Eurocarni 10-2024

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Anno XXXIX N. 10 • Ottobre 2024

€ 5,42

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Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE

EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA

US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

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Guidi– Prof. Andrea Strata

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EUROCARNI

EUROCARNI

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Speciale Maremmana La razza, la carne, gli allevatori, i Consorzi, le macellerie

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Massimiliano Rella 114

Azienda Agricola Mariotti e Consorzio Carne Razza Maremmana Bio Massimiliano Rella 120

Azienda Agricola Gabrielli e Agriturismo Il Noce

Massimiliano Rella 125

Sassicheta Art, macelleria con cucina e mensa Massimiliano Rella 128

Laganga style Massimiliano Rella 132

Macellerie d’Italia Paolo Lucariello, la rivincita della macelleria (con osteria)

Riccardo Lagorio 136

Antichi Sapori, una macelleria e una storia di carne e laguna Gian Omar Bison 138

La buona carne Stinco di manzo: tanto connettivo per i diversi utilizzi

secondo Lara

#LaParolaGusta Porcobrado, apre il secondo locale milanese

Buona carne non mente Carlo Alberto Menini: oltre la macelleria

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LA CARNE NEL MONDO

Mondo: Rabobank e il rapporto trimestrale globale sulla carne suina, III trimestre 2024

Un contesto di costi in miglioramento e una domanda resiliente supportano le prospettive per il mercato della carne suina. Il commercio globale si trova ad affrontare sfide derivanti dalle dinamiche geopolitiche: l’avvio da parte della Cina di un’indagine antidumping sulle importazioni di carne suina dall’UE sta sollevando preoccupazioni sulla vulnerabilità del commercio globale e la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina iniziata nel 2018, che aveva già modificato parte delle dinamiche commerciali, con le imminenti elezioni presidenziali statunitensi che potrebbero portare cambiamenti alla politica commerciale statunitense, aggiungono complessità e incertezza al mercato. Nella seconda metà dell’anno l’equilibrio tra domanda e offerta di carne suina varierà nei diversi territori. Alcuni Paesi, come Cina, Vietnam e Filippine, vedranno una riduzione dell’offerta nella seconda metà dell’anno a causa di epidemie, mentre altre regioni, tra cui l’UE e gli USA, vedranno probabilmente un leggero aumento dell’offerta. Il recupero degli allevamenti sarà probabilmente più rapido del previsto, soprattutto nell’UE e in Cina. Gli aumenti di produttività continueranno nonostante i problemi ricorrenti di malattie in alcune regioni. La riduzione dei costi alimentari sosterrà l’aumento del numero di capi. Si prevede che le abbondanti forniture globali di cereali e semi oleosi faranno pressione sui prezzi dei mangimi nella seconda metà del 2024. Ciò continuerà a favorire i produttori e ad incoraggiare l’espansione degli allevamenti. La domanda di carne suina è resiliente. Il consumo di carne suina nella seconda metà dell’anno migliorerà vista la domanda stagionale. Inoltre, il calo dei prezzi della carne suina nell’UE e i prezzi deboli negli Stati Uniti dovrebbero sostenere il consumo di carne suina in queste regioni (fonti: Rabobank, research.rabobank.com; 3tre3.it).

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USA: più trasparenza su etichette carni e pollame. Aggiornate linee guida a supporto di dichiarazioni relative agli allevamenti Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) ha annunciato il lancio di linee guida aggiornate che forniscono raccomandazioni per rafforzare la documentazione a supporto delle dichiarazioni relative all’allevamento di animali o all’ambiente sulle etichette dei prodotti a base di carne o pollame. L’azione odierna si basa sul lavoro che l’USDA ha già intrapreso per proteggere i consumatori da etichette false e fuorvianti e per implementare l’ordine esecutivo del presidente Joe Biden sulla promozione della concorrenza nell’economia americana. «L’USDA continua a rispettare il suo impegno per l’equità e la scelta sia per gli agricoltori che per i consumatori e ciò significa supportare la trasparenza e gli standard di alta qualità», ha affermato il segretario all’Agricoltura Tom Vilsack. «Questi aggiornamenti aiuteranno a livellare il campo di gioco per le aziende che utilizzano sinceramente queste dichiarazioni e a garantire che le persone possano fidarsi delle etichette quando acquistano prodotti a base di carne e pollame». Claim come “Allevato senza antibiotici”, “Allevato al pascolo” e “All’aperto” e claim relativi all’ambiente, come “Allevato utilizzando pratiche di agricoltura rigenerativa” e “Rispettoso del clima” sono dichiarazioni di marketing volontarie che evidenziano determinati aspetti relativi a come vengono allevati gli animali di origine per i prodotti a base di carne e pollame o a come il produttore mantiene o migliora il terreno o implementa in altro modo pratiche sostenibili dal punto di vista ambientale. La documentazione presentata dalle aziende a supporto di queste dichiarazioni viene esaminata dal Food Safety and Inspection Service (FSIS) dell’USDA e le dichiarazioni possono essere incluse sulle etichette dei prodotti a base di carne e pollame venduti ai consumatori solo dopo essere state approvate dall’agenzia. L’ultima volta che il FSIS ha aggiornato le sue linee guida su queste dichiarazioni è stato nel 2019. Nella linea guida aggiornata, il FSIS incoraggia fortemente l’uso di certificazioni di terze parti per corroborare le dichiarazioni relative all’allevamento di animali o all’ambiente La certificazione di terze parti di dichiarazioni relative all’allevamento di animali o all’ambiente aiuta a garantire che tali dichiarazioni siano veritiere e non fuorvianti, in quanto un’organizzazione indipendente verifica che i propri standard siano rispettati in azienda per l’allevamento di animali e per la tutela ambientale. La linea guida rivista sottolinea inoltre una documentazione più solida per le dichiarazioni relative all’ambiente e all’allevamento di animali. Inoltre, la linea guida aggiornata raccomanda che le strutture che utilizzano dichiarazioni “negative” sugli antibiotici (ad esempio, “Allevato senza antibiotici” o “Nessun antibiotico mai”) implementino programmi di campionamento e test di routine per rilevare l’uso di antibiotici negli animali prima della macellazione o ottenere una certificazione di terze parti che includa i test. Le revisioni sono state informate da dati di campionamento, petizioni, commenti pubblici a tali petizioni e feedback ricevuti da un’ampia gamma di parti interessate (fonte: EFA News – European Food Agency).

Irish Grass Fed Beef Ora, anche IGP

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AGENDA

Clermont-Ferrand, Francia

Oltre 1.700 espositori, 2.000 animali e 120.000 visitatori sono attesi al Sommet de l’Élevage 2024, che si svolgerà dall’1 al 4 ottobre a Clermont-Ferrand. Prima fiera mondiale dedicata all’allevamento sostenibile, il Sommet ospiterà quest’anno il concorso nazionale della razza Salers (bovini da carne), con 400 animali in gara, e la competizione europea per la razza Simmental (bovini da latte), con la partecipazione di 56 vacche provenienti da 3 Paesi, oltre ad altri concorsi e conferenze. «Il nostro evento farà luce sulle numerose questioni che i professionisti dei settori agricoltura e allevamento si trovano ad affrontare oggi: il rinnovamento generazionale, la creazione di giovani aziende agricole, la qualità della vita sul lavoro, il miglioramento del reddito, i rischi climatici, il benessere degli animali, ecc…» ha dichiarato Fabrice Berthon, direttore generale del salone. «Il tutto in quella atmosfera festosa e amichevole che contraddistingue da sempre il nostro salone. In fondo, il Sommet è proprio questo: 4 giorni di condivisione, scambio e risate». Il Kazakistan sarà il Paese ospite d’onore (in foto capi di razza Charolais ad una passata edizione della fiera; photo © facebook.com/SommetElevage). sommet-elevage.fr

Parigi, Francia

Dal 19 al 23 ottobre SIAL Paris 2024 è pronta ad accogliere oltre 7.500 espositori in rappresentanza di più di 130 Paesi, con una previsione del 75% di visitatori internazionali. Tra gli highlights della prossima edizione ci sarà una nuova disposizione degli stand. Per migliorare l’esperienza dei visitatori, infatti, la nuova planimetria raggrupperà gli espositori per tema. In termini di partecipazione alla fiera, Francia e Italia si contendono il primo posto, con l’Italia attualmente in testa per superficie espositiva occupata, con circa 17.000 m2. La Cina torna con vigore, mettendosi in mostra su oltre 6.000 m di esposizione. Saranno presenti anche diversi paesi africani, con alcune partecipazioni collettive nel padiglione 5a. Le aspettative per una maggior presenza rispetto alle precedenti edizioni sono alte, con Costa d’Avorio e Senegal che hanno già confermato la loro partecipazione, sottolineando l’impegno di SIAL a costruire un evento inclusivo grazie all’internazionalità espressa in ogni settore. Ci saranno per la prima volta espositori partecipanti provenienti da Uganda, Libia e Iraq che arricchiranno ulteriormente la vivacità culturale del salone. Con una partecipazione stimata di 285.000 operatori, tra cui 8.000 grandi buyer con un potere d’acquisto complessivo di 50 miliardi di euro, SIAL Paris offre visibilità e opportunità di business senza eguali sulla scena globale ed è un evento di straordinaria importanza per la “gastrodiplomazia”, con oltre 100 delegazioni ufficiali attese per l’occasione (in alto, uno scatto presso lo stand delle Carni Gallesi fatto in occasione di SIAL Paris 2022; photo © sialparis.com). sialparis.com

Barcellona, Spagna

Meat Xperience è una fiera specializzata dedicata al settore della carne, macellerie e negozi di carne gourmet, in calendario a Barcellona nelle giornate del 27 e 28 ottobre. Durante questa due giorni, i visitatori avranno l’opportunità di immergersi in un ambiente in cui vengono presentati i migliori prodotti e servizi del settore, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo della loro attività. Meat Xperience è anche una piattaforma di formazione per le nuove tecniche di preparazione degli alimenti a base di carne, che promoverà la conoscenza condivisa di professionisti di tendenza in questo settore. Attraverso corsi e dimostrazioni dal vivo, i visitatori potranno esplorare nuove proposte di prodotti elaborati in linea con le attuali tendenze di consumo (photo © facebook.com/meatxperience). meatxperience.com

IL RUOLO DELLA TECNOLOGIA

L’appuntamento a Modena del 16 ottobre sarà focalizzato sulla PSA

La tecnologia sarà una protagonista importante alla prossima Giornata della Suinicoltura organizzata da Expo Consulting Srl, che si focalizzerà sull’emergenza Peste Suina Africana (Psa). L’appuntamento è fissato per il prossimo 16 ottobre a Modena. Spiega Elisabetta Zagnoli, AD di Expo Consulting: «Nell’organizzazione di questo importante evento, oltre a realizzare un programma dove saranno coinvolti tutti gli attori della filiera suinicola e le più importanti istituzioni per affrontare un tema di grande attualità e preoccupazione come la Peste Suina Africana, abbiamo voluto introdurre uno strumento informatico per favorire e facilitare l’interazione tra i relatori e il pubblico che sarà presente in sala, composto da allevatori, veterinari e operatori del settore. Sarà infatti disponibile una piattaforma web a cui si potrà accedere attraverso la scansione di un QR-Code che i partecipanti troveranno ben visibile all’ingresso quando si registreranno. Oggi la tecnologia mette a disposizione numerose soluzioni che possono essere facilmente utilizzate per una proficua interazione tra relatori e pubblico. Ritengo sia un metodo molto utile per sentirsi protagonisti proattivi e non passivi non solo di un evento importante quale sarà la Giornata della Suinicoltura, ma soprattutto di un’emergenza sanitaria che deve essere sconfitta auspicabilmente in tempi rapidi per la salvaguardia del comparto suinicolo nazionale». Secondo l’ultimo Rapporto Ismea pubblicato nel giugno scorso, nonostante la difficile congiuntura nei primi due mesi del 2024 le esportazioni dei salumi italiani hanno registrato un aumento pari a un +17,9% in valore e un +13,4% in volume, mentre ASS.I.CA. ha certificato che nel 2023 il valore della produzione di salumi in Italia ha registrato una crescita del 7,2% sul 2022, passando da 8.553 milioni a 9.168 milioni di euro.

L’emergenza legata alla diffusione della Peste Suina Africana rischia di mettere in ginocchio una delle voci più importanti dell’agroalimentare made in Italy, sia per l’eccellenza delle sue produzioni sia per il valore economico che rappresenta e che in due anni, dopo la scoperta della prima carcassa di cinghiale infetta ritrovata sull’Appennino tra Piemonte e Liguria, ha causato all’export una perdita di 500 milioni di euro (fonte: ASS.I.CA.).

La Giornata della Suinicoltura sarà quindi un importante momento di approfondimento e confronto tra i rappresentanti delle Istituzioni, gli esperti, gli allevatori e gli operatori del comparto

Per info e iscrizioni: expoconsulting.eu/giornata-della-suinicoltura

La suinicoltura italiana nella morsa

della Peste Suina Africana

Mercoledì 16 ottobre 2024

RMH Modena Raffaello Hotel (Modena)

PROGRAMMA

* Ore 8.30: registrazione e welcome coffee

* Ore 9.00

• La situazione in Italia e in Europa. E per un vaccino i tempi sono ancora lontani

Francesco Feliziani, responsabile del Centro referenze pesti suine, Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche, Perugia

• Eradicare la malattia: il modello sardo

Sandro Rolesu, direttore sanitario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna, responsabile scientifico Unità di progetto per la eradicazione della PSA in Sardegna

* Ore 10.00

• Allevatori, macellatori e grandi Gruppi uniti per la difesa del comparto

Rudy Milani, Alberto Cavagnini, allevatori

Thomas Ronconi, presidente di ANAS

Chiara Piancastelli, responsabile Ufficio Ricerca e Qualità del Consorzio del Prosciutto di Parma

Davide Calderone, direttore generale ASS.I.CA.

Carlo Lasagna, Gruppo Martini

* Ore 11.00

• Abbattimento dei cinghiali, recinzioni, biosicurezza. Tuttavia aumentano i casi negli allevamenti domestici italiani: si può ancora parlare di eradicazione della malattia?

Giovanni Filippini , Commissario straordinario all’emergenza PSA e direttore generale della Salute animale al Ministero della Salute

Giacomo La Pietra, Sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura (invitato)

Rappresentante della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

Simona Forcella, DG Sante Bruxelles

Simone Gilioli, Omar Gobbi, allevatori

• Dibattito

Moderano: Andrea Bertaglio e Anna Mossini , giornalisti

• Ore 13.30: fine lavori e light lunch.

Un evento straordinario ci attende!

Questo mese segna un momento speciale per noi.

Seguici per scoprire di più! YEARS ANNIVERSARY

Quarant’anni fa, alcune menti imprenditoriali hanno tracciato una strada che è diventata il presente che conosciamo oggi.

Persone che, con passione e determinazione, hanno applicato le loro conoscenze per sviluppare il settore della refrigerazione, contribuendo alla creazione di concept store, piccoli e grandi.

Tecnologia e stile si fondono armoniosamente, permettendoci di diventare un partner affidabile per tutti i nostri clienti e collaboratori.

Massimiliano Rella ci conduce in questo numero alla scoperta di una delle razze bovine italiane tra le più pregiate e straordinarie, la Maremmana. Simbolo di biodiversità, è allevata al pascolo con un sistema che mette al centro il radicamento profondo al territorio e alla sua gente, dall’allevamento fino al punto vendita.

In foto, Andrea Laganga, un butcher che ha fatto il giro del mondo e ogni giorno lavora e valorizza la carne di Maremmana nella macelleria di famiglia a Grosseto — che ha di recente festeggiato i 50 anni di attività — insieme al padre Beppe, ai fratelli Marco e Andrea e alla sorella Serena. A pagina 112 inizia lo Speciale (photo © Massimiliano Rella).

La famiglia Mongiorgi, proprietaria della storica Bottega Del Macellaio di Savigno (BO), ha strutturato l’offerta di un “pacchetto” turistico di tipo esperienziale dedicato in primis alla propria clientela di provenienza internazionale, che comprende diversi momenti all’esterno e all’interno della bottega. Si parte con la cerca del tartufo e si prosegue con due cooking class dedicate alla pasta fresca e ai salumi fino alla cena. Leggete l’intervista di Gaia Borghi ad Amedeo Mongiorgi a pagina 160.

LE STORIE DI BEPPE ROMEO

Durano solo 24 ore e sono una via di mezzo tra un diario di bordo e un flusso di coscienza, potente strumento di condivisione e racconto. Come le storie Instagram di Beppe Romeo (@bepperomeoo), meat influencer, tra le quali ogni mese selezioniamo un’immagine per noi forte e significativa. Qui Beppe era in Toscana in visita alla Macelleria Francini di Sambuca Val di Pesa (FI). Una bottega con cucina e griglia che celebra la carne secondo la tradizione fiorentina. Anche questa è Carnivore Essence (photo © @bepperomeoo).

DIAMO I NUMERI

Come si ripartiscono percentualmente le carni nel carrello della spesa?

Questo lo share in valore secondo dati ISMEA aggiornati a luglio 2024. Nel prossimo numero di EUROCARNI troverete un aggiornamento sulla domanda domestica di carne bovina (fonte: ismeamercati.it/carni/carne-bovina).

i GIÀ COTTI nel sacco i GIÀ COTTI nel sacco i GIÀ COTTI nel sacco

Pregiati tagli di vitello cotti a bassa temperatura e senza conservanti. Preparati secondo le ricette della tradizione con ingredienti senza glutine Pronti in pochi minuti di cottura nel forno, nel microonde o in padella.

MEAT PACK

Porcobrado in the box (in GDO)

Il celebre panino di Porcobrado è disponibile in GDO in una box contenente 1 porzione di carne cotta e confezionata sottovuoto + 1 panino artigianale in confezione salvafreschezza + 2 salse per la farcitura (una barbecue e l’altra con cipolle e mele). “La carne viene prodotta esclusivamente nella nostra fattoria di Cortona fra le più belle colline toscane. Alleviamo i nostri maiali di altissima qualità all’aperto, liberi di respirare aria pura, liberi di dormire sotto le stelle, liberi di correre, liberi di rotolarsi nel fango e grufolare tutto il giorno. Oltre al pascolo, i nostri maiali si nutrono di prodotti a km zero, soprattutto orzo e favino (non usiamo mais e soia come negli allevamenti industriali). La carne che ne deriva è di altissima qualità in quanto i nostri maiali crescono molto lentamente seguendo ritmi naturali ed il grasso che accumulano è ricco di acidi grassi insaturi quindi più buono e più sano” (fonte: porcobrado.com). Istruzioni per l’uso: scaldare la confezione di carne in acqua bollente, scaldare il panino in forno a microonde, assemblare e farcire con le salse a piacimento. A pagina 146 potete leggere l’intervista di Paolo Amedeo Garofalo al fondatore del brand, Angelo Polezzi.

UNA RIFLESSIONE SULLO STATO DELLE AZIENDE AGRICOLE PER L’ALLEVAMENTO E L’INGRASSO DEI BOVINI E DEI VITELLI

A CARNE BIANCA

“Per gli allevatori, in generale, il problema principale riguarda la reperibilità dei capi da allevare e portare all’ingrasso. Sappiamo che la maggior importazione

dei bovini da carne proviene dalla Francia. Questo perché le razze transalpine, come ad esempio la Limousine, la Charolaise, Blonde d’Aquitaine, l’Aubrac, si prestano meglio di altre all’ingrasso e

le loro carni sono altamente qualitative. Anche in Francia il settore è colpito dai costi, mentre i ristalli sono aumentati e per alcune razze il numero di capi è inferiore alla richiesta.

Sorge spontaneo chiedersi: tra 6, 8, 12 mesi il prezzo sarà congruo?

L’allevatore seleziona in base a criteri determinati dagli accordi commerciali sia con chi gestisce le filiere per la GDO, che riguardano il numero più elevato di capi da macello, ma anche quei rapporti con i piccoli artigiani della carne, ovvero i macellai o i piccoli grossisti che prediligono l’alta qualità. Questi ultimi si avvalgono ancora dei mediatori che conoscono bene il territorio e selezionano quelle piccole aziende dove ai numeri si preferisce fare un bovino o vitello di alta qualità, unico.

Allevando per fare una carne bovina su misura e porre al centro il benessere animale, puntando sulla riduzione dei farmaci, creando ampi spazi per muoversi e un’alimentazione controllata prodotta in gran parte in azienda o nel territorio circostante.

Chi punta sulla qualità del prodotto crea un insieme di sinergie atte a soddisfare le esigenze della clientela sempre più attenta al prodotto che consuma. Per fare un ottimo prodotto serve del tempo, anche più di un anno; importante è anche la struttura di macellazione. Come l’animale arriva, i tempi di attesa fino alla macellazione e la catena del freddo: per questo è importante il trasporto e la vicinanza tra allevamento e macello.

L’Italia è uno dei pochi Paesi europei che non è autosufficiente dal punto di vista della carne bovina: ne importa infatti quasi il 55% dall’estero, con le mie ovvie obiezioni. Nel periodo pandemico, che speriamo non torni mai più, molti settori dell’agricoltura sono stati colpiti negativamente, soprattutto per il blocco della ristorazione. Durante i periodi di restrizioni, per esempio, si è creato un eccesso di carne sul mercato europeo e molti Paesi hanno cercato di indirizzare il loro prodotto in Italia con effetti pesanti che hanno provocato un grave calo dei prezzi per i nostri produttori. In parte anche la ristorazione si è fatta coinvolgere, così che i piatti finiti ne hanno risentito. E aggiungo che la ristorazione può dare un grande aiuto, comunicando l’origine della carne.

Come accennato, i nostri allevatori vivono tra due scelte di destinazione del proprio prodotto: la Grande Distribuzione, che compra a prezzi schiaccianti, oppure trovare qualche spiraglio verso chi punta alla qualità e all’innovazione creando quei piccoli bistrot dove poter far degustare la propria carne. Una nicchia di mercato, certamente, ma che sta prendendo piede grazie al cambio generazionale.

Dove spiegare la carne, dimostrare e far capire ai consumatori che poi non è così difficile cucinare e creare un piatto succulento o gourmet nel vero senso della parola anche con i tagli minori.

Siamo quello che mangiamo ed è vero. Per questo sarebbe giusto che le aziende potessero contare su dei sostegni per fare marketing e creare un marchio per il proprio prodotto. Fino a registrarlo a mo’ di copyright. Grazie per l’attenzione”. Decimo Pilotto Mediatore di bovini Tombolo (PD)

CARNE E DIABETE: UNA NUOVA RICERCA INAFFIDABILE

È basata su studi di coorte, che non possono stabilire causalità diretta tra consumo e patologia

Le agenzie di stampa hanno recentemente diffuso uno studio che prova a dimostrare l’associazione tra consumo di carne e insorgenza di diabete di tipo 2. Come è noto, ad oggi la ricerca sull’argomento è arrivata alla sua fase conclusiva, dimostrando che la carne non aumenta la glicemia, la resistenza all’insulina, l’infiammazione e il rischio di diabete di tipo 2. Anzi al contrario, quando le persone sono incoraggiate ad eliminare cereali, amidi e zuccheri e a mangiare più carne, sono in grado

di invertire il diabete di tipo 2 e a farne scomparire i sintomi. Poi arriva questo nuovo studio (pubmed.ncbi. nlm.nih.gov/39174161) che dice esattamente il contrario: possibile che tutti gli studi clinici fatti sinora si siano sbagliati?

Tra gli autori dello studio figura Walter C. Willett, presidente per 25 anni del Dipartimento di Nutrizione dell’influente Harvard TH Chan School of Public Health (HSPH), e convinto sostenitore della dieta vegetariana. Mosso da una pluridecennale ideologia veg ampiamente

dichiarata, Willett è instancabile nel suo attacco alle carni e il suo nuovo studio insiste nel voler dimostrare a tutti i costi un collegamento fra carne e diabete.

Nina Teicholz, giornalista scientifica e prestigiosa firma del NEW YORK TIMES, spiega che «da 30 anni Willett è mosso da convinzioni ideologiche, legate a una vera chiesa che promuove i vegani, con innegabili conflitti di interessi finanziari che interferiscono con la pura ricerca della scienza. Questo è preoccupante, dal momento che Willett è autore

di quasi 100 articoli accademici su carne rossa e malattie e tutti si basano su ipotesi.

Nessuna delle sue conclusioni sulla carne rossa è stata confermata dall’esperimento. Se ipotizzo che i profumi facciano male ai polmoni, prima di dirlo alla stampa, devo testare l’ipotesi, altrimenti potrei indurre le persone a evitare inutilmente i profumi e arrecare danni irreparabili alle aziende produttrici di profumi.

Tuttavia, Willett da anni promulga le sue ipotesi ai media senza effettuare test o anche nonostante i test abbiano comprovato esattamente l’opposto. I suoi articoli vengono quasi sempre comunicati alla stampa dal team di pubbliche relazioni di Harvard, generando titoli onnipresenti. Il suo obiettivo è che le sue convinzioni raggiungano le più alte sfere del potere, influenzando le raccomandazioni politiche per l’intero globo».

In apparenza, lo studio appena rilanciato sembrerebbe di valore, essendo una metanalisi pubblicata sulla prestigiosa rivista The Lancet Diabetes and Endocrinology; in realtà presenta forti limiti, dati mancanti e nessun nesso causale, come stanno facendo notare diversi esperti nella ricerca scientifica. «Questa ricerca è una metanalisi che inserisce coorti

ex novo senza una storia clinica documentata alle spalle», spiega il professor Giuseppe Pulina, presidente emerito dell’ Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali, professore Ordinario di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili.

Essendo studi di coorte, non forniscono causazione e quindi non si può stabilire una causalità diretta tra il consumo di carne e l’insorgenza del diabete di tipo 2. Infatti, le associazioni osservate potrebbero essere influenzate da fattori confondenti che non sono stati completamente controllati».

Il diabete di tipo 2 appartiene al quadro patologico della cosiddetta sindrome metabolica, che è ad eziologia plurima e differenziata, caratterizzata dalla presenza contemporanea di più fattori di rischio come obesità addominale, ipertensione e glicemia alta a digiuno.

Data dunque l’eziologia complessa e multifattoriale, che include fattori genetici, ambientali e comportamentali, con obesità e vita sedentaria tra i principali fattori di rischio, non si può facilmente enucleare una causa alimentare e per di più da questionari follow up

di 10 anni, che non sono completamente accurati.

“Il consumo di carne — spiega Carnisostenibili.it — è stato misurato attraverso questionari dietetici autoriportati, che è il modo meno affidabile per raccogliere dati perché i partecipanti potrebbero aver riportato il loro consumo di carne e altri comportamenti dietetici in modo non preciso o errato, introducendo un bias di autoselezione, sovrastimando o sottostimando il consumo di determinati alimenti. Inoltre, anche la qualità della carne e i metodi di cottura possono influenzare il rischio di diabete di tipo 2, ma queste variabili non sono state completamente esplorate. Ad esempio, visto che l’unica novità di questa ricerca è quella di avere inserito anche la carne di pollo, oltre a quella rossa ed iperprocessata, non viene fatta alcuna differenza tra un pollo impanato e fritto e uno arrosto. Infine, la popolazione studiata non è rappresentativa dell’intera popolazione globale, per cui i risultati non possono essere generalizzati. Ecco perché devono essere interpretati con cautela e sono necessari ulteriori studi per confermare le associazioni osservate e stabilire una relazione causale chiara”.

Fonte: EFA News – European Food Agency

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Speciale griglia dietetica, cucina senza fumo sul fornello di casa e da campeggio spiedini - salsicce - würstel

LA SOSTENIBILITÀ NELLE PICCOLE IMPRESE AGROALIMENTARI

Le grandi aziende adottano accorgimenti d’impatto, si certificano, comunicano il proprio impegno per l’ambiente e per un mondo più giusto e più inclusivo. Le micro hanno armi spuntate ma possono fare comunque tanto

Porre fine alla fame e ad ogni forma di povertà nel mondo, raggiungere la sicurezza alimentare e un’agricoltura sostenibile, in un’ottica di salute e benessere. E ancora: fornire a tutti un’educazione di qualità, equa e inclusiva, raggiungere l’uguaglianza di genere, incentivare una crescita economica, duratura e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti. E molto altro ancora. Potrebbe sembrare un elenco utopistico di desiderata e invece sono solo alcuni degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Unione Europea, un documento che ha ribadito la necessità di un cambio di passo per una società che ha a cuore l’ambiente e l’umanità. Se ne occupò anche l’Accordo di Parigi, sottoscritto da 195 Paesi, ma lo spartiacque nella vita dell’UE rispetto a queste tematiche è certamente il New Green Deal che, nel 2019, ha posto una serie di obblighi e definito obiettivi che aprono anche alla cosiddetta transizione energetica

Oggi si assiste ad un innegabile cambiamento climatico che impone l’adozione di politiche serie in materia. Non a caso temi come la tutela degli ecosistemi, la limitatezza delle risorse, l’inquinamento e la gestione dei rifiuti hanno acquisito centralità e vanno di pari passo con l’esigenza del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori e con l’equità nella distribuzione dei redditi.

Sostenibilità è diventato il leitmotiv del momento: un termine anche fortemente abusato, sempre più lasciapassare per il mercato.

Il criterio delle tre P, Persone, Pianeta e Profi tti , introdotto già negli anni ‘90, assume un’altra rilevanza, se non per effettiva convinzione di chi lo pratica, almeno perché il successo di un’azienda passa oggi anche attraverso una politica di sostenibilità.

Questa filosofia di vita e di lavoro si traduce in un altro acronimo sempre più in uso, l’ESG, ossia Environmental, Social, Governance, e

si riferisce a fattori centrali nella misurazione della sostenibilità. Questo sistema è il termometro di quanto un’azienda impatta in termini ecologici sul pianeta e i criteri sociali rilevano il modo in cui l’impresa si rapporta col capitale umano, come approccia la diversità e le pari opportunità, le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza di chiunque con essa si rapporti.

Le regole di governance, invece, valutano il modo in cui un’azienda è amministrata, compresa la remunerazione degli addetti, le pratiche fiscali, la corruzione e l’abuso d’ufficio, la diversità e la struttura degli organi decisionali.

Gli strumenti della sostenibilità

Al netto del fatto che dimostrarsi sostenibili agli occhi del mercato ha un suo rientro economico, è universalmente condiviso, oramai che le imprese che hanno maggiori probabilità di successo e di rendimento sono quelle che creano valore per tutti i soggetti con cui si rapportano, direttamente o indirettamente. Di conseguenza, l’analisi ESG si concentra sul modo in cui le aziende operano nella società e su come questo influisce sulle loro performance attuali e future. Non riguarda, infatti, solo ciò che l’impresa fa oggi, ma anche la capacità di affrontare eventuali cambiamenti che possono incidere sulla sua possibilità di sopravvivenza in futuro.

Al momento non esiste un unico ente di certificazione ESG, ma piuttosto vari organismi e istituzioni finanziarie che possono fornire valutazioni e punteggi basati su questi criteri. Alcuni dei principali fornitori di rating ESG includono MSCI, Sustainalytics, ISS ESG e CDP. Le aziende possono dimostrare il loro impegno anche con certificazioni specifiche come le ISO 14001 per la gestione ambientale o SA8000 per la responsabilità sociale.

Ha una sua rilevanza anche la ISO 20400, la prima norma internazionale sull’approvvigionamento

La sostenibilità è oggi divenuta un tale elemento da spendere di fronte al resto del mondo che non tenerne conto sarebbe insensato. Rispetto dei diritti umani, impatto sugli ecosistemi e impatto sociale sono aspetti vincenti anche in termini di merito di credito da parte degli istituti finanziari, della PA negli appalti e nei bandi, di premialità a vario titolo e di priorità in innumerevoli contesti

responsabile che introduce criteri e processi di valutazione dei fornitori e dei prodotti o dei servizi in base alle relative performance di sostenibilità.

E ancora la ISO 14067 che, tra le varie cose, quantifica l’impronta di carbonio o climatica, la misura che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas a effetto serra, associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio. Altra norma importantissima è la ISO 14046, che specifica principi, requisiti e linee guida relativi alla valutazione dell’impronta idrica di prodotti, processi e organizzazioni e si pone come valutazione a sé stante o come parte di una più completa valutazione ambientale.

L’innegabile cambiamento climatico impone l’adozione di politiche serie in materia. Non a caso temi come la tutela degli ecosistemi, la limitatezza delle risorse, l’inquinamento e la gestione dei rifiuti hanno acquisito centralità e vanno di pari passo con l’esigenza del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori e l’equità nella distribuzione dei redditi.

Sebbene esistano sistemi per stabilire un rating ESG — che quindi esprime un giudizio sul livello di sostenibilità di soggetti pubblici e privati, di titoli finanziari e di strumenti di investimento collettivo — in realtà non ci sono ancora standard condivisi a livello internazionale per una valutazione univoca. I criteri di misurazione sono disomogenei e in via di definizione e questo fatto, oltre a generare confusione, non dà certezze, né possibilità di comparazione oggettiva.

Gli indicatori che oggi si ritengono tra i più autorevoli in termini ESG sono quelli del Global Reporting Initiative (GRI), in attesa degli ESRS ( European Sustainability Reporting Standards).

Nel frattempo anche alcuni enti di certificazione si sono attrezzati nel tentativo di dare al mercato degli elementi di valutazione il più possibile attendibili, sviluppando per esempio disciplinari tecnici allineati con il set di indicatori GRI “Consolidated Set of GRI Sustainability Reporting Standards 2020”, proprio al fine di misurare il livello di inte-

grazione dei principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance delle proprie strategie, politiche, obiettivi e attività.

L’ Assessment ESG si rivolge a qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, di qualsiasi settore e dimensione che vuole dimostrare il proprio impegno ad integrare i principi ESG all’interno delle proprie attività, permettendo agli stakeholders, interni ed esterni, di formarsi opinioni.

In generale, le attività economiche sostenibili sono quelle che non arrecano impatto a nessun altro degli obiettivi ambientali considerati, che rispettano le garanzie minime di salvaguardia sociale e che contribuiscono in modo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali, quali: la mitigazione climatica, l’adattamento climatico, l’economia circolare con la prevenzione dei rifiuti e un uso efficiente delle risorse, la tutela delle acque, la riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la tutela della biodiversità e degli ecosistemi.

Negli anni la normativa in materia diverrà sempre più stringente e si passerà presumibilmente da norme volontarie a norme cogenti. Ma se anche si fosse poco animati da nobili sentimenti verso l’ambiente e il sociale, la sostenibilità è divenuta un tale elemento da spendere di fronte al resto del mondo che non tenerne conto sarebbe insensato. Rispetto dei diritti umani, impatto sugli ecosistemi e impatto sociale sono elementi che, oltre ad avere una loro propria spendibilità, sono vincenti in termini di merito di credito da parte degli istituti finanziari, della pubblica amministrazione negli appalti e nei bandi, di premialità a vario titolo, di priorità in innumerevoli contesti.

La sostenibilità nelle microimprese Numerosi studi, compreso l’Osservatorio Immagino GS1 Italy 2023, che offre uno spaccato delle tendenze del mercato e delle preferenze del consumatore di fronte allo scaffale, ha rilevato che, sia nel caso della marca del distributore che nei brand leader di mercato, i fattori di soste-

nibilità richiamano l’attenzione del consumatore.

E se la marca del distributore punta più su quella ambientale, hanno un loro peso anche la sostenibilità sociale e i riferimenti al benessere animale.

Le informazioni di supporto, intese come legate alla raccolta differenziata e al consumo, sono invece fortemente apprezzate da chi acquista.

Entrando nel merito delle singole indicazioni ambientali, è significativa la diffusione in etichetta delle informazioni generiche che parlano di riciclabilità e di quelle inerenti al monouso. Passando alle modalità di produzione e approvvigionamento, la private label si focalizza sui disciplinari di filiera e le certificazioni d’eccellenza. Non potrebbe essere diversamente, se si considera che l’agroalimentare è purtroppo oggi considerato — a torto o a ragione — tra i comparti maggiormente responsabili del cambiamento climatico. E che l’aumento della popolazione, con le relative esigenze di cibo, in prospettiva, è tra le maggiori preoccupazioni per il futuro del pianeta.

L’ Osservatorio Immagino GS1 Italy 2023 sottolinea il fatto che sul fronte della sostenibilità, di quella raccontata, più che di quella reale, i piccoli produttori siano molto meno performanti delle grandi aziende. Non è chiaro se perché non lo siano per davvero o perché non lo rendano noto all’esterno. E in un Paese come l’Italia, con

un tessuto produttivo fatto prevalentemente di micro e piccole imprese, spessissimo a conduzione famigliare, questo elemento diviene un problema serio.

Le aziende sotto i 15 addetti fanno fatica a certificarsi e a mostrare al pubblico il proprio impegno per l’ambiente. La fatica è dovuta ai costi di una certificazione, al suo mantenimento nel tempo, agli impedimenti vari nell’applicare un modello pensato per organizzazioni strutturate, su realtà modeste nelle dimensioni. E molto altro ancora. Questa difficoltà di accesso alle norme ISO penalizza fortemente le piccole imprese nel mercato. Ci sono però degli accorgimenti che consentono a queste aziende di fare la loro parte, ma soprattutto di comunicarla efficacemente al resto del mondo.

Le microimprese normalmente sono fornitrici di insegne della Distribuzione Moderna del territorio nel quale producono. E questo elemento è già di per sé un vantaggio competitivo sul fronte della sostenibilità perché chi acquista ha la consapevolezza del fatto che si tratta di un prodotto che ha un basso impatto in termini di CO2 e che presumibilmente il personale coinvolto è del territorio, al pari delle materie prime impiegate. È importante che questi aspetti siano valorizzati e che si tramutino in reputazione perché le comunità locali sentano l’impresa come patrimonio del territorio e non solo di chi ne ha la proprietà.

Le aziende sotto i 15 addetti fanno fatica a certificarsi e a mostrare al pubblico il proprio impegno per l’ambiente. Questa difficoltà di accesso alle norme ISO penalizza fortemente le piccole imprese nel mercato. Ci sono però degli accorgimenti che consentono a queste aziende di fare la loro parte, ma soprattutto di comunicarla efficacemente al resto del mondo

La spinta all’acquisto è tanto ecologica quanto economica e sociale, soprattutto se il consumatore locale vuole che le risorse finanziarie generate da quell’acquisto abbiano un impatto reale su quell’area. Anche le piccole imprese possono avere approvvigionamenti energetici rispettosi degli ecosistemi: comunità energetiche, fonti rinnovabili, consumi ridotti da accorgimenti interni all’azienda. Tutti elementi che si possono mettere in evidenza in etichetta o nella comunicazione al pubblico, in generale con la pubblicità, con i social o nel sito internet aziendale.

E ancora: sistemi di riduzione e riutilizzo dei rifiuti, sistemi interni ed esterni che minimizzino gli sprechi, anche attraverso la riduzione degli imballaggi, che puntino al riciclo e che vedano l’impiego di materiali sostenibili e modelli di economia circolare. Lo sfuso al posto del confezionato, la vendita diretta al posto della Distribuzione Moderna, la carta al posto della plastica e via discorrendo. Ancora: è importante la sostenibilità nella catena di fornitura, selezionando fornitori che condividono valori di sostenibilità, che operano in modo etico e responsabile, che siano quanto più possibile prossimi territorialmente.

Un’azienda ben contestualizzata nel territorio in cui opera coinvolge direttamente e indirettamente la comunità, sostiene iniziative pubbliche, lavora in simbiosi con l’ambiente in cui si muove, lo rispetta e lo tutela. E infine, considera la formazione un valore aggiunto per questo la mette a disposizione dei propri dipendenti, che inoltre educa alle pratiche ecologiche anche nella quotidianità.

Tutto questo le piccolissime imprese possono fare e tutto questo devono comunicare all’esterno, se vogliono concorrere con i nomi importanti dell’agroindustria e ritagliarsi uno spazio nel mondo e nel mercato.

Benessere animale Italia: il Ministero introduce alcune novità

La scadenza di invio alla UE di un completamento del Piano di attuazione riguardante il benessere animale (DLgs 122/2011 e DLgs 146/2001) è il 31 dicembre 2024. Il resoconto del Ministero evidenzia lo status attuale: gli allevamenti di suini che non tagliano la coda rappresentano il 14% della produzione suinicola nazionale (allevamenti ≥ 300 capi), mentre quelli che hanno introdotto gruppi di animali a coda non tagliata rappresentano il 55%, per un totale di circa il 70% di allevamenti che non tagliano più le code di routine a tutti i capi. Permangono nella condizione di stato sconosciuto, circa la pratica del mozzamento delle code, il 13% degli allevamenti.

Controllo nei macelli

Al fine di dare seguito alla richiesta della Commissione europea in merito alla realizzazione di un sistema di monitoraggio degli indicatori di benessere al macello — ad oggi in ritardo rispetto alla programmazione originaria a causa di problematiche tecniche e logistico-organizzative —, verrà introdotto, inizialmente in alcuni macelli pilota, un sistema automatizzato del rilievo delle lesioni riguardanti il benessere e la sanità per gli allevamenti suini. I dati raccolti dal sistema saranno valutati dai SS.VV. competenti dei macelli interessati e, superata la fase pilota, condivisi coi singoli operatori.

Percentuali suini a coda non tagliata

In attesa di ulteriori indicazioni della Commissione e di provvedimenti volti ad uniformare i comportamenti a livello europeo, non si ritiene opportuno al momento definire successive percentuali di introduzione/produzione di animali a coda non tagliata e si stabilisce che il Piano avrà scadenza provvisoria al 31 dicembre 2026 e che potrà essere adeguato agli standard che verranno raggiunti nei prossimi anni (fonti: 3tre3.it, Ministero della Salute).

LA CARNE IN RETE

SOCIAL

1. Antica Macelleria Pellegrini

Abbiamo già scritto di loro per la Zazzicchia di Patrica stagionata, una meravigliosa salsiccia del territorio ciociaro. Questi signori delle carni e dei salumi sono un bell’esempio di comunicazione social fatta molto bene, come il loro profilo instagram.com/anticamacelleriapellegrini. Bravissimi a fare e a comunicare (photo © @anticamacelleriapellegrini).

12. Tamaco Barcelona

Ecco un bel Chuleton de vaca Dark Red® dell’azienda catalana Tamaco Barcelona. Grossista, selezionatore e distributore di tagli di bovino veramente da favola. Da seguire su instagram.com/tamacobarcelona (photo © @tamacobarcelona).

3. Meatery, nuovo e-shop

Dalla stupenda Valdaora in Val Pusteria, Alto Adige, Meatery OHG di Thomas Mair & Co. ha annunciato un restyling del negozio on-line. Nuovi prodotti, come il gulasch e tagli speciali per il BBQ, ad una consulenza professionale con Thomas Mair, sommelier della carne, pronto a consigliare e supportare il visitatore negli acquisti on-line su shop.meatery.eu (photo © @meatery.eu).

4. Boucherie Moderne

A Parigi una realtà che fa rete con piccoli allevatori, che lavora le carni e le trasforma per soddisfare ogni esigenza, oltre a essere rôtisserie, vendita di vini e formaggi, click&collect e consegne a domicilio. Appunto, una macelleria moderna, da seguire su instagram.com/ boucheriemoderne (photo © @boucheriemoderne).

GUANCIA DI VITELLO CON FUNGHI: UN TRIONFO

DI SAPORI AUTUNNALI

L’autunno porta con sé i primi freddi e il desiderio di piatti che riscaldino il palato. In questo periodo dell’anno, la tavola si arricchisce di ingredienti che raccontano la stagione: funghi dai boschi, carni più strutturate, aromi intensi che invitano alla convivialità. Tra i piatti che meglio incarnano lo spirito autunnale, ecco la guancia di vitello con funghi. Una ricetta che unisce la morbidezza della carne di vitello alla fragranza dei funghi di stagione e che scalda e conforta nelle giornate sempre più fresche.

Un taglio da riscoprire

Tra i tagli di carne, la guancia di vitello occupa una posizione particolare, spesso sottovalutata, ma ricca di potenziale culinario. Questo muscolo è caratterizzato da una struttura unica che lo rende ideale per preparazioni lente e succulente. La guancia di vitello è un taglio relativamente piccolo e la sua peculiarità risiede nella presenza del tessuto connettivo e di una fine marezzatura di grasso intramuscolare che durante la cottura si trasformano, donando alla carne morbidezza e gusto. La versatilità di questo taglio lo rende

adatto a diverse preparazioni: brasati, stufati e cotture sottovuoto a bassa temperatura sono tecniche che esaltano la guancia di vitello, trasformandola in un boccone che si scioglie in bocca. Dal punto di vista nutrizionale la guancia offre un importante apporto proteico ed è una buona fonte di ferro e vitamina B12.

La ricetta

La preparazione della guancia di vitello con funghi è un processo che richiede tempo e attenzione, ma che ripaga con un risultato di

Guancia di vitello con funghi, una ricetta che incarna perfettamente lo spirito autunnale.

La guancia di vitello è un taglio molto versatile: brasati, stufati e cotture sottovuoto a bassa temperatura sono tecniche che ne esaltano le caratteristiche, trasformandola in un boccone che si scioglie in bocca.

grande soddisfazione. Questa ricetta, pensata per 4 persone, può essere facilmente adattata per porzioni più numerose.

Si inizia con la selezione degli ingredienti: 4 guance di vitello, ben pulite, sono il cuore del piatto. A queste si affiancano gli aromi del soffritto classico — una carota, una costa di sedano e una cipolla — che creeranno la base saporita del piatto. Un bouquet di erbe aromatiche, composto tipicamente da timo, rosmarino e alloro contribuirà a profumare la carne durante la cottura.

La preparazione comincia con la rosolatura delle guance. In una casseruola capiente si scalda un mix di burro e olio extravergine d’oliva, dove le guance vengono adagiate e fatte dorare su tutti i lati. Questo passaggio è fondamentale per sigillare i succhi della carne e creare quella crosticina esterna che darà profondità di sapore al piatto finale.

Una volta rosolata la carne, si aggiungono le verdure del soffritto tritate finemente, che soffriggeranno insieme alla carne, rilasciando i loro aromi.

È il momento di alzare la fiamma e sfumare con mezzo bicchiere di Marsala. L’alcol evaporerà rapidamente, lasciando dietro di sé note dolci che si fonderanno con il sapore della carne. A questo punto si aggiunge il brodo di vitello, preferibilmente fatto in casa, fino a coprire completamente la carne. Si porta a bollore, si abbassa la fiamma e si lascia cuocere a fuoco lento per circa 50 minuti, o fino a quando la carne non risulti tenera al punto di sfaldarsi facilmente alla pressione di una forchetta.

Mentre le guance cuociono, ci si dedica alla preparazione dei funghi. Per questa ricetta vanno puliti accuratamente e tagliati in pezzi grossolani 600 grammi di funghi misti, porcini, finferli, pioppini o qualsiasi varietà di stagione. In una padella ampia si fa scaldare del burro con uno spicchio d’aglio e si aggiungono i funghi. La cottura deve essere rapida e a fiamma vivace, per circa 4-5 minuti, giusto il tempo di farli insaporire e ammorbidire leggermente, mantenendo però una piacevole consistenza al morso.

Una volta che sia la carne che i funghi sono pronti, si completa

il piatto. Servire le guance, ormai tenerissime, insieme ai funghi saltati e usare il fondo di cottura della carne, filtrato, per nappare generosamente il piatto. Il risultato è una ricetta gustosa e avvolgente, che cattura l’essenza dell’autunno.

>> Link: www.sfizioso.it

• Per tutti i dettagli su ingredienti e preparazione della ricetta: www.sfizioso.it/guancia-di-vitello-con-funghi

• Scannerizza il QR-Code per vedere la videoricetta e seguire lo chef passo dopo passo!

SHOPPING ON-LINE, COME È CAMBIATO IL MODO DI ACQUISTARE?

Riprendendo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano, nel 2023 in Italia gli acquisti on-line hanno superato i 54,2 miliardi di euro (+13% sul 2022). Il numero di consumatori digitali italiani si è stabilizzato sui 33 milioni. Si tratta di una porzione di clienti molto esigenti, che non fa più distinzione tra on-line e off-line, ma si aspetta un’esperienza sempre più coinvolgente tanto dagli store digitali quanto dai negozi tradizionali. Tenendo

conto di ciò, l’e-commerce da statico e monodirezionale diventa sempre più interattivo e phygital (fisico + digitale). Nel 2023, inoltre, la total digital audience ha registrato dati stabili rispetto al 2022, raggiungendo una media mensile di 43,9 milioni di utenti unici mensili (dati raccolti dal sistema Audiweb e distribuiti da Audicom). Il dato si mostra in continuità grazie alla forte penetrazione del mobile (smartphone e/o tablet), col 92,1% della popolazione tra i 18 e i 74 anni.

Cresce anche, seppur di poco, il tempo complessivo dedicato all’online, pure in questo caso trainato dalla fruizione da mobile da parte della popolazione maggiorenne che ha dedicato 2 ore e 26 minuti in media nel quotidiano (+1,9% sul 2022). L’incremento degli acquisti on-line nel 2023 ha come focus i servizi, in primis grazie al percorso di ripresa di Turismo e Trasporti (+30%). I comparti di prodotto più dinamici sono invece Beauty (+11%), Informatica ed elettroni-

Tenendo conto delle esigenze dei consumatori in continua evoluzione, muta anche l’e-commerce, che non è più statico e monodirezionale, ma sempre più interattivo e un mix tra fisico e digitale. Anche nella vendita di carne on-line serve infatti una narrazione continua, una presenza costante, fatta di reel, video, storie e post.

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha spinto la digitalizzazione del grocery alimentare, portando una trasformazione anche in questo segmento, e implementando l’offerta, già capillare, a disposizione dei consumatori.

ca di consumo (+8%) ed Editoria (+8%). Crescono a ritmi positivi, seppur più contenuti, anche Abbigliamento (+7%) e Arredamento e home living (+7%), mentre fatica il Food & Grocery (–0,5%).

L’e-commerce del food in Italia Durante la pandemia si sono verificati picchi di richieste che hanno rivelato, da un lato, l’incapacità di soddisfarle da parte di molti operatori del settore, dall’altro, hanno evidenziato l’opportunità di ricostruire, o sviluppare da zero, una strategia per l’e-commerce food. Tuttavia, in un contesto come quello attuale, caratterizzato da inflazione e incertezza economica, il comparto del Food & Grocery fatica a stare al passo con i livelli di crescita dei precedenti anni. Infatti, nel 2023, gli acquisti on-line sono di poco inferiori al 2022 (–0,5%). Ciò nonostante, questo comparto rappresenta una fetta importante dell’e-commerce di

prodotto, tanto da costituire il 13% del suo valore complessivo. Oltre alla difficile situazione economica dovuta all’inflazione, uno dei motivi di questa lieve decrescita è senza dubbio la ripresa del canale fisico, che aveva risentito molto durante la pandemia, e il rallentamento degli investimenti del canale on-line. Un altro elemento da evidenziare per il mercato food on-line riguarda la crescita degli acquisti da smartphone, che si rivela il principale canale d’acquisto.

Come è composta la spesa food on-line degli Italiani?

Il Food & Grocery include diverse tipologie di prodotto, alimentari e non. La componente principale è l’Alimentare, che a sua volta comprende diverse categorie: il Fresco, il Secco, gli Alcolici, le Bevande e i Surgelati. Una piccola parte è invece associata ai prodotti per la cura della persona e della casa (Health &

Care), venduti attraverso le iniziative on-line dei supermercati. L’alimentare, a sua volta, è suddivisibile in tre principali segmenti:

1. grocery alimentare (spesa da supermercato on-line);

2. enogastronomia (vino e prodotti tipici di nicchia);

3. ristorazione on-line (piatti pronti a domicilio).

1. Acquisti alimentari nei supermercati on-line Fare la spesa da casa è una pratica diffusa tra i consumatori italiani per questioni di risparmio di tempo e per la comodità del servizio. La maggior parte delle vendite on-line (70%) è generata da supermercati tradizionali (ESSELUNGA, CARREFOUR, COOP, solo per fare alcuni esempi). Il resto del mercato (30%) è costituito dalle DOT COM, ossia supermercati e aggregatori on-line specializzati nella spesa a domicilio (come DELIVEROO HOP o EVERLI).

Il packaging è sempre stato un aspetto fondamentale del processo di vendita, ma con l’avvento dell’e-commerce è diventato ancora più rilevante.

2. Enogastronomia on-line

Questo segmento racchiude gli acquisti on-line di prodotti alimentari e alcolici di “nicchia”, solitamente non presenti nell’offerta dei supermercati. Nello specifico, sono inclusi: alimentari a lunga conservazione, freschi e freschissimi, vino, birra, liquori e distillati. L’emergenza sanitaria, oltre ad aver spinto la digitalizzazione del grocery alimentare, ha portato a una trasformazione anche in questo segmento, in modo da implementare l’offerta — già capillare — a disposizione dei consumatori.

3. Food delivery: la ristorazione on-line

Come la spesa da casa, anche la consegna a domicilio di cibo pronto (food delivery) è un comparto particolarmente promettente, che si è diffuso non solo nelle città più densamente popolate ma anche nei centri più piccoli, al fine di raggiungere un numero sempre maggiore di clienti potenziali. Ampiezza del menù (facilmente consultabile online), qualità del prodotto, buona conservazione del cibo e rapidità di consegna sono i motivi che spingono molti consumatori a ordinare il proprio pasto direttamente on-line. Nel segmento sono inclusi gli acquisti on-line di cibo pronto da siti di food delivery, come piattaforme

aggregatrici (quali DELIVEROO, JUST EAT e GLOVO) e ristoranti tradizionali (come PIZZIUM, MCDONALD’S e BASARA MILANO).

La diffusione dell’e-commerce food in Italia

In termini di copertura geografica, larga parte degli Italiani può fare la spesa on-line da supermercato, anche se si rilevano alcune discrepanze fra le diverse aree geografiche. Infatti, se da un lato sono disponibili servizi di spesa on-line da supermercato non solo nelle regioni storicamente più coperte (Lombardia, Lazio, Piemonte) ma anche in quelle meno servite (ad esempio Abruzzo, Liguria e Sicilia), il grocery on-line è nettamente meno accessibile nelle aree con minor densità di popolazione. Inoltre, il numero di iniziative in tal senso diminuisce drasticamente percorrendo l’Italia da Nord a Sud.

Per quanto riguarda l’accesso all’offerta on-line per l’enogastronomia, come anticipato, sono presenti iniziative pressoché lungo tutto il territorio nazionale, mirate soprattutto alla vendita di prodotti freschi e freschissimi.

L’enogastronomia costituisce il segmento più maturo on-line già da prima della pandemia, con un’offerta in grado di raggiungere una copertura territoriale nazionale.

Infatti, la maggior parte dei siti offre un servizio attivo in tutta Italia, garantendo così un accesso potenziale a tutta la popolazione, anche se le principali iniziative sono concentrate nelle grandi aree metropolitane, come Milano e Torino.

Nel caso del food delivery, si rileva una copertura provinciale su tutto il territorio, anche se non tutti gli italiani hanno realmente un accesso potenziale a questi servizi. Per questo, i player del settore stanno ampliando la propria offerta oltre le città più densamente popolate, al fine di raggiungere i clienti potenziali anche nei centri più piccoli.

Le prospettive dell’e-commerce food

Come già accennato, l’aumento dell’inflazione e l’incertezza economica stanno indubbiamente condizionando l’andamento dei consumi, sia per il Food & Grocery che per tutto il settore dell’e-commerce di prodotto. Per sostenere i consumi (off-line + on-line), nel mese di settembre 2023 il Governo, insieme a 32 associazioni del sistema Italia, ha sottoscritto il primo Patto Anti-Inflazione a tutela del potere d’acquisto dei cittadini. Questo Patto prevedeva che, nell’ultimo trimestre del 2023, le catene italiane della Grande Distribuzione potessero proporre a prezzi calmierati una vasta gamma di prodotti alimentari e non, sia nei punti vendita che on-line. L’inflazione, però, condiziona anche l’operato dei principali merchant e-commerce italiani: la maggior parte dei siti on-line dichiara di aver potenziato gli investimenti sulla catena del valore dell’e-commerce, con obiettivi di riduzione dei costi, di recupero dell’efficienza e di aumento dei margini.

Fonte: eCommerce Food in Italia. Dati di mercato e trend principali di Samuele Fraternali Direttore dell’Osservatorio Digital Content e Senior Advisor Osservatorio eCommerce B2c Netcomm blog.osservatori.net/it_it/foodecommerce-italia

#farm24, sempre dalla parte degli allevatori

Lo scorso 8 agosto, dalle 5:00 del mattino e per le successive 24 ore, si è svolta in Gran Bretagna Farm24, la più grande campagna di social media del settore agricolo che ha contato un’audience di oltre 110 milioni di persone. L’evento, sponsorizzato e gestito fin dal suo lancio nel 2015 dal FARMERS GUARDIAN, coinvolge ogni anno gli agricoltori britannici incoraggiandoli ad utilizzare intensamente i social media nel corso della giornata. L’obiettivo? Pubblicare foto, video, storie, reel e testi volti a mostrare e spiegare il lavoro che svolgono in quella giornata. Per rendere i consumatori più consapevoli sull’entità degli sforzi e dell’impegno profusi per produrre il cibo che mangiamo

Gli allevatori e i sostenitori possono postare contenuti testuali, video e foto su qualsiasi piattaforma utilizzando l’hashtag #farm24 anche più volte nel corso della giornata con aggiornamenti su ciò che stanno facendo. Un’iniziativa sposata anche da tanti operatori del comparto del retail, tra cui Butcher Farrell’s Meat Emporium a Bispham Near Ormskirk, Lancashire. «È una grande giornata la #farm24. Il Farmers Guardian (@ farmersguardian) la organizza per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto siano importanti i nostri agricoltori e allevatori: perché molto semplicemente senza di loro non ci sarebbe cibo!» (fonte: farmersguardian.com; photo © instagram.com/butcherfarrell).

INNOVAZIONE NELLA CARNE:

Con un occhio alle esigenze del consumatore moderno, Ameco ha introdotto la scottona olandese, una carne proveniente da bovini più giovani che offre tenerezza e una sottile varietá di sapori che affascina anche i palati più esigenti. Un prodotto moderno che unisce tradizione all’innovazione.

www.ameco.eu

Volete maggiori informazioni? Si prega di contattare: Vincenzo Sisto

OLTRE 6 MILIONI DI HAMBURGER ALL’ANNO

Ambrosini Carni: la firma Italiana sulla carne di qualità

In alto: Hamburger Chianina e Hamburger Wagyu della linea Gran Selezione. Hamburger Argentina e Hamburger Australia della linea Sapori Dal Mondo.

Il mercato globale degli hamburger è in costate crescita, alimentato da una moltitudine di fattori tra cui le tendenze nutrizionali, le influenze culturali e l’incessante innovazione che spazia dalle ricette, nei metodi di cottura e negli ingredienti utilizzati. Con una produzione che supera i 6 milioni di hamburger all’anno, Ambrosini Carni propone un’ampia gamma di hamburger, realizzati con carni accuratamente selezionate di altissima qualità.

Grazie ad una filiera corta e controllata, ogni hamburger offre un sapore autentico e inconfondibile. Inoltre, tutti gli hamburger sono senza conservanti e senza glutine certificati CSQA DTP n° 108, standard alimentare che definisce i requisiti necessari per la certificazione “Senza Glutine” e fornisce una garanzia supplementare ai consumatori.

La linea Gran Selezione rappresenta l’apice dell’eccellenza nel mondo degli hamburger. Razze bovine rinomate in tutto il mondo per la qualità della loro carne e per il loro gusto unico e caratterizzante. Si va dall’eccellenza italiana della Chianina e della Piemontese, passando dalla Scottona per arrivare al Black Angus USA e alla giapponese Wagyu.

E non è tutto! La linea Sapori dal Mondo è invece un vero e proprio passaporto per un’esperienza gastronomica internazionale. Questa linea offre ai consumatori l’opportunità di assaporare le migliori carni provenienti da ogni angolo del pianeta, portando sulle tavole

di casa sapori autentici e tradizioni culinarie di diverse culture. Tra le origini più rappresentative troviamo Danimarca, Irlanda, Argentina, Australia, Scozia, Stati Uniti e Giappone.

Ambrosini Carni non si limita a garantire la massima qualità dei propri prodotti, ma si impegna attivamente a ridurre il proprio impatto ambientale.

Grazie ad un impianto fotovoltaico che copre il 100% del fabbisogno energetico e all’utilizzo di imballaggi eco-sostenibili, composti

da una vaschetta realizzata al 95% con plastica riciclata, l’azienda dimostra un forte impegno verso la sostenibilità.

Inoltre, l’innovazione tecnologica è un elemento chiave della produzione Ambrosini. Il QR-Code presente su ogni confezione, che

L’innovazione tecnologica è un elemento chiave della produzione Ambrosini.

permette di accedere a videoricette realizzate dallo Chef Ambrosini, è un esempio concreto di come l’azienda sia sempre alla ricerca di nuove soluzioni per migliorare l’esperienza del consumatore.

>> Link: www.ambrosinicarni.com

“Green Suino” Martini: innovazione e sostenibilità nella filiera suinicola

Il Gruppo Martini annuncia il progetto “Green Suino”, un importante piano mirato a rendere l’allevamento suinicolo più sostenibile grazie a un’innovazione significativa sia a livello di processo che di prodotto. Il Piano di Innovazione, sviluppato in collaborazione con l’Università di Bologna, è stato ideato per rendere la filiera Martini più competitiva e resiliente, in linea con gli obiettivi della strategia europea “Farm to Fork” per una transizione green del sistema di allevamento. Il progetto si concentra sulla salute e il benessere dei suini, ottimizzando l’uso degli input produttivi per mitigare l’impatto ambientale della zootecnia intensiva. La strategia di sostenibilità del progetto “Green Suino” riguarda ogni aspetto della filiera, dalla produzione alla commercializzazione e conservazione degli alimenti. Questo include l’adozione di packaging che riducono lo spreco di alimenti e utilizzano materiali compostabili, con l’obiettivo di migliorare la qualità e le proprietà nutrizionali della carne. Il piano prevede 5 azioni chiave: ottimizzazione degli input produttivi, miglioramento della salute e del benessere dei suini, riduzione dell’impatto ambientale dell’allevamento, aumento della competitività della filiera, miglioramento delle proprietà qualitative e nutrizionali della carne. Il progetto è stato presentato recentemente, in due importanti convegni: nella sede Martini a Longiano (FC), dove sono stati illustrati il percorso e l’obiettivo di rendere l’allevamento suinicolo più sostenibile, e a Bologna, nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università, dove sono state discusse le strategie alimentari e le soluzioni di packaging innovativi per la commercializzazione. “Green Suino” rappresenta un modello di sviluppo sostenibile per l’allevamento suinicolo a livello nazionale e internazionale, centrato sui principi di economicità, impatto ambientale e accettabilità da parte del consumatore. «Il progetto “Green Suino” è parte integrante della strategia di sostenibilità del nostro Gruppo che mira a ridurre l’impatto ambientale della produzione suinicola e a migliorare il benessere degli animali in allevamento. La collaborazione con l’Università di Bologna è fondamentale per l’implementazione di tecnologie e pratiche innovative che possano essere adottate a livello globale» ha dichiarato Antonio Montanari, presidente del Gruppo.

>> Link: martinigruppo.com

UN MENÙ A TUTTA CARNE

Prosegue il viaggio di MENÙ nel mondo della carne. Proprio per il canale macelleria, l’azienda modenese — leader nella produzione di specialità alimentari per il foodservice —, ha messo a punto progetti dedicati, con lo studio di nuovi prodotti e nuove ricette che combinano in maniera sapiente i prodotti a marchio Menù in creazioni culinarie finite o da cuocere. Il risultato è una macelleria che si evolve per dare un servizio al consumatore finale, stupendolo ogni giorno.

La novità prodotto Gusto inconfondibile, straordinaria cremosità e alta resa: è la Grancrema di Taleggio DOP, nuova referenza disponibile dal mese di ottobre,

estremamente versatile e adatta al canale macelleria. È ideale infatti per guarnire preparazioni a base di carne, sia all’interno di prontocuoci leggermente legata con dei fiokki di patata, sia in finitura dopo la cottura.

Non solo, per molte macellerie che offrono servizio di gastronomia selezionata, questa fonduta di taleggio si sposa con piatti a base di polenta, arricchisce di gusto primi piatti come risotti, gnocchi e paste al forno ed è ottima anche da utilizzare come farcitura di pizze, panini, tigelle, bruschette e torte salate.

Pronta all’uso, è realizzata con Taleggio DOP, panna e latte 100% italiani. Questa crema si distingue per il sapore intenso, avvolgente e autentico della materia prima,

che conferisce corposità a qualsiasi preparazione, e per l’alto potere condente, reso possibile grazie alla tecnologia con cui viene realizzata l’intera gamma.

La Grancrema di Taleggio DOP fa parte infatti della Linea Asettico, una tecnologia resa unica dal rapido processo termico che preserva le qualità organolettiche originarie degli ingredienti. Il prodotto, non ancora confezionato, viene pompato in un fascio tubiero molto caldo in cui viene sterilizzato in pochissimi minuti affinché non venga stressato: un unico rapido passaggio che mantiene la genuinità della materia prima senza aggiunta di conservanti per 24 mesi.

Tutti i prodotti di questa gamma sono particolarmente indicati

La Linea Asettico di Menù offre a macellerie e gastronomie prodotti di altissima qualità, pronti per essere cucinati o finalizzati in pochi passaggi, garantendo quindi un notevole risparmio di tempo in cucina (photo © Menù Srl).

per macellerie, gastronomie e rosticcerie perché sono pronti per essere cucinati o finalizzati in pochi passaggi, garantendo un notevole risparmio di tempo in cucina.

Tra le referenze della linea fanno parte Creme, Grancreme e Fondute ai formaggi, Grancreme e Gransalse di verdura (carciofi, porro, asparagi, funghi porcini, zucchine, melanzane), Porcini e Funghi prataioli trifolati.

Nuove ricette

Sempre in autunno sarà disponibile il nuovo ricettario, uno strumento a disposizione di tutti i clienti dell’azienda di Medolla pensato per rendere più invitante il banco della macelleria, con tante idee pratiche per rispondere alle esigenze di un consumatore sempre più attento alla qualità, soprattutto quando si parla di carne. Menù rivisita le ricette della tradizione e ne propone di innovative, facendosi ispirare dai gusti intensi e dai sapori genuini tipici della stagione autunnale e invernale. Dalle “Bombette pugliesi con Crema di peperoni” al “Coniglio alla Mediterranea”, dalla “Cipolla ripiena con salsiccia e friarielli” alle “Polpette all’aglio orsino”, senza dimenticare le specialità a base di funghi, come gli “Champignon Portobello ripieni tartufati” o “L’Hamburger con Champignon e Formaggio di Fossa”. Tutto con un’attenzione particolare ad una gastronomia di carne “delle radici”, che riscopre i tagli meno nobili come la coda, il fegato e la lingua, presentati con ricette semplici da replicare, ma molto gustose.

La partnership con Federcarni Si è da poco conclusa “In viaggio nelle generazioni”, l’iniziativa di FEDERCARNI che punta a valorizzare l’antica arte della macelleria in un percorso tra tradizione e innovazione per una nuova visione di questo settore. La competizione, che ha previsto un totale di sei tappe (l’ultima, il 29 settembre scorso ad Alghero), ha visto protagonisti anche i prodotti Menù. L’azienda di Medolla, che proprio quest’anno ha siglato la

Champignon Portobello ripieni tartufati by chef

INGREDIENTI

1 champignon Portobello di calibro grande (90 g ca) • Macinato di vitello 50 g •

INGREDIENTI MENÙ: Grancrema di porcini al tartufo 10 g • Crema di formaggi al tartufo 10 g • Fiokki 2 g • Carpaccio di tartufo 1 fetta •

PROCEDIMENTO

Pulire e lavare lo champignon privandolo del gambo. Preparare il ripieno mescolando il macinato con la crema di porcini, la crema di formaggi e i fiokki. Mescolare il tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo. Farcire lo champignon e ultimare con una fetta di carpaccio di tartufo.

partnership con la Federazione Nazionale Macellai, ha infatti fornito tutti gli ingredienti necessari alla preparazione dei piatti in gara. Tra questi, i prodotti della Linea Asettico sono stati molto apprezzati per le loro peculiarità, tra cui la consistenza cremosa, che aiuta a mantenere la carne di colore chiaro e dona omogeneità di sapore alle preparazioni, la presenza di una parte “in pezzi” per l’immediata riconoscibilità del prodotto e, non da ultimo, la facilità

di utilizzo e l’elevata resa poiché queste referenze non devono essere scolate o sgocciolate.

>> Link: menu.it

QUALITÀ E SELEZIONE AL CENTRO DI TUTTO!

Andiamo

a scoprire il nuovo punto vendita

di F&G Carni Doc a Roma, con la tecnologia innovativa di Criocabin

Non è facile fermare anche solo per un attimo Fabrizio Santoro, titolare di F&G

Carni Doc, dalla sua quotidianità lavorativa, tra tre punti vendita, l’approvvigionamento di materie prime, i prodotti e le preparazioni, la vendita dietro al banco e chissà quanto altro. Dopo averlo inseguito finalmente l’ho trovato ed è stato un fiume in piena! «Tutto è iniziato 8

anni fa con un primo locale rilevato a Monteverde, in via di Val Tellina. Dopo una ristrutturazione l’attività è esplosa e non ci siamo più fermati. Oggi siamo a quota tre locali e l’ultimo, a Monteverde Nuovo, in via dei Colli Portuensi, l’ho inaugurato lo scorso 27 maggio con la collaborazione e la tecnologia di Criocabin Spa, l’azienda padovana leader nel design e nella produzione di mo-

derni banchi refrigerati a servizio assistito e libero servizio» mi dice.

Anche la sua è una storia di famiglia, con il padre attivo da quarant’anni nell’ingrosso carni e una lunga formazione nella selezione delle migliori carni, per resa, texture e qualità di prodotto. «Selezioniamo carni da tutto il mondo: è sempre e solo la qualità quella che conta! Per l’avicolo abbiamo optato per polla-

Il design essenziale e moderno di Ebony conferisce grande visibilità ai prodotti esposti, grazie alle superfici piane che riducono al minimo riflessi e rifrazione (photo © Criocabin).

Magnifico Tower, la torre dell’eccellenza

È un’area promozionale, una teca, la vetrina perfetta per i preparati pronti a cuocere, prodotti unici frutto dell’esperienza e della creatività di ogni butcher. La combinazione di vetrate serigrafate in Thermopane e l’illuminazione crea l’esposizione ottimale, i vetri anteriori apribili “a libro” e i vetri posteriori scorrevoli facilitano l’allestimento dell’esposizione oltre che ottimizzare le operazioni di pulizia. La zona d’esposizione è realizzata in acciaio Inox e l’illuminazione CRIOLED® farà brillare le vostre creazioni. Canalizzabile ai banchi Etoile ed Ebony. Ha una refrigerazione ventilata in classe climatica 3-M1. Il quadro elettronico dotato comandi WOW Touch Control è l’interfaccia perfetta per il monitoraggio a distanza delle rilevazioni di performance dei prodotti Criocabin, connessi in rete tramite app scaricabile da Android. Ogni prodotto può avere il proprio controllo da remoto: uno per Il Magnifico Tower, specifico per i preparati, e uno per il banco a cui è canalizzato.

Ebony, essenzialità per un’alta visibilità

Il design essenziale di Ebony regala grande visibilità ai prodotti esposti, grazie alle superfici piane che riducono al minimo riflessi e rifrazione. Ebony è estremamente versatile e personalizzabile: è possibile realizzarlo con angoli sferici di 90°, 45° o 22,5°, aperti o chiusi, e con angoli a spigolo di qualunque gradazione, a seconda delle esigenze. Il quadro elettronico comandi WOW Touch Control è l’interfaccia perfetta per il monitoraggio a distanza delle rilevazioni di performance dei prodotti Criocabin, connessi in rete tramite app scaricabile da Android. La zona d’esposizione, l’interno del mobile e il piano di lavoro sono realizzati in acciaio Inox. L’illuminazione frontale CRIOLED® è un optional per far brillare le tue creazioni. Ventilazione frontale antiappannante. Monitoraggio da remoto grazie NUCLEUS e al sistema WOW Touch Control.

me antibiotic free mentre nel manzo preferisco ai vitelloni i capi adulti, allevati a pascolo e grass fed» sottolinea il titolare di F&G Carni DOC. «Forte della mia formazione nell’azienda paterna, seguita da tre anni trascorsi in Fileni, sono poi rientrato su Roma e, nell’intraprendere nuove attività e aperture di macellerie, ho via via consolidato la mia professionalità di selezionatore.

Al centro di tutto c’è la volontà di dare un prodotto — e naturalmente anche un servizio — di qualità elevata che siano percepiti dalla nostra clientela. Per conseguire questo risultato il solo prodotto carne non basta, serve anche un allestimento che non solo valorizzi il prodotto ma ne garantisca la salubrità e la freschezza, consentendo agli operatori di muoversi bene e di lavorare meglio» mi spiega Santoro. «Con Criocabin ho trovato un’azienda che mi ha supportato in pieno, dalla progettazione alla realizzazione dell’allestimento». Per F&G Carni Doc è stato scelto il banco Ebony

canalizzato a Il Magnifico Tower che combina perfettamente la grande visibilità dei prodotti esposti, la refrigerazione ventilata e perfetta conservazione delle carni e la facilità per gli operatori di muoversi nella quotidianità del lavoro nell’allestimento dell’esposizione. «In fase di progettazione ho condiviso con il mio staff la scelta degli allestimenti — in fin dei conti sono loro che devono vivere il banco carni per tante ore al giorno — e i risultati che oggi conseguiamo con l’attività ci hanno dato ragione».

Oltre al focus su selezione e qualità dei prodotti, F&G Carni Doc offre solo ed esclusivamente prodotti gluten free, con la certificazione dell’AIC Associazione Italiana Celiachia (celiachia.it). «I nostri punti vendita aderiscono al network AIC e consentono a chi soffre di celiachia di fare una spesa in totale tranquillità e sicurezza» sottolinea Santoro. C’è visione in questa famiglia, che commercializza, trasforma e vende carni da tanti anni. C’è la

volontà di scegliere solo i prodotti e le tecnologie più efficienti e innovative. E c’è anche un pizzico di sano orgoglio quando Fabrizio Santoro mi dice che erano trent’anni che sul viale dei Colli Portuensi non si vedeva più una macelleria! E che macelleria!

Elena Benedetti

F&G Carni Doc

Via di Val Tellina 83 00151 Roma

V.le dei Colli Portuensi 517 00151 Roma

E-mail: fgcarnidoc@gmail.com

Web: fgcarnidoc-roma.it

Criocabin Spa

Via S. Benedetto 40/A

35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909122

E-mail: info@criocabin.com

Web: www.criocabin.com

Lo staff di F&G Carni Doc a Monteverde Nuovo, su viale dei Colli Portuensi, Roma.

FUNZIONALITÀE STILE

Hai mai visto qualcosa di simile?

Un design innovativo, con zona espositiva rialzata, regolabile in due altezze . Massima visibilità per i clienti, massima praticità per l’operatore.

Nuovo sistema di apertura vetri ribaltabile verso l’alto: facilita l’accesso ad ogni parte del banco in fase di allestimento e pulizia.

CARNE E TECNOLOGIA

PIANIFICAZIONE DELLA PRODUZIONE INTEGRATA CON L’ERP CSB-SYSTEM

Sebbene una buona pianificazione della produzione apporti parecchi benefi ci, molte aziende si affidano ancora al loro istinto oppure a semplici tabelle. Ma quando la quantità e la diversità dei prodotti aumentano, un sistema di pianificazione della produzione (PPS) diventa molto utile e indispensabile. «Prima di scegliere un qualsiasi software per la pianificazione della produzione — spiega Andrè Muehlberger, direttore della filiale italiana del gruppo CSB-System SE — noi raccomandiamo di valutare tre aspetti: la

funzionalità, la facilità d’uso e i costi. Fatto ciò, l’esperienza ci insegna che risulterà sempre più vantaggioso implementare la soluzione integrata di un ERP che nasce già completo e specifico per il settore alimentare, quale è appunto il CSB-System, anziché acquistare un software per la pianificazione che poi dovrà essere interfacciato con l’ERP. E le interfacce, si sa, comportano costi per lo sviluppo, per la manutenzione e per gli aggiustamenti, che in un sistema integrato ci vengono risparmiati». Il software integrato crea inoltre una banca dati uniforme.

Si pensi, ad esempio, alla necessità di raccogliere i dati provenienti da diversi stabilimenti per elaborarli e analizzarli in tempo reale. L’integrazione gioca qui un ruolo molto importante: assicura che i dati siano immediatamente disponibili e aggiornati e pronti per l’elaborazione, permettendo inoltre di identificare e intervenire sui problemi di pianificazione rapidamente.

I vantaggi di una soluzione PPS integrata

Continua Guido Girardelli, sales manager CSB-System: «Se vuoi ot-

tenere il massimo dal tuo software, devi renderne il suo utilizzo il più semplice possibile. I clienti che hanno scelto di integrare il modulo PPS del CSB si muovono all’interno di un software già familiare, di cui conoscono la logica e il tipo di interfaccia utente. Questo rende più facile ottimizzarne l’uso nella gestione della routine lavorativa. Dunque, non solo i costi per la formazione dei dipendenti saranno inferiori, ma anche quelli di implementazione! I costi per l’introduzione, l’ottimizzazione, la manutenzione e il funzionamento di una soluzione integrata sono sempre più bassi rispetto ad una specifica soluzione ad isola. Un panorama IT omogeneo è più della somma delle sue parti. Ogni responsabile IT se ne rende improvvisamente conto al più tardi quando vi è da aggiornare il software!».

Nel settore alimentare ricette, distinte base, liste di taglio, allergeni, date di scadenza, shelf-life, devono rientrare nella pianificazione. Qui vengono rappresentate anche le varianti ricetta e produzione utilizzate in azienda. Determinanti sono anche il flusso ottimale delle materie prime e la stretta integrazione tra il reparto produzione e le aree acquisti, vendite, dispo e magazzino, perché la parola chiave qui è: freschezza!

Il modulo PPS dell’ERP CSBSystem tiene conto di questi aspetti e di molti altri ancora. La gestione dei rischi e delle criticità legati alla filiera del fresco avviene da sempre secondo le best practice nazionali ed internazionali. Tutto è documentato in modo sicuro e tracciabile: l’acquisizione dei dati di produzione e il modulo PPS sono perfettamente coordinati tra loro.

Pianificazione e controllo della preparazione ordini

Dopo l’inserimento (tramite EDI o CSB Web Shop o canali più tradizionali) e l’accettazione degli ordini di vendita, questi vengono pianificati in base a scenari temporali di

Una volta assegnato l’ordine di produzione, il CSB-System ne sorveglia l’avanzamento.

breve, medio e lungo termine e poi assegnati ai singoli reparti e/o postazioni incaricati della preparazione, diventando così degli ordini di produzione. Automaticamente viene realizzato anche un piano di assegnazione delle postazioni di lavoro. In base ai tempi previsti per la preparazione, CSB-System ottimizza l’impiego di risorse umane e delle materie prime/componenti di produzione.

Controllo degli ordini di produzione

Una volta assegnato l’ordine di produzione, il software ne sorveglia l’avanzamento. Per ogni lotto vengono confrontati i tempi effettivi con i tempi previsti, l’ora di inizio e fine lavorazione. In questo modo i responsabili di produzione possono individuare ritardi e difficoltà insorgenti e così intervenire tempestivamente con misure correttive. Lo stato dei singoli lotti ed ordini di produzione viene visualizzato progressivamente in maniera intuitiva a seconda che siano in elaborazione, completati nei tempi previsti oppure no, non evasi affatto.

Procedure semplificate con CSB M-ERP

Grazie all’M-ERP la completa ottimizzazione dell’operatività in produzione potrebbe essere riassunta in tre parole: flessibilità, velocità e controllo. Attraverso il collegamento delle bilance, degli scanner e di tutte le periferiche necessarie, sulla base delle ricette inserite e degli ordini di produzione esistenti, si possono ricomporre gli ingredienti di una ricetta, le cui quantità vengono scaricate dai conti di giacenza di magazzino. Il valore aggiunto deriva da dati sempre aggiornati in tempo reale e sempre corretti e dalla versatilità degli strumenti proposti che si adattano alle procedure operative presenti in impianto. Aspetto molto utile per avere performance migliori anche nelle vendite.

Pianificazione del sezionamento Il processo di sezionamento e la sua pianificazione sono supportati in maniera completa dal CSB-System che tiene conto di tutte le scomposizioni in maniera integrata. Grazie alla gestione dei dati relativi alle disponibilità, il CSB-System elabora

In alto: il dott. Andrè Muehlberger, dal 2000 direttore della filiale italiana CSB-System. In basso: Guido Girardelli, sales manager CSB-System.

automaticamente in tempo reale un piano dettagliato di sezionamento che tiene conto del fabbisogno e che determina i valori teorici per gli ordini di produzione di sezionamento, ottimizzati sulla base delle giacenze

di magazzino. Nell’analisi dello scostamento rese per partita avviene il calcolo per la valorizzazione degli articoli risultanti dal sezionamento sulla base di un confronto preventivo/consuntivo.

Tale continuo confronto ha come obiettivo una costante ottimizzazione volta ad una pianificazione migliorata e maggiormente orientata al fabbisogno dell’uscita del processo di sezionamento.

Processo produttivo

sotto controllo

Molti dei clienti CSB riportano che il modulo PPS sia ormai diventato uno strumento strategico nel controllo del processo produttivo. Successo ed utilità si documentano da soli con:

• aumento della disponibilità di consegna;

• pianificazione semplificata delle risorse umane;

• eliminazione delle ore di lavoro straordinarie;

• notevole miglioramento del servizio ai clienti.

Vale la pena sottolineare che l’ERP CSB-System è un gestionale non solo integrato ma anche modulare e completo, ovvero in grado di gestire un’azienda alimentare a 360º ed include la contabilità generale e industriale, la business intelligence, la manutenzione predittiva, la rilevazione presenze, collegamenti CIM con linee di peso-prezzatura, e molto altro.

Referente:

• Dott. A. MUEHLBERGER

CSB-System Srl

Via del Commercio 3-5

37012 Bussolengo (VR)

Telefono: 045 8905593

Fax: 045 8905586

E-mail: info.it@csb.com

Web: www.csb.com

BRESAOLE E SALUMI BOVINI TRADIZIONALI CON LA TECNOLOGIA STAGIONELLO®

Curare, cuocere, stagionare e affumicare con Stagionello® Meat Curing Device

Isalumi bovini rappresentano un’eccellenza nel panorama gastronomico italiano, meno noti rispetto ai loro corrispettivi suini, ma altrettanto ricchi di storia, sapore e tradizione. Questi prodotti derivano dalla carne di bovino lavorata secondo tecniche che variano da regione a regione, offrendo una gamma di sapori unica e distintiva. Sebbene i salumi suini siano i più diffusi e celebrati, l’uso della carne bovina nella salumeria ha una tradizione consolidata in molte regioni italiane. Ogni varietà salumiera bovina racconta una storia di passione e

territorio, offrendo sapori unici che meritano di essere scoperti e apprezzati. Se ancora non avete avuto l’occasione di assaporare questi deliziosi prodotti, vi invitiamo a farlo grazie alle nuove tecnologie studiate a supporto dell’artigianato alimentare e per affiancare i professionisti che vogliono esaltare sapori autentici.

Una soluzione sostenibile

La produzione di salumi bovini riveste un ruolo cruciale nella riduzione dello spreco alimentare. Questi alimenti, infatti, consentono

di valorizzare ogni parte dell’animale, trasformando anche i tagli meno pregiati in prodotti di alta qualità gastronomica come würstel bovini, bresaole, carne salada o i più noti salamini.

Le più antiche tecniche di salatura, stagionatura e aromatizzazione vengono studiate e applicate grazie al Cuomo Method all’interno dello Stagionello ® Meat Curing Device , la tecnologia brevettata dedicata alla cura della carne basata sull’esclusivo sistema di pH-metria, garanzia di gusto, salubrità e sicurezza alimentare.

L’uso della carne bovina nella salumeria ha una tradizione consolidata in molte regioni italiane.
Stagionello® Meat Curing Device.

Stagionello® è adatto a diverse tipologie di salumi bovini, permettendo ai produttori di sperimentare e creare una varietà di prodotti unici come la più rinomata e gustosa bresaola.

Stagionello® Meat Curing Device

Uno strumento moderno che sta rivoluzionando la produzione di salumi bovini è proprio lo Stagionello® Meat Curing Device. Questo dispositivo di stagionatura permette di controllare con precisione i parametri ambientali cruciali per la cura della carne, quali temperatura, umidità e ventilazione attraverso la gestione del pH dell’alimento. Grazie a tecnologie avanzate, il device garantisce una maturazione uniforme e sicura, riducendo il rischio di contaminazioni e migliorando la qualità del prodotto finale. Il dispositivo consente anche di programmare cicli di stagionatura specifici per diversi tipi di salumi, adattandosi alle esigenze particolari di ogni ricetta. L’uso dello Stagionello® Meat Curing Device non solo preserva le tradizioni artigianali, ma le integra con innovazioni tecnologiche che assicurano standard elevati e costanti.

Scegliere la tecnologia Stagionello® per la produzione di salumi bovini offre numerosi vantaggi che migliorano la qualità, la sicurezza e l’efficienza del processo produttivo. La garanzia di controllo di ogni

parametro è essenziale per ottenere salumi di alta qualità con caratteristiche organolettiche superiori e poter contare su una riproducibilità e ripetibilità costanti nel tempo. Caratteristiche indispensabili per i produttori che desiderano mantenere standard elevati e continui.

L’uso della tecnologia Stagionello® semplifica e ottimizza il processo di produzione. La possibilità di programmare cicli specifici per diversi tipi di salumi consente di automatizzare molte fasi, riducendo il tempo e l’energia necessari e migliorando l’efficienza complessiva della produzione.

Stagionello® è adatto a diverse tipologie di salumi bovini, permettendo ai produttori di sperimentare e creare una varietà di prodotti unici come la più rinomata e gustosa bresaola. In soli 30 giorni, grazie a processi preimpostati e validati dalle migliori università italiane, è possibile ottenere un’intera produzione di bresaole a proprio marchio la cui salubrità e sicurezza alimentare è garantita dall’intenso lavoro di ricerca e sviluppo che ha portato al brevettato metodo Cuomo. La possibilità di adattare il dispositivo

a specifiche esigenze di ricette e tradizioni locali lo rende uno strumento estremamente versatile. La scelta di utilizzare questa tecnologia per la produzione di salumi bovini non solo migliora la qualità e la sicurezza degli alimenti, ma anche l’efficienza e la sostenibilità del processo produttivo, offrendo un valore aggiunto sia ai produttori che ai consumatori.

• Se vuoi approfondire la tecnologia di Stagionello® Meat Curing Device, scansiona il QR-code e scopri il modello più adatto alle tue esigenze dai 100 kg di produzione fino a modelli custom:

>> Link: www.stagionello.com

Track Carni, il software di ZUFFELLATO TECHNOLOGIES appositamente progettato per le aziende del settore, consente un monitoraggio completo dell’intera fi liera della carne controllando ogni fase: dall’allevamento alla macellazione e trasformazione fino ai magazzini, al confezionamento e sottovuoto, alla vendita ed evasione degli ordini. Il sistema soddisfa le esigenze delle aziende del settore della macellazione e trasformazione delle carni (equine, bovine, suine, ovine, caprine e di pollame), conformandosi pienamente alle normative italiane ed europee vigenti. Inoltre, assicura un sistema di tracciamento trasparente del prodotto lungo tutto il processo produttivo, proteggendolo da contraffazioni. È quindi il software ideale per integrarsi con le novità previste dal nuovo Regolamento UE 1143/2024 per i prodotti DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta)

Quali sono i principali cambiamenti rilevanti per il settore della carne? Il regolamento rafforza la protezione delle denominazioni DOP e IGP contro usi impropri, imitazioni ed evocazioni. Questo significa una tutela maggiore contro prodotti che tentano di sfruttare la reputazione delle carni DOP e IGP senza rispet-

tarne i disciplinari. Il processo per la registrazione di nuove denominazioni è stato semplificato, riducendo tempi e burocrazia e rendendo quindi più agevole per i produttori di carne ottenere il riconoscimento del marchio. Le autorità nazionali avranno un ruolo più attivo nella valutazione delle domande di registrazione, migliorando l’efficienza del processo.

Sono previste specifiche misure per sostenere la promozione delle carni DOP e IGP, inclusi finanziamenti europei per campagne pubblicitarie e programmi educativi per i consumatori, per iniziative che aumentino la consapevolezza del valore e delle caratteristiche di questi prodotti.

Col nuovo regolamento viene data la possibilità di adattare i Disciplinari di produzione ad includere innovazioni senza compromettere la qualità tradizionale delle carni. Allo stesso tempo, si prevede un rafforzamento dei controlli e una cooperazione tra autorità nazionali ed europee per garantire il rispetto delle norme, con un sistema di sanzioni più severo per chi viola i requisiti delle DOP e IGP.

Si punta ad un miglioramento della trasparenza per i consumatori attraverso regole più chiare e dettagliate sull’etichettatura dei

Track Carni consente un monitoraggio completo dell’intera filiera della carne controllando ogni fase, allevamento, macellazione e trasformazione, fino ai magazzini, confezionamento e sottovuoto, vendita ed evasione degli ordini.

prodotti DOP e IGP e su obblighi più stringenti per garantire che le carni vendute con queste denominazioni rispettino tutti i requisiti del disciplinare, assicurando così la loro autenticità e qualità. Un software come Track Carni risponde perfettamente a tutte queste novità perché può tracciare l’intero percorso del prodotto dal produttore al consumatore, assicurando che ogni passaggio rispetti i disciplinari DOP e IGP.

Il software permette di amministrare agevolmente le stalle, l’anagrafica dei capi e la loro relativa movimentazione, il collegamento alle tabelle veterinarie, la trasmissione delle informazioni alla BDN, la Banca Dati Nazionale dell’Anagrafe Zootecnica.

Oltre al tracciamento dei capi di bestiame, Track Carni monitora e gestisce tutte le fasi di lavorazione: carico e scarico dei capi da macellare, tagli e lavorazione, pesatura ed etichettatura, tracciabilità dei dati obbligatori, informazioni aggiuntive e creazione dei file per la Banca Dati Nazionale. Il sistema facilita anche l’amministrazione dei magazzini controllando: gli acquisti

di merce da fornitore (carne fresca macellata da altri), la stampa di etichette in entrata, l’importazione di dati di tracciabilità da file di testo.

Track Carni include le fasi di confezionamento e sottovuoto, per cui è possibile tracciare la gestione delle lavorazioni, le pesature ed etichettature dei tagli sottovuoto, la suddivisione in cartoni e pallet tramite etichette, la gestione di lotti contenenti tagli provenienti da animali diversi, la gestione di lotti omogenei (composti da materie prime con gli stessi dati di tracciabilità obbligatori). In fase di vendita il software può gestire: lo scarico della merce venduta, suddivisa per cliente/destinazione, la stampa delle distinte di vendita, l’import nel documento emesso dei dati di vendita.

Grazie a tutti questi dati Track Carni può generare etichette conformi alle nuove norme, includendo tutte le informazioni richieste per una trasparenza ottimale. Può essere utilizzato per preparare e facilitare i controlli e gli audit, fornendo documentazione dettagliata e immediata su tutta la filiera produttiva. Può

aiutare ad implementare un sistema di allerta per garantire che eventuali non conformità siano identificate e corrette tempestivamente. Il software può gestire i dati necessari per ottenere finanziamenti e supporti europei, facilitando la raccolta delle informazioni richieste per le domande.

Il nuovo Regolamento UE 1143/2024 apporta importanti cambiamenti per il settore delle carni, migliorando la protezione, la tracciabilità e la promozione delle DOP e IGP. L’integrazione con un software di tracciabilità come Track Carni può aiutare le aziende a conformarsi a queste nuove norme in modo efficiente e trasparente, garantendo al contempo una gestione ottimale della filiera produttiva e una maggiore fiducia dei consumatori nei prodotti certificati.

>> Link: www.trackanyfood.com

>> Link: www.zuffellato.com

Zuffellato Technologies Via Bela Bartok 12 44124 Ferrara

Telefono: 0532 904711

E-mail: info@zuffellato.com

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SIATE ONNIVORI E IN SALUTE

ASSOSUINI ha intervistato la dottoressa Susanna Bramante, una delle più attive e seguite divulgatrici scientifiche e web influencer del settore food nel panorama on-line italiano

Agronomo PhD e consulente della nutrizione, Susanna Bramante è una delle più attive e seguite divulgatrici scientifiche e web influencer del settore agroalimentare nel panorama on-line italiano. ASSOSUINI l’ha intervistata per capire meglio il suo lavoro in campo zootecnico, vista anche l’uscita del suo ultimo libro, “In salute con la carne”.

Com’è nata la sua attività sui social? «È iniziata per caso, in realtà. Prima lavoravo all’Università, nel campo della ricerca. Poi, mi è capitato di avere delle discussioni accese con dei vegani sul web. Diffondevano talmente tante sciocchezze, in particolare sulla carne, ma anche sul latte e sui vaccini, che ho sentito il bisogno di aprire un blog di divulgazione scientifica (genbioagronu-

trition.blogspot.com), per spiegare gli studi con parole semplici, in modo che fossero comprensibili a tutti, anche ai non addetti ai lavori. Il blog e la pagina facebook.com/ genbioagronutrition hanno avuto subito un buon seguito e sono stati notati anche da alcune aziende, che mi hanno contattata perché avevano necessità di fare comunicazione e difendersi dalle fake news. Così fare

La dott.ssa Susanna Bramante presso Corte Scaligera a Mozzecane, Verona (photo © facebook.com/CorteScaligera).

corretta informazione sul web su questi temi è diventato un vero e proprio lavoro».

Ed è fondamentale, vista la continua campagna denigratoria nei confronti della zootecnia e degli allevamenti. «Esatto. Gli allevatori vengono incolpati di tutto. Inquinamento, cambiamento climatico, eccessivo sfruttamento delle risorse. Ma non è così. La disinformazione su questo settore è molto diffusa e sono tante le fake news dure a morire, ma è importante far capire che senza gli agricoltori e gli allevatori non ci sarebbe il cibo e il loro lavoro è vitale per l’equilibrio ambientale. Bisogna lavorare insieme a loro e non contro di loro per sconfiggere il cambiamento climatico, perché l’allevamento del bestiame, sostenibile e ben gestito, può contribuire a

ridurre le emissioni, sequestrare il carbonio e a raffreddare l’atmosfera anziché riscaldarla».

“In salute con la carne”, un titolo coraggioso. Perché questo libro?

«Oggi, da quello che si sente e si legge in giro, sembrerebbe che per la salute nostra e del pianeta bisognerebbe fare a meno della carne. Ma in realtà è vero il contrario. Per stare in salute serve la carne. Siamo onnivori, più vicini ai carnivori, mentre siamo lontanissimi dagli erbivori, perché non abbiamo quattro stomaci e non riusciamo a digerire fibre e cellulosa. I nostri antenati erano dei super predatori carnivori e tutto nella nostra fisiologia e nel nostro DNA dimostra che siamo perfettamente adatti a digerire la carne e ad assimilarne tutti i suoi preziosi nutrienti. La carne ha contribuito

alla nostra evoluzione, allo sviluppo del nostro cervello e della nostra intelligenza. Senza la carne saremmo rimasti cerebralmente indietro, a livello delle scimmie. La carne ci ha dato un vantaggio evolutivo. Una dieta esclusivamente vegetale non è naturale, non è efficiente, è incompleta e necessita di integrazione. La dieta più intelligente e compatibile con la nostra biologia evolutiva è il modello onnivoro. In questo libro affronto tutte le questioni che riguardano il mondo della carne, il suo incomparabile valore nutrizionale, gli effetti benefici sulla salute e il suo vero impatto ambientale. Tutto supportato da studi scientifici».

SUSANNA BRAMANTE

In salute con la carne Tutti i benefici della carne, il suo vero impatto ambientale e viaggio tra le carni selvatiche

ISBN 979-1222730806

156 pp. – € 17,00

La carne è un alimento straordinario che ha contribuito alla nostra evoluzione. Nessun cibo ha questa densità di sostanze e un valore così alto. Ma è anche l’alimento più bistrattato e merita giustizia per tutte le fake news che subisce ogni giorno. A cominciare dal suo vero impatto ambientale. Perché non è lei la distruttrice del Pianeta. Puntano il dito contro gli allevamenti perché ci sono grandi interessi in gioco. Di qui la necessità di mettere nero su bianco come stanno le cose, con un linguaggio semplice e supportato da un’ampia bibliografia scientifica. “Senza l’allevamento animale sarebbe un mondo peggiore, fatto di cibi sintetici coltivati in laboratorio e pasticche. Se perdiamo il legame con la terra ci aspetta un futuro artificiale”, sottolinea la dott.ssa Bramante. “L’allevamento sostenibile può essere parte della soluzione al cambiamento climatico ed è qui che dovrebbero concentrarsi le risorse. Il cibo deve provenire dalla natura, non dai laboratori”.

Per questo la carne viene anche imitata e si tenta a tutti i costi di sostituirla… «Ma nessuno ci riesce. Sostituire la carne è impossibile. Mancherà sempre qualcosa. Il cibo è una matrice complessa di nutrienti che interagiscono tra loro, molti dei quali ancora sconosciuti. Ad esempio, prima si pensava che gli antiossidanti fossero presenti solo nella frutta e nei vegetali. Oggi si è scoperto che anche nella carne ci sono antiossidanti specifici e perfino sostanze antitumorali, come il TVA, l’acido trans vaccenico.

I prodotti vegetali di finta carne non le sono equivalenti. Sono cibi iper-processati pieni di additivi e il loro consumo è associato ad un aumento del rischio di patologie. Anche la carne artificiale coltivata in laboratorio non può essere considerata carne. È un semplice fascio di fibre, ma manca tutto il resto e dovrà essere additivata. Inoltre è un cibo nuovo e non conosciamo ancora che effetti avrà sulla salute.

FAO e OMS hanno elencato 53 potenziali pericoli (www.carnisostenibili.it/fao-oms-la-carne-sinteticanon-e-sicura-ecco-i-53-pericoli-perla-salute) e bisogna andarci cauti. Ecco perché molti Paesi ne stanno vietando la vendita e anche gli investimenti in questo campo sono diminuiti drasticamente».

Come vede il futuro della zootecnia?

«Stiamo entrando in una nuova era. L’era della trasformazione digitale e dell’intensificazione intelligente. Grazie a tecnologie innovative negli allevamenti si potrà raggiungere una maggiore sostenibilità digitale del settore zootecnico in termini di ottimizzazione dell’uso delle risorse, miglioramento del benessere animale, riduzione dell’impatto ambientale. Le tecnologie avanzate possono ad esempio monitorare in tempo reale le condizioni degli animali e l’ambiente in cui vivono, permettendo interventi tempestivi che migliorano la loro salute e il benessere, riducendo la necessità di antibiotici. Grazie a questo, oggi possiamo ambire ad

una “super sostenibilità”: il sistema produce di più, consumando di meno. Ma bisogna continuare a fare corretta informazione, anche facendo vedere le cose, non solo raccontandole.

Sarebbe meraviglioso se tutti gli allevatori aprissero le porte dei loro allevamenti o girassero video per i social, per mostrare e far toccare con mano la realtà. Anche per smentire film che altro non sono che propaganda vegan-animalista finanziati dalle multinazionali del cibo plant based, che scelgono di proposito quelle poche mele marce per fare disonestamente di tutta l’erba un fascio. Spero che gli allevatori abbiano la giustizia che meritano».

Dove si può acquistare il suo libro?

«Si può ordinare in qualsiasi libreria, oppure è disponibile su varie piattaforme on-line, come Amazon, Libreria Universitaria, Hoepli, Feltrinelli o Mondadori Store. Ci sono anche diverse macellerie che lo stanno proponendo ai propri clienti, per aiutarli a risolvere dubbi, domande o curiosità e a non sentirsi più in colpa quando mangiano la carne, pensando erroneamente di fare del male a sé stessi e all’ambiente. Il cibo deve provenire dalla terra, non dai laboratori. Non abbiamo bisogno di cambiare la nostra natura onnivora, né di condurre una vita medicalizzata, fatta di pasticche e integratori».

Fonte: ASSOSUINI, assosuini.it

La dieta più intelligente e compatibile con la nostra biologia evolutiva è il modello onnivoro.

LA CARNE BELGA E LA SUA INDUSTRIA GIOVANE

La visione della “next-gen” al centro della 19a edizione della Round Table di BMO

di Elena Benedetti

Ègiunta quest’anno alla sua 19a edizione la Round Table organizzata dal Belgian Meat Office (BMO), a cui partecipa abitualmente un selezionato gruppo di giornalisti europei del comparto carni. Una due giorni di incontri, confronti e approfondimenti tra i rappresentanti delle carni belghe, stakeholders, imprenditori e professionisti dell’industria delle carni

e un’occasione davvero unica per noi giornalisti della stampa specializzata per poterci confrontare con colleghe e colleghi provenienti da tutta Europa.

Con questo appuntamento di fine agosto, a cui EUROCARNI ha sempre partecipato fin dalle prime edizioni organizzate da RENÉ MAILLARD, al Belgian Meat Office va riconosciuto il grande merito

di aver investito in questi anni alla nostra formazione attraverso visite ad aziende, retailer, allevamenti, distributori e istituzioni europee. Ma non solo: questo momento di scambio e condivisione tra chi ogni giorno scrive di carne, di nuove visioni, di trend e di mercati, in contesti di provenienza così differenti, è davvero un arricchimento e di questo, ancora una volta, voglio ringraziare

Frédérick Hemelaer (Hemelaer NV), Marie Lambrecht (Danis Pork Masters NV), Alexander Vandenberghe (Delavi NV), Bram Van Hecke e Quentin Claeys (Belgian Pork Group NV).

Joris Coenen, direttore del BMO e tutto il suo staff. Quest’anno la sede dell’evento si è spostata da Bruxelles alla vicina Gand, un vero gioiello di architettura fiamminga tra canali d’acqua, castelli, chiese medievali e tantissimi caffè e locali all’aperto che, in questa lunga estate, anche qui hanno beneficiato di tempera-

Joris Coenen, Belgian

ture più elevate della media. Tema prescelto: “Il futuro dell’industria della carne: voci della prossima generazione”. «Da anni vi raccontiamo che il settore belga della carne è caratterizzato da piccole e medie imprese a conduzione familiare che si tramandano l’attività di generazione in generazione: alcune di queste realtà sono oggi guidate dalla quarta o addirittura dalla quinta» ha detto Joris Coenen, all’apertura dei lavori. «Le aziende familiari hanno una cosa in comune: una visione del business unica e personale di lungo termine, dato che abbraccia le varie generazioni. E questa volta abbiamo lasciato la parola alla cosiddetta “next-gen”, giovani imprenditori e imprenditrici che sono già o saranno presto ai vertici delle proprie realtà aziendali. Giovani che sono entrati a far parte dell’azienda di famiglia e che stanno seguendo le orme di famiglia. L’obiettivo? Com-

prendere la loro visione del futuro del settore, le sfide che ogni giorno devono affrontare e le ragioni per le quali hanno scelto di lavorare in questo mondo che, mai come oggi, sta attraversando difficoltà e cambiamenti radicali».

Quentin Claeys, Belgian Pork Group NV, belgianporkgroup.com

Quentin Claeys rappresenta la quinta generazione di famiglia a capo di Belgian Pork Group, il più grande produttore di carne suina in Belgio, che nel Paese conta 8 siti produttivi specializzati nella macellazione, sezionamento, porzionamento, confezionamento e congelamento di carne suina di qualità. Ogni anno, Belgian Pork Group lavora 420.000 t di carne di maiale, di cui una parte consistente viene esportata in oltre 50 Paesi del mondo.

Il Belgian Pork Group gestisce l’intera catena di lavorazione della carne suina e si concentra sul

Meat Office.

benessere (animale), su soluzioni personalizzate e partnership. La combinazione di specializzazione e automazione garantiscono prodotti unici e su misura. «La nostra azienda di famiglia è grande e complessa ma anche molto flessibile e orientata all’export con canali commerciali aperti anche in Cina e Corea del Sud, che ci consentono di competere a livello internazionale» ha sottolineato Quentin.

«I nostri punti di forza? Il potenziamento commerciale e la capacità di lavorare con un team straordinario. C’è poi l’impegno costante nel creare sempre più strumenti efficienti per le prossime generazioni in azienda e la massima attenzione ai temi della sostenibilità (con la riduzione dell’impronta di carbonio nella produzione e il già conseguito raggiungimento del 60% di ricircolo dell’acqua impiegata in azienda)».

Marie Lambrecht, Danis Pork Masters NV, porkmasters.be Danis Pork Masters raggruppa tutte le attività del Gruppo Danis

nel comparto della carne, ovvero l’impianto di macellazione Groep De Brauwer, il laboratorio di sezionamento Vannieuwenhuyse, che combina una solida lavorazione artigianale con un elevato livello di servizio, e Exportslachthuis De Coster NV, un moderno macello al centro della regione belga vocata all’allevamento dei suini. Questo gruppo a gestione familiare è leader del mercato belga nella produzione di mangimi e capi suini. «Il Gruppo Danis controlla l’intera catena, dalla genetica alla produzione di soia e mangimi, dall’allevamento di scrofe e suini alla macellazione e al sezionamento. In questo modo abbiamo il controllo di ogni fase della nostra filiera» ha sottolineato Marie Lambrecht, terza generazione in azienda e oggi manager nelle Risorse Umane presso Danis Pork Masters. «Il nostro obiettivo è proseguire nello sviluppo dell’azienda di famiglia verso una leadership sostenibile nel comparto delle carni suine, con la collaborazione e il supporto degli allevatori e degli operatori del settore».

Alexander Vandenberghe, Delavi NV, delavi.be

Delavi è un’azienda familiare fondata nel 1946 e attiva da quattro generazioni nel settore della carne. Il loro obiettivo? Fornire carne di maiale sana e di alta qualità, seguendo le esigenze della clientela nei settori della ristorazione, della vendita al dettaglio e dell’industria. «Ci impegniamo costantemente per una collaborazione a lungo termine con tutte le parti interessate. Il risultato è una crescita sana, che ci permette di impegnarci in ulteriori investimenti. Così possiamo continuare a distinguerci in termini di qualità, servizio, continuità e ambiente. Per raggiungere questi obiettivi, le conoscenze professionali, la lealtà, la flessibilità, il pensiero proattivo, la comunicazione fluida e l’approccio personale sono tutte al primo posto».

Alexander Vandenberghe rappresenta la quarta generazione in azienda e tra i suoi principali focus c’è quello della specializzazione. Appassionato di vela, Alexander ha paragonato il lavoro nel comparto

La Round Table del Belgian Meat Office, edizione 2024, tenutasi a Gand, Belgio.

GENERALFRIGO

L’eccellenza su misura

L’eccellenza su misura

struttura all’avanguardia per la lavorazione delle carni suine

attività di stoccaggio a bassa temperatura, congelazione e scongelazione

alto livello logistico in grado di soddisfare ogni esigenza con competenza e tempestività

sostenibilità ambientale grazie ad impianti innovativi ad energia alternativa

Carni belghe, un aggiornamento del mercato

Il Belgian Meat Office è il primo punto di riferimento per entrare in contatto con le aziende belghe che esportano carne suina e bovina. L’ufficio per l’esportazione della carne è stato fondato nel 2003 sotto l’egida del VLAM, l’ente per la commercializzazione agricola delle Fiandre, e coordina la promozione delle esportazioni di carne suina e bovina, da un lato offrendo supporto all’esportazione e dall’altro attraverso la promozione B2B. L’offerta comprende carni bovine e suine. Analizziamo qua di seguito i macro trend per ciascun segmento.

Bovino belga

La produzione si attesta su 240.000 t di prodotto annuo, pari al 3,8% del totale UE. Poco più del 60% del volume prodotto è destinato all’export (149.000 t), assorbito principalmente da Olanda (39%), Francia (20%), Germania (14%), Italia (6%) e altri Paesi (21%) mentre le importazioni ammontano a 80.000 t e il consumo domestico si attesa su 170.000 t. Nel 2023 sono stati macellati 447.000 bovini adulti e 323.000 vitelli in una concentrazione di 10 stabilimenti di macellazione e lavorazione.

