EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVI N. 11 • Novembre 2021
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11/21 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985 Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Stampa
Ufficio stampa e Media Partner
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata Euro Annuario Carne
EURO ANNUARIO CARNE 2021
Eurocarni, 11/21
La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2021 Copia cartacea: € 95,00
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EUROCARNI
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La prima rivista veramente europea
A pagina 92. In questo numero:
Agenda
Verona – Cremona – Clermont-Ferrand
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La frase del mese
L’alert di Luigi Scordamaglia lanciato dal G20 Agricoltura di Firenze
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Immagini
Thanksgiving Day
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Tendenze
Le carni di Asador Etxebarri sul podio di The World’s 50 Best Restaurants
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Slalom
Crescita sì, ma anche possibili rischi
Cosimo Sorrentino 26
Le PMI italiane resilienti alla pandemia La carne in rete
Social meat
Comunicare la carne
Quattro verità dietro le fake news più comuni sulle carni avicole in Europa
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28 Elena Benedetti
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Attualità
OICB: la zootecnia chiede innovazione e sviluppo green
Elena Benedetti
Vitello a carne bianca: un’eccellenza storica italiana
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R. De Vivo L. Zicarelli
Zootecnia
La zootecnia non è responsabile dell’aumento dei gas climalteranti in atmosfera. Anzi…
Benessere animale
La belga Belpork aggiunge un nuovo standard per il benessere degli animali
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Progetti di filiera
Asprocarne Piemonte e France Blonde d’Aquitaine Sélection presentano il progetto “Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence”
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Aziende
Pascol, la start-up che rivoluziona il mercato della carne in Italia
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Agnello gallese IGP: sostenibilità e servizio per un nuovo anno sul mercato italiano
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Carne di manzo e di agnello irlandesi: i benefici per la salute e gli abbinamenti funzionali a tavola
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Criocabin vola in Australia con P. Princi Butchers
72
Burger di carne versus Veg: la sfida definitiva
76
Indagini
La qualità
50
Rapporto Coop 2021
Sebastiano Corona 82
I mercati della vendita diretta
Guido Guidi
Vitelloni piemontesi della coscia: scopriamo questa IGP
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EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVI N. 11 • Novembre 2021
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A pagina 114. In copertina: come e attraverso quali canali comunicare la carne? Questo è un tema oggetto di riflessioni nella filiera (photo © vorapoj – stock.adobe.com).
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Il mio ERP. Fornisce gli indici migliori. L’istinto aiuta, ma oggi contano i fatti. Che si tratti di margini di contribuzione, costi delle materie prime, giacenze di magazzino o semplicemente dei prezzi giusti Fon il CSB-System gestirete la vostra azienda Vulla base degli indici. In questo modo avrete una visione chiara anche in situazioni non chiare.
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Razze
Passi avanti per la razza Sarda
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Speciale iMEAT
iMEAT® by Ecod 2021 all’insegna della ripresa
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Buona carne non mente
Lo scrigno carnivoro delle Dolomiti: alla scoperta della Macelleria Pizzinini
Elisa Guizzo
Macellerie d’Italia
Primon, da quattro generazioni nel mondo della carne
Gian Omar Bison 114
Nutrizione
Una carne per tutte le età
Anna Simone
Tradizioni
Perché si mangia il tacchino nel Giorno del Ringraziamento?
Nunzia Manicardi 120
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A pagina 30.
A pagina 124.
A pagina 60.
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A pagina 96.
A pagina 50.
A pagina 72. Fiere
Anuga 2021, più forte della pandemia
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Packaging
Questo matrimonio non s’ha da fare
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Tecnologie
Piatti pronti e pronto-cuoci: l’ERP CSB-System al servizio della gastronomia
138
Andrea Barbierato, macchine inteneritrici indispensabili nel settore della macelleria LIMA: gamma di denervatori per carni di pollo e tacchino macinate di altissima qualità Sono 180 grammi, lascio?
Quaglie e fagiani
Gaia Borghi
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Giovanni Papalato 148
www.eurocarni-online.com 12
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AGENDA
Verona In occasione del lancio dell’appuntamento annuale “EU Organic Day” (23 settembre), durante il quale il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) ha sottolineato l’importanza di sistemi alimentari più sostenibili, equi e inclusivi, Veronafiere conferma B/Open il 9 e 10 novembre. La seconda edizione della manifestazione esclusivamente B2B dedicata al food biologico certificato sarà in presenza, nella prestigiosa sede delle Gallerie Mercatali di Verona, patrimonio storico di architettura industriale, adiacente Veronafiere. Confermata anche la modalità digitale utilizzata per la passata edizione. Gli ultimi 18 mesi hanno accelerato alcune dinamiche già in atto, come l’e-commerce e la crescita delle vendite di prodotti “organic” nella GDO, e hanno confermato la crescita del settore, con consumi che tengono e si sviluppano e produzioni in aumento, anche se con ritmi inferiori rispetto al passato. Grazie all’appeal del biologico e all’attenzione da parte dei consumatori a livello internazionale, B/Open organizzerà la presenza di delegazioni e buyer esteri, selezionati in collaborazione con la rete delegati di Veronafiere, tenendo presente le potenzialità di crescita dei vari mercati. I Paesi di provenienza degli operatori saranno Germania, Danimarca, Francia, Spagna, Belgio, Svizzera, Austria, Balcani, Turchia, Emirati Arabi, Russia, Israele. B/Open sarà l’occasione per incrociare le opportunità di business attraverso convegni, workshop, dibattiti sui temi del biologico e della sostenibilità (photo © Vicuschka – stock.adobe.com). www.b-opentrade.com
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Cremona La migliore selezione di vacche da latte da tutta Europa per un confronto internazionale sarà protagonista della Mostra Zootecnica dal 26 al 28 novembre e dell’Asta bovina Internazionale il 26 novembre in occasione delle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona 2021. Le due iniziative rappresentano il ritorno in presenza in grande stile della filiera zootecnica da reddito e del modello produttivo italiano. La fiera di Cremona, unica manifestazione specializzata sulla zootecnica in Italia, sarà composta dalla parte espositiva con le migliori aziende dell’agrozootecnia, dalla mostra zootecnica, con la competizione di animali internazionali e nazionali delle razze Holstein, Red Holstein, Jersey, Bruna, e dall’asta bovina, che avrà un carattere innovativo mai visto in Italia. «Un atteso ritorno di appuntamenti fondamentali durante i quali business e passione degli allevatori mostrano il grande impegno per la qualità» ha spiegato Roberto Biloni, presidente di CremonaFiere. «Per noi è una scelta di vicinanza e di ascolto del mondo degli allevatori rafforzata da un rapporto ancora più diretto nato durante la Special Edition 2020 della fiera: la dimostrazione concreta del nostro impegno a svolgere il ruolo di hub centrale nella promozione dell’agrozootecnia». Questi eventi coniugheranno la necessità di rappresentare il modello produttivo italiano, trovare le soluzioni tecniche per l’allevamento, mostrare la visione strategica del futuro del settore, ma anche, da quest’anno, la valorizzazione di filiera verso il consumatore. Quest’ultimo aspetto si rivela particolarmente importante ed è stato molto apprezzato dagli allevatori che necessitano di far conoscere al consumatore l’eccellenza, la sicurezza e la sostenibilità delle produzioni agrozootecniche, che è la necessità dell’intera filiera. CremonaFiere fornirà visione sul futuro, concretezza di soluzioni tecniche, opportunità d’affari, ma anche sensibilizzazione e informazione al consumatore (in foto alcuni capi di razza Pezzata rossa in mostra in una passata edizione della fiera; photo © Redazione EPI). fierezootecnichecr.it
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Clermont-Ferrand, Francia Si svolgerà il 7 e 8 novembre a Clermont-Ferrand, in Francia, la prima Coupe d’Europe Boucherie 2021. Organizzato dalla Confédération Française de la Boucherie, l’evento chiamerà a raccolta macellai da tutta Europa. Ogni Paese sarà rappresentato da una squadra di 5 macellai (3 adulti, 1 giovane macellaio e 1 apprendista) e da un giudice. I concorrenti saranno valutati sul taglio e sulla presentazione di pezzi di manzo, vitello, agnello, maiale e pollame. La Francia sarà rappresentata da l’Equipe de France Boucherie. Per l’Italia ci sarà la nostra Nazionale Italiana Macellai che ha recentemente annunciato come nuova coach la lady butcher MARA LABELLA (in foto), titolare dell’omonima macelleria di Sermoneta (LT), che prende il posto di FRANCESCO CAMASSA. www.boucherie-france.org
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LA FRASE DEL MESE
“
Non si abbassi la guardia sulla tutela della Dieta Mediterranea contro sistemi di etichettatura penalizzanti. Sistemi voluti da multinazionali che mirano a sostituire con la chimica alimenti frutto di una grande tradizione come è quella del made in Italy. La vera sfida del futuro è essere sostenibili applicando tecnologia avanzata e innovazione costante e perseguendo il modello di filiera, non certo spostando la produzione di cibo nei laboratori chimici
Questo l’alert che Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, ha lanciato dal G20 Agricoltura di Firenze, lo scorso settembre
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...una storia Italiana
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IMMAGINI
Sono circa 45 milioni i tacchini serviti sulle tavole americane durante la festa nazionale che commemora l’arrivo dei Padri Pellegrini nel 1621, il cosiddetto Giorno del Ringraziamento (Thanksgiving), che si celebra — soprattutto a tavola — ogni anno l’ultimo giovedì di novembre. A pagina 120 Nunzia Manicardi ci racconta l’origine di questa festa e la tradizione del pranzo inequivocabilmente a base di tacchino (photo © Heather Craig – stock.adobe.com).
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TENDENZE Le carni di Asador Etxebarri sul podio di The World’s 50 Best Restaurants
Le stelle del mondo della ristorazione si sono riunite lo scorso 5 ottobre ad Anversa, nelle Fiandre, per i The World’s 50 Best Restaurants Awards 2021, sponsorizzati da S. Pellegrino & Acqua Panna. L’evento di quest’anno ha celebrato ristoranti di 26 Paesi distribuiti su cinque continenti, culminando nell’annuncio di un nuovo numero 1: lo chef René Redzepi, che è salito sul palco per ricevere la doppia onorificenza per il suo ristorante Noma di Copenaghen (Danimarca) come The World’s Best Restaurant 2021 e The Best Restaurant in Europe 2021. A livello di Paesi, Spagna e Stati Uniti sono in testa alla classifica con sei ristoranti ciascuno. La Spagna vanta due locali nella top 10 — l’Asador Etxebarri (n. 3) e il Disfrutar di Barcellona (n. 5) —, seguiti dal ristorante Elkano (n. 16) a Getaria e il sempre popolare Mugaritz (n. 14) a San Sebastián. Per gli Stati Uniti, il Cosme di New York è al numero 22, il Benu di San Francisco al 28 e il SingleThread al 37. Anche l’Italia è ben rappresentata con quattro ristoranti nella lista, compreso il nuovo ingresso del ristorante Lido 84 a Gardone Riviera (n. 15), vincitore dell’Highest New Entry Award, sponsorizzato da Aspire Lifestyles. Asador Etxebarri è il tempio della griglia e delle carni e Bittor Arginzoniz è colui che ha portato questo tipo di cucina ai vertici mondiali raggiungendo livelli qualitativi e tecnici mai visti prima (photo © facebook. com/kennyalem-106958480799613). >> Link: www.theworlds50best.com – asadoretxebarri.com
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Crescita sì, ma anche possibili rischi
Photo © 2012 Bloomberg Finance LP
di Cosimo Sorrentino
L’
importante conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) a settembre ha previsto l’incremento per l’economia globale più rapido da circa mezzo secolo ad oggi. Nel suo ultimo rapporto, l’istituzione prevede infatti una crescita del 5,3% per quest’anno e del 3,6% per il prossimo, giustificando il calo ad incognite legate alla pandemia, che sta continuando a dettare anche le scelte di politica economica. Esiste certamente un timore di un eventuale ritorno alla deregolamentazione ed alla conseguente austerità, che finora ha, più e più volte, fatto ritardare sviluppo e maggiore benessere e che potrebbe ora frenare il citato rimbalzo dopo l’ultima recente dolorosa crisi. Di fronte ad un’evidente ripresa dei Paesi sviluppati, viene comunque evidenziata la situazione che caratterizza i Paesi in via di sviluppo, in una fase ancora di sofferenza, facendo emergere il divario tra queste due economie. In tale quadro l’Europa
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mostra la situazione migliore poiché ha recuperato più celermente rispetto alle attese, col 5% nell’area euro per quest’anno, e promette di tornare a livelli pre-Covid. La nostra Italia è addirittura quasi in prima fila per la ripresa, tanto che la stessa presidente della BCE prevede il ritorno al pre-Covid entro l’anno. Anche l’agenzia di rating Fitch ha alzato le stime del nostro Paese aspettandosi, quest’anno, una crescita del 5,7%, a fronte del 4,8% previsto lo scorso giugno. La stessa agenzia prevede, altresì, un ritorno dell’economia a livelli pre-pandemia nel secondo trimestre del 2022, quando il PIL dovrebbe crescere del 4,3% per poi frenare al 2,2% nel 2023. L’ottimismo che abbiamo sopra descritto rischia, però, di essere offuscato da alcuni problemi che si agitano sul piano mondiale. Infatti, l’inflazione sta mostrando segnali di risalita ben oltre le percentuali (2%), considerati come segnali positivi anche a causa delle pressioni sui prezzi e della scarsità
delle materie prime, soprattutto per i microcomponenti, insieme ai rincari energetici; questi fattori non sono solo il motore dell’inflazione, ma determinano anche una frenata della produzione in molti settori nell’ambito del campo manifatturiero, indebolendo così anche la spinta del Recovery Plan. Altre cause possono influire ad oscurare il ciclo della ripresa, considerando soprattutto le tre grandi economie mondiali e le loro interconnessioni. Gli Stati Uniti, pur facendo riscontrare un boom di Wall Street, ma con un’inflazione al 5,4%, potrebbero subire un crollo dei valori di mercato tali da indurre la Banca Centrale Americana ad uno slittamento dell’intervento sui tassi di interesse. E non è un caso che il Fondo Monetario Internazionale abbia ammonito di attuare riforme sostanziali per rafforzare i fondi di investimento e prevenire nuove turbolenze sui mercati finanziari. Più preoccupante, a nostro avviso, la situazione della Cina, che,
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dopo le prime proiezioni di inizio anno, considerate da quasi tutti gli osservatori ottimistiche, mostra ora una crisi demografica, con l’aggiunta di un debito privo di controllo. La Banca Statale Huarong, chiamata a gestire molti crediti problematici degli istituti finanziari, ha subito perdite per circa 14 miliardi di euro nel 2020, richiedendo una forte azione di salvataggio pubblico. Un altro gruppo, indicato come Baoneng, mostra un’esposizione di oltre 26 miliardi con chiara criticità, mentre un altro grosso complesso in ambito immobiliare (Evergrande) presenta una passività di circa 260 miliardi di euro. E tutto ciò nella realtà registrata di una svalutazione delle azioni del 70% in un solo anno ed una diminuzione dei profitti di quasi il 30%. È pur vero che il governo cinese ci ha abituato a far apparire il non chiaro orientamento su interventi pubblici, quasi incontrollati, ma la situazione può diventare oltremodo
meno allegra e spericolata ed una probabile propagazione di tali negative attività al resto del mondo può generare incertezza ed instabilità. Anche in Germania è stata ritoccata al ribasso la previsione sull’espansione economica tedesca e infatti la crescita del PIL è stimata al 2,5% e, solo per il prossimo anno, è atteso il raggiungimento del 5,1%. La causa va individuata nell’arrancare del settore manifatturiero: in sintesi, le imprese tedesche si confrontano con una domanda forte alla quale non sono in grado di tener testa a causa della scarsità di alcuni beni intermedi. In particolare si è ridotta globalmente la domanda di servizi ed è aumentata quella dei beni di consumi durevoli e di prodotti medicali, così come è aumentata una crescita insufficiente di lavoro qualificato. La situazione tedesca non è buona notizia per l’Italia, tenuto conto che la Germania assorbe circa il 12% del valore delle esportazioni
italiane. Tra l’altro, anche per l’Italia l’inflazione rischia di lasciare qualche traccia nelle scelte di consumo e investimento di famiglie e imprese. Infatti, il dato definitivo di agosto fornito dall’ISTAT fotografa un indice dei prezzi al consumo in crescita del 2% rispetto ad un anno prima, anche se il dato va riferito soprattutto ai fattori energetici ed è armonizzato a livello euro zona. Presto potrebbe toccare anche ai beni di consumo e, se le tensioni continuano, è difficile che esse non si propaghino a tutta l’economia (e l’incremento dei prezzi al consumo potrebbe portarsi anche oltre il 3%). Speriamo che il governo tenga conto della situazione descritta ora che è alle prese con la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, non trascurando il tema delle materie prime e degli effetti dei prezzi al consumo che si presentano come rischi al ribasso insieme ai fattori sanitari. Cosimo Sorrentino
Le PMI italiane resilienti alla pandemia Dall’indagine condotta da Deloitte Private, per restare competitive devono seguire le direttrici del Next Generation EU
«I
patrimoniale, soprattutto in quei settori dove sono più rilevanti le economie di scala e la capacità di investimento». Lo ha dichiarato ERNESTO LANZILLO, Deloitte DCM Private Leader, nel presentare il report “La nuova generazione di aziende private. Il percorso verso la resilienza e le opportunità del Next Generation EU”. Dall’indagine condotta da Deloitte Private, emerge che le organizzazioni ad elevata resilienza sono il 31%, a media resilienza il 59% e solo un restante 10% risulta essere a bassa resilienza. Per le aziende italiane intervistate, l’elemento cardine che determina la resilienza è la tecnologia e come priorità strategica c’è la trasformazione digitale, sia
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l piano di rilancio Next Generation EU rappresenta lo stimolo ideale per le imprese italiane. Il 90% delle aziende riconosce il NGEU come un mezzo fondamentale per sostenere lo sviluppo post-pandemico dell’Italia, soprattutto per le PMI, vero motore propulsivo del Sistema Italia, al fine di sostenere la loro crescita e resilienza e favorire il posizionamento competitivo anche sui mercati internazionali. Potenziare queste realtà significa tutelare le eccellenze del nostro Paese, incluso il made in Italy, dove spesso la frammentazione e le ridotte dimensioni dei player hanno portato nel lungo periodo a problemi di competitività e tensione
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nel breve che nel lungo periodo; in particolare, il tessuto produttivo italiano rappresentato prevalentemente da PMI, attribuisce un ruolo primario alla digitalizzazione (68%) nel rilancio dell’economia. Quest’ultima è stata spinta proprio dalla crisi pandemica, con un aumento del 23% degli investimenti in quest’ambito. Entro i prossimi 12 mesi, più di 8 aziende su 10 investiranno in digitalizzazione e innovazione al fine di migliorare la propria redditività, dato più evidente per le organizzazioni che si stanno già preparando al futuro post-pandemia. «A determinare il carattere di resilienza delle imprese italiane concorrono anche i temi di sostenibilità e di riduzione delle emissioni, seppur a differenti livelli: da chi è ancora in fase di implementazione iniziale (41%), a chi a metà processo (35%) o addirittura è maturo su queste tematiche (6%). Più della metà delle aziende italiane che hanno partecipato alla ricerca ritiene la sostenibilità ambientale un driver fondamentale per il rilancio verso il New Normal. Nello specifico, oltre a migliorare la responsabilità sociale (37%) e fornire un contributo concreto alla realizzazione di un’economia circolare (31%), le aziende vedono nello sviluppo di progetti di sostenibilità ambientale anche una strada per coniugare i benefici ambientali con un netto potenziamento della performance aziendale. Il PNRR, con le proprie direttrici di azione concentrate su digitalizzazione, sviluppo tecnologico, sostenibilità e sussidiarietà, può eviden-
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temente contribuire a facilitare il raggiungimento di livelli di resilienza elevata anche per le imprese oggi categorizzate come a media o bassa resilienza. Dal report risulta che circa il 50% delle aziende intervistate è in attesa delle linee guida definitive del PNRR per cogliere le opportunità del NGEU, mentre 1 azienda su 3 si è già attivata per farlo, soprattutto grazie al supporto di partner esterni», ha spiegato Lanzillo. Trasformazione digitale In quanto seconda strategia di crescita per il prossimo anno e terza priorità per i prossimi tre, la trasformazione digitale è diventata un’area di interesse cruciale per le aziende di tutto il mondo. L’indagine ha rilevato che i leader hanno ampie aspettative sui vantaggi che questi investimenti tecnologici possono offrire alle loro organizzazioni, tra cui quello di migliorare il coinvolgimento dei clienti, incrementare i volumi di vendita, rafforzare la loro capacità di gestione di futuri lockdown e ridurre i costi. L’aspetto rilevante è che molti intervistati ritengono che la propria azienda sia più vicina alla realizzazione di queste ambizioni rispetto a prima della pandemia: quasi 7 aziende su 10 intervistate nel mondo hanno dichiarato che la loro trasformazione digitale ha registrato un’accelerazione significativa durante la crisi. In effetti se più di un quarto aveva iniziato la loro trasformazione già prima della pandemia da Covid-19, più della metà invece ha dichiarato di aver accelerato la digitalizzazione proprio in risposta alla crisi o si trova attualmente in questa fase. Tra le organizzazioni altamente resilienti, i leader che dichiarano che il loro processo di trasformazione digitale sia stato condotto prima della crisi o sia attualmente in corso risultano quasi il doppio rispetto a quelli delle aziende con bassi punteggi di resilienza (80% contro 43%). Questo senso di urgenza da parte delle imprese sui temi digitali testimonia come la pandemia abbia guidato alcuni cambiamenti nel comportamento e stili di consumo dei clienti, spostando una parte significativa dell’economia on-line e aumentando la comodità e la disponibilità delle persone a interagire digitalmente. Fattori che si sono rivelati fondamentali e che hanno messo le aziende nella condizione di doversi “adeguare” a tali cambiamenti. Oltre a muoversi con più fretta, gli intervistati dichiarano che le loro organizzazioni stanno anche aumentando la portata dei loro investimenti tecnologici. Si prevede che la sicurezza delle informazioni (cyber intelligence) sarà la voce di spesa tecnologica più elevata nei prossimi 12 mesi, ma il cloud computing e l’analisi dei dati (advanced analytics) sono appena dietro. Una parte significativa delle aziende prevede inoltre che investirà in tecnologie emergenti come la robotica, i veicoli autonomi e i droni. Fonti: La crisi come catalizzatore: accelerare la trasformazione, Deloitte Private EFA News, European Food Agency
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Burger Tour Si chiama Burger Tour ed ha il sito dedicato www. burgertour.it la linea di burger di Baldi Carni, azienda marchigiana specializzata nella selezione all’origine, lavorazione, porzionatura e confezionamento di carni bovine. “I Burger Tour trasformano e valorizzano tutta la praticità del classico hamburger surgelato, oggi re della tavola degli italiani”. Sul sito, oltre alle info sui prodotti, c’è anche un blog con curiosità e notizie (photo © burgertour.it).
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2. Rosa Carni, black & pink Rosa Carni è un’azienda veneta di Camposampiero (Padova) con alle spalle 70 di lavoro e di impegno, verso i propri animali, i collaboratori e i clienti. “Un continuo processo fatto di innovazione tecnologica e cura del servizio” che si evince anche dalla comunicazione web. Il sito www.rosacarni.com è bello, con uno sfondo nero che mette in risalto la carne e il logo di un toro stilizzato, rosa e moderno. Bravi! (photo © rosacarni.com).
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meat Benedetti
3. Carne su FoodNews Magazine Sul magazine instagram.com/foodnewsmag di @laraabrati e @matteozanardi è nata una nuova rubrica che parla di carne e racconta i “templi della carne, luoghi che vale la pena frequentare dedicati a questo mondo. Per imparare a scegliere con più consapevolezza” (photo © instagram.com/foodnewsmag).
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4. Carni premium portoghesi Ma la bellezza di questo taglio di Gallega? È di WPB World Prime Beef, società portoghese specializzata nella vendita anche on-line (worldprimebeef.pt). Noi li abbiamo scoperti attraverso instagram.com/carnesjacinto, che commercializza solo carni premium e autoctone. Stupendo! (photo © instagram.com/carnesjacinto).
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COMUNICARE LA CARNE
Quattro verità dietro le fake news più comuni sulle carni avicole in Europa
L’
alimentazione consapevole è una priorità per la maggior parte delle persone. I consumatori vogliono sapere quanto sia sano il loro cibo e da dove proviene. Tuttavia, oltre alle informazioni pertinenti e corrette, abbondano falsi miti e fake news, tra cui alcuni sulle carni avicole. Ecco quattro verità che eliminano alcuni preconcetti molto diffusi: Verità 1: polli e tacchini europei sono allevati solo a terra In tutta l’UE l’allevamento a terra è l’unica forma di allevamento utilizzata per la produzione di carne avicola. Gli animali sono allevati in idonei capannoni dove sono sempre controllati tutti i parametri microclimatici e di illuminazione, oltre che relativi alla
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densità, in modo da permettere comportamenti naturali dell’animale come ruspare su lettiera di paglia o trucioli di legno. Negli allevamenti biologici e all’aria aperta hanno inoltre aree verdi recintate dove possono muoversi liberamente. Gli animali hanno sempre a disposizione acqua a sufficienza così come mangime. Verità 2: le carni avicole sono prive di ormoni L’uso di ormoni e stimolatori della crescita nell’allevamento è da tempo vietato in tutta l’Unione Europea: per questo gli ormoni non vengono mai impiegati negli allevamenti italiani di polli e tacchini. L’uso degli ormoni sarebbe inoltre inutile e antieconomico in quanto non efficace sui polli che non sono
mammiferi. Non avrebbe quindi senso somministrarli ad animali che non raggiungono la maturazione sessuale. Per ottimizzare il processo di crescita, i produttori ora utilizzano un metodo molto più efficace e allo stesso tempo rispettoso degli animali: razze avicole robuste e sane, abbinate a mangimi bilanciati e condizioni ambientali ottimali. Verità 3: le carni avicole europee non hanno residui di antibiotici Gli antibiotici possono essere somministrati solo dopo diagnosi e prescrizione di un veterinario e secondo il principio “il meno possibile, solo quando necessario”. Gli antibiotici in allevamento sono utilizzati solo a scopi curativi, mai preventivi. Negli ultimi anni, inoltre, l’uso
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di antibiotici nel settore avicolo è stato drasticamente ridotto grazie all’introduzione di diverse misure. Tra queste vi sono migliori sistemi di biosicurezza, la selezione di razze robuste, una gestione ottimizzata dell’allevamento e dei parametri ambientali. In Italia, dal 2011 al 2019 l’uso di antibiotici nel pollo è diminuito dell’87%. Infine, in caso di trattamento, l’animale è avviato al macello solo dopo un periodo di sospensione, cioè un adeguato tempo stabilito per legge tra l’ultima somministrazione e la commercializzazione delle carni. Ciò per garantire che la carne che viene successivamente consumata dal consumatore non contenga più tracce di medicinali. Verità 4: la carne di pollo non va mai lavata, le mani sì Un Italiano su quattro è convinto che lavare il pollo crudo sotto l’acqua aiuti ad eliminare eventuali batteri. Niente di più falso: il lavaggio non solo non elimina i batteri ma contribuisce anche a diffondere sui piani della cucina eventuali batteri presenti. La cosa corretta da fare è invece lavarsi bene le mani col sapone per almeno 20 secondi prima e dopo aver maneggiato il cibo e non appoggiare mai la carne cotta nello stesso piatto che conteneva la carne cruda per evitare contaminazioni. Sempre a questo fine, il consiglio è di usare un tagliere e posate diverse e di lavare gli utensili e le superfici che sono state a contatto con la carne cruda con acqua e detersivo. Campagna EU POULTRY it.eu-poultry.eu Fonti • Studio ADAS: Comparison of the Regulatory Framework and Key Practices in the Poultry Meat Supply Chain in the EU and USA • Comunicato stampa UNAItalia: Uova e carni bianche, 5 fake news da sfatare • www.volaille-francaise.fr/la-volaille-francaise/stop-aux-ideesrecues • www.dobrydrob.pl/fakty-i-mity/ antybiotyki
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ATTUALITÀ
OICB: la zootecnia chiede innovazione e sviluppo green Le risorse del PNRR per la crescita del settore allevatoriale. L’impegno dell’Interprofessione di Elena Benedetti
L’
Organizzazione Interprofessionale Carne Bovina in via di riconoscimento OICB lo scorso 6 ottobre ha chiamato a raccolta allevatori, macellatori e trasformatori per stimolare il confronto e il coinvolgimento della filiera sui temi della transizione ecologica, della sostenibilità ambientale e dello sviluppo della zootecnia italiana. Dopo un primo appuntamento a luglio a Padova,
è stata scelta Bari per un evento in presenza e in diretta streaming. Moderato dalla sottoscritta l’incontro ha chiamato a raccolta un parterre veramente unico di super tecnici, presidenti e rappresentanti delle varie organizzazioni che costituiscono l’OICB, una realtà che rappresenta tutti gli anelli della filiera (ha come soci fondatori CIAAGRICOLTORI ITALIANI, CONFAGRICOLTURA, COPAGRI, UNICEB, ASSOGRASSI,
Il capo dipartimento DIQPAI del MIPAAF, Francesco Saverio Abate, in collegamento streaming. Sul palco Matteo Boso, presidente di OICB – Organizzazione Interprofessionale della Carne Bovina, ed Elena Benedetti di Eurocarni.
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FIESA-CONFESERCENTI E ASSALZOO) e che opera per strutturare un settore oggi ancora molto frammentato in ottica di inclusività e condivisione di obiettivi e strategie. Tema scelto per questo secondo incontro è stato il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: quali opportunità per il settore zootecnico”. Lo scenario post pandemia si presenta oggi complesso e ricco di sfide e opportunità, ma anche pieno di criticità (prime fra tutte le problematiche legate all’incremento del costo delle materie prime e dei costi energetici). Questo incontro ha aiutato i presenti a far conoscere le opportunità che si profilano per le aziende zootecniche e, dunque, per quelle della filiera tutta grazie ai fondi del PNRR ma anche della PAC. Sono importanti, in particolare, le risorse complessive per il settore agricolo, previste dal PNRR (6,8 miliardi di euro, Tabella 1); un’occasione che anche gli allevatori dovranno prontamente cogliere. Nell’incontro i relatori hanno ricordato gli investimenti che potranno essere effettuati, tra l’altro, per interventi riguardanti il parco agrisolare, la logistica agroalimentare, l’innovazione della meccanizzazione, la robotica, i contratti di filiera e di distretto, il biometano, la banda larga ed il 5G. Da tempo c’è un percorso di crescita del settore zootecnico ma che va ulteriormente consolidato. E a Bari si è rimarcato come siano abbondantemente noti i risultati già conseguiti nella direzione della maggiore innovazione e sostenibilità. La riduzione delle emissioni negli ultimi anni, il contributo alla produzione di energie rinnovabili con l’utilizzo delle deiezioni, l’ammodernamento tecnologico anche verso una maggiore tutela del benessere animale, nonché qualità e sicurezza alimentare, secondo standard sempre più elevati stabiliti dalla normativa unionale, non hanno paragoni con i Paesi Terzi. Lo sviluppo dell’attività aziendale va effettuata dunque in un’ottica di gestione integrata e di innovazione applicata: il biogas ed il
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Elio Catania, consigliere del ministro delle Politiche Agricole con Matteo Boso, presidente di OICB. Nel corso della tavola rotonda è più volte stata sollecitata la necessità di rafforzare la comunicazione non solo verso il consumatore finale ma anche tra i ministeri e le rappresentanze. biometano, ma anche il fotovoltaico sono grandissime chance sia per il bilancio aziendale, sia per il Paese per il raggiungimento degli obiettivi di progresso green e sostenibile che l’UE si è data. In via generale è stato evidenziato che una delle criticità del settore della carne bovina è la forte dipendenza dall’estero (circa il 50% del fabbisogno) e che il PNRR potrebbe rappresentare un’opportunità per colmare il più possibile tale gap, gettando le basi per uno sviluppo della produzione nazionale.
