EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXI N. 1 • Gennaio 2016
€ 5,42
FEDERALIMENTARE: Scordamaglia e i burocrati dell’OMS
TTIP, work in progress Selvaggina
La carne nel mondo Gli appuntamenti della filiera carni nel 2016
UNICEB E LILT UNITI CONTRO LA DISINFORMAZIONE
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero: Contenuti on-line
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La carne nel mondo
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Agenda
14
Immagini
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Calendario fiere
Fiere, mostre, convegni 2016
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Memento
È scomparso Renzo Venturini, patron di Carnesì
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In primo piano
Federalimentare: Scordamaglia e i “burocrati” dell’OMS
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Attualità
Rating di legalità Se per sostenibilità dei sistemi agroalimentari si intende l’aumento…
Sebastiano Corona Giulia Mauri
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Slalom
Previsioni UE d’autunno, terrorismo e flessibilità
Cosimo Sorrentino
36
Legislazione
L’agricoltura si fa sociale
Sebastiano Corona
38
Assemblee
UNICEB: la miglior difesa è l’attacco (con la LILT come alleato)
Elena Benedetti
40
La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
46
Aziende
La qualità Piemontese si chiama Formento
Retail marketing
Dieta Mediterranea chiave di rilancio del comparto carni in Italia
Raffaello Bernardi
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Mercati
TTIP, l’accordo va chiuso prima delle Presidenziali americane
Anna Mossini
63
Indagini
Furti nel retail, la carne sempre protagonista Etichette, queste sconosciute Spreco alimentare, c’è ancora parecchio da fare
Guido Guidi
66 71 76
Associazioni
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Novità per l’ente di promozione dell’industria delle carni inglesi
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7
Benessere animale
Il benessere animale è una responsabilità della società
Giulia Mauri
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Razze
L’origine della razza ovina Gentile
Antonio Muscio et al. 86
Tradizioni
La trippa di San Bassiano
Riccardo Lagorio
La carne in tavola
La selvaggina Clara Scaglioni Pezzata di Capracotta, la ricetta con carne di pecora che piace ai buongustai Massimiliano Rella
Hamburger tour
Un LAMBurger firmato Taglienti
Sapori dal mondo
In viaggio negli States: il beef on weck
Macellerie d’Italia
Gastronomia Contini 2.0, guardando al passato per costruire il futuro Riccardo Lagorio
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Ristoranti carnivori
Roadhouse Grill, trend in continua crescita
112
Rassegne
Superzampone 2015, 780 chili di bontà e festa
114
Fiere
Alimentaria 2016, si guarda all’export e all’innovazione
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A Parigi l’innovazione dell’agroalimentare
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Tecnologie
CSB-System offre soluzioni complete alle aziende del pet food Il nuovo stabilimento di Pini Polonia e la tecnologia Busch Il risparmio è il miglior guadagno: la ricetta di Sealed Air per…
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Statistiche
Il commercio con l’estero delle carni 1 semestre 2015 Dati ANAS sulla suinicoltura
Aurora De Santis
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Arti e mestieri
L’artigianato dei ferri taglienti
Andrea Fioroni
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Storia e cultura
La carne nel tubetto Simbiosi animali terreno
Giovanni Ballarini Fortunato Tirelli
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Libri
Marketing del gusto: il cibo non ammette improvvisazione
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Le informazioni sugli alimenti ai consumatori Minima culinaria
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Nunzia Manicardi
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In copertina: carne bovina in grafica 3D.
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CONTENUTI ON-LINE
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l nostro mondo è la filiera delle carni, dalla macellazione al punto vendita, passando attraverso la zootecnia, i temi a noi cari della sostenibilità e della sicurezza, arrivando fino alle tecnologie. Con un occhio ai mercati e alle nuove tendenze per comprendere meglio gli scenari futuri. Arriviamo ogni mese sulle vostre scrivanie e sui vostri banchi lavoro. Ma ci trovate ogni giorno anche sul web.
FACEBOOK/EurocarniMagazine Qui comunichiamo e scambiamo feedback, commenti e tantissimi Mi piace! Il nostro obiettivo? Aprirvi una finestra sul mondo della carne, ispirarvi e confrontarci con voi. Tra le più cliccate di questo periodo c’è una picanha brasiliana condivisa e commentata e con oltre 200 like!
PINTEREST.com/redazioneepi Dicono che internet sia fatta sempre più di immagini che di parole. Forse è proprio così. Noi le foto e le immagini che ci colpiscono di più le “pinniamo” nelle bacheche carnivore di Pinterest. Come i macellai della Lego, acquistabili a poco più di 11 euro su Amazon France.
EUROCARNI-online Gli analisti scrivono che una pagina web dura circa 200 giorni. Non il nostro archivio! Su Eurocarni-online.com potete leggere tutti i numeri dal 1996 a oggi e ricercare gli articoli per parola chiave. Liberamente e senza password.
MANIFESTOCARNIVORO.it È il nuovo blog di EUROCARNI dedicato ai consumatori. Qui raccontiamo storie e mostriamo facce e mani di chi, ogni giorno, alleva con passione, lavora con rispetto, apporta nutrimento a ciò che siamo.
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LA CARNE NEL MONDO In Danimarca cresce la richiesta di carne suina biologica Un portavoce di NATURERHVERVSTYRELSEN, ente del Ministero dell’Ambiente e dell’Alimentazione che certifica la produzione biologica in Danimarca, ha dichiarato che per «Friland, la più grande industria di macellazione di carne biologica, c’è la possibilità di vendere più carne» se questa verrà prodotta. Friland, che fa parte della cooperativa danese Danish Crown, macella circa il 95% dei suini biologici allevati in Danimarca. Negli ultimi tre-cinque anni, la cooperativa ha lavorato, in media, le carni di 100.000 suini biologici l’anno, ma entro il 2018 ci si aspetta «di incrementare questa quantità di quasi il 50%» ha dichiarato HENRIETTE GULDAGER, Business Supporter di Friland. Per gli allevatori suinicoli danesi alle prese con un alto debito, aggravato dal divieto di importazione di alimenti in Russia, la conversione alla produzione biologica potrebbe essere una soluzione di sostegno al settore. «Con gli attuali prezzi un allevatore di maiali bio guadagna, rispetto ad un allevatore tradizionale, circa due euro in più per ogni chilo di carne» ha dichiarato JOACHIM KJELDSEN, portavoce dell’associazione di allevatori Organic Denmark (Økologisk Landsforening). Sul mercato interno le vendite di carne di maiale sono aumentate dai 60 milioni di corone danesi (circa 8,7 milioni di dollari) del 2013 agli 82 milioni di corone danesi del 2014 (circa 11,7 milioni di dollari). Per i suini biologici danesi i principali mercati di esportazione sono i Paesi dell’UE, con la Francia che si attesta al primo posto. Per la conversione degli allevamenti il governo danese sta sovvenzionando gli allevatori, ma durante questo periodo di conversione, che dura due anni, i prodotti non possono ancora essere certificati come biologici. Nel frattempo, Økologisk Landsforening offre agli allevatori una consulenza preliminare gratuita e chi decide di convertire gli allevamenti viene aiutato in tutte le fasi della filiera. La quota organica della suinicoltura, tuttavia, è ancora piccola in Danimarca: nel 2014, sono state presentate certificazioni biologiche per 8.000 ettari di terreno agricolo, e nel 2015 le nuove richieste di certificazione, presentate da 288 allevatori, sono salite a 22.000 ettari. In Danimarca il totale dei terreni agricoli biologici ora è pari a circa 200.000 ettari, circa il 10% dei terreni agricoli totali danesi. Di questi, meno della metà è destinato alla suinicoltura, mentre la maggior parte è dedicato al settore lattiero-caseario, ha detto Kjeldsen. «Il mercato della carne biologica è lì che ci aspetta e in questo momento la domanda è superiore all’offerta» (fonte: GLOBAL MEAT NEWS – UNAITALIA; in basso, un allevamento di maiali bio in Danimarca; photo © globalmeatnews.com).
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Nasce la piattaforma “France Viande Export” Lo scorso ottobre, il ministro francese dell’Agricoltura Stéphane Le Foll ed il segretario di Stato per il Commercio estero Matthias Fekl si sono riuniti con 29 aziende del settore di bovini e suini e hanno deciso di aderire alla commerciale SAS France Viande Export per l’approvazione dello statuto. Lo scopo di questa piattaforma è quello di consentire una migliore “mobilitazione” dell’offerta francese e la costruzione di partenariati economici e di fiducia duraturi con i Paesi importatori, tenendo conto della normativa applicabile, compresa quella relativa alla salute, e le specifiche emesse da questi Paesi. Attraverso questa piattaforma le aziende possono rispondere “collettivamente”: questo significa incentivare le opportunità di business per le esportazioni, in quanto possono essere soddisfatte richieste di maggiori volumi di prodotto e, al contempo, utilizzare un identificativo univoco per promuovere la carne francese nei Paesi Terzi (in alto, Stéphane Le Foll e Matthias Fekl durante la presentazione della piattaforma collettiva France Viande Export; photo © lemoci.com).
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Nella UE l’aumento della produzione di carne è destinato a diminuire Secondo l’ultimo rapporto della Commissione europea sulle prospettive a breve termine (Short-term Outlook), nel 2016 la crescita complessiva della produzione di carne nell’UE dovrebbe rallentare. Dopo essere aumentata di circa il 2,5% sia nel 2014 che nel 2015, si prevede infatti che, il prossimo anno, aumenterà solo dello 0,7%. Il rallentamento dovrebbe riguardare tutte le carni, escluse quelle di pecora, che non aveva ancora fatto registrare un incremento sostanziale. La carne di pollame è destinata a crescere più rapidamente delle altre tipologie, ma anche qui si prevede un aumento di poco superiore all’1%. Nonostante una crescita della produzione più lenta, si prevede che nel 2016 le esportazioni di carne aumenteranno di circa il 3% e le carni di manzo, di maiale e di pollame mostreranno simili tassi di incremento. Nel 2015 la crescita delle esportazioni era stata del 6%, meglio di quanto previsto, nonostante la perdita del mercato russo. Si prevede che anche le importazioni di carne saranno maggiori (+2%) e la maggior parte riguarderà le carni di pollame, che già da qualche tempo rappresentano il “motore” del pur piccolo incremento del consumo procapite di carne. Secondo il rapporto si prevede inoltre che quest’anno la produzione di cereali nell’UE raggiungerà i 301,9 milioni di tonnellate. Anche se è un valore inferiore all’8% rispetto allo scorso anno, si tratta di un record visto che solo 3 delle precedenti 10 stagioni sono risultate più produttive. Allo stesso modo, si stima che la produzione di semi oleosi sarà inferiore rispetto a quella dello scorso anno, ma comunque superiore alla media degli ultimi 5 anni. Se analizzata insieme alla favorevole produzione cerealicola mondiale, il rapporto suggerisce che i prezzi di cereali e semi oleosi rimarranno bassi (fonte: COMMISSIONE EUROPEA – UNAITALIA).
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AGENDA
Bologna La 12a edizione del grande Salone internazionale sui prodotti a marchio del distributore, MARCA 2016, organizzato da BolognaFiere in collaborazione con ADM, l’associazione delle imprese operanti nella distribuzione moderna nei rapporti con la produzione, si svolgerà nei giorni 13 e 14 gennaio presso il Quartiere fieristico bolognese. L’edizione 2015 ha visto la presenza di 481 espositori e di quasi 7.000 operatori professionali (dati certificati ISF CERT). Oltre 560 erano stati gli incontri B2B con i buyer delle grandi catene internazionali. L’edizione 2016 vedrà un significativo aumento delle insegne partecipanti e anche delle aziende produttrici. Il programma prevede workshop e convegni specialistici sui temi di maggiore attualità nel settore della Distribuzione Moderna Organizzata. Il salone si conferma un evento d’eccellenza in cui si incontrano e si confrontano il meglio del mondo produttivo e i leader del sistema distributivo italiano e internazionale. Non solo una grande vetrina di best practice ma anche un’occasione concreta per generare nuovi accordi commerciali. www.marca.bolognafiere.it
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Direttamente dai pascoli Scozzese, la carne rossa dal sapore vero!
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La carne bovina Scozzese e la carne di agnello Scozzese godono del riconoscimento IGP in quanto provengono da animali che sono nati e che hanno trascorso tutta la loro vita in Scozia, nel massimo rispetto sia dell’ambiente che dell’ animale; sono stati allevati in grandi pascoli verdi seguendo i metodi più tradizionali ma anche gli schemi di produzione rigorosi, che riguardano tutta la filiera, per garantire la massima bontà e la massima sicurezza!
IMMAGINI
Il panorama dello street food si è arricchito di un nuovo esemplare di hamburger: il LAMBurger. Lo ha ideato lo chef Luigi Taglienti in collaborazione con l’ente che promuove le carni ovine e bovine gallesi in Italia, HCC-Meat Promotion Wales. Il servizio è a pagina 100 (photo © Diego Bonacina).
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EN ISO 9001:2008 IQ-0905-10
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Alice Contini e Andrea Amici della Gastronomia Contini 2.0, la storica macelleria cremonese di Amerigo Contini che oggi reinterpreta la tradizione del territorio con un nuovo concept di locale in linea con le richieste del mercato. Più gastronomia con piatti pronti, preparati, formaggi e salumi. Il banco carni, lungo 9 metri, dalla forma leggermente arrotondata, diventa quella che Andrea Amici è solito definire “la curva gastronomica della carne”: si parte con i tagli freschi di manzo del mantovano, pollo cremonese e maiale delle valli piacentine. Attraverso le tre De.Co. locali (mostarda, salsiccia e pasta ripiena col brasato) si arriva ai preparati da cuocere e ai piatti pronti di gastronomia. Non mancano tavolo e sgabelli per un bel piatto fumante di fagioli con le cotiche all’occhio da gustare in negozio. A pagina 107 un servizio di Riccardo Lagorio (photo © Elena Benedetti).
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Dall’ esperienza della famiglia Hartley (sesta generazione di allevatori negli USA) e la famiglia Marchese (sesta generazione di macellai-importatori in Italia) nasce una nuova partnership commerciale destinata a diventare leader nell’allevamento, nella produzione e nella distribuzione di carne bovina 100% Black Angus di altissima qualità e grarantita tramite Test del DNA. Solo in questo modo possiamo assicurare che si tratti di puro Black Angus e non tramite il caratteristico colore dell’animale.
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Lo scorso 6 dicembre a Castelnuovo Rangone (MO), l’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi ha celebrato la 27 a edizione del Superzampone con un maxi insaccato che ha raggiunto i 780 chili a fine cottura. L’onore del taglio della prima fetta è toccato quest’anno all’attrice Sandra Milo e a Matteo Richetti, deputato modenese, che insieme a Santino Levoni di Alcar Uno e al sindaco di Castelvetro, Fabio Franceschini, hanno dato il via alla grande festa. A pagina 114 il reportage fotografico.
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il meglio della carne di vitello Olandese VanDrie Group, leader nel mercato mondiale delle carni di vitello, offre una garanzia assoluta al consumatore grazie alla filosofia della “filiera integrata”. Dal principio alla fine, dagli allevamenti dei vitelli presso i quali gli animali crescono in gruppo, fino alle aziende produttrici di latte in polvere, si opera in stretta collaborazione sulla base del principio dell’approccio integrato, con il supporto dei sistemi di controllo più avanzati. La filiera produttiva integrata che ne deriva, oltre ad essere la risposta ideale alle richieste sempre diverse dei clienti, consente una produzione di carni di vitello responsabile e, soprattutto, sicura, senza alcun rischio.
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CALENDARIO FIERE
Fiere, mostre, convegni 2016 Italia MARCA Mostra convegno dedicata al mondo della marca commerciale Bologna, 13-14 gennaio Organizzazione: BolognaFiere Spa Tel. 051 282111 – Fax 051 6374004 marca@bolognafiere.it www.marca.bolognafiere.it RHEX RIMINI HORECA EXPO Rimini, 23-27 gennaio Organizzazione: Rimini Fiera Spa Tel. 0541 744111 – Fax 0541 744200 centralino@riminifiera.it infovisitatori@riminifiera.it www.riminifiera.it – www.rhex.it FIERAGRICOLA Verona, 3-6 febbraio Organizzazione: Veronafiere Tel. 045 8298193, 8298176 exhibitors@fieragricola.com www.fieragricola.it AGRIUMBRIA – Mostra mercato nazionale dell’agricoltura, zootecnia e alimentazione Bastia Umbra (PG), 1-3 aprile Organizzazione: Umbriafiere Spa Tel. 075 8004005 – Fax 075 8001389
info@umbriafiere.it info@agriumbria.eu www.umbriafiere.it www.agriumbria.eu I MEAT 2016 Modena, 10-11 aprile Organizzazione: Ecod Sas Tel. 0331 518056 info@ecod.it – www.ecod.it CIBUS – 18º Salone internazionale dell’alimentazione Parma, 9-12 maggio Organizzazione: Fiere di Parma Spa Tel. 0521 996206 cibus@fiereparma.it – www.cibus.it SANA – Salone internazionale del biologico e del naturale Bologna, 9-12 settembre Organizzazione: BolognaFiere Spa Tel. 051 282111 Fax 051 6374004 sana@bolognafiere.it – www.sana.it SALONE DEL GUSTO Torino, 22-26 settembre Organizzazione: Slow Food Tel. 0172 419611
servicecentre@slowfood.com www.salonedelgusto.com AGRILEVANTE Esposizione internazionale delle macchine, impianti e tecnologie per la filiera agricola Bari, 17-20 ottobre Organizzazione: Fiera del Levante Tel. 080 5366349 – Fax 080 5366491 messaggi@fieradellevante.it www.fieradellevante.it CIBUS TEC Salone delle tecnologie per l’industria alimentare Parma, 25-28 ottobre Organizzazione: Fiere di Parma Spa Tel. 0521 996206 f.bettio@fiereparma.it www.cibustec.it FIERA INTERNAZIONALE DEL BOVINO DA LATTE ITALPIG – Rassegna suinicola Cremona, 26-29 ottobre Organizzazione: CremonaFiere Spa Tel. 0372 598011 – Fax 0372 598222 info@cremonafiere.it www.cremonafiere.it
Estero WINTER FANCY FOOD SHOW San Francisco (USA), 17-19 gennaio Organizzazione: Specialty Food Association Tel. +1 646 8780301 membership@specialtyfood.com www.specialtyfood.com INTERNATIONAL POULTRY EXPO Atlanta (USA), 26-28 gennaio Organizzazione: U.S. Poultry & Egg Association
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Tel. +31 30 2952788 renate.wiendels@vnuexhibitions.com www.mea.nl GULFOOD EXHIBITION Dubai (EAU), 21-25 febbraio Organizzazione: Dubai World Trade Centre P.O. Box 9292 – Dubai (EAU) Tel. +971 4 3321000 Fax +971 4 3312173 info@dwtc.com – www.dwtc.com
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EXPOANTAD & ALIMENTARIA MÉXICO Città del Messico (Messico) 16-18 marzo Organizzazione: Alimentaria Exhibitions SA Avinguda Reina Maria Cristina, s/n 08015 Barcellona (Spagna) Tel. +34 93 5531083 info@expoconsulting.it www.alimentaria-mexico.com HALAL EXPO EUROPE Eindhoven (Olanda), 17-18 aprile Organizzazione: HOGIAF Tussen Meer 1B-3 1068 EX Amsterdam Tel. +31 88 1660606 info@halalexpoeurope.com www.halalexpoeurope.com WORLD FOOD WARSAW Varsavia (Polonia), 19-21 aprile Organizzazione: Ite Group Plc 5/37, Skwer Ks. Kard. St. Wyszynskiego – 01015 Warsaw Tel. +48 22 395 6693 Fax +48 22 395 6690 agnieszka@worldfood.pl www.worldfood.pl ALIMENTARIA 2016 Barcellona (Spagna), 25-28 aprile Organizzazione: Alimentaria Exhibitions SA Avinguda Reina Maria Cristina, s/n 08015 Barcellona (Spagna) Tel. +34 93 4521800 alimentaria-bcn@alimentaria.com www.alimentaria-bcn.com MIE 2016 – The 13th China International Meat Industry Exhibition Qingdao (Cina), 4-6 maggio Organizzazione: Jinnoc Exhibition Co., Ltd. Qingdao International Convention Center (QICC) www.china-jinnuo.com SIAL CHINA The Asian Food Marketplace Shanghai (Cina), 5-7 maggio Organizzazione: Comexposium 70 Avenue du Général-de-Gaulle
92058 Paris-La Défense (Francia) Tel. +33 1 76771111 www.salonifrancesi.it www.sialchina.com IFFA Francoforte (Germania) 7-12 maggio Organizzazione: Messe Frankfurt Exhibition GmbH Ludwig-Erhard-Anlage 1 60327 Francoforte (Germania) Tel. +49 69 75750 iffa.messefrankfurt.com PLMA INTERNATIONAL 2016 Amsterdam (Olanda), 24-25 maggio Organizzazione: Private Label Manufacturers Association World Trade Center Strawinskylaan, 671 1077 XX Amsterdam Tel. +31 20 5753032 Fax +31 20 5753093 info@plma.nl www.plmainternational.com SUMMER FANCY FOOD SHOW New York (Stati Uniti), 26-28 giugno Organizzazione: Specialty Food Association membership@specialtyfood.com www.specialtyfood.com VIV CHINA Beijing (Cina), 6-8 settembre Organizzazione: VNU Exhibitions Europe P.O. Box 8800 3503 RV Utrecht (NL) Tel. +31 30 2952772 viv.china@vnuexhibitions.com www.vivchina.nl SIAL 2016 Parigi (Francia), 16-20 ottobre Organizzazione: Comexposium 70 Avenue du Général-de-Gaulle 92058 Paris-La Défense (Francia) Tel. +33 1 76771111 www.salonifrancesi.it www.sialparis.com 9th IMS MARKETING WORKSHOP Colonia (Germania), 4-5 novembre
Organizzazione: IMS International Meat Secretariat 5 rue Lespagnol 75020 Parigi (Francia) www.meat-ims.org 21º CONGRESSO MONDIALE DELLA CARNE Punta del Este (Uruguay) 7-9 novembre Organizzazione: IMS International Meat Secretariat 5 rue Lespagnol 75020 Parigi (Francia) www.meat-ims.org MEAT CHINA 2016 Shanghai (Cina), 9-11 novembre Organizzazione: China International Exhibitions (CIE) 2345 Long Yang Road, Pudong Area 201204 Shanghai (Cina) Tel. +86 21 62095209 fhc@chinaallworld.com www.chinaallworld.co ALL4PACK Paris The global marketplace for Packaging, Processing, Printing, Handling Parigi (Francia), 14-17 novembre Organizzazione: 70 Avenue du Général-de-Gaulle 92058 Paris-La Défense (Francia) Tel. +33 1 76771111 www.salonifrancesi.it www.all4pack.com MEATMANIA Sofia (Bulgaria), 9-12 novembre Organizzazione: Inter Expo Center Tsarigradsko Shaussee, 147 1784 Sofia (Bulgaria) Tel. +359 2 9655 281 Fax +359 2 9655 231 iec@bulgarreklama.com www.iec.bg MEFA Basilea (Svizzera), date da definire Organizzazione: Basel Fairground Messeplatz – 4021 Basel Tel. +41 58 2002020 Fax +41 58 206 2194 info@messe.ch www.mch-group.com
Le date e i luoghi delle fiere sono soggetti sempre a variazioni. Si consiglia chi è interessato a partecipare a una fiera ad accertarsi, presso gli organizzatori, del luogo e della data. Si declina pertanto ogni responsabilità per eventuali inesattezze.
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MEMENTO
È scomparso Renzo Venturini, patron di Carnesì Con la sua azienda aveva creato il marchio BioAlleva per carni e salumi da agricoltura biologica certificata. Al primo posto valori sociali come la tutela della salute ed il rispetto dell’ambiente
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enzo Venturini, veronese purosangue, dal sorriso affabile e cordiale, un’immagine bonaria che ispirava al prossimo fiducia immediata, ci ha lasciato improvvisamente da pochi giorni, nel pieno delle forze, all’età di soli 57 anni. E, credeteci, quanto scritto non è retorica: basta osservare la fotografia che pubblichiamo per ricordarlo, perché ognuno di noi si possa rendere conto della generosità, giovialità e cordialità che ispirava il viso di Renzo. Fin da giovane età Venturini ha lavorato nel mondo della carne e dopo una lunga esperienza ha intuito un nuovo potenziale nel settore delle carni da agricoltura biologica, iniziando nel 1998 una ricerca di mercato che ha consentito l’avvio della società Carnesì Srl nell’anno 2000. Dotato di grande capacità comunicativa, la sua forza e la sua volontà lo hanno portato a realizzare il sogno della sua vita. Così ci disse Venturini in un’intervista del periodo in cui diede vita alla sua creatura Carnesì: «Per uno come me che in gioventù ha venduto solo carne non è stato difficile, dopo 15 anni di esperienze e sfide con la gestione di tre supermercati, cambiare strada e puntare a nuovi traguardi. Tutto può cambiare, se nel bel mezzo di un’esistenza normale spunta una idea e prende forma un progetto per una nuova impresa. In fondo, la vita dell’uomo d’oggi è piena zeppa di questi saliscendi…». Parole che dimostrano come Renzo Venturini avesse una mente brillante e aperta alle novità; era un
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uomo che non si fossilizzava su preconcetti, sempre pronto a valutare ciò che gli si presentava davanti in modo obiettivo ed analistico. La sua pionieristica intuizione ha avuto riscontro dal mercato che negli anni ha riconosciuto in Carnesì un operatore specializzato nelle carni e salumi biologici in grado di servire e soddisfare la domanda di tutti i canali distributivi. Le indubbie capacità relazionali e professionali di Venturini, unite alle sue capacità nella gestione aziendale, gli hanno consentito di costruire nel tempo un’impresa strutturata in grado di operare su tutto il territorio nazionale. Oltre alla moglie Fabiana lascia due splendide figlie, Ilaria e Sofia. La figlia maggiore, Ilaria, si è inse-
Renzo Venturini, in una foto recente nello stand di BioAlleva (marchio di Carnesì) al SANA 2015 di Bologna.
rita nell’azienda inizialmente nel reparto vendite e, successivamente, negli acquisti, diventando il punto di riferimento per tale funzione. Proprio Ilaria ci fornisce un bel ricordo del padre, che riassume il pensiero di molti suoi amici e collaboratori. «La frase ricorrente che sento dire spesso in questi giorni è: “mi ritengo fortunato ad aver conosciuto un grande uomo come Renzo!”. Ogni giorno che entrava in azienda aveva sempre una o più idee da sviluppare, era una vera forza della natura! Il lavoro così come la famiglia e gli amici erano le sue ragioni di vita. Un uomo solare, pieno di vita, che ancora oggi aspettiamo che varchi quella porta e che entri con il suo bel sorriso in azienda e che ci racconti e che ci ascolti come solo lui sapeva fare. Chiunque gli chiedesse aiuto, un consiglio, lui non riusciva a dire di no. Ci pensava e ripensava per trovare il modo migliore per aiutare la persona in difficoltà. Non si potrà mai dimenticare una “persona così grande”. L’obiettivo con me, che sono sua figlia, con mia sorella Sofia e con mia mamma Fabiana era vederci felici e star bene; era ciò che gli dava l’energia ogni giorno per progettare e realizzare nuove idee in ambito lavorativo. Tutto lo staff di Carnesì non smetterà mai di dirti “grazie Renzo” per quello che ci hai insegnato e trasmesso con amore. Grazie per averci lasciato una bellissima realtà da portare avanti credendoci come ci hai sempre creduto tu. Ti porteremo sempre vivo nei nostri cuori!».
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IN PRIMO PIANO
Federalimentare: Scordamaglia e i “burocrati” dell’OMS
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ederalimentare sta valutando, con alcuni studi legali svizzeri e altre federazioni di industriali europei, di citare per danni l’OMS. Il motivo è “la grave imprudenza dimostrata nella comunicazione relativa allo studio sulle carni rosse o trasformate, non corrispondente agli elementi certi a disposizione”. Lo dichiara il presidente di Federalimentare LUIGI SCORDAMAGLIA. Secondo i dati resi noti dalle associazioni di categoria ASS.I.CA. e ASSOCARNI, nel corso della prima settimana successiva alla comunicazione dell’OMS che rileva un presunto legame tra consumo di carne e insorgenza di tumori, nella sola Italia si è verificata una drastica riduzione delle vendite: • –17% per i würstel; • –14,7% per la carne in scatola; • –11,6% per la carne elaborata; • –9,8% per i salumi; • –6,8% per la carne fresca. Un’emorragia di vendite clamorosa, causata dalla diffusione alla stampa dei risultati di uno studio ancora oggetto di revisione, la cui documentazione completa non è stata fornita né agli Stati Membri, né agli addetti ai lavori. Tale studio, peraltro, contiene l’ammissione che l’evidenza scientifica relativa al rapporto tra cancro e consumo di carne rossa è “limitata”. «Negli ultimi mesi — afferma Scordamaglia — abbiamo assistito ad un indiscriminato accanimento da parte dell’OMS nella formulazione di raccomandazioni riguardanti il corretto approccio dei consumatori a specifiche categorie di alimenti o singoli nutrienti. Tali raccomandazioni, influenzando a livello internazionale le politiche sanitarie di ben 194 Paesi, nonché i comportamenti e gli stili di vita di miliardi di persone, dovrebbero sempre essere supportate da robuste evidenze scientifiche, come stabilito da una risoluzione approvata
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Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare. all’unanimità dall’Executive Board dell’OMS lo scorso gennaio». Secondo Scordamaglia, «lasciano perplessi gli attacchi allarmistici sullo zucchero, sulla carne e quelli annunciati sul caffè, dal momento che l’estrema carenza di basi scientifiche solide è rilevata dallo stesso sistema di valutazione scientifica, denominato GRADE, ufficialmente in vigore all’OMS». Non lasciano dubbi in proposito i dati di una statistica, pubblicata nel settembre 2013 dal JOURNAL OF CLINICAL EPIDEMIOLOGY, che rivela come l’OMS emetta con molta frequenza, il 55% dei casi, raccomandazioni con “bassa o molto bassa evidenza scientifica”. Secondo questo studio, mai smentito, nei sei anni che vanno dal gennaio 2007 alla fine del 2012, l’OMS ha pubblicato 289 raccomandazioni definite “forti”. Ma di tali 289 strong recommendations, 95 erano basate su un livello di evidenza scientifica classificato come “basso” e 65 addirittura come “molto basso”. Sommate rappresentano più della metà. Tale studio non è stato confutato neppure dal
rappresentante dell’OMS presso l’UE, ROBERTO BERTOLLINI, ascoltato il 10 novembre dalla Commissione Ambiente e Difesa del Consumatore del Parlamento europeo, nel corso di un’audizione in cui deputati di tutti i partiti hanno deprecato l’allarmismo e la scarsa accuratezza della comunicazione da parte dell’OMS. «Sono sempre i burocrati dell’OMS — ricorda Scordamaglia — ad aver inventato i cosiddetti profili nutrizionali degli alimenti alla base dei semafori alimentari britannici, che hanno marchiato con bollino rosso il latte intero, l’olio extravergine d’oliva e il Parmigiano Reggiano, e contro cui la Commissione ha avviato una procedura di infrazione comunitaria». Con questa inedita presa di posizione, che evidenzia le gravissime conseguenze dell’avventato allarmismo dell’OMS, Federalimentare vuole difendere l’industria alimentare italiana, vittima ingiustificata di una continua, tendenziosa diffamazione. (Fonte: ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani)
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ATTUALITÀ
Rating di legalità Le imprese che rispettano le regole e fanno uno sforzo in più per essere virtuose nell’osservare le norme possono oggi contare sull’iscrizione in una white list che riconosce pubblicamente il valore del loro operato di Sebastiano Corona
L’
etica nelle imprese è un tema che interessa un ambito di mercato sempre più vasto. Chi compra non si accontenta più di sapere se il prodotto che acquista ha le caratteristiche intrinseche per soddisfare le sue necessità. Vuole conoscere molte altre cose, ancor di più se si tratta di cibo. Nel caso degli alimenti questa esigenza riguarda per esempio, in maniera importante, la provenienza della materia prima, ma ci sono persone che acquistano preferibilmente da soggetti che operano in un certo ambito sociale o con determinate regole e nel rispetto di specifici protocolli produttivi o di lavoro. Il mercato chiede, tra i vari requisiti, che l’impresa abbia un certo profilo etico e che garantisca, per esempio, che quel prodotto venga
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realizzato in assenza di sfruttamento della manodopera o di minori, che vengano osservate le norme sulla sicurezza o quelle del lavoro, e via discorrendo. La tendenza è di premiare chi applica determinate regole o semplicemente chi rispetta le leggi, comprese quelle che in un contesto internazionale fanno riferimento ai diritti universali, che si sa — in certi Paesi — non vanno dati affatto per scontati. È in questo contesto, è da queste basi che nasce il Rating di legalità, assegnato dall’Autorità Garante della Concorrenza alle imprese virtuose che ne facciano richiesta. In un contesto come il nostro, in cui i fenomeni di irregolarità nell’esercizio dell’attività d’impresa sono così straordinariamente diffusi, questo strumento rappresenta un
elemento prezioso per chi segue un percorso virtuoso di lavoro e di vita. È di fatto un’arma forte nelle mani di chi acquista, poiché offre la possibilità di scegliere con piena conoscenza e con maggiore consapevolezza. Non a caso questo strumento rappresenta il risultato di un lungo lavoro delle associazioni di categoria e dei corpi sociali intermedi affinché chi si muove nel rigoroso rispetto delle regole possa avere un riconoscimento pubblico del proprio impegno. Un impegno che non è solo economico e produttivo, ma è anche e soprattutto civico. Chi opera in barba alle regole, infatti, viola le norme commettendo un illecito e genera concorrenza sleale, rovina il mercato, non garantisce rientro alcuno al suo territorio, genera un impatto deleterio sulla
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Il Rating di legalità è uno strumento che si può considerare un buon antidoto contro la corruzione e che riguarda ogni settore. collettività. Per questo ed altri motivi il Rating di legalità, oggi strumento del tutto volontario, sta divenendo una discriminante nelle gare pubbliche di appalto, ha un’enorme rilevanza nel contesto bancario e in sede di richiesta di finanziamenti agevolati, ma soprattutto è destinato ad acquisire un peso sempre maggiore, sia nei rapporti con la pubblica amministrazione, sia nel mercato; in ambito sia nazionale, sia internazionale. Non a caso le imprese che ne hanno fatto richiesta sono cresciute in maniera esponenziale nell’ultimo anno e l’interesse degli imprenditori è sempre maggiore. Come è possibile acquisire il Rating di legalità? Ci sono dei requisiti di ingresso al sistema e un meccanismo di attribuzione del giudizio di merito che si esprime in diversi gradi di valore. La prima cosa da sapere è che possono fare richiesta solo le imprese operative in Italia che abbiano raggiunto un fatturato di almeno due milioni di euro nell’esercizio precedente a quello della presentazione della domanda. Le aziende richiedenti devo-
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no inoltre essere iscritte alla Camera di Commercio da almeno due anni. Il giudizio attribuito si esprime in stellette, laddove una stelletta rappresenta il minimo e tre il massimo. Quest’ultimo viene attribuito dall’Autorità sulla base delle dichiarazioni delle aziende, poi incrociate con dati in possesso della pubblica amministrazione. Il punteggio più basso certifica che il titolare dell’impresa e gli altri soggetti rilevanti ai fini del Rating non siano destinatari di misure di prevenzione e/o cautelari, sentenze o decreti penali di condanna, sentenze di patteggiamento per reati tributari e per tutta una serie di altri illeciti di tipo penale. Per quanto riguarda i reati di mafia, oltre a non avere subito condanne vere e proprie, è richiesto che nei confronti dei soggetti interessati non siano nemmeno avviate le azioni penali di cui all’art. 405 c.p.p., né l’impresa dovrà essere destinataria di comunicazioni o informazioni antimafia interdittive in corso di validità. Nei confronti dell’impresa, inoltre, non deve essere stato disposto il commissariamento, né la stessa
può essere destinataria di sentenze di condanna o misure cautelari per gli illeciti amministrativi dipendenti dai reati di cui al DLgs n. 231/2001 relativo alla responsabilità amministrativa delle società e degli enti. Tra gli illeciti che l’impresa non deve aver commesso nel biennio precedente a quello della richiesta, vi sono inoltre quelli relativi all’antitrust, al codice del consumo, alle norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, alle violazioni degli obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori. L’azienda richiedente non dovrà inoltre avere subito accertamenti di un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato, né avere ricevuto provvedimenti di revoca di finanziamenti pubblici per i quali non abbia assolto gli obblighi di restituzione. Dovrà poi dichiarare di non essere destinataria di provvedimenti sanzionatori dell’ANAC di natura pecuniaria e/o interdittiva e che non sussistono annotazioni nel Casellario informatico delle imprese di cui all’art. 8 del DPR
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n. 207/2010 che implichino preclusioni alla stipula di contratti con la pubblica amministrazione o alla partecipazione a procedure di gara o di affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi o forniture. L’impresa dovrà in aggiunta dichiarare di effettuare pagamenti e transazioni finanziarie di ammontare superiore alla soglia di mille euro esclusivamente con strumenti di pagamento tracciabili. Quanto detto rappresenta però solo il livello minimo. Per passare invece a quelli superiori, e quindi a due o tre stellette, sono previsti ulteriori requisiti più severi. Tra questi, facendo un’elencazione meramente esemplificativa, vi sono: il rispetto dei contenuti del Protocollo di legalità sottoscritto dal Ministero dell’Interno e da CONFINDUSTRIA e quello sottoscritto dal Ministero dell’Interno e dalla Lega delle Cooperative, e a livello locale dalle Prefetture e dalle associazioni di categoria. A questo si aggiunge l’utilizzo dei sistemi di tracciabilità dei pagamenti anche per importi inferiori rispetto a quelli fissati dalla legge; l’impiego di processi per garantire forme di Corporate Social Responsibility; l’adesione a codici etici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni di categoria e molto altro ancora. Il Rating di legalità non ha però una durata infinita, anzi. Ha un termine di scadenza di due anni, è
rinnovabile solo su richiesta e può essere anche revocato anzitempo rispetto alla sua scadenza naturale qualora venissero meno gli elementi che ne danno diritto. L’Autorità mantiene aggiornato sul proprio sito l’elenco delle imprese a cui il Rating è stato attribuito, sospeso o revocato e ne indica i relativi tempi di decorrenza. Acquisire l’iscrizione e mantenerla non è affatto scontato. Eppure lo strumento sta riscuotendo un discreto successo, considerati i rigidi paletti d’ingresso. Nel 2014 si è registrato un boom di richieste, passate da 142 a 402 per un totale complessivo di 544 al 31 dicembre scorso. Dall’entrata in vigore dello strumento alla fine del 2014 sono stati attribuiti 271 rating, pari al 50% delle domande ricevute. Quasi la metà delle richieste provengono dal Nord (43,3%), il 22% dal Centro e il 31,7% dal Mezzogiorno e dalle Isole. Oltre il 62% sono concentrate in cinque regioni, con in testa la Sicilia (14%), seguita dalla Lombardia (13,2), dal Veneto (13), dal Lazio (12,3) e dall’Emilia-Romagna (10,3). Circa l’80% delle imprese realizza un fatturato tra i 2 e i 50 milioni di euro all’anno. Sono meno del 3% invece quelle che hanno un volume d’affari superiore ai 300 milioni. Per quanto concerne le ragioni sociali, invece, la quota maggiore è costituita da Società a responsabilità limitata (55,19%), seguite dalle Spa (31,39%). La mag-
gior parte ha meno di 100 addetti (78%), contro un 3% che occupa più di mille persone. In base al tipo di attività, circa il 25% delle imprese richiedenti opera in settori notoriamente più coinvolti in certi tipi di fenomeni illeciti, tuttavia non sono solo edilizia, trasporti e rifiuti ad essere interessati ad un simile riconoscimento. Il trend in forte crescita conferma la validità e l’efficacia di un meccanismo premiale in funzione della trasparenza e della libera concorrenza. Questo strumento si può quindi considerare un buon antidoto contro quella tassa occulta che è rappresentata dalla corruzione e che riguarda ogni settore, nessuno escluso. Ma è anche un fattore premiante per chi opera nel rigoroso rispetto delle regole e diverrà ogni giorno più importante anche in ragione dell’obbligo di utilizzo dello stesso da parte della pubblica amministrazione, in determinate sedi. Sebastiano Corona Nota Il Rating di legalità è assegnato dall’Autorità Garante della Concorrenza alle imprese virtuose che ne facciano richiesta e ha una durata di due anni. Il giudizio attribuito si esprime in stellette, laddove una stelletta rappresenta il minimo e tre il massimo. Nel 2015 si è registrato un boom di richieste (a pagina 28, photo © www.sternzaninsaperfare.it).