Suino belga

Il comparto delle carni suine belga conta un patrimonio di capi che raggiunge 5,4 milioni, con un trend in leggera decrescita dal 2021 a oggi. La produzione nazionale conta 930.000 t, pari al 4,5% della produzione EU e l’1% di quella mondiale. Il 75% del totale prodotto di carne suina (704.000 t) è esportato in una settantina di Paesi a livello globale. Nella classifica mondiale dei top esportatori di carni di maiale il Belgio si attesta all’8o posto. Il consumo domestico si attesa su 195.000 t di prodotto.

Parola d’ordine: flessibilità e personalizzazione

L’industria belga della lavorazione delle carni è apprezzata per la sua flessibilità e capacità di soddisfare le esigenze tailor-made della clientela trovando soluzioni su misura a problematiche o esigenze di mercato e di prodotto.

>> Link: www.belgianmeat.com/it

delle carni al velismo. «Tra correnti, situazioni climatiche e ambientali in continuo mutamento e spesso impossibili da anticipare e prevedere, servono visione, competenze e forte coesione con il team per raggiungere obiettivi e destinazioni!».

Frédérick Hemelaer, Hemelaer NV, hemelaer-nv.be

Hemelaer è un’azienda a conduzione familiare, specializzata in carni bovine, che opera nell’industria della carne da circa 70 anni, vantando una consolidata esperienza a livello nazionale ed estero. Si trattano bovini da carne e da latte, oltre a vitelli e la quota di export è pari al 20%. «Gestiamo in prima

persona l’intera filiera: dall’ingrasso dei bovini al sezionamento e taglio, fino alla consegna. Il nostro approccio molto operativo e una struttura organizzativa efficiente e all’avanguardia ci permettono di reagire molto rapidamente ai cambiamenti o alle richieste specifiche del mercato».

Frédérick Hemelaer , general manager dell’azienda, ha sottolineato l’attenzione ai temi del benessere animale (con il coinvolgimento diretto di Temple Grandin per la riorganizzazione delle aree di sosta degli animali vivi in macello), delle tecnologie innovative nei processi produttivi, e della sostenibilità ambientale ed energetica.

Bram Van Hecke, consulente agricolo del Ministero dell’Agricoltura Fiammingo Cresciuto in una famiglia di allevatori, Bram Van Hecke ha seguito un altro percorso studiando le politiche comunitarie ma mantenendo sempre un forte attaccamento al mondo della zootecnia e delle produzioni agroalimentari, tanto da essere nominato consulente agricolo presso il Ministero dell’Agricoltura Fiammingo. La sua visione del comparto? «I temi dell’allevamento e della produzione alimentare sono e saranno sempre più strategici. Occorre aver ben chiaro che gli allevatori e gli operatori del comparto agroalimentare sono imprenditori

Foto di gruppo con gli speaker della Round Table 2024 e Joris Coenen, direttore del Belgian Meat Office.

che vanno supportati. Occorre infine proseguire nel potenziamento di politiche incentrate sulla sostenibilità e sull’innovazione» ha sottolineato Van Hecke.

La tavola rotonda

A seguito dei vari interventi e all’avvio della tavola rotonda che ha visto coinvolti i vari speaker e la stampa specializzata presente, Coenen ha sottolineato un punto: «Le imprese a conduzione famigliare hanno davanti a sé un orizzonte totalmente differente e questo le rende certamente molto più resilienti». Il fatto di avere in azienda, e nelle posizioni direttive, generazioni anagraficamente più giovani (e spesso molto preparate a livello di formazione accademica), allarga la visuale e indiscutibilmente aiuta a comprendere meglio — e forse prima di altri — i nuovi trend di mercato e i comportamenti in costante mutamento dei consumatori. I giovani, si sa, sono molto più sensibili ai temi della sostenibilità, dell’ambiente, dell’innovazione tecnologica. E sicuramente ha ragione Marie Lambrecht quando ricorda ai presenti che «le nuove generazioni guardano più alle opportunità del mercato rispetto invece a ciò che

non va». Certo è che il comparto delle carni, che sia quello belga, europeo o a livello globale, sta attraversando anni di instabilità. «Non possiamo girare intorno al fatto che il consumatore oggi la carne la vuole pagare poco, e la sua ossessione al prezzo si ripercuote su tutta la filiera produttiva, andando a penalizzare l’allevatore» ha puntualizzato Jean-Pierre Garnier di MEAT MANAGEMENT. C’è poi tanta frustrazione tra industria ed Europa. C’è tensione tra chi scrive le politiche comunitarie e gli allevatori che non sono più tutelati e non si sentono rappresentati. Bram Van Hecke è ottimista e ribadisce che serve un monitoraggio costante delle varie situazioni, capacità di adattamento e innovazione.

Infi ne, «qual è il valore più importante da tenere a mente per affrontare i prossimi vent’anni di lavoro in azienda?» ha chiesto il direttore del BMO. I giovani imprenditori non hanno esitato un attimo: “felicità” (Quentin Claeys), “adattabilità” (Alexander Vandenberghe), “un team di risorse forte, appassionato e competente” (Marie Lambrecht) e “buon senso, tanto buon senso” (Frédérick Hemelaer).

Elena Benedetti

Belgian Meat Office al SIAL Paris 2024

Istituito nel 2003 nell’ambito del Centro fiammingo per il mercato della pesca e dell’agricoltura (VLAM), il Belgian Meat Office (BMO) coordina la promozione delle esportazioni di carne suina e bovina attraverso un’ampia serie di attività che vanno dalle fiere, alle missioni commerciali, alle ricerche e analisi di mercato. Il BMO sarà presenta alla fiera SIAL di Parigi (7-11 ottobre) presso lo stand C190 nel Padiglione 6, dedicato alle carni.

>> Link: belgianmeat.com

Eurocarni, 10/24

LOGISTICA INTEGRATA AL SERVIZIO DEL FRESCO E FRESCHISSIMO

Visita al centro distributivo Ahold Delhaize SA ad Asse, aperto 7/7 e H24, tra migliaia dipendenti e tantissima robotica

Per l’appuntamento esterno della Round Table ‘24 è stato scelto il centro distributivo di logistica integrata dei freschi e freschissimi ad Asse di Ahold Delhaize

SA, multinazionale belga presente con oltre 800 punti vendita tra supermercati e convenience store in 9 Paesi tra cui Belgio, Olanda, Lussemburgo e USA. Costituita dalla

fusione tra AHOLD e DELHAIZE GROUP nel 2016, l’azienda gestisce brand noti come Delhaize e Albert Heijn, oltre alla vendita on-line attraverso l’e-commerce bol.com.

Ahold Delhaize è uno dei principali food retailer del Belgio, con all’attivo una vasta rete di supermercati e minimarket (photo © Photonews).
In alto: a sinistra, Vincent Thoen, Joris Coenen, direttore del Belgian Meat Office e Sébastien Bataille. A destra, uno scatto all’interno del centro di distribuzione. In basso: scatto presso Ahold Delhaize SA ad Asse.

A sinistra: integrazione e inclusione sono valori importanti per Ahold Delhaize che in questa immagine celebra la giornata internazionale delle donne (photo © @albertheijn). A destra: sempre da Instagram la foto di Karim Triki, eletto Ahold Delhaize Store Manager of the Year nel 2022 (photo © @albertheijn).

I numeri

«Contiamo 16 brand tra i vari Paesi, a differenza di Carrefour, Aldi o Lidl, per esempio, che in giro per il mondo espongono solo con quel dato marchio» ha sottolineato Vincent Thoen, public affairs manager, nel suo speech di benvenuto. «Contiamo 120 ipermercati, oltre ai cosiddetti “proxi store”, i punti vendita di vicinato, e ai “shop-and go” che si possono trovare per esempio lungo le autostrade e nelle stazioni delle metropolitane. Vantiamo 5,3 milioni di clienti nel Benelux e rappresentiamo il 23% del mercato».

Ahold Delhaize SA conta 31.000 dipendenti, la maggior parte dei quali lavora presso i punti vendita (rappresentati in gran parte da studenti universitari che lavorano part-time nel corso dei loro studi), oltre a impiegati negli uffici e centri direzionali e 3.000 persone occupate nella logistica e nei trasporti.

Salute, assortimento, sostenibilità

«A Delhaize siamo convinti che mangiare meglio significhi vivere meglio, sempre mantenendo l’at-

tenzione al prezzo e ad un buon rapporto prezzo e qualità percepita. Tra i focus c’è sicuramente il tema della salute (col Nutriscore sempre ben in evidenza sui pack a scaffale), oltre ad un ampio e innovativo assortimento di prodotti (25.000 referenze totali). Un supermercato di media superficie di Ahold Delhaize conta abitualmente tra le 10 e le 20.000 referenze di prodotto e questo ovviamente impatta non poco sulla logistica!

Altro obiettivo strategico raggiunto dal Gruppo è stato quello di diventare leader nei freschi e nella qualità: la capacità di lavorare bene nel fresco fa sì che le consegne ai punti vendita siano effettuate in tempi rapidissimi, così come l’approvvigionamento da parte dei fornitori venga garantito sempre nelle tempistiche pattuite.

Un ulteriore punto importante per noi è la sostenibilità: per questo all’interno delle nostre strutture abbiamo lavorato alla riduzione della plastica, dell’impronta di carbonio e allo spreco di cibo, informando il cliente sui corretti comportamenti da adottare per

ridurre, riutilizzare o riciclare prodotti e alimenti».

La carne sempre al centro

Tom De Putter, responsabile Ahold Delhaize per i prodotti di carne, ha ripercorso con noi i punti al centro della strategica di prodotto e di mercato del Gruppo con le carni. Si parte sempre con il prediligere allevatori locali, senza però trascurare l’assortimento di carni vegetali, che in Belgio stanno crescendo in volumi di acquisto. Grande attenzione è data agli assortimenti nei prodotti di carne, molto più ampia rispetto agli altri competitor sul mercato.

La logistica Ahold Delhaize ad Asse

Lo stabilimento di distribuzione di Asse, in funzione 7/7 e h24, ricopre una superficie di 200.000 m2. Esso impiega circa 1.000 persone su tre turni di lavoro e movimenta 850.000 imballi al giorno, garantendo 3.000 spedizioni giornaliere.

Elena Benedetti

>> Link: delhaize.be aholddelhaize.com

Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

COPPIELLO GIOVANNI

Tel. 049 725 596 Fax 049 893 0525 www.coppiello.it - info@coppiello.it

Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo.

Nella foto una delle nostre “Ricette Consigliate”: Bresaola di Cavallo con Perle di Verdure e Salsa Zafferano Esecuzione: con lʼapposito scavino realizzare le perle di verdure e lessarle. Condire con unʼemulsione di succo di limone, olio, zafferano, pepe ed un pizzico di sale. Servire la bresaola di cavallo su un letto di rucola e guarnire il piatto.

Ingredienti per 4 persone

200 gr. di Bresaola, 2 Zucchine, 2 Carote, 1 Limone 1 Bustina di Zafferano, 6 Cucchiai di Olio dʼOliva, Pepe in Grano, 20 gr. Sale al Sedano.

“Julienne” Di Bresaola di Equino
Sfilacci di Equino
Sfilacci di Manzo
Sfilacci di Tacchino
Bresaola di Equino
Salame di Equino

COME VENDERE ALL’ESTERO

CON LA GDO?

Essere selezionati da una GDO estera è un processo lungo e complesso, spesso precluso a molte aziende italiane per via delle loro piccole dimensioni. Grazie agli accordi che ICE Agenzia ha siglato con oltre 80 catene della GDO internazionale, è possibile superare questo limite e riuscire a posizionarsi con successo in questo importante segmento

Uno dei metodi che le aziende hanno a disposizione per commercializzare i propri prodotti, sia in Italia che all’estero, è la vendita attraverso la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), il segmento del settore retail maggiormente diffuso nel mondo. Si tratta di una tipologia di vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo (sia alimentari che non) realizzata tramite una serie di punti vendita come supermercati, ipermercati e discount, organizzati su grandi superfici e, generalmente, aderenti ad un’organizzazione o ad un gruppo che gestisce più punti vendita contrassegnati da una o più insegne commerciali comuni.

I vantaggi di vendere attraverso la GDO

Vendere all’estero attraverso la GDO può consentire l’accesso ad un mercato globale poiché la stessa catena di distribuzione è spesso presente in diversi paesi, e quindi, usufruendo anche di un sistema di distribuzione più capillare, è possibile raggiungere nuovi clienti in più aree geografiche e diversificare così il proprio bacino di utenza. Vendere con la GDO può anche aiutare a condividere i rischi di vendita con il partner di distribuzione: ad esempio, se un prodotto

non si vende bene, il partner di distribuzione condividerà il rischio con l’azienda fornendo un feedback utile per migliorare il prodotto. Allo stesso tempo, si può guadagnare una conoscenza più approfondita dei mercati internazionali e delle preferenze dei consumatori locali, cosa che può consentire di sviluppare prodotti e strategie di marketing più adatti al mercato estero.

Essere presenti sugli scaffali della GDO, inoltre, può offrire maggiore visibilità al proprio marchio perché si può beneficiare della pubblicità e delle promozioni organizzate dalla catena, che gode di una più grande presenza mediatica, riducendo così i propri costi di marketing e promozione.

Come riuscire ad accedere alla GDO?

I vantaggi sono indubbi, ma la GDO non è per tutti, soprattutto per chi produce prodotti di nicchia, ed in quantità limitata. I prodotti commercializzati da un player operante nella grande distribuzione organizzata, infatti, sono solitamente beni poco costosi, destinati ad essere venduti in grande quantità con un ciclo di magazzino decisamente veloce. Inoltre, quello della GDO è un contesto altamente competitivo dove è difficile emergere in

mezzo alla concorrenza, soprattutto all’estero. Tuttavia, con la giusta pianificazione e i giusti strumenti è possibile riuscire a posizionarsi con successo nella GDO internazionale.

Il primo passo da compiere è un self assessment relativo alle proprie capacità tecniche, operative ed organizzative, in termini di volumi di produzione e di efficienza della rete logistica. Ciò significa essere in grado di fornire grandi quantità di volumi di prodotto e farlo 12 mesi l’anno entro i tempi stabiliti, ma anche essere in grado di integrarsi perfettamente nel sistema logistico della GDO che per sua natura è particolarmente complesso, dal momento che implica il coinvolgimento di numerosi attori della supply chain e la movimentazione di un numero importante di merci, assicurando al contempo velocità, sicurezza ed efficienza.

Se si è pronti da questo punto di vista, si può passare allo step successivo: lo studio del mercato di riferimento e l’analisi delle esigenze dei consumatori locali. Questo passo è di fondamentale importanza, perché non avrebbe alcun senso imbarcarsi in un’avventura nella GDO estera — con conseguente dispendio di tempo, energie e denaro —, se poi il prodotto che si va a proporre non ha mercato

Le GDO partner di ICE, pur restando completamente autonome nella selezione di fornitori e tipologie di prodotto, a volte si avvalgono della sua collaborazione per lo scouting e il recruiting di nuove aziende italiane.

in quella specifica area geografica. Nella scelta del paese una regola spesso seguita è quella di seguire la corrente. Il rovescio della medaglia di questa strategia, però, è che la concorrenza è forte e il consumatore (quindi il buyer) è esperto, e quindi esigente. Un mercato nuovo per le imprese richiede più ricerca ma può essere preferibile perché c’è meno concorrenza e può essere più facile affermarsi. Una volta accertatisi che il proprio prodotto sia in grado di esercitare un certo appeal sulla clientela locale, vanno analizzate le caratteristiche intrinseche del prodotto stesso ed il modo in cui questo si posiziona rispetto alla concorrenza.

La domanda da porsi a questo punto è: perché un supermercato e i suoi consumatori dovrebbero scegliere il mio prodotto anziché quello di un’altra azienda? Quali sono sue le sue particolarità e quelle stesse peculiarità sono presenti già in altri prodotti venduti nella grande distribuzione?

Se la risposta è no, si è sulla buona strada per posizionare un prodotto alimentare nella GDO. Se invece la risposta è sì, si dovrebbe cercare di elaborare un’offerta diversa, che sia in grado di rispondere a un’esigenza dei consumatori che non è ancora stata esplorata dai competitor. I consumatori potrebbero essere interessati ad un formato differente, ad un diverso metodo di produzione, ad una particolare materia prima, ecc…

Per semplificare questo passaggio, potrebbe essere utile realizzare collaborazioni di co-branding per condividere idee e produrre referenze innovative unendo i prodotti di diverse aziende. La GDO, infatti, vuole fornire ai suoi clienti un’offerta che sia più ampia possibile, e per questo è sempre interessata alle novità. I prodotti, inoltre, devono essere provvisti di un’etichettatura adeguata per essere conformi alle normative locali e delle certificazioni richieste dal paese in cui vuole esportare.

Un altro aspetto da non sottovalutare è il packaging, che deve essere attraente ma allo stesso tempo coerente con la filosofia aziendale: per esempio, se si vuole distribuire un prodotto biologico capace di comunicare ai consumatori la propria dedizione nel mantenere le referenze il più naturali possibili, bisogna rafforzare questa associazione mentale attraverso un confezionamento idoneo, come un packaging ecologico, in grado di comunicare fin da subito la propria preoccupazione per le questioni ambientali.

Lo stesso vale per la promozione: sito internet, brochure, cataloghi ed altro materiale informativo devono seguire tutti la stessa linea di comunicazione che deve essere coerente con il brand e con i suoi valori per immagine e tono di voce. Allo stesso tempo, deve essere accattivante e deve essere in grado di attrarre

buyer e consumatori. Se si è in possesso di tutti questi requisiti, è giunto il momento di individuare la catena che più si adatta alle caratteristiche del prodotto proposto. I vari attori sulla scena della GDO sono molto diversi tra di loro: alcuni, come i discount, puntano tutto sul basso prezzo e sugli sconti, altri, come le catene specializzate, hanno un approccio più attento alla qualità. La scelta va fatta in base alle specificità della propria offerta.

Ma è qui che arriva il passo più difficile: la ricerca del contatto. Convincere il buyer è di fondamentale importanza e, per farlo, occorre mostrare il prodotto al meglio. A meno che il nostro brand abbia grande notorietà occorre molta pazienza: i buyer non ci conoscono, sono assediati dalle proposte, conoscono bene i loro fornitori attuali (che sono i nostri concorrenti), ma non noi, e prima di riceverci personalmente vogliono leggere di noi e vogliono leggere nella loro lingua. Ecco perché il materiale promozionale deve essere curato in ogni minimo dettaglio e deve essere localizzato in funzione del paese in cui si vuole entrare.

I buyer vogliono anche testare i nostri prodotti in anteprima, quindi è opportuno inviare delle campionature delle referenze che si vogliono proporre, presentazioni fotografiche e schede tecniche del prodotto, contenenti tutte le informazioni necessarie. Quando ci ricevono ci danno poco tempo, e preferiscono le presentazioni brevi, schematiche, efficaci, che vanno al sodo: piano di marketing e disponibilità a fargli conoscere come produciamo e dove produciamo possono essere decisivi.

Essere selezionati da una GDO è dunque un processo lungo e complesso, che richiede adeguata struttura organizzativa, gestionale e produttiva, capacità di interagire rapidamente e con flessibilità, possesso di certificazioni richieste nei diversi mercati, spesso l’adattamento delle confezioni e delle

etichette alle regole, usi e costumi del mercato, e a volte anche una pregressa esperienza con la GDO di altri Paesi. Per tali motivazioni questo importante canale rischia di essere precluso a moltissime aziende italiane, soprattutto a quelle di dimensioni piccole e medio/piccole, in cui aiuto vengono però i numerosi accordi che ICE Agenzia ha siglato con le principali catene della GDO internazionale attive sia attraverso punti vendita fisici che on-line, da WORLD MARKET negli Stati Uniti fino a SECOMA in Giappone, passando per DOUGLAS in Germania e FRISCO in Polonia, solo per citarne alcuni.

Accordi GDO con Agenzia ICE Agenzia ICE è da anni impegnata nel sostegno alle imprese italiane sui mercati esteri attraverso accordi distributivi con le reti della GDO (Grande Distribuzione Organizzata), sia fisiche (punti vendita) che

digitali (on-line). La promozione del made in Italy in collaborazione con i department store ed i retailer on-line ha l’obiettivo primario di incrementare la riconoscibilità e la visibilità dei prodotti autentici italiani per aumentarne distribuzione e vendite. La strategia dell’Agenzia ICE punta inoltre a:

• consolidare e migliorare le performance dei brand già presenti;

• inserire, per quanto più possibile stabilmente, nuovi brand e nuove merceologie;

• promuovere dell’immagine del made in Italy;

• potenziare le azioni di comunicazione verso il consumatore;

• contrastare fenomeni di contraffazione e Italian Sounding Dal 2015 sono stati stipulati più di 80 accordi con partner GDO in tutto il mondo. L’Agenzia ICE, attraverso la sua rete estera e di concerto con la rete diplomatica

e consolare, individua potenziali partner tra le catene distributive internazionali, disponibili ad aderire alla campagna e all’investimento richiesti in accordo con i parametri fissati dall’Agenzia.

Le GDO partner, pur restando completamente autonome nella selezione dei fornitori e delle tipologie di prodotto, a volte si avvalgono della collaborazione di Agenzia ICE per lo scouting e il recruiting di nuove aziende italiane. Le nuove aziende sono coinvolte nelle promozioni supportate dall’Agenzia ampliando il portafoglio fornitori delle catene. Tutti gli aspetti dell’inserimento della merce sul mercato sono curati direttamente dalla GDO: dallo stoccaggio del prodotto, alla vendita finale, alle consegne, ai pagamenti, ai resi/sostituzioni.

Fonte: Agenzia ICE, Italian Trade & Investment Agency www.ice.it

IL PRIVATE LABEL COME UNA VALANGA, TRA RISCHI E OPPORTUNITÀ

Mentre i produttori temono di diventare invisibili dietro un’etichetta che non gli riconosce valore

“L

a principale causa della rivalità fra produttori e distributori sta nel fatto che entrambe le parti sono fortemente motivate a stabilire relazioni stabili e privilegiate col consumatore finale, facendo leva o sulla fedeltà al nome di marca o

al punto vendita. Pertanto, entrambi gli attori hanno interesse ad esercitare un predominio sul mercato che finisce per rappresentare l’obiettivo prioritario delle strategie messe in atto singolarmente dai due attori. La capacità, dunque, di esercitare un alto potere contrattuale, ovvero

di imporre alla controparte condizioni di scambio a proprio vantaggio, definisce chi all’interno della negoziazione funge da channel leader”*.

Etichetta spartana, modesta promozione alle spalle, confezione poco accattivante, si presentano così

i prodotti in private label, un tempo relegati in un angolo del supermercato, oggi protagonisti nelle vendite. Ma la Marca del Distributore come è vista nel mondo della produzione? E operare in private label è un’opportunità o un rischio?

Il dilemma anima il dibattito e non restituisce una risposta decisa e univoca. La verità sta probabilmente nel mezzo ma merita un’analisi. La merita soprattutto perché gli spazi del private label vanno via via ampliandosi ed aumentando e lo scenario futuro sembra sempre più orientato verso un deciso consolidamento. Non solo le grandi insegne della Distribuzione Moderna spingono in questo senso, ma anche il mercato l’asseconda senza troppa resistenza, in Italia quanto nel resto del mondo. L’Africa, il Medio Oriente e l’America Latina presentano la crescita della MDD più rapida nello scenario internazionale, trainata da livelli di inflazione più elevati. Gli in-

crementi sono del 9% in Europa, del 12,6% in Asia/Pacifico, del 33,4% in Africa e Medio Oriente e del 15,9% in America Latina. Fanalino di coda il Nord America, che registra una crescita più modesta, con un aumento “solo” del 3,6% (fonte: NielsenIQ RMS MAT Q1 2024).

Sono stabili nei settori non alimentari come la cura degli animali domestici, della persona e delle bevande, ma guadagnano quota nella maggior parte dei settori alimentari, dove in Paesi come Svizzera, Regno Unito e Spagna rappresentano rispettivamente il 52, 47 e 45% della fetta di mercato delle produzioni che passano per la Distribuzione Moderna. In Europa, i marchi privati rappresentano una quota significativa del venduto. Sempre secondo la NIELSENIQ, detengono oltre il 30% del mercato totale dei beni di consumo confezionati in molteplici Paesi europei. Ma anche gli Stati Uniti, che potrebbero essere

un mercato ormai saturo anche per storicità, essendo stata una delle prime aree dove si è sviluppato il private label, continuano a guadagnare terreno.

Il motivo è presto detto. Al netto della propulsione generata dalle insegne della DM in questo senso, sono anche numerosi i vantaggi per i consumatori: un rapporto qualità-prezzo interessante, con una qualità percepita sempre più elevata e tuttora in continua crescita, al punto che molti consumatori li considerano talvolta anche superiori al marchio aziendale; un’azione costante delle catene di distribuzione in innovazione, qualità e ampliamento della gamma, con addirittura l’introduzione di linee premium, si pensi a Fior Fiore di COOP ITALIA, Sapori e Dintorni di CONAD, Terre d’Italia di CARREFOUR, Il Viaggiator Goloso di IPER-UNES o Esselunga top. O ancora, linee a “tema”, come quelle dedicate a prodotti biologici,

Private label non significa necessariamente prodotto di prezzo, ma il marchio dell’insegna ha di media un listino inferiore del 25% rispetto alla marca leader a parità di qualità.

equosolidali o per bambini, anche non alimentari.

Private label non significa necessariamente prodotto di prezzo, ma il marchio dell’insegna ha di media un listino inferiore del 25% rispetto alla marca leader a parità di qualità e, se non è facile scardinare il ruolo che alcuni prodotti hanno nelle abitudini e nell’immaginario, le private label continuano comunque a erodere quote anche laddove non si immaginerebbe.

La scelta di introdurre prodotti a Marchio del Distributore ha lo scopo di fidelizzare la clientela, convertendo la brand loyalty (fiducia verso un brand) in store loyalty (fiducia verso il punto vendita). Questo fenomeno è incoraggiato anche dal costante incremento dell’innovazione da parte dei retailer. Ma certamente di recente hanno aiutato la pandemia prima e l’ondata inflazionistica poi. Due eventi che, assieme alle conseguenze più dirette della guerra in Ucraina, hanno falciato i portafogli delle famiglie, costringendole a fare ulteriormente i conti per arrivare a fine mese.

È su questo terreno che avviene l’ennesimo scontro tra produzione e distribuzione. Giocano però un ruolo importante anche le nuove abitudini dei consumatori, che non vogliono rinunciare alla qualità pur dovendo tirare un po’ la cinghia Se infatti un tempo il private label puntava tutto sul prezzo, magari a discapito del prodotto, oggi questo non accade.

Tuttavia, le scuole di pensiero su quanto i marchi privati possano danneggiare quelli dell’industria sono diverse.

Non solo alcuni imprenditori sono convinti che il private label possa essere un volano per i propri prodotti, ma in certi casi il fenomeno è letto come una vera e propria opportunità di crescita e un’occasione di sfondare dove (ancora) non si è arrivati.

Al contrario di quanto si può pensare, però, non è tanto l’azienda ad avvantaggiarsi da questa opportunità, quanto il prodotto in sé, quando, grazie alla MDD, raggiunge contesti in cui non è conosciuto e si apre, in questo modo, un varco.

Il produttore ha la possibilità di accedere a diversi mercati senza fare azioni di promozione del prodotto a suo carico diretto e questo vale tanto per i mercati regionale e nazionale, quanto per quello internazionale. Questo meccanismo, se ben gestito, può divenire il cavallo di Troia della produzione per introdursi in ambiti altrimenti difficili o molto onerosi da raggiungere.

E, pur con tutti i rischi del caso, sarebbe la MDD a consentire un miglioramento del posizionamento complessivo dell’azienda, la diversificazione dei canali di distribuzione, il controllo sulla produzione e la qualità. Perché, se c’è una cosa che le insegne costringono l’industria a fare, è un perfetto controllo dei processi e, di conseguenza, una migliore gestione complessiva dell’impresa, seppur in maniera indiretta. Le ispezioni e le verifiche infatti — tutte a carico del produttore, manco a dirlo! — sono condotte da enti esterni e, talvolta, con l’imposizione di protocolli talmente rigidi da superare per severità alcune norme di adesione volontaria come le varie ISO o similari.

Il fatto che il distributore abbia un controllo ancor più incalzante sul fronte del marketing, del prezzo, delle promozioni, della qualità e dei processi produttivi, oltre che di vendita, gli permette di condizionare i rapporti di natura verticale con le industrie di produzione, come anche quelli di natura orizzontale con le altre catene di vendita. Ma in più crea un legame ancor più forte tra distributore e produttore, che però si regge su equilibri molto delicati.

A ragion veduta, i produttori tendenzialmente temono di diventare invisibili dietro un’etichetta che non riconosce loro valore alcuno. Il fatto di “sparire” agli occhi del consumatore impedisce di fidelizzarlo e generare quella relazione di cui ogni impresa vorrebbe ragionevolmente godere. L’altro timore è di essere facilmente sostituiti con i concorrenti. Ma il rapporto che si crea con la fiducia, l’affidabilità,

il servizio e il rispetto reciproco non è così facilmente scalfibile da elementi futili e di sola economia. Avviare rapporti commerciali di fornitura, verificare la bontà del fornitore, assumersi la responsabilità di mettere il proprio nome su un prodotto realizzato da altri, sono attività che generano costi e non possono pertanto essere intraprese frequentemente e a cuor leggero per ogni spazio nello scaffale. Se è vero infatti che la distribuzione è normalmente in una posizione di forza, è pur vero che l’equilibrio tra poteri deve essere trovato nel tempo e può divenire meno fragile e meno sbilanciato se ci sono i giusti accorgimenti.

Le relazioni commerciali, quelle durature, non sono mai costruite unicamente su aspetti economici, per quanto fondamentali. Nessun rapporto d’affari fortemente squilibrato può durare a lungo perché, in assenza di reciprocità, chi ha la peggio perisce proprio per la diseconomia generata costantemente.

La Distribuzione Moderna, per quanto costretta anch’essa a fare i conti con margini sempre più modesti e una concorrenza incalzante, ha un vantaggio anche solo per mero interesse a consolidare rapporti. Una relazione commerciale stabile e soddisfacente, nel modello winwin, consuma meno risorse e meno energie, genera maggiori efficienze di scala e si traduce in ultima istanza in profitti. In più, in un contesto tendenzialmente ricco, la ricchezza si distribuisce.

Nessuno ha interesse ad operare in un deserto e, soprattutto, laddove il prodotto locale è fortemente richiesto, come in Italia, non avere partner del territorio è un problema. Se i fornitori tutt’intorno alle superfici di vendita muoiono, presto o tardi moriranno anche quei punti vendita. E questo i più l’hanno fortunatamente capito.

Corre però anche l’obbligo di sottolineare che il tessuto produttivo italiano è costellato di una

miriade di piccole imprese che non sempre sono in grado per struttura e organizzazione di affrontare certi mercati, primi tra tutti DO, GDO e private label. Questo è un ambito in cui l’improvvisazione, oltre a spingere rapidamente fuori, può creare danni seri.

Al netto degli effetti che individualmente il private label genera, il maggior rischio attuale è che nel tempo la Distribuzione Moderna vada ad occupare tutte le posizioni, acquisendo ogni spazio di mercato possibile, sostituendosi in tutto o quasi ai prodotti di marca, iniziando a produrre direttamente o per interposti soggetti, dettando regole e condizioni, depotenziando e trasformando il mondo produttivo.

Il rischio è che assuma un ruolo talmente ampio da governare la produzione senza però caricarsi direttamente gli oneri. In una frase, che acquisisca potere di vita o di morte non solo di singole imprese, ma di contesti produttivi completi.

Questo fenomeno inasprisce il rapporto tra industria e DM, esasperato anche da una continua eliminazione delle referenze a marchio del produttore. Le centrali acquisti, ma non solo quelle, hanno come mission lo sviluppo del proprio brand sul territorio nazionale e questo obiettivo si concretizza con attività variegate che vanno dall’aumento delle referenze allo sviluppo della rete con le nuove aperture, dagli investimenti in comunicazione all’incremento dei prezzi dei prodotti di marca perché siano meno concorrenziali. Insomma, la direzione presa è quella di occupare più spazi possibile e le conseguenze sul fronte economico e sociale sono tutte da calcolare.

Maria Antonietta Dessì

Nota

* MARCO COSSU, GIUSEPPE MELIS, ROBERTA PINNA in “Localismo e sostenibilità dei prodotti freschi a libero servizio nelle strategie della moderna distribuzione”, edito da Franco Angeli.

10/24

LA RETE DEI MERCATI

ALL’INGROSSO IN ITALIA

Indagine di Ismea su questo asset strategico per una filiera agroalimentare più efficiente e più equa. Focus sulle carni

Snodi centrali nel commercio di prodotti freschi e freschissimi, con un importante ruolo nella valorizzazione delle produzioni locali e stagionali, nella tracciabilità di filiera e nella sicurezza igienico-sanitaria, i mercati all’ingrosso stanno evolvendo verso un modello di hub multifunzionale capace di offrire una molteplicità di servizi in aggiunta alla tradizionale funzione di intermediazione commerciale, logistica e stoccaggio delle merci. Secondo l’indagine “I Mercati all’Ingrosso nella Filiera Agroalimentare” condotta da ISMEA presso il network di riferimento di ITALMERCATI, partner dell’iniziativa, in Italia operano 137 strutture (nu-

mero sei volte superiore a quello di Spagna e Francia), dalle quali transita circa il 50% dell’offerta ortofrutticola complessiva, il 33% di quella ittica e il 10% delle carni, quote che, ad eccezione dell’ortofrutta, risultano significativamente inferiori a quelle di analoghe realtà di altri Paesi UE. Il sistema italiano dei mercati all’ingrosso, come emerge dal rapporto presentato recentemente al CNEL, è una realtà molto composita e frammentata, dove alla maggiore densità di strutture rispetto ai partner europei corrisponde un giro d’affari più contenuto, ma con un potenziale ruolo cruciale nel favorire un riequilibrio nella distribuzione del valore lungo la

filiera agroalimentare. «In una congiuntura difficile per le imprese, con ricadute soprattutto sulla tenuta dei redditi, schiacciati dagli alti costi di produzione, i mercati all’ingrosso possono assumere un importante ruolo di stimolo per favorire un processo virtuoso, indirizzato a una più equa ripartizione del valore lungo la filiera e meno penalizzante per le imprese agricole, l’anello strutturalmente più debole» ha commentato la direttrice generale di Ismea Maria Chiara Zaganelli. «Su questo fronte la nostra indagine ha messo in evidenza i fattori di criticità che non consentono di garantire la presenza diretta degli agricoltori nei mercati all’ingrosso. Rispetto a

I mercati agroalimentari all’ingrosso sono presenti nelle filiere dell’ortofrutta (soprattutto), dell’ittico, delle carni fresche e del florovivaismo. Per ortofrutta e florovivaismo rappresentano la sede principale delle contrattazioni e svolgono un ruolo cruciale nei meccanismi di formazione dei prezzi. Altre funzioni importanti dei mercati sono la garanzia di trasparenza e tracciabilità dei prodotti, la valorizzazione della produzione locale e stagionale e lo stoccaggio delle merci. Inoltre, sono in condizione di offrire servizi di supporto alle aziende che commercializzano i propri prodotti.

questa esigenza i mercati potrebbero fornire servizi di supporto e di facilitazione ai piccoli produttori, anche con una diversa programmazione degli orari di apertura, un aspetto, quest’ultimo, segnalato anche da altri operatori».

Lo studio di Ismea presso il network di Italmercati, costituito da una rete di 22 strutture, distribuite in 14 regioni italiane, quantifica un giro d’affari di 115 milioni di euro, un valore che raggiunge la ragguardevole cifra di 11 miliardi se si considerano anche le attività delle 4.000 realtà economiche operative nei mercati, tra distributori, aziende agricole, bar, ristoranti, facility provider e servizi accessori, col coinvolgimento quotidiano di 26.000 addetti. Come si evince dall’indagine, un asset strategico delle strutture aderenti a Italmercati è la loro ubicazione rispetto agli snodi logistici: tutte operano nelle immediate vicinanze di uno svincolo autostradale, oltre la metà nei pressi di un aeroporto, il 50% vicino ad uno scalo merci ferroviario, quasi un quinto in prossimità di un porto commerciale. Una collocazione favorevole anche rispetto alle

produzioni commercializzate, con molte strutture che operano all’interno di distretti agroalimentari o di areali di produzione di qualità riconosciuta (DOP-IGP), a riprova dello stretto legame con le imprese del settore primario. L’origine del prodotto che transita da questi hub commerciali è prevalentemente nazionale, con una quota rilevante di produzioni locali, provenienti cioè da una distanza massima di 100 km, ad eccezione delle carni, costituite per lo più da prodotti d’importazione. Più in dettaglio, le merci locali sono oltre la metà dei prodotti florovivaistici, un terzo degli orticoli e degli ittici, un quinto della frutta. Queste realtà, accanto alle attività strettamente connesse al core business, contribuiscono anche alla produzione di energia rinnovabile, col 60% delle strutture che ha investito in questo settore con l’installazione di impianti in parte finanziati dal PNRR. La previsione è di arrivare, entro il 2026, ad una quota di energia autoprodotta pari a quasi la metà del fabbisogno. La sostenibilità è ulteriormente rafforzata dal comune impegno nella lotta agli sprechi, attraverso il recupero di prodotti invenduti, donazioni a enti caritatevoli e vendita diretta ai cittadini.

Tra i clienti dei mercati, la quota più consistente è rappresentata dai dettaglianti del circuito tradizionale (37%), seguiti dai retailer della distribuzione moderna (18%) e dei mercati rionali (17%). Rilevante anche la partecipazione di intermediari ed esportatori nazionali (11%) ed esteri (7%) e operatori del canale HO RE CA. (6%), in particolare ristoratori, questi ultimi in crescita insieme a quelli della distribuzione moderna.

«La frammentazione del settore dei mercati all’ingrosso in Italia ha portato molte di queste strutture a perdere rilevanza e strategicità per il Paese e ha fatto perdere la visione d’insieme del settore. La rete di Italmercati nasce proprio dalla sentita esigenza di porre rimedio a tale frammentazione, per

Eurocarni, 10/24

In Italia i mercati agroalimentari all’ingrosso sono 137, un numero sei volte superiore a quello di Spagna e Francia, ma con un giro d’affari inferiore (10 miliardi di euro, rispetto ai 14 miliardi della Spagna e ai 12,5 miliardi della Francia). L’eccessiva dispersione e la forte presenza di mercati di piccola dimensione sono criticità strutturali che caratterizzano la realtà italiana. I mercati all’ingrosso gestiscono metà della commercializzazione italiana di ortofrutta, un terzo di quella dell’ittico e soltanto il 10% di quella della carne. Al netto della filiera ortofrutticola, si tratta di quote significativamente inferiori a quelle che si registrano nei mercati di altri Paesi UE, dove, ad esempio, la quasi totalità dei prodotti ittici transita dal canale all’ingrosso, il che contribuisce a garantire tracciabilità dei prodotti e sicurezza igienico-sanitaria.

fare sistema e lavorare in sinergia con medesime caratteristiche e visione futura» ha dichiarato il presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini. «Per uno sviluppo del settore è fondamentale, infatti, che le azioni politiche investano nei mercati all’ingrosso strategici del Paese: la nostra proposta cerca di individuare un numero — magari ridotto — di mercati strategici che garantiscano un sistema più efficace ed efficiente, non tralasciando i principali requisiti alla base di queste strutture: garantire ai consumatori servizi di tracciabilità e sicurezza alimentare».

Lo sviluppo futuro dei mercati, infatti, deve essere accompagnato da un percorso di aggregazione delle realtà esistenti in strutture moderne, più grandi ed efficienti, con evidenti ricadute positive, quali un efficientamento della catena logistica e una minor dispersione degli investimenti, come indicato anche dal Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e delle foreste. Inoltre, in un contesto in cui gli strumenti della attuale PAC non bastano più ad assicurare un adeguato sostegno agli agricoltori, diventa cruciale il ruolo equilibratore dei mercati all’ingrosso nell’ambito della filiera agroalimentare per renderla più efficiente più equa e meno penalizzante per i produttori agricoli. Da queste premesse è nata la proposta illustrata da Fabio Massimo Pallottini, già pronta ad essere implementata e condivisa con le istituzioni ed in particolar modo con il MASAF, ovvero:

• “creare un network con cui condividere le politiche di settore sia a livello regionale che nazionale che possa accedere a linee di finanziamento che ne garantiscano l’evoluzione, sia delle strutture stesse che di chi ne opera all’interno;

• rafforzare il ruolo dei mercati come operatori della filiera, aumentando coinvolgimento e integrazione nel sistema della Grande Distribuzione Organizzata e la loro col-

laborazione con le Organizzazioni di Produttori;

• aprire un tavolo di lavoro sulla logistica;

• potenziare il settore ittico in sofferenza dal momento che, a differenza di altri Paesi europei, il legame tra mercati all’ingrosso ed il mondo della pesca in Italia risulta inefficiente”.

CARNE

Produzione e struttura

Solo il 10% dei flussi di prodotto della fi liera delle carni transita attraverso i mercati all’ingrosso in Italia. Nel 2023, la produzione italiana di carni, con 12,7 miliardi di euro, rappresentava il 19% del valore della produzione agricola nazionale. Il settore conferma la tendenza positiva in atto dal 2018, interrotta solo nel 2020 a causa della pandemia, con una crescita dell’8% rispetto al 2022 a prezzi correnti e una lieve flessione a valori costanti (–1,0%). A livello europeo, l’Italia si posiziona al quarto posto nella graduatoria del settore, col 10,5% del valore complessivo dell’UE dietro a Spagna (16,5%), Francia (15,6%) e Germania (15,0%).

Il peso italiano sale al 10,7% se si considera la sola produzione di carni bovine (pari al 29,9% del totale carni UE) e al 12,0% per quelle avicole, mentre scende al 9,1 % per le carni suine e al 4,4% per quelle ovicaprine.

Le principali regioni produttrici sono Lombardia, Veneto, EmiliaRomagna e Piemonte, che insieme coprono più della metà della produzione nazionale (Lombardia 24,3%, Veneto 16,1%, Emilia-Romagna 14,8% e Piemonte 9,9%). Guardando alle singole specie, le regioni sopraccitate primeggiano relativamente a bovini, suini e avicoli, mentre per gli ovicaprini la Sardegna da sola rappresenta il 43,2% del totale nazionale, seguita da Sicilia (12,5%) e Lazio (7,2%). Secondo l’Anagrafe Nazionale Zootecnica, nel 2023 il nu-

Ismea • Italmercati • MASAF I Mercati all’Ingrosso nella Filiera Agroalimentare

Un’indagine sulla rete Italmercati Giugno 2024

mero totale di allevamenti da carne era pari a 215.1561 (–10,0% rispetto al 2022); il 46,7% bovini, il 29,0% ovicaprini, il 12,9% suini, l’8,5% equini, il 2,2% avicoli e il restante 0,7% cunicoli. Date le differenti strutture e tipicità produttive che caratterizzano la zootecnia italiana, il numero di aziende e il numero di capi per specie variano drasticamente da una regione all’altra.

I macelli in Italia nel 2023 erano 2.080, dei quali quasi il 50% ubicato in tre regioni: Lombardia (25,1%), Piemonte (13,6%) e Veneto (7,8%). I capi macellati sono stati 581 milioni gli avicoli, 14,5 milioni i cunicoli, 9,9 milioni i suini, 3,1 milioni gli ovicaprini, 2,6 milioni i bovini e 24.000 gli equini. La concentrazione delle macellazioni è molto accentuata: le prime tre regioni coprono più del 70% dei capi macellati di avicoli (40,5% in Veneto, 20,2% in EmiliaRomagna, 10,8% nelle Marche), di suini (38,7% in Emilia-Romagna, 31,2% in Lombardia, 6,6% in Piemonte) e di bovini (31,1% in Veneto, 23,2% in Lombardia, 16,8% in

Nel settore agroalimentare nazionale sono circa 84.000 le imprese di intermediazione e commercio all’ingrosso, che collegano i vari attori posti a livelli differenti e spesso distanti della filiera. La categoria dell’intermediazione e del commercio all’ingrosso agroalimentare è molto varia: al suo interno prevale la voce “commercio all’ingrosso e intermediazione di prodotti alimentari, bevande e tabacco”, che rappresenta l’87,0% delle imprese, il 73,6% del valore aggiunto, l’81,2% del fatturato e il 74,9% degli occupati. Il resto riguarda commercio all’ingrosso e intermediazione di animali vivi e materie prime agricole.

Piemonte); circa il 90% dei cunicoli (37,1% in Veneto, 37,0% in EmiliaRomagna, 14,6% in Piemonte) e più del 60% degli ovicaprini (36,5% in Sardegna, 15,0% nel Lazio, 12,0% in Sicilia).

Commercio estero

Per quanto riguarda gli scambi commerciali, nel 2023 le esportazioni del comparto carni2, pari al 2,4% delle totali esportazioni agroalimentari italiane, hanno raggiunto 1,5 miliardi di euro (506.000 tonnellate in volume), di cui il 51,3% attribuibili ai bovini e bufalini, il 31,2% agli avicoli, il 14,8% ai suini, il 2,0% agli ovicaprini, lo 0,4% agli equini e il restante 0,3% ai cunicoli. Le carni rappresentano la quasi totalità delle esportazioni, mentre gli animali vivi una parte irrilevante

Nel 2023 le esportazioni di carni, dopo i notevoli incrementi in valore rispetto al 2013 e al 2019 (rispettivamente +35,3% e +24,3%), hanno registrato una leggera battuta di arresto (–1,7%), mentre il volume esportato è in leggero aumento (+1,1%) rispetto al 2022, attestandosi sul livello del 2013 (+0,2%), peraltro ancora lontano da quello del 2019 (–6,4%). Al contrario le importazioni, pari a 8,3 miliardi di

euro nel 2023, hanno segnato un notevole incremento sia in valore (18,2% rispetto al 2022, +49,3% rispetto al 2019 e +46,6% rispetto al 2013) che in volume (+3,7%) rispetto al 2022, +11,7% rispetto al 2019 +10,3% rispetto al 2013).

Le esportazioni italiane di carni nel 2023 sono state destinate per l’86,0% a Paesi dell’UE, soprattutto Germania (274,8 milioni di euro), Francia (195,4 milioni), Spagna (123,0 milioni) e Grecia (122,5 milioni). Dall’UE proviene la quasi totalità (95,6%) degli 8,3 miliardi delle importazioni italiane, specie da Francia (29,5%), Germania (16,0%), Spagna (14,0%) e Paesi Bassi (12,7%). Il grado di autoapprovvigionamento nazionale delle carni è complessivamente basso, con forti differenze tra una specie animale e l’altra: solo per le carni avicole il tasso è superiore al 100% (106%), mentre per quelle suine, bovine e ovicaprine è inferiore al 50%.

Consumi nazionali

Sul fronte dei consumi i dati NIELSEN indicano che nel 2023 le famiglie italiane hanno speso per la categoria carni 11,6 miliardi di euro (+6,7% rispetto al 2022), pari a 463,8 euro/ anno per famiglia (+5,7% rispetto

al 2022) e all’11,1% della spesa alimentare totale. Gli acquisti in volume sono stati circa 1,2 milioni di tonnellate (+1,3% rispetto al 2022), equivalenti a 46,9 kg/anno per famiglia (+0,44% rispetto al 2022). La quasi totalità dei consumi è data da prodotto fresco (96,1% in volume e 96,2% in valore), seguita a distanza da surgelati (2,6% in volume e 2,3% in valore) e prodotti in scatola (1,3% in volume e 1,4% in valore). Guardando al solo prodotto fresco, i bovini rappresentano il 40,1% della spesa, seguono gli avicoli (30,3%) e i suini (16,5%), con le altre categorie che coprono quote trascurabili. Il Sud Italia rappresenta l’area in cui si concentra maggiormente la spesa per carni nel 2023 (32,3% del totale nazionale); seguono Nord Ovest (25,4%), Centro (24,6%) e Nord Est (19,2%). Nel 2023 il 38,6% del valore al consumo delle carni è stato acquistato nei supermercati, il 21,1% nei discount, il 18,9% negli ipermercati, il 15,7% nei tradizionali e il 5,7% nel libero servizio.

Le politiche

Secondo l’Elenco nazionale aggiornato al 31/12/20233, nel settore italiano delle carni operano 26 OP e una AOP, per un totale di 27 realtà

associative, di cui il 48,1% relative al settore bovino, il 18,5% alle carni suine, il 14,8% sia alle carni avicole che ovicaprine e il restante 3,7% alle cunicole. L’unica AOP appartiene al settore bovino. Le 27 organizzazioni sono distribuite in 10 regioni: Veneto (29,6%), Marche (14,8%), Calabria (11,1%), Puglia (11,1%), Sardegna (11,1%), Lombardia (7,4%), Abruzzo, Basilicata, EmiliaRomagna e Lazio (ciascuna con il 3,7% del totale). Il PSP dell’Italia mette a disposizione 218,17 milioni di euro all’anno per i pagamenti accoppiati destinati alla zootecnia, con una piccola riduzione rispetto ai 224 milioni del periodo 2014-2022 ma confermando gli stessi comparti: bovino da latte, bufalino da latte, bovino da carne e ovicaprino. Oltre 2,4 miliardi di euro sono stanziati nel periodo 2023-2027 per il miglioramento del benessere animale, ripartiti tra l’Ecoschema 1 del primo pilastro e due interventi previsti nel secondo pilastro: gli “Investimenti produttivi agricoli per l’ambiente, clima e benessere animale (SRD02)” e il “Pagamento per il miglioramento del benessere animale (SRA30)”.

Note

1. Sono stati inclusi nel conteggio solo gli ordinamenti produttivi prevalentemente da carne (escludendo tutti gli animali, e allevamenti che finiscono nella filiera della carne alla fine del loro ciclo produttivo principale: bovini da latte e bufalini, ovicaprini da latte e galline ovaiole).

2. Comprendono anche la categoria “Animali vivi”. Sono state escluse, invece, le categorie “Preparazioni e conserve” per tutte le specie di animali presenti (bovini e bufalini, suini, ovicaprini, equini e avicoli).

3. Elenco nazionale delle OP e AOP (escluso settore ortofrutta) riconosciute ai sensi del Reg. n. 1308/2013: www. politicheagricole.it/flex/cm/ pages/ServeBLOB.php/L/IT/ IDPagina/6063

TENIAMOCI STRETTI I NOSTRI BOVINI: LA CALVANA

Lo sappiamo, con la carne è un po’ come con i vestiti: autunno-inverno va la vacca grassa del Nord Europa, primavera-estate va il toro magro australiano, il prossimo anno chissà cosa andrà di moda. Ogni stagione porta sul mercato delle nuove carni di tendenza che, parliamoci chiaro, se provenienti da allevamenti seri, macellate e frollate con cura, sono prodotti straordinari. Ciononostante, si corre il rischio di tagliare fuori dal mercato una lunga serie di prodotti di grande qualità che magari sono addirittura tipici delle nostre zone, ma che ahimè — almeno quest’anno — non sono alla moda. Oggi vogliamo parlare di una di queste eccellenze:

la Calvana. Si tratta di una razza bovina minore italiana, autoctona della Toscana, ancora oggi allevata principalmente nelle zone collinari montuose tra la provincia di Prato e quella di Firenze.

Il nome deriva dalla Calvana, una catena montuosa (facente parte del Subappennino toscano), posta tra il Mugello e la valle del Bisenzio. Si tratta di zone montuose che presentano numerosi boschi, ma non mancano ampie praterie e pascoli, ambienti questi ultimi su cui in passato si aveva un discreto numero di bovini Calvanini.

Sembra che il nome Calvana (o Calvanino) compaia per la prima volta intorno ai primi anni del ‘900,

ma all’epoca questi esemplari non ebbero un grande successo. Sebbene imparentati con il Chianino, alle fiere agricole venivano spesso declassati ad animale di minor valore poiché meno ipertrofici e con un apparato scheletrico più fine. Tuttavia, si trattava di bovini che presentavano invece un’ottima attitudine lavorativa. Rustici e dotati di una grande capacità di adattamento, qualità certamente meno presenti nella “zia” Chianina, ebbero un progressivo attecchimento sui monti e sulle colline attorno a Prato. Principalmente lavoro e un po’ di carne, queste le attitudini che inizialmente si pretendeva dall’animale.

Esemplari di razza Calvana (photo © trattoriadalloste.com).

Lo sviluppo della razza ebbe il suo apice negli anni ‘30, quando si contavano quasi 3 decine di migliaia di capi. La cosa non durò però molto: già nel primo dopoguerra i capi erano dimezzati, fino al minimo storico raggiunto negli anni ‘80 con meno di un centinaio di capi. Ad oggi il trend sembra essersi invertito, ma la razza Calvana sembra ancora far fatica ad essere allevata, mantenuta e venduta sui banchi di macelleria. Un animale la cui prima attitudine è sempre stato il lavoro, certo, un animale non certamente ipertrofico, siamo d’accordo. Ma che dire della sua carne? Ne parliamo con Antonio Dall’Armi , gestore dell’azienda agricola (di proprietà della FAMIGLIA RISTORI) Podere Ruggeri (podereruggeri.com), situata a Pontassieve, provincia di Firenze.

Com’è cominciata questa avventura? «Diciamo che questo non è l’inizio di un’avventura, ma il proseguimento di un lavoro (e, personalmente, anche di uno stile di vita). Abbiamo rilevato questa azienda nel 2018, quando comprendeva una piccola mandria di Calvane, un toro e 12 vacche, decidendo di portare avanti l’allevamento di questa razza perché credevamo e crediamo nella qualità della carne di questo bovino. Con molti sforzi siamo riusciti ad incrementare la mandria arrivando al momento ad avere una ventina di vacche, il toro ed i vitelli all’ingrasso. Nella nostra filosofia il ciclo chiuso è fondamentale! Ci occupiamo di tutte le fasi di vita dell’animale: dalla nascita fino al momento in cui lo conduciamo al macello».

Perché proprio la Calvana? Quali sono le qualità?

«È un animale testardo, rustico; ci metti un po’ a capirlo, ma siamo contenti della nostra scelta perché a nostro avviso la qualità del prodotto è eccezionale. Qui facciamo un’alimentazione solo a base di farine e foraggi di nostra produzione (fieno buono, erba medica, farina di orzo,

sorgo e favino), nessun tipo di insilato o sottoprodotto. Evidentemente questa nostra attenzione al benessere dell’animale produce dei buoni risultati in fatto di gusto. Nondimeno, la qualità genetica del grasso di Calvana è nota, possiede infatti un grande quantitativo di omega-3 (come peraltro dimostrano degli studi condotti dall’Università di Firenze, NdA)».

Le difficoltà quali sono?

«Ce ne sono molte! In primo luogo si tratta di una razza a lento accrescimento, dunque gli sforzi economici non sono pochi. Noi facciamo del nostro meglio per valorizzare la qualità del prodotto, ma di fatto lavoriamo con un animale che ci mette circa 5 o 6 mesi in più rispetto alle altre razze comuni da carne per arrivare al peso giusto per la macellazione. Naturalmente, per cercare di massimizzare i profitti, o forse dovrei dire per minimizzare le perdite — ride, NdR —, solitamente preferiamo la vendita diretta piuttosto che la vendita nella Grande Distribuzione previa commercianti. Al di là dell’aspetto meramente economico, preferiamo che i consumatori di questo prodotto siano non solo al meglio informati sulle qualità e peculiarità di questa carne, ma anche messi nella condizione di poter toccare con mano la terra su cui i nostri animali crescono».

Pensi che le istituzioni facciano abbastanza per agevolare le aziende come la tua?

«Le autorità hanno fatto e fanno ancora qualcosa, ci danno circa 400 euro annui per unità bovina adulta (solo i riproduttori sopra i 24 mesi). Tuttavia, si tratta di un aiuto a mio avviso insufficiente. Sarebbero per esempio molto utili degli incentivi anche per i ristalli. Questo perché altrimenti si potrebbe nel tempo rischiare di perdere la continuità con la linea pura di sangue. Se messi alle strette gli allevatori — e non solo quelli di Calvana, ma di tutte le razze minori — potrebbero essere

Razza autoctona toscana, è strettamente imparentata con la Chianina, dalla quale sostanzialmente si differenzia per la mole inferiore, che la rende più adatta alle zone montane. Ce ne parla Antonio Dall’Armi, dell’azienda agricola Podere Ruggeri di Pontassieve, Firenze

“ ”

costretti ad impiegare fattrici di altre razze (al fine di migliorare la resa del vitello alla macellazione ed allo spolpo) o fare incroci, ad esempio con tori miglioratori di altra razza, smantellando così la genetica dei capi di partenza. In una manciata d’anni si potrebbe irreparabilmente perdere la purezza di particolari razze di grande valore, un valore che evidentemente non rientra nelle logiche di mercato contemporanee. E queste sono per altro delle prospettive diciamo “positive”, poiché di fatto il cappio attorno al collo di molti allevatori è sovente così stretto da non permettere neanche la trasformazione delle strategie di allevamento.

Spesso, le piccole aziende che portano avanti progetti come il nostro sono purtroppo costrette a chiudere in favore di aziende molto più grandi, ma che non rispettano minimamente degli standard etici che per noi sono invece irrinunciabili».

Edoardo Meroni

SPECIALE MAREMMANA

MAREMMANA

LA RAZZA, LA CARNE,

GLI ALLEVATORI, I CONSORZI, LE MACELLERIE

testi e foto di Massimiliano Rella

La Maremmana è una razza rustica, frugale, resistente, molto diffusa in Italia soprattutto tra Toscana e Lazio, regioni che guidano la classifica per numero di capi e allevamenti (si veda Tabella a pagina 119). Diretta discendente della Grigia asiatica, questo bovino è da secoli il protagonista delle campagne maremmane, zone un tempo paludose e malariche che hanno però temprato questi splendidi capi, rendendoli adattabili, robusti, integrati con il loro ambiente.

«Sono animali che si adattano bene a habitat particolari e zone svantaggiate» afferma l’allevatore Marco Mariotti, biologo molecolare ed ex ricercatore all’Università di Viterbo. «Brucano e pascolano vivendo allo stato brado per 12 mesi l’anno e sono molto resistenti. Garantiscono una buona produzione di latte e facilità al parto».

Rusticità è dunque sinonimo di frugalità, resistenza, costituzione fisica, capacità di vivere in ambienti difficili.

La Maremmana — ma anche la Podolica in Sud Italia — presenta tali preziose caratteristiche in modo evidente. Allevata con sistemi completamente bradi, vive all’aperto tutto l’anno in zone marginali procacciandosi cibo e riparo dalle intemperie. Adattatasi nei secoli a tali condizioni il tipo morfologico della Maremmana si è distaccato un po’ dallo “stereotipo” dell’animale da carne, ma in presenza di più favorevoli condizioni ambientali (lo stesso la Podolica)

Dimensioni di razza

I parti sono spontanei e i vitelli, che rappresentano una fonte di reddito cruciale in vaste aree di macchia mediterranea, nascono con un peso di circa 40 kg, raggiungendo i 180-220 kg a 6 mesi. Le femmine adulte pesano tra i 600-800 kg, mentre i maschi possono arrivare a 1.000-1.200 kg.

In alto: sughi e patè di carne di Maremmana prodotti dal Consorzio Carne Razza Maremmana Bio, nato nel 2015 per favorire l’incremento del patrimonio bovino della razza. A pagina 114: capi di Maremmana dell’allevamento Mariotti nel Parco archeologico di Vulci (VT).

La Bresaola di Maremmana “Primitiva BIO” prodotta dall’azienda Paganoni in Valtellina con la carne del Consorzio Carne Razza Maremmana Bio.

dimostra sorprendenti capacità di accrescimento, similmente alle razze specializzate. «È vero che è un animale con una parte anteriore molto sviluppata e pronunciata, poiché da sempre è stato considerato da lavoro, quindi gli è rimasto tale carattere a discapito dei tagli pregiati» spiega Armando Antonelli, presidente del Consorzio Carne Razza Maremmana Bio. «Però non è vero che la sua carne è dura. Piuttosto bisogna saperla valorizzare, lavorare e cucinare».

Ed è anche questo il motivo del nostro Speciale Maremmana che, oltre a portarci per allevamenti modello, gestiti addirittura da butteri a cavallo, ci ha guidati in ottime macellerie e cucine tradizionali, dove abbiamo ascoltato il parere e

i consigli di macellai e cuochi che lavorano quotidianamente con questa carne. Ne è uscito fuori un affresco interessante, a partire dagli ambienti in cui operano tante realtà zootecniche, secondo i “sacri” principi del benessere animale.

La selezione della razza

La Maremmana vive all’aperto tutto l’anno in ambienti marginali caratterizzati da risorse foraggere scarse e discontinue. In questi ambienti riesce però a trovare cibo e riparo, partorendo senza assistenza e curando autonomamente i vitelli. Dal punto vista morfologico è un animale possente dal mantello grigio, più scuro nei maschi. I vitelli, però, nascono con un manto rosso fomentino, acquisendo il colore

tipico a 2-3 mesi di vita. Ha le corna lunghe: a semiluna nei maschi, a lira nelle femmine.

La Maremmana è inoltre nota per l’imponente sviluppo scheletrico che gli conferisce solidità e robustezza: arti forti e unghioni duri, “fisici” rustici e longevi, in media raggiungono la fine carriera a 12 anni. Bovini di fascino e bellezza, svolgono anche un ruolo fondamentale nel mantenimento del territorio, contribuendo alla conservazione del paesaggio della Maremma e sono una risorsa per l’ambiente, grazie alla cura dei sottoboschi che aiuta a evitare gli incendi.

Dal 1961 ANABIC – Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne (www.anabic.it) gestisce la selezione della Maremmana con l’obiettivo di migliorare la produzione e mantenere le caratteristiche di rusticità e capacità materna. L’associazione, a luglio, è stata coinvolta in un progetto scientifico finanziato dal PNRR che ha l’obiettivo di valutare la resistenza e la risposta di alcune razze ai cambiamenti climatici. L’iniziativa coinvolge l’Università del Molise, il CNR e altre associazioni. I risultati sono attesi entro fine 2025. «Stiamo partecipando a questa ricerca proprio con la Maremmana — dice Stefano Pignani, il direttore di ANABIC — per individuare la presenza di eventuali geni che rendono la razza particolarmente adatta alle grosse variazioni climatiche, dal caldo improvviso alla siccità. Sono previsti prelievi a campione in diversi periodi dell’anno».

ANABIC è impegnata da anni sul miglioramento genetico. Dal ‘96 il Centro Selezione Torelli di Alberese, in provincia di Grosseto, si dedica alla selezione dei migliori torelli per la fecondazione artificiale. Ogni anno sono testati 30 torelli per valutarne lo sviluppo muscolare e l’incremento ponderale, riflettendo le reali condizioni d’allevamento. I risultati ottenuti sono promettenti, indicano potenzialità e possibilità

10 motivi per una scelta

• Allevamenti al pascolo

• Allevati in piccole aziende

• Forte legame con il territorio

• Razze autoctone di origine antichissima

• Simbolo delle tradizioni rurali italiane

• Utilizzo sostenibile delle risorse naturali

• Elevato livello di benessere degli animali

• Carni magre con basso contenuto di colesterolo

• Alto contenuto di Omega 3

Armando Antonelli, presidente del Consorzio Carne Razza Maremmana Bio.

di miglioramento nella produzione di carne.

Oltre ad essere dotata di forte attitudine materna e abbondante produzione di latte, la Maremmana è un animale dalle carni apprezzate per le sue caratteristiche organolettiche e dietetiche. L’allevamento brado consente infatti libertà di movimento e pascolo, favorendo la crescita di “tessuti” salubri e gustosi, ricchi di acidi grassi insaturi e polinsaturi e poveri di acidi grassi saturi. Insomma, carne buona e sana.

Oggi nella filiera di produzione troviamo il Consorzio Produttori Carne Bovina Pregiate delle Razze Italiane (C.C.B.I. , www.ccbi.it ) , fondato nel 1982, che si occupa della valorizzazione delle razze italiane, assicurando tracciabilità e un Disciplinare di etichettatura approvato dal Ministero. Troviamo inoltre più piccole realtà come il Consorzio Carne Razza Maremmana Bio, nato nel 2014 per iniziativa

di 8 allevamenti tra Lazio e Toscana per valorizzare la razza e la commercializzazione dei suoi iscritti: 8 allevamenti in rete che servono il mercato con carni di qualità, prodotti lavorati e adesso anche con cucina e hamburger in 3 bistrot tra Bologna e Roma dal nome di Griglieria Maremmana Bio. Il Consorzio ha aperto infatti attraverso la società di servizi TAU SRLS tre ristoranti con punto vendita (www.tausrls.it e www.maremmabio.it): il primo nato a Bologna nel 2021 nell’ambito di FICO, oggi GRAN TOUR ITALIA, gli altri due nella capitale, tra il 2022 e il 2024. Nei locali è servita solo carne Maremmana degli 8 allevatori con un menu dall’antipasto al secondo che valorizza tutti i tagli.

Questa iniziativa commerciale permette ai soci di avere uno sbocco diretto sul mercato dei consumatori, sia con i prodotti da asporto (sughi e patè in barattolo) che con tante bontà cotte al momento.

Inizialmente il Consorzio puntava sulla macellazione e la vendita di carne fresca; in seguito ha affiancato prodotti i biologici trasformati, come il patè di Maremmana (73% di carne), i sughi di Maremmana — di sola carne e con porcini — lo spezzatino di Maremmana. E ancora: la Bresaola di Maremmana “Primitiva” BIO, prodotta in Valtellina in collaborazione con l’azienda PAGANONI, noto brand del comparto. Una bresaola che è stata premiata dal GAMBERO ROSSO TOP ITALIAN FOOD 2024, come prodotto artigianale e biologico. Con le carni degli allevatori consorziati viene prodotto infi ne un salame misto bovinosuino, in cui è preponderante la Maremmana.

I prodotti a marchio Consorzio Carne Razza Maremmana Bio sono in vendita sia nei tre locali Griglieria Maremmana Bio che nel circuito COOP del Nord Italia.

Massimiliano Rella

AZIENDA AGRICOLA MARIOTTI E CONSORZIO CARNE RAZZA MAREMMANA BIO

testi e foto di Massimiliano Rella

A destra: gli allevatori Paolo e Marco Mariotti. In basso: spostamento delle Maremmane con i butteri nel Parco archeologico di Vulci.

L’AZIENDA AGRICOLA MARIOTTI

è una realtà zootecnica eccellente, non solo i suoi butteri in azione o per gli aspetti del benessere animale — 200 capi di Maremmane in selezione, delle quali 85 fattrici e vitelli da ingrasso — ma anche per la location unica ed esclusiva in cui pascolano le mandrie: cioè il Parco archeologico di Vulci, un antico insediamento etrusco nella campagna viterbese. Un sito d’interesse turistico-culturale visitato tutto l’anno da gruppi organizzati, viaggiatori solitari e amanti del trekking e della mountain bike. Immaginate un grande pascolo vivo e vivace, a distanza di archi e colonne etrusche con i viaggiatori a spasso, sicuramente incuriositi dalla presenza dei capi di bestiame accanto ai resti di un’antica civiltà.

I Mariotti, papà Paolo e il figlio Marco, la terza generazione, allevano la Maremmana all’interno del Parco archeologico di Vulci dal lon-

tano 1961. Oggi gestiscono 60 ettari di terreno e pascoli in concessione; altri 85 ettari, di proprietà, sono a Pietrafitta, nel comune di Ischia di Castro (VT).

Vuoi per la posizione, vuoi per la presenza dei butteri — che non sono lì per folclore ma suscitano a tutti noi l’effetto wow — i Mariotti hanno ben pensato di proporre esperienze ai turisti, con grande interesse tra gli stranieri, attirati appunto dalla figura del “guardiano-pastore” a cavallo che controlla le mandrie e le guida nei loro spostamenti. Propongono, ad esempio, giornate a cavallo in collaborazione con i maneggi del territorio; un filone che vorrebbero far crescere.

«La figura del buttero non è folclore, ma un lavoro vero, difficile, verace, che rischia però di scomparire» ci spiegano Paolo e il figlio Marco Mariotti. «Di solito lavorano in coppia, ma se sono bravi anche da soli riescono a spostare 60-

70 capi». Due anni fa, nella tenuta del Presidente della Repubblica, a Castelporziano, tra Roma e Ostia, e ad Alberese, l’azienda agricola della regione Toscana, sono state fatte le selezioni per aspiranti butteri. Vi hanno partecipato un centinaio di ragazzi e qualche ragazza. Il test prevedeva anche prove pratiche come il lancio del lazo, la legatura degli animali, l’abilità di cavalcata, ecc…

Tornando all’azienda Mariotti e agli aspetti zootecnici e commerciali, va segnalato anche che Paolo e il figlio Marco fanno anche vendita diretta di carne e consegna a domicilio (la macellazione e la lavorazione nel macello di Viterbo). Una parte dei capi è venduta al Consorzio Carne Razza Maremmana Bio, di cui sono soci insieme ad altre 7 aziende agricole laziali e toscane, mentre un’altra parte dei capi è venduta all’asta del centro genetico ANABIC ad Alberese (GR). I Mariotti

partecipano inoltre ad un progetto dell’Università della Tuscia che ha l’obiettivo di rivalutare la classificazione del benessere animale, un sistema di “analisi e punteggi” che per vari parametri “oggi penalizza paradossalmente gli allevamenti bradi e i più naturali”, sottolinea Marco Mariotti, che oltre a fare l’allevatore e il buttero è laureato in Biologia molecolare, con dottorato in genetica zootecnica, ed è un ex ricercatore proprio all’Università di Viterbo. «Il carattere principale della Maremma è la frugalità» continua Marco. «È un animale che si adatta bene ad ambienti particolari e zone svantaggiate, è brucatrice e pascolatrice, vive allo stato brado dodici mesi l’anno ed è molto resistente. Ha una buona produzione di latte e facilità al parto». «Invece la carne è distinguibile per la sapidità — aggiunge il padre Paolo — e il sapore è molto legato alla qualità della vita dell’animale, mai tenuto

sotto stress, anzi al pascolo perenne e alimentato con essenze naturali. Gli allevamenti di Maremmana sono anche una risorsa per l’ambiente: grazie alla cura dei sottoboschi sono un argine per gli incendi».

L’azienda partecipa infine a un progetto del CREA di Roma, insieme al Consorzio Carne Razza Maremmana Bio per valutare l’ingrasso allo stato brado con lo sfruttamento alimentare dei pascoli (grass feed). Il progetto contempla altri filoni di analisi come la valutazione dell’impronta carbonica degli allevamenti allo stato brado; il controllo delle parassitosi senza l’uso di medicinali; lo svezzamento precoce. La ricerca coinvolge varie aziende della Maremma e è coordinato dal Consorzio. Cominciato nel 2023, i risultati sono attesi nel 2025.

Massimiliano Rella

Azienda Agricola Mariotti

Il laghetto del Pellicone nel Parco archeologico di Vulci (VT).

a una data di scadenza è stata data una speranza

È stato calcolato che il valore annuale del cibo sprecato in Italia è di 15,6 miliardi di euro* e questo rende ancora più insopportabile il dato che registra oltre 2 milioni di famiglie italiane in povertà assoluta, di cui quasi 200.000 sono in Lombardia*.

Ed è qui che siamo impegnati ogni giorno per contrastare l’insicurezza alimentare, distribuendo 1.200.000 kit di spesa ogni anno e sostenendo ogni giorno quasi 5.000 persone in di ff icoltà che passano dai nostri centri, senza fare distinzioni di nessun tipo, grazie ai nostri 250 volontari, ai privati e alle aziende che sostengono la nostra associazione Pane Quotidiano ONLUS.

Ma il numero di ospiti giornaliero è raddoppiato negli ultimi 5 anni e adesso abbiamo bisogno anche di voi.

Ci servono le vostre eccedenze di produzione: siamo organizzati per ritirare anche i prodotti freschi e in scadenza in tempi rapidi, con una piani ficazione digitalizzata che considera anche la catena del freddo. Con il dono di prodotti in surplus, oltre a contribuire a un importante impegno sociale, potete anche bene ficiare di vantaggi economici, fiscali e logistici.

Un grande aiuto per chi ha bisogno, e una scelta di sostenibilità per la vostra azienda.

*fonti: Waste Watcher International Observatory 2023, Istat

eccedenze@panequotidiano.eu

AZIENDA AGRICOLA GABRIELLI E AGRITURISMO IL NOCE

testi e foto di Massimiliano Rella

Un allevamento, un ristorante e una famiglia unita che si divide tra il campo e la tavola: due sorelle e i loro genitori. Parliamo dell’Azienda Agricola Gabrielli e del nuovo Agriturismo Il Noce, situati nella campagna viterbese. Le sorelle Eleonora (laurea in Legge) e Francesca Romana (Ingegneria civile e Architettura) rappresentano la quarta generazione di una famiglia di allevatori di Maremmana

a Monteromano (VT). Nel 2021 hanno aperto anche un ristorante agrituristico nella vicina campagna di Vetralla, dove valorizzano il più possibile i loro prodotti: la carne bovina di razza Maremmana, la carne suina e i loro affettati e salumi artigianali, ma anche le marmellate fatte in casa e gli ortaggi dell’azienda agricola (più quelli acquistati al mercato dei contadini). E ancora: l’olio evo da cultivar Caninese (200

ulivi fra proprietà e affitto) e due vini ottenuti con le uve di una piccola vigna, un bianco da Malvasia e Trebbiano e un rosso da Merlot e Sangiovese (totale 3.500 bottiglie più lo sfuso).

La madre, Graziella, si diletta in cucina con la pasta fresca, tirata a mano: tortelli, ravioli, mezzelune, tagliatelle, pappardelle, ecc…, mentre il signor Attilio segue la campagna e l’allevamento, aiutato

dalla figlia Eleonora e dal suo compagno, un ex gommista convertitosi per amore alla terra.

Già in passato la famiglia Gabrielli, la prima generazione, allevava ovini, puntando in seguito sulla razza Maremmana. Oggi i Gabrielli allevano 150 capi al pascolo (60-70 vitelli) in un territorio integro e ben conservato di 350 ettari (tra proprietà e affitti), interamente biologico, a un’altitudine media di 200-250 metri slm. Gli animali sono allevati allo stato brado 12 mesi l’anno, secondo i principi del benessere animale; i vitelli vanno all’ingrasso in esclusiva per una macelleria di Monteromano.

«La Maremmana è una vacca che ci dà tante soddisfazioni, un animale rustico, longevo, con grande facilità al parto» ci spiega Eleonora Gabrielli durante la visita all’azienda. «La sua carne è tenace, ma se frollata bene ha un gusto sensazionale».

Al momento la cucina dell’Agriturismo Il Noce è aperta il fine settimana, «anche per far bene le cose e servire agli ospiti, che arrivano numerosi, una proposta genuina, di qualità, stagionale e casalinga», sottolinea la sorella Francesca Romana.

Il più possibile viene fatto in casa, dolci compresi; il pane invece è di grano duro, sciapo, di un forno locale. Il conto medio di

A pagina 125: capi di Maremmana dell’Azienda Agricola Gabrielli a Vetralla (VT). In questa pagina: fieno, vigna e il pollaio dell’Agriturismo Il Noce, nella campagna di Vetralla (VT).

due portate ammonta a 25 euro, per quattro portate con vino dell’azienda a 40-45 euro. E sono tante le specialità della casa fatte con la carne di Maremmana dell’allevamento di proprietà: la lombata e filetto, le polpette, la lingua in salsa verde, il roastbeef con il suo fondo bruno, la trippa con pecorino e menta…

Il ristorante è stato ricavato nelle ex stalle, riconvertite in un locale da 60 coperti più 40 in veranda con vista giardino, protetta da lunghe vetrate; è arredato con qualche lampada di design scelta dalla stessa Francesca Romana, l’architetta di casa.

Durante il ventennio fascista la struttura apparteneva al conte De Vecchi, quadrumviro di Mussolini, al quale fu espropriata dallo Stato repubblicano. I De Vecchi ne tornarono in possesso dopo una causa civile ma negli anni successivi la vendettero al bisnonno delle sorelle Gabrielli, arrivato dalla Romagna. Oggi i Gabrielli hanno in progetto d’acquistare la parte rimanente della struttura a corte e realizzare degli appartamenti turistici.

Massimiliano Rella

Agriturismo Il Noce

Via Aurelia S. S 1 bis Snc

Località Cinelli, Vetralla (VT) Telefono: 327 6758404 – 328 0554126

E-mail: info@ristoranteilnoce.it ilNoceAgriturismo

In alto: le sorelle

Al

Eleonora e Francesca Romana Gabrielli con la madre Gabriella.
centro: gli spazi che ospitano il ristorante dell’Agriturismo Il Noce. In basso: lombata di Maremmana.

SASSICHETA ART, MACELLERIA CON CUCINA E MENSA

testi e foto di Massimiliano Rella

Macelleria con cucina e mensa, tutto a vista, in un grande spazio con laboratorio di lavorazione e piccola macellazione. Perché la trasparenza è un valore, il cliente vuole vedere chiaro e il macellaio ci prova pure gusto. Siamo nella campagna di Tuscania (VT), alla Macelleria Sassicheta Art, un negozio/laboratorio con cucina a conduzione famigliare: Federico Mastropietro, la moglie Michela Chiarelli e il figlio Luca Aperta due anni fa, i Mastropietro vantano però otto generazioni di mestiere e addirittura un avo che ottenne la licenza papalina numero 1 per la vendita di carne all’ormai ex storico mercato di piazza Vittorio, a Roma, quartiere Esquilino. Qui a Tuscania, invece, sulla strada statale in aperta campagna, hanno aperto una grande macelleria di 400 m2 con laboratorio e cucina e mensa a vista per pranzi veloci a base di sola carne e verdure. Si possono mangiare un piatto e un contorno a 10-12 euro. Ma solo secondi: cioè tagliate di Maremmana, grigliate miste, trippa e coda di Maremmana, spezzatino al buglione, panini, salsicce, hamburger. Ricette da accompagnare a verdure di stagione. «La nostra idea – ci dice Federico — sarebbe di provare ad aprire anche di sera nel fine settimana. Vediamo come andrà».

Il banco carni è al 50% di carne Maremmana e valorizza tutti i tagli di animali selezionati in una rete di 4-5 allevatori di fiducia della Maremma laziale: uno è il fratello di Mastropietro, l’allevatore Vittorio, a Viterbo, fornitore anche di

A sinistra: fracosta di Maremmana. A destra: la squadra di Sassicheta Art — Federico Mastropietro, la moglie Michela, la signora Gabriella e il figlio Luca — e gli interno della bottega con cucina/mensa a vista.

Limousine e vari incroci. «A differenza della Maremmana, che ha bisogno di spazi ampi, la Limousine è più facile da gestire», puntualizza Federico Mastropietro.

Attraverso i preparati Sassicheta Art valorizza i tagli meno nobili, ad esempio hamburger, tartare, polpette, oppure il bollito per la punta di petto e il muscolo. «Sono molto richiesti — assicura Mastropietro — e prevalgono di molto nelle richieste dei clienti rispetto alla classica fettina. L’alimentazione è cambiata, tutti vogliono cose comode, buone, pratiche e veloci da cucinare”.

Per la frollatura delle carni fanno minimo 20 giorni, «ma è importante come esce l’animale, quanto è coperto di grasso, se ha la giusta marezzatura», sottolinea Mastropietro. Su richiesta fanno anche frollature più lunghe. Il consiglio del macellaio sulla Maremmana? «In cucina cotture semplici, la Maremmana ha un suo sapore distintivo che non va coperto, a volte non ha bisogno neanche di sale e olio, è già saporita di suo. E poi cottura media, niente di più».

La macelleria ha infine un reparto salumeria per la produzione e lavorazione artigianale di guanciali,

In alto: il banco carni della macelleria Sassicheta Art. A sinistra: tagli di Maremmana.

pancetta, capocollo, sella, fiocco di prosciutto, salsicce; i prosciutti sono affinati in Umbria, dove i Mastropietro si riforniscono della carne suina. I salumi di bovino sono invece stagionati in casa, ad esempio la “bresaola” di Maremmana e la salsiccia di sola Maremmana, in stile Halal.

Massimiliano Rella

Macelleria Sassicheta Art

S.P. Tarquiniese km 3,00 01017 Tuscania (VT) Telefono: 3395810404

Web: www.macelleriasassicheta.com @sassicheta_art

LAGANGA STYLE

testi e foto di Massimiliano Rella

“It’s Laganga style”. I Laganga, una famiglia di macellai di Grosseto, il “capoluogo” della Maremmana, sono una voce autorevole nel campo della carne di questa razza. Uno dei Laganga — Andrea — milita anche nella Nazionale Italiana Macellai, “terzino” di tagli e frollature. Aperta nel ‘74, la macelleria ha compiuto 50 anni proprio in questi mesi. Il primo locale era al quartiere Barbanella, voluto dal signor Beppe, 73 anni, che oggi gestisce la macelleria insieme ai tre figli: Marco (45 anni),

Andrea (39 anni) e Serena. In cucina c’è Francesca, moglie di Andrea, per la preparazione dei precotti da asporto, un filone di gastronomia avviato sei anni fa e che ha preso rapidamente piede.

L’attuale sede, aperta dal 2018 in zona ospedale, ha un concept moderno: un locale con ampie vetrate sulla strada, ben curato, di 150 m2 totali, 20 dei quali di cucina dove vengono fatti i preparati di carne, e una cucina dotata di vari fuochi, abbattitori di temperatura, ecc… Il laboratorio per il disosso e la stagio-

natura dei salumi è rimasto invece al quartiere Barbanella. Qui le carni di suino e cinghiale sono trasformate in prosciutti, pancette, capocolli, lombini, gotino, ecc…; prodotti artigianali venduti esclusivamente in macelleria che rappresentano il 10% delle entrate commerciali dei Laganga.

La carne, dunque, la fa da padrona e di questa il 30% attraverso i preparati. «I clienti cercano qualcosa di gustoso e veloce da cucinare» racconta Andrea. «È un’attitudine di consumo cresciuta negli anni

perché il tempo a disposizione delle persone per cucina e spesa è sempre di meno. Così abbiamo pensato di ampliare anche l’offerta per la cottura al barbecue con affumicati da rigenerare a casa, una novità che abbiamo introdotto nel 2022 e che sta andando moltissimo perché ci permette di offrire un gusto unico che il cliente apprezza. Sono specialità che il comune consumatore non potrebbe fare direttamente poiché richiedono spazio e attrezzature di cottura adeguate. E poi il barbecue ricorda i sapori di una volta…».

In alto: a sinistra, la famiglia Laganga, Andrea, Marco, Serena e Beppe Laganga. A destra, gli interni della bottega. In basso: i cappellini della macelleria e il logo della Nazionale Macellai di cui Andrea Laganga fa parte.

I coltelli da carne realizzati per i 50 anni della Macelleria Laganga.

Per la carne rossa la macelleria tratta soltanto Maremmana, rifornendosi da 3 allevatori toscani di fiducia. Per il dry aging — che rappresenta una nicchia — lavora anche carni straniere. «Una scelta per stare al passo con i tempi» puntualizza Andrea. «Ma tutto il resto è Maremmana: il 90% della carne rossa. È una carne caratterizzata da sapore, gusto e territorio. Sfatiamo il preconcetto della sua tenacità — sottolinea — poiché dipende dal tipo di animale e dalla frollatura. Noi trattiamo soltanto scottone giovani, con la giusta percentuale di grasso. Conta inoltre l’arte della macellazione, che consiste nel saper ascoltare: è la carne che ti dice quando è pronta!». I Laganga macellano due scottone a settimana e valorizzano tutti i tagli attraverso hamburger, polpette, ecc… Una volta disossata la mezzena procedono con una frollatura minima di 10 giorni. Per le lombate minimo 35 giorni, “il giusto compromesso” per donare tenerezza e far uscire gli aromi della Maremmana. Massimiliano Rella

Macelleria Laganga

Via Inghilterra 43 – 58100 Grosseto Telefono: 0564 457539

E-mail: info@macellerialaganga.it Web: macellerialaganga.it Macelleria Laganga @macellerialaganga

Carni sottoposte al processo di dry aging.

PAOLO LUCARIELLO, LA RIVINCITA DELLA MACELLERIA (CON OSTERIA)

di Riccardo Lagorio

Un’occupazione pacifica in nome della carne, del piacere dello stare insieme e della rivitalizzazione di un intero territorio è quanto sta accadendo a Scurzolengo, nell’Astigiano.

Colline deserte, case da troppo tempo chiuse, porte sbarrate. Ma c’è qualcuno che proprio qui ha trovato un eden e, in barba a politiche di rivitalizzazione che non si sa cosa produrranno se mai produrranno

qualcosa, dal 2017 ha conferito vitalità a questo villaggio. Lo ha reso di nuovo dinamico e luminoso alla (piccola) comunità grazie alla carne, che su queste colline gode di una venerazione tutta sua. «Era

il 2017: organizzavo feste. Suonavo nelle sagre, nei matrimoni. Ma mi è sempre ronzata in testa l’idea che potessi avere una macelleria tutta mia. Non so perché: nella mia famiglia nessuno mai ha fatto questo mestiere e pensavo che sarebbe stato complicato iniziare dal nulla» racconta concitato Paolo Lucariello

Ma, come in tutte le storie dal lieto fine, c’è sempre un evento inaspettato che permette di realizzare i sogni. «Un amico di lunga data dovette suo malgrado subentrare al padre nella conduzione della macelleria di famiglia e mi chiese di dargli una mano. Da quel mondo non ne uscii più: fu l’inizio della mia carriera» ricorda.

Trascorso il periodo di affiancamento al conoscente, bisognava trovare un luogo adatto a portare fino in fondo il progetto, quello di possedere una propria macelleria, «che non doveva essere troppo grande. A Scurzolengo l’ultima macelleria aveva chiuso da poco» e la sua riapertura avrebbe significato rimettere in vita i servizi commerciali del borgo. «All’inizio le persone facevano capolino in macelleria credo per curiosità. Poi iniziò ad arrivare gente col passaparola perché ritenevano meritevoli le carni proposte». I clienti venivano stuzzicati dal fatto che Lucariello da un animale che aveva scelto personalmente (la stessa cosa avviene per le bottiglie di vino a scaffale) riuscisse ad ottenere bistecche, arrosti, spezzatini, smontando completamente il bovino e riuscendo a ottimizzare ogni taglio. «Con l’allevatore ci si parla chiaro: l’animale deve essere allevato nel migliore dei modi e garantire una carne di alto livello». Nel suo banco ancora oggi ci sono in esposizione pochi tagli perché il lavoro si fa nel retrobottega: niente pronti a cuocere e, su richiesta, si fanno al momento. Fatto che stimola ancor di più i consumatori.

Ai colli vitati di Scurzolengo le persone devono arrivarci appositamente, non è un luogo di passaggio.

in provincia di Asti. il “taglierino” dell’ApeMacelleria.

«Con la pandemia alcuni anziani non ce l’hanno fatta e di domenica i figli hanno iniziato a portare al ristorante il genitore sopravvissuto, con la conseguenza di meno acquisti di carne per il giorno di festa». Con l’esperienza e ascoltando i clienti Paolo si rende conto delle potenzialità che il borgo lontano dalle più importanti vie di comunicazione avrebbe avuto nell’attirare consumatori per incontri conviviali. Nasce da lì, nel 2022, l’idea dell’ApeMacelleria, un luogo, sotto le mura del castello di Scurzolengo, dove darsi appuntamento per fare quattro chiacchiere con gli amici davanti a un tagliere di salumi e un bicchiere di Ruchè, il vino simbolo di questi poggi. «Il Ruchè protagonista della rivincita di questi borghi semiabbandonati si ritrova anche nella coppa, come ingrediente dell’infusione insieme alle spezie».

La novità è però l’Osteria della macelleria, «perché ho compreso il desiderio di convivialità, solo assopi-

to dalla mancanza di un vero centro di aggregazione». Una proposta semplice, ma gustosa, come si addice ad un menu di carne: carne cruda con bagna cauda, albese, filetto cubettato con un filo d’olio, costate alla griglia. Gli agnolotti non mancano mai «e presto li produrrò all’interno del locale, che come indicazione porta il mio nome e cognome: questo fatto genera un rapporto umano profondo con i clienti». Clienti che affrontano anche 40 km, qualche curva e non pochi saliscendi per assaporare la buona carne piemontese sotto il dehors estivo, che funzionerà fino a settembre, fin quando tengono le temperature e la vendemmia è alle porte.

Riccardo Lagorio

Macelleria Paolo Lucariello

Via Guglielmo Marconi 17 14030 Scurzolengo (AT)

Telefono: 338 4081802

Web: macellerialucariello.com macellerialucariellopaolo

ANTICHI SAPORI, UNA MACELLERIA E UNA

STORIA DI CARNE E LAGUNA

La loro è una storia di carne e laguna. I Toffolo per decenni hanno lavorato e gestito macellerie nel Veneziano tra isole e terraferma. Cavallino Treporti (VE) base di partenza e di arrivo. E proprio a Cavallino Treporti hanno ancora Antichi Sapori, la macelleria

di famiglia che M ARCO T OFFOLO gestisce insieme a papà GRAZIANO e mamma DORETTA CHIUSSO. «Mio papà — racconta Marco — nel 1985 era direttore delle dieci macellerie di Zardinoni, tutte a Venezia città. Abitava a Ca’ Savio, frazione di Cavallino Treporti, e faceva

spesso il pendolare prendendo il traghetto. Dopo anni di lavoro ha prevalso il desiderio di mettersi in proprio e così ha rilevato una macelleria stagionale (maggioottobre) a Cavallino e poco dopo ne ha presa in gestione un’altra, annuale, a Murano (VE), dove è

Graziano e Marco Toffolo con Doretta Chiusso nella loro macelleria di famiglia a Cavallino Treporti (VE). Bistecche impanate, cannelloni, tortillas, radicchio con pancetta, messicani di pollo, l’immancabile hamburger di vari gusti e dimensioni sono solo alcune delle proposte del negozio tra i pronti a cuocere, preparati nella cucina interna.

rimasto per 7 anni. Due botteghe, un socio e alcuni dipendenti». Nel 1991 Graziano Toffolo decide di concentrarsi esclusivamente su una bottega di alimentari a Treporti. Un negozio piccolo, dove rinnova il comparto macelleria e introduce la gastronomia. «Un’operazione di successo — puntualizza Marco — avviata quando la concorrenza della distribuzione organizzata non era ancora così forte».

Dal 1991 arriviamo al 2004, «quando abbiamo deciso insieme di acquistare il vecchio ufficio postale di Treporti e di destinarlo a macelleria. Lo abbiamo trasformato con lavori importanti e impegnativi e da quel momento ho preso le redini della nuova macelleria di famiglia».

Da tempo in Marco c’era l’idea di occuparsi di carne ma non pensava di farlo così presto: da giovane, infatti, era un ciclista con buone speranze di approdare al professionismo. «A 22 anni, non avendo sfondato nel ciclismo, sono entrato in azienda e oggi, che ne ho 39, sono ancora qua. Mi sono formato frequentando diversi corsi professionali e via via ho acquisito sempre più dimestichezza. Ora come ora sono padrone del mestiere e posso guardare al futuro libero di apportare quelle innovazioni che mio padre non era più in grado di intravedere».

La macelleria Antichi Sapori è dotata di laboratorio con cucina da ristorante dove viene preparata la totalità del cotto e del prontocuoci. «Stiamo pensando di ampliarci — sottolinea Marco — magari una ristomacelleria con qualche tavolo e menu degustazione. Ma abbiamo anche in animo di rafforzare il take away. Il lockdown ci ha visto crescere con le consegne a domicilio, un’attività che curiamo ancora, ma molto meno di allora».

Marco ha rilevato completamente l’azienda dal padre nel 2015 e attualmente non ha dipendenti. In dieci anni ritiene ci sia stata un’evoluzione non solo strutturale, ma so-

La tipologia di carne mediamente trattata e venduta dai Toffolo è per il 40% bovino, 40% pollame e il restante 20% suino. La clientela è molto tradizionale, consuma quinto quarto e bollito e ama ancora cucinare.

la Sakura, tipologia di carne extra marezzata nata dalla

prattutto nella ricerca sulla materia prima e sulle attività di cucina. «Gli investimenti futuri saranno mirati al miglioramento della nostra offerta ma senza snaturarci. Vogliamo rimanere quelli che siamo garantendo servizi aggiuntivi.

Ci sono sempre più clienti che chiedono la nostra cucina semplice e casalinga, fatta bene. Ci piacerebbe anche potenziare il servizio catering che già facciamo ma senza averne un ritorno adeguato in termini di visibilità. Dobbiamo sicuramente imparare a pubblicizzarci meglio. Inoltre, produciamo sopresse, salami, pancette, cotechini e salsicce. Non stagioniamo. Chi vuole acquista il fresco e lo stagiona dove vuole».

La carne mediamente trattata e venduta dai Toffolo è per il 40% pollo, 40% bovino e 20% maiale.

Per il bovino trattano dal 2017 le lombate di MrBeefy di Mozzecane (VR) che alleva Angus. «Sono stato più volte da lui per vedere come lavora — evidenzia Marco — e abbiamo sposato la sua tecnica di allevamento e l’attenzione per il benessere animale. Tutto questo si traduce in qualità a tavola. E ogni tanto acquistiamo Chianina dall’Azienda Agricola San Giobbe».

Per quanto riguarda la fornitura di suino si rivolgono ad un’azienda di Torre di Mosto (VE) e talvolta si approvvigionano di tigrinto dall’azienda modenese Ferri Group. Come pollame acquistano da Malocco di Torre di Mosto (VE) acquisita dal Gruppo Martini

La clientela? Molto tradizionale, che consuma quinto quarto e bollito, che ama ancora cucinare. «Per quanto riguarda la gastro-

nomia la varietà non è tantissima ma siamo molto forti sulle lasagne, poi d’estate insalata di pollo e di riso.

Abbiamo recentemente stretto una collaborazione con un’azienda cerealicola della zona che fa pasta e farina da grani antichi e pure birra agricola. È un’eccellenza del territorio che vendiamo allo stesso loro prezzo proposto in azienda. Teniamo anche pane che procuriamo da una rivendita locale. Latte solo a lunga conservazione».

Gian Omar Bison

Macelleria – Gastronomia

Antichi Sapori

Via F. Morosini 4

30013 Cavallino-Treporti (VE)

Telefono: 041 5301071 – 349 1620528

E-mail: info@antichisaporitoffolo.com

Web: antichisaporitoffolo.com

Dal 2017 da Antichi Sapori si vendono le lombate di MrBeefy di Mozzecane (VR) che alleva Angus. In macelleria è poi disponibile anche
ricerca e dalla selezione di Fabio Galli.

LA BUONA CARNE SECONDO LARA

STINCO DI MANZO: TANTO CONNETTIVO

PER I DIVERSI UTILIZZI

Un taglio della gamba molto ricco di connettivo e dalle carni che necessitano una lunga cottura. Lo stinco di manzo si presta agli usi più tradizionali della cucina dei tempi freddi, ma anche a quella creativa che utilizza le basse cotture e l’affumicatura.

Il più scelto per il consumo in cucina è sicuramente quello di vitello, ma anche quello dell’animale più grande, il manzo, è in grado di regalare risultati strabilianti.

Sto parlando dello stinco, cioè la parte tra il ginocchio e la caviglia dell’animale: col tipico osso interno ricco di goloso midollo e la parte carnea esterna con tanto tessuto connettivo, è una parte con talmente poco grasso che potrei definirlo praticamente assente.

Una parte che non è mai la prima scelta, anche e soprattutto per le sue generose dimensioni, ma che può regalare enormi soddisfazioni. E questo lo sanno bene

pure i nostri avi che, fin dai tempi più lontani, amavano consumarlo anche nelle ricche cucine borghesi tagliando la parte in modo perpendicolare all’osso. A testimoniarlo la presenza della ricetta dedicata all’Ossobuco alla milanese nel libro di CARLO STEINER, Il Ghiottone lombardo, edito nel 1964, dove si riporta la ricetta tradizionale meneghina, che vede l’ossobuco cotto a lungo e poi accompagnato dalla gremolada, la salsa verde a base di aglio,

Il Beef hammer, letteralmente “martello di manzo”, che si ricava dallo stinco degli arti posteriori del bovino. La legatura obbliga il pezzo a mantenere la forma durante la cottura.

L’hammer si può servire affettato, simile all’arrosto, oppure sfilacciato, magari preparando un goloso sandwich o insaporire un classico risotto alla milanese.

prezzemolo e un po’ di scorzetta di limone a raffrescare. Ovviamente, anche Steiner lo consiglia abbinato al risotto allo zafferano.

Ma la cultura americana del BBQ che si è rapidamente diffusa anche qui oramai da tempo, unita alla voglia di giocare un po’ con questo taglio, ha fatto sì che molti macellai abbiano imparato l’arte di preparare il sempre più celebre hammer, che letteralmente vuol dire “martello”.

Lo stinco viene pulito in una delle sue estremità da carne e nervi, così da lasciare l’osso intonso. La parte che resta viene poi rifilata per bene e legata con lo spago, un po’ come fosse un arrosto, in modo tale

da obbligare il pezzo a mantenere la forma durante la cottura.

Cottura che deve essere rigorosamente molto lenta e a temperatura non eccessiva: questo per permettere al connettivo di sciogliersi a dovere, senza che le carni si induriscano.

All’esterno, si può aggiungere una miscela di spezie a piacere, comunemente chiamata rub. Una classica per il manzo? La SPG, ovvero Salt, Pepper, Garlic (sale, pepe, aglio), che con queste carni ci sta sempre bene, aggiungendo sapidità, ma anche una fine pungenza che solletica il palato.

Lo si può cuocere in forno oppure, se si ha a disposizione un

dispositivo adatto, lo si può cuocere al BBQ, aggiungendo la nota affumicata, che dona subito alle carni un carattere americanissimo. Una volta preparato il BBQ per una cottura indiretta, si affumica fino al raggiungimento dei 65 °C interni, mantenendo una costante temperatura di cottura attorno ai 130 °C. Appena raggiunti, inutile continuare ad affumicare perché le carni non assorbono più l’aroma. Dopo aver aggiunto un poco di liquido, che potrebbe essere anche della banale acqua, lo si copre per bene con la carta stagnola e si prosegue la cottura fino alla temperatura interna desiderata, che varia in relazione al piatto che si vuole preparare.

Lo si può servire affettato, simile all’arrosto, oppure sfilacciato, magari preparando un goloso sandwich. Nel primo caso la temperatura di circa 80 °C interni basta per renderlo tenero, ma senza che si distrugga: lo si può così tagliare in comode fette. Nel secondo caso è bene arrivare ai 96-98 °C interni, così da poterlo sfilacciare agevolmente.

Un’idea per innovare una ricetta tra e più classiche e conosciute della cucina lombarda? Il risotto alla milanese, preparato in modo classico con lo zafferano e bello mantecato, abbinato agli sfilacci morbidi e gustosi dello stinco di manzo affumicato. La cucina italiana che si unisce perfettamente ai gusti d’oltreoceano, per un risultato spaziale.

Il tocco in più? Ho provato a mantecare il risotto con il patè di fegato bovino di Wagyu, preparato da Gioacchino Palestro per l’azienda agricola LA CIGOLINA: un patè a base di fegato di Wagyu, vino, spezie e abbondante burro, perfetto per rendere cremoso e omogeneo il risotto e dare la sferzata gustativa a questo piatto già molto ricco e suadente.

A volte non serve inventare nulla, basta vedere un poco oltre il nostro piccolo mondo, per creare qualcosa di inatteso e particolare.

Lara Abrati

PORCOBRADO, APRE IL SECONDO LOCALE MILANESE

Milano, settembre 2024. «C’è sempre la fila, ma non è la fila il problema. Noi vogliamo che a Milano ci sia la stessa esperienza che al food truck: fai la fila, certo, ma una volta che hai pagato hai già il tuo panino in mano, pronto per essere degustato».

Così Angelo Polezzi, fondatore di Porcobrado, presenta l’apertura del

secondo locale milanese, proprio accanto al primo, ormai storico, in via Jacopo dal Verme 19. 40 posti a sedere, un piccolo dehors accogliente, un decoro black & green che contraddistingue l’ormai celebre brand. È rimasto immutato il logo originale: il suino cresciuto liberamente che spezza la catena dell’allevamento intensivo. Un’immagine

forte che evoca anche i sapori del panino e di tutti gli altri prodotti di Porcobrado, pronti a dare un tocco di “libertà, piacere e vera unicità” ai suoi degustatori.

L’avventura di Porcobrado inizia a bordo di un food truck che ha convinto centinaia di migliaia di persone. Già nel 2017 viene premiato come Best Sandwich al

The European Street Food Awards di Berlino: un primato confermato nel 2022 e negli anni successivi. Ma non solo riconoscimenti internazionali: in Italia il ristorante Porcobrado di Milano è premiato come Campione Regionale Street Food nella Guida Street Food Gambero Rosso 2020 ed esce dai Tuscany Food Awards con una menzione speciale nel 2019. Un panino speciale farcito di petali di carne di maiale allevato all’aperto nell’allevamento di proprietà, marinata, cotta e affumicata con legno di melo e ciliegio, possibilmente esaltato da una salsa “fatta in casa”, da quella piccante allo jalapeño a quella più delicata al Syrah. Ciascun boccone è un’esplosione di gusto, goduriosa e senza precedenti, anche grazie al pane fatto con il Verna, antico grano toscano.

Nel 2020, con la pandemia, il team Porcobrado ha voluto mandare il suo panino agli Italiani chiusi in casa e lo ha fatto grazie ad un’idea: scomporre il panino, sigillando la carne sottovuoto con un sistema di pastorizzazione a freddo che permette di spedire il prodotto senza l’uso della catena del freddo. Il pane confezionato nella box (tuttora disponibile per la vendita on-line in vari formati) è infatti realizzato con una ricetta speciale che dona fragranza e croccantezza e le salse sono tenute in piccole cup che ne conservano le qualità e i sapori originali. L’e-commerce conosce subito un immenso successo in Italia, da Trieste a Palermo, tanto da essere stato soggetto a liste d’attesa e preordini per organizzare al meglio la produzione e la spedizione.

Il successo del panino scomposto ha però permesso al team di avviare nuovi progetti post pandemia: altri 4 food truck, due dei quali di proprietà diretta e due in franchising, uno in Germania, uno nel Sud Italia. Poi gli eventi di street food, i concerti come il Jova Beach Party e i grandi appuntamenti sportivi.

Tra fine 2023 e inizio 2024 comincia l’avventura di Porcobrado nella GDO: «Abbiamo iniziato con

In alto: Panino Dilusso. A pagina 146: Pasquale Nastri, Porcobrado Milano, e Angelo Polezzi, fondatore del brand.

CARREFOUR, poi ci ha cercato ESSELUNGA, quindi BASKO, ALÌ, GIGANTE, CONAD… Insomma, varie catene vogliono la nostra Porcobrado box con all’interno il panino che viene venduto anche al supermercato, per far sì che la gente possa comprarlo e rigenerarlo a casa propria, ottenendo in soli 5 minuti il panino come appena fatto nel ristorante» mi racconta Angelo. «Per arrivare al prodotto finito, pronto per essere degustato, vengono impiegate, tra lavorazione e fasi di riposo, circa un centinaio di ore. Le carni dei suini del nostro allevamento all’aperto vengono prima affumicate con legna da frutto, poi salate, marinate e cotte lentamente per 18 ore prima di essere affumicate nel barbecue al legno di quercia e servite. La filiera controllata di Porcobrado infatti è completa, dall’origine fino al prodotto finito, garantendo così un canale diretto, senza interruzioni, fino al consumatore. Il panino e la focaccia sono fatti con farine di grano Verna coltivato nel territorio aretino. Le salse di accompagnamento sono rigorosamente homemade, come la piccantissima con jalapeño o quelle realizzate con ingredienti provenienti dal terri-

torio, come la salsa con aglione, la salsa con il Syrah e quella alla cipolla rossa toscana. Angelo conclude: «Quello che vorrei che è che il cliente iniziasse a comprendere che dietro ad un progetto del genere c’è tutta la difficoltà, la fatica di avere un allevamento e una filiera di trasformazione che sono un valore aggiunto molto importante rispetto a tutto quello che si vede nel cibo confezionato, nei supermercati. È molto particolare e molto faticoso, però ci distingue da tutto il resto del mondo food».

Dal successo che Porcobrado sta avendo in pochi anni credo che il consumatore abbia più che compreso che la qualità di un prodotto, anche semplice come un panino da mangiare da soli o in compagnia, passi dalla cura degli allevamenti e dalla dedizione che Angelo e il suo team mettono in tutte le fasi della produzione. Saluto Angelo con la promessa nei prossimi mesi di visitare i suoi allevamenti per conoscere da vicino la sua azienda agricola e l’inizio della filiera del suo Porcobrado.

Paolo Amedeo Garofalo

>> Link: porcobrado.com

CARLO ALBERTO MENINI: OLTRE LA MACELLERIA

“Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali”

William Hodding Carter II

Quelle di Carlo Alberto sono radici umili e forti che gli hanno permesso di volare e lo hanno reso il simbolo della macelleria contemporanea.

Il padre, Giancarlo, allevava cavalli agricoli da tiro pesante rapido, in via di estinzione fino agli anni ‘70. Era un esperto di razza e selezionava i migliori capi. La madre Luciana, proveniente da una famiglia di commercianti di bestiame, insieme ai fratelli gestiva un negozio di alimentari e macelleria.

Carlo Alberto è la sintesi di due passioni: l’amore per gli animali, ereditata dal padre, e l’arte della ma-

celleria e della cucina dalla madre. Diplomatosi all’istituto alberghiero, Carlo Alberto comincia a lavorare come cuoco, ma un grave incidente stradale lo blocca a letto per molto tempo. «Sognavo di fare il cuoco ma il destino mi aveva voluto altrove». Anni duri, superati con grande forza di volontà e di spirito: «era come se fossi nato una seconda volta». Nel 1997 rileva una macelleria equina a San Giovanni Lupatoto,

Macelleria, gastronomia ma anche cucina: è Il nuovo punto vendita della Macelleria Carlo Alberto aperto recentemente a Verona si aggiunge alle due botteghe di San Giovanni Lupatoto e Cadidavid.

in provincia di Verona, «mi alzavo alle quattro del mattino, andavo al macello, disossavo le mezzene, le portavo in macelleria, lavoravo la carne, la cucinavo e la vendevo. Il giorno seguente ricominciavo». Carlo si fa strada e nel 2003 apre un laboratorio che diverrà centro di lavorazione carne, stoccaggio e frollatura. Pochi anni dopo, nel 2014, acquista il secondo negozio a Cadidavid, piccola frazione del comune di Verona, una realtà che accoglierà il suo know-how e tutte le proposte esistenti nel banco frigo di San Giovanni Lupatoto.

Fino al 2019 la carne di cavallo era la sola presente al banco, tuttavia, durante il periodo del Covid, vengono inserite anche le carni bovine, avicunicole, ovicaprine, suine e selvaggina.

Il lavoro magistrale sulla carne equina e la sua grande curiosità permettono a Carlo Alberto di guadagnarsi notorietà e fiducia nel mondo della ristorazione e di avviare collaborazioni importanti, ad esempio con La Granda, il consorzio nato come associazione di allevatori nel 1996 che ha rivalorizzato la

razza bovina Piemontese e di cui Carlo diventa il portabandiera nel territorio veronese. «Nei week-end andavo in Piemonte ad imparare a lavorare la carne e nei ristoranti veronesi la proponevo come battuta e tagliata».

Oltre alla Piemontese, vi sono altre razze che dominano il banco frigo delle due macellerie venete: la Grigia Alpina, regina delle montagne, l’Angus che deriva da incroci con razze da latte come la Frisona, la Pustertaler, della Val Pusteria, l’Hereford, la Wagyu e la Jersey. C’è poi una selezione di Simmenthal provenienti da Croazia, Germania e Austria, dalla Spagna invece la Rubia Gallega e dalla bassa Toscana la razza Maremmana. «Ho scelto di non lavorare con genetiche francesi poiché si tratta di animali dotati di grandi masse muscolari ma che non primeggiano in termini di gusto, contemplo invece le razze rustiche alimentate ad erba e fieno. Razza, sesso, alimentazione e tipologia di allevamento determinano la qualità della carne» spiega.

Tra le razze suine troviamo invece il Nero lucano e la Mora

Alla piccola ma fornitissima macelleria di San Giovanni Lupatoto dove tutto è iniziato nel 1997, e a quella di Cadidavid, cuore pulsante dell’azienda, si è aggiunta La Bottega di Verona, in cui fare la spesa e fermarsi a mangiare!

Romagnola, tra quelle ovine la razza Brogna della Lessinia e altri ovini bradi allevati sulle montagne veronesi. Non possono mancare: il pollo ruspante, le faraone, le anatre, i piccioni, le quaglie e le tacchinelle.

Carlo Alberto rappresenta da sempre il punto d’incontro tra le piccole realtà rurali e la ristorazione. Fautore della cottura a bassa temperatura, praticata già negli anni duemila, e promotore della tradizione locale con la sua “pastisada de caval” e altre ricette tipiche venete.

Carlo ha scandagliato il proprio territorio e portato alla luce piccole entità allevatoriali come la Gallina Grisa e la Pecora Brogna, entrambe originarie dei Monti Lessini, diventando uno dei soci fondatori dell’Associazione della Pecora Brogna riconosciuta quest’ultima come Presidio Slow Food dal 2022.

Per la sua attività fa una ricerca serratissima delle materie prime con una sola parola d’ordine: evolvere «Per noi fare qualità significa essere dei bravi sarti, creare il vestito su misura e lavorare al millimetro

Carlo Alberto e il socio Marco.

La Bottega a Verona è “una tipologia di macelleria completamente nuova” si legge sul sito macelleria-online.it. Qui potete trovare “un’ampia gamma di tagli freschi e pronti per essere portati a casa, il meglio della nostra produzione gastronomica in vaso e tutti i nostri semilavorati sottovuoto. E ancora, tutti i prodotti dei nostri partner selezionati: salumi, formaggi, olio, sciroppi, tisane, vino, riso, pasta, birra, salse… il meglio del meglio!”. In Bottega si può inoltre mangiare e ritirare la spesa.

con idee chiare e lo sguardo al futuro».

Oggi Carlo è supportato da una ventina di dipendenti, tra i quali cuochi, macellai, banconieri e una tecnologa alimentare, costantemente formati e stimolati alla ricerca e allo sviluppo di nuovi prodotti nel rispetto del buono, dell’etico e del sostenibile e che hanno imparato a valorizzare e lavorare tutte le carni, anche quelle di animali non necessariamente strutturati per sviluppare grandi masse muscolari. L’attenzione allo spreco è un elemento su cui Carlo Alberto ha costruito una filosofia di vita: «le ossa le usiamo per fare i fondi ed il grasso invece per cucinare».

Gli ultimi nati in casa Menini sono lo shop on-line, dove è possibile acquistare tutte le prelibatezze crude e cotte con spedizione in tutta

Italia, il servizio di catering itinerante “la banda della Luciana” e la Bottega — inaugurata a luglio — in Via Giovanni della Casa 7 nella città di Romeo e Giulietta, un cofanetto che raccoglie 27 anni di storia, idee ed emozioni. «In questa avventura ho trovato l’appoggio del mio nuovo socio Marco: qui c’è la nostra anima, fatta di passione e duro lavoro». Così, mentre si sceglie che cosa acquistare, si può decidere di accomodarsi e assaporare un menù ricco di qualità, preparato in maniera semplice e abbinato a fantastici vini di cantine locali. «Vorremmo trasmettere al cliente la sensazione di pranzare in un negozio con un servizio veloce e informale. Il banco frigo, punto focale della bottega, ospita, oltre alla carne fresca, salumi artigianali, formaggi a latte crudo e una fitta

gastronomia. Non solo prodotti animali, ma anche un’anima vegetale, e questo grazie al tocco esperto di Marco, «una buona carne deve essere abbinata ad una buona verdura».

La Bottega è aperta dal martedì al sabato dalle ore 11:00 alle 19:00, il venerdì ed il sabato sera sono dedicati agli eventi a tema, in autunno invece cominceranno quelli didattici con degustazioni di carne, formaggi, verdura e vino. Carlo, che cosa vorresti per il futuro? «Vorremmo diventare un punto di riferimento e portare la nostra filosofia sulle tavole dei clienti».

Elisa Guizzo Meat Specialist

Macelleria Carlo Alberto Telefono: 045 2224784

Web: macelleria-online.it @carlo_alberto_macelleria

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FOOD LINE

LEGNA GASTRONOMICA

PEFC Italia ci dice le migliori tipologie di legno da usare per cottura e affumicatura dei cibi

Con la bella stagione non mancano le occasioni di convivialità durante le quali, come da tradizione italiana, dedicarsi alla cottura dei cibi “alla brace”. Per farlo in maniera sostenibile, sarebbe però opportuno utilizzare per la cottura e l’affumicatura legna proveniente da foreste certificate, cioè gestite in maniera

sostenibile e da filiera tracciata. Ad esserne consapevole è quasi 1/3 dei consumatori (31,9%), che sarebbe disposto a pagare il 10% in più per acquistare legno proveniente da fonti sostenibili. 1 su 5 pagherebbe il 15% in più e il 14,3% fino al 20% in più. Il 7,7% sarebbe disposto a spendere fino al 25% in più per cuocere in maniera sostenibile.

Alla scelta di un legno certificato, si affianca quella della tipologia di legno da usare per la preparazione dei cibi: se corbezzolo e quercia sono ideali per grigliare le carni rosse, olivo e pesco sono preferibilmente da destinare alle carni bianche e al pesce, mentre l’affumicatura arricchisce il gusto di carni, pesci, verdure e formaggi.

Il ruolo del legno è preponderante nella tradizione enogastronomica italiana, non soltanto per la cottura dei cibi ma anche per le lavorazioni e produzioni da contatto e affumicatura: PEFC Italia svela le tipologie di legna da usare per conferire sapore ai cibi e migliorare la preparazione di vini e alimenti.

Cerca l’etichetta PEFC

Quando vedi il marchio PEFC su un prodotto, significa che proviene da una foresta certificata PEFC (ovviamente, solo il materiale di origine forestale e arborea contenuto nel prodotto). Una foresta certificata PEFC è una foresta gestita in linea con i più severi requisiti ambientali, sociali ed economici. Una foresta che ci sarà anche per le generazioni future. «Attraverso la certificazione PEFC, siamo in grado di monitorare il materiale dalle foreste fino al prodotto finale, seguendo tutta la catena di fornitura. Il meccanismo per tracciare il materiale si chiama certificazione di Catena di Custodia. Oltre a garantire che il materiale proviene da una foresta certificata, il marchio PEFC tutela anche i diritti dei lavoratori lungo tutto il processo di produzione. Lo sapevate che si può anche utilizzare l’etichetta PEFC per saperne di più sull’azienda che ha realizzato il prodotto? Se si guarda sotto il logo, si vedrà una serie di numeri, digitando questi numeri nel nostro database “Trova i certificati nel mondo” si risale all’azienda produttrice».

>> Link: pefc.it/cosa-facciamo

Ad esplorare il rapporto tra legno e cibo è PEFC Italia (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes ), ente promotore della corretta e sostenibile gestione del patrimonio forestale, in occasione della pubblicazione nella rivista FOOD RESEARCH INTERNATIONAL dello studio “Firewood as a tool to valorize meat”, condotto dalla professoressa Luisa Torri e dalla ricercatrice Maria Piochi del Laboratorio di Analisi Sensoriale in collaborazione con il Pollenzo Food Lab e il supporto di PEFC e Altrefiamme

Si sono anche dimostrati gli effetti della cottura mediante diversi tipi di legno e valutate le preferenze dei consumatori nella scelta della legna gastronomica, con l’obiettivo di sostenere le filiere gastronomiche locali e promuovendo l’utilizzo del legno come combustibile rinnovabile e neutro dal punto di vista climatico. Con legno sostenibile per la filiera gastronomica si intende un prodotto che appartiene a filiera tracciabile, attraverso strumenti

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come la blockchain proposta da Altrefiamme o la certificazione forestale PEFC, e che non proviene da taglio illegale né contribuisce alla deforestazione del patrimonio forestale (l’Italia è il primo importatore al mondo di legna da ardere). «Il legno è un elemento fondamentale nella tradizione enogastronomica italiana, implementato in svariate lavorazioni per molteplici scopi. Le ricette e le regole per la lavorazione dei cibi hanno un’importante tradizione storica, tramandata nel tempo al punto da essere oggi parte integrante della produzione di tutti quei prodotti certifi cati come DOP e IGP», spiegano Marco Bussone e Antonio Brunori , presidente e segretario generale del PEFC Italia. «PEFC Italia promuove l’importanza di scegliere un legno certificato per arricchire il cibo portato in tavola con i sapori della sostenibilità e del consumo consapevole. Sostenere le filiere enogastronomiche locali, attraverso l’utilizzo di legno certificato PEFC

Secondo uno studio condotto dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, in collaborazione con PEFC Italia, il 31,9% dei consumatori sarebbe disposto a pagare il 10% in più per acquistare legno proveniente da fonti sostenibili e certificate.

è un passo avanti importante verso una gastronomia più responsabile e più rispettosa dell’ambiente e delle comunità delle aree interne del nostro Paese».

Le risultanze dello studio sulla legna da ardere hanno confermato una precedente ricerca del PEFC Italia insieme al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia (“Environmental certification of woody charcoal”), fatta nel 2023 sull’uso della carbonella vegetale per barbecue: le caratteristiche più

apprezzate dagli abituali amanti delle grigliate erano la provenienza locale, l’alta qualità (cioè la specie arborea utilizzata come faggio e quercia) e la presenza della certificazione forestale, con disponibilità a pagare fino a 2,5 volte di più del prezzo standard se presenti tutte queste caratteristiche.

Contatto, conservazione, cottura e affumicatura: le tipologie di legno da usare Sono diverse le tecniche con cui il legno viene utilizzato nell’e-

nogastronomia per conferire sapore agli alimenti e completarne la preparazione: il contatto, la conservazione, la cottura e l’affumicatura.

Il contatto e conservazione per vini, liquori e formaggi Da sempre alleato prezioso per la filiera enologica, il legno conferisce al vino quel sapore dovuto al corretto processo di invecchiamento in botte: la tipologia di legno e il tempo di contatto con lo stesso ne modificano colore, odore e sapore

La tradizione ha individuato nel castagno e nella rovere il legno di elezione per produrre le botti dentro cui invecchiare vini e superalcolici. Discorso analogo per la produzione di aceto balsamico e formaggi che, grazie al contatto con il legno, vengono arricchiti di caratteristiche olfattive e gustative con cui è possibile sperimentare per ottenere prodotti tipici e di eccellenza nazionale: per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, invecchiato 12 o 25 anni, si possono usare solo castagno, ciliegio, ginepro, gelso, rovere e acacia per realizzare le botti che, in serie e nel tempo, ne guidano l’invecchiamento.

Anche per i formaggi la relazione con il legno avviene per contatto, mediante la stagionatura e conservazione su assi di legno (abete, pino e larice) che consentono al formaggio di respirare e rilasciare l’eccesso di siero per una maturazione regolare, e con la maturazione si arricchisce di quella flora microbica che conferisce al formaggio tutte le connotazioni sensoriali che portano ad una buona riuscita del formaggio stesso, mantenendo così le tecniche tradizionali di lavorazione che risalgono a oltre mille anni fa.

La cottura: dalla quercia all’olivo, la legna migliore per grigliare A seconda del tipo di legno utilizzato per la cottura dei cibi, si possono ottenere aromi e sapori diversi. Ogni

tipo di legno può infatti esaltare i sapori degli alimenti in maniera diversa, trasformando un semplice pasto in un’esperienza culinaria unica. PEFC Italia ha esplorato le varietà di legna da utilizzare per la grigliatura, dalla dolcezza del melo alla robustezza del faggio, evidenziando come ogni legno abbia la sua specialità.

PEFC Italia ricorda anche che alcune tipologie di legno non sono idonee per preparare una grigliata, come ad esempio l’oleandro, che rilascia sostanze velenose, e legni come pino, abete e larice che producono un sapore sgradevole. Il pioppo risulta invece tra i migliori combustibili naturali per l’accensione del fuoco, da integrare poi con la legna adatta allo specifico cibo da cuocere o da affumicare.

Quercia

Dal carattere medio forte, conferisce un classico sapore di affumicato ed è adatto a quasi tutti i tipi di carne.

Olivo

Valorizza in particolare la carne di agnello, con un sapore “arrostito”.

Faggio

Sottolinea la sensazione erbacea tipica della carne di agnello e si distingue anche in termini di composizione aromatica nella carne di vitello. Combinato con il corbezzolo, arricchisce la brace con decise note sensoriali e gustative.

Melo

Dal sapore dolce e leggermente fruttato, è ottimo per il manzo, il maiale, l’agnello, il pollame e alcuni frutti di mare.

Ontano

Dolce e delicato, è ideale per i frutti di mare e le verdure.

Ciliegio

Il suo sapore delicato e fruttato si abbina a tutte le carni e ai frutti di mare.

Acero

Dolce, leggero e dal sapore delicato, è ottimo per il pollame.

Noce

Dal sapore forte e intenso, è ottimo per la selvaggina.

L’affumicatura e la legna più adatta: dal faggio all’alloro

L’affumicatura è una tecnica millenaria che utilizza il fumo prodotto dalla combustione di legna per conferire agli alimenti un sapore affumicato e intenso. Originariamente utilizzata per conservare alimenti come carne e pesce, l’affumicatura ha radici antiche risalenti al periodo Neolitico. Alcune specie di pesce, in particolare salmone, trota e sgombro, sono ideali per l’affumicatura, così come le verdure quali peperoni, melanzane, zucchine e funghi.

La scelta della legna per l’affumicatura dipende dal tipo di alimento che si desidera cucinare: PEFC Italia ha selezionato la legna più adatta a seconda dell’alimento da affumicare.

Carni rosse

Ciliegio, faggio o quercia aggiungono un fumo aromatico che crea un perfetto connubio con il sapore robusto della carne.

Carni bianche e pesce

Olivo e pesco producono un fumo dolce e leggero che non sovrasta il sapore delicato della carne e dei pesci.

Selvaggina

Il noce rilascia un fumo denso e amarognolo che esalta il gusto intenso delle carni selvatiche.

Verdure e formaggi

Acero e alloro sono ottimi per l’affumicatura di verdure e formaggi, aggiungendo un tocco aromatico ai sapori originali.

Fonte: PEFC Italia Programme for Endorsement of Forest Certification schemes, pefc.it

LA CARNE IN TAVOLA

ARROSTO: SAPORE DI CASA

di Giorgia Fieni

Ha un profumo che dal forno o dalla pentola si spande in tutte le stanze. Ha una consistenza tra il croccante e il morbido che delizia palato, lingua, papille gustative. Ha un sapore goloso. E, soprattutto, richiama alla memoria il pranzo della domenica.

L’arrosto è casa. Punto. Anche in casi come quello descritto da GABRIELLE HAMILTON: “Esistono due cose che non dovreste mai fare con vostro padre: imparare a guidare e imparare ad ammazzare un pollo. Non credo che dovreste sedere uno di fronte all’altro a mangiare pollo arrosto, ognuno in un silenzio pieno di risentimento, ma noi lo facemmo, e la carne, come da copione, era sgradevolmente legnosa”.

Ma in genere si tratta di una tavolata di persone che mangiano carne e patate (o peperoni) in un’atmosfera festosa, come la descrive SOPHIE DAHL: “C’è qualcosa in quel profumo che si diffonde per la casa, nei bambini cullati in grembo e nel rassicurante fruscio dei giornali che segna silenziosamente una giornata di riposo e famiglia”. E perché ciò accada occorre non dimenticare i due ingredienti fondamentali: pazienza e amore. Amore nello scegliere le giuste materie prime, pazienza nel controllarne la cottura.

La prima scelta è ovviamente il taglio di carne: filetto o lombata (ma anche girello o fesa o noce), con un buon bilanciamento tra parte

grassa e muscolo, così da ottenere la morbidezza del risultato finale. E per essere sicuri di non rovinare tutto in cottura, non usate mai una forchetta per girarlo: i buchi ne farebbero fuoriuscire i succhi. Fate invece l’operazione opposta, ovvero bagnatelo col sugo di cottura

Quest’ultimo in genere è composto da olio extravergine di oliva ed erbe o spezie, ma potete alleggerirlo con succo di limone o arancia e aggiungervi altri tipi di frutta. Sono in pratica gli stessi ingredienti della marinata: lasciarvi immersa la carne significa ammorbidirla ulteriormente e caricarla di sapore; per quanto tempo e se in frigorifero o a temperatura ambiente dipende

dalla ricetta, ma, in ogni caso, vi consiglio di non saltare questo passaggio. A volte è anche utile completarlo bardando la carne con pancetta o laccandola col miele. L’arrosto è poi cotto in padella, in forno o sullo spiedo (in tal caso, e mi riferisco soprattutto alla carne di pollo, va preso intero ed eviscerato — fatelo fare dal macellaio, anche se JAMIE OLIVER in uno dei suoi libri ne suggerisce un metodo casalingo —, ma la pelle va lasciata). In forno posizionate le parti più carnose, tipo le cosce, vicino al caldo per più tempo rispetto al petto, che potrebbe asciugarsi troppo.

Fondamentale è anche scegliere se l’arrosto sarà solo di carne o farcito perché in tal caso dovremo compiere qualche operazione in più (e questo fa parte della pazienza), quali un taglio a tasca e/o un arrotolamento… E so quanto possa essere frustrante avvolgere un pezzo di carne facendo in modo che il ripieno sia equamente distribuito e senza che

fuoriesca e tenendolo fermo (ecco un’altra cosa importante da imparare: come legarlo!).

Come farcitura io penso subito alla frittata (magari con qualche erba aromatica) ed eventualmente ad una fetta di mortadella e/o di provolone. O a prosciutto e parmigiano. Se è agnello, usate carciofi e pancetta. MASSIMILIANO M ASUELLI per esempio riempie fesa o noce di vitello con pancetta, coppa e frittata e dedica il piatto a Napoleone.

Tra le idee più originali, penso a CRISTINA BOWERMAN, che serve Pollo arrosto con kimchi di pesca e insalata parisienne di pesche: “Mangiare con le mani è il gesto più intimo che c’è: coinvolge tutti i cinque sensi e abbatte ogni elemento di separazione tra noi e il cibo. E si addice perfettamente al pollo, alimento centrale per la nostra dieta, tra le carni più salutari. Tanto che servirò 4 menù a sera basati solo sul pollo: tutte le parti in tante ricette diverse”. E penso a DIANA HENRY e al Cosciotto di agnello arrosto all’indiana accompagnato con riso, chutney e radici. Ma, soprattutto, penso all’originalità di MASSIMO BOTTURA che spruzza, col vaporizzatore, distillato di pollo arrosto (presente anche in crema nel fondo del piatto) sul suo Chicken chicken where are you, già arricchito da erbe e verdure di stagione.

Una delle altre particolarità dell’arrosto è che non si può mangiare in un solo giorno. La sua nascita prevedeva proprio che fosse preparato in grandi quantità in modo che se ne potesse saziare tutta la famiglia. Siccome oggi il nucleo è composto da meno persone, l’arrosto senza dubbio avanzerà. Oltre a ripassarlo in forno nei giorni successivi, potete tagliarlo a pezzettini e friggerlo oppure metterlo in un insalatone o negli spiedini o nella pasta (con aglio, peperoncino e sugo di pomodoro) o in una torta salata o in un panino.

E degli arrosticini cosa dire? Penso meritino un articolo a parte. A presto.

Giorgia Fieni

LE CARNI AVICOLE: NUTRIZIONE E SALUTE

Le carni avicole (da pollo, tacchino, anatra, oca, faraona) rientrano tra le carni bianche che, secondo le statistiche recenti, sono le più richieste nel nostro Paese, con pollo e tacchino al primo posto. La definizione è legata alla minore presenza di mioglobina, la proteina responsabile del colore rosso della carne, che lega l’ossigeno favorendone l’accumulo a livello dei muscoli, il cui contenuto si attesta tra lo 0,05% e lo 0,3% nelle carni bianche e tra lo 0,4 e il 2% nelle carni rosse.

Aspetti nutrizionali

Le carni avicole condividono alcune caratteristiche nutrizionali. Innanzi-

tutto, sono fonti di proteine di alta qualità (forniscono tutti gli aminoacidi essenziali per l’organismo umano) e alta digeribilità; inoltre, il basso contenuto di collagene (proteina strutturale) rende la carne particolarmente digeribile. Le carni avicole moderne si distinguono per un tenore di grassi particolarmente contenuto, anche se variabile a seconda della specie e in relazione ai diversi tagli. In generale è più basso nella carne di pollo e tacchino senza pelle e soprattutto nel petto (fesa).

Tra i minerali presenti nelle carni avicole si segnalano il potassio, il fosforo e il ferro, anche se in quantità ridotta rispetto alla carne rossa, oltre a zinco e selenio.

Pollo e tacchino rappresentano inoltre una buona fonte di vitamine del gruppo B: una porzione di petto copre circa il 30-50%, a seconda della parte considerata, del fabbisogno giornaliero di niacina, una vitamina coinvolta nella formazione di coenzimi necessari per il metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi.

Relazione con la salute

Gli studi di epidemiologia hanno evidenziato associazioni complessivamente neutre o favorevoli tra il consumo di carni avicole e il rischio di sviluppare le principali malattie degenerative (malattie cardiovascolari, diabete e tumori). Tali osservazioni sono state messe

Le linee guida suggeriscono di consumare carne bianca tra 1 e 3 volte a settimana nella porzione standard da 100 grammi.

in relazione principalmente con il modesto apporto di calorie e grassi a fronte della significativa quota proteica. Le linee guida nutrizionali suggeriscono di consumare la carne bianca con una frequenza compresa tra 1 e 3 volte alla settimana e nella porzione standard da 100 grammi.

Fonte: AP&B Alimentazione

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Savigno ombelico (di Venere) del mondo con i Mongiorgi

LA BOTTEGA DEL MACELLAIO: CERCA DEL TARTUFO, COOKING CLASS E CENA

“ALL

IN A DAY”

Dedicato in primis alla clientela internazionale del locale, un “pacchetto” turistico di tipo esperienziale che comprende diversi momenti all’esterno e all’interno della bottega. Si parte con la cerca del tartufo e si prosegue con due cooking class dedicate alla pasta fresca e ai salumi fino alla cena

di Gaia Borghi

Le cooking class dedicate alla pasta fresca e alla salumeria con Anna Maria Amato e Guido Mongiorgi.

A sinistra: la cerca del tartufo con Guido Mongiorgi, tartufaio di grande esperienza. A destra: i tortellini in crema di Parmigiano Reggiano e tartufo, un classico di Bottega Del Macellaio. A pagina 163: la cottura della carne nel camino della sala riservata alla cena.

All’inizio di quest’anno sono volati negli Stati Uniti per un “tour” di tutto lo staff di bottega tra Philadelphia e New York, dove hanno portato tutta la loro meravigliosa esperienza e capacità culinaria fatta di salumi artigianali e paste fresche, tortellini, lasagne, salsicce e tartufo, tradizione e genuinità, l’arte della norcineria emiliana e il sapiente uso del mattarello, sapori semplici, popolari, eseguiti alla perfezione grazie ad una maestria guadagnata sul campo una sfoglia e un salame alla volta. Loro sono la famiglia Mongiorgi, Guido, la moglie Anna Maria e il figlio Amedeo, titolari della storica Bottega Del Macellaio di Savigno, nel comune di Valsamoggia, in provincia di Bologna. «Siamo fieri di portare la nostra cucina, l’arte della norcineria, la nostra idea di stare a tavola negli USA» ci aveva raccontato Amedeo Mongiorgi — che della bottega cura comuni-

cazione ed eventi —, prima della partenza. Cos’è successo al rientro in patria? «È successo che abbiamo impostato in maniera più strutturata e precisa un’offerta di “accoglienza” riservata alla nostra clientela di provenienza internazionale in primis — ma non solo —, che c’è sempre stata ma che, aumentando nel tempo e in maniera esponenziale le richieste in questa direzione, aveva la necessità di essere definita» puntualizza Amedeo.

Stiamo parlando per la precisione di un “pacchetto” di tipo esperienziale che comprende diversi momenti all’esterno e all’interno della bottega. Si parte con la cerca del tartufo nei boschi vicino al paese insieme a Guido Mongiorgi, tartufaio di grande esperienza. Ricordiamo in proposito che ad ottobre e novembre a Savigno si svolge il Festival Internazionale del Tartufo Bianco, Tartófla , giunto quest’anno alla sua 41a edizione

(www.tartufosavigno.com), e quello dei Mongiorgi è da sempre un in dirizzo di riferimento per gli appassionati del pregiato fungo ipogeo.

«A seguire proponiamo due cooking class» prosegue Amedeo. «La prima è dedicata alla pasta fresca, con mia mamma Anna Maria — regina incontrastata della cucina (emiliana e siciliana) — che mostra come preparare i classici della tradizione locale: i tortellini naturalmente, ma anche le lasagne, i passatelli e i tortelloni». Questi ultimi, ad esempio, nella versione ripiena alle tre ricotte della Valsamoggia, sono un classico del menu del ristorante della Bottega Del Macellaio, “il nostro biglietto da visita” mi dicono, serviti magari con abbondante tartufo.

I partecipanti guardano Anna Maria al lavoro con uova, farina e canèla e poi ad ognuno viene consegnato un opuscolo con le ricette e la storia della bottega in attività da

quasi 130 anni. «Mostriamo come si prepara la nostra pasta fresca tra tradizione e innovazione ed è bello pensare che queste ricette possano giungere in altri Paesi nel mondo portando un po’ di noi» commenta Amedeo.

La seconda cooking class è dedicata ai salumi e vede impegnato di nuovo Guido Mongiorgi nel suo ruolo di macellaio e norcino: come si fa una buona salsiccia? E un buon salame? “Amo mostrare alle persone quello che stanno per mangiare perché è il frutto del mio lavoro e della mia passione” dice Guido sulle pagine social della Bottega Del Macellaio. Dalla preparazione della materia prima all’insacco, i partecipanti alla cooking class, che si svolge nel laboratorio dedicato alla stagionatura al naturale dei salumi de La Bottega, hanno la possibilità di vedere come nascono gli insaccati emiliani che sono noti e apprezzati, a giusta ragione, in tutto il mondo.

Dulcis in fundo , si passa alla degustazione. L’experience termina infatti nel migliore dei modi, ovvero a tavola, prima magari con un aperitivo a base di gnocco fritto e ciccioli e poi con una cena, dove il protagonista torna ad essere il tartufo trovato durante la mattinata di ricerca nella natura e che viene servito sui primi piatti e con le carni a km 0 selezionate da Guido. «Stiamo lavorando tantissimo» conclude Mongiorgi. «Sono venuti già da noi gruppi dall’America, dal Brasile, svizzeri, austriaci, tedeschi, israeliani, cinesi…». E Savigno diventa l’ombelico (di Venere) del mondo.

Gaia Borghi

La Bottega Del Macellaio

Via Guglielmo Marconi 2

40060 Savigno (BO)

Telefono: 051 6708152

Web: labottegadelmacellaio.com

LA BOTTEGA DEL MACELLAIO labottegadelmacellaio1898

MARCA BY BOLOGNAFIERE, EDIZIONE A TUTTO BUSINESS

Marca By BolognaFiere cresce e si proietta al 2025 con tante novità, come l’International Buyers Preview il 14 gennaio, per gli incontri B2B e ulteriori occasioni di networking

Marca by BolognaFiere si prepara ad una 21a edizione a tutto business. La manifestazione, organizzata in collaborazione con ADM – Associazione Distribuzione Moderna , si farà nuovamente specchio del mercato e punto di riferimento dell’intero ecosistema della Marca del Distributore. In un periodo caratterizzato da trasformazioni,

inflazione e riduzione del potere di acquisto delle famiglie, l’appuntamento fieristico punta i riflettori sulle abitudini di consumo sempre più orientate alla MDD, un settore in crescita in tutta Europa, nonché sulle strategie e i modelli di sviluppo utili alla community professionale in cerca di soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide attuali e future del mercato.

MDD: panoramica al 1o semestre ‘24 La crescita di Marca by BolognaFiere trova riscontro negli ottimi dati sulle vendite dei prodotti a marca privata. Come certifica CIRCANA — partner di BolognaFiere anche per il 2025 — al primo semestre 2024 la Marca del Distributore risulta il segmento più dinamico del mercato: con un incremento delle vendite a valore di +2,7% a totale Omnichan-

Uno scatto nel corso della passata edizione di Marca by BolognaFiere (photo © BolognaFiere).

Al primo semestre 2024, la Marca del Distributore segna una crescita a valore del 2,7%, trainata dalle scelte di acquisto degli italiani, e sviluppa oltre 14,5 miliardi di euro di ricavi complessivi (fonte: Circana). Forte di questi dati, Marca by BolognaFiere cresce e si proietta al 2025 con tante novità, tra cui l’International Buyers Preview del 14 gennaio, una giornata in più per gli incontri B2B e per ulteriori occasioni di networking (photo © BolognaFiere).

nel, la MDD sviluppa oltre 14,5 miliardi di euro di ricavi complessivi, raggiungendo 30,1 punti di quota (+0,2 rispetto al primo semestre 2023). Crescita confermata anche da un aumento dei volumi di vendita del +3,6%. Guardando alle merceologie, migliora il posizionamento competitivo della MDD in tutti i reparti, con particolare riferimento ai segmenti drogheria alimentare, carni e pet care (tutti al +0,5 pti quota) e al cura casa (+0,4 pti). L’incremento a valore tra i reparti è sostenuto da un contestuale aumento nei volumi, fatta eccezione per il reparto bevande. Con un trend positivo e un’ampia offerta assortimentale, che ben coniuga qualità e convenienza, la MDD è preferita da milioni di consumatori, ricoprendo sempre più un ruolo chiave per lo sviluppo del settore e del comparto agroalimentare.

Marca Identity

Marca by BolognaFiere è l’unico appuntamento in Italia interamente dedicato ai prodotti food e non food a Marca del Distributore e l’unico in Europa a poter contare sulla

presenza in fiera degli stand delle principali insegne della Distribuzione Mo derna Organizzata, in qualità di espositori e di membri del comitato tecnico scientifi co dell’evento. La presenza in manifestazione di decine di importanti buyer di queste catene contribuisce ad accrescere il peso strategico di Marca all’interno del palinsesto fieristico internazionale.

A quattro mesi dalla 21a edizione, big player dell’industria, ma anche marchi storici specializzati in private label, così come numerose piccole e medie imprese, avevano già confermato la propria partecipazione sottolineando la fiducia e l’entusiasmo per un’iniziativa capace di anticipare le tendenze e di creare nuove opportunità di business nel comparto MDD. È stato inoltre siglato l’accordo triennale con UNIONALIMENTARI-CONFAPI — associazione di 2.800 PMI che tutela e promuove gli interessi economici e sociali delle piccole e medie industrie dell’agroalimentare italiano — che mira a incrementare la partecipazione a Marca 2025 da parte degli associati che operano nel settore. I 9 padi-

glioni assegnati a Marca — due in più rispetto al 2024 — danno forza all’impianto generale della manifestazione, articolato nelle macro-aree espositive food e non food. La sezione food darà, come di consueto spazio al meglio delle proposte made in Italy e internazionali: dai prodotti da forno ai lattiero-caseari, passando per carni, salumi, pollame, senza dimenticare il pesce e i prodotti ittici. E poi ancora olio, aceto e condimenti, salse e sughi pronti, dolci, confetture e snack, surgelati, caffè, bevande, ecc…

Parallelamente, spetterà al comparto non food presentare tutto ciò che ruota attorno alla cura della casa, della persona e al fai-da-te/ bricolage, con un occhio di riguardo ai temi dell’efficienza e della sostenibilità. Sarà questa un’area ricca di idee innovative e soluzioni pratiche.

Marca Fresh e Marca Tech

La 5a edizione di Marca Fresh, organizzata in collaborazione con SGMARKETING, renderà protagonista il settore del fresco e freschissimo in ortofrutta, chiamato a dialogare con

la GDO all’insegna di una sempre più sentita e diffusa responsabilità economica, sociale e ambientale. Packaging, logistica, materie prime, ingredienti, tecnologia e servizi saranno invece protagonisti della 11a edizione Marca Tech, che porterà in vetrina i beni intermedi per la supply chain della MDD, presentando a produttori e retailer le ultime tendenze per innovare e operare in modo sostenibile.

Strategie di internazionalizzazione

Condividere e intensifi care una strategia di promozione di Marca By BolognaFiere sulle piazze internazionali efficientando risorse e nuove opportunità di business, accrescere la visibilità sui mercati e diventare punto di riferimento globale in materia di MDD: è da questi presupposti che nasce la principale novità dell’edizione 2025, l’introduzione di una giornata in più, quella di martedì 14 gennaio, che si aggiunge alle due di manifestazione (mercoledì 15 e giovedì 16), e destinata esclusivamente agli incontri B2B. L’iniziativa offrirà agli espositori la possibilità di dialogare con buyer selezionati e qualificati per avviare nuove relazioni e sviluppare part-

nership commerciali sui mercati esteri. L’International Buyers Preview del 14 gennaio è stata accolta con grande entusiasmo sia da parte degli espositori iscritti, sia dai buyer esteri che hanno già confermato la loro presenza, ad ulteriore riprova della crescita internazionale della fiera.

Marca Talks

Si conferma di grande richiamo il programma convegnistico, articolato in conferenze e focus sui più attuali dati di mercato, con workshop e focus tematici che coprono ogni aspetto d’interesse per la private label. È calendarizzata al mattino di mercoledì 15 gennaio la presentazione del Position Paper di The European House-Ambrosetti, promosso da ADM e Marca by BolognaFiere, cui seguirà un momento di approfondimento con stakeholder e protagonisti del settore. Nel pomeriggio, spazio al XXI Rapporto Marca by BolognaFiere, annuale fotografia sul ruolo della Marca del Distributore scattata da CIRCANA, e alla 2a edizione del convegno tenuto da GS1 ITALY con un approfondimento sul suo Osservatorio Non Food, lo studio annuale dedicato alle tendenze di 13 settori

La 21a edizione di Marca by BolognaFiere si svolgerà il 15 e 16 gennaio 2025 all’interno del quartiere fieristico di Bologna, mentre il 14 gennaio, che si aggiunge alle due di manifestazione, sarà destinato esclusivamente agli incontri B2B (photo © BolognaFiere).

non alimentari, e sul Digital Product Passport, l’insieme di informazioni sul prodotto a supporto dell’economia circolare e della sostenibilità. Inserito nel quadro delle iniziative comunitarie su sostenibilità ed economia circolare, il passaporto digitale del prodotto fornirà ai prodotti coinvolti un’identità univoca, collegata a una o più fonti di dati, e conterrà informazioni legate all’intero ciclo di vita del prodotto come origine, composizione, durabilità, opzioni di riparazione e smontaggio e riciclabilità dei diversi componenti del prodotto. GS1 Italy sarà presente anche con uno stand, per approfondire le varie questioni. Ad animare le giornate di manifestazione anche gli incontri di Marca Fresh, la presentazione dell’Osservatorio Packaging del largo consumo a cura di NOMISMA e la premiazione dell’ADI Packaging Design Award

International Private Label Selection – IPLS

Di sicuro richiamo per gli operatori in visita sarà la nuova edizione dell’International Private Label Selection – IPLS, promossa da Marca by BolognaFiere in collaborazione con Expertise On Field – IPLC. L’IPLS metterà in vetrina prodotti lanciati o di prossimo lancio delle aziende espositrici. I prodotti, inizialmente presentati in una sezione dedicata del sito, saranno esposti all’interno di uno spazio denominato IPLS Manufacturers’ Innovation Expo per tutta la durata dell’evento. L’esposizione dell’IPLS verrà riproposta anche in occasione di altre iniziative internazionali organizzate da Marca by BolognaFiere.

Marca by BolognaFiere 15-16 gennaio 2025

>> Link: www.marca.bolognafiere.it

Alleanza Cibus-TuttoFood: spinta da 7,5 miliardi per il made in Italy

Antonio Cellie, AD di Fiere di Parma.

In un Paese come l’Italia dove in concetto di “fare sistema” è un mantra sistematicamente ignorato dalle logiche di campanile, colpisce positivamente la sinergia che sta decollando dall’alleanza tra Cibus (Fiere di Parma) e TuttoFood (Fiera di Milano), due delle più importanti manifestazioni fieristiche dell’agroalimentare italiano, che rischiavano di cannabalizzarsi in una competizione senza senso. Uno dei principali artefici dell’alleanza è Antonio Cellie, AD di Fiere di Parma, che in una lunga intervista al CORRIERE DELLA SERA ha tracciato la strada futura delle due manifestazioni, ora pienamente complementari. Si comincerà con la prossima edizione di TuttoFood, in programma a Milano dal 5 all’8 maggio 2025. «L’obiettivo è portare TuttoFood da 55.000 m2 a quasi 120.000. Milano e il suo territorio potrebbero beneficiare non solo del fatturato di 15 milioni di euro in più della fiera, ma soprattutto di un indotto di circa 150 milioni». L’obiettivo è di fare della kermesse un evento cardine per il settore a livello globale, anche grazie all’alleanza con Cibus e agli accordi con Anuga. Prendendo a modello il Salone del Mobile, si intende realizzare «una serie di eventi per la città, censiti da un’apposita guida, che animeranno Milano dal week-end precedente a TuttoFood». «Si tratta di un accordo sistemico voluto da tutti gli stakeholders», precisa Cellie sull’alleanza Parma-Milano. «Hanno visto un’opportunità di convergenza di competenze ed eccellenze tra Parma e Milano. L’obiettivo è che, nei prossimi 4-6 anni, questa mossa strategica contribuisca a supportare l’esportazione del made in Italy e, allo stesso tempo, puntare alla leadership fieristica in un settore chiave come l’agroalimentare». I compiti per ciascun partner sono chiari. «Fiere di Parma, che unisce i team di Cibus, TuttoFood e Anuga, gestirà da Parma e Milano gli espositori nazionali e i top client grazie anche alla storica collaborazione con Federalimentare e Food&Drink Europe, mentre Fiera di Colonia fornirà supporto alle collettive e agli espositori stranieri. Dopodiché, dal 2027, Cibus continuerà a tenersi negli anni dispari e TuttoFood negli anni pari per alternarsi ad Anuga». Le previsioni, basate sulle stime PrometeiaAefi, vedono per il settore agroalimentare una spinta da 7,5 miliardi di euro in quattro anni (fonte: EFA News – European Food Agency).

MACCHINE PER IL PACKAGING:

SUPERATO IL MURO DEI 9 MILIARDI DI FATTURATO

Il settore dei costruttori di macchine per l’imballaggio continua a crescere: 9,2 miliardi il fatturato 2023. L’export vale 7,2 miliardi

Il settore dei costruttori di macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio continua a migliorarsi, crescendo esponenzialmente di anno in anno

e arrivando a registrare nel 2023 un fatturato totale pari a 9 miliardi e 229 milioni di euro, con un rialzo del 8% sull’anno precedente. Si tratta del terzo record consecutivo, dopo

quello del 2021 e 2022. Un risultato importante, realizzato per il 78,7% sui mercati internazionali per un totale di 7 miliardi e 262 milioni di euro e per il 21,3%, 1 miliardo e 967

milioni di euro, su quello nazionale. I dati sono stati resi noti dal CENTRO STUDI MECS – UCIMA nella 12a Indagine Statistica Nazionale, che ogni anno fotografa l’andamento del comparto. 594 le aziende censite, che contano 38.219 addetti.

I mercati internazionali

La spiccata vocazione all’export dei produttori italiani di tecnologie e soluzioni per il packaging si conferma anche nel 2023, con il fatturato estero che incide per il 78,7% su quello totale, per una cifra pari a 7,2 miliardi (+10,5% sul 2022). Il podio delle aree geografiche è rimasto immutato: con 2,71 miliardi di ricavi l’Unione Europea si conferma la principale area di destinazione delle macchine made in Italy e assorbe il 37,3% dell’intero export. Segue l’Asia con 1,47 miliardi di euro di giro d’affari, pari al 20,3% del totale delle performance internazionali del settore. Terzo gradino del podio per il Nord America, con 1,25 miliardi. Seguono Europa extra-UE (651 milioni di euro), Sud America (583 milioni di euro), Africa e Oceania rispettivamente con 456 e 135,8 milioni di euro.

Il mercato interno

Le vendite sul mercato italiano sono rimaste sostanzialmente stabili, rappresentando il 22,6% del fatturato e una chiusura d’anno a 1,9 miliardi.

I settori clienti

Nella suddivisione del fatturato tra i vari settori clienti, il 2023 conferma una predominanza dell’industria alimentare (Food & Beverage), che incide per il 57,1% sul volume d’affari complessivo. I due sottosettori si confermano anche singolarmente in testa alla classifica: il Food risulta nel 2023 il primo settore cliente, assorbendo il 30,9% (2.856 milioni di euro) del fatturato totale, con una propensione all’export del 74,5%. Il Beverage si colloca al secondo posto, con il 26,2% del fatturato totale. Le vendite in questo settore sono destinate ai mercati esteri per l’83,3%.

Seguono il mercato del tissue e altro con 1.699 milioni di euro (18,4% del totale). A seguire il settore farmaceutico che raggiunge la quota di 1.492 milioni di euro (16,2% del totale). Chiudono la graduatoria il cosmetico e il chimico.

Fatturato per tipologia produttiva

La famiglia delle macchine per il packaging primario resta preponderante con il 52,4% della distribuzione del fatturato, seguita dal segmento del fine linea, labelling e attrezzature ausiliarie (27,2%) e dal packaging secondario (che assorbe il rimanente 20,4%).

La struttura produttiva

Le aziende che producono macchinari per il confezionamento e l’imballaggio si concentrano principalmente lungo l’asse della Via Emilia — la cosiddetta Packaging Valley — con distretti produttivi anche in Lombardia, Piemonte, Veneto e Toscana. La dislocazione geografica delle imprese conferma quindi una prevalenza della regione Emilia-Romagna in termini di numerosità di aziende, addetti e fatturato. In Emilia-Romagna risiedono 205 aziende (34,5% del totale) che occupano 21.881 addetti (57,3% del totale) e generano il 62,6% del fatturato totale pari a 5 miliardi e 781 milioni di euro. Seguono, in ordine, Lombardia, Veneto e Piemonte. Tra le province, Bologna e Milano superano Parma (terza) e Vicenza (quarta) per numero di aziende di macchine packaging. Ma se si guarda alla distribuzione di occupazione e fatturato il predominio dell’Emilia è netto: Bologna, Parma, Modena e Rimini sono ai primi quattro posti, Vicenza in quinta posizione, Bergamo e Reggio Emilia rispettivamente al settimo e ottavo posto.

Struttura occupazionale

Nel 2023 il numero degli occupati del settore è cresciuto del 1,2%, passando da 37.753 (2022) a 38.219 (2023). «Sostanzialmente i dati consolidati hanno affermato l’idea

La spiccata vocazione all’export dei produttori italiani di tecnologie e soluzioni per il packaging si conferma anche nel 2023, con il fatturato estero che incide per il 78,7% su quello totale, per una cifra pari a 7,2 miliardi. Le vendite sul mercato nazionale rimangono invece sostanzialmente stabili, rappresentando il 22,6% del fatturato e una chiusura d’anno a 1,9 miliardi

dei preconsuntivi: siamo di fronte a conferme di come il nostro settore e tutta la filiera italiana abbia costituito un metodo che garantisce affidabilità e innovazione» commenta il presidente di UCIMA Riccardo Cavanna. «Le nostre aziende continuano a crescere, continuano a sfidarsi implementando soluzioni sempre più all’avanguardia che permettono di mantenere la leadership a livello mondiale.

Per quanto riguarda il mercato interno, la pubblicazione del decreto attuativo su industria 5.0 darà impulso a nuovi investimenti e permetterà al mercato italiano di crescere. L’obiettivo 2024 è di riconfermare i dati 2023».

Fonte: ItaliaImballaggio, italiaimballaggio.it UCIMA, ucima.it

Fumagalli Salumi: riduzione dei reclami del 75% con la soluzione ALL-IN-ONE di Antares Vision Group

Miglioramento dei processi produttivi e riduzione dei reclami del 75% nei primi tre mesi dall’adozione della soluzione: sono gli obiettivi raggiunti da Fumagalli Industria Alimentari Spa, azienda brianzola specializzata nella produzione di salumi. Questi risultati sono stati ottenuti grazie all’implementazione della tecnologia ALL-IN-ONE di Antares Vision Group, multinazionale italiana leader nella tracciabilità e nel controllo qualità, che garantisce la trasparenza di prodotti e filiere attraverso la gestione integrata dei dati. ALL-IN-ONE è un sistema innovativo che permette di effettuare con una sola macchina diverse ispezioni per il controllo qualità. Il rilevamento dei microfori in linea, in particolare, riveste un ruolo importante per l’azienda, in quanto non è infrequente che i grassi naturalmente presenti nei salumi si depositino nell’area di saldatura della confezione, provocando microfori nel packaging e, di conseguenza, un rapido deterioramento del prodotto. Una volta a scaffale, il prodotto deteriorato è immediatamente identificabile dal consumatore finale: ciò ingenera preoccupazioni sulla qualità dei prodotti e porta talvolta ad attribuire il deterioramento del prodotto non già a errori nella fase di confezionamento, di cui spesso l’acquirente non è a conoscenza, bensì alla qualità intrinseca dei salumi, con impatti negativi, anche significativi, dal punto di vista economico e della reputazione del brand. La configurazione personalizzata di ALL-IN-ONE per Fumagalli comprende la tecnologia di individuazione dei microfori in linea, X Ray e pesatrice ponderale, con un ingombro ridotto a 2 metri di lunghezza. L’inserimento della tecnologia a raggi X ha rappresentato un importante valore aggiunto al processo di controllo qualità. Un’innovazione accolta con favore anche dai clienti, in particolare dai responsabili del controllo qualità, che apprezzano la riduzione dei reclami e soprattutto il fatto di poter contare su un livello superiore di protezione per i loro prodotti, aspetto ancor più rilevante per quelli commercializzati con il marchio private label. «Il caso di successo di Fumagalli Salumi — afferma Fabio Forestelli, General Manager FMCG — dimostra quanto la propensione all’innovazione e la volontà di innalzare la qualità dei prodotti sia un driver fondamentale per l’ottimizzazione dei processi. ALL-INONE è una novità assoluta nel settore alimentare perché permette di coniugare più soluzioni di ispezione in un solo macchinario; è questa la direzione in cui ci stiamo muovendo, intercettare le esigenze del mercato e soddisfarle con le tecnologie più avanzate a favore di un miglioramento di tutti gli standard, a beneficio di tutti gli attori coinvolti». Grazie all’interfaccia unificata di ALL-IN-ONE, Fumagalli ha semplificato il processo di monitoraggio, con l’ulteriore possibilità di eseguire analisi delle difettosità attraverso lo scarto differenziato, pianificando azioni correttive per il miglioramento continuo del sistema produttivo. «La tecnologia di Antares Vision Group ci ha permesso di ottenere risultati positivi già dopo il primo mese di utilizzo», spiega Andrea Fumagalli, Operations Director di Fumagalli Industria Alimentari Spa. «I nostri clienti retailer, inoltre, hanno notato una netta riduzione dei reclami, pari al 75%, da parte dei consumatori o dei punti vendita. Questo dimostra l’efficacia del sistema di ispezione e rilevamento in linea dei microfori nel migliorare la qualità del prodotto e garantire la soddisfazione dei clienti».

>> Link: fumagallisalumi.it

ABRUZZO- Teramo LENOSTREDIVISIONI

PELLICONCIATE: PELLIGREZZE: VENETO- Arzignano

VENETO- Padova
PIEMONTE- Cuneo
LOMBARDIA- Brescia

CRYOLINE RC: LA NUOVA

SOLUZIONE PER LA CROSTATURA

SUPERFICIALE “JUST IN TIME”

PRE-AFFETTAMENTO

Il GRUPPO LINDE è da sempre attento allo sviluppo di soluzioni che permettano di introdurre una maggiore flessibilità e riduzione di costi nei processi produttivi, focalizzandosi altresì sulla sicurezza, produttività e qualità degli

alimenti. In quest’ottica si inserisce lo sviluppo della nuova tecnologia Cryoline RC (Rapid Crust Freezing) per un congelamento rapido “just in time” della superficie dei prodotti a base di carne prima della fase di porzionatura mediante affettamen-

to o cubettatura. Le varie tipologie di carne cruda, salumi (prosciutto, coppa, bresaola, mortadella, ecc…) e carne cotta necessitano di una fase preliminare di indurimento superficiale per consentire la precisione, qualità e velocità della fase succes-

Le varie tipologie di carne cruda, salumi e carne cotta necessitano di una fase preliminare di indurimento superficiale per consentire la precisione, qualità e velocità della fase successiva di affettamento o cubettatura. L’esigenza è particolarmente sentita nel caso prodotti che devono essere commercializzati a “peso fisso”. In questo caso, la precisione della fetta e del relativo peso si traducono in un forte risparmio economico per il produttore.

siva di affettamento o cubettatura. L’esigenza è particolarmente sentita nel caso prodotti che devono essere commercializzati a “peso fisso”. In questo caso, la precisione della fetta e del relativo peso si traducono in un forte risparmio economico per il produttore. Per ottenere questo obiettivo vengono oggi utilizzate principalmente celle di temperizzazione, nelle quali i prodotti sostano a temperature negative per uno o più giorni a seconda dei prodotti. Si tratta di una soluzione a batch che richiede la movimentazione continua di prodotti, nonché l’utilizzo di ampi spazi produttivi per le celle di stazionamento. Elevati sono gli investimenti richiesti.

Linde ha sviluppato una soluzione estremamente fl essibile:

Cryoline RC. Questa tecnologia impiega un’apparecchiatura appositamente studiata per questo scopo, che permette la crostatura superficiale“just in time” dei prodotti. Cryoline RC, abbinato all’impiego di azoto liquido, permette di raggiungere la consistenza ideale in pochi minuti. L’apparecchiatura può essere sincronizzata con le affettatrici, rendendo il processo in toto completamente automatico ed in linea, evitando qualsiasi fase a batch (celle di temperizzazione) e le relative operazioni manuali.

Come funziona Cryoline RC?

Cryoline RC è un surgelatore dedicato che prevede l’utilizzo di azoto ad alta velocità all’interno di una camera raggiungendo un rapidissimo raffreddamento (pochi minuti) dei prodotti in modo estremamente efficiente, riducendo tra l’altro in modo considerevole il consumo di azoto liquido rispetto ai surgelatori ad azoto di vecchia concezione Lo spazio richiesto è estremamente ridotto: poco più di 2 metri in lunghezza. Il raffreddamento rapido preserva in modo ottimale la qualità del prodotto, eliminando anche eventuali problematiche di variazioni di colore.

Il raffreddamento rapido preserva in modo ottimale la qualità del prodotto, eliminando anche eventuali problematiche di variazioni di colore.

Il percorso del gas criogenico all’interno della camera di stazionamento è stato studiato per rendere il trattamento uniforme in tutti i punti del prodotto e perfettamente riproducibile differentemente da quanto può avvenire in una cella di temperizzazione (differenti risultati a seconda della posizione all’interno della cella) o in un tunnel di surgelazione di vecchia generazione. La fase successiva di affettamento risulta pertanto completamente standardizzata sia a livello qualitativo che della precisione del peso della fetta.

Anche la percentuale di sfridi e scarti viene drasticamente ridotta. Cryoline RC è dotato di un PLC

che permette l’impostazione del numero di pezzi per batch, della temperatura e del tempo di trattamento, della velocità dei ventilatori.

L’apparecchiatura è stata progettata rispettando scrupolosamente i requisiti per una facile, rapida e completa sanitizzazione.

Riassumendo, i vantaggi della tecnologia Cryoline RC sono:

• gestione del processo di indurimento ed affettamento in linea;

• sincronizzazione con le affettatrici;

• riduzione considerevole dei costi di manodopera per la movimentazione dei prodotti;

• riduzione dei costi d’investimento (celle di temperizzazione);

Cryoline RC permette la crostatura superficiale“just in time” dei prodotti. Abbinata all’impiego di azoto liquido, questa tecnologia permette di raggiungere la consistenza ideale in pochi minuti.

• riduzione degli spazi richiesti;

• mantenimento della qualità del prodotto ed eliminazione problemi di decadimento del colore;

• affettamento estremamente preciso (gestione del “peso fisso”) e possibilità di ridurne lo spessore;

• incremento della velocità di affettamento;

• riduzione degli scarti;

• riduzione dei costi specifici di processo (consumo specifico di azoto liquido);

• flessibilità e standardizzazione dei processi di lavorazione;

• igienicità.

• Per ulteriori dettagli potete contattare Linde Gas Italia: marketing.it@linde.com

>> Link: www.linde-gas.it

Affidabili quando le cose si scaldano

I FILM STERILIZZABILI

E PASTORIZZABILI AD ALTE PRESTAZIONI DI ADAPA

La sicurezza alimentare è sempre una priorità assoluta. Ciò che sembra ovvio è una sfida singolare quando si tratta di prodotti con una durata di conservazione di mesi, come olive, crauti, zuppe o passata di pomodoro, anche e soprattutto per l’imballaggio. Grazie a decenni di esperienza nel mercato dell’imballaggio flessibile, il Gruppo adapa è in grado di offrire soluzioni di imballaggio affidabili anche per le applicazioni più impegnative. La sede italiana del Gruppo, adapa Italy Forlì , dispone di un ampio portafoglio

di film sterilizzabili ad alte prestazioni e dell’esperienza necessaria per utilizzarli in base alle esigenze dei propri clienti. Specializzato in piccole e medie imprese, il sito del Gruppo adapa offre soluzioni di packaging sterilizzabile in stampa flessografica e rotocalco.

Massimizzare la durata, affidabile e riproducibile

A causa della lunga durata dei prodotti da confezionare, l’imballaggio deve performare per mesi e allo stesso tempo resistere a un vero e proprio stress test iniziale: tempe-

rature interne superiori a 121 °C, a volte per ore, e spesso, prodotti confezionati con proprietà aggressive e acide (come crauti o castagne), pongono i massimi requisiti. Allo stesso tempo, la lunga durata di conservazione riduce la flessibilità durante i cambi imballaggio: dover annullare i test di conservazione dopo mesi può far regredire notevolmente i progetti.

L’esperienza di adapa nel campo del confezionamento in autoclave è quindi particolarmente preziosa e può far risparmiare molto tempo e denaro ai produttori di alimenti.

La sede di adapa Italy Forlì (photo © adapa).

I laminati ad alte prestazioni richiedono un elevato livello di conoscenza del prodotto e di esperienza per mantenere la necessaria forza di adesione per tutta la lunga durata di conservazione dei prodotti confezionati (photo © adapa).

Ottimizzato per prestazioni elevate adapa dispone di un portafoglio consolidato di laminati ad alte prestazioni per applicazioni a caldo impegnative e offre quindi soluzioni di imballaggio resistenti per un’ampia gamma di prodotti. Che si tratti di buste stand-up, flowpack, bustine o top film, i film sono personalizzati in base all’applicazione. Per ottenere le massime prestazioni dai film, gli spessori sono compresi tra 76 e 185 µm e sono progettati come laminati a struttura duplice, triplice o addirittura quadruplice con laminazione senza solventi o a base di solventi. PE e PP sono disponibili come strati di tenuta. Per garantire un’imple-

mentazione di successo, il servizio tecnico applicativo del Gruppo fornisce un prezioso supporto: su richiesta, i lanci degli imballaggi possono essere accompagnati anche da tecnici esperti, per completare i cambi di imballaggio con piena soddisfazione del cliente.

Sotto i riflettori: adapa Italy Forlì Fondata nel 1929, adapa Italy Forlì è una delle sedi più longeve del gruppo e leader nella produzione di imballaggi flessibili pastorizzabili e sterilizzabili. Grazie a molti anni di esperienza e a una vasta conoscenza, i responsabili del reparto Ricerca e Sviluppo conoscono la strada per lo studio di nuovi imballaggi che ab-

biano successo, senza deviazioni di percorso o troppi test di stoccaggio falliti, e questo non è scontato se parliamo di una delle applicazioni di imballaggio più esigenti che ci siano. La simbiosi tra competenza, attrezzatura meccanica e dipendenti dediti è la chiave di successo per ottenere un prodotto ottimale; tale apprezzamento è dimostrato dai clienti, molti dei quali sono con noi da diversi anni. Anche il commercio ecologicamente responsabile ha un ruolo fondamentale, infatti, l’impianto di recupero solventi della sede fornisce un importante contributo al riciclaggio di componenti chiave della produzione di imballaggi.

adapa Group, con sede a Wiener Neudorf, in Austria, è specializzato in soluzioni di imballaggio innovative, di alta qualità e personalizzate ad alta barriera per i settori alimentare, del tabacco, dell’igiene e farmaceutico. Con la sua catena del valore integrata che va dall’approvvigionamento delle materie prime, all’estrusione, alla stampa e alla trasformazione, l’azienda, nata come Schur Flexibles nel 2012 e rinominata nel 2022, genera un fatturato annuo di circa 620 milioni di euro, che la rende una delle aziende leader del settore in Europa. adapa impiega circa 2.000 persone in 20 siti in tutta Europa, che sono centri di eccellenza altamente specializzati e godono dello status di leader tecnologico nel loro settore. La sostenibilità è al centro delle attività dell’azienda.

>> Link: adapa-group.com

MULTIVAC Group acquisisce la quota di maggioranza di Italianpack Spa

Il 17 luglio scorso il Gruppo MULTIVAC ha acquisito la quota di maggioranza (80%) di Italianpack Spa, produttore di confezionatrici automatiche e semiautomatiche con sede a Como. Italianpack sarà integrata nell’organizzazione MULTIVAC come nuova Business Unit sotto la guida di Tomaso Petrini, CEO di Italianpack. «Questa acquisizione amplia la nostra offerta nella gamma di termosaldatrici nella fascia di prezzo medio-bassa, dosatori e apparecchiature periferiche come disimpilatori e applicatori di coperchi», ha spiegato Christian Traumann, CEO del Gruppo MULTIVAC. «Queste nuove soluzioni ci permetteranno di soddisfare le esigenze dei clienti in modo più efficace in futuro». «Avendo già collaborato con successo negli ultimi anni, non vediamo l’ora di sfruttare al meglio i nostri punti di forza a vantaggio dei nostri clienti e di espandere le nostre attività commerciali come parte del Gruppo MULTIVAC» ha aggiunto Petrini. Per raggiungere i clienti delle piccole e medie imprese, Italianpack si avvale di una rete di rivenditori indipendenti, che si occuperanno anche in futuro delle vendite delle soluzioni Italianpack. Le filiali del Gruppo MULTIVAC continueranno ad occuparsi delle vendite della gamma dei prodotti MULTIVAC. «La fusione ci consente di rafforzare la nostra attuale posizione sul mercato e di raggiungere una maggiore copertura del mercato come gruppo», ha dichiarato Traumann. Le due aziende collaborano con successo già da diversi anni: nell’agosto del 2021, il Gruppo MULTIVAC ha stretto un accordo di cooperazione strategica con Italianpack, completando la propria gamma prodotti nel settore delle termosaldatrici.

Italianpack Spa è specializzata nella produzione di confezionatrici automatiche e semiautomatiche e di macchine per il confezionamento in sacchetti. L’azienda, fondata nel 1988, conta attualmente 100 collaboratori. Competenza nel confezionamento, tecnologia innovativa all’avanguardia e marchi forti all’interno del Gruppo MULTIVAC che offre soluzioni complete per il confezionamento e la lavorazione di prodotti alimentari, medicali e farmaceutici, nonché di articoli industriali. In qualità di leader tecnologico, continua a stabilire nuovi parametri di riferimento sul mercato. Da oltre 60 anni il nome è sinonimo di stabilità, valori forti, innovazione e sicurezza nel tempo, oltre che di qualità e servizio eccellente.

>> Link: italianpack.com

MULTIVAC Group, fondato nel 1961 nella regione tedesca dell’Algovia, è oggi un fornitore di soluzioni a livello mondiale che supporta le piccole e medie imprese e le grandi aziende nella progettazione dei loro processi produttivi per renderli efficienti e a basso consumo di risorse. La gamma dei prodotti comprende un’ampia offerta di tecnologie di confezionamento, soluzioni di automazione, apparecchiature per l’etichettatura e la marcatura, sistemi d’ispezione e materiali di confezionamento. La gamma dei prodotti è completata da soluzioni pratiche e personalizzate per la lavorazione degli alimenti, dalle affettatrici e porzionatrici, arrivando fino alla tecnologia per le macchine da processo per il settore Bakery. Tutte le soluzioni di confezionamento e lavorazione-processo vengono adattate alle specifiche esigenze dei clienti nei reparti applicativi dedicati alla ricerca e sviluppo del Gruppo. Circa 7.000 dipendenti distribuiti in più di 80 filiali in tutto il mondo assicurano la costante vicinanza ai clienti, oltre a garantire la loro massima soddisfazione, iniziando dal concetto di progetto iniziale fino all’assistenza post vendita.

>> Link: multivac.com/it

CREARE L’HAMBURGER

DI MANZO PERFETTO: PROVISUR OFFRE UNA CONSULENZA PROFESSIONALE E UNA

TECNOLOGIA AVANZATA

“H amburger perfetto” può significare molte cose diverse. Per PROVISUR TECHNOLOGIES, “perfetto” significa ad esempio ottimizzare la qualità della matrice di carne per aggiungere valore al mix di prodotti e migliorare la redditività. I sistemi avanzati di Provisur Technologies, che comprendono marchi come

Formax® and Weiler®, sono progettati per aiutare le aziende di lavorazione a produrre gli hamburger premium che i clienti richiedono ogni giorno. Provisur Technologies è un rinomato produttore di attrezzature industriali per la lavorazione degli alimenti con sede a Chicago, Illinois, e una rete globale di centri

di vendita e innovazione. Avvalendosi dell’esperienza decennale dei marchi preesistenti, Provisur ha perfezionato i suoi sistemi di lavorazione della carne bovina, che sono diventati la scelta preferenziale nel settore globale dei QSR (Quick Service Restaurants) e dei ristoranti gourmet che offrono carne di qualità superiore.

In alto: NM400. La serie Formax® NovaMax® garantisce lavorazione rapida e formatura a bassa pressione. In basso: VerTex 660 & 1000.

Hamburger premium, un trend in crescita

Gli hamburger premium sono più popolari che mai. In effetti, la definizione di “premium” è cambiata radicalmente negli ultimi cinque anni. In passato, un hamburger “premium” era un semplice hamburger standard servito con guarnizioni premium o su un panino premium. Oggi gli hamburger premium si distinguono invece per la qualità della carne stessa. Può trattarsi di Angus, Sirloin, Chuck o Wagyu giapponese. Gli smash hamburger, del tutto simili agli hamburger artigianali fatti in casa, sono molto popolari e oggi i consumatori preferiscono gli hamburger freschi a quelli surgelati. Quasi tutti i ristoranti, dai QSR ai ristoranti gourmet, propongono una scelta di hamburger premium. Alcuni offrono mega hamburger, altri mini hamburger, ma in tutti i casi l’accento è posto sull’alta qualità della carne.

Controllo di qualità della materia prima

Per garantire l’alta qualità del prodotto finale, le aziende di lavorazione devono innanzitutto controllare la materia prima. Tutte le scelte fatte nella fase iniziale influenzano notevolmente la qualità finale dell’hamburger.

È buona norma verificare la provenienza e l’origine della carne: l’utilizzo di un’unica marca o di un unico fornitore garantisce al prodotto finale un sapore e una consistenza omogenei.

È anche importante verificare la presenza di grassi e proteine in ogni lotto di materia prima, poiché il contenuto di grassi della carne bovina varia ampiamente a seconda del taglio utilizzato, influenzando l’omogeneità della fornitura. Inoltre, per controllare con precisione il contenuto di grassi, è necessario analizzarli prima della miscelazione e dopo la macinazione.

Il controllo della data di scadenza per ridurre le possibilità di deperimento e la verifi ca di caratteristiche fisiche quali colore e odore sono altre fasi cruciali nel processo di controllo della qualità, così come l’ispezione delle materie prime alla ricerca di corpi estranei per prevenire contaminazioni e danni alle macchine.

Macinazione e miscelazione

Il processo di macinazione e miscelazione rende la polpa dell’hamburger del tutto omogenea, offrendo un sapore e una consistenza perfetti a ogni boccone. La prima fase è la premacinazione, che sminuzza le materie prime in modo da facilitare la miscelazione in un impasto omogeneo. La carne premacinata può quindi essere campionata per verificare il punto di magro. L’intero processo di macinazione deve essere eseguito riducendo al minimo la formazione di pressione e l’aumento di temperatura.

Durante il processo, dalla macinazione al congelamento, è altrettanto importante monitorare le temperature della materia prima per garantire la sicurezza del prodotto.

Si esegue quindi la miscelazione finale per unire gli impasti presenti nei premiscelatori/miscelatori, che contengono carni premacinate con un contenuto di grassi noto. Il risultato è un impasto omogeneo con il punto di magro desiderato. Lo scopo della macinazione finale è ridurre le particelle alla dimensione desiderata.

La linea Weiler ® di Provisur comprende una gamma di tritacarne, miscelatori e sistemi di movimentazione dei materiali ad alte prestazioni. I sistemi Weiler®, duraturi e affidabili, producono un impasto omogeneo che migliora la qualità dell’hamburger.

La linea di tritacarne Omni V ® di Weiler offre versatilità, prestazioni e praticità nella macinazione di materie prime fresche e surgelate. L’innovativa serie di

Omni V220. La linea di tritacarne Omni V® di Weiler offre versatilità, prestazioni e praticità nella macinazione di materie prime fresche e surgelate.

tritacarne Dominator con tecnologia Balanced Flow migliora la qualità del prodotto, aumenta la velocità di macinazione, ottimizza la rimozione di ossa e tessuti duri e riduce i costi operativi.

Weiler® dispone anche di un sistema di recupero in linea che consente di recuperare gli scarti di carne buona. Ottimizza la resa ed è ideale per l’uso con carne bovina e altri tipi di carne.

Dare forma al prodotto Questa fase determina la forma, la porzione, la dimensione e la consistenza del prodotto. Il sistema di riempimento è importante per ottenere la consistenza desiderata. La linea per il riempimento e la movimentazione del prodotto Formax® di Provisur comprende diversi sistemi di riempimento. Il sistema di riempimento standard è il più utilizzato per formare gli hamburger di manzo, ma esistono molte versioni di questo sistema che soddisfano le svariate esigenze delle aziende di lavorazione.

Il sistema Tender-Form® produce hamburger di manzo più teneri e sugosi . Questo sistema garantisce una cottura uniforme, temperature interne costanti, forme migliori e tempi di congelamento ridotti.

L’apertura di riempimento del sistema Verti-Form®, più ampia ri-

spetto ad altri metodi di riempimento, riduce al minimo le restrizioni. Verti-Form® risulta quindi particolarmente utile per gli impasti che comprendono, ad esempio, peperoni, cipolle o formaggio.

La serie Formax® NovaMax® garantisce una lavorazione rapida e una formatura a bassa pressione Il sistema servoazionato è spesso utilizzato dalle aziende di lavorazione a volumi elevati per formare prodotti di largo consumo quali polpette di manzo, filetti di pollo e nuggets di pollo. Il sistema di consegna del prodotto NovaMax® è stato riprogettato di recente per mantenere meglio l’integrità delle materie prime.

Le formatrici VerTex® assicurano livelli altissimi di omogeneità e consistenza degli hamburger, offrendo al contempo il costo di gestione più basso sul mercato

Nel complesso, le varie attrezzature Formax®, con la loro solida struttura, offrono la massima resa e danno forma a prodotti dalla consistenza naturale e dall’aspetto imbattibile.

Valore aggiunto

Formax® HomeStyle® Patty System è perfetto per offrire ai consumatori la sensazione di mangiare un delizioso hamburger fatto in casa. Questo sistema produce porzioni formate con bordi irregolari dall’a-

Provisur® Technologies di Chicago (Illinois, USA), con numerose filiali in Europa, è sinonimo di macchine industriali innovative e sistemi di produzione integrati per la lavorazione di una grande varietà di alimenti. L’azienda riunisce una serie di noti marchi storici che sono tra i leader tecnologici del settore. Con la sua gamma di prodotti, strutturata nei settori di Affettamento (Cashin®, Formax®, Hoegger®), Elaborati (Weiler®, Formax®), Scongelamento, Zangolatura e Cottura (Lutetia®) e Separazione (AM2C®, Beehive®, Hoegger®), Provisur offre alle aziende che si occupano della lavorazione alimentare soluzioni estremamente efficienti per ogni esigenza e ordine di grandezza. Lo sviluppo e i test possono ora essere condotti presso il Provisur Innovation Center (PIC) a Plailly, vicino a Parigi, offrendo ai produttori alimentari l’opportunità di sperimentare l'intera gamma di apparecchiature Provisur.

ria “artigianale”. Il produttore può scegliere lo stile dell’hamburger in base alle proprie esigenze e il sistema garantisce velocità, controllo preciso delle porzioni e produttività elevata.

Formax ® Cuber-Perforator esegue fori che aumentano la velocità di congelamento, riducono il consumo energetico e consentono di cuocere più velocemente gli hamburger di manzo mantenendone le dimensioni originali.

La formula di Provisur per l’hamburger perfetto

La famiglia di marchi collaudati Provisur offre un controllo completo delle materie prime, dalla pre-macinazione alla porzione formata finita.

Grazie a queste tecnologie superiori, Provisur aiuta le aziende di ogni dimensione a produrre l’hamburger “perfetto”.

Lo sviluppo e i test sono condotti presso l’Ingenuity Center Provisur a Mokena, Illinois oppure a Plailly in Francia.

Questo consente agli sviluppatori del prodotto di lavorare fianco a fianco con il gruppo di tecnologi alimentari ed esperti in applicazioni di Provisur, nonché di utilizzare l’intera gamma di attrezzature Provisur per sviluppare e progettare nuovi prodotti destinati ai mercati serviti.

E-mail: info@provisur.com Web: www.provisur.com

GIANLUCA DIEGOLI

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Il marketing spiegato benissimo Edizioni: UTET

256 pp. – € 16,90

RICH MAHRE

The Ultimate Guide to Internet Marketing for Butchers

How to explode your meat sales by getting your internet marketing right Edizioni: Pubblicazione Indipendente

180 pp. – $ 14.99

PATRIZIA GNAGNARELLA

Carne

Ridurre il consumo e sceglierla di qualità. 60 ricette. Salute e benessere a tavola

Collana: Slow Life

Edizioni: Slow Food

144 pp. – € 12,50 (al pubblico)

Le strategie del marketing ci influenzano, invisibili, ogni giorno. L’autore, G IANLUCA DIEGOLI, esperto consulente di marketing, ha scritto un libro che parla non solo agli aspiranti marketer, ma soprattutto a noi consumatori: con autoironia ed esempi concreti ci mostra le tecniche e i meccanismi con cui lui e i suoi compari cercano di venderci qualsiasi cosa, spiegandoci anche perché spesso, alla fine, ci riescono.

RICH MAHRE è un esperto nell’aiutare le aziende ad aumentare le entrate utilizzando internet mappando il percorso del valore del cliente. Il suo libro offre ai maestri delle carni e ai proprietari di negozi di macelleria un’infarinata sulle leve del marketing: “questa guida illustra dalla A alla Z gli aspetti su cui un macellaio dovrebbe concentrarsi per aumentare le vendite della propria attività”

Un libro che affronta un tema, quello del consumo di carne, quanto mai aperto. Da chi consiglia di privarsene del tutto a chi mette sotto accusa le carni conservate. Slow Food si propone di trovare una via positiva, che tenga conto, oltre che dell’ingrediente anche e soprattutto di che cosa succede prima negli allevamenti: il benessere animale, ovvero evitare l’allevamento intensivo e rispettare quanto più possibile il rapporto con la natura, può migliorare la qualità della carne che mangiamo e ridurre in modo sensibile i rischi per la salute. Conoscere questo alimento anche dal punto di vista nutrizionale ci aiuterà poi ad inserirlo con misura e consapevolezza nella nostra dieta. Il libro contiene 60 gustose ricette.

EURO ANNUARIO CARNE 2025

ESPERTI DEL PACKAGING NON SI DIVENTA IN UN GIORNO

Industrial Packaging è nata più di trent’anni fa, affermandosi sempre più nel settore dei materiali per l’imballaggio alimentare e industriale, grazie alla dedizione e alla passione delle persone che l’hanno fondata e fatta crescere.

Serve tempo infatti per costruire una solida competenza e questa preziosa eredità deve essere condivisa per non disperdersi.

Con questo spirito Omar Corradini ha trasformato la sua esperienza e il know-how aziendale in un valore familiare, nella prospettiva di un cambio generazionale che per Industrial Packaging è un segno di continuità ma anche di crescita.

+39 0522 333322

+39 0424 566623

info@ind-pack.com

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