto aderiscono al disciplinare del “Vitellone e Scottona ai cereali” e sono rappresentati all’interno del Consorzio dall’Asprocarne Piemonte.

IL CONTENUTO DI QUESTA CAMPAGNA PROMOZIONALE RAPPRESENTA SOLTANTO LE OPINIONI DELL’AUTORE ED È DI SUA ESCLUSIVA RESPONSABILITÀ. LA COMMISSIONE EUROPEA E L’AGENZIA ESECUTIVA PER I CONSUMATORI, LA SALUTE, L’AGRICOLTURA E LA SICUREZZA ALIMENTARE (CHAFEA) NON ACCETTANO ALCUNA RESPONSABILITÀ RIGUARDO AL POSSIBILE USO DELLE INFORMAZIONI CHE INCLUDE.

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PROGETTARE LA CARNE

La sostenibilità nel settore della carne

Stare nella ciambella di Francesca Monti

Il modello di economia a “ciambella” proposto da Kate Raworth per lo sviluppo di una convivenza naturale e ambientale sostenibile.

C

osa vuol dire per un’impresa essere sostenibile? L’azienda per molti anni è stata vista e vissuta attraverso uno sguardo puramente economico e tramite modelli di business basati sull’efficienza e l’efficacia dell’agire verso l’obbiettivo ultimo, il profitto. Il capitalismo ha portato le persone a pensare che per perdurare nel tempo un’organizzazione dovesse produrre, costantemente, ininterrottamente, anche

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eccessivamente. Imprenditori come ADRIANO OLIVETTI, che ha costruito una visione aziendale transdisciplinare, conscio dell’importanza della sociologia, dell’arte, della poesia, oggi si rivelano illuminanti prime intuizioni di decostruzione accademica a favore di una visione aziendale differente. Sostenibilità significa superare i modelli di economia che hanno incentivato la produzione quantitativa a discapito di quella

qualitativa, assunto una prospettiva accentrata rispetto a quella diffusa e lavorato secondo la logica del bene proprio anziché quella del bene comune, per iniziare a pensare alle mancanze. Il modello di economia proposto da KATE RAWORTH, Senior Visiting Research Associate presso l’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford, affronta il tema della convivenza tra specie e della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

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Un allevatore del Consorzio allevatori della Baviera sudorientale garante della produzione di carne di manzo bavarese Igp (photo © manzo-bavarese-igp.eu). Stare nella ciambella Secondo il modello proposto dalla Raworth, il sistema economico è disegnato come una ciambella, i classici doughnuts americani, delineata da due cerchi concentrici. Il cerchio interno indica la base sociale, ovvero il livello minimo di energia spendibile al di sotto del quale si verificherebbero privazioni critiche per l’umanità, come la fame e l’analfabetismo. Il cerchio esterno delimita invece la quantità massima di energia spendibile, chiamata tetto ecologico; oltrepassarlo porterebbe ad uno stato di degrado e instabilità ambientale. Vivere nella ciambella significa sviluppare una convivenza naturale e ambientale sostenibile, ovvero capace di generare benefici reciproci per gli esseri viventi e per l’ambiente. Si tratta di una visione decentrata e focalizzata alla condivisione dei benefici, uno spazio di equilibrio all’interno del quale vengono soddisfatti i bisogni di tutti e rispettati i limiti del pianeta. Questa teoria economica è importante per riflettere su un set-

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tore, come quello della carne, che si sviluppa in stretta relazione con gli animali e con l’ambiente e che da ciò dovrebbe trarne il proprio valore intrinseco. Il filosofo francese MIGUEL BENASAYAG si sofferma in una riflessione sul legame tra il nuovo virus e il rapporto uomo-ambiente. Secondo il filosofo questo non è altro che il sintomo maggiore della situazione di disparità ambientale a cui siamo attivati, per cui una specie prevale sull’altra, incapace di costruire un sistema di convivenza ma basando la relazione sulla dominanza. Attivare sistemi economici e ambientali sostenibili nel settore carne non significa passare alla produzione di alimenti compatibili, ma tornare al primo pilastro della convivenza per il settore, ovvero l’allevamento, a cui è intrinseco il discorso sulla produzione di mangimi. L’allevamento è il primo garante di sostenibilità In Italia dal 2013 l’associazione CARNI SOSTENIBILI (carnisostenibili. it) promuove l’impegno della filiera verso temi legati all’ambiente a al benessere animale. In Germania,

precisamente in Baviera, si trova una comunità di allevatori e trasformatori di carne sostenibile che si fregiano anche dell’indicazione di origine protetta (Carne di manzo bavarese IGP, manzo-bavarese-igp.eu), accomunata da principi di allevamento naturali e attenti al benessere animale. Una carne marezzata, ma che non sente il bisogno di soffermarsi esclusivamente su questa nota; il suo sapore e il suo gusto derivano principalmente dall’attenzione del territorio e dell’animale. È importante perciò saper riconoscere e selezionare la carne con uno sguardo aperto, che includa la materia prima nella sua complessità apprezzandone non solo gli elementi esteticamente attraenti, ma avendo anche cura nell’individuarne la bontà racchiusa nella totalità del processo produttivo. In questa prospettiva ritorna in auge la figura del selezionatore come esperto e ricercatore di qualità e di sostenibilità, strategico tramite tra il mondo della produzione e della vendita. Francesca Monti Monti – Selezione e lavorazione carni www.monticarni.it

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PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE

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Carte fedeltà, ottimo alleato commerciale da maneggiare con cura La loro diffusione è ormai universale. Le utilizzano le grandi catene, ma anche i piccoli operatori, per conquistare il mercato e soprattutto per tenerselo, ma ci sono regole e limiti, nel loro impiego, che vanno rispettati di Sebastiano Corona

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hi non ne ha una nel portafoglio? Chi non se l’è sentita proporre decine, centinaia di volte, andando a fare acquisti, dal più banale al più impegnativo? Particolarmente diffusa nel settore alimentare e della Distribuzione Moderna, ha lo scopo di far accumulare punti che danno diritto a vantaggi, sconti o regali. Ma in realtà può essere molto di più. Di fatto le fidelity card sono lo strumento più utilizzato dalle aziende

nel processo di fidelizzazione del cliente. Una fidelizzazione che lo porta ad effettuare nuovi acquisti nello stesso negozio, ma che soprattutto crea un legame e un dialogo tra insegna e consumatore. Fa parte di un loyalty program che prevede l’utilizzo di software che vantano ben altre potenzialità, oltre a registrare il numero di punti raggiunto. Il meccanismo consente infatti di immagazzinare i dati relativi al profilo del cliente, che

Di fatto le fidelity card sono lo strumento più utilizzato dalle aziende nel processo di fidelizzazione del cliente. Una fidelizzazione che lo porta ad effettuare nuovi acquisti nello stesso negozio e che crea una relazione e un dialogo tra insegna e consumatore.

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oltre a comprendere informazioni di natura personale, sono inerenti alle preferenze in fatto di acquisti e abitudini di consumo. Informazioni preziose, che permettono all’azienda di adottare strategie di marketing adatte ad ogni consumatore, mirate a singoli o gruppi, di sicuro riscontro in termini commerciali. Si tratta di programmi utilizzati non solo per il mantenimento dei clienti abituali, oggi sempre più spesso attratti dai competitors, ma anche per ampliare il proprio mercato. Un cliente soddisfatto e fidelizzato ritorna e acquista ancora e contribuisce nel tempo a costruire una base di fatturato stabile e duratura. In certi casi permettono di effettuare la spesa con strumenti che facilitano il percorso all’interno del negozio e poi il relativo passaggio in cassa. Nelle versioni più evolute, oltre al semplice accumulo di punti e informazioni, le fidelity card hanno un impiego come carte prepagate contenenti un credito in danaro, da utilizzare nella stessa azienda oppure come una vera e propria carta di credito. Le nuove tecnologie offrono inoltre l’ulteriore possibilità di sviluppare parallelamente il business che deriva dall’attività di comunicazione digitale e di mobile advertising: una carta fedeltà non è

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semplicemente uno strumento di credito e di accumulo punti, è anche il cavallo di Troia che l’insegna utilizza per instaurare un vero e proprio dialogo con i clienti. Si tratta di uno strumento che — nonostante la sua vita relativamente lunga — è tutt’altro che superato. Resta infatti ancora un ottimo mezzo per comunicare con il proprio mercato e per rinnovare, con esso, un legame. La comparsa delle fidelity card non è recentissima, ma non è nemmeno così datata. Nate in cartoncino o in plastica leggera, le carte fedeltà della prima ora presentavano delle caselle che a ogni acquisto venivano timbrate o bucate e aprivano l’accesso ai premi di un catalogo appositamente predisposto. Questo tipo di carta, in una versione elementare rispetto a quelle moderne, permetteva in certi casi all’azienda di acquisire dei dati sul cliente in fase iniziale, ma non di continuare ad immagazzinarne ad ogni acquisto. Normalmente veniva — e tuttora viene — consegnata con dei timbri già apposti, in modo da incoraggiare il cliente a proseguire nel percorso di acquisto, al fine di arrivare sino in fondo alla cartella. Solo in un secondo momento alle carte è stato apposto un codice a barre capace di leggere ed immagazzinare dati utili ad individuare il cliente, ma soprattutto a registrare acquisti, frequenza, preferenze, tempi, modi e comportamenti, in generale, comprese le eventuali sostituzioni con prodotti similari o con surrogati. La versione più moderna è virtuale e permette di raggruppare più carte fedeltà in un’unica app sul telefonino, in modo da poter avere a carta con sé ad ogni spostamento. I programmi fedeltà di alcuni gruppi di brand consentono inoltre ai clienti di accumulare punti in più aziende diverse tra loro e poi di utilizzarli, in tutto o in parte, in una delle insegne interessate. Sono molte le strategie che si devono mettere in campo per acquisire nuovi clienti, ma anche per scongiurare il fatto che quelli già conquistati con fatica si lascino

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sedurre dal fascino della concorrenza. Inoltre, non mancano i limiti dal punto di vista giuridico relativi all’utilizzo dei dati. Proprio perché la sottoscrizione della carta implica l’acquisizione di informazioni di diversa natura possono sorgere problemi in ordine alla privacy. Non a caso, sulla questione si è espresso anche di recente il Garante per la protezione dei dati personali, in riferimento, in particolare, alla profilazione dei soggetti che aderiscono al programma di fidelizzazione. Nella fase di adesione alla proposta e nell’utilizzo delle carte da parte del consumatore il gestore rileva informazioni dirette e indirette. Nel momento del rilascio della tessera, vengono raccolti, oltre ai dati anagrafici, anche ulteriori elementi personali, molti dei quali di scarsa pertinenza rispetto allo scopo dichiarato dal gestore, come, ad esempio, il livello di istruzione, l’occupazione, le caratteristiche della famiglia di appartenenza e molto altro ancora. Un’attività di rilevazione prima e di profilazione poi, che già in tempi non sospetti e antecedenti all’entrata in vigore del Regolamento europeo UE 2016/679 era finita nel mirino dell’autorità garante. Una quindicina di anni fa circa, infatti, sono state emanate delle linee guida per un corretto uso dei dati personali dei clienti da parte delle società che rilasciano le carte fedeltà. Queste regole impongono che ogni finalità del programma, pur ammessa, necessiti di modalità di trattamento diverse e distinte, in particolar modo riguardo al tipo di dati trattati e alla loro conservazione, indipendentemente dal fatto che vengano trasmessi a soggetti terzi o meno. Molto spesso, infatti, i dati macro derivanti dalle rilevazioni in discussione vengono venduti a soggetti che poco hanno a che fare con l’insegna e col suo programma di raccolta punti. Pertanto, a seguito dell’applicazione del GDPR, il titolare del trattamento deve attenersi a principi di necessità, liceità, correttezza e trasparenza, qualità dei dati e proporzionalità e dovrà,

poi, adoperarsi per utilizzare meno possibile informazioni che possano identificare il cliente. I dati richiesti devono inoltre essere pertinenti e non ridondanti in relazione allo scopo ma, soprattutto, chi aderisce al programma di fidelizzazione deve essere adeguatamente informato sull’uso che la società farà dei dati stessi. Devono essere poste in distinta e specifica evidenza le caratteristiche dell’eventuale attività di profilazione e/o di marketing, in modo che la consapevolezza del sottoscrivente sia piena e possa decidere, nel caso, di non aderire a tutto il programma, ma solo ad una parte. Il Regolamento europeo UE 2016/679 stabilisce altresì che “i dati devono essere conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per i quali sono trattati”. Anche a questo proposito, il Garante della privacy ha recentemente adottato una serie di provvedimenti nei confronti di quattro società operanti nella Grande Distribuzione Organizzata, alle quali ha vietato l’uso di dati personali. Sarebbero state infatti raccolte troppe informazioni per i programmi di fidelizzazione, con moduli poco chiari, informative incomplete e, inoltre, al sottoscrittore sarebbe stata negata la possibilità di esprimere liberamente consensi separati per fini di marketing. Non è ammesso infatti acquisire un consenso unico, ricorrendo ad una generica dichiarazione, magari preventiva rispetto al rilascio dei dati stessi. Le modalità di acquisizione delle autorizzazioni al trattamento devono essere autonome, lasciando al consumatore la possibilità di aderire al solo programma di raccolta dei punti, senza necessariamente rendersi disponibile per le azioni di marketing. Precisazioni, queste, che non valgono solo per le grandi insegne, ma riguardano chiunque emetta carte fedeltà, oggi molto in uso a tutti i livelli commerciali, dal piccolo negozio, alle catene in franchising. Sebastiano Corona

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La nuova campagna pubblicitaria di Bord Bia

La carne irlandese torna nelle principali città italiane Totem digitali, pubblicità outdoor, bus e tram customizzati: per la stagione autunnale l’ente governativo irlandese riparte in grande stile da Milano, Bologna e, per la prima volta, Roma

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ORD BIA, l’ente governativo per la promozione del food & beverage irlandese, lancia la nuova campagna pubblicitaria e marketing 2020 dedicata alla carne irlandese in Italia, uno dei mercati più importanti per le esportazioni di Irish beef del Paese. Una serie di pubblicità outdoor sarà collocata in giro per Milano, Bologna e per la prima volta anche Roma. La campagna di comunicazione 2020 ha l’obiettivo di accrescere l’awareness della carne di manzo irlandese nelle città coinvolte, promuovendone l’immagine positiva tra i consumatori. Questa campagna, svolta in collaborazione con i più importanti esportatori di carne irlandese e i principali rivenditori di carne irlandese in Italia, mira ad incentivarne l’acquisto all’interno dei principali punti retail. Le pubblicità outdoor sono infatti per buona parte collocate in prossimità dei punti vendita, abbinate a totem digitali all’interno dei centri commerciali e tram delle linee centrali completamente customizzati, consentendo di ottenere una copertura capillare e una grande visibilità, ma anche un dialogo diretto con il consumatore. Il canale principale scelto è quello delle affissioni, seguito da quello della mobilità e dei digital totem: si tratta di 15 bus e 2 tram customizzati, 55 banner e 200 affissioni alle fermate dell’autobus, che dovrebbero raggiungere più di 211 milioni di impression.

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La campagna di Bord Bia punta su uno storytelling efficace che sottolinea la qualità e il gusto della carne irlandese. Un prodotto che, per le sue caratteristiche, incontra il gusto e la sensibilità dei consumatori, in quanto proveniente da allevamenti che tutelano il benessere degli animali, garantendo allo stesso tempo la qualità del prodotto. L’allevamento all’aperto per buona parte dell’anno e un’alimentazione a base di erba fresca per almeno il 90% della dieta conferiscono infatti alla carne di manzo irlandese le sue rinomate qualità distintive. Senza contare il fatto che questa carne proviene dagli oltre 80.000 allevamenti locali a conduzione familiare, che rinnovano ogni giorno una tradizione secolare, capace di ispirare la fiducia del consumatore finale. Nel 2019 la campagna pubblicitaria ha raggiunto ottimi risultati: dati indipendenti attestano che 1 utente su 3 del target di riferimento ha visto la campagna, 1 su 2 ha percepito la carne irlandese come “naturalmente buona e nutriente” e il 47% ha dichiarato di essere interessato ad acquistare la carne di manzo irlandese. Non c’è però solo l’outdoor: per il secondo anno consecutivo, infatti, Bord Bia fa un grande in-

vestimento sulla comunicazione in ambito social, attraverso 7 food influencer che tra luglio e novembre hanno raccontato e racconteranno la carne irlandese descrivendone le qualità organolettiche e i valori che ne disciplinano la produzione, guidando i propri follower all’acquisto mostrando i supermercati in cui può essere reperita e ispirando la propria community con ricette capaci di valorizzarne il gusto distintivo (su Instagram sono stimate più di 1 milione di impression). In arrivo la Meat Academy in forma virtuale Sempre in autunno Bord Bia lancerà la sua famosa Meat Academy, per la prima volta in forma virtuale attraverso il sito web www.irishbeef.it. Questa iniziativa si è confermata un utile strumento, efficace per interagire con tutti i membri della supply chain e per sviluppare le conoscenze e i punti chiave per la vendita della carne bovina irlandese. La formazione e quindi l’expertise della forza vendita sono cruciali e Bord Bia vuole aiutare i propri partner a diventare dei veri esperti di carne irlandese, un prodotto già ampiamente apprezzato dai ristoratori grazie al gusto, la tenerezza e l’alta qualità di una carne allevata al pascolo.