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Se per sostenibilità dei sistemi agroalimentari si intende l’aumento dell’IVA sulla carne L’ipotesi è stata proposta a un convegno organizzato dalla Fondazione ENI Enrico Mattei. In febbraio il progetto DYNAMIX verrà presentato a Bruxelles di Giulia Mauri
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el tardo pomeriggio del 7 ottobre, nella prestigiosa cornice del Padiglione Italia di Expo, si è tenuto l’incontro organizzato dalla FONDAZIONE ENI E NRICO M ATTEI (FEEM) “Sistemi agroalimentari sostenibili. Quali politiche per diminuire l’impatto dell’uso del suolo agricolo in Europa e ridurre gli sprechi di cibo?”. L’evento è stato completamente finanziato dal Settimo Programma Quadro dell’Unione Europea (FP7/2007-2013) nell’ambito del progetto di ricerca DYNAMIX. In termini generali, lo scopo del Progetto DYNAMIX (dynamixproject.eu) è quello di proporre politiche europee in grado di rendere più sostenibile la produzione nella UE. Il decoupling ANDREA BIGANO, della FEEM, ha spiegato il concetto che sta alla base del progetto: il cosiddetto decoupling. Si tratta di separare la crescita economica europea dal consumo delle risorse, salvaguardando o migliorando il benessere dei cittadini. Le risorse non sono illimitate e quindi un loro utilizzo sconsiderato ha ricadute su tutti gli ambiti, compresi quelli della crescita economica futura e sulle condizioni di vita dei cittadini. Bisogna riuscire a scollare il PIL dall’utilizzo delle risorse e dall’impatto ambientale. Occorre
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anche inserire nell’equazione la valutazione del benessere dei cittadini come voce a sé stante. Documento di riferimento a questo nuovo approccio è l’opera di ROCKSTRÖM et al. “Safe operating space for humanity” del 2009. Fra le risorse che dobbiamo gestire oculatamente e risparmiare c’è sicuramente anche la biomassa. «Dal 1900 al 2005 l’uso della biomassa è cresciuto di 5 volte», quindi non possiamo più procedere lungo questa strada. «Dobbiamo
agire. Dobbiamo intraprendere molte azioni: tutte sono corrette, ma devono anche essere compiute nel momento giusto e in coordinamento fra loro». In quest’ottica, il progetto considera corretti questi obiettivi europei per il 2050: abbassare la produzione pro capite di gas serra equivalente a solo 2 tonnellate annue di CO2; azzerare la domanda netta di terreno agricolo non UE per cittadino; ridurre la produzione di fosforo e azoto che oggi è in eccesso; eliminare la scarsità di acqua.
Il Parlamento italiano ha approvato definitivamente la legge a tutela della biodiversità. Secondo il ministro Martina il provvedimento conferma l’importanza cruciale dell’agricoltura per l’Italia e sottolinea il ruolo primario e insostituibile dei nostri agricoltori nel presidiare e conservare il territorio.
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La proposta F RANCESCO B OSELLO , che lavora presso la FEEM e l’Università degli Studi di Milano, ha presentato l’analisi quantitativa di un paio di proposte di decoupling discusse nell’ambito del progetto. L’analisi economica in DYNAMIX ha il compito di valutare i costi e i benefici delle azioni di decoupling per determinarne la percorribilità politica. Agricoltura e zootecnia in particolare utilizzano acqua, suolo ed “aria” attraverso l’emissione di gas serra. Tutte queste sono risorse limitate, quindi adottare politiche che stimolino la sostenibilità di queste attività produttive può avere effetti positivi sull’utilizzo delle risorse stesse. Bosello ha poi descritto le possibili conseguenze economiche di un ipotetico intervento politico a livello europeo, volto a intervenire nel 2020 sull’imposta sul valore aggiunto (IVA) della carne. La proposta consiste nell’imporre una tassazione sulla carne pari a quella esistente sui beni e servizi. Oggi invece l’IVA sulla carne è generalmente inferiore a quella definita per i beni e i servizi. Inoltre, oggi l’IVA sul prezzo della carne al consumatore è stabilita a livello nazionale, mentre Bosello propone di renderla omogenea in tutta la UE, livellandosi sul valore di quei Paesi in cui è più alta. Questo significa attestarsi su valori di poco superiori al 20%. In media, valutando tutti i Paesi UE, questo intervento comporterebbe un incremento dell’IVA sul consumo di carne pari a circa 12 punti percentuali. «Una volta messo in atto questo intervento, l’impatto immediato sulla produzione di carne nell’Unione sarebbe considerevole in Italia (–4%) e in generale nel resto della UE, con conseguenze particolarmente forti in Gran Bretagna e Irlanda (–7%)». Secondo la stima di Bosello, nel lungo periodo i consumi — e quindi la produzione di carne — risalirebbero, ma senza mai tornare ai livelli di consumi odierni. Secondo il ricercatore, l’esubero di produzione di carne in Europa potrebbe trovare uno sfogo nei mer-
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Il Progetto DYNAMIX mira a contribuire agli obiettivi della tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, soprattutto attraverso il disaccoppiamento assoluto dell’impiego delle risorse dalla crescita economica. Partito nel settembre 2012 e conclusosi a dicembre 2015, ha potuto contare su un finanziamento totale di 3.425.633 euro. È fissata per il 15 e 16 febbraio la conferenza finale, che si terrà a Bruxelles. Su uno dei siti dedicati (ec.europa.eu/environment/ecoap/about-eco-innovation/ policies-matters/eu/dynamix-project-maps-future-resource-use-pathways_it.htm), il progetto DYNAMIX viene spiegato così: partendo dagli studi di casi, il progetto è in grado di offrire alcune raccomandazioni sul giusto mix di politiche. Ad esempio, le politiche dovrebbero essere settoriali, ispirarsi a una conoscenza chiara di limiti e soglie, esaminare gli effetti globali dell’impiego delle risorse, tenendo conto anche delle importazioni d’oltremare, e basarsi su obiettivi chiari”. Al progetto partecipano otto enti di ricerca europei, fra questi la Fondazione ENI Enrico Mattei (FEEM) e il britannico Institute for European Environmental Policy (IEEP).
cati internazionali, moderando così l’impatto economico comunque negativo sul settore. «L’intervento sulla domanda interna è stato scelto di proposito perché, non penalizzando l’export, può in parte ridurre le perdite dei produttori di carne europei». Valutando i consumi di carne degli Europei al 2050 e comparandolo con i valori di oggi, Gran Bretagna e Irlanda vedrebbero un calo del 10-11% e tutta l’Europa di circa il 5,5%. «I consumi si sposterebbero — almeno parzialmente — su pesce, frutta e verdura». A detta del ricercatore, con questa misura economica si otterrebbe una riduzione di consumo di suolo, acqua e aria, si ridurrebbe la produzione di CO2 e di gas serra (di 24 milioni di tonnellate nel solo 2050) e si potrebbero ottenere anche dei miglioramenti nelle condizioni di salute degli Europei. Ma quale sarebbe l’effetto sul PIL? Per l’Italia e la UE in generale circa -0,05%, per alcuni Paesi come la Polonia -0,2%. «Viste le perdite di PIL contenute e nonostante l’impatto certamente ben più marcato a livello di settore, l’intervento potrebbe avere costi economici inferiori ai benefici. La riduzione delle emissioni di gas serra a livello europeo non avrebbe però effetti significativi sul valore assoluto delle emissioni a livello planetario».
Bosello ha anche proposto una seconda ipotesi di intervento: tassare al 20% l’utilizzo di pesticidi a fini agricoli sul territorio europeo dal 2020 in poi. Nell’immediato gli effetti dell’innalzamento della tassazione sarebbero di un -0,35% nell’utilizzo dei pesticidi e della produzione agricola nella sola Italia. Nel lungo periodo la riduzione si attesterebbe solo su un -0,15%, lo stesso valore che si registrerebbe a livello di tutta l’Unione. Tuttavia, la simulazione prevede anche che la produzione di pesticidi europei in assoluto aumenterebbe seppure di poco (0.01%), proprio grazie all’aumento dell’export. L’effetto sul PIL europeo della manovra sarebbe trascurabile (0,006%). In conclusione, le due proposte hanno «un effetto moderato sul PIL e sull’ambiente». A conclusione dell’evento ha parlato la filosofa FRANCESCA PONGIGLIONE, che lavora presso la FEEM e
“Ridurre l’inquinamento agricolo è un dovere primario dello Stato e deve essere conseguito anche se potrebbe portare ad un innalzamento dei costi dell’alimento per i cittadini”
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l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il suo compito era quello di valutare l’impatto delle proposte di Bosello sulla società, tenendo conto che il decoupling deve essere interpretato con etica, per garantire la tutela dei diritti umani delle popolazioni di oggi e di domani. Solo cambiando l’utilizzo delle risorse sarà possibile tutelare i diritti. Fra i diritti economici e sociali che eticamente bisogna garantire ai cittadini c’è anche il diritto alla salute. La salute non è semplicisticamente l’assenza di malattia e la disponibilità di cure mediche, ma prevede anche il contatto con un ambiente non inquinato e con una vita sana, una dieta sana e altri servizi sociali. Data la sua importanza e i suoi effetti provati sull’individuo, la nutrizione è una componente basilare del diritto alla salute. Di conseguenza, i governi hanno il do-
vere etico di rimuovere gli ostacoli all’accesso a un ambiente e a dei cibi sani. «Ridurre l’inquinamento agricolo è un dovere primario dello Stato e deve essere conseguito anche se potrebbe portare ad un innalzamento dei costi dell’alimento per i cittadini». Le critiche La proposta è stata accolta con molte critiche dal pubblico in sala. Il rappresentante di LEGAMBIENTE ha espresso la sua contrarietà a un aumento dell’IVA in quanto non costruttivo né strutturale. «Sembra più un modo di fare cassa per i governi, piuttosto che un intervento sui sistemi di produzione e l’utilizzo delle risorse». Anche MARTIN NESBIT dell’Institute for European Environmental Policy si è espresso contro l’aumento dell’IVA sulla carne perché «è un tipo di intervento che
La produzione di carne bovina, i consumi di acqua e l’estensione dei campi Come sempre avviene ultimamente, anche Andrea Bigano ha riportato i dati relativi a “l’acqua necessaria per produrre un chilo di carne bovina”. Si tratta di un dato impressionante, circa 15.000 litri, che si presta facilmente all’interpretazione scorretta. Questo valore, infatti, riassume la quantità totale di acqua necessaria. Oggi invece gli esperti, la FAO e altri enti di ricerca distinguono nettamente fra “l’acqua verde” (piovana, nevosa, che viene assorbita dalle piante oppure evapora); “l’acqua blu” (quella che si raccoglie nei fiumi e nelle falde); “l’acqua grigia” (necessaria per smaltire eventuali agenti inquinanti). Tenendo come buono il valore riportato (che sicuramente non è uguale per tutti i tipi di allevamento), nella produzione di carne bovina il 93% dell’acqua utilizzata è verde, pari a quasi 14.000 litri. Detto questo, il dato può assumere una nuova chiave di lettura: per produrre un chilo di carne è necessaria una rilevante quantità di pioggia e una rilevante superficie di suolo in grado di ricevere la pioggia e di produrre vegetazione. Se vogliamo continuare a produrre carne bovina, dobbiamo conservare ampie superfici di terreno fertile e non cementificato, soprattutto in quelle aree del pianeta in cui si hanno sufficienti precipitazioni. In Cina, ad esempio, per vari motivi solo il 15% del territorio è sfruttabile a fini agricoli e zootecnici. Per di più, negli ultimi anni l’urbanizzazione si è mangiata una quantità si territorio enorme. Questi elementi possono non essere estranei alla decisione di esercitare il land grabbing. L’Europa può prefiggersi l’obiettivo di divenire uno dei principali produttori mondiali di alimenti di origine animale perché occupa territori favorevoli ad agricoltura e allevamento, le sue produzioni sono salubri e di elevata qualità, il sistema normativo può regolamentare e tutelare efficacemente anche suolo, acque e “aria” preservando sostenibilità e produttività del settore nel futuro.
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colpisce negativamente le fasce più povere della popolazione». Si è anche detto d’accordo con il pubblico che ha sottolineato come a un innalzamento del costo della carne molto probabilmente conseguirebbe un innalzamento del consumo di junk food, il cosiddetto cibo spazzatura, con tutte le conseguenze che questo comporta. Inoltre, ha confermato l’importanza della salute animale — chiave di volta della sostenibilità — e l’elevata qualità della zootecnia europea. In quanto corrispondente per EUROCARNI, al termine degli interventi ho potuto prendere la parola nello spazio di tempo concesso agli stakeholder. I commenti da fare sarebbero stati veramente tantissimi, tuttavia bisognava riuscire ad essere concisi, focalizzati sui temi affrontati durante il pomeriggio ed efficaci. Quello che mi stupiva nelle relazioni ascoltate era l’assenza totale degli argomenti che oggi sono sempre affiancati al termine “sostenibilità” in agricoltura e zootecnia: efficienza, salubrità degli alimenti, salute e benessere animale, innovazione tecnologica... Valori che permettono alla zootecnia europea di essere ai vertici mondiali per sostenibilità e salubrità dei prodotti, oltre che per aspetti etici. L’approccio del convegno era completamente differente da quello a cui in questi ultimi anni sono stata abituata e di cui ho tanto letto e scritto. Le basi di partenza erano piuttosto superficiali: l’assioma “l’allevamento inquina, quindi per inquinare meno alleviamo di meno” è quanto meno semplicistico e massimalista. In certi momenti il dibattito ha assunto toni paradossali: in un Paese come l’Italia, con rilevanti problemi di inquinamento come la Terra dei Fuochi o la valle del fiume Sacco, il problema primario non è l’inquinamento agricolo (che sicuramente esiste, ma che si può gestire), bensì l’agricoltura su terreni inquinati. Il problema è stato capovolto e le sue dimensioni stravolte. Eppure sono questi i messaggi che circolano fra i non addetti ai lavori. C’è un abisso fra le conoscenze e le posizio-
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ni di chi studia il fenomeno (FAO, OMS/OIE, università e centri di ricerca specializzati) e chi no. Le campagne mediatiche partigiane e il tamtam sui social network hanno completamente distorto la visione della realtà a chi non studia la materia, indipendentemente dal suo livello culturale. Non serve a nulla che io elenchi qui tutti i distinguo, le differenze, i però e i ma che servono a presentare nel modo più completo e veritiero realtà complesse e sfaccettate come l’allevamento e l’agricoltura. Chi legge EUROCARNI li conosce già e meglio di me. Ma chi non sa nulla del settore, non conosce gli sforzi degli allevatori per adeguarsi alle norme europee, non conosce il valore etico, ambientale ed economico di queste norme e non leggerà mai questo articolo. Possiamo dire che stiamo vivendo una guerra e che almeno la prima battaglia l’abbiamo già persa. La società si è polarizzata fra buoni e cattivi e i cattivi sono tutti coloro che operano nell’allevamento e nell’agricoltura. Sono loro che inquinano, maltrattano e rubano anche i soldi dei fondi europei. Eppure dati FAO dicono che ben il 30% della produzione di alimenti va sprecato (attorno al 10-11% per quanto riguarda la carne e i prodotti animali) e che questo vergognoso spreco si concentra soprattutto nella fase dei consumi, nelle case e nei frigoriferi di chi non si assume le responsabilità della propria quota di inquinamento. Il clima è incattivito al punto che al convegno sul Precision Livestock Farming (Milano, 15-18 settembre 2015) JÖRG HARTUNG, professore presso l’Istituto per l’igiene, il benessere e il comportamento degli animali da reddito dell’Uni-
versità di Hannover, ha affermato che l’immagine degli allevatori nella società di oggi è poco apprezzata, la loro posizione è relegata in fondo, tanto che «esistono allevatori in Germania che raccomandano ai loro figli di non dire a scuola quale sia il lavoro che fanno la mamma e il papà». Come già affermava alcuni anni fa TEMPLE GRANDIN, «oggi gli attivisti non puntano più a un miglioramento delle condizioni degli animali da reddito, bensì mirano all’annichilimento del settore». L’approccio alla questione è davvero di pancia e stupisce che una tale veemenza non colpisca altri settori, con rilevanti responsabilità e legati a beni “più voluttuari” della produzione di alimenti come ad esempio l’edilizia, i trasporti o l’energia. Martin Nesbit ha notato come spesso si sorvoli sullo sfruttamento e il consumo di suolo a scopi non alimentari come ad esempio la produzione di bioenergie o di biodiesel. Eppure in Europa questo tipo di coltivazioni ormai occupa più del il 25% dei terreni. Sono dati della FAO, riportati da ANNE MOTTET, Livestock Policy Officer della FAO al convegno sul Precision Livestock Farming; eppure spesso queste produzioni ricevono ancora contributi pubblici, una situazione che la FAO non approva. La cementificazione è sicuramente la principale causa di consumo di suolo. Dati attendibili riportano che ancora oggi in Italia vengono cementificate ogni anno grandissime estensioni di territorio, mentre il progetto di legge chiamato “Consumo di suolo zero” rimanda al 2050 questo traguardo. Nel modo di pensare comune di oggi in Occidente allevamento e zootecnia non sono risorse stra-
“Nel modo di pensare comune in Occidente allevamento e zootecnia non sono risorse strategiche. La disponibilità di cibo è una cosa ovvia. Eppure, in un mondo in cui la popolazione aumenta sempre più e il clima diventa sempre più difficile, allevamento e zootecnia mantengono veramente il valore di risorse strategiche, da tutelare in ogni modo. Da migliorare sì, ma non da combattere”
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tegiche. La disponibilità di cibo è una cosa ovvia (o forse non si sa più bene da dove provenga il cibo). Eppure, in un mondo in cui la popolazione aumenta sempre più e il clima diventa sempre più difficile, allevamento e zootecnia mantengono veramente il valore di risorse strategiche, da tutelare in ogni modo. Da migliorare, certo, ma non da combattere. Se la zootecnia europea subisse interventi così punitivi come quelli proposti, si perderebbero aziende, posti di lavoro, ma soprattutto si rinuncerebbe a valori importanti quali la tutela del benessere animale, la salubrità dei prodotti, la sanità animale e si perderebbero quote di mercato internazionale, a tutto vantaggio di altri Paesi in cui questi valori non raggiungono le nostre dimensioni. Paradossalmente l’inquinamento aumenterebbe a livello globale e l’Europa si troverebbe priva di una risorsa strategica come la sicurezza alimentare e l’approvvigionamento di un bene primario come il cibo. Per garantirsi un futuro sereno nella UE società civile, legislatore e operatori del settore devono cooperare. I produttori devono avere la possibilità di investire per migliorare le loro rese con la ragionevole garanzia di poter continuare a operare nel prossimo futuro. Il legislatore deve porre successivi obiettivi raggiungibili in un’ottica di miglioramento continuo. La società civile deve assumersi le sue responsabilità, riconoscere i traguardi raggiunti e supportare il miglioramento. Esistono numerose possibilità per stimolare l’ammodernamento del settore: ad esempio, Anne Mottet ha proposto di introdurre facilitazioni sul mercato per gli allevamenti più efficienti. Esiste la produzione biologica, che è una valida alternativa etica e ambientale alla produzione intensiva. Esistono il buon senso e il buon gusto che ci dicono di non mangiare carne tutti i giorni e di abbondare con frutta e verdura freschi. Ma per favore non alziamo il prezzo della carne! Giulia Mauri
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SLALOM
Previsioni UE d’autunno, terrorismo e flessibilità di Cosimo Sorrentino
N
el momento in cui venivano pubblicate le previsioni economiche d’autunno della Commissione europea, e dalle quali emergeva un rafforzamento della crescita della zona euro, l’intero mondo si fermava di fronte all’attacco terroristico di Parigi. Una tragedia questa che, indubbiamente, può costituire un peso negativo sulla fiducia ed alzare il livello di incertezza sulla ripresa, in particolare riguardo all’accumulo di capitali, come è stato affermato in sede OCSE, nel momento in cui
la zona euro deve già fronteggiare i venti contrari e non trascurabili del rallentamento delle economie emergenti. Tuttavia, le citate previsioni autunnali stimano una progressione del PIL dell’area euro dell’1,6% per il 2015 e dell’1,8% nel 2016, quando la crescita “aumenterà” e la disoccupazione e i deficit di bilancio dovrebbero diminuire, anche se i miglioramenti saranno diffusi in modo non uniforme. Per quanto riguarda l’Italia, ad esempio, i numeri, per il 2016, corrispondono,
in sostanza, a quelli contenuti nella legge di stabilità: 1,5% di crescita e 2,3% di deficit, leggermente difformi da quelli previsti dal nostro Governo (1,6% di crescita e 2,2% di deficit). La previsione della Commissione sul deficit è un po’ superiore, tenuto conto di una stima meno ottimistica riguardo il gettito fiscale, come sostenuto a Bruxelles. Inoltre, ci sono alcuni dubbi sul peggioramento del deficit strutturale, legato alla flessibilità che l’Italia ha chiesto per riforme ed investimenti. In proposito, anche la BCE, nel suo
Presidi della polizia a Parigi dopo gli attentati di novembre. La tragedia francese, avvenuta in un momento in cui le previsioni economiche prospettavano un rafforzamento della zona euro, può influire negativamente sulla ripresa (photo © www.chedonna.it).
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bollettino mensile, ha lanciato un monito sull’uso improprio della flessibilità, allorché afferma che “solo poche tipologie di riforme potrebbero effettivamente comportare costi di bilancio a breve termine e la flessibilità concessa dal Patto deve essere applicata con cautela”. La Commissione UE, da parte sua, ci sembra però apprezzare la strategia economica e le riforme in fieri, in aggiunta a quelle già attuate dal nostro Governo, poiché si intravedono segnali di disponibilità di un maggiore reddito. Ciononostante, nel momento in cui la Commissione UE ha potuto esaminare la proposta di legge sulla stabilità — tuttora all’esame parlamentare —, ha espresso sì un parere favorevole, ma condizionato ad un nuovo esame a primavera, con un monito forte sull’abolizione della Tasi sulla prima abitazione, aggiungendo che essa non è in linea con l’obiettivo di “raggiungere una struttura fiscale più efficiente, spostando il peso della tassazione dai fattori produttivi ad altre basi di reddito”. Viene poi evidenziato che le clausole sulla flessibilità per le riforme strutturali e gli investimenti non possono “essere usate per compensare i tagli della tassazione sulla proprietà immobiliare”, facendo intravedere così una deviazione rispetto al deficit concordato, allorché si era stabilito che la flessibilità si sarebbe dovuta usare per aumentare gli investimenti. L’Italia, in teoria, si presenta come l’unico Paese che può accedere alle tre clausole di flessibilità previste su investimenti, riforme e migranti, ma il via libera arriverà solo se esistono “un piano credibile di aggiustamento verso il pareggio e progressi sulle riforme”. Questo, a nostro parere, significa che la Commissione UE intravede che la manovra italiana per il 2016 sia a rischio di mancato rispetto del patto di stabilità, nonostante l’Europa, come sostenuto dal nostro Governo, riconosca ed apprezzi le riforme già attuate ed il consolidamento della ripresa, tenendo presente, d’altro canto, che il bilancio 2016 sia stato costruito “in
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modo coerente con il patto di stabilità”. Proprio in occasione dell’ultima riunione dell’Eurogruppo a fine novembre 2015, è stato confermato che il giudizio sulla legge di stabilità debba ritenersi sostanzialmente sospeso, poiché il nostro Governo dovrebbe adottare “misure aggiuntive” per essere certo di rientrare nei limiti del citato patto di stabilità, aggiungendo che si concorda con la valutazione della Commissione sul fatto che il bilancio italiano sia a rischio di inadempienza, invitando al contempo il nostro Governo a prendere “misure aggiuntive per permettere un miglioramento dello sforzo strutturale di bilancio”, per il quale, in teoria, servirebbe uno 0,4% di PIL. L’Eurogruppo medesimo, costituito, come noto, dai ministri delle finanze della zona euro, ha anche preso nota del fatto che l’Italia riempie tutti i criteri necessari per ottenere una “deviazione temporanea addizionale”, grazie alla flessibilità prevista per riforme ed investimenti. L’esecutivo comunitario farà una valutazione nella primavera 2016. Intanto, il rischio prolungato di un’Europa alle prese con problemi relativi al terrorismo internazionale potrebbe alterare lo scenario economico e determinare una fragilità della ripresa. Nel citato rapporto sulle previsioni autunnali la Commissione ha indicato tre rischi esterni e quattro interni: i primi riguardano il rallentamento delle economie dei Paesi emergenti ed un atterraggio duro (hard lending) dell’economia cinese, sorprese sulla normalizzazione della politica monetaria americana, tensioni geopolitiche. I rischi interni concernono l’incertezza derivante da Brexit, una ricaduta della Grecia ed investimenti per il disindebitamento delle imprese e dell’ampiezza dei crediti bancari, nonché l’afflusso di migranti. Lo scenario non è semplice e la strada che il Governo dovrà percorrere è ancora lunga, ma non ci vorrà molto tempo per comprendere se verranno evitati gli ostacoli che vi si frappongono. Cosimo Sorrentino
LEGISLAZIONE
L’agricoltura si fa sociale di Sebastiano Corona
C’
è stato un momento storico, non troppo lontano, in cui si è erroneamente creduto che la campagna fosse un luogo da abbandonare per ben altri lidi, più dignitosi e soddisfacenti sotto tutti gli aspetti. La terra fu vista come uno spazio in cui si dovessero rifugiare tutti coloro che non erano in grado di fare di meglio nella vita. Non a caso ci portiamo dietro, nel linguaggio comune, modi di dire e frasi fatte denigratorie per chi in campagna e dalla campagna vive. “Braccia strappate all’agricoltura” o “grezzo come un pastore” non solo la dicono lunga sull’idea del valore della campagna, ma sottintendono che non si è mai avuta la giusta considerazione di un comparto senza il quale nulla potrebbe esistere. Un comparto che, non a caso, prende il nome di “primario”. Ebbene, quell’agri-
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coltura che è sempre in divenire e che oggi si sta fortunatamente riscoprendo, non solo o non tanto per costrizione ma anche per passione, oggi in Italia si arricchisce di un nuovo riconoscimento in ambito legislativo. L’ultimo sforzo di questo Governo, che ha visto il consenso e l’appoggio di numerosi parlamentari, oltre che del MIPAAF, introduce alcune novità in termini di normativa codificando in certo qual modo delle prassi che già nei fatti esistevano da tempo. La Legge n. 141 del 18 agosto scorso definisce l’agricoltura “sociale”, quale aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole finalizzato ad una serie di interventi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento lavorativo a favore di individui, famiglie e comunità. La norma annovera, infatti, tutte le attività che si possono
definire di agricoltura sociale, quali: l’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e lavoratori svantaggiati, persone svantaggiate e minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione sociale; le prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali
“Sono entrate in vigore le nuove disposizioni normative che ridisegnano la multifunzionalità delle imprese agricole finalizzate allo sviluppo di interventi e servizi sociali tali da garantire a persone, famiglie e comunità le prestazioni essenziali”
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attraverso l’uso di risorse materiali ed immateriali dell’agricoltura; le prestazioni e i servizi terapeutici (anche attraverso l’ausilio di animali e la coltivazione delle piante); le iniziative di educazione ambientale ed alimentare, nonché la salvaguardia della biodiversità animale in cui si includono le fattorie sociali e didattiche. Nell’attuazione di progetti che traducano in pratica le finalità della norma avranno un ruolo fondamentale gli enti pubblici, che costituiranno la rete locale delle prestazioni e dei servizi. Le Regioni, per esempio, nell’ambito dei Piani di Sviluppo Rurale, possono promuovere specifici programmi per la multifunzionalità delle imprese agricole, con particolare riguardo alle pratiche di progettazione integrata territoriale e allo sviluppo dell’agricoltura sociale. Avranno un ruolo importante anche i Comuni, che possono prevedere specifiche misure di valorizzazione dei prodotti provenienti dall’agricoltura sociale nel commercio su aree pubbliche. Saranno altresì coinvolte le istituzioni che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere, che possono inserire, come criteri di priorità per l’assegnazione delle gare di fornitura, la provenienza dei prodotti agroalimentari da operatori di agricoltura sociale. Allo stesso modo, gli enti pubblici possono prevedere criteri di priorità per favorire lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale nell’ambito delle procedure di alienazione e locazione dei terreni pubblici agricoli e possono dare in concessione, a titolo gratuito, anche agli operatori dell’agricoltura sociale, i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Infine, il MIPAAF istituisce l’Osservatorio sull’agricoltura sociale, tra i compiti del quale rientrerà quello di definire le linee guida in materia, eseguirne il monitoraggio e la comunicazione e coordinarne iniziative e attività all’interno di una comune politica economica rurale. La multifunzionalità è diventata una peculiarità attuale del primario.
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Volti e momenti dell’agricoltura sociale (photo © Massimo Vollaro, www.tusciaup.com). L’agricoltura si presta ad attività collaterali non solo per sua natura, ma anche per l’esigenza forte sorta negli ultimi decenni di integrazione dei redditi da parte degli imprenditori, soprattutto dei più piccoli. In Italia il primario è il fattore strategico in qualunque politica di sviluppo e valorizzazione del territorio. Lo è dal punto di vista produttivo, ma anche ambientale e turistico. Ha un ruolo fondamentale nella biodiversità animale e vegetale, nella didattica, nell’aspetto faunistico e venatorio di qualunque area, nella conservazione del patrimonio paesaggistico, nel risanamento ambientale, nella mitigazione dei cambiamenti climatici, dell’assetto idrogeologico, nella fruizione del reticolo idrografico minore, nella forestazione, nell’energia alternativa e in molti altri ambiti. E lo è da tempo nel contesto sociale, dove da oggi esiste un riconoscimento e una disciplina ufficiale. «Il tentativo è quello di dotare il Paese di uno strumento legislativo che sia un’opportunità non solo sul piano sociale, ma anche su quello economico», osservano dall’Esecutivo. E in effetti la norma attribuisce un ruolo al lavoro di decine di migliaia di persone che già operano nei termini descritti sul territorio e che richiedevano da tempo il giusto riconoscimento. Con questo si dà anche alle aziende agricole un taglio di sempre maggiore multifunziona-
lità, in cui la mera produzione e la trasformazione a fini prettamente commerciali si pongono talvolta in secondo piano rispetto ad una serie di altri aspetti ed elementi. L’agricoltura sarà strumento prezioso di tutela della persona e affermazione della sua dignità, in un’attività sinergica finalizzata ad obiettivi economici, ma anche a scopi più prettamente sociali. Le finalità sono nobili e la speranza è quella che l’intento del legislatore sia davvero rispettato sino in fondo, anche nella fase operativa della norma, senza le storture e le deformazioni che anche la migliore delle leggi talvolta può generare. Uno dei rischi potrebbe per esempio essere quello che si usi il sociale solo dal punto di vista nominale, svilendo la ratio della norma e mortificando coloro che ne dovrebbero essere tutelati. L’Italia, purtroppo, di esempi così ne ha un’infinità, ma ci si aspetta che non sia questo il caso. Sebastiano Corona Nota A pagina 38 la tenuta Genagricola Torre Rosazza (UD). Genagricola, la più estesa azienda agroalimentare italiana che fa capo a Generali Italia, ha stipulato lo scorso luglio un accordo di collaborazione con la Comunità di San Patrignano per lo sviluppo di un progetto di agricoltura sociale (photo © assinews.it).
