Eurocarni 12-2016

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXI N. 12 • Dicembre 2016

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Auguri da Costantina Altobella • Maja Argenziano • Giovanni Ballarini • Fabiano Barbisan Josette Baverez Blanco • Elena Benedetti • Cecilia Bernardi • Cecilia Bersani Gian Omar Bison • Gaia Borghi • Riccardo Bozzi • Giovanni Brajon • Alfonso Camassa Carlo Cantoni • Marco Cappelli • Enrico Cicchetti • Federica Cornia • Sebastiano Corona Debora Costi • Marco Credi • Alessandro Crovetti • Aurora De Santis • Giorgia Fieni Andrea Foroni • William Funck • Andrea Gaddini • Salvo Garipoli • Klaus Grunert Emanuele Guidi • Guido Guidi • Andrea Laganga • Riccardo Lagorio • Andrea Lazzari Franco Lazzari • Andrea Lombardo • Nunzia Manicardi • Massimo Mari Claudio Massaro • Giulia Mauri • Tania Mauri • Anna Mossini • Antonio Muscio Mino Orlandi • Chiara Papotti • Stefano Perris • Alfonso Piscopo • Angelo Quaranta Massimiliano Rella • Valeria Salucci • Silvia Saracino • Clara Scaglioni • Cosimo Sorrentino Luciana Squadrilli • Srdjan Stojanović • Fortunato Tirelli • François Tomei • Denis Valdemarin Sergio Ventura • Marco Veronesi • Alberto Villa • Roberto Villa • Chiara R. Zaccaroni


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12/16 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Stampa

EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Agenda

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Naturalmente carnivoro

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Tendenze

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Carni stellari

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Slalom

Legge di bilancio e relativi problemi

Cosimo Sorrentino

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Cibus Tec 2016 è record: piacevole e inaspettata sorpresa

Andrea Lazzari

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Aziende

Nuovo look per Fribin che compie 50 anni Zoogamma Open Day Experience

31 Elena Benedetti

34

Interviste

Sicurezza imprescindibile e capacità di innovarsi: il made in Italy vince così

38

Eventi carnivori

E tu di che gusto sei?

42

Indagini

Il clima cambia i consumi

Giovanni Ballarini

46

Associazioni

Il ruolo dell’AIA va riconosciuto

Fortunato Tirelli

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Allevamenti

I conigli di Tonio

Federica Cornia

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Luca, Davide e Andrea Morandi: pastori 2.0

Gian Omar Bison

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Benessere animale

I reali effetti della stabulazione in box singolo sulla salute dei vitelli da latte

Giulia Mauri

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Macellazione

Macello mobile per bovini made in Svezia

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Ristorazione

Prossima fermata: Mercato Centrale Roma

Massimiliano Rella

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Macellerie d’Italia

Antica Macelleria Beghin: cent’anni di carne e passione

Gian Omar Bison

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Premiate Salumerie Italiane

Boudin, mocette, salsicce e violini: coi Segor scopriamo i salumi della Val d’Aosta

Riccardo Lagorio

72

Sapori dal mondo

Il segreto della tsamarella è il caldo sole di Cipro

Massimiliano Rella

76

Razze

La Routo rivive insieme alla pecora Sambucana

Riccardo Lagorio

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Prodotti tipici

Le goloserie viterbesi dei Fratelli Stefanoni

Riccardo Lagorio

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Conigli e benessere animale, un problema da risolvere

Anna Mossini

Convegni

Fiere

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Parigi val sempre un SIAL

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Il futuro del meccano alimentare si chiama Cibus Tec Col confezionamento “skin” meat is better!

90 94

Antibioticoresistenza: progetti a tutela del consumatore

Gaia Borghi

118

La Marca del Distributore cresce dell’1,8% in Italia

122

Tecnologie

Produzione smart di carne avicola

126

La pagina scientifica

Lotta all’antibioticoresistenza: i Piani d’azione nazionali ed europeo

Giulia Mauri

128

Statistiche

Il commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni 1o semestre 2016

Aurora De Santis

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Libri

La Scienza della Carne

138

Dieta Paleo, ricette e consigli nutrizionali dal Paleolitico

140

In copertina: la carne ingrediente principe dei banchetti natalizi.

www.eurocarni-online.com 10

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LA CARNE NEL MONDO Belgio Debra-Meat bvba, azienda belga specializzata nella produzione di carni suine e facente parte di DEBRA-GROUP, Vleesgroothandel Goossens nv, Slachthuizen Goossens nv, Tracomont nv e Parego nv, lo scorso 7 novembre hanno siglato un accordo di fusione. Guidate da uno spirito fortemente imprenditoriale, le società oggetto della fusione useranno l’integrazione e le rispettive sinergie in termini di know-how e organizzazione aziendale per unire le attività e dar così vita a un soggetto produttivo altamente competitivo nel l’industria della lavorazione e commercializzazione delle carni suine. Come primo passo dell’accorpamento tutte le attività di macellazione e disosso saranno concentrate nell’impianto produttivo del Gruppo Debra a Tielt, dove Debra-Meat nv sarà operativa. La fusione sarà completata entro fine giugno 2017 (fonte: VLAM).

Italia Il mondo accademico internazionale ha accolto il modello introdotto dal progetto Carni Sostenibili. La prestigiosa rivista scientifica a carattere ambientale SCIENCE OF THE TOTAL ENVIRONMENT ha infatti riconosciuto la validità scientifica della Clessidra Ambientale, il nuovo modello che mette in relazione i consumi della Dieta Mediterranea con l’impatto ambientale dei diversi alimenti assunti. La Clessidra Ambientale rappresenta graficamente l’impatto ambientale della dieta settimanale, espresso in emissioni di gas a effetto serra (impronta carbonica) e dimostra che in un regime alimentare equilibrato, le diverse categorie di alimenti contribuiscono in modo quasi equivalente agli impatti ambientali della dieta. Elaborata a partire dai consumi settimanali suggeriti dalle linee guida nutrizionali, moltiplicati per gli impatti ambientali medi delle varie categorie di alimenti, la Clessidra Ambientale — che rappresenta così la quantità di emissioni di gas a effetto serra, stimate su base settimanale, dovuta alla produzione e al consumo di questi alimenti — ha mostrato che l’assunzione di carne nelle quantità prescritte dalle linee guida per una sana e corretta alimentazione è sostenibile per l’ambiente e non comporta un aumento significativo dell’impatto ambientale (fonte: CARNI SOSTENIBILI).

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Passione per la carne per tradizione.


AGENDA Carrù (CN) La Fiera del Bue Grasso è il tradizionale appuntamento che a dicembre chiama a raccolta, presso il foro boario di Carrù, gli orgogliosi allevatori dei migliori capi bovini di razza Piemontese. Dalle prime luci dell’alba, incuranti del freddo solitamente intenso, gli addetti ai lavori si ritrovano in piazza del Mercato per attendere il responso delle giurie al lavoro e assistere alla premiazione dei capi vincitori. Segue una colazione a base di gran bollito con le salse — rigorosamente sette — e abbondante vino rosso. Quest’anno la Fiera del Bue Grasso di Carrù è arrivata alla 106a edizione e si svolgerà non il secondo giovedì antecedente il Natale come solito ma l’8 dicembre (in basso, uno scatto a Carrù in una passata edizione della fiera; photo © Massimiliano Rella). comune.carru.cn.it

Modena Dall’8 all’11 dicembre Modena diventa la capitale del cotechino e dello zampone. Si svolge in questi giorni infatti la 6a edizione della Festa dello Zampone e del Cotechino Modena IGP, che il Consorzio di tutela ha fortemente voluto per promuovere i due prodotti, eccellenze della tradizione italiana. Sabato 10, alle 10.30, in Piazza Roma, si entra nel vivo con i giovani chef che si dovranno cimentare nella gara culinaria. Chi interpreta meglio i due prodotti, con ricette che abbiano un’attenzione particolare alla stagionalità, vince. Giudice ormai affezionato, visto che lo è fin dalla prima edizione, Massimo Bottura. Gran finale domenica 11 a Castelnuovo Rangone con la tradizionale festa del Superzampone (photo © studio Gabrio Tomelleri; fashionfortravel.com). www.modenaigp.it

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Castelnuovo Rangone (MO) Se in Piemonte nell’ultimo mese dell’anno si celebra il bovino, a Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena, il maiale resta sovrano con un Superzampone unico al mondo. Il merito, da 28 anni a questa parte, è dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi che, già a novembre, iniziano a lavorare le carni e a cuocerle realizzando un maxi zampone destinato a essere trasformato in migliaia di fette omaggiate ai tantissimi partecipanti. Questa è una terra di grande tradizione salumiera e il maiale è da sempre fonte preziosa di reddito e nutrimento, tanto da essersi guadagnato una scultura nel centro della piazza. La manifestazione, ideata tanti anni fa dal maestro salumiere Sante Bortolamasi e la cui eredità è stata raccolta dal figlio Stefano e dai tanti colleghi dell’Ordine, avrà luogo quest’anno domenica 11 dicembre, come d’abitudine nella piazza di Castelnuovo Rangone. Un omaggio alla qualità, all’arte salumiera e alla genuinità dell’insaccato. www.zampone.com

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NATURALMENTE CARNIVORO

“Carù pais giucund” si dice. E giocondi ci si sente davvero quando si entra (e ancor più quando si esce) al Vascello d’Oro di Beppe Cravero, storico locale situato nel centro di Carrù in cui si gustano i piatti tradizionali di Langa ma, soprattutto, si celebra il Bue grasso. Scelta obbligata per noi carnivori, in particolare per quelli che raggiungeranno il paese per la bellissima Fiera del Bue grasso, il bollito misto nei suoi 7 tagli accompagnato dalle salse. E, solo per la festa decembrina, disponibile fumante già a partire dalla colazione! Un piatto robusto, succulento, preparato principalmente con carne di razza bovina Piemontese.«Bue grasso e bollito qui sono sinonimo di territorio, di casa» dice patron Beppe, impegnato insieme alla famiglia alla guida della trattoria dal 1982. Una casa in cui hai sempre voglia di tornare e tornare e tornare… (photo © Arte Foto Marco Ferrero).

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TENDENZE

Un burger di renna, please

Siamo a Durham, nel Nord-Est dell’Inghilterra, nel ristorante The Court Inn (www.courtinn.co.uk) di Trevor Davis. Appassionato di carni di agnello, maiale e selvaggina, Trevor nel suo menu ha recentemente proposto le polpette di carne di zebra, e, nel periodo natalizio, anche un bel burger di renna. Quest’ultimo, condito con funghi, formaggio Cheddar, tartufi neri e mirtilli rossi, è accompagnato da patate arrosto e verdure. Una porzione basta e avanza per sfamare due persone che pagheranno un conto di 35 sterline. «Tutti mi dicono che la renna è più saporita del manzo» ha detto Mr. Davis, ricordando che i suoi clienti sono appassionati consumatori di proteine animali. L’impiattamento e la presentazione del burger sono assolutamente perfetti per il periodo natalizio! (photo © David Wood, thenorthernecho.co.uk).

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Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali.

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Sapori eccellenti, produzione trasparente, elevati standard di controllo: Qualità Verificata sceglie solo chi esprime il meglio della nostra tradizione in cucina. Come Azove, azienda che rispetta in ogni dettaglio il rigoroso Disciplinare QV, dal campo alla tavola, gestendo l’intera filiera: - Allevamenti protetti, per la cura e il benessere degli animali - Nutrimento a base di cereali, per una maturazione a un’età ancora giovane - Assenza totale di cortisonici negli eventuali trattamenti sanitari - Selezione degli animali, per carni tenere e dall’aroma delicato. Qualità Verificata e Azove. Per chi, oltre al gusto, pretende certezze.

Iniziativa finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2014-2020. Organismo responsabile dell’informazione: Azove Soc. Agr. Coop. Autorità di gestione: Regione del Veneto - Direzione Piani e Programmi del Settore Primario.

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CARNI STELLARI

A Hong Kong c’è un Beefbar stellato! Lo scorso novembre Riccardo Giraudi, AD di Giraudi International SAM, Giraudi Traditional Meats e Giraudi Exclusive Meats di Montecarlo, ha annunciato con grande emozione e soddisfazione l’assegnazione della prima stella Michelin al Beefbar di Hong Kong. Un riconoscimento che la “Guida Michelin Hong Kong & Macau 2017” ha dato al Beefbar e al suo staff, in primis all’executive chef Thierry Paludetto (in foto insieme a Riccardo). I Beefbar sono oggi presenti a Montecarlo, Parigi, Cannes, Mykonos, Lussemburgo e Messico. Dal Black Angus argentino e USA al Wagyu australiano fino al Kobe giapponese, i Beefbar si contraddistinguono per il design essenziale ed elegante, in un’atmosfera accogliente di modern luxury in cui si coniuga la massima qualità delle carni a piatti mai banali e gustosi. La stella Michelin è un attestato importante al lungo lavoro di cucina e sala che il Beefbar di Hong Kong ha dimostrato ed è un orgoglio per tutta la famiglia Giraudi e per il suo staff. >> Link: giraudi-meats.com — beefbar.com — hk.beefbar.com

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Abbiamo chiesto allo Chef Stefano De Gregorio di reinterpretare il Vitello Tonnato, una storica ricetta italiana conosciuta in tutto il mondo. Trovate questa ricetta insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. L’organizzazione olandese VanDrie Group è leader di mercato per la carne bianca di vitello, ma non solo. Il VanDrie Group è anche un’organizzazione fondata sulle migliori tradizioni familiari. Il gruppo, con le sue oltre 25 aziende, costituisce la più grande azienda integrata di carne di vitello al mondo ed è pertanto leader mondiale nel settore della carne di vitello, nonché il più grande produttore di latte in polvere per vitelli. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“IL VITELLO TONNATO” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

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SLALOM

Legge di bilancio e relativi problemi di Cosimo Sorrentino

È

tempo di legge di bilancio: il Governo ha dovuto vararla lo scorso ottobre e si deve ora fronteggiare la Commissione UE per arrivare alla sua definitiva approvazione. Si tratta di una legge triennale, che si è rivelata subito complessa ed apparentemente poco chiara su alcuni particolari aspetti, che, per maggiore comprensione dei nostri lettori, vorremmo poter chiaramente sintetizzare. È da premettere che i numeri che sono stati divulgati per le varie voci devono essere visti nel quadro generale delle prospettive economiche dell’Eurozona, soggette, secondo quanto sostenuto anche di recente dalla BCE, al ribasso, nonostante i dati

suggeriscano una crescita del terzo trimestre di quest’anno (simile a quella del secondo trimestre e della quale abbiamo scritto nel precedente numero di questa Rivista). Per tale situazione la BCE ha lasciato intendere che opterà per un’estensione del piano di acquisti oltre marzo 2017, termine fissato in origine nell’ambito del Quantitative Easing. Tanto premesso, è sembrato perciò ottimistico prevedere stime di crescita dell’1% del PIL per il prossimo anno, tenendo anche conto dell’eventuale incertezza aggiuntiva degli effetti su spread e banche nel caso si determinasse una particolare situazione politica. L’intero quadro previsionale di un

deficit per il 2017 al 2,3% del PIL e dell’inizio della discesa del debito, sempre annunciata dai vari governi, ma che non si è mai verificata — fino a raggiungere una montagna inesplorata che continua a condizionare il nostro Paese e lo rende vulnerabile agli interessi richiesti dai mercati — può apparire non in linea con la situazione presente. Oltre ad alzare, come accennato, il deficit al 2,3%, con un aumento di mezzo punto sul previsto, anche il quadro delle coperture alle nuove spese appena illustrate appaiono alquanto ottimistiche. Le priorità di spesa si possono considerare come impostate su due punti principali: merito e bisogni. Il merito riguarda

Il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici (photo © www.adnkronos.com).

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gli incentivi alle imprese ed è la parte più innovativa e condivisibile della intera manovra. Si possono citare tra detti incentivi quelli importantissimi che riguardano il sostegno all’innovazione Industria 4.0 (13 miliardi nel triennio), la diminuzione dell’IRES al 24%, l’aumento della decontribuzione al salario di produttività, crediti alle piccole e medie imprese. Il fine potrebbe essere quello di far compiere passi in avanti per recuperare una certa percentuale di investimenti e rimettere, al centro dell’agenda nazionale, la produttività, che rispetto ai nostri concorrenti è ferma ormai da parecchi anni. Per quanto si riferisce poi ai bisogni, e cioè ai bisogni, la parte maggioritaria degli stanziamenti è costituita da 7 miliardi triennali, dei quali due per il corrente anno riguardanti i prepensionamenti APE e l’aumento della quattordicesima e due miliardi aggiuntivi al Fondo Sanitario Nazionale, che dovrebbero essere destinati a trattamenti

per patologie gravi ed oncologiche. Apprezzabile sembra l’impegno a favore delle famiglie (600 milioni), anche se per esse occorrerebbe effettuare nuove misure di carattere più stabile e strutturale, come la detrazione di imposte sui redditi e non dei vari bonus, che, secondo un generale convincimento, non hanno dato finora frutti sperati. Esistono poi due altre importanti questioni che riguardano le spese per circostanze eccezionali, sottoposte alla valutazione della Commissione UE: 4,5 miliardi per la ricostruzione post terremoto e 3 miliardi per la tragedia dell’immigrazione. Fin qui l’indicazione, se pur sommaria, delle più importanti misure previste nel disegno di legge approvato, ma ora si apre il dibattito e lo scontro con Bruxelles, sempre più alla ricerca di una quadratura non facile da raggiungere. Si è già cominciato ad indicare la deviazione degli obiettivi previsti dal Patto di stabilità che fa paventa-

re una possibile bocciatura poiché viene sostenuto, anche se, a bassa voce, che il 2,3% di deficit inserito nel progetto non è l’1,8% che il nostro Paese si era impegnato a realizzare a maggio per convincere la Commissione UE a concedere la flessibilità su riforme e investimenti nel corrente anno. In proposito, il commissario agli Affari economici, PIERRE MOSCOVICI, ha dichiarato di voler considerare alcune circostanze eccezionali, ma, allo stesso tempo, ha puntualizzato che la flessibilità, invocata a più riprese dall’Italia, non significa “giocare con le regole” che vanno rispettate, ricordando anche che il giudizio sulla manovra italiana si fonderà sulle previsioni economiche della Commissione, che, con ogni probabilità, saranno meno ottimistiche di quelle del nostro Governo. Il rispetto delle regole va bene ma deve essere preteso per tutti e con tutti e non solo per alcuni. A buon intenditor… Cosimo Sorrentino


Cibus Tec 2016 è record: piacevole e inaspettata sorpresa di Andrea Lazzari

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L’

edizione di Cibus Tec che si è appena conclusa verrà ricordata per lungo tempo come l’alba della rinascita della più importante fiera del settore tecnico alimentare in Italia. Non crediamo di esagerare o di sbagliarci. Per troppi anni in Italia gli enti fiera e gli organizzatori di manifestazioni del nostro settore hanno commesso errori di varia natura, alcuni strategici altri semplicemente grossolani peccando di arroganza (o ignoranza), non ascoltando i consigli (diventati poi veementi lamentele) di chi nel settore lavora, ritenendo che il mercato alimentare avrebbe continuato a visitare interessato le nostre fiere e che gli espositori (noi) non avrebbero mai iniziato a disertarle. Ebbene, si sbagliavano! Il declino italiano delle ben note fiere del nostro settore è sotto gli occhi di tutti da anni. Un vortice negativo iniziato dal calo espositivo con conseguente calo di interesse da parte dei visitatori. Reazioni degli organizzatori? Tentare di cannibalizzare gli altri, all’italiana… di fare invece sistema cercando di emulare i colleghi tedeschi neanche a parlarne. Il risultato è che il mercato fieristico si è concentrato tutto in Germania: IFFA, che sono stufo di sentire dire da tutti che è ovvio sia così importante (NO, non è ovvio, hanno lavorato seriamente nella direzione giusta per decenni per arrivare dove sono), Anuga FoodTec, che da piccola fiera al tempo snobbata è ora diventata un importante punto di riferimento europeo, Interpack… Serve aggiungere altro? E ora Cibus Tec. La nuova era.

Cibus Tec è la dimostrazione che ascoltando gli attori della filiera, decidendo di abbandonare i tentativi di sinergia con altre fiere italiane e legandosi a Koelnmesse è stata imboccata la strada giusta

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La dimostrazione che lavorando nella giusta direzione, ascoltando gli attori della filiera e reagendo alle loro richieste, decidendo di abbandonare i tentativi di sinergia con altre fiere italiane e legandosi a Koelnmesse ha imboccato la strada giusta. E i risultati arrivano: tantissimi clienti in fiera a Parma, come non se ne vedevano da anni, numerose delegazioni di buyer stranieri, veri, non sbandierati in inutili cartelle stampa per le riviste di settore. Tanti clienti stranieri indipendenti, sicuramente attratti dalla sinergia con Colonia. Un’aria di vitalità nei corridoi dei padiglioni, di internazionalità e business vero, non sembrava neanche di essere in Italia: il pomeriggio del primo giorno tra espositori ci si scambiavano sguardi tra l’incredulo e lo sbigottito; la sera del secondo giorno la conferma; il terzo si stappava Franciacorta celebrando un evento che tutti speravano sarebbe andato bene, ma nessuno si sarebbe mai aspettato così bene! Il quarto ed ultimo l’afflusso è calato ma ormai i giochi erano fatti: abbiamo avuto più tempo per accogliere clienti storici (che non venivano in fiera da tempo) e stringere collaborazioni con colleghi e non ultimo chiudere qualche vendita. Sì, avete capito bene: a Cibus Tec quest’anno si è anche venduto direttamente in fiera, roba d’altri tempi. Non possiamo, quindi, esimerci dal fare i nostri complimenti agli organizzatori (così come non ci siamo mai tirati indietro quando era l’ora dei rimproveri: e ne abbiamo ancora, per esempio la gestione confusionaria della movimentazione merci in fase di allestimento e disallestimento che visti gli alti costi ci si aspetterebbe più precisa e puntuale. Ma ora non è il momento delle critiche, ci sarà tempo per parlarne e decidere come migliorare insieme): bravi, grazie, bene, ora attendiamo il bis… Perché la strada intrapresa è quella giusta e ora ci crediamo tutti, clienti e fornitori: non mollate, ascoltateci ancora senza cullarvi sugli allori e continuate così. La prossima edizione andrà anche meglio. Andrea Lazzari

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

2. Life & Thyme, blog e rivista 1. Butcherboy, il cadeau perfetto per gli uomini Da gennaio 2014 a Zurigo è arrivo un servizio di home delivery decisamente carnivoro. Si tratta di www.butcherboy.ch, e-commerce di proteine animali fresche. La start-up è stata sviluppata da JONAS RAP e MANI MOHANATHAS, in rete con macellai locali, per consegnare tagli selezionati di bovino e agnello direttamente a casa. Al posto dei fiori a Zurigo si regalano bistecche!

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È un progetto che si articola attraverso un blog e una rivista cartacea, oltre ai soliti canali social, pensato e creato a Los Angeles nel 2012. Life & Thyme mette insieme scrittori, fotografi, designer e video maker per raccontare il cibo in modo creativo e mai superficiale. Perché dietro ai prodotti che mangiamo ci sono storie di vita di artigiani, produttori, allevatori, uomini e donne appassionati che promuovono la cultura del cibo di qualità. Un esempio è HUGO JEFFREYS (in foto), che con la sua attività Blackhand Artisanal Charcuterie nel quartiere londinese di Hackney realizza prodotti di alta salumeria (photo © Hung Quach; lifeandthyme.com).

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meat Benedetti

3. Bontà alla griglia on-line

4. Il canale YouTube della Carne Perfetta

Bello il sito di Bontà alla Griglia, la linea di JUBATTI CARNI pensata per appassionati grigliatori. Accessibile alla pagina www.bontaallagriglia.it, l’utente può scorrere tra i vari tagli di carne (filetto, Cube roll, Chuck roll, bistecca e hamburger) e scoprire i segreti di una cottura perfetta. Grafica e foto rendono la navigazione molto intuitiva e piacevole. Bravissimi!

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Segnatevi questo link su YouTube: goo.gl/YioUyK. È il canale video della Carne Perfetta, la comunicazione web sviluppata dall’ente inglese per il sostegno e lo sviluppo dell’industria delle carni. Vi troverete pillole di pochi minuti che raccontano come affilare i coltelli, realizzare ricette gustose con carni di agnello e manzo inglesi, assistere a master class con cuochi stellati e rivedere le scorribande tra gli allevatori in Inghilterra con SIMONE RUGIATI.

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Vino e carni pregiate a casa in un’ora con Amazon Prime Now Black Angus americano e australiano oppure filetto di bisonte canadese e Kobe giapponese; Amarone della Valpolicella e Brunello di Montalcino oppure Pigato ligure: la gamma di prodotti disponibili su Amazon Prime Now si arricchisce di pregiate varietà internazionali di carne rossa provenienti dalla selezione Carni dal mondo di Lombardia Carni e dei migliori vini della tradizione italiana scelti da Vinitaly Wine Club. Questi i nuovi prodotti che vanno ad aggiungersi agli oltre 20.000 già acquistabili sull’app Amazon Prime Now, il servizio per i clienti Prime che offre consegne in un’ora o in finestre di due ore a Milano e in 46 comuni dell’hinterland milanese dalle 8:00 a mezzanotte, sette giorni su sette. Tutti gli iscritti Prime possono scaricare da subito l’app Prime Now, disponibile per i dispositivi iOS e Android, verificare i CAP coperti dal servizio e chiedere di ricevere le notifiche per sapere quando il servizio sarà disponibile nella propria area. Inoltre, per verificare i CAP raggiunti dal servizio, i clienti possono visitare www.amazon. it/primenow. La consegna in un’ora è disponibile per i CAP raggiunti da questa modalità di consegna al costo di € 6,90; non sono previste spese di spedizione scegliendo di ricevere il proprio ordine in finestre di due ore. Il servizio è attivo dalle 8:00 di mattina a mezzanotte, sette giorni su sette. L’importo minimo per gli ordini Prime Now è € 19,00.

I social media e la gestione delle crisi Sono ormai oltre 1,7 miliardi le persone che in tutto il mondo utilizzano i social media. Le aziende che producono alimenti di origine animale come possono muoversi al meglio in questo nuove scenario comunicativo? «La velocità è il cuore dei social media» ha spiegato Adrian Moss, fondatore e AD della società britannica Focus Business Communication (FBC), notando che il bisogno psicologico di essere collegato in ogni momento a una rete sociale è guidata dalla “paura di perdersi qualcosa” (Fear Of Missing Out – FOMO). Nel corso del suo intervento, tenuto in occasione del World Nutrition Forum 2016 lo scorso ottobre, Moss ha sottolineato che il cibo è uno dei temi più importanti sui social media e che gran parte del dialogo è guidato dai gruppi di interesse e dai consumatori. Tuttavia, la popolarità della cultura del cibo, la prevalenza del medium nella nostra vita quotidiana e la velocità con cui i sentimenti negativi e la disinformazione possono guadagnare slancio, mette il settore dell’allevamento animale in una posizione particolarmente preziosa. «Il tempo e la velocità sono fondamentali in una crisi. I social media possono consentire ad una folla di compattarsi rapidamente». In caso di crisi sui media, Moss spinge le aziende alimentari ad adottare i principi delle “4P per difendere il brand”: Partecipazione (mantenere una presenza sui social media esistenti e coltivando una base di “friends” o “follower” che credono nel marchio); Pianificare (preparare risposte adeguate e ben organizzate e delegare le responsabilità della diffusione a personale di alto livello); Prevedere (delineare scenari negativi che l’azienda potrebbe trovarsi ad affrontare); Preparare (preparare in anticipo una messaggistica relativa a un incidente per fornire una rapida risposta “pre-approvata”). Moss poi ha illustrato le cose da fare e da non fare. Nel primo caso si tratta di riconoscere e fare propria la questione, fornire consigli chiari e di orientamento. Non bisogna assolutamente incolpare gli altri, addossare la responsabilità a personale junior o ai propri legali, che devono essere sicuramente coinvolti ma che si muovono troppo lentamente. Riassumendo: non alimentare la diffidenza del pubblico verso il sistema alimentare industriale con atteggiamenti ambigui o reticenti; affrontare le crisi a testa alta, con onestà e trasparenza. Atteggiamenti evasivi od elusivi potrebbero alimentare l’insofferenza della rete danneggiando il brand e la reputazione aziendale. (Fonte: WattAgNet – UNAItalia)

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AZIENDE

Nuovo look per Fribin che compie 50 anni L’impresa di Binéfar festeggia cinquant’anni di attività nell’industria della carne rinnovando l’immagine aziendale, a riprova dello spirito di innovazione che da sempre la caratterizza

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a storia di FRIBIN si intreccia alle vicende e alle tradizioni del comune spagnolo di Binéfar e del territorio di La Litera, storica culla di agricoltori e allevatori. Fu proprio qui che, più di 50 anni fa, un gruppo di allevatori decise di realizzare uno stabilimento di macellazione di bovini e suini per soddisfare le proprie necessità. La fiducia nella cooperazione, i continui investi-

menti nel settore Ricerca & Sviluppo e l’eccellenza del personale hanno portato l’azienda a diventare, nel 1986, il primo macello spagnolo omologato dall’UE, conquistando prima la leadership del mercato nazionale e, col tempo, a farsi strada nel mercato internazionale della carne. Fribin è stata protagonista di un progresso influenzato sin dalle origini dall’impegno in direzione

della qualità, dei dipendenti, del territorio e dell’ambiente. Ne sono una dimostrazione le numerose politiche attive orientate a minimizzare l’impatto ambientale dell’azienda. Quest’anno, inoltre, in occasione del suo 50o anniversario, Fribin ha deciso di fare un investimento per raddoppiare la capacità di macellazione dei suini, con la volontà di passare dagli attuali 3.600 capi

Fribin è un’azienda spagnola leader in Europa nella macellazione e trasformazione di carne bovina e suina, situata a Binéfar, nell’Aragona, regione ricca di storia, cultura e tradizione contadina. L’organizzazione e la logistica permettono alla società di essere presente con i suoi camion in ogni regione italiana quasi tutti i giorni della settimana.

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Lo stabilimento produttivo di Fribin a Binéfar, nella comunità autonoma dell’Aragona, è di oltre 60.000 m2, dei quali 6.000 dedicati agli impianti di macellazione di bovini e suini. 32

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Fribin è un azienda dinamica, dotata di personale qualificato e competente, in grado di soddisfare tutte le aspettative di qualità, sicurezza e freschezza che la clientela oggi esige per le proprie carni. al giorno a 6.500 nel 2018. Ad accompagnare l’inizio di questa nuova sfida è il restyling dell’immagine aziendale, con cui Fribin intende

da una parte festeggiare i suoi primi 50 anni di storia e, dall’altra, aggiornare l’odierno ampliamento e la futura espansione con uno spirito

che comunichi freschezza e voglia di rinnovarsi sempre, elementi che ne hanno caratterizzato il percorso di crescita fin dai primi passi.

Diamo i numeri: lo stabilimento produttivo di Fribin è di oltre 60.000 m2, dei quali 6.000 dedicati agli impianti di macellazione di bovini e suini, 15.000 m2 alle sale di sezionamento, 2.500 m2 alle celle frigorifere, 5.000 m2 ai prodotti lavorati e 5.200 m2 alla zona di confezionamento. La linea di macellazione ha una capacità di oltre 600 capi bovini e fino a 4.000 capi suini al giorno. Nelle sale di sezionamento passano fino a 12 tonnellate di carne bovina e 270 tonnellate di carne suina al giorno. La zona di confezionamento ha una capienza pari a 130 tonnellate di carne bovina e 2.500 tonnellate di carne suina al giorno. Fribin ha chiuso il 2015 con un fatturato di 225 milioni di euro, conta 500 persone in organico e svolge nei propri laboratori oltre 2.000 analisi l’anno volte a garantire la qualità dei prodotti. >> Link: www.fribin.com

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Zoogamma Open Day Experience Una giornata dedicata ai partner e ai collaboratori di questa azienda che fa parte del Gruppo olandese VanDrie, organizzata per conoscere e vivere direttamente i valori e la filosofia alla base della ricerca e della produzione Zoogamma di Elena Benedetti

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i è svolta lo scorso 22 ottobre una giornata speciale e di festa che ha avuto come protagonista Z OOGAMMA (www. zoogamma.it), l’azienda bresciana leader nella nutrizione animale, soprattutto dei vitelli a carne bianca. Nella sede di Ghedi (BS), a pochi chilometri da Desenzano sul Garda, Zoogamma Open Day Experience ha spalancato le porte di tutta la struttura e ha accolto clienti,

visitatori, allevatori e fornitori per una giornata all’insegna della festa, dell’informazione e dello stare insieme. Zoogamma, che fa parte del Gruppo VANDRIE, è leader nazionale nella produzione di alimenti base “latte” (circa il 75-80% su base nazionale) e di alimenti fibrosi (50% circa su base nazionale). L’attività produttiva viene svolta all’interno dello stabilimento di Ghedi, dove sono prodotti i mangimi a base “latte

e fibra”, mentre a Casalbuttano ed Uniti (CR) si concentra la produzione di siero di latte in polvere. L’allevamento di vitelli destinato ai più importanti gruppi della GDO, con una produzione di oltre 50.000 capi/anno, avviene tramite contratti di soccida stipulati con gli allevatori soprattutto nelle regioni del Nord Italia. L’Open Day di Zoogamma ha consentito a oltre mille ospiti di visitare le principali fasi produttive

L’inaugurazione del centro raccolta vitelli con il taglio del nastro da parte dell’assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia Giovanni Fava e Gerjan Van Drie. A presentare, Paulo de Waal, direttore generale di Zoogamma Spa.

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Zoogamma Spa si occupa di produzione di alimenti destinati all’ingrasso ed allo svezzamento di vitelli ed al loro allevamento. Sopra, alcune foto scattate durante l’Open Day. A destra, Carlo Vicentini con Alessio Alberton, Fabio Cattuzzo e Nicola Fagnani.

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In alto: Herman Van Drie e Paulo de Waal. In basso: Giorgio Bauce, R&D manager di Zoogamma Spa.

dello stabilimento e le aree di ricerca dell’azienda bresciana. Il percorso di visita si è articolato dal laboratorio di analisi chimiche ed ematologiche al processo produttivo della linea latte, a quello della linea fibra. Nel nuovo centro di raccolta vitelli, inaugurato nella mattinata da GIOVANNI FAVA, assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, è stato organizzato un convegno tecnico con la partecipazione di PAULO DE WAAL, direttore generale Zoogamma, ELISABETTA GENTA e GIORGIA ROSSETTI di Iaemmegroup. «Il mio augurio è che questa filiera dei vitelli a carne bianca sia prospera in termini di occupazione e benessere economico» ha sottolineato Fava nel discorso inaugurale, davanti al management italiano e olandese di Zoogamma e VanDrie. «Questa è un’azienda di proprietà olandese ma è e resta lombarda nello spirito e nel dinamismo!» ha ricordato l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, precisando che «Zoogamma dimostra grandi capacità organizzative, che guardano avanti con ottimismo, investendo sul territorio in un’ottica di totale trasparenza nei confronti del comparto zootecnico». Tantissimi gli ospiti che hanno contribuito a far crescere Zoogamma nel corso del tempo, tra i quali GIORGIO BAUCE, R&D manager, ANTONIO PELLINI, key account manager del Gruppo monegasco Giraudi, BEITSE BONNEN e i vertici olandesi di VanDrie. Elena Benedetti

VanDrie Group: una storia di famiglia L’olandese VanDrie Group è leader europeo nella produzione della carne di vitello. L’azienda è stata fondata all’inizio degli anni ‘60 da Jan VanDrie ed a oggi il Gruppo conta più di 20 aziende e costituisce la più grande integrazione al mondo nel settore della carne di vitello. Sotto il controllo del Safety Guard, un sistema unico ed innovativo per la gestione integrale della catena di produzione, ogni anno vengono macellati quasi 1,5 milioni di vitelli, di cui oltre il 95% viene esportato in tutto il mondo. Il VanDrie Group soddisfa circa il 30% del fabbisogno europeo di carne di vitello. Tutte le società del Gruppo VanDrie sono da sempre impegnate nella ricerca di materie prime e soluzioni nutrizionali alternative e sostenibili per garantire al settore della carne di vitello uno sviluppo corretto ed equilibrato. >> Link: www.vandriegroup.it — www.zoogamma.it

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INTERVISTE

Da Cremona, agli Stati Generali della Suinicoltura, parla Nicola Levoni

Sicurezza imprescindibile e capacità di innovarsi: il made in Italy vince così

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o scorso 26 ottobre, in occasione degli Stati Generali della Suinicoltura a Cremona Fiere, il presidente di ASS.I.CA., NICOLA LEVONI, ha fatto il punto su due temi fondamentali per il settore: la sicurezza alimentare per chi produce carni e salumi e l’obbligo di dichiarazione di origine italiana delle carni. Quanto è importante il concetto di sicurezza alimentare per i produttori di carni e salumi? «Dire che il concetto di sicurezza è importante potrebbe essere non esaustivo. È una questione imprescindibile. La filiera dell’industria delle carni e dei salumi è tra le più controllate in assoluto e risponde a severe normative europee. Dobbiamo considerare in tal senso l’Europa come un’isola felice: abbiamo un sistema di controllo accurato che garantisce ai consumatori standard di sicurezza elevati. Questo grazie ad una legislazione comunitaria molto avanzata che si applica a tutti gli Stati dell’UE. In Italia il sistema nel campo della sicurezza alimentare delle produzioni animali è composto da 5.000 veterinari incaricati di vigilare per garantire la sicurezza alimentare delle nostre produzioni. Per quanto riguarda la filiera dei prodotti a base di carne suina, i controlli veterinari ufficiali iniziano presso gli allevamenti dove vengono effettuate periodiche verifiche delle condizioni sanitarie dei suini. Inoltre, la normativa prevede obbligatoriamente la presenza costante del medico veterinario presso le strutture di macellazione, pena l’impossibilità di procedere alla ma-

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cellazione dei suini. In questa fase ogni animale viene accuratamente esaminato e le carni ottenute devono essere a loro volta specificamente controllate. Infine, gli stabilimenti di trasformazione hanno spesso al loro interno veri e propri laboratori di analisi per il controllo qualità, che testano migliaia di prodotti ogni anno. Le singole aziende si autodisciplinano attraverso una serie di controlli interni stabiliti per legge e, a garanzia di un più elevato standard qualitativo dell’intera filiera, tramite certificazioni volontarie

quali norme ISO (International Organization for Standardization), BRC (British Retail Council), IFS (International Food Standard), ecc… La nostra eccellenza nel campo della sicurezza alimentare ci permette, inoltre, di presentarci con le credenziali giuste anche nei mercati esteri. Un esempio per tutti è rappresentato dalla Cina, Paese con il quale sono in fase molto avanzata le trattative per l’apertura del mercato alle carni suine e che ha manifestato un forte interesse nell’instaurare collaborazioni a livello istituzionale con l’Italia in tema di sicurezza

Nicola Levoni, presidente di ASS.I.CA.

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alimentare. Ci piace pensare che le testimonianze in tal senso, portate lo scorso anno a Pechino da parte di ASS.I.CA. e di una nutrita delegazione di nostre aziende associate in occasione del Forum Sino-Italiano sulla sicurezza alimentare, abbiano rappresentato un punto di svolta nel difficile negoziato che le nostre istituzioni stanno portando avanti con le autorità cinesi». L’industria carni e salumi ha fatto passi in avanti in termini di innovazione? «L’industria dei salumi, pur mantenendo una forte artigianalità, è un settore che ha saputo innovarsi. Recenti ricerche del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (CREA ex INRAN), mostrano — rispetto ai dati precedenti che risalivano al 1993 — una diminuzione dei grassi in generale e un’ottimizzazione della qualità compositiva (meno grassi saturi e più grassi insaturi). Il contenuto di sale nei salumi italiani risulta inoltre notevolmente ridotto, in una percentuale che va dal 4% circa fino a oltre il 45% a seconda del prodotto. Tutto ciò si è ottenuto grazie all’industria che ha saputo innovare migliorando la qualità dei nostri salumi. Un’altra importante innovazione del nostro settore è lo sviluppo dell’atmosfera protettiva: ossia con l’impiego di solo azoto o di una miscela di azoto e anidride carbonica al posto dell’ossigeno nelle confezioni di salumi preaffettati. Un’innovazione che, a partire dalla fine degli anni ‘90, ha permesso lo sviluppo del libero servizio con le vaschette che i consumatori apprezzano ogni anno sempre più. In questo campo la ricerca in atto riguarda molti settori: dai materiali di imballaggio allo sviluppo di bioplastiche a più basso impatto ambientale. Un altro campo è quello delle tecnologie che, attraverso nuovi trattamenti che non alterano il prodotto, consentono di allungare la shelf-life dei salumi e garantirne l’assoluta sicurezza più a lungo». Nell’ottica di promozione di quel made in Italy che nel mondo è sinonimo di benessere e stile di vita, come valuta

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l’obbligo di dichiarazione d’origine italiana delle carni? «L’indicazione dell’origine delle carni usate come ingrediente nei prodotti trasformati è un atto al momento volontario e tale dovrebbe rimanere fino a quando la materia non sarà disciplinata a livello comunitario. A Bruxelles si sta lavorando da tempo in tal senso e come associazione stiamo seguendo attentamente l’iter della norma, in quanto riteniamo che un mercato unico debba avere regole certe e uguali per tutti, soprattutto in un settore fondamentale come quello agroalimentare. Per il comparto dei salumi, in particolare, è necessario sottolineare l’importanza della cultura della produzione di qualità, che non si identifica solamente con l’utilizzo esclusivo di materie prime italiane, ma è legato anche alla capacità di selezionare le migliori materie prime, a prescindere dall’origine. I celebri prodotti alimentari made in Italy sono dunque frutto della straordinaria capacità dei produttori di saper coniugare tradizione e innovazione tecnologica, senza nulla togliere alla elevata qualità delle produzioni suinicole nazionali che l’industria salumiera utilizza completamente ma che non sono sufficienti. Per soddisfare il fabbisogno nazionale siamo infatti costretti ad importare circa il 40% di carne suina. Industria che, proprio in virtù di quanto sopra ricordato, è stata premiata anche dall’Unione Europea con 41 salumi che hanno ottenuto gli ambiti riconoscimenti europei D OP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta). Ricordo che da Disciplinare di produzione i prodotti DOP sono prodotti esclusivamente con suini di origine italiana. Nell’ambito della salumeria i prodotti italiani costituiscono il gruppo più numeroso rappresentando un terzo del patrimonio di prodotti carnei europei. Tali riconoscimenti testimoniano che l’Italia è il Paese che può offrire la più ampia varietà di salumi pregiati e di qualità». (Fonte: ASS.I.CA.)


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EVENTI CARNIVORI

E tu di che gusto sei? Matteo Fronduti, Diego Rossi e Misha Sukyas: tre giovani chef milanesi, firmano tre preparazioni con l’Agnello gallese Igp per il nuovo ricettario “E tu di che gusto sei?”. L’obiettivo? Stimolare il consumo di una carne dalle grandi proprietà nutritive e molto versatile in cucina

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icetta di sicuro successo: prendete tre giovani chef che amano (e sanno) esaltare il sapore degli ingredienti e una materia prima di grande qualità. Il risultato saranno tre ricette uniche per abbinamenti, gusto e tradizione. È questo, in sintesi, il progetto di “E tu di che gusto sei? Ricettario di agnello gallese”, che ha visto coinvolti HCC-Meat Promotion Wales, l’ente che promuove le carni rosse gallesi in Italia, e tre fra i più rinomati chef

milanesi — MATTEO FRONDUTI, DIEGO ROSSI e MISHA SUKYAS — i quali hanno dato la loro personale versione del Welsh lamb Igp, la pregiata carne ovina gallese, fiore all’occhiello del settore zootecnico d’Oltremanica. Le tre ricette scelte per il ricettario sono state realizzate partendo da un diverso taglio di carne presente sul mercato italiano — coscia, spalla e costolette — con l’obiettivo di suggerire al consumatore una diversa metodologia di cottura e di accosta-

mento degli ingredienti. «In Italia, soprattutto in alcune regioni, l’agnello si mangia poco e lo si cucina sempre allo stesso modo, per lo più sotto forma di costolette alla brace», afferma JEFF MARTIN, responsabile HCC Italia. «La carne di agnello, al contrario, è molto versatile. Grazie alla collaborazione con questi chef, si scopre che l’agnello si esalta con le spezie, che è adatto alle cotture in forno, così come a quelle più “rapide” in padella». Un prodotto,

Diego Rossi della Trattoria Trippa e Jeff Martin, responsabile HCC Italia.

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A sinistra: la coscia di agnello gallese Igp accostata al rabarbaro, alle ciliegie affumicate e all’erba ostrica di Matteo Fronduti. A destra: le costolette alle spezie e al calamaro dello chef Misha Sukyas.

L’agnello gallese vanta il marchio di Indicazione Geografica Protetta Igp che consente alle carni provenienti dal Galles, con tracciabilità garantita per tutta la filiera e lavorate in strutture approvate, di fregiarsi dell’appellativo “gallese”. Per i consumatori ciò significa sicurezza e certezza che, nell’acquistare carni come l’agnello e il manzo gallese, si troveranno sempre a gustare prodotti di qualità superiore

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dunque, che si adatta ai gusti e alle stagioni e che lascia spazio alla fantasia in cucina perché è anche facile da preparare. Non da ultimo, l’agnello può essere una valida alternativa alle altre carni comunemente consumate nella dieta quotidiana: è ricco di minerali quali ferro, zinco, vitamine del gruppo B ed è consigliato nell’alimentazione dei bambini perché ha una bassa allergenicità ed è altamente digeribile. MATTEO FRONDUTI del ristorante Manna ha proposto la Coscia di agnello gallese Igp accostata al rabarbaro, alle ciliegie affumicate e all’erba ostrica; DIEGO ROSSI della Trattoria Trippa ha presentato la sua Spalla arrosto di agnello gallese Igp con un’insalata di ricotta di pecora, barattiere e ciliegie; MISHA SUKYAS di Puzzle ha esplorato il mondo delle contaminazioni con Il Prato Gallese, ricetta che abbina le costolette alle spezie e al calamaro. Oltre al piatto presente nel ricettario, gli chef hanno avuto la possibilità di sperimentare altre ricette utilizzando ulteriori tagli d’agnello gallese. Queste sono solo

alcune delle portate che gli chef hanno servito durante gli incontri con la stampa: Fregola in brodo di agnello gallese e cozze e cinque spezie cinesi e Carpaccio di agnello gallese con salsa shangainese (SUKYAS); Pancia di agnello gallese, salsa BBQ e patate al forno e Maccheroni cacio, pepe e rognone di agnello gallese (FRONDUTI); Risotto al limone, rognoncini di agnello gallese al marsala e maggiorana e Reale di agnello gallese arrosto al cardamomo (ROSSI). Da oltre 10 anni la carne d’agnello gallese IGP delizia i palati degli intenditori italiani Molto gradita per il suo gusto dolce, per la freschezza e la tenerezza dei tagli, oggi la carne d’agnello gallese IGP conferma anche la sua grande versatilità. Un atout che permette il consumo di questo prodotto in diversi momenti ma che tiene assolutamente conto del ciclo naturale di crescita degli animali. La stagionalità, infatti, rappresenta un motivo di vanto per questo prodotto: in Galles gli agnelli crescono in totale libertà in pascoli verdi e puliti e si cibano 43


«Le carni ovine hanno un sapore molto forte che a volte può essere detrattore per chi non è abituato a gustarlo» dice Matteo Fronduti. «L’agnello gallese mantiene il sapore, con un profumo più delicato». «Mi ha colpito la morbidezza e la succulenza delle carni» sostiene Diego Rossi. «Il gusto è quello caratteristico, ma senza invadenza. Appropriato anche per quel tipo di clientela meno portata a sceglierlo». Per Misha Sukyas, «la carne dell’agnello gallese è buona e ha una delicatezza di profumo e di gusto che permette di avvicinare tutti»

Spalla arrosto di agnello gallese Igp con un’insalata di ricotta di pecora, barattiere e ciliegie: questa la ricetta presentata da Diego Rossi della Trattoria Trippa. di erba seguendo l’andamento delle stagioni, per questo le esportazioni di carne ovina gallese sono più massicce da giugno a gennaio. I suoi diversi tagli, confezionati sottovuoto, si trovano oggi nei banchi di carne fresca delle principali catene distributive nazionali: HCC da tempo ha avviato un’importante attività per far conoscere in Italia i diversi tagli a cui, per tradizione e cultura, il consumatore italiano non è abituato. Così, oltre alle più tradizionali costolette oggi sono presenti sul mercato spalla e cosciotto, parti adatti per svariate cotture e

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numerose ricette, che hanno inoltre un costo contenuto e una migliore resa in cucina. Da non dimenticare poi che l’agnello gallese vanta il marchio di Indicazione Geografica Protetta IGP che consente alle carni provenienti dal Galles, con tracciabilità garantita per tutta la filiera e lavorate in strutture approvate, di fregiarsi dell’appellativo gallese. Per i consumatori ciò significa sicurezza e certezza che, nell’acquistare carni come l’agnello e il manzo gallese, si troveranno sempre a gustare prodotti di qualità superiore. L’IGP è, inoltre, la

conferma del riconoscimento che i produttori gallesi ottengono grazie agli elevati standard che sono tenuti a rispettare dall’allevamento alla macellazione e lavorazione, conferendo alle carni gallesi una garanzia di origine e metodo di produzione. «Il prestigio di cui gode questa carne deriva da diversi fattori», conclude Martin. «Innanzitutto l’ambiente sano e pulito in cui crescono gli animali, la loro alimentazione e il clima che mantiene sempre verdi i pascoli. A queste caratteristiche territoriali e climatiche uniche bisogna aggiungere la tradizione secolare nell’allevamento, la professionalità degli operatori dell’intera filiera e i sistemi di controllo disposti sulla sicurezza e sulla tracciabilità. Il risultato è nel piatto: carni tenere e succulente, adatte a molteplici preparazioni e molto amate dai buongustai di tutto il mondo». >> Link: agnellogallese.eu Nota Photo © Diego Bonacina.

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INDAGINI

Il clima cambia i consumi Nel 2015, l’anno più caldo di sempre, l’andamento climatico ha provocato cambiamenti nelle abitudini alimentari, rivoluzionando il carrello della spesa degli Italiani, con la diminuzione di certi tipi di carne e sughi e l’aumento di carpacci e salumi affettati di Giovanni Ballarini

L’

alimentazione umana tradizionale è certamente legata al clima e alle caratteristiche naturali dell’ambiente di vita, distinguibile a grandi linee in zone desertiche, aride e sub-aride, umide e sub-umide, a seconda dei fattori climatici determinati dalla

latitudine e dall’altitudine. La temperatura media e le sue escursioni, la piovosità e l’umidità, la durata, composizione e intensità della radiazione solare e i movimenti dell’aria influenzano l’ambiente, la vegetazione, gli animali e l’uomo, compresa la sua alimentazione.

Dal circolo polare artico all’equatore, le necessità alimentari di un eschimese, di un lappone o di un nordeuropeo non sono uguali a quelle di un europeo mediterraneo o di un africano. Differenti sono le reazioni fisiologiche che controllano la termoregolazione nell’uomo,

Carpaccio di manzo. Il consumatore di oggi è attentissimo alla salute e fa scelte consapevoli, orientandosi verso alimenti adatti alla stagione. In questa prospettiva si rivela molto importante il fatto che non è tanto la quantità di carne che si mangia, quanto il tipo di carne preferita. 46

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In salumeria è aumentata la richiesta di salumi magri a breve stagionatura come lo strolghino e di preaffettati come il prosciutto e la bresaola, da usare anche in insalate miste. modificando il consumo e la capacità di utilizzazione degli alimenti, la disponibilità e il consumo di acqua, la produzione, l’immagazzinamento o la dissipazione del calore dei principi nutritivi, l’assorbimento del calore dall’ambiente. Secondo le condizioni ambientali variano anche il ritmo respiratorio e quello della ventilazione polmonare, il sistema circolatorio superficiale e il raffreddamento cerebrale, la vasocostrizione e la vasodilatazione centrale e periferica, il ritmo cardiaco, la composizione sanguigna (e per tollerare i climi estremi è utile un alto livello di emoglobina e di cellule rosse del sangue). Con una diversa esposizione al sole variano le caratteristiche della cute e della superficie corporea esposta (colore, estensione e spessore), la densità e l’estensione della copertura pilifera (diametro, lunghezza e colore del pelo), il numero e l’intensità di funzione delle ghiandole sudoripare, e non da ultima la localizzazione dei depositi adiposi.

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Clima e alimenti d’origine animale Il clima influisce anche sugli animali e sulla loro alimentazione, di conseguenza pure sulle loro produzioni usate dall’uomo come nutrimento (carne, latte e uova): per questo un latte o una carne di alta montagna non sono uguali a quelli prodotti in pianura. Le qualità nutrizionali delle produzioni delle razze autoctone allevate in condizioni naturali rispondono alle necessità dell’uomo che vive nella stessa area e ne consuma i prodotti. Le condizioni di vita degli animali (clima, disponibilità di alimenti e attività motoria) controllano le tipologie delle fibre muscolari (chiare e scure) e delle proteine miofibrillari (actina e miosina) e sarcoplasmatiche, e le proteine muscolari mostrano livelli diversi di creatina e di amminoacidi indispensabili ramificati (valina, leucina e isoleucina) utilizzati per la sintesi dei neurotrasmettitori e dei neuromodulatori, quali le endorfine, di calmodulina e carnosina.

Nel latte vi sono anche diverse quantità di pigmenti trasferiti con il pascolamento tradizionale dagli alimenti di origine vegetale, ai quali da sempre è stato abituato il proprio genotipo: xantofille, licopene, fucoxantina, luteina, violaxantina, zeaxantina e neoxantina, ma anche carotene e carotenoidi e sesquiterpeni e molecole antiossidanti vitaminiche (A, D, E soprattutto alfa-tocoferolo). Clima e alimentazione oggi Gran parte della popolazione italiana vive in ambienti non naturali, con una temperatura e un’illuminazione artificiale, e ritmi di vita tendenzialmente simili in estate e in inverno. Tuttavia, i cambiamenti climatici sembrano comunque avere una certa influenza. Se è vero che il 2015 è stato l’anno più caldo dell’ultimo secolo e oltre (è dal 1880 che abbiamo dati sicuri), in che modo l’anomalia di estati sempre più lunghe e inverni più miti influisce sulla tavola? Chi ha analizzato l’andamento sul mercato

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di circa cinquecento prodotti, da gennaio a dicembre del 2015, ha scoperto che l’innalzamento delle temperature medie ha mutato le abitudini di consumo delle famiglie introducendo nel carrello della spesa degli Italiani più insalate e meno cotechini, molte bottiglie d’acqua e quantità inferiori di pizze da infornare. Clima e cambiamenti nel carrello della spesa Nel 2015 sono aumentate le vendite di liquidi dissetanti, acqua prima di tutto, con un incremento di quasi il 10%, assieme al tè freddo e alle bevande aromatizzate, come lo sciroppo alla menta o alla mandorla (+12%). Nella dieta sono diminuiti gli stufati, le pietanze cucinate, i cibi che richiedono molto tempo ai fornelli, come torte, pizze, sughi, o quelli riconducibili alla stagione fredda: i cotechini sono scesi del 5%, i würstel e lo strutto del 6%, le fondute del 3,6%, i torroni di oltre l’8%. In pratica, durante tutto l’anno sono aumentate le insalate capresi e le macedonie, gelati e tonno in scatola e si sono affermati i piatti pronti, freschi e leggeri: innanzitutto la lattuga in busta, con un aumento del 210%, seguita

dai pomodori confezionati con un +186%. Aumentati anche i salumi affettati (+13,5%) e i formaggi leggeri (+17%). Cambiamenti non occasionali e nuove tendenze per l’industria delle carni e salumiera I cambiamenti della dieta condizionati dalle modifiche climatiche non sono una novità del 2015, ma si inseriscono nell’onda lunga di una tendenza che si è affermata anno dopo anno. Gli economisti solo di recente hanno cominciato a interrogarsi sui suoi effetti economici, ma non i consumatori, che da qualche tempo hanno dato avvio a uno slittamento stagionale nei loro consumi alimentari. Secondo un’indagine D OXA , il 51% degli Italiani individua nei cambiamenti climatici la causa fondamentale delle modifiche future nella dieta, il dato più alto tra tutti i Paesi considerati. Alcuni prodotti, più di altri, danno un segno della svolta: per esempio il sale da cucina è calato del 4,5%, non perché si mangiano meno insalate, anzi, ma perché si fanno bollire meno alimenti (ossia meno verdure lessate, meno pasta cotta in casa, con conseguente ri-

sparmio del sale usato per insaporire l’acqua). Quando fa caldo si consumano più acqua, frutta e verdura e meno cibi grassi, come le carni rosse. Il consumatore di oggi è attentissimo alla salute e fa scelte consapevoli, orientandosi verso alimenti adatti alla stagione. In questa prospettiva si rivela molto importante il fatto che non è tanto la quantità di carne che si mangia, quanto il tipo di carne che è preferita. Da qui l’aumentata richiesta di carni considerate “leggere”, come quelle bianche di avicoli e coniglio o quelle rosse da mangiare fredde come carpaccio, e la diminuzione, già in atto da tempo, delle carni da brodo e da stufato. Allo stesso modo, in salumeria è aumentata la richiesta di salumi magri a breve stagionatura (come lo strolghino) e di preaffettati (prosciutto, bresaola, ecc…), da usare anche in insalate miste, mentre è diminuita quella di salumi molto grassi o da consumare caldi, come zamponi e cotechini. Tendenze di cui l’industria e la distribuzione alimentare dovranno sempre più tenere conto per adeguare le loro attività. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

Carni e salumi della Garfagnana

Salumifi Salumificio cio Artigianale Artigianale Garfagnino garfagnino P I.CA R . Sr l – V ia I V N ove m bre 3 – 55036 P IEVE FOSCIANA (LU) T E L. 0 583 6 6 8 3 0 5 – FA X : 0583 668307 – E -ma il: info@pic a r s r l.c om — Web: W b www.pic i a r s rll . c o m


ASSOCIAZIONI

Il ruolo dell’AIA va riconosciuto di Fortunato Tirelli

O

ggi le parole d’ordine per contribuire all’uscita dalla crisi che ha messo in difficoltà i produttori pongono in primo piano l’organizzazione aziendale e la tecnica, di cui l’innovazione dovrebbe avere un posto di rilievo. Organizzazione, cioè razionalizzazione della gestione, innovazione, cioè capacità di fare proprie le tecniche che possono migliorare la produttività, vuol dire ridurre i costi, aumentare le rese, affrontare il mercato in condizioni tali da ottenere prezzi che consentano di coprire i costi con un adeguato valore aggiunto e un reddito certo. Al raggiungimento di questi traguardi contribuiscono senza dubbio le conoscenze che si ottengono direttamente con lo studio e con la preparazione professionale, ma nel tempo diventa importante anche l’ausilio dell’assistenza tecnica, che può essere fornita da associazioni a ciò votate, alle quali i produttori possono aderire liberamente. È quanto rappresenta l’Associazione Italiana Allevatori (AIA), sorta 70 anni fa con l’obiettivo di assicurare ai soci proprio assistenza tecnica in materia di genetica, attraverso i controlli della produttività, attuando una collaborazione attiva con gli allevatori. Gli stessi che, riuniti in associazioni provinciali, scelgono democraticamente i loro dirigenti e si procurano le risorse per compensare l’attività del personale tecnico-amministrativo. Il bilancio è attivo, come si deduce dai risultati produttivi: rese in latte e carne. La genetica ha fruttificato e l’Italia figura tra i paesi in testa nella classifica del progresso zootecnico. Risultati che dovrebbero bastare a riconoscere la scelta istituzionale di aiutare finanziariamente le associazioni per alleggerire la contribuzione

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www.aia.it è il sito ufficiale dell’Associazione Italiana Allevatori. richiesta agli allevatori. Per una più completa narrazione dell’efficace presenza dell’AIA nel comparto zootecnico si deve ricordare anche il ruolo avuto nella realizzazione dell’ammasso delle carni, nella campagna di promozione dei consumi del latte e della carne finanziata dalla UE, e in quello della produzione della carne bovina di qualità, con la costituzione di organismi associativi ad hoc, consorzi riproduttori che le carni documentate hanno anticipato nei provvedimenti mirati a introdurre, in Italia e in Europa, l’obbligo dell’etichettatura e l’azione per la tutela delle razze autoctone, la biodiversità. Il tutto arricchito dal contributo fornito dal periodico L’Allevatore, attraverso il quale vengono resi noti obiettivi, proposte e risultati. In concreto, però, tutto questo non si verifica e di fatto non mancano organizzazioni agricole che, senza consultare gli allevatori, si mettono di traverso creando problemi alle istituzioni sui contributi pubblici erogati e/o da erogare.

Così si propongono divisioni per una delle poche organizzazioni agricole unite, ignorando che le troppe frammentazioni presenti nel tessuto sindacale, anziché rafforzare il settore agricolo nei confronti degli altri comparti e delle istituzioni, finiscono per indebolirlo riducendo l’efficacia delle sue azioni. Si finisce così con l’assumere posizioni antitetiche all’esigenza di rafforzare l’associazionismo che, come si sa, è l’unica scelta possibile per superare le debolezze esistenti nei rapporti con le componenti delle filiere, vale a dire nell’ambito commerciale. Per quanto riguarda l’AIA, sarebbe bene dar modo agli allevatori di esprimersi sul futuro della loro associazione, evitando di alimentare incertezze che mal si conciliano con il loro ruolo di rappresentanza del settore. Se si valuta con serenità e senza pregiudizi il contributo al progresso tecnico ed economico del settore, ce n’è abbastanza per ritenere l’AIA meritevole degli aiuti sin qui ricevuti e di quelli che, ci si augura, verranno assicurati in futuro.

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WEST COUNTRY PGI BEEF & LAMB È la pregiata carne bovina e ovina a marchio IGP inglese. L’area OMWOZIÅ KI LQ XZWL]bQWVM LQ Y]M[\M KIZVQ v KW[\Q\]Q\I LI [MQ KWV\MM VMT []L W^M[\ LMT XIM[M" +WZVW^IOTQI ,M^WV ,WZ[M\ /TW]KM[\MZ[PQZM ;WUMZ[M\ M ?QT\[PQZM KPM QV[QMUM NWZUIVW TI KW[QLLM\\I regione West Country LMTT¼1VOPQT\MZZI 1 XI[KWTQ ^MZLQ M ZQOWOTQW[Q QT KTQUI mite e l’alimentazione a base di erba NIVVW LQ Y]M[\M KIZVQ ]V XZWLW\\W LQ Y]ITQ\o []XMZQWZM

BUONI MOTIVI PER SCEGLIERCI

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QSM TENEREZZA GARANTITA QSM Quality Standard Mark v QT UIZKPQW Q[\Q\]Q\W LI AHDB XMZ OIZIV\QZM IT KWV[]UI\WZM TI sicurezza e la provenienza LMTTI KIZVM IKY]Q[\I\I 1T [Q[\MUI LQ ITTM^IUMV\W VI\]ZITM IT XI[KWTW OIZIV\Q[KM ]VI Y]ITQ\o []XMZQWZM LMTTM KIZVQ [QI QV \MZUQVQ LQ XZWXZQM\o V]\ZQbQWVITQ KPM LQ KIZI\\MZQ[\QKPM WZOIVWTM\\QKPM .ZI \]\\M la tenerezza risulta essere la più apprezzata" Y]M[\W v XW[[QJQTM OZIbQM ITT¼ITQUMV\IbQWVM I MZJI KPM KWVNMZQ[KM ITT¼IVQUITM ]VI KMZ\I [\Z]\\]ZI KPM OIZIV\QZo QV NI[M LQ UI\]ZIbQWVM NZWTTI\]ZI ]VI \MVMZMbbI IT\ZQUMV\Q VWV XW[[QJQTM

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ALLEVAMENTI

I conigli di Tonio di Federica Cornia

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iamo alle porte di Roma, zona di Cesano, nell’Agro Romano. Poco distante il lago di Bracciano, sulle cui sponde si erge, coi suoi poderosi torrioni, il castello Orsini-Odescalchi, perla dell’arte bellica del XV secolo. Qui, al confine della campagna romano-viterbese, dove l’aria di lago e l’aria di mare si incontrano, ANTONIO AFFINITA,

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Tonio in campagna, ha realizzato il suo sogno e fatto della sua passione una seconda professione. Era il 2012 l’anno in cui, con l’aiuto della moglie e dei 5 figli, dava vita al suo allevamento di conigli. «Tutto nasce dalla passione per l’agricoltura, la campagna e i suoi prodotti, per il buon cibo, sano e genuino» racconta Antonio. «Il mio più grande

desiderio, quando sono partito con l’attività, era quello di creare un prodotto di eccellenza, un coniglio artigianale di ausilio all’alta cucina e alla macelleria, un prodotto per tutti coloro interessati ad esaltare le particolari caratteristiche delle carni di quest’animale, cosiddetto di bassa corte ma che può assolutamente raggiungere alti picchi di

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qualità». Chiara, sin da subito, l’idea di allevare l’animale all’aperto, nel modo più naturale possibile, senza l’utilizzo di sostanze chimiche o antibiotici, nel pieno rispetto del suo benessere. Difficile però trovare una razza italiana coi requisiti adeguati, se non che, proprio in Tuscia, ne esiste una specificamente selezionata per l’allevamento all’aperto,

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partendo da nuclei di conigli Grigi Locali: il Coniglio Leprino di Viterbo. L’acquisto dei primi esemplari in purezza avviene su consiglio del professor ALESSANDRO FINZI, docente di zootecnia alla Facoltà di Agraria dell’Università della Tuscia, agli studi del quale molto si deve per la creazione di questa razza dal pelo grigio-fulvo, riconosciuta ufficial-

mente con un Decreto ministeriale del maggio 2006. A Finzi si deve, inoltre, l’ideazione del sistema di allevamento che prevede l’utilizzo delle celle interrate per la riproduzione dei conigli, la quale avviene in modo naturale. In questo sistema nidi, cunicoli e gabbie sono collegati tra loro creando uno spazio vitale simile all’habitat naturale del coni-

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L'allevamento open air consente agli animali di vivere una condizione simile a quella in natura. La carne del coniglio allevato in questo modo ed alimentato con mangimi non medicati senza uso di antibiotici risulta molto saporita, con una buona consistenza alla cottura e priva di odori sgradevoli

L’allevamento utilizza il particolare sistema di nidi chiusi collegati a gabbie da cunicoli. glio, un ambiente che ne rispetta le caratteristiche etologiche, le abitudini comportamentali allo stato libero e il ciclo biologico nelle varie fasi dell’allevamento. La razza rustica e robusta del coniglio leprino, resistente a rigide temperature, particolarmente adatta per questo tipo di allevamento che non prevede l’uso di medicinali (al manifestarsi di qualsiasi sintomo di patologia i capi sono infatti abbattuti), e l’impianto d’allevamento all’aperto, che presenta il doppio vantaggio di ridurre l’impatto di un eventuale carica batterica sui capi presenti e di evitare che il coniglio respiri, come avviene al chiuso, il cattivo odore delle deiezioni fissandosi poi sulla carne, consentono di ottenere un risultato eccellente in

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termini di salubrità e bontà delle carni. Non meno incidente sulla qualità finale del prodotto è il tipo di alimentazione a base di fieno di erba medica, integrata con erbe aromatiche (rosmarino, finocchietto, salvia, timo) e che abolisce i mangimi OGM e l’alimentazione medicata. L’allevamento oggi conta 70 fattrici, con una produzione settimanale di 60/70 capi. La riproduzione avviene in modo naturale, se la coniglia non è pronta si ritenta in un momento successivo. Dopo la gravidanza, di 30 giorni circa, si aspettano almeno 20 giorni per un nuovo accoppiamento. Lo svezzamento dei piccoli avviene non prima dei 40 giorni. Gli animali vengono avviati al macello, a marchio CE, tra i 100 e 120 giorni quando raggiun-

gono un peso variabile tra 1,8 kg e 2,2 kg. «Si tratta di una produzione limitata, il nostro rimane un coniglio artigianale. E siamo contenti della nostra artigianalità» chiosa con orgoglio Antonio. Quell’orgoglio tipico artigiano appunto, di chi si impegna strenuamente, con passione, per ottenere il migliore dei risultati. «È stato difficile all’inizio, ma credo di aver imparato ad allevare bene il Coniglio Leprino e sono orgoglioso oggi del risultato». E può ben dirlo dal momento che tra i suoi clienti Antonio annovera macellai quali il ferrarese LORENZO RIZZIERI, il romano ROBERTO LIBERATI, i padovani BEGHIN, la macelleria MAGRI di Chiuduno (BG)e vari chef, stellati e non: FABRIZIO GIRASOLI del Ristorante Butterfly di Lucca, FILIPPO LA MANTIA dell’omonimo ristorante a Milano e HEINZ BECK, del ristorante La Pergola a Roma. Solo per dirne alcuni. Federica Cornia I conigli di Tonio — Allevamento del Coniglio Leprino di Viterbo Via Fosso Arcacci 60 00123 Cesano di Roma Telefono: 348 6436373 E-mail: iconigliditonio@gmail.com Web: www.coniglioleprino.it Nota Alle pagine 52 e 53 Antonio Affinita e alcuni capi di coniglio leprino di Viterbo, razza made in Tuscia.

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Visita all’Allevamento Veneto Ovini di Anguillara Veneta (PD)

Luca, Davide e Andrea Morandi: pastori 2.0 di Gian Omar Bison

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astore il bisnonno, pastore il nonno Erardo, pastore il padre Ottaviano e pastori loro: Luca, Davide ed Andrea, ultima generazione dei MORANDI alla guida dell’azienda “Allevamento Veneto Ovini” di Anguillara Veneta (PD). Certo, pastori 2.0 subentrati in azienda sul volgere degli anni Novanta adattandone la produzione, la comunicazione ed il marketing. «Sempre di pecora parliamo — affermano i fratelli Morandi — ma mentre un tempo il prodotto prin-

cipale erano il latte e derivati, oggi ci occupiamo quasi esclusivamente di carne (agnello pasquale, castrato, costolette, arrosticini, ecc…) e della sua trasformazione. Resta il formaggio, in particolare il pecorino prodotto fresco e stagionato durante il periodo di alpeggio presso la malga Faverghera nel Nevegal (BL), la vendita di bestiame da riproduzione selezionato o della pelle lavorata e conciata, ma sono comunque residuali». Salumi, soprattutto, insaccati nei salumifici autorizzati

del territorio acquistabili presso lo spaccio aziendale, anche tramite e-commerce e nei negozi della clientela. Prelibatezze consumabili da qualche anno presso l’agriturismo di famiglia “Corte Bonicella”. Le razze trattate sono da sempre le autoctone Biellese e Bergamasca, allevate a pascolo semibrado, in parte all’aperto, dove pascolano nelle campagne limitrofe al fiume Adige e in parte confinato e protetto nelle stalle. Si allevano agnelli, agnelloni, pecore e castrati per aziende selezionate.

Allevamento Veneto Ovini è un’azienda giovane, nata però dall’esperienza di ben tre generazioni, dedite tutte alla pastorizia e all’allevamento delle pecore. «In controtendenza rispetto al mercato che privilegia animali provenienti dall’estero, noi alleviamo razze come la Biellese e la Bergamasca, caratterizzate da ottime performance e elevata rusticità» raccontano i fratelli Morandi.

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Salame di pecora. Composto al 70% con carne di pecora e per un 30% da pancetta di maiale, è acquistabile allo spaccio aziendale dell’Allevamento Veneto Ovini di Anguillara Veneta (PD). «Razze — sottolineano — che possono garantire uno sviluppo di carne significativo e vantaggioso. Perché un agnello sia pronto da macellare (8-10 kg) bastano due mesi. Per l’agnella al primo parto ci vuole un anno almeno e comunque si processa entro i due anni. La pecora invece deve raggiungere dai quattro anni in su». I capi in azienda sono 2.500 circa. Di questi trecento vengono abbattuti e lavorati annualmente. E a questi se ne aggiungono duemila acquistati pronti da macellare e trasformare direttamente da colleghi pastori che hanno l’azienda agricola. «I nostri prodotti comprendono il prosciutto, la salamella, la sopressa, il lonzino (lombo), la sella (spalla), il fiocco (tipo il culatello del maiale) e poi la bresaola che all’ultimo Vinitaly ha vinto il Premio Agrifood Golosario 2016. Si tratta della parte centrale della coscia disossata, salata e pepata, pressata per un mese e poi insaccata». E poi c’è lui, l’invenzione di famiglia che già Erardo produceva per consumo familiare nelle stesse proporzioni: il salame composto

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La bresaola di pecora dell’Allevamento Veneto Ovini che all’ultimo Vinitaly ha vinto il Premio Agrifood Golosario 2016. Dopo la selezione delle cosce, la bresaola viene salata ed insaporita con erbe aromatiche. La salatura avviene per 20 giorni. Successivamente viene messa in cella di stagionatura per 2 mesi. Il peso finale del prodotto va da 1,5 a 2 chili. Si tratta di un prodotto delicato al naso e in bocca dove la nota ovina si percepisce ma senza essere invasiva. Grazie alle dimensioni, è anche facilmente porzionabile in salumeria.

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Lonzino di pecora. L’azienda padovana produce anche formaggi freschi e stagionati di pecora, prosciutti e fiocco di pecora, sella, sopressa e bresaola di pecora. al 70% con carne di pecora e 30% pancetta di maiale. «I progetti futuri sono tanti», sostengono. «Tutti perseguibili e tutti impegnativi sia in termini di lavoro che di esborso. Parliamo di un macello aziendale di cui vorremo dotarci e anche di un laboratorio attrezzato per insaccare e lavorare la carne in house con l’obiettivo di aumentare la produzione. Un giorno ci arriveremo. In fin dei conti anche un agriturismo nostro era un sogno. E tre anni fa circa abbiamo inaugurato “Corte Bonicella”; abbiamo aperto punti vendita e ci siamo organizzati come fattoria sociale per far vedere, ai bambini in particolare, cosa significhi allevare ovini». L’agriturismo, si diceva, è il loro fiore all’occhiello. Si trova a Cona (VE), vicino alla littorina chiamata da queste parti “Vaca Mora”, linea ferroviaria monorotaia che unisce Adria a Venezia, ed è tra i primi possedimenti strappati tra fine ottocento ed i primi del novecento, alle paludi per coltivare i cereali. I caseggiati nati come fienile e scuderie ospitano una fattoria didattica per bambini e un punto

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vendita dei prodotti tipici dell’Allevamento Veneto Ovini. La vecchia aia per l’essiccazione dei cereali è stata recuperata a spazio per feste ed eventi. Una ristrutturazione che complessivamente ha valorizzato le peculiarità tipiche delle cascine. «Si mangia, si pernotta e si hanno a disposizione stanze dedicate a meeting aziendali e seminari, biciclette per escursioni in mezzo alla natura, vicino alle bellezze dell’Oasi Ca’ di Mezzo, del Delta del Po e delle spiagge». Il menu spazia dagli antipasti di carpaccio di lonzino di pecora, lardo profumato alle erbette con pane grigliato, cornetto di formaggio farcito di ricotta fresca, salsiccia passita di pecora, soppressa di pecora, fiocco e prosciutti; primi come il risotto di zucca, gli gnocchi radicchio e pancetta e le pappardelle al ragù di agnello. Per secondi, tra gli altri, arrosticini di pecora con peperoni in agrodolce, grigliata mista di castrato con patate in padella o gran fritto misto di agnello, agnello al forno con patate arrosto. E poi i loro formaggi, accompagnati da mieli e marmellate.

Il principe del territorio, parlando di vino si chiama Friularo DOCG, vitigno autoctono che rappresenta l’eccellenza enologica del territorio. Dotato di particolare acidità conferisce a quest’uva grande versatilità in vinificazione e permette di ottenere vini rossi di corpo e strutturati, vini passiti e spumanti. «E per noi — puntualizza Davide, tecnologo agroalimentare — resta il punto di riferimento di una proposta enogastronomica ricercata, di considerazione e promozione del nostro territorio attraverso le sue eccellenze». Gian Omar Bison Allevamento Veneto Ovini Via Porcaro 1 35022 Anguillara Veneta (PD) Telefono: 347 0326458 E-mail: info@veneto-ovini.com Web: www.veneto-ovini.com Agriturismo Corte Bonicella Via Cavarzere 28 30010 Cona (VE) Telefono: 0426 59298 E-mail: info@cortebonicella.it Web: www.cortebonicella.it

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BENESSERE ANIMALE

I reali effetti della stabulazione in box singolo sulla salute dei vitelli da latte di Giulia Mauri

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llevare i vitelli in box singolo per i primi due mesi di vita compromette lo sviluppo cognitivo e la salute degli animali? E il loro accrescimento? E la produttività futura? Le domande sono di quelle che fanno sobbalzare sulla sedia gli allevatori: da decenni mantenere i vitellini in isolamento per tutta la durata dell’alimentazione lattea è una pratica universalmente accettata. Naturalmente

è autorizzata dalle norme europee e giustificata come efficace tutela della salute dei giovani animali. Ma nulla dura in eterno, nemmeno le consuetudini; e tanto meno le opinioni, specialmente quando sono basate sui risultati della ricerca. Eppure, esistono realmente i vantaggi ritenuti associati a questa pratica di management? E vale la pena di allevare gli animali con questa metodica? Se lo sono chiesto tre ri-

cercatori dell’Animal Welfare Program dell’Università canadese della British Columbia, Faculty of Land and Food Systems. I nostri — al secolo J.H.C. COSTA, M.A.G. VON KEYSERLINGK e D.M. WEARY — hanno raccolto tutti gli articoli relativi all’argomento pubblicati negli ultimi quindici anni e ne hanno analizzato i risultati. Gran parte degli articoli confrontavano le performance cognitive, di resa zootecnica e di condizioni sanitarie

Certamente vi sono diversi fattori che giocano nella partita delle condizioni di salute del vitello neonato e non basta avere un box singolo per risolvere tutti i problemi. La quantità di latte e di colostro assunta, la lettiera abbondante, asciutta e pulita e il numero di vitelli presenti nel gruppo possono influenzare notevolmente lo stato di salute del vitello. Questi aspetti quindi devono essere considerati ogni volta che si confrontano i risultati fra la stabulazione singola o in gruppo.

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Quale influenza sulle condizioni sanitarie dei lattonzoli ha l’abitudine di alloggiarli in completo isolamento dai conspecifici? L’interessante indagine dei ricercatori dell’Animal Welfare Program dell’Università canadese della British Columbia innesca la necessità di effettuare ricerche future

di vitelli stabulati in box singolo con quelle di vitelli tenuti in gruppo. La review Con questo metodo di ricerca — definita review — si ottiene un riassunto di tutte le ricerche valutate e si riesce a concentrare in un unico articolo i più recenti sviluppi dello studio di una materia a livello mondiale. Il lavoro sviluppato con la review ha risparmiato parecchia fatica ai lettori (che leggendolo, conoscevano i risultati di tutti gli articoli considerati dalla pubblicazione) e nel 2016 è stato pubblicato su una rivista di primo piano come il Journal of Dairy Science con il titolo che più o meno suona così: “Effetti dell’allevamento in gruppo dei vitelli su comportamento, capacità intellettive, rese e salute: una review” (J.H.C. COSTA, M.A.G. VON KEYSERLINGK, D.M. WEARY, “Invited review: effects of group housing of dairy calves on behaviour, cognition, performance and health”, Journal of Dairy Science, 99:2453-2467). Il punto di partenza della ricerca è stato proprio l’interrogativo “ma perché i vitelli negli allevamenti da latte devono essere isolati dalla madre e dai compagni, mentre in tutte le altre forme di allevamento — anche intensive — di bovini da carne, ovini, caprini e suini nella fase di allattamento i piccoli rimangono con la madre e i fratelli?”. Una risposta immediata potrebbe essere “perché nell’allevamento del bovino da latte

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il latte viene venduto e la vacca partorisce in genere un unico vitello”. Ma i ricercatori non si accontentano certo di una risposta immediata e per natura mettono in discussione le consuetudini. Salute Mortalità e morbilità fra i vitelli sono due parametri importanti per definire lo stato sanitario dell’intera mandria. Nell’articolo “La rimonta, cenerentola dell’allevamento” (in EUROCARNI n. 10/2016) abbiamo riportato le incidenze di mortalità rilevate in Veneto e in diversi Paesi sviluppati. Ed è stata proprio la questione sanitaria a rendere così usuali le gabbiette singole per i primi due mesi di vita dei vitelli delle razze da latte. Certamente, la stabulazione individuale minimizza il contatto diretto naso-naso e quello oro-fecale fra animali. Si dice anche che il box singolo faciliti il monitoraggio dei vitelli e di conseguenza il trattamento delle patologie risulta migliorato. Eppure… Eppure gli autori affermano che nonostante tutto c’è poca evidenza di una reale relazione fra box singoli e salute dei vitelli. Alcuni studi empirici non hanno rilevato differenza nelle condizioni di salute fra vitelli allevati in gabbia singola e quelli in gruppi di pochi individui. Altri studi ancora hanno confrontato situazioni di allevamento molto simili per il management, in cui la differenza principale consisteva solo nel ricorso al box singolo o al recinto di gruppo: ebbene, questi studi riportano che non ci sono differenze di incidenza per le malattie respiratorie e — secondo altri studi ancora — neppure per Escherichia coli O157, Salmonella e Cryptosporidium parvum. Altre ricerche ancora addirittura affermano che allevare vitelli in gruppo comporta un miglioramento delle condizioni sanitarie dell’apparato digerente e di quello respiratorio dei vitelli (HÄNNINEN et al., 2003; BABU et al., 2009). Certamente vi sono diversi fattori che giocano nella partita delle condizioni di salute del vitello neonato e non basta avere un box singolo per risolvere tutti i problemi. La

quantità di latte e di colostro assunta, la lettiera abbondante, asciutta e pulita e il numero di vitelli presenti nel gruppo possono influenzare notevolmente lo stato di salute del vitello. Questi aspetti quindi devono essere considerati ogni volta che si confrontano i risultati fra la stabulazione singola o in gruppo. In linea generale è possibile che gruppetti di 3, 4 o 5 vitelli possano soddisfare le esigenze di socializzazione degli animali senza comprometterne le condizioni sanitarie. Mantenere stabile il gruppo senza inserire nuovi individui per il periodo di tempo più lungo possibile è sicuramente vantaggioso anche per gli aspetti igienico-sanitari oltre che per quelli comportamentali e di aggressività. In conclusione, le patologie batteriche più diffuse nella fase neonatale non appaiono essere particolarmente legate al numero di vitelli per box. D’altronde la trasmissione dei patogeni è un fenomeno complesso, su cui molte altre pratiche di gestione possono influire molto maggiormente. Il rischio di malattia è legato anche alle modalità di somministrazione del latte, del colostro, all’igiene delle strutture e alla ventilazione, alla dieta fornita e al monitoraggio delle condizioni di salute. E — aggiungiamo noi — ai programmi vaccinali delle vacche gravide e alla corretta sanitizzazione di secchi, tettarelle e pareti dei box. Intervenire correttamente su queste variabili comporta sicuramente risultati migliori che affidarsi semplicemente al box singolo. Sicuramente — affermano gli autori — sulla base delle ricerche effettuate è possibile affermare che i vitelli possono essere allevati insieme, pur mantenendo un buon livello sanitario se la loro gestione è corretta e attenta. Anzi, ricerche future dovranno individuare le migliori condizioni possibili, studiando le interazioni esistenti fra ventilazione delle strutture, età del primo contatto con i conspecifici, programma alimentare e misure preventive igienico-sanitarie. Giulia Mauri

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MACELLAZIONE

Macello mobile per bovini made in Svezia L’azienda svedese Hälsingestintan contribuirà a migliorare il benessere degli animali e la qualità della carne in Francia

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el 2015, la svedese Hälsingestintan ha lanciato un macello mobile per bovini in Europa, sviluppando un concept etico per la produzione di carne che

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elimina completamente i trasporti al macello e migliorando il benessere degli animali, che vengono macellati direttamente nel loro ambiente evitando spostamenti stressanti.

Il concept prevede anche la tracciabilità digitale, grazie alla quale il cliente può verificare da quale allevamento proviene l’animale, una pratica che avvicina l’allevatore

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al consumatore. L’obiettivo è una produzione di carne sostenibile, per migliorare sia il benessere dell’animale che la qualità della carne. Hälsingestintan ha ricevuto numerose richieste internazionali. Il primo mercato ad avvalersi di questo macello mobile sarà la Francia, dove i consumatori protestano da tempo contro le pessime condizioni in cui sono allevati gli animali. «Siamo certi che questo modo di operare soddisferà pienamente le esigenze del mercato francese. Per molti anni ho viaggiato in tutto il mondo alla ricerca della carne perfetta e sono da sempre attento anche al benessere degli animali. Oggi offriamo ai consu-

matori francesi un valido motivo per continuare a mangiare carne, prodotta secondo criteri etici e sostenibili», spiega FRANCK RIBIÈRE, produttore e sceneggiatore di Steak (R)evolution. Hälsingestintan e la società francese S.A.S Boeuf Ethique hanno sottoscritto un contratto di collaborazione pluriennale in virtù del quale Hälsingestintan trasferirà le competenze maturate in materia di benessere degli animali, macello mobile e tracciabilità. L’obiettivo è diffondere questo concept anche in Francia entro il 2017. «Per noi è un eccellente primo passo verso l’affermazione del nostro concept in nuovi mercati», afferma HENRIK

VIKEN, vice AD e responsabile export di Hälsingestintan. B RITT -M ARIE STEGS, fondatrice di Hälsingestintan, considera la nuova collaborazione un passo nella direzione giusta per diffondere in altri Paesi la consapevolezza che è possibile produrre carne in modo più etico e sostenibile. «Per noi è un piacere constatare che il modello di business di Hälsingestintan — che si fonda su valori quali onestà, trasparenza, benessere degli animali e alta qualità della carne — ha dimostrato di avere grandi potenzialità anche al di fuori della Svezia. Gli allevatori, gli animali e i consumatori meritano questo tipo di attenzione», conclude Britt-Marie Stegs.

L’idea di Britt-Marie Stegs, fondatrice di Hälsingestintan, rappresenta una vera e propria rivoluzione nell’ambito della macellazione: per evitare lo stress del trasporto che incide negativamente sulla qualità delle carni, non è infatti più l’animale ad essere spostato, ma è il macello che va da lui (photo © Hälsingestintan).

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RISTORAZIONE

Prossima fermata: Mercato Centrale Roma Sbarca a Roma il format ideato dall’imprenditore Umberto Montano che ha già ridato vita al primo piano del mercato coperto di San Lorenzo a Firenze: inaugurato lo scorso 5 ottobre lo spazio raccoglie in Stazione Termini un insieme vario e ragionato di botteghe d’eccellenza gastronomica che propongono cibo di qualità, ristorazione e caffetteria di Massimiliano Rella

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iciannove botteghe di artigiani del gusto sotto un unico tetto: la Cappa Mazzoniana della Stazione Termini. Il Mercato Centrale Roma, inaugurato ai primi d’ottobre (ingresso in via

Giolitti 36), mette insieme con una formula già sperimentata a Firenze, con analogo concept, un insieme vario e ragionato di botteghe d’eccellenza gastronomica che propongono cibo di qualità, ristorazione e

caffetteria. Uno spazio che se ripeterà i numeri fiorentini (2 milioni di visitatori l’anno) contribuirà non poco anche alla riqualificazione di una zona e alla creazione di nuovi posti di lavoro. Come il suo antesi-

La Cappa Mazzoniana di marmo portoghese che ricopriva un tempo le cucine del dopolavoro ferroviario, oggi, grazie all’intervento conservativo realizzato, si staglia al centro del Mercato Centrale romano.

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Per salumi e carni fresche al Mercato Centrale Roma c’è la bottega di Roberto Liberati (photo © Federica Di Giovanni).

Questo luogo riafferma alcune delle funzioni originarie del mercato, quella di cuore pulsante della vita cittadina, centro di scambio e fusione fra diverse culture, dove i consumatori possono avere un confronto diretto con i piccoli produttori e gli artigiani, scoprire nuove materie prime e destreggiarsi fra gli ingredienti

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gnano, Mercato Centrale Roma nasce da un progetto, ideato da UMBERTO MONTANO, imprenditore della ristorazione che da oltre quarant’anni si occupa di cibo di qualità, insieme al gruppo ECVacanze di CLAUDIO CARDINI, leader europeo del settore del settore dei campeggi e del turismo all’aria aperta. La Cappa Mazzoniana, un’imponente cappa in marmo sottoposta a vincolo di tutela, fu realizzata negli anni Trenta dall’ingegnere e architetto bolognese Angiolo Mazzoni. Ricopriva allora le cucine del dopolavoro ferroviario e oggi torna a essere luogo d’incontro e condivisione. Grazie ad un intervento architettonico conservativo guidato dagli architetti Q-Bic di Firenze, Luca e Marco Baldini, con la supervisione collaborativa dell’architetto Stefano Giacomini della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del comune di Roma, la struttura in marmo portoghese dalle venature grigiorosa si staglia al centro del Mercato Centrale, al di sopra del bar e della birreria a vista. Il Mercato occupa una superficie di 1900 m2 con 500

posti a sedere. I materiali utilizzati per adeguarla alla nuova funzione, legno, ferro, ceramica, resina, sono usati nel colore originario, scelta coerente con il concetto di naturalezza che permea anche la proposta gastronomica dei vari operatori. Gli artigiani presenti al Mercato con un loro stand con vetrina per la vendita e bancone per il consumo sul posto condividono un ideale di trasparenza che hanno messo per iscritto aderendo a un disciplinare. I prodotti sono esposti e preparati a vista; professionisti capaci ed esperti sono pronti a rispondere alle domande e alle curiosità dei consumatori su prodotti e ingredienti; le materie prime utilizzate sono prive di conservanti, diserbanti, OGM e per quanto possibile sono di stagione, di territorio, d’origine biologica e biodinamica. Ogni bottega ha uno spazio per l’esposizione e un laboratorio per taglio e cottura. Ecco qualche nome presente. GABRIELE BONCI, panettiere di uno dei forni più promossi dalla critica gastronomica di Roma: ci propone pane, dolci, pizze e focacce. STEFANO

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In alto: i formaggi di Beppe Giovale. La bottega “Beppe e i suoi formaggiâ€? propone ai viaggiatori e ai romani i propri formaggi di alpeggio e piatti ispirati alle culture territoriali di Piemonte, Liguria, Toscana, Sardegna a base di farine cotte farcite od elaborate (photo Š Federica Di Giovanni). In basso: Oliver Glowig.

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CALLEGARI ci propone i suoi trapizzini, triangoli di pizza con saporiti ripieni ispirati alla cucina romanesca. C’è ROMUALDO RIZZUTI con la sua pizza spicchiata; EGIDIO MICHELIS con le sue paste fresche; MARTINO BELLINCAMPI con i gustosi fritti di Pastella. Le carni fresche, i salumi, ma anche gli arrosticini e i pronti a cuocere sono del noto macellaio ROBERTO LIBERATI. Il pesce fresco da EDOARDO GALLUZZI, quarta generazione dell’Antica Pescheria Galluzzi; i carciofi di ALESSANDRO CONTI, erede della storica bottega di ortofrutta di Campo de’ Fiori, e i funghi di GABRIELE LA ROCCA. Tartufi in vendita da LUCIANO SAVINI; hamburger di Chianina e altre specialità da

ENRICO LAGORIO; formaggi genuini da BEPPE GIOVALE; cibi vegetariani e vegani da MARCELLA BIANCHI; tipicità siciliane salate e dolci da CARMELO PANNOCCHIETTI… Nel ristorante la cucina romana è interpretata dallo chef tedesco bistellato OLIVER GLOWIG, che calibra con fantasia gli abbinamenti di materie prime. La selezione dei vini è affidata a SALVATORE DE GENNARO e alla sua esperienza consolidata nella bottega La Tradizione di Vico Equense. Proprio perché la conoscenza e la cultura del buon cibo sono elementi qualificanti del Mercato Centrale, è stata riservata un’area anche alla formazione enogastronomica: ospiterà corsi di cucina, di

degustazione del vino, letture, una piccola biblioteca di guide dedicate a vini, cibo, ristoranti. Last but not least, l’aspetto occupazionale, di questi tempi spesso sulla cresta dell’onda e non sempre per notizie positive: il progetto del Mercato Centrale Roma invece ha generato 300 posti di lavoro. Aperto tutti i giorni dalle sette di mattina a mezzanotte. I prezzi, però, non sono sempre nella media. Massimiliano Rella Mercato Centrale di Roma Via Giovanni Giolitti 36 00185 Roma Orari: Lun.–Dom. 7:00-24:00 Web: www.mercatocentrale.it

Finocchiona Igp e Cinta senese Dop: binomio perfetto Tra le eccellenze enogastronomiche toscane c’è un salume che rappresenta una vera chicca per i palati più esigenti: la Finocchiona IGP prodotta con carni di Cinta senese DOP. Un prodotto che sta conquistando nicchie di mercato nella ristorazione e tra gli appassionati di cibo. A caratterizzare questa speciale finocchiona è la particolare qualità delle carni e la differente qualità di grasso. La Cinta senese, infatti, è una razza nota per la rusticità. Proprio le peculiarità territoriali, da cui derivano anche le caratteristiche uniche della sua alimentazione, sono alla base del gusto della carne, caratterizzata da una forte presenza di grasso di marezzatura e una bassa perdita di liquidi al momento della cottura. I salumi preparati con le carni di Cinta senese risultano così ricchi di una maggiore concentrazione di acidi grassi insaturi e polinsaturi che rendono il gusto “più morbido e rotondo” al palato. «Siamo in un ambito di nicchia, visto che la produzione sfiora circa l’1% — spiega FABIO VIANI, presidente del Consorzio di Tutela — ma parliamo di un prodotto a doppia certificazione di qualità: la prima per i suini da cui si ottiene la carne e la seconda per il metodo di lavorazione. Il Disciplinare di produzione della Finocchiona IGP impone, sempre e comunque, l’uso di tagli freschi di prima qualità di suini da Libro genealogico italiano e, quindi, garanzia di una qualità superiore sulle tavole di tutti consumatori». «Nel 2012 l’Unione Europea — afferma CHIARA SANTINI, presidente del Consorzio di Tutela della Cinta Senese DOP — ha dato il via libera alla denominazione “Cinta senese” per le carni fresche. Oggi la carne di Cinta, il cui trend produttivo è in costante crescita, viene associata sempre di più alla regione d’origine. L’allevamento allo stato brado e semibrado, con alimentazione in bosco o con pascolo erbaceo, insieme a un’integrazione del 2% di cereali con mais, orzo e senza soia, come previsto nel Disciplinare, garantisce alla carne un maggior contenuto di grasso intramuscolare che la rende più morbida, sapida e succulenta. La carne presenta un maggiore contenuto di acido oleico e di acidi grassi polinsaturi, che garantiscono una rapida diffusione degli aromi utilizzati e la rendono più gradevole al palato».

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MACELLERIE D’ITALIA

Antica Macelleria Beghin: cent’anni di carne e passione di Gian Omar Bison

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ent’anni di carne e passione. Quattro generazioni che a Bresseo di Teolo nel Padovano, ai piedi dei Colli Euganei, hanno eretto, sedimentato e rinnovato le fortune dell’Antica Macelleria Beghin dal 1914. Dire macelleria è riduttivo. E per quanto sulla ciccia abbiano sviluppato una proposta gastronomica completa che affianca alla salumeria e ai tagli anatomici una produzione di sughi e preparati tra i più tradizionali e stuzzicanti, la diversificazione e l’evoluzione del core business parla di formaggi ricercati, di pasta fresca, di olio, aceto balsamico, di pane di Altamura e vino. Produzioni parti-

colari, alcune nicchie per gourmet, che spaziano dai presidi Slow Food alle denominazioni d’origine. Quello di cui non si può proprio parlare è di improvvisazione. Avventatezza. Se è vero che Daniele e Francesco, figli di Albano, patriarca indiscusso insieme al fratello Gabriele, e il cugino Marco guardano ai padri con ammirazione, «si alzano ancora alle cinque tutti i giorni con un entusiasmo encomiabile e contagioso», è altrettanto vero che l’evoluzione della bottega è frutto di ricerca, studio e fiducia dei capifamiglia sulle proposte e gli stimoli che anche le ultime generazioni hanno portato in azienda.

Lauree e master Slow Food, studi di alberghiera, di marketing, esperienze lavorative all’estero tra le quali quella di Francesco in una macelleria storica di Londra, viaggi, corsi di cucina, di gastronomia, di sommellerie. Si potrebbe quasi parlare di macelleria 3.0 tanto sono studiate la comunicazione, le analisi e le strategie di vendita rivolte al commercio, da ultimo anche elettronico. Incontri periodici con maestri macellai, amici con i quali confrontarsi sulle evoluzioni del mercato e dei prodotti. Ma non si perde poesia. Si continua a guardare al cliente per dare qualità e gusto oltre che ser-

Lo staff della Macelleria Beghin a Bresseo di Teolo (PD).

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Carne bovina cruda. vizio, con quella mistica che questi luoghi, così vicini al Monte della Madonna e all’Abbazia di Praglia, monastero benedettino dove si producono alcuni tra i più richiesti vini DOP del Veneto, svelano tra boschi e nebbie. «Mio nonno Giotto — ricorda Albano — aveva quattro macellerie nel 1914 che lasciò ai figli: due ad Antonio, mio padre, e due al fratello Rino. Io sono entrato in azienda, qui a Bresseo, nel 1973, e nel 1990 è arrivato anche mio fratello Gabriele. L’evoluzione della bottega c’è stata per la prima volta nel periodo a cavallo dell’esplosione del fenomeno “mucca pazza”. Da lì abbiamo capito che, oltre a lavorare con qualità, dovevamo diversificare la proposta lanciando la gastronomia». Tra i progetti ai quali ha creduto e perseguito l’azienda, alla base di tutto c’è sempre stata la volontà di dare nuova linfa, nuovo valore al consumo di carne di qualità ad esempio incaricando l’Università degli Studi di Padova, Facoltà di Medicina Veterinaria, in collaborazione con EPTA NORD di Con-

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selve (PD), ad effettuare una serie di valutazioni analitiche chimico centesimali e sensoriali sulla carne da proporre al consumatore finale. «Da allora lavoriamo con bovini selezionati, la cui alimentazione anche non OGM e il benessere sono certificati, acquistati presso l’allevamento Maculan di Pozzonovo (PD) con razze Limousine e Blonde d'Aquitain. Oltre a questi compriamo partite di Fassona di razza Piemontese e scottona di Chianina certificata IGP. Una razza — affermano Albano e Gabriele — in grado di garantire una carne magra. Solo in soggetti molto grandi troviamo infiltrazione di grasso tra le masse muscolari (marezzatura), che ne accentuano il sapore. Secondo noi è la numero uno». Se il bovino rappresenta il 40% della carne lavorata, il suino esprime un 25% così come l’avicolo. Il restante 10% tra ovinicolo e cunicolo. «Per quanto — precisano — sull’agnello abbiamo proposte interessanti che spaziano da quello dell’Alpago di Sandro Follin agli

agnelli toscani e presto proporremo quello scozzese. Sul coniglio lavoriamo animali certificati da allevamento biologico che sono un incrocio tra lepre e coniglio». Sul suino, da alcuni anni, presso l’azienda Villiago, è in corso una sperimentazione per valutare la sostenibilità tecnica, ambientale ed economica dell’ingrasso di suini con metodo biologico allo stato semibrado. «Senza dimenticare — sottolineano — il rapporto ventennale con STEFANO MONTALI, stagionatore di prosciutti crudi che seleziona la materia prima per noi e stagiona per oltre 24 mesi i prosciutti marchiandoli a nostro nome». Mentre sull’avicolo sono orgogliosissimi sostenitori della gallina padovana chiamata anche “Padovana a gran ciuffo”, razza importata dalla Polonia nel 1500 da alcuni studiosi padovani che, grazie alla presenza di penne sul capo che sostituiscono la cresta, risultò essere una razza che tollerava il freddo più delle galline locali, con una buona produzione di uova anche nel periodo invernale. Si è quindi na-

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L’Antica Macelleria Beghin negli anni ha ampliato il servizio al cliente e, oltre a tagli di carne fresca, pronti a cuocere, salumi, tra cui il prosciutto crudo a proprio marchio, ha sviluppato una proposta gastronomica completa che comprende formaggi, pasta fresca, olio, aceto e pane di Altamura. turalizzata nel territorio padovano, diventando un simbolo di identità e legame con la città di Padova. In Italia la conserva l’Istituto Superiore di Istruzione Agraria Duca degli Abruzzi di Padova grazie all’interessamento del PROF. GABRIELE BALDAN. «La carne della Padovana è magra,

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di colore bianco rosato, di sapore estremamente delicato» puntualizzano. «La pelle è bianca e sottile con scarsi depositi adiposi sottocutanei. Il prodotto giovane, macellato a 5-6 mesi, si presta a preparazioni in umido e per un gran bollito». Gian Omar Bison

Antica Macelleria F.lli Beghin Via Euganea Bresseo 48 35037 Teolo (PD) Telefono: 049 9900008 E-mail: macelleriabeghin@gmail.com Web: www.macelleriabeghin.it FB: www.facebook.com/macelleriabeghin

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SERVIZIO DI PIATTAFORMA LOGISTICA CONTO TERZI DI CARNE FRESCA TRASPORTATA SU GANCIERE O CARTONATA

SERVIZIO DI LOGISTICA ANCHE PERANIMALI VIVI REGOLARMENTE RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON IL NUMERO CE 07/PS


PREMIATE SALUMERIE ITALIANE

Boudin, mocette, salsicce e violini: coi Segor scopriamo i salumi della Val d’Aosta di Riccardo Lagorio

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n salumeria, ogni angolo d’Italia sa trasformare la quotidianità in scoperta. Non nella grassa Emilia-Romagna o nell’opulenta Lombardia, dove le estreme valli garantiscono continue rivelazioni. Ma anche in quei francobolli di

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terra stretti tra monti e fiumi come la Valle d’Aosta. A distinzione di quella tradizione gastronomica innanzitutto i boudin, che altrove potremmo definire sanguinacci, ma che sulle rive della Dora Baltea acquistano particolare

prestigio e assumono più varianti produttive. Quella più diffusa viene elaborata con patate e rape rosse bollite, sangue (nella percentuale che va dal 3% al 5%) e parti grasse del suino (pancetta, lardo e guanciale). Le patate possono rappre-

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I boudin, sorta di sanguinacci, sulle rive della Dora Baltea acquistano particolare prestigio e assumono più varianti produttive. Quella più diffusa viene elaborata con patate e rape rosse bollite, sangue e parti grasse del suino. Il boudin entra anche come ripieno dei ravioli e la pasticceria del paese lo sta provando come condimento per salatini e pizzette

La salsiccia, con mocetta e boudin, racchiude l’essenza della salumiera valligiana. «La valorizzazione della carne di vacche a fine carriera attraverso le mocette, trova nella salsiccia, dove la carne di bovino è pari al 40% dell’impasto, il suo perfezionamento ideale» dice Diego Segor

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Mocetta e coppa Villeneuve. sentare il 50% della preparazione; le barbabietole il 20%. L’insacco avviene in baggetta suina (budello torto) o dritto bovino. L’esaustiva e coerente spiegazione viene fatta da DIEGO SEGOR, ultima generazione di una famiglia che dal 1959 ha aperto macelleria e spaccio nel centro del minuscolo villaggio di Villeneuve, ad una decina di chilometri dal capoluogo. «Per due giorni il salume perde parte del proprio liquido con temperatura abbastanza elevata. Il sangue serve da legante del salume, che può venire messo in vendita poche ore dopo la produzione e consumato preferibilmente entro 5 giorni se si vuole bollire, oppure si stagiona e si affetta come un salame trascorsi 40 giorni dalla preparazione. Ma oggi è possibile mettere il boudin sottovuoto e in questo caso può durare 50 giorni per il consumo fresco. Il boudin viene utilizzato anche come ripieno di ravioli, la pasticceria del paese lo sta sperimentando come condimento per i salatini e le pizzette», spiega. Il sapore è ferroso, il sangue corroborante, la barbabietola dà colore e conservazione, la speziatura — calcolata a mano e fatta al momento di essere usata — è gradevole (un po’ eccessiva forse la presenza d’aglio): come accade in altre esperienze, il cibo per secoli reietto diventa ghiottoneria.

Al pari di tutti i salumi, sino a qualche decennio fa la produzione si concentrava in inverno, ma le nuove tecnologie applicate alla produzione e conservazione dei salumi permettono la preparazione anche durante il periodo primaverile ed estivo. Certo, non erano questi i sistemi di produzione dei salumi nel 1959 quando Arturo Segor rilevava una vecchia macelleria sull’acciottolato accanto al corso del fiume e tanti altri negozi. Oggi le poche botteghe rimaste non danno certo sfoggio di contemporaneità e la macelleria aderisce alla regola, ma questa è la roccaforte della tradizione tramandata da Ernesto e realizzata da Corrado (dietro il bancone) e Diego (in laboratorio). Pertanto accanto ai boudin ecco le mocette: tagli bovini di razza Valdostana, sottofesa e noce, sezionati in forma di parallelepipedo e messi in zangola insieme a sale, pepe, salvia, rosmarino e aglio per 3 o 4 giorni a seconda della dimensione. «Tolti dalla zangola, mettiamo i tagli a maturare appesi per 24 ore a temperatura intorno ai 22°C e poi in cella a temperatura che varia tra 2 e 4°C. Qui ci stanno per un periodo che va da 40 a 60 giorni, sempre in base alle dimensioni», racconta Diego Segor. Il peso finale di ciascun pezzo va dai 300 gr ai 3 kg e i pezzi di maggior

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Boudin, mocette anche di selvaggina, salsicce, violini di capriolo, lardo, salame e coppa: i Segor hanno saputo conferire ai salumi valdostani un’aura di deterministica artigianalità pur mantenendosi paladini della tradizione e dell’autenticità. volume vengono inseriti in tessuti a maglia elastica simili a collant. Non solo bovino. La tradizione vuole infatti che la mocetta originale sia di camoscio e si sia trasformata poi in base alla disponibilità di polpa: cervo, cinghiale, ma soprattutto, appunto bovino. È anche così che i Segor hanno saputo conferire ai salumi valdostani un’aura di deterministica artigianalità pur mantenendosi paladini della tradizione e dell’autenticità. Hanno ottenuto una mocetta dalla speziatura esuberante, masticabile e ben marezzata; in complesso un salume in linea con i costumi locali d’un tempo eppure adatto all’oggi. Le salsicce rappresentano il terzo lato della compiutezza salumiera valligiana. «La valorizzazione della carne di vacche a fine carriera attraverso la creazione di mocette, trova nella salsiccia, dove la carne di bovino è pari al 40% dell’impasto, il suo perfezionamento ideale»,

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ricorda Segor. Infatti, per questo risultato della sapienza norcina si utilizzano la pancetta e le rifilature di muscoli suini e la copertina di fesa o l’anteriore bovino. La macinatura fine di 6 mm consente che la salsiccia possa essere consumata, oltre che affettata dopo un adeguato periodo di stagionatura, anche alla griglia. Le spezie aggiunte, che conferiscono un gusto assai caratteristico al risultato finale, sono pepe, cannella e noce moscata. Legatura a mano come per tutti gli altri salumi che nascono nel piccolo laboratorio. La missione è proprio conciliare i gusti arcigni della carne locale con le usanze odierne, spesso abituate a un palato insipido e monotono. E la sfida è vinta anche per i violini di capriolo, odorosi di erbe al naso, selvatici e arcaici, delicati e moderni al contempo. Malgrado la profonda aria di memorie che si respira nella bottega la produzione si è differenziata. Con

il salame campagnard per esempio, di carne di sole cosce suine, sale, pepe e vino Torrette (frutto di vitigni autoctoni), o la coppa Villeneuve massaggiata manualmente e innaffiata da Petite Arvine. O il lardo, altro protagonista della cultura valdostana, che i Segor preparano secondo ricetta ripetuta inalterata da metà Novecento tale come era giunta da epoche ancor più remote. Sarà solo il sottovuoto a marcare le differenze tra allora e oggi, una volta raggiunta la stagionatura ideale. Perché si possa allungare nel tempo la fragranza e trasformare la quotidianità in scoperta. Riccardo Lagorio Macelleria Salumificio Segor Via Abbé Cerlogne 4 11018 Villeneuve (AO) Telefono: 0165 95479 E-mail: segorsnc@gmail.com Web: www.salumificiosegor.it

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SAPORI DAL MONDO

Il segreto della tsamarella è il caldo sole di Cipro di Massimiliano Rella

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el paese di Statos-Ayios Fotis, sui monti di Pafos, a Cipro, il macellaio e norcino EVANGELOUS ALEXANDRU produce artigianalmente da 50 anni salumi locali come la salsiccia lukanica, aromatizzata alle erbe di macchia mediterranea, e la lountza, che è simile alla nostra lonza stagionata, marinata però in vino rosso e leggermente affumicata. Tuttavia, il prodotto più importante del signor Alexandru — e della salumeria cipriota — è la tsamarella, specialità che è anche presidio Slow Food. Il laboratorio del signor Alexandru si trova nel centro di un

grazioso villaggio tappezzato d’alberi di noci, un regalo alla comunità locale da parte di un prete ortodosso originario di Ampelitis, come gli abitanti chiamano ancora il villaggio di Statos-Ayios Fotis. A parte la salsiccia marinata nel vino rosso, la carne e le salsicce fresche, in questo negozio spartano annesso alla casa di famiglia, soprattutto in estate viene prodotta artigianalmente la tsamarella. Tecnicamente si tratta di carne di capra disossata ed essiccata al sole. Per preparare questo prodotto prelibato e un po’ salato, Alexandru utilizza carne di capre allevate localmente sui monti

di Pafos, di età superiore ai 2 anni; carni non troppo tenere, ideali per l’essiccazione al caldo sole di Cipro. Il buffo norcino cipriota, con un simpatico baffone retrò, utilizza l’intero animale, sia il costato che le cosce: la capra viene letteralmente disossata da cima a fondo lasciando le carni unite e compatte. I pezzi di carne ripuliti sono cosparsi di sale marino e lasciati un giorno a perdere umori e sangue. Una volta asciugati, vengono riposti per 8-10 settimane all’aperto, in un gabbiotto di tessuto a “zanzariera” che impedisce l’ingresso di mosche e insetti. Ogni giorno vengono poi

Tipico prodotto della salumeria cipriota, la tsamarella consiste in carne di capra disossata ed essiccata al sole. Si mangia tagliata a pezzettini e condita con origano (photo © Massimiliano Rella).

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Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Sfilaccetti di Cavallo con Julienne di Verdure. Esecuzione: bollire per qualche minuto le verdure tagliate julienne, guarnire il piatto e condire con un emulsione di olio d oliva e sale di sedano. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Sfilaccetti, 2 Carote, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, 2 Zucchine, 200 gr. Cappuccio Bianco,

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Evangelous Alexandru, macellaio e norcino sui monti di Pafos (photo Š Massimiliano Rella).

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La tsamarella pronta da consumare. Il sapore è deciso, speziato, con un piacevole sentore di selvatico (photo © Massimiliano Rella). girati per ottenere un’essiccazione omogenea e, solo in caso di umidità, vengono ricoperti da teli. Dopo l’essiccazione naturale al sole — qui in estate si sfiorano i 40 ºC — la carne viene bollita brevemente per ridurre la presenza del sale e addolcirne un po’ il gusto. A questo punto la tsamarella è pronta per essere cosparsa di origano, tagliata a pezzetti e mangiata. Ha una colorazione scura, tendente al bordeaux, poco grassa. Il sapore è deciso, speziato, con un piacevole sentore di selvatico, ma un po’ salata. Ecco perché

abitualmente viene accompagnata da una birra fresca o da un bicchiere di ouzo, un distillato secco ottenuto da mosto d’uva, aromatizzato all’anice stellato. Noi l’abbiamo provata anche con la zivanìa, una grappa locale. «Le carni devono essere abbastanza magre e compatte, con uno strato di grasso che attenui in dolcezza e cremosità la parte magra, più fibrosa e salata» ci spiega Alexandru. «Il segreto di una buona tsamarella? La qualità della carne, il sole e il giusto apporto di sale». Il periodo di produzione si concentra

La tsamarella è il primo presidio Slow Food di Cipro, individuato per lo stretto legame con un territorio dove si pratica da sempre la pastorizia. Insieme alla promozione del prodotto sul mercato locale e fuori dai confini del Paese, si sostiene il recupero della Machaeras, razza caprina autoctona adatta a pascolare nella macchia mediterranea delle colline cipriote grazie agli arti lunghi e al mantello a pelo corto e oggi ridotta a pochi esemplari

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in estate, stagione piuttosto lunga a Cipro, visto che a inizio ottobre le temperature possono raggiungere anche i 35 ºC. La tsamarella è il primo presidio Slow Food di Cipro, individuato per lo stretto legame con un territorio dove si pratica da sempre la pastorizia. Il presidio promuove il prodotto e la distribuzione sul mercato locale, facendolo conoscere anche oltre i confini attraverso le fiere. Non è secondario l’obiettivo di sostenere il recupero di una razza caprina autoctona, la Machaeras, adatta a pascolare nella macchia mediterranea delle colline cipriote grazie agli arti lunghi e al mantello a pelo corto, oggi ridotta a pochi esemplari presenti nella zona orientale dei monti Troödos. Il laboratorio della famiglia Alexandru (Elefterias 14, Statos-Ayios Fotis, Pafos, Cipro; telefono: +357 99558316, aperto lun.-dom. fino a orario di cena; se chiuso suonare a casa) produce in media kg 1.000 di tsamarella l’anno, venduta al negozio e nei mercatini locali a 30 €/kg. Massimiliano Rella

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RAZZE

Tesori della Valle Stura

La Routo rivive insieme alla pecora Sambucana di Riccardo Lagorio

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La Sambucana fa parte di una razza da cui si traggono carne e lana: la precocità delle femmine nel dare alla luce gli agnelli è tra i fattori che ne ha favorito la rinascita In particolare l’arrivo degli agnelli, come per tutti gli allevamenti transumanti, si concentra nel periodo tra ottobre e dicembre e intorno a Pasqua

Gregge di pecore di razza Sambucana in Valle Stura.

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La resa degli agnelli è più che soddisfacente e si assesta intorno al 55% grazie allo sviluppo muscolare, all’ossatura e alla pelle fine. La carne è particolarmente magra, saporita, ricca di proteine e dal bel colore rosso vivo. Pare che anche Camillo Benso di Cavour avesse modo di provare, spinto dall’animosità gourmet che lo contraddistingueva, il tenero arrosto di agnello Sambucano, nel 1834, in visita alle terme di Vinadio

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i chiama routo. La ricordano i ritornelli occitani e sopra ci passano, ci passavano, migliaia di greggi e i loro pastori: la via della transumanza fatta dagli abitanti della Valle Stura e di quelle limitrofe. Portava verso il Midi francese sino ai pressi di Arles. I grandi proprietari provenzali affidavano le pecore a quei pastori perché le accudissero negli alpeggi. Affollate, quelle moltitudini di pecore da una particolare razza, la Sambucana, che a metà degli anni Ottanta — pressoché svanita del tutto la pastorizia transumante — ha rischiato di scomparire. Poi il provvidenziale intervento della Comunità montana, del Consorzio l’Escaroun di Demonte e della Cooperativa Lou Barmaset (fondata nel 1992) ha fermato lo stillicidio. I tempi erano cambiati: tutti — compreso gli enti pubblici locali — cercavano peculiarità che rappresentassero il territorio. Come è ormai evidente, l’applicazione di un sistema di tracciabilità favorisce l’aumento della sicurezza alimentare, talvolta aumenta l’efficienza nella gestione del prodotto lungo la filiera garantendo maggiore trasparenza al consumatore. Così, insieme alla Provincia di Cuneo, i soggetti che avevano dato vita al recupero dell’agnello Sambucano hanno applicato uno stretto sistema di tracciabilità guadagnandosi, tra le altre cose, il merito

di fungere da progetto pilota per costruire un piano di valorizzazione basato sul sistema gestionale della produzione. Anche così quella pecora Sambucana oggi pascola, con 5.000 orgogliose compagne, nella Valle Stura, tra Demonte e Pietraporzio. Fa parte di una razza da cui si traggono carne e lana: la precocità delle femmine nel dare alla luce gli agnelli è tra i fattori che ne ha favorito la rinascita. In particolare, come per tutti gli allevamenti transumanti, l’arrivo degli agnelli si concentra nel periodo tra ottobre e dicembre (i cosiddetti agnelli natalini) e intorno a Pasqua. Gli allevatori vendono gli agnelli in età precoce, non oltre le 4 settimane di vita al peso vivo di 12 kg; in taluni casi a 45 kg, macellati durante il periodo d’inizio novembre, ai Santi e alla commemorazione dei defunti, quando le famiglie organizzano incontri conviviali. Gli agnelloni in oggetto hanno trascorso un’estate in alpeggio e vengono chiamati tardoùn. Anche la resa degli agnelli è più che soddisfacente e si assesta intorno al 55% grazie allo sviluppo muscolare, all’ossatura e alla pelle fine. Gli esemplari maschi raggiungono i 90 kg, le femmine i 70 mentre la razza è genericamente riconoscibile per la testa allungata e le orecchie portate quasi orizzontalmente.

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Lo chef Bartolomeo Bruna del ristorante Della Pace di Sambuco con l’agnello al timo.

La lana che si ottiene dalla pecora di razza Sambucana è di ottima qualità, molto fine e fitta, il filato è leggero e lucente e presenta una buona resistenza ad essere strappato. Col vello della pecora Sambucana vengono realizzati splendidi maglioni, plaids, berretti, guanti in collaborazione col Lanificio Fratelli Piacenza di Pollone, Biella (fonte: www.vallestura.net).

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Il vello, che negli ultimi anni sta diventando oggetto di ricorrenti rivalutazioni in quanto è fine e fitto, è bianco, raramente marrone. La carne è particolarmente magra, saporita, ricca di proteine e dal bel colore rosso vivo. Pare che anche il Conte Camillo Benso di Cavour avesse modo di provare, spinto dall’animosità gourmet che lo contraddistingueva, il tenero arrosto di agnello Sambucano, nel 1834, in visita alle vicine terme di Vinadio. Ma in valle c’è chi ha creduto nel recupero della pecora Sambucana e ne ha fatto una bandiera del gusto in tempi più recenti. Come GIANLUCA SANTINO, che ha creato una cooperativa dal nome mantico, Il covo della pecora. La cooperativa ha il compito di utilizzare le carcasse degli animali che il Consorzio l’Escaroun mette a disposizione. A sua volta il Consorzio mira a gestire gli allevamenti sulla base delle necessità degli allevatori. «Abbiamo voluto creare la cooperativa perché la carne fresca degli animali adulti non ha mercato e spesso andavano svenduti all’ingrosso o ceduti alla grande distribuzione a prezzi ridicoli. Ma poiché si tratta di animali che vengono alimentati in maniera del tutto naturale e sostenibile ci pareva un errore non approfittare dell’unicità delle loro carni. Così abbiamo iniziato a produrre salumi», racconta. Le carcasse di circa 30 kg vengono pertanto cedute al piccolo laboratorio che le trasforma in salsicce (che portano il 70% di carne di pecora, incluso pancia e petto) o salami (caratterizzati dalla magrezza dell’impasto, dove la carne di pecora raggiunge il 75%). L’esperienza e le richieste del mercato hanno anche consigliato negli anni Santino di elaborare cotechini (con il 50% di carne di pecora, tra cui petto, colli e pancia) e delle salsicce ad U, dalla forma simile a quelle dell’Italia meridionale, anche con l’aggiunta di peperoncino. Ma soprattutto prosciutti, che altrove, come in Valtellina, avevano già riscosso un buona popolarità tra gli estimatori di prodotti pregiati.

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Gianluca Santino nella cella di stagionatura con i salumi di pecora.

In valle c’è chi ha creduto nel recupero della pecora Sambucana e ne ha fatto una bandiera del gusto in tempi più recenti. Come Gianluca Santino, che ha creato una cooperativa dal nome mantico, Il covo della pecora. La cooperativa ha il compito di utilizzare le carcasse degli animali che il Consorzio l’Escaroun mette a disposizione. A sua volta il Consorzio mira a gestire gli allevamenti sulla base delle necessità degli allevatori

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I prosciutti stagionano almeno tre mesi. «Li otteniamo da animali che hanno due anni o più di vita, buoni camminatori perché hanno trascorso le estati in alpeggio, talvolta sono bestie a fine carriera o arieti che non possono più essere utili alla causa della riproduzione». Nel mini-salumificio si lavorano un centinaio di soggetti l’anno, numero adeguato all’offerta del Consorzio. Ma le capacità culinarie di BARTOLOMEO BRUNA del ristorante Della Pace di Sambuco sono quelle che hanno riabilitato in toto l’utilizzo della carne di Sambucana: dal paté di fegato di agnello con castagne alla minestra di trippe, dall’agnello al forno con timo allo stinco glassato. Piatti che hanno il merito di riportare il consumatore a quote inarrivabili di gusto pur nella sfera della semplicità, nitidezza di sapori che solo esperienza e attitudine riescono a realizzare. Nello stesso edificio un gioiello d’albergo incastonato nelle grigie pietre locali.

Nel frattempo intorno sono sbocciati incontri legati alla pastorizia, si sono riappropriate delle piazze le feste dedicate alla transumanza, quelle rivolte ai pastori, i concorsi di razza e le dimostrazioni di tosatura. La routo rivive in ogni stagione, occasioni per accrescere la tenuta del territorio e rinforzare il ruolo che ha avuto in tutto questo lei, la pecora Sambucana. Riccardo Lagorio Cooperativa Il covo della pecora Pietraporzio fraz. Pontebernardo (CN) Telefono: 333 3508716 – 340 3646182 E-mail: info@osterialapecoranera.net Web: www.ilcovodellapecora.com Ristorante Della Pace Via Umberto I 35 12010 Sambuco (CN) Telefono: 0171 96550 Web: www.albergodellapace.com Nota A pagina 80 un gregge di pecore di razza Sambucana.

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PRODOTTI TIPICI I sapori della Tuscia con porchetta, susianella, viarelli e salsicce di fegato

Le goloserie viterbesi dei Fratelli Stefanoni di Riccardo Lagorio

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Tra i prodotti di punta, legati alla tradizione famigliare, c’è la susianella, un insaccato tradizionale, tipico della città di Viterbo, elaborato partendo da cuore, lingua e fegato

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egli ultimi anni, complice un radicale mutamento del mercato, numerose sono state le aziende che hanno trasformato la propria identità di macelleria o di allevamento. Le pressanti richieste, da parte dei consumatori, di poter contare, per uno strano destino proprio in coincidenza con gli anni di ristrettezze economiche, su prodotti non massificati e in grado di narrare il territorio, ha in generale spinto a rivedere le strutture produttive. Dalla prospettiva del produttore, le prime (e per certi versi uniche) a potersi adeguare a quelle richieste sono state le aziende di piccole dimensioni, spesso rette in forma familiare. Sul versante del consumo, l’interesse verso quei prodotti copre ampiamente la resistenza a dover sostenere un costo superiore (in termini economici si può affermare che l’effetto sostituzione prevale sull’effetto reddito). Con buona pace per coloro che, solo trent’anni fa, vaticinavano la scomparsa totale dei negozi di vicinato e, per stare al tema a noi caro, che le macellerie avrebbero abbassato per sempre i battenti di fronte al dilagare della grande distribuzione. Fenomeno maggiormente tangibile proprio nei centri urbani di medie e grandi dimensioni, dove è maggiore la richiesta di prodotti diversificati. È accaduto alla periferia di Viterbo, dove i tre fratelli STEFANONI, ereditando il patrimonio costruito nel corso di più generazioni, hanno messo a profitto l’esperienza maturata per proporre una formula commerciale che ha incontrato il favore del mercato. In una prima fase il laboratorio era aperto sotto casa e si limitava a trasformare le carcasse, avendo come riferimento la città di Viterbo. E se oggi la clientela è multiforme, essendosi espanso il mercato sino ad intercettare i consumatori di Roma, compresi lombardi, belgi e olandesi in viaggio verso la Città eterna, lo si deve anche e soprattutto all’intuizione di avere programmato un’offerta che si basa su allevamento e mattatoio propri, oltre che su un sistema di produzione che ha puntato dritto

sulle peculiarità locali. E questo già negli anni Ottanta, quando simili progetti non erano certo diffusi. La struttura in funzione risale al dicembre 1990 e si trova a nord di Viterbo, in una zona di frequente passaggio. L’alimentazione dei suini è a base di orzo, granoturco, farinaccio e soia non OGM. La quantità di cibo a disposizione per ogni spazio è regolamentata da un computer che provvede a fornire, nel corso della giornata, la razione necessaria agli animali cresciuti per gruppi omogenei. Di questo aspetto si occupa PIETRO STEFANONI, mentre a MAURO e MASSIMO spettano la trasformazione e la vendita dell’ampia gamma di prodotti. Primo fra tutti la porchetta. Nell’area di Viterbo è uso spalmare l’animale di una mistura che comprende sale, pepe, finocchio selvatico e aglio, senza provvedere al disosso per contenere l’assorbimento degli aromi da parte della polpa. All’interno del suino si inserisce il fegato spezzettato e infine si ricuce: modalità che ha contribuito all’ottenimento, da parte dell’azienda, del titolo di Maestro dell’Agricoltura da parte della Regione Lazio nel 2009. Come intuibile, la richiesta di porchetta è variabile e la stagione in cui viene più apprezzata è l’estate, oppure nel caso di una ricorrenza o di una festa. Un altro prodotto sul quale gli Stefanoni hanno puntato è il prosciutto disossato. Dicono per mantenere il più possibile l’uniformità della carne, stagionata almeno dieci mesi. Nel loro banco frigo non mancano mai i fegatelli con la ratta, un’autentica goloseria viterbese. Il fegato, tagliato grossolanamente, viene insaporito da sale, pepe e finocchio selvatico, inserito nella reticella (ratta) e disposto, a mo’ di spiedino, su uno schidione di legno, alternandolo a foglie d’alloro. Si cucina preferibilmente alla brace. Sempre dettato dalla tradizione il paté, preparato con fegato, carne di salsiccia, milza, sottaceti fatti bollire aromatizzati con salvia e rosmarino, infine macinati finemente. Ne esce una crema ideale da spalmare sul pane casereccio caldo. Ancora, le salsicce di fegato. Ne esistono quat-

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La susianella di Viterbo prodotta dagli Stefanoni (photo © eat.cudriec.com). tro versioni: accanto alla più nota insaporita con finocchietto selvatico, ecco la versione dolce, forse la più arcaica, con uvetta e zucchero, diventata oggetto di culto. Vanno consumate entro due settimane dalla produzione e preferibilmente bollite. Un’altra leccornia recuperata dagli Stefanoni sono i viarelli. Si tratta della parte esterna dell’intestino, ricca di grasso fragrante, che viene lavorata subito dopo l’accurato lavaggio e condita con sale, pepe e finocchietto selvatico. Una volta appesa a temperatura e

umidità adeguate si può consumare dopo pochi giorni cuocendola sulle braci e schiacciandola nel pane (panunto). Anche la susianella deve la propria rinascita ai fratelli Stefanoni. Si tratta di un salume della tradizione viterbese elaborato partendo dal cuore, dalla lingua e dal fegato (localmente definiti corata) tritati adeguatamente e miscelati a pancetta, guanciale, magro di spalla e ritagli. L’impasto, insaporito con sale, pepe, peperoncino e finocchio selvatico, viene insaccato in budello al quale si dà la forma di

ferro di cavallo. La stagionatura si prolunga per un periodo variabile tra 2 e 6 mesi. La vasta gamma di salumi locali si completa con la corallina e il salame a punta di coltello. Per l’ottenimento della corallina si segue pressappoco il procedimento di produzione del salame di Fabriano, ma insaccato in un intestino più lungo. La caratteristica principale del salame a punta di coltello, come dice il nome stesso, è quella di tagliare a mano il magro della coscia e miscelarlo a pezzi di grasso. Se ne ottiene un salame particolarmente gustoso e pregiato. Insomma la sfida degli Stefanoni, fatta di passione e intuizione, è vinta ed esistono buone ragioni per affermare che molti come loro stanno traghettando l’Italia verso la definitiva affermazione dei prodotti locali, a discapito di un mercato massificato e indistinto. In caso contrario, che futuro ci si dovrebbe aspettare? Riccardo Lagorio Azienda Agricola Stefanoni Fratelli Via Cassia Nord 60 – 01100 Viterbo Telefono: 0761 250425 E-mail: stefanonifratelli@libero.it Nota Alle pagine 86 e 87, l’Orco del Parco dei Mostri di Bomarzo, nei pressi di Viterbo.

Squicity è un servizio di consegna a domicilio di prodotti provenienti dalle campagne locali, attivo nelle province di Roma, Rieti e Viterbo. Il progetto nasce dalla conoscenza diretta dei suoi ideatori, gli agronomi Mauro e Alfredo, delle aziende e dei processi produttivi e dalla consapevolezza dell’importanza del“saper fare”. “Il rispetto dei ritmi naturali delle stagioni, l’attenzione alle biotipicità e l’amore per il territorio sono alcuni dei criteri con i quali selezioniamo i nostri produttori — scrivono sul sito Mauro e Alfredo — scegliamo soltanto cibi sani, gustosi e di qualità, prodotti con metodi tradizionali, provenienti da non più di 150 chilometri di distanza e con alle spalle un massimo di 2 ore di trasporto su gomma. Un cibo buono, che conserva il sapore e il profumo delle cose autentiche”. Tra i produttori prescelti da Squicity anche l’Azienda Agricola Stefanoni e i suoi straordinari salumi (in foto, il guanciale stagionato e la salsiccia stagionata di fegato di Stefanoni disponibili sul sito). >> Link: www.squicity.it

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CONVEGNI

Conigli e benessere animale, un problema da risolvere Il vuoto normativo deve essere colmato con interventi che coinvolgano tutta la filiera produttiva. Se ne è parlato di recente a Roma nel corso di un convegno organizzato da Compassion in World Farming Italia, a cui hanno preso parte tutti i più importanti esperti del settore di Anna Mossini

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llevamenti intensivi di conigli e benessere animale. Un tema scottante, soprattutto per il nostro Paese, ancora carente di una legge che garantisca agli animali in questione condizioni di vita accettabili. Delle nuove soluzioni di benessere animale da adottare

negli allevamenti italiani di conigli si è parlato a un recente convegno organizzato dalla onlus Compassion in Word Farming Italia (CIWF), svoltosi a Roma alla presenza dei maggiori esperti del settore, ad iniziare da UGO SANTUCCI del Ministero della Salute, direttore dell’ufficio

preposto alla tutela del benessere animale, igiene zootecnica e urbana veterinaria della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari, che ha posto l’accento su ciò che al ministero è allo studio sul tema al centro del dibattito, posto che «il settore cunicolo italiano —

L’intervento di Giovanni Di Genova. Al tavolo dei relatori, da sinistra: Zeno Roma, Gianluca Bagnara, Anna Maria Pisapia, Elisa Bianco e Ugo Santucci.

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ha dichiarato — insieme a quello spagnolo e francese rappresenta i tre quarti della produzione europea, con un consumo annuo procapite di 5,5 kg, a fronte di un ben più modesto 0,5 kg/pro capite della Germania». Incertezza sui dati ufficiali Nel suo intervento introduttivo ANNA MARIA PISAPIA, direttrice dell’ufficio italiano di CIWF che ha sede a Bologna, ha voluto ricordare quanto le 87.000 firme raccolte tra la popolazione nazionale per chiedere l’abolizione dell’allevamento in gabbia dei conigli «rappresentino per noi un mandato della società civile a cui dobbiamo fornire risposte realistiche, praticabili, certe». La mancanza di obbligatorietà di registrazione delle aziende rende oggi ancora difficile calcolare quante sono le imprese zootecniche italiane che allevano conigli, «una criticità — ha affermato nel suo intervento Santucci — a cui il Ministero della Salute vuole porre rimedio. Per questo stiamo lavorando per arrivare a rendere obbligatoria l’iscrizione delle aziende nella Banca dati nazionale (BDN), un passaggio che rappresenterebbe una svolta in un comparto zootecnico che da sempre

richiede agli operatori un’elevata professionalità, perché produrre conigli non è semplice proprio a causa delle caratteristiche di un animale che richiede particolari attenzioni produttive. Nondimeno, siamo anche impegnati per incentivare un uso sempre più responsabile del farmaco in allevamento e il relativo minor impiego. Credo che queste due strade siano indispensabili per arrivare a creare quel Sistema Italia al quale il Parlamento europeo sta lavorando per riuscire a mettere intorno allo stesso tavolo tutte le associazioni di categoria e affrontare i temi del benessere, della genetica, della riproduzione, della biosicurezza e del farmaco». Il ruolo del consumatore Sono questi gli snodi cruciali su cui tutti gli attori della filiera si trovano a discutere e che portano inevitabilmente al consumatore. «Un consumatore che è disposto a spendere di più per quello che mangia — ha dichiarato GIOVANNI DI GENOVA del Ministero per le Politiche Agricole — a patto che sappia cosa compra. Le carni italiane, tutte indistintamente, vantano una qualità unica. Eppure soffrono di una mancanza di identità, di

una indistintività e genericità che le svalorizzano e non favoriscono proprio nel consumatore quella consapevolezza sugli acquisti che invece dovrebbe fare la differenza. Solo con l’etichettatura delle carni — ha continuato Di Genova — si può superare lo scoglio dell’indistintività delle carni italiane, a cui è necessario collegare una corretta informazione che comunichi, bene, la qualità delle nostre produzioni che non prescindono peraltro dal rispetto ambientale e di ben chiari valori sociali. A questo aspetto il MIPAAF ha dedicato per il 2017 delle importanti risorse, ma è altrettanto vero che, per quanto riguarda il settore dei conigli, occorre puntare alla costituzione di organizzazioni interprofessionali che coinvolgano tutti gli attori della filiera, a cui auspicabilmente unire la creazione della CUN (Commissione unica nazionale) dei conigli». Come si vede, se da una parte la produzione di carne di coniglio nazionale vanta parametri qualitativi di prim’ordine, dall’altra il vuoto normativo sul benessere animale e l’assenza di un sistema in grado di coinvolgere tutti gli anelli della filiera rendono questo comparto particolarmente vulnerabile.

Servono strategie di mercato e investimenti che coinvolgano tutta la filiera Una commodity. È così che GIANLUCA BAGNARA, presidente di ASSOAVI (Associazione uovo italiano) ed economista specializzato nel settore agrozootecnico, ha definito il comparto cunicolo italiano. «E come tale — ha spiegato — quando la produzione aumenta i prezzi crollano. Il calo dei consumi registrato negli ultimi tempi pone in evidenza la necessità di una programmazione produttiva che può garantire la redditività agli allevatori proprio in momenti come questi. La filiera italiana è piuttosto articolata e solo il 10% del valore rimane agli allevamenti, mentre le imprese di macellazione e lavorazione generano il 36% del reddito operativo e il 33% va attribuito al commercio e alla distribuzione. A questo dobbiamo aggiungere che attualmente i costi sono sostanzialmente fissi, mentre i prezzi oscillano in base alle ragioni di scambio, cioè al rapporto per il quale il bene di diversi Paesi è scambiato. Da ciò deriva che, nel 2016, tutti gli indici del settore sono calati ed è aumentata solo l’importazione. È poi impressionante la forbice dei prezzi: 1,30-2,00 €/kg alla produzione (prodotto vivo); 3,50-4,50 €/kg all’ingrosso (macellato); 6,50-7,50 €/kg al consumatore. Il prodotto importato dai principali Paesi partner come Francia e Spagna si colloca intorno ai 3,00 €/kg, cioè la metà del prezzo all’ingrosso registrato in Italia. Ritengo che, se vogliamo parlare di strategie, si deve pensare a costruire condizioni di accesso al mercato con un’attenzione particolare al consumatore. Credo inoltre occorra organizzare l’offerta, realizzare dei percorsi di qualità insieme a una capillare promozione dei consumi e a rapporti con gli operatori commerciali, a cui aggiungere l’innovazione e la promozione degli investimenti. Quando i costi superano i ricavi — ha concluso Bagnara — non si può pensare che le aziende possano affrontare investimenti che invece devono coinvolgere tutta la filiera». (A. Mo.)

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In questo quadro il tema del benessere animale dei conigli negli allevamenti intensivi non è certo secondario. «Per noi un sistema alternativo alle gabbie non deve essere necessariamente all’aperto e a terra — ha introdotto il suo intervento ELISA BIANCO, responsabile del settore alimentare di Compassion in World Farming — deve invece prevedere uno spazio maggiore per permettere agli animali di muoversi, ma anche di beneficiare di una pavimentazione confortevole vedendo assicurato l’arricchimento ambientale. Togliere le gabbie non vuol dire ricorrere ad un maggior impiego di antibiotici. La presenza di molti attori e operatori del settore cunicolo italiano al convegno odierno conferma il grande interesse verso il futuro di questa realtà produttiva. Si tratta di un settore che sta attraversando un momento di difficoltà ed è fondamentale che si scelga la direzione giusta verso cui indirizzarsi, preferendo investimenti longevi e in grado di rispondere alle richieste dei consumatori. Come sta dimostrando il caso delle uova, i consumatori non vogliono gabbie per l’allevamento, né arricchite né di batteria, e ci auguriamo che il settore cunicolo prediliga guardare direttamente a sistemi alternativi maggiormente rispettosi del benessere degli animali». L’esperienza di un allevatore Belgio, Germania, Paesi Bassi e Svizzera. In questi Paesi le gabbie per l’allevamento intensivo dei conigli sono state eliminate. E se da alcuni anni a questa parte l’Italia ha perso il proprio primato produttivo subendo la competizione di Francia e Spagna, cui si aggiunge la competizione innescata dalle importazioni, secondo i dati forniti dall’ISTAT, nel 2015 nel nostro Paese sono stati allevati 21 milioni di conigli, per un fatturato che ha raggiunto 350 milioni di euro. Numeri che confermano l’importanza di questo settore produttivo, nonostante allo stato non esistano dati concordi e omogenei sul numero di soggetti allevati e sul fatturato.

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Sarebbe però un errore additare tutti gli allevamenti cunicoli italiani come luoghi dove il benessere degli animali non è considerato e tanto meno rispettato. Al convegno promosso da CIWF era presente un allevatore friulano, ZENO ROMA, che ha mostrato in una rapida carrellata gli interventi effettuati nel corso degli anni nei suoi allevamenti per garantire condizioni di miglior benessere ai conigli allevati. «Può sembrare un paradosso — ha dichiarato — ma la mancanza di una normativa impedisce a molti colleghi allevatori di fare investimenti in grado di migliorare le condizioni di vita degli animali. Quelli che io ho fatto nel corso degli anni possono essere tutti considerati esperimenti che ho voluto praticare per arrivare a capire quale tipo di allevamento fosse migliore. Così sono partito dalle gabbie da ingrasso bicellulari, che fecero la loro prima comparsa negli anni Settanta, dove per metro quadro si potevano concentrare 18 conigli. Poi ho ridotto il numero di animali presenti in ogni metro quadrato a 14 unità, ottenendo in questo modo un ottimo stato sanitario del bestiame che ha raggiunto l’apice con l’allevamento all’aperto, quando il tasso di mortalità registrava un –2% e l’uso del farmaco si era drasticamente ridotto. Successivamente ho pensato che potevo migliorare ancora il benessere dei conigli che allevavo e ho portato il numero di soggetti presenti in un metro quadrato tra un minimo di 8 e un massimo di 12 capi. Il passo successivo è stato il recinto con gli animali liberi, ma ho ben presto dovuto fare i conti con un aumento dell’aggressività tra conigli e una drastica riduzione del peso (–10%) nonostante mangiassero di più rispetto a quando vivevano in gabbia. Oggi sono tornato ai box, anche se sono attratto dai sistemi park, che non ho, ma che rappresentano per me uno spunto molto interessante per testare un nuovo modo di garantire ai conigli migliori condizioni di vita in allevamento». Anna Mossini

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Antibioticoresistenza: progetti a tutela del consumatore Un problema trasversale che investe la medicina veterinaria e quella umana. Alla Giornata della Suinicoltura esperti a confronto in un evento che ha visto la presenza di medici e scienziati, tra i quali Roberto Callioni, presidente di One Health

L’

antibioticoresistenza è un problema trasversale che investe sia il settore veterinario che quello della medicina umana. Non è infatti un caso che la Commissione europea, dopo aver dovuto registrare negli ultimi anni un aumento nella resistenza agli antimicrobici in tutto il continente, abbia dato il via a un Piano quinquennale che include 12 azioni puntuali, il cui obiettivo è quello di eliminare l’uso inappropriato e irrazionale degli antibiotici ad uso umano e, relativamente all’agricoltura e agli allevamenti, l’impiego degli stessi antibiotici in

animali e nell’industria alimentare. Il 30 novembre, alla Giornata della Suinicoltura che si è svolta presso il Michelangelo Business Center di Modena, il tema dell’antibioticoresistenza ha tenuto banco in un confronto tra esperti che ha potuto contare anche sulla presenza di scienziati della medicina umana. Il titolo dell’evento, infatti, era: “Biosicurezza. Antibioticoresistenza. Progetti di sanità pubblica. Allevatori e mondo scientifico uniti a tutela del consumatore”. Uno di questi scienziati è il dottor ROBERTO CALLIONI, medico odontoiatra e presidente dell’associazione One Health.

Dottor Callioni, il tema dell’antibioticoresistenza è sempre più dibattuto. Che espansione ha avuto negli ultimi anni tra la popolazione e quali sono le maggiori cause? «A circa un secolo dalla scoperta del primo antibiotico, la penicillina, che ha salvato milioni di vite, penso che ALEXANDER FLEMING sarebbe deluso dalla sua progenie e, in generale, di come stanno andando le cose. Molteplici soggetti, spesso di opposta estrazione culturale, da tempo sensibilizzano al problema dell’antibioticoresistenza. E così, se AIFA (Agenzia italiana del farmaco, Ndr) sottolinea la necessità di un

Per ciò che riguarda il mondo zootecnico, e il settore suinicolo in particolare, l’impiego di antibiotici deve essere ridotto, perché troppo spesso questi farmaci vengono somministrati come metodo preventivo prima ancora che terapeutico.

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cambiamento culturale cui tutti sono chiamati, medici, pazienti e in questo caso anche veterinari e allevatori, anche JIM O’NEIL, noto economista past president Goldman Sachs e attuale ministro del Commercio inglese, ha stimato che nel 2050, nel mondo, le infezioni batteriche causeranno circa 10 milioni di decessi, superando ampiamente quelli per tumore (8,2 milioni), diabete (1,5 milioni) o incidenti stradali. In Europa si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibioticoresistenti che causano 37.000 decessi. Antibioticoresistenza, quindi, come problema con grave ricaduta sulla salute dei pazienti, ma anche di esborso economico per il sistema e la collettività. In Italia la resistenza agli antibiotici si mantiene tra le più elevate del continente e comunque al di sopra della media. Nel nostro Paese, ogni anno, dal 7 al 10% dei pazienti va incontro ad una infezione batterica multiresistente. Le maggiori cause dell’antibioticoresistenza prevedono molteplici responsabili. L’utilizzo indiscriminato degli antibiotici è certamente una delle cause più importanti. In tal senso taluni accusano i medici nel contesto dell’espansione di una sorta di medicina difensiva, di un eccesso di prescrizione di antibiotici anche nel caso di patologie di eziogenesi virale. Non si può non ricordare un altro significativo problema dopo il grande sviluppo di farmaci antimicrobici tra gli anni ‘30 e ‘60 del secolo scorso: solo due classi di antibiotici sono arrivate sul mercato negli ultimi cinquant’anni, il che mette sul banco degli imputati le big pharma, che dedicherebbero solamente l’1,6% delle proprie risorse economiche per la messa in uso di nuovi antimicrobici». Il dottor MINO TOLASI, veterinario, in un’intervista ha dichiarato che la comunità scientifica non ha mai dimostrato che l’assunzione di carne provoca il fenomeno dell’antibioticoresistenza, diversamente da quanto emerso rispetto ai batteri isolati nei macelli. In cosa consiste la differenza tra i due aspetti? «Questi aspetti, proprio nella

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comunità scientifica, sono spesso molto controversi, anche se le ultime notizie giunte dagli USA sembrerebbero confermare invece il nesso dell’assunzione di carne con il fenomeno dell’antibiticoresistenza. Ben diverso è l’aspetto relativo ai batteri isolati nei macelli dopo l’abbattimento degli animali. Problemi davvero molto complessi che coinvolgono anche modalità di controllo con tamponi delle cariche batteriche, asepsi ambientale e perfino, negli ultimi anni, possibili problemi di promiscuità nelle modalità di macellazione, con possibili ricadute non ancora quantificate: il riferimento è alle pratiche islamiche di iugulazione. Insomma, un problema articolato e complesso, anche se ben differenziato». Qual è la percezione del paziente rispetto al problema dell’antibioticoresistenza? «Non mi sembra di cogliere isterismi collettivi rispetto al problema in essere. Il livello di attenzione è sì in incremento, ma ben lontano da quello dedicato, per esempio, negli ultimi mesi, alle vaccinazioni». Ritiene che esista un’informazione distorta o non propriamente corretta riguardo il tema dell’antibioticoresistenza nell’uomo? «Diciamo che, come auspica l’AIFA, è necessario formalizzare una campagna informativa capillare e alla portata di tutti. Non usare antibiotici nel caso di patologie ad eziogenesi virale, per le quali, tra l’altro, l’uso di vaccini appropriati sarebbe di grande utilità anche per scongiurare l’utilizzo di antibiotici per la cura di complicanze batteriche. Ma anche la sensibilizzazione ad una corretta posologia giornaliera e per tutto il tempo della prescrizione. Questo aspetto rientra nell’inderogabile necessità di immaginare una vera e propria istruzione del consumatore, e non mi riferisco solo all’assunzione corretta di farmaci, ma anche, ad esempio, alla conservazione e all’uso degli alimenti acquistati nelle catene di grande distribuzione, proprio a partire da carne e pesce». www.giornatadellasuinicoltura.it


FIERE

Parigi val sempre un SIAL Appuntamento biennale imperdibile per tutti gli operatori del settore, il Salone Internazionale dell’Alimentazione è luogo d’ispirazione e incontro dell’industria agroalimentare mondiale. Un evento che, anche per questa ultima edizione, e rubando le parole ai suoi organizzatori, si conferma “il luogo dove viene presentata l’alimentazione di oggi e si inventa quella di domani”

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icono che le certezze diano sicurezza. Ecco, il SIAL–Salone Internazionale dell’Alimentazione, che ogni due anni puntuale prende forma a Paris-Nord Villepinte, ha ancora una volta dimostrato la forza di grande salone dell’universo food

a livello mondiale, confermandosi un punto di riferimento per gli operatori dell’agroalimentare. Dal 16 al 20 ottobre, presso il Parc des Expositions, l’edizione 2016 di SIAL ha comprovato la leadership e la vocazione internazionale del salone sui mercati dei prodotti

alimentari e della ristorazione. Una fiera che è stata al contempo il riflesso di una competitività delle industrie basata sull’innovazione e promotrice di incontri per gli attori di un settore economico che ha lo sguardo rivolto verso il 2050. SIAL Paris ha così compiuto

L’edizione 2016 di SIAL, tenutasi dal 16 al 20 ottobre scorso presso il Parc des Exposition di Paris-Nord Villepinte, ha comprovato la leadership e la vocazione internazionale del salone tra le fiere di settore a livello mondiale. Il SIAL rappresenta infatti il primo network mondiale di saloni con una copertura geografica ineguagliabile: Europa (Parigi), Nord America (Montreal e Toronto), Sudamerica (San Paolo), Medio Oriente (Abu Dhabi) e Asia (Shanghai).

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SICUREZZA ALIMENTARE

EFFICIENZA OPERATIVA

‘ ESTENSIONE DELLA‘ SHELF LIFE

‘ BRAND BUILDING

IDEALE PER PROTEGGERE LE CARNI, IL POLLAME, IL PESCE … E I PROFITTI. Il produttore sa che l’elemento chiave per un miglior profitto è l’Efficienza Operativa. Questo è il motivo per cui Sealed Air continua a offrire innovazioni rivoluzionarie per aumentare i profitti, come Cryovac® Darfresh® On Tray confezionamento skin. Questa novità permette di aumentare la produzione fino al 45%, risparmiando il 40% di film a confezione. Il maggiore vantaggio è che questa soluzione di packaging funziona con un sistema di carico pre-esistente. Guardate come può fornire risultati misurabili per voi. Per saperne di più: sealedair.com/darfreshontray

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1) Lo stand dell’ente britannico non governativo AHDB Beef & Lamb, nato per sostenere l’industria agroalimentare inglese delle carni. 2) Lo stand di Bord Bia, l’ente per la promozione dei prodotti alimentari, delle bevande e dell’orticoltura irlandesi. 3) Carne di qualità dalla Germania con la Westfleisch di Münster, Nordrhein-Westfalen. 4) Presente anche l’ente per la promozione della carne ovina e bovina scozzese.

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In alto: Luigi Scordamaglia, AD di Inalca, con Luigi e Serafino Cremonini. In basso: molto affollato lo spazio espositivo di Inalca, del Gruppo Cremonini, che tra le novità presentate agli operatori internazionali ha portato il “Progetto Mucca Green”, per illustrare la sostenibilità della filiera italiana delle carni bovine dell’azienda.

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In alto: nello stand di Era Food, Arnaud David, Roberto Veschi, Greg Guillot, Enzo Fatiga e Alessandro Donalisio. L’azienda, nata nel 2006, collabora con le due società Vanlommel, dal Belgio, e Fribin, dalla Spagna, e ne è rappresentante esclusiva per il mercato italiano. In basso: Giuseppe e Christian Rocchi della Tönnies Fleisch Italia.

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In alto: Moreno Pistolato, Jean Louis, Floridis Labis e Stefano Tonazzo. In basso: a sinistra, Costantino Costa, Danish Crown Beef Division Italy. A destra: nello stand della polacca Biernacki, Romina Bracchi, Andrea Costa, Przemystaw Obacz, Giuseppe Bracchi e la signora Josette. la sua missione di integrazione per misurarsi con le problematiche di oggi e affrontare le sfide alimentari di domani. I numeri dell’edizione 2016 Oltre 7.000 espositori — di cui l’85% internazionali — nel corso delle cinque giornate di fiera han-

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no attratto circa 155.000 visitatori e centinaia di buyer e responsabili provenienti da tutti i Paesi e da tutte le filiere. Oltre a 120 visite ufficiali internazionali e 250 eventi nell’evento al centro dell’attualità alimentare, economica, politica, hanno caratterizzato SIAL Paris nella sua dimensione strategica. Sono

state 2.189 le innovazioni candidate ai Gran Premi SIAL Innovazione e 15 quelli assegnati. Una quantità e una partecipazione che confermano SIAL come catalizzatore degli scambi economici mondiali. Volendo fare un bilancio dell’evento, sottolineiamo l’impegno dei marchi francesi per crescere

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Ad ogni edizione il SIAL accoglie sempre più aziende innovative provenienti dai 4 angoli del pianeta. Nel 2016 erano quasi 7.000, dal momento che l’industria del settore cavalca l’onda di una formidabile espansione a livello globale, a sua volta trascinata dalla demografia mondiale e dall’aumento dell’urbanizzazione. Con un futuro prossimo di 9-10 miliardi di abitanti e altrettante bocche da sfamare, le prospettive di crescita della domanda costituiscono la vera sfida per agroalimentare e distribuzione

In alto: nello stand di Alcar Uno, Lorenzo Levoni con alcuni collaboratori. In basso: Fabrizio Pavesi ed Erika Untersteiner di Dawn Meats con il CEO dell’azienda Niall Browne.

L’attenzione rivolta all’ambiente è di tipo olistico, riguarda anche il benessere animale, con il 77% dei consumatori che dichiara importante il fatto di acquistare prodotti alimentari più attenti al benessere animale, in particolare nei Paesi europei (fra l’81 e l’87% d’importanza)

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a livello internazionale, con proposte innovative e intelligenti che vogliono diventare competitive a livello di export. Un segnale di ripresa rassicurante per il futuro. «Il profilo dei nostri visitatori nazionali e internazionali è all’altezza della qualità della nostra offerta. Siamo davvero fieri che tutti i partecipanti a SIAL Paris 2016, espositori e visitatori, abbiano, ancora una volta, contribuito a trasformare queste salone in un evento leader a livello internazionale sui mercati trasversali dell’agroalimentare, un settore davvero strategico» ha dichiarato con soddisfazione NICOLAS TRENTESAUX, direttore SIAL Network.

Innovazione, business e commercio internazionale Fedele al suo slogan look deeper e per celebrare la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, SIAL ha trasformato Parigi nella capitale dell’universo alimentare e dell’innovazione mondiale, organizzando al Quai d’Orsay la conferenza dal titolo “Alimentazione sostenibile e innovazione, la sfida del XXI secolo”. Un’innovazione che indubbiamente inaugura una nuova era e si colloca fra le tendenze sostenibili del consumo. Sotto la guida del Fancy Food Show, di XTC world innovation, Kantar TNS e degli altri 28 partner World Tour, SIAL Innovation ha

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A sinistra: Teunis Boer, AD della T. Boer & zn, ha presentato al SIAL i nuovi prodotti convenience a marchio JAN, tra i quali l’hamburger di vitello e la carne di vitello macinata. A destra: Tonino Marfisi con Philippe Brouleau, responsabile export della francese Bigard. indiscutibilmente consolidato la legittimità e la competenza di SIAL in fatto di prospettive e lungimiranza. SIAL è stato anche luogo di business efficace, al contempo laboratorio e osservatorio dell’offerta e della domanda in fatto di innovazioni agroalimentari, tendenze e oppor-

tunità. In linea con le grandi sfide del mercato e la valorizzazione del dinamismo dell’industria agroalimentare a livello internazionale, SIAL Paris ha anche giocato un ruolo di primo piano nel portare riflessioni da parte esponenti del governo, ministri e personalità

politiche e del mondo scientifico, venuti al salone in visita ufficiale, aprendo così il dibattito in merito a tematiche fondamentali sul futuro del settore in Francia e nel mondo. Ispirazione live Situato al centro del salone, lo studio

Bovillage, la marca collettiva della carne bovina francese al SIAL Bovillage era presente al SIAL di Parigi presso lo stand collettivo dedicato alla filiera bovina francese sotto l’insegna comune di INTERBEV (Associazione interprofessionale francese del bestiame e delle carni). Filiera che intende avvicinarsi sempre più agli operatori dei tre mercati europei chiave, fornendo informazioni sui marchi specifici della carne bovina francese per nazione: da Charoluxe e Gourmet Naturel in Germania a Bovillage in Italia e Grecia. Le aziende francesi esportatrici (Elivia, Puigrenier, Sicavyl, SVA Jean Rozé, Les viandes Bio) erano presenti con stand privati. Al salone si è parlato di una filiera orientata verso l’export di bovini vivi e di carne bovina (perimetro del Mediterraneo, Vicino e Medio Oriente, Asia) che sappia al contempo rinnovarsi e adattarsi alle nuove e varie esigenze di consumo. >> Link: www.bovillage.eu

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JAN: il nuovo marchio convenience del VanDrie Group Il consumatore di oggi richiede prodotti buoni, salutari, che abbiamo una preparazione veloce e, al contempo, soddisfino il palato e il desiderio di mangiare qualcosa di qualità. Con JAN il VanDrie Group ha voluto rispondere a queste esigenze. «Ci siamo accorti che i consumatori mangiano meno carne e, nello stesso tempo, sono più critici. Cercano prodotti che si adattino ad una dieta sana e varia e che siano facili da preparare. Con l’introduzione del nostro marchio “convenience”, intendiamo rispondere a queste esigenze» ci ha detto Henny Swinkels, Director Corporate Affairs VanDrie Group. «Accanto ai nostri prodotti più tradizionali, con JAN soddisfiamo la domanda di oggi, del nostro tempo». I prodotti a marchio JAN sono realizzati a partire da tagli di carne di alta qualità, come spalla e collo per gli hamburger di vitello, per i quali si è voluto ridurre volutamente il contenuto di sale. Inoltre, tramite il codice QR, il consumatore può acquisire ulteriori informazioni su JAN. Il marchio viene commercializzato in tutto il mondo. «Si tratta di una sfida incredibile per VanDrie Group» ha sottolineato Swinkels. «Vogliamo far conoscere ai consumatori di tutto il mondo la nostra carne di vitello di qualità, prodotta in maniera responsabile e rispettosa del benessere degli animali. Comodità e qualità, questo è quello che ogni giorno forniamo con i prodotti a marchio JAN».

L’origine del marchio Jan è un nome tradizionale olandese. Jan rappresenta anche la storia di famiglia del VanDrie Group. Infatti, è stato proprio Jan van Drie senior che ha scritto la storia dell’allevamento moderno di questi animali in Olanda, facendo sì che oggi tutti possano apprezzare una carne di vitello altamente saporita e della migliore qualità. Ecco quindi quello che il nuovo marchio racchiude in sé: la selezione accurata dei vitelli, l’attenzione per il loro benessere e la fase di crescita; il nutrimento con i migliori mangimi disponibili. Perché una buona alimentazione accrescono il sapore alla carne. Per questo JAN produce personalmente il mangime per i suoi vitelli e ne cura la lavorazione fino alla realizzazione del prodotto finale, garantendo in ogni fase la sicurezza alimentare. >> Link: www.janfood.com www.vandriegroup.it

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1) Nello stand della spagnola Fribin, Elena Arribas, Paloma Rodrigo, Jesus Gomez, Josep Rosanas e Luis Balgaria 2) Giuseppe Marchese, Marchese Group, e Eleonora Guo. 3) Lo stand di VanDrie Group. 4) Andrea Conticelli con lo staff dell’azienda spagnola Marcial. 5) Molto bello lo spazio di Interporc Spagna, l’organizzazione interprofessionale agroalimentare del suino dal manto bianco.

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Veal good: è lo slogan prescelto da Vanlommel, gruppo belga a conduzione familiare, produce carne di vitello su misura per il mercato globale. Da sinistra: Paul Koeck, Melanie Vanlommel, Bert Aerts, Leonie Vanlommel, Anna Boeve, Johan Heylen, Jan Vanlommel, Enzo Fatiga e Greg Guillot.

Ripensare gli imballaggi in modo intelligente ed ecologico, per evitare impatti negativi sull’ambiente. Una tendenza in crescita, possibile limitando eil sovraimballaggio, che viene sempre gettato

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televisivo SIAL TV ha accolto e seguito i protagonisti dell’universo food. Interviste, tavole rotonde, dibattiti, conferenze hanno scandito il ritmo dei cinque giorni del salone, ogni giorno sotto lo sguardo di centinaia di spettatori. Nei padiglioni, 250 eventi hanno puntato i riflettori sulle tematiche economiche, cercando di fornire delle risposte alle sfide alimentari. La Cuisine ha celebrato la competenza di chef internazionali sotto la guida di Joël Robuchon.

Una piramide di champagne e gare di cocktail hanno tenuto a battesimo il nuovo padiglione dedicato alle bevande. Barbecue e dimostrazioni hanno messo in primo piano le specialità gastronomiche dell’America Latina nel padiglione 8. SIAL Paris dà appuntamento al mondo del food dal 21 al 25 ottobre 2018. >> Link: www.sialparis.com www.sial-network.com

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Il piacere è la più grande dimensione dell’alimentazione a prescindere da luoghi, epoche e generazioni. Che si tratti di soddisfazione, comfort o estetica, il consumatore è sempre ghiotto di piccoli piaceri che, in un contesto economico ancora alquanto difficile, gli rendano la vita più facile e piacevole. Oggi ciò che è buono deve essere anche bello e i produttori cavalcano questa esigenza dando sempre più importanza al design nella realizzazione dei prodotti

Il SIAL è un invito a guardare più lontano: reinventarsi, comprendere al meglio e anticipare i bisogni dei consumatori, uscire dal proprio angolo di mondo per andare incontro a braccia aperte a questo universo food che affascina per il posto che occupa sia nella quotidianità del singolo consumatore sia nel mondo

In alto: Riccardo e Erminio Giraudi dell’omonimo gruppo monegasco. In basso: al SIAL presentata la nuova linea di prodotti Vitelco a marchio Vitelpro.

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Il Gruppo Giraudi presenta la cecina di Kobe, della linea Kobe Kreations, il salume più esclusivo del mondo! Il Gruppo monegasco Giraudi Meats, guidato da Riccardo Giraudi, che ha preso il testimone dell’attività di famiglia dal padre Erminio, sul palcoscenico parigino del SIAL ha portato la prestigiosa linea Kobe Kreations, un brand che offre una linea di prodotti di street food a base di carne di manzo Kobe giapponese, di cui Giraudi è diventato il primo importatore in Europa certificato dall’associazione ufficiale allevatori. Lusso riservato a pochi eletti, il manzo di Kobe ha ricevuto la concessione all’esportazione fuori dai confini giapponesi soltanto nel 2012 e Giraudi la distribuisce dal 2014. In Giappone questi capi vengono macellati all’età di 30-32 mesi e la carne che ne deriva davvero non ha paragoni. «Qui non parliamo più di carne, ma di leggenda» ha detto Riccardo Giraudi agli ospiti e ai visitatori che hanno ammirato le Kobe Kreations allo stand del Gruppo. «Dopo due anni di prove e ricerche fatte con il nostro executive chef Thierry Paludetto, abbiamo creato un range di prodotti destinati a chef e ristoratori: i barbajuans da Monaco, i tortelli italiani, i mini burgers, il döner kebab e, ultima ma non ultima, la cecina, il salume più costoso al mondo» ci ha spiegato Riccardo nel mostrarci la teca che contiene questo salume da tagliare rigorosamente a mano e da assaporare con un calice di buon vino in assoluta meditazione! Venduta al prezzo di 400 €/kg, la cecina di Kobe è in assoluto il salume più pregiato e di nicchia sul mercato mondiale, senza eguali per sapore e aromi. Quest’anno Giraudi ha festeggiato i primi 50 anni di successi. La prima attività di Giraudi, nel 1960, fu l’importazione in Italia di carne di vitello olandese. La Giraudi International SAM ha poi proseguito e sviluppato questa attività su più fronti, attraverso Giraudi Traditional Meats (sales agents & traders) e Giraudi Exclusive Meats (importers, exporter, distributors). Giraudi è specializzata nell’acquisto, vendita e commercializzazione di carni refrigerate e congelate provenienti da tutto il mondo. Questa esperienza ha fatto diventare il Gruppo il più grande importatore di carne bovina senza ormoni di razza Black Angus dagli Stati Uniti. Giraudi Meats è oggi uno dei maggiori operatori del settore dell’importazione di carne con oltre 90.000 tonnellate di prodotti venduti alle aziende più prestigiose ogni anno. Giraudi Creative Meats produce prodotti a base di carne innovativi come i Gourmet Boutique Burgers e Smiley Meals. >> Link: www.giraudi-meats.com

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App, geo-localizzazione, match-making, percorsi tematici, programmi, guide e repertorio SIAL Innovation, spazio business, aree relax connesse, servizio di conciergerie, SIAL Shop, servizio di navette all’interno del parco. Per l’edizione 2016 SIAL Paris ha moltiplicato gli strumenti e i servizi per ottimizzare le visite e il comfort all’interno del salone. Gli operatori del settore hanno così potuto essere guidati direttamente all’offerta che li riguarda e alle aree di maggiore interesse

«Siamo estremamente fieri che tutti i partecipanti a SIAL Paris 2016, espositori e visitatori, abbiano, ancora una volta, contribuito a trasformare il salone in un “faro guida” sui mercati trasversali di un settore strategico come quello agroalimentare» ha dichiarato Nicolas Trentesaux, direttore SIAL Network

In alto: nello stand di Vitelco, Salvo Nirta, account manager Italia, Rick Houtepen, junior account manager Italia, Edoardo Massironi, referente Italia del Gruppo, e Wilfried Fleuren, responsabile dell’ufficio vendite della società olandese. In basso: Francesco, Roberto, Piero e Marcello Pini.

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1) Allo stand Lornoy del Gruppo Sopraco, con sede a Geel, Belgio, Willy Oeyen con i figli Maxim e Caroline e Tim Neyrinck. Lornoy è sinonimo di produzione di vitello di alta qualità, sia fresca che congelata per spedizioni all’interno e all’esterno dell’Europa. 2) Lo stand di Abp Food Group, bovino e agnello irlandese. 3) Dalla Polonia, Biernacki. 4) 2 Sisters Food Group di Birmingham. 5) Il Belgian Meat Office.

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Il futuro del meccano alimentare si chiama Cibus Tec L’edizione 2016 della fiera, la 51a, conferma e supera il successo annunciato. Più espositori e più visitatori. I buyer stranieri sono stati oltre 3.000 grazie all’accordo con KölnMesse, il cui CEO, Thomas Rosolia, dichiara: «ora porteremo il brand Cibus Tec in giro per il mondo»

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er la saggezza popolare “la vita” comincia a quarant’anni. Dopo questa edizione di Cibus Tec, svoltasi dal 25 al 28 ottobre scorsi e talmente straordinaria nei numeri da aver messo “tutti” d’accordo — espositori, organizzatori, visitatori… — supe-

rati i cinquanta probabilmente sarà ancora meglio. Il salone numero 51 dedicato alle tecnologie firmato per la prima volta da Köln Parma Exhibitions (KPE), infatti, ha davvero fatto il botto, confermando appieno il successo annunciato. Anzi, superandolo: 1.200 espositori (+30%), 35.000

operatori e, soprattutto, 3.000 top buyer provenienti da 75 Paesi e 5 continenti. «L’Italia è il luogo dove si fa industria e innovazione con l’eccellenza dei prodotti alimentari, una delle ragioni per cui Koelnmesse ha scelto Parma come partner» ha dichiarato ANTONIO CELLIE, AD

Cibus Tec 2016 è andata oltre le più rosee aspettative: ha fatto registrare, infatti, numerosi visitatori “qualificati” e gli espositori hanno potuto finalmente incontrare clienti interessati e concludere affari. Per tutti si è trattato di un vero successo. All’inaugurazione della fiera, Giandomenico Auricchio, presidente di Fiere di Parma, Gerald Böse, presidente di Koelnmesse, Antonio Cellie, AD di Fiere di Parma, e Thomas Rosolia, CEO di Koelnmesse Italia.

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il guanto che non lascia la presa.

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EasyGrip™ permette un utilizzo di forza muscolare pari a circa la metà rispetto all’uso di un guanto normale. EasyGrip™ grazie alle sue placchette antiscivolo permette di afferrare saldamente e con meno sforzo ogni tipo di carne. EasyGrip™ è stato ideato dai tecnici degli stabilimenti Amadori, dove viene utilizzato con successo.

EasyGrip™ è un sistema brevettato IntPat.

EasyGrip™ è una soluzione efficace che può portare miglioramenti concreti e tangibili per i lavoratori del settore della trasformazione alimentare.

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1) CSB-System e le sue soluzioni di Information Technology a Parma con Andreas Muehlberger, Roberta D’Alconzo e Guido Girardelli. 2) Walter Saccardo della Saccardo Arturo Figli Srl di Thiene (VI), produzione di macchine per il confezionamento sottovuoto. 3) La Linea Flesh di Arzignano (VI) ha presentato a Parma la linea di carrelli porta-rifiuti in acciaio. Allo stand, Giulia Pagani con Davide Dalla Valeria. 4) Alessandro Nostrini, responsabile commerciale, e Silvia Grandi, responsabile ufficio acquisti di Master Servizi, cooperativa modenese di servizi specializzata nella sanificazione delle industrie di lavorazione e trasformazione carni. 5) La CMP Srl di Saluzzo (CN) ha presentato in fiera il suo nuovo bancale in plastica capace di superare i limiti, gli svantaggi e la rigidità dei pallet attualmente disponibili sul mercato. 6) Enzo Zanoli allo stand di Pulsar Industry, dinamica azienda modenese che vanta 25 anni di presenza nel mercato dell’automazione e dell’informatica rivolte principalmente all’industria alimentare. di Fiere di Parma. «Cibus Tec è la più antica fiera meccano alimentare d’Italia e una delle più antiche d’Europa. Passo dopo passo cresciamo e ci specializziamo. In questi anni in

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Fiere di Parma abbiamo costruito un centro di competenza altamente specializzato, composto da un gruppo di giovani motivatissimi, che collabora con i protagonisti

italiani del settore. Questo nucleo di esperienze e competenze si sta integrando rapidamente con il network mondiale di Fiere di Colonia mettendo a disposizione

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1) Luigi Bertozzi di Bertozzi 1974 di Collecchio (PR). 2) La Borin Srl in fiera con i suoi prodotti studiati e progettati per la pulizia e l’igienizzazione degli ambienti di lavoro. 3) La Mombrini di Caravaggio (BG), pavimenti e rivestimenti per l’industria alimentare. 4) La Testo Spa di Settimo Milanese (MI). 5) La Cavalli Meat Processing Machinery Srl di Felino (PR) in fiera con l’offerta della sua vasta gamma di macchine ed impianti per la lavorazione della carne e dei salumi. 6) Marco Masetti della modenese Officina Masetti Srl, fondata nel 1911, che dal 1958 è specializzata nella fabbricazione di transpallet. dei nostri espositori opportunità uniche al mondo anche grazie alla relazione privilegiata che i nostri saloni hanno con l’industria alimentare attraverso Cibus ed Anuga». «Questa edizione di Cibus Tec è stata straordinaria e in futuro l’obiettivo è fare crescere sempre di

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più la fiera a livello internazionale» puntualizza THOMAS ROSOLIA, CEO di Kölnmesse Italia. «Sulle tecnologie alimentari le aziende italiane sono all’avanguardia, motivo per cui cerchiamo di offrire piattaforme internazionali adatte a promuovere i loro prodotti. Per vincere le sfide

nei Paesi emergenti noi puntiamo sul made in Italy. Dopo Parma ci attende ProFoodtec a Chicago ad aprile, cui seguiranno altri progetti in Sud America e India». Guai a fermarsi ora! >> Link: www.cibustec.it

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1) Andrea, Franco e Silvio Lazzari della Lazzari Equipment & Packaging di Settimo di Pescantina (VR). 2) Risco, azienda di riferimento per la fornitura di sistemi completi per la lavorazione e trasformazione della carne, ha presentato a Cibus Tec il sistema composto da insaccatrice Risco + AT 200 per la produzione di hamburger “gourmet�, polpette ed altri prodotti formati, in modo automatico e con elevate prestazioni. 3) Davide Bertoli e Fabrizio Foroni di Jarvis Italia, Suzzara (MN). 4) Cristina Vaccari, Elisa Trimarchi, Stefano Sirotti e Fabio Bulgarelli della FB Engineering di Carpi (MO).

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Meat Day a Cibus Tec

Col confezionamento “skin” meat is better! di Gaia Borghi

S

e il ministro dello Sviluppo economico CARLO CALENDA, alla presentazione del pacchetto del Governo Industria 4.0, ha dichiarato che “la strada della competitività passa dagli investimenti in innovazione”, per gli espositori di Cibus Tec questo messaggio era chiarissimo già da molto, molto tempo. Solo così si spiegano infatti, al di là di ogni messaggio o invito della politica, le oltre 600 novità di prodotto presentate alla manifestazione ad alta specializzazione di

Fiere di Parma e Koelnmesse dedicata alle tecnologie delle maggiori e più importanti filiere alimentari. Un settore, quello del food processing &packaging, oggi più che mai riconosciuto come tra i più dinamici del made in Italy, che a Parma ha trovato i giusti interlocutori a livello mondiale, anche grazie ad un’organizzazione fieristica (la prima come Koeln Parma Exhibitions) davvero ineccepibile. Tra le altre offerte, come nelle precedenti edizioni, Cibus Tec per i suoi visitatori ha

pensato però anche a 12 workshop di altissimo livello, sia per i personaggi chiamati ad intervenire che per i contenuti affrontati, tematiche di grande attualità specifiche per le varie aree di interesse della fiera. Venerdì 28 ottobre è stata la volta della carne: al Meat Day, organizzato insieme ad ASSOCARNI e SEALED AIR, si è parlato di confezionamento “skin”, delle possibilità che questa tipologia di imballaggio offre alle aziende che decidono di sceglierlo per i propri prodotti e, in particolare, dei nume-

Confezionamento di carne fresca bovina con Darfresh® on Tray di Cryovac. Cryovac, divisione food packaging di Sealed Air, è tra i leader mondiali nei sistemi di confezionamento per l’industria alimentare.

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rosi vantaggi, evidenza che si traduce oggi in un interesse sempre crescente riscontrabile sul mercato italiano e su quelli europei. Ad aprire i lavori del convegno, svoltosi presso la sala del centro congressi, ELENA MASSIRONI, consigliere ASSOCARNI, affiancata nel moderare gli interventi dei relatori da FRANÇOIS TOMEI, direttore dell’Associazione Nazionale Industria e Commercio Carni e Bestiame. Il confezionamento in skin delle carni: una leva competitiva nel mercato retail Per GIOVANNI SORLINI, responsabile ambiente, qualità e sicurezza INALCA, negli ultimi anni il settore carneo ha subito alcuni sostanziali cambiamenti, tra i quali: • la riduzione del peso del tradizionale banco macelleria nel punto vendita a favore dell’aumento dell’offerta a scaffale di prodotti freschi (con relativa redistribuzione tra freschi e freschissimi); • la forte crescita all’interno della GDO delle private label, oggi vere e proprie marche; • i cambiamenti negli stili di consumo e preparazione domestica degli alimenti («per gli Americani è scomparso il concetto di “pranzo” ma si cerca ancora il “valore aggiunto” dell’alimento nel contesto gastronomico, ovvero prodotti pronti più complessi nella preparazione»); • la competizione con forme alternative di distribuzione («si pensi alla crescita dell’e-commerce»); • la volontà di “far parlare” di più il prodotto. «Il confezionamento in skin supporta in toto queste nuove trasformazioni» sottolinea Sorlini «a partire da una maggior protezione del prodotto durante la catena del freddo fino all’apertura di infinite possibilità nell’ambito della comunicazione col consumatore ai sensi del Regolamento CE 1169/2011 (informazioni nutrizionali, supporto a claim commerciali, loghi di certificazione, ecc…, NdR). Penso ad esempio al Super Burger di bovino e di suino a marchio MONTANA. Abbiamo scelto lo skin per questo prodotto perché, oltre allungarne i

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tempi di conservazione, è una confezione innovativa, completamente riciclabile e, soprattutto, ci consente di raccontare all’acquirente le nostre motivazioni — e, quindi, anche la filosofia dell’azienda, il territorio da cui proviene — direttamente, con una grafica semplice e colorata, immediata. In questo caso mi viene in mente anche la dichiarazione ambientale di prodotto dell’Hamburger MONTANA». Per passare poi agli aspetti relativi alla sicurezza dell’alimento, «tramite lo skin anche il consumatore finale può beneficiare di una tecnica di confezionamento sicura, prima riservata solo al circuito B2B» prosegue Sorlini. Una tecnica che “regala” al prodotto tanti vantaggi: • prima di tutto un allungamento della shelf-life («15-18 giorni almeno: e qui si apre un mondo!» afferma Sorlini); • un ambiente anaerobio protettivo, con la presenza di flore lattiche in grado di contrastare processi di decomposizione di tipo chimico e microbiologico e la crescita di batteri patogeni di tipo aerobio. «La selezione lattica delle flore, inoltre, conserva la naturale fragranza della carne» prosegue il responsabile ambiente, qualità e sicurezza di Inalca «e, elemento da non sottovalutare, sui tagli muscolari vengono mantenuti i naturali processi di frollatura». Tendenze e ragioni del forte sviluppo dello skin packaging in Europa Il convegno è proseguito con l’intervento di DIDIER MARTEAU, direttore Fresh Red Meat Market Europa, Medio Oriente e Africa di Sealed Air, leader a livello mondiale nella produzione di materiali e sistemi per la protezione, la presentazione e l’imballaggio. La tecnologia Darfresh® è la proposta di Sealed Air per il confezionamento in skin. «Sealed Air sta investendo moltissimo nella conoscenza del mercato che, è sotto gli occhi di tutti, cambia con grande velocità, oltre ad indagare con analisi il più possibile precise e puntuali i bisogni, le nuove ne-

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cessità del consumatore» afferma Marteau. Dalle ricerche effettuate, in particolare sul mercato americano, sono emerse cinque principali richieste da parte del consumatore che si prepara all’acquisto di generi alimentari: la garanzia di freschezza dell’alimento, la capacità di stoccaggio nel frigorifero domestico (contenitori non troppo “invadenti”), la facilità di trasporto dal punto d’acquisto a casa, l’apertura facilitata e il concetto di sostenibilità in senso lato, compresa la preoccupazione crescente per ridurre al minimo lo spreco di cibo. «Lo skin può essere la soluzione per rispondere a tante richieste del consumatore finale» sostiene DIDIER MARTEAU «ma, ancor prima, a quelle del retailer». Oltre alla maggiore shelf-life già citata da Giovanni Sorlini — e che resta il minimo comun denominatore delle richieste dei vari attori sul mercato —, alla maggior qualità e sapore della carne legata alla frollatura («lo skin favorisce la maturazione della carne e per gli operatori di Tesco, gruppo di distribuzione britannico attivo a livello internazionale, ad esempio, racconta Marteau, «è stato necessario educare i consumatori sul colore e l’odore che ha la carne

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al momento dell’apertura della confezione in skin, entrambi molto diversi rispetto ad altri tipi di imballaggio»), grazie allo skin il prodotto si vede meglio, resta più spazio sullo scaffale («e consente di ripensare addirittura allo scaffale stesso optando per un display apposito per un imballaggio verticale»), non ci sono contaminazioni grazie all’integrità dell’imballo, si riduce lo spreco di carne all’interno della confezione… Tutti questi vantaggi sembrano essere stati recepiti nei vari Paesi europei, tanto che l’espansione di questo tipo di confezionamento si sta allargando velocemente. «La sfida che adesso ci interessa vincere è quella relativa all’e-commerce, la cui crescita è trainata da Paesi come Olanda, Germania e Inghilterra» puntualizza Marteau. «Amazon, colosso in questo campo, sta facendo notevoli investimenti sull’alimentare e in particolare sulla carne. Lo skin può essere un “partner” fondamentale per accelerare il percorso di conquista di questa area del mercato da parte dei web store». Innovazione e sfide future: Coop e lo skin nel settore carni Per MARCO GUERRIERI, responsabile settore carni e ittico di COOP ITALIA,

«la crisi economica degli ultimi 10 anni ha ridimensionato il valore dei consumi, soprattutto alimentari, e cambiato in modo irreversibile le abitudini di acquisto degli Italiani. L’overdose consumistica è finita perché era figlia di un preciso periodo storico. Tuttavia, il consumatore odierno, pur ritenendo prioritari i tradizionali valori di qualità e sicurezza, manifesta nuove esigenze e sensibilità: è entrato nella logica del sostenibile e dell’etico, inteso come nuovi stili di consumo, attenzione per il benessere degli animali, per gli sprechi alimentari, la difesa dell’ambiente, il cosiddetto “salutismo”, ovvero l’attenzione alla propria salute…». Se, infatti, è vero che il consumatore ha ridotto la sua spesa, e non di poco, in termini di volumi, negli ultimi anni sono emerse altre aree di acquisto. «Sono finiti gli anni delle grandi abbuffate e sono iniziati quelli delle “esperienze gastronomiche”» dice Guerrieri. «In questo contesto la Grande Distribuzione, ed in particolare Coop, sta cercando di anticipare le nuove dinamiche di consumo andando a sviluppare nuovi concept di layout e assortimentali per soddisfare un consumatore sempre più evoluto e informato. Expo 2015, ad esempio,

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è stata per Coop l’occasione per lanciare un’esperienza di acquisto innovativa: il Supermercato del Futuro ha permesso di sperimentare e mostrare al mondo le potenzialità date dalle moderne tecnologie sia in termini di modalità di vendita, che di innovazione di prodotto e confezionamento. Le aspettative dei clienti vanno trasformate in azioni da parte della GDO». Oggi l’innovazione viaggia più velocemente di quanto la nostra mente riesca ad adattarsi ad essa. «Il packaging del futuro — fa notare il responsabile settore carni e ittico di Coop Italia — dovrà essere in grado di soddisfare sia le nuove esigenze del consumatore moderno che della Grande Distribuzione, adattandosi a un’offerta sempre più ampia e differenziata e capace di fornire un valore aggiunto al prodotto nel senso di un suo miglior mantenimento, minore ingombro e materiale utilizzato, minori odori nel frigorifero, migliore applicabilità a tutte le prestazioni, migliore adattabilità alla verticalizzazione e al commercio on-line. La tecnologia di confezionamento che secondo Coop si adatta maggiormente a soddisfare le esigenze del nuovo consumatore è proprio

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lo skin, anche se al momento presenta dei limiti nell’applicabilità ad alcune referenze». Al di là di queste restrizioni, altri importanti vantaggi offerti dalla versatilità del confezionamento in skin per Guerrieri sono una miglior presentazione del prodotto («si ha la sensazione quasi di toccarlo»), la possibilità di fornire un maggior numero di informazioni…. Insomma, siamo all’inizio di una modalità completamente nuova di presentare un alimento, grazie alla quale si potrà dar spazio alla creatività, introducendo via via nuove referenze, ristabilendo con il consumatore un rapporto stretto di fidelizzazione con il brand. Lo skin è quindi il futuro? Pare proprio di sì, ma bisognerà fare squadra, come spesso accade o, meglio, dovrebbe accadere. «Per affrontare le sfide future ed essere sempre più vicini alle esigenze del consumatore moderno sarà necessaria una ancora più forte interazione tra industria alimentare, industria dei materiali di confezio namento e Grande Distribuzione per sviluppare ulteriori innovazioni» conclude Marco Guerrieri. Gaia Borghi

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La Marca del Distributore cresce dell’1,8% in Italia Nuovi dati sulle private label in vista di Marca 2017. La 13a edizione del Salone internazionale sulla MDD torna a Bologna a gennaio

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rescono in Italia le private label. Nei primi sette mesi di quest’anno, i prodotti a marca del distributore hanno fatto registrare un aumento delle vendite dell’1,8% a valore e dello 0,9% a volume, facendo salire al 18,6% la loro quota di mercato nel Largo Consumo Confezionato (LCC). È quanto emerge da uno studio realizzato da IRI in vista di Marca 2017, la 13a edizione del grande Salone internazionale sui prodotti a Marca del Distributore (MDD), organizzato da BolognaFiere in collaborazione con ADM, l’associazione delle imprese operanti nella distribuzione moderna nei rapporti con la produzione. Il salone, che è la seconda fiera in Europa e tra le prime a livello mondiale sui prodotti a marchio, si svolgerà nei giorni 18 e 19 gennaio 2017 presso

il Quartiere fieristico di Bologna. La ricerca sulla MDD è stata realizzata per conto dell’Osservatorio Marca-BolognaFiere e presentata in occasione del Seminario Copacker sul tema “Nuovi orizzonti della distribuzione despecializzata” dedicato agli operatori del settore. Secondo i dati di IRI, negli ultimi 12 mesi al luglio scorso, le vendite della MDD nel largo consumo confezionato hanno toccato i 9,7 miliardi di euro, generando un risparmio per i consumatori di 1,7 milioni di euro. La crescita della MDD è stata guidata dai prodotti food, soprattutto fresco e ortofrutta. Da registrare una diminuzione nei settori pet care e bevande. Aumentano gli assortimenti della MDD, che nel luglio scorso hanno raggiunto quota 1.384 prodotti mediamente a scaffale, con crescite significative

Da uno studio realizzato da IRI in vista di Marca 2017, i prodotti MDD hanno generato un risparmio per i consumatori di 1,7 miliardi di euro. In foto, operatori tra gli stand a Marca 2016 (photo © www.marca.bolognafiere.it).

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per i comparti bio (+9,5%) e premium (+11,6%). In pratica, oggi i consumatori cercano la convenienza, ma anche prodotti di qualità: la tendenza è di comprare la fascia dell’alto di gamma, dunque la marca industriale promozionata o la marca commerciale garantita. È partita l’organizzazione di Marca 2017 «È una fiera che sta crescendo molto bene, in un mercato che è ancora in crescita, seppure non in una maniera così esplosiva come qualche anno fa», ha dichiarato MARCO MOMOLI, direttore commerciale Italia di BolognaFiere. «La manifestazione si è ormai affermata e, nella prossima edizione, avremo tre nuovi padiglioni che saranno molto più grandi rispetto all’edizione del gennaio scorso. Marca si conferma perciò un punto di riferimento per il mercato italiano e anche per molti operatori internazionali». Nell’edizione 2016, Marca ha fatto registrare 7.546 visitatori professionali (dato certificato da ISF Cert ISO 25639), con un incremento del +26% rispetto al 2015. Aumentato anche il numero delle grandi insegne (21, rispetto alle 17 del 2015), delle aziende espositrici copaker (555 in totale, +15,4%) e della superficie espositiva (+12,6%). >> Link: www.marca.bolognafiere.it

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Produzione smart di carne avicola Gestione ottimale dei processi con il CSB-System, ERP modulare e integrato. Dall’allevamento al consumatore, dalla decisione del management all’esecuzione sulla macchina

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l settore avicolo rappresenta il principale comparto della zootecnia italiana ed è un’attività trainante per l’economia italiana. La crescente importanza del mercato delle carni bianche, grazie ai suoi aspetti salutistici, ha evidenziato tra gli operatori del settore la necessità di realizzare investimenti importanti per fronteggiare non solo l’aumentata richiesta da parte del consumatore ma soprattutto di garantire a quest’ultimo della qualità e sicurezza del prodotto finale, nel rispetto delle sempre più severe norme igienico-sanitarie. Quindi la sfida è continuare a fornire un prodotto di qualità elevata, sano, nutriente, magro e al tempo stesso gustoso, salvaguardando il benessere animale e senza incidere sui margini di guadagno già esigui del settore. Uno strumento efficace a disposizione degli operatori avicoli è rappresentato dal software ERP completo CSB-System che collega in modo ottimale le singole aree aziendali e garantisce una gestione ottimale dei processi produttivi: in orizzontale, in verticale, ampliabile per moduli. Tutto questo attraverso soluzioni semplici, che non vanno a pesare sul lavoro già esistente degli operatori ma che anzi lo semplifichino attraverso l’uso di interfacce grafiche semplici e intuitive: dagli incubatoi alla pianificazione della macellazione, dall’inserimento dati stalla, integrati con i dati stordimento, fino alla produzione, confezionamento, etichettatura, rese più agevoli e veloci grazie all’integrazione di soluzioni CIM (Computer Integrated Manufacturing) per la gestione del magazzino e le stazioni di calibratura.

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Pianificare per massimizzare gli utili Pianificare è molto utile per ottimizzare l’impegno di capitale del magazzino perché grazie all’osservazione delle giacenze di sicurezza, dei punti di riordino, delle giacenze teoriche e massime e della determinazione del momento ottimale per ordinare, si riducono i costi di magazzino e si evitano le perdite di valore della merce. La pianificazione integrata e flessibile del CSB-System tiene conto di tutte le aree dove vengono gestite materie prime e riguarda quindi l’incubatoio, l’allevamento, gli acquisti e la macellazione con calcolo a preventivo del pollame in arrivo e successivo inserimento dei dati della fornitura. Processo di macellazione, sezionamento e 3a e 4a lavorazione Il CSB-System gestisce l’inserimento dei dati stalla, integrati dai dati di stordimento e dai risultati dell’esa-

me veterinario su condizioni sanitarie e qualità del pollame. A disposizione degli utenti vi sono anche strumenti di classificazione e pesatura carcasse. La simulazione preventiva dei risultati della macellazione, grazie alla pianificazione della produzione consentirà di massimizzare le rese al sezionamento e aggiustare in tempo reale la produzione, qualora ci siano variazioni improvvise degli ordini dei clienti. La riduzione dei superamenti del margine di peso nelle confezioni a peso fisso massimizza il profitto. Allo stesso tempo il controllo dell’intero processo, di tutti i parametri qualità e delle relative risorse umane e macchinari, cosiddetta gestione della manutenzione, consente una rapida reazione a colli di bottiglia e casi di guasto. Gestione del magazzino più semplice e precisa con il CIM del CSB-System L’ottimale pianificazione della produzione con rispetto delle giacenze

Incubatoio, inserimento dati stalla, classificazione e pesatura carcasse e produzione.

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zione di tutte le più importanti leggi, direttive e normative. Lo scambio dati con fornitori, clienti e banche di tracciabilità (es. fTrace, mynetfair, ATC) è garantito indipendentemente dall’operatore.

Lavorazione, etichettatura, picking e informazioni al consumatore con il CSB-System. di magazzino e delle spedizioni comporta, a sua volta, una riduzione dei costi ed un incremento nell’affidabilità delle consegne. Il CSB-System dispone di collegamenti flessibili verso tutti i tipi di magazzino: a blocchi, automatici a scaffalature, dinamici e così via. Integrazione e flessibilità significano anche poter contare su una logistica interna efficiente in grado di monitorare l’intero flusso di materiali, inclusi nastri trasportatori e deviatoi. Evasione ordini e spedizione Nel settore avicolo la gestione del “fresco” è una priorità assoluta e se non rispettata, può comportare non solo perdite economiche da parte dell’azienda ma addirittura delle sanzioni ad opera delle autorità preposte. L’integrazione a monte dei diversi processi comporta vantaggi anche nell’organizzazione delle vendite, con la preparazione delle offerte, la gestione assortimento prodotti, l’evasione degli ordini senza supporto cartaceo, la gestione dei listini, dei giri, dei rappresentanti, dei premi di fine anno, etc. fino all’invio automatico delle fatture secondo i tracciati della GDO con relative registrazioni nella contabilità, eliminando doppi inserimenti e ridondanza di dati. La flessibilità elevata del CSB-System, inoltre, grazie all’automazione dei processi d’identificazione ed etichettatura/pesoprezzatura conformi agli standard

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internazionali, consente di stampare etichette personalizzate e multilingua per contenitori, casse/cartoni multi-prodotto o altre unità di spedizione, per soddisfare le esigenze di una clientela vasta ed eterogenea. Integrazione dei partner Il processo EDI integrato, ovvero la comunicazione elettronica con fornitori e clienti attraverso uno scambio dati indipendente da formato e con verifica di plausibilità, evita costi aggiuntivi per il personale o l’impiego di prestatori di servizi esterni. Controllo Qualità trasversale in tutti le aree aziendali La soluzione offerta dal CSB-System integra tutte le aree aziendali e si estende a tutte le funzioni, con rilevamento mobile dati direttamente nel processo. L’organizzazione standardizzata della gestione qualità con integrazione di HACCP, BRC, ISO, IFS, FDA, HALAL, KOSHER e di altri standard garantisce qualità e nuovi canali di vendita; allo stesso tempo la valutazione integrata dei fornitori incrementa la qualità dei prodotti. Trasparenza grazie alla rintracciabilità completa La tracciabilità dei prodotti, “dal campo alla tavola”, sarà assicurata con il modulo specifico che consente di rilevare ed elaborare i dati on-line ed in tempo reale durante lo svolgimento delle attività, in attua-

Gestione prodotti agricoli Vale la pena infine aggiungere che il CSB-System fornisce anche un modulo di Gestione Prodotti Agricoli (GPA) per controllare la filiera dei mangimi utilizzati per nutrire gli animali; se si pensa che la produzione dei mangimi è spesso realizzata da quelle stesse aziende che allevano gli animali e poi possiedono propri macelli e propri laboratori per la trasformazione delle carni, si intuisce il grosso potenziale fornito dal software CSB-System. Gestione affidabile dell’azienda con il CSB-System Il punto di forza del CSB-System sta nel proporre la giusta soluzione al giusto prezzo, sia al piccolo allevatore che all’industria con allevamenti di grandi dimensioni, garantendo tempi di implementazione brevi, grazie a funzionalità specifiche del settore avicolo, già presenti nella versione standard. Obiettivi da raggiungere: maggiore controllo su quello che accade in azienda, individuazione di un responsabile a ogni livello della filiera, sicurezza giuridica e limitazione dei rischi, controllo dei costi, reazioni rapide a casi di guasto, maggiore efficienza dei processi. Per tutto questo e non solo ci si può affidare al CSB-System.

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Lotta all’antibioticoresistenza: i Piani d’azione nazionali ed europeo Continuo dialogo e confronto fra i singoli Stati Membri e la Commissione europea, analisi di dati misurabili e verifiche di quanto messo in atto sono gli strumenti individuati per definire le migliori istruzioni possibili a combattere il fenomeno. Gestione unificata per medicina umana, veterinaria, produzione degli alimenti e monitoraggio dell’ambiente: è l’approccio One Health di Giulia Mauri

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e Conclusioni sull’antibioticoresistenza del Consiglio dell’Unione Europea pubblicate il 17 giugno (comunicazione numero 349 del 2016) riportano i doveri dei singoli Stati Membri della UE e della Commissione. Consistono in un elenco di azioni da intraprendere per riuscire a ottenere una visione quanto più possibile precisa del fenomeno e a operare

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in maniera coordinata ed efficace. La riduzione della diffusione della resistenza agli antibiotici fra i batteri può essere raggiunta affrontando il problema in maniera ampia, riunendo sotto l’unico ombrello dei Piani d’azione nazionali e del Piano d’azione europeo la salute e la sicurezza, sia veterinaria sia umana sia ambientale. Si tratta del cosiddetto approccio One Health.

Dopo aver citato i vari documenti che via via hanno segnato il percorso di presa di coscienza del problema dell’antibioticoresistenza e le iniziative già intraprese, le Conclusioni elencano i doveri che i singoli Stati Membri devono assumersi, i doveri che competono contemporaneamente agli Stati e alla Commissione europea, e infine i doveri della sola Commissione.

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con l’approccio One Health europeo (di cui abbiamo parlato nell’articolo di MAURI G., “Antibioticoresistenza: le nuove mosse europee e internazionali”, in EUROCARNI n. 11/2016, pagina 124). I Paesi devono anche assicurare che le misure e le azioni dei diversi settori produttivi e sanitari vengano programmate e portate avanti tenendo conto degli effetti che avrebbero sulla lotta all’AMR. I ministeri competenti e gli stakeholders privati e pubblici, che per qualsiasi aspetto hanno interessi e potere sulla diffusione dell’AMR, devono essere interpellati al momento della stesura del Piano, da sviluppare e implementare cooperando fra loro. Queste indicazioni mostrano come sia importante che, per essere efficaci e applicabili, i Piani d’azione nazionali debbano essere attentamente adattati alla realtà del Paese.

Cosa devono mettere in atto gli Stati Membri Per poter essere efficace, il Piano d’azione europeo — come anche i Piani nazionali — deve contenere obiettivi definiti con chiarezza in modo quantitativo e/o qualitativo, in modo da essere misurabili. Inoltre, deve contenere misure effettive e precise azioni e procedure. I doveri degli Stati e della Commissione sono

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ben precisamente elencati nelle Conclusioni pubblicate nella primavera 2016. Legiferare in merito all’antibioticoresistenza è di competenza dei singoli Stati, così come il sorvegliare sul rispetto delle norme. Ciascuno Stato deve stilare il proprio Piano entro la metà del 2017. Questo Piano deve essere coerente sia con quanto richiesto nel Piano d’azione planetario del WHO, sia

Obiettivi misurabili Nel Piano vanno riportati obiettivi misurabili relativi: alla riduzione delle infezioni in veterinaria e in umana; alla riduzione dell’utilizzo degli antibiotici in umana e in veterinaria; alla presenza e diffusione della resistenza agli antibiotici da parte dei batteri in qualsiasi settore. Questi obiettivi misurabili devono essere qualitativi e/o quantitativi. Inoltre devono essere costituiti sulla base della situazione reale del Paese. Nel Piano vanno inserite misure che permettano di ridurre il rischio di diffusione dell’AMR e rafforzino l’abitudine all’utilizzo prudente di antibiotici in veterinaria. Questo utilizzo prudente deve essere coerente con le Linee Guida diffuse dalla UE in materia. Ad esempio, deve essere eliminata la pratica di somministrare antibiotico come routine di prevenzione delle infezioni in allevamento. E ancora, deve essere limitato dalle norme l’utilizzo di antibiotici d’importanza critica per la medicina umana in campo veterinario. Lo stesso lavoro di persuasione e di regolamentazione sull’utilizzo prudente degli antibiotici deve essere portato avanti in medicina umana, facendo grande attenzione

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Per combattere la diffusione dell’antibioticoresistenza, ciascun Paese deve promuovere l’utilizzo di strumenti diagnostici rapidi ed efficienti, che permettano di non abusare degli antibiotici, di utilizzarli nei modi e nelle dosi idonei al loro funzionamento e solo nei casi in cui si rivelino necessari ed efficaci. Nel patto commerciale USA-UE denominato TTIP (la cui discussione ormai pare essere stata abbandonata per posizioni inconciliabili delle parti) l’Europa pretendeva che gli USA commercilizzassero solo carni prodotte da animali in cui non era stato fatto uso degli antibiotici come promotori di crescita (photo © rgerhardt@sbb.rs). alla prescrizione degli antibiotici di importanza critica, cui si deve fare ricorso solo in casi ben precisi. Nel Piano va inserito anche il meccanismo di implementazione del Piano stesso e del suo monitoraggio secondo il classico sistema del pianificare, mettere in atto, verificare e agire di conseguenza aggiornando il documento e le misure in esso presenti. Una sorveglianza sempre più accurata Quanto alla sorveglianza della situazione di diffusione dell’antibioticoresistenza nel Paese, questa va man mano rinforzata e la qualità dei dati deve essere sempre più accurata. La sorveglianza deve monitorare l’uso di antibiotici, la resistenza rilevata in umana e in veterinaria, la presenza di batteri resistenti nella catena alimentare e, quando possibile, nell’ambiente. I dati devono essere

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comparabili con quelli raccolti da ECDC, EFSA e EMA perché, se i dati non sono paragonabili fra loro, gran parte del lavoro di analisi a livello sovranazionale diventa impossibile. Una volta stilato il Piano, i Paesi europei devono sottoporre il loro documento alle riunioni dell’EU One Health Network e in queste occasioni discutere delle buone pratiche individuate, delle scelte politiche effettuate e dei sistemi per coordinare al meglio le risposte alla situazione del Paese. Ogni Stato deve stilare e condividere periodici report di aggiornamento della situazione per verificare i progressi raggiunti e implementare il Piano nazionale stesso. Ciascuno Stato deve portare avanti il dialogo con l’industria farmaceutica allo scopo di mantenere efficaci gli antibiotici esistenti e presenti sul mercato, sia per la medicina umana che per quella veterinaria. Inoltre, insieme alle

industrie farmaceutiche, gli Stati devono ricercare eventuali soluzioni alternative che permettano di mantenere gli antibiotici disponibili sul mercato. Naturalmente, i Paesi devono promuovere e facilitare l’implementazione di misure sanitarie e organizzative che prevengano la diffusione delle infezioni fra gli animali, come l’utilizzo dei vaccini e le misure di biosicurezza. In questo modo si riduce la pressione degli agenti infettivi e la necessità di ricorrere agli antibiotici. Le normative europee sul benessere rispondono alla richiesta dei consumatori di un miglioramento delle condizioni di allevamento degli animali, ma anche alla necessità di migliorare le loro condizioni sanitarie. Ciascun Paese deve promuovere la diffusione di strumenti diagnostici rapidi ed efficienti, che permettano di non abusare degli antibiotici, di utilizzarli nei

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I Paesi devono promuovere e facilitare l’implementazione di misure sanitarie e organizzative che prevengano la diffusione delle infezioni fra gli animali, come l’utilizzo dei vaccini e le misure di biosicurezza. In questo modo si riduce la pressione degli agenti infettivi e la necessità di ricorrere agli antibiotici

modi e nelle dosi idonei al loro funzionamento e solo nei casi in cui si rivelino necessari ed efficaci. I Paesi, infine, devono sviluppare programmi di educazione e campagne di sensibilizzazione per innalzare la consapevolezza del rischio nella popolazione dei consumatori, degli allevatori e dei rappresentanti delle professioni che hanno un ruolo nella lotta all’AMR. Cosa devono fare insieme gli Stati e la Commissione europea Pur rispettando le aree di competenza degli Stati, la Commissione e i Paesi Membri devono sviluppare insieme un Piano d’azione europeo contro l’AMR nuovo e ad ampio raggio, basato sull’approccio del One Health. Punto di partenza del nuovo Piano saranno il Piano attuale, i risultati delle discussioni della EU Ministerial One Health Conference on AMR e il Piano globale stilato dal WHO. Anche il nuovo Piano d’azione europeo contro l’AMR

deve riportare indicazioni precise e obiettivi misurabili. Deve riportare istruzioni per prevenire le infezioni e assicurare un utilizzo prudente degli antibiotici in medicina sia umana sia veterinaria. Deve anche riportare indicazioni precise per combattere le pratiche illegali relative al commercio e all’utilizzo di questi farmaci, in tutti i settori della medicina umana e veterinaria. Deve istituire un sistema di monitoraggio della resistenza in medicina umana e in veterinaria, ma anche negli alimenti e nell’ambiente. Il Piano deve avere l’obiettivo di ridurre la diffusione dell’antibioticoresistenza nei settori medico, veterinario e nell’ambiente. Deve riuscire a ridurre le differenze di resistenze esistenti nei diversi Stati allineando i Paesi più critici con quelli con condizioni migliori. A loro volta, i Paesi in cui il problema è meno diffuso devono comunque migliorare ulteriormente la loro condizione perseverando

I settori della ricerca che studiano il fenomeno della diffusione della resistenza agli antibiotici in medicina umana, in veterinaria, nella catena alimentare e nell’ambiente devono riuscire a interagire di più grazie al Piano. Tutti i settori coinvolti e i partecipanti attivi alla questione devono partecipare alle discussioni del EU One Health Network, da quello dei farmaci veterinari a quello dei mangimi medicati (photo © Kybele – Fotolia).

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Eurocarni, 12/16


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Il Piano deve favorire l’adozione di misure sanitarie e gestionali alternative o preventive all’utilizzo degli antibiotici, quindi deve favorire lo strumento della vaccinazione e dei test diagnostici sia in umana che in veterinaria (photo © crepanelmuro.blogspot.it). nell’utilizzo prudente di questi farmaci. Attraverso il Piano si devono rinforzare la cooperazione e il coordinamento fra i vari Stati Membri, come anche fra questi e la Commissione. I settori della ricerca che studiano il fenomeno della diffusione della resistenza agli antibiotici in umana, in veterinaria, nella catena alimentare e nell’ambiente devono riuscire a interagire di più grazie al Piano. Tutti i settori coinvolti e i partecipanti attivi alla questione devono partecipare alle discussioni del EU One Health Network. Questo Network deve sviluppare le implementazioni del Piano e deve impegnarsi per raggiungere accordi che producano normative ambiziose nei settori di competenza europea, come quelli dei farmaci veterinari e dei mangimi medicati. Il dialogo con l’industria farmaceutica Nella cornice del One Health Network, il Piano deve stabilire un’agenda relativa alle ricerche scientifiche

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considerate strategiche: ricerca e sviluppo di nuove molecole antibiotiche, di farmaci alternativi a questi, di diagnostica semplificata e velocizzata. Questa agenda va scritta tenendo conto delle priorità della società, della salute pubblica, della salute animale e dell’ambiente. Il Piano deve favorire l’attivazione di iniziative e proposte che implementino nuovi modelli di business, per portare nuovi farmaci antibiotici sul mercato. Fra queste iniziative ci sono anche quelle che prevedono modelli in cui i costi di investimento sono scollegati dai volumi di vendita del prodotto farmaceutico. Tutti i partner rilevanti nella ricerca, sviluppo e commercializzazione dei farmaci devono essere chiamati a raccolta in un forum di discussione sull’organizzazione del sistema di autorizzazione del commercio e della vendita degli antibiotici, con lo scopo di stimolare la ricerca e lo sviluppo e facilitare l’espletamento delle procedure di autorizzazione per i nuovi antibioti-

ci. Fra i partner rilevanti da coinvolgere si annoverano anche le diverse Autorità nazionali del farmaco. Il Piano deve favorire l’adozione di misure sanitarie e gestionali alternative o preventive all’utilizzo degli antibiotici, quindi deve favorire lo strumento della vaccinazione e dei test diagnostici sia in umana che in veterinaria. Audit reciproci fra Paesi Membri La Commissione europea deve pressare gli Stati perché pongano all’attenzione dell’opinione pubblica il rischio legato all’AMR con campagne d’informazione. Deve inoltre sviluppare delle raccomandazioni e delle Linee Guida europee sull’utilizzo prudente degli antibiotici in medicina umana: questo documento deve supportare le Linee Guida, che devono essere prodotte dai singoli Stati. È compito della Commissione istituire un sistema di valutazione-revisione reciproco fra Paesi, in cui i rappresentanti di uno o di diversi Paesi Membri valutino il

Eurocarni, 12/16


Piano nazionale di altri Stati, riflettano sulle possibili opzioni politiche e forniscano raccomandazioni di supporto ai Paesi sottoposti a queste “visite ispettive” per migliorare le misure messe in atto. Questo sistema di valutazione-revisione reciproca fra Paesi è complementare ad altri sistemi di auditing e di valutazione da parte di enti terzi, quali le valutazioni operate da ECDC, dal WHO e dal Directorate on Health and Food Audits and Analysis. Infatti, uno dei compiti più importanti del Piano europeo è quello di garantire che in tutta la UE esista un approccio unico all’antibioticoresistenza. E che questo approccio sia concorde con quanto riportato dalle istituzioni sovranazionali che si sono espresse in merito: WHO, FAO e OIE. Questa coerenza con le posizioni internazionali corrisponde anche a una coerenza con gli standard internazionali che sono al momento sottoposti a revisioni e aggiornamenti, come quello del Codex Alimentarius, per esempio. I doveri della Commissione europea La Commissione si riserva il compito di facilitare e aiutare i Paesi Membri a sviluppare, valutare e implementare i loro Piani d’azione nazionali contro l’antibioticoresistenza. In queste parole sono comprese anche azioni di supporto nel monitoraggio e nell’istituzione dei sistemi di sorveglianza. La Commissione prevede anche di sostenere economicamente i Paesi nella lotta all’AMR. Rimane di competenza della Commissione l’organizzazione annuale dell’incontro del EU One Health Network e la stesura di un report riportante le decisioni prese. Importantissimo: la Commissione dichiara di assumersi il compito di stabilire un approccio armonizzato per prevenire l’introduzione e la diffusione di resistenze emergenti nei batteri negli allevamenti e nella produzione degli alimenti, quando queste resistenze potrebbero avere un impatto anche solo potenziale per la salute pubblica: ad esempio, è il caso della resistenza al carbapenem. La Commissione si impe-

Eurocarni, 12/16

gna a sviluppare, con importanza prioritaria, azioni specifiche legate alla normativa relativa alle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo. Con questa dichiarazione la Commissione richiama quella che viene comunemente chiamata “Legge di Salute animale”: il Regolamento (EU) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016. Inoltre, la Commissione promoverà attivamente e difenderà, nei dialoghi bilaterali e negli accordi commerciali con i Paesi extra-UE, gli standard europei e le politiche di contenimento dell’AMR. Particolare attenzione sarà data alle seguenti voci: • importanza della prevenzione delle infezioni tramite l’adozione di buone pratiche; • uso prudente degli antibiotici; • rafforzamento della consapevolezza del rischio di AMR nella medicina veterinaria e umana; • bando dell’uso degli antibiotici come auxinici; • evitamento della somministrazione routinaria di antibiotici negli allevamenti; • giro di vite nell’utilizzo in veterinaria di farmaci non consentiti a questo scopo perché non autorizzati o perché di importanza critica per la salute umana; • adozione del principio di precauzione. Queste voci saranno applicate sia nell’importazione di animali vivi, sia nell’importazione di prodotti alimentari dai Paesi Terzi. Infine, la Commissione promoverà lo studio dell’impatto economico del costo dell’AMR in veterinaria e in umana. Giulia Mauri Nota Alle pagine 128 e 129 siringa con antibiotici pronta per essere somministrata a un capo bovino. Il Consiglio dell’UE lo scorso giugno ha raggiunto una serie di Conclusioni mirate ad un’azione coordinata tra i singoli Stati Membri per far fronte comune al problema dell’antibioticoresistenza. Ciascuno Stato dovrà stilare il proprio piano di azione entro la metà del 2017 (photo © Vchalup; Fotolia).

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STATISTICHE

Il commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni 1o semestre 2016 di Aurora De Santis

L’

Istituto Nazionale di Statistica effettua, a partire dal 1990, una elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Vengono elaborati mensilmente i dati prodotti dal servizio Commercio con l’estero, con riferimento al numero dei capi e al relativo peso vivo, nonché ai quantitativi di carne, scambiati con l’estero. Le specie prese in esame sono: bovina, suina, ovicaprina, avicola ed equina (Tavola 1). Si

distinguono gli scambi intraUE da quelli con il resto del mondo. I dati non vengono però aggiornati con le successive uscite del servizio Commercio con l’estero di dati definitivi. I dati sono disponibili in forma cartacea dal 1990 al 2008 e sono stati diffusi sul sistema informativo Agri.istat.it a partire dal 2009. Le fonti dell’elaborazione sono due rilevazioni ISTAT, entrambe mensili: Cessioni/acquisti beni con i paesi UE (sistema INTRASTAT) e Commercio

speciale esportazione/importazione extra UE. I dati, una volta acquisiti vengono controllati con controlli di congruenza con precedenti dati della stessa elaborazione e successivamente archiviati e diffusi su banche dati sia ISTAT che EUROSTAT. Fonti e bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

Vitelli irlandesi (photo © Agriland).

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Eurocarni, 12/16


Eurocarni, 12/16

137

587.382

17.317

17.336

OVINI

CAPRINI

EQUINI

12.175

CARNI EQUINE

3,9

11.143

10.347

481.453

– 6,3 0,3

9.915

158.364

7.229.818

17.311

17.317

587.382

841.098

566.618

182.424 110.938 2.366 209.645 — 61.245

di cui Europa

16,4

–3,5

–5,7

–7,5

125,0

2,8

15,1

7,9

–2,5 23,5 – 46,3 10,4 — 14,2

Variaz. % 2015/2016

Fonte: ISTAT, elaborazione sul commercio estero degli animali vivi.

a) I dati sono provvisori; le variazioni pari a –100% si riferiscono a quantità molto piccole. b) Animali vivi in numero di capi; carni rosse in tonnellate. c) Europa a 28 paesi, sia importazioni che esportazioni.

13.110

481.781

CARNI SUINE

CARNI OVINE-CAPRINE

27.429

167.034

CARNI BOVINE CONGELATE

CARNI BOVINE FRESCHE O REFRIGERATE

7.229.818

841.098

SUINI

POLLAME DOMESTICO

566.642

182.424 110.938 2.366 209.649 — 61.265

Totale mondo

BOVINI TOTALE

Vitelli Giovenche Vacche Altri Altri non domestici Riproduttori di razza pura

Bovini

Categorie

Importazioni

3,7

–1,7

– 6,3

46,5

– 4,3

–5,7

–7,5

125,0

2,8

15,1

7,9

–2,5 23,5 – 46,3 10,4 — 14,2

Variaz. % 2015/2016

1.111

890

42.647

19.346

41.052

12.021.364

1.395

302

566

404

23.155

18.604 542 988 160 — 2.861

Totale mondo

Tavola 1 – Dati mensili sul commercio estero degli animali vivi e delle carni, gennaio-giugno 2016

37,0

–38,5

36,1

–2,5

0,7

– 4,8

61,5

– 43,4

–79,3

–22,3

–24,0 – 62,6 –3,5 –75,2 — 31,1

Variaz. % 2015/2016

571

711

27.293

16.285

39.881

10.085.158

482

302

566

401

18.809

15.518 122 988 160 — 2.021

di cui Europa

Esportazioni

36,5

–1,6

34,7

2,9

0,2

–7,4

–13,3

–79,3

–30,3

–34,1 –74,8 –3,5 15.900,0 — 3,5

Variaz. % 2015/2016


LIBRI

La chimica della bistecca e dell’arrosto

La Scienza della Carne “Osservare una bistecca mentre cuoce può offrire molti spunti di riflessione e far scaturire molte domande. Un po’ come guardare le stelle”

Q

uanto deve cuocere un roast beef perché alla fine la carne sia uniformemente rosata ma non cruda? La bistecca va salata prima della cottura, come sostengono i più, o no? Cos’è la reazione di Maillard? A queste domande, spiegando i vari perché — perché scegliere quel certo taglio di manzo per il roast beef, perché cuocerlo a quella temperatura e perché è meglio farlo riposare dopo la cottura — risponde il libro “La Scienza della Carne. La chimica della bistecca e dell’arrosto” edito da Gribaudo e opera di DARIO BRESSANINI. Il volume, di 240 pagine, è un condensato “di ciò che serve sapere quando cuciniamo un arrosto, prepariamo un brodo, grigliamo un hamburger, mariniamo un petto di pollo, mettiamo in salamoia un filetto di maiale e tantissime altre cose”, come ci dice l’autore stesso presentando la sua ultima fatica

scientifico letteraria dalla pagina del blog che tiene on-line per la rivista Le Scienze. Docente di chimica e ricercatore di professione, nonché autore di best seller, Bressanini, a due anni dall’uscita de “La Scienza della Pasticceria”, pubblica il secondo volume della serie La scienza in cucina e lo dedica alla carne, vuoi perché memore di quando, studente all’estero, cercava di raccapezzarsi tra tagli di carne americani e ricette italiane (che si faceva spedire dalla madre), vuoi perché sollecitato dalle numerose domande ricevute riguardo lo specifico argomento dai lettori tramite blog, per e-mail o su Facebook. Ed ecco allora il libro che tratta la composizione, la struttura, il colore, il sapore, la consistenza e la succosità della carne applicando le basi teoriche a varie cotture asciutte e umide e perfino a quelle a basse temperature. Linguaggio semplice, disegni esplicativi e pratiche tabelle aiutano a comprendere tutto quello che serve per riconoscere i pezzi, acquistare i giusti tagli e cucinarli nel modo corretto. Ricette, box, curiosità e fotografie, opera di BARBARA TORRESAN, arricchiscono e completano il volume, di cui Bressanini stesso nell’introduzione sottolinea l’atipicità: «come nel libro precedente, ho scelto

DARIO BRESSANINI La scienza della carne La chimica della bistecca e dell’arrosto Edizioni Gribaudo, Milano 2016 240 pp. – € 22,00 di proposito ricette di base, semplici ma molto dettagliate. Ho cercato di descrivere ogni passaggio scientificamente cruciale. Ma non dovete considerare queste come normali ricette. Dopo tutto questo non è un classico libro di cucina, e io non sono un cuoco. Consideratele piuttosto degli ‘esperimenti culinari’: applicazioni sperimentali dei principi chimici e fisici illustrati in precedenza. Osservare una bistecca mentre cuoce può offrire molti spunti di riflessione e far scaturire molte domande. Un po’ come guardare le stelle».

Dario Bressanini lavora come chimico e svolge l’attività di docente all’Università dell’Insubria a Como, presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Ambientali. Accanto all’attività di docente, affianca quella di scrittore e di divulgatore scientifico. Collabora con Le Scienze, rivista a carattere scientifico per la quale cura la rubrica mensile dal titolo “Pentole e provette” ed è inoltre autore del blog “Scienza in Cucina”, dove tratta con taglio scientifico sia temi gastronomici, sia altre tematiche, che spaziano dalle biotecnologie agrarie, alla produzione agricola, dalla percezione del rischio alimentare, alla chimica in cucina. Cura inoltre un blog personale su Il fatto Quotidiano. Tra le sue varie pubblicazioni, “Ogm tra leggende e realtà” (Zanichelli 2009), “I giochi matematici di Fra’ Luca Pacioli” (Dedalo 2011), “Pane e bugie” (Chiarelettere 2010), “Contro natura. Dagli OGM al «bio», falsi allarmi e verità nascoste del cibo che portiamo in tavola” (Rizzoli 2015).

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Il libro “La Scienza della carne” inizia con il capitolo ”Composizione e struttura della carne”, un approfondimento scientifico sulla composizione e su come è strutturata la carne che compriamo, cuciniamo e mangiamo. Al termine della sezione tre tavole illustrate, che riportiamo, mostrano i vari tipi di tagli che interessano bovino, suino e pollo.

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Dieta Paleo, ricette e consigli nutrizionali dal Paleolitico

A

vete mai sentito parlare della Dieta Paleo? Si tratta di un’alimentazione che contempla nelle proprie ricette il consumo di carne, pesce, uova, verdura e frutta, escludendo l’impiego di cereali, latticini, legumi. Questi ultimi cibi, infatti, non erano inclusi nell’alimentazione “base” dei nostri progenitori, fondata prevalentemente su caccia, pesca e raccolta di frutta e verdura spontanee e rimasta immutata per centinaia di migliaia di anni, fino alla rivoluzione agricola e all’introduzione della pastorizia. MORENA BENAZZI è autrice dal 2012 del primo blog di cucina Paleo in Italia, Armonia Paleo (www.armoniapaleo.it), dove confluiscono ricette che rispettano i principi di questa dieta. Dal web e dal suo successo nasce oggi il ricettario ufficiale, edito dalla nuova casa editrice AB OVO, con l’introduzione di FABRIZIO RAPUZZI, medico dello sport presso il CAM sport di Monza. Il cibo non è solo nutrimento, spiega Rapuzzi, ma è segnale che informa il nostro corpo relativamente all’ambiente in cui si trova, agendo sulla secrezione di ormoni come insulina, serotonina e dopamina. Un regime alimentare che elimini l’eccesso di zuccheri, i cibi pro-infiammatori e quelli contenenti anti-nutrienti (come cereali, legumi, latticini e cibi industriali) a favore di un apporto bilanciato di proteine, grassi (ingiustamente demonizzati) e nutrienti derivanti da “cibo vero”, ha una grande efficacia sulla risoluzione della maggior parte di allergie, intolleranze e malattie auto-immuni, come celiachia o tiroidite di Hashimoto. Il volume non è quindi solo un punto di riferimento per i seguaci della Dieta Paleo, qui spiegata, ma raccoglie ricette destinate a un target ampio e diversificato.

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MORENA BENAZZI Armonia Paleo. Ricette per una vita sana secondo natura Introduzione di Fabrizio Rapuzzi Ab Ovo Edizioni (abovoedizioni@gmail.com) 240 pp. – € 20,90 armoniapaleo.it

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