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro. >> Link: www.bordbia.ie

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SPECIALE MARCHE

Benedetti: modello di buon governo zootecnico associato BovinMarche di Massimiliano Rella

Massimo Benedetti, nel suo allevamento a Mercatello sul Metauro (PU), insieme al presidente di BovinMarche, Domenico Romanini.

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ulle colline di Mercatello del Metauro (PU), nel cuore delle Marche, tra le zone interne e suggestive di questa incantevole regione, MASSIMO e NAZARENO BENEDETTI sono degni “ambasciatori” della razza bovina Marchigiana e il loro allevamento un modello di “buon governo” zootecnico. Allevatori da generazioni, l’attività di

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famiglia si può ricondurre almeno fino ai tempi del nonno, all’epoca commerciante di bestiame, “transumante” — a piedi, ovviamente — verso il mercato di Viterbo, non proprio dietro l’angolo. In questo bell’allevamento in località Case del Sole i fratelli Benedetti allevano oggi 160 capi e 4 balie di Pezzata rossa, in un’a-

zienda zootecnica di 130 ettari di proprietà in unico corpo, altri 70 sono in affitto. Un allevamento a ciclo chiuso per la linea vacca-vitello, con ingrasso e trasformazione in carne. «E l’alimentazione per l’80-85% con i nostri prodotti naturali» ci dice Massimo. «Tra l’altro siamo certificati biologici sul vegetale:

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Esemplare di Marchigiana nell’allevamento Benedetti.

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Allevamento Benedetti, marca geno-auricolare.

Quelli dei soci Bovinmarche sono tipici e tradizionali allevamenti bovini a ciclo chiuso; per gli ovini tutte le estati si pratica la transumanza verso le montagne dell’Appennino. Anche nei piccoli allevamenti di suini si adottano sistemi tradizionali e alle volte il semibrado

mais, orzo, favino, soia, crusca e 4% di lino, ricco di Omega-3. E tutto è anche non OGM, certificato!». In realtà sono 5 le certificazioni dell’allevamento Benedetti, un plus di burocrazia che però riconosce il loro lavoro sulla qualità. Oltre al biologico e all’OGM free, rivendicano la IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale (riconosciuta per razze Chianina, Marchigiana e Romagnola) e il marchio CreNBA per il benessere animale, e da poco l’Antibiotic free. I capi hanno oltre 10 m2 di spazio in stalla ciascuno, passano metà dell’anno al pascolo e 6-7 mesi di fissaggio in stalla prima della macellazione per la formazione del grasso. L’età di macellazione da disciplinare è di 12-24 mesi, mediamente sono pronti al ventesimo mese. Dai 9 quintali di peso vivo hanno una resa di 6,5 quintali. Durante la visita all’allevamento abbiamo incontrato

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anche il presidente di BovinMarche, DOMENICO ROMANINI. «Siamo stati i primi in Europa a tracciare il percorso della carne, ben 9 timbri per mezzena, uno su ogni taglio» ci ha detto Romanini. «Abbiamo 400 soci e 80 macellerie convenzionate, lavoriamo su un areale che va dalla Romagna al Beneventano. Tutti i nostri animali hanno il DNA depositato grazie all’uso di una marca geno-auricolare che trattiene dei tessuti dell’orecchio; fu introdotta obbligatoriamente tre anni fa per l’IGP». Dal 2000 l’associazione dispone anche di un laboratorio a Fermo per la lavorazione, a marchio Carni Marche, e si avvale di un centro logistico a Senigallia. La cooperativa stabilisce un prezzo ogni anno e quanti capi per ogni socio, garantendo il reddito. Quelli dei soci Bovinmarche sono tipici e tradizionali alleva-

menti a ciclo chiuso e allevamenti ovini che tutte le estati praticano la transumanza verso le montagne dell’Appennino; ma anche piccoli allevamenti di suini che adottano sistemi tradizionali e alle volte il semibrado. Bovinmarche è stata la prima organizzazione in Europa ad implementare un sistema di tracciabilità elettronica per i bovini attraverso un proprio disciplinare di etichettatura (1996). L’associazione, nel tempo, ha introdotto la certificazione NO OGM per l’alimentazione dei bovini, la CReNBA per il rispetto del benessere animale e l’Antibiotic free. Gli allevamenti ovini, oltre ad aderire al Disciplinare “IGP Agnello del Centro Italia”, aderiscono nella quasi totalità al sistema di certificazione biologica, mentre negli allevamenti suini è stato avviato un progetto per introdurre la certificazione Antibiotic free. A dicembre 2019 Bovinmarche ha ottenuto anche la certificazione “Friend of the Earth” della World Sustainability Organization (WSO) per le produzioni ovine. Massimiliano Rella Nota Photo © Massimiliano Rella.

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Macelleria Alessi: carni e salumi che sono garanzia di qualità e artigianalità marchigiana di Massimiliano Rella

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Il macellaio-norcino Roberto Alessi con un lombo di Marchigiana.

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ituata ai confini di Pesaro Urbino, la Macelleria Alessi è una piccola sorpresa da noi visitata a giugno, subito dopo la ripartenza dal lockdown, un periodo d’emergenza che ha influenzato non poco le richieste e la spesa del consumatore. ROBERTO ALESSI, 58 anni, potrebbe raccontarci l’evoluzione dei gusti dal suo osservatorio privilegiato, il bancone di una macelleria, un “laboratorio” che ha iniziato ad esplorare all’età di 12 anni, cominciando a fare esperienza da un cugino nel Borgo di Santa Maria (Pesaro Urbino). Nel 1982 il cugino aprì un supermercato e il giovane Alessi fu arruolato sul campo per una decina d’anni. Mosso in seguito dalla voglia di autonomia e dal desiderio di un approfondimento verticale sulla qualità — che un supermercato, per quanto animato da buone intenzioni, difficilmente potrebbe realizzare — decise di cercare uno spazio vicino casa e aprire la sua macelleria, la Macelleria Alessi. Era il ‘92, la passione per la carne e i suoi derivati era arrivata ad un punto di svolta. In quegli anni, altro passaggio significativo, nacque poi l’associazione BovinMarche, a cui si convenzionò convinto dei buoni propositi e dal risultato finale di quell’operazione di qualità e tipicità promossa dagli allevatori di Marchigiana. Questa è una razza di ceppo podolico derivante da bovini d’origine asiatica, giunti in Italia nel IV secolo d.C. con le invasioni barbariche. Si diffuse come razza da lavoro e

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Nice to meat you. G-Concept, sistema di refrigerazione con impianto a bordo a glicole,specifico per la carne. Meno perdite di peso. G-Concept non secca la carne. Grazie alla ventilazione particolarmente contenuta e al controllo ottimale di umidità e temperatura, il calo di peso della carne è inferiore del 50% rispetto a un normale banco ventilato. Il risparmio raggiunge mediamente 9.000 Euro all’anno. Meno lavoro. Sono finite le alzatacce al mattino per esporre la carne e il lavoro a fine giornata per riporla in cella. Con G-Concept la carne può rimanere nel banco durante la notte senza nessun problema. Si possono evitare annualmente fino a 720 ore lavorative per un risparmio di circa 14.400 Euro all’anno.

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A due passi dalla macelleria Roberto Alessi ha aperto tre anni fa un moderno laboratorio per la produzione di salumi artigianali come pancetta, guanciale, lonzino, bresaola con carne BovinMarche, coppa di testa, mortadella, prosciutto cotto e crudo e filetto aromatizzato all’amaro tipico Varnelli

In alto: il macellaio-norcino Roberto Alessi mentre spalma di pepe il lonzino artigianale di propria produzione. In basso: Roberto Alessi e la figlia Pamela.

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fu impiegata in questa veste nelle campagne, fino al dopoguerra. Per migliorarla, fu poi incrociata con la Chianina e la Romagnola, finché, nel ‘28, sospesi gli incroci per fissarne i caratteri, fu avviata la selezione che diede origine all'attuale Marchigiana. Il banco delle carni di Macelleria Alessi ci propone dunque tagli di vitello e bovino certificato Bovinmarche. La stessa carne della rete dei 400 allevatori associati è utilizzata per la produzione artigianale di bresaola. Punto di riferimento del comparto, Bovinmarche lavora da oltre 30 anni anticipando regolamenti, dettando linee etiche, garantendo prodotti d’alta qualità, promuovendo e tutelando le attività zootecniche locali, piccole e grandi aziende. Salumi come una volta La trasformazione della materia prima è un altro vezzo della famiglia Alessi; i figli sono PAMELA e RICCARDO e c’è anche la nipote ORNELLA. Infatti, a due passi dalla macelleria, il signor Roberto ha aperto tre anni fa un moderno laboratorio per la produzione di salumi artigianali, attività cominciata in realtà tempo prima servendosi di celle terze di stagionatura (www.salumialessi.it). Per i suoi insaccati Alessi trasforma carni di maiali incrociati di Cinta senese e Duroc. «La salumeria oggi è prevalente — ci spiega —abbiamo molta richiesta sui salumi». Lavora in media le mezzene di 4 maiali a settimana, per 2 quintali di salumi stagionati 90 giorni in budello gentile. Produce anche pancetta, guanciale (goletta), lonzino con lardo e senza lardo, bresaola con carne BovinMarche, coppa di testa, mortadella, würstel, prosciutto cotto, prosciutto crudo disossato e filetto aromatizzato all’amaro Varnelli. Questo riposa in immersione per un giorno nel noto — e ottimo — amaro alle erbe marchigiano, assorbendo alcol. È stagionato 2-3 mesi. Massimiliano Rella Nota Photo © Massimiliano Rella.

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La Marchigiana (in foto alcuni esemplari) è una razza bovina tipica della regione Marche. Un tempo utilizzata solo per il lavoro, deriva da incroci di bovini di ceppo Podolico non migliorati, con soggetti di razza Chianina e Romagnola. Grazie ai progenitori di origini asiatiche, questa razza è dotata di un’elevata adattabilità a condizioni ambientali difficili. Dei progenitori di razza Chianina è evidente il caratteristico mantello bianco (tendente al grigio), collo corto nei tori e corna incurvate in avanti. Dei progenitori di razza Romagnola, invece, presenta mole poco eccessiva al garrese, arti abbastanza brevi e robusti, fronte larga, tronco quasi cilindrico, groppa ampia, addome molto sviluppato e torace rotondeggiante. È dotata di notevole fertilità, spiccate attitudini alla produzione di carne, ottima precocità e buona resa alla macellazione. Per la sua rusticità, è particolarmente adatta al pascolo, in zone collinari e montane. Essendo un bovino di taglia piuttosto elevata, a 14-16 mesi può arrivare ai 600-700 kg di peso, con rese al macello del 60-65%; i vitelli nascono, in media, sui 50-55 kg. Carne sicura, solo allevamenti locali e alimentazione con foraggi aziendali Con oltre 30 anni di esperienza, Bovinmarche è una cooperativa che riunisce circa 400 piccoli e medi allevatori per produrre, commercializzare e promuovere la carne italiana di qualità. Operando nelle Marche e nelle regioni limitrofe, i soci Bovinmarche sono autentici testimoni di una tradizione che sopravvive nel rispetto dei metodi produttivi di una volta. La loro cura per il benessere dell’animale e per la tutela dell’ambiente si fonde con un approccio di mercato aggiornato, che sa ricercare spazi di innovazione scientifica e tecnologica, per offrire un prodotto gustoso, sicuro, genuino. L’alimentazione degli animali è particolarmente curata. I bovini vengono alimentati principalmente con foraggio fresco e fieno essiccato, integrato con orzo e leguminose da granella ed altri alimenti nobili. I pascoli sono utilizzati per buona parte dell’anno, nella bella stagione. Gli allevamenti sono seguiti da tecnici specializzati per garantire l’alto livello qualitativo delle carni prodotte.

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Carni pregiate e salumi artigianali a La Spezia

Da Ciccio & Pinolo la carne si cuoce alla brace in bella vista nel camino

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atto, furioso e privo di buon senso è chi del pasto non gode ogni senso”. Con questo detto popolare dal 2012 FRANCESCO CUTRI e la sorella MAILA danno il benvenuto ai clienti nel loro ristorante Ciccio & Pinolo in quel di La Spezia. Oltre al pesce fresco, alle verdure stagionali e ad una ricercata selezione di salumi, il punto di forza del locale spezzino

è la carne cotta alla brace, in bella vista nell’ampio camino del ristorante. «Lavoriamo un’ampia varietà di carni, per provenienza e tagli, dalla nazionale, con Marchigiana, Chianina, Romagnola e Piemontese, all’Angus, Rubia, irlandese e polacca» ci dice Francesco. «Grazie alla nostra passione per la carne alla brace siamo diventati un punto di riferimento in città».

Una cottura che richiede una profonda conoscenza della materia prima, della legna selezionata a seconda del tipo di carne e di profumi e aromi che si vogliono trasferire nel piatto. Servono esperienza, competenza e professionalità, che Francesco e Maila hanno sviluppato in oltre otto anni di attività. Quali sono stati i piatti più richiesti dell’estate 2020? «Oltre alle

Francesco e Maila Cutri (photo © Ciccio & Pinolo).

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Le carni sono frollate in una cella per garantire la giusta maturazione a seconda della composizione muscolare e grassa e della razza. Si va da un minimo di 30 ad un massimo di 40/50 giorni e non mancano i clienti che chiedono frollature personalizzate. A completamento e proprio accanto al ristorante c’è anche l’affittacamere Ciccio & Pinolo, adagiato sul versante della montagna, in una posizione soleggiata, con vista panoramica sul mare. Sito a poca distanza dal centro della città, è un punto di partenza ideale per visitare le Cinque Terre e la Val di Vara, per gli amanti delle passeggiate o delle escursioni in bicicletta nella natura. In alto: scottona sulle braci del camino di Ciccio & Pinolo (photo © Ciccio & Pinolo). In basso: la Cecina de León. Ciccio & Pinolo è ristorante e affittacamere per una vacanza a La Spezia tra carni pregiate, salumi artigianali ed escursioni (photo © Ciccio & Pinolo). carni alla brace, il bufalo abbinato a zenzero e lime, i carpacci affumicati freschi, la cecina, salume spagnolo

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di carne bovina, fichi e prosciutto» racconta Francesco, che gestisce la cucina, mentre Maila sta in sala.

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LA CARNE IN TAVOLA

Spezzatino al sugo e ramen: la carne di vitello nelle ricette di due food blogger

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orprendi i tuoi clienti con deliziose ricette di vitello”: sul sito web e blog Sfizioso.it, dedicato a cibo “come un piacere della vita sano e intelligente” e vino, si possono trovare centinaia di foto e videoricette che spiegano al meglio come usare questa carne magra e versatile, adatta a tutti. Per le sue caratteristiche nutrizionali e la sua versatilità, la carne di vitello rappresenta un’ottima soluzione in cucina, soprattutto per i giovani. A dimostrarlo sono anche le tante ricette preparate da chef e food blogger per Sfizioso, dai piatti della tradizione a piatti più creativi e originali.

Spezzatino di vitello al sugo di Licia Sangermano Ingredienti (per 4 persone) 1 kg cappello del prete • 1 carota • 1 gambo di sedano • 1/2 cipolla • 2 foglie d’alloro • rosmarino • 1 spicchio d’aglio • sale • pepe • 1/2 bicchiere vino rosso • 600 ml brodo vegetale o acqua • 500 g passata di pomodoro • olio extravergine di oliva Preparazione Tagliare la carne di vitello a pezzetti, cercando di lasciarli più o meno uniformi tra loro (così avranno lo stesso tempo di cottura). Fare un trito con carota, cipolla, sedano e metterlo in padella con l’aglio in camicia, il rosmarino, l’alloro e l’olio. Far soffriggere a fuoco basso per circa 5 minuti. Aggiungere la carne e farla rosolare da tutti i lati alzando la fiamma. Quando la carne sarà rosolata togliere l’aglio. Sfumare col vino rosso e lasciarlo evaporare. Unire la passata di pomodoro e cuocere per qualche minuto. Per ultimo, coprire il tutto con il brodo e cuocere a fuoco lento per 1 ora e 45 minuti girando ogni tanto. Se necessario, aggiungere ancora brodo o acqua durante la cottura per evitare che la carne si asciughi. Lasciar riposare qualche minuto a fuoco spento prima di servire.