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ASSEMBLEE
UNICEB: la miglior difesa è l’attacco (con la LILT come alleato) La 46a assemblea annuale dell’Unione degli operatori del comparto delle carni, fondata nel 1969 da Renzo Fossato e oggi presieduta da Carlo Siciliani e diretta da Clara Fossato, è stata l’occasione per mettere a fuoco i temi più caldi in materia di consumi, internazionalizzazione, sanità animale, PAC e TTIP, e presentare un’alleanza con la Lega Italiana per la Lotta ai Tumori che segnerà, finalmente, una svolta contro la strumentalizzazione della carne a livello mediatico di Elena Benedetti
S
i è svolta a Roma lo scorso 3 dicembre, presso il Westin Excelsior Rome di via Vittorio Veneto, la 46a Assemblea Generale di UNICEB, l’unione che dal 1969 rappresenta importatori, esportatori, allevatori, industriali e grossisti del mondo delle carni. Presieduta da CARLO SICILIANI, che lo scorso anno ha preso il posto del DOTT. RENZO FOSSATO, e diretta dal segretario generale CLARA FOSSATO, l’assemblea 2015 è stata caratterizzata da una nuova e dinamica visione dell’attività che vuole affrontare sul campo della comunicazione il valore essenziale delle carni. Insieme contro l’effetto OMS L’appuntamento annuale dell’associazione ha avuto luogo a poco più di un mese dall’onda di polemiche e allarmismi alimentati dai media a seguito delle pubblicazioni dell’OMS in relazione al rischio della salute associato al consumo di carni fresche e trasformate. Questo problema ha acuito le difficoltà in cui versa il settore, in particolar modo quello del bovino, che quest’anno
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ha registrato un ulteriore calo dei consumi. L’effetto OMS non poteva quindi non condizionare la defini-
zione dei contenuti che sono stati oggetto dell’assemblea pubblica. Tantissima la “carne al fuoco”,
Clara Fossato e Carlo Siciliani, rispettivamente segretario generale e presidente UNICEB, e l’oncologo Francesco Schittulli, presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, hanno ufficializzato la costituzione di un protocollo di intesa tra UNICEB e LILT sugli indirizzi per una corretta alimentazione e la creazione di un tavolo tecnico-scientifico per la corretta informazione sul consumo di carni rosse. Un’azione importante per la tutela di un’industria che troppo spesso è in balia degli isterismi collettivi alimentati dai media.
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presentata da relatori di grande spessore, che hanno portato una riflessione e una visione strategica sui temi più attuali: dalla fotografia di un comparto in sofferenza per produzione e consumi, agli scenari internazionali con il negoziato TTIP e le opportunità dei nuovi mercati emergenti, alla necessità di una maggiore armonizzazione delle barriere sanitarie in Europa fino all’evoluzione della PAC. Ma forse la notizia che più desterà interesse, anche fuori dai confini del comparto carni, è un’alleanza che è stata ufficializzata proprio al Westin Excelsior Rome tra UNICEB e LILT, la Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, con un protocollo di intesa sugli indirizzi per una corretta alimentazione, e con la creazione di un tavolo tecnico-scientifico per la corretta informazione sul consumo di carni rosse. Si tratta di un passo importante per la tutela di un’industria che troppo spesso è in balia degli isterismi collettivi alimentati dai media. Procediamo con ordine e ripercorriamo insieme i passaggi più rilevanti dell’assemblea di UNICEB. Carlo Siciliani: l’unione fa la forza Sbrigati i lavori assembleari interni, Carlo Siciliani ha dato il benvenuto ai numerosi associati, che, nonostante la sede romana — necessaria per agevolare i relatori impegnati nella Capitale —, hanno aderito
La presentazione del prof. Francesco Schittulli è stata seguita (e fotografata) con grande attenzione dai partecipanti dell’assemblea UNICEB. con l’abituale partecipazione e interesse. «Da anni stiamo assistendo ad una crisi profonda che coinvolge tutti gli operatori delle carni» ha esordito senza mezzi termini il presidente. «A ciò si aggiunga un cambiamento nelle abitudini di consumo della carne da parte degli Italiani, sempre più attenti al prezzo. Oggi più che mai, quindi, abbiamo bisogno di sostegno da parte delle istituzioni con le quali sarà necessario dialogare e farsi ascoltare, e la nostra associazione dovrà essere la nostra voce. Dobbiamo fare tanto e riprenderci il giusto ruolo ed attenzione che ci spetta, in quanto il nostro
è un settore importante nell’ambito della filiera agroalimentare. Chiediamo misure strutturali di sostegno, sul mercato nazionale con adeguate campagne di informazione e sui mercati esteri con misure che ci permettano di rispondere con maggiore competitività alla crescente domanda dei Paesi Terzi importatori, in particolare quelli dell’area mediterranea ed asiatica» ha sottolineato Siciliani, precisando che UNICEB si farà portavoce dei bisogni e delle problematiche dei propri associati, agendo da stimolo con idee e azioni volte a rappresentare tutti gli anelli della filiera delle carni. «Dalla sua fondazione, nel
Industria alimentare — Fatturato dei comparti zootecnici Comparto
2014 (milioni di euro)
%
Carni bovine
5.850
4,40
Carni suine e salumi
7.950
6,00
Carni avicole
5.650
4,30
15.120
11,00
Olio
3.200
2,40
Vino
12.350
9,40
Altro (pasta, dolciario, caffè, ecc…)
82.840
62,50
132.960
100,00
Lattiero-caseario
Totale Fonte: Ismea.
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1969 l’UNICEB ha sempre rappresentato tutti gli anelli della filiera, garantendo una visione d’insieme che oggi più che mai è fondamentale, dato che un comparto non può prescindere dall’altro». In relazione al rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Siciliani ha ribadito forte e chiaro che «è stato inferto un colpo durissimo al settore e, ad oggi, non possiamo ancora valutare quanti danni questo rapporto ha determinato e quanto si potrà recuperare in futuro. Un colpo che si inserisce in un quadro di crisi profonda della filiera carni che dura da anni. Sentiamo parlare di ripresa dell’economia, di leggera crescita e ripresa dei consumi alimentari, ma noi continuiamo a registrare il calo dei consumi, in particolare delle carni bovine, la chiusura delle stalle, dei macelli nonché di tanti altri soggetti della nostra filiera», ha asserito il presidente dell’UNI-
CEB, secondo il quale si tratta di una situazione che richiede di farsi sentire dalle istituzioni, rafforzando la voce dell’Unione. «Le sinergie che possiamo creare tra le nostre aziende sono indispensabili per dare peso alla nostra associazione e per raggiungere risultati importanti». Clara Fossato: formare e informare per sostenere un comparto volano dell’agroalimentare Il segretario generale di UNICEB Clara Fossato, nel prendere la parola ha ribadito un concetto forte e chiaro: il comparto totale delle carni in Italia rappresenta il 15% del fatturato totale dell’industria agroalimentare ed è volano di un settore che nel complesso produce 132.960 milioni di euro (dato 2014, fonte ISMEA). La dottoressa Fossato ha quindi illustrato nel dettaglio le diverse azioni intraprese dall’UNICEB nel corso del 2015. «Azioni che hanno voluto rispondere a due
quesiti fondamentali: come rilanciare i nostri settori che rappresentano una parte essenziale di un settore economico produttivo e primario del nostro Paese, quale è quello dell’agroalimentare, e come rispondere agli attacchi contro il mondo delle proteine animali». Fossato ha ricordato il lavoro di UNICEB per l’internazionalizzazione delle imprese e sul fronte della PAC, nonché su quello delle modifiche al regolamento relativo ai controlli, ed ha fatto il punto su BSE e Blue Tongue. Da ultimo, il segretario generale è tornato sulla questione della monografia dello IARC, «che è solo il più recente episodio di cattiva gestione della comunicazione in ambito scientifico ma che, di contro, ha messo in evidenza ancora una volta la mancanza, da parte del nostro settore, di un’adeguata capacità di fornire un contraltare che rilanci una informazione corretta e equilibrata».
Molto seguito dagli associati UNICEB l’intervento di Paolo De Castro, parlamentare europeo e membro della Commissione Agricoltura e dello Sviluppo rurale, oltre che membro della delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti. «La carne ha un interesse strategico fortissimo» ha ribadito De Castro.
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Nel corso dell’assemblea UNICEB la presidente della FIDA Donatella Prampolini ha portato il saluto ai presenti da parte del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli. Tra il pubblico ricordiamo anche Fausto Martinelli e Claudio Versienti di Agecontrol, Giulio Usai di ASSALZOO, Gianpaolo Angelotti di Fiesa-Confesercenti, Alberto Giombetti e Giacomo Sisinni di CIA, Elide Stancari di Confagricoltura, Vincenzo Lenucci, Daniele Mezzogori, Agostino Macrì dell’Unione Nazionale Consumatori, Aldo Muraro e Lara Sanfrancesco di UNAItalia, Giuseppe Borin di Azove, i rappresentanti della Cooperativa Scaligera e Claire Farrell di Bord Bia Italia. Per Fossato, occorre prendere atto delle mutate sensibilità dei consumatori e puntare su formazione e informazione come due capisaldi strategici. «Occorre fare squadra per rendere possibile ai nostri prodotti di raggiungere nuovi mercati; fare chiarezza sul fatto che le nostre filiere rappresentano una eccellenza; lavorare affinché i casi isolati smettano di compromettere l’immagine dell’intera categoria e per divulgare che il benessere animale è parte integrante del nostro sistema; fare chiarezza sulla correlazione tra cancro e carne». Il segretario generale di UNICEB ha poi sottolineato che occorre dare visibilità e valore aggiunto al prodotto carne per far sì che il consumatore avverta questo plus di prodotto. E tutto ciò senza dimenticare la fascia più giovane, con cui si può entrare in contatto attraverso i social.
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Paolo De Castro: abbandoniamo il ruolo difensivo e passiamo all’attacco Molto atteso dagli associati UNICEB l’intervento di PAOLO DE CASTRO, parlamentare europeo e membro della Commissione Agricoltura e dello Sviluppo rurale, oltre che membro della delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti. Chiaro e incisivo come suo solito, De Castro ha ribadito il suo invito a «non scaricare sull’UE responsabilità che sono in primo luogo nazionali» e dovute, da una parte alle difficoltà della dialettica Stato-Regioni e, dall’altra, alla presenza di «sigle, sigle e sigle che oltretutto si fanno la guerra». De Castro ha quindi parlato dei vari accordi bilaterali di libero scambio che l’UE sta negoziando, non solo il TTIP con gli Stati Uniti, ma anche con India, Messico, Nuova
Zelanda, Giappone, solo per citarne alcuni. «Nella costruzione della linea europea in questo contesto, però, non vedo da parte nostra una grande presenza», ha detto, invitando anche le organizzazioni italiane dell’agroalimentare a farsi avanti con proposte concrete e unitarie per quel che riguarda la revisione di medio termine della PAC, prevista per la primavera 2016 e che, a suo avviso, potrebbe modificare in modo significativo l’attuale assetto. «Andando oltre tutta la strumentalizzazione e disinformazione mediatica che si sta facendo da tempo in materia di TTIP, ricordiamoci bene che tra gli USA e l’Europa passa un terzo del commercio mondiale di beni e servizi, il che si traduce in oltre 700 miliardi di euro scambiati» ha ricordato De Castro, puntualizzando poi che «in questo
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scenario è l’Europa ad avere il saldo attivo!». Nel comparto agroalimentare questo scambio è pari a 25 miliardi di euro, con un trend in crescita anno dopo anno e un saldo di circa 6 miliardi di euro. «Il valore in sé è ancora contenuto ma le potenzialità sono a dir poco enormi, anche se le problematiche sono di tre tipi: barriere tariffarie (sia in termini di quota che di dazi), limitazioni sul fronte della sicurezza alimentare (un esempio su tutti, in materia di Listeria gli USA hanno la tolleranza zero) e la questione del riconoscimento delle indicazioni geografiche e dell’Italian sounding, quest’ultimo un annoso problema che penalizza parecchio il nostro export». Interessante anche la riflessione che De Castro ha fatto sulla tempesta mediatica esercitata dal rapporto OMS. «I giornali non si vendono con le notizie positive» ha ricordato il parlamentare europeo, sottolineando che «non dobbiamo svolgere un ruolo di difesa. Questo è un atteggiamento tutto italiano!» ha poi detto, ricordando che occorre essere più incisivi nel ribadire con forza le proprie posizioni. Tornando al tema degli accordi bilaterali, De Castro ha confermato la volontà di JOHN CLARKE, direttore dell’Unità Relazioni Internazionali Bilaterali presso la DG Agri a Bruxel-
les, di organizzare gli accordi perseguendo una visione europea. In questo contesto le proteine animali sono determinanti. «La carne ha un interesse strategico fortissimo» ha ribadito De Castro, aggiungendo che «per contro ci sono parecchi interessi difensivi, come ad esempio la posizione degli USA che sperano di ottenere un aumento della quota di export del high quality beef. Dobbiamo avere un atteggiamento più aggressivo, soprattutto con i mercati emergenti» ha quindi precisato riferendosi soprattutto alla Russia. Silvio Borrello: superiamo le barriere sanitarie in materia di zootecnia Riprendendo il tema degli accordi commerciali con i Paesi terzi, SILVIO BORRELLO, direttore generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero della Salute, ha fatto presente che questi non sono negoziabili «se non si parte da garanzie sanitarie a difesa del patrimonio zootecnico. Insomma, prima si pensa agli animali e poi agli esseri umani», ha asserito Borrello. Questa difesa, però, non sempre si basa sugli standard dell’Organizzazione internazionale della Salute Animale (OIE), ha ricordato il direttore generale, e, in determinate occasioni, ci si trova di fronte a decisioni più o
Clara Fossato nel corso del suo intervento. A sinistra, Paolo De Castro, Carlo Siciliani, Francesco Schittulli e Silvio Borrello.
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Silvio Borrello, direttore generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero della Salute. meno arbitrarie. In questo senso, ha sottolineato Borrello, «è necessaria un’attività politica intensa a livello di affari esteri». Il direttore generale ha ricordato come molti paesi abbiano “addetti agricoli veterinari”, un’ipotesi che era stata avanzata anche in Italia alcuni anni fa, «ma noi non siamo stati lungimiranti. Va bene l’Agenzia ICE, vanno bene le risorse per l’internazionalizzazione, ma se non c’è in loco supporto tecnico si rischia di non fare niente», ha affermato. Borrello ha quindi fatto un excursus delle principali questioni di cui si sta discutendo a livello di Unione Europea, soffermandosi in particolare sul regolamento relativo ai controlli ufficiali ed ha fatto il punto su BSE e Blue Tongue. Francesco Schittulli, LILT: con un protocollo di intesa il mio contributo medico scientifico per fare chiarezza sul consumo delle carni Il presidente di UNICEB Carlo Siciliani ha lanciato la proposta e il PROF. FRANCESCO SCHITTULLI, oncologo e presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori (LILT), unico ente pubblico su base associativa esistente nel nostro Paese impegnato nella lotta ai tumori,
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ha aderito senza esitazione. Di che cosa si tratta? Dell’istituzione di un protocollo d’intesa tra LILT e UNICEB sugli indirizzi per una corretta alimentazione, nonché di un tavolo tecnico scientifico per una corretta informazione sul consumo di carni rosse. Il prof. Schittulli è intervenuto all’assemblea dell’UNICEB con una serie di puntualizzazioni su che cosa davvero dice la recente monografia dello IARC-OMS in materia di legame tra cancro e consumo di carni rosse fresche o lavorate. L’oncologo ha dichiarato che «le carni rosse non vanno demonizzate ma consumate senza eccessi. Io mangio carne tre volte a settimana — ha raccontato Schittulli alla platea di operatori del settore — e sono oncologo da 40 anni», rilevando che lo stesso IARC ha precisato che la carne è importante dal punto di vista nutrizionale e che costituisce un alimento necessario soprattutto per l’apporto di grassi saturi, vitamina B12 e ferro. Il prof. Schittulli ha quindi messo in luce come il rischio scatti per consumi elevati di questi alimenti, così come, ha puntualmente fatto presente — si può dire del vino o praticamente di qualsiasi altro prodotto, e di come i consumi medi italiani siano ben al di sotto delle soglie indicate dalla stessa OMS e dal Centro Internazionale per la Ricerca sul Cancro.
Considerato questo dato, «viene da chiedersi perché qui da noi si sia fatto tutto questo rumore. Evidentemente ci piace farci del male», ha detto il presidente della LILT con una buona dose di ironia. L’intervento di Schittulli, molto applaudito e atteso dai soci e dagli ospiti che hanno assistito alla parte pubblica dell’assemblea dell’UNICEB, è un punto di svolta concreto e importante per la lotta alla disinformazione in materia di carne. Felice Assenza: dobbiamo darvi gli strumenti per aprirvi all’export Direttore generale delle Politiche Internazionali e dell’Unione Europea del MIPAAF, FELICE ASSENZA ha concluso la serie di interventi ripercorrendo il negoziato PAC e rivendicando i passi avanti fatti rispetto alla formulazione originaria della proposta ed ha garantito l’attenzione “altissima” del Governo nei confronti del comparto, il sostegno al quale, però, si scontra a suo avviso con un «problema di fondo» e cioè una «OCM vetusta» che prevede come unici strumenti di intervento gli ammassi pubblici o privati, mentre invece «la vera sfida è garantire il rischio di impresa». Assenza ha condiviso l’idea che serva una strategia comune e condivisa sul settore delle carni. «Dobbiamo esportare meglio e di più e
Felice Assenza, direttore generale delle Politiche Internazionali e dell’Unione europea del MiPAAF. dobbiamo fornirvi gli strumenti per farlo» ha detto Assenza ai partecipanti dell’assemblea generale di UNICEB. «In materia di export oggi ci sono un’infinità di barriere non tariffarie che ostacolano gli scambi commerciali, come ad esempio la scarsità di piattaforme logistiche» ha ricordato Assenza, precisando poi che «parecchio si sta facendo con il viceministro CARLO CALENDA del Ministero dello Sviluppo economico per accelerare l’export dei salumi all’estero». Elena Benedetti
LILT, chi è e cosa fa La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) è un ente pubblico su base associativa che opera sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, sotto la vigilanza del Ministero della Sanità e si articola in Comitati Regionali di Coordinamento. Essa opera senza fini di lucro e ha come compito istituzionale primario la prevenzione oncologica. L’impegno della LILT nella lotta contro i tumori si dispiega principalmente su tre fronti: la prevenzione primaria (stili e abitudini di vita), quella secondaria (promozione di una cultura della diagnosi precoce) e l’attenzione verso il malato, la sua famiglia, la riabilitazione e il reinserimento sociale. L’obiettivo della LILT è quello di costruire attorno al malato oncologico una rete di solidarietà, di sicurezza e di informazione. In questo senso i punti di forza della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori sono rappresentati dai 397 ambulatori dislocati su tutto il territorio nazionale e dai numerosi volontari al servizio della comunità. Attraverso le 106 sezioni provinciali la LILT persegue le proprie finalità sul territorio nazionale. >> Link: legatumori.it
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Manzo canadese on-line Volete sapere tutto sulla produzione di carne canadese? Il vostro sito è canadabeef.ca, sviluppato da CANADA BEEF, ente indipendente che rappresenta la filiera delle carni del Canada e che si occupa della promozione del bestiame e dei tagli carnei sui mercati esteri. Il sito fornisce dati e informazioni sulla filiera delle carni e sui vari canali del foodservice, retail e trasformazione (in basso,carne bovina canadese in vaschetta; photo © goo.gl/UxmvTi).
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2. Crefis, i trend della filiera suinicola Segnaliamo il portale di CREFIS, il centro di ricerche dell’Università Cattolica del S. Cuore fondato a fine 2009 per approfondire le problematiche economiche della filiera suinicola, in sinergia con le associazioni dei produttori e dei trasformatori. Accessibile all’indirizzo crefis.it, fornisce i prezzi dei suini da macello (pesanti, leggeri e da allevamento), i tagli freschi e i salumi, anche del circuito DOP e IGP.
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meat Benedetti
4. Pig Full Immersion a casa Spigaroli 3. La Cooperativa Scaligera sul web La realtà cooperativa di Mozzecane (VR), formata da un’ottantina di allevatori tra Verona, Vicenza, Mantova, Brescia e Treviso, è presente sul web con un’intensa attività di comunicazione, che si aggiunge agli obiettivi di controllo dell’intera filiera agroalimentare del proprio indotto: dall’acquisto dei capi bovini fino alla commercializzazione delle carni. Di questi tempi è sempre più condizione necessaria comunicare al consumatore la provenienza e la qualità delle carni, sfruttando i nuovi media e le moderne tecnologie. La COOPERATIVA ZOOTECNICA SCALIGERA, con coopscaligera.it, l’e-shop, la presenza sui social (Facebook) e la tracciabilità on-line dei propri prodotti è un bell’esempio per tutti.
Massimo Spigaroli, patron dell’ANTICA CORTE PALLAVICINA di Polesine Parmense (PR), mette a disposizione conoscenze e tecniche di produzione legate alla trasformazione della carne di maiale, invitando bottegai, salumieri, banconisti ed appassionati nell’azienda agricola di famiglia. Qui maiali neri di razza Nera parmigiana vengono allevati con i cereali coltivati sul posto, tra bovini di razza Bianca, anatre e faraone, vigneti di uva Fortana, pioppi, frutta e verdure di stagione. Per 6 giorni, dal 22 al 27 febbraio 2016, nell’Antica Corte si svolgerà una Pig Full Immersion, un viaggio nel mondo della salumeria, dalla storia dell’agricoltura agli antichi saperi sulla zootecnia suina, dalla produzione di salumi, alla conservazione e tecniche di servizio. Per info su costi e programma: fratellispigaroli.it
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Quanto sei Europeo… quando mangi? Mentre l’Expo, che per 6 mesi ha catalizzato l’attenzione dei media e non solo sul tema dell’alimentazione, ha chiuso i battenti, Qlik®, piattaforma leader nella visual analytics, ha presentato alcuni dati interessanti relativi alle abitudini alimentari in Italia e negli altri Paesi europei. Queste informazioni, insieme ad altre, sono state raccolte all’interno dell’applicazione “Quanto sei Europeo?”, per fornire una panoramica completa su somiglianze e differenze tra i vari Paesi. Navigando l’app gratuita si scoprono dati interessanti e talvolta inaspettati. La Spagna, ad esempio, si aggiudica il primato per consumo giornaliero di cibo e bevande, con un consumo pro capite di 4,4 kg, seguita al secondo e terzo posto da Danimarca (3,61 kg) e Germania (3,45 kg). L’Italia, forse prediligendo la qualità alla quantità, con un consumo di 2,17 kg, si posiziona soltanto al quindicesimo posto, con valori vicini a Slovenia (2,13 kg) e Estonia (2,05 kg). Ma nello specifico, come imbandiamo le nostre tavole? I dati mostrano che gli Europei prediligono la carne rispetto al pesce (vengono consumati giornalmente 3.108 kg di carne contro 527 kg di pesce) e gli Italiani sembrano seguire questa tendenza. Il popolo più “salutista”, almeno per quanto riguarda il consumo di frutta e verdura, sembra essere la Spagna, in testa per entrambe le categorie. A sorpresa, al secondo posto si classifica la Polonia, mentre l’Italia si trova in terza posizione per il consumo di verdura e al quinto posto per quello di frutta, sorpassata da Austria e Slovenia. Per quanto riguarda invece le bevande alcoliche, i più appassionati a drink e birra sembrano gli abitanti della Repubblica Ceca, con valori superiori ai 430,00 ml giornalieri, seguiti da Irlandesi (372,05 ml), Inglesi (313,8 ml) e Danesi (299,72 ml). I Paesi più sobri invece sono Ungheria, Lituania e Slovenia, rispettivamente con consumi di 70 ml, 69 ml e 55 ml., Qlik mostra anche quanto spendiamo in cibi e bevande. Se in Italia il prezzo medio per un cappuccino è di 1,50 euro, in Paesi come Cipro, Svezia, Finlandia, Inghilterra e Grecia il prezzo sale a 3,50 euro, e in Danimarca si arriva a pagare anche 4,50 euro. Quest’ultima si rivela il Paese più caro anche in fatto di ristoranti: una cena per due ha un costo medio di 71,5 euro. Non possiamo quindi lamentarci se in Italia arriviamo a pagare in coppia 56,50 euro! A meno che non confrontiamo il nostro menù con quello polacco, dove una cena a lume di candela non supera i 20 euro. >> Link: howeuropeanareyou.eu/it
I dati di Qlik® mostrano che gli Europei prediligono la carne rispetto al pesce e gli Italiani sembrano seguire questa tendenza.
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Al via la campagna digital “Montana, quando l’hamburger è di casa” Gli hamburger sono di fatto i nuovi protagonisti della cucina gourmet, una tendenza sempre più apprezzata dai consumatori e valorizzata non solo dai numerosi ristoranti specializzati, ma anche dai principali chef a livello internazionale e dal mondo sempre più numeroso dei food blogger. Montana, storico marchio del principale produttore italiano di hamburger, in linea con questa tendenza, ha lanciato la nuova campagna di comunicazione “Montana, quando l’hamburger è di casa” sui canali digital. Per l’occasione sono stati scelti 10 food blogger in 10 città diverse che, a casa loro, reinterpretano con creatività e un tocco tipico regionale il panino più famoso al mondo. Grazie ai 10 influencer, Montana fa così conoscere ai propri consumatori le caratteristiche qualitative e la praticità dei propri hamburger, che diventeranno la base per la creazione di ricette gourmet: tante proposte da realizzare nel contesto domestico, in famiglia o con gli amici. Attraverso le video-ricette tutti gli appassionati possono scoprire come preparare un ottimo hamburger da gustare in compagnia e condividere sui principali social di Montana: Facebook, Twitter, Instagram e YouTube. La prima video-ricetta è stata proposta dalla blogger piemontese CRISTINA SAGLIETTI (www.contemporaneofood.com), che si è cimentata nell’hamburger al bacon con i peperoni di Carmagnola. Qualità e sostenibilità degli hamburger Montana Italianità, basso impatto ambientale, maggiore apporto proteico, meno grassi: sono queste le caratteristiche principali degli hamburger Montana. Ciò che li contraddistingue è la filiera bovina integrata tutta italiana. La lavorazione è semplice: si inizia da tagli di muscolo intero dell’anteriore di bovino adulto, proveniente da allevamenti 100% italiani, si procede alla fase di macinazione della carne e si confeziona il prodotto in base alle varie ricettazioni, dagli hamburger al naturale a quelli insaporiti. Il presidio di tutta filiera bovina, dall’allevamento alla distribuzione del prodotto, permette a Montana di garantire controlli adeguati in ogni passaggio e di migliorare l’efficienza produttiva, che si traduce in risultati tangibili per il consumatore, sia in termini di sostenibilità ambientale — come la “Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EPD)”realizzata sull’hamburger — che di convenienza economica. Inalca, società del Gruppo Cremonini, è una delle poche aziende italiane a presidiare l’intera filiera produttiva. >> Link: www.montanafood.it
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AZIENDE
La qualità Piemontese si chiama Formento MEC Industria Alimentari Carni è oggi il macello di riferimento per la produzione di carne bovina in Piemonte. Prodotto di punta dell’azienda resta la carne da bovini di razza Piemontese e le nuove linee di preparati surgelati anche skin pack
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n Piemonte, ai piedi del Monviso, dove la bontà della carne è tra i pilastri indiscussi della gastronomia tradizionale, nel 1989 la famiglia Formento ha fondato la MEC Industria Alimentare Carni. I proprietari sono i quattro fratelli Formento, uniti da sempre dalla passione per l’allevamento dei bovini e per l’arte sapiente della
macellazione e del taglio delle carni. Attualmente MEC è il macello di riferimento per la produzione di carne bovina in Piemonte. Dal 2011 ad oggi l’azienda ha raggiunto importanti traguardi, investendo nell’ampliamento del sito produttivo, in macchinari d’avanguardia e impianti attenti alla sostenibilità ambientale. Tali scelte aziendali
le hanno consentito di ottenere riconoscimenti sia in termini di certificazioni ambientali internazionali (BRC e IFS) che l’accreditamento alle filiere controllate dei principali gruppi della GDO nazionale. MEC è rinomata per la produzione di carne delle migliori razze bovine, Blonde d’Aquitaine, Limousine, Charolaise, ma quella da bovini di
La linea di hamburger surgelati a marchio Formento. Prodotti di punta i 2 medaglioni 100% razza Piemontese. Con il logo ben in vista a certificare la razza, il prodotto ha fatto registrare a MEC un aumento del 20% del fatturato.
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In alto: lavorazione della carne in stabilimento. In basso: la Piemontese è una razza da carne di taglia media che fornisce un’alta resa alla macellazione con quantità di tagli commerciali superiore a quella di altre razze di taglia più grande.
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La famiglia Formento. razza Piemontese rimane il fiore all’occhiello dell’azienda che, nel 2014, solo grazie a questo prodotto, ha registrato un incremento del fatturato di circa il 20% rispetto all’anno precedente. A livello di assortimento MEC offre carni in osso, tagli sottovuoto e
linee di prodotti in skin pack. Grazie all’acquisizione, nel 2013, di uno storico stabilimento di produzione di preparati a base di carne, ai continui investimenti in risorse ed alla creazione di nuove linee di elaborati surgelati, MEC si sta affacciando con successo al mercato specifico,
La nuova struttura in cui ha sede la MEC Spa, di recente costruzione, comprende sede legale, stabilimenti di macellazione e sezionamento ed uffici commerciali ed amministrativi. MEC, tramite la rete logistica, consegna in tutta Italia grazie ad un parco automezzi di piccole, medie e grandi dimensioni.
valorizzando la tipicità regionale con i prodotti a marchio Formento. L’approccio trasparente e l’impegno profuso dall’ufficio qualità nel controllo costante dell’intera filiera, rappresenta una scelta vincente per MEC che, oggi, conta circa 500 aziende agricole selezionate sul territorio regionale dedicate esclusivamente all’allevamento della razza Piemontese. Un ciclo produttivo d’eccellenza, che inizia dall’accurata selezione delle migliori pratiche agronomiche, al nutrimento attento dei capi in base al fabbisogno, alla crescita in allevamenti a stabulazione libera, e arriva alla selezione e lavorazione in stabilimento. MEC Industria Alimentare Carni si impegna con dedizione a produrre carni bovine sempre più controllate, tracciabili in ogni sua fase, buone e sicure dall’allevamento alla tavola. MEC Spa – Industria Alimentare Carni Via Circonvallazione 26 12040 Montanera (CN) Telefono: 0171 798206 E-mail: info@carnimec.it Web: www.carnimec.it
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Dieta Mediterranea chiave di rilancio del comparto carni in Italia di Raffaello Bernardi
Inizia con questo numero una nuova rubrica sviluppata con la preziosa collaborazione di Raffaello Bernardi e Salvo Garipoli di SGMarketing, la società bolognese specializzata nel marketing agroalimentare. Saranno tre i filoni trattati dagli autori in questo spazio: “Il consumatore e le carni”, “La parola ai responsabili della GDO”, “Trend e best practice”. Obiettivo di questo spazio, l’analisi delle evoluzioni nel retail delle carni
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priamo il primo numero di questa nuova rubrica con un’interessante intervista a MARCO GUERRIERI, responsabile nazionale del settore carni e ittico per COOP ITALIA, per fare il punto su alcuni temi caldi per il comparto carni: la comprensione del consumatore e delle sue esigenze; la possibile evoluzione futura del reparto carni in GDO; l’impatto prodotto
Marco Guerrieri, responsabile nazionale settore carni e ittico Coop Italia.
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sui consumi, in Italia, dalla recente diffusione della notizia relativa alle anticipazioni dello studio IARC (International Agency for Research on Cancer), di prossima uscita, sulla correlazione tra consumo di carni rosse e insorgenza di tumori al tratto intestinale. La conoscenza del consumatore risulta sempre più un elemento di successo nella formulazione della proposta commerciale. Ci può descriverne brevemente le principali caratteristiche nell’attuale contesto di mercato? «Più che in passato, la centralità del consumatore rappresenta la maggiore componente strategica nell’ambito delle scelte da perseguire. Ci troviamo di fronte a profili e bisogni di consumo completamente diversi. Lo stesso consumatore cambia atteggiamento sulla base dello stato d’animo del momento. Abbiamo il compito e la necessità di garantire un’offerta chiara, leggibile, ma, al contempo, varia per prestazioni fornite e strutturata nella logica del servizio. Il consumatore deve rispondere ai propri problemi economici; è disponibile a consumare di meno, a ridurre la propria porzione, ma non la dimensione qualitativa del prodotto. Il nostro compito è riuscire ad intercettare le diverse esigenze, comunicando in modo efficace». Quali, in dettaglio, le esigenze espresse in relazione alle diverse categorie di carne? «All’interno del reparto carni ciascuna delle quattro principali categorie presenti in assortimento permette, di fatto, di rispondere alle differenti necessità emergenti sul fronte del consumo; in particolare: * la carne avicola intercetta la richiesta di chi ricerca una “proteina leggera”, digeribile, di facile preparazione, versatile e dal gusto trasversale; * il suino ha in sé una rilevante valenza conviviale, ludica, quasi “trasgressiva” — un piccolo piacere da concedersi — e, allo stesso tempo, mantiene un posizionamento di prezzo sostenibile; * la carne bovina appaga, per
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un verso, un bisogno di carattere edonistico; è, infatti, una proteina nobile, il principe dei secondi piatti. Nei suoi tagli più classici (arrosto e fiorentina, per esempio) concentra tutti gli elementi legati alla tradizione. Di contro, offre, nella versione macinata e in hamburger, una soluzione concreta ed efficace ad esigenze di praticità, tenerezza ed economicità; * si affianca alle precedenti categorie tutta quella gamma di prodotti elaborati in cui la carne è l’ingrediente di base di una ricetta più articolata; in questi casi, si acquista un prodotto-servizio in grado di soddisfare desiderata di praticità, gusto ed immagine. La difficoltà concreta è quella di riuscire a tradurre operativamente tutto ciò in una proposta “semplice” e facilmente fruibile dallo shopper a punto vendita. Se dovessi delineare sinteticamente i pilastri strategici fondamentali su cui costruire il reparto carni in relazione ai feedback forniti dal consumatore, identificherei tre aspetti imprescindibili per un’efficace valorizzazione: la chiarezza nella costruzione dell’assortimento, la presentazione del prodotto sullo scaffale e la semplicità di interazione con tutta l’offerta». Stando alle più recenti ricerche disponibili in materia, se si considera il comparto carni, il tema dell’insufficiente “cultura di prodotto” nel consumatore risulta essere un fattore critico durante l’atto d’acquisto. Qual è il Suo punto di vista in proposito? «Non sono estremamente convinto che tutti i consumatori difettino di un’adeguata “cultura” di prodotto in tema carne. In realtà noto oggi, in generale, maggiore consapevolezza. Resta, ad ogni modo, inteso che si debba riuscire a dialogare direttamente con il consumatore, il quale non dispone sempre di tutte le informazioni utili. Per conseguire tale obiettivo risulta fondamentale creare un percorso di contatto e di relazione continua con il cliente; nel caso di Coop, ad esempio, l’house organ rappresenta
uno strumento molto apprezzato e di acclarata utilità. Altro elemento interessante, in tale contesto, è quello di riuscire a legare il consumo dei prodotti carnei al mondo genuino delle tradizioni. Penso, in particolar modo, alle cotture lente (il brasato, ad esempio), da riproporre al consumatore in chiave moderna. Ed è a tal proposito che si inserisce il tema dell’innovazione di processo e di prodotto, un’area di lavoro su cui Coop sta investendo, col non semplice compito di rendere attuali i temi legati alle tradizioni del passato. In questa direzione tanti retailer in Europa hanno sperimentato percorsi efficaci; per noi la sfida è riuscire ad individuare una strada italiana all’esigenza tutta nazionale, da parte dei consumatori, di sentirsi “conoscitori, intenditori” di un prodotto. Tuttavia, parlando di innovazione di processo e guardando alle differenti filiere, fatta eccezione per l’avicolo, notiamo ancora resistenze diffuse ad innovare i processi; in generale, manca una certa capacità propositiva da parte delle controparti commerciali a monte». Considerato il cambiamento in atto nei modelli di consumo alimentare, come ritiene debba evolvere l’attuale concept del reparto carni in GDO, per rispondere alla rinnovate esigenze della domanda? Come immagina, dunque, il reparto carni “ideale” in un prossimo futuro? «I retailer, in questa fase storica, si chiedono, alla luce del contesto di progressiva flessione del consumo di carne (aumentano i vegetariani/ vegani, diminuiscono le porzioni consumate, si inaspriscono i vincoli economici), quale possa essere il ruolo del reparto e se ancora questo rivesta, di fatto, un ruolo di vocazione. A ciò si aggiunge oggi anche un’elevata infedeltà all’insegna da parte del responsabile acquisti familiari, sempre più poligamo, ed un cambiamento strutturale del modo di fare la spesa, in un quadro di rinnovata sobrietà. In simili circostanze bisogna avere il coraggio di fare delle scelte di campo al servizio dello
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Il reparto carni dell’ipermercato Coop Grandemilia di Modena. shopper, senza, però, penalizzare il conto economico del reparto. Il bovino ed il suino rappresentano due comparti in calo strutturale ed è sempre più difficile porre in essere azioni per attrarre e fidelizzare clienti addizionali. Dobbiamo ragionare sempre più nella logica dell’ottimizzazione degli spazi e della concreta capacità di affidare al reparto un ruolo di guida nell’acquisto della migliore “fonte proteica”. Vedo, dunque, in futuro un reparto più dimensionato, ma qualificato, in grado di rispondere in modo mirato e funzionale alle richieste provenienti dai diversi consumatori. Ritengo che la numerica delle referenze di per sé non sostenga necessariamente i volumi di vendita. Meglio investire in un reparto di superficie complessivamente più contenuta, impattante e dall’assortimento puntualmente commisurato alle esigenze dello specifico bacino di utenza, piuttosto che in uno grande, inefficace ed inefficiente». Il 26 ottobre scorso i media italiani hanno ripreso la notizia, apparsa
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su alcuni organi di stampa inglesi, relativa alla pubblicazione di alcune anticipazioni di uno studio dello IARC, in uscita nella sua versione integrale a metà giugno 2016, sulla rivista inglese LANCET ONCOLOGY. Lo studio paventa la correlazione tra consumo di carni rosse, fresche e trasformate, e insorgenza di tumori al tratto intestinale. Quali, ad oggi (2 dicembre 2015 per chi legge, Ndr), gli effetti di una simile comunicazione sulla domanda finale, nel contesto di mercato nazionale? «Si tratta di effetti decisamente pesanti: nella prima settimana dalla data di diffusione della notizia, le carni rosse tal quali e di prima trasformazione hanno registrato una flessione degli acquisti, nel mercato italiano, del 25% sul pari periodo dell’anno precedente, contrazione che è andata, poi, assottigliandosi di circa 3-5 punti percentuali a settimana nelle settimane successive. Oggi ci attestiamo in generale ad un -10%. Contestualmente le carni bianche hanno evidenziato un andamento lievemente positivo, +3-4%, ma all’interno della categoria i panati di pollo hanno sofferto un calo significativo, stimabile in un -10%. Un dato, quest’ultimo, in apparenza
alquanto singolare, considerando il focus dello studio IARC su carni bovine e suine, e che dimostra la complessità dei meccanismi cognitivi alla base dei comportamenti di consumo. Escludendo dal campo di ragionamento il fattore “tipologia carnea”, i consumatori hanno messo in relazione i panati avicoli con il concetto di carne trasformata, penalizzando, così, sul piano commerciale anche un segmento d’offerta, di fatto, estraneo all’oggetto dello studio». Come ritiene sia stata gestita, in generale, l’informazione sulle risultanze del lavoro condotto dallo IARC da parte degli organi di stampa? «I trend di mercato poc’anzi accennati possono essere figli di una comunicazione, da parte dei media nazionali, votata al puro sensazionalismo. Se lo IARC ha fornito un’informazione che può anche essere ritenuta in linea di massima corretta, qualora opportunamente contestualizzata con riferimento agli specifici regimi alimentari e profili qualitativi dei prodotti di carne rossa oggetto di
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studio, gli organi di stampa italiani, al pari di quelli spagnoli, ne hanno distorto i contenuti, veicolando la semplicistica equazione “carne rossa = cancro”. Il tutto senza evidenziare alcun elemento di correlazione fra quantità consumate e potenziale rischio di cancerogenicità. Vi è stata una totale mancanza di trasparenza nello spiegare che le evidenze a cui è giunto lo IARC derivano da studi centrati su contesti alimentari di Paesi nordici, in cui le quantità medie di carne rossa consumate, come condizione per un aumento comunque modesto del rischio, sono molto più alte di quelle rilevate in Italia. In modo del tutto analogo, non si è neppure precisato che, se nel documento redatto dallo IARC finiscono principalmente sotto accusa il sale ed i grassi, i metodi di allevamento e produzione praticati nel Belpaese, con i relativi controlli, garantiscono prodotti di carne rossa con livelli di contenuto, per tali nutrienti, significativamente inferiori alla media dei paesi europei ed extraeuropei. Laddove l’informazione è stata gestita diversamente — mi riferisco, ad esempio, all’approccio molto più equilibrato mantenuto dai media inglesi, irlandesi e tedeschi —, l’impatto sugli acquisti domestici è stato complessivamente più conte-
nuto, oscillando in un range tra il -5% ed il -10%». Si tratta di uno shock sulla domanda di carne, nel mercato nazionale, che esaurirà i propri effetti nel brevissimo periodo, oppure siamo di fronte ad un evento che produrrà strascichi su di un orizzonte temporale più esteso? «Per la prima volta non siamo di fronte ad un’epidemia o scandalo alimentare, operazioni che, una volta sanate, non lasciano tendenzialmente strascichi; si tratta, invece, come poc’anzi sottolineato, della distorsione mediatica di una comunicazione emessa da un ente autorevole, lo IARC, relativamente ad un tema, quello della cancerogenicità potenziale di un alimento, su cui l’opinione pubblica mostra oggi più che mai una spiccata sensibilità. Ciò accelererà inevitabilmente un fenomeno già in essere nel mercato nazionale: quello della strutturale riduzione dei consumi di carne. Se, allo stato attuale, è innegabile la progressiva crescita di quota degli adepti del regime alimentare vegetariano/vegano, l’impatto generato da questo messaggio mal comunicato determinerà uno spostamento più celere, verso tale segmento, di quelle fasce di consumatori con un atteggiamento oggi borderline. Secondo nostre stime, il mercato
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italiano della carne potrebbe così perdere in un anno, con tutta probabilità, altri 8-10 punti percentuali di venduto: 3-5 punti per calo naturale, a cui vanno sommati altri 5 punti di flessione aggiuntiva dovuta alla discutibile gestione mediatica della notizia sulle evidenze dello studio condotto dallo IARC». Esistono margini per un recupero prospettico delle vendite oppure ci troviamo di fronte ad un fenomeno irreversibile? «Il “quadro clinico” desta sicuramente preoccupazione, ma, a mio modo di vedere, esistono margini di recupero qualora tutto il sistema zootecnico — associazioni, produzione, distribuzione — si muova compatto, assieme alle istituzioni. È necessaria un’operazione di massima trasparenza: promuovere con forza la Dieta Mediterranea, patrimonio dell’UNESCO, come regime alimentare storicamente seguito dagli Italiani e fondato sul consumo equilibrato di tutti i gruppi di alimenti, fra cui anche, in maniera moderata, carne e salumi. Non mi riferisco, dunque, ad un piano di promozione focalizzato sul solo prodotto carneo, ma ad un’azione di valorizzazione ad ampio spettro che faccia perno su di una vera e propria filosofia di educazione alimentare, accolta con favore da tutto il mondo medico; un modello di pensiero che possa diventare veicolo di un concetto di educazione alimentare basato sul principio dell’equilibrio — “il giusto di tutto” —, accreditato dai risultati ad oggi acclarati sulla popolazione nazionale. Non dimentichiamo, infatti, che, grazie anche alla Dieta Mediterranea, gli Italiani sono attualmente il secondo popolo più longevo al mondo, dopo i Giapponesi, e con il minor tasso di obesità fra le civiltà occidentali. Ad ulteriore riprova di ciò, preme sottolineare come fenomeni di obesità, in Italia, siano principalmente riconducibili alle fasce di popolazione più giovani, tipicamente caratterizzate da uno stile alimentare più vicino a quello anglosassone». Raffaello Bernardi
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MERCATI
TTIP, l’accordo va chiuso prima delle Presidenziali americane Lo auspica Paolo De Castro, intervenuto ad un recente convegno svoltosi all’Università di Bologna sulle implicazioni del Trattato rispetto alla sicurezza alimentare. Al tavolo dei relatori altri e importanti esperti. Convergenza piena e assoluta sull’importanza del documento di Anna Mossini
«E
siste un motivo economico e non politico perché il negoziato sul TTIP (Partenariato transatlantico su commercio e investimenti, Ndr) tra UE e USA si chiuda al massimo tra la primavera e l’estate 2016. Viceversa, il rischio sarà quello di veder applicati gli standard previsti dal TPP (Partenariato Trans-Pacifico, Ndr), documento sottoscritto tra USA e 11 Paesi che affacciano sull’Oceano Pacifico il 5 ottobre scorso. Eventualità non auspicabile, soprattutto se si vuole tutelare le produzioni tipiche, quelle DOP e IGP che l’Italia, giustamente, vuole vedere protette anche al di fuori della UE». Così PAOLO DE CASTRO, coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo, durante il collegamento da Strasburgo avvenuto nelle scorse settimane in occasione del conve-
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gno che si è tenuto a Bologna sui rischi e le opportunità del TTIP in materia di sicurezza alimentare. Opinione pubblica confusa All’evento, ospitato presso la Scuola di Giurisprudenza dell’Università felsinea, hanno preso parte anche LUCIA SERENA ROSSI, docente di Diritto della UE all’Università di Bologna, SIMONE CROLLA, managing director della Camera di Commercio americana in Italia, PAOLA TESTORI COGGI, presidente del Comitato prezzi e rimborso all’interno dell’Agenzia italiana del farmaco, RICCARDO DESERTI, direttore generale del Consorzio del Parmigiano Reggiano DOP, SIMONA CASELLI, assessore regionale all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna, SILVIO GARATTINI, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano.
Un parterre d’eccellenza per affrontare un tema di grande attualità, rispetto al quale le informazioni nei confronti dell’opinione pubblica sono state definite purtroppo vaghe, spesso lacunose, approssimative, al punto che contro la firma del Trattato sono finora state raccolte oltre 3 milioni di firme. Ma cos’è esattamente il TTIP? Al di là degli aspetti tecnici del Trattato in corso di negoziazione, è forse più importante ricordarne l’obiettivo, che è quello di rimuovere molte barriere doganali tra USA e UE, uniformando alcuni regolamenti tecnici e norme di omologazione. Difesa dei prodotti tipici Ma perché è così importante? «Innanzitutto per poter difendere i nostri prodotti agroalimentari di qualità — ha sottolineato De Castro nel suo intervento — quindi le DOP
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Gli Stati Uniti, per l’Italia, rappresentano una grande occasione in termini di mercato da conquistare. L’export agroalimentare verso l’America, nel solo primo semestre del 2015, ha registrato un aumento di quasi il 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. e le IGP, perché fuori dall’Europa nessuno li protegge e senza l’accordo TTIP non esiste per loro nessuna tutela. Abbiamo davanti una grande opportunità per fare chiarezza davanti ai consumatori americani e una altrettanto importante per combattere le contraffazioni. Gli Stati Uniti, per l’Italia, rappresentano una grande occasione in termini di mercato da conquistare. L’export agroalimentare verso l’America, nel solo primo semestre del 2015, ha registrato un aumento di quasi il 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e i margini possono ulteriormente migliorare. Credo che davanti a percentuali di questa portata ci sia ben poco da commentare se non augurarsi, io per primo, che la trattativa sul TTIP subisca una positiva accelerazione con l’Europa capace di far valere le proprie ragioni, non più ferma al palo, e in grado di fornire un’informazione equilibrata, né preoccupata ma nemmeno acritica, perché le 64
istituzioni in campo devono essere in grado di rassicurare i cittadini. Solo un accordo equilibrato, infatti, potrà tutelare tutti gli interessi dei Paesi europei coinvolti; diversamente, come ho ricordato prima, se la trattativa dovesse protrarsi oltre l’elezione del prossimo Presidente degli Stati Uniti, rischieremmo l’applicazione degli standard previsti dal Partenariato Trans Pacific». Più sviluppo, più occupazione «L’importanza di questo accordo deriva anche dal fatto che il 90% della crescita mondiale avviene fuori dall’Europa — ha spiegato Paola Testori Coggi — e quindi è indispensabile riuscire a raggiungere un sistema che tuteli i nostri prodotti d’origine. I problemi ovviamente non mancano. Penso all’approccio che gli USA hanno rispetto all’import dei prodotti vegetali, ma anche alle politiche adottate sugli OGM e sull’utilizzo degli ormoni e degli antibiotici. Chi in Europa manifesta preoccupazio-
ne rispetto a questi temi deve stare tranquillo. Nel nostro Continente le regole sono severissime: non è previsto l’impiego di ormoni e antibiotici per promuovere la crescita degli animali e anche gli OGM sono governati da un sistema autorizzativo particolarmente severo. Ma, soprattutto, va ricordato che la sottoscrizione del TTIP non prevede e non può prevedere il cambiamento di leggi che per noi sono consolidate e imprescindibili. Certo, occorrerà lottare, ma nella convinzione che la firma dell’accordo sia fondamentale, sulle norme esistenti in Europa non ci sarà nessun cedimento». Vicini ad una seconda globalizzazione Su questa scia si è inserito SIMONE CROLLA che ha ricordato come l’accordo sia «disegnato, peraltro a costo zero, per contribuire alla crescita economica dei Paesi interessati. Dal TTIP — ha rimarcato — è stato calcolato che si otterrebbe un
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aumento del PIL/anno/Europa pari a +0,40%, che per gli USA si fermerebbe a+0,37%, generando un incremento occupazionale interessante. Col TTIP non si tratta di abbattere dazi, bensì di creare convergenze, soprattutto in virtù della crescita economica che gli USA continuano a registrare, senza dimenticare i dati demografici, il nostro export: tutti elementi che depongono per un accordo tra le parti. L’accordo TPP ha visto l’America muoversi velocemente, e su questa scia l’Europa deve evitare di perdere un treno tanto importante. I grandi analisti mondiali dicono che ci siamo incamminati verso una seconda globalizzazione, agganciandoci agli USA si delineeranno i contorni del quadro che il resto del mondo dovrà adottare. Sarebbe un errore pensare che il mancato accordo TTIP manterrà lo status quo. La realtà è che si perderebbero solo delle importanti opportunità di sviluppo». Anna Mossini
Massimo Romani, nuovo AD di Amadori Dal 1o gennaio 2016 Amadori ha un nuovo amministratore delegato. Si tratta del dott. Massimo Romani e a lui è stata affidata la gestione aziendale e la realizzazione di rilevanti piani di sviluppo per i prossimi anni. Romani proviene da importanti esperienze, in particolare nel settore alimentare, avendo ricoperto il ruolo di direttore generale di Grandi Salumifici Italiani, una grande realtà italiana del food con vocazione internazionale. «La nostra azienda ha scelto di proseguire il proprio percorso di managerializzazione con la scelta di un amministratore delegato giovane ma con solide esperienze alle spalle» ha commentato Flavio Amadori, vicepresidente dell’azienda omonima. «In tal modo la famiglia proprietaria e i soci potranno continuare a concentrarsi sulla visione strategica e sugli obiettivi a lungo termine, per affrontare le sfide del mercato con maggiore competitività». >> Link: www.amadori.it
INDAGINI
Furti nel retail, la carne sempre protagonista L’ultimo “Barometro mondiale dei furti nel retail” rivela che il costo delle differenze inventariali è di 92,98 miliardi di euro a livello globale. L’alimentare resta una delle categorie merceologiche più colpite, con vino, liquori e carne
L’
edizione 2015 del Barometro mondiale dei furti nel retail, studio promosso da un Fondo indipendente di Checkpoint Systems e condotto nel 2014-2015 da The Smart Cube, in collaborazione con ERNIE DEYLE, analista della prevenzione delle perdite nel retail, rivela che il valore delle differenze inventariali nel mondo è stato di 92,98 miliardi di euro. Queste perdite, le cui cause sono riconducibili a fenomeni di taccheggio, frodi da parte di dipendenti, di fornitori ed errori amministrativi, hanno rappresentato, in media, una percentuale pari all’1,23% delle vendite
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retail nei 24 Paesi esaminati. I risultati della ricerca si basano su una combinazione tra interviste scritte e telefoniche con 203 retailer, per oltre 113.000 punti vendita, che hanno generato complessivamente 750,68 miliardi di euro di vendite nel 2014-2015. Secondo lo studio, nel periodo 2014-2015 l’America Latina ha registrato la percentuale più alta di differenze inventariali, pari a 1,55%, seguita da Nord America (1,27%), Asia Pacifico (1,17%) ed Europa (1,05%). I paesi che presentano le percentuali più alte sono il Messico (1,68%), i Paesi Bassi (1,48%) e la Finlandia (1,38%),
mentre le nazioni che hanno registrato i tassi più bassi sono Norvegia (0,75%), Svizzera (0,76%) e Francia (0,81%). L’Italia si classifica ottava su 24 Paesi a livello mondiale, per le differenze inventariali più basse, che si attestano all’1,01% del fatturato, per un valore totale di 2,95 miliardi di euro di perdite per gli esercenti ed un costo pari a 208,58 euro per famiglia e 90,68 euro a persona. In dettaglio, il Barometro mondiale dei furti rivela che, nel nostro Paese, quasi il 70% delle differenze inventariali è dovuta ai furti, di cui il 45% da parte dei clienti, il 23% dei dipendenti disonesti, seguiti dagli errori ammi-
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nistrativi, che si assestano al 19% e dalle frodi dei fornitori per un 13%. Investimenti in prevenzione Il nostro Paese si posiziona al sesto posto in Europa tra i paesi più virtuosi anche in termini di investimenti in prevenzione delle perdite, che si collocano all’1,07% delle vendite. La criminalità organizzata resta un problema chiave per i retailer italiani che affermano di non riuscire a combatterla a causa delle leggi non sufficientemente rigide. Per questo, molte insegne hanno sottoscritto accordi di collaborazione con i fornitori per proteggere gli articoli direttamente dal luogo di produzione, alla fonte, per ridurre così le differenze inventariali. In Italia i sistemi EAS (sorveglianza elettronica degli articoli) restano il metodo di protezione maggiormente utilizzato (83%) insieme al personale di sicurezza (75%), seguiti dalla video sorveglianza a circuito chiuso CCTV (67%). I prodotti più rubati In Italia, taccheggiatori e dipendenti disonesti hanno preso principalmente di mira prodotti di piccole dimensioni e facili da nascondere, ma anche prodotti di alto valore e con un’alta rivendibilità. Le categorie merceologiche maggiormente colpite sono l’alimentare, con vini e liquori in testa alla classifica, seguiti da formaggio e carne fresca, gli accessori moda, le calzature e l’abbigliamento sportivo, l’health & beauty, con lamette, cosmetici e profumi ai primi posti, e l’hi-tech. Cause dei furti I retailer sostengono che le principali motivazioni dei furti da parte dei dipendenti siano da attribuire a procedure di selezione pre-assunzione inefficienti, ad un minore controllo da parte dei colleghi, all’aumento del personale part-time (specialmente durante i periodi invernali di picco, quando il rischio di furti è più elevato). Inoltre, il taccheggio continua ad affliggere il settore retail attraverso l’intensificazione delle attività della criminalità organizzata, alla facile
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In Italia, il costo per le perdite nel retail ammonta mediamente a 208 euro l’anno per nucleo familiare. La percentuale di taccheggio rimane significativa, seguita dai dipendenti disonesti. La carne resta una delle categorie merceologiche più colpite. rivendibilità dei prodotti rubati tramite siti on-line, al calo degli investimenti in strumenti e misure di prevenzione delle perdite e alla percezione comune del taccheggio come un reato “a basso rischio/non criminale”. «Sono ormai quattordici anni che finanziamo quella che continua ad essere l’unica ricerca statistica globale del settore» afferma ALBERTO CORRADINI, country manager Italia Checkpoint Systems. «Per contrastare l’aumento delle differenze inventariali, i retailer
stanno adottando strategie che valutano le perdite da una prospettiva più ampia e a tutti i livelli dell’organizzazione, oltre a collaborare con fornitori e partner di soluzioni. Con l’implementazione di corrette tecnologie e processi è possibile migliorare la disponibilità della merce, che influisce direttamente sulla soddisfazione dei clienti e sulla redditività dei retailer». Nota Photo © www.jmfoodgulf.com
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Indagine sui bisogni dei consumatori “Mangiar Sano, Filiera Italiana”
Etichette, queste sconosciute L’alimentare è soggetto a regole severissime, non ultime quelle relative alle informazioni al pubblico. Ma quanto è davvero in grado di capire il consumatore medio di quanto riportato sulla confezione di un prodotto? di Guido Guidi
A
l legislatore europeo che ormai decide delle nostri sorti “dal campo alla tavola”, appare prioritario che chi acquista debba avere tutti gli elementi necessari a fare una scelta consapevole, ma, soprattutto, tarata sulle sue esigenze, non ultime
quelle dettate da patologie legate all’alimentazione. Fin qui tutto giusto e condivisibile. Il problema sorge quando ci si rende conto che sono pochissimi coloro che la sanno leggere in maniera corretta l’etichetta di un alimento. Ancor peggio accade quando si ha a che fare con sigle
o loghi particolari. Chi acquista, infatti, non ha sempre ben chiaro il significato di determinati acronimi o di certi codici che invece per gli addetti ai lavori sono importantissimi. Si lavora molto per vedersi riconosciuta una denominazione d’origine per poi scoprire con
Dall’indagine conoscitiva sui bisogni dei consumatori italiani condotta dall’Osservatorio Permanente sulla Filiera italiana del Latte è emerso che il 96% ritiene importante acquistare un prodotto realizzato con materie prime nazionali (photo © www. ilfattoalimentare.it).
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Pollo biologico. Una percentuale pari al 38% degli intervistati ritiene che un fattore di legalità sia il biologico, confermando con questa informazione che la confusione è pressoché generalizzata, poiché il biologico, come è noto, garantisce alcuni aspetti relativi alla produzione di un bene, ma poco ha a che fare con la sua legalità intesa nel senso comune del termine (photo © portanatura.it). gran delusione che quei simboli di cui si va orgogliosi per il pubblico significano poco o nulla. È illuminante e allo stesso tempo sconfortante l’indagine conoscitiva sui bisogni dei consumatori italiani condotta dall’OSSERVATORIO PERMANENTE SULLA FILIERA ITALIANA DEL LATTE “Mangiar Sano, Filiera Italiana”, costituito da ADOC, CITTADINANZATTIVA, FEDERCONSUMATORI e MOVIMENTO CONSUMATORI insieme al MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI e a GRANAROLO. Il rapporto — frutto di un’indagine che ha coinvolto
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un totale di 1.021 cittadini italiani (313 del Nord Italia, 389 del Centro e 319 del Sud) di età compresa tra 18 e 30 anni — è stato presentato a Milano, in uno degli ultimi giorni di apertura dell’Expo. Le stranezze che emergono da questa ricerca sono diverse La prima è che il 95% degli intervistati ritiene le etichette importanti, ma soltanto il 18% le legge integralmente. Complice la crisi che costringe a fare attenzione al rischio di dover buttare il prodotto ancor prima di averlo intaccato,
la priorità, quando si ha in mano una confezione al supermercato, viene data alla data di scadenza. Il 63% degli intervistati la verifica e si accerta che non sia prossima o almeno si assicura di avere tutto il tempo di consumare il prodotto prima che scada. Superato questo passaggio, l’esame — per il 50% degli intervistati — passa agli ingredienti, in parte (49%) per verificarne, laddove possibile, la provenienza, e in parte (37%) per accertarsi dell’assenza di sostanze dannose alla propria salute. Il 50% degli intervistati non conosce il vero significato di made in Italy. Non sa che si può considerare tale un prodotto alimentare trasformato nel Belpaese con materie prime non necessariamente nazionali. Il 30% circa crede infatti che ciò che può essere definito correttamente made in Italy sia stato realizzato con materie prime rigorosamente italiane. Questa affermazione acquisisce un significato ancor maggiore se si considera che il 96% ritiene importante acquistare un prodotto realizzato con materie prime nazionali (cioè coltivate o allevate nello Stivale) e il 73% si dichiara disposto a spendere in più per averlo. Il passaggio merita però un approfondimento maggiore perché rileva due elementi degni di nota. Il primo è che tra le dichiarazioni e i fatti non c’è sempre esatta coincidenza. Molto spesso i consumatori si dichiarano disposti a spendere di più per prodotti locali, ma ciò che inesorabilmente continua a giocare un ruolo determinante tra gli scaffali è il prezzo. Alcuni dati sulla contrazione dei consumi a seguito della crisi non si spiegherebbero altrimenti. Così come non si spiegherebbe l’assalto puntuale alle offerte e il fatto che spesso — a dispetto di tutto — i prodotti locali soccombano nel mercato a vantaggio di altri meno cari, più pubblicizzati e magari di più pratico consumo. Insomma, la dura realtà dei fatti è che in un Paese come il nostro in cui del cibo si è fatto un culto ma
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anche una moda, in tanti sfoggiano una filosofia di vita, per poi adottarne un’altra. Il secondo punto interessante è che nell’immaginario collettivo alberghi una visione distorta di ciò che si può considerare made in Italy. Non solo per quello alimentare, ma anche per il resto delle produzioni italiane. L’arte nostrana è principalmente quella della trasformazione e quindi risiede nella capacità di creare un prodotto, a prescindere dalla provenienza della sua materia prima. L’utilizzo prevalente o esclusivo di materia prima nazionale in un mondo ideale sarebbe cosa ottimale per il Paese tutto e da tutti i punti di vista. È doveroso però dire che l’impiego di materie prime estere in luogo di quelle nazionali non è un crimine, né si può considerare una truffa al consumatore salvo che si lasci intendere una cosa per un’altra. L’illecito scatta infatti quando si trasmettono al pubblico informazioni false condizionandone le scelte.
Ma l’uso di produzioni estere, spesso strada obbligata dalle circostanze, non è di per sé un illecito. Di recente invece abbiamo assistito ad una criminalizzazione feroce di chi trasforma alimenti utilizzando materia prima estera, come se questo fosse un trucco per ingannare il consumatore. Ma “nazionale” non significa necessariamente “di qualità”, come per “estero” non si intende obbligatoriamente “nocivo”. Il risultato di certo tipo di demonizzazione mediatica è stata la confusione generale. Una confusione che non aiuta nessuno, né produttori, né consumatori e che getta discredito sulle imprese, senza distinzioni di nazionalità. Chiusa la doverosa parentesi, l’indagine dell’Osservatorio evidenzia una forte contrarietà degli intervistati all’utilizzo di latte in polvere per produrre formaggi. Sono l’84% coloro che si sono dichiarati sfavorevoli, ma anche qui emerge una scarsa conoscenza della questione. In effetti, solo il 64% sa che in Italia il loro impiego per la
produzione di formaggi è vietato. Eppure di recente, al pronunciarsi dell’UE sulla questione, alcuni soggetti il cui peso mediatico è notevole, hanno fatto una campagna che ha contribuito davvero poco a rendere i consumatori più eruditi in materia. In compenso, ha portato grande visibilità a coloro che hanno cavalcato in maniera distorta la notizia e ha gettato l’ombra del dubbio nei confronti dei casari tutti. Che un certo tipo di informazione possa avere alla lunga un effetto distorto è confermato dal fatto che per i consumatori la questione della legalità (quindi del rispetto delle norme) della filiera agroalimentare si traduca principalmente nell’indicazione della provenienza della materia prima in etichetta. Solo questo elemento la renderebbe davvero trasparente e sicura agli occhi di chi acquista. Dalla ricerca emerge però anche che viene dato un ruolo importante agli standard di sicurezza alimentare (94%), al luogo di trasformazione (91%), all’aderenza a standard di
Coppa piacentina Dop. Una delle eccellenze salumiere del Belpaese. La sua produzione avviene nell’intero territorio piacentino con carne proveniente da allevamenti lombardi ed emiliani (photo © www.academiabarilla.com).
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rispetto e tutela dei lavoratori impiegati nella filiera (48%) e, infine, alla presenza del marchio registrato (42%). Una percentuale minore, pari al 38%, ritiene che un fattore di legalità sia il biologico, confermando con questa informazione che la confusione è pressoché generalizzata, poiché il biologico — come è noto — garantisce alcuni aspetti relativi alla produzione di un bene, ma poco ha a che fare con la sua legalità intesa nel senso comune del termine. Rincuora leggere che il 95% degli intervistati è a conoscenza del significato di almeno una delle più comuni certificazioni europee indicate in materia di prodotti agroalimentari come DOP, DOC, ecc… Ma l’entusiasmo scema immediatamente quando si apprende che la stragrande maggioranza degli intervistati non conosce la differenza tra le varie sigle e che quindi sostanzialmente non distingue una DOP da una IGP. L’unico acronimo davvero chiaro, sembra essere la DOC del vino. E tutto questo accade in un contesto che vede l’Italia come primo Paese per numero di denominazioni riconosciute, con 261 prodotti su 1.241 complessivi in Europa. Come non essere d’accordo con il 96% degli intervistati che ritiene importante avere una filiera agroalimentare controllata? In questo passaggio della ricerca si rileva come sia aumentato il peso di alcune forze sociali nel tempo. Si pensi che oggi 1 intervistato su 3 si rivolge alle associazioni dei consumatori in caso di cibo avariato, piuttosto che contattare la ditta produttrice o direttamente gli organismi di controllo. È corretto però sottolineare che tale favore è stato conquistato sul campo nei decenni. Le associazioni dei consumatori hanno infatti il merito, tra gli altri, di aver condotto un’ampia e costante azione informativa e di aver realizzato, a più riprese, numerose campagne divulgative sui contenuti delle etichette e le relative modalità di interpretazione. Una percentuale importante di intervistati, pari al 48%, considera,
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in generale, le etichette poco chiare, troppo tecniche e scritte in caratteri illeggibili. Si rileva da altri studi che ciò che i consumatori lamentano — e non solo in Italia — è il fatto che la stragrande maggioranza delle etichette siano scritte in un modo poco comprensibile per il consumatore medio. Gli aspetti grafici ed alcune tecniche di marketing oggettivamente non sempre vanno nella direzione di sostenere l’acquirente in una scelta consapevole del prodotto. Ma anche alcuni elementi obbligatori per legge possono non essere di immediata lettura. A soddisfare buona parte delle esigenze del consumatore in questo senso ci ha pensato il Regolamento UE 1169/2011 che ha dettato una serie di indicazioni obbligatorie tra cui anche la grandezza minima dei caratteri e la posizione di alcune informazioni rispetto ad altre. I consumatori chiedono infatti: • che l’etichetta sia posta nel packaging in alto e in un punto centrale; • che vengano ridotti i numeri e le scritte attorno alla stessa; • che venga aumentata la visibilità delle singole indicazioni, soprattutto di quelle principali; • che vengano ingrandite altresì le dimensioni dell’etichetta e i caratteri tipografici e in generale che qualunque messaggio riguardo alla salute sia semplificato. E su questo l’UE ha tenuto una posizione di forte cautela. Il Regolamento UE 1169 va dunque incontro alle esigenze principali dei consumatori, ma è stato anche fonte di dissenso da parte di chi acquista. Più di ogni altra cosa i consumatori italiani chiedono che l’indicazione dello stabilimento in etichetta torni ad essere obbligatorio. Lo chiedono a ragione, ma forse anche nell’errata convinzione di conoscere così l’esatta provenienza del prodotto e dimenticando che la sede dello stabilimento segnala solo dove è avvenuta l’ultima trasformazione. Guido Guidi
Spreco alimentare, c’è ancora parecchio da fare Secondo i dati di un sondaggio di Eurobarometro sui rifiuti alimentari, poco meno della metà (47%) degli Europei conosce il significato del “da consumarsi preferibilmente entro” e, ancora meno (40%), quello di “da consumarsi entro”
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eno della metà dei cittadini Europei dichiara di comprendere il significato delle espressioni consumare entro (40%) e consumare preferibilmente entro (47%). Questo è quanto emerso da una rilevazione flash dell’EUROBAROMETRO sullo spreco alimentare e sulla scadenza dei cibi. Secondo la Commissione UE, tale studio conferma la necessità di proseguire
con le campagne educative e informative sull’argomento, tenendo conto del livello di comprensibilità e dei bisogni dei consumatori nei diversi Stati Membri. A tal proposito, lo scorso 15 ottobre, il commissario UE per la Salute e la sicurezza alimentare, VYTENIS ANDRIUKAITIS, nella cornice di Expo Milano, ha partecipato alla conferenza internazionale Fight Food Waste, Feed the
Planet!, alla quale hanno preso parte anche rappresentanti della FAO, delle industrie del settore, delle ong e del Programma delle Nazioni unite per l’Ambiente (UNEP). Obiettivo dell’incontro è stato quello di rinnovare la proposta di nuove iniziative da parte della Commissione contro lo spreco alimentare all’interno del nuovo pacchetto sull’economia circolare in corso di presentazione.
«Nella sola Europa, le perdite annuali per l’economia europea legate agli sprechi alimentari sono stimate a 200 miliardi di euro» ha dichiarato il commissario UE Vytenis Andriukaitis. Il problema è quindi di grande rilevanza per tutti gli Stati Membri.
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Le stime di Andriukaitis «Se non facciamo nulla, i rifiuti alimentari potrebbero salire a oltre 120 milioni di tonnellate entro il 2020» ha detto Andriukaitis. «Nella sola Europa, le perdite annuali per l’economia europea sono stimate a 200 miliardi di euro. La riduzione dei rifiuti alimentari richiede impegno e sono lieto di vedere che più di tre quarti degli Europei riconosce il proprio ruolo in questo compito. Lavorando insieme si possono risparmiare risorse alimentari preziose e denaro, inoltre è possibile ridurre il nostro impatto ambientale». I risultati del sondaggio Tornando ai dati del sondaggio, la maggioranza degli Europei riconosce di avere un ruolo chiave nel prevenire i rifiuti alimentari. Più di tre quarti (76%) ritiene che il singolo consumatore sia uno degli attori coinvolti nella prevenzione dei rifiuti alimentari, mentre meno della metà (49%) ritiene che sia lo Stato a dover svolgere questo ruolo. Gli Europei evidenziano anche l’importanza di attori economici nella catena di approvvigionamento alimentare, individuando la responsabilità di negozi e rivenditori (62%), dei settori ospitalità e ristorazione (62%), dei produttori di alimenti (52%). La maggioranza degli Europei sottolinea anche la responsabilità individuale quando si tratta di ridurre i rifiuti alimentari e quasi due terzi (63%) degli intervistati ritengono che una migliore pianificazione commerciale e dei pasti potrebbe contribuire alla riduzione dei rifiuti. Più chiarezza in etichetta! Quasi un intervistato su due ritiene che informazioni più chiare sulla marcatura e sulla data indicata sulle etichette (ad esempio, la conservazione degli alimenti e la preparazione) siano un mezzo utile a prevenire i rifiuti alimentari domestici. Tuttavia, ci sono differenze significative tra i diversi Paesi. Il 58% degli Europei dichiara che, quando fa shopping o prepara i pasti, controlla sempre le etichette da
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Dai sondaggi effettuati dalla Commissione è emerso che occorre promuovere informazioni mirate e iniziative educative sulla data di scadenza, tenendo conto del livello di comprensione e informazione dei diversi gruppi di consumatori nei Paesi dell’UE. consumarsi entro e preferibilmente entro mentre solo il 3% non lo fa mai. È quella dei giovani la fascia di età in cui sono più scarsi i controlli: solo il 44% dei giovani, con età compresa tra i 15 e i 24 anni, lo fa, a fronte del 61% degli intervistati con età superiore ai 55 anni. I dubbi sulla scadenza I risultati di Eurobarometro confermano che il significato delle diciture è poco conosciuto. Poco meno della metà (47%) degli Europei capisce il significato da consumarsi preferibilmente entro e un po’ meno (40%) è consapevole del significato da consumarsi entro. In entrambi i casi, un quarto o più pensa, erroneamente, che il significato sia diverso a seconda del tipo di alimento per cui viene utilizzato. C’è inoltre una significativa divergenza a livello nazionale, sia in termini di consapevolezza che di comprensione concettuale. Alla domanda sul significato di questi due tipi di etichettatura, in alcuni paesi, in particolare Romania e Grecia, una larga maggioranza ritiene che da consumarsi entro valga sempre, mentre in altri, come la Svezia, la maggioranza ritiene che valga
sempre preferibilmente entro. Inoltre, rispetto ad altre fasce di età, le persone di età compresa tra i 25 e i 39 conoscono meglio il significato sia di preferibilmente entro (53%) che di da consumarsi entro (46%). Lo stesso vale per le persone che hanno lasciato l’istruzione in età avanzata: il 53% di coloro che hanno abbandonato l’istruzione, dopo i 20 anni conosce il significato di preferibilmente entro, rispetto al 36% di coloro che hanno lasciato l’istruzione prima dei 15 anni. La differenza è meno pronunciata rispetto alla conoscenza del significato di da consumarsi entro, conosciuta rispettivamente dal 43% e dal 36% degli intervistati. Il 44% degli Europei afferma di non gradire l’etichettatura da consumarsi preferibilmente entro su alcuni alimenti non deperibili. Quasi sei intervistati su dieci (58%), appartenenti agli Stati Membri che sono entrati nell’UE a partire dal 2004, preferirebbero invece che la dicitura da consumarsi preferibilmente entro permanga, questo rispetto al 40% degli intervistati dei Paesi dell’UE-15. Il 70% degli Europei afferma che userebbero un pacchetto di
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Consigli per non sprecare i prodotti alimentari a casa 1. Pianifica la spesa: pensa a un menu da preparare per la settimana. Controlla gli alimenti che hai nel frigorifero e nelle dispense e scrivi una lista della spesa che includa solo gli ingredienti che ti mancano. Ricordati di portare la lista con te e cerca di rispettarla quando sei al supermercato. Non lasciarti tentare dalle offerte e non andare a fare la spesa quando hai fame perché rischi di comprare più del necessario. Compra frutta e verdura venduta sciolta e non già imballata in modo da comprare solamente la quantità che ti serve. 2. Controlla le scadenze: se non hai intenzione di consumare un alimento con una data di scadenza vicina, cercarne un altro che abbia una data di scadenza più lontana oppure compralo il giorno in cui sai di poterlo consumare. Fai attenzione al significato delle etichette riguardanti le scadenze: “da consumarsi entro” significa che l’alimento è idoneo al consumo solo fino al giorno indicato (come per carne e pesce), mentre “da consumarsi preferibilmente entro” indica la data fino alla quale il prodotto conserva le sue qualità specifiche. In questo caso, gli alimenti risultano idonei al consumo anche successivamente al giorno indicato. 3. Pensa al portafoglio: sprecare cibo significa sprecare denaro. 4. Verifica la “salute” del tuo frigo: controlla le guarnizioni e la temperatura del frigorifero. Gli alimenti devono essere conservati a una temperatura tra 1 e 5 gradi per mantenerli freschi il più a lungo possibile. 5. Conserva gli alimenti secondo le indicazioni fornite sugli imballaggi. 6. Fai girare gli alimenti: quando fai la spesa, porta in avanti gli alimenti più vecchi nella dispensa e nel frigorifero. Sistema i nuovi alimenti verso il fondo in modo da evitare di trovare prodotti ammuffiti negli scomparti. 7. Servi piccole porzioni perché, dopo aver finito, si può sempre fare il bis. 8. Consuma gli avanzi: invece di buttare gli avanzi, conservali per il pranzo o la cena del giorno successivo oppure congelali per un’altra occasione. La frutta in scadenza può essere utilizzata per fare frullati o torte, mentre con le verdure si possono preparare zuppe. 9. Congela: se consumi poco pane, quando arrivi a casa congela il resto e al bisogno scongelane solo qualche fetta. Allo stesso modo, congela i cibi cotti per averli già pronti quando sei troppo stanco per cucinare. 10. Trasforma gli avanzi in concime: produrre alcuni scarti alimentari è inevitabile, quindi perché non usare un contenitore per rifiuti organici per frutta e verdura? In pochi mesi, ti ritroverai con un ottimo concime per le tue piante. Per i resti di cibi cotti, il tritarifiuti può essere la soluzione adatta. Basta inserire gli avanzi, aggiungervi uno strato di speciali microbi e lasciare fermentare. Il prodotto risultante può essere utilizzato come concime per le piante di casa e il giardino.
spaghetti trovato nella propria cucina anche senza la dicitura da consumarsi preferibilmente entro. Le persone sono più propense a buttare il cibo senza indicazioni della scadenza nei Paesi in cui vi è incertezza sul significato di da consumarsi preferibilmente entro come Grecia (50%), Bulgaria (47%) e Cipro (44%). La maggior parte delle persone (59%) continua ad utilizzare prodotti alimentari aperti anche dopo che è trascorso il periodo di conservazione indicato in etichetta e solo il 31% lo butta dopo il raggiungimento della data stabilita. (Fonte: Commissione europea)
Eurobarometro è il nome con cui è noto il servizio della Commissione europea, istituito nel 1973, che misura ed analizza le tendenze dell’opinione pubblica in tutti gli Stati Membri e nei Paesi candidati.
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Note 1. Link della versione streaming della conferenza: http://goo. gl/XINsyN
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SERVIZIO DI PIATTAFORMA LOGISTICA CONTO TERZI DI CARNE FRESCA TRASPORTATA SU GANCIERE O CARTONATA
SERVIZIO DI LOGISTICA ANCHE PERANIMALI VIVI REGOLARMENTE RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON IL NUMERO CE 07/PS
ASSOCIAZIONI
Novità per l’ente di promozione dell’industria delle carni inglesi Rebranding di Eblex e una nuova strategia per AHDB
E
blex, il consorzio di promozione dell’industria inglese delle carni, cambia branding ribattezzandosi AHDB Beef&Lamb. La nuova denominazione rientra in una più ampia strategia di AHDB –Agriculture and Horticulture Development Board, l’ente britannico non governativo per il sostengo e lo sviluppo dell’industria agroalimentare, con l’obiettivo di semplificare l’organizzazione interna della società. Oltre al comparto delle carni bovine e ovine, AHDB opera in altri cinque settori — la suinicoltura, il lattiero-caseario, l’orticoltura, la cerealicoltura e la produzione di patate — che sono stati così rinominati: • BPEX = AHDB Pigs; • DairyCo = AHDB Dairy; • HDC = AHDB Horticulture; • HGCA = AHDB Cereals&Oil seeds; • Potato Council = AHDB Potatoes. «La semplificazione della denominazione dei vari comparti che costituiscono AHDB porterà sicuramente maggior chiarezza sia agli operatori del settore sia al consumatore finale stesso, che po-
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tranno avere così una panoramica più chiara su tutto il comparto agroalimentare inglese» spiega JEFF MARTIN, responsabile di AHDB Beef&Lamb in Italia. «Il nuovo brand e la nuova riorganizzazione favoriranno inoltre una più forte unione e una condivisione di conoscenze e informazioni, aumentando così la competitività dell’industria alimentare inglese sui mercati nazionali e internazionali. Anche per il mercato italiano, quindi, sarà più semplice avere informazioni o mettersi in contatto con aziende e produttori di tutti i comparti “consociati”, oltre alla carne bovina e ovina con cui siamo già presenti in Italia, ad esempio, si potranno avviare rapporti con aziende di formaggi, ortaggi o cereali». In pratica, il ruolo di AHDB Beef&Lamb in Italia non cambierà: la società continuerà a promuovere l’industria delle carni bovine e ovine e a stimolare la domanda attraverso attività di comunicazione e marketing. «Il ruolo di AHDB Beef&Lamb, così come quello delle altre “consociate” — conclude Martin — è
molto importante, poiché mette a disposizione risorse per investire nella ricerca, nel marketing e nella promozione con conseguenti miglioramenti di business. L’Italia, seppur sia un piccolo mercato, rappresenta per noi una piazza sempre importante e crediamo potranno esserci buone opportunità anche per gli altri settori che AHDB rappresenta». Il ruolo di AHDB Beef&Lamb è di sostenere l’industria inglese delle carni bovine e ovine in tutta la filiera. I suoi obiettivi sono: promuovere l’industria delle carni, contribuire in modo diretto al miglioramento dell’efficienza nei settori bovino e ovino e stimolare la domanda in Inghilterra e all’estero attraverso attività di comunicazione e marketing. AHDB si finanzia attraverso un prelievo parafiscale e il suo lavoro è moto importante poiché mette a disposizione risorse per investire nella ricerca, nel marketing e nella promozione con conseguenti miglioramenti di business. >> Link: www.carneperfetta.it
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Si vede che è BIO. CARNI E SALUMI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA CERTIFICATA Dal 1998, Bio Alleva si dedica alla produzione di Carni e Salumi provenienti da allevamenti biologici per garantire ogni giorno gusto e qualità ai propri consumatori. La sua grande vocazione? Rispettare l’integrità del territorio per recuperare la genuinità dei sapori. La ricerca della naturalità Bioalleva inizia dai pascoli: tutti biologici, rispettosi dell’etologia delle specie, della serenità degli animali e della loro libertà di movimento. Bioalleva. La nostra qualità è un dono di natura.
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BENESSERE ANIMALE
Il benessere animale è una responsabilità della società Riconosciuto il valore del benessere animale, il suo prezzo deve essere condiviso da tutta la società. Sicuramente l’animal welfare comporta aspetti economici, che però non devono essere gli unici presi in considerazione e, soprattutto, non devono frenare l’innovazione di Giulia Mauri
L
a seconda sessione del convegno “System approach for improving the sustainability of animal production, health and welfare”, organizzato a Milano il 12 giugno dal Comitato scientifico per l’Expo, l’Università di Milano, l’European Association of Animal Production e dalla Animal Science and Production Association, approfondiva il tema dell’impatto della salute animale e
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del benessere su qualità e sicurezza del cibo. Fra i diversi relatori che si sono avvicendati, vi è stata anche DANIELA BATTAGLIA della FAO. Dal 1960 ad oggi, nel mondo la produzione della carne è triplicata, quella delle uova è quadruplicata. Nei Paesi in via di sviluppo la produzione di alimenti di origine animale è esplosa: la quantità di uova immesse sul mercato è decuplicata, quella di
latte raddoppiata. Oggi la Cina ha superato il Brasile ed è divenuta il primo Paese produttore di carne al mondo. La zootecnia ha una dimensione economica enorme nel mondo e oggi, da essa, dipende un miliardo di persone per reddito, alimento e identità. Nell’ultimo periodo si è affastellata una pletora di linee guida e standard volontari: sicuramente
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Il benessere animale è un bene comune mondiale, che condividiamo come società, per cui è giusto condividerne anche la responsabilità e le conseguenze che essa comporta (photo © www.thatsfarming.com). indotti dalla riconosciuta importanza della salubrità dei prodotti e del benessere animale. Esistono ancora gruppi restii ad aprirsi a questo nuovo approccio, gruppi secondo i quali salute animale e benessere sono solo dei costi. Ma a questi la Battaglia lancia il monito: «se pensate che salute e animal welfare abbiano alti costi economici, pensate a quanto costano le malattie!». Valutazioni della FAO affermano che in Sud Sudan — dove il 90% della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno — le insufficienti condizioni di salute animale costano 25 dollari per capo bovino. D’altronde, se pensiamo alla mucca pazza o all’afta epizootica o ancora all’influenza aviaria, abbiamo ben chiaro quanto salato sia il conto in caso di epidemie e condizioni di salute animale insufficienti. Esempi di alti costi legati al benessere possono invece essere quelli delle carni DFD (dark, firm, dry) e delle carni PSE (pale, soft, es-
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sudative) di polli e suini; oppure il problema delle petecchie emorragiche al macello e anche delle lesioni ed ecchimosi. A riprova del fatto che situazioni di scarso benessere comportano spreco e abbassamento del livello di sicurezza del prodotto perché facilitano la proliferazione batterica. È dimostrato che la morte in allevamento si riduce quando il personale di stalla è debitamente formato e che vacche non timorose sono in grado di produrre il 10% di latte in più. Oltre a tutto questo, «i valori etici ormai sono una realtà da tenere in considerazione» secondo la Battaglia. Inoltre, il benessere animale è un bene comune mondiale, che condividiamo come società, per cui è giusto condividerne anche la responsabilità e le conseguenze che essa comporta: “share values, share responsibility”. Riallacciandosi al primo intervento della giornata di PHILIPPE CHEMINEAU e a diversi relatori susseguitisi, la Battaglia ha evidenziato
come salute e benessere animale siano elementi chiave delle produzioni sostenibili. «In questo viaggio che è la sostenibilità, le buone condizioni degli animali ci accompagneranno». Successivamente ha preso la parola ADROALDO ZANELLA, professore di Benessere animale al Dipartimento di Medicina veterinaria preventiva e Benessere animale dell’Università di San Paolo del Brasile. Zanella fa parte degli studiosi che stanno lavorando al progetto Awin (ne abbiamo parlato su questa RIVISTA con gli articoli: “Progetto Awin, benessere per tutti”, EUROCARNI n. 3/2015 p. 65; “Trattiamo bene queste mamme!”, EUROCARNI n. 5/2015, p. 122; “Smartphone e computer per valutare il benessere animale”, EUROCARNI n. 11/2015, p. 90). «Condivido in pieno il concetto di “one health, one welfare”» ha detto Zanella. «Benessere e salute animale e umana sono strettamente correlate fra loro. Certamente il benessere ha un costo immediato, ma dobbia-
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mo ridimensionare il valore degli aspetti economici. Inoltre, questi sono soldi ben investiti e recuperati». Dagli studi più recenti sugli effetti dello stress durante la vita prenatale è emerso che le conseguenze di scarso benessere si trasmettono di madre in figlio e si traducono in espressioni genetiche che modificano le strutture cerebrali legate alla paura (corteccia prefrontale, ippocampo e amigdala). Gli animali ne portano addosso le conseguenze e le trasmettono alla prole. Inoltre, un benessere insoddisfacente riduce le possibilità di sopravvivenza dei feti anche influenzando lo sviluppo placentare. «Questi studi hanno modificato la nostra idea di benessere: in partenza ritenevamo che il benessere fosse identificabile con l’assenza di dolore. Ora invece pensiamo che sia molto di più, che sia come si costruisce la propria vita», ha concluso Zanella. ANDREA GAVINELLI, della Unit Animal Welfare dell’europea DG SANTE, ha parlato dell’impatto delle politiche europee sul benessere animale. L’articolo 13 del Trattato di Lisbona tutela gli animali in quanto esseri senzienti cui si deve garantire benessere. Da qui nascono le varie direttive emanate, perché la tutela del benessere e dell’ambiente sono una responsabilità condivisa nella società: «tutti insieme noi umani dobbiamo salvare il pianeta». Questa realtà va accettata, serve una nuova mentalità, radicalmente diversa, che sia frutto di una nuova educazione e che osservi la realtà nel suo insieme. Ecco perché talvolta i cambiamenti sono imposti dalla politica (ad esempio Gavinelli cita la Direttiva sull’allevamento delle scrofe in gruppi). Ma il motore di tutto sono la società e i giovani europei, che hanno nuovi valori e chiedono più attenzione al benessere. Il prossimo obiettivo della UE sarà quello di garantire agli animali di allevamento un arricchimento ambientale che riduca le frustrazioni cui oggi molti sono sottoposti. Frustrazioni ed emozioni di forte stress che si manifestano anche con le stereotipie. Questo si affianca all’obiettivo fondamentale per la
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Il benessere animale secondo la FAO Conseguenze del benessere animale: • incremento della produttività e della qualità dei prodotti; • riduzione delle perdite pre-macellazione; • incremento della resistenza alle malattie; • riduzione dei rischi per la salute animale e pubblica; • incremento della sicurezza dei lavoratori; • risposta a una preoccupazione della società; • opportunità fornite dall’accesso ad un mercato più ampio; • migliora l’immagine del settore zootecnico e dei prodotti di origine animale; • rende i produttori agricoli orgogliosi del proprio lavoro. Impatto del benessere animale sulla sicurezza alimentare: • migliora i tassi di accrescimento e riproduzione degli animali; • conserva la salute e la produttività animale; • riduce l’incidenza di comportamenti anomali o che possono provocare lesioni; • previene le lesioni, le morti correlate all’elevata densità animale e le relative perdite di produzione; • riduce ferite e lesioni durante il trasporto, che comporterebbero un deprezzamento delle carcasse; • minimizza il panico, la paura e il distress e al tempo stesso migliora la qualità della carne; • migliora le probabilità di diagnosi precoce in caso di malattie, calo delle produzioni e problemi comportamentali. I nuovi valori di qualità che cresceranno di importanza nel prossimo futuro: • valori nutrizionali e salutistici degli alimenti, ad esempio la composizione degli acidi grassi; • preferenze per alcuni sistemi produttivi e origine dei prodotti; • sostenibilità ambientale e sociale della produzione, inclusi l’utilizzo responsabile delle risorse naturali, la protezione della biodiversità, la sicurezza dei lavoratori, la protezione dei piccoli e medi agricoltori; • valore di equità e valore etico del prodotto.
UE che è quello di ridurre lo spreco nella produzione animale. La tecnologia si sta rivelando indispensabile e utilissima per garantire il benessere animale, anche ottimizzando i tempi di lavoro e programmando trasporti e altre operazioni. La ricerca apre nuovi scenari. Ad esempio in Belgio si è scoperto che, se le uova in incubatoio ascoltano i rumori tipici del pollaio, con il canto del gallo e il chiocciare delle galline, alla schiusa i pulcini presentano un peso maggiore; il che comporta una riduzione del numero di pulcini
sacrificati. Questo significa meno spreco delle risorse, più etica nei confronti degli animali, più cibo per l’uomo. Gavinelli ha voluto concludere il suo intervento ricordando lo spot della UE che recita “Animal welfare: everyone is responsible”, ovvero “Il benessere animale è una responsabilità di tutti noi”. Giulia Mauri Nota A pagina 82, photo © www.uggaustralia.co.uk
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RAZZE
L’origine della razza ovina Gentile di Antonio Muscio e Costantina Altobella
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enché si sia sostenuta per secoli l’origine tutta spagnola della razza ovina Gentile, molti sono gli elementi incontrati nella nostra lunga ricerca che ci hanno convinto dell’esistenza concreta di un’altra possibilità, e cioè che l’ovino Gentile sia esistito, proprio in Puglia, molto prima dell’occupazione del Regno di Napoli da parte degli Aragonesi, quindi prima della presunta introduzione di quella razza nelle terre della Dogana delle Pecore, magistratura di creazione ara-
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gonese che regolò la transumanza organizzata tra Abruzzo e Puglia da metà ‘400 a tutto il ‘700. In primo luogo la puntuale documentazione doganale cinquecentesca non tramanda in alcun modo quella che persino Governatori della Dogana definiscono soltanto una communis opinio. Esiste poi l’autorevole testimonianza dello spagnolo COLUMELLA sul percorso inverso di arieti gentili dalla Puglia alla Spagna romana già nel I secolo — ed anche verso la Gallia Cispadana — ed ab-
biamo le classificazioni di pecore pugliesi a vello fine tramandate da PLINIO, VIRGILIO e MARZIALE nello stesso periodo. Un importante ma a lungo dimenticato ritrovamento archeologico nel territorio della provincia di Foggia porta poi alla nostra attenzione due bassorilievi di epoca romana, con incisi sia il vello Gentile che il vello della cosiddetta pecora moscia. Da qui sono scaturite altre nostre considerazioni: • l’assoluta necessità delle autorità aragonesi di sostenere che tutte
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le greggi abruzzesi e pugliesi (obbligate dalla normativa doganale ad utilizzare in perpetuo i pascoli invernali del Tavoliere in cambio dell’altrettanto obbligatoria tassa di” fida”) non fossero altro che le discendenti di arieti fini di proprietà personale del sovrano aragonese, i quali, quasi miracolosamente introdotti in Puglia a metà del ‘400, già negli anni immediatamente successivi erano in grado di avviare il boom laniero della Dogana; • documentazione “estera” di prim’ordine, come le “Pratiche di Mercatura” di Prato e di Firenze risalenti al ‘300 e ‘400, indicano che già allora dai porti di Trani e di Barletta salpavano, soprattutto alla volta di Venezia, grandi quantità di lana fina pugliese e tunisina; una “tariffa datiaria” studiata da GINO BARBIERI dimostra che Milano, già dal 1300, si approvvigionava di lana fina meridionale, e che si trattasse di lana fina pugliese è ricavabile dalle “Aestimationes mercium” circolanti nella stessa città dopo la crisi comunale, che assegnano alla lana fina delle nostre campagne un valore di 70 lire contro le 100 della pregiata lana inglese e le 50 della lana fine barbaresca; infine, documenti prodotti fra XII e XIV secolo da compagnie di importazione fiorentine e pratesi valutano la lana fine pugliese allo stesso livello della pregiata lana fina di Maiorca. Altre importanti osservazioni sono da fare: l’esperienza aragonese dell’allevamento ovino è tutta “rubata”, a metà Quattrocento, ai musulmani che occupavano, già dal 700 d.C., la penisola iberica e che si erano mostrati maestri nella produzione di lana finché la “reconquista” non fu completata a fine secolo con la loro espulsione. Ancora nel ‘500 la penisola iberica importava massicce quantità di lana fina inglese, poiché non si era ancora appropriata completamente dell’abilità musulmana. Inoltre, alle grandi — e violente, come ci ricorda “El Cid Campeador” — requisizioni degli allevamenti
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musulmani si aggiunse la conquista del Regno di Napoli, con l’indebita appropriazione delle greggi gentili locali, dei pascoli del Tavoliere resi demanio regio, e con la riscossione di una ingente e altrettanto indebita tassa di fida, che costituì a lungo la decima parte dell’introito erariale aragonese. Facendo riferimento a considerazioni preminentemente tecniche, è poi da osservare che, nei pochissimi anni intercorrenti tra il presunto arrivo nel Tavoliere degli arieti del sovrano aragonese e il grande sviluppo delle produzioni ovine pugliesi e abruzzesi “doganali”, non sarebbe stato assolutamente possibile, stante le tecniche allevatorie del tempo — che gli aragonesi sostengono di aver introdotto in Puglia — pervenire ad alcun risultato migliorativo: ancora nell’Ottocento, infatti, per ottenere un miglioramento minimo dei capi erano necessari moltissimi arieti, molti incroci e decine di anni! Dalle minuziose indagini documentarie da noi condotte, le correnti di circolazione della pecora Gentile sono risultate molto intense e se dopo le esportazioni di età romana le invasioni barbariche fermarono questi movimenti, se molto più tardi la rigida regolamentazione normanna delle splendide “masserie regie” del Tavoliere vietò ogni esportazione di capi pregiati, se infine la crisi economica angioina e la peste nera di metà ‘300 bloccarono lo sviluppo anche degli allevamenti, alla fine fu la Dogana delle pecore — che sopravvisse oltre tre secoli — a gestire in modo tutto interno il business allevatorio pugliese, esportando, attraverso la Fiera di Foggia, solo le produzioni e portando — per questioni che furono politiche ed economiche ma anche sociali — a fasi alterne di “boom” e di crisi, fino alla propria fine, avvenuta per mano napoleonica. Ma alla fine del ‘700 — a conclusione dell’esperienza doganale e alla vigilia dell’occupazione francese del Regno di Napoli — la pecora Gentile allevata nel Tavoliere cominciò ad essere richiesta e importata in tutta Europa per il miglioramento delle razze locali: in Svezia, in Da-
nimarca (Smaalcnem), in Alta Sassonia e in Francia (Rambouillet), in Inghilterra (dove venne incrociata con le Rylande, le Mendip e le Southdown), in America (Massachussets e Virginia). Nel 1782 venne importata nel Capo di Buona Speranza (forse giunse all’Ovile Van Runen) e da qui fu introdotta in Australia, paese che già nel 1891 vantava oltre 100 milioni di capi fini Merinos. La nostra indagine storica, condotta su letteratura scientifica
e documentazione originale, è stata spesso legata e completata da indicazioni proprie dei tecnici di zootecnica. Non solo, infatti, si voleva restituire dignità genetica all’ovino Gentile, ma anche aprire — per quanto possibile — prospettive interessanti per la razza anche dal punto di vista operativo e raccogliere informazioni che, basandosi sulla consapevolezza di antichi lustri, fossero di guida agli operatori tecnici contemporanei e
fornissero informazioni su assetti tecnici futuri eventualmente e correttamente possibili. Antonio Muscio Costantina Altobella (Fonte: Accademia dei Georgofili) Nota A pagina 86, un capo di Gentile Lucania, una pecora rustica che ben si adatta al territorio collinare e montano (photo © eatitalynews. com).
L’Accademia dei Georgofili, con sede in Firenze, si propone di contribuire al progresso delle scienze e delle loro applicazioni all’agricoltura in senso lato, alla tutela dell’ambiente, del territorio agricolo e allo sviluppo del mondo rurale. Essa fu fondata nel 1753 per iniziativa di Ubaldo Montelatici, canonico lateranense, allo scopo di “far continue e ben regolate esperienze, ed osservazioni, per condurre a perfezione l’Arte tanto giovevole della toscana coltivazione”. Il governo Granducale Lorenese le conferì presto carattere di istituzione pubblica (prima nel mondo), affidandole importanti incarichi. Con l’Unità d’Italia, l’Accademia dei Georgofili, che già di fatto aveva una dimensione extratoscana, divenne anche formalmente nazionale. Nel 1897 fu riconosciuta come Istituzione Statale. Nel 1932 fu eretta in “ente morale” e, sempre nello stesso anno, ottenne la concessione in uso gratuito dell’attuale sede demaniale. L’Accademia dei Georgofili è al mondo la più antica istituzione del genere ad occuparsi di agricoltura, ambiente e alimenti,. Promuove il progresso delle conoscenze, lo sviluppo delle attività tecnico economiche e la crescita sociale. Adeguando ai tempi organizzazione, metodologia e strumenti di lavoro, ha sempre mantenuto il proprio ruolo e gli obiettivi enunciati con l’atto costitutivo. Il lavoro svolto dall’Accademia fa emergere un richiamo alla consapevolezza della vitale importanza dell’agricoltura, da sempre giustamente considerata settore primario, non solo per la priorità temporale delle sue attività produttive, ma anche perché ha costituito e costituisce tuttora la fonte principale del nostro sostentamento alimentare. Inoltre, è stata la matrice dello sviluppo manifatturiero industriale (al quale ha fornito materie prime, forza lavoro e capitali) e rappresenta il fondamentale fattore di equilibrio per la biosfera della quale l’uomo è parte integrante e dalla quale dipende la sua stessa sopravvivenza. L’Accademia ha accompagnato lo sviluppo delle scienze agrarie, nella loro accezione più ampia. Seguendo l’evolversi dei tempi, continua ad affrontare le nuove problematiche che investono l’agricoltura e tutti i rapporti dell’uomo con l’ambiente naturale. Conduce studi e ricerche, adottando le più moderne metodologie, al fine di promuovere concrete iniziative. I risultati vengono esposti e discussi pubblicamente in apposite “Adunanze pubbliche”, poi riportate nell’annuale volume degli Atti. Per affrontare lo studio di ogni singola problematica, l’Accademia liberamente si avvale della collaborazione dei più qualificati studiosi e tecnici, ovunque siano, anche se afferenti a diversi enti pubblici e privati. Per lo studio di specifici temi sono costituiti anche appositi centri e comitati consultivi. Inoltre, al fine di potenziare attività e collaborazioni sull’intero territorio nazionale, i Georgofili hanno realizzato Sezioni geografiche. L’attività editoriale oggi comprende anche la Rivista di storia dell’agricoltura, le Informazioni dai Georgofili, monografie su specifici argomenti, pubblicazioni commentate di antichi manoscritti, vari cataloghi. I Georgofili hanno rappresentato e rappresentano uno strumento per confrontare e far circolare le idee, collegandosi con il mondo e contribuendo a mantenere alto il prestigio della nostra cultura, sempre nel pieno rispetto del proprio motto Prosperitati Publicae Augendae. (Fonte: Accademia dei Georgofili) >> Link: georgofili.info
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CARN AMB IDEES - CALL SEBALLUT - CARNE & IDEE
TRADIZIONI
La trippa di San Bassiano È più conosciuta la versione romana o in brodo, ma a Lodi la trippa è soprattutto un rito. Il 19 gennaio di ogni anno, infatti, sotto i portici del Broletto, la città festeggia il suo patrono distribuendo büseca, il cui consumo sembra proteggere da ogni malanno di Riccardo Lagorio
A
lla romana o in brodo? Ingiustamente considerata una parte grassa, la trippa è invece una parte anatomica ricca di proteine, sali minerali e non contiene glucidi e fibre. Insomma, la trippa è buon cibo ma a Lodi è anche rito. Nella città lombarda è infatti impensabile che il giorno dedicato a San Bassiano non si consumi da soli o in compagnia, perché è un gesto quasi mistico. Quando nei tempi della grande palude lodigiana la maggioranza
costituita da braccianti e mezzadri non poteva sperare di mangiare carne, non rimaneva loro che cibarsi dei resti e degli scarti del bestiame che non veniva utilizzato dai ricchi notabili. Peraltro una leggenda già in voga nel Seicento raccontava che la peste, tra le nebbie domenicali adagiate sulle rive umide delle rogge, nei cammini mattutini per la cacciagione di fiume, già implacabile sterminatrice a Milano, non fosse così crudele con Lodi, i cui abitanti apparivano in qualche modo
maggiormente resistenti al morbo o addirittura miracolosamente immuni grazie agli abbondanti piatti di trippa. La trippa previene la malattia: fu così che anche i ceti dominanti vi si avvicinarono, facendovi coincidere il culto di san Bassiano, protettore della città. La notizia si diffuse e nel corso degli anni la trippa si è imposta sulle tavole del Lodigiano, quella porzione di Pianura Padana conclusa dal Lambro e l’Adda e dal Po, che inizia alle porte del capoluogo e
La trippa distribuita in vaschette il giorno del santo patrono di Lodi accompagnata da raspadüra. 90
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“La trippa previene la malattia? Pare proprio di sì. Una leggenda in voga nel Seicento raccontava infatti che la peste, implacabile sterminatrice a Milano, non fosse così crudele con Lodi, i cui abitanti apparivano pressoché immuni grazie al suo consumo”
si perde nella campagna solcata dal reticolo di antichi canali, funzionali alla crescita di erba nelle marcite che avrebbe dato vita a un formaggio a grana di grandi dimensioni, imitato ma scomparso ormai da tempo, il Granone lodigiano. Proprio durante i decenni in cui si lavorò al prosciugamento delle paludi si fa risalire il consolidamento della tradizione lodigiana
del consumo di trippa, in quanto la manovalanza dedita alla costruzione del canale Muzza, dal nome del suo progettista Tito Muzio, si cibava durante i mesi invernali prevalentemente di trippe. Tanto che nei giorni di mercato la trippa diventava il piatto forte delle osterie di questa terra, ciascuna con caratteristiche univoche per quanto riguarda ingredienti e modalità di preparazione. Sono peraltro numerose le aspettative e le credenze su questo piatto, rappresentate anche in un celebre proverbio: Mangià la büseca de San Bassan vor dì star ben tutt l’ann (mangiare la trippa di San Bassiano vuol dire star bene tutto l’anno). A Lodi, nei giorni precedenti San Bassiano, vengono lavorati circa 700 kg di trippa che viene lavata e sbollentata dai volontari della Pro Loco nelle cucine dell’Ospedale Maggiore. A questa immensa quantità di trippa si aggiungono gli ingredienti necessari per la riuscita del piatto: carote, cipolle, sedano, fagioli, carne macinata, pancetta
stesa, olio di oliva, burro, vino bianco, pomodori pelati, brodo, sale e pepe. E quasi 300 kg di patate… Ma il tocco finale è dato dalla cremolata, un trito di salvia, rosmarino, prezzemolo e aglio che rende unica la preparazione. Alla fine saranno pronti per esserne distribuiti sotto i portici del Broletto dai 17 ai 20 quintali, soprattutto verso le ore 10.30, al termine del pontificale del patrono nella adiacente cattedrale. Nelle vaschette di büseca (termine che indica trippa in lodigiano) che si distribuiscono ai fedeli vengono calate anche sottilissime sfoglie di giovani forme di formaggio a grana, note come raspadüra. Non manca chi si sobbarca la lunga fila per portarsi a casa il piatto caldo e gustarselo al tepore delle mura domestiche. Prima di smangiucchiare i filson de San Bassian, le collane di castagne affumicate, altro simbolo contadino della giornata dedicata al santo lodigiano. Riccardo Lagorio
La polpetta diventa Regina se la carne è firmata Compral L’ultima moda in tavola? La polpetta. Piace sempre di più, piace a tutti. Il pluristellato GUALTIERO MARCHESI canta le lodi della polpetta gentile: «sarà una polpetta leggera, elegante, in altre parole gentile, da farsi mangiare anche con le mani. E cos’è la gentilezza se non il risultato di un garbato dosaggio tra dolcezza e sincerità?». Il regista RICKY TOGNAZZI ricorda la passione del padre Ugo, grande attore e cuoco sopraffino, per la polpetta casalinga arricchita da una patata lessa. Un altro uomo di cinema, DIEGO ABATANTUONO, a questo classico comfort food ha dedicato un locale, la Polpetteria di via Vigevano a Milano. E qualche mese fa è uscito un libro, “Una polpetta ci salverà”, in cui gli autori ANNA SCAFURI e GIANCARLO ROVERSI hanno raccolto ben 120 ricette di polpette create da altrettanti chef. Non stupisce quindi che a Govone, Cuneo, nel territorio delle Langhe-Roero e Monferrato, in occasione della manifestazione “Il magico paese di Natale”, questo umile piatto della tradizione culinaria italiana sia diventato la “Regina Polpetta”. In particolare, nel contesto dei laboratori del gusto “Pane e companatico”, il pubblico ha potuto assaggiare le deliziose polpette a base di carne Compral realizzate e cucinate dalla moglie di un allevatore socio della cooperativa. Polpette regine, appunto, perché Compral è la firma numero uno della razza Piemontese e la sua produzione di Fassona è ai vertici delle classifiche stilate dai buongustai, da Torino a Hong Kong. «La nostra carne è apprezzata nell’alta ristorazione e nelle hamburgherie del franchising Fassoneria» spiega Bartolomeo Bovetti, direttore Compral. «La qualità paga e lo stiamo riscontrando giorno dopo giorno. Gli allevatori-produttori si sentono coinvolti dal progetto e la partecipazione volontaria alla rassegna natalizia di Govone lo conferma. In questo caso, a fare la differenza da una normale polpetta a un prodotto di eccellenza è proprio la carne Compral: sana, magra e gustosa». (APA Cuneo)
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LA CARNE IN TAVOLA
La selvaggina di Clara Scaglioni
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“Quando si parla di selvaggina si distinguono animali da pelo e da penna. Tra le specie da pelo più apprezzate in cucina vale la pena citare il capriolo, il cinghiale, la lepre, il coniglio selvatico, il cervo e il daino”
Quaglia arrosto con risotto allo zafferano (photo © www.peperoniepatate.com).
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"A parte i piccoli volatili, ottimi anche se cucinati subito, la selvaggina richiede una frollatura, che renderà la carne tenera e ne attenuerà il caratteristico odore”
elvaggina è un termine generico che indica l’insieme degli animali da pelo e da penna appartenenti a svariate razze selvatiche. Cinghiali, anatre, cervi, lepri, pernici, colombacci, quaglie, caprioli, daini, beccacce, beccaccini, ecc…, fanno parte di questa vasta categoria. Specificare la labile e sottile differenza esistente fra selvaggina e cacciagione risulta quanto mai difficile. La parola selvaggina si riferisce, appunto, agli animali sopra citati vivi o morti anche cresciuti negli allevamenti purché di specie selvatica mentre, quando si parla di cacciagione, ci si riferisce a vari animali selvatici uccisi durante le battute di caccia. Cotture, marinature e frollature Svariati e piacevolissimi sono i sapori che si potranno percepire quando arriveranno in tavola le pietanze a base di selvaggina, sempre e solo, però, se saranno state cucinate con le dovute regole. Regole ferree, che richiedono un impegno assoluto da parte di chi avrà l’incombenza di prepararle e tutto il tempo necessario per realizzarne i vari pas-
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saggi. Il supporto fondamentale al sapore sarà poi dato dalla presenza degli aromi dell’orto impiegati durante la marinatura e la successiva cottura al fine di eliminare il fondo di selvatico che sempre caratterizza tali carni. A parte i piccoli volatili, squisiti anche se cucinati subito, la selvaggina, sia da penna che da pelo, richiede un periodo di frollatura, allo scopo di rendere la carne più tenera per attenuarne il caratteristico odore, che può variare secondo la razza e la grossezza. A volte anche la stagione ha, in questo specifico caso, la sua influenza. La frollatura consiste nel lasciare per alcuni giorni in luogo fresco, ventilato, non umido, la selvaggina appesa e possibilmente con la testa in giù. Mentre si è concordi nel lasciare agli animali selvatici penne o pelo durante la frollatura, vi sono pareri contrastanti per quel che riguarda le interiora. La maggior parte dei veri intenditori pensa sia corretto asportarne le viscere. Non solo: dopo averne pulito la cavità addominale, sarebbe necessario introdurre delle erbe
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Marinatura del coniglio selvatico.
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aromatiche per iniziare, con questo primo passo, a far perdere alla carne l’odore di selvatico. Dopo la frollatura, per la selvaggina da pelo, si procede alla marinatura, che consiste nel tenere immerso l’animale per ore, a volte anche per giorni, in un composto realizzato con dell’aceto, con del vino sia bianco che rosso e tante verdure aromatiche in grado, con il loro profumo, di incominciare a mitigare ed attenuare il tipico forte sapore delle carni. Selvaggina da pelo Tra le specie da pelo più apprezzate in cucina vale la pena citare il capriolo, il cinghiale, la lepre, il coniglio selvatico, il cervo e il daino. Tra questi animali, quelli di grosse dimensioni vengono di norma macellati come gli ovini ed i bovini per cui i loro tagli principali sono il cosciotto, la sella, il carré. Prima della cottura, si deve sempre prevedere un periodo di frollatura più o meno lungo, necessario in particolare a rendere morbidi i tessuti e la muscolatura degli stessi spesso solidi, nervosi e compatti. Il capriolo Il capriolo è un ruminante che vive generalmente allo stato selvatico nelle foreste site in pianura o in terreni lievemente collinosi L’età del maschio si riconosce dal numero delle ramificazioni delle corna, mentre per la femmina si individua mediante l’esame della dentatura. Se l’animale viene macellato nel periodo considerato ottimale, ovvero tra il primo ed il terzo anno di vita, le sue carni risulteranno assai delicate e tenere. Con la macellazione i tagli vengono suddivisi come quelli del montone e dell’agnello e ne avranno anche l’identica nomenclatura. Ottimo cucinato in salmì. Cinghiale Il cinghiale adulto non possiede carni eccessivamente gustose. Ha una carne scura saporitissima ma di difficile digestione e di solito se ne utilizzano solo il cosciotto e la sella, a condizione che siano marinati a lungo. Molto saporito e
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Coscio di cinghiale al forno (photo © Michele Cordoni). delicato è invece il cinghialetto da latte, così definito quello ancora nel primo anno di vita ed il cui peso non supera i 25/30 chilogrammi. Ne sono soprattutto apprezzate le costolette. Lepre Se di primo pelo è tenera e più grassa ed il peso di un esemplare medio è di circa 2 kg. Di norma la sua carne non viene frollata ma lasciata riposare per qualche giorno. Una delle ricette più utilizzate è quella della lepre in salmì che ben si accompagna ad una buona polenta. Coniglio I conigli si distinguono in selvatici e di allevamento o domestici. Le carni dei primi hanno un gusto superiore rispetto ai secondi, più teneri e delicati. I conigli selvatici vengono di norma cucinati come la lepre, in salmì, in sformati o pasticci. Cervo e daino La carne del cervo e del daino è migliore se appartiene ad esemplari giovani; in caso contrario, è necessaria una lunga frollatura e nella cottura i vari pezzi vanno lardellati dopo essere stati a macerare a lungo con marinate a crudo. Selvaggina da penna Le specie di volatili selvatici da prendere in esame sono tante, per
cui ho ritenuto conveniente fare una selezione, tenendo presente come, per ottenere dei buoni piatti, occorra impiegare animali di giovane età. Allodola L’allodola giovane costituisce un ottimo alimento dal gusto delicato. Comunque venga cucinata sarà opportuno tenerla sempre al sangue. Anatra selvatica L’anatra selvatica ha carni più consistenti a causa della muscolatura più sviluppata rispetto all’anatra domestica. È assai più gustosa di questa ed il modo migliore per cucinarla è per arrostimento, anche se tutte le ricette che valgono per quella domestica si possono utilizzare anche per la selvatica. Beccacce e beccaccini La beccaccia è un uccello migratore che vive in paludi dove viene a svernare dalla fine di settembre fino a febbraio marzo. Ha carni delicate ed è simile al beccaccino, che è solamente un poco più piccolo. Beccacce e beccaccini si cucinano nello stesso modo, tenendo presente che non vanno ripuliti e svuotati delle interiora, come del resto si usa fare con tutti i volatili di piccole dimensioni. Sarà sufficiente togliere il fiele ed il ventriglio usando un ago da cucina e sottoporli poi ad
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adulto (di circa un anno) sono generalmente asciutte e dure per cui le si cucina facendole brasare in casseruola o, meglio ancora, in salmì. Quaglia La quaglia è un uccello migratore che in primavera e in autunno si aggrega a folti stormi di suoi consimili ed è in tali periodi che lo si caccia. I cacciatori si appostano di solito dove vengono coltivati cereali e nelle praterie dato che questo è l’habitat nel quale la quaglia nidifica. Uno dei problemi legati a tale selvaggina è che sta diventando sempre più rara. Esistono sul mercato quaglie di allevamento che mancano però delle qualità principali degli esemplari selvatici, cioè di quel sapore particolare che li caratterizza. Come regola non vanno frollate ma si consumano appena cacciate.
Spezzatino di cervo (photo © www.star.it) una parziale frollatura per esaltare al massimo l’aroma ed il gusto delle carni (che avrete l’ulteriore accortezza, quando si cucineranno, di avvolgere in sottili fette di lardo). Beccafichi e ortolani Sono piccoli volatili molto gustosi se cotti arrosto o, ancora meglio, allo spiedo con fuoco vivo possibilmente a legna. Fagiano Il fagiano è originario dell’Asia meridionale, della Cina e del Giappone. Da tempo esistono in Europa diverse varietà e sono quelle che arrivano sulle nostre mense. Il fagiano di bosco o di montagna è più gustoso di quello di pianura. Le sue carni sono delicate, saporite e nutrienti, specie se il volatile è stato cacciato tra novembre-dicembre, ma si trova in commercio anche un ottimo prodotto di allevamento a cui fare ricorso. Il fagiano comune di pianura o di montagna ha colore rossastro dalle lunghe penne caudali. In cucina richiede una frollatura breve perché l’aroma ed il gusto delle sue carni abbiano a svilupparsi con completezza. Quando si procede alla sua cottura, specie per arrostimento, è bene fare una bardatura con sottili fettine di lardo per renderlo più morbido.
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Gallinella d’acqua Si trova raramente nei nostri mercati ma, nel caso la si acquistasse, si seguono le ricette della pernice. Gallo di montagna Il gallo di montagna si trova in quasi tutte le regioni montuose d’Europa. Le sue carni sono lievemente aromatiche e bianche quando l’animale è ancora giovane mentre risultano scure quando ha superato i 10-15 mesi d’età. Si cucina arrosto dopo averne bardate le carni con lardo o pancetta e si serve con accompagnamento di gelatina di ribes. Pavoncelle e pivieri Le pavoncelle ed i pivieri vivono in gruppi nei pressi delle marcite o lungo i fiumi. Tali volatili non vengono generalmente svuotati delle interiora come avviene per le beccacce. Si consiglia di cuocerli per arrostimento, bardandoli con fettine di lardo. Pernice Ha una carne molto delicata e nutriente. Viene considerata un capo di selvaggina pregiato. In Europa se ne trovano di due varietà: la grigia, la più comune, e la rossa (bartavelle in lingua francese). Il periodo della caccia alla pernice si apre ai primi di agosto e le carni dell’animale
Starna La starna vive in tutte le foreste d’Europa e la si riconosce per il corpo tozzo ed il piccolo becco leggermente ricurvo. La sua carne è bianca, molto aromatica e gustosa, specie se si tratta di animali giovani. Ideale la cottura per arrostimento o in cocotte. In questo caso la salsa più indicata per servirla viene ottenuta legandone il fondo di cottura con abbondante panna ed un poco di succo di limone: la famosa salsa Smetana o panna acida molto amata in Russia. Tordi Il tordo è considerato un capo di selvaggina molto ricercato perché di gusto delicato; verso settembre/ ottobre è più appetibile perché grasso e ben in carne. Si trova in tutta Europa ed è maggiormente apprezzato nel periodo in cui matura l’uva di cui è golosissimo. C’è anche un tordo di montagna che ama nutrirsi, a differenza di quello di pianura, di bacche di ginepro, e le sue carni sono molto apprezzate proprio per il particolare profumo che emanano. Clara Scaglioni Nota A pag. 92 i principali tagli del daino.
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Un piatto tipico molisano che lega la sua origine alla transumanza
Pezzata di Capracotta, la ricetta con carne di pecora che piace ai buongustai di Massimiliano Rella
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el Molise, terra di sapori genuini, la pezzata di Capracotta è uno dei piatti che meglio rappresenta la tradizione gastronomica locale. Il borgo in provincia di Isernia, a poco più di 1.400 metri di altitudine, ma che con il monte Campo situato nei suoi confini raggiunge i 1.746, è una località turistica e sportiva attrezzata per lo sci alpino e di fondo. Ma un tempo, molto prima che rilievi e piste innevate attirassero atleti con sci e
bastoncini, i monti e le colline molisane erano percorse da pastori e greggi che lasciavano le calde e aride pianure della Puglia per trascorrere l’estate in pascoli freschi ed erbosi. Un andirivieni stagionale lungo i tratturi, i sentieri erbosi, di pietre e terra battuta, formati dal passaggio e dal calpestio degli animali. Proprio alla transumanza lega la sua origine questo piatto tipico preparato con carne di pecora, al quale ogni anno è dedicata una sagra
che si svolge la prima domenica di agosto sul pianoro di Prato Gentile. Durante gli spostamenti poteva accadere che qualche animale si azzoppasse e non potesse proseguire il cammino. Per i pastori non vi era altra scelta che abbattere la pecora ma la sua carne era una risorsa da non sprecare. Veniva quindi cotta con i pochi mezzi a disposizione di una carovana in viaggio, in pentole di coccio coperte da pezzi di stoffa.
Pezzata in brodo, piatto tipico di Capracotta (IS), secondo l’interpretazione del ristorante L’Elfo.
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La sala con camino del ristorante L’Elfo di Capracotta (IS). Da pietanza di recupero la pezzata di Capracotta è diventata una ricetta da buongustai. Ce la propone, per esempio, L’Elfo, un buon ristorante di cucina molisana, stagionale, rivisitata e alleggerita. Lo chef MICHELE SOZIO, originario di Capracotta, valorizza le specialità del territorio, legumi, funghi, tartufi, ma anche ortaggi e verdure coltivati in proprio. La ricchezza di materie prime gli consente di variare spesso il menu, inserendo nuove proposte ogni due settimane, con alcuni piatti che si alternano secondo la disponibilità degli ingredienti freschi e di stagione. Con i legumi prepara originali antipasti, come la passatina di lenticchie di Capracotta con scaglie di tartufo nero e lo sformatino di patate e carciofi su vellutata di legumi di Capracotta, e primi piatti più saporiti e robusti come la zuppa di cicoria selvatica, patate e lenticchie di Capracotta. Anche il tartufo, bianco e nero, ricorre in gustose ricette, dai ravioli di ricotta e ortica al tartufo nero alla chitarrina al tartufo bianco. I secondi sono di carne, castrato, agnello, vitello, maiale, cinghiale.
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Ma non si può mangiare al ristorante L’Elfo senza assaggiare la pezzata di Capracotta. Lo chef ha rivisitato questo piatto e ne offre una versione più alleggerita. Usa solo le parti nobili della pecora, a differenza della ricetta tradizionale che prevedeva l’impiego di tutta la carne, e le fa bollire in pentola a bassa temperatura per 5 ore con vari odori. Dopo circa mezzora dall’inizio della cottura procede alla “schiumatura”, cioè asporta il grasso in eccesso venuto a galla. La carne una volta cotta è molto tenera e saporita e viene servita in brodo in un piatto di coccio. Se la accompagniamo con un calice di Tintilia, il rosso ottenuto dall’unico vitigno autoctono molisano, abbiamo l’abbinamento ideale. E non mancano buone etichette nella carta dei vini di questo locale rustico elegante, ricavato all’interno delle vecchie stalle di un palazzo del 1795, con fondamenta cinquecentesche. Per la riuscita del piatto più tipico di Capracotta fondamentale è la qualità della carne. PAGLIONE DANTE
è uno dei principali allevatori di pecore del posto. Il suo allevamento, in attività dal 1979, conta 850 ovini tra razza merinizzata e incroci e qualche capretta autoctona. Con la moglie Carolina e lo zio Donato gestisce anche la macelleria Fratelli Paglione, in paese. Massimiliano Rella Ristorante L’Elfo Via Campanelli 86082 Capracotta (IS) Telefono: 0865 949131 Web: www.ristorantelelfo.it Nota: chiuso lunedì, escluso in agosto e festivi. D’inverno, lun.-giov. pranzo e cena solo su prenotazione; ven.-sab. aperto a pranzo e cena. Conto per 4 portate € 28,00. Allevamento Paglione Dante Contrada Coccia Muzzi 86082 Capracotta (IS) Telefono: 0865 949173 Macelleria Fratelli Paglione Via S. Maria di Loreto 66 86082 Capracotta (IS) Telefono: 0865 949015 Nota: locale aperto lun.-dom. 8:0013:30/17:00-20:30.
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HAMBURGER TOUR
Un LAMBurger firmato Taglienti HCC-Meat Promotion Wales, l’ente che promuove le carni ovine e bovine gallesi, e lo chef Luigi Taglienti sposano tradizione e modernità in un innovativo street food
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n una cornice d’eccezione, Corso Magenta a Milano, ha fatto il suo debutto ufficiale sulle tavole italiane lo scorso fine ottobre LAMBurger, un hamburger di agnello gallese dal gusto davvero irripetibile. Grazie alla collaborazione tra lo chef Luigi Taglienti e HCC-Meat Promotion Wales, l’ente promotore delle carni rosse gallesi, è infatti nata un’armonia di sapori che consentono di esaltare le qualità della carne di agnello e il suo sapore inconfondibile. Non è per caso che dal 2003 al Welsh lamb sia stato attribuito il marchio europeo IGP, a suggello di una materia prima di
qualità garantita e la cui origine è controllata, sicura e completamente tracciabile. «L’idea di preparare LAMBurger è nata dalla volontà di sposare un “mangiare antico” ai ritmi di vita di oggi» spiega JEFF MARTIN, responsabile Italia di HCC. «Perché rinunciare ad un’alimentazione genuina solo perché la quotidianità ci impone ritmi frenetici? Senza dimenticare che un buon equilibrio di calorie ed apporto proteico nella dieta ci rende più sani e quindi maggiormente efficienti, migliorando la qualità della nostra esistenza. Se il tutto, poi, viene “condito” da un’ottima ricetta da, anche
il piacere del gusto non potrà che appagare il desiderio del “buono”». «Ho voluto accostare le qualità di una carne così sana e saporita ad alcuni sapori tipicamente italiani come scarola ed erbe aromatiche, aneto, cerfoglio, dragoncello, maggiorana e coriandolo», ha aggiunto Taglienti, rinomato chef stellato. «Ho scelto di utilizzare la polpa di spalla di agnello gallese IGP che ho impreziosito aggiungendo una parte di grasso nobile, sempre di agnello, per esaltarne il gusto. Il risultato è un piatto completo, bilanciato e moderno, adatto a tutti i palati».
LAMBurger di agnello gallese dello chef Luigi Taglienti (photo © Diego Bonacina). 100
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1/2/3/4/5) L’agnello gallese in stile street food firmato dallo chef Luigi Taglienti presentato lo scorso ottobre a Milano. 6) Luigi Taglienti con Jeff Martin, responsabile Italia dell’ente promotore delle carni rosse gallesi (photo © Diego Bonacina).
HCC–Hybu Cig Cymru è l’ente responsabile per lo sviluppo, la promozione e la distribuzione delle carni gallesi. Tra i compiti di HCC vi sono: la promozione dei prodotti di carne provenienti dal Galles, l’evidenziazione delle caratteristiche che differenziano i prodotti di carne gallese, la collaborazione con le aziende agricole per diffondere la qualità, ridurre i costi e migliorare la salute degli animali, la collaborazione con tutta la catena di fornitori per migliorare l’efficienza e sviluppare la garanzia di qualità, l’attività per la diffusione e il miglioramento della comunicazione della qualità di questo settore. HCC rappresenta per vasta parte l’industria agricola del Galles e trae esperienza dai diversi componenti dei suo Board of Directors e dalle aziende a cui essi appartengono. >> Link: www.hccmpw.org.uk
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SAPORI DAL MONDO
In viaggio negli States: il beef on weck Tedeschi e Francesi hanno contribuito all’invenzione di questo panino con arrosto di manzo, espressione della più autentica tradizione gastronomica americana di Nunzia Manicardi
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n viaggio negli Stati Uniti, come quello che ho appena effettuato, riserva sempre numerose sorprese dal punto di vista gastronomico, più di quanto non si creda, grazie soprattutto all’apporto delle varie cucine del mondo che in questa terra ancora nuova e in divenire hanno trovato il posto ideale dove incrociarsi e amalgamarsi. Il piatto-base preferito dagli
Americani rimane però sempre il “panino”, espressione originale del loro nomadismo di base, riempito di volta in volta nei modi più vari privilegiando sempre, per lo più, la carne e in particolar modo quella di manzo. Il beef on weck è appunto uno di questi panini, uno dei più noti e amati specialmente nella zona che va dalla parte occidentalesettentrionale dello Stato di New
York (Buffalo, Rochester, ecc…) fino al Canada, a Toronto. Siamo intorno ai bellissimi luoghi delle Cascate del Niagara, e infatti io l’ho mangiato proprio nel Legends Bar di Niagara Falls, la piccola località statunitense insediata sulle rive dello sperone che fa compiere al fiume Niagara il suo spettacolare salto di oltre 50 metri di larghezza e più di 300 di altezza, di fronte
Il beef on weck.
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all’ancor più spettacolare salto che compie dirimpetto, già in territorio canadese. Ho dovuto però chiedere espressamente il piatto locale, altrimenti mi sarei nutrita — nei miei tre giorni di permanenza — soltanto di Italian pizza e di Italian buffet, a parte generici hamburger con patatine fritte che non mi evocavano niente in particolare. Anche qui, comunque, i piatti tipici tendono a scomparire sotto l’incalzante proposta di prodotti standardizzati o di tendenza. Il beef on weck (letteralmente “manzo sul panino”) è invece un’autentica specialità americana la cui particolarità si deve alla presenza in zona, fin dall’inizio dell’Ottocento, di immigrati tedeschi, presenza molto nutrita e significativa in tutto il North-West (anche a Chicago, per esempio). Ed è ai Tedeschi che si deve l’introduzione del panino con il manzo a fette (che loro però preferiscono bollito anziché arrosto) e dei semi di cumino che conferiscono al panino in questione un sapore del tutto particolare. Ma dai Tedeschi il panino — in questo caso rigorosamente bianco — ha preso anche lo stesso nome weck, così come in uso nei dialetti tedeschi delle aree sud-ovest della Germania (Baden, Svevia). Esso significa “rotolare” nel senso di “rotolo di pane” e quindi “panino” (mentre nei dialetti settentrionali si dice generalmente Brötchen). I semi di cumino (in tedesco Kümmel) vanno a ricoprire la parte superiore del panino che per questo in Germania viene chiamato Kümmelbrotchen o Kümmelweck (in Austria un simile tipo di piccolo pane bianco è noto come Kümmelweckerl, diminutivo da Wecken, con riferimento a un grande pane, Brotwecken). Il tipo di impasto del pane in America però, assecondando il gusto locale, è molto più soffice e morbido dell’equivalente tedesco. La ricopertura del panino è inoltre arricchita con abbondante sale, così da favorire la voglia di bere. Di solito birra, anche questa all’uso tedesco, sebbene prodotta negli Stati Uniti dove ci sono ottime birre locali. Sulla parte inferiore del panino
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vanno adagiate numerose fette di arrosto di manzo tagliate a mano molto sottilmente. Si accompagna il tutto con salsa di rafano. Il rafano, o cren, chiamato dai Francesi “senape dei Tedeschi”, conferisce alla carne una sferzata di energia che, insieme con i semi di cumino e il sale (troppo, da un punto di vista salutistico), dà molto sapore e gusto ad una preparazione che altrimenti, almeno agli occhi, apparirebbe piuttosto scialba in confronto ai più abituali sandwiches con smaglianti colorazioni di salse industriali americane. E forse è proprio questo il motivo per cui questo piatto tende a scomparire. Ma anche ai Francesi, a loro volta presenti in zona (anzi, furono loro i primi colonizzatori di questi territori!), si deve un apporto fondamentale, costituito dal sugo au jus (letteralmente, in francese, “al succo”) con il quale la carne viene accompagnata. Il sugo può essere costituito semplicemente da quello di cottura, ma in genere unisce quest’ultimo a un altro sugo ottenuto facendo cuocere insieme mezza cipolla, una carota, un gambo di sedano e più di mezzo litro di brodo di manzo. Si tratta, anche in questo caso, di un sugo tipicamente di origine europea. La salsa au jus, di origine francese, deve il suo nome proprio a questo tradizionale metodo di cottura della carne “nei suoi succhi” e viene normalmente servita per accompagnare piatti a base di manzo. È differente dalla salsa gravy (la tipica salsa americana con cui si farcisce il tacchino arrosto) poiché ha una consistenza più fine ed è servita solitamente a parte, come accompagnamento di un’entrecôte di manzo, di un filetto o, come nel caso in questione, di un panino di carne. Per preparare la salsa au jus bisogna innanzitutto raccogliere i succhi di cottura dalla pentola dell’arrosto e versarli in un pentolino, scolando parte del grasso, ma facendo attenzione a non gettare nulla dei succhi. Vi si cuociono poi, a fiamma alta, le verdure affettate fino a quando non saranno ben dorate e stufate. La salsa deve risultare densa. Si
Ben visibile sulle fette di carne la salsa bianca al rafano (photo © www.laweekly.com). sgrassa ancora, poi si versa il brodo e si fa cuocere per qualche minuto a fiamma media continuando in seguito a fuoco lento. Si prosegue fino a quando le verdure non si saranno ammorbidite completamente e il liquido ridotto di un terzo. Si condisce con sale e pepe. Prima di servire si può far passare il tutto in un colino rivestito con del tessuto per alimenti per filtrare il più possibile ogni residua traccia di grasso in eccesso. Con questo sugo si bagna la parte superiore del panino, quella dove ci sono i semi di cumino. Il panino si presenta in tavola coperto, come il tradizionale sandwich,
“La carne di manzo su weck è stata a lungo popolare a livello regionale ed ha ottenuto successo anche in altre zone degli USA, in cui è stata introdotta grazie agli espatriati da Western New York”
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o anche aperto, con la parte superiore a parte e le fette di carne ancora da sistemare su quella inferiore (a me l’hanno dato così e mi è piaciuto di più perché ho dovuto “lavorare” un po’ allungando così i tempi di godimento del cibo, altrimenti troppo rapidi per una degustazione europea). Spesso presenti anche le immancabili patatine fritte. C’è inoltre una sorta di leggenda che accompagna le origini del beef on weck, secondo la quale un panettiere tedesco di nome WILLIAM WAHR, con probabili antenati immigrati dalla zona tedesca della Foresta Nera, avrebbe creato il rotolo kummelweck mentre viveva a Buffalo, nello Stato di New York. Sempre secondo questa leggenda, Wahr avrebbe preso lo spunto da una speciale pagnotta che in Germania, nella zona della Svevia (quella appunto della Foresta Nera), è conosciuta come Schwäbische Seele e che viene lasciata come offerta cerimoniale per i morti. Deve il nome di “rotolo” al fatto che è proprio un rotolo di pane simile a una baguette, ricoperto con sale e semi di cumino.
Il proprietario di un pub locale americano sostiene invece che il merito sarebbe suo, che avrebbe avuto l’idea di utilizzare il rotolo salato con la carne per aumentare le vendite di bevande La carne di manzo su weck è stata a lungo popolare a livello regionale e in seguito ha ottenuto successo anche in altre zone degli Stati Uniti, in cui è stata introdotta grazie agli espatriati da Western New York. Questo successo è stato incrementato grazie anche alla catena di ristoranti americana “Buffalo Wild Wings”, che fu avviata da ex residenti della zona occidentale dello Stato di New York e il cui nome originale era infatti “Buffalo Wild Wings e Weck” abbreviato in “BW3”, riferendosi la terza W a Weck (ora invece si chiama solo “Buffalo Wild Wings” e non serve più beef on weck se non all’interno dell’area occidentale dello Stato di New York, quella dove il piatto è nato e continua ad essere richiesto). Il beef on weck è stato infine presentato da famosi chef in spettacoli americani di cucina molto seguiti. Nunzia Manicardi
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MACELLERIE D’ITALIA
Gastronomia Contini 2.0, guardando al passato per costruire il futuro di Riccardo Lagorio
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iente nebbia in questo pomeriggio di tardo autunno; eppure qui non si odono i rintocchi del Torrazzo, il duecentesco simbolo di Cremona. Due minuti dall’autostrada e prima periferia di una città sonnacchiosa e ricca, nobile e immobile. La campagna che arriva alle porte dei palazzi e dei vicoli, il Grande Fiume a fare da barriera naturale verso l’Emilia per un abbraccio che
stringe dal basso. Una bottega, una storica bottega di questa cintura non lontana ma sufficientemente discosta dal centro, è da suppergiù tre anni il crocevia della rivoluzione gastronomica cremonese. Parte da lontano, dai primi passi dietro il bancone del parmigiano AMERIGO CONTINI, che per anni ha segnato la strada all’Associazione dei macellai di Cremona e oggi ha fatto spazio ai desideri di novità
di ALICE e del compagno ANDREA. Della bassa padana fanno parte i momenti goliardici di comunione. E questa è tradizione inviolabile: la rievocazione del bollito in cascina con tutti i tagli di anteriore (testina, lingua, salame da pentola, copertina e gallina), preceduto da salame e marubini (la pasta ripiena di queste parti) ai tre brodi, apre la stagione fredda e la proposta nel banco frigo si protrae per tutto l’inverno.
Alice Contini e Andrea Amici a banco della Macelleria Contini 2.0 a Cremona. Dal padre Alice ha ereditato saperi e sapori tradizionali che promuove insieme ad Andrea in modo innovativo, come il bollito misto sottovuoto disponibile in monoporzione.
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Arrosto di vitello. Ma non è usuale trovare lo stesso bollito misto sottovuoto, disponibile in monoporzione. Arrivi a casa la sera, prendi l’involucro, lo metti a bagnomaria ed ecco fatto: la giornata si trasforma da normale a regale. Altrettanto procura lo stick di polenta avvolto da lonza marinata in salsa di capperi e impanata: pochi minuti in forno e il pasto è salvo. Segno dei tempi, che Alice e Andrea sanno ripercorrere con l’hamburger sottovuoto. Sia esso di vitello, di manzo, vitello e vegetali. L’idea del sottovuoto però non è solo quella di poter contare sulla perfetta conservazione di tagli da macelleria per tre settimane
(a idonea temperatura). Si cela un’accortezza: creare una barriera che eviti il contatto con potenziali allergeni, in particolare glutine e lattosio, garantendo la possibilità di acquisto da parte di coloro che si trovano nelle condizioni di dovere prendere precauzioni nei confronti di quegli alimenti che li contengono. Non quindi mera macelleria ma laboratorio dove prendono corpo idee e forme di alimentazione diverse. Tanto diverse da svalicare nell’arte. Arrivano le candele, reale di manzo marinato e poi cotto a bassa temperatura, messo sottovuoto per
"Non un ristorante, ma una sosta in bottega, dove si possono scegliere gustose pietanze calde direttamente dal banco frigo: dal kebab di pollo, tacchino e manzo agli spiedini, dagli antipasti (come quella golosa Rosa di Cremona, una pasta brioche salata e farcita di prosciutto e formaggio) ai primi piatti (di marubini o lasagne)”
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30 giorni e inserito in gelatina di cartilagine; la pizza di carne, pronta in 8 minuti, dove la base di acqua e farina si è trasformata in ciccia, essendo una tartare e tuorlo d’uovo marinati; il ghiacciolo di carne; il bollito non bollito, che è carne che non tocca mai acqua, ma viene cotta sottovuoto, mantenendo inalterati i succhi. E la salsiccia da passeggio, cruda o cotta. I Contini si fecero promotori, con l’armata dei Macellai cremonesi, della rivalutazione di questo singolare insaccato di cui si trova testimonianza per la prima volta nel 1583 grazie alle parole del notabile LUDOVICO CAVITELLI. Riferisce costui dell’arte di costruire entro le mura cittadine manufatti (lame pregiate e fili di lino e seta) e salsicce di carne bovina magrissima insaporite di pepe, zenzero, cannella e aglio, da bollire o cuocere, insaccate in budellino d’agnello. Tanto importante per la cultura locale da meritarsi nel 2009 l’appellativo di prodotto a Denominazione Comunale.
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1) Tra i prodotti carnei sottovuoto di Contini la lingua salmistrata di manzo, il cotechino tradizionale cremonese Vaniglia 2.0, l’arrosto di vitello ripieno. 2) I fagiolini con cotenne e i ciccioli frolli. 3) Sua maestà il cotechino. 4) Il bancone della macelleria.
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Convivono quindi i tagli classici con i preparati da macelleria, le lasagne e le crespelle, il prosciutto cotto preparato in casa e le frittate o le torte salate. Un orizzonte che ha condotto per naturale discendenza alla possibilità per il consumatore di fermarsi per un pranzo, quantunque veloce. Non un ristorante, ma una sosta in bottega, dove si possono scegliere gustose pietanze calde direttamente dal banco frigo: dal kebab di pollo, tacchino e manzo agli spiedini, dagli antipasti (come quella golosa Rosa di Cremona, una pasta brioche salata e farcita di prosciutto e formaggio) ai primi piatti (di marubini o lasagne). Questa felice commistione di proposte innovative che guardano al passato sono maggiormente apprezzabili proprio durante il periodo invernale, che ha mantenuto forte il legame con gli usi di un tempo. Come la preparazione della minestra di fagioli con l’occhio e cotenne, che si
preparava fuori dai cimiteri nelle settimane dei Morti: una lunga preparazione che è possibile portarsi a casa, ghiacciata, e durante le fredde settimane a venire, scaldarne una mattonella via l’altra, che si liquefa e scalda la casa. Un piatto che sa d’antico e ancora una volta i Contini hanno saputo tradurre in utile spiccia e romantica cena. Tante opportunità per portarsi a casa prodotti predisposti nel retrobottega come il dado vegetale e il dado di carne privo di glutammato, la giardiniera, la mostarda di Cremona, praticamente ormai introvabile quella artigianale, anche con mele cotogne. Il cliente si annoia rapidamente; vuole vedere cambiate spesso le proposte e a questa visione bisogna adattarsi. In tutto questo la carne rimane pur sempre al centro delle attenzioni dei Contini che, dicono, viene venduta se il cliente si sente accompagnato, diretto, rincuorato.
La frollatura avviene per almeno 30 giorni ed è necessaria per assaporare una carne morbida e succosa. E poi i salumi, con il cotechino e il salame in prima fila. Il sabato mattina si toccano le corde dei clienti affezionati con assaggi di quanto proposto; anche di formaggio, con il Provolone Valpadana DOP a farla da padrone. Melodiosa occasione per continuare poi verso il centro e respirare l’aria di Stradivari e Amati, Monteverdi e Ponchielli. Riccardo Lagorio Macelleria Gastronomia Contini 2.0 Via Giuseppina 37 26030 Cremona Telefono: 0372 432319 E-mail: info@macelleriacontini.com Web: www.macelleriacontini.com FB: facebook.com/GastronomiaContiniMacelleriaParmigianaContini Nota Photo © Elena Benedetti.
Battuta in velocità, i vincitori Si è svolta a Trinità, piccolo comune di circa 2.000 abitanti in provincia di Cuneo, lo scorso 29 novembre, la terza edizione del Campionato di Battuta al Coltello. Nella bella cornice del Castello dei Conti Costa, una rappresentanza di super macellai ha battuto, con un solo coltello, un chilo e mezzo di carne. L’evento è stato organizzato dal Consorzio di Tutela Coalvi e ha richiamato parecchio interesse di pubblico anche per le degustazioni no-stop che sono seguite. Protagonista dell’evento la carne di manzo Piemontese, che Coalvi promuove presso i consumatori della GDO come del canale tradizionale rappresentato dalle macellerie italiane. E proprio una di queste, la Macelleria Consonni di Venegono Inferiore (VA), si è impossessata del gradino più alto del podio con il trentottenne Roberto Castelli (in foto a lato con lo chef Giuliano Conti). Secondo classificato I Binari del Gusto di Torino mentre al terzo posto è arrivata l’Azienda Agricola Scaglia di Rivoli (TO). Premiata anche la battuta più bella, che è stata quella de I Piaceri della carne di Castelletto Stura (CN), che ha condito il manzo di Piemontese con olio extravergine di Taggiasca, sale e pepe, accompagnata poi da un rosso d’uovo disidratato, paglia di porri, maionese con zenzero e senape, salsa barbecue alle acciughe e una dadolata di pomodoro. Unica eccezione alla Piemontese è stata la battuta del maestro macellaio trevigiano Bruno Bassetto, che ha partecipato alla gara con il manzo dell’azienda Dimensione Carne e certificato dalla Qualità Verificata della Regione Veneto.
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Foto e video dell’evento su facebook.com/CoalviConsorzioRazzaPiemontese
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RISTORANTI CARNIVORI
Roadhouse Grill, trend in continua crescita
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ualità della carne, prezzo giusto, varietà e novità nel menu, programma fedeltà e ambiente confortevole per tutti i target: sono i principali ingredienti del successo di ROADHOUSE GRILL, la catena di steakhouse tutta italiana del Gruppo Cremonini che si accinge a superare la soglia dei 70 locali distribuiti in 10 regioni italiane, con oltre 6 milioni di clienti serviti all’anno. L’inaugurazione più recente è avvenuta a Lido di Camaiore, Lucca, il secondo della Toscana dopo quello di Firenze
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Campi Bisenzio. Il nuovo ristorante dà lavoro ad oltre 30 giovani, ed è situato sulla SS Aurelia, sulla rotatoria all’angolo con via Don Minzoni, a 5 minuti dal casello di ViareggioCamaiore dell’Autostrada A12. Il locale si sviluppa su una superficie di circa 350 m2, ha 140 posti a sedere interni e altri 50 posti nel dehors esterno. Oltre alla disponibilità di un ampio parcheggio privato con 30 posti auto, nel locale è offerto il servizio wi-fi gratuito. Particolare attenzione è rivolta alle famiglie: per i bambini fino 10 anni il Kids Menu,
tutti i martedì, è gratis sia a pranzo che a cena. Il menù prevede un vasto assortimento di piatti unici a base di carne alla griglia (Ribeye, New York Strip, Filet Mignon, TBone Steak, hamburger, ecc…) accompagnati da un’ampia scelta di contorni e seguiti da una ricca varietà di dessert. Nel 2014 Roadhouse Grill, con circa 1.400 dipendenti, ha raggiunto un fatturato di 85 milioni di euro, in crescita di oltre il 30% rispetto all’anno precedente. >> Link: www.roadhousegrill.it
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RASSEGNE
Superzampone 2015, 780 chili di bontà e festa
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e nel mese di dicembre a Carrù c’è il bue grasso, a Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena, c’è un superzampone unico al mondo. Il merito, da 27 anni a questa parte, è dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi, che già a novembre iniziano a lavorare le carni e a cuocerle realizzando un maxi insaccato destinato a essere trasformato in migliaia di fette omaggiate ai tantissimi partecipanti che, incuranti del freddo, riempiono all’inverosimile il centro storico della piccola cittadina emiliana. Questa è una terra di antica tradizione salumiera e il maiale è da sempre fonte preziosa di reddito e
nutrimento, tanto da essersi guadagnato una scultura nel centro della piazza. La manifestazione, ideata tanti anni fa dal maestro salumiere SANTE BORTOLAMASI, e la cui eredità è stata raccolta dal figlio Stefano e dai tanti colleghi dell’Ordine, quest’anno ha prodotto uno zampone di 780 chili. Una gran bella risposta ai pregiudizi scatenati dall’allarme tumori lanciato recentemente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La tradizionale giornata ha voluto essere ancora più degli altri anni un omaggio alla qualità, all’arte salumiera e alla genuinità dello zampone. L’onore del taglio della prima fetta lo scorso 6 dicembre è toccato
all’attrice SANDRA MILO e a MATTEO RICHETTI, deputato modenese, che insieme a SANTINO LEVONI di Alcar Uno e al sindaco di Castelvetro, FABIO FRANCESCHINI, hanno dato il via alla grande festa.
1) Un momento del taglio del Superzampone 2015 con Sandra Milo e Santino Levoni. 2) La madrina dell’edizione 2015 Sandra Milo, il sindaco di Castelnuovo Rangone, Fabio Franceschini, Luisa Falchi Vecchi, Stefano Bortolamasi e Santino Levoni di Alcar Uno e attivo rappresentante dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi. 3) Matteo Richetti, Luca e Lorenzo Levoni, e Stefano Vaccari. 4) Attilio Montorsi, Paolo Ferrari, presidente del Consorzio del Cotechino e dello Zampone di Modena Igp, e Davide Nini, presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop.
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1) Tre generazioni di maestri salumieri: Gino Franceschini del Salumificio Franceschini di Spilamberto (MO) con il figlio Vincenzo e il nipote al Superzampone 2015. 2) Il Superzampone viene cotto in piazza in un’enorme zamponiera di acciaio inox: la preparazione dura circa tre giorni e il suo peso varia ogni anno. Nell’edizione 2015 ha raggiunto i 780 chilogrammi.
I tacos vincono la quinta edizione del Concorso Zampone Modena Cotechino Modena Igp La festa del Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena Igp, giunta alla sua quinta edizione, si è svolta dal 4 al 6 dicembre scorsi a Modena, nella splendida piazza del Palazzo Ducale, ed è stata come d’abitudine un successo di pubblico e partecipanti. Nel concorso organizzato dal Consorzio di tutela tanti giovani cuochi, sotto la guida del pluristellato chef Massimo Bottura dell’Osteria Francescana, hanno interpretato nei modi più fantasiosi Zampone e Cotechino Modena, due prodotti tipici che hanno contribuito a diffondere la tradizione gastronomica emiliana nel mondo. Massimo Bottura, giudice della gara, con il suo sous chef Davide Di Fabio, ha assaggiato le dieci ricette finaliste e ha dato il podio al Sud e al Centro Italia. Al primo posto si è piazzata la scuola Luigi Einaudi di Canosa di Puglia con “Tacos di farina di ceci e zampone”, mentre al secondo l’IPSSAR Marchitelli di Villa Santa Maria in provincia di Chieti con “Cotechino, sgombro e birra” e, al terzo, l’ISIS Elena di Savoia di Napoli con i “Bocconi golosi”. «Il tacos ha fatto centro. I ragazzi sono riusciti ad interpretare il piatto di street food per eccellenza con i prodotti del loro territorio, dal carciofo di san Ferdinando di Puglia, al pomodorino di Torre Guaceto, alla semola di grano duro Senatore Cappelli. Il tutto condito con olio extravergine di oliva Dop Terra di Bari. Non si sono fermati ai loro confini, ma sono andati oltre, e per questo hanno meritato di vincere». Grande soddisfazione dalla scuola pugliese, rappresentata dal professore di cucina Mario Conversano. «La nostra scuola è la prima scuola alberghiera della provincia di Barletta-Andria-Trani — ha detto Conversano — con oltre 1.200 ragazzi iscritti. Per noi è stata una grandissima soddisfazione già essere a Modena. Vincere, ovviamente, molto di più». (Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena)
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Alimentaria 2016, si guarda all’export e all’innovazione L’Italia sarà il Paese più rappresentato con centinaia di aziende presenti
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Italia sarà il Paese con la più alta rappresentanza ad Alimentaria, la fiera del food in programma a Barcellona dal 25 al 28 aprile prossimi e che celebrerà la sua quarantesima edizione. Nel 2014 avevano partecipato 91 aziende italiane, ovvero circa il 9% dei 1.013 brand presenti in fiera. Nel 2016 l’Italia si conferma come il Paese con la maggiore presenza, con un incremento previsto del 18%. Anche in termini di visitatori l’Italia si era contraddistinta durante la scorsa edizione, con più di 1.600 dei nostri connazionali presenti in fiera. La fiera del food di riferimento in Europa Alimentaria 2014 ha visto la partecipazione di oltre 140.000 visitatori e di 3.800 aziende. Nel suo impegno per l’internazionalizzazione, lo show ha attratto più di 600 importatori e distributori da Europa, America Latina, Nord America e Asia. Nel 2016, la fiera sarà divisa in cinque aree, unendo i principali mercati del food & drink: Intervin (vino e alcol), Intercarn (carne e derivati), Restaurama (ristorazione), Interlact (latte e derivati) e Multiple Foods (dolci, conserve, oli e una selezione di prodotti che si distinguono per qualità e tradizione). Plus di questa edizione, il programma di attività proposte ad Alimentaria Experience, con un rafforzamento sull’aspetto gastronomico come elemento di differenziazione e che sarà una delle grandi attrazioni del salone grazie alla partecipazione dei migliori chef internazionali. >> Link: www.alimentaria-bcn.com
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Tra salute e piacere, nella capitale con i Saloni francesi
A Parigi l’innovazione dell’agroalimentare
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RÉGION ENTREPRISES — l’agenzia regionale per lo sviluppo economico della regione di Parigi — e PROMOSALONS — il network mondiale per la promozione dei saloni francesi — lo scorso ottobre, presso la Triennale di Milano, hanno organizzato una giornata di incontri e scambi sulla tematica delle innovazioni agroalimentari tra salute e piacere. Una delegazione di sei dirigenti dei saloni della regione di Parigi, saloni leader del settore agricolo, agroalimentare, dell’hospitality e della ristorazione, affiancati da GIORGIO CALABRESE — dietologo e ARIS
professore universitario di alimentazione e nutrizione — e da SIMONE TONDO, giovane chef italiano che lavora a Parigi — ha ben illustrato due tematiche di grande attualità, l’alimentazione e la salute e l’alimentazione e il piacere. La giornata è stata aperta da OLIVIER BROCHET, console generale di Francia a Milano, che ha ricordato l’importanza degli scambi bilaterali tra Francia e Italia (la Francia è il secondo fornitore e il secondo cliente dell’Italia), in particolare nel settore agroalimentare. La giornata è stata inoltre l’occasione per presentare le molteplici opportunità business
offerte alle società italiane dalla regione di Parigi e dai suoi saloni. Saloni internazionali leader e innovativi in grado di offrire opportunità business importanti CORINNE MOREAU, direttrice generale di Promosalons, ha ricordato che la Francia è un Paese importante per l’organizzazione di saloni: oltre 450 saloni internazionali vi sono organizzati, di cui 320 professionali, 250 nella regione Paris Île-de-France, in molteplici settori. Una delle caratteristiche prioritarie di questi saloni è la capacità di “riunire il mondo”, visto che un visitatore su tre è di pro-
La Francia concentra un’offerta unica a livello mondiale grazie all’organizzazione di 35 saloni agroalimentari leader.
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venienza internazionale, così come circa il 40% degli espositori. Storicamente l’Italia è il primo cliente dei saloni francesi: più di 50.000 visitatori e 5.000 espositori italiani sono presenti ogni anno all’interno dei saloni che si svolgono in Francia. La Francia concentra «un’offerta unica a livello mondiale grazie a 35 saloni agroalimentari leader, dove bisogna essere presenti per rimanere in contatto con il mercato mondiale» ha sottolineato la Moreau. «Questi saloni rappresentano innegabilmente, per le aziende italiane, una piattaforma ideale per conquistare i mercati internazionali, per scoprire le tendenze future e incontrare gli attori internazionali del settore. Secondo uno studio realizzato da UNIMEV (l’unione francese delle professioni fieristiche) su un panel di 42.000 società, i saloni e le fiere permettono alle aziende che hanno esposto in Francia di generare oltre 30,5 miliardi di euro di fatturato e più di 17 miliardi per quelle che hanno esposto nella regione Île-deFrance. Il ritorno su investimento (ROI) per l’azienda è di 2 mld durante la manifestazione e di 8 tra i tre e i dieci mesi seguenti». Allevamento e agricoltura, focus sulla ricerca Nel corso dell’incontro il prof. Giorgio Calabrese ha sottolineato in modo chiaro ed efficace che l’alimentazione ricopre un ruolo determinante in termini di prevenzione per la salute. «È importante consumare prodotti buoni, sani, di cui si possa conoscere la tracciabilità con sicurezza». MARTINE DEGREMONT, direttrice di SIMA — il salone mondiale dei fornitori dell’agricoltura e dell’allevamento — ha sottolineato quanto queste preoccupazioni sollecitino la ricerca e lo sviluppo nel campo della meccanizzazione agricola. Le innovazioni attuali dell’agricoltura di precisione e della produzione energetica da parte delle aziende agricole hanno un obiettivo comune: «produrre di più, produrre meglio consumando meno e in un’ottica di rispetto dell’ambiente. Le tecnologie agricole sono al servizio dell’agronomia
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Le fiere francesi di Promosalons del 2016 Alimentazione, benessere, imballaggio, ospitalità e ristorazione. Queste tematiche sono al centro delle prossime edizioni dei Saloni internazionali che si svolgono nella regione di Parigi, autentiche piattaforme di riflessione sulle innovazioni in materia di salute e piacere. Reali laboratori di idee, i Saloni parigini sono sinonimi di innovazioni, di tendenze future e di tecnologie di domani, senza dimenticare il business. Appuntamenti da non perdere: • 5-9 febbraio 2016 – Europain & Intersuc, il salone mondiale della panificazione, pasticceria, gelateria, cioccolateria & confetteria; • 16-20 ottobre 2016 – SIAL, il salone mondiale dell’alimentazione; • 6-10 novembre 2016 – Equip’Hotel, l’appuntamento internazionale degli operatori dell’hospitality-ristorazione; • 14-17 novembre 2016 – All4Pack Paris, packaging, processing, printing, handling; • 26 febbraio-2 marzo 2017 – SIMA, il mondiale dei fornitori dell’agricoltura e dell’allevamento.
e della protezione dei territori e degli uomini».
è d’altronde la prima ragione per una visita di SIAL».
Il ruolo del packaging «L’imballaggio ha un ruolo essenziale per la sicurezza alimentare», ha poi aggiunto VÉRONIQUE SESTRIERES, direttrice del polo Manufacturing & Transport di Comexposium, e direttrice del salone All4Pack, l’unione dei saloni Emballage & Manutention. Véronique Sestrieres ha parlato di alcune innovazioni che sono state presentate durante l’ultima edizione del salone per contrastare la contraffazione e per consentire una migliore tracciabilità dei prodotti. «Stiamo andando verso imballaggi attivi e intelligenti, al servizio di un’alimentazione sana e sicura».
Hospitality e ristorazione L’hospitality e la ristorazione sono in piena evoluzione, il benessere dei clienti in ogni momento è al centro delle preoccupazioni del settore. «Gli operatori cercano di presentare una storia coerente ai propri clienti, di offrire loro più di un semplice servizio,ossia un’autentica esperienza», ha spiegato PATRICK SABATIER, direttore marketing internazionale di Equip’Hotel. Queste tendenze si esprimono in modo particolare nella rivoluzione che è oggi in atto nella progettazione delle lobby, degli spazi business e dei ristoranti… da scoprire nell’ambito di Le Studio, spazio di espressione dell’innovazione del salone, nel novembre 2016. Ed è proprio il progetto che Simone Tondo desidera offrire ai propri clienti. Questo giovane chef di talento ha scelto Parigi per proporre la sua cucina fresca e ricca di inventiva. «Parigi offre un’opportunità unica, grazie al mercato internazionale di Rungis, ad una grande facilità di accesso a prodotti sani e freschi per far vivere ai miei clienti, nel tempo di un pasto, un momento di piacere». (Saloni internazionali francesi)
SIAL è innovazione La ricerca del piacere è decisamente una tendenza prioritaria; «il 55% delle innovazioni alimentari sono connesse al piacere di consumare», ha precisato VALÉRIE LOBRY, direttrice generale della divisione AFCO di Comexposium. «Innovazioni che coniugano la ricerca del piacere in tutte le sue forme: la raffinatezza, il risveglio dei sensi, l’interattività, la nostalgia… L’innovazione è nel DNA di SIAL, che da 50 anni presenta agli attori internazionali l’innovazione mondiale. La decodificazione delle innovazioni e delle tendenze
>> Link: promosalons.com/salonifrancesi
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TECNOLOGIE
Garantire la qualità e informare i consumatori
CSB-System offre soluzioni complete alle aziende del pet food
C
ome per tutte le aziende che operano sul mercato, anche per i produttori di cibo per animali la grande sfida è produrre con la garanzia di ottenere degli utili ed essere così un passo avanti alla concorrenza. Al tempo stesso, filiere trasparenti e di elevato valore qualitativo sono diventati fattori di successo irrinunciabili: i clienti quando acquistano vogliono sapere da dove proviene il cibo, gli ingredienti con cui è composto e
se è salutare per il proprio animale. Ai produttori e ai commercianti, dunque, si chiede di mostrare sui prodotti le informazioni necessarie in modo trasparente e attuale. Non è inoltre da sottovalutare il fattore sicurezza e quanto questo possa ridurre i rischi aziendali: una buona gestione dei richiami può impedire, in casi seri, grossi danni finanziari. Il CSB-System, software gestionale modulare, completo e integrato, prodotto dall’omonima
azienda veronese, fornisce soluzioni interessanti in grado di ottimizzare le risorse aziendali presenti e migliorarne i processi, riducendo i costi di gestione e aumentando al contempo la soddisfazione di clienti e partner. Pianificare in modo efficiente i processi produttivi Per ottimizzare il processo produttivo è necessario pianificare l’impiego di personale, macchine,
Il gestionale CSB-System è uno strumento valido, sicuro ed efficace per tutte le aziende del pet food che vogliano rafforzare la propria posizione sul mercato.
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Eurocarni, 1/16
Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.
spa
41057 Spilamberto (Modena) - Italy - via Ghiarole, 72 - Tel. +39 059 78 41 11 - Fax +39 059 78 37 47 www.haripro.it e-mail info@haripro.it
materie prime, assieme alla gestione dei tempi di allestimento e di manutenzione dei macchinari. Con il CSB-System questo è possibile grazie all’integrazione dei moduli Acquisti, Produzione, Vendite e Magazzino; vale a dire, grazie alla comunicazione tra tutti i reparti che hanno in gestione le materie prime. Soluzione • Pianificazione delle risorse; • meccanismi di allarme rapido; • pianificazione vendite e fabbisogno per l’intera azienda; • calcolo automatico del termine di consegna; • generazione automatica di previsioni sulle domande. Utilizzare le materie prime in modo intelligente L’utilizzo ottimale delle materie prime, attraverso l’uso di distinte base e ricette messe a disposizione dal modulo Produzione del CSB-System, garantisce l’impiego di materie prime con qualità costante e costi sotto controllo. Soluzione • Ottimizzazione e standardizzazione ricette integrata; • calcolo ed etichettatura dei valori nutrizionali, dichiarazione ingredienti; • considerazione delle perdite di produzione, degli additivi nella miscela, delle richieste legislative relative agli alimenti e delle condizioni sensoriali della ricetta; • calcolo del margine di contribuzione per prodotto. Gestione puntuale del magazzino e pianificazione delle vendite per l’ottimizzazione degli utili Differenti orizzonti di pianificazione della produzione, vale a dire pianificazioni a breve, medio e lungo termine, così come la pianificazione integrata e flessibile delle vendite, consentono consegne veloci, affidabili e sicure. Tutto a vantaggio della soddisfazione del cliente. La considerazione delle giacenze di sicurezza, dei punti di riordino, delle giacenze massime e teoriche e la determinazione dell’orario di
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Il gestionale CSB-System soddisfa tutte le esigenze di preparazione, confezionamento, etichettatura e prezzatura dei prodotti delle aziende del pet food, garantendo qualità costante dei prodotti e prontezza nelle consegne. consegna migliore, consente di utilizzare al meglio il capitale investito nel magazzino. Soluzione • Pianificazione vendite a breve, medio e lungo termine; • collegamento di tutte le aree ERP con le informazioni rilevanti per la disponibilità di materiali e prodotti; • proposta d’ordine dettagliata per l’intero orizzonte di pianificazione; • generazione automatica di proposte d’ordine; • generazione di piani produzione sulla base dei dati su acquisti, ordini di produzione aperti, dati aggiornati su giacenze magazzino e vendite; • controllo automatico portata giacenza. Assicurare la qualità fin dall’inizio Il CSB-System mette a disposizione in modo automatizzato, all’interno dei processi, un manuale di Controllo Qualità, a supporto anche delle varie certificazioni. I controlli qualità non sono limitati e possono essere eseguiti in modo personalizzato. Soluzione • Piani di controllo dinamici;
• gestione sistema laboratorio integrato; • gestione stato con assegnazione stato magazzino automatizzata; • controlli in tempo reale; • collegamento integrato di tutti gli strumenti di misurazione; • organizzazione standardizzata della gestione qualità con integrazione ISO 22000, ISO 22005, SQF, IFS, BRC, ISO 9000ff, GLP, HACCP e altri standard; • gestione dati per etichettatura ambientale (es. CO2-Label, Carbon Trust Standard). Coordinare in modo ottimale produzione e logistica Il controllo della filiera, di tutti i parametri di qualità e delle relative risorse consente un adeguamento rapido dei processi perché grazie alle informazioni fornite dal CSBSystem, la direzione aziendale e/o i responsabili di reparto sono in grado di reagire tempestivamente a situazioni critiche. Soluzione • Istruzioni tecniche all’utente su come produrre; • istruzioni di lavoro relative agli impianti produttivi; • rilevamento dati aziendali (RDA con CSB-Rack®) e presa mobile
Eurocarni, 1/16
• • • • •
dati (PMD con M-ERP®); collegamento di impianti e macchine; MES (Manufacturing Execution System); gestione della manutenzione; controllo produzione; coordinamento parametri qualità lungo tutto il processo produttivo.
Trasparenza grazie alla rintracciabilità completa Il CSB-System, grazie al Sistema Informativo Lotti (SIL), garantisce lo scambio dati sulla tracciabilità con fornitori, clienti e banche dati esterne come per esempio fTRACE, mynetfair. Soluzione • Rilevamento ed elaborazione on-line dei dati del processo aziendale; • rispetto di leggi, direttive e norme; • etichettatura internazionale e contrassegnatura dei prodotti;
ZZZ DFFOHVDQGVKHOYRNH FR XN
• tracciabilità completa del flusso merci lungo l’intera filiera; • accesso diretto a tutti i dati necessari e prodotti in caso di evento negativo; • blocchi limitabili di consegne merci. Integrare con successo i partner commerciali L’EDI integrato del CSB-System fornisce la comunicazione elettronica con fornitori e partner commerciali, rendendo lo scambio dati più veloce, più sicuro e meno dispendioso perché non richiede personale dedicato. Soluzione • EDI per gestire lo scambio dati sia con tracciati pubblici che proprietari; • trasmissione dati via XML, EDIFACT, WebEDI e EANCOM; • controllo spese, fatturazione; • DMS/Archivio; • E-mail, Fax, Scanner, OutputManagement.
Per concludere, il gestionale CSB-System è uno strumento valido, sicuro ed efficace per tutte le aziende del pet food che vogliano rafforzare la loro posizione sul mercato. Soddisfa tutte le esigenze di preparazione, confezionamento, etichettatura e prezzatura dei prodotti, garantendo qualità costante dei prodotti e prontezza nelle consegne.
Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Un moderno sistema per il vuoto centralizzato
Il nuovo stabilimento di Pini Polonia e la tecnologia Busch
P
ini Polonia gestisce tre stabilimenti di produzione a Kutno, nel centro del Paese, dove vengono macellati e lavorati 1.000 suini ogni ora. L’ultimo stabilimento è entrato in funzione nell’aprile 2015, con 150 collaboratori (cifra che dovrebbe salire a 850 nei primi mesi del 2016), e vi si producono prosciutto cotto, salame e altri prodotti affettati. Sin dalla fase di pianificazione del progetto, la direzione di Pini Polonia era certa che un sistema centralizzato per vuoto per le 24 linee di confezionamento sarebbe stata la soluzione migliore. Rispetto alle pompe per vuoto montate direttamente, i sistemi centralizzati offrono livelli superiori di efficienza energetica, d’igiene e di rendimento. Con Busch collaborazione vincente Pini Polonia ha scelto un sistema Busch dopo la positiva esperienza con i suoi prodotti negli altri siti. Gli specialisti dei sistemi per vuoto Busch sono stati coinvolti da subito, aiutando con le specifiche per le tubazioni, la posizione del sistema centralizzato e lo sviluppo dell’unità di controllo. Quando il nuovo impianto di Pini Polonia ha avviato la produzione, era dotato di uno dei più moderni ed efficienti sistemi centralizzati per vuoto in Europa. Dal momento che le singole macchine confezionatrici non sono molto vicine tra loro, si è deciso di implementare un cosiddetto decentramento parziale: i booster per vuoto Panda sono stati montati direttamente sulle macchine di confezionamento e tutte le pompe per vuoto rotative a palette R 5 si trovano in un locale separato. Questa disposizione consente alle
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pompe per vuoto rotative a palette di funzionare alla massima efficienza, con tempi di evacuazione ridotti per ogni confezionatrice. Le pompe per vuoto rotative a palette R 5 mantengono un pre-vuoto costante di 50 mbar in tutto il sistema di tubazioni. I booster per vuoto Panda funzionano su richiesta e si attivano solo quando è richiesto un vuoto di 5 mbar nella camera o nella confezione. Questi evacuano rapidamente dal pre-vuoto di 50 mbar alla pressione finale inferiore a 5 mbar all’interno della confezione. La disposizione di evacuazione in due stadi e il sistema di controllo consentono una notevole riduzione dei tempi per il ciclo di confezionamento. Una seconda rete per vuoto per la termoformatura di lamine
è gestita indipendentemente dal sistema per vuoto di confezionamento. L’anello di termoformatura sottovuoto viene mantenuto a una pressione compresa tra 130 e 200 mbar, un livello notevolmente superiore rispetto a quello richiesto per il confezionamento. Tutte le pompe per vuoto richieste per la termoformatura di lamine per le vaschette sono integrate nel sistema centralizzato per vuoto, trovandosi così lontano dalle aree di confezionamento. Dopo un solo semestre di funzionamento (ottobre 2015), i vantaggi del sistema centralizzato per vuoto di Pini Polonia erano già evidenti: Elevata efficienza energetica Grazie al loro principio di funzionamento, i sistemi centralizzati per
Il nuovo stabilimento Pini Polonia a Kutno. Il sito è dotato della tecnologia più avanzata, utilizza le migliori materie prime e applica norme igieniche rigorose per la produzione di specialità di carne di alta qualità.
Eurocarni, 1/16
vuoto richiedono meno pompe per vuoto dei sistemi decentralizzati. Il processo di evacuazione a due stadi consente l’utilizzo di pompe per vuoto rotative a palette con minore spostamento volumetrico, in questo modo le dimensioni del motore possono essere ridotte. Il dispositivo di controllo del sistema mantiene un vuoto di 50 mbar nel sistema di tubazioni, che agisce come un serbatoio di vuoto per tutte le linee di confezionamento. Restano sempre attive solo le pompe per vuoto necessarie a mantenere una pressione di 50 mbar. Poiché le linee di confezionamento non funzionano sempre con tempi di ciclo ridotti e produttività elevata, normalmente sono attive solo alcune delle pompe per vuoto. Un ulteriore risparmio energetico si ottiene grazie alla centralizzazione dell’alimentazione del vuoto: le pompe del vuoto operano in un locale separato così da non rilasciare calore nella zona di confezionamento. L’unità di condizionamento d’aria della zona di confezionamento deve svolgere un lavoro minore, quindi consuma meno energia. Migliori condizioni igieniche Dal momento che l’alimentazione del vuoto è centralizzata, nessuna operazione di manutenzione si svolge nelle aree pulite delle linee di confezionamento e lavorazione. È dunque esclusa la possibilità di contaminazione del cibo da olio nebulizzato (causa uso improprio delle attrezzature). Manutenzione I sistemi centralizzati per vuoto hanno una costruzione modulare. I singoli moduli possono essere scollegati per motivi di manutenzione e in questo caso si attiva automaticamente un’unità di standby. Le operazioni di manutenzione possono dunque essere svolte senza alcun effetto sulla produzione delle linee di confezionamento. Dal momento che le pompe per vuoto in un sistema centralizzato sono soggette a carichi minori, la frequenza degli interventi di manu-
Eurocarni, 1/16
In alto: linea di confezionamento per prosciutto cotto affettato. In basso: Pini Polonia ha scelto un sistema centralizzato per vuoto Busch che alimenta tutte le linee di confezionamento sin dall’inizio della produzione. tenzione è minore rispetto ai sistemi decentralizzati. La posizione esterna per la generazione centralizzata del vuoto è un ulteriore vantaggio, poiché il lavoro di manutenzione non provoca tempi di fermo della produzione né contaminazione delle aree pulite. Pini Polonia è certa che Busch sia il partner giusto per quanto concerne le apparecchiature per vuoto, dal momento che i servizi forniti in fase di progettazione, in-
stallazione e messa in servizio sono stati eccellenti. L’impianto è ora in fase di produzione e Busch è ancora al lavoro per assicurare un funzionamento fluido e senza problemi nella generazione del vuoto. Pini Polonia fa parte del Gruppo Pini, che controlla impianti di produzione in Italia ed in Ungheria. >> Link: www.buschvacuum.com www.pinipolonia.com
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Evento speciale “Don’t Waste Meat”
Il risparmio è il miglior guadagno: la ricetta di Sealed Air per nutrire il pianeta
N
el settore alimentare, la differenziazione, la sostenibilità e l’efficienza operativa sono punti fondamentali per ottenere un vantaggio competitivo e soddisfare al contempo le aspettative dei consumatori. Gli esperti concordano nel ritenere che le soluzioni più efficaci dipendono da un approccio complesso nel “tragitto” del prodotto alimentare lungo la filiera. Una parte risiede quindi anche nelle tecnologie di packaging. A questo proposito, Sealed Air ha
ospitato un evento speciale presso il proprio impianto produttivo di Passirana di Rho (MI), sede anche del centro Ricerca & Sviluppo europeo: “Don’t Waste Meat”. Hanno partecipato rappresentanti di 70 aziende di produzione alimentare e retailer da tutta Europa. «Con questo evento Sealed Air dimostra di avere un ruolo attivo per un mondo più sostenibile e di fornire soluzioni che permettono di ridurre lo spreco di carne» ha detto in apertura di convegno DIDIER MARTEAU,
Sealed Air Marketing Director Fresh Red Meat Europa. «Sealed Air ha un approccio ampio nell’affrontare questo tema così importante e investe non solo nei nuovi concetti di packaging, ma anche in conoscenza del mercato, R&S, scienza alimentare, lavorazione degli alimenti e igiene». Le risorse a livello mondiale sono state al centro del dibattito. «Anche un piccolo aumento nello spreco di prodotti può significare superare l’impronta di carbonio
Otre un terzo del cibo prodotto a livello mondiale non viene consumato; in particolare, sono 52,5 i milioni di tonnellate di carne rossa fresca che vengono sprecati annualmente. Sealed Air offre soluzioni di packaging che aiutano a mantenere la qualità del cibo e migliorarne la durata, con il risultato di ridurre lo spreco, come la nuova macchina per il sottovuoto Cryovac® VS9X.
126
Eurocarni, 1/16
packaging attivo già sul mercato sono i sacchi Sealed Air Cryovac® Freshness Plus® con incorporata la tecnologia “Odour Scavenger” che protegge l’aroma del prodotto e previene l’accumulo di odori di conservazione in prodotti con pollame, manzo, maiale e agnello. Altamente personalizzabile per garantire la differenziazione nel mercato, l’intera gamma di soluzioni di packaging Cryovac® è progettata per preservare la qualità, aumentare la stabilità del prodotto e la vita commerciale, rispettando elevati standard igienici per una maggiore sicurezza alimentare. I partecipanti all’evento hanno potuto seguire una dimostrazione dal vivo della nuova macchina per il sottovuoto Cryovac® VS9X, molto all’avanguardia in termini di produttività, igiene, pulizia, manutenzione e monitoraggio delle performance. Un’attenzione particolare è stata rivolta alle soluzioni skin sottovuoto Darfresh®, come Darfresh® on Tray, che assicura una riduzione di spreco di 27,2 tonnellate di packaging per un volume di 10 milioni di confezioni e un risparmio fino al 40% di film.
Le innovative soluzioni skin sottovuoto Darfresh®, che permettono una riduzione di spreco negli imballaggi. totale del packaging utilizzato per proteggere il prodotto stesso» ha dichiarato LUCA CERANI, Sealed Air VP Marketing & Portfolio. Esiste infatti una correlazione diretta tra la vita commerciale di un prodotto e lo spreco alimentare: ecco perché il packaging deve essere progettato per estendere la shelf-life di un prodotto, riducendo il generale lo spreco di altri prodotti, con un conseguente significativo impatto a livello ambientale, economico e sociale in tutta la filiera. JEAN PIERRE GARNIER, rappresentante dell’ente britannico per l’agricoltura e l’orticoltura, ha portato all’attenzione dei partecipanti le opportunità dello skin packaging
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sottovuoto, utile ai retailer per una maggior vita commerciale dei prodotti, meno perdite, ottimizzazione dello spazio e maggiori opportunità a livello di marketing. Lo skin packaging sottovuoto riguarda circa il 5% degli alimenti proteici in Europa ma è presente nell’80% dei nuovi macchinari di confezionamento. In aggiunta a tecnologie di lavorazione degli alimenti di largo utilizzo quali la pastorizzazione ad alta pressione idrostatica, l’irradiazione e la luce UV, nuove tecnologie emergenti di lavorazione degli alimenti e il packaging attivo1 avranno un ruolo significativo nell’estensione della vita commerciale. Una recente innovazione nel
Nota 1. Secondo il Regolamento nel quadro europeo sui materiali a contatto con gli alimenti (1935/2004): “I materiali e gli articoli attivi sono definiti come materiali che sono intesi a estendere la vita commerciale o a mantenere o migliorare la condizione di alimenti confezionati; sono progettati per incorporare deliberatamente componenti che rilasciano o assorbono sostanze nell’alimento o dall’alimento confezionato o l’ambiente circostante l’alimento”.
Sealed Air Srl Via Trento 7 20017 Passirana di Rho (MI) Telefono: 02 9332415 Web: www.sealedair-emea.com
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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.
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STATISTICHE
Il commercio con l’estero delle carni 1o semestre 2015 di Aurora De Santis
L’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni: fonti e metodologia Istituto Nazionale di Statistica effettua, a partire dal 1990, un’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Vengono elaborati mensilmente i dati prodotti dal servizio Commercio con l’estero, con riferimento al numero dei capi e al relativo peso vivo, nonché ai quantitativi di carne scambiati con l’estero. Le specie prese in esame sono: bovina, suina, ovicaprina,
L’
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avicola ed equina. Si distinguono gli scambi intra-UE da quelli con il resto del mondo. I dati non vengono però aggiornati con le successive uscite del servizio Commercio con l’estero di dati definitivi. I dati sono disponibili in forma cartacea dal 1990 al 2008 e, successivamente, sono stati diffusi sul sistema informativo Agri.istat.it a partire dal 2009. Le fonti della elaborazione sono due rilevazioni ISTAT, entrambe mensili: Cessioni/acquisti beni con i paesi UE (sistema Intrastat) e Commercio speciale esportazione/impor-
tazione extra-UE. Una volta acquisiti i dati, vengono effettuati controlli di congruenza con dati precedenti della stessa elaborazione e successivamente archiviati e diffusi su banche dati sia ISTAT che EUROSTAT. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it Nota Photo © www.globalmeatnews.com
Eurocarni, 1/16
Eurocarni, 1/16
131
4.403
Vacche
571.621 7.695 18.740
Ovini
Caprini
Equini
514.117 13.071 11.723
Carni suine
Carni ovine-caprine
Carni equine
– 6,0
10,0
1,9
–7,4 6,4
20,9
11,8
106,6
–13,7
18,4
– 8,0
– 0,9
—
0,3
–25,6
2,4
–19,7
Var. % rispetto all’anno precedente
10.747
10.527
513.890
165.419 6.770
7.663.324
18.713
7.695
571.621
731.008
524.904
53.652
—
189.867
4.403
89.808
187.174
di cui Europa
Fonte: ISTAT, elaborazione sul commercio estero degli animali vivi.
a) I dati sono provvisori; le variazioni pari a –100% si riferiscono a quantità molto piccole. b) Animali vivi in numero di capi, carni rosse in tonnellate. c) Europa a 28 paesi, sia importazioni che esportazioni.
173.023 23.555
Carni bovine – fresche o refrigerate – congelate
7.663.324
731.008
Suini
Pollame domestico
524.917
53.664
—
Totale bovini
Riproduttori di razza pura
Altri non domestici
189.868
89.808
Giovenche
Altri
187.174
Vitelli
Categorie
Totale mondo
Commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni
–7,6
10,2
2,0
– 8,3 – 8,7
20,9
11,7
110,8
–13,7
18,4
– 8,0
– 0,8
—
0,3
–25,6
2,4
–19,7
Var. % rispetto all’anno precedente
Importazioni
811
1.446
31.333
40.778 19.843
12.625.999
864
—
1.000
1.955
29.786
2.182
—
644
1.024
1.449
24.487
Totale mondo
Tavola 1 – Dati mensili sul commercio estero degli animali vivi e delle carni (gennaio-giugno 2015)
10,5
68,2
–19,2
18,9 – 4,3
–2,3
– 0,5
—
—
13,5
9,9
69,7
—
– 88,9
18,5
714,0
29,2
Var. % rispetto all’anno precedente
418
723
20.266
39.804 15.826
10.889.122
556
—
—
1.941
26.998
1.952
—
1
1.024
484
23.537
di cui Europa
Esportazioni
–18,0
64,3
–19,0
16,8 –2,4
–1,9
19,1
—
—
12,7
6,8
66,8
—
–100,0
18,5
236,1
24,5
Var. % rispetto all’anno precedente
Dati ANAS sulla suinicoltura Previsioni FAS-USDA sul mercato suinicolo mondiale e bilancio comunitario delle carni suine
I
l Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha recentemente pubblicato un rapporto in cui si formulano previsioni sul mercato suinicolo mondiale. Le stime indicano una produzione mondiale 2016 sostanzialmente stabile. Negli ultimi cinque anni, la produzione di carne suina nel mondo è cresciuta del 7,6% (si segnala un aumento produttivo in quasi tutti i principali Paesi importatori, tra cui Cina e Russia).La
Paese
crescita dei livelli produttivi è stata accompagnata da un aumento dei consumi (in particolare negli USA, in Brasile, in Messico e nei Paesi asiatici). Per il 2016 si prevedono ulteriori incrementi degli acquisti domestici in quasi tutti i principali Paesi consumatori (fa eccezione l’UE per la quale viene segnalata una lieve contrazione). Per quanto riguarda le esportazioni dal 2011 al 2015 l’Unione Europea ha aumentato l’export
2011
2014
Cina UE USA Brasile Russia Vietnam Canada Filippine Messico Giappone Corea del Sud Altri Totale
50.604 22.953 10.331 3.227 2.064 2.262 1.817 1.288 1.202 1.267 837 5.729 103.581
56.710 22.533 10.370 3.400 2.510 2.425 1.805 1.353 1.290 1.264 1.200 5.706 110.566
Cina UE USA Russia Brasile Giappone Vietnam Messico Corea del Sud Filippine Taiwan Altri Totale
51.108 20.822 8.337 3.035 2.644 2.522 2.238 1.710 1.487 1.432 919 6.916 103.170
57.169 20.381 8.650 3.024 2.846 2.543 2.389 1.991 1.737 1.552 875 6.887 110.044
2015
Diff. % 2015/11
PRODUZIONE 56.375 23.000 11.158 3.451 2.630 2.450 1.840 1.370 1.335 1.270 1.210 5.369 111.458 CONSUMI DOMESTICI 57.200 20.662 9.340 2.929 2.887 2.545 2.412 2.125 1.820 1.579 898 6.547 110.944
verso i Paesi Terzi del 9,3%, mentre gli USA e il Brasile hanno registrato una contrazione tra il 3 e il 4%; nel 2016, sia per gli Stati Uniti che per il Brasile, si prevede un recupero delle quote di mercato, rispettivamente con incrementi del 4,5% e del 2,7%, mentre le esportazioni comunitarie potrebbero registrare una lieve flessione. I Paesi che il prossimo anno dovrebbero aumentare le importazioni di carni suine sono il Messico, i Paesi asiatici e l’Australia.
2016
Diff. % 2016/15
11,4 0,2 8,0 6,9 27,4 8,3 1,3 6,4 11,1 0,2 44,6 – 6,3 7,6
56.500 22.900 11.314 3.510 2.780 2.475 1.880 1.390 1.385 1.290 1.230 5.308 111.962
0,2 – 0,4 1,4 1,7 5,7 1,0 2,2 1,5 3,7 1,6 1,7 –1,1 0,5
11,9 – 0,8 12,00 –3,5 9,2 0,9 7,8 24,3 22,4 10,3 –2,3 –5,3 7,5
57.140 20.582 9.409 2.979 2.931 2.540 2.437 2.195 1.857 1.609 928 6.619 111.226
– 0,1 – 0,4 0,7 1,7 1,5 – 0,2 1,0 3,3 2,0 1,9 3,3 1,1 0,3
Dati in .000 di tonnellate (peso equivalente carcassa). Fonte: elaborazione ANAS su dati FAS-Foreign Agricultural Service)/USDA-United States Department of Agriculture – Rapporto ottobre 2015.
132
Eurocarni, 1/16
Paese
2011
2014
USA UE Canada Brasile Cina Cile Messico Serbia Australia Vietnam Sudafrica Altri Totale
2.357 2.150 1.197 584 244 139 86 4 41 32 3 118 6.955
2.203 2.166 1.218 556 277 163 117 25 37 40 8 63 6.873
Giappone Messico Cina Corea del Sud USA Hong Kong Australia Filippine Canada Russia Singapore Altri Totale
1.254 594 758 640 364 432 175 145 204 971 97 924 6.558
1.332 818 761 480 457 347 191 200 214 515 117 926 6.358
2015
Diff. % 2015/11
2016
Diff. % 2016/15
–3,8 9,3 1,1 –3,3 2,5 33,1 51,2 900,0 –7,3 25,0 300,0 –51,7 2,7
2.370 2.330 1.210 580 250 200 150 45 40 40 14 30 7.259
4,5 – 0,9 0,0 2,7 0,0 8,1 15,4 12,5 5,3 0,0 16,7 – 47,4 1,6
1,3 54,9 11,5 – 6,3 37,9 –12,0 31,4 44,8 7,8 – 69,1 34,0 –10,1 –1,8
1.250 960 850 625 454 400 250 220 210 200 135 912 6.466
–1,6 4,3 0,6 4,2 –9,6 5,3 8,7 4,8 – 4,5 –33,3 3,8 9,7 0,4
EXPORT 2.268 2.350 1.210 565 250 185 130 40 38 40 12 57 7.145 IMPORT 1.270 920 845 600 502 380 230 210 220 300 130 831 6.438
Dati in .000 di tonnellate (peso equivalente carcassa). Fonte: elaborazione ANAS su dati FAS-Foreign Agricultural Service)/USDA-United States Department of Agriculture – Rapporto ottobre 2015.
Bilancio comunitario delle carni suine – Previsioni 2015 e 2016 UE-28
2013
2013/12
2014
2014/13
2015
2015/14
2016
2016/15
Produzione (t peso carcassa)
22.385.000
– 0,7%
22.834.000
+2,0%
23.441.000
+2,7%
23.557.000
+ 0,5%
Macellazioni (t peso carcassa)
22.359.000
– 0,7%
22.799.000
+2,0%
23.418.000
+2,7%
23.533.000
+ 0,5%
Import di carne suina (t peso carcassa)
16.000
–15,8%
15.000
– 6,3%
15.000
+ 0,0%
15.000
+ 0,0%
Export di carne suina (t peso carcassa)
2.201.000
2,2%
1.918.000
–12,9%
2.062.000
+7,5%
2.124.000
+3,0%
Consumo (t peso carcassa)
20.173.000
–1,0%
20.895.000
+3,6%
21.371.000
+2,3%
21.424.000
+ 0,2%
31,0
–1,3%
32,0
+3,2%
32,7
+2,2%
32,7
+ 0,0%
111,0%
0,0%
109,0%
–1,8%
110,0%
+ 0,9%
110,0%
+ 0,0%
Consumo pro capite (kg – peso prodotto al consumo) * Autoapprovvigionamento (%)
(*) Il coefficiente di trasformazione da peso carcassa a peso del prodotto al consumo è 0,78. Fonte: elaborazione ANAS su dati della DG Agricoltura e dello Sviluppo Rurale della UE – Short Term Outlook.
Eurocarni, 1/16
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ARTI E MESTIERI
L’artigianato dei ferri taglienti I coltelli di Scarperia e il Consorzio di tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp, insieme per il recupero e la valorizzazione delle attività e delle tradizioni agro-artigianali di Andrea Fioroni
S
carperia fu fondata l’8 settembre dell’anno 1306 come avamposto del comune di Firenze. Per l’edificazione di uno di questi centri fortificati, denominato “Castel San Barnaba”, fu infatti scelta una località del Mugello nota come La Scarperia, posta lungo la via che per secoli ha collegato, attraverso l’Appennino, Bologna a Firenze. Come tutti i punti di transito di viaggiatori, anche a Scarperia si svilupparono velocemente le figure
dell’albergatore, del taverniere, di osti, bottegai, maniscalchi e, congiuntamente, iniziò lo smercio delle produzioni artigianali del paese. Tra queste assunse presto un particolare rilievo la fabbricazione dei ferri taglienti. Non è precisa l’origine di questa attività. Si pensa per esigenze belliche o legata all’attività agricola, ma sta di fatto che Scarperia, già nel Quattrocento, si era conquistata un certo prestigio nel campo della produzione di coltelli e altri ferri taglien-
ti. Tale tradizione, trasmessa negli anni, è giunta fino a noi, superando non poche difficoltà, tra le quali va sicuramente menzionata la nuova via voluta dai Lorena per migliorare le comunicazioni verso Bologna, che escluse la città dal percorso, e la legge del 2 luglio 1908, voluta da Giolitti, che poneva drastiche limitazioni alla lunghezza dei coltelli che potevano essere portati liberamente. Scarperia vanta dunque un’antichissima tradizione nella fabbri-
Coltello d’amore Saladini (photo © www.coltelleriasaladini.it).
134
Eurocarni, 1/16
cazione dei coltelli, alla quale però non fa riscontro una conoscenza altrettanto estesa dei vari tipi che qui vengono prodotti, tra cui quelli con manico di corno bovino. I coltelli di Scarperia e il progetto insieme al Consorzio di tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Sono innumerevoli i documenti storici che riportano a noi i cataloghi dei coltelli commercializzati da Scarperia in tutta Italia ed in Europa. La più vecchia serie di tavole di cui si abbia conoscenza è costituita da litografie stampate anonime. Le prime raccolte mostrano i coltelli di Scarperia distinti tipo per tipo, con la funzione strettamente commerciale di presentare il prodotto, concludendo con la dicitura: “Dietro modello si esegue qualunque altro lavoro analogo a questi indicati”. Questo è lo spirito delle coltellerie di Scarperia, che presentano i loro prodotti e sono disposti a personalizzarli, con materiali particolari, incisioni e quant’altro. Sono dunque entrato in contatto con la Coltelleria Saladini di Scarperia, che si è subito mostrata interessata all’idea di produrre coltelli con le corna dei nostri bovini, personalizzando, a seconda delle nostre richieste, i suoi numerosi prodotti (Figura 1). I procedimenti di fabbricazione La fabbricazione artigianale di un coltello comporta normalmente la realizzazione delle parti in acciaio (lama ed eventuale molla) per forgiatura, modellando sull’incudine a colpi di martello il metallo arroventato. Le superfici della lama vengono rese più regolari ed evidenti con la molatura, alla quale seguono le operazioni di tempra e rinvenimento (o tornatura). La tempra si effettua arroventando la lama al color bianco e poi immergendola rapidamente in olio o acqua, secondo il tipo di acciaio. Con questo procedimento l’acciaio acquista durezza, ma diviene fragile. Per evitare tale inconveniente la lama va fatta rinvenire riscaldandola nuovamente fino ad una certa temperatura. Dopo la tempra la lama
Eurocarni, 1/16
Fiorentino con fascette argento incise a mano
Bersagliere
Maremmano
Vernante grande
Rasolino tagliasigari
Coltello da tavola con blocco lama e targhetta in argento
Figura 1 — Alcuni esemplari della Coltelleria Saladini. viene passata alla mola di pietra, poi allo smeriglio, per rendere più liscia e regolare la superficie del metallo. Per i manici, che a Scarperia vengono chiamati le maniche, è impiegato quasi sempre il corno bovino, che un tempo era reperibile con facilità grazie al largo impiego dei buoi per il lavoro agricolo. Questo materiale giungeva soprattutto dalla Maremma, dalla Romagna, dal Lazio. Oggi la sostituzione dei buoi con i trattori ha costretto a ricorrere all’importazione dall’estero. In questa fase della lavorazione del coltello, ho fornito alla coltelleria Saladini di Scarperia le corna dei bovini di razza Romagnola, come prova. La bravura della Coltelleria Saladini è stata quella di adattare
bene le corna dei nostri bovini producendo splendidi manici bicromati, con drappeggi che sfumano dal giallo all’avorio su sfondo scuro. Infatti, nei nostri bovini, come in tutti i cavicorni, il corno risulta costituito da due parti: la cavicchia ossea che proviene dall’osso frontale e dall’astuccio corneo, da noi considerato come il vero corno. Essendo vuoto il corno all’interno, bisogna quindi utilizzare la parte apicale dello stesso se si vuole realizzare un manico da coltello. Il Consorzio di tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Il Consorzio di tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, nato nel 13 febbraio 2003, ha
135
Lame grezze (photo © Leopoldo Cecchi, www.coltelleriasaladini.it). come scopi principali la tutela del marchio IGP “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale” (razza Chianina, Marchigiana e Romagnola), attraverso la protezione da abusi e contraffazioni, la promozione e la valorizzazione del prodotto, l’attività di informazione al consumatore sul marchio e sulle caratteristiche, i pregi del prodotto e la cura generale degli interessi relativi alla produzione IGP. Svolge inoltre attività di supporto nella programmazione e nel coordinamento della produzione in funzione delle esigenze di mercato, nella realizzazione di piani di miglioramento qualitativo e di punto di incontro tra domanda ed offerta. Il Consorzio opera per favorire la qualità delle produzioni, garantire la tracciabilità, delle carni e raccordare la produzione con la distribuzione a garanzia del consumatore. Oggi il consorzio tutela la produzione della maggioranza degli allevatori di bovini delle razze pregiate italiane da carne e controlla la distribuzione attraverso centinaia di macellerie, laboratori, operatori
136
commerciali convenzionati dislocati in tutta Italia. Valorizzate a fronte dell’invasione dei nostri allevamenti da parte delle razze straniere durante la grave crisi che ha colpito negli ultimi decenni la zootecnia italiana, le tre razze bovine italiane, grazie all’attività del Consorzio di Tutela, sono state oggi riscoperte dal consumatore e si stanno imponendo sul mercato italiano per l’ottima qualità delle carni. La particolarità del loro patrimonio genetico ha fatto di questi bovini dei riproduttori ricercati in tutto il mondo, dove vengono incrociati con le altre razze per aumentarne la mole e migliorarne la produzione di carne. La caratteristica genetica delle razze italiane è infatti quella di dare una carne molto magra, succulenta e consistente alla masticazione, il cui pregio viene esaltato anche dal modo in cui vengono allevati gli animali. I bovini IGP vengono allevati con i metodi tradizionali delle piccole aziende contadine che da secoli occupano i territori collinari
dell’Italia centro-meridionale, in un ambiente naturale che stimola la crescita equilibrata dell’animale. L’attività del Consorzio è volta dunque al recupero di una zootecnia tradizionale a garanzia del consumatore, ma pone anche attenzione alla delicata situazione socio-economico delle zone marginali, dove è incentrata la maggior parte della sua attività. Il recupero di queste tradizioni, a salvaguardia delle attività agricole, mi ha portato ad incontrare la Coltelleria Saladini, con lo scopo di promuovere e valorizzare le produzioni bovine delle razze italiani da carne e l’arte dei ferri taglienti di Scarperia. Il progetto nasce dall’esigenza di valorizzare queste produzioni tradizionali, bovini e coltelli, ma anche per assecondare la passione per i nostri animali ed il ricordo nostalgico di quando da ragazzi, per molti come me, era normale tenere un coltellino in tasca e sapersene servire per gli usi più disparati: dal rifare una punta alla matita a costruirsi arco e frecce. Andrea Fioroni
Eurocarni, 1/16
STORIA E CULTURA
La carne nel tubetto di Giovanni Ballarini
B
enché molti siano oggi i farmaci, i cosmetici, i prodotti industriali e gli alimenti che l’industria prepara, trasforma e presenta confezionati in tubetti di diversi metalli o di plastiche adeguate, pochi sanno che anche la carne, o meglio il suo estratto concentrato, è stato proposto in tubetti di stagno. Conservazione della carne e stili di vita È il francese NICOLAS APPERT che, all’inizio del 1800, scopre come conservare il cibo in bottiglie con chiusura ermetica. Nel 1810, un inglese, PIERRE DURAND, brevetta un suo metodo, utilizzando, questa volta, dei recipienti di stagno, e realizzando così l’attuale conservazione dei cibi in scatola. Nel 1885 il primo modello di apriscatole è brevettato dall’inglese ROBERT YATES e nel 1866 viene depositato il primo brevetto per lattine con apertura a chiavetta. Nel 1876 si ha la prima esportazione intercontinentale di carne in scatola, dall’Argentina alla Francia. In Italia i piemontesi sono i pionieri nella preparazione di questa carne, con il “bue in scatola“ preparato da Lancia per i soldati della guerra in Crimea. Sempre in Italia, la prima scatoletta di carne dal sapore e colore accettabile vede la luce nel 1881 per il genio di PIETRO SADA, intraprendente gastronomo milanese, che studia nuovi processi di conservazione per mantenere più a lungo il suo richiestissimo lesso. Nel 1847, il chimico tedesco esperto in agronomia JUSTUS VON L IEBIG idea l’estratto di carne, mettendo a punto il processo di trasformazione e conservazione, e avvia la prima produzione industriale, creando nel 1865 un marchio storico, da allora protagonista della gastronomia in cucina. L’estratto
138
è presentato in originali vasetti di ceramica chiusi con un tappo di sughero dotato di un anello di metallo. La confezione è adatta a un uso in cucina, ma non in altre condizioni. Più o meno negli stessi anni, soprattutto in Francia, si sviluppa una cultura che accentua i valori e i piaceri della vita in ambienti liberi e fuori dalle città. I primi a celebrare questi nuovi valori sono i pittori che escono dagli studi per dipingere all’aria aperta, e questo è possibile perché sono stati inventati nuovi contenitori per i colori, i tubetti di stagno. Nelle storie della pittura si legge infatti che “un’altra importante innovazione nelle forniture di colori è il tubetto di metallo morbido, inventato nel 1841 da un ritrattista americano di nome John Rand. I tubetti di stagno sostituiscono i pacchetti di vescica di maiale, in cui fino ad allora erano con-
servati i colori ad olio, evitando che questi seccassero troppo velocemente nella loro confezione. Questa novità si dimostra importante soprattutto per gli Impressionisti che amano dipingere all’aperto. Renoir osserva che senza i tubetti di colore non ci sarebbero stati Cézanne, Monet, Sisley o Pissarro, niente di ciò che i giornalisti avrebbero chiamato Impressionismo… e probabilmente neppure Renoir”. Lunga e variegata la storia del tubetto Il numero delle applicazioni del tubetto quale contenitore di prodotti è praticamente infinito. La più diffusa è indubbiamente quella dei dentifrici. L’idea del tubetto di dentifricio è del dottor WASHINGTON SHEFFIELD, dentista di New London, Connecticut, nel 1892. Il tubetto è di stagno, un metallo pieghevole, e determina l’uscita di scena di pastiglie, polveri e flaconi, usati fino a
1975: Alexei Leonov, comandante della capsula spaziale Soyuz-19, e Thomas Stafford, comandante della navicella Apollo, “brindano” nello spazio con dei tubetti di “Vodka” (photo © www.lifegate.it).
Eurocarni, 1/16
quel momento, ma che rimangono nel tempo. Negli anni Trenta del secolo scorso, in Italia si usano ancora polveri dentifricie a base di carbone mentolato o liquidi detergenti. Nel 1896 e sempre in America, l’azienda Colgate commercializza l’invenzione, con il successo che tutti conoscono. Se oggi percorriamo i corridoi tra gli scaffali di un supermercato, troviamo tantissimi prodotti proposti in tubetto: colori e vernici, colle e collanti, lucidi da scarpe, prodotti di cosmesi e di bellezza, unguenti e pomate medicinali e, non ultimi, alimenti di ogni genere. Questo è possibile anche per la crescita e lo sviluppo di un’industria che, dal secondo dopoguerra, prepara i tubetti di molte varietà di materiali. Il tubetto d’alluminio si diffonde grazie ad una verniciatura interna che consente più usi: per creme, dentifrici, conserve alimentari, cere, e si evolve con il tappo, come quello che permette al tubetto di reggersi sulla testa, degli anni Cinquanta. Relativamente alle preparazioni alimentari, esemplare è la storia del tubetto che contiene un concentrato di pomodoro. Nel 1951 l’industria Tubettificio La Metallurgica di Milano, in collaborazione con la società Mutti di Parma, produce, primo caso al mondo, il tubetto in alluminio per il settore alimentare, utilizzato per vendere un triplo concentrato di pomodoro. Questa confezione evita lo spreco della scatola tradizionale che, quando è aperta, comporta l’essiccamento e l’alterazione del concentrato non usato. Il prodotto diviene rapidamente noto come “il tubetto dal ditale” perché, al posto della capsula, è avvitato un ditale, utile in quei tempi, molto più di ora, quando le donne passavano molto del loro tempo a cucire. L’innovazione all’inizio suscita qualche perplessità, poiché la forma del tubetto è conosciuta quasi esclusivamente per il dentifricio, ma, passati i primi dubbi, rapidamente i consumatori riconoscono la comodità d’uso e i notevoli vantaggi della conservazione. Tra gli alimenti di origine animale che ne fanno uso, quelli a base d’uovo, soprattutto i
Eurocarni, 1/16
Collezione Liebig, Museo della figurina di Modena. Per capire quanto fossero noti i prodotti Liebig basti sapere che quando Stanley intraprese il viaggio in Africa alla ricerca di Livingstone, si dotò del vasetto Liebig; stessa cosa fecero gli scalatori del K2 nel 1954; persino Jules Verne fece gustare ai protagonisti del suo Viaggio intorno alla Luna delle saporitissime tazze di brodo Liebig. vari tipi di maionese e le paste di acciughe non compaiono invece la carne e i suoi derivati, nonostante l’esperienza dei primi anni del secolo ventesimo, ben documentata dalle figurine Liebig. Tubetti di carne per la vita all’aria aperta e per lo spazio Nelle collezioni delle figurine Liebig vi sono sei figurine, datate 1903, che illustrano l’uso dell’estratto di carne in tubetti di stagno. Riproducono ambientazioni e condizioni d’uso proprie di una vita all’aperto di una classe sociale elevata e portano le seguenti indicazioni: In jacht, Colazione dell’alpinista, In escursione in bicicletta, Tappa durante una passeggiata a cavallo, Colazione nel bosco, Al bivacco. Dopo l’esperienza di questi anni d’inizio Novecento, la carne confezionata in questo modo scompare per ritornare nel
1961, utilizzata dall’astronauta Yuri Gagarin, primo uomo a orbitare attorno alla Terra a bordo del Vostok 1, che durante il volo ingerisce due tubetti da 160 grammi di carne tritata e uno di mousse di cioccolato. Oggi gli astronauti a bordo della Stazione spaziale internazionale hanno a disposizione dei piatti veri e propri: un menu uguale per tutti, predisposto dalla NASA, che ognuno chiede alla propria agenzia spaziale di riferimento. I tubetti di pancetta, di pane e di torta congelati e disidratati, i tubetti di purè e i sandwich sottovuoto erano tipici dei menu spaziali degli astronauti dei primi anni Sessanta: cibi da reidratare a bordo mediante una difficile operazione, che finiva per creare briciole e poneva il rischio di rovinare la strumentazione. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
139
Simbiosi animali terreno di Fortunato Tirelli
E
siste una simbiosi tra gli animali domestici e il terreno e una tra il terreno e la presenza degli animali. Animali domestici, cioè bovini, equini, vale a dire cavalli, muli e asini. L’aratura è l’operazione che consente al terreno di ricevere il seme, germinarlo, crescerlo e portarlo a maturazione, in altre parole, valorizza le sue potenzialità produttive. Coltivare il terreno ha come conseguenza la riduzione del potere fertilizzante, l’humus. Il letame interviene a riportare le condizioni del terreno coltivato alla precedente fertilità. Il letame è la risultante degli escrementi degli animali e della lettiera, paglia, stocchi, ecc… Un fertilizzante naturale, che ancora oggi, in tempi di larga affermazione dei fertilizzanti chimici, conserva la sua validità ed efficacia per la funzione complementare di
miglioramento della struttura del terreno, allentando la durezza dei terreni argillosi e amalgamando quelli sabbiosi. Nei tempi in cui l’affitto dominava, il proprietario preferiva concedere il podere all’agricoltore che possedeva una mandria numerosa perché assicurava al terreno affittato una ricca disponibilità di letame, a garanzia di una compensazione della fertilità consumata dalle colture. La storia agricola ricorda anche il servizio reso dagli animali in altre attività della realtà rurale: nella battitura dei cereali che venivano estratti dalle spighe col calpestio degli animali domestici, sulle aie, e nella sollevazione dell’acqua di falda trascinando la noria che pompava l’acqua per uso irriguo. I prodotti del terreno destinati agli animali — erba e foraggi —
venivano conservati nel fienile, generalmente un locale posto sopra la stalla per facilitarne l’utilizzo e assicurare agli animali gli alimenti in modo diretto e sicuro. Anche se nei Paesi sviluppati le trattrici hanno liberato il bestiame dalle fatiche del traino, gli animali restano preziosi per il loro ruolo alimentare. Latte e carne sono proteine insostituibili nella dieta dell’uomo, in tutte le fasi della vita. Non solo: l’attualità della stagione dei prodotti biologici, che i consumatori dimostrano di apprezzare, dipende proprio dal fertilizzante naturale, mentre il terreno assurge ad una nuova centralità come conseguenza dell’invasione del cemento, degli avvelenamenti chimici e dell’erosione provocata dalle acque non adeguatamente incanalate per carenza di manutenzione.
Aratura con buoi dei primi del Novecento.
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Eurocarni, 1/16
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LIBRI
Marketing del gusto: il cibo non ammette improvvisazione
I
l cosiddetto settore del food (cibo e ristorazione) è indiscutibilmente uno dei pilastri del made in Italy, che negli ultimi anni ha attratto tantissimi imprenditori. Malgrado il suo fascino, anche questo settore non ammette improvvisazione, ma è necessaria un’attenta pianificazione di marketing per gestire al meglio la propria offerta e la relativa promozione sia sui canali tradizionali che sui social network. Il volume Marketing del gusto cerca di dare gli strumenti utili a chiunque abbia un ristorante, un agriturismo o un’azienda agricola, o si trovi a occuparsi di marketing e comunicazione in questo settore. Scritto da SLAWKA G. SCARSO e LUCIANA SQUADRILLI, il libro è un utile compendio che, pur partendo dalla teoria, offre consigli pratici ai piccoli e grandi produttori e agli imprenditori nel settore della ristorazione e dell’ospitalità, prendendo spunto anche da esperienze concrete, soprattutto italiane. Al tempo stesso, può essere uno strumento utile anche a chi è incaricato dalle aziende a gestirne la comunicazione e alle tante altre figure che oggi cercano di completare la propria preparazione nel settore, dagli agenti e rappresentanti ai social media manager che si trovano a lavorare per la prima volta in questo ambito, agli studenti dei corsi di marketing e comunicazione enogastronomica. Marketing del gusto è anche una fonte d’informazione per gli appassionati di enogastronomia e ristorazione che sono curiosi di scoprire un lato meno visibile ma pur sempre importante della conduzione aziendale. Dopo un’approfondita introduzione sulle teorie classiche del marketing e la loro applicazione al settore enogastronomico e turistico, nel libro si analizzano i nuovi strumenti di comunicazione
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SLAWKA G. SCARSO – LUCIANA SQUADRILLI Marketing del gusto. La guida completa per promuovere i prodotti tipici e i servizi di ristorazione e organizzare eventi enogastronomici Edizioni LSWR, collana Modelli di Business – 360 pp. – € 34,90 resi disponibili dalla “rivoluzione digitale”, come i social network. Ampio spazio è dato anche ai servizi collegati alla vendita e alla promozione dei prodotti tipici di qualità, in particolare alla ristorazione e al turismo enogastronomico, e all’organizzazione di eventi enogastronomici, ambiti che oggi rappresentano un modo di creare valore e margine attorno a un prodotto, attraverso la vendita diretta e l’offerta di servizi. Una ricca serie di illustrazioni e grafici, esempi, dati, foto a colori e schemi riassuntivi rendono il libro di facile consultazione e molto utile come supporto didattico. A completamento del manuale, vengono analizzati 13 casi di aziende, ristoranti, attività di accoglienza e community on-line che rappresentano modi innovativi e virtuosi di utilizzo dei canali comunicativi on-line e off-line.
• SLAWKA G. SCARSO. Laureata in Economia alla LUISS Guido Carli, diplomata Sommelier AIS e Sommelier dell’olio, è docente di marketing nei settori food&wine alla LUISS Business School e all’Università di Salerno ed è consulente di comunicazione enogastronomica. Tra le sue pubblicazioni, Il vino in Italia (2011) e Marketing del vino (2014). • LUCIANA SQUADRILLI. Laureata in Scienze della Comunicazione alla Sapienza, è una giornalista free lance specializzata in gastronomia e assaggiatrice di olio. Scrive per guide e testate italiane e straniere ed è consulente di comunicazione tradizionale e digitale. Docente di comunicazione e giornalismo, è autrice di diversi testi a tema gastronomico. >> Link: www.marketingdelgusto.it
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Le informazioni sugli alimenti ai consumatori
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l 13 dicembre 2014 è divenuta applicabile la prima parte delle disposizioni contenute nel Regolamento (UE) 1169/2011 concernente le informazioni sugli alimenti ai consumatori. La disposizione interessa tutte le forme di comunicazione nel settore alimentare, con numerose novità che impongono una rivisitazione della comunicazione commerciale (e relativi strumenti) agli operatori del settore alimentare. Nelle more dell’adozione di una disciplina nazionale che faccia ordine fra le fonti eliminando le norme ormai divenute inefficaci per effetto dell’applicazione del regolamento, la complessità della disciplina in questione rende necessaria un’attenta riflessione da parte degli operatori e degli addetti al controllo ufficiale. Il volume a cura
di VITO RUBINO “Le informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il Regolamento UE n. 1169/2011” si propone di portare un contributo in tal senso, con commenti a prima lettura delle principali disposizioni innovative e una tabella comparativa on-line fra gli articoli del DLgs 109/92 e quelli del Regolamento (UE) 1169/2011. Sono, inoltre, presenti numerosi riferimenti alle prime fonti interpretative della nuova disciplina, con rinvio ai relativi documenti, anch’essi resi disponibili on-line. VITO RUBINO (a cura di) Le informazioni sugli alimenti ai consumatori. Il Regolamento UE n. 1169/2011 Aracne Editrice (aracneeditrice.it) 276 pp. – € 15,00 (versione cartacea); € 9,00 (versione Pdf)
Minima culinaria
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angiare è un atto semplice ma con una forte valenza culturale: un fenomeno che riguarda la nostra identità, al pari della lingua e della religione. “In questo senso, anche il veganismo è una nuova religione e come tale può produrre intolleranza e fanatismo”. A lanciare l’allarme è lo storico ZEFFIRO CIUFFOLETTI nel suo libro Minima culinaria, in libreria da ottobre. Ciuffoletti, docente all’Università di Firenze, da anni si dedica alla storia dell’agricoltura e dell’alimentazione. Il libro è denso di aneddoti, racconti brevi e piccole riflessioni sul mondo della cucina e dell’alimentazione a partire dai tempi antichi. L’autore ci invita a riflettere sull’alimentazione e sulle scelte in cucina attraverso narrazio-
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ni sulle origini di prodotti, ricette e tradizioni, prendendo spunto da eventi e personaggi celebri. Scopriamo così che Noè fu probabilmente il primo viticoltore, leggiamo del grande pranzo offerto da Montezuma ai conquistadores, indaghiamo sulle curiose abitudini alimentari di Napoleone Bonaparte… Non mancano, poi, molti riferimenti a temi di stringente attualità, tra cui il dibattito sugli OGM e le innovazioni in campo alimentare di cui si è tanto discusso in occasione di Expo. ZEFFIRO CIUFFOLETTI a cura di CLAUDIO COSTAGLI Minima culinaria. Riflessioni e piccole storie intorno al cibo Sarnus 2015 152 pp. – € 7,50
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Una Storia di Famiglia
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