D’altro canto, ciò evidenzia l’esistenza di una notevole potenzialità di crescita, fermo restando le unità produttive già presenti sul territorio, che tuttavia dovranno essere incentivate per consentire loro un incremento del livello di efficienza complessiva e di sostenibilità economico-ambientalesociale. Infatti, se solo si investisse per riportare gli allevamenti meno produttivi alla media nazionale, ci sarebbe una crescita di circa 500.000 capi allevati, aumentando il valore dell’autoapprovvigionamento, oltre
Tabella 1 – Le risorse del PNRR per l’agricoltura e l’agroalimentare (mio €) Sviluppo della logistica
800
Parco Agrisolare
1.500
Innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo Sviluppo del biogas e del biometano Resilienza dell’agrosistema irriguo* **
Contratti di filiera e di distretto Totale
500 1.920 880 1.200 6.800
Fonte: MIPAAF. Note: * di cui 360 progetti già in corso con fondi nazionali; ** a valere del “Fondo complementare” al PNRR.
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di trasformazione), che arriva a 40 miliardi includendo latte e uova. In particolare, la carne bovina costituisce in valore il 44% e in volume il 33% dell’intero comparto. Altro compito importante che l’Interprofessione si è dato è quello di consolidare la filiera della carne bovina. C’è la volontà comune di tutte le componenti di OICB di lavorare per un obiettivo univoco: valorizzare il settore e renderlo sempre più moderno, competitivo e virtuoso. All’evento sono intervenuti: ELIO CATANIA, consigliere del MIPAAF; FRANCESCO SAVERIO ABATE, capo dipartimento DIQPAI del MIPAAF; D ONATO P ENTASSUGLIA , assessore all’Agricoltura della Regione Puglia; MATTEO BOSO, presidente di OICB; SECONDO SCANAVINO, presidente di CIA; MASSIMILIANO GIANSANTI, presidente di CONFAGRICOLTURA; FRANCO VERRASCINA, presidente di COPAGRI; CARLO SICILIANI presidente di UNICEB; GIAN PAOLO ANGELOTTI presidente di FIESA-CONFESERCENTI; assessore all’Agricoltura della Regione Puglia DONATO PENTASSUGLIA. Riportiamo di seguito alcuni tra i passaggi più interessanti dell’incontro.
In alto: Carlo Siciliani Jr., di Siciliani Spa, nel corso dello scambio di domande e risposte tra i partecipanti e i relatori. In basso: Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, ha partecipato in streaming all’evento di approfondimento del PNRR organizzato da OICB. «Il convegno di oggi è la testimonianza che la filiera della carne va nell’economia reale e si presenta con progetti, con idee, cercando di portare un contributo per la crescita sia della filiera della carne italiana che per il sistema agroalimentare del Paese». ad un’ottimizzazione del processo e ad una riduzione dei costi all’origine che, soprattutto oggi, stanno mettendo in forte difficoltà le aziende zootecniche e stanno incidendo gravemente sulla redditività. Nel dibattito è emersa quindi la necessità di instaurare un nuovo rapporto con i cittadini-consumatori, attraverso il pieno coinvolgimento della distribuzione, soprattutto quella al dettaglio, per maggiore trasparenza e tutela della qualità, fornendo una sempre più incisiva
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informazione ai consumatori su questioni come il benessere animale, i processi allevatoriali virtuosi, la logistica all’ingrosso improntata a criteri sostenibili e la creazione di valore dei sottoprodotti all’insegna dell’economia circolare. OICB ha sottolineato come il settore zootecnico sia fondamentale per l’agroalimentare italiano: il solo comparto della carne (bovina, suina e avicola) genera un giro d’affari di circa 30 miliardi di euro (10 miliardi alla produzione e 20 nell’industria
Matteo Boso, PNRR opportunità unica ma servono risposte dalla politica Nell’aprire la conferenza, il presidente di OICB Matteo Boso ha ricordato commosso la scomparsa improvvisa di PINO CORNACCHIA, primo presidente dell’Organizzazione Interprofessionale Carne Bovina e colonna portante di CIA, «una figura veramente importante e uno dei fautori della nostra organizzazione, con una visione unica del mondo agricolo. L’incontro di oggi nasce dalla volontà della nostra filiera di approfondire la conoscenza delle opportunità che si aprono con il PNRR per trovare soluzioni ad un momento veramente difficile per gli allevatori. Questi stanno vivendo un momento di vero sconforto causa l’aumento esagerato dei costi di produzione e le prospettive negative sulla PAC che, ricordiamolo, è un
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Carne bovina irlandese da allevamenti al pascolo: Buona per Natura Irlanda, il nuovo Standard Bord Bia per la carne bovina Grass Fed Quando si parla di carne bovina, i consumatori di tutto il mondo sono oggi alla ricerca di un prodotto naturale, sostenibile e di prima qualità. Grazie ai nostri pascoli rigogliosi e verdeggianti, il clima mite e la lunga tradizione di allevamento all’aperto, l’Irlanda è perfettamente in grado di soddisfare la crescente richiesta di carne bovina Grass Fed di prima qualità. E da oggi possiamo dimostrarlo. Il nuovo Grass Fed Standard per la carne bovina irlandese, sviluppato da Bord Bia – Irish Food Board, ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande Ė ƀƃŠďŠƓƓĶ ŠƃƓŠīƃƙƓƓĶĉŠŎĶ ĶƃŎìŖďĖƊĶɑ Ĥ ĶŎ ƀƃĶ੠ƀƃŠƓŠĉŠŎŎŠ ìŎ ŕŠŖďŠ ĉIJĖ ƳĖƃĶǟĉì ĶŖ ŕŠďŠ ĶŖďĶƀĖŖďĖŖƓĖ la carne bovina Grass Fed, garantendo una carne proveniente da bovini nutriti per almeno il 90% ad erba o foraggio a base d’erba, che pascolano all’aperto per buona parte dell’anno per tutta la loro vita. È la garanzia di quanto abbiamo da sempre saputo: è l’erba l’ingrediente fondamentale che rende il manzo irlandese una carne di prima qualità. I dati utilizzati per garantire la dieta a base di erba di ciascun animale sono raccolti nel corso di ĉŠŖƓƃŠŎŎĶ ĖǛĖƓƓƙìƓĶ ŖĖŎŎɰìŕĈĶƓŠ ďĖŎ ƃŠĬƃìŕŕì mìǃĶŠŖìŎĖ ďĶ ƙìŎĶƓþ Ė ¡ŠƊƓĖŖĶĈĶŎĶƓþ ƊƊĶĉƙƃìƓì ƀĖƃ Ŏì ĉìƃŖĖ ĈŠƳĶŖì Ė ŠƳĶŖì ɟ¡ƙƊƓìĶŖìĈŎĖ ĖĖī ìŖď dìŕĈ ƊƊƙƃìŖĉĖ ¡ĉIJĖŕĖɠɑ ƊƳĶŎƙƀƀìƓŠ ďì Šƃď Ķìɐ Solo la carne dei bovini allevati nel rispetto di questi standard, può vantare il marchio Grass Fed. L’Irlanda, quindi, grazie ai suoi allevamenti al pascolo, produce carni bovine di prima qualità, naturalmente gustose e nutrienti. Carne bovina irlandese Grass Fed, prodotta in armonia con la natura. Ėƃ ƊìƀĖƃŖĖ ďĶ ƀĶƥɑ ƳĶƊĶƓìƓĖ Ŏì ƀìĬĶŖìɒ irishfoodanddrink.com/manzo-irlandese
www.Irishbeef.it
sostegno al reddito e per questo deve sostenere chi produce. Tutti gli operatori della filiera della carne, anche i macellatori ad esempio, sono presi per il collo dalla GDO e dai costi di produzione alle stelle. Con l’opportunità unica del PNRR dobbiamo lavorare per far sì che questo piano si possa sfruttare nel migliore dei modi. È difficile pensare che in un contesto di questo tipo gli imprenditori decidano di fare degli investimenti quando non c’è prospettiva per il futuro. È chiaro che in un’organizzazione come la nostra, che fa progetti e che si pone come obiettivo la distribuzione equa del valore nella filiera, c’è più che mai l’esigenza di avere una risposta politica. La politica ci deve dire se vuole che continuiamo a produrre il bovino da carne in Italia con la nostra qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità, avendo dimostrato che siamo tra i più virtuosi non solo in tutta Europa ma nel mondo intero. Però dobbiamo essere capaci di comunicarlo: dobbiamo fare in modo che questa opportunità del PNRR non venga persa ma ci troviamo di fronte ad un terreno “molto arido” per far sì che i semi di queste risorse possano dare frutti importanti».
In alto: da sinistra Carlo Siciliani, presidente UNICEB, e il presidente di CIA Secondo Scanavino, che ha sottolineato la complessità del PNRR e della “messa a terra”delle risorse. Al centro: da sinistra, Paolo Valugani di Assograssi e Franco Verrascina, presidente di COPAGRI, nel corso del loro contributo alla tavola rotonda. In basso: operatori e stampa intervenuti all’incontro.
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Massimiliano Giansanti, PAC deludente e PNRR per lo sviluppo dell’attività d’impresa «Il convegno di oggi è la testimonianza che la filiera della carne va nell’economia reale e si presenta con progetti, con idee, cercando di portare un contributo per la crescita sia della filiera della carne italiana che per il sistema agroalimentare del Paese. È stata scritta la nuova PAC che però non va nella direzione che auspicavamo. Questa per noi è una politica agricola che disperde energie e risorse in troppi rivoli senza concentrarsi nello sviluppo dell’attività d’impresa. Il PNRR potrebbe quindi compensare queste produzioni. Si tratta di risorse importanti destinate alla transizione energetica, pulita e verde, alle filiere con ammodernamento della filiera delle carni».
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Opperaa dei foornittorri di carrne bellga Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio?
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A sinistra: in presenza Michele Lacenere, presidente Unione di Bari per Confagricoltura. A destra: in diretta streaming Gian Paolo Angelotti, presidente di Fiesa-Confesercenti. Francesco Saverio Abate, le schede del PNRR, i contratti di filiera e la comunicazione «C’è in corso una grande transizione ecologica: questa spinta verso il futuro è accompagnata da una potente massa di denaro. Il PNRR è un progetto molto ampio e declinato attraverso le schede formulate dai vari Ministeri che hanno competenza diretta in questo settore. Per quanto riguarda il Ministero delle Politiche Agricole il PNRR prevede alcune schede (irriguo, rifacimento dei mezzi, fotovoltaico sui tetti, logistica e stoccaggio, piattaforme logistiche, contratti di filiera). I contratti di filiera sono contratti che servono a integrare una filiera e a renderla più competitiva. Non sono piegati alle esigenze generali. Si tratta di strumenti finanziari che vengono messi a disposizione per poter creare una filiera più competitiva. Nel caso della zootecnia il MIPAAF ne ha già finanziato qualcuno con il vecchio IV bando e ci apprestiamo a scrivere il V bando. Questo, benché non finanziato dal PNRR, vive delle stesse regole del PNRR che è un progetto volto alla transizione ecologica. Ma cosa vuol dire green nel settore della zootecnia? È ovvio che parliamo di miglioramento della sostenibilità, miglioramento del benessere animale e una diminuzione delle emissioni. A mio parere tutto ciò deve essere accompagnato da una potente azione di comunicazione che deve interessare i settori che dalla PAC non avranno quella
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soddisfazione che si aspettano, come quello zootecnico. Ci sarà quindi bisogno di una forte azione di comunicazione per migliorare alcuni concetti: non si può entrare in questa nuova fase — fase che durerà 6 anni — senza che tutto questo non venga comunicato. O miglioriamo nell’opinione pubblica il concetto dell’intera filiera della zootecnia o andremo incontro ad una crisi irreversibile». Elio Catania, innovazione, trasformazione, cultura del cambiamento e sostenibilità «Quello che ci sta capitando con il PNRR è qualcosa che non si è mai visto prima e non è sufficiente il solo cambiamento verso la sostenibilità. Quella che viviamo oggi è una sfida costante e continua e occorre ragionare per la trasformazione e l’innovazione tecnologica e dei processi. Le parole d’origine di questa fase sono due: innanzitutto innovazione in tutte le sue dimensioni (nei processi produttivi, negli impianti, profili professionali e modo di lavorare, innovazione culturale che necessita degli operatori e imprenditori). Noi non siamo di fronte ad una trasformazione tecnologica che vuol dire un nuovo modello di computer o una banda più o meno larga. Noi siamo di fronte ad una trasformazione tecnologica così profonda che richiede il coinvolgimento personale di voi operatori. Perché? Perché l’azienda non cambia da sola e resistenza al cambiamento è sempre enorme.
L’altro tema centrale è quello della sostenibilità, con tre direzioni: ambientale, sociale ed economica. Questo è un momento che richiede una visione molto ampia: i 240 miliardi di euro messi in campo (209 per PNRR e le restanti di manovre di natura complementare a cui vanno sommate le risorse delle manovre di bilancio) rappresentano un piano finanziario straordinario e senza precedenti. Voi imprenditori dovete guardare al PNRR come un portafoglio di possibilità, di acquisizione di risorse molto più ampio di quelle tracciate dalle schede del MIPAAF. Ci sono per esempio 26 miliardi di euro nel PNRR dedicati al 4.0, agli investimenti in innovazione digitale e tecnologica, impiantistica moderna, sensoristica, internet delle cose e 8,5 miliardi di euro di risorse per le imprese che singolarmente, in filiera o in sistema anche territoriale che decidono di fare progetti di per la Ricerca & Sviluppo con poli tecnologici, centri di ricerca o università. Altro capitolo ancora è quello della transizione energetica, con 67 miliardi di euro di risorse (di cui 12 miliardi di euro dedicate alle imprese per conversione energetica, circolarità, gestione dei rifiuti, ecc…)». Carlo Siciliani, opportunità ma anche criticità «Il PNRR rappresenta una grande opportunità per noi tutti, però ci sono anche parecchie criticità che vorrei mettere in evidenza, prima
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Da sinistra, Donato Pentassuglia, Elio Catania e Matteo Boso. fra tutte quella dei tempi infiniti per ottenere le concessioni ed autorizzazioni degli enti locali per l’insediamento dei siti produttivi o anche per i semplici ampliamenti delle stalle. Questo è un fatto gravissimo, che potrebbe rallentare gli investimenti che verranno attuati con l’arrivo di questi fondi nell’impossibilità di mantenere le tempistiche che ci vengono oggi richieste dai bandi». Secondo Scanavino, l’impegno e il lavoro di CIA «Tornando sul tema della qualità, io penso che questa sia un mix tra qualità organolettica e qualità dei comportamenti intrinsechi al prodotto; il che significa, parlando di zootecnia, rispetto anche dell’ambiente e del benessere animale». Il presidente nazionale di CIA – Agricoltori Italiani ha inoltre sottolineato l’errore del legare il concetto di benessere animale alla gestione dei liquami, ribadendo che trattasi di due questioni che vanno affrontate e gestite in modo separato e indipendente, contrariamente a quanto normato dalla PAC. «Per quanto riguarda poi il
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lavoro enorme che siamo chiamati a fare in merito al PNRR, occorre accedere alle informazioni dagli uffici preposti allo studio dei bandi e dell’evoluzione del sistema. Come CIA abbiamo 4 tavoli di lavoro che studiano i 5 pilastri del PNRR per essere pronti e preparati». Donato Pentassuglia, assessore all’Agricoltura della Regione Puglia «In questi primi mesi di assessore alle politiche agricole di questa bellissima regione che è la Puglia, mi sono reso conto che è necessario fare squadra tra le diverse parti in campo. Non entro nel merito della tecnicalità della comunicazione: dobbiamo invece lavorare insieme per ristabilire le regole del gioco che devono essere chiare e univoche, sapendo che c’è una differenziazione tra le regioni italiane» ha aperto così il suo intervento l’assessore Pentassuglia nel salutare i presenti al convegno. «Dobbiamo fare ancora molto sulla tracciabilità e rintracciabilità. Abbiamo da fare una operazione che è anche culturale, su cui abbiamo un’utenza oggi molto molto più attenta. Siamo in una fase molto complicata e delicata ma
anche molto avvincente, che deve riguardare ognuno di noi perché si può essere cittadini attivi in diversi modi: incontrandoci, parlando e provando a sollecitare le coscienze di quei ministeri che stanno facendo un gran battage, per esempio, sulla transizione ecologica ed energetica ma che poi magari faticano a dare le autorizzazioni a mettere i pannelli fotovoltaici sui tetti». Franco Verrascina, presidente nazionale COPRAGRI Verrascina ha ricordato il ruolo strategico degli allevatori che sul fronte dei temi ambientali e della sostenibilità sono all’avanguardia in Italia. «Abbiamo allevatori che da anni si stanno impegnando in questa direzione. Abbiamo bisogno di un rapporto più equilibrato all’interno della filiera e sul fronte della sostenibilità e del benessere animale i costi non possono essere scaricati sempre sugli allevatori. Bisogna fare sistema mettendo da parte gli egoismi. L’OICB è lo strumento che può fare una risposta ed è di esempio anche per altri comparti dell’agroalimentare».
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In ricordo di Pino Cornacchia, primo presidente di OICB La prematura scomparsa di Pino Cornacchia, lo scorso 4 ottobre, fondatore e primo presidente di OICB, ha lasciato tutti gli addetti ai lavori sconcertati. Pilastro dell’organizzazione CIA – Agricoltori Italiani, è stato un esempio di capacità professionale accompagnata da un’umanità fuori dall’ordinario. Ha dedicato la sua vita all’agricoltura e al sindacato con una visione del settore sempre innovativa e proiettata al futuro. Chietino di nascita, romano d’adozione, una laurea con lode in Scienze Agrarie, Pino Cornacchia ha ricoperto numerosi incarichi, cominciando da CIA Abruzzo per poi arrivare in sede nazionale di CIA-Agricoltori Italiani, dove ha avuto importanti ruoli: amministratore delegato del CAA; presidente dell’associazione per la ricerca, la formazione, l’assistenza tecnica e la consulenza Agricoltura è Vita; infine responsabile del Dipartimento Sviluppo Agroalimentare e Territorio di CIA nel quale ha partecipato, da protagonista, alla definizione Politica Agricola Comunitaria. Ha contribuito con grande passione ed energia alla costituzione del progetto di OICB senza mai perdersi d’animo. Ricordare oggi il suo impegno, la sua personalità, il suo lavoro, vuol dire riconoscergli il merito di aver contribuito alla creazione di un’importate struttura indispensabile per lo sviluppo, l’innovazione e il commercio del settore della carne bovina italiana. Un immenso ringraziamento da parte di tutti i componenti di OICB che hanno avuto la fortuna e il privilegio di lavorare con lui.
Paolo Valugani, Assograssi, circolarità del valore nella filiera del bovino Riprendendo l’importanza di questo incontro di Bari, strategico per un confronto su un tema specifico quale quello dei fondi del PNRR e per la rinnovata necessità di fare squadra, Paolo Valugani, coordinatore del comitato tecnico di Assograssi, ha sottolineato anche un altro punto: «Credo che dobbiamo fare un passo indietro e arrivare a quello che ci ha insegnato Expo 2015, ovvero il fatto che la produzione alimentare si basa su due elementi fondamentali, la sostenibilità e la qualità. Due elementi imprescindibili che devono sempre andare insieme». Valugani ha ricordato poi che l’elemento della sostenibilità va ricondotta anche alla capacità del settore agroalimentare di ricreare valore all’interno della catena. «Per il settore bovino, per esempio, tutto ciò che non va a finire nel piatto del consumatore (che è un 40% del peso dell’animale) viene in realtà già oggi riutilizzato sotto forma di sottoprodotti della
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macellazione, pellame, altri prodotti riprocessati nei mangimi degli animali da reddito. Occorrerà incentivare questa valorizzazione per incrementare la catena del valore e la sostenibilità dell’intera filiera della produzione bovina restituendo così valore all’intero sistema». Michele Lacenere, presidente Unione di Bari di Confagricoltura, focus su comunicazione e burocrazia «Vorrei riportare l’attenzione su due aspetti. Il primo è la comunicazione, indispensabile per la zootecnia. È necessario però comprendere che la comunicazione è cambiata e che occorre adeguarsi ai nuovi canali e alle nuove tecnologie. Oramai c’è una enorme fetta dei consumatori che attinge esclusivamente a quel tipo di comunicazione. Servono quindi approfondimenti affinché questa sia un’arma (di difesa) a nostra disposizione. Altro tema è quello della burocrazia, soprattutto quella ambientale, che spesso e volentieri blocca tutto. Ci sono parecchie pratiche in corso che rischiano il blocco, perché ci sono autorizzazio-
ni non concesse in maniera spesso inconsapevole o immotivata». Gianpaolo Angelotti, presidente Fiesa-Confesercenti «Come Confesercenti e come ultimo anello della filiera condividiamo pienamente quanto discusso in questo convegno. Siamo arrivati al capolinea di questa società industriale, post-industriale e di consumismo sfrenato che non dà valore realmente al lavoro delle persone, degli allevatori e di tutti gli attori della filiera. C’è una grossa differenza tra chi produce cibo industriale, di poca qualità e che viene venduto a poco prezzo dalla Grande Distribuzione e chi produce cibo di qualità, tipico delle zone di produzione, a cui deve essere riconosciuta la giusta remunerazione. Altrimenti noi ci autodistruggiamo. Su questo punto noi abbiamo fatto moltissime battaglie. Noi siamo disponibili a fare la nostra parte come ultimo anello della catena alimentare altamente specializzato». Elena Benedetti >> Link: www.youtube.com/ watch?v=CaIgs9G1iwQ&t=3616s
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Vitello a carne bianca: un’eccellenza storica italiana Il 6 ottobre scorso si è tenuta la tavola rotonda on-line “La filiera del vitello, un’eccellenza tutta italiana”, organizzata da ASSOCARNI, col supporto non condizionato di MSD Animal Health. L’importanza del benessere del vitello e il valore della filiera al centro del dibattito che ha visto coinvolti i principali player del settore
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i è tenuta lo scorso 6 ottobre la tavola rotonda on-line dal titolo “La filiera del vitello, un’eccellenza tutta italiana”, organizzata da ASSOCARNI con il contributo non condizionato di MSD Animal Health. Grazie alla partecipazione dei principali attori del settore e delle istituzioni, si è aperto un importante tavolo di discussione tra le filiere-chiave per il mercato del vitello — quella dell’allevamento da latte e quella dell’allevamento del vitello a carne bianca — con l’obiettivo di promuovere e valorizzare una filiera importante, un’eccellenza europea e soprattutto italiana, garante della
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Continua l’impegno di ASSOCARNI e MSD Animal Health nel promuovere la filiera del vitello a carne bianca: una storica eccellenza italiana che occorre conservare gelosamente e deve essere considerata un volano per garantire la sicurezza alimentare e la qualità dei prodotti
qualità, del gusto e della diversità, che continua a mantenere un approccio sostenibile. Il settore dell’allevamento del vitello a carne bianca è infatti un settore storico nelle produzioni zootecniche, oggi particolarmente attivo e importante grazie anche
ai miglioramenti apportati negli ultimi anni, specialmente nell’ambito del benessere animale e dell’uso responsabile del farmaco. Inoltre, essendo un allevamento tipicamente europeo (basti pensare che l’86% di questo tipo di produzione proviene da Italia, Olanda, Belgio e
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Francia), risponde ai rigidi controlli e alle best practice della rigorosa filiera europea. I metodi di produzione della carne di vitello nell’UE sono, infatti, soggetti a norme severe in materia di sicurezza alimentare, tracciabilità, autenticità, etichettatura, alimentazione e rispetto dell’ambiente. Non solo: il vitello è una delle filiere zootecniche che genera il maggior numero di posti di lavoro diretti e indiretti, stimati in circa 25.000 solo tra Paesi Bassi, Francia, Italia e Belgio. Si tratta dunque di una filiera di fondamentale importanza nel panorama italiano ed europeo e che, per questo, è quanto mai fon-
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damentale salvaguardare. Proprio con questo fine è stata organizzata questa tavola rotonda, che ha permesso ai principali attori del settore di confrontarsi e lavorare in modo sinergico per il raggiungimento di un unico obiettivo: la valorizzazione di una filiera sostenibile e di una vera eccellenza italiana, sensibilizzando in modo particolare gli allevatori sull’importanza della prevenzione e della vaccinazione del vitello, che consentirebbe risultati migliori intesi a 360 gradi, da una maggiore sostenibilità ad un uso ponderato del farmaco, dal minor rischio di contrarre malattie ad un maggiore benessere per l’animale. Secondo il V Rapporto annuale dell’Organizzazione Mondiale delle Epizoozie (OIE, organismo per la salute animale dell’ONU) recentemente pubblicato sugli agenti antimicrobici destinati agli animali da allevamento, si evidenzia già una diminuzione delle quantità di vendite di antimicrobici del 34% rispetto al 2015. Questo risultato conferma come, su questo tema, la filiera bovina italiana sia una delle filiere su scala globale ad aver già da tempo posto al centro della sua strategia una sempre maggiore attenzione al benessere degli animali come soluzione di mitigazione dell’uso di antimicrobici. Moderatore dell’evento, ANDREA P ANCANI , vicedirettore TG La7. Sono poi intervenuti: LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente ASSOCARNI; il professor CARLO ANGELO S GOIFO R OSSI , Dipartimento di Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano; PIERDAVIDE LECCHINI, direttore generale Sanità animale e farmaci veterinari Ministero della Salute; ETTORE PRANDINI, presidente COLDIRETTI; CLAUDIO DESTRO, AD Az. Agr. Maccarese Spa; SERAFINO CREMONINI, AD Società Agricola Corticella Srl; PAULO DE WAAL, direttore generale Zoogamma Spa; GIAN LUCA VERCELLI, AD di Vercelli Spa; PAOLO SANI, AD di MSD Animal Health Italia; CLAUDIO MAZZINI, responsabile commerciale Freschissimi di Coop Italia; CARLO BOLLATI, responsabile acquisti Carni Carrefour Italia.
La giusta remunerazione passa anche da una migliore percezione di questa carne moderna ed in crescita: occorre uno sforzo culturale Ad aprire i lavori è stato LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente di ASSOCARNI, che ha sottolineato come al momento siano diverse le questioni contingenti che rendono nebuloso il futuro del settore della carne bovina, dalla nuova PAC al Farm to Fork alla tematica della sostenibilità, per cui non si sa se prevarrà l’idea di una sostenibilità competitiva rispetto ad una sostenibilità ideologica. Inoltre, abbiamo da un lato un aumento senza precedenti delle materie prime e, dall’altro, un prezzo di vendita alla produzione fermo a quello di 30 anni fa. In una situazione come questa solo un vero e franco dialogo di filiera può garantire un futuro al settore. «La stragrande maggioranza delle nostre aziende della filiera del vitello ha investito e investe in infrastrutture nuove e standard sempre più elevati di benessere animale ma deve avere anche la giusta remunerazione che passa anche da una migliore percezione di questa carne moderna ed in crescita anche su mercati lontani (quali Giappone ed USA), in particolare nella ristorazione». I nostri animali tripla IT oggi ci portano una qualità di carne unica, che incontra le aspettative dei consumatori sempre più attenti ed esigenti A seguire, il professor Carlo Angelo Sgoifo Rossi ha esposto un’analisi del mercato e dei consumatori, della filiera e dello stato di salute degli animali oggi. «La filiera italiana del vitello a carne bianca è storica, da sempre curata con grande attenzione ed è quindi oggi sinonimo di eccellenza e di “esasperazione della professionalità”». Essere parte della filiera permette di valorizzare il prodotto e di avere un dialogo costante con tutti gli attori per ottimizzare e valorizzare sia il processo produttivo sia le sue caratteristiche. Non dimentichiamo che questa filiera valorizza in modo ineguagliabile un co-prodotto dell’allevamento
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da latte. «Negli allevamenti è stato fatto un grandissimo lavoro di miglioramento sotto tantissimi aspetti in questi ultimi anni e il risultato di tutto ciò si percepisce anche nel piatto. I nostri animali tripla IT (nati, allevati e trasformati in Italia) oggi ci portano una qualità di carne unica, che incontra le aspettative dei consumatori sempre più attenti ed esigenti nei confronti di ciò che consumano anche a livello di percezione sensoriale». Una carne magra, il cui sapore non stanca ma che si mangia volentieri nel quotidiano. L’attenzione delle istituzioni anche a livello europeo Pierdavide Lecchini si è concentrato sul concetto di One Health cui anche il consumatore è sempre più attento: «Il consumatore è molto interessato al concetto di benessere a 360° ed è importante che anche tutta la filiera ragioni in questi termini per incontrare le leve che portano poi alla scelta di un prodotto. Anche la Commissione europea sta lavorando in questi termini, studiando la situazione per arrivare al 2023 con un nuovo atto sul tema». Un settore strategico per la zootecnia italiana, per anni sottovalutato. Fondamentale la capacità di comunicazione della filiera verso l’esterno e la semplificazione normativa «La zootecnia italiana oggi è la più sostenibile che c’è» ha commentato Ettore Prandini. «È quindi davvero necessario investire nella comunicazione per non parlare della filiera, delle sue attività e dei suoi problemi solo agli addetti ai lavori. Parlare e agire come filiera: dobbiamo dialogare e collaborare con altri settori e altre figure professionali, come i pediatri e il mondo della ristorazione, per sensibilizzarli sull’importanza di avere in tavola una carne di qualità. Bisogna lavorare tutti insieme per uno sforzo comune per valorizzare la ricerca, che spesso è lasciata indietro, al fine di far conoscere l’eccellenza italiana anche all’estero. Fondamentale è inoltre investire nella formazione all’interno degli allevamenti, nella digitalizzazione
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dei processi produttivi e, magari, usufruire di una semplificazione delle norme». Allevamenti e industria L’importanza di avere vitelli e baliotti sani e forti e le difficoltà che spesso si incontrano da diversi punti di vista sono stati al centro degli interventi di Claudio Destro, Serafino Cremonini, Paulo De Waal e Gian Luca Vercelli. Destro ha affermato che «i costi oggi sono arrivati all’insostenibilità: di questo passo sarà la morte dell’allevamento. Se si vuole un prodotto di qualità, la filiera deve essere aiutata e sostenuta in maniera completa e quindi a partire dagli allevamenti; non possono usufruire degli aiuti solo industria e GDO». Secondo Serafino Cremonini «bisogna porre al centro della discussione l’uso responsabile del farmaco e considerare cruciale il benessere dell’animale, perché in alcuni periodi dell’anno facciamo davvero fatica a trovare baliotti italiani sani e forti e dobbiamo quindi acquistarli all’estero che ci fornisce animali più resistenti, in condizioni di salute migliori». Per De Waal, il settore del vitello a carne bianca negli ultimi 20 anni è stato oggetto di stravolgimenti sia a livello di management che, fattore importantissimo, a livello di alimentazione degli animali. Entrambe le cose hanno condotto enormi miglioramenti ma non ci si deve certo fermare. «È necessario lavorare più a stretto contatto con istituzioni e Università, per collaborare con il mondo dell’istruzione e investire sulla formazione che, spesso, grava sulle spalle delle aziende. Usare meno farmaci e focalizzarsi di più sulla salute degli animali sono le carte vincenti per continuare a crescere». Secondo Gian Luca Vercelli, infine, «il vitello è un prodotto molto apprezzato dal mondo della ristorazione mondiale grazie proprio agli investimenti fatti dalla filiera in termini economici e di ricerca e sviluppo. Occorre anche produrre referenze che rendano più fruibile una tipologia di carne non così sem-
plice da cucinare. Sostenere la filiera e ottenere ulteriori miglioramenti alla base della stessa, ovvero negli allevamenti, è strategico». La parola alla GDO I due player in rappresentanza della GDO hanno analizzato il tema partendo dalle esigenze dei propri consumatori. Claudio Mazzini ha dichiarato che «visto il calo del consumo del vitello negli ultimi tre anni, è importante lavorare tutti insieme per comunicare al meglio al consumatore finale il prodotto, raccontando lo stato di salute degli animali in allevamento, coinvolgendo tutti gli attori, in particolare i produttori di latte che possono e devono dare un contributo». «Coinvolgere tutti i player della filiera è fondamentale per portare al cliente un prodotto riconoscibile per qualità e italianità» ha commentato Carlo Bollati. «In Carrefour abbiamo intrapreso un percorso virtuoso che è durato anni, entrando in Filiera Italia e trasformando il vitello italiano in marchio Carrefour (Filiera Qualità Carrefour). Abbiamo lavorato insieme alle aziende di macellazione per produrre una carne di qualità, buona e sicura e certificata che viene riconosciuta e molto apprezzata dai nostri clienti». One Health e made in Italy A conclusione della tavola rotonda è intervenuto Paolo Sani, MSD Animal Health: «Dobbiamo allargare il cerchio e aprirci al mondo senza pensare solo ai problemi del nostro singolo comparto. Dobbiamo “cacciare in branco”: sebbene sia un’espressione forte, in questo contesto è appropriata perché ne va della sopravvivenza di questa filiera. Dobbiamo fare sistema per tutelare un obiettivo comune, per continuare a crescere e a migliorare. Mi impegno personalmente in questa sfida di portare avanti un gruppo di lavoro che definisca una strategia comune partendo da concetti per tutti noi chiave, come il One Health e il made in Italy». >> Link: www.assocarni.it
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...una storia Italiana
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ZOOTECNIA
La zootecnia non è responsabile dell’aumento dei gas climalteranti in atmosfera. Anzi… di Roberto De Vivo e Luigi Zicarelli
A
differenza di molti studi e di quanto i media vanno diffondendo — che considerano solo i gas climalteranti prodotti dalle attività zootecniche sul cambiamento climatico — nel contributo dato recentemente alle stampe1 viene valutata la quantità di CO2 prodotta dagli animali e
quella equivalente derivante nel corso di dieci anni, dal metano dell’attività ruminale, ma anche quella fissata nei vegetali utilizzati per l’alimentazione degli animali di allevamento. Dall’elaborazione effettuata, emerge che in Italia la CO2 fissata dai vegetali, prodotti sia in Italia sia all’estero, destinati
all’alimentazione degli animali, è superiore di circa il 10% rispetto a quella equivalente emessa dagli animali allevati e dalle attività zootecniche ad essi correlate. Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto da molti media, gli animali di allevamento contribuiscono a ridurre la CO2 in atmosfera.
Photo © littlewolf1989 – stock.adobe.com
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Sono state quantificate le emissioni dovute alla respirazione e quelle relative alle fermentazioni ruminali e alle deiezioni di tutti i capi delle specie allevate in Italia, alla loro gestione e al loro spandimento, comprese le deiezioni rilasciate dagli animali al pascolo. È stata poi calcolata l’anidride carbonica (CO2) fissata dalle principali colture di interesse zootecnico tramite il “Ciclo di Calvin-Benson” che è stata sottratta dall’atmosfera. Da dati statistici si è risaliti alla quantità di foraggi (ISTAT) e cereali (ASSALZOO), prodotta nel nostro Paese e all’estero, impiegata in Italia. Dalla quantità prodotta di foraggi e cereali si è risaliti alla biomassa vegetativa tramite i vari indici di raccolta, calcolando anche la parte ipogea lasciata al suolo come residuo colturale. Si è tenuto conto, inoltre, delle emissioni che provengono dalla coltivazione delle specie vegetali per la lavorazione del terreno, la produzione di fertilizzanti e fitofarmaci, l’elettricità, i combustibili e il funzionamento delle macchine. Dai risultati emersi si può affermare che la zootecnia in Italia, escluse le attività legate al trasporto e alla lavorazione di prodotti come carne e latte, non contribuisce all’aumento delle emissioni di gas serra in atmosfera ma le diminuisce, anche se di poco, perché il saldo tra le quantità di CO2eq. prodotte dal bestiame e quelle fissate nel foraggio utilizzato per la loro alimentazione è nettamente (+10%) a favore di quest’ultima. Se gli alimenti per il bestiame non sono importati, basterebbe aumentare la superficie adibita alla coltivazione di erba medica di 2,6 volte per eguagliare l’equivalente di CO2 prodotta dagli allevamenti e quelli fissati nel foraggio. Il contributo è stato arricchito dall’esame di una singola azienda di media dimensione (150 capi in lattazione) che ha evidenziato che la somma della CO2 immagazzinata dai foraggi prodotti in Italia e all’estero fornisce un valore del 6% superiore a quello prodotto dalle attività zootecniche.
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L’attività zootecnica, senza tener conto di trasporto e lavorazione secondaria di latte, carne, ecc…, può essere considerata equilibrata e la sua influenza andrebbe quindi corretta nella valutazione delle emissioni di gas serra
Dai dati elaborati, emerge che in Italia la CO2 fissata e sottratta dall’atmosfera dalle foraggere coltivate e importate per nutrire gli animali d’allevamento neutralizza la somma di CO2eq. emessa per le lavorazioni agricole, le fermentazioni ruminali e la gestione del letame. L’attività zootecnica, senza tener conto del trasporto e della lavorazione secondaria di latte, carne, ecc…, può essere considerata equilibrata e quindi la sua influenza andrebbe opportunamente corretta nella valutazione delle emissioni di gas serra. Il risultato ottenuto è al netto di tutte le emissioni che includono i processi agricoli e quelli relativi alla produzione di fertilizzanti e pesticidi, elettricità, carburante e il funzionamento di macchinari. In questo modo è stato possibile calcolare il contributo netto grazie alla sottrazione dell’anidride carbonica delle colture foraggere e cerealicole nel settore zootecnico. Questa conclusione è tanto più interessante se si considera che l’emivita dell’anidride carbonica è maggiore di quella del metano e del protossido di azoto. Di conseguenza, per mitigare l’effetto serra è più efficiente in termini di tempestività, soprattutto se si ritiene che la CO2 prodotta da diverse fonti (carbon fossile e petrolio) duri più a lungo nell’atmosfera rispetto al metano e che quella prodotta dalle fonti industriali non si ricicla ma si aggiunge a quella già presente in atmosfera. I risultati di questo studio sono in accordo con quello di CHIRIACÒ e VALENTINI (2021), che dimostra che il settore agricolo da un lato genera le emissioni di gas serra che dall’altra sono riassorbite, soprattutto con opportuni sistemi sostenibili di gestione, grazie all’attività di fotosintesi e biodiversità del suolo che rappresentano un importante
dissipatore di carbonio che permette di raggiungere la neutralità carbonica. Tutti gli altri settori (energia, costruzioni, trasporti) possono impegnarsi a ridurre le loro emissioni e ridurle gradualmente a zero, ma non hanno la possibilità di rimuovere l’eccesso di CO2 già presente nell’atmosfera. La letteratura definisce, infatti, questi gas “gas stock” perché si sommano sempre. Il metano ha una durata inferiore: circa 10 anni. Ciò significa che dopo un decennio non c’è più. Si attiva un processo — e questo rende davvero il metano molto diverso dagli altri gas — che distrugge il metano, chiamato idrossi-ossidazione (FRANK MITLOEHNER, Cattle, climate change and the methane…, www.alltech.com/features-podcast-blog/ frank-mitloehner-cattle-climatechange-and-methane-myth). Alla velocità con cui viene emesso, viene distrutto. Ciò rende il metano molto diverso dagli altri gas. Roberto De Vivo Luigi Zicarelli Fonte: www.georgofili.info Nota 1. La presente nota è una sintesi dell’articolo scientifico pubblicato su TRANSLATIONAL ANIMAL SCIENCE, marzo 2021, di ROBERTO DE VIVO e LUIGI ZICARELLI (Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, Università degli Studi di Napoli “Federico II”), Influence of carbon fixation on the mitigation of greenhouse gas emissions from livestock activities in Italy and the achievement of carbon neutrality, www.researchgate. net/publication/349950192_Influence_of_carbon_fixation_on_ the_mitigation_of_greenhouse_ gas_emissions_from_livestock_activities_in_Italy_and_the_achievement_of_carbon_neutrality
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BENESSERE ANIMALE
Un sistema multilivello che garantirà trasparenza ai consumatori
La belga Belpork aggiunge un nuovo standard per il benessere degli animali
L’
organizzazione interprofessionale belga Belpork1 ha aggiunto a BePork, lo standard di qualità per la carne suina di cui garantisce l’alta qualità, un modulo specifico relativo al benessere degli animali. Lo standard, che include una serie di regole più rigorose dell’attuale legislazione belga, si concentra su salute e benessere, sostenibilità, sicurezza alimentare e tracciabilità ed è stato progettato per l’intera
filiera produttiva di carne suina, dagli allevatori di bestiame ai laboratori di sezionamento. Questa nuova aggiunta nell’ambito dell’animal welfare integra lo standard generico BePork e implica norme extra-legali su larga scala che hanno come unico obiettivo il miglioramento del benessere degli animali. Il trasporto viene già ampiamente coperto dalle specifiche di BePork; pertanto, non sarà gestito separatamente in questo modulo.
Questo approccio a livelli incrociati nei confronti del benessere degli animali non è usuale in quanto i sistemi per il benessere degli animali si limitano, per la maggior parte, al settore primario. Prima di lanciare questa iniziativa, Belpork ha esaminato i criteri di altri standard di qualità internazionali a livello agricolo, giungendo alla conclusione che il nuovo modulo belga per il benessere degli animali non è assolutamente inferiore
Il Belgio è il quinto esportatore netto di carne suina dell’UE. Il 91% della sua produzione viene esportato nell’UE e il 9% in Paesi Terzi (photo © Jimmy Kets).
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agli altri. Grazie al sistema completo di tracciabilità a livelli incrociati di BePork, i clienti potranno scoprire direttamente nel punto vendita quali sono i criteri soddisfatti da un prodotto in materia di benessere degli animali e, quindi, decidere in modo consapevole. Il modulo belga non è un sistema rigido. Pertanto — analogamente a quanto avviene con i sistemi di altri Paesi — oltre al livello di base, sono possibili livelli più elevati. In Belgio, il benessere degli animali è sotto la responsabilità delle tre diverse regioni: le Fiandre, la Vallonia e la regione di Bruxelles-Capitale. Ciononostante, il nuovo modulo è aperto a tutto il Paese. È un segnale importante e positivo. Inoltre, sotto l’egida della ministra fiamminga dell’agricoltura HILDE CREVITS, i politici progettano di rendere accessibile in futuro questo sistema volontario a tutte le altre specie animali da allevamento. «Ciò richiederà tempo, ma la cosa più importante è che il quadro sia stato definito», afferma LIESBET PLUYM, la coordinatrice di Belpork. Il modulo per il benessere degli animali, da cui gli allevatori di bestiame si attendono maggiori profitti, è quasi totalmente operativo. Prima che il nuovo marchio belga per la trasparenza sul benessere degli animali venga ufficialmente lanciato, restano ancora alcuni ostacoli burocratici da superare ma «si può già vedere la luce alla fine del tunnel», afferma la coordinatrice. >> Link: www.belgianmeat.com Nota 1. Belpork vzw è un’organizzazione interprofessionale con copertura nazionale fondata nel 2000 che rappresenta tutti gli operatori dell’industria della carne suina. L’associazione ha il compito di promuovere la qualità della carne suina belga in modo sostenibile, con progetti innovativi e attraverso la gestione di sistemi qualità. In quest’ottica, crea valore aggiunto per la promozione della carne suina belga.
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PROGETTI DI FILIERA
Asprocarne Piemonte e France Blonde d’Aquitaine Sélection presentano il progetto “Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence”
L
o scorso 23 settembre, nella magnifica cornice del villaggio narrante di Fontanafredda (CN), a Serralunga d’Alba, nel cuore del Barolo, si è tenuto il workshop “Sapere di carne”, relativo alla razza bovina Blonde d’Aquitaine e comprensivo della presentazione del progetto “Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence”. Co-finanziato dall’Unione Europea e gestito da A SPROCARNE P IEMONTE e F RANCE BLONDE D’AQUITAINE SÉLECTION, il suo scopo è quello di favorire la conoscenza di questa pregiata razza bovina tra i consumatori e gli operatori del settore. In particolare in
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È bionda, nasce in Francia, cresce in Piemonte: è la razza bovina Blonde d’Aquitaine. Sinonimo di qualità, tradizione, sostenibilità ambientale e sociale, ma anche sicurezza alimentare e benessere animale. La presentazione di un progetto a lei dedicato in un workshop in terra di Barolo
Francia e in Italia, principali mercati per questo bovino. Un’eccellenza dell’allevamento bovino europeo Ciò che rende unica la Blonde d’Aquitaine è l’estrema tenerezza e
l’elevata magrezza della sua carne. Caratteristiche queste particolarmente apprezzate dai consumatori italiani e che fanno di questa razza francese una delle più interessanti nel panorama mondiale. Tutto merito della sua particolare struttura,
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A sinistra: Franco Martini, presidente Asprocarne, nel suo intervento di presentazione dei lavori. In alto: da sinistra, Simone Mellano, direttore Asprocarne, il professor Carlo Angelo Sgoifo Rossi, Università degli Studi di Milano, Franco Martini e Carlo Sartori, Istituto Italiano Assaggiatori Carne. A destra: la giornata dedicata alla Blonde d’Aquitaine è terminata alla tavola del ristorante stellato Guido, dove lo chef Ugo Alciati ha proposto un menù esclusivo.
con un fisico armonico e la mole imponente. Gli arti sono leggeri e la pelle è particolarmente sottile. Come è facile intuire, il suo mantello è biondo — o “fromentino”, come dicono i tecnici — ma può essere anche rossiccio o completamente bianco. Testa piccola, fronte larga e corna mediamente corte. Ciò che più conta, però, è la sua muscolatura che oggi, grazie ad un incessante lavoro di selezione, è ben definita, rotonda e compatta. Le spalle, in particolare, così come il collo, la zona lombare e le cosce sono naturalmente sviluppate. Caratteristiche certificate in Italia dal Sistema di Qua-
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lità Nazionale in Zootecnia (SQNZ) e in Francia da specifici Label Rouge, che ne attestano il livello di qualità superiore (Bœuf Blond d’Aquitaine, Bœuf Excellence, Bœuf de nos Prés). Le origini della razza Il Bos Aquitanicus, che diede origine a diverse razze di bovini caratterizzate da un mantello chiaro e diffusi nel Sud-Ovest della Francia, è considerato il progenitore anche della Blonde d’Aquitaine. Con lo sviluppo della zootecnia moderna, verso la fine del 1800, vennero individuate tre varietà distinte, la Garronaise, la Quercy e la Blonde
des Pyrénées. Caratterizzate da fisici possenti e dimensioni eccezionali, furono riunite in specifici Libri genealogici. Un lavoro imponente che proseguì senza sosta dal 1898 fino al 1920. Al termine della Seconda guerra mondiale, però, a causa dei problemi economici e dello sviluppo della meccanizzazione, l’allevamento delle pregiate razze francesi subì una brusca battuta d’arresto. Col tempo, grazie ad una lungimirante politica governativa di rilancio e miglioramento genetico, e al lavoro del veterinario RAPHAËL TRÉMOUILLE, le tre razze vennero progressivamente fuse, dando vita
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La visita alle stalle d’allevamento dei bovini di razza Blonde d’Aquitaine dell’azienda agricola Pavesio organizzata in occasione del workshop. all’attuale Blonde d’Aquitaine. Siamo nel 1962. Nel giro di pochi anni, dal Sud della Francia questa nuova razza si diffuse rapidamente su tutto il territorio nazionale e in particolare nel Nord-Ovest, tra le regioni Pays de Loire, Bretagne e Normandie,
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per poi varcare i confini e giungere anche in Italia, dove la Grande Blonde viene allevata ormai a partire dalla metà del secolo scorso. In particolare in Piemonte dove, grazie al gran numero di tagli pregiati e all’ottima qualità, incontra il gusto degli esigenti consumatori locali
che amano le carni magre, tenere e delicate nei sapori. Del resto, il mercato italiano rappresenta da sempre uno sbocco fondamentale per gli allevatori francesi, dato che nel nostro Paese la produzione di bovini non è sufficiente a coprire le richieste del mercato interno. A favorire questo costante scambio, inoltre, c’è una profonda differenza nelle abitudini dei consumatori dei due Paesi. I Francesi, infatti, amano le carni più grasse, di colore più vivo e intenso ma soprattutto tagli più maturi. I consumi, dunque, sono rivolti soprattutto a capi più adulti, di 6 o 7 anni, in genere giunti a fine carriera riproduttiva. In Italia, invece, i consumatori preferiscono carni più tenere e dal gusto più delicato, come i vitelloni di età compresa tra i 12 e i 24 mesi. Allevamento rispettoso del benessere animale Pratiche moderne di allevamento del bestiame, in grado di garantire elevati standard di sicurezza per i consumatori, ma allo stesso tempo
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Asprocarne Piemonte è un’organizzazione italiana di produttori di bovini da carne, che opera sull’intero territorio della Regione Piemonte, costituita nel 1985 sulla base di un’apposita normativa comunitaria. Oggi Asprocarne conta circa 500 soci, che allevano oltre 130.000 bovini da carne di razze italiane ed estere e che rappresentano il 25% della produzione regionale. Asprocarne Piemonte rappresenta il volto dei produttori piemontesi di carne bovina sul mercato. E ha come obbiettivo quello di migliorare, qualificare, promuovere, valorizzare e commercializzare le carni prodotte dagli allevatori associati. www.asprocarne.com France Blonde d’Aquitaine Sélection è un’associazione francese incaricata dal Ministero dell’Agricoltura che ha il compito di curare la selezione genetica della Blonde d’Aquitaine per migliorarne le qualità originali, la sua morfologia e le performance dei capi. Si occupa inoltre di mantenere aggiornato il Libro Genealogico della razza, di certificare i capi riproduttori selezionati e di assicurare gli interessi generali degli allevatori attraverso l’organizzazione di eventi specifici e implementando attività di promozione sul territorio. www.blonde-aquitaine.com Il Consorzio Sigillo Italiano, riconosciuto con Decreto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali n. 828 del 28.02.2018, è un Consorzio di valorizzazione dei prodotti ottenuti grazie all’adozione dei Disciplinari approvati all’interno dei Sistemi di Qualità Nazionale in Zootecnia (SQNZ). Gli allevamenti piemontesi che partecipano al progetto aderiscono al Disciplinare del “Vitellone e Scottona ai cereali” e sono rappresentati all’interno del Consorzio dall’Asprocarne Piemonte. sigilloitaliano.it
rispettose del benessere animale. Sono questi i presupposti fondamentali per le aziende italiane che appartengono al Consorzio Sigillo Italiano e che allevano i bovini di razza Blonde d’Aquitaine, seguendo un disciplinare denominato “Vitellone e Scottona ai cereali”. Il marchio Consorzio Sigillo Italiano rappresenta una garanzia sull’origine e la qualità del prodotto venduto. Si parte da vitelli giovani, acquistati e importati direttamente dalla Francia. I broutards, come vengono definiti i capi provenienti dalle regioni del Sud-Est, al confine con la Spagna ai piedi della catena dei Pirenei, giungono in Italia a un’età compresa tra i 6 e i 12 mesi. Già pesano tra i 250 e i 350 kg e sono quindi pronti per iniziare il cosiddetto “ciclo di ingrasso”. Al loro arrivo negli allevamenti italiani, i capi vengono accuratamente controllati e sottoposti alle necessarie vaccinazioni. Vengono quindi ricoverati in stalle accoglienti e suddivisi in piccole mandrie omogenee. Qui possono riposarsi
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e rifocillarsi, dando inizio alla cosiddetta fase di “adattamento”, della durata di circa 30/40 giorni. Questo periodo è necessario per garantire il completo benessere ai vitelli, abituandoli gradualmente a ricevere un’alimentazione concentrata e ricca in amidi e zuccheri. La successiva fase “di ingrasso” ha invece una durata variabile tra i 4 e i 6 mesi e rappresenta il cuore di tutto il processo. Si tratta di un momento molto delicato, durante il quale si cerca di ridurre al minimo ogni stress: è fondamentale, per esempio, che i capi vengano lasciati sempre in gruppo, rispettando le naturali dinamiche di branco. L’ultima fase dell’allevamento è detta tecnicamente “finissaggio”. Nella pratica si tratta di un periodo di circa un mese durante il quale i bovini vengono alimentati con razioni più ricche di zuccheri, in modo da aumentare gradualmente la percentuale di grasso intramuscolare, migliorando la qualità della carne. Al termine di questo ciclo, i maschi avranno raggiunto un peso variabile
tra i 650 e i 750 kg. Le femmine, invece, avranno un peso di poco inferiore, tra i 450 e i 550 kg. La carne ottenuta da bovini di razza Blonde d’Aquitaine è ideale per la preparazione dei piatti della tradizione italiana, e in particolare per quelli piemontesi. Come la carne cruda battuta al coltello e più in generale tutte le preparazioni che prevedono cotture poco prolungate. In genere in Italia si preferisce la carne di bovini maschi e giovani, mentre le femmine vengono utilizzate per tagli di altissima qualità, destinati alle cosiddette “boutique”. Nota Photo © Nicola Cerea.
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E-mail: info@blonde-aquitaine.com Info: www.blonde-aquitaine.com FB: Blonde d’Aquitaine: European Beef Excellence IG: blonde.aquitaine
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EU Poultry, protagonista al Food & Science Festival di Mantova. La campagna europea ha tra i promotori UNAItalia Sostenibilità e trasformazione ecologica sono il cuore del presente e del futuro dell’avicoltura europea ed italiana, con una costante attenzione rivolta ai metodi di produzione degli alimenti, al benessere animale e all’impatto sul clima e sull’ambiente. Questo il tema centrale dibattuto e analizzato durante la conferenza “La transizione ecologica nella filiera avicola europea e italiana”, realizzata nell’ambito della campagna di comunicazione e promozione delle carni bianche dell’Unione Europea, che si è svolta lo scorso 2 ottobre in occasione del Food & Science Festival di Mantova. La conferenza ha visto al tavolo dei relatori LARA SANFRANCESCO, direttore di UNAItalia, l’associazione che rappresenta oltre il 90% della produzione avicola nazionale, insieme a LUCREZIA LAMASTRA, docente dell’Università Cattolica. L’incontro si è svolto in concomitanza con il Pollo Arrosto Day, un appuntamento inaugurato proprio da UNAItalia e giunto alla sua quinta edizione. «Il settore avicolo europeo — ha detto Lara Sanfrancesco — considera la sostenibilità, il benessere animale e la trasformazione ecologica delle priorità assolute ed è orgoglioso di produrre secondo le rigide norme che si applicano in tutta la filiera di produzione, secondo il modello From Farm to Fork (“dal campo alla tavola”). Gli attuali standard in vigore per le carni avicole nell’UE sono infatti tra i più rigorosi al mondo, incentrati sul continuo miglioramento delle condizioni di produzione in termini di conservazione delle risorse e benessere degli animali. Investimenti green, innovazione e pratiche virtuose nella gestione degli allevamenti: questi gli elementi con cui la filiera avicola italiana si sta adoperando per essere parte della soluzione e raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Unione Europea. Tra gli impegni della filiera non mancano poi la produzione energetica da fonti rinnovabili, il recupero degli scarti di lavorazione, l’utilizzo di mezzi innovativi a ridotta emissione di CO2, la costante diminuzione nell’utilizzo degli antibiotici e la garanzia di un maggior benessere animale, con lo scopo di utilizzare sempre meno risorse naturali, conciliando sostenibilità ambientale, sociale ed economica» (fonte: EFA News - European Food Agency; photo © Anshu A. x unsplash).
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NOVITÀ
AZIENDE
Pascol, la start-up che rivoluziona il mercato della carne in Italia Equity crowdfunding da record: € 800.000 da più di 100 investitori in un solo mese. Boom di investimenti per la start-up che in tutta Italia promuove carne di alta qualità dai piccoli allevatori
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n traguardo raggiunto a tempo record. Pascol, la prima start-up specializzata nella selezione, distribuzione e promozione della carne italiana di produzione nazionale regolata da un disciplinare che prevede l’ammissione dei soli allevamenti di animali liberi di pascolare, ha raccolto 800.000 euro su Mamacrowd, la più
importante piattaforma italiana per investimenti in equity crowdfunding. Un vero boom di investimenti che raggiunge il goal finale con più di tre settimane di anticipo rispetto alla chiusura dell’operazione. L’innovativa realtà fondata a Sondrio nel 2019 da FEDERICO ROMERI e NICOLÒ LENOCI è riuscita in un solo mese a triplicare il capitale
del suo primo anno e mezzo di vita, pari a 310.000 euro. Un successo raggiunto grazie al finanziamento di 105 investitori tra cui AZ ELTIFALIcrowd, primo ELTIF di venture capital che utilizza anche il crowdfunding per ricercare le aziende oggetto di investimento, istituito da Azimut Investments SA e gestito in delega da Azimut Libera Impresa
Federico Romeri e Nicolò Lenoci, fondatori di Pascol, prima realtà food tech che promuove la carne di alta qualità proveniente da piccoli allevatori italiani con allevamenti estensivi e animali liberi di pascolare.
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SGR Spa. «Un risultato grandioso — commenta Federico Romeri— che dimostra l’importanza del nostro progetto nel soddisfare la necessità di un consumo sostenibile e consapevole della carne a cui oggi i consumatori sono sempre più attenti. Il crowdfunding su Mamacrowd è uno step fondamentale per rilanciare la produzione della carne italiana di qualità all’insegna di tutela ambientale e valorizzazione del territorio». Dall’allevamento estensivo alla distribuzione hi-tech Pascol nasce da un percorso self-made iniziato dai due founder che ha portato alla creazione di un team di 12 persone — età media 27 anni — con una preparazione multidisciplinare in zootecnia, ingegneria gestionale ed economia. Con una filiera di più di 30 allevatori selezionati, Pascol è in grado di rifornire migliaia di clienti in tutta Italia. A partire dal 2021 si inserisce nel mercato B2B attraverso due importanti partnership con Carrefour e Deliveristo. La selezione della carne avviene da
piccoli allevatori del Centro-Nord che aderiscono al Disciplinare di allevamento Pascol approvato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF). Il disciplinare prevede l’allevamento dei bovini con ricorso obbligatorio al pascolo o all’alpeggio, la loro alimentazione ad erba e fieno con integrazione limitata di cereali italiani certificati no ogm, la certificazione di benessere animale eccelso anche per i periodi in stalla, con un utilizzo di farmaci tendente allo zero. Gli allevamenti vengono controllati dal team zootecnico interno dell’azienda e dal Dipartimento di Qualità Agroalimentare (DQA). I bovini provengono esclusivamente dagli allevatori selezionati. La macellazione e la frollatura delle mezzene avvengono in macelli partner vicini agli allevamenti in modo da minimizzare lo stress degli animali. Successivamente, in uno stabilimento partner della provincia di Milano, la carne viene confezionata sottovuoto con tecnologia skin, in grado di darle
una durata di conservazione di 12 giorni in frigorifero e fino a un anno in freezer. Infine, dopo l’acquisto sul portale e-commerce Pascol.it, il prodotto viene spedito in tutta Italia con mezzi refrigerati da un corriere specializzato nel trasporto a temperatura controllata. Allevamento sostenibile, valorizzazione del territorio Attraverso il suo sistema Pascol sostiene i territori italiani dove hanno sede i piccoli allevatori partner che possiedono tra i 30 e i 200 capi ciascuno. Per tutta la carne Pascol è possibile conoscere luogo di provenienza, azienda agricola di allevamento e razza del bovino attraverso un sistema di tracciamento. Gli allevatori sono inoltre premiati attraverso azioni di sinergia per l’acquisto delle materie prime, consulenze e supporti gratuiti per l’alimentazione dei bovini e una retribuzione fino al 30% più alta della media di mercato. >> Link: Pascol.it
Pascol e Officina Gastronomica MA!: collaborazione senza conservanti e senza compromessi Carne ma anche salumi. Quello che vedete in foto è il Salame Pascol realizzato da Officina Gastronomica MA! (maofficinagastronomica.com) con carne di manzo Pascol e lardo di Suino Nero delle Alpi allevato da Vera Capelli. Vera è una giovane allevatrice di Roggiolo di Samolaco, in provincia di Sondrio, che ha da qualche tempo recuperato una razza suina autoctona della Valchiavenna, il Nero delle Alpi appunto. Una razza particolarmente rustica, allevata allo stato semi-brado, totalmente all’aperto, non avendo alcun problema di adattamento climatico e resistendo tranquillamente all’esterno anche in pieno inverno. MA! Officina Gastronomica, laboratorio artigianale di produzione di salumi e confetture di Madesimo, in provincia di Sondrio, di Stefano Masanti, Raffaella Mazzina e Stefano Ciabarri, produce una gamma di salumi realizzati proprio con le carni di suino Nero delle Alpi dell’allevamento di Vera. Lardo, salame, lonzino, pancetta, mortadelle di fegato, cotechini… Condividendone la filosofia, è nata una collaborazione con i ragazzi di Pascol. Per Pascol MA! Officina Gastronomica produce questo salame, anche nella versione in crosta di polenta, col 75% carne di manzo Pascol e il 25% di lardo di Suino Nero delle Alpi, sale, vino rosso, spezie e aglio; senza coloranti o conservanti, insacco in budello naturale; la Luganega (75% carne di manzo Pascol, 25% carne di Suino Nero delle Alpi); la Bresaola Pascol, anche a fette, e la Slinzega Pascol (“solo carne Pascol, sale, pepe, spezie, aglio e aria buona di Madesimo. Lavorazione artigianale e stagionatura lenta, senza conservanti e additivi chimici zero chimica e zero compromessi”).
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Agnello gallese IGP: sostenibilità e servizio per un nuovo anno sul mercato italiano
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a doppia sfida Brexit-Covid-19 non arresta la corsa del Welsh Lamb IGP in Italia. La carne ovina gallese, infatti, rinnova la sua presenza sul mercato italiano anche per tutto il 2021: chef, ristoratori e professionisti del settore potranno acquistare l’Agnello gallese dai rivenditori del foodservice, mentre
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i consumatori potranno trovarlo, come d’abitudine, nei banchi di carne fresca della GDO e nelle macellerie. Apprezzato per il suo gusto prelibato, la sorprendente tenerezza e la versatilità dei suoi tagli, l’Agnello gallese IGP da anni è entrato nelle abitudini d’acquisto degli Italiani.
A sceglierlo sono sempre più consumatori che prediligono prodotti dalla provenienza garantita, allevati secondo determinati standard di qualità e con apprezzabili caratteristiche organolettiche. «Nonostante il periodo difficile che abbiamo vissuto, il comparto delle carni gallesi guarda al futuro»
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HCC, HibuCigCymru, è l’ente responsabile per lo sviluppo, la promozione e la distribuzione delle carni del Galles. Tra i compiti di HCC vi sono: la promozione di tutti i prodotti di carne provenienti dal Galles, l’evidenziazione delle caratteristiche che differenziano i prodotti di carne gallese, la collaborazione con le aziende agricole per diffondere la qualità, ridurre i costi e migliorare la salute degli animali, la collaborazione con tutta la catena di fornitori per migliorare l’efficienza e sviluppare la garanzia di qualità, l’attività per la diffusione e il miglioramento della comunicazione della qualità di questo settore. HCC rappresenta per vasta parte l’industria agricola del Galles e trae esperienza dai diversi componenti del suo Board of Directors e dalle aziende a cui essi appartengono.
afferma Jeff Martin, responsabile per il mercato italiano dell’ente promotore HCC. «Sappiamo di poter offrire ai nostri clienti ciò che il consumatore desidera: un prodotto di qualità, dall’origine garantita e allevato secondo i più alti standard di benessere e sostenibilità ambientale».
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E proprio la sostenibilità sarà la parola d’ordine anche per quest’anno. «Riteniamo che The Welsh way, ovvero il modo gallese di allevare, abbia molto da offrire» spiega Martin. «La nostra ambizione è quella di rendere i nostri allevamenti di ovini e bovini un esempio globale di come produrre cibo di qualità, in modo sostenibile ed efficiente». Gli allevatori gallesi sfruttano terreni marginali, ovvero non utilizzabili in altra maniera, per il pascolo del bestiame. Lo fanno con sistemi non intensivi, utilizzando erba e acqua piovana per allevare gli animali, evitando così di contribuire alla deforestazione e all’uso non sostenibile delle risorse idriche. Gli allevamenti gallesi aiutano inoltre a immagazzinare carbonio nei pascoli e mantengono viva la biodiversità. «Il nostro obiettivo — precisa Martin — è garantire che i consumatori, quando scelgono il Welsh lamb o il Welsh beef, possano essere sicuri che la loro carne sia prodotta secondo i più alti standard di sostenibilità e di fare la nostra parte per combattere le sfide globali del cambiamento climatico e della sicurezza alimentare».
Sul fronte del servizio, invece, gli operatori del settore potranno sempre contare su un’ampia scelta di tagli sottovuoto o in skin pack e su una shelf-life di prodotto più lunga che arriva fino a 33 giorni. «La scadenza più lunga del nostro Agnello gallese, oltre al fatto che il prodotto arriva nei punti vendita “pronto” per essere esposto nei banchi di carne fresca (già porzionato, confezionato, prezzato ed etichettato), garantisce al supermercato e al caporeparto un risparmio notevole di tempo e una miglior gestione del prodotto. Un aspetto molto importante che ci posiziona ad alti livelli non solo per la qualità della carne, ma anche per il servizio efficiente offerto» conclude Martin. Il Galles è uno dei più grandi produttori di carne di agnello d’Europa: un censimento del 2016 contava infatti quasi 10 milioni di ovini. In tutto il Galles, un territorio di circa 20.000 km2, ci sono circa 14.000 allevamenti, con una media di 700 capi ovini a fattoria. >> Link: www.agnellogallese.it
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Tamara Lunger, nuova brand ambassador di Fiorani & C. Tamara Lunger, alpinista di Bolzano due volte campionessa italiana di sci-alpinismo e seconda donna italiana a salire in vetta al K2, diventa brand ambassador per Fiorani & C., azienda di Piacenza specializzata nella produzione di carni bovine e suine. Il marchio Fiorani, molto noto nella Grande Distribuzione, è sinonimo di alta qualità, innovazione di prodotto e attenzione alla sostenibilità. L’annuncio dell’accordo è stato diffuso alla vigilia della partenza di un nuovo tour di Tamara Lunger all’insegna dello sport: un progetto multisport che la porterà a salire tutte le montagne spagnole oltre 3.000 metri ed a esplorare il territorio con attività di cycling, parapendio e kayaking. «La carne — spiega VALERIA FIORANI, marketing manager di Fiorani & C. — è un alimento che, consumato nelle giuste proporzioni e all’interno di una dieta equilibrata, risulta salutare per tutti, in particolare per gli atleti. L’apporto proteico aiuta il mantenimento muscolare e contribuisce alla riparazione dei tessuti e l’esercizio fisico intenso aumenta il fabbisogno di alcune vitamine e minerali, come calcio, ferro, zinco e magnesio e vitamina B12, tutti presenti in forma altamente assimilabile nei prodotti di origine animale. Per questo l’accostamento del nostro brand al mondo dello sport risulta particolarmente coerente. In più, i valori dello sport rappresentati da Tamara, uniti alla sua visione della montagna, fatta di passione e rispetto per l’ambiente, sono perfettamente in linea con i valori del nostro brand». Tamara Lunger (@tamaralunger) sarà protagonista sui social, con post e stories che vedranno in vario modo la presenza di Fiorani. Inoltre potrà partecipare ad eventi pubblici organizzati dall’azienda. L’azienda e il Gruppo Fiorani & C., fondato e gestita dalla famiglia Fiorani da quattro generazioni, è controllata al 51% da Inalca (Gruppo Cremonini) e produce una gamma completa di prodotti porzionati ed elaborati pronti di carni bovine e suine. L’azienda si avvale di impianti produttivi d’avanguardia specializzati: due dedicati esclusivamente alla lavorazione di prodotti a base di carni suine a Castelnuovo Rangone (MO) e Solignano (MO), e uno dedicato alle carni bovine a Piacenza, dove c’è anche la principale piattaforma distributiva dell’azienda. >> Link: www.fioraniec.com – instagram.com/fiorani_e_c – instagram.com/tamaralunger
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Carne di manzo e di agnello irlandesi: i benefici per la salute e gli abbinamenti funzionali a tavola La dottoressa Sara Cordara, biologa nutrizionista specialista in Scienza dell’alimentazione, spiega perché scegliere carne di qualità e perché è importante conoscere gli abbinamenti funzionali con altre materie prime che ne esaltino i benefici
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a carne rossa, se assunta in giuste quantità, può portare numerosi benefici alla nostra salute e per questo è considerata un alimento essenziale all’interno di ogni dieta equilibrata. BORD BIA, ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione
dei prodotti alimentari irlandesi, col prezioso supporto della dottoressa SARA CORDARA, biologa nutrizionista specialista in Scienza dell’alimentazione ed esperta in nutrizione e integrazione sportiva, spiega perché scegliere un prodotto di qualità e l’importanza di conosce-
re gli abbinamenti funzionali con altri ingredienti per beneficiare al meglio dei nutrienti contenuti in essa. «La carne è fondamentale in una dieta equilibrata perché siamo onnivori, come ben dimostra la nostra struttura anatomica; abbiamo bisogno di proteine e di
Filetto di carne di manzo irlandese.
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Controfiletto di agnello irlandese. ferro facilmente assimilabili e di vitamina B12. Certo gli allevamenti devono essere il più possibile sostenibili, con prodotti di qualità adatti anche ai nuovi stili di vita. La carne di manzo e quella di agnello irlandese rappresentano una scelta consapevole sotto questi e altri punti di vista» afferma la dottoressa Cordara. «Il manzo ha sicuramente una marcia in più. Grazie alle sue virtù organolettiche e nutrizionali, questo prodotto rappresenta una garanzia per il consumatore. Le tecniche di allevamento tradizionali, l’alimentazione naturale, la selezione attenta delle razze e il clima mite dell’Irlanda riescono a creare un prodotto senza eguali». In Irlanda, infatti, gli animali sono allevati in libertà, in una terra che vanta una superficie agricola di circa 5 milioni di ettari, oltre l’80% dei quali è costituito da pascolo, un nutrimento naturale e sempre disponibile per le mandrie bovine. La carne irlandese allevata al pascolo risulta più magra e con un’ottima distribuzione dei lipidi proprio in virtù dell’alimentazione
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naturale, della libertà di muoversi degli animali e dell’attenta selezione di incroci di bovini da carne, prevalentemente da razze quali Angus ed Hereford. Questa carne presenta un colore rosso borgogna intenso dovuto all’alimentazione naturale a base di erba, naturalmente ricca di betacarotene, addirittura 7 volte in più rispetto a quella proveniente da animali con un altro tipo di alimentazione (ad esempio grano e cereali)1; per non parlare dell’elevato contenuto in vitamina A, E e una maggiore presenza di acidi grassi buoni Omega-3 che proteggono l’apparato cardiovascolare.
Carne di agnello: perché inserirla nella propria dieta? Irlanda vuol dire anche carne di agnello di prima qualità; ma cosa la differenzia dalle altre? Innanzitutto il Paese è uno dei principali produttori di carne d’agnello in Europa e riesce a soddisfare sia il fabbisogno interno che quello di altri Paesi: nel 2020, infatti, l’Isola di Smeraldo ha esportato 75.000 tonnellate di carne ovina per un valore di 364 milioni di euro2. Anche in Italia questo prodotto è particolarmente apprezzato (tra i Paesi europei ci posizioniamo prima di Germania e Svezia, per esempio) soprattutto dalla fascia d’età 35-54
In Irlanda gli animali sono allevati in libertà, in una terra che vanta una superficie agricola di circa 5 milioni di ettari, oltre l’80% dei quali è costituito da pascolo, un nutrimento naturale sempre disponibile per le mandrie bovine. La carne irlandese allevata al pascolo risulta più magra e con un’ottima distribuzione dei lipidi proprio in virtù dell’alimentazione naturale, della libertà di muoversi degli animali e dell’attenta selezione di incroci di bovini da carne
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Biologa nutrizionista specialista in scienza dell’alimentazione ed esperta in nutrizione e integrazione sportiva, la dottoressa Sara Cordara esercita come libera professionista presso diversi centri medici polispecialistici. Ha un contratto col Centro di medicina preventiva e dello sport dell’Università di Torino. Ha lavorato come consulente per aziende alimentari e farmaceutiche e attualmente collabora da anni con delle riviste di salute e benessere, con un’emittente radiofonica (radiovallebelbo.it) e con alcuni programmi televisivi RAI (attualmente Elisir su RAI3). Ha scritto due libri: “La dieta della camminata” e “Surgelati in cucina”, casa editrice Tecniche Nuove. A breve uscirà un terzo libro. Gestisce con passione da molti anni il web site www.nutrizionismi.it
che dichiara di acquistarla mediamente una volta al mese. Oltre al tipo di allevamento al pascolo, un’altra ragione che rende questa carne così speciale è il clima: i terreni fertili d’Irlanda e il clima temperato contribuiscono a rendere verdi e rigogliosi i prati su cui pascolano gli agnelli. Le abbondanti precipitazioni forniscono una lunga stagione di crescita dell’erba — più lunga che in qualsiasi altra parte d’Europa — e ciò fa sì che nelle zone collinari si creino ricchi ecosistemi in grado di sostenere sistemi di allevamento tradizionali. «Sfatiamo la credenza che la carne di agnello sia troppo grassa o faccia male, non è così! È un tipo di carne che può fornire molti benefici, che vanno dalla ricchezza di proteine, di potassio e ferro all’alta digeribilità. Inoltre è una carne molto magra e ipocalorica, specialmente se confrontata ad altre tipologie e,
se si scelgono tagli più magri (come la coscia o il carré) e si eliminano le parti grasse, l’apporto calorico dell’agnello diminuisce ulteriormente. Iniziamo quindi ad inserirla più spesso nella nostra dieta, al posto di altre». Vediamo nel dettaglio i benefici della carne di agnello: è ricca di proteine necessarie per sviluppare la muscolatura, per questo è spesso presente nella dieta degli sportivi. Il suo alto livello di proteine la rende anche facilmente digeribile e quindi ideale per i bambini, già dalla fase di svezzamento dal sesto mese, anche grazie all’ideale quantità di sali minerali e vitamine del gruppo B. Inoltre, messa a confronto con altre tipologie di carne, l’agnello è ricco di potassio che garantisce una corretta funzionalità muscolare e cardiaca ed è anche importantissimo per il mantenimento del pH del sangue e per la conduzione degli
impulsi nervosi, oltre ad essere un’ottima fonte di ferro che viene facilmente assimilato dal nostro organismo. Come abbinare a tavola la carne rossa? Per beneficiare al meglio delle qualità della carne rossa è importante non solo sapere quale scegliere, ma anche conoscere gli abbinamenti migliori per portarla a tavola, per avere un’alimentazione corretta e bilanciata. «Per un pasto salutare e dietetico, è possibile abbinare alla carne un piatto di verdure miste ed erbe aromatiche, in grado di fornire i necessari minerali alcalinizzanti, permettendo al corpo di gestire l’effetto acidificante delle proteine. Gli ortaggi più indicati in questo caso sono, tra gli altri, spinaci, carote, lattuga, basilico, prezzemolo, finocchi, ravanelli e cipolla” spiega Sara Cordara. Un altro abbinamento consigliato è l’aggiunta di limone, fragole o succo d’arancia, ricchi di vitamina C al nostro piatto, che migliora l’assorbimento del ferro contenuto nella carne. Questi sono solo alcuni esempi che dimostrano come l’assimilazione dei nutrienti del cibo non dipenda solo dalla sua bontà, ma anche dalla conoscenza che abbiamo delle sue caratteristiche. Note 1. DALEY C.A., ABBOTT A., DOYLE P. (2010), A review of fatty acid profiles and antioxidant content in grass-fed and grain-fed beef, Nutr. J.; 9: 10. 2. THINKING HOUSE, EU Shopper Insights Lamb Purchase Behaviour.
Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivati a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 352 milioni di euro nel 2019; è il secondo mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 186 milioni di euro. >> Link: www.irishbeef.it
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B L O N D E D ’A Q U I T A I N E
CARNE EUROPEA.
NATURALMENTE TENERA.
I vitelli Blonde d’Aquitaine crescono con le loro madri nei pascoli dei Pirenei francesi, dove si nutrono di latte ed erba per i primi mesi di vita. Grazie alle loro eccellenti caratteristiche genetiche e ad una alimentazione accuratamente selezionata basata sui cereali, bilanciata dall’esperienza degli allevatori piemontesi, sono in grado di fornire performance superiori in allevamento ed elevate rese alla macellazione e al disosso, con una grande predisposizione a fornire tagli pregiati. UN’ECCELLENZA EUROPEA PER VERI INTENDITORI. DA ALLEVAMENTI CERTIFICATI DAL CONSORZIO SIGILLO ITALIANO
| www.blonde-aquitaine.com
Il contenuto di questa campagna promozionale rappresenta soltanto le opinioni dell’autore ed è di sua esclusiva responsabilità. La Commissione europea e l’Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare (Chafea) non accettano alcuna responsabilità riguardo al possibile uso delle informazioni che include.
CAMPAGNA FINANZIATA CON L’AIUTO DELL’UNIONE EUROPEA
Criocabin vola in Australia con P. Princi Butchers
È
il primo membro del The Gold Butchers Club in Australia, il club creato da Criocabin rivolto a quei macellai “amanti della propria professione, in perfetta sinergia con qualità del prodotto, e della propria filiera, professionalità, qualità del servizio e capacità di innovarsi tecnologicamente”. P. Princi Butchers Fremantle (princifoodservices. com) è un punto di riferimento sulla scena delle macellerie dell’Australia occidentale, con il primo negozio aperto a Perth nel 1958 e del quale Joe Princi, attuale titolare, ha preso le redini in mano all’età di 18 anni.
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BAKER REFRIGERATION – A.J. BAKER & SONS, distributore Criocabin per l’Australia, insieme con il responsabile Criocabin MANUEL DE PAOLIS, ha lavorato a stretto contatto con Joe e suo nipote Michele all’installazione della tecnologia Criocabin nel punto vendita di Fremantle per garantire il raggiungimento delle massime prestazioni della stessa e mettere in evidenza la loro straordinaria esposizione di carne e prodotti a base di carne. Fiore all’occhiello del punto vendita è il sistema G-Concept. P. Princi Butchers ha scelto il servizio
Evodue G-Concept, il primo ad essere installato in Australia, un sistema di refrigerazione con impianto a bordo a glicole: ideale per la refrigerazione della carne, mantiene l’umidità, evitando sprechi della materia prima e di tempo. Le altre apparecchiature includevano: • Criocabin Evodue 400 versione calda Bain Marie per piatti pronti al consumo; • Criocabin Elfin MD 130 2 murale refrigerato per il self-service e/o succulenti piatti ready to go; • Retrobanco EPV 30 per salumi e salsicce;
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che commercializziamo un prodotto di qualità eccellente. Uniformarsi ad apparecchiature di alta qualità garantisce anche longevità alla nostra attività. Acquistare attrezzature a buon mercato si rivela un’attività costosa e stancante sul lungo periodo e un onere che non vogliamo sostenere a breve». Come avete organizzato lo spazio in macelleria in base alle vostre esigenze (esposizione prodotti, cucina, spazio aperto al pubblico, ecc…)? «L’organizzazione degli ambienti era per noi una priorità, dato lo spazio limitato a disposizione. Il nostro negozio è molto piccolo e la priorità era quella di mettere in mostra al meglio i nostri prodotti. Abbiamo optato per un ambiente di lavoro a disposizione del personale completamente aperto, in modo da esporre tutti i prodotti freschi preparati ogni mattina».
Fiore all’occhiello del punto vendita di P. Princi Butchers Fremantle è la nuova tecnologia innovativa Criocabin: il sistema G-Concept. In particolare, P. Princi Butchers Fremantle ha scelto il servizio Evodue G-Concept, sistema di refrigerazione con impianto a bordo a glicole, ideale per la refrigerazione della carne mantiene l’umidità e evita gli sprechi della materia prima e di tempo. •
Murale Encore 700 S con porte refrigerato per aumentare lo spazio di vendita in verticale. Ascoltiamo direttamente da Joe Princi il racconto di come è nata e si è sviluppata questa collaborazione. Perché avete scelto un’azienda italiana per le vostre apparecchiature di refrigerazione? «Il nostro obiettivo era quello di affermarci come i migliori macellai dell’Australia e, quando ci si è presentata l’opportunità di portare nel nostro Paese una tecnologia all’avanguardia, l’abbiamo colta
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al volo. Criocabin è rinomata per disporre della migliore tecnologia di refrigerazione al mondo: la nostra scelta è stata automatica! Inoltre l’Italia, nello specifico la regione Calabria, rappresenta le nostre origini, quindi scegliere un’azienda italiana come Criocabin significava scegliere qualcuno che fa parte della nostra storia e ci rappresenta al meglio». Quanto è importante per voi un’apparecchiatura di qualità superiore? «Un’apparecchiatura di elevata qualità riveste grande importanza per la nostra azienda dal momento
Quali sono le caratteristiche fondamentali e le qualità che esigete dal vostro fornitore e quanto è importante avere un partner che comprenda le necessità della vostra azienda così da garantire una soluzione efficace e personalizzata? «Ci aspettiamo solo il meglio dai nostri fornitori, così come i nostri clienti se lo aspettano da noi. Abbiamo identificato in Criocabin un fornitore di fiducia, considerati i prodotti di prima qualità e il supporto che viene fornito su richiesta. Abbiamo deciso di distinguerci, quindi una soluzione personalizzata rappresentava l’unica opzione che eravamo disposti ad accettare». Servire il cibo in macelleria: un trend in crescita o una pratica comune in Australia? «Crediamo che servire cibo in macelleria sia una tendenza in declino, per cui abbiamo colto questa opportunità per creare invece vera innovazione nel nostro settore. Siamo convinti che i nostri clienti apprezzino molto di più l’esperienza che provano in negozio rispetto all’acquisto di carne preconfezionata in una grande catena. Riteniamo non ci sia nulla di meglio che vedere il nostro chef, presente in negozio,
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il quale ha consolidato la propria reputazione, arrivando ad ottenere una notorietà che sopravvive e continuerà a vivere per le prossime generazioni. Mia madre Mariantonia Princi mi ha dato alla luce nel 1963 e alla “veneranda” età di sette anni già camminavo per il negozio, parlando e maneggiando la carne come mio padre. A 18 anni ho assunto il completo controllo del negozio e Pasquale mi ha passato ufficialmente il testimone».
Joe Princi è il primo membro del The Gold Butchers Club in Australia, il club creato da Criocabin rivolto a quei macellai “che hanno saputo rinnovarsi e re-inventarsi ma senza mai dimenticare la tradizione. Specialisti della carne, amanti della propria professione in perfetta sinergia con qualità del prodotto e della propria filiera, professionalità, qualità del servizio e capacità di innovarsi tecnologicamente”. In foto, il momento della consegna della targa. all’opera nel punto vendita mentre trasforma la carne fresca in piatti pronti e panini ready to go». Da dove proviene la vostra carne e vi sono prodotti soggetti a qualche particolare trattamento? «Con Michele ci incontriamo settimanalmente per fare il punto delle necessità del negozio e analizzare i feedback dei clienti. Io poi sono in contatto diretto con gli allevatori di tutta l’Australia occidentale, in particolare del Sud-Ovest. Crediamo che collaborare con gli allevatori locali ci permetta di fornire un prodotto di alta qualità costantemente. La nostra offerta comprende tagli di carne da allevamento all’aperto, biologici e privi di nitrati». In che modo la vostra azienda è legata al territorio? Vedete opportunità future legate all’esportazione dei vostri prodotti? «Per quanto riguarda gli acquisti, la nostra azienda tratta solo ed esclusivamente con aziende locali. Siamo grandi sostenitori della
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campagna Buy West Eat Best e altri programmi simili che incentivano gli acquisti a livello locale. Non abbiamo intenzione di aprirci alle esportazioni dal momento che il nostro modello di business si concentra completamente sul mercato locale».
20 anni, due negozi e due generazioni dopo, la famiglia P. Princi continua ad essere rinomata come una delle aziende di macelleria più importanti dell’Australia occidentale. Oggi si sta aprendo un nuovo capitolo per l’azienda, grazie a Michele che rappresenta la successiva generazione che seguirà questa strada. Michele è il successore di Joe e rappresenta il futuro dell’azienda. «Senza il coinvolgimento di Michele l’azienda non sarebbe quella che è oggi, ovvero un’azienda con un futuro molto promettente davanti a sé. Il nome P. Princi è presente da oltre 70 anni e continuerà a costituire una realtà solida nel settore della macelleria per altri 70 anni grazie a lui».
“Il macellaio del futuro” e “l’innovazione in macelleria”: a che punto si trova lo sviluppo di questi due concetti che hanno preso piede nel settore a livello mondiale nel mondo della macelleria australiana? «Crediamo che il “macellaio del futuro” rappresenti in realtà un ritorno alle origini. Fornire un prodotto di buona qualità, in modo costante a clienti consapevoli».
Quanto il desiderio di essere innovativi per quanto riguarda la tecnologia si concilia con la tradizione? «Se io rappresento la tradizione in azienda, Michele è attento e ricerca innovazione e tecnologia moderna». Un mix vincente d’imprenditorialità e tradizione che ha portato Joe e Michele a trasformarsi da semplici macellai in maestri della carne, vincitori di decine di premi in tutta l’Australia e con la fama di pionieri tra i loro colleghi.
Ci puoi raccontare in breve la storia dell’azienda? «Il nostro primo negozio è stato aperto nel 1958 a Perth, in Newcastle Street, da Pasquale Princi, mio padre. Dopo 20 anni ha inaugurato un secondo negozio a Fremantle, in Market Street. Questo è stato il negozio di rappresentanza, tramite
Criocabin Spa Via San Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909100 E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com
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INDAGINI
Burger di carne versus Veg: la sfida definitiva Chi pensa che mangiare hamburger vegetali sia più salutare dovrà ricredersi: non sono affatto migliori dal punto di vista nutrizionale e, viceversa, più processati a livello industriale
È
stata presentata lo scorso 30 settembre nel corso di Nutrimi Special Edition l’indagine “Burger di carne VS Veg: la sfida definitiva” condotta dalla start-up italiana Oplà. Trattasi di un team di esperti in nutrizione, food innovation, tecnologia alimentare, digital thinking e marketing che ha realizzato la prima applicazione italiana in grado di analizzare e confrontare i prodotti alimentari sia dal punto di vista nutrizionale che in termini di classificazione NOVA, il sistema che esprime scientificamente quanto un prodotto sia trasformato e lavorato a livello industriale. Interessante
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quindi l’analisi comparativa tra burger di carne e burger vegani, per metterne in luce la composizione e l’apporto nutritivo. Il docu-video, commentato in diretta dal medico nutrizionista e gastroenterologo prof. LUCA PIRETTA, ha rivelato dati sorprendenti mettendo a confronto i due prodotti in maniera inedita. Qualità e composizione nutrizionale: non chiamateli “alternativi” alla carne Il confronto ha preso in considerazione i valori nutrizionali di un burger di sola carne bovina macinata versus i valori medi di 10 burger
vegetali scelti tra i prodotti leader di mercato. La composizione nutrizionale dei due prodotti è risultata molto diversa: il burger di carne, infatti, apporta principalmente proteine, mentre il meta-burger vegetale presenta quantità simili di proteine, grassi e carboidrati, ma la maggior parte dell’energia proviene dai grassi. Se poi osserviamo i nutrienti critici, quelli che l’algoritmo di Oplà considera per assegnare il proprio score nutrizionale, il burger di carne prodotto da carne bovina magra risulta vincente: questo perché, a
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PUNTUALITÀ AFFIDABILITÀ
CERTIFICAZIONI GARANZIA DI QUALITÀ
GARANZIA DI QUALITÀ
PUNTUALITÀ
GARANZIA DI CERTIFICAZIONI QUALITÀ
P PUNTUALITÀ
SUINCOM SPA · Strada Comunale Del Cristo 12/14 · 41014 Castelvetro Di Modena (MO) Frazione: Solignano Nuovo · Tel. 059 748711 · Fax 059 797232 · info@suincom.it · www.suincom.it
Che tipo di burger sta mangiando la ragazza in foto? Difficile da decifrare data l’abbondanza di condimento. È comunque bene che i consumatori abbiamo più consapevolezza di ciò che mangiano e, nel caso delle carni fake, sappiano che stanno scegliendo prodotti decisamente meno naturali e più soggetti a trasformazioni industriali (photo © EdNurg – stock.adobe.com). differenza dei prodotti vegetali, non contiene aggiunte di sale né zuccheri e presenta una quota molto contenuta di grassi saturi. «Osservando questi dati, i burger vegetali non si possono considerare un’alternativa soddisfacente e preferibile alla carne magra, né dal punto di vista nutrizionale né tantomeno salutistico. Si tratta di prodotti diversi, sicuramente non sostituibili tra loro, semmai complementari» ha commentato il gastroenterologo e nutrizionista Luca Piretta. Infine, attraverso la classificazione NOVA, sono stati confrontati i prodotti dal punto di vista del loro grado di trasformazione industriale, che va da 1 a 4. Da questo punto di vista, il burger di carne, costituito da un solo ingrediente, presenta il NOVA score più basso in assoluto. Viceversa, i prodotti vegetali, caratterizzati da una varietà di ingredienti e un articolato procedimento produttivo, hanno uno score
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di 4, che indica il più alto grado di trasformazione e li classifica come ultra-processati. «Negli ultimi anni l’attenzione si è focalizzata sulla dicotomia tra prodotti animali e vegetali, favorendo un boom di consumi di prodotti veg “alternativi” anche tra gli onnivori, spinti dall’erronea idea di salutismo che tali prodotti possono evocare. Ma non bisogna dimenticare, quando si parla di Dieta Mediterranea, che i prodotti da preferire sono quelli naturali, sia quando si parla di vegetali che di prodotti animali» ha concluso il professor Piretta. I vari passaggi dell’indagine 1. È stato confrontato un hamburger di carne bovina macinata con la media dei dati di 10 burger vegetali scelti tra i leader di mercato in modo da ottenere così un “metaprodotto” che nell’indagine rappresentava il
burger vegetale. 2. La composizione nutrizionale dei due prodotti è risultata molto diversa. L’hamburger di carne contiene principalmente proteine (che rappresentano il 57% dell’energia) e grassi (43%) mentre il burger vegetale conta 55,8% di grassi. 3. Osservando poi i nutrienti critici l’hamburger di carne risulta vincente con un punteggio di 8,8 contro 6,4 per il vegetale e ciò perché non contiene sale ne zuccheri. 4. L’hamburger di carne, costituito da un solo ingrediente, presenta il livello di NOVA score (grado di trasformazione industriale) più basso, pari a 1. Viceversa i burger vegetali hanno il più alto grado di trasformazione industriale, ovvero 4. >> Link: vimeo.com/617697404/ fb9785c8ae
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Alternative vegetali e carne vera: una ricerca statunitense mette in evidenza tutte le differenze nutrizionali tra i due prodotti Una ricerca statunitense pubblicata di recente su SCIENTIFIC REPORTS, rivista del gruppo di NATURE, mette in evidenza differenze nutrizionali significative tra la carne bovina e gli analoghi a base vegetale. La valutazione è stata effettuata attraverso un’analisi metabolomica (“A metabolomics comparison of plant-based meat and grass-fed meat indicates large nutritional differences despite comparable Nutrition Facts panels”, Scientific Reports vol. 11, article number: 13828, 2021). Entro il 2050, i sistemi alimentari globali dovranno soddisfare le esigenze alimentari di quasi 10 miliardi di persone. Per farlo in modo sano e sostenibile, alcuni sostengono che sia necessario uno spostamento verso il consumo di più alimenti a base vegetale e meno carne, in particolare nei Paesi occidentali. Ciò ha sollevato dubbi sul fatto che i nuovi prodotti a base vegetale rappresentino alternative salutari e nutrizionalmente adeguate alla carne. Le moderne alternative imitano il contenuto proteico della carne, utilizzando proteine vegetali isolate (ad esempio, soia, piselli, patate, fagioli mung, riso, micoproteine e/o grano) e talvolta sono arricchite con vitamine e minerali presenti nella carne rossa (ad esempio, vitamine B12, zinco e ferro) per fornire un sostituto nutrizionale ancora più diretto. Il team di ricercatori americani ha utilizzato la metabolomica per valutare questi aspetti nutrizionali e fornire un confronto approfondito dei profili dei metaboliti della carne macinata grass fed e di una popolare alternativa alla carne a base vegetale, considerate entrambe, talvolta, fonti di “carne” più sane e più rispettose dell’ambiente. Per fornire un confronto approfondito dei profili dei metaboliti sono stati presi in esame 18 campioni provenienti da popolari alternative vegetali alla carne e 18 campioni di carne macinata grass fed, abbinati in base alla porzione (113 grammi) e contenuto di grassi (14 grammi). L’analisi metabolomica ha rilevato che i metaboliti nelle due tipologie di campioni differivano per il 90%: 171 su 190 metaboliti profilati. Diversi metaboliti sono stati trovati esclusivamente (22 metaboliti) o in quantità maggiori nella carne bovina (51 metaboliti). Nutrienti come l’acido docosaesaenoico (ω-3), la niacinamide (vitamina B3), la glucosamina, l’idrossiprolina e gli antiossidanti allantoina, anserina, cisteamina, spermina e squalene erano presenti solo nella carne bovina. Diversi altri metaboliti sono stati trovati esclusivamente (31 metaboliti) o in quantità maggiori (67 metaboliti) nell’alternativa vegetale alla carne, come l’ascorbato (vitamina C), i fitosteroli e diversi antiossidanti fenolici come loganina, sulfurolo, acido siringico, tirosolo e acido vanillico. Le grandi differenze nei metaboliti appartenenti a varie classi di nutrienti (ad esempio, amminoacidi, dipeptidi, vitamine, fenoli, tocoferoli e acidi grassi) con ruoli fisiologici, antinfiammatori e/o immunomodulatori indicano che questi prodotti non dovrebbero essere considerati realmente intercambiabili dal punto di vista nutrizionale, ma potrebbero essere visti come complementari in termini di nutrienti forniti. Pertanto, i ricercatori hanno concluso che è necessaria cautela quando si classificano gli alimenti come equivalenti per i consumatori semplicemente in base al loro contenuto proteico (“cibi proteici”), come è tipico nelle raccomandazioni dietetiche (fonte: EFA News – European Food Agency).
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RAPPORTO COOP 2021 Puntuale ogni anno arriva uno spaccato del nostro Paese, degli scenari internazionali, del mercato, degli umori e dei sentimenti della nazione. E stavolta con sorprese inattese di Sebastiano Corona
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opo la peggiore crisi di tutti i tempi, la migliore ripresa di sempre. È questa la grande novità. Le variazioni del PIL mondiale tutte al rialzo si attestano su un +6% nel 2021, ma continuano in positivo anche nelle previsioni degli anni a venire, con un +4,9% nel 2022 e un +3,5% nel 2023. Corre più veloce di tutti la Cina, in un mondo multipolare in cui gli USA sembrano abdicare al loro storico ruolo di potenza egemone e offrono anche all’Europa la chance di diventare soggetto stabilizzatore nella costruzione dei
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nuovi equilibri geopolitici. A dire questo e molto altro è il “Rapporto Coop 2021 – Economia, Consumi e stili di vita degli Italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione di NOMISMA, NIELSEN, GFK, GS1-OSSERVATORIO IMMAGINO, IRI INFORMATION RESOURCES, MEDIOBANCA UFFICIO STUDI, NPD, CRIF, TETRA PAK ITALIA. L’edizione di quest’anno, presentata nelle scorse settimane, offre una descrizione puntuale della nuova realtà post Covid. Il documento è
frutto di due diverse indagini, condotte entrambe nello scorso mese di agosto, che hanno coinvolto un campione di 1.500 Italiani rappresentativo della popolazione tra 18 e 75 anni, un panel della community del sito di italiani.coop con 1.000 opinion leader e market maker, tra cui 470 soggetti che rivestono ruoli apicali in ambito professionale e pertanto in grado di anticipare con una certa attendibilità, le tendenze future. È sorprendente e confortante rilevare che l’Italia vive una seconda giovinezza; cresce più in fretta
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È di 10 miliardi la stima del costo per il trattamento delle sindromi depressive generate dal momento storico attuale (photo © BublikHaus – stock.adobe.com). delle aspettative (il balzo in avanti del PIL potrebbe sfiorare il 6%), trascinata dall’export che ha già superato i livelli pre-Covid e dalla riconversione digitale della propria manifattura. Gode, soprattutto, di un nuovo e inatteso momento di favore internazionale grazie ai recenti, molteplici successi sportivi e musicali, ma anche alla buona gestione della pandemia e soprattutto all’effetto autorevolezza generato dalla premiership di MARIO DRAGHI. Il 60%
della business community internazionale si dichiara convinto di una maggiore attrattività del Paese nei prossimi 3 anni e il 48% lo ritiene una possibile destinazione di investimenti futuri. Anche per questi nuovi riconoscimenti, l’86% degli intervistati si dichiara orgoglioso di essere italiano. E cresce anche la fiducia degli Italiani nell’Europa, oggi al 44% tra i valori più bassi nell’UE, ma il più alto fra gli Italiani da marzo 2011.
L’Italia e noi con lei usciamo dalla “bolla” che ci ha imprigionati da inizio 2020 potendo dare finalmente nuova forma al nostro futuro, accelerando cambiamenti e scegliendo nuove priorità. Specchio e metafora dei cambiamenti, il cibo esce trasformato dalla pandemia e si colora di verde. Ambiente e sostenibilità sono le nuove parole d’ordine! L’Italia cresce più in fretta delle aspettative e gode inoltre di un inatteso favore internazionale. Anche per questo i nostri connazionali si sentono orgogliosamente Italiani
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In questo scenario, si ripropone la necessità di una grande rivoluzione verde a livello globale, con un’attenzione che sembra intendere la consapevolezza diffusa dell’esaurirsi del tempo rimasto a disposizione per invertire la rotta. Lo scetticismo nella possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati in fatto di rispetto dell’ambiente va di pari passo con la cognizione che la sostenibilità e la cura degli ecosistemi, siano oramai delle priorità. Il pensiero positivo è il nuovo mood post pandemia per quasi 7 Italiani su 10 e, messo da parte il rancore, torna la fiducia nel prossimo (lo afferma il 41% rispetto al 19% di quattro anni fa), a partire dalla famiglia e dagli affetti più stretti. Nel rinnovato clima di benevolenza vengono assorbite con più elasticità anche le differenze, nella rinnovata consapevolezza “delle cose importanti della vita” (45% degli intervistati), piuttosto che da un concreto cambiamento delle proprie condizioni. Restano, infatti, profonde le ferite fisiche e mentali
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della pandemia: l’inquietudine da long Covid ha generato ansia, insonnia, depressione e disturbi alimentari. È di 10 miliardi la stima del costo totale solo per il trattamento delle sindromi depressive generate dal momento storico che stiamo vivendo. Inoltre, si moltiplicano le povertà: sono 27 milioni gli Italiani che ancora nel 2021 hanno vissuto rinunce e disagi quotidiani, 18 milioni coloro che ne prevedono il perdurare nel tempo e 5 milioni coloro che temono il protrarsi di sacrifici, persino in ambito alimentare. Anche per questo, al crescente ottimismo degli Italiani e alla nuova fascinazione estera per il nostro Paese, non corrisponderà nell’immediato una altrettanto rapida ripresa dei consumi. Secondo la maggioranza degli esperti, l’Italia raggiungerà i livelli pre-Covid solo nel 2023 e infatti nel 2022, il 28% degli Italiani prevede di avere un livello di spesa ancora inferiore rispetto al 2019: sono soprattutto cassaintegrati, giovani e donne. Nella speranza di affrancarsi presto dalle restrizioni del Covid, l’Italia e gli Italiani escono dalla “bolla” che li ha imprigionati dall’inizio dello scorso anno e danno finalmente nuova forma al loro futuro, accelerando i cambiamenti e scegliendo nuove priorità. Specchio e metafora dei cambiamenti, il cibo esce profondamente trasformato dalla pandemia e si colora di verde: 1 Italiano su 2 ha cambiato le proprie consuetudini a tavola, chi indulgendo nel conforto alimentare (sono il 23% coloro che hanno preso peso – in media + 5,8 kg) e chi approfittandone per una dieta più equilibrata e salutare (15% quelli che hanno perso peso in media –7,1 kg). Se solo il 18% non si riconosce in alcuna cultura alimentare e il 24% fa riferimento solo alla dieta mediterranea, oltre la metà degli Italiani si riconosce anche o esclusivamente in altre identità alimentari (bio, veg&veg, gourmet, iperproteici e low carbs), ma la vera novità del 2021 è la comparsa della nuova tribù dei climatariani, ovvero di coloro (1
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Italiano su 6) che dichiarano di adeguare il proprio regime alimentare per ridurre l’impatto ambientale. E comunque l’ambiente diventa riferimento di molti Italiani; l’88% associa al cibo il concetto di sostenibilità che significa per il 33% avere un metodo di produzione rispettoso, per un altro 33% attenzione agli imballaggi, per il 21% è sinonimo di origine e filiera e per il 9% di responsabilità etica. Così, il 13% sta riducendo il consumo di carne (i cosiddetti reducetariani), si preferiscono prodotti locali e di stagione, i veg sono consumati anche da chi cerca solo una alternativa proteica alla carne e raddoppiano le vendite di proposte vegane di nuova generazione (le bevande, le besciamelle, i piatti pronti). E non è un caso che gli Italiani riconoscano nel riscaldamento climatico il principale fattore di cambiamento del cibo del futuro, sia prevedendone una maggiore scarsità a causa del climate change (26%), sia immaginando che per salvare il clima occorrerà cambiare la nostra alimentazione (32%). Per gli Italiani un aiuto verrà dalla scienza e dalla tecnologia (26%) e in questo senso tra le new entry sulle tavole degli Italiani da qui a 10 anni ci sono cibi vegetali con il sapore di carne, a base di alghe, farina di insetti e anche la carne coltivata in vitro. In realtà la food revolution è già in corso. Gli investimenti nel solo 2020 in cibi e bevande di prossima generazione ammontano a 6,2 miliardi. Un altro elemento è quello della ricerca, attraverso il cibo, di un maggior benessere. L’83% dei nostri connazionali si dichiara disposto a spendere di più pur di acquistare prodotti con qualità certificata. Dopo di noi l’80% dei Cinesi e solo dopo Europei e Statunitensi. Non cessa d’altronde il successo di segmenti di mercato come il free-from, il rich-in, gli stessi dove è spesso il prodotto a marchio a rispondere meglio e con maggiore rapidità dei brand leader. Il crescente benessere spiega anche la maggiore attenzione che gli Italiani prestano all’etichetta; così le indicazioni sull’origine e
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Secondo il Rapporto Coop 1 Italiano su 2 ha cambiato le proprie consuetudini a tavola, chi indulgendo nel conforto alimentare e chi approfittandone per una dieta più equilibrata e salutare (photo © Suteren Studio – stock.adobe.com). la provenienza del cibo sono determinanti per l’acquisto per il 39% degli Italiani, per il 28% lo sono i valori nutrizionali e a seguire il metodo di produzione (per il 26%). In sostanza, gli Italiani sembrano prestare attenzione crescente ai contenuti intrinseci dei prodotti e sempre meno delegano le loro scelte ad una incondizionata fiducia verso il brand e sono sempre meno disposti a pagare per i contenuti di pura immagine. Un fenomeno questo del progressivo declino della marca che continua da tempo, reso evidente non solo dall’avvento dei discount (oggi il 20% delle vendite GDO), ma anche dalla crisi negli altri canali della Distribuzione Moderna (dal 2013 ad oggi la perdita di quota delle grandi marche è pari a un –9%) controbilanciato dalla MDD (un +9% nello stesso lasso di tempo) e anche dai piccoli produttori (+3%), evidentemente più rapidi nell’intercettare le nuove mutevoli esigenze dei consumatori.
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Anche gli operatori della filiera alimentare vedono un futuro più rosa, ma con delle differenze. L’industria alimentare mantiene infatti performance di redditività doppie rispetto alla distribuzione. Non a caso, quasi 1 su 2 tra i manager della Grande Distribuzione intervistati prevede uno strutturale peggioramento dei risultati economici e/o di dover reinventare il proprio modello di business minacciato dalla coda lunga della recessione pandemica sui redditi delle famiglie, a cui si aggiunge l’affermazione dei discount che non conosce tregua (l’85% ne prevede un ulteriore incremento delle vendite) e l’intensificarsi della tensione competitiva fra le insegne. Per il 45% del campione occorre riprogettare i punti vendita, magari perseguendo una integrazione della rete fisica con i nuovi canali virtuali e lavorando per una riqualificazione del personale. Solo dopo arrivano gli investimenti per potenziare le vendite on-line, che pur in crescita, dopo l’exploit del 2020 (+121%),
resta un segmento modesto delle vendite alimentari complessive. Nello scenario immediato, ad essere più preoccupante per la GDO è la dinamica dei prezzi all’acquisto e alla vendita. Vi è il concreto rischio che il retail alimentare resti schiacciato tra la diminuzione dei prezzi al consumo (–0,7% la deflazione del prezzo dei prodotti alimentari nel primo semestre 2021) e l’annunciato aumento dei prezzi delle materie prime e dei listini dei fornitori industriali. Un risiko da cui non sarà facile uscire, ma che sembra al momento inevitabile. Lo scenario post pandemia — così lo vogliamo definire, dando per scontato che il peggio sia alle spalle — è dunque complesso e ricco di sfide per tutti gli operatori della filiera. Ci sono segnali incoraggianti, ma anche molte incognite. È totalmente inedito sotto molti aspetti e condurrà verso strade nuove, tanto per l’industria quanto per la distribuzione. Sebastiano Corona
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I mercati della vendita diretta Non sono una nuova tendenza, quanto piuttosto un ritorno al passato in chiave moderna. Un luogo che incontra le esigenze di chi vende, come quelle di chi compra di Guido Guidi
È
nata a Roma nelle scorse settimane la prima coalizione dei Farmers Market, una rete mondiale della multifunzionalità e della vendita diretta. Nell’ambito di una delle principali piazze nazionali di Campagna Amica di COLDIRETTI, che ha tenuto la regia di un evento che ha visto la partecipazione di agricoltori provenienti da diversi continenti, alla presenza della vice-
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segretaria generale dell’ONU AMINA J. MOHAMMED (in foto), in occasione del pre-vertice del Food Systems Summit 2021 dell’ONU. Dal Dulse canadese al Cocoyam del Ghana, dalle bacche di Karitè africane alla frutta del Caucaso, sono diversi i prodotti salvati dall’estinzione grazie ad un format commerciale che si sta riscoprendo quando ormai pareva in buona parte tramontato. Una
modalità che rinasce per rispondere alla richiesta di cibi locali da parte dei consumatori, ma che è di grande aiuto anche per chi produce. Secondo l’istituto che ha realizzato l’indagine per conto di COLDIRETTI, l’Italia è il Paese dell’Unione Europea con la più estesa rete organizzata di mercati contadini. Sono infatti 12.000 gli agricoltori coinvolti in circa 1.200 piazze della
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fondazione di Campagna Amica, per un fatturato nazionale della filiera corta con vendita diretta che raggiunge i 6 miliardi di euro all’anno. La spesa media è passata nel 2020 da 27 a 34 euro, arrivando a rappresentare oltre un terzo della spesa alimentare totale degli interessati. Chi sceglie di recarsi nei mercati contadini è spinto all’acquisto dal legame cibo/territorio, dalla freschezza e stagionalità e — a torto o a ragione — dalla sicurezza. Locale non significa infatti necessariamente sicuro o di qualità, ma questo è nell’immaginario collettivo, considerato che la quasi totalità dei consumatori intervistati dall’Istituto LXE, e cioè 9 su 10, afferma che comprare prodotti certificati DOP/ IGP o direttamente dai produttori agricoli italiani è la principale fonte di garanzia per la propria sicurezza alimentare. Oggi i mercati contadini, che qualche tempo fa erano considerati un canale di nicchia, analogo ai classici mercati rionali, sono divenuti un modello innovativo che solo in Italia ha raggiunto oltre 16 milioni di consumatori, un livello di fidelizzazione del 72% e di soddisfazione pari al 81%. Per 6 aziende produttrici su 10, partecipare ai mercati contadini non rappresenta più soltanto una modesta quota di fatturato, ma ha diverse ricadute. Sempre secondo LXE, infatti, il 63% dei produttori ritiene che la relazione diretta col consumatore sia fondamentale per orientare al meglio i propri sforzi produttivi, permettendo soprattutto una migliore promozione delle varietà o dei cibi meno conosciuti rispetto all’offerta standardizzata delle normali filiere lunghe. Ha altresì consentito di capire cosa piace di più ai consumatori, coi quali il rapporto è ora diretto, privo di intermediazioni e, in quanto tale, molto più soddisfacente, sul piano umano, oltre che su quello meramente economico. Si amplia anche l’offerta: agli albori era limitata prevalentemente a frutta e verdura, ma è oggi sempre più orientata verso il prodotto di
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prima o seconda trasformazione e pertanto via libera a conserve vegetali, miele, marmellate, pesti, salse, ma anche pane, prodotti da forno, uova, olio, vino, formaggi, carne e pesce. Per il produttore, il canale della vendita diretta rappresenta, tra le altre cose, una maggior sicurezza di riuscire a piazzare il prodotto. Molti Farmers Market dichiarano di aver ridotto i propri scarti di produzione, con riflessi importanti sull’ambiente, oltre che sul conto economico aziendale. Chi non riesce a vendere tutto ciò che raccoglie può trasformarlo, devolverlo seduta stante a soggetti indigenti o utilizzarlo come cibo per animali, poiché spesso all’interno dell’azienda agricola è presente del bestiame. I mercati contadini, con la vendita diretta, sostengono i redditi degli agricoltori, ma garantiscono anche ai consumatori la possibilità di acquistare senza intermediazioni, risparmiando così sulla spesa e intessendo un rapporto diretto con il produttore. Nel contempo, possono ridurre l’impatto sul clima, considerato che i prodotti a km 0 non percorrono grandi distanze con mezzi inquinanti e prevedono spesso l’utilizzo di packaging meno impattanti. Chi aveva dunque problemi nel rapportarsi con la Distribuzione Moderna, ha trovato nei mercati contadini una valida alternativa. Niente più prodotti standard, realizzati in grandi quantità e venduti ad un prezzo che non era deciso tanto dal produttore quanto dal committente. Questa realtà, che va sempre più affermandosi, non solo promuove una modalità alternativa di commercializzazione del cibo, ma stimola anche nuove produzioni, in un contesto in cui l’agricoltore ha modo di proporle direttamente e personalmente al consumatore, sempre o quasi con successo. Ai produttori consente di aumentare i propri margini, restituendo dignità ad un lavoro agricolo che negli ultimi anni ha sofferto un pesante calo di redditività, ma anche di modificare il proprio
I mercati contadini sono diventati occasione per contrastare una certa standardizzazione delle produzioni e dei gusti. Il consumatore che li frequenta cerca proprio quello: la specificità di un prodotto, la non omologazione, il sapore autentico (photo © Matej Kastelic). modo di rapportarsi agli strumenti di produzione e all’organizzazione aziendale nel suo complesso, stabilendo una nuova relazione con la terra, diversificando, distribuendo meglio il lavoro nei campi e mettendo a dimora varietà che altrimenti non avrebbero probabilmente avuto mercato. In questo modo è altresì possibile tutelare le biodiversità e i tempi dettati dalle stagioni, recuperare varietà antiche, verificare se certe specie incontrano il palato del consumatore, senza fare grossi investimenti in ricerca o marketing. Molti clienti — ora edotti ed educati su certi temi — comprendono il motivo dei difetti di frutta e
verdura, talvolta addirittura apprezzandoli come garanzia di genuinità. Perché la natura è varia e imperfetta e aspettarsi prodotti belli da vedere e tutti uguali è illogico. Il calibro della frutta, previsto nei rigiri protocolli della Distribuzione Moderna, sarà pure rispondente ad esigenze di immagine, ma è segno del fatto che si è perso il nesso con la natura delle cose e il legame con madre terra. Non ci si può infatti aspettare che i frutti siano sempre uguali tra loro o allo stesso grado di maturazione, perché la regola è esattamente il contrario. Altro aspetto degno di nota, è certamente quell’autonomia decisionale che viene riscoperta
Attraverso la vendita diretta i mercati contadini sostengono i redditi degli agricoltori ma garantiscono anche ai consumatori la possibilità di acquistare senza intermediazioni. Nel contempo, possono ridurre l’impatto sul clima, avere un impatto positivo sulla tutela della biodiversità e sul recupero di varietà antiche
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dall’agricoltore, che si rende nuovamente attore protagonista dei suoi spazi produttivi. Un vantaggio che si era certamente perso nei rapporti con la GDO dove, a dettare le regole, anche quando la correttezza reciproca non è in discussione, è quasi sempre l’insegna del supermercato. I mercati contadini sono diventati occasione per contrastare una certa standardizzazione delle produzioni e dei gusti. Il consumatore che li frequenta cerca proprio quello: la specificità di un prodotto, la non omologazione, il sapore autentico. Ma anche la freschezza, perché chi acquista, lo fa nella convinzione che il prodotto sia sempre appena colto. La garanzia la dà il produttore stesso. E in un’epoca in cui le aziende agricole hanno disperato bisogno di diversificare per integrare i redditi e le filiere alimentari sono sempre più globalizzate e anonime, il successo dei mercati contadini sembra legato proprio a questo aspetto: il fatto di metterci la faccia e dare la propria parola. La fidelizzazione viene da sé. Guido Guidi
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Vitelloni piemontesi della coscia: scopriamo questa IGP
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IGP Vitelloni piemontesi della coscia è riservata alle carni ottenute dalla macellazione di bovini maschi e femmine di razza Piemontese iscritti al relativo Libro Genealogico (o figli di genitori entrambi iscritti al Libro Genealogico) di età superiore ai 12 mesi allevati e ingrassati, dallo svezzamento alla macellazione, nella zona di produzione delimitata. I “Vitelloni piemontesi della coscia” sono
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animali caratterizzati da un peso superiore a quello dei capi di tipo comune, presentano una miglior resa alla macellazione e allo spolpo e un ridotto stato di ingrassamento della carcassa; essi differiscono infatti dagli altri bovini sia per aspetti anatomici che per caratteri fisiologici. Territorio di produzione La zona di produzione comprende, in Piemonte, l’intero territorio
delle province di Alessandria, Asti, Cuneo e Torino e parte di quello delle province di Biella, Novara e Vercelli; essa comprende inoltre, in territorio ligure, alcuni comuni delle province di Imperia e Savona. Allevamento e lavorazione Dopo lo svezzamento, compreso tra i 3 e gli 8 mesi di età, e fino alla macellazione, l’alimentazione dei bovini si basa sulla sommini-
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La particolarità dei Vitelloni piemontesi della coscia deriva da una mutazione genetica naturale, rilevata per la prima volta nel 1886 nel comune di Guarene (CN). Osservata inizialmente con sospetto, questa peculiarità morfologica divenne una delle principali finalità di selezione degli animali, determinando la progressiva affermazione del tipo “della coscia” come il più importante ed apprezzato nell’ambito della Piemontese
strazione di foraggio proveniente per almeno il 70% da prati naturali costituiti da essenze spontanee della zona di produzione e/o da prati coltivati costituiti prevalentemente da graminacee e leguminose; alla componente foraggera si aggiunge una quota di mangimi, semplici o composti, di cui la componente cerealicola, ottenuta anch’essa nell’area di produzione, deve costituire almeno il 60% del
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totale dei componenti del mangime stesso. La carne bovina ad Indicazione Geografica Protetta “Vitelloni piemontesi della coscia” può essere venduta nei punti di commercializzazione sia fresca al taglio, sia preincartata, sia preconfezionata. Nel caso di vendita di carne al taglio o preincartata, un documento riportante gli elementi di etichettatura deve essere esposto e ben visibile nell’area del bancone di vendita. La carne sezionata deve essere confezionata nei seguenti modi: preconfezionato, sottovuoto, atmosfera modificata. Essa è posta in vendita solo in confezioni chiuse ed etichettate con le informazioni previste dal Disciplinare. Il confezionamento può avvenire solo in laboratori di sezionamento autorizzati e sotto il controllo dell’organo preposto che consente l’apposizione del logo della Indicazione Geografica Protetta sulle singole confezioni. Storia La particolarità dei “Vitelloni piemontesi della coscia” deriva da una mutazione genetica naturale, rilevata per la prima volta nel 1886 nel comune di Guarene (CN); osservata inizialmente con sospetto, questa peculiarità morfologica divenne in seguito una delle principali finalità di selezione degli animali, determinando la progressiva affermazione del tipo “della coscia” come il più importante ed apprezzato nell’ambito della razza Piemontese. Qualche curiosità Il carattere “della coscia” che contraddistingue gli animali dipende dall’azione di uno specifico gene
situato sul cromosoma 2, conosciuto come “gene della miostatina”; in virtù di tale mutazione, l’attività del gene non è più in grado di esercitare la sua funzione regolatrice sulla produzione della miostatina, determinando quindi uno straordinario sviluppo muscolare degli animali, caratteristica che risulta particolarmente evidente nei quarti posteriori. A tale caratteristica si accompagna altresì un ridotto contenuto in lipidi, un elevato tenore proteico ed un colore particolarmente brillante che rendono unica e particolarmente apprezzata la carne dei “Vitelloni piemontesi della coscia”. Etichettatura Sulle confezioni deve essere riportata l’etichetta contenente, oltre agli elementi previsti dalla normativa vigente, la denominazione “Vitelloni piemontesi della coscia” o il logo della denominazione, la dicitura “Indicazione Geografica Protetta”, anche abbreviata IGP, e il simbolo dell’Unione Europea. In etichetta dovrà essere riportata la denominazione di vendita “bovino adulto” prevista dalla normativa nazionale vigente. Sono ammesse inoltre le seguenti ulteriori informazioni: codice di rintracciabilità; azienda di allevamento/ingrasso; data di macellazione; sesso dell’animale. Fonte: Piemonte Agri Qualità piemonteagri.it Contatti • COALVI – Consorzio di tutela della razza Piemontese, www.coalvi.it • Organizzazione Produttori Carne Piemonte – Asprocarne Piemonte Sccrl, www.asprocarne.com
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ANABIC: allevamenti estensivi essenziali per salvaguardare il territorio Contro gli incendi boschivi scendono in campo i bovini. Si perché le vacche, i vitelli e i tori lasciati al pascolo e correttamente gestiti possono dare una mano concreta all’uomo per avere boschi e foreste migliori, come ha spiegato Luca Panichi, presidente della Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne – ANABIC. «In una società altamente antropizzata come quella attuale, non si può prescindere dall’allevamento brado e semi-brado per ristabilire un habitat ottimale dove la qualità della vita sia sempre più alta. Questo è quello che hanno fatto oltre il 70% degli allevatori delle razze bovine italiane Marchigiana, Chianina, Podolica, Maremmana e Romagnola». L’appello del presidente di ANABIC arriva nella Giornata mondiale dell’habitat che, come ogni anno dal 1995, per volontà Nazioni Unite, si celebra il 2 ottobre. L’ANABIC, che ha sede a San Martino in Colle (PG), è un fondamentale riferimento per oltre 5.100 allevatori a livello nazionale che allevano oltre 160.000 capi bovini delle suddette razze, distribuite per l’80% nelle montagne e colline italiane. Porta diversi esempi Luca Panichi, nei quali la mano dell’uomo, o la sua assenza, ha modificato in maniera importante il territorio, provocando anche danni irreparabili. Uno su tutti è l’assenza della manutenzione del sottobosco, fondamentale per permettere alle piante di crescere senza l’intralcio della sterpaglia ed evitare incendi. Le fiamme che hanno divorato molte regioni e le isole italiane hanno trovato nella mancanza di attenzione verso le aree forestali un aiuto in più. Non solo — precisa Panichi — ma una gestione ottimale dei pascoli, che senza animali diventerebbero aree abbandonate ed incontrollabili, garantisce un’appropriata sostenibilità economica per l’allevatore ed una tutela concreta della biodiversità vegetale e animale, elemento fondamentale per il mantenimento di ogni habitat». Senza dimenticare che i pascoli e l’allevamento aumentano anche la diversità paesaggistica, una delle grandi ricchezze del nostro Paese. Per favorire questo processo ed assecondare le esigenze degli allevatori, ha concluso il presidente Panichi, l’associazione sta inserendo nei propri obiettivi di selezione l’esaltazione dei caratteri che rendano gli animali sempre più adatti all’allevamento estensivo e al pascolamento, senza pregiudicarne la produzione e la qualità della carne. Il miglioramento genetico svolto in questi decenni ha consentito alle cinque razze italiane di rimanere vitali e numericamente significative a differenza di molte altre razze podoliche di origine europea che si sono estinte o sono conservate in appositi siti di protezione. >> Link: www.anabic.it
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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le più importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre più all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.
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RAZZE
Passi avanti per la razza Sarda I due marchi collettivi potranno essere concessi a tutti gli operatori della filiera che si impegneranno al rispetto del Disciplinare che ha come base il suino di razza Sarda regolarmente iscritto al Libro Genealogico, razze sottoposte a programmi genetici di conservazione
L’
Associazione Allevatori della regione Sardegna ha presentato i due marchi collettivi per la valorizzazione del suino di razza Sarda depositati alla Camera di Commercio di Nuoro. All’iniziativa erano presenti allevatori, trasformatori e cuochi, tutti impegnati nella valorizzazione delle biodiversità isolane. Con questa iniziativa l’AARS intende promuovere la diffusione del suino di razza Sarda, nonché fornire un’informazione più chiara ai consumatori sulla provenienza della carne suina. I marchi: caratteristiche I due marchi richiamano la prima raffigurazione del suino di razza Sarda che fu fatta da FRANCESCO CETTI (Mannheim, 9 agosto 1726 – Sassari, 20 novembre 1778) il quale, nel volume Quadrupedi di Sardegna (1774), facente parte dell’opera Storia Naturale di Sardegna (177478), fece una prima descrizione del suino autoctono. Essi riportano inoltre la bandiera della Sardegna che sormonta due barre trasversali a ricordo della bandiera italiana. Per il marchio 100% Razza Sarda si è utilizzato, per la cornice, il colore amaranto e per il nastro il colore rosso, mentre per l’Incrocio si è utilizzato il colore verde. L’uso dei marchi è riservato ai suinetti, alle mezzene, ai tagli anatomici ed ai salumi ottenuti da suini di pura razza Sarda (marchio Prodotto suino 100% razza sarda) o derivanti da incroci di suino di razza Sarda (marchio Prodotto Suino Incrocio Razza Sarda) nati, allevati, macellati
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e sezionati secondo le prescrizioni dei disciplinari, in allevamenti operanti sul territorio sardo. I due marchi potranno essere concessi a tutti gli operatori della filiera che si impegneranno al rispetto del Disciplinare che ha come base il suino di razza Sarda regolarmente iscritto al Libro Genealogico, razze sottoposte a programmi genetici di conservazione. Dietro i marchi il controllo finalizzato a tutelare allevatori e consumatori La redazione del piano dei controlli come le attività di verifica sono state affidate al DQA (Dipartimento Qualità Agroalimentare), organismo che soddisfa i requisiti della qualità conformemente alla Norma UNI CEI EN 45011 Ed. 1999 e ai documenti aggiuntivi di Accredia, per l’assicurazione della qualità nelle seguenti attività di controllo per i prodotti recanti denominazioni protette (DOP, IGP) ai sensi del Reg. (CE) 510/06; le specialità tradizionali garantite (STG), ai
sensi del Reg. (CE) 509/06; gli altri prodotti agricoli ed alimentari in conformità a specifici disciplinari, norme nazionali e internazionali, ivi compresi i settori e i comparti ad essi collegati, i disciplinari dei consorzi che effettuano etichettatura facoltativa delle carni ai sensi del Reg. (CE) n. 1760/2000 (carni bovine) e del DM del 29/07/2004 (carni avicole). Il suino di razza Sarda è una biodiversità zootecnica della Sardegna che oggi è allevata in 27 allevamenti. Le prime tracce d’allevamento suino in Sardegna risalgono al sesto millennio a.C.: siti nuragici hanno restituito grandi quantità di ossa ed alcune rappresentazioni bronzee di maiali domestici. Inoltre, documenti storici testimoniano, in epoca romana, un consistente flusso di prodotti a base di carne suina dalla Sardegna verso la capitale. L’allevamento basato sullo sfruttamento del bosco continuò per tutto il Medioevo, secondo le tradizioni pastorali ed i codici sardi.
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La Sarda è una razza italiana di piccola mole originaria della Sardegna. L’allevamento del suino in Sardegna si può far risalire alla preistoria a partire dal Neolitico antico intorno al VI millennio a.C., come hanno permesso di stabilire numerosi reperti rinvenuti in siti archeologici. Durante il periodo nuragico (1800-238 a.C.) la presenza del maiale domestico è ampiamente testimoniata, sia da ossa rinvenute nei luoghi di scavi archeologici sia da numerose statuine bronzee che raffigurano distintamente il maiale domestico e il cinghiale. Durante la dominazione romana si assistette ad un incremento dell’allevamento suino. Numerose le testimonianze scritte risalenti al XIV secolo. Le prime descrizioni morfologiche del suino Sardo risalgono alla seconda metà del Settecento. La scomparsa progressiva dei boschi di querce, ha portato, nel corso del Novecento, a una forte contrazione dell’allevamento del suino brado, sostituito in parte dall’allevamento casalingo. Un’indagine recente, effettuata dall’Istituto Zootecnico e Caseario per la Sardegna, ha verificato che la razza Sarda è diffusa oggi prevalentemente nelle zone montuose, mentre in pianura e bassa collina è stata sostituita da altre razze o dai loro incroci. Somaticamente ricorda molto il cinghiale con il quale sovente si accoppia nella bassa macchia e nel sottobosco dove per lo più vive e pascola. Nel mese di marzo del 2006 la CTC dell’ANAS ha dato parere favorevole al riconoscimento del suino di razza Sarda e nel giugno dello stesso anno il DM n. 21664 ne ha sancito il riconoscimento ufficiale inserendo la razza Sarda tra le razze suine autoctone italiane. La razza Sarda è stata dotata, nel 2006, di Registro anagrafico, gestito dall’Associazione Nazionale Allevatori Suini. I suini di razza Sarda sono allevati principalmente per la produzione di salumi tradizionali. Altrettanto importante è il consumo dei suinetti, macellati all’età di 3545 giorni, che rappresenta uno dei piatti tradizionali della cucina tipica sarda (fonte: www.agraria.org; photo © AARS – Associazione Allevatori della Regione Sardegna).
Le prime descrizioni dettagliate della razza suina Sarda risalgono al Settecento e testimoniano le caratteristiche morfologiche di questi suini a cominciare dall’abbondanza di setole del loro mantello, con i caratteristici “ciuffi” sul garrese e sulla groppa e la coda “cavallina”. I documenti, che da allora hanno trattato della razza suina Sarda, sottolineano le caratteristiche uniche di questa ancestrale popolazione e pongono in risalto la varietà del colore del mantello e la forma delle setole. L’ampia
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variabilità genetica della razza si è mantenuta grazie alla natura isolana della Sardegna ed all’allevamento estensivo di questi suini in aree impervie ed isolate. Dal 2006 è attivo il programma di conservazione della razza il cui Libro Genealogico è aggiornato dall’ANAS (Associazione Nazionale Allevatori Suini), mentre i controlli funzionali sono svolti da AARS – Associazione Allevatori della Regione Sardegna. Fonti: www.sassarinotizie.com www.3tre3.it
SPECIALE iMEAT
iMEAT® by Ecod 2021 all’insegna della ripresa A Modena quasi 5.000 visitatori si sono avvicendati tra gli stand degli espositori arrivati in fiera con proposte innovative e tanto entusiasmo. Successo delle iniziative nell’area iMEAT Gusto e dell’Arena iMEAT. Gare, corsi teorico-dimostrativi, showcooking e performance hanno animato le tre giornate
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iamo i numeri: 111 espositori, 4.671 visitatori, 11.500 m2 suddivisi in due padiglioni. Questi in sintesi i dati dell’edizione 2021 di iMEAT® by ECOD, svoltasi a ModenaFiere dal 12 al 14 settembre scorsi. Un’edizione all’insegna della ripresa. La compagine di visitatori formata dal dettaglio di macelleria
ha confermato la sua supremazia; tuttavia, al suo fianco non sono mancati gli operatori del settore gastronomia e ristorazione, questi ultimi giunti in visita a iMEAT più numerosi che in passato. Attrezzature, tecnologie, ingredienti Gli espositori che hanno preso parte
all’edizione 2021, in leggero calo fisiologico rispetto all’edizione 2019 a causa del perdurare della situazione pandemica, hanno risposto comunque numerosi e con entusiasmo e grande spirito di partecipazione, come a sottolineare che il settore guarda avanti e non si lascia frenare dalle difficoltà generali. Gli stand
Criocabin, azienda leader nel settore degli allestimenti refrigerati con sede a Teolo (PD). Qui una tanto elegante quanto funzionale proposta di banco servito e self-service per le macellerie moderne e innovative.
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Lo spazio espositivo della padovana Mondel, con soluzioni di banchi frigo progettati e realizzati tenendo conto non solo dell’estetica e del design, ma soprattutto della funzionalità e praticità di utilizzo. hanno incontrato l’interesse dei visitatori, offrendo un panorama di proposte senz’ombra di dubbio in linea con l’evoluzione del mercato, sia in termini di novità che di diversificazione merceologica. Nel padiglione principale, immediatamente adiacente all’ingresso, i contenuti di carattere tecnologico e tecnico si sono alternati a quelli di consumo: macchinari, impianti di refrigerazione, forni, macchine e tecnologie per la produzione di salumi, apparecchiature di pesatura (solo per citarne alcuni) sono stati bilanciati da strumenti di uso quotidiano come coltelli, taglieri, abbigliamento, contenitori, ingredienti e soluzioni innovative per la macelleria moderna. Eccellenze alimentari e carni di qualità in esposizione Il secondo padiglione, iMEAT Eccellenze e iMEAT Farm, è stato consacrato ai salumi della migliore tradizione italiana, carni processate e pronte al consumo, conserve, salse, bevande
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ricercate, oli, pasta e carni di alta qualità, il meglio del made in Italy. In questo contesto hanno trovato posto e riscosso interesse anche alcune proposte di allevamento sostenibile, a testimonianza del valore del prodotto italiano come filiera virtuosa, imprenditorialità illuminata e segnale di apertura al futuro. Una fiera in continua evoluzione iMEAT in sette edizioni ha creato un contesto di relazione tra domanda e offerta con un obiettivo comune: ampliare le rispettive attività, valutare nuove idee, mettere in campo moderne strategie per sostenere, se non addirittura anticipare, le richieste di un mercato che evolve, diventa più selettivo, più attento ai contenuti qualitativi, all’ambiente, alle novità nelle varie sfumature. A prova di ciò, l’edizione 2021 ha avuto il sostegno e la cooperazione di partner importanti e prestigiosi come APCI-Associazione Professionale Cuochi Italiani e ONASOrganizzazione Nazionale Assaggiatori
Salumi. Intensa anche l’attività di FEDERCARNI, storico partner, che ha animato la giornata di domenica con la finale del Campionato Italiano Giovani Macellai. Il valore delle nuove generazioni Lo sguardo al futuro, soprattutto sulle giovani generazioni, è stato l’argomento che ha caratterizzato gli eventi collaterali implementati da ECOD, unitamente alla riflessione sulle contaminazioni naturali in atto tra diversi mondi professionali dalla macelleria alla gastronomia alla ristorazione specializzata, passando per la formazione e la competizione, la digitalizzazione e l’e-commerce. Accanto ai corsi teorico-dimostrativi, focalizzati su tecniche di lavorazione e di processo all’avanguardia, sono state organizzate gare dimostrative con protagonisti giovani macellai e coppie chefmacellaio. Grande partecipazione anche per il “Il panino d’eccellenza” condotto da DANIELE REPONI, che ha
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I butcher provenienti da tutta Italia del circuito di alta formazione di Passione Preparati Planet di Francesca Santin, il cui obiettivo è creare innovazione in macelleria, tenendo conto delle nuove tendenze e stili del mercato attuale. realizzato originali panini con i prodotti di alcuni espositori: prosciutti, salumi, carne, salse, oli. Qualche commento I professionisti del settore della carne e della ristorazione si ritrovano quotidianamente a lavorare con coltelli non taglienti, che compromettono non solo la qualità ma anche il servizio stesso. L’azienda vicentina MENEGON ENNIO era presente in fiera con Fast Blade, l’affilacoltelli che vanta una serie di caratteristiche che lo differenziano sul mercato: pratico, semplice, solido, di facile utilizzo ma, soprattutto, alla portata di tutti. «La fiera è andata bene» ha commentato Elisa Menegon. «Anche se il numero dei visitatori non è stato quello dell’edizione precedente, l’interesse da parte dei macellai e dei ristoratori c’è stato». Molto positivo il feedback di CRIOCABIN, azienda leader nel settore degli allestimenti refrigerati con sede a Teolo, in provincia di
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Padova. Nel 2017, nello specifico mondo della macelleria Criocabin ha creato un club con la finalità di raggruppare tutti quei macellaiimprenditori che hanno saputo rinnovarsi e reinventarsi con una visione moderna della professione, tuttavia senza mai dimenticare la tradizione. È nato così The Gold Butchers Club, costituito da un gruppo di specialisti della carne, amanti della propria professione, in perfetta sintonia coi cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo della macelleria. Si tratta di imprenditori-macellai, operanti
in perfetta sinergia con la filiera e quindi focalizzati sulla qualità del prodotto all’origine, portatori di professionalità, di qualità del servizio e di capacità di rinnovare dal punto di vista della tecnologia il proprio punto vendita. «La nostra presenza a iMEAT e gli eventi collaterali organizzati a Modena hanno rafforzato lo spirito di appartenenza e lo scambio di idee che sta unendo questo gruppo» ha sottolineato BARBARA CARON di Criocabin e Mondel. «I nostri Gold Butchers hanno partecipato in modo attivo e professionale a
iMEAT in sette edizioni ha creato un contesto di relazione tra domanda e offerta con un obiettivo comune: ampliare le rispettive attività, valutare nuove idee, mettere in campo moderne strategie per sostenere, se non addirittura anticipare, le richieste di un mercato che evolve, diventa più selettivo, più attento ai contenuti qualitativi, all’ambiente, alle novità nelle varie sfumature
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1) Luca Codato, titolare di Ecod e organizzatore di iMEAT, coi vincitori della gara tra giovani macellai e giovani cuochi, ovvero Giulia Ronzani e Lorenzo Buraschi. 2) Donato Turba, macellaio e ristoratore di Melzo (MI), e Matteo Trolese.
X-Oven Burger Machine, ultima nata della gamma forni a brace per la ristorazione A Modena X-Oven ha offerto prove di performance e dimostrazioni con alcuni dei modelli di punta della sua gamma, offrendo agli esperti del settore l’occasione di vedere all’opera questi forni unici sul mercato e testarne i risultati. Prodotti come l’X-3 che, grazie ai cassetti griglia estraibili lateralmente, risolve ogni problema di sicurezza con standard molto elevati, fornisce massima efficienza operativa, riduce le dispersioni di calore con bassi consumi di carbone, ma, soprattutto, con la possibilità di lavorare su cassetti diversi ad altezze diverse e con temperature differenti, garantisce un eccellente livello di flessibilità. Oltre a questo modello X-Oven ha messo all’opera anche la sua Burger Machine, forno a brace con piastra di cottura incorporata ideale per le esigenze della ristorazione dedicata agli hamburger gourmet. La macchina si basa sul concetto di cottura alla brace in camera chiusa e sfrutta il calore generato nella camera stessa sia per cuocere gli alimenti nei cassetti griglia sia per scaldare la piastra di cottura posta al disopra della camera di cottura. Con un unico strumento si risolvono quindi contemporaneamente la cottura della carne, che avviene in modo attento e qualitativo, e la tostatura del pane che non rischia bruciature e non si inzuppa di grassi e residui di cottura. Ospite speciale di X-Oven a iMEAT è stato Simone Fracassi (in foto), ambasciatore nel mondo della Chianina IGP e quarta generazione di una famiglia di macellai che opera nel territorio delle Foreste Casentinesi dal 1927. Fracassi si confessa da tempo grandissimo fan di X-Oven. «Sono sempre contento quando vengo a sapere che la mia carne è cotta con un forno X-Oven» ha dichiarato. «Per fare una bestia ci vogliono due anni di passione, alimentazione e grande cura, che sia un maiale allevato allo stato brado oppure un vitello. Chi sta in cucina deve quindi essere bravo a ottimizzare questa qualità e questo duro lavoro. Se per cucinare hai a disposizione uno strumento evoluto come X-Oven allora puoi stare tranquillo: sai che la carne sarà trattata al meglio e non sarà mai rovinata dai fumi di ritorno».
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1) iMEAT 2021 ha ospitato, interna alla finale del Campionato Italiano Giovani Macellai di Federcarni, la prima edizione del Premio Cuomo Method, organizzato dall’Accademia Nazionale Italiana Tradizioni Alimentari e dalla Stagionello Academy. In foto il dottor Alessandro Cuomo consegna il premio alla vincitrice, Gina Paradiso, impostasi sugli altri 4 finalisti macellai professionisti under 35, ovvero un dispositivo tecnologico di ultima generazione del valore di ventimila euro e un percorso di alta formazione con la ANITA Academy, che porterà la vincitrice ad aumentare le proprie competenze con una professionalizzazione di carattere internazionale. La sfida consisteva nel realizzare il salume cotto più buono e giunge al termine di un percorso di promozione dell’antica arte della macelleria italiana al fine di attrarre le nuove generazioni. Nuovi professionisti, dunque, che oltre a preservare l’antico sapere saranno in grado di sfruttare anche le nuove tecnologie e le evoluzioni del mercato. 2) Smart Locker Pick It Up di Ermes Srl di Calderara di Reno (BO), un “armadio intelligente” automatico per offrire servizi H24 self-service gestiti e controllati localmente o in remoto dal software. tutte le iniziative organizzate da Ecod. Oltre ad aver trascorso un bel momento in nostra compagnia premiando anche nuovi soci, è stato per noi molto bello vedere lo spirito di appartenenza e amicizia che si è sviluppato e rafforzato tra noi e loro e nel gruppo».
Anche sul fronte dell’offerta di salumi selezionati c’è stato un ottimo risconto. Dal Trentino ha partecipato MASSIMO CORRÀ, macellaio e norcino con la sua attività Dal Massimo Goloso in quel di Coredo (TN). «Nonostante le chiare limitazioni, dovute alle restrizioni del
Il profilo B2B dell’evento ha attirato un bouquet estremamente variegato di professionisti del settore e, oltre alla presenza di importanti aziende e professionisti riconosciuti, hanno presenziato titolari di macellerie ma anche nuove generazioni di ristoratori, agenti del mondo food ed alcuni YouTuber e blogger con grande seguito sul grande schermo e sulle piattaforme digital
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periodo, il pubblico ha dimostrato un notevole interesse e, seppure i numeri rispetto all’ultima edizione siano ridotti, lo stesso non si può dire dell’indice di curiosità e di attenzione in relazione all’intero panorama che ruota dietro alle quinte del mondo della carne e dei prodotti di salumeria» ha ricordato Massimo Corrà. «Il profilo B2B dell’evento ha attirato un bouquet estremamente variegato di professionisti del settore e, oltre alla presenza di importanti aziende espositrici e professionisti riconosciuti, hanno presenziato non solo titolari di macellerie, ma anche nuove generazioni di ristoratori, importanti agenti del mondo food ed alcuni YouTuber e blogger
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Il Magnifico Tower La vetrina perfetta per esporre i preparati pronti a cuocere, il frutto della tua esperienza e creatività. La combinazione di vetrate e illuminazione crea l’esposizione ottimale, i vetri anteriori apribili “a libro” e i vetri posteriori scorrevoli facilitano l’allestimento dell’esposizione oltre che ottimizzare le operazioni di pulizia. # m e a t i n n ova t i o n
w w w.c r i o c a b i n .c o m
1) La modenese Menù Specialità alimentari ha presentato tre nuove linee di progetti comprensivi dei pronti a cuocere, delle basse temperature e dei sushi di carne per il canale tradizionale. 2) Elisa Menegon, della vicentina Menegon Ennio, azienda specializzata negli affilacoltelli professionali, con soluzioni veloci, pratiche e sicure. 3) La carne irlandese è stata protagonista dell’edizione 2021 di iMEAT attraverso dimostrazioni, momenti di formazione e degustazioni. 4) Ilario Lui, maestro macellaio, nello stand Federcarni, partner storico dell’evento.
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1) Le celle di frollatura Dry Ager allo stand di Tecnologie Alimentari, distributore ufficiale Dry Ager Italia. 2) Il ricco banco carni della Cooperativa Zootecnica Scaligera. 3) Carne straordinaria al banco di Passione Preparati Planet. 4) iTASYSTEM di Brescia dal 1982 offre stampa, etichettatura e rintracciabilità. Allo stand, Valentina Galli, Gianluca Veraldi e Daniele Beltrami. 5) Paolo Minozzi di Stagionare, azienda modenese specializzata in armadi per l’asciugatura e la stagionatura dei salumi, la stagionatura dei formaggi e la maturazione delle carni, in visita a iMEAT 2021.
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Fazzini Technology, marchio di riferimento per la qualità made in Italy, a iMEAT con le sue affilatrici professionali per il settore della macelleria La Fazzini Technology di Introbio (LC) produce e vende macchine affilatrici professionali per coltelli e forbici e coltelleria professionale e da cucina di alta qualità dal 1988. L’azienda, che nasce in questa zona della provincia di Lecco che vanta un distretto famoso a livello mondiale per la produzione di lame, è attiva a livello nazionale e internazionale, vantando una notevole gamma di prodotti per diversi settori di attività, tra i quali l‘alimentare resta il canale principale. A iMEAT, fiera di riferimento per il settore della macelleria, abbiamo incontrato il titolare Patrizio Fazzini. «Copriamo le esigenze di tutta la filiera della carne, dal grande macello al piccolo negozio di macelleria, dal grande salumificio alla salumeria-gastronomia; serviamo l’HO.RE.CA., l’azienda agricola e anche chi fa servizio di affilatura come i negozi di ferramenta». Fazzini Technology si occupa della progettazione, della produzione e della commercializzazione di macchine affilatrici professionali da più di 30 anni ed è da tempo nel comparto un marchio sinonimo di professionalità ed elevata qualità riconosciuto ed apprezzato. «Ha iniziato mio padre, che era socio in un’azienda che produceva coltelli, e io ho proseguito l’attività» racconta Patrizio Fazzini. «Siamo stati i “primi” in tante cose, perché migliorarci sempre un po’ di più, realizzare qualcosa che sia migliorativo sulla gamma attuale di prodotti, resta il nostro obiettivo prioritario». Il sistema di affilatura delle macchine Fazzini è sicuro ed affidabile ed è molto apprezzato da chi desidera risolvere il problema dell’affilatura all’interno della propria attività, risparmiando quindi tempo e denaro, scegliendo qualcosa alla portata anche di operatori non esperti, semplice, duraturo ed affidabile. «Le nostre sono macchine robuste, che durano nel tempo, efficienti, efficaci e molto sicure. Le macchine sono dotate di mole a vite elicoidale che evitano il surriscaldamento della lame da affilare e la cui durata è decisamente elevata riducendo i costi. Il nostro concetto produttivo è “un’affilatura più frequente ma più veloce da fare”, con il coltello sempre al massimo dell’efficienza, il che consente all’operatore, in questo caso i macellai, di lavorare sempre al meglio». Un commento su IMEAT? «È una fiera che nel tempo ha trovato la sua collocazione all’interno del panorama fieristico nazionale dedicato al food e ci ha dato soddisfazioni di anno in anno sempre di più anche grazie al passaparola tra gli operatori. Ha riportato l’attenzione su quella che è la tradizione italiana dell’arte in macelleria». Tra le macchine Fazzini più vendute per il settore ci sono le affilatrici professionali modello Small KS5 e Micra K2, esposte nello stand dell’azienda in fiera e delle quali riportiamo descrizione e principali caratteristiche.
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A sinistra: Patrizio Fazzini, titolare di Fazzini Technology. In alto: KS5, affilatrice professionale modello Small, e K2, affilatrice professionale per coltelli. Small KS5 affilatrice professionale per coltelli e forbici L’affilatrice professionale modello Small è composta da due corpi in alluminio pressofuso verniciato; un corpo posteriore ed uno anteriore che copre le mole. Le mole sono in acciaio C40 rivestite in CBN (Nitruro di Boro Cubico), una particolare composizione consente la lavorazione a secco senza problema di surriscaldamento. Le mole per l’affilatura dei coltelli sono a vite elicoidale, una contrapposta all’altra, compenetranti, formano fra loro un angolo costante, permettendo di ottenere un’ottima affilatura semplicemente appoggiando la lama e facendola scorrere fra le due mole. Le mole sono bilanciate e fissate con calettatore, il che consente massima robustezza e riduzione al minimo delle vibrazioni. Le macchine sono dotate di un kit cambio mole con sistema autocentrante che permette la sostituzione semplice e veloce. Sulla parte superiore del corpo anteriore si trovano due aperture longitudinali per l’affilatura delle forbici. L’apertura a sinistra serve per i destrorsi, quella a destra per i mancini. La macchina può montare un sistema di centraggio della lama del coltello (Right Position System – RPS) che permette di tenere la lama perfettamente perpendicolare all’interasse delle mole migliorando ulteriormente la qualità dell’affilatura ed ottenendo un angolo di taglio simmetrico. La manutenzione è semplice e ridotta al minimo, incluso il cambio mole da effettuarsi una volta consumato il rivestimento. Questo modello permette di affilare coltelli e forbici ed è consigliato proprio per macellerie, salumerie, salumifici, aziende agricole, ristoranti… Micra K2 affilatrice professionale per coltelli Questa “piccola professionale“ è consigliata per aziende con volume di attività medio/basso come piccole macellerie, salumerie, gastronomie, aziende di catering, ristoranti e osterie con cucina. La sua struttura è realizzata in alluminio pressofuso verniciato ed acciaio inossidabile. Le mole a vite elicoidale sono bilanciate e fissate con calettatore. Di elevata robustezza, le vibrazioni sono ridotte al minimo. Micra K2 permetterà di avere sempre a portata di mano coltelli taglienti e pronti all’uso senza perdite di tempo per farli riaffilare all’esterno. Tante piccole attività hanno fatto questa scelta, inserendo nelle proprie cucine o nei propri negozi questo piccolo arrotino. >> Link: www.fazzinitechnology.com
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famosi sia sul grande schermo che sulle piattaforme digital di tutta Italia ed Europa. Il bilancio per noi rimane quindi molto positivo. Riteniamo che l’aver avuto la possibilità di rendere noti tanti nostri prodotti, alla primissima fiera specialistica di settore in Italia dopo un biennio di fermo totale, possa permettere a tutto il pubblico che ha interagito con noi di portare a casa un ricordo e un interesse ancora più radicati» ha sottolineato Corrà. Tra i protagonisti dell’edizione 2021 di iMEAT c’è stata anche BORD BIA, l’ente di promozione delle carni irlandesi, che ha supportato FEDERCARNI in occasione della finale del Campionato italiano giovani macellai. Campionato che ha visto la vittoria di DOUGLAS R. SENA JR., eletto miglior giovane macellaio d’Italia. La carne irlandese è stata l’ingrediente principale utilizzato dai partecipanti durante la finale. Un prodotto che assicura delle garanzie di qualità ai consumatori in quanto certificato dallo standard Grass Fed: il primo standard al mondo su scala nazionale che consente di tracciare e verificare la percentuale di erba consumata nella dieta delle mandrie di bovini irlandesi. FRANCESCA PERFETTO, di Bord Bia Italia, ha così commentato: «Far parte di questa competizione, organizzata dal nostro partner Federcarni, è stato per noi davvero entusiasmante. I macellai sono delle vere e proprie istituzioni in Italia ed aver avuto la possibilità di raccontare il nostro prodotto e le sue caratteristiche a queste giovani promesse della macelleria italiana è stata una grande opportunità. Speriamo, anche grazie a queste nuove leve, di far conoscere sempre di più ai consumatori italiani la nostra carne “buona per natura”». Nel corso di iMEAT 2021 si è anche tenuta l’assemblea elettiva di FEDERCARNI – FEDERAZIONE NAZIONALE MACELLAI. Il presidente uscente MAURIZIO AROSIO è stato rieletto alla guida della federazione e resterà in carica fino al 2026. «Noi macellai abbiamo sempre reagito bene davanti a ogni cambiamento o
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1) I ragazzi di The Butcher Baldacci, la Macelleria Baldacci di Livorno. Macelleria, Gastronomia e anche Ristorante: enjoy ciccia bona! 2) Matteo Zanasi e Gian Luca Vercelli del Gruppo Vercelli, uno dei principali gruppi alimentari italiani e una delle più moderne industrie a livello europeo nel settore delle carni bovine, sponsor ufficiale della Nazionale Italiana Macellai, che parteciperà alla competizione 2022 a Sacramento, California, insieme a Orlando Di Mario e Andrea Laganga. 3) Roma Caput Mundi con Gaetano Ciani della Procarni di Genazzano (RM), Marco Papalotti, La Bottega delle Carni dei Fratelli Papalotti di Roma, e Amedeo Cancia, della Macelleria Fleming 21 di Artena (RM). 4) Massimo Corrà e Luca Bonvicin della Macelleria Salumeria Dal Massimo Goloso di Coredo (TN). crisi, dando prova di responsabilità e capacità di adattamento» ha commentato il presidente Arosio nel ringraziare l’assemblea per la rinnovata fiducia. «Non abbiamo
bisogno di ricette magiche per affrontare le sfide che ci attendono: la difesa della bottega artigiana e del negozio di vicinato, una transizione ecologica che sia economicamente
sostenibile, il ricambio generazionale. Abbiamo un patrimonio di tradizione da custodire ma siamo aperti alla tecnologia e pronti a innovare».
iMEAT, appuntamenti futuri Da un punto di vista strettamente strutturale, iMEAT conferma la sua cadenza biennale con uno sviluppo temporale di tre giorni espositivi e una suddivisione merceologica in padiglioni diversi. Il prossimo appuntamento con iMEAT, unica fiera che si svolge in Italia a carattere internazionale dedicata ai negozi di macelleria e gastronomia, aziende agrituristiche e ristorazione specializzata è previsto per il 2023. La data sarà confermata prossimamente — verrà comunicata al più presto — dopo attento esame da parte della società organizzatrice degli sviluppi della situazione sanitaria, economica e logistica.
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Lo scrigno carnivoro delle Dolomiti: alla scoperta della Macelleria Pizzinini di Elisa Guizzo
È
una tipica giornata settembrina, il cielo è limpido, l’aria è pura e il timido sole mi accarezza il viso. Mi trovo a San Cassiano, 1500 metri sul livello del mare, una piccola frazione di Badia dove vivono solamente 800 anime che parlano tre lingue: italiano, tedesco e ladino, antica lingua dolomitica riconosciuta come lingua ufficiale in tutta la regione. Mi incammino sulla via principale del
piccolo centro e finalmente arrivo alla Macelleria Pizzinini. Esternamente ha l’apparenza di una boutique, non ci si aspetta di trovare un banco impreziosito da tutte le tonalità del rosso e valorizzato da uno sfondo completamente nero. La macelleria nasce nel 1958 da Goffredo Pizzinini, padre di cinque figli, che in maniera audace intraprese questa avventura, rifornendo inizialmente la carne agli alberghi
del paese e arrivando sino ad oggi, in cui rappresenta un simbolo identitario di San Cassiano. Goffredo, nato nel 1933, è uno dei più anziani del paese, riconosciuto Maestro Macellaio, titolo conferitogli dalla scuola di macellai ad Augusta, in Germania, la stessa che poi ha frequentato il figlio Walter e il nipote Matthias. Una famiglia di maestri macellai, mi spiega quest’ultimo, che prima di ottenere tale titolo ha frequen-
La Macelleria Pizzinini a San Cassiano (BZ) è una vera e propria istituzione carnivora del paese, gestita oggi dalla terza generazione della famiglia.
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In alto: la famiglia Pizzinini. A sinistra: l’esterno del Bistrot inaugurato nel 2020 proprio accanto alla macelleria.
tato per tre anni anche la scuola professionale di macellai a Bressanone. «La scuola ad Augusta invece è durata tre mesi e mi ha formato molto. Oltre alla pratica c’era molta teoria; il diploma che ho ottenuto è stato in seguito riconosciuto anche in Italia».
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La macelleria oggi è gestita magistralmente da Walter, unico dei cinque figli a seguire le orme del padre Goffredo, e da suo figlio Matthias, che ha cominciato molto presto ad imparare il mestiere. «Durante le vacanze di Natale andavo a dare una mano in negozio facendo
lavoretti semplici, come occuparmi della cassa». Matthias è un giovane padre di famiglia che seleziona le migliori carni proponendole alla sua clientela che arriva da tutto il mondo. «Lavoriamo carni di specie diversa, non solo bovini ma anche suini, equini,
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asini, cervi, pecore… Le principali razze bovine trattate sono: la Bruna e la Grigia alpina e la Simmental. Macelliamo quello che ci portano gli allevatori della zona: i giorni non sono tutti uguali, i contadini coi quali lavoriamo possiedono sei capi per stalla, qualcuno arriva a quindici capi stalla. Le stalle sono quelle dei comuni limitrofi: Badia, Corvara e Cortina». I pascoli rigogliosi che caratterizzano questi luoghi vanno a braccetto con l’alimentazione degli animali fatta quindi solo di erba e fieno. La carne presenta caratteristiche organolettiche armonizzate da un grasso che assume le tonalità del giallo e che ha il ruolo principale di intrappolare i residui di alimentazione, che in questo caso sono i fiori brucati dai bovini e che trasmettono note di miele a questa carne rosso amaranto ad alto contenuto di carotenoidi. La frollatura delle carni è fortemente condizionata dall’età degli animali e dall’utilizzo che se ne deve fare, racconta Matthias, «se dobbiamo preparare würstel e salsicce preferiamo frollare la carne pochissimo, solamente tre giorni; così facendo rimane fresca e facilmente lavorabile in quanto si amalgama meglio con gli altri ingredienti. Anche la carne delle
vacche a fine carriera non rimane a lungo in cella: ci facciamo il gulasch e i ragù. I bovini giovani sono invece frollati due mesi mentre per gli animali adulti arriviamo anche ai cinque mesi di frollatura». La macelleria Pizzinini offre una vastissima scelta di carni e preparati: al banco sono presenti tutti i tagli del bovino comprese le frattaglie, bistecche di puledro, costine di pecora e salumi di cervo e di pecora; tra i preparati i ragù di bovino e cervo, gulasch, ben cinque tipologie di würstel e salsicce, tra le quali spiccano quelle più ambite dai clienti locali: le salsicce di fegato preparate con il fegato amalgamato a cotenna e grasso, tutto rigorosamente di maiale. Non solo carne: troviamo infatti anche i canederli, tradizionali polpette di pane. La macelleria prepara fino a tremila canederli a settimana dagli svariati gusti: rapa rossa, spinaci, formaggio, speck e anche al fegato. Il banco dispone inoltre di un’accurata selezione di saporiti formaggi vaccini e ovini provenienti dalle malghe vicine che possono essere accompagnati da deliziose marmellate e da nobili vini rossi altoatesini presenti in negozio, che abbinati alle carni proposte rappresentano un percorso organolettico di tutto rispetto.
Bistrot dal Gotti Macelleria Pizzinini non è più “soltanto” una macelleria: nel 2020 è stato realizzato il Bistrot dal Gotti, adiacente ai locali della macelleria, che privilegia l’artigianalità della carni selezionate e lavorate dalla famiglia Pizzinini. Il Bistrot è un ambiente accogliente dall’architettura razionale e moderna dove legno e tecnologia coesistono. I materiali innovativi si mescolano alla tradizione che strizza l’occhio al gusto altoatesino. Il menu varia in funzione delle preparazioni giornaliere della macelleria; tra gli immancabili invece ci sono i burger realizzati con carni bovine locali ma anche quelli con carne di cervo e il Leberkäse, il polpettone di carne mista. Il bistrot è aperto tutti i giorni tranne la domenica: se passate da queste parti è una tappa obbligatoria. Chi potrebbe mai rinunciare ad un gustoso burger contemplando le montagne? Elisa Guizzo Macelleria Pizzinini Strada Micurà de Rü 16 39036 San Cassiano (BZ) Web: www.pizzinini-macelleriabistrot.com Nota Photo © www.fotoshooting.it
Elisa Guizzo è classificatrice di carcasse, meat specialist e formatrice in materia di carni nel settore della ristorazione, nonché giudice qualificato in analisi sensoriale della carne di De Gustibus Carnis, Istituto Italiano Assaggiatori di carne. È inoltre l’ideatrice del progetto partito nel mese di ottobre “The Taste Lab – Il piacere di scoprire, l’importanza di sapere” (ne abbiamo parlato su EUROCARNI di ottobre a pagina 100), serate di educazione al consumo carnivoro e abbinamenti con il vino. Ecco le date e le location di novembre: • 6 novembre (Pastis, Padova), Siamo ciò che mangiamo, in collaborazione con LUIGI FORTE, produttore di erba medica; • 19 novembre (Osteria alla Pasina di Dosson di Casier, Treviso), Trilogia d'Angus. Informazioni e contatti: info@digustoingusto.it – www.facebook.com/DiGustoInGustoElisaGuizzo
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MACELLERIE D’ITALIA
Primon, da quattro generazioni nel mondo della carne di Gian Omar Bison
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ensi all’altopiano di Asiago (VI) e ti vengono in mente pascoli e formaggi, malghesi e casari. Al massimo, trovandoci nel Vicentino, terra di antiche tradizioni norcine e culla della rinomata Sopressa vicentina DOP, ci si aspetta che il maiale tra gli animali allevati e le carni consumate la faccia da padrone. E invece no! Ci sono aziende agricole e allevative importanti tanto per i polli quanto per i bovini e le macellerie hanno storia, tradizione, cultura e varietà nella proposta delle carni di tutto rispetto.
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La macelleria Primon rientra pienamente nella categoria e si occupa di “carne” da quattro generazioni. Lo ricorda bene GASPARINA FRACARO, 73enne vulcanica madre di ROBERTO e MARCO e nonna insieme al marito ANTONIO PRIMON di ENRICO e NICOLA. «Mio nonno ANTONIO FRACARO, detto Tony Ges — ricorda — migrante in America per cercare pane e fortuna, tornò ad Asiago nel secondo dopoguerra e, subito, proprio nel corso principale, esattamente dove adesso si trova l’Albergo Europa, aprì la sua prima bottega. Ricordo che da bambina guardavo
in bottega delle enormi corna di bue appese che mio nonno aveva portato con sé dall’America. Tutto quanto riguardava la bottega mi ha sempre affascinato. Dopo pochi anni mio padre, anche lui Antonio, avviò una nuova attività coi fratelli non molto distante e lì siamo rimasti fino al 1960». In quegli anni i fratelli Fracaro presero strade diverse e Antonio aprì da solo la sua macelleria esattamente dove si trova oggi. «Io ho sempre lavorato in questa macelleria — sottolinea Gasparina — mi è sempre piaciuto e ancora mi piace
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Nulla da dichiarare.
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Pronto-cuoci e salumi home-made nella vetrine della Macelleria Primon. anche se è giusto, oramai, dare spazio ai giovani. Ma non troppo! Una bonaria tirata d’orecchie riesco ancora a dargliela». Col marito Antonio — che di lavoro ha sempre fatto il tecnico di laboratorio astronomico ma nel tempo libero si è sempre interessato alle attività di famiglia —, Gasparina ha portato avanti la bottega fino al momento in cui il timone è passato ai figli Roberto e Marco. «Non pensavo saremmo arrivati ad ottenere risultati così gratificanti come quelli che abbiamo raggiunto nel tempo»
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rispondono Roberto e Marco. «È un lavoro che richiede grande sacrificio e al giorno d’oggi ne chiede ancora di più. Siamo soddisfatti del fatto che sia noi figli che i nipoti abbiamo scelto, senza forzature, di rimanere in azienda e dare continuità all’attività di famiglia». La macelleria negli anni è cambiata totalmente. Sia da un punto di vista strutturale — essendo stata ingrandita, restaurata e adattata fino a raggiungere le attuali dimensioni — sia come tipologia di lavoro e servizio al cliente.
«Il primo grande cambiamento— ricordano Roberto e Marco — c’è stato all’inizio degli anni Novanta, quando ancora lo spazio a disposizione per l’attività e la vendita era la metà circa. Un tempo mio nonno macellava proprio qui dietro alla nostra bottega in una stanza dedicata; attività, quest’ultima, durata per una decina d’anni, fintanto che le leggi e le normative sanitarie glielo hanno permesso. In seguito ci siamo sempre serviti dei macelli di Asiago o di Lusiana. Prossimamente faremo altri lavori per rendere lo spazio ancora più funzionale e confortevole, soprattutto nel retrobottega dove abbiamo cucina e celle». La carne lavorata e proposta negli anni è certamente cambiata. «Abbiamo sempre abitato ad Asiago e abbiamo frequentato la bottega fin da bambini. La clientela è molto cambiata rispetto a qualche decennio fa. E non è solo una questione di più cotto o pronto-cuoci che certamente è aumentata come domanda. È una questione proprio di qualità delle carni. C’è maggiore consapevolezza e quindi maggiori aspettative anche sulla semplice fettina». Gasparina ricorda con orgoglio di avere ancora attiva la partita IVA agricola a suo nome perché a Conco la famiglia possiede dei terreni di proprietà, al momento adibiti solo a foraggio. «Ma c’è anche una stalla — sottolinea — dove per quattro anni, fino a dieci anni fa, abbiamo allevato bovini da carne. Un impegno che abbiamo deciso di interrompere perché troppo gravoso, visto l’aumento della mole di lavoro in macelleria anche grazie alle attività di gastronomia e rosticceria». «Sin dagli anni Sessanta abbiamo sempre lavorato tutte le tipologie di carne: bovina, suina, avicola. Ora come ora sul totale delle carni vendute lavoriamo per il 60% bovino, il 20% suino e resto avicolo. Equino pochissimo, selvaggina nulla. Per quanto riguarda i bovini ci riforniamo da stalle della zona che allevano i capi come vogliamo noi e di solito sono incroci di razze
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La Macelleria Primon ha un’offerta che comprende carne bovina, suona, avicola e una piccola parte di equino. Ricca la proposta gastronomica e di rosticceria, con preparazioni tradizionali della regione, vini e birre artigianali. Blue belga e Garronese. Ne abbiamo provate altre ma quella che utilizziamo possiede la percentuale di grasso giusta per la tipologia di carne che proponiamo alla nostra clientela e per la frollatura richiesta. Sul maiale, invece, ci riforniamo da fornitori locali di malga ma anche dall’azienda Sassi di Colorno (PR). Lavoriamo discrete quantità di suino che perlopiù trasformiamo in salami, salsicce, sopresse, coppe e speck che lavoriamo con l’affumicatore. Abbiamo il laboratorio per tutte le fasi di lavorazione e le celle per la stagionatura». La produzione dei pronto-cuoci è iniziata dieci anni fa circa quando anche i Primon erano iscritti al circuito “Macellerie del gusto” promosso dalla CONFCOMMERCIO di Vicenza. «Iniziativa interessante — sostengono — che ci ha certamente permesso di apprendere aspetti importanti della nostra professione e di affinare preparazioni di qualità, ma per noi troppo impegnativa. Da li è stato un continuo crescendo». Per quanto riguarda il cotto pre-
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parano lasagne e altri primi piatti, verdure, baccalà, gulasch, vitello tonnato e tutta una gamma di preparazioni da rosticceria. «Realizziamo anche la Carne secca dei Ciocchi, soprannome con cui veniva chiamata la famiglia Fraccaro, condita secondo la ricetta segreta del nonno e poi affumicata, e proponiamo quello che chiamiamo il Cravattino cimbro, che sarebbe un filetto di maiale speziato e affumicato che raggiunge una consistenza e un sapore a metà tra lo speck e la carne secca. Resta morbido e rosato». Nell’offerta gastronomica troviamo anche un’ampia gamma di formaggi dell’altopiano e una piccola selezione di birre artigianali, in particolare “Birra Cimbra”, e vini del territorio. Nessuna ipotesi, per il prossimo futuro, di allargare la macelleria di famiglia aggiungendo la somministrazione di cibi e bevande, ma i progetti per diversificare l’attività non mancano. «Non abbiamo spazio sufficiente per una ristomacelleria – chiariscono Marco
e Nicola — né ci interessa aprirne una in altra sede. Piuttosto stiamo valutando se avviare un agriturismo dove abbiamo terreni e immobili e magari ricostituire un allevamento e proporre una nostra linea di carne. Ci piacerebbe arrivare a disporre di addirittura di un nostro macello aziendale, ma questo è parecchio complicato». «Al momento siamo in quattro: io, mio fratello e miei due figli» puntualizza Roberto. «Ad oggi siamo dimensionati così — concludono Marco e Nicola — e l’offerta attuale ci assorbe pienamente. Le cose si devono fare bene, devono essere seguite e bisogna averne sempre in disponibilità. Una volta che hai abituato la clientela ad un determinato prodotto gastronomico bisogna farglielo trovare con continuità». Gian Omar Bison Macelleria Primon Viale Dei Patrioti 27 36012 Asiago (VI) Web: macellerie-primon-snc-diprimon-roberto.business.site
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NUTRIZIONE
Una carne per tutte le età La carne è un’alleata della nostra salute. Il menù settimanale però va aggiornato per avere un’alimentazione completa. Il parere della nutrizionista Alessia Manteca per Carni Sostenibili
Photo © bigacis – stock.adobe.com
di Anna Simone
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arni Sostenibili (per saperne di più sul progetto: www.carnisostenibili.it) ha fatto po’ di chiarezza e sfatato alcuni miti che girano sui diversi tipi di carne e sul loro consumo con ALESSIA MANTECA, biologa nutrizionista. Quale tipologia di carne è più indicata per i bambini? «Lo svezzamento inizia con le carni bianche, in particolare agnello, vitella, poi coniglio e pollo. Dal punto di vista nutrizionale per la tipologia degli amminoacidi, più o meno, le carni si equivalgono. Non esiste un tipo di carne più nutriente. La scelta ricade sulle carni bianche perché risultano maggiormente digeribili, considerando che hanno una bassa percentuale di connettivo, una sostanza fibrosa presente
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all’interno dei muscoli della carne. Quanto ai bambini più grandi, l’errore che fanno i genitori o chi si occupa della loro alimentazione, non è somministrargli la carne, che non costituisce nessun tipo di problema, ma le quantità. I bambini hanno un fabbisogno proteico di circa 1 grammo di proteine per chilogrammo di peso. Ad esempio, un bimbo di nove anni che pesa circa 40 kg non ha bisogno di una porzione di manzo da 150 grammi: tale quantità contiene da sola circa 30 grammi di proteine, quasi quanto il suo fabbisogno giornaliero. E il bimbo in questione in un giorno non mangia solo una fonte di proteine! La mattina fa giustamente colazione con un po’ di latte, poi mangia pane e pasta che contengono pro-
teine, ragion per cui una porzione di carne da 70/80 grammi sarà più che sufficiente. Per i piccoli che non hanno simpatia per la carne, si possono proporre delle polpette insaporite con verdure. Basta farsi macinare dal macellaio di fiducia un misto di carne di pollo e vitella da amalgamare a casa con una zucchina e una carota precedentemente sbollentate e schiacciate, a cui va aggiunto un filo di olio extravergine di oliva, aromi, mollica di pane integrale umidità. Procedere formando delle polpette, passare nel pan grattato e poi infornare. L’ideale sarebbe servire con un sughetto di pomodoro fresco. Si tratta di un pasto sano e completo per la contemporanea presenza di fibra e carboidrati complessi».
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Quale carne è più indicata per gli adulti? «Per i due sessi non ci sono particolari indicazioni legate al consumo di carne se si gode di buona salute. Una carne adatta alle donne, soprattutto in menopausa, è quella di pollo, per il basso contenuto di grassi, eccezion fatta per le alette ricoperte di pelle, la parte più grassa. Una buona idea è far saltare i filetti di pollo con la salvia, erba aromatica che contiene fitoestrogeni, carenti durante la menopausa. A questo secondo possiamo unire un’insalata a base di radicchio e rucola, ricchi di calcio e sali minerali, preziosi per la salute delle ossa. Per quanto riguarda donne con cicli mestruali abbondanti, oppure uomini con concentrazioni ematiche di ferro piuttosto basse, si consiglia carne di cavallo oppure di bovino adulto, condita ad esempio con una salsa di limone, olio evo e prezzemolo, da accompagnare con insalata a base di rucola, pomodori e peperoni crudi rossi e gialli tagliati a julienne. Il problema non sta nella carne piuttosto nelle quantità e nella frequenza. Il menù settimanale va aggiornato e rivisto per avere un’alimentazione dinamica e completa. La carne rossa va mangiata due volte a settimana, tre volte quella bianca, poi bisogna far posto anche al pesce, alle uova e ai legumi». Meglio a pranzo o a cena? «Dipende da una serie di variabili. Se la persona in questione non ha problemi di salute, il pranzo o la cena sono intercambiabili, l’importante è assumerla sempre con una fonte di carboidrati complessi come pasta, pane o patate e una fonte di fibre, come le verdure. Tra queste ultime è consigliato l’abbinamento con verdure ricche di vitamina C che favorisce l’assorbimento del ferro presente nella carne. Quindi via libera a broccoletti, peperoni, pomodori e rucola. Un piatto ideale in questo periodo, perché fresco e colorato, è rappresentato ad esempio da straccetti di vitella stufati pochi minuti in un tegame con olio evo a cui aggiun-
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Sì alla carne ad ogni età, ma attenzione alle dosi. I bambini, ad esempio, hanno un fabbisogno proteico di circa 1 g/kg di peso: non eccediamo con le quantità dunque (photo © Oksana Kuzmina – stock.adobe.com). gere in un secondo momento una bella manciata di rucola e pomodorini. La vitamina C è molto sensibile alle alte temperature, per cui è preferibile aggiungere rucola e pachino dopo aver impiattato la carne. Per le persone con problemi digestivi, gastriti, dispepsie, insonnia, è preferibile consumare la carne durante il pranzo. Le proteine richiedono tempi più lunghi per la digestione e lo svuotamento gastrico, di conseguenza, se l’apparato digerente non è al massimo della forma oppure se si ha bisogno di un sonno ristoratore, è preferibile assumere durante la cena alimenti che favoriscano riposo e digestione come può essere un piatto di pasta integrale con zucchine e basilico. Se poi si hanno alterazioni della funzionalità renale oppure ipertensione è bene evitare carni conservate per l’eccessivo contenuto di sale». Come e quanto va cotta la carne? «Nessun divieto assoluto, di conseguenza si possono assecondare i propri gusti personali, ma bisogna avere delle accortezze. Ottima la cottura nei tegami oppure al vapore, quindi lenta e bassa temperatura, che consente il mantenimento delle proprietà sensoriali, a partire da morbidezza e sugosità. Le cotture ad alte temperature, come la brace o la piastra, possono sviluppare
composti chimici tossici al nostro organismo come le ammine eterocicliche, i prodotti finali della glicazione avanzata (AGE) e idrocarburi policiclici aromatici. Nessun allarmismo: non c’è rischio se il consumo di cibo bruciato è limitato a una volta ogni tanto, purché non diventi un’abitudine. Quindi sì a una grigliata di carne in montagna con gli amici, ma a patto che non diventi un appuntamento fisso. Per quanto riguarda la carne cruda, è più succosa, più ricca di acqua, più ricca di sali minerali e soprattutto di ferro rispetto alla carne cotta. Per questo motivo il suo consumo è consigliato nei casi di grave anemia. La carne cruda contiene più vitamine rispetto alla carne cotta perché la cottura determina la loro alterazione o degradazione. Ma bisogna fare davvero fare molta attenzione. Il consumo di carne cruda può essere più rischioso rispetto al consumo di carne cotta dal punto di vista igienico per il rischio di contagio di batteri, virus e altri agenti patogeni. Tuttavia, se il taglio di carne cruda da consumare è di eccellente qualità e se sono state rispettate tutte le norme di igienicosanitarie previste dalla legge, mangiarla non dovrebbe costituire un rischio elevato per la salute». Anna Simone Carni Sostenibili
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TRADIZIONI
Celebrazioni storiche e gastronomiche degli Stati Uniti d’America
Perché si mangia il tacchino nel Giorno del Ringraziamento? Sono circa 45 milioni i tacchini serviti sulle tavole americane durante la festa nazionale che commemora l’arrivo dei Padri Pellegrini nel 1621. Due di loro vengono graziati ogni anno dal Presidente in carica, che li riceve in dono di Nunzia Manicardi
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Il tacchino ripieno è un piatto tipico della tradizione americana che si prepara in occasione del Thanksgiving Day, una delle festività più importanti del Paese, che cade ogni anno l’ultimo giovedì di novembre (photo © sonyakamoz – stock.adobe.com).
uante volte abbiamo visto, in televisione e al cinema, quel grosso tacchino dorato e farcito troneggiare sulle tavole americane riunite in festa il Giorno del Ringraziamento mentre il capofamiglia brandisce il coltello per tagliarlo sotto gli occhi attenti e speranzosi dei commensali? Molte, tante, forse anche troppe… Siamo sicuri, però, di conoscere davvero il come e il perché di questa tradizione tanto importante per chiunque viva nel Paese a stelle e strisce? Abbiamo così pensato di chiarire, a chi magari ancora non lo sapesse o lo sapesse non a sufficienza, in che cosa essa consista, come sia nata e come si sia conservata fino ai nostri giorni. Non soltanto negli Stati Uniti Il Giorno del Ringraziamento (in inglese Thanksgiving Day), o più semplicemente “il Ringraziamento”, è una festa anglosassone di origine cristiana che si osserva non soltanto negli Stati Uniti d America ma anche in Canada, in due isole dei Caraibi (Grenada e Saint Lucia) e in Liberia, piccolo stato dell’Africa occidentale. Ma è negli Stati Uniti, indubbiamente, che riveste la maggiore importanza. Per gli Americani è la festa più importante dell’anno, insieme al Natale e al 4 luglio (giorno dell’Indipendenza dall’Inghilterra). Il quarto (o ultimo) giovedì di novembre Non ha un giorno fisso calendariale: negli Stati Uniti cade, da sempre, il quarto (o ultimo) giovedì di novembre; in Canada ogni secondo lunedì di ottobre. Si festeggia in segno di gratitudine verso Dio per il raccolto e per quanto ricevuto durante l’anno trascorso, ma rappresenta per molte famiglie anche e soprattutto un’occasione per trascorrere del tempo insieme a tutti i parenti ritrovandosi uniti intorno alla tavola. Una tavola su cui, come da tradizione originaria, campeggia quel bel tacchino al forno che il capofamiglia, dopo aver pronunciato un sentito discorso legato alla circostanza, divide poi ritualmente
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e solennemente, ma anche molto allegramente, fra tutti i membri del gruppo secondo i ruoli da loro occupati. I primi furono i Padri Pellegrini nel 1621 La prima volta che questo giorno venne festeggiato in Nord America fu nel 1578 quando il navigatore inglese MARTIN FROBISHER, dopo essere arrivato nel nuovo continente (più precisamente nel Canada nord-orientale) alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest, ordinò una cerimonia per ringraziare Dio per la protezione data al suo gruppo durante la lunga e pericolosa attraversata oceanica. La tradizione della Festa del Ringraziamento viene però associata ai Pilgrim Fathers (i Padri Pellegrini), un gruppo di privati cittadini inglesi di religione cristiana puritana con cui iniziò la massiccia immigrazione verso quelli che sarebbero poi diventati gli Stati Uniti d’America. Essi salparono il 6 settembre 1620 con il galeone minore a tre alberi Mayflower (“fiore di maggio”) dal porto inglese di Plymouth allo scopo di stabilire delle colonie lungo quella parte di costa del Nord America di cui avevano ottenuto la concessione reale. Avvistarono terra due mesi dopo, il 9 novembre, all’altezza di Cape Cod, in Massachusetts. Erano in 102: 74 maschi e 28 femmine, compresi donne e bambini nonché membri dell’equipaggio (circa 25-30 persone). C’erano anche due cani, un mastino femmina e un piccolo Springer Spaniel che avrebbero partecipato anch’essi alla colonizzazione. Durante la traversata dell’Atlantico, benché durissima, morirono soltanto due persone, ma quasi tutti si ammalarono, soprattutto per la mancanza di vitamine che provocava lo scorbuto. Mentre erano in mare nacque anche un bambino che fu chiamato Oceanus (Hopkins). Un altro, Peregrine (White), nacque ancora sulla Mayflower, ma in America, il 20 novembre, prima dell’insediamento a Plymouth.
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Una versione aggiornata del tradizionale tacchino qui avvolto da fette di prosciutto crudo (photo © Tom Krok). Circa la metà di questi emigranti morì nel corso del primo inverno. Essi approdarono infatti sul territorio americano estremamente provati dopo quel viaggio estenuante e con i postumi delle tante malattie contratte a bordo e subito dovettero confrontarsi con un territorio sconosciuto, deserto, selvaggio e inospitale. Ma, soprattutto, dovettero farlo quando l’inverno stava già iniziando. Durante quel primo terribile inverno ne morirono di stenti più di 40. Ne sopravvissero soltanto 53. L’anno successivo le cose andarono decisamente meglio: la colonia, ben organizzata, si era insediata, aveva costruito case solide e coltivato le terre, rivelatesi generose, instaurando rapporti d’amicizia con i nativi con i quali, nel marzo del 1621, venne stabilito un trattato di pace e di mutua protezione. Questi ultimi inoltre aiutarono i coloni insegnando loro come sfruttare la terra e coltivare il mais. Grati e soddisfatti, nell’ottobre 1621 i Pellegrini sopravvissuti festeggiarono il primo raccolto in-
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sieme con un centinaio di indigeni. Le celebrazioni durarono tre giorni, con un gran banchetto a base di tacchini, anatre e pesci procurati dai coloni e cinque cervi procurati dai nativi. Fu questo l’inizio della Festa del Ringraziamento, che però ebbe questo nome soltanto due anni dopo (1623), alla notizia dell’arrivo di ulteriori coloni e provviste. Dal 1621 ad oggi non ha mai subito interruzioni. Fu ufficializzata nel 1863, nel bel mezzo della guerra di secessione, dal presidente ABRAMO LINCOLN. Diventò così una festa nazionale fissa e annuale e andò gradatamente perdendo il contenuto cristiano originario. Il tacchino è il simbolo della festa Il simbolo per eccellenza del Thanksgiving Day rimane tuttora il tacchino, che fu reimportato dall’Europa all’America proprio dai Padri Pellegrini, i quali ne diedero il via al consumo intensivo. In Europa erano arrivati tramite gli Spagnoli che li avevano ricevuti dagli Aztechi all’epoca della con-
quista del Messico. I 45 milioni di tacchini che vengono serviti oggi sulle tavole statunitensi il quarto giovedì di novembre sono però molto diversi da quelli di allora. Grazie ad accurate selezioni genetiche hanno quasi tutti piumaggio bianco e carne chiara, ampiamente preferiti rispetto ai tacchini dal piumaggio bronzeo dalla carne più scura. La carne stessa è stata resa più povera di grassi e di colesterolo e più ricca di proteine e minerali. In questo giorno le case e le tavole americane sono addobbate a festa con decorazioni speciali adatte al periodo autunnale. Il tacchino, di non meno di 5 kg, viene dapprima eviscerato (le interiora saranno utilizzate in seguito) e poi cucinato secondo la ricetta di ogni famiglia, conservata come un segreto da tramandare di generazione in generazione. Anche la preparazione è frutto di tradizione familiare: la parte più importante riguarda la cottura, che dura almeno 3-4 in forno a 190 °C, spennellando l’animale
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ogni mezz’ora con il liquido di cottura per assicurare una doratura perfetta. Il ripieno è a base di pane raffermo o riso, amalgamati con sedano, aglio e cipolla e l’aggiunta di cranberries secchi (non sono i nostri mirtilli, come comunemente si crede, ma un frutto completamente diverso: l’ossicocco o mortella di palude, detto anche mirtillo rosso o di palude), bacon, salsiccia e odori (timo, rosmarino e salvia). Viene ammorbidito con brodo di tacchino, burro chiarificato e olio evo. Il tacchino è accompagnato da purè di patate, patate dolci, salsa di cranberries, verdure, torta di zucca (Pumpkin pie) e dall’immancabile salsa gravy, che si prepara col liquido di cottura a cui si aggiungono le interiora dell’animale, alcune verdure, un po’ di brodo di tacchino e farina o amido di mais per addensare. Dal 1963 è invalsa una cerimonia, nota come National Thanksgiving Turkey Presentation, che è diventata parte integrante della giornata. Nacque per iniziativa del presidente JOHN FITZGERALD KENNEDY, che scelse di non cucinare il tacchino donato al presidente in carica dalla National Turkey Foundation fin dal 1947 (presidenza TRUMAN). Da allora ogni anno alla Casa Bianca, alcuni giorni prima, il presidente in carica concede la grazia a due tacchini. Ne vengono graziati due, affinché almeno uno possa arrivare vivo ad aprire la successiva parata che dal 1989 si tiene sulla Main Street di Disneyland, a Los Angeles. Entrambi vengono poi trasferiti nel ranch di Frontierland, nell’area tematica dedicata al vecchio Far West americano. Dal 2005 il trasferimento da Washington a Los Angeles avviene con un volo di prima classe della United Airlines. Dal 2003 i cittadini americani sono invitati a scegliere il nome dei tacchini votando sul sito della Casa Bianca: i primi furono battezzati Stars e Stripes (Stelle e Strisce, nome che indica la bandiera americana), quelli del 2020 Corn e Cob (Granturco e Pannocchia). Nunzia Manicardi
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Thanksgiving Day: ma voi lo sapevate che… •
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Furono gli Aztechi a portare in dono il tacchino agli Spagnoli. Da lì la diffusione della in Europa. Il tacchino è stato poi “reimportato” oltre un secolo dopo in Massachusetts dai Padri Pellegrini. Protagonista indiscusso della tavola, il tacchino ripieno ha molte varianti geografiche: nelle cittadine del Sud, ad esempio, la carne si accompagna con la focaccia di granturco, mentre in quelle del nord degli Stati Uniti il tacchino viene accompagnato dal wild rice. Tra gli eventi più attesi e legati al Giorno del Ringraziamento in America c’è la Parata di Macy’s (Macy’s Parade, in foto), una sfilata organizzata a New York dall’omonimo grande magazzino con enormi gonfiabili. Un evento che attrae milioni di visitatori e si tiene su un percorso di 4 km tra i grattacieli di Manhattan. Un giorno da vivere con i propri cari, rigorosamente a casa e non al ristorante: ma non può esistere Thanksgiving senza football americano! Un’altra usanza è infatti quella di guardare in TV la partita dopo il pranzo in famiglia. Sulle prime tavole del Ringraziamento si assisteva a stravaganze culinarie. Una di queste è sicuramente il “turducken” (dall’unione delle parole turkey, duck e chicken). Un tacchino disossato conteneva un’anatra disossata con all’interno il pollo. Il piatto molto popolare nella Louisiana, comparso tra il 1970 e il 1980, poi diventato l’emblema della cucina cajun (tipica della zona). Il Thanksgiving segna ufficialmente l’inizio del periodo natalizio. Nel 1857 JAMES PIERPOINT compose proprio per il Giorno del Ringraziamento un brano per bambini dal titolo One horse open Sleigh, che riscosse un grandissimo successo. Lo stesso brano fu riproposto poi per il giorno di Natale e nel 1859 il titolo cambiò in Jingle Bells, divenuto famoso in tutto il mondo (fonte: Ansa, www.ansa.it).
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FIERE
Forte calo di espositori e visitatori ma soddisfazione piena di organizzatori e partecipanti
Anuga 2021, più forte della pandemia di Elena Benedetti
«S
iamo pronti per ripartire, per tornare alla normalità e i numeri della prossima Anuga lo dimostrano». Non avevano lasciato spazio ad interpretazioni le parole di THOMAS ROSOLIA, amministratore delegato di Koelnmesse Italia, a pochi giorni dall’apertura dei cancelli del più grande evento mondiale dedicato
al Food & Beverage, che si è svolto a Colonia dal 9 al 13 ottobre. Andiamo in stampa a pochi giorni dalla chiusura della fiera e i numeri ufficiali vanno oltre ogni aspettativa: sono oltre 70.000 i visitatori provenienti da 169 Paesi giunti a Colonia per la 36a edizione di Anuga, che ha ospitato oltre 4.600 espositori da 98 Paesi, di cui ben 700 in rappresentanza del
made in Italy, fra i quali realtà come Alcar Uno, Amadori, Citterio Giuseppe, Leoncini, Levoni, Nestlé, Salumificio Fratelli Beretta, Surgital, per citarne solo alcuni. Certo è che, se facciamo il confronto con la precedente edizione del 2019, i numeri sono drammaticamente inferiori: nell’ultima manifestazione a pochi mesi dall’esplosio-
All’entrata del padiglione 6 lo spazio del Gruppo VanDrie, leader mondiale nella produzione di carne con una consolidata filiera integrata, uno degli stand più belli e affollati di Anuga 2021. Ampia l’offerta di prodotti, tra cui Jan e la app Vealcuts, che guida il buyer nella scelta delle carni di vitello attraverso la visualizzazione dei vari tagli in ogni angolazione, descrizione in multi lingue e immagini in 3D.
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Nonostante i numeri nettamente inferiori di visitatori ed espositori, l’edizione 2021 di Anuga, la principale fiera al mondo dedicata al Food & Beverage, ha confermato la fortissima vocazione internazionale dell’evento. «Siamo molto contenti di questo risultato che sottolinea l’importanza globale di Anuga e la fiducia per la nostra organizzazione fieristica», ha dichiarato GERALD BÖSE, presidente e AD di Koelnmesse.
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ne della pandemia, erano stati ben 170.000 i visitatori professionali da 201 Paesi, e circa 7.500 espositori da 106 Paesi. Koelnmesse si è detta comunque soddisfatta. «Siamo molto contenti di questo risultato che sottolinea l’importanza globale di Anuga e la fiducia per la nostra organizzazione fieristica. Inoltre, dimostra che la Germania come sede fieristica continua a mantenere una posizione di leadership attraente in termini di competizione globale», ha dichiarato GERALD BÖSE, presidente e amministratore delegato di Koelnmesse. Anuga ha anche ristabilito un punto di riferimento in termini di livello di internazionalità in questi tempi post Covid: il 97% degli espositori proveniva dall’estero. Mentre, col 76%, il grado di internazionalità dei visitatori è rimasto a un livello costante (2019: 75%). Sono stati oltre 700 gli espositori italiani e una cinquantina quelli ospitati presso il padiglione dell’Italian Trade Agency (ITA) ad Anuga 2021. Con 43 miliardi di euro di merci esportate e un fatturato totale
di 143 miliardi di euro (dati ICE), nel 2020 il settore agroalimentare italiano è stato secondo solo all’industria meccanica. Nonostante la pandemia, ha conosciuto una flessione del solo –1,4%, contro una media del –11,5%. Le esportazioni, cresciute del 6,9% nel 2020, hanno avuto un ruolo fondamentale in questo risultato. La Germania rimane il Paese cliente più importante dell’Italia (25% del volume totale delle esportazioni), seguita da Francia (17%), USA (14%) e Regno Unito (12%). Nel 2020, la Germania ha importato dall’Italia vini, bevande e aceto per un valore di 1,5 miliardi di euro. Anche la frutta fresca (1 miliardo di euro), la pasta (864 milioni di euro) e i latticini (664 milioni di euro) hanno avuto un impatto importante. Il patrimonio dell’agroalimentare italiano è da sempre estremamente apprezzato in tutto il mondo. Un tessuto economico fatto di cultura, di tradizione e di competenze che vede piccole realtà artigianale e grandi gruppi industriali protagoni-
sti, insieme, diffondere il gusto e il piacere made in Italy. Una realtà che è tornata di nuovo a confrontarsi e a proporsi a Colonia attraverso centinaia di stand e le numerose collettive che hanno messo in luce le piccole realtà del nostro grande repertorio enogastronomico, organizzate da AFIDOP (l’associazione dei produttori di formaggi italiani DOP e IGP), da ICE Agenzia e dalle associazioni e consorzi tra cui Consorzio il Biologico, Il buon gusto italiano, Italia del gusto, Parma Alimentare e Tradizione Italiana. Certo, il padiglione 6 — l’area da sempre riservata ai grandi gruppi internazionali delle carni — quest’anno aveva ampi spazi non allocati e si sentiva la mancanza di nomi come Vion e Westfleisch. Ma tutti gli operatori intervistati si sono detti molto soddisfatti per la qualità dei contatti commerciali e per il rinnovato piacere di accogliere clienti e visitatori presso il proprio spazio espositivo. Buona la riuscita anche della doppia anima di Anuga, in presenza a Koelnmesse e in digitale attraverso
Affollatissimo lo spazio del Belgian Meat Office, l’ente rappresentante la filiera carni belghe diretto da Joris Coenen.
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A sinistra: lo spazio di Fribin, ERA Foods e Vanlommel. A destra: focus sui pack di vitello della linea Veal Good proposti da Vanlommel all’Anuga 2021.
A sinistra: alcuni prodotti della linea Carnicas Tabladillo SL, l’azienda spagnola a conduzione familiare che si occupa da più di 50 anni dell’allevamento, macellazione e sezionamento di maialini da latte di Segovia IGP e rappresentata da Andrea Conticelli Meat & Food Trading. A destra: Matteo Marchetti, Luxtrading, Andrea Conticelli e Josep Viñas, titolare del Grup Viñas, tra i maggiori produttori di carne bovina della Catalogna.
Nello spazio del Gruppo belga Sopraco NV, leader nella produzione di carni di vitello, Maxim Oeyen e Andrea Carta.
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Amadori vuole crescere sui mercati esteri: il Gruppo in fiera a Colonia con un’offerta di prodotti pensata ad hoc per l’export Il Gruppo Amadori cresce all’estero e torna da protagonista all’Anuga. La Germania e gli altri Paesi UE e dell’Europa continentale, oltre alla Gran Bretagna, sono i principali mercati di destinazione estera per l’azienda, che negli anni ha sviluppato una gamma ad hoc per l’export, diversificata fra prodotti tradizionali e innovativi, tutti caratterizzati dalla qualità 100% italiana della filiera integrata Amadori. «Attualmente serviamo clienti in 35 Paesi fra Europa, stati limitrofi di Africa e Medio Oriente, fino ad Hong Kong, mercati che generano un valore significativo del fatturato del Gruppo», ha dichiarato a EFA News SANDRO SABELLI, direttore vendite estero, sottoprodotti e Business Development di Amadori. «Abbiamo deciso di tornare ad Anuga, evento di riferimento in Europa per il settore, per rafforzarci nei nostri mercati principali e crescere in altri Paesi, ad esempio in Nord Europa e in Scandinavia: mercati evoluti, con consumatori attenti a prodotti di alta qualità, certificati e caratterizzati da modalità produttive d’eccellenza, come l’allevamento all’aperto, l’alimentazione vegetale e NO OGM, l’esclusione totale degli antibiotici e il biologico. Caratteristiche che rispecchiano la nostra offerta, in particolare attraverso la filiera del pollo Il Campese, pollo e tacchino Qualità 10+ e pollo Bio».
L’ente di promozione irlandese Bord Bia nell’area che ha raggruppato numerose aziende di commercializzazione delle carni bovine e ovine dell’Irlanda, tra cui Dawn Meats. 128
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Jarvis, qualità certa, anzi certificata
Una nuova generazione di storditori e cartucce universali Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.
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2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D
1) Gert Noorderink, sales manager di PALI Meat, società di PALI Group, una delle principali organizzazioni di commercio di bestiame e di produzione di carni in Europa con offerta di carni suine e di vitello. 2) Vitelpro, la linea di Vitelco che soddisfa la crescente domanda di prodotti da carne di vitello bianco e vitello rosé di qualità premium. 3) Foto di gruppo per Danis Pork Masters, società belga leader del mercato delle carni suine. Da sinistra Bea Stultjens, Dave Lietaert, Pascal Cleppe, Jacques De Brauwer, Sofie Dierickx, Luc De Lille e Stefaan Lambrecht, CEO del Gruppo Danis.
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1) L’offerta di carni britanniche, tra bovino, ovino e suino presentate dalle varie aziende leader di mercato tra cui Dunbia. In foto lo spazio di AHDB, Agriculture and Horticulture Development Board, l’ente promotore dei prodotti agroalimentari made in UK. 2) Nell’area espositiva della Spagna ampio spazio è stato dedicato a “Beefetarian”, la campagna finanziata dalla Commissione europea volta a promuovere il consumo di carni bovine in Francia, Germania, Belgio, Portogallo e Spagna. 3) Suincom, realtà leader nella lavorazione e commercializzazione di carne suina fresca e congelata. 4) La linea di prodotti di carne avicola TrustMyChicken all’interno dello spazio di Zandbergen.
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1) Anche il Gruppo Alcar Uno ha scelto Anuga per le attività di export con la selezione e lavorazione di tagli primari di carne suina e personalizzazioni secondo le richieste di mercato. 2) Lo spazio dell’olandese FuiteVeal, che offre carne di vitello premium garantita da una filiera totalmente integrata. 3) Hendrik Koffeman, Stefano Ranieri di RFood e Anne-Dirk Fuite. la piattaforma Anuga@home, che ha portato il salone dell’industria alimentare e delle bevande a portata di clic, con una serie di “contenitori” affiancatisi agli stand virtuali degli espositori per permettere a chi non poteva essere fisicamente a Colonia di conoscere nuovi prodotti, individuare nuovi trend, allacciare nuovi rapporti di collaborazione e soprattutto valutare i profondi cambiamenti che stanno attraversando l’intera filiera del Food & Beverage.
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Anuga in numeri 4.643 espositori da 98 Paesi hanno preso parte ad Anuga 2021 su uno spazio espositivo di 244.400 m². Sono stati 400 gli espositori tedeschi e 4.243 quelli esteri, pari al 92%, confermando così la fortissima vocazione internazionale di questa fiera. Oltre 70.000 i visitatori provenienti da 169 Paesi. Appuntamento ad Anuga 2023 dal 7 all’11 ottobre 2023 >> Link: www.anuga.com
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Questo matrimonio non s’ha da fare
N
é domani né mai. Questo intimava uno dei bravi a Don Abbondio il 7 novembre 1628, a proposito del matrimonio che avrebbe dovuto celebrarsi tra Lucia Mondella e Renzo Tramaglino. Ovviamente non è quel matrimonio l’oggetto del nostro ragionamento, ma in un certo senso, sempre di matrimonio stiamo parlando, o forse è meglio dire di unione tra cartoncino in pura cellulosa ed un film plastico. A questo punto una domanda sorge spontanea: ma ha senso? Qual è lo scopo di un simile connubio tra materiali così diversi? Stiamo parlando di una scelta improbabile, frutto di una campagna viscerale da parte dei detrattori dell’imballaggio in plastica che ha portato la GDO e le aziende alimentari a ridurre o eliminare l’imballaggio in plastica, o di una soluzione innovativa? Quando penso alla carta mi vengono in mente le immagini di quei momenti vissuti, moltissimi anni fa, quando da ragazzino, con mia madre, andavamo al mercato centrale (i supermercati erano appena nati e nella mia città non erano ancora presenti) a “fare la spesa”; si acquistava il pesce o la carne che venivano appunto incartati in fogli di carta vegetale, o in mancanza di questa (quasi sempre) in fogli di giornale… Per fortuna, almeno per quanto riguarda la sicurezza alimentare, quei tempi sono passati ed oltre ai fogli di carta idonea al contatto per alimenti oggi esistono anche i cartoncini di spessori variabili, che possono essere tagliati, cordonati, o addirittura termoformati per ottenere (incredibile) delle vaschette, sufficientemente rigide da contenere qualsiasi tipo di alimento, idonee per essere utilizzate nei processi di confezionamento industriali. E allora perché non provare ad unirci un film plastico, in modo da sfruttare al meglio i vantaggi di entrambi i materiali? Da una parte le
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CARTONCINO PIÙ PLASTICA, UNA SCELTA IMPROBABILE, O UNA SOLUZIONE INNOVATIVA? elevate caratteristiche meccaniche del cartoncino in pura cellulosa, la sua immagine di naturalezza e sostenibilità agli occhi del consumatore, la possibilità stampare informazioni direttamente sul contenitore, i bassi valori di emissioni (GWP) del materiale, dall’altra le elevate performance di un film plastico: barriera all’umidità, ai grassi ed ai liquidi, senza l’impiego di sostanze a rischio come i PFAS, utilizzati ad esempio nei contenitori in bagassa, sigillibilità e caratteristiche barriere
ai gas d’imballaggio per applicazioni in atmosfera protettiva. Il risultato: un contenitore di elevate prestazioni tecnico funzionali, utilizzabile nel forno a microonde, idoneo per il confezionamento in atmosfera protettiva direttamente all’interno di impianti di sigillatura per i contenitori in plastica, senza nessuna modifica strutturale dell’impianto e del processo: disimpilatori, stampi, sistemi di avanzamento, impilamento del prodotto confezionato, stazionamento nelle celle, trasporto, ecc…
è un innovativo vassoio multi-materiale con l’85% di pura cellulosa proveniente da foreste rinnovabili. Adatto al confezionamento di alimenti in atmosfera protettiva, mediante sigillatura. Grazie alle sue caratteristiche specifiche, può essere utilizzato all’interno degli stampi di sigillatura senza alcuna particolare modifica
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Il punto di forza del contenitore Barrier+ risiede nel bordo di sigillatura: grazie alla sua struttura rinforzata (Brevetto Ipack) conferisce al contenitore una notevole rigidità che lo rende idoneo per tutte le operazioni di manipolazione e movimentazione, sia prima dell’ingresso nello stampo della sigillatrice, sia durante la fase di deposito dei contenitori all’interno dello stesso, e successiva estrazione. La struttura portante della vaschetta, unitamente alla qualità del cartoncino di pura cellulosa, permette alle confezione finale contenente l’alimento, di stazionare all’interno delle celle frigo e di sopportare senza problemi i lunghi trasferimenti dai luoghi di produzione ai banchi della GDO, fino al frigo di casa, dove potrà rimanere ancora per altri giorni senza manifestare cedimenti o rammollimenti del materiale, anche se sovrapposta una sull’altra.
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Foto 1 Evidenzia la sezione della struttura multistrato del bordo rinforzato supplementare, termosaldato al bordo libero del contenitore. Questa soluzione (Brevetto IPACK) conferisce all’intera vaschetta una particolare rigidità ed una elevata resistenza, condizioni necessarie per un utilizzo efficiente nelle linee di sigillatura TOP SEAL – MAP. Foto 2 La termoformatura del contenitore genera sullo strato superiore una serie di cordonature che, anche dopo la sigillatura con il Top film, permettono la fuoriuscita dei gas d’imballaggio dal contenitore. L’applicazione del bordo rinforzato (Foto 1) rende la superficie del bordo libero del contenitore completamente piana e senza cordonature. La successiva applicazione del film barriera garantisce la tenuta ai gas di imballaggio nel caso di confezionamento in atmosfera protettiva, condizione necessaria per una conservazione ottimale dell’alimento contenuto. Foto 3 La particolare conformazione della struttura del corpo consente ai contenitori di rimanere tra loro distanziati, a differenza di quello che accade con altre vaschette in cartoncino, permettendo l’uso corretto all’interno dei disimpilatori, condizione necessaria per essere utilizzate nei sistemi di disimpilamento industriali
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85% cellulosa vergine da patrimonio boschivo ciclicamente rinnovabile
La confezione finale costituita dal contenitore Barrier+ ed il film top di sigillatura, dopo lo svuotamento del contenuto potrà essere conferita nella RACCOLTA CARTA. Nella (Foto 1) è raffigurato il movimento di apertura utilizzando un angolo del film top, segue la delaminazione del medesimo (Foto 2) fino alla completa apertura del contenitore e successivo svuotamento. Il rifiuto risultante (Foto 3) è costituito dalla vaschetta integra + il film TOP di sigillatura. Il film TOP dovrà essere con ferito nel contenitore per la plastica, mentre la vaschetta Barrier+ integra potrà essere conferita nel contenitore per la carta. NO COMPOST
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Aticelca (2019) — Sistema di valutazione 501:2019 – Valutazione del livello di riciclabilità di materiali e prodotti a prevalenza cellulosica sulla base della norma UNI 11743:2019
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Il contenitore Barrier+ dopo l’apertura e lo svuotamento (Foto 1, 2) può essere separato dal film bottom tirando il film in un angolo del contenitore (Foto 4), segue la delaminazione del medesimo fino al completo distaccamento dal contenitore (Foto 5). Il rifiuto risultante (Foto 6) sarà costituito dalla vaschetta + il film TOP di sigillatura + il film interno (bottom). I rifiuti di film plastico dovranno essere conferiti nel contenitore per la plastica, mentre la vaschetta Barrier+ in pura cellulosa potrà essere conferita nel contenitore per la carta o in quello per l’umido. OK COMPOST
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Aticelca (2019). Sistema di valutazione 501:2019 - Valutazione del livello di riciclabilità di materiali e prodotti a prevalenza cellulosica sulla base della norma UNI 11743:2019
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TECNOLOGIE
Piatti pronti e pronto-cuoci: l’ERP CSB-System al servizio della gastronomia
I
tempi cambiano e con loro anche le abitudini alimentari: il tempo da dedicare ai fornelli è sempre meno, ma nessuno vuole rinunciare ad una dieta salutare e variegata. Con questa breve premessa è già chiaro come mai la richiesta di piatti pronti e prontocuoci sia in costante crescita. In questo settore, però, la competizione è molto forte: le aziende di specialità gastronomiche devono utilizzare i migliori ingredienti, gestire in modo economicamente vantaggioso una grande varietà di prodotti con numerosi livelli di lavorazione, offrire la massima qualità, trovare nuovi canali di ven-
dita e adempiere a severe richieste legislative. Le sfide da affrontare sono tante ma la digitalizzazione può aiutare a semplificare i processi più complessi. La soluzione CSB-System, software ERP completo, modulare e integrato, è ottimale per il settore delle specialità gastronomiche e copre tutte le richieste del settore già nello standard: dal produttore al consumatore e dalle macchine al controlling. Freschezza, sicurezza alimentare, rintracciabilità senza lacune, velocità ed efficienza nella logistica, ottimizzazione di costi e risorse non saranno più un problema.
Il cuore del sistema I moduli degli Acquisti, del Magazzino, della Produzione con distinte base e ricette e delle Vendite sono il cuore dell’ERP CSB-System, perché rappresentano i capisaldi della gestione di una qualsiasi azienda alimentare. Tutte le aree aziendali sono collegate in rete, tutte le informazioni sono a disposizione in tutte le aree. Si crea così una base dati unitaria per tutti i reparti che migliora la trasparenza, il flusso delle informazioni e la comunicazione. Grazie alla struttura modulare del CSB-System, l’azienda è libera di implementare le funzionalità che recano il maggiore valore aggiunto,
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Pesatura in uscita produzione al CSB Rack (immagine di repertorio).
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in modo totalmente flessibile e per step liberamente definibili. Il CSBSystem è idoneo al collegamento in rete di più stabilimenti produttivi. Gestione personalizzata di etichette e imballaggi Per quanto riguarda la necessità tipica del mercato dei piatti pronti e pronto-cuoci di gestire diversi tipi di packaging per ottemperare alle diverse richieste della clientela, il CSB-System offre un’ampia gamma di soluzioni: • gestione personalizzata dei layout di tutti i documenti comprese etichette, private label, packing list, schede tecniche, catalogo pubblicitario; • calcolo e gestione dei valori nutrizionali in base alle quantità dei componenti utilizzati in produzione, con relativa gestione degli allergeni e successiva stampa in etichetta o scheda tecnica; • collegamento con le linee di pesoprezzatura; • gestione dei codici a barre e dei codici SSCC; • tracciabilità e rintracciabilità del prodotto tramite Sistema Informativo Lotti; • collegamenti attraverso il CIM con bilance, scanner, magazzini automatici, pallettizzatori, muletti. Semplice da usare Al fine di promuovere l’utilizzo del gestionale anche tra gli utenti meno propensi all’uso di un software, tramite l’M-ERP di CSB-System è possibile personalizzare l’interfaccia grafica utente per semplificare l’inserimento dei dati da parte del personale di produzione. Il CSB Rack, PC industriale specifico per il settore alimentare, rappresenta un ulteriore supporto. M-ERP semplifica inoltre l’uso dei palmari, strumenti indispensabili per la gestione di magazzini che movimentano grossi volumi di merci e per svolgere il picking in maniera mobile e svincolata da una postazione fissa. M-ERP di CSB-System è comunemente utilizzato anche per la gestione del ricevimento merce, movimenti tra magazzini, gestione inventari.
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Gestione delle vendite Poiché, anche dal punto di vista commerciale, il mercato della gastronomia richiede la massima flessibilità, l’ERP CSB-System consente non solo di gestire condizioni commerciali specifiche per cliente (listini, sconti, promozioni, premi fine anno, ecc…), ma è un valido strumento di lavoro anche per l’agente che, attraverso una semplice connessione a internet, può collegarsi in remoto con la propria azienda e avere a disposizione dati sempre aggiornati su prodotti e clienti, evitando così doppi inserimenti. Anche lo scambio dati tramite EDI, molto usato dalla GDO, riduce i costi amministrativi perché il CSB-System è in grado di ricevere e inviare ordini di acquisto, di vendita e qualsiasi altro tipo di file, attraverso dei tracciati, pubblici o proprietari. Poiché il CSB-System è un gestionale multilingua, tutti i documenti associati ad un cliente estero, cioè bolle, fatture, lista degli ordini, etichette, ecc… sono stampati automaticamente nella lingua richiesta. CSB Key Performance Monitor Aumentare la produttività e contenere i costi a parità di risorse è possibile. I cosiddetti Key Performance Indicators (KPI) comunicano se ci sono scostamenti rispetto a quanto pianificato. Grazie al rilevamento e al confronto degli indici dei dati aziendali forniti dal CSB-System, i responsabili di reparto sono in grado di reagire senza perdite di tempo a situazioni critiche, evitando o quantomeno riducendo al minimo i tempi di fermo della produzione e delle macchine. CSB-KPM è uno strumento per la valutazione di tutti i parametri di processo è si adatta pertanto alle specifiche esigenze di ogni azienda. Pianificazione dei menù Per le aziende di gastronomia che integrano la preparazione di piatti pronti col lavoro della ristorazione collettiva (mense scolastiche/ aziendali/ospedali, catering) è sicuramente di grande utilità il
modulo della Pianificazione dei Menù, anch’esso integrato nel sistema gestionale. Questo modulo consente di creare e gestire vari menù, evitando doppi inserimenti e ottimizzando l’uso delle risorse necessarie, ovvero materie prime, personale, tecnologie e impianti. Controllo Qualità fin dall’inizio Il CSB-System mette a disposizione in modo automatizzato, all’interno dei processi, un manuale di Controllo Qualità, a supporto anche delle varie certificazioni. I controlli qualità sono illimitati e possono essere eseguiti in modo personalizzato. La presenza di una base dati unitaria comporta notevoli vantaggi come la riduzione dei tempi d’inserimento del tipo di controllo da effettuare, la gestione rapida delle “non conformità”, la visualizzazione veloce e razionale dei dati attraverso report e statistiche e l’eliminazione del supporto cartaceo. Altri moduli come la Contabilità Generale e Industriale, il CRM, l’archiviazione elettronica dei documenti, la gestione del Carbon Footprint, rendono l’ERP CSB-System un software completo in grado di gestire un’azienda alimentare a 360°; disponendo di una soluzione pre-configurata e specifica per le aziende della gastronomia, i tempi d’implementazione sono rapidi e la razionalizzazione dell’intero processo produttivo è assicurata.
Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Il made in Italy che ci piace
Andrea Barbierato, le inteneritrici indispensabili nel settore della macelleria di Gaia Borghi
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Andrea Barbierato e il figlio Matteo.
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n’azienda veneta, della provincia di Padova, specializzata nella vendita e nella riparazione di macchine e attrezzature per il settore alimentare: a iMEAT 2021 abbiamo conosciuto la ANDREA BARBIERATO. La gamma dei prodotti commercializzati dall’azienda comprende affettatrici, coltelli, tritacarne, mescolatori, insaccatrici, pressacarne, segaossa, macchine per sottovuoto ed altri accessori per il settore della macelleria (e non solo) ma sono le inteneritrici a cui dedicheremo la nostra attenzione. «Da sei anni a questa parte siamo noi a costruire le nostre inteneritrici e ad assemblarle nella nostra officina» mi dice il titolare Andrea Barbierato, un’esperienza lavorativa nel mondo della macelleria che lo ha aiutato nella messa a punto delle caratteristiche peculiari della macchina che possiamo ammirare allo stand ed in particolare delle sue finissime lame. «La difficoltà maggiore nella progettazione e costruzione di questo tipo di macchinario, che verrà utilizzato su una “materia prima” delicata come la carne, riguarda proprio le lame, l’acciaio con cui sono realizzate, un materiale sicuro, pulito, resistente, la loro lunghezza, il verso in cui penetreranno nelle maglie e nel tessuto di cui si compone la carne, sono elementi fondamentali per valorizzare il prodotto che andremo a trattare e per evitare invece di danneggiarlo. Non è stato certo immediato raggiungere il risultato
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Inteneritrice Barby manuale. ottimale che volevamo ma siamo sicuri di aver trovato la lama giusta». È la lama a fare la differenza Completamente made in Italy, anzi, made in Padova, le Barby, questo il nome delle inteneritrici, sono disponibili in due modelli principali: Barby manuale e Barby idraulica. «I due modelli principali si rivolgono ad una clientela differente. L’inteneritrice manuale è infatti la più adatta per il negozio di macelleria o per la ristorazione, mentre quella idraulica, automatica, è destinata alla media e grande distribuzione».
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La funzione delle macchine inteneritrici è appunto quella di “intenerire” la carne fresca, ammorbidirla, rendere le parti più dure e fibrose più morbide e facilmente masticabili, il che significa poter offrire un “prodotto” più buono alla propria clientela. «Le inteneritrici Barby sono macchine che permettono di migliorare la qualità della carne in modo semplice e veloce. Infatti le lame penetrano nelle fibre, lacerano il tessuto cartilagineo e nervoso, spesso responsabile della diminuzione del volume durante la cottura con il conseguente spiacevole indurimento.
Questo trattamento meccanico può essere effettuato su qualsiasi tipo di carne e su diverse pezzature, bovino, equino, suino, ma anche pollame per rendere il prodotto più tenero, migliore in cottura e quindi più piacevole all’assaggio». L’inteneritrice Barby manuale è una macchina versatile, caratterizzata da una struttura quasi interamente d’acciaio, studiata nei minimi particolari per rendere veloce il lavoro dell’operatore. È dotata di lame/coltello che penetrano nelle fibre, tagliuzzando tendini, nervetti e strati di cartilagine. Alla fine del processo la carne sarà più compatta, pronta per essere cucinata senza il rischio che durante la cottura si ritragga, divenendo dura e contorta. Semplice da montare e pulire, è disponibile in due modelli: • con pettine da mm 200X100, costituito da 660 lame/coltello; • con pettine da mm 280X100, costituito da 752 lame/coltello. La Barby idraulica è una macchina semiautomatica che ha le medesime funzioni della precedente, permette la lavorazione di qualsiasi pezzo di carne ed è fruibile negli stessi modelli. Essendo un’inteneritrice di carne automatica funziona in corrente trifase 220/380V. I comandi sono a bassa tensione CA 24V. Il sistema di automazione rispetta le norme di sicurezza richieste per questo tipo di macchinario. Esiste poi il modello Barby Evolution, una rivisitazione dell’inteneritrice idraulica. La novità sta nell’utilizzo di lame di una lunghezza inferiore, che permettono di ottenere carne morbida senza modificarne l’aspetto esteriore. «Infine, le nostre macchine inteneritrici, sia quella manuale che quella automatica, sono garantite 12 mesi» conclude Andrea Barbierato. Gaia Borghi Andrea Barbierato Attrezzatura Settore Alimentare Via Dante Alighieri 7 35021 Agna (PD) Telefono: 368 7866672 E-mail: abarbierato@gmail.com Web: www.andreabarbierato.it
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PRODUTTORE DI MACCHINE PER LA LAVORAZIONE DELLE CARNI KT dal 1938 INDUSTRIA DELLE CARNI / MACELLERIE / INDUSTRIA ITTICA
Oltre 200.000 macchine vendute in tutto il mondo Nuova sfilacciatrice per carni ELEVATA CAPACITA’ Taglia rapidamente a pezzetti la carne cotta
NOVITà
Pulled Pork sta conquistando il mondo!
Le carni sfilacciate, la moda del momento, stanno ottenendo una rapida crescita nel mercato italiano.
La KT-SH-1 Pulled Meat Machine è progettata per produrre prodotti tagliuzzati/sfilacciati “quasi istantaneamente”. Ideale per grandi ristoranti, produttori di carni di piccola e media impresa e per il catering, questa macchina ha una capacità di più di 1.000 500 kg kg all’ora.
La paletta di ingresso è progettata per operazioni in totale sicurezza.
NESSUN TAGLIO Ottieni lunghe fibre muscolari senza tagliare o strappare il prodotto.
KT Slicer F-19S Taglia la maggior parte dei prodotti freschi Assicura una qualità costante Acciaio inossidabile Alimentazione automatica Facile da pulire Sicuro da utilizzare
KT-PK Tenderiser 1200 bistecche all’ora Acciaio inossidabile Facile da pulire Progettato per la Sicurezza
KT-S Fish Scaler
Acciaio inossidabile Mandrino di taglio impermeabile Isolamento sicuro Tutte le parti esterne sono antiruggine Facile da utilizzare per un lungo servizio
KT-ALP Meat Press
800 bistecche all’ora Acciaio inossidabile Pressa senza perdita di peso Spessore regolabile 1mm - 40mm Completamente ricoperto per la Sicurezza Disponibilità della piastra di pressa per pollo e pollame
OTTERRAI OTTIMI PRODOTTI DA QUESTE MACCHINE!
Sezionamento
Produttore:
Carne Tritata
Porzioni Tagliate
KONETEOLLISUUS OY Järvihaantie 5 01800 Klaukkala (Finland) Web: www.koneteollisuus.fi
Tagli Inteneriti
Pesce Squamato
Distributore per l’Italia:
Per maggiori informazioni e per visionare i video delle macchine in uso, visitate il sito www.koneteollisuus.fi
COMMINT SRL Via per Modena 55/C2 41014 Castelvetro di Modena (MO) Tel: +39 059-702727 Web / email: www.commint.net / sales@commint.net
LIMA: gamma di denervatori per carni di pollo e tacchino macinate di altissima qualità
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a LIMA arriva una gamma di tritacarne denervatori della serie GD e GDM, che permette di separare le carni di pollo e tacchino con risultati del tutto analoghi alla carne macinata al tritacarne. Per la gamma GD LIMA ha sviluppato una testata di nuova generazione, che meccanicamente ed in automatico mantiene la pressione di separazione a livelli molto bassi, garantendo un’altissima qualità del prodotto finale ottenuto. Le tipiche materie prime che si possono separare tritando e denervando con la serie LIMA GD e GDM sono i trimming di pollo e tacchino, anche in presenza delle forcelle, fusi, cosce e sottocosce disossate, resti di spolpatura e i tagli che vengono scartati dai sistemi di rilevazione a Raggi-X per parti estranee. Quindi carni con presenza di schegge ossee, cartilagini, nervi, tessuti connettivi e altri parti dure possono essere valorizzate con il sistema LIMA serie GD. La nuova gamma di macinatori denervatori LIMA della serie GD e GDM permette di tritare e macina-
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re carni di pollo e tacchino di alta qualità ad un livello inarrivabile per altre attrezzature che utilizzano la tecnologia tipica dei separatori per denervare carni precedentemente disossate, senza ovviamente la necessità di dover dichiarare il prodotto finito come Carne Separata Meccanicamente. Questa gamma è stata sviluppata specificamente per i tagli di carne disossata di pollame, maiale e manzo. La carne che viene recuperata non è CSM, MSM o MDM (Carne Separata Meccanicamente, Mechanically Separated Meat o Mechanically Deboned Meat) ma vera carne macinata e denervata, che non rientra quindi nella stessa legislazione e normativa del MSM (MDM). In questo segmento di mercato, altri macchinari separatori producono carni macinate e denervate, ma i vantaggi nell’utilizzo della tecnologia LIMA sono molti: • per le stesse applicazioni con LIMA GD/GDM otteniamo rese estremamente superiori di carne macinata e denervata sino al 98%;
• il sistema LIMA non necessita di alcun pretaglio o premacinatura: il separatore può essere alimentato con interi muscoli e parti anatomiche; • basse pressioni di esercizio durante il processo di separazione, con minimo innalzamento di temperatura della carne, inferiore ai 2 °C; • l’alimentazione delle materie prime nel tritacarne denervatore LIMA GD/GDM è molto semplice e non richiede alcuna premacinazione della materia prima; • LIMA GD/GDM può essere fornito con una configurazione a filtro chiuso, il che significa che la testa di separazione è chiusa in un supporto con un'uscita della carne collegata a una tubatura. Tale tubatura può essere facilmente collegata ad una pompa per carne o ad una stazione di dosaggio automatica. La carne è quindi maggiormente protetta dai rischi di contaminazione da corpi estranei all'uscita del filtro, cosa impossibile con altri tipi di separatori;
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• la regolazione della resa su LIMA GD/GDM è estremamente facile, precisa ed affidabile. I nostri clienti adorano la semplicità, la precisione e l'affidabilità di utilizzo della testa di separazione LIMA; • il tempo di montaggio, smontaggio e pulizia è molto più veloce su un LIMA GD/GDM rispetto ad altri separatori, con costi operativi molto bassi; • il design estremamente igienico; • lo spazio richiesto per l’installazione dei separatori e tritacarne denervatori LIMA è estremamente contenuto, permettendone l’uso anche in zone produttive ristrette; • i separatori LIMA riescono ad eliminare anche residui plastici come piccole parti di involucri. La nuova serie di tritacarne denervatori LIMA GD e GDM è disponibile in un’ampia gamma di macchinari che partono da capacità produttive di circa 100 kg/ ora sino ad arrivare al modello più performante che può separare e tritare circa 8.000 kg/ora. Con LIMA possiamo fornire linee complete per alimentare in automatico i tritacarne denervatori, trasportare la carne macinata ad una stazione di dosaggio con bilance per riempire a peso fisso cassette o cartoni con involucro plastico all’interno. LAZZARI EQUIPMENT è disponibile ad organizzare prove e fornire dati di resa specifici per ogni tipo di carne che si intenda separare producendo carne macinata della massima qualità.
Rese per tipo di carne (pollo e tacchino) e relativo scarto con la gamma di tritacarne denervatori serie GD e GDM: esempi e particolari.
Lazzari Equipment & Packaging Via Volta 12 C 37026 Settimo di Pescantina (VR) Telefono: 045 8350877 Fax: 045 8350872 E-mail: info@lazzariequipment.com Web: www.lazzariequipment.com
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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
Com’è profondo il mare, Lucio Dalla
Quaglie e fagiani di Giovanni Papalato
Photo © Lucio Pellacani
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eggi il titolo, “Com’è profondo il mare”, e non pensi di trovarci dentro anche quaglie e fagiani che invece saltano fuori quasi subito, all’inizio della seconda strofa. È una connessione forte, sono usati per chiedere aiuto al padre, che li cacciava. Sono parole intime che hanno un peso importante, perché sono di chi le canta. È il 1977, LUCIO DALLA arriva al settimo album attraverso testi sempre scritti quasi esclusivamente da altri (BARDOTTI, PALLOTTINO, BALDAZZI e, negli ultimi tre, dal poeta ROVERSI), quando sente l’esigenza di raccontare ed esprimersi senza affidarsi ad altri. È una presa di coscienza ma, soprattutto, una volontà, quella di essere un cantautore capace di cantare in quegli anni così intensi e drammatici, partendo da una città, Bologna, che è provincia ma anche mondo, in cui si svolgono necessità e piacere, dolore e sopravvivenza e lotta al potere. Arriva dal passato per raccontare come futuro il presente, la canzone che titola il disco. Un manifesto che ondeggia di sintetizzatore, basso elettrico e una chitarra acustica a tenere la posizione, ritmicamente perpetua, mentre un testo verboso e pieno di immagini si spalanca agli occhi/ orecchie dell’ascoltatore. Il personale universale di Dalla assieme al collettivo dei musicisti che lo suonano creano un suono iperumano lontano da una pulizia ordinata e sintetica. Elementi vissuti, avvenimenti storici lontani e del recente passato, la storia dell’umanità e della subordinazione dell’uomo stesso e dell’ambiente che ci ospita e che viviamo al Potere, alla brama di ricchezza. In cui per scongiurare
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chi si emancipa da certe dinamiche si arriva a bruciare il mare, da cui tutti veniamo. Trabocca di umanità la favola tra psichedelia e folk di Treno a vela, su e giù armonici spezzati dal pianoforte e mangiati dal moog che racconta di padre e figlio vagabondi e affamati di vita e di cibo in un finale onirico di libertà. Il cucciolo Alfredo è un commovente inno all’empatia, un poetico abbraccio ad una generazione persa tra violenza e disillusione, immersa nella Bologna dei bus gratis per gli studenti e gli Inti-Illimani noiosi e onnipresenti (ancora oggi), che sa di quintetto jazz dove anche la voce suona come uno strumento a fiato e che sfocia in un finale scat a mischiarsi col synth. Ancora jazz ma sincopato in Corso Buenos Aires, ritratto intenso della spaccatura tra Nord e Sud, da Barletta a Milano, in cui sembra di intravedere i protagonisti di Treno a vela ma da una prospettiva diversa, quella di una folla invasata e ignorante, tra pregiudizi e frenesia che finisce vorticosamente per autodistruggersi. Strofe che si inseguono e si interrompono in una irregolarità vocale inimitabile, dove tutti i protagonisti sono espressi da Dalla in una variopinta coralità. Se ogni brano in questo disco è eccezionale, un altro oltre a quello che lo principia è di diritto il più famoso: Disperato Erotico Stomp si traveste da demenziale per raccontare il disagio, la solitudine di un abbandono e l’autoerotismo quasi ci si trovasse in una sceneggiatura di qualche rivista o fumetti di genere per poi sentirsi più vicini di quanto non potesse sembrare. Musicalmente siamo su giri stomp/reggae, tra fiati e ritmiche morbide in cui l’autore si muove perfettamente a tempo, assecondandolo e conducendolo. Quale Allegria inizia con un’interferenza, un’acustica entra in un fraseggio sintetico e si struttura in una classica forma canzone che fino ad ora aveva giocato a rimpiattino nascondendosi molto bene, per poi prodursi in un crescendo orchestrato epico e sognante. Qui la solitudine si mostra senza metafore
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o allegorie, una confessione diretta e lucida che coinvolge anche la sfera pubblica dell’artista, ma che evolve in una speranza fatta di rituali in feste comandate che sono occasioni di deliri culinari e goliardia. Una sorta di ossimoro, una canzone tristemente felice, o il suo contrario, dove commuoversi e ricominciare. Prosegue il viaggio sonoro attraverso un’altra forma, stavolta pianoforte e voce, nella malinconica ma decisa “...e non andar più via” che si apre in una lunga coda strumentale. Sono diversi i brani nella discografia di Dalla dove si accompagna solo al pianoforte, ma questo ha una personalissima luce che la fa splendere senza accecare. In un disco dove un brano con queste caratteristiche avrebbe potuto risultare disomogeneo e creare una frattura, riesce invece a suonare organica e non estranea.
Chiude il disco una sorta di blues assemblato, su cui sembra di scivolare sulla chitarra liquida che sembra un mandolino e i cori da barbershop, parti separate e poi collegate tra loro sul racconto di un ritorno che forse ha più a che fare con memoria e coscienza che con navi, vento e focolari a cui tornare. “Com’è profondo il mare” è un disco di una bellezza senza compromessi, che ha aperto al suo autore il grande successo di pubblico a dispetto di presupposti ricchi di incognite per sperimentazione e attitudine compositiva e realizzativa. Gli succederanno due lavori in tre anni che dichiareranno il suo nome (“Lucio Dalla” e “Dalla”) e che costituiranno una sorta di trittico ideale di emancipazione e affermazione cantautoriale. Giovanni Papalato
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