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Il piacere della tradizione La carne di vitello è protagonista di molte delle ricette tradizionali della cucina italiana. Piatti tipici che si tramandano di generazione in generazione. Specialità come lo spezzatino di vitello, ad esempio, che i più giovani mangiano da sempre grazie alle ricette di famiglia, ma che con i giusti suggerimenti possono preparare anche loro da soli. Ecco quindi che un piatto appetitoso e dal procedimento semplice come lo spezzatino di vitello al sugo, preparato dalla blogger LICIA SANGERMANO per Sfizioso, può servire ad avvicinare a questa carne anche chi è alle prime armi in cucina. Non solo spezzatino, però: cotoletta alla milanese, vitello tonnato, arrosto, polpette, tutti i grandi classici della nostra cucina si possono preparare consultando Sfizioso. Le ricette di chef e blogger spiegano facilmente tutti i passaggi da eseguire e quali sono i segreti per trattare al meglio questa carne pregiata e versatile.

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Il gusto della creatività Le fettine di vitello che normalmente si usano per il carpaccio possono trasformarsi facilmente in una ricetta originale e dalle influenze esotiche. Come dimostra la blogger TERESA BALZANO, che su Sfizioso.it propone il Ramen all’italiana. Un piatto tipico della cucina orientale, molto amato anche dai giovani, in cui la carne di vitello diventa ingrediente gourmet e non ha bisogno di preparazioni complicate. Con poche fettine di vitello e degli squisiti tagliolini si può infatti cucinare un piatto creativo e di tendenza. Un’idea deliziosa da proporre ai tuoi clienti per far colpo sui giovani e sugli amanti delle cucine di tutto il mondo. E con le ricette di Sfizioso si possono proporre anche molti altri piatti etnici in cui chef e blogger usano il vitello come ingrediente principale: hamburger, poke bowl, tacos messicani e altre ancora. >> Link: Sfizioso.it

Ramen all’italiana di Teresa Balzano Ingredienti (per 4 persone) 200 g di tagliolini all’uovo • 9 fettine di carpaccio di vitello • 2 uova • 1 mazzetto di bietole • 2 cipollotti (solo la parte verde) • 2 l acqua • 1 carota • 1 costa di sedano • 1 cipolla •1 pezzo di gallina • 4 cucchiai salsa di soia Preparazione Preparare il brodo unendo in una pentola capace carota, sedano, cipolla e la gallina. Portare a bollore e poi cuocere a fuoco lento per almeno 2 ore. Regolare di sale, considerando l’aggiunta finale di salsa di soia. Quando il brodo sarà pronto eliminare le verdure e la gallina. A parte lessare le uova, calcolando 5 minuti dal momento del bollore. Prendere i cipollotti e affettare la parte verde in rondelle sottili. Quando sono pronti tutti gli ingredienti cuocere i tagliolini nel brodo e, a un minuto dal termine della cottura, unire le bietole lavate e tagliate e la salsa di soia. Quando pronti, aggiungere le fettine di carne di vitello. Disporre in 4 ciotole e completare col cipollotto tagliato a rondelle e metà uovo sodo per ognuno. Servire subito.

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Il pudding di carne Presente in tante varianti anche simili al sanguinaccio, questo piatto salato è parte integrante della prima colazione casalinga anglosassone o è venduto in alternativa a fish & chips di Nunzia Manicardi

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l pudding è una specialità alimentare tipicamente anglosassone, tanto da essere considerata un vero e proprio simbolo della Gran Bretagna, da cui poi si è diffusa negli Stati Uniti. In quest’ultimo Paese, però, il pudding è soltanto quello dolce — una mousse di farina, zucchero, uova e altri ingredienti dolci come uva passa, fichi secchi, mele, mandorle e agenti addensanti quale la gelatina. Si consuma come dessert o snack —, mentre nelle

terre d’origine e anche in Australia (presso ovviamente la popolazione di origine britannica) sopravvive pure quello salato e, in particolare, a base di carne. Il pudding — il cui nome significa letteralmente “budino” —, si presenta infatti in queste due versioni. Anzi, in origine sembra fosse contemporaneamente salato e dolce poiché, già nel XIV secolo, gli Inglesi erano soliti preparare quello che allora era chiamato porridge e che era a base di carne bollita di

manzo e montone con aggiunta di uva passa, prugne, ribes, vino e altre spezie. Successivamente, verso la fine del secolo XVI, la ricetta divenne più ricca grazie all’inserimento di altri ingredienti quali uova, pangrattato, frutta secca, liquori e birra. È rimasta in vita anche la tradizione, risalente al Medioevo, del Christmas Pudding, il pudding natalizio che doveva essere preparato addirittura la venticinquesima domenica dopo la festa della Santissima Trinità,

Lo steak and kidney pudding (photo © realfood.tesco.com).

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cioè tra maggio e giugno. Il pudding, pur restando ancora legato a questa festività, è diffuso tutto l’anno e in diverse preparazioni. Ne esiste anche una versione con il pane divenuta popolare pure in altri paesi, ma, sostanzialmente, è un pasticcio ricoperto di pasta sfoglia tant’è vero che, sia per la forma circolare che per la morbidezza, viene anche chiamato pie (“torta”). Qui ci interessa esclusivamente quello a base di carne. Steak and kidney pudding Il pudding più tipicamente anglosassone è lo Steak and kidney pudding a base di carne e rognoni di manzo, benché quest’ultimo ingrediente sembra essere stato inserito solo a metà del XIX secolo, quando apparve per la prima volta in una delle ricette della signora Beeton. In precedenza era ugualmente considerato piatto nazionale con il nome di John Bull’s Pudding e comprendeva il roast-beef della vecchia Inghilterra. Sia la carne che i rognoni, tagliati a cubetti regolari, vanno fatti rosolare rapidamente, ma separatamente, in un capace tegame con olio. Nello stesso tegame andrà fatta rosolare poi la cipolla a dadini per alcuni minuti. Rimettere la carne con i rognoni, spolverare con la farina e mescolare in modo che il tutto si amalgami bene, poi versare il brodo di carne già caldo e fare bollire. Cuocere per circa un’ora e mezza a fuoco basso senza coperchio. Eventualmente unire altro brodo, ma alla fine il liquido deve risultare completamente evaporato. Togliere dal fuoco, condire con sale, pepe e salsa Worcester e lasciare raffreddare un po’. Versare questo stufato in una pirofila a bordi alti, ricoprirlo con la pasta sfoglia formando un bordo all’intorno di 2 o 3 centimetri, poi farli ben aderire premendo con le dita bene per sigillare. Spennellare la pasta sfoglia, come di consueto, con il tuorlo d’uovo e infornare per 30-40 minuti a forno caldo (220º). Servire il pudding ancora caldo. Nella ricetta tradizionale inglese sono indicati anche birra scura, in aggiunta al brodo, e passata di pomodoro.

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White pudding con carne e farina d’avena (photo © Joerg Beuge). Il pudding salato nelle Isole britanniche e in Australia Nelle Isole britanniche e in Australia è comune un tipo di pudding analogo, consistente in una massa solida e compatta ottenuta dalla mescolanza di vari ingredienti, salati o a base di carne, con farina di grano o di altri cereali. Ne risulta una specie di torta o pasticcio o, talvolta, anche di salsiccia che può essere cotta al forno o bollita e si consuma sia come pietanza principale sia come intermezzo. I pudding bolliti di vario tipo erano una pietanza comune a bordo delle navi militari inglesi dei secoli XVIII e XIX. Black pudding Il Black pudding, tipico dell’Irlanda, corrisponde al nostro sanguinaccio. È una specie di grossa salsiccia molto scura fatta di vari ingredienti, tra cui uno dei principali è il sangue di maiale. Si tratta di un piatto che può essere servito sia fritto con il bacon a colazione (fa parte della colazione tipica), sia come inizio pasto, sia, data la consistenza, come portata a sé. Come contorno viene accompagnato solitamente da patate e cavolo. Per prepararlo bisogna mescolare insieme tutti gli ingredienti il principale dei quali è, oltre al sangue, l’avena (o il grano). Avena o grano servono per assorbire il sangue e poter formare l’insaccato. Può essere consumato crudo,

che è l’uso abituale, oppure essere bollito in acqua o anche arrostito. White Pudding Il White pudding è un piatto a base di carne e farina d’avena molto popolare in Irlanda, Scozia, Northumberland, Nuova Scozia e Terranova. È, ancora una volta, una presenza importante all’interno della colazione tradizionale irlandese. Simile al sanguinaccio, non include però il sangue (infatti per questo è detto “bianco”). Si tratta di carne di maiale e grasso, sugna (grasso surrenale), pane e farina d’avena mescolati a formare, anche in questo caso, una grossa salsiccia. Può essere cotto intero o tagliato a fette e fritto o alla griglia. In Scozia viene venduto nelle friggitorie e rosticcerie in alternativa a fish & chips. Una variante è il Pig pudding, diffuso in Somerset, Cornovaglia e Devon. Simile al precedente, è molto più piccate in quanto contiene pepe nero e inoltre cumino, basilico e aglio. In Scozia il White pudding è anche conosciuto come “budino d’avena” e non sempre prende la forma di una salsiccia. Si compone di farina d’avena, sugna, cipolle e spezie. Red pudding Anche il Red pudding è un prodotto a base di carne che viene servito soprattutto nelle friggitorie e rosticcerie, specialmente nella Scozia

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Tra gli ingredienti di una ricca colazione irlandese non manca il black pudding (photo © irishpost.co.uk). orientale, in alternativa a fish & chips. Gli ingredienti sono pancetta, carne di manzo e di maiale, cotenna di maiale, sugna, fette biscottate, farina di frumento, spezie, sale, grasso di manzo. Il colore rosso varia, anche considerevolmente, a seconda del vino che viene aggiunto nelle preparazioni domestiche o del grado del colorante che, di solito, lo sostituisce nei prodotti commerciali. La salsiccia che ne risulta, simile ai suoi “parenti” bianchi e neri, è lunga circa 8 pollici (cioè poco più di 20 cm, con diametro 3,5 cm). Viene fittamente ricoperta di pastella, fritta e servita calda, pronta per essere portata via o mangiata sul posto. Se la si acquista da sola prende il nome di single red; red pudding supper se è accompagnato da patatine fritte (chips). C’è anche un Red pudding altamente stagionato fatto interamente di carne di maiale, finemente macinata, ed avvolto in un involucro rosso che lo distingue a colpo d’occhio dal Black pudding, che invece viene venduto in un involucro nero. Quest’ultimo Red pudding è comple-

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tamente diverso dal precedente ed è stato tradizionalmente introdotto da norcini “tedeschi” in alcune parti della Scozia, per lo più sulla costa orientale. Fa parte della colazione tradizionale. Curiosità: in Sudafrica è presente un Red pudding chiamato spiritosamente Russians consumato come snack. Yorkshire pudding Con il nome di Yorkshire pudding ci si riferisce stavolta non ad una preparazione a base di carne ma ad uno sformato che, per lo più sotto forma di piccoli cestini (in tal caso si usa lo stesso stampo dei muffins), accompagna la carne di manzo. È una delle ricette più classiche della cucina anglosassone, diffusa specialmente nello Yorkshire da cui prende il nome. Si tratta di un impasto preparato con farina, latte e uova che inizialmente veniva accompagnato alla carne (intero come una torta oppure sotto forma di “cestini” singoli) poiché in periodi di scarsità alimentare faceva aumentare il senso di sazietà dei

commensali. Altrettanto classica è la ricetta che prevede lo Yorkshire pudding accompagnato a salsicce oppure le varianti, spesso servite nei pub del Nord dell’Inghilterra, dove il pudding ha un ripieno di carne e fagioli stufati. Gli ingredienti per quattro persone sono 130 g di farina, 1 uovo, 300 ml di latte, 1 pizzico di sale, olio oppure il grasso dell’arrosto ottenuto in cottura. Mescolare con un cucchiaio di legno unendo al latte la farina e l’uovo fino a ottenere una pasta liscia e senza grumi. Lavorarla per bene e poi lasciarla riposare. Preriscaldare il forno almeno a 220º e nel frattempo preparare una teglia tonda o una con più settori, in entrambi i casi ungendo il fondo o con l’olio o con il grasso dell’arrosto. Inserire la pasta e lasciar cuocere, da 10 a 20 minuti a seconda della forma scelta. Si estrae quando la torta o i cestini sono piuttosto gonfi e ben dorati. Ottimi serviti caldi. Evitare durante la cottura di aprire il forno e preferire teglie in metallo. Nunzia Manicardi

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SAPORI DAL MONDO

Ungheria, non solo gulash Nel Paese dell’Est, entrato nell’Unione Europea nel 2004 ma tuttora fuori dall’euro, l’amore per l’ambiente naturale, ancora intatto, si affianca al grande sviluppo industriale e commerciale dando vita a una nazione moderna ma saldamente ancorata alle proprie tradizioni. La gastronomia, contraddistinta dalla paprika, predilige i piatti di carne con una grande varietà di gustose ricette oltre a quella del gulash, piatto nazionale famoso in tutto il mondo di Nunzia Manicardi

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ntrare in Ungheria (in Unione Europea ma fuori dall’euro) dalla soprastante Slovacchia (dentro la UE e con euro) può sembrare un po’ deludente. Benché i luoghi siano armoniosi, soprattutto per la presenza dei

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ricchi vigneti del Tokaj, un certo senso di decadenza in questa zona rurale colpisce se paragonato allo sforzo di ristrutturazione edilizia e di creazione di infrastrutture che gli Slovacchi hanno profuso dopo l’entrata nell’Unione Europea nel

2004, dando un volto molto moderno al loro Paese anche nelle parti più periferiche. Questa impressione, man mano che ci spinge verso l’incomparabile Budapest e le sue magiche notti dagli incantevoli colori, e poi sempre più a ovest

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A sinistra: cottura del gulash nel paiolo. Piatto ungherese per antonomasia, il nome originario è gulyásleves, ovvero “zuppa del mandriano” (photo © Alex Razvan – stock.adobe.com). A destra: la paprika house di Tihany (photo © mmuenzl – stock.adobe.com).

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nelle zone più industrializzate e dedite ai commerci, è destinata però ad essere soppiantata a sua volta da quella di un’Ungheria assolutamente moderna, dai fortissimi investimenti stranieri, favoriti, quasi paradossalmente, proprio dalla politica nazionalista del tuttora primo ministro VIKTOR ORBÁN nei suoi dieci anni di governo e da quella flat tax che sta facendo gridare al “miracolo economico”, col PIL al +4,4%, la disoccupazione azzerata, gli stipendi raddoppiati, il debito pubblico in forte calo (74% del PIL; in Italia è del 132%). Si tratta comunque di un popolo dal temperamento particolare, non facilmente accostabile ad altri. Guerrieri e allevatori di cavalli, appartenenti al gruppo etnico euroasiatico che li accomuna ai finnici, coi quali condividono la matrice linguistica originaria che non ha nulla a che fare con quella indoeuropea, arrivati per ultimi in Europa dalle natie steppe dell’Asia centrale, gli Ungari conquistarono questa loro patria ormai in pieno Medioevo

(nell’896) e poi l’hanno sempre tenacemente difesa difendendo strenuamente, nel contempo, anche la loro identità di popolo. Si sottomisero quindi malvolentieri all’Austria e al suo ordinamento burocratico che pure altrove, e anche nel nostro ex-Lombardo Veneto, si è rivelato così utile per la costituzione dei moderni ordinamenti statali. E spiega anche l’attuale intransigente politica di difesa territoriale, definita forse troppo sbrigativamente e miopemente dagli oppositori come xenofoba. La cucina ungherese Ai Magiari (appartenenti a quella delle sette tribù ungare che conquistò l’Ungheria) è sempre stata attribuita una natura fantasiosa e ribelle oltre che, come già detto, amante della libertà e dell’indipendenza. Questa loro natura si ritrova anche nelle tradizioni gastronomiche che differiscono radicalmente da quelle dei popoli limitrofi non tanto per gli ingredienti, che sostanzialmente sono gli stessi, quanto per i sapori

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Panoramica del mercato coperto di Budapest (photo © Roberto Berti PH – stock.adobe.com). intensi derivanti soprattutto dalla presenza della paprika, che conferisce alla cucina ungherese quella verve e quel colore che alle altre manca. La paprika Eppure la paprika non è affatto autoctona. Si ottiene dal peperone (famiglia delle Solanacee) e infatti la parola significa proprio peperone. Originario dell’America, esso fu importato in Europa dagli Ungheresi che l’avevano preso dai Turchi i quali, a loro volta, l’avevano conosciuto in India. Il peperone viene fatto seccare, liberato dalla parte interna e macinato. Si ottiene questa spezia che è da tutti considerata simbolo ungherese, specialmente se collegata al gulasch, ma viene comunemente utilizzata con tutti i tipi di carne e con pesci, formaggi, panna, pomodori, patate e cipolle e anche mescolata ad altre spezie. E bene fanno gli Ungheresi ad utilizzarla tanto poiché la paprika è l’alimento più ricco di carotenoidi: vitamina A, carotene alfa e beta, criptoxantina, luteina con zeaxantina. È anche la fonte dell’acido ascorbico (vitamina C), come scoprì lo scienziato ungherese ALBERT

