Eurocarni 1-2017

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXII N. 1 • Gennaio 2017

Il modello INALCA: intervista a SCORDAMAGLIA

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Assemble Generale UNICEB ISMEA, trend della carne bovina



Una Storia di Famiglia


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1/17 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Agenda

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Immagini

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Naturalmente carnivoro

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Focus

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Calendario fiere

Fiere, mostre, convegni 2017

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Slalom

Tassi degli USA e pressione sulla BCE

Cosimo Sorrentino

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Dalla COP21 alla COP22: quale futuro per il nostro pianeta?

Sergio Ventura

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Ma nonostante…

Franco Lazzari

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Assemblee

La filiera italiana delle carni sotto la lente dell’assemblea generale di UNICEB

Elena Benedetti

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Comunicare, la strategia di Nicola Levoni e di ASS.I.CA. Interviste

Retail marketing

Il modello Inalca

Elena Benedetti

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iMEAT 2017, work in progress

Maristella Pastura

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Car(n)e & buone vecchie abitudini Mercati

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Cristina Farina

Bord Bia Meat Academy

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Ismea, carne bovina in Italia e in Europa Il mercato delle carni cunicole in Italia nel 2016

Formazione

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La costoletta d’agnello britannico premiata “Miglior prodotto dell’anno Francia 2016-2017”

Roberto Villa

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Indagini

Perché è vitale difendere i prodotti base del modello alimentare italiano

Benessere animale

Come fanno i vitelli a imparare a mangiare?

Giulia Mauri

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Razze

Il riscatto della gallina

Sebastiano Corona

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Macellerie d’Italia

La Bottega di Bizzotto, macelleria XXL

Gian Omar Bison

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Meat blogger

2017: sotto il segno del macellaio

Andrea Laganga

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Eventi

I Butchers for Children per le popolazioni delle Marche

Sapori dal mondo

Georgia, dove la carne si condisce con noci e succo di melagrana

Nunzia Manicardi

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Convegni

La lotta all’antibioticoresistenza parte da biosicurezza e benessere animale

Anna Mossini

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Diffusione e varietà delle certificazioni volontarie nel settore dei mangimi Giulia Mauri

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Carrù celebra i giorni del Bue

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840 chili di Superzampone

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A Tuttofood 2017 il business si fa internazionale

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Parte il roadshow sulla zootecnia

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Tecnologie

La complessità della gestione di un allevamento di galline ovaiole semplificata grazie al software CSB-System

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Packaging

Il packaging dedicato all’e-commerce contribuirà ad aumentare le vendite on-line nel settore alimentare

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Statistiche

Macellazione del bestiame a carni bianche, 1o semestre 2016

Rassegne

Fiere

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Aurora De Santis

Macellazioni suine nella UE-28 da gennaio ad agosto 2016

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In copertina: parte il roadshow sulla zootecnia con Fieragricola 2018 (photo © torriphoto – Fotolia).

www.eurocarni-online.com 8

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LA CARNE NEL MONDO

Europa UE PIG è un progetto della durata di quattro anni finanziato dal programma di ricerca e sviluppo “Orizzonte 2020” della Commissione europea con 2 milioni di euro dedicati alla gestione della salute, produzione di precisione, benessere degli animali e qualità della carne, realizzato da un consorzio che unisce 19 organizzazioni di 13 Stati Membri, guidate da AHDB-Agriculture and Horticulture Development Board. Il consorzio comprende Paesi che insieme rappresentano il 92% della produzione di carni suine nell’Unione Europea e l’89% dei suini nella UE (dato 2014). UE PIG punta a migliorare il collegamento tra i produttori di suini ed i più recenti progressi scientifici, tecniche di allevamento e tecnologie del settore attraverso collegamenti con accademici, ricercatori e consulenti mediante piattaforme regionali. Ecco l’elenco dei soci: • AHDB – The Agriculture and Horticulture Development Board (Regno Unito); • BETA – Beta Technology Ltd (Regno Unito); • ZLTO – Zuidelijke Land- en Tuinbouworganisatie (Paesi Bassi); • WR – Stichting Wageningen Research (Paesi Bassi); • IRTA – Institut De Recerca i Tecnologia Agroalimentàries (Spagna); • CRPA – Centro Ricerche Produzioni Animali Spa (Italia); • BB Projecten – Boerenbondvereniging voor Projecten vzw (Belgio); • TEAGASC – Agriculture and Food Development Authority (Irlanda); • AFBI – Agrifood and Biosciences Institute (Regno Unito); • VETMEDUNI VIENNA – Veterinärmedizinische Universität Wien (Austria); • INAPORC – Interprofession Nationale Porcine (Francia); • SEGES P/S (Danimarca); • DRV – Deutscher Raiffeisenverband e.V. (Germania); • VHT – Vágóállat és Hús Szakmaközi Szervezet és Terméktanács (Ungheria); • IFIP – Institut du Porc (Francia); • OI GSI – Gran Suino Italiano (Italia); • SGGW – Szkoła Główna Gospodarstwa Wiejskiego (Polonia); • POLSUS – Polski Związek Hodowców i Producentów Trzody Chlewnej “Polsus” (Polonia); • ETT – Eläinten Terveys ETT RY (Finlandia). Nei prossimi quattro anni saranno creati strumenti e verranno fornite indicazioni pratiche per l’intero settore. La migliore innovazione pratica combinata con la conoscenza scientifica sarà identificata e condivisa attraverso un sito web completo che spiegherà in dettaglio gli obiettivi del progetto e come parteciparvi (fonte: www.irta.cat – www.3tre3.it; in alto, allevamento di suinetti; photo © Dusan Petkovic, www.color24.com).

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Irlanda A dispetto di un rallentamento in tutta Europa, nel corso dell’ultimo anno, sia del mercato della carne e di quello del latte, le immatricolazioni di vitelli irlandesi hanno continuato ad aumentare: nel 2016, ad esempio, sono complessivamente salite di oltre 50.000 capi. Allo stesso modo, nel 2015, le nascite di vitelli erano aumentate di ben 133.000 capi (+6,3% in totale sulle immatricolazioni di vitelli). Nel complesso, dal 2010 il numero di vitelli registrati è passato da 1,9 a 2,2 milioni di capi alla fine del 2015. La razza Angus, in particolare, ha registrato un aumento significativo, da 21.000 capi nel 2010 a più di 322.000 nel 2015. Ancora più indicativo, nel 2015, il numero di vitelli Angus nati in Irlanda che ha raggiunto il record di 50.000 capi. Tra le diverse razze bovine, la Angus è la terza scelta più comune tra gli agricoltori irlandesi, dopo la Limousine (416.000 capi nel 2015) e la Charolaise (362.000 capi). Gli agricoltori irlandesi stanno optando per un maggiore utilizzo della genetica Angus in virtù della facilità di riproduzione, robustezza, breve durata della gestazione, precoce magronaggio e della crescente domanda da parte del mercato che nella carne di Angus ritrova particolare tenerezza e sapore, oltre ad una distribuzione uniforme del grasso intramuscolare, la cosiddetta marezzatura (fonte: Bord Bia; in basso, bovini irlandesi di razza Angus al pascolo; photo © www.kepak.com)

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AGENDA

Bologna Organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, Marca, il grande salone internazionale sui prodotti a Marca del Distributore (MDD), si svolgerà nei giorni 18 e 19 gennaio presso il quartiere fieristico di Bologna. Crescono le aziende espositrici copacker (oltre 100 nuove aziende) e la superficie espositiva (circa 29.000 m2, sviluppati in tre nuovi padiglioni). Confermata la presenza di tutte le maggiori imprese della Grande Distribuzione. «Siamo molto soddisfatti delle adesioni, in crescita, che confermano Marca seconda manifestazione fieristica in Europa e tra le prime a livello mondiale sui prodotti a Marca del Distributore» ha dichiarato ANTONIO BRUZZONE, direttore generale di BolognaFiere. «La nostra fiera, giunta alla tredicesima edizione, offre alle aziende produttrici l’opportunità di sviluppare relazioni di business con le imprese leader della distribuzione moderna e alle insegne partner di marca l’occasione per promuovere le loro strategie per il settore delle private label. Anche per questa edizione, proseguiremo con le attività formative del Marca Training Program, finalizzate a favorire la crescita qualitativa delle relazioni di filiera e lo sviluppo dei prodotti a Marca del Distributore, e dedicheremo grande attenzione alle attività rivolte ad accrescere l’internazionalizzazione del business delle aziende e alla promozione del made in Italy». «Marca si avvia ad essere un successo — afferma GIORGIO SANTAMBROGIO, presidente di ADM — a testimonianza di come sia ormai diventato un appuntamento fisso e irrinunciabile per tutto il mondo delle imprese produttive e distributive che ruota intorno alla Marca del Distributore. La manifestazione consente di avviare nuove relazioni o approfondire rapporti tra operatori, sempre finalizzati all’innovazione, al miglioramento dell’efficienza di filiera e alla soddisfazione del consumatore». www.marca.bolognafiere.it

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Costi

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IMMAGINI

La riduzione del consumo di alimenti come carne, pesce, frutta e verdura minaccia l’equilibrio nutrizionale della dieta delle famiglie italiane, a lungo considerata nel mondo un modello a cui ispirarsi perché fondamento del mangiare equilibrato. Questi sono alcuni dei risultati della ricerca “Gli Italiani a tavola: cosa sta cambiando. Il valore sociale dell’alimento carne e le nuove disuguaglianze”, presentata ad ottobre a Roma. Un approfondimento a pagina 76.

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NATURALMENTE CARNIVORO

Gaetano Colnaghi e Moreno Favaretto, due maestri delle carni rispettivamente di Legnano (MI) e Mirano (VE), che hanno risposto alla chiamata di Roberto Papotti della Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO). L’obiettivo è stato quello di dar vita a una domenica di festa dei Butchers for Children nella piazza di Bomporto, la cittadina della Bassa modenese che quattro anni fa fu gravemente colpita dal terremoto e che oggi si adopera per raccogliere fondi preziosi di sostegno alle popolazioni del Centro Italia. A pagina 96 un reportage fotografico della manifestazione.