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SZENT-GYÖRGYI, Premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1938. Scoperta di primaria importanza, poiché questa vitamina fermò le morti per scorbuto, malattia dovuta proprio alla sua assenza, che da tanto tempo falcidiava marinai in tutti i mari del mondo. Contrariamente a quanto molti credono, la paprika ha un gusto per niente penetrante e pungente bensì delicato, tendente all’amarognolo, leggermente aromatico e solo leggermente piccante. Anche quando è definita “forte”, infatti, rimane nel complesso dolce, il che permette di esaltare i cibi senza soverchiarne i diversi odori. La varietà forte è la più naturale, in quanto risulta dalla macinazione del peperone insieme con la parte interna con tutte le sue venature dove si concentra la capsaicina, il principio attivo che conferisce il sapore piccante. Furono i fratelli Pálfi di Seghedino (Szeged) che nell’Ottocento, togliendo al momento della raccolta questa placenta, ricavarono la varietà “dolce”. La paprika viene coltivata, con campi di peperoni e peperoncini a perdita d’occhio, nella zona di Kalocsa, che si trova nel sud del

paese. Ad essa è legata una leggenda: una giovane contadina ungherese, costretta a forza a vivere nell’harem di un pascià turco a Buda, una volta riacquistata la libertà avrebbe rivelato ai contadini del suo villaggio come coltivare i peperoni che aveva visto nei giardini del palazzo. Ancora oggi il momento del raccolto viene celebrato con feste e riti. L’8 settembre, in particolare, le donne di campagna indossano i vestiti tradizionali, dai colori vivacissimi, e, dopo aver raccolto i peperoni nei campi, li infilano con ago e filo formando lunghe ghirlande che appendono a supporti di legno o ai muri delle case. Il gulash Con il termine gulash (adattamento fonetico tedesco di quello che gli antichi magiari chiamavano gulyás) si indica il piatto per antonomasia della cucina ungherese e anche quello che più indissolubilmente nell’immaginario collettivo si lega alla paprika, anche se inizialmente essa non compariva. Il suo nome è, più precisamente, gulyásleves, che significa zuppa del mandriano (gulya = “mandria di bovini”), perché un tempo costituiva il mangiare quo-

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Rakott krumpli, sostanzioso piatto ungherese a base di patate, panna acida, salsicce e uova (photo © Fanfo – stock.adobe.com). tidiano dei mandriani che lo preparavano dentro un grande paiolo (bogrács), sistemato su di un fuoco di legna all’aperto nell’immensa puszta (“terreno nudo”, cioè la pianura ungherese), quando facevano sosta durante il trasporto ai mercati di Moravia, Vienna e Norimberga dei pregiati bovini grigi di razza Podolica dalle lunghe corna. Nonostante all’infuori dell’Ungheria si usi definire gulasch la preparazione compiuta, gulyás è quindi un aggettivo e non lo si utilizza se non unito a un sostantivo come nella già citata gulyásleves o nella gulyáshús (carne alla bovara). Indica, perciò, più che una pietanza in sé e per sé, il modo di cucinare “alla bovara” e infatti in questo modo vengono cucinati sia la carne bovina — ed è indubbiamente la preparazione più diffusa —, sia le carni ovine e di pollo e perfino il pesce. Si è poi diffuso in tutta l’Europa Centro orientale e Centrale, fino ad acquisire appunto la grafia tedesca. Si tratta di una preparazione per lo più semiliquida (zuppa) e sostanziosa preparata con un soffritto di cipolla e carota e l’aggiunta di carne, patate e carote tagliati a

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cubetti. Ancora oggi viene presentata così, deludendo a volte i turisti che si aspettano uno stufato denso e abbondante di carne. Soltanto verso la fine del Settecento il gulasch arrivò sulle tavole borghesi e, ancor più tardi, su quelle del popolo, insieme con altri piatti di carne e derivati anch’essi dall’esperienza culinaria maturata nella puszta. Ma fu solo il gulash che varcò i confini nazionali diffondendosi con tanto e immutato successo benché nella variante dello spezzatino con paprika. Altri piatti di carne Come abbiamo accennato, la gastronomia ungherese non si esaurisce affatto nel pur nutriente e giustamente rinomato gulash. Infatti, anche rimanendo soltanto nel settore carni, sono tanti i piatti che vale la pena di assaggiare, ampliando esperienza e conoscenza di questa bella nazione. Fra tutti gli altri piatti tipici prevale il pörkölt, a buon ragione validissimo antagonista del gulash nonostante al di fuori dell’Ungheria sia poco noto. È uno spezzatino di carne a base di cumino e cipolla e

dunque viene ad assomigliare all’idea che in genere si ha del gulash molto più del… gulash stesso! Può essere preparato con diversi tipi di carne: maiale (sertés), bovino (marha), cervo (szarvas) o cinghiale (vaddisznó). Nel suo ottimo sugo di cottura spesso si intingono i galuska, gnocchetti di farina, uova e acqua che di solito vengono serviti come complemento del piatto. Altrettanto tipico il paprikás csirke (pollo alla paprika), servito anch’esso con galuska o con riso e un’aggiunta di panna acida. Paprika e panna acida si trovano pure nello székelygulyás (spezzatino di maiale), accompagnato da crauti. Gli ungheresi amano molto, d’inverno ma anche in tutte le altre stagioni, iniziare il pasto con un brodo, preferibilmente di carne. Può essere újházyi tyúkhúsleves (brodo di gallina con piselli, funghi e pasta del formato “capelli d’angelo”) o húsleves daragaluskával (brodo con gnocchi), un brodo di pollo con prezzemolo, carote, rafano e gnocchetti di semolino (talvolta preparati anche con l’aggiunta di fegato) oppure újházyi tyúkhúsleves, brodo di pollo alla Újházyi con carne di gallina o tacchino e carote, prezzemolo, cipolla, rafano, sedano, zenzero, funghi, piselli e pasta del tipo “vermicelli”. Quest’ultimo piatto, nato nel famosissimo ristorante Gundel, prende il nome da un attore dell’arte drammatica ungherese. Molto diffusi e graditi sono anche gli arrosti, specialmente durante l’inverno. Kacsasült è arrosto di anatra (volatile tipico della cucina ebraica di Budapest), abitualmente con contorno di patate e cavolo rosso. Presente è pure il coniglio arrosto. Nelle zone di campagna un piatto caratteristico e decisamente robusto è il rakott krumpli, una teglia di patate al forno con salsiccia, pancetta e uova sode, ricoperta di panna acida. Tipico della cucina ungherese è poi il csülök, lo stinco di maiale che può essere cucinato in diversi modi. Molto famoso è quello alla pékné, con

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Stinco di maiale arrosto in un locale di Budapest (photo © Elena Belyaeva – stock.adobe.com). lo stinco dapprima messo a bollire e in seguito infornato e servito con patate arrosto. Le hortobágyi húsos palacsinta sono crespelle di farina, latte e uova ripiene di carne tritata. Servite come antipasto o contorno, sono guarnite con la panna acida. Esiste anche la versione vegetariana, ripiena di funghi. Immancabile, a formare un unico filo conduttore fra l’Austria e tutti i paesi (Italia settentrionale compresa) che un tempo costituivano il suo grande impero, è l’ambassador módracosto, la costola di maiale che qui viene anche arrotolata in una salsa di prosciutto e formaggio e poi infine impanata e/o fritta nel burro. Un altro alimento tipico ungherese di carne e molto famoso è il szalámi, il salame ungherese composto da un terzo di carne magra di suino, un terzo di grasso (sempre di suino) e l’ultimo terzo da carne magra di bovino. La lavorazione include sale, pepe macinato, paprika, aglio pestato e macerato nel vino bianco. Non si possono dimenticare le cigány pecsenye (bistecche alla zingara) cotte ai ferri, condite con paprika, aglio e maggiorana e coperte con pancetta croccante e le bistecche e gli spezzatini di carne di Mangalica,

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razza suina ungherese dalla carne molto pregiata. Per intenditori o amanti del genere è il fegato d’oca in gelatina di Tokaj, il vino più famoso dell’Ungheria, passito e muffato, definito fin dal ‘700 “vino dei Re” o “Re dei vini”. Mangiare nel Mercato centrale di Budapest Se volete regalarvi una veloce ma soddisfacente esperienza gastronomica ungherese e se volete nel contempo offrirvi una visione d’insieme di ogni genere di prodotti tipici, potete scegliere di effettuare una visita al Mercato centrale di Budapest (chiuso la domenica) dove, al piano secondo dei tre che lo compongono, è anche possibile mangiare piatti cucinati proposti da tavole calde sempre affollatissime. Un vero regno dello street food… al coperto! Al piano interrato, inoltre, vi sono un supermercato e un mercato del pesce. Nagycsarnok, il più grande e antico mercato coperto della città, si trova sul lato di Pest, la parte bassa della città, alla fine della famosa via dello shopping Váci utca in corrispondenza del Ponte della Libertà. L’edificio colpisce immediatamente essendo davvero monumentale.

In stile liberty, con un cancello d’ispirazione neogotica, presenta un’affascinante profusione di metallo e ceramiche che raggiunge il massimo del risalto nel tetto a punta con le coloratissime maioliche Zsolnay provenienti da Pécs. Questa imponente costruzione è il risultato, assai ben riuscito, dell’idea del primo sindaco di Budapest, KARL KAMERMAYER, e della progettazione e costruzione ad opera di SAMU PECZ. L’inaugurazione, slittata di un anno a causa di un incendio, avvenne il 15 marzo 1897. Dopo la lunga chiusura che ha fatto seguito ai gravissimi danneggiamenti subiti durante la Seconda Guerra, è stato restaurato negli anni ‘90 e riaperto diventando in breve una delle mete turistiche più frequentate. Qui, nonostante la debordante presenza turistica, ho potuto gustare un altro piatto tipico, töltött káposzta (foglie di cavolo verza farcite con carne tritata unita a cipolla, salsiccia sbriciolata e riso e successivamente cotte in pentola e accompagnate da crauti), che anche da solo sarebbe stato sufficiente a rendere indimenticabile il mio viaggio in Ungheria. Nunzia Manicardi

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EVENTI CARNIVORI

#Meatopia AtHome

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ondata negli USA da JOSH OZERSKY e portata in Gran Bretagna dallo chef RICHARD H. TURNER, Meatopia è da anni un evento unico nel suo genere che mescola magicamente la passione per le carni, il barbecue e le griglie roventi e la musica dal vivo. Si tratta di un festival ad alto contenuto proteico nel quale i protagonisti sono la musica e le carni selezionate, cotte

sulle braci da cuochi e macellai che giungono ogni anno a Londra da tutto il mondo. L’edizione 2020 (3-5 settembre), così come tutti gli eventi di quest’anno complicatissimo, si è svolta on-line, con una serie di appuntamenti digitali trasmessi attraverso i canali social, tutti accomunati dall’ashtag #MeatopiaAtHome. Niente Tobacco Dock, quindi, e niente demo di tagli e preparazio-

ni di barbecue dal vivo per questo inizio settembre a Londra. La cultura delle carni, della convivialità e del buon bere e mangiare è stata celebrata on-line, in attesa che ci si ritrovi insieme dal 3 al 5 settembre 2021, sempre sulla riva del Tamigi, al grido di Eat, Drink, Fire, Music. >> Link: meatopia.co.uk instagram.com/MeatopiaUk

Scatto di una passata edizione di Meatopia UK presso il Tobacco Dock di Londra (photo © abouttimemagazine.co.uk).

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Alcuni scatti tratti da varie edizioni di Meatopia. Dall’alto: Francis Mallmann, lo chef Ferdinand “Budgie” Montoya, Hasan Semay e un piatto della taqueria Padre al Borough Market, Londra (photo © instagram.com/meatopiauk).

Chef… al Massimo, appuntamento al 2021 “A volte rinunciare serve per ricordare quanto sia bello vivere emozioni uniche con persone splendide. Vi aspettiamo tutti il prossimo anno, Chef… al Massimo sarà ancora più bello, sentito e unico grazie a tutti Voi!”. Così la famiglia Zivieri ha ricordato sulla propria pagina Facebook l’evento che ogni anno, nella prima domenica di settembre, chiama a raccolta migliaia di amici che si ritrovano per ricordare MASSIMO ZIVIERI, un «artista capace di trasmettere, dall’allevamento alla tavola, una storia di saperi antichi e attuali. Quello a lato è uno scatto dell’evento svoltosi lo scorso anno presso l’agriturismo Le Conchiglie a Sasso Marconi (BO). Appuntamento quindi al 2021, per celebrare ancora una volta la carne della Macelleria Zivieri in tutte le sue declinazioni e ricordare chi non è più con noi ma resta sempre nei nostri cuori. >> Link: chefalmassimo.it

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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI

Casale del Castellaccio: bell’esempio di impresa verticale, dal campo alla tavola di Massimiliano Rella

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In basso: il toro campione italiano per 5 anni dell’allevamento Lauteri al Casale del Castellaccio, a Palidoro (RM).

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ella bella campagna romana di Palidoro, non distante da Fiumicino, c’è un’azienda di zootecnia che è un esempio d’impresa verticale, dall’allevamento al campo fino alla tavola. Si chiama Casale del Castellaccio e ha come fulcro “ricettivo” una costruzione rustica di fine ‘800, ristrutturata e arredata in stile. Questa ospita un ristorante agrituristico che propone piatti della tradizione, verdure dell’orto e carne alla brace di propria produzione. Carni che il cliente può pure acquistare nella macelleria aziendale, rifornita di tutti i tagli bovini e ovini dell’allevamento dei Lauteri, una famiglia d’origini marchigiane. La loro storia di agricoltori e allevatori si fa risalire a GIUSEPPE LAUTERI, che ad inizio ‘900 arrivava regolarmente col suo gregge in transumanza tra le colline laziali di Palidoro. La famiglia, però, negli anni ‘50, si “stanzializzò” definitivamente in queste terre ad una ventina di chilometri da Roma, a NordOvest, oggi nel cuore del Biodistretto Etrusco Romano, un’area e una rete di aziende biologiche

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riconosciuta a novembre 2019 dalla Regione Lazio. Oggi l’azienda è alla sua quarta generazione: CLAUDIO segue zootecnia e campi, il figlio SIMONE il ristorante agrituristico e la macelleria, la sorella ALESSIA la contabilità e il gestionale. I Lauteri gestiscono 200 ettari in due corpi: 90 sono a Palidoro, dove cominciarono proprio con l’allevamento ovino, e 110 ad Aranova, dove nel tempo hanno sviluppato il segmento bovino per rifornire la Centrale del latte con prodotto d’alta qualità; collaborazione cessata però nel 2006. Già nel ‘97 aprono il ristorante agrituristico, anticipando una moda, con una cucina tipica e carni alla brace (conto € 30,00, aperto giovedì-domenica). Nel 2008 ampliano l’offerta con una macelleria (mercoledì-domenica 9:00-17:00). Al bancone e sugli scaffali troviamo la loro carne bovina e ovina biologica e altri prodotti bio locali: i formaggi di Biolà, i vini e gli oli extravergini d’oliva di Castello di Torre in Pietra, le farine e la pasta del Forno Vecchino di Viterbo, ecc…

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A sinistra: in alto, Claudio Lauteri e il figlio Simone. In basso, la macelleria del Casale. In alto: l’allevamento bovino Lauteri, composto da 300 capi di Limousine e Charolaise per la produzione di carne.

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Garantiscono inoltre consegne a domicilio e sono presenti al mercato Coldiretti di San Teodoro, nel centro storico di Roma. Complessivamente la vendita diretta nei tre canali copre un buon 80% della produzione aziendale; il rimanente 20% è distribuito in alcune macellerie di Roma, come Vicerè nel quartiere Ostiense e Guidoncarni al quartiere di Boccea. L’allevamento bovino è composto da 300 capi di Limousine e Charolaise per la produzione di carne. Dal mercato del latte sono infatti usciti nel 2006: allora la zootecnica fu trasferita a Palidoro dal podere di Aranova, dove invece sono rimasti solo 600 capi ovini di razza merinizzata italiana. Ad Aranova allevano anche agnelli. Tornando al bovino, parliamo di un allevamento di tipo brado per le fattrici più rustiche e semibrado con pascolo di giorno e rimessa di sera per gli altri animali. Prima della macellazione i capi (tra i 18 e i 22 mesi), fanno due mesi di finissaggio in stalla, per una maggior tenerezza della carne e la produzione di grasso QB (quanto basta). La macellazione

avviene a Orte (VT), ma la frollatura è fatta in casa con durata differente a seconda dell’animale, tra i 10 e i 20 giorni. Oltre al bovino allevano e vendono abbacchio romano IGP, nutrito solo con latte, macellato a 28-40 giorni, con una carcassa di 8 kg al massimo e agnelli dell’Italia centrale IPG, svezzati con erba, di peso anche superiore ai 12 kg. Fanno parte di questa linea di animali da vita vari riproduttori, come tori da riproduzione e fattrici e manze da allevo. L’azienda è attiva anche in campo agricolo con gli ortaggi e l’olio extravergine per il ristorante e il formaggio per l’alimentazione del bestiame. La qualità dell’allevamento è stata più volte riconosciuta in tante gare nazionali di morfologia. Oggi la “scuderia” dei Lauteri vanta un toro campione italiano per 5 anni. Massimiliano Rella >> Link: www.casaledelcastellaccio. com Nota Photo © Massimiliano Rella.

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WEEKEND

Il cammino della transumanza in Sardegna di Josette Baverez Blanco

L’

11 dicembre 2019 la transumanza è stata inserita dall’UNESCO tra i beni intangibili patrimonio dell’umanità. Questa pratica che si tramanda di padre in figlio, da generazioni a generazioni, ha radici profonde, antichissime. Da sempre è stata necessaria la migrazione stagionale del bestiame dai pascoli di pianura a quelli montuosi e viceversa. Vari fattori — erba, acqua, temperatura, malattie, predatori — hanno spinto i pastori a cercare soluzioni per il benessere dei loro animali. Una risposta è stata il nomadismo, con

lo spostamento di tutto il nucleo famigliare (o plurifamiliare) e solo qualche animale; un’altra la transumanza, che sposta come un fiume in piena solo i greggi con qualche pastore e i cani. La transumanza si svolge all’interno di una società organizzata con una divisione specifica dei ruoli. Normalmente, il bestiame viene trasferito durante il periodo più caldo dalla pianura alla montagna, dall’arsura e secchezza della pianura al fresco dei pascoli rigogliosi in montagna. L’alpeggio o “monticazione” è tipico dell’arco alpino

e dell’Appennino dal nord al sud Italia. Esiste però una transumanza inversa, che va dalla montagna verso la pianura. Caratterizza la transumanza sarda, con migrazione del bestiame alla fine dell’autunno, con i primi freddi e la prima neve verso le pianure temperate anche per la presenza del mare. Si effettua dal Medioevo ed è ben documentata nella Navarra spagnola del XVI secolo. La scelta della località dove fare svernare gli animali variava per motivi culturali, cioè economici, storici e sociali. Un geografo francese ha catalogato in Sardegna tre tipi di tran-

La transumanza consiste generalmente nel trasferire il bestiame durante la stagione più calda ai più freschi pascoli della montagna. La transumanza in Sardegna è di tipo “inverso”, dal momento che il trasferimento del bestiame avviene dai pascoli delle montagne a quelli delle pianure (photo © www.sardegnapuntoradio.net).

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sumanza: quella piccola, di qualche decina di chilometri lungo il fiume Tirso; quella media, dai 30 ai 60 km che portava i pastori ogliastrini nelle marine di Tortolì e del Sarrabus; infine, la “grande transumanza” o “transumanza lontana”, affrontata dai pastori del Gennargentu che raggiungevano le pianure di Olbia, Oristano o Cagliari. I pastori di Seulo andavano a svernare a Dolianova, alle spalle di Cagliari, nei pascoli delle montagne dal clima più mite. Ci si può chiedere perché questa meta precisa. Un fattore socio-storico, un’emigrazione di Seulesi a metà del 1800, presenza che favoriva l’accoglienza dei pastori venuti da Seulo nel periodo successivo che trovavano là un approdo sicuro. Una testimonianza orale racconta che il primo seulese ad avere messo i piedi a Dolianova fu un ragazzo di famiglia ricca “punito” dal padre. Non volendo studiare, il padre gli aveva detto “bainosu”, che in dialetto significa “comincia

a camminare”. Pretese dai suoi dipendenti che trattassero il figlio da servitore facendogli usare l’aratro a spalle invece che farlo portare ai buoi. La lezione fu dura ma efficace dato che il figlio diventò notaio! Sembra quindi che il primo arrivo esplorativo fu quello di questo Bainosu, in seguito al quale furono stabiliti accordi con i locali. Per far pascolare il proprio bestiame, occorreva avere un foglio, ossia un’autorizzazione al “diritto d’ovile” su terreni privati o comunali, contratto che scadeva il 20 maggio. Prendevano allora la strada per Seulo migliaia di pecore, capre, maiali e bovini. Come in tutta Italia, dagli anni ‘60 e ‘70 è calata la transumanza a piedi a favore del trasporto bestiame con i camion. In questo caso particolare, sappiamo che sono i pastori stessi ad essersi impiantati in modo stabile a Dolianova quindi niente più transumanza. È nato, però, in Sardegna, come in altre regioni d’Italia, il desiderio di chi ama camminare di poter riper-

correre questi percorsi, calpestando le stesse orme secolari. Uno di questi si potrebbe intitolare “rientrendu ‘e Campidanu”, da Dolianova a Seulo. È una camminata a piedi di 6 giorni attraverso territori aspri, vallate accoglienti, parchi naturalistici, incontrando siti culturali sorprendenti,il tutto ricco di storia. Il percorso della transumanza seguiva le antiche vie di penetrazione dalla pianura alla montagna. Il tempo di percorrenza era circa di 3 giorni e 2 notti. Si passava lungo le creste dei monti e ci si fermava fuori dai centri abitati, tranne una tappa a Nurri per mungere e ristorarsi. Il Cammino della transumanza proposto attualmente ai turisti permette l’incontro con i pastori e con gli abitanti locali ma tutte le soste notturne si fanno in centri abitati anche per rivalorizzare il territorio. Si cammina un massimo di 6 ore al giorno. È un modo diverso di visitare e vivere la Sardegna che non è solo mare, anzi. Josette Baverez Blanco

e

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CONVEGNI

Una carne su misura per il consumatore

Controllo della filiera e consumi: valorizzazione delle carni bovine sammarinesi di Riccardo Lagorio

I

l 19 settembre 2020 è stato un giorno storico per la Repubblica di San Marino. Si è infatti celebrato con il convegno “Controllo della filiera e consumi: valorizzazione delle carni bovine sammarinesi” il 40o anniversario della fondazione della Cooperativa Allevatori Sammarinesi, uno dei consessi più attivi e autorevoli nel settore primario del Titano. All’incontro, che si è tenuto presso il Podere Lesignano (poderelesignano.com), tra gli altri erano presenti il Segretario di Stato per la Sanità e la Sicurezza Sociale ROBERTO

CIAVATTA e il Segretario di Stato per il Territorio e Ambiente, Agricoltura STEFANO CANTI, che hanno portato i saluti istituzionali. La Cooperativa fa parte del Consorzio Cooperativo Agricolo Terra di San Marino (www.terradisanmarino. com) e, secondo quanto redatto nell’atto costitutivo dal notaio RENZO BONELLI il 18 giugno 1979, ha come “scopo principale l’ammasso, la conservazione e la commercializzazione delle carni di qualsiasi specie prodotte in Repubblica”. Nel corso dei 40 anni di vita della

Romano Francioni (photo © www.sanmarinofixing.com).

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Cooperativa il settore della carne bovina è stato contrassegnato da inattese turbolenze provenienti dal suo interno (come la crisi “mucca pazza”), depressioni finanziarie e dallo straripare di mode che ripongono nell’astinenza dal consumo di carne la soluzione ai mali del pianeta. Fattori che avrebbero e hanno in effetti modificato radicalmente i consumi. Il consumatore è più esigente, una fascia sempre più ampia denota anche una certa attenzione nei confronti dei metodi di allevamento e dell’origine delle carni. In questo panorama, la fondazione della Cooperativa fu quasi una profezia, anticipando una coscienza che si sarebbe consolidata: la volontà di saperne di più su sicurezza, tipicità e provenienza delle carni. Nel caso degli animali allevati dalla Cooperativa, spiega il direttore EDOARDO ANGELINI, «si utilizzano per l’80% cereali coltivati a San Marino, soprattutto orzo, fava e sorgo e per il rimanente 20% da granoturco importato, ma sottoposto a rigorosi controlli. La regolamentazione della produzione di carne bovina pregiata garantita impone infatti che l’alimentazione dei bovini debba essere fatta con prodotti naturali dell’azienda, integrati da alimenti concentrati ad alto valore proteico energetico e minerale». Non solo: le regole del Disciplinare Terra di San Marino vieta l’uso di OGM, di estrogeni, di anabolizzanti, antibiotici, corti-

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Come funziona il sistema di rintracciabilità elettronica della Cooperativa Allevatori Sammarinesi Nella fase di macellazione tutte le informazioni disponibili nella carta d’identità sono inserite in un terminale elettronico e trasmesse, attraverso circuito informatico, ad un server che le passerà poi ad un computer presente nel punto vendita (macelleria). Il computer in macelleria, collegato alle bilance, trasmette ad ogni emissione di scontrino le informazioni relative alla carne acquistata ed il quantitativo venduto viene automaticamente scalato dal quantitativo disponibile. Oltre al sistema di rintracciabilità elettronico il Consorzio Terra di San Marino esegue a campione delle analisi sulla matrice carne. Vengono controllati i valori di alcuni parametri importanti del punto di vista nutrizionale e indice di qualità della carne.

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sonici. I tagli di carne provengono prevalentemente da animali di razza Limousine nati, allevati e macellati all’interno del territorio dello Stato. Ogni bovino possiede un vero e proprio passaporto, che traccia tutta la storia dell’animale: provenienza, proprietario, età e la rintracciabilità arriva sul banco del macellaio e di conseguenza ai consumatori grazie ad un progetto realizzato insieme a BovinMarche, l’Associazione dei produttori di Carni bovine marchigiane. In concreto l’animale deve essere registrato all’Ufficio Agrario entro tre giorni dalla nascita. Successivamente viene sottoposto a periodici controlli, sia da parte dell’Ufficio di Igiene, ma anche da parte del Consorzio Terra di San Marino. I prelievi sono effettuati sia quando il bovino è vivo sia al momento della macellazione. Inoltre, all’atto della macellazione dei capi rientranti nel Disciplinare viene apposto sulla carcassa, mediante un rullo stampigliature, un marchio riportante la figura di un bovino con al centro la sigla C.B.P.G. (Carne Bovina Pregiata a Garantita) ed altri

estremi di identificazione indicati dagli uffici preposti al controllo. «Poiché le nostre carni vengono presentate sulle tavole delle scuole elementari, degli asili nido e dell’ospedale, è necessario che siano controllate con rigore» ha continuato Angelini. ROMANO FRANCIONI, uno degli allevatori, ha sottolineato come «sono circa un migliaio i capi sammarinesi che ogni anno vengono macellati. Il bovino viene mandato al mattatoio quando raggiunge un’età variabile tra 17 e 24 mesi. Non esiste un’età precisa per ogni capo», originando così una carne su misura per il consumatore, in linea con le richieste attuali di unicità e specialità. Riccardo Lagorio

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FIERE

MarcabyBolognaFiere si prepara all’edizione 2021

È

l’evento leader per il settore della MDD in cui la GDO è protagonista e rappresenta, da oltre diciassette anni, il momento di confronto per l’analisi dei trend di mercato e la pianificazione delle strategie business. A quattro mesi dalla data di svolgimento della manifestazione — organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, Associazione Distribuzione Moderna — è tangibile la fiducia delle imprese nella manifestazione e la volontà di rilancio dell’economia nel post pandemia. «Rilevare un’adesione così significativa da parte delle imprese — ha dichiarato ANTONIO BRUZZONE, direttore generale di BolognaFiere — in un anno che ci ha costretti al confronto con l’emergenza causata dalla pandemia è, per la nostra società, motivo di orgoglio. In questi mesi la struttura, in stretta collaborazione con il partner ADM e il comitato tecnico scientifico, ha lavorato per arricchire ulteriormente la fiera con nuove iniziative che renderanno la partecipazione a MarcabyBolognaFiere ancora più strategica e performante». Il positivo trend nelle adesioni a MarcabyBolognaFiere 2021 è anche lo specchio del dinamismo dei prodotti MDD che, nel nostro Paese, hanno ancora ampie opportunità di incrementare le rispettive quote di mercato: in Francia questa categoria di prodotti vale il 33,9% del food, nei Paesi Bassi il 30,0% (con andamento costante), in Italia il 22,3% (+2%); l’unico Paese in Europa in controtendenza è il Regno Unito che registra un –2.8% ma a fronte di una quota di penetrazione del mercato del 53%. Negli USA, infine, i prodotti MDD rappresentano il 18.7% 126

(+0.5%) (fonte IRI-Consumer Spending Tracking, maggio 2020). Lay-out rinnovato e obiettivo sicurezza per MarcabyBolognaFiere 2021 Gli operatori professionali in visita all’evento potranno muoversi all’interno di un lay-out ulteriormente finalizzato rispetto alle precedenti edizioni che si svilupperà in sette grandi padiglioni espositivi. Infatti, in aggiunta ai tradizionali 25, 26, 28 e 29, MarcabyBolognaFiere 2021 occuperà anche i padiglioni 31, 32 e il nuovissimo 37 del Quartiere fieristico di Bologna, assicurando le migliori condizioni per uno svolgimento dell’evento in piena sicurezza grazie anche a percorsi finalizzati alla razionalizzazione dei flussi di visita e ai protocolli per la sicurezza che saranno applicati. MarcabyBolognaFiere 2021 dedicherà al settore FOOD i padiglioni 25, 26, 28, 29 e 37 e al settore NON FOOD i padiglioni 31 e 32. Due gli ingressi a disposizione di espositori e operatori: l’ingresso Nord e l’ingresso Ovest Costituzione; il primo collegato direttamente alla rete autostradale e al sistema di parcheggi (più funzionale per quanti utilizzeranno l’auto), il secondo collegato alla stazione ferroviaria, al centro cittadino e all’aeroporto internazionale G. Marconi con mezzi pubblici (funzionale a quanti privilegeranno la rete ferroviaria o il trasferimento in aereo). Focus dedicati ai trend emergenti: Fresco, Wine e Free From in primo piano Da sempre MarcabyBolognaFiere si caratterizza per mettere in evidenza i trend emergenti, dedicandogli spazi e occasioni specifiche di approfondimento. Nel 2021 la

manifestazione proporrà, accanto alla seconda edizione di Marca Fresh — lo spazio riservato al settore del fresco, ortofrutta in primis (ma destinato a coinvolgere tutti i settori del fresco), che promuove le relazioni tra produzione e distribuzione mettendo in evidenza tre obiettivi primari in termini di strategie per il business: Innovation, Experience, Networking — la nuova Marca Wine Area e l’iniziativa Free From Hub. Sviluppata dal know-how di BolognaFiere e BOS, Free From Hub si ripropone nell’edizione 2021 con l’obiettivo di rappresentare il mercato free from italiano e internazionale. Il mercato evidenzia che viene posta, sempre più attenzione, agli healthy food nella loro accezione più ampia: cibi sani, che fanno bene all’organismo sia per le proprietà benefiche che sono state aggiunte, nel caso dei cibi rich-in, o tolte nel caso dei prodotti free from. I consumatori sono sempre più attenti al binomio cibo-salute, prediligendo, con sempre maggiore incidenza, prodotti funzionali, alimenti biologici e free from. Queste tendenze saranno in primo piano a MarcabyBolognaFiere 2021 nell’ambito di Free From Hub, che comprenderà anche un nuovo spazio Functional Food Hub per dare risposte esaustive e promuovere nuove opportunità di business.

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TECNOLOGIE

La tecnologia CSB per il software di Business Intelligence Perfetto per il management, garantisce velocità e consapevolezza del processo decisionale

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l CSB Business Intelligence Integrated è completamente integrato nel CSB ERP e mira a fornire gli strumenti e le competenze utili a ricavare e interpretare in maniera flessibile e personalizzata tutti quei dati che supportano le decisioni strategiche di un’azienda, inclusi i dati provenienti da sistemi operativi diversi e da fonti esterne, indipendentemente dal luogo in cui questi sono stati salvati. Grafici e tabelle chiare mostrano lo sviluppo dei dati di performance per una valutazione

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diretta della situazione attuale e passata dell’azienda. Quali sfide deve affrontare un’azienda? Secondo recenti studi, solo un’azienda su quattro con più di 50 dipendenti utilizza un software di BI; quasi tutte, tuttavia, riconoscono che le statistiche di business intelligence forniscono indici di valutazione significativi (KPI) e analisi delle prestazioni praticamente in tempo reale. Spesso il desiderio di

implementare una soluzione di BI è presente, ma purtroppo manca di know-how tecnico in azienda, oppure la struttura dei dati non è nota o ancora ci si orienta verso standard fissi e predefiniti, che rendono l’implementazione di una soluzione di BI complessa e costosa. Il problema principale però è che, se il software di BI non soddisfa i requisiti di efficienza e facilità d’uso, si preferisce rinunciarvi del tutto oppure utilizzare strumenti come Excel. Sicuramente questa

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Proteggi il cibo senza rinunciare alla sostenibilità PERCHÉ LA SICUREZZA ALIMENTARE E LA SOSTENIBILITÀ SONO IMPORTANTI PER TUTTI NOI. Vi presentiamo i sacchi termoretraibili, multistrato CRYOVAC® OptiDure™ per un confezionamento all’avanguardia. Sacchi prodotti con resine selezionate per una migliore sostenibilità. Progettati per dimezzare la quantità di plastica utilizzata dai produttori alimentari per proteggere le proteine (rispetto ai materiali termoformati)*. I sacchi sottili ma resistenti garantiscono la sicurezza alimentare grazie VaaZ egdeg^Zi| WVgg^ZgV e alle saldature affidabili. Maggiori informazioni: sealedair.com/optidure *Sulla base dei risultati raggiunti per i prodotti finali Sealed Air. Tutte le strutture e i sistemi sono diversi, pertanto i risultati possono variare. ®Reg. U.S. Pat. & Tm. Off. © 2020 Sealed Air Corporation (US). All rights reserved.


• separazione dei processi decisionali e di produzione; • è sufficiente un amministratore CSB con conoscenze di base delle banche dati; • BI Webclient per il lancio di report da parte dell’utente tramite web browser; • collegamento del webshop e del BI Webclient nel CSB Webshop; • mappatura automatica di funzioni speciali come il multilinguismo, la gestione di più mandanti e più lingue tramite un’unica banca dati; • semplice creazione di cubi di BI tramite wizard basato su modelli.

non è una buona soluzione per le aziende, né in termini di efficienza del lavoro, né in termini di margini di miglioramento, perché la qualità dei risultati non sarà mai davvero affidabile. È altrettanto importante che i moderni software per la business intelligence presentino visualizzazioni accattivanti e rapidi tempi di risposta: il funzionamento deve essere semplice, con una complessità proporzionale al compito o al risultato desiderato e una flessibilità e adattabilità elevate per assecondare le necessità direzionali sempre in rapida evoluzione. Una soluzione di BI può migliorare l’operatività dell’azienda? La risposta a questa domanda è: certo che sì! La gamma di funzioni presenti nel CSB Business Intelligence comprende l’integrazione di Pivot MDX e Excel-Addin per l’accesso ai dati della BI Suite tramite Microsoft Excel. In questo modo, ogni utente può richiamare le informazioni che desidera nell’ambiente office a lui familiare. L’integrazione diretta del CSB BI Integrated nelle applicazioni operative del CSB ERP permette un utilizzo più mirato e contestuale della soluzione. Per l’esecuzione e il monitoraggio dei processi aziendali, le opzioni di reporting e di analisi sono direttamente integrate; non è

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necessario un cambio di gestionale o il trasferimento di dati tra le applicazioni. Non è richiesto uno speciale know-how tecnico. Best practices di statistiche e report sono presenti nell’implementazione standard e tutti i componenti sono soggetti all’architettura e alla manutenzione del CSB-System. Non ci sono altre interfacce. I vantaggi principali I vantaggi principali del CSB BI sono essenzialmente tre: i dati chiave sono disponibili sempre e ovunque, il database è omogeneo e senza interfacce grazie all’integrazione diretta nel sistema CSB, analisi e report sono disponibili in pochi secondi per tutte le aree di business. Non vanno tuttavia sottovalutati altri punti di forza altrettanto importanti, quali: • facilità d’uso con chiamata diretta del programma dal menu principale CSB; • altissima flessibilità, grazie alla sua logica a cubo; • CSB Data Warehouse come base dati; • opzioni complete di visualizzazione: tabelle, diagrammi, diagrammi flash, dashboard, ecc…; • elaborazione automatica e trasversale delle informazioni su un’interfaccia centrale; • interazione con il dashboard statistiche del CSB;

Per concludere Grazie al controllo del flusso di informazioni, l’azienda accelera la capacità di effettuare valutazioni, la reattività del processo decisionale e incrementa il fattore competitività. L’esperienza del fornitore è tuttavia fondamentale quando si tratta di business intelligence, perché nella mole di dati raccolti da un’azienda è necessario individuare solo i dati critici. Anche la formazione è importante: qualora gli utenti finali non siano adeguatamente formati, l’adozione di una soluzione di BI e il valore aggiunto che ne deriva diventano molto più difficili da raggiungere. Ecco perché è consigliabile affidarsi al gruppo CSB-System, leader nella fornitura di soluzioni gestionali per l’industria alimentare, da oltre quarant’anni.

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Sealed Air investe in Plastic Energy La collaborazione produrrà progressi tecnologici per migliorare la circolarità della plastica

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ealed Air Corporation (NYSE: SEE) ha annunciato di aver siglato un accordo di collaborazione con Plastic Energy, azienda leader nel settore delle tecnologie di riciclo all’avanguardia. Inoltre, Sealed Air ha effettuato un investimento di capitali in Plastic Energy Global, società madre di Plastic Energy. Plastic Energy Global è stata fondata nel 2012 con l’obiettivo di creare un’economia circolare per la plastica sottraendo i rifiuti plastici alle discariche e agli oceani. La società, con sede a Londra, ha due impianti in Spagna e progetti in fase

di sviluppo in Europa occidentale e Asia, con una previsione di 50 nuove strutture nei prossimi 10 anni. «Siamo entusiasti di unire le forze con Plastic Energy per innovare più rapidamente e accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie che eliminino i rifiuti e garantiscano un’economia circolare per la plastica», ha dichiarato TED DOHENY, presidente e CEO di Sealed Air. «Questa collaborazione ci aiuterà a perseguire il nostro impegno di sostenibilità per il 2025 e a guidare la trasformazione nel nostro settore». «Siamo lieti di iniziare

questa nuova collaborazione strategica con Sealed Air, che determinerà un’accelerazione dello sviluppo del settore del riciclo avanzato, oltre a fornire una soluzione circolare per una quantità di plastica sempre maggiore», ha dichiarato CARLOS MONREAL, fondatore e CEO di Plastic Energy. La sfida: combattere i rifiuti I rifiuti sono un problema globale. La maggior parte dei rifiuti plastici finisce in discarica, negli inceneritori o viene gettata nell’ambiente perché non è mai stata recuperata o è

Plastic Energy Global è stata fondata nel 2012 con l’obiettivo di creare un’economia circolare per la plastica sottraendo i rifiuti plastici alle discariche e agli oceani (photo © Alex – stock.adobe.com).

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considerata impossibile da riciclare. Da una prospettiva sociale, è fondamentale estendere le opzioni disponibili per il riciclo della plastica. L’opportunità Plastic Energy dispone di una piattaforma tecnologica che consente di sottrarre i rifiuti plastici alle discariche, con l’obiettivo di processare 300.000 tonnellate di plastica entro il 2025. Plastic Energy trasforma i rifiuti plastici post-consumo in un nuovo prodotto riciclato che può essere utilizzato per creare soluzioni di confezionamento essenziali, incluse le confezioni protettive per alimenti, consentendo così alla plastica di diventare una nuova risorsa. Grazie a questa collaborazione con Plastic Energy, Sealed Air contribuisce a eliminare i rifiuti plastici, sostenere

Il 2020 ha dimostrato che la plastica rimane una risorsa importante per l’umanità. La domanda cruciale è: come possiamo porre fine all’inquinamento da rifiuti che provoca? Ai nostri occhi, si tratta di trovare un modo per riciclare tutta la plastica che il mondo produce. Gli imballaggi come vasetti di yogurt, pacchetti croccanti e bottiglie di shampoo sono notoriamente difficili da riciclare e riutilizzare, ma la nostra tecnologia brevettata ha trovato un modo (fonte e photo © instagram.com/plastic__energy).

Plastic Energy, parola d’ordine riciclare Plastic Energy è all’avanguardia nell’uso e nello sviluppo di una tecnologia di riciclo chimico per la trasformazione dei rifiuti plastici generalmente non riciclabili in idrocarburi (Tacoil), utilizzati per produrre plastiche riciclate come nuove. L’azienda gestisce attualmente 2 siti produttivi in Spagna 24/7, 330 giorni all’anno. È una delle poche aziende in tutto il mondo ad aver venduto milioni di litri di oli riciclati dalla conversione di rifiuti plastici a fine ciclo, utilizzando una tecnologia brevettata. È leader nella transizione verso un’economia circolare a basso contenuto di carbonio per la plastica. >> Link: www.plasticenergy.com

L’attività di Sealed Air è quella di proteggere, risolvere le sfide di packaging e lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato. Il nostro portfolio di soluzioni leader nel settore del confezionamento comprende il marchio Cryovac® per il confezionamento alimentare, Sealed Air® per il confezionamento protettivo, Autobag® per i sistemi automatizzati e Bubble wrap® per il confezionamento. Le nostre soluzioni consentono una catena di fornitura alimentare più sicura ed efficiente e una protezione elevata per merci pregiate spedite in tutto il mondo. Nel 2019, Sealed Air ha generato un fatturato di 4,8 miliardi di dollari e ha circa 16.500 dipendenti che servono clienti in 124 Paesi. >> Link: sealedair.com

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approcci complementari al riciclo e consentire ai clienti di incorporare la propria plastica riciclata nei loro confezionamenti. Forte impegno e collaborazione Sealed Air è determinata a rivestire un ruolo chiave nella realizzazione di un’economia circolare per la plastica attraverso la collaborazione, la ricerca, lo sviluppo e l’implementazione di nuove tecnologie. Nel 2018, Sealed Air aveva annunciato un forte impegno in materia di sostenibilità e plastica, ripromettendosi di progettare e sviluppare soluzioni nel settore del packaging riciclabili o riutilizzabili al 100% entro il 2025. L’impegno dell’azienda prevede l’ambizioso obiettivo del 50% di contenuto riciclato medio nelle soluzioni di confezionamento, di cui il 60% è riciclato post consumo. Ciò include anche l’assicurazione a stringere collaborazioni con partner globali per aumentare i tassi di riciclo e riutilizzo, in linea con l’investimento in Plastic Energy. Nel 2019, Sealed Air ha inoltre annunciato di essere entrata a far parte di Alliance to End Plastic Waste, un’organizzazione no-profit globale impegnata a investire in soluzioni per contribuire a eliminare i rifiuti plastici nell’ambiente.

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Tecnologia, sostenibilità e industria 4.0: le linee Colimatic

N

el cuore della provincia di Brescia, dove l’industria fiorisce, non fa eccezione COLIGROUP SPA, azienda che si colloca con pieno merito nella storia delle macchine per il packaging, termoformatrici nello specifico, ponendosi come primo produttore nazionale e ai primi posti a livello mondiale. Il marchio Colimatic nasce mezzo secolo fa grazie alla forte passione per l’ottimizzazione e l’innovazione industriale che ha portato una piccola realtà ad espandersi in pochi anni fino a diventare l’azienda leader di oggi. Lo sviluppo di linee complete e progetti speciali in partnership con i più grandi nomi nel settore alimentare ha portato alla formazione di quel know-how che oggi consente a Coligroup Spa di accettare sfide sempre nuove e assecondare le richieste dei clienti più creativi. La capacità di prolungare la vita degli alimenti, in una confezione

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sempre più moderna e gradevole, rappresenta una delle caratteristiche vincenti delle linee Colimatic. Poiché la confezione si trova a diretto contatto con i generi alimentari, è essenziale garantire una qualità scrupolosamente elevata e in grado di prevenire qualsiasi contaminazione esterna. Il confezionamento in ambiente controllato MAP permette di ottenere una shelflife del prodotto prolungata senza bisogno di aggiungere conservanti chimici o stabilizzanti. Le linee termoformatrici Colimatic consentono una maggiore igiene e sanificazione di tutto il processo. La manipolazione del prodotto da parte dell’operatore è ridotta al minimo, a tutto vantaggio della riduzione nella contaminazione. Le forme smussate della struttura, che consentono lo scolo dell’acqua durante il lavaggio a getto e la sterilizzazione, garantiscono l’alto grado di igiene.

Coligroup è inoltre orientata alla difesa dell’ambiente con un ufficio Ricerca & Sviluppo determinato a sviluppare soluzioni eco-friendly sempre nuove, prediligendo l’utilizzo di componenti che richiedono minor dispendio energetico e analizzando nuove tipologie di materiali di confezionamento. Tra i progetti di assoluto rilievo vi è la realizzazione di Webskin, una nuova soluzione di packaging sostenibile e facile da smaltire. I consumatori sono sempre più consapevoli di avere un ruolo attivo nella lotta all’inquinamento e l’impatto ambientale del packaging di un prodotto influenza le scelte di un sempre maggior numero di acquirenti. La risposta di Coligroup a questa esigenza è la soluzione per avere una confezione ecologica senza compromettere il costo al consumatore. Questo packaging brevettato e unico al mondo unisce gli indiscu-

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In basso: Thera 650. In alto: nel suo ruolo di fornitore di tecnologia, Coligroup Spa si identifica come un’alta “sartoria� fornendo soluzioni personalizzate, a seconda dei bisogni individuali del cliente. A destra: lo stabilimento produttivo di Coligroup.

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La confezione Colimatic Webskin è una nuova soluzione di packaging sostenibile e facile da smaltire.

tibili vantaggi economici, produttivi e igienici della termoformatrice con la presentazione estetica tipica della traysealer. La confezione Colimatic Webskin ha un fondo in cartoncino ad altissima qualità con una percentuale di plastica inferiore al 10% ed è quindi totalmente riciclabile nella carta; il top è separabile e può seguire il circuito di riciclabilità e riutilizzo della plastica, riducendo l’impatto sull’ambiente. La confezione, con grafica stampata e personalizzabile, è realizzata partendo da bobina, eliminando così i costi di stoccaggio e gestione dei prefustellati. Il prodotto viene valorizzato in una confezione gradevole che mantiene elevati gli standard di shelf-life e inalterate le caratteristiche organolettiche e nutrizionali degli alimenti. Il produttore ha inoltre la possibilità di sfruttare l’intera superficie del vassoio per la grafica, marketing e istruzioni di cottura.

In Coligroup oggi l’estero conta per il 60% del fatturato, esportando in tutto il mondo. I clienti vengono quindi sostenuti con lo sviluppo di nuove tecnologie all’avanguardia per la teleassistenza, strumento che nell’ultimo anno ha dimostrato la sua fondamentale importanza. In ottica Industry 4.0, con l’implementazione sulle macchine di nuove avanzate funzionalità di monitoraggio e diagnostica disponibili anche da remoto tramite qualsiasi dispositivo connesso alla rete aziendale, ogni linea può essere dotata di L.I.S.A.®, un software brevettato per la gestione integrata della produzione. Questa vera e propria assistente presenta funzionalità uniche per la gestione del work order, il magazzino ricambi, la tracciabilità della singola confezione e la manutenzione preventiva grazie alle quali Coligroup dimostra ancora una volta essere pioniera nel settore. Nel

suo ruolo di fornitore di tecnologia l’azienda si identifica come un’alta “sartoria” fornendo soluzioni personalizzate, a seconda dei bisogni individuali del cliente. Capire che cosa chiede il produttore è fondamentale per sviluppare strategie. Coligroup ha accolto i segnali del mercato, tanto da investire in un ampliamento dello stabilimento produttivo con un’area aggiuntiva di 4.000 m2. Le linee di confezionamento a marchio Colimatic rappresentano oggi una delle più alte espressioni di tecnologia, esperienza e affidabilità made in Italy.

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Il Gruppo Comexposium annuncia il rinvio al 2022 della fiera ALL4PACK Dall’inizio della pandemia Covid-19, l’intero team di ALL4PACK Emballage Paris, è rimasto mobilitato per supportare le aziende e offrire loro questo tanto atteso trampolino di lancio per la ripresa. Per consentire lo svolgimento di un simile evento internazionale durante questo periodo di pandemia sono state moltiplicate le iniziative per garantire la sicurezza sia individuale che collettiva, nonché la qualità degli scambi commerciali e delle riflessioni sulle sfide future del packaging. Tuttavia, in considerazione dell’attuale evoluzione sanitaria e più in generale dell’evoluzione della crisi sanitaria e delle sue conseguenze, e nella misura in cui molte aziende stanno ponendo nuovamente restrizioni alla visita, ALL4PACK è rinviato a novembre 2022. Nonostante questo contesto di crisi, ALL4PACK svolgerà il suo ruolo di fonte d’ispirazione per il futuro grazie alla decodifica delle innovazioni e delle nuove regolamentazioni e di facilitatore degli scambi commerciali. «Fedeli alla nostra mission, la nostra intenzione è quella di restare in contatto con i professionisti del settore e sostenere la ripresa e la trasformazione degli attori dei settori del packaging e dell’intra-logistica» ha spiegato OLIVIA MILAN, direttrice di ALL4PACK. «Ad ogni edizione decodifichiamo il mercato e le tendenze del settore del packaging e continuiamo a reinventarci da oltre 70 anni. In questo contesto eccezionale è necessaria l’agilità. Ci impegniamo a sostenere la ripresa dell’attività della filiera. Vi proporremo nuovi incontri, che terranno in considerazione le principali regolamentazioni attuali e future, con la presentazione delle tendenze e delle innovazioni che stanno plasmando l’industria del packaging di domani». >> Link: www.all4pack.com

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Breakfast In America, Supertrump

Come la pancetta a colazione di Giovanni Papalato

U

no dei dischi che fanno indubbiamente parte della mia infanzia e che, non solo per le canzoni, mi ha stimolato curiosità e immaginazione è “Breakfast In America” di SUPERTRAMP. È anche uno di quegli album che, nel corso della propria vita, alcuni hanno rinnegato o messo negli scaffali della libreria di casa come errori di gioventù, sulla base di non si sa quale etica. Io no. Per prima cosa, una volta fattomi tradurre il titolo — “Colazione in America” —, mi sono chiesto cosa ci potesse essere di tanto differente da quella che consumavo io. Come tutti, ognuno a modo suo, certo, ma sempre con latte e biscotti, torte, merendine o pane burro e marmellata. Intanto, disco tra le mani, sulla copertina una cameriera sorride a

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chi sta guardando dal finestrino di un aereo, portando su un piattino una spremuta d’arancia e tenendo sottobraccio un menu con stampato in prima pagina il titolo. Sullo sfondo, la skyline di Manhattan, fatta però di forchette, coltelli, saliere, tazze, cartoni di uova, dispenser di salse e un piatto che tutto ha tranne l’aspetto che dovrebbe avere, appunto, uno contenente una colazione. Perlomeno negli anni ‘80, quando io mettevo sulle orecchie le cuffie del walkman e mi perdevo tra le canzoni sotto un ombrellone in Salento, al riparo dal sole e dalle scottature sulla mia pelle pallida. Ruotando il polso e guardando il retro dell’album troviamo i cinque componenti della band assieme alla cameriera e al titolare del locale, intenti a consumare proprio il loro breakfast. Di questa foto, due cose mi

stupirono subito: uno di loro versava zucchero in un giornale sbirciando in quello del compagno, mentre un altro esibiva una fetta di bacon guardando dritto verso chi stava osservando la scena. Sul bancone, pane tostato, uova, broccoli e salse varie. Col passare del tempo e degli ascolti notai anche che, tutti a parte uno, tenevano fra le mani quotidiani inglesi. Quando cercai informazioni sulla band mi trovai davanti alla spiegazione di quella foto e ad una storia decisamente particolare su cui torneremo più tardi. Quello che è certo è che imparai che la pancetta fritta a colazione fa parte della cultura gastronomica sia dei Britannici che, consequenzialmente, degli Statunitensi. Centinaia tra film e serie TV lo avrebbero confermato in seguito, a prescindere dalle mie indagini

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musicali ma, tant’è, come dargli torto? Ora, al di là della bontà e della sua collocazione a colazione, il bacon e la pancetta sono la stessa cosa? Molti tendono a rispondere di sì, sbagliando. La pancetta, infatti, si ricava dalla parte ventrale del maiale, che viene poi cosparsa di sale (in alcune regioni vengono utilizzati anche pepe e altre spezie) e poi viene lasciata riposare per alcuni giorni e preparata per il risultato finale (arrotolata, steccata o stesa). L’ultimo passaggio è la stagionatura che va da 50 fino a 120 giorni. Il bacon, invece, ha natura e preparazione diversa. Il nome deriva dal termine germanico bacho, che significa “posteriore del maiale” o “prosciutto”, e per farlo si utilizzano diverse parti oltre alla pancia come la schiena, i lombi, la gola e i fianchi, che vengono poi lasciate in salamoia con spezie e aromi. Il tutto viene fatto essiccare per alcuni mesi e poi cotto nel forno, al vapore, bollito oppure affumicato. Ciò che si ottiene è legato ovviamente al taglio originale. Il back bacon è di lombo e più magro, il jowl bacon è ottenuto dalla gola, il cottage bacon dalla spalla, lo slab bacon dai tagli minori laterali. Infine, il “corrispettivo” della pancetta, lo streaky bacon. A tutto questo sarei arrivato molto dopo, perché mi incuriosì molto di più la storia del gruppo che faceva colazione negli States. Così imparai che nel 1969 STANLEY AUGUST MIESEGAES, un mecenate olandese, smise di finanziare una giovane band, The Joint, deluso dal loro mancato successo. Era però talmente colpito dal talento del loro tastierista, che gli offrì la possibilità di formare un altro gruppo, ponendolo come leader come condizione indiscutibile per il suo investimento. A RICK DAVIES, questo il nome del musicista, si affiancò ROGER HODGSON. I due, che sarebbero poi stati il nucleo compositivo ed interpretativo del gruppo, avevano due concezioni della musica opposte: il primo, erede di una famiglia working class, aveva come riferimenti jazz e blues, mentre il secondo, prove-

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niente da una famiglia borghese e da studi accademici, era affascinato dal pop intriso di psichedelia della Swinging London. Queste diversità messe in connessione tra loro generarono una collaborazione artistica molto propizia, completata al principio dai testi del futuro paroliere dei King Crimson, RICHARD PALMER. Il gruppo, forse per un ironico omaggio al loro finanziatore, decise di chiamarsi Daddy, ma durò poco perché un altro gruppo aveva un nome simile, Daddy Longlegs. Fu così che ispirandosi al

libro di W.H. DAVIES, The Autobiography of a Super-Tramp, decisero di assumere il nome per cui li ricordiamo. Gli inizi, pur con il plauso della critica, furono disastrosi a livello commerciale e Miesegaes smise di supportare economicamente la band. Questo, assieme all’ultima occasione garantita dalla casa discografica, paradossalmente coincise con la consolidazione del progetto. Al bassista scozzese D OUGIE THOMSON, si aggiunse il sassofonista JOHN ANTHONY HELLIWELL e

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completò il quintetto il batterista di origine californiana BOB SIEBENBERG. Questa formazione nell’arco di un decennio produrrà i migliori album di Supertramp e li renderà uno dei più popolari gruppi della scena pop britannica. Ed ecco qui il perché del retro copertina e il nome dell’album: ogni musicista leggeva un quotidiano della sua città natale all’interno di un locale di Los Angeles dove si erano trasferiti per registrare il disco. Un lavoro, il nostro “Breakfast In America”, che gli permette di compiere un ulteriore salto di livello, diventando di fatto un’icona pop. Comincia dal silenzio e da un crescendo di un pianoforte elettrico, esplode assieme ad un groviglio chiassoso di strumenti che porta ad uno straniamento al di là del testo, col ritornello che sfuma in un assolo di sax che scava nell’inquietudine delle domande e della consapevolezza. È Gone Hollywood, routine e solitudine nella caricatura del “sogno americano” attraverso le vicissitudini di chi cerca e trova il successo, per poi finire come chi lo ha nel tempo rifiutato nel cinico cerchio dello spettacolo. Logical Song sboccia con la grazia propria di quelle canzoni che si collocano perfettamente in un luogo che ognuno di noi custodisce e che era in attesa di essere raggiunto. Un equilibrio incredibile costituto da approccio melodico tanto semplice quanto foriero di suggestioni. Il ricordo e la nostalgia che camminano accanto fino al sax che stavolta irrompe per evadere, schizzando leggero e cambiando la canzone che rigogliosa e bizzarra si trasforma fino a perdersi assieme ad effetti digitali uniti a Wurlitzer e gorgheggi isterici e nonsense. È ancora un perfetto contrasto tra un testo nettamente triste e a tratti angosciante e strutture strumentali all’opposto, prima speranze poi gioiose e intersecate ad un irrazionale allegria. Goodbye Stranger è un prodigio pop già prima del ritornello, che lo porta ad essere indiscutibilmente una delle pietre miliari di genere. Brevi ed epici riff di elettrica che in-

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terrompono una tastiera diafana col tempo segnato da un basso che sale e scende e un drumming minimale, preparano la scena ad un momento perfetto: la chitarra slabbrata su un pianoforte da Saloon che sembra fischiettare e poi il falsetto di Davies che ti porta via. Via, ma non c’è posto per negatività o sentimenti aridi, solo il commiato di chi si è unito per qualche ora e adesso si separa, o forse di chi lascia tutto per un sogno. C’è comunque lo spazio per il gioco, nel rimpiattino dell’assolo finale di Hodgson, una divagazione scintillante e per un tratto anche scherzosa, indelebile nella sua freschezza. Il quarto brano, il più breve dell’album, è la title track, una marcetta capace di incantare con un andamento circense “Take a jumbo cross the water / like to see America/ See the girls in California”, quasi una giostra insolente fatta di cori e fiati a ricamare le tastiere. Chissà se il protagonista di Oh Darling è lo stesso di Goodbye Stranger che ha cambiato idea tornando o rimanendo, invece di andarsene prima dell’alba. Intanto sfuma sognante alla fine di una melodia concentrica e armonica, con chitarre a raddoppiare sugli accordi di piano mentre si cantano promesse. È già tempo di girare lato e far partire Take The Long Way Home che apre una serie di brani più riflessivi rispetto a quelli appena ascoltati. Una armonica a segnare di mistero e malinconia una canzone in cui si impone un ritornello che racconta lo scintillio del successo — “And when you’re up on the stage, it’s so unbelievable, Oh unforgettable, how they adore you” —, e il suo prezzo pagato con la vita personale “Does it feel that your life’s become a catastrophe?”. Ancora la solitudine al centro dell’invocazione vestita di Spiritual in chiave pop di Lord Is It Mine dove assieme al piano e alla voce solista di Hodgson è fondamentale nella coda il rimarcare della batteria che sottolinea il carico emotivo del brano.

Davies prende la scena con due brani molto diversi tra loro in sequenza. Prima la dirompente Just Another Nervous Wreck che ricorda in certe dinamiche il brano di apertura, dove dal successo si finisce nella polvere. Casual Conversations è amara analisi dell’incomunicabilità resa attraverso un sarcastico arrangiamento lounge. L’epilogo è una liberatoria e sconvolta dichiarazione di redenzione fatta di visioni e lisergiche allucinazioni. Child Of Vision è una lunga danza basata su un midtempo ripetuto, quasi costante interrotto soltanto per prender fiato e ricominciare. E così, arrivati alla fine, rimane la sensazione forte di aver ascoltato undici storie di persone comuni, senza la distanza di un ideale. C’è invece un’umanità che si racconta con tormento e vitalità assieme, dove amarezza e gioia si alternano con rapidi movimenti mentre ci si sposta verso l’America attraverso strade incerte. Perché un viaggio così non può prescindere da illusioni e retorica, mistificazioni e disillusioni, sorpresa e fascinazione. Non c’è rivoluzione nei Supertramp, nemmeno in “Breakfast In America”, ma dinamiche pop che hanno avuto la forza di imporsi fin dal primo ascolto come qualcosa di ancestrale e riconosciuto, un meccanismo tanto efficace come raro a dispetto delle apparenze. Sicuramente un tratto distintivo della coppia Davies e Hodgson è quel modo di suonare il Wurlitzer, suonando una nota e smorzando quella successiva, che rende immediatamente riconoscibile una canzone dei Supertramp. Così come la pancetta a colazione. In che senso? Una volta che l’hai provata, ti lascia un desiderio così facile che ti rimane in testa, come una canzone che non sapevi di conoscere e che ti ritrovi a cantare. Giovanni Papalato Nota A pagina 142, photo © mockup graphics; a pagina 143, photo © Lucio Pellacani.

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4/7maggio2021

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STORIA E CULTURA

L’allevamento nel Regno di Napoli nel ‘700 di Andrea Gaddini

L’

abate cistercense PLACIDO TROYLI (1688–1757), originario di Montalbano Jonico, in provincia di Matera, è noto per aver scritto una poderosa Istoria generale del Reame di Napoli in dieci volumi, stampata a Napoli dal 1747 al 1754. Nella Istoria l’abate descrisse lo “Stato antico e moderno delle Regioni e Luoghi che ’l Reame di Napoli compongono, una colle loro prime Popolazioni, Costumi, Leggi, Polizia, Uomini Illustri e Monarchi”. Nella parte prima del tomo primo, Troyli ci propone una descrizione degli animali allevati nel regno, con numerosi allacci alle descrizioni degli autori antichi sugli animali allevati nelle stesse zone nei tempi antichi.

Degli animali vaccini Troyli spiega che i bovini abbondavano in tutto il regno, ma soprattutto in provincia di Salerno, in Basilicata, e in Calabria, zone ricche di montagne coperte di foreste per il pascolo estivo, ma anche di pianure paludose (“maremme”) in parte boscose, adatte per il pascolo invernale. Qui gli animali si nutrivano più di cespugli e sterpi che non di erbe e la loro esigenza principale era di trovare ombra e acqua d’estate in luoghi dove non arrivassero mosche e tafani. L’abate attribuisce al re Ferdinando d’Aragona la decisione di creare una razza bovina migliorata in Calabria, citando una sua lette-

Jakob Roos, detto Rosa da Napoli (1682-1730), Scena pastorale, olio su tela (www.artnet.com).

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ra del 1487, in cui ordinava di mandare 200 capi nella Baronia del Bianco, all’epoca carente di bestiame, e altre nei luoghi dove il bestiame era più grande e robusto. Secondo Troyli la zootecnia bovina del regno forniva preziose merci da esportare nello Stato della Chiesa, come la carne di grande qualità, le vitelle di Sorrento, allevate in stalla e nutrite solo con latte, e le giovenche campereccie di Nocera, grasse, tenere e dolci, grazie alla bontà del pascolo, soprattutto quando comprendeva le rape. Altre merci preziose per l’esportazione erano i burri e i formaggi, in particolare i caciocavalli dell’attuale provincia di Potenza, come quelli del Fojo (monte) sopra Ruoti, di Avigliano, del Pollino in territorio di Noja (oggi Noepoli) e quelli di Capperino nei pressi di Pietrapertosa. Questi formaggi dovevano la loro qualità alla bontà dei pascoli e al fatto di non essere “sbutirati”, ossia di essere prodotti con latte non scremato, al contrario di quanto si faceva in Calabria, e in particolare nella Sila di Cosenza, dove con la parte migliore della cagliata si producevano i formaggi detti raschi destinati ai latifondisti, mentre con il resto si producevano i caciocavalli, che di conseguenza erano poveri di sapore. Un altro beneficio derivato dai bovini era quello dell’uso dei buoi come animali da lavoro, sia per i lavori agricoli sia per la trazione di carri, specialmente in Terra di Lavoro, tra le attuali province di Caserta e Frosinone. Troyli descrive l’allevamento dei bufali, presenti nelle maremme paludose e in luoghi caldi in inver-

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no, come le zone di Fondi, Sessa Aurunca, Capua e Aversa in Terra di Lavoro, Eboli e il Vallo di Diano in provincia di Salerno, Policoro, San Basilio e Montescaglioso in Basilicata, il Vallo di Cosenza, Corigliano, Cassano e Altomonte in Calabria e in altre parti del regno. Anche per i bufali il prodotto era doppio, da un lato le carni, sebbene di qualità inferiore a quelle bovine, e il fegato, il ventre, le cervella, la lingua, i piedi e il lacerto, che erano invece delicati e gustosi, e i latticini freschi, come le provature ed i burri (la mozzarella era poco diffusa, mancando mezzi di refrigerazione). Dall’altro lato i bufali maschi fornivano lavoro per tirare l’aratro e i carri da trasporto, ed erano più forti dei buoi per la capacità di piegare le ginocchia e fare maggiore sforzo con gli omeri. In più il cuoio dei bufali era particolarmente spesso e ricco di fibra, rivelandosi più resistente rispetto a quello fornito dai bovini. Delle pecore Secondo l’abate non c’era provincia del regno in cui non si allevassero ovini, e cita, sia pure con qualche riserva, FILIPPO BRIEZIO, il gesuita francese PHILIPPE BRIET (1601-1688), per il quale nella sola Puglia si arrivava a punte di cinque milioni di capi per la transumanza invernale dai pascoli estivi dell’Abruzzo. L’importanza di questa transumanza è testimoniata dai ricchi dazi incassati dalla Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia, istituita nel 1447 dal re Alfonso I d’Aragona, anche se l’uso di sottoporre a dazio le greggi e le mandrie in transumanza risale all’epoca romana repubblicana. Dopo l’interruzione all’epoca delle invasioni barbariche, la transumanza era ripresa con la dominazione normanna: nel secolo XII, Ruggero III, duca di Puglia, aveva concesso ai frati dell’abbazia di Montecassino il diritto di pascolo nelle pianure pugliesi. Troyli, nel tomo IV della Istoria, riporta le tariffe per il pascolo, espresse per cento capi; pagata la tassa, era rilasciata ai pastori la

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Domenico Brandi (1683-1736), Scena pastorale, 1730, olio su tela, The Hermitage, San Pietroburgo (www.wga.hu). scrittura che dava conto della posizione fiscale regolare del gregge, evitava la confisca del bestiame e lo esentava da ogni ulteriore tassa. Le greggi provenienti da fuori il regno di Napoli beneficiavano di una tariffa ridotta. Gli appezzamenti erano sorteggiati, anche se spesso gli assegnatari si accordavano tra loro, preferendo tornare sempre nello stesso pascolo, dove di solito avevano apprestato strutture fisse per l’alloggio dei pastori e il ricovero del bestiame. Troyli ricorda che le pecore del regno erano per lo più rustiche o carfagne di lana, ossia dalla lana grezza e ruvida, finché non intervenne lo stesso re Alfonso I, introducendo dalla Spagna arieti di ceppo merino, dando così origine alle razza Gentile di Puglia, dalla lana molto pregiata, ma oggi pressoché scomparsa. Oltre che in Puglia, altre greggi erano portate al pascolo invernale nelle maremme di Calabria e Basilicata. Come per i bovini, molti prodotti, soprattutto gli agnelli e i castrati, erano facilmente esportati nello Stato della Chiesa, grazie al loro prezzo conveniente. Il secondo prodotto

era la lana, di ottima qualità, e infine i formaggi pecorini, detti casci, tra i quali erano molto rinomati quelli di Pisticci e paesi vicini, in Basilicata, grazie ad un’erba che cresceva in quei pascoli, detta salsugina, molto apprezzata dalle pecore, che rendeva i formaggi piccanti, con una lacrima di butirro che ne sgorgava nel tagliarli. Le capre secondo l’abate Troyli erano meno diffuse in Puglia che in Calabria, in Basilicata, o in provincia di Salerno. La Puglia forniva i climi caldi di cui hanno bisogno in inverno ma, sebbene fosse ricca di pascoli, era povera delle macchie e degli arbusteti dei quali le capre hanno necessità. I prodotti dell’allevamento caprino erano innanzitutto i capretti, ma anche i corami, adatti per le scarpe e lavori simili. Il latte era poi prodotto in modo più abbondante rispetto alle pecore, ma essendo i formaggi di solo latte caprino meno saporiti, si preferivano quelli misti di latte ovino e caprino. Facevano eccezione le ricotte di puro latte caprino, tra cui quelle di Massa, molto apprezzate a Napoli in estate, quando le pecore non producevano latte, essendo in gravidanza.

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Ritratto del canonico Don Placido Troyli (1688– 1757) nel suo studio, palazzo comunale Montalbano Jonico (fonte: www.catalogo.beniculturali.it). A sinistra, il frontespizio dell’Istoria generale del Reame di Napoli, stampata a Napoli dal 1747 al 1754.

Troyli ricorda che il medico greco GALENO, attivo nella Roma imperiale, lodava il latte di Stabia (oggi Castellammare di Stabia) tanto da consigliarlo come medicina ai suoi pazienti. In un capitolo successivo l’abate si sofferma sulla qualità delle lane pugliesi, appoggiandosi soprattutto alle testimonianze degli scrittori classici, che lodavano quelle di Lucera o di Taranto, e descrive quelle di Canosa, di colore rossastro e più grezze e adatte ai materassi o ad abiti di poco prezzo. De porci L’abate riferisce che qualcuno per

rispetto preferiva non chiamare i suini con il loro nome ma nominarli come “animali neri”, anche se una buona parte di essi aveva in effetti mantello bianco. La ricchezza di boschi ghiandiferi del regno di Napoli, specie nelle zone montane, per Troyli non aveva paragone nel resto d’Italia, come anche la qualità delle carni. Infatti i suini regnicoli, pascolando per luoghi impervi e scoscesi, avevano carne soda, detta carne di corsa, a differenza di quelli allevati in pianura, che davano carne frolla e mucida, per mancanza di moto. Quando poi la carne veniva salata

La ricchezza di boschi ghiandiferi del regno di Napoli, specie nelle zone montane, per Troyli non aveva paragone nel resto d’Italia, come la qualità delle carni. I suini regnicoli, pascolando per luoghi impervi e scoscesi, avevano infatti carne soda (carne di corsa), a differenza di quelli allevati in pianura, che davano carne frolla e mucida

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in luoghi freddi, come in Abruzzo, Basilicata, Calabria e provincia di Salerno, diventava più saporita. La parte più pregiata del maiale per l’abate era la verrinia, ossia la parte inferiore della scrofetta lattante, già menzionata dallo scrittore latino MARZIALE, che la chiamava sumen. Troyli ricorda che la Basilicata pagava i suoi tributi a Roma esclusivamente per mezzo di suini e che già lo stesso Marziale definiva lucanica un tipo di salsiccia della zona. De cavalli Troyli aveva messo gli equini al primo posto della sua trattazione, dedicando loro più spazio che a tutte le altre specie messe insieme, il che è logico vista l’importanza che all’epoca aveva il cavallo come animale da sella e come motore animale. L’abate spiega che i cavalli del regno di Napoli erano più forti, vitali e longevi degli altri grazie alla modalità di allevamento che prevedeva

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Suino Apulo calabrese, incisione (photo © www.nerodicalabria.com). la transumanza delle giumente in inverno in luoghi caldi, e in estate in luoghi montuosi, su pascoli con erbe fresche e ruscelli quasi gelati e lontani da mosche e tafani. Dopo aver ricordato i pregi dei cavalli del passato, come quelli di Sibari in epoca greca, quelli di Capua in epoca romana, l’abate elenca un gran numero di luoghi di allevamento delle tre razze del regno, quelle di Puglia, di Basilicata e di Calabria. Troyli riporta le Regie difese e gli erbaggi delle tre regioni nei quali si allevavano i cavalli nel XIII secolo, e poi l’inventario dei luoghi di allevamento all’epoca di Ferdinando I, re dal 1458 al 1494. Troyli menziona l’accorpamento della razza di Calabria con quella di Puglia sotto Filippo III, della dinastia austriaca degli Asburgo. Da queste razze ogni anno in maggio il Regio Cavallerizzo sceglieva le migliori femmine e puledri, questi ultimi avviati al maneggio e a tirare le carrozze, mentre i capi di eccellenza erano inviati al re in Spagna. I cavalli non scelti erano venduti o destinati alla cavalleria militare. Secondo l’abate, a partire dal regno di Filippo V (1683-1746), le razze del regno erano entrate in crisi a causa dell’abbandono in cui erano state lasciate, essendo troppo vivaci per la cavalleria tedesca del

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re, greve e flemmatica, e solo Carlo di Borbone (1716-1788) aveva ripreso la selezione, importando giumente dalla Spagna, agili e di leggier cammino, allevando le mandrie reali in inverno a Lucera, nel foggiano, e d’estate nei “mazzoni” di Aversa, nel Casertano. Troyli passa infine a descrivere asini e muli, ricordando che, secondo lo storico Svetonio, Nerone, non si metteva in viaggio senza avere al seguito cinquecento carri tirati da muli di Canosa, ferrati in argento. Per il presente lodava in modo particolare gli asini di Terra d’Otranto, ottimi per la produzione di muli di grandi proporzioni.

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Conclusione Nonostante gli oltre due secoli e mezzo passati, la descrizione del Troyli rimanda ad alcune situazioni dell’allevamento che, seppur non attuali, lo erano ancora nel corso del XX secolo e raccontano una società in cui gli animali da reddito svolgevano un ruolo fondamentale nella vita sociale. Andrea Gaddini Bibliografia • TROYLI PLACIDO (1747), Istoria generale del Reame di Napoli, Tomo I, Parte I, Napoli. • TROYLI PLACIDO (1751), Istoria generale del Reame di Napoli, Tomo IV, Parte III, Napoli.

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La buona carne di cinghiale di Giovanni Ballarini

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in dalla preistoria il cinghiale è considerato fonte di cibo, selvaggina nobile e al tempo stesso un avversario temibile, come

quello che ferisce ODISSEO procurandogli una ferita che lascia una cicatrice riconosciuta dalla nutrice Euriclea. Nell’antica Grecia il

Da sempre considerato al contempo una preda ambita per la sua carne ed un fiero avversario per la sua tenacia in combattimento, il cinghiale appare frequentemente, e spesso con ruoli da protagonista, nella mitologia di moltissimi popoli.

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cinghiale, anche per le abitudini notturne e la colorazione scura del manto, è un simbolo di morte e la stagione della sua caccia si apre il 23 di settembre, giorno vicino alla fine dell’anno e omologo al nostro 1o novembre. Nella mitologia celtica il cinghiale è figura della divinità Arduina e sacro al dio Lúg e frequente immagine araldica, come presso le popolazioni italiche per le quali è associato a forza, coraggio e valore in battaglia, tanto che è spesso un emblema di reparto come per la X Legio Romana. Originario dall’Eurasia al Nord Africa, il cinghiale si è diffuso o è stato introdotto in gran parte del globo. I cinghiali, interfecondi con i maiali domestici, sono animali onnivori, voraci, resistenti e adattabili che si attivano nelle ore serali, con le femmine e i cinghialotti cuccioli che vivono in gruppo, mentre i maschi adulti hanno abitudini solitarie e per questo dal termine di animale singolo (singularis) deriverebbe il nome italiano di cinghiale. La presenza del cinghiale in Europa, molto grande nel Medioevo, si è ridotta fino a metà del secolo scorso per poi avere un progressivo aumento dopo la Seconda Guerra Mondiale in seguito allo spopolamento e all’abbandono delle aree rurali. In Italia esistevano le sottospecie del cinghiale maremmano (Sus scrofa majori), sardo (Sus scrofa meridionalis) e una terza razza dell’Italia settentrionale ormai estinta da secoli. All’inizio del Novecento il cinghiale è praticamente confinato alla Maremma, alla Sardegna e ad alcune aree dell’Appennino centromeridionale. A partire dalla metà del secolo passato, con l’abbandono delle campagne soprattutto nelle aree pedemontane, la popolazione comincia a crescere, col ritorno dei cinghiali

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Originario dell’Eurasia e del Nordafrica, nel corso dei millenni il cinghiale è stato a più riprese decimato e reintrodotto in ampie porzioni del proprio areale ed anche in nuovi ambienti, dove si è peraltro radicato talmente bene, grazie alle sue straordinarie doti di resistenza ed adattabilità, che al giorno d’oggi viene considerato una delle specie di mammiferi a più ampia diffusione. che negli anni ‘60 e ‘70 sono incrementati anche dalle introduzioni a scopo venatorio di esemplari di Sus scrofa majori di grande taglia provenienti dall’Ungheria. Oggi in Italia il cinghiale è largamente diffuso nelle zone boschive alpine e appenniniche e nelle isole. In Italia un milione di cinghiali Nel passato i lupi e soprattutto alcune infezioni limitavano il numero dei cinghiali, ma da quando i lupi sono stati fortemente ridotti perché dannosi per le greggi e le infezioni sono state controllate nei maiali domestici non più colpendo anche i cinghiali, questi sono divenuti una popolazione invasiva, anche se dove questa specie è autoctona e numericamente controllata esercita un’azione positiva, smuovendo e aerando lo strato superficiale dei terreni boschivi, limitando la presenza di insetti e favorendo l’interramento dei semi. Secondo una stima indicativa dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale

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(ISPRA) in Italia sono presenti circa un milione di cinghiali che possono spingersi alla ricerca di cibo nelle aree urbanizzate confinanti con ambienti rurali o selvatici, mirando anche alle discariche e ai punti dove possono trovare immondizia e scarti alimentari. L’eccessiva presenza di questo animale costituisce un problema ambientale, sanitario e di sicurezza stradale e per questo nelle aree più densamente popolate si organizzano battute per diminuire il numero di cinghiali con piani che prevedono abbattimenti, catture, sterilizzazioni e inserimenti di lupi, mentre per proteggere le coltivazioni un metodo efficace è l’installazione di recinzioni elettrificate. Carne di cinghiale Il cinghiale è da sempre un animale dalla carne pregiata, tanto da essere stato riservato per la caccia dei nobili assieme al cervo. La carne di questo animale aveva e continua a avere un importante posto nella cucina

e per la conservazione salumiera, apprezzata per il suo gusto che si richiama contemporaneamente a quello del maiale domestico e della cacciagione. Ha un alto valore nutrizionale, ha speciali proprietà sensoriali ed è considerata una fonte significativa di cibo sano. È inoltre una carne ricca di sapori che derivano dalla varietà dell’alimentazione di questi animali e varia dai luoghi e del periodo stagionale. La carne di cinghiale ha un sostenuto contenuto proteico, un basso quantitativo di grassi prevalentemente insaturi e un buon contenuto di minerali e vitamine. Le proteine della carne di cinghiale hanno una composizione di amminoacidi simile al muscolo umano e sono una fonte eccellente di amminoacidi necessari per la crescita, la riparazione e il mantenimento. Analogamente ad altri animali monogastrici, la composizione degli acidi grassi dei cinghiali dipende dalla loro alimentazione perché, a differenza dei ruminanti, i doppi legami di acidi grassi non vengono idrogenati durante la digestione. In natura i cinghiali mangiano una grande varietà di piante autoctone, cereali, semi, radici, frutti, insetti, lombrichi, lumache e piccoli mammiferi, con la maggior parte del cibo consumato costituito da materiale vegetale, quindi la loro carne ha un equilibrio di vitamine e microelementi. Sicurezza della carne di cinghiale La qualità della carne di cinghiale, analogamente a quanto avviene per altri animali selvatici, dipende da molti fattori che vanno dalla caccia alla lavorazione della carne e alla sua conservazione, incidendo sulla qualità igienica della carne potendo rappresentare un rischio per la salute dei consumatori. I batteri contaminanti la carne di solito si trasferiscono dal tratto digestivo o dalla pelle della carcassa durante la macellazione che deve essere eseguita rapidamente dopo l’abbattimento dell’animale e in modo corretto perché la presenza nelle carni di questi batteri può determinare un deterioramento delle carni e la

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Cinghiale in dolceforte, ricetta rinascimentale toscana (photo © Osteria Il Vicolo, www.visittuscany.com). produzione di ammine biogeniche (putrescina, cadaverina, tiramina e istamina) che nei consumatori possono causare nausea, mal di testa, eruzione cutanea e variazioni della pressione sanguigna (ZDEŇKA HUTAŘOVÁ et al., 2014, Effect of storage conditions on the biogenic amine content in wild boar meat, Acta Vet. Brno, 83: 61-65 pp.). Le carni di cinghiale, se mangiate poco cotte o crude, come potrebbe essere per le salsicce fresche o altri salumi poco stagionati, possono trasmettere infezioni pericolose e tra queste soprattutto la trichinellosi, infezione da Trichinella spiralis. Da non dimenticare inoltre che il cinghiale può veicolare patologie altamente contagiose per gli animali, come la peste suina classica e quella africana endemica in Sardegna, la malattia di Aujeszky e altre infezioni. Il rischio più concreto e quello della trichinellosi e per questo, secondo le normative in vigore, la carne di cinghiale deve essere sottoposta a esame trichinoscopico da parte della Azienda Sanitaria Locale e solo dopo un responso negativo dell’esame può essere commercializzata e mangiata. Per acquistare carni e prodotti a base di cinghiale (soprattutto salsicce o salumi a breve stagiona-

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tura) è quindi importante rivolgersi solo a produttori di fiducia che garantiscano l’avvenuto controllo, che non è ovviamente eseguito su animali cacciati e abbattuti di frodo che arrivano al piccolo consumo familiare e dove il rischio di entrare in contatto con la Trichinella spiralis è piuttosto elevato, anche se eliminato dalle prolungate cotture della cucina tradizionale. Cinghiale in cucina La cucina del cinghiale ha uno stretto legame con quella del maiale e percorre le due strade della cottura (cucina propriamente detta) e della conservazione delle carni con il sale e la stagionatura (salumeria) con differenziamenti regionali e variazioni connesse al passare del tempo. Era uno degli animali preferiti nei banchetti dei nobili e nel Rinascimento, ad esempio, a Siena e a Firenze si cucinava il cinghiale “in dolceforte”, una salsa preparata con panforte e biscotti cavallucci tritati, cioccolata fusa nel burro, uva sultanina, pinoli, noci e aceto, secondo il gusto rinascimentale dei contrasti tra dolce e salato. In Toscana regnano le pappardelle al sugo di cinghiale, in cui si utilizza la polpa sotto forma di bocconcini, con la variante ragù (dopo lunga

marinatura la carne è cucinata con sugo di pomodoro, vino rosso, timo, rosmarino, salvia, pepe, carote, sedano, cipolle e bacche di ginepro). In Umbria si trova anche la versione bianca, senza pomodoro. Con la carne di cinghiali giovani ottime sono le braciole o le costolette grigliate o al forno, e non è raro il cinghiale in porchetta. Nella Maremma toscana il sapore di questa carne è esaltato nel cinghiale in umido (in spezzatino o alla cacciatora), nel quale la polpa a pezzetti e marinata è sottoposta a lunga cottura assieme a pomodoro, olio extravergine d’oliva ed eventuale aggiunta di olive. In Sardegna si mangia il cinghiale al Cannonau e il cinghiale in agrodolce profumato col mirto. Nell’Italia Settentrionale lo spezzatino di cinghiale è spesso servito con la polenta, in Emilia si abbina anche alle patate. In Piemonte vi è il cinghiale al civet, spezzatino cotto col brandy e il brodo di carne. In Calabria il cinghiale si sposa in piatti con cipolle di Tropea e peperoncino. In Umbria, come in Toscana, è frequente la preparazione di salumi a base di cinghiale: salsicce fresche o secche, salami e prosciutti. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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