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WEST COUNTRY PGI BEEF & LAMB È la pregiata carne bovina e ovina a marchio IGP inglese. L’area OMWOZIÅ KI LQ XZWL]bQWVM LQ Y]M[\M KIZVQ v KW[\Q\]Q\I LI [MQ KWV\MM VMT []L W^M[\ LMT XIM[M" +WZVW^IOTQI ,M^WV ,WZ[M\ /TW]KM[\MZ[PQZM ;WUMZ[M\ M ?QT\[PQZM KPM QV[QMUM NWZUIVW TI KW[QLLM\\I regione West Country LMTT¼1VOPQT\MZZI 1 XI[KWTQ ^MZLQ M ZQOWOTQW[Q QT KTQUI mite e l’alimentazione a base di erba NIVVW LQ Y]M[\M KIZVQ ]V XZWLW\\W LQ Y]ITQ\o []XMZQWZM

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FOCUS

Carne bovina, macellazioni e consumi in Italia

I primi nove mesi del 2016 hanno fornito alcune indicazioni interessanti sul settore delle carni bovine. Da un lato, si evidenzia una flessione su base annua dei consumi domestici. Infatti, secondo i dati rilevati con l’indagine “Consumer Panel” di ISMEA-NIELSEN, dopo un 2015 chiuso con cali di oltre 6 punti percentuali sia in termini di spesa che di volume, anche il 2016 presenta un cedimento del 4,8% dei volumi di carni bovine fresche acquistate dalle famiglie, corrispondente ad una contrazione del 6,8% della spesa: si è comprato meno ma anche a minor prezzo. Di contro, la ripresa delle attività di macellazione nazionale nel periodo che va da gennaio ad agosto 2016, evidenzia una crescita del prodotto italiano nei consumi. La buona disponibilità di carne di bovino adulto nei circuiti nazionali, in presenza di consumi stagnanti, si è tradotta anche in questo primo frangente del 2016 in una riduzione del 4,2% delle importazioni di carni fresche. Nei primi 7 mesi del 2016 si è avuto un ingresso complessivo in Italia di circa 204.000 tonnellate di carni fresche e di oltre 38.000 tonnellate di carni bovine congelate provenienti da oltre confine. Significativo in questo senso il dato di importazione di bovini da allevamento che segna nei primi 7 mesi un aumento del 5,6%: la stima dell’offerta interna di vitelloni, che verrà avviata al macello dagli allevamenti nazionali, prevede una crescita già a partire da gennaio 2017 (in foto, bovini di razza Charolais; fonte: ISMEA; photo © Ines Weiland-Weiser).

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Abbiamo chiesto allo Chef Stefano De Gregorio di reinterpretare il Vitello Tonnato, una storica ricetta italiana conosciuta in tutto il mondo. Trovate questa ricetta insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. L’organizzazione olandese VanDrie Group è leader di mercato per la carne bianca di vitello, ma non solo. Il VanDrie Group è anche un’organizzazione fondata sulle migliori tradizioni familiari. Il gruppo, con le sue oltre 25 aziende, costituisce la più grande azienda integrata di carne di vitello al mondo ed è pertanto leader mondiale nel settore della carne di vitello, nonché il più grande produttore di latte in polvere per vitelli. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“IL VITELLO TONNATO” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

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CALENDARIO FIERE

Fiere, mostre, convegni 2017 Italia MARCA Mostra convegno dedicata al mondo della marca commerciale Bologna, 18-19 gennaio Organizzazione: BolognaFiere Spa Tel. 051 282111 – Fax 051 6374004 marca@bolognafiere.it www.marca.bolognafiere.it

IMEAT Modena, 26-27 marzo Organizzazione: Ecod Sas Tel. 0331 518056 – Fax 0331 424780 info@imeat.it www.imeat.it AGRIUMBRIA – Mostra mercato nazionale dell’agricoltura, zootecnia e alimentazione Bastia Umbra (PG), 31 marzo-2 aprile Organizzazione: Umbriafiere Spa Tel. 075 8004005 Fax 075 8001389 info@agriumbria.eu www.agriumbria.eu

CIBUS CONNECT Parma, 12-13 aprile Organizzazione: Fiere di Parma Spa Tel. 0521 9961 info@cibusconnect.it www.cibusconnect.com

TUTTOFOOD Milano World Food Exhibition Milano, 8-11 maggio Organizzazione: Fiera Milano Spa Tel. 02 49976055 Fax 02 49976587 info@tuttofood.it valentina.florio@fieramilano.it (TUTTOMEAT) www.tuttofood.it

SANA – Salone internazionale del Biologico e del Naturale Bologna, 8-11 settembre Organizzazione: BolognaFiere Spa Tel. 051 282351 Fax 051 6374031 sana@bolognafiere.it www.sana.it AGRILEVANTE Esposizione internazionale delle macchine, impianti e tecnologie per la filiera agricola Bari, 12-15 ottobre Organizzazione: Fiera del Levante Tel. 06 432981 Fax 06 4076370 agrilevante@federunacoma.it www.agrilevante.eu FIERE ZOOTECNICHE INTERNAZIONALI DI CREMONA FIERA INTERNAZIONALE DEL BOVINO DA LATTE RASSEGNA SUINICOLA DI CREMONA – ITALPIG Cremona, 25-28 ottobre Organizzazione: CremonaFiere Spa Tel. 0372 598011 Fax 0372 598222 info@cremonafiere.it www.cremonafiere.it www.bovinodalatte.it

Estero WINTER FANCY FOOD SHOW San Francisco (USA), 22-24 gennaio Organizzazione: Specialty Food Association Tel. +1 646 8780301 membership@specialtyfood.com www.specialtyfood.com

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IPP INTERNATIONAL PRODUCTION & PROCESSING EXPO Atlanta (USA), 31 gennaio-2 febbraio Organizzazione: U.S. Poultry & Egg Association Tel. +1 770 4939401 Fax +1 770 4939257 info@ippexpo.org – www.ippexpo.com

GULFOOD Dubai (EAU), 26 febbraio-2 marzo Organizzazione: Dubai World Trade Center Tel. +971 4 3321000 Fax +971 4 3312173 info@dwtc.com www.gulfood.com

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Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali.

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ALIMENTARIA MÉXICO Guadalajara (México), 7-9 marzo Organizzazione: Alimentaria Exhibitions SA Tel. +34 93 5531083 Fax +34 93 4521801 comercial@alimentaria.com www.alimentaria-mexico.com VIV ASIA Bangkok (Tailandia), 15-17 marzo Organizzazione: VNU Exhibitions Europe Tel. +31 30 2952772 Fax +31 30 2952809 www.vivasia.nl HALAL EXPO EUROPE Eindhoven (Olanda) 30 aprile-1 maggio Organizzazione: Halal Expo Europe Tel. +31 88 1660606 info@halalexpoeurope.com www.halalexpoeurope.com SIAL CANADA Toronto (Canada), 2-4 maggio Organizzazione: Sial Canada Tel. +1 438 4762232 sguignard@expocanadafrance.com www.sialcanada.com www.sial-network.com INTERPACK Düsseldorf (Germania), 4-10 maggio Organizzazione: Messe Düsseldorf GmbH Tel. 02 4779141 Fax 02 48953748 contact@honegger.it www.interpack.com

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ALIMENTARIA & HOREXPO LISBOA Lisbona (Portogallo), 21-23 maggio Organizzazione: Alimentaria Exhibitions SA Tel. +34 93 4521800 Fax +34 93 4521801 comercial@alimentaria.com www.alimentariahorexpo-lisboa.com VIV RUSSIA Mosca (Russia), 23-25 maggio Organizzazione: VNU Exhibitions Europe Tel. +31 30 2952772 Fax +31 30 2952809 renate.wiendels@vnuexhibitions.com www.vivrussia.nl SIAL MANILA Manila (Filippine), 7-9 giugno Organizzazione: Comexposium-Sial Asean Tel. +33 1 76771224 dominique.lasseur@comexposium.com www.sialasean.com www.sial-network.com

PLMA INTERNATIONAL Amsterdam (Olanda), 16-17 maggio Organizzazione: Private Label Manufacturers Association Tel. +31 20 5753032 Fax +31 20 5753093 www.plmainternational.com

SUMMER FANCY FOOD SHOW New York (USA), 25-27 giugno Organizzazione: Specialty Food Association Tel. +1 646 8780301 membership@specialtyfood.com www.specialtyfood.com

SIAL SHANGHAI Shanghai (Cina), 17-19 maggio Organizzazione: Comexposium-Sial Exhibition Co.

VIV TURCHIA Istanbul (Turchia), 6-8 luglio Organizzazione: VNU Exhibitions Europe

ANUGA Colonia (Germania), 7-11 ottobre Organizzazione: Koelnmesse GmbH Tel. +49 1806 002200 Fax +49 221 821-991010 anuga@visitor.koelnmesse.de www.koelnmesse.com www.anuga.com SÜFFA 2017 Stoccarda (Germania), 21-23 ottobre Organizzazione: Landesmesse Stuttgart GmbH Tel. +49 711 18560-0 info@messe-stuttgart.de www.messe-stuttgart.de/en/sueffa CARNEXPO Bucarest (Romania), 25-29 ottobre Organizzazione: Industria Carnii Tel. +40 21 4505064 Fax +40 21 4505063 office@industriacarnii.ro www.industriacarnii.ro www.carnexpo.ro

Le date e i luoghi delle fiere sono soggetti sempre a variazioni. Si consiglia chi è interessato a partecipare a una fiera ad accertarsi, presso gli organizzatori, del luogo e della data. Si declina pertanto ogni responsabilità per eventuali inesattezze.

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Cibus Connect, per “connettere” il food made in Italy col mondo Una fiera innovativa, dal format leggero, che coniuga l’esposizione di nuovi prodotti alimentari italiani all’incontro con i buyer esteri e al perfezionamento delle strategie di mercato del settore grazie a workshop e forum. Questa la formula di Cibus “Connect”, che si terrà a Parma dal 12 al 13 aprile. È prevista la partecipazione di oltre 1.000 aziende alimentari italiane selezionate, di centinaia di buyer da Stati Uniti, Asia, Europa nonché dei protagonisti della distribuzione in Italia. Tra gli espositori anche un gruppo di circa 100 produttori di “nicchia” in una area di Slow Food con l’obiettivo di aprire nuovi sbocchi di mercato alle piccole aziende che costituiscono i “giacimenti”dei vari territori. Cibus Connect, organizzata da Fiere di Parma e Federalimentare, si colloca nella stessa settimana di Vinitaly, e, grazie ad un accordo siglato con Veronafiere, porterà a Parma i buyer internazionali che potranno programmare la visita sia a Vinitaly sia a Cibus Connect. Entrambi gli appuntamenti si collocano nel quadro progettuale di promozione e scoperta dei territori e delle aziende per i buyer esteri nel programma “Discover the Authentic Italian Taste” promosso da ICE Agenzia. La nuova manifestazione è organizzata su due padiglioni fieristici (uno dedicato al fresco e l’altro al grocery) con stand pre-allestiti collocati in un’area polifunzionale in cui si svolgeranno show cooking e workshop. In chiusura della fiera, si terrà alle 17,30, sia nella prima sia nella seconda giornata, il forum “Posizionamento del made in Italy Agroalimentare rispetto all’evoluzione internazionale dei consumi”, organizzato da Federalimentare e Fiere di Parma, con il supporto del Barilla Center Food Nutrition ed il contributo tecnico di The European HouseAmbrosetti. Numerosi i workshop sui trend dei vari comparti sviluppi del commercio in Usa, Asia, Europa ed Italia, tra cui quelli organizzati da Nomisma-CRIF con l’Agrifood Monitor dedicato al comparto carni e caseario, Progressive Grocer/Gourmet Retailer, LSA, Retail Asia, Lebensmittel Zeitung, Confimprese. «Cibus Connect sarà un palcoscenico internazionale in cui questi contenuti verranno illustrati al mondo per far capire a tutti l’univocità e l’inimitabilità dei nostri prodotti» ha sottolineato Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare. >> Link: www.cibusconnect.com

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SLALOM

Tassi degli USA e pressione sulla BCE di Cosimo Sorrentino

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iracolo italiano? Nel terzo trimestre di quest’anno il PIL è cresciuto proporzionalmente più di quello della Germania, che ha registrato un deludente 0,2% rispetto al nostro, attestatosi sullo 0,3%. Ciò induce a ritenere che esista un fattore comune tra la performance tedesca e quella italiana, costituito dal rallentamento del commercio internazionale, che fa sì che le esportazioni non siano più la chiave di volta dell’economia, com’erano prima che sulla scena mondiale si profilasse la nuova svolta politica statunitense. La globalizzazione

non è più al suo apice e marca il passo, alimentando la preoccupazione degli operatori economici di tutto il mondo. Perciò è logico che a risentirne siano le nazioni che si sono più avvantaggiate, nel recente passato, dello sviluppo dell’export, Germania in testa. Per l’Italia il terzo trimestre è andato bene, come testimoniano i dati riguardanti il turismo, e si è dimostrato un buon periodo sia per il nostro terziario, sia per l’industria, sostenuta più di prima dalla domanda interna. Proprio da tale situazione è scaturito il citato 0,3%, che un po’ ci conforta, anche se

bisogna essere cauti perché il nostro tasso di crescita si colloca allo 0,8% su base annua, troppo poco per sentirsi rassicurati. In definitiva, quel tanto di miglioramento degli indici economici che possiamo avere non viene dalle esportazioni, ma dal mercato interno, e sarebbe bene che la Germania ne tenesse conto, visto che ha rivolto, negli ultimi anni, in modo ossessivo, il suo interesse all’export, non alimentando i consumi interni e non investendo abbastanza nelle sue infrastrutture. Diversamente ci sembra di capire che la nuova presidenza degli Stati Uniti, che vuole “rifare grande

La numero uno della Federal Reserve, Janet Yellen. Dopo l’elezione di Donald Trump, la presidente della FED ha ribadito l’importanza dell’indipendenza delle banche centrali dalla politica (photo © america24.com).

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Per l’Italia il terzo trimestre è andato bene, come testimoniano i dati riguardanti il turismo, e si è dimostrato un buon periodo sia per il nostro terziario sia per l’industria, sostenuta più di prima dalla domanda interna. Proprio da tale situazione è scaturito il citato 0,3%, che un po’ ci conforta, anche se bisogna essere cauti perché il nostro tasso di crescita si colloca allo 0,8% su base annua, troppo poco per sentirsi rassicurati

Il presidente Mario Draghi condensa la sfida che lo attende sostenendo che «non possiamo abbassare la guardia» e difendendo il Quantitative Easing da chi guarda già oltre, cioè la Bundesbank, che intravede inflazione e promette battaglia, e i mercati, che già puntano su un contagio europeo dai tassi americani in rialzo

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l’America”, punti a investire maggiormente al suo interno e a modernizzare le sue infrastrutture, anche se con strumenti probabilmente lontani da quelli che si impegnerebbero in Europa. In proposito è sempre più alta l’attenzione del mondo economico internazionale, in quanto si prospetta la possibilità del rincaro dei tassi d’interesse americani, finora frenato da tre motivi: l’inopportunità in vista delle elezioni americane, la ripresa della crescita al ritmo del 2,9% nel terzo trimestre di quest’anno e la moderazione della spesa dei consumatori. A ciò si aggiunga una scarsa mobilità per le paghe, un indice manifatturiero modesto e le vendite di auto in ristagno, per la prima volta, negli ultimi sei anni. Ma ormai in America la campagna elettorale è solo un ricordo, la marcia in avanti è ripresa e perciò un ritocco, finora fatto filtrare, dello 0,50% d’interesse, appare improrogabile. Sul rialzo dei tassi ci scommettono i mercati, dopo che la stessa presidente della Federal Reserve americana JANET YELLEN ha fatto il seguente annuncio ufficiale: «Le chances di un aumento dei tassi si sono rafforzate e, se i dati confermeranno che l’economia sta compiendo progressi verso gli obiettivi della FED, lo si potrebbe approvare relativamente presto». La presidente ha poi aggiunto che tenere i tassi agli attuali livelli troppo a lungo potrebbe anche incoraggiare una eccessiva assunzione di rischio e, in ultima istanza, minare la stabilità finanziaria. Dietro la seconda stretta in dieci anni e mezzo, che molti si aspettavano, ci sono il trend di inflazione e l’occupazione in ripresa, e la vigilanza sulle due variabili fa parte della mission dell’Istituto Centrale, che è il più potente del mondo. Ci sembra che anche la politica del neopresidente spinga per il rialzo dei prezzi, e questo condiziona il costo del denaro. In merito ad eventuali condizionamenti da parte della nuova presidenza Trump, fatti affiorare da qualcuno, la Yellen ha sottolineato che l’indipendenza della FED è “di importanza cruciale”, poiché

ci sono chiari segnali di un pesante impatto sull’economia quando gli istituti centrali sono sottoposti a pressioni politiche, lanciando poi un monito al nuovo presidente per l’annunciata revisione della riforma di Wall Street, che ritiene di avere già ben regolamentato il settore finanziario. Così facendo ha ridotto la possibilità di una nuova crisi e ha rafforzato le banche. Intanto gli ultimi dati sull’economia hanno dato ragione alla politica monetaria della FED, poiché novembre è stato il terzo mese consecutivo con l’inflazione in salita, le richieste di sussidi alla disoccupazione sono calate ai minimi da 43 anni, mentre è in incremento il settore delle nuove costruzioni edilizie. Tanto premesso, gli investitori cominciano ad interrogarsi sul “dopo”: il probabile rialzo dei tassi d’interesse americani e la nuova presidenza USA, che punta ad attuare una massima espansione di bilancio comporterebbero una forte pressione sulla Banca Centrale Europea. Il presidente MARIO DRAGHI condensa la sfida che lo attende sostenendo che «non possiamo abbassare la guardia» e difendendo il Quantitative Easing da chi guarda già oltre, cioè la Bundesbank, che intravede inflazione e promette battaglia, e i mercati, che già puntano su un contagio europeo dai tassi americani in rialzo. Gli economisti si aspettano un prolungamento del Quantitative Easing che, com’è noto, prevede l’acquisto di debito pubblico in progressione al ritmo di 80 miliardi mensili, dalla scadenza di marzo fino a giugno o settembre del prossimo anno. Viene auspicato che il presidente Draghi riesca a guidare le aspettative dei mercati verso un orientamento «ancora accomodante da parte della BCE fino a quando servirà, anche se ci sono molti segnali incoraggianti nell’Eurozona; la ripresa dipende dal sostegno monetario e ancora non si vede un rafforzamento coerente dell’inflazione». L’euro sembra dargli credito. Cosimo Sorrentino

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Dalla COP21 alla COP22: quale futuro per il nostro pianeta? di Sergio Ventura

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a molti anni i due temi di maggior discussione sul futuro del nostro pianeta sono, da un lato, il riscaldamento climatico e, dall’altro, l’incremento demografico. Nel 2015 l’esposizione universale di Milano dal titolo “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” ha messo in evidenza che nel 2050 la popolazione mondiale dovrebbe superare i nove miliardi di abitanti e che per soddisfarne i bisogni la produzione alimentare dovrebbe aumentare del 70%. A tal fine gli strumenti a nostra disposizione sono la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico. Questi strumenti riguardano trasversalmente l’agricoltura,

l’industria, la sicurezza alimentare e sanitaria, l’educazione, l’ambiente e, last but not least, il riscaldamento climatico. Il clima è influenzato dai cambiamenti della composizione atmosferica, segnatamente dall’aumento della concentrazione dei c.d. “gas serra”. I più importanti gas serra sono il vapore acqueo, il diossido di carbonio (CO2) e il metano (CH4). Secondo un rapporto pubblicato nel 1970 dall’Agenzia USA di protezione dell’ambiente, dal 1750 in poi la concentrazione del diossido di carbonio e del metano nell’atmosfera sarebbe aumentata rispettivamente del 36% e del 148%, raggiungendo livelli molto più alti

di quelli raggiunti negli ultimi ottocentomila anni! In un rapporto pubblicato nel 2014 il GIEC (Gruppo intergovernativo di esperti sull’evoluzione del clima) ha sostenuto che un riscaldamento globale di oltre 2 °C avrebbe conseguenze drammatiche. La fusione dei ghiacci dell’Artico provocherebbe un aumento sensibile del livello dei mari, con la conseguente inondazione e distruzione d’interi territori. Le precipitazioni atmosferiche nelle diverse forme di pioggia, neve e grandine subirebbero cambiamenti tali da mettere in pericolo le produzioni agricole. La superficie delle zone desertiche

La conferenza sul clima di Marrakech ha accolto i visitatori con una magnifica struttura d’ingresso in legno da fonti sostenibili realizzata da Stephane Malka Architecture e Oualolou + Choi.

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si estenderebbe in modo notevole. La frequenza di fenomeni di straordinaria e sconvolgente intensità, come gli uragani e i cicloni, aumenterebbe provocando la riduzione della biodiversità e la distruzione di ecosistemi1. Un saggio recente dell’economista francese DANIEL COHEN ha come titolo una frase molto suggestiva: “Le monde est clos et le désir infini”2. In una parte introduttiva Cohen delinea le principali tappe della storia dell’umanità, identificando due “big bang” che hanno trasformato il corso dell’esistenza umana: l’invenzione dell’agricoltura (diecimila anni fa) e la conseguente esplosione demografica, da un lato, e la rivoluzione scientifica del XVII secolo, dall’altro. Dal momento in cui questi due fenomeni si abbinano, moltiplicandosi reciprocamente, si profila un terzo “big bang”, il passaggio “da un mondo dominato dalla natura ad un mondo dominato dall’uomo”3. Le ricerche degli antropologi hanno rivelato che la specie

umana ha occupato la Terra molto più rapidamente che le altre specie animali. Ma l’uomo sembra accanirsi a distruggere questo pianeta. Dal 1992, anno in cui si è tenuto a Rio de Janeiro il primo Sommet de la Terre, il mondo si interroga sul futuro del nostro pianeta. Ogni anno viene celebrata una data (nel 2016 l’8 agosto) a partire dalla quale, globalmente, i consumi superano le risorse disponibili. Il 12 dicembre 2015 si è conclusa a Parigi la ventunesima “Conferenza delle Parti” (COP21) della Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui mutamenti climatici. La COP21 si può definire essenziale nella misura in cui essa ha riunito ben 195 Paesi (cioè i rappresentanti di quasi tutta la popolazione mondiale), mentre soltanto 38 Stati avevano firmato il protocollo di Kyoto nel 1997. Notevoli sono i principali elementi dell’accordo raggiunto nel 2015. In primo luogo, l’impegno a mantenere sotto la soglia dei 2 °C il riscaldamento climatico e la

promessa di “continuare l’azione” per mantenerlo sotto l’1,5 °C all’orizzonte dell’anno 2100. Si tratta di un obiettivo molto ambizioso, ma purtroppo l’accordo non prevede una traiettoria per realizzarlo né obbiettivi intermedi, limitandosi a rinviare alle “migliori conoscenze scientifiche disponibili”. In proposito, secondo il GIEC, per realizzarlo si dovrebbe, entro il 2050, ridurre le emissioni di gas serra del 70-95%. A tal fine sono stati individuati due strumenti: da un lato il controllo delle emissioni di gas serra dovute all’attività umana e, dall’altro, una gestione efficace delle zone agricole e forestali e lo sviluppo delle nuove tecnologie di cattura e stoccaggio del diossido di carbonio. Una prima valutazione mondiale dell’evoluzione delle emissioni di gas serra si terrà nel 2018, al fin di “orientare” la revisione delle promesse dei paesi partecipanti, revisione “volontaria” prima del 2020, “obbligatoria” in seguito. Ogni due

Il 12 dicembre 2015 i delegati di 195 paesi partecipanti alla Conferenza mondiale sul clima di Parigi hanno firmato un accordo in cui si impegnano a ridurre le emissioni inquinanti in tutto il mondo. Il New York Times ha definito l’accordo “storico”.

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anni sarà redatto un rapporto e dei “controllori” redigeranno regolarmente delle relazioni. Si tratta, come si vede, di un controllo molto “morbido”, poiché non è previsto un meccanismo di sanzioni. Un secondo elemento importante dell’accordo di Parigi è l’aiuto finanziario da erogare ai paesi in via di sviluppo: 100 miliardi di dollari annui provenienti da fonti pubbliche e private. Questa somma, già fissata in occasione del vertice di Copenaghen (2009), è considerata ormai come un “minimo” e dovrebbe aumentare gradualmente. Essa sarà riesaminata nel 2025. Anche questo impegno sarà l’oggetto di un rapporto ogni due anni. Dopo la COP21 di Parigi si è tenuta a Marrakech (Marocco), dal 7 al 18 novembre 2016, la COP224. Se la COP21 è stata la conferenza della decisione, la COP22 avrebbe dovuto essere quella dell’azione. In realtà, la conferenza di Marrakech è stata soprattutto una conferenza di transizione. Iniziata sotto i migliori auspici, tenuto conto dell’entrata in vigore estremamente rapida dell’accordo di Parigi5, essa aveva due obiettivi principali: 1. continuare il negoziato sui dettagli operativi della COP21; 2. mantenere e consolidare gli impegni assunti in tale occasione. In proposito, l’elezione di un “climatoscettico” come D ONALD TRUMP alla presidenza degli USA non ha influito negativamente sulla COP22, anzi essa ha spinto gli Stati rappresentati a Marrakech — ivi compresa la Cina — ha ribadire le decisioni di Parigi e ad affermare la “dinamica irreversibile” dell’azione intrapresa per il clima e lo sviluppo durevole. I ministri hanno promesso di mettersi d’accordo entro il 2018 sulla maniera di calcolare il finanziamento in favore dei paesi meno sviluppati e sulle priorità per l’impiego delle somme disponibili. Parimenti, entro il 2018, sulla base di un rapporto del GIEC sulle conseguenze di un riscaldamento del clima superiore a 1,5 °C, sarà stabilita la traiettoria che dovrà permettere di rispettare l’impegno di riduzione delle emissioni di gas serra.

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Durante la campagna elettorale il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump ha più volte parlato in maniera molto scettica del cambiamento climatico e degli accordi internazionali sul clima. È evidente che gli obiettivi sopra ricordati sono stati raggiunti solo parzialmente. Sul fronte dell’urgenza climatica e dei negoziati sui dettagli operativi per applicare l’accordo di Parigi, le decisioni sono state rinviate alla COP24 del 2018. Anche sul finanziamento della lotta contro il riscaldamento climatico, gli obblighi enunciati nell’accordo di Parigi non sono stati precisati per quanto concerne la forma, il contenuto e la periodicità dei contributi dei paesi sviluppati in favore dei paesi in via di sviluppo. L’accordo di Marrakech si limita ad indicare che “prima del 2025” la Conferenza delle Parti “determina un nuovo obiettivo cifrato collettivo a partire da un livello minimo di 100 miliardi di dollari annui, tenuto conto dei bisogni e delle priorità dei paesi in via di sviluppo”6. Malgrado le dichiarazioni di auto-soddisfazione dei governi partecipanti alle varie “Conferenze delle Parti”, i risultati finora raggiunti sono molto limitati. I principali ostacoli che impediscono una lotta veramente efficace contro il riscaldamento climatico sono essenzialmente due. In primo luogo, le difficoltà economiche e politiche. I costi immediati (da affrontare nel breve periodo) sono importanti, mentre i benefici sono realizzabili solo nel lungo periodo e non necessariamente nei confini dei

singoli paesi. In queste condizioni, le autorità politiche dovrebbero abbandonare i propri egoismi e le proprie visioni di breve termine. In secondo luogo, i paesi emergenti sono poco inclini a moderare i loro consumi, nettamente inferiori a quelli dei paesi sviluppati. La loro sete di “comfort” è immensa. A questi ostacoli si deve aggiungere il fatto che la filosofia ambientale è tuttora oggetto di teorie contraddittorie, che alimentano la confusione tra rischi potenziali e rischi reali e permettono anche di dubitare che il riscaldamento climatico sia riconducibile esclusivamente all’azione dell’uomo7. Mi limiterò ad elencare alcuni argomenti che militano in favore di una visione meno dogmatica del riscaldamento climatico: a. i modelli matematico-informatici utilizzati per le previsioni a medio e lungo termine sul clima si sono rivelati spesso poco corretti; b. i fatti hanno smentito la diagnosi dell’evoluzione futura del sistema economico mondiale, stabilita all’inizio degli anni settanta sulla base di un modello informatico, all’iniziativa del “Club di Roma”, che concludeva alla necessità di “arrestare la crescita economica”; c. l’atmosfera è un sistema molto

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Secondo l’ultimo report del National Snow and Ice Data Centre degli Stati Uniti, al 1o giugno 2016 l’estensione dei ghiacci che ricoprono il Mar Glaciale Artico è risultata pari a 11,1 milioni di km2, segnando una riduzione del 5% rispetto al precedente minimo del 2004. complesso che associa chimica e circolazione atmosferica e che non è ancora interamente compreso; d. dedurre dalla fusione dei ghiacci dell’Artico un aumento gigantesco del livello dei mari significa ignorare che 92% dei ghiacci sono stoccati nell’Antartico e che questi non fondono. Ma qualunque sia la causa del riscaldamento climatico è evidente che occorre adattarsi. Parallelamente alla riduzione delle emissioni di gas serra, occorre adottare una serie di azioni preventive. Ne ricordo alcune a titolo di esempio: a. realizzare programmi di prevenzione delle inondazioni non solo costruendo dighe, ma anche eseguendo lavori di perforazione dei suoli e di drenaggio dei corsi d’acqua, onde permettere l’infiltrazione e lo scorrimento naturale delle acque; b. iniettare acqua nelle nappe freatiche in inverno per recuperarla in estate; c. sviluppare, grazie all’ingegneria genetica, piante resistenti alla siccità; d. organizzare, con l’aiuto di sa-

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telliti artificiali, un osservatorio degli slittamenti dei terreni di montagna, collegato ad una rete di segnali di allarme. Occorre avere fiducia nella capacità del genere umano di adattarsi. Il principio di precauzione non deve essere applicato ciecamente ed a qualsiasi prezzo, ma distinguendo i rischi reali da quelli soltanto potenziali o addirittura immaginari. Infine, non si deve sopravvalutare l’influenza dell’uomo sulla natura. Come ha scritto il grande antropologo CLAUDE LÉVI-STRAUSS, “il mondo è cominciato senza l’uomo e finirà senza di lui”. Sergio Ventura Note 1. Basta citare, in proposito, il fenomeno “El Niño”, che nel 1997-98 provocò la morte di oltre 24.000 persone e danni stimati a 28 miliardi di dollari, soprattutto nell’America Latina. Questo fenomeno, caratterizzato da uragani, inondazioni e siccità in più continenti, è la conseguenza di un riscaldamento eccessivo del Pacifico (nel 2015-’16 sono state misurate temperature superiori

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alla normale di oltre 4 °C in media e in talune zone addirittura di oltre 6 °C). Ed. Albin Michel, 2015. DANIEL COHEN, op. cit., p. 22. In precedenza, nel luglio 2016, l’Organizzazione Mondiale della Salute e i governi di Francia e del Marocco avevano riunito a Parigi ministri ed esperti della salute e dell’ambiente per definire le azioni destinate a rimediare ai mutamenti climatici migliorando la salute delle popolazioni. Con la ratifica da parte di 111 Stati meno di undici mesi dopo la conclusione della COP21. Non è escluso che taluni punti di vista siano influenzati dagli interessi finanziari in gioco. Cf. BRUNET S., A qui profite le développement durable?, ed. Larousse, 2008, p. 108 ss. Cf. MIELI P., Gli eccessi sul clima che cambia, in Corriere della sera, 7 novembre 2016, p. 1 e 28. Cf. MEADOWS D., RANDERS J., BEHRENS W., Limits to Growth, London, 1972. Citato da CAPELLI F., Il libro aperto degli aforismi, ed. Rubbettino, 2015, p. 215.

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Si vede che è BIO. CARNI E SALUMI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA CERTIFICATA Dal 1998, Bio Alleva si dedica alla produzione di Carni e Salumi provenienti da allevamenti biologici per garantire ogni giorno gusto e qualità ai propri consumatori. La sua grande vocazione? Rispettare l’integrità del territorio per recuperare la genuinità dei sapori. La ricerca della naturalità Bioalleva inizia dai pascoli: tutti biologici, rispettosi dell’etologia delle specie, della serenità degli animali e della loro libertà di movimento. Bioalleva. La nostra qualità è un dono di natura.

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Ma nonostante… di Franco Lazzari

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l nostro settore si lascia alle spalle un anno che tutto sommato non è andato affatto male, anzi, ha mostrato segni di grande vitalità, voglia di progredire migliorando gli impianti produttivi, proponendo nuove specialità e facendo molta pubblicità anche fuori dai confini nazionali. Tutto questo positivo fermento nonostante lo scarso o addirittura inesistente aiuto del governo, le assurde e dannosissime sanzioni alla Russia (brava Mogherini…), l’assenza di valide iniziative da parte dell’ICE, la troppo elevata tassazione, l’altalenante costo delle carni e conseguenti orecchie da mercante (tranne pochissime eccezioni) della GDO. Per ultimo, non voglio parlare del referendum che voleva abolire il CNEL… Ma tralasciamo, anche se preferiremmo non vi fosse il “nonostante” di cui sopra, e intratteniamoci invece sulla nostra situazione: l’esportazione, grazie a costruttive ed intelligenti iniziative private in mezzo mondo, contornate da incontri pubblici con graditissimi assaggi, sta segnando costanti e buoni incrementi, in maggio Cibus Food, grazie anche all’associazione con Koelnmesse (ANUGA) ha fatto il pieno di buyer stranieri, poi hanno avuto luogo due fiere per macchinari e attrezzature (delle quali la più importante al mondo rimane la IFFA), ed il Cibus Tec, gemellato con Anugatech, ha richiamato per la prima volta un considerevole volume di visitatori stranieri mentre per entrambe abbiamo constatato un’affluenza di clienti italiani, mai vista nelle precedenti edizioni, tutti interessantissimi alle novità ed alla ricerca di soluzioni. Pertanto la situazione, sempre per quanto riguarda il nostro settore, si presenta promettente, ricca di prospettive e tendente allo

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Linea di confezionamento (photo © Anthony Leopold, Fotolia). sviluppo: questo significa che la voglia di progredire non deve mai venir meno, va anzi mantenuta e addirittura sostenuta, meglio ancora se collegialmente. Sono sulla breccia dal 1968 e in questo quasi mezzo secolo ne ho viste di tutti i colori. Ho capito che in Italia non esiste lo spirito corporativo (ricordo ancora il consorzio dei würstel negli anni ‘70 con ferree regole sottoscritte da tutti e da tutti bellamente ignorate…) eppure mi permetterei di dare un amichevole consiglio: tutte le aziende produttrici di specialità in concorrenza tra di loro, tipo mortadella, salame od ogni altra, dovrebbero scambiarsi reciprocamente informazioni utili, non dico certo di passarsi le ricette, ma indirizzi di buoni

fornitori, esperienze derivate da azioni intraprese per migliorare la produzione e per economizzare sui processi e infine perché non fare certi acquisti insieme, senza mai dimenticare che la qualità premia sempre? E anche formare un compatto gruppo volto ad intraprendere una battaglia internazionale senza sosta contro gli spacciatori di made in Italy tarocchi non sarebbe un’ottima idea? Secondo la mia poca esperienza credo che un’azione comune in queste direzioni sarebbe di beneficio a tutti senza intaccare esclusività e personalità di ogni azienda, anzi, forse portando maggiori utili. Auguro a tutti uno splendidissimo 2017, ricco di soddisfazioni non solo… morali!

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Bovillage, la carne bovina francese BOVILLAGE, la marca collettiva creata nel 2009 da Interbev, l’Associazione francese del Bestiame e delle Carni e delle aziende esportatrici, ha di recente rinnovato e ottimizzato il proprio sito web bovillage.eu, migliorando la navigazione e l’accessibilità ai contenuti. Le razze bovine da carne francesi (Charolaise, Limousine, Blonde D’Aquitaine, Rouge des Prés, Salers, Gasconne, Aubrac, Parthenaise, Bazadaise, Blanc Bleu, Raço di Biou) costituiscono un vero e proprio patrimonio che fa della Francia il primo produttore di razze da carne in Europa. Quando si parla di Bovillage si fa riferimento a carne di vitelloni, nati, allevati e macellati in Francia e a carne proveniente da razze da carne (RAV – Race À Viande) per almeno uno dei due genitori. Distribuita in Italia e in Grecia, Bovillage è sinonimo di competenza e affidabilità nell’allevamento, nella produzione e nella trasformazione.

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2. Bove’s, la carne Piemontese «In una società frenetica in cui i tempi sono serrati e non ci si accorge più dei particolari, la filosofia di BOVE’S è la filosofia della riscoperta della bellezza: per i particolari, per le piccole cose, per gli oggetti di tempi andati». Così scrive ANDREA PIROTTI, l’ideatore del format, del franchising e del brand BOVE’S, su www.boves1929.it. Nipote della famiglia Martini di Boves (Cuneo), macellai dal 1929, Andrea ha iniziato a lavorare nel mondo dei bar e della ristorazione a 18 anni e oggi dirige i ristorantimacellerie Bove’s a Cuneo, Alba e a Milano. Bravissimi!!!

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meat Benedetti

4. Danish Crown, cinema e tour 3. Tutto sull’Abbacchio Romano Igp L’ABBACCHIO ROMANO IGP, una delle carni italiane tutelate dall’Indicazione Geografica Protetta, segue un rigido disciplinare di produzione ed è soggetta a controlli rigorosi, dall’allevamento alla macellazione, fino al punto vendita. Per scoprire tutta la filiera c’è il sito www. abbacchioromanoigp.it, che raccoglie informazioni per gli operatori e per i consumatori.

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Sul portale web di DANISH CROWN, colosso danese nella produzione di carni nonché primo esportatore al mondo e in Europa per le carni suine, c’è una sezione, denominata “Cinema” (www.danishcrown.com/DC-Cinema. aspx), che ospita una serie di video che accompagnano il visitatore all’interno degli stabilimenti di macellazione e lavorazione delle carni e nella quotidianità del lavoro dello staff del Gruppo. Segnaliamo anche il link slaughterhouse.danishcrown.com, attraverso il quale si può visitare un macello, nelle varie aree, dal disosso al taglio, fino al confezionamento (nella foto, l’interno di uno stabilimento Danish Crown; photo © tureandersen.dk).

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ASSEMBLEE

La filiera italiana delle carni sotto la lente dell’assemblea generale di UNICEB Lo scenario socio-economico dell’industria delle proteine animali e una tavola rotonda sul ruolo di media, social network e istituzioni nella comunicazione di una corretta alimentazione. Un parterre di relatori altamente qualificati alla 47a assemblea, che ha confermato Carlo Siciliani alla presidenza e il dott. Renzo Fossato nella carica di presidente onorario di Elena Benedetti

S

i è svolta a Roma lo scorso 16 novembre, presso il Westin Excelsior Rome, la 47a assemblea generale di UNICEB, l’Unione che dal 1969 rappresenta importatori, esportatori, allevatori, industriali e grossisti del mondo

delle carni. Presieduta da CARLO SICILIANI, riconfermato presidente, con la presidenza onoraria al dott. RENZO FOSSATO, e diretta dal segretario generale CLARA FOSSATO, l’assemblea 2016 è stata caratterizzata da un interessante momento

di approfondimento della filiera delle carni in Italia, non solo con la presentazione di trend e statistiche presentate da NOMISMA, ma anche e soprattutto attraverso le riflessioni che sono emerse da una tavola rotonda di relatori qualificati.

Il presidente di UNICEB Carlo Siciliani all’apertura dell’assemblea. «Anche a livello europeo avvertiamo la necessità di avere una sburocratizzazione delle norme che regolano l’intero comparto alimentare, da quelle di carattere commerciale a quelle di carattere sanitario. Nel settore zootecnico, poi, l’Unione Europea ha stanziato quasi un miliardo di euro per i settori lattiero-caseario e delle carni con ripercussioni davvero scarse sul mondo produttivo».

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MGA GROUP

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Ugo Sassi, Carlo Siciliani, Clara Fossato e Carlo Vicentini. Il benvenuto del presidente Nel dare il benvenuto ai presenti, il presidente Carlo Siciliani ha espresso soddisfazione per «questa riconferma che dà nuova energia per proseguire il lavoro, iniziato solo due anni fa, indirizzato alla ricerca di sinergie per un compattamento del settore al fine di far confluire in un fronte unico il messaggio che più di ogni altro, in questa fase socio-economica è il più sentito di tutti: il mondo della carne vuole comunicare il proprio ruolo di centralità nell’ambito del mondo agroalimentare. Il Governo guarda all’agroalimentare come uno dei pilastri portanti per il rilancio dell’e-

conomia nazionale — ha proseguito — di questo pilastro, la filiera delle carni rappresenta la parte principale, generando circa un quinto del valore della produzione agricola e del fatturato dell’industria alimentare, senza contare poi che nonostante le tantissime barriere commerciali e sanitarie in essere, è un comparto trainante sul fronte dell’export. Sono ormai maturi i tempi — ha tenuto a sottolineare Siciliani — per creare una struttura interprofessionale italiana della carne che funzioni. Solo strutturati in questo modo riusciremo a far confluire in un unico organismo le necessarie risorse finanziarie che ci permetteranno

Sono ormai maturi i tempi, ha voluto sottolineare il presidente UNICEB Carlo Siciliani, per creare una struttura interprofessionale italiana della carne che funzioni. Solo strutturati in questo modo riusciremo a far confluire in un unico organismo le necessarie risorse finanziarie che ci permetteranno quella forza e autonomia per poter affermare e sostenere con autorevolezza il nostro ruolo di centralità

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quella forza e autonomia per poter affermare e sostenere con autorevolezza il nostro ruolo di centralità. L’organizzazione interprofessionale da sola però non basta: il settore sente l’assoluta esigenza di un piano nazionale per l’agroalimentare in cui il prodotto carne trovi la sua giusta collocazione, capace, con regole comuni e condivise, di definire obiettivi da centrare e di puntare a significative semplificazioni delle attuali normative». Clara Fossato, campagna di comunicazione con il MIPAAF e interprofessione «Formazione, informazione e ricerca di sinergie, questi sono i punti sui quali UNICEB ha concentrato gli sforzi nel 2016» ha sottolineato Clara Fossato, segretario generale dell’Unione. «Lo scorso anno, proprio in questa sala, abbiamo compreso e recepito gli energici consigli di Paolo De Castro volti ad assumere una posizione più d’attacco. Abbiamo così creato un tavolo di lavoro che condivide un obiettivo comune: quello di far comprendere al Ministero delle Politiche Agricole le necessità di

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questo settore». Di concerto con i dirigenti del MiPAAF è stato creato un primo progetto che riguarda una campagna di comunicazione che si estende alla costituzione di un team di blogger, alla realizzazione di un sito web a cui sarà affiancato un comitato scientifico. «Come UNICEB abbiamo anche chiesto di intervenire sui tradizionali canali media, come quello televisivo, spesso veicolo di disinformazione e allarmismi ingiustificati in materia di carne» ha aggiunto Clara Fossato. «Credo sia importante formare dei testimonial credibili e preparati che possano, a loro volta, informare il grande pubblico». Tra gli altri punti toccati dal segretario generale di UNICEB c’è stato quello dell’interprofessione, con la volontà di «formare un’interprofessione di filiera che sia inclusiva di tutti», i contratti di filiera, «che stanno creando parecchie aspettative tra gli operatori e che sono un dossier strategico per l’industria delle carni» e il benessere animale, un tema fondamentale nella comunicazione della carne al consumatore finale. Anche l’export è stato tra i temi ripresi da Clara Fossato. «In considerazione della sempre crescente necessità di trovare nuovi sbocchi al mercato a causa della mancanza di dinamicità della domanda interna, l’UNICEB ha continuato a lavorare con l’obiettivo di sviluppare nuovi flussi commerciali. Proprio in questa ottica, dopo oltre un anno di lavoro, si è riusciti, nello scorso mese di maggio ad ottenere il via libera da parte del Giappone all’esportazione dall’Italia di carni bovine e relative frattaglie, e due strutture di macellazione associate UNICEB figurano fra le prime ad essere state abilitate. Considerate che con questo Paese stiamo attualmente negoziando la possibilità di esportare anche i prodotti a base di carni bovine. Sempre sul fronte export, poi, sottolineando il grande impegno del Ministero della Salute, le autorità sanitarie della Cina si spera, a breve, possano aprire il loro mercato alle nostre esportazioni di carni suine e prodotti a breve stagionatura. Inoltre, sempre con

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Grafico 1 – Trend del valore di produzione delle carni in Italia per tipologia (Valori 2000 = 100 e variazione % 2015/2000)

Fonte: Agrifood Monitor su dati Istat.

Grafico 2 – I consumi alimentari in Italia (Trend a valori costanti, base 2000 = 100) * At Home + Away from Home

Fonte: Agrifood Monitor su dati Istat. la Cina è in corso una negoziazione per cercare di aprire il mercato alle esportazioni di carni bovine italiane e relativi prodotti e anche qui siamo fiduciosi di ottenere un risultato in un breve-medio periodo». Paolo De Castro, l’incerto scenario politico mondiale e il ruolo dell’Europa La parola è quindi passata all’on. le PAOLO DE CASTRO, coordinatore del Gruppo S&D in Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, che ha sottolineato la fase di profonda incertezza a livello politico mondiale, tra l’elezione di Donald

Trump negli USA, il futuro nebuloso del TTIP e la grande incognita delle relazioni tra USA e Europa alla luce dei nuovi attori e della Brexit. «Se gli USA dovessero chiudersi in un atteggiamento protezionista si potrebbero presentare nuove opportunità per l’Europa» ha detto De Castro, sottolineando che l’Unione Europea non ha alcuna intenzione di perdere i propri standard qualitativi. «Oggi possiamo ben dire che c’è parecchia carne al fuoco con i tanti accordi bilaterali in fase di definizione, per esempio con il Giappone, il Vietnam e il Messico, sviluppati dopo il fallimento del WTO».

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1) La tavola rotonda moderata dal giornalista Giuseppe De Filippi, alla quale hanno preso parte Giuseppe Blasi, capo del Dipartimento delle Politiche europee ed internazionali del Ministero delle Politiche Agricole, Silvio Borrello, direttore generale della Sanità animale e del Farmaco veterinario del Ministero della Salute, Carlo Angelo Sgoifo Rossi del Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione animale e la Sicurezza alimentare dell’Università di Milano, Dino Scanavino, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori-CIA e Francesco Schittulli, presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori. 2) L’on. Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D in Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, ha sottolineato la fase di profonda incertezza a livello politico mondiale, tra l’elezione di Donald Trump negli USA, il futuro nebuloso del TTIP e la grande incognita delle relazioni tra USA e Europa alla luce dei nuovi attori e della Brexit. 3) I partecipanti alla 47a assemblea generale di UNICEB presso il Westin Excelsior Rome di via Veneto.

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UNICEB, tutte le cariche

La 47a assemblea generale di UNICEB ha confermato alla presidenza Carlo Siciliani, titolare dell’azienda associata Siciliani. È stata inoltre eletta la nuova squadra per il biennio 2016/2017 che ha individuato: Alberto Alfieri (Cesare Fiorucci), Renato Andretta (Agricola Luigi), Guido Balestrero (Agroeuropa), Alberto Bellegotti (Giuseppe Citterio), Vittore Beretta (Salumificio F.lli Beretta), Eliana Fiori (Roda), Fulvio Fortunati (In.Con.Tra.), Giuseppe Faccia (Faccia F.lli), Lorenzo Levoni (Alcar Uno), Mario Maranesi (Imbema Srl), Valentina Olivieri (Olivieri), Matteo Pilotto (Zooveneta), Floriano Pizzolo (Agrifap), Francesco Ruffini (Ruf-Carni), Fabrizio Rusconi (Bolton Alimentari), Ugo Sassi (Sassi), Gianluca Vercelli (Allevamenti Due V), Carlo Vicentini (Vicentini Carni). Nel corso dell’assemblea è stato inoltre deciso il conferimento della carica di presidente onorario al dott. Renzo Fossato, presidente UNICEB dal 1998 al 2014. «Sono certo che la squadra di governo nominata oggi sarà fortemente rappresentativa del settore e auspico che con l’inserimento di forze nuove al suo interno possa affrontare le importanti sfide che ci attendono» ha detto Siciliani. «Anche nell’ottica di dare continuità agli indirizzi tracciati in sede di Consiglio direttivo ci siamo impegnati soprattutto per compattare il settore e coinvolgere le altre organizzazioni che rappresentano a vario livello la filiera delle carni, per far confluire in un fronte unico il messaggio che più di ogni altro in questa fase economica è il più sentito di tutti: il mondo della carne vuole comunicare il proprio ruolo di centralità nell’ambito del mondo agroalimentare. Il Governo guarda all’agroalimentare come uno dei pilastri portanti per il rilancio dell’economia nazionale. Di questo pilastro, la filiera delle carni rappresenta la parte principale, generando circa un quinto del valore della produzione agricola e del fatturato dell’industria alimentare, senza contare poi che nonostante le tantissime barriere commerciali e sanitarie in essere, è un comparto trainante sul fronte dell’export. Tuttavia, l’urgenza determinata dai colpi bassi che continuano ad arrivarci e che fanno quasi pensare ad una strategia mirata che voglia sminuire il nostro ruolo di centralità ci ha spinto ad iniziare un’azione sinergica di coordinamento tra le maggiori sigle del settore per chiedere al Governo un piano di comunicazione istituzionale sul prodotto carne. Questo avveniva all’inizio del 2016 e proprio in questi giorni il Ministero delle Politiche Agricole ha presentato alle principali organizzazioni un Progetto sulla carne rossa di informazione istituzionale ad ampio respiro, strutturato ed innovativo e, soprattutto, pianificabile sul breve, medio e lungo termine. Ci sono voluti quasi sei mesi ma riteniamo che la pubblica amministrazione abbia recepito questa nostra istanza che non era espressione di una consueta richiesta assistenzialistica ma la constatazione che si è arrivati, in Italia ed in Europa, ad alzare troppo i toni della discussione e che sia il momento di tornare ad una equilibrata dialettica. È un primo segnale e lo recepiamo con favore. Questo significa anche che i tempi sono maturi per creare finalmente una struttura Interprofessionale italiana della carne. Solo strutturati in questo modo riusciremo a far confluire in un unico organismo le necessarie risorse finanziarie che ci permetteranno quella forza e autonomia per poter affermare e sostenere con autorevolezza il nostro ruolo di centralità». >> Link: www.uniceb.it

Donatella Prampolini Manzini, il saluto di Confcommercio Caloroso è stato anche il saluto che DONATELLA PRAMPOLINI MANZINI, alla vice-presidenza nazionale di CONFCOMMERCIO, ha voluto dare ai relatori e partecipanti all’assemblea. Oltre a lodare questo appuntamento, che «apporta concretezza alla messa a fuoco dei problemi e all’elaborazione di soluzioni», Donatella Prampolini Manzini ha sottolineato il ruolo strategico della rappresentanza, «che oggi deve essere più moderna e attiva nel dialogo con le filiere e con

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gli operatori», ricordando il 70o anniversario di Confcommercio, festeggiato nel 2016. Numeri e trend firmati Nomisma e presentati da Denis Pantini I lavori assembleari sono quindi proseguiti con una corposa e interessante relazione di DENIS PANTINI, direttore dell’Area Agroalimentare di NOMISMA, sul ruolo socio-economico e sugli scenari evolutivi per la filiera delle carni: una fotografia molto dettagliata del comparto carni e il suo ruolo all’interno del sistema dell’agroalimentare italiano. «La

filiera delle carni rappresenta, sia a livello agricolo che nella fase di trasformazione, il principale comparto dell’agroalimentare italiano, generando quasi il 20% del valore della produzione agricola e il 18% del fatturato dell’industria alimentare del nostro Paese» ha detto forte e chiaro Pantini nell’incipit del suo intervento. «Le carni rappresentano inoltre il terzo comparto (dopo vini e conserve vegetali) per valore dell’export alimentare mentre sul fronte allevatoriale, la zootecnia da carne ha realizzato nel 2015 una produzione di 10 miliardi di euro, di cui

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Negli ultimi quindici anni, sulla base di dati Censis, il consumo di carne in Italia si è ridotto, in particolare per l’ovina (dimezzato a livello pro capite) e la bovina (-23%), mentre è aumentato quello di carne suina (+6,8%) e avicola (+3,7%). il 31% da carni bovine-bufaline, il 29% da carni avicole, il 28% da carni suine e solo una quota marginale (2%) da carni ovicaprine». Scorrendo numeri e grafici sulla lavagna luminosa, Pantini ha sottolineato come la crisi del 2007 abbia fatto parecchi danni, sia sul fronte della produzione («ancora più elevate le diminuzioni nelle macellazioni che per i bovini raggiungono il -30%, negli ovicaprini il -43%») che del consumo. «Negli ultimi quindici anni il consumo di carne in Italia si è ridotto, in particolare di carne ovina (dimezzato a livello pro capite) e bovina (-23%), mentre è aumentato quello di carne suina e avicola» ha detto il direttore dell’Area Agroalimentare di NOMISMA. Tavola rotonda moderata da Giuseppe De Filippi Alla luce dei preoccupanti dati sui consumi e sull’analisi dei nuovi stili di acquisto delle carni (preferenza di carni nazionali, scontate, con marca conosciuta) presentati da NOMISMA, la discussione si è orientata verso il tema centrale del ruolo che oggi hanno i media tradizionali, i social e le istituzioni sulla corretta

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comunicazione alimentare. Da qui si sono sviluppati interessanti spunti di riflessione nella tavola rotonda che è seguita e che ha visto come moderatore il giornalista GIUSEPPE DE FILIPPI. Alla discussione hanno preso parte GIUSEPPE BLASI, capo del Dipartimento delle Politiche europee ed internazionali del Ministero delle Politiche Agricole, SILVIO BORRELLO, direttore generale della Sanità animale e del Farmaco veterinario del Ministero della Salute, CARLO ANGELO SGOIFO ROSSI del Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione animale e la Sicurezza alimentare dell’Università di Milano, DINO SCANAVINO, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori-CIA e FRANCESCO SCHITTULLI, presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori. Una corretta comunicazione alimentare: il benessere animale «Quando escono notizie dirompenti, allarmistiche e destabilizzanti per il mercato, occorrerebbe rispondere lavorando e usando argomenti chiari ed efficaci» ha detto Giuseppe Blasi. «Uno di questi è, per esempio, il benessere animale, un tema ripre-

so anche da Silvio Borrello. «Come possiamo comunicare meglio e in modo più chiaro il benessere animale in Italia?» ha chiesto Borrello. «La sanità animale è imprescindibile dal benessere» ha precisato il rappresentante del Ministero della Salute, ricordando che un animale tenuto in buone condizioni di allevamento presenta un 30% in meno di lesioni e di utilizzo del farmaco, che si traduce in minori costi di produzione e una maggiore soddisfazione del consumatore. «È indubbio poi che oggi ci troviamo anche a fronteggiare una serie di cambiamenti nella politica della sanità animale europea, nella quale l’UE, ad esempio, non finanzia più gli aiuti per far pronte ad alcune tradizionali malattie» ha specificato Borrello, aggiungendo che «le istituzioni possono fare molto ma nelle situazioni di crisi esse mostrano poca autorevolezza». Anche Dino Scanavino ha ripreso il tema del benessere animale ricordando che «occorre creare degli strumenti concreti per aumentare l’animal welfare, allargando la formazione in allevamento, l’investimento in strutture e anche facendo formazione presso il consumatore».

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Media, se li conosci li gestisci La parola è quindi passata ad Carlo Angelo Sgoifo Rossi che ha sottolineato le difficoltà che sta oggi vivendo il comparto bovino. «I media hanno fatto disastri ed è fondamentale dare una risposta più incisiva e aggressiva nei confronti delle informazioni pseudogiornalistiche che continuamente vengono prodotte per allarmare il consumatore» ha detto il professor Sgoifo Rossi, anticipando a titolo di esempio il programma-inchiesta a puntate “Animali come noi” firmato da GIULIA INNOCENZI e prodotto dalla ZeroStudio’s di MICHELE SANTORO che sarà collocato all’interno dell’appuntamento di Servizio Pubblico. «Prepariamoci quindi nei prossimi mesi a vedere sulla RAI la conduttrice Giulia Innocenzi con una serie di riprese (anche in notturna) presso allevamenti di carne e latte del Paese, tutti ovviamente montati in chiave allarmistica e denigratoria, data la campagna anti-carne che la giornalista conduce da anni (si veda

il suo ultimo libro “Tritacarne”)». A fronte dei continui attacchi che la comunicazione televisiva muove contro il comparto delle carni Sgoifo Rossi auspica risposte più incisive e aggressive da parte delle istituzioni e degli operatori, che dovrebbero inoltre enfatizzare anche la qualificazione dei loro prodotti. Un esempio? Negli USA è prassi distinguere tra organic (biologico) e natural (naturale), una differenza di prodotto che però apporta valore aggiunto alla bistecca e che è ben riconoscibile dal consumatore all’acquisto. Sul fronte della corretta informazione si è espresso anche l’oncologo barese Francesco Schittulli, a capo della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, già presente all’assemblea generale di UNICEB del 2015, che ha ricordato i benefici della carne dal punto di vista nutrizionale in quanto alimento necessario soprattutto per l’apporto di grassi saturi, vitamina B12 e ferro.

UNICEB: valore al concetto di filiera L’assemblea generale si è conclusa con il saluto da parte del presidente Carlo Siciliani, che ha voluto ringraziare tutti gli ospiti e le personalità intervenute, sottolineando ancora una volta «come la UNICEB rappresenti nel mondo delle carni una concreta e dinamica realtà che da sempre ha dato valore al concetto di filiera, concentrando tutte le sue energie per la sua valorizzazione in una visione, però, di un mondo che va verso il fenomeno della globalizzazione che deve essere gestito mediante la conclusione di accordi che tutelino le specificità dei nostri prodotti». Elena Benedetti Fonti • UNICEB-Unione Nazionale Importatori Carne e Bestiame, www.uniceb.it • Area Agroalimentare Società di studi economici Nomisma Spa, www.agrifoodmonitor.it


Minacce e opportunità del settore secondo Nielsen e Rabobank

Comunicare, la strategia di Nicola Levoni e di ASS.I.CA.

S

i è tenuta lo scorso 22 novembre, presso Rho Fiera Milano, l’assemblea straordinaria di ASS.I.CA. Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a CONFINDUSTRIA, che rappresenta circa 180

aziende del settore della salumeria italiana. Straordinaria perché solitamente l’associazione si riunisce a giugno, momento in cui presenta i dati del settore. Ma l’esigenza di nominare — come richiesto dal

nuovo statuto di Confindustria — i componenti dei nuovi organi associativi, il Consiglio generale e gli organi di controllo, ha richiesto un incontro “supplementare”. È stato comunque un momento importan-

Le abitudini alimentari dei giovani nati tra gli anni ‘80 e gli anni 2000 evidenziano come il rapporto con il cibo stia vivendo l’ennesimo cambiamento. Il dato più significativo è forse nella riduzione del consumo di carne e l’aumentata sensibilità nella scelta di che cosa portare in tavola (photo © www.foodandwine.com).

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«Dobbiamo comunicare a tutto tondo i valori delle nostre aziende e dei nostri prodotti a tutti i consumatori, che oggi più che mai sono attenti al mondo dell’alimentazione» ha dichiarato Nicola Levoni. «In particolare dobbiamo riuscire ad arrivare a un dialogo costruttivo con i Millennials, che oggi hanno un ruolo chiave nel guidare il mercato e che verso il consumo dei prodotti carnei sono i più critici»

te e di confronto. Il presidente di ASS.I.CA., NICOLA LEVONI, alla luce di un anno difficile che si è contraddistinto da continui attacchi al settore, soprattutto sul fronte mediatico, ha illustrato gli obiettivi di comunicazione del comparto. «Dobbiamo comunicare a tutto tondo i valori delle nostre aziende e dei nostri prodotti a tutti i consumatori, che oggi più che mai sono attenti al mondo dell’alimentazione. In particolare dobbiamo riuscire ad arrivare a un dialogo costruttivo con i Millennials, che oggi hanno un ruolo chiave nel guidare il mercato e che verso il consumo dei prodotti carnei sono i più critici. Nati tra il 1980 e il 2000, i Millennials sono la generazione globale con la passione per il locale, hanno un ruolo attivo nell’acquisto dei prodotti, sono poco influenzati dalla pubblicità e utilizzano molto internet (tramite mobile) anche per informarsi», ha affermato Levoni. «Abbiamo bisogno di farci conoscere di più e meglio. Rappresentiamo un settore apprezzato e imitato in tutto il mondo. Non lo diciamo noi ma i dati export, che ogni anno ci regalano soddisfazioni. I primi sei mesi del 2016, infatti, hanno segnato un +7,6% in quantità e un +5,2% in valore», ha concluso il presidente Levoni.

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I consumi delle carni in Italia e nel mondo All’assemblea hanno trovato spazio le analisi di due autorevoli istituti, Rabobank International e Nielsen. Come sono cambiate le abitudini alimentari a livello globale J USTIN S HERRARD , global strategist animal protein di Rabobank International, nel suo intervento, oltre a presentare lo scenario economico internazionale, ha analizzato il consumatore mondiale. Sherrard ha evidenziato che il mercato è cambiato: il consumo pro capite della carne e dei salumi è sotto pressione e nel prossimo futuro dovremmo aspettarci ancora un ulteriore cambiamento. Il consumo di proteine in Europa è rimasto pressoché stabile dal 2005 al 2016, anche se approfondendo l’analisi sul consumo pro capite (2011-2016), in alcuni Paesi europei si notano differenze evidenti, come ad esempio la Spagna, la Danimarca e la Germania, che consumano di più della media europea, mentre l’Italia e la Francia stanno appena sotto la media. Le abitudini alimentari sono cambiate anche per il consumatore americano, che per tradizione consuma molta più carne: in otto anni (2009-2016) è diminuito l’inserimento della carne nell’alimentazione settimanale da 4,1 cene a 3,7 cene a settimana. Ma come affrontare questa evidente diminuzione di consumo di carne? Rabobank International ha identificato per il settore delle opportunità che si possono distinguere in quattro opportunità. Prima, comprendere come è cambiata la domanda di acquisto. Seconda, coinvolgere i consumatori in tutti gli anelli della produzione. Terza, migliorare i processi produttivi dell’intera filiera in modo da assicurarsi di averne il controllo. Quarta opportunità, proseguire con successo nell’export cercando di aumentare i Paesi di destinazione. Consumi di carni e salumi in Italia GIOVANNI FANTASIA, AD di Nielsen Italia, ha esposto un quadro relativo allo stato dei consumi di carni e salumi in Italia e l’identikit del


L’assemblea straordinaria di ASS.I.CA. si è tenuta lo scorso 22 novembre, presso Rho Fiera Milano: un momento importante e di confronto, per i protagonisti di un settore cruciale per l’economia del nostro Paese. consumatore italiano. Dalla relazione di Nielsen si è evinto come i consumatori oggi cerchino prodotti sani (34%), green (28%) e con elevato contenuto di servizio (34%). Caratteristiche che poi vengono premiate all’acquisto dove, per esempio, i secondi piatti pronti hanno +43% o i salumi +8%. Più in generale, ha spiegato Fantasia, «se dovessimo fare un identikit del consumatore si potrebbe affermare che è più consapevole e attento a stili alimentari salutari, desideroso di conoscere il “dietro le quinte” dei prodotti, compresi i sistemi di

allevamento e il benessere animale. Per informarsi privilegia le fonti ufficiali, come il parere del nutrizionista o del medico specializzato. Verso di lui gioca un ruolo chiave la comunicazione». Il Piano di comunicazione carni e salumi del MiPAAF LUCA BIANCHI, capo Dipartimento delle Politiche competitive e della Qualità del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, ha illustrato i contenuti del Piano di comunicazione istituzionale per il comparto carni e salumi del MiPAAF. Bianchi

ha sottolineato che l’obiettivo primario del Piano di comunicazione istituzionale è il recupero della fiducia del consumatore verso il consumo dei prodotti carnei. Anticipazioni su Tuttofood CORRADO PERABONI, AD di Fiera Milano, ha poi fornito qualche anticipazione su Tuttofood, la fiera dedicata all’alimentazione in programma a maggio, della quale ASS.I.CA. è partner da tre edizioni. In particolare ha annunciato che ci saranno una serie di eventi in città durante l’evento il cui nome è ancora top secret.

ASS.I.CA. – Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi è l’organizzazione nazionale di categoria che, nell’ambito della CONFINDUSTRIA, rappresenta le imprese di macellazione e trasformazione delle carni suine. Nel quadro delle proprie finalità istituzionali, l’attività di ASS.I.CA. copre diversi ambiti, tra cui la definizione di una politica economica settoriale, l’informazione e il servizio di assistenza ai circa 180 associati in campo economico-commerciale, sanitario, tecnico-normativo, legale e sindacale. Competenza, attitudine collaborativa e affidabilità professionale sono garantite da collaboratori specializzati e supportate dalla partecipazione a diverse organizzazioni associative, a livello sia nazionale che comunitario. Infatti, sin dalla sua costituzione, nel 1946, ASS.I.CA. si è sempre contraddistinta per il forte spirito associativo, come testimonia la sua qualità di socio di CONFINDUSTRIA, a cui ha voluto aderire sin dalla nascita, di FEDERALIMENTARE, Federazione italiana delle Industrie Alimentari, di cui è socio fondatore, del CLITRAVI, Federazione europea che raggruppa le associazioni nazionali delle industrie di trasformazione della carne, che ha contribuito a fondare nel 1957. >> Link: www.assica.it

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INTERVISTE

Il modello Inalca Integrazione di filiera, sostenibilità ambientale ma anche economica e sociale sono valori e principi fondanti di Inalca fin dalla sua formazione. Ecco alcune considerazioni dell’AD di Inalca Luigi Scordamaglia sull’attività di internazionalizzazione, l’interprofessione e la comunicazione di Elena Benedetti

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nalca, G RUPPO C REMONINI , è oggi un’azienda leader in Europa nel settore della lavorazione delle carni bovine e nella distribuzione. Abbiamo recentemente incontrato il suo AD, LUIGI

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SCORDAMAGLIA, al SIAL di Parigi. Una bella occasione per fare qualche riflessione a 360° sul mercato delle carni, su Inalca, sempre più leader nella produzione integrata di carne bovina e più capillare nella

distribuzione di prodotti alimentari all’estero. Scordamaglia, classe 1965, una laurea in Scienze veterinarie e master in Finanza aziendale, presidente di FEDERALIMENTARE e vicepresidente

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di ASSOCARNI, oltre a parecchie altre cariche, è l’espressione di una classe dirigente nuova e di un fare business con la convinzione che l’agroalimentare sia la vera spina dorsale del nostro Paese.

Possiamo parlare di un “modello Inalca”? «Certamente! Un modello che è sempre più leader nella produzione integrata e sostenibile di carne bovina e più capillare nella distribuzione di prodotti alimentari all’estero». Quali sono gli elementi alla base di questo sistema? «Sicuramente l’integrazione della filiera, che significa essere non solo un’impresa di lavorazione della carne, ma sempre più una realtà nella quale è possibile aumentare la percentuale di animali che macelliamo annualmente, con bovini che fanno parte direttamente della nostra produzione. Con la filiera integrata è possibile assicurare un chiaro e definito capitolato di produzione in stalla, offrendo un prodotto che rispetta delle garanzie quali-quantitative e dal punto di vista della sicurezza, si pensi ad esempio all’alimentazione degli animali, al loro trattamento farmacologico o al rispetto del loro benessere.

Poi c’è la condizione strategica, che è quella relativa alla sostenibilità. Avere una filiera integrata e sostenibile significa vendere anche un valore etico. E questo è vantaggioso anche dal punto di vista economico, se solo si pensa agli impianti a biomassa, biometano, ecc… Insomma un vero e proprio modello di quella che oggi viene definita “economia circolare”». Sul fronte allevatoriale ci sono novità? «Per raggiungere nuovi obiettivi il Gruppo Cremonini ha colto l’occasione che si è presentata con la società agricola Bonifiche Ferraresi Spa, l’unica società agricola più grande d’Italia ad essere quotata in borsa, nel quale verrà implementata anche una importante attività zootecnica. Nel corso del 2015 Inalca ha partecipato alla cordata italiana promossa da FEDERICO VECCHIONI, nell’ambito della quale la nostra azienda è diventata referente per tutta l’attività zootecnica. Si tratta non solo della

A sinistra: veduta aerea dello stabilimento di Inalca a Castelvetro di Modena. In alto: a sinistra, Luigi Scordamaglia, AD di Inalca. A destra: capi bovini degli allevamenti Inalca. «C’è una considerazione di carattere economico e sociale da fare a proposito dell’allevamento di vitelloni è andato sempre più negli anni incontro al fenomeno degli accorpamenti, con la riduzione del numero degli allevatori e l’aumento della dimensione media per allevamento. In futuro ci saranno sempre meno allevamenti. Ecco perché puntiamo al rafforzamento da questo punto di vista. Oggi Inalca ha complessivamente circa 50.000 posti stalla, con una produzione annua di circa 120.000 capi tra vitelloni, scottone e vitelli. L’azienda agricola spilambertese Corticella ha oggi circa 5.000 posti stalla (tra vitelloni e vitelli) e l’obiettivo è di raddoppiarli a breve» (photo © Cremonini). Eurocarni, 1/17

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oggi Inalca vanta una produzione di circa 120.000 capi allevati tra vitelli, vitelloni e scottone».

«Inalca è un’azienda d’eccellenza a livello mondiale che presidia l’intera filiera produttiva delle carni bovine, dall’allevamento al prodotto finito. Sono oltre 500.000 le tonnellate di carne trasformate e commercializzate ogni anno, di cui 100.000 tonnellate di hamburger freschi e surgelati. Inalca è il primo produttore italiano e uno dei leader europei anche nelle carni in scatola, con una capacità produttiva di 200 milioni di scatolette all’anno pari a 50.000 tonnellate». In foto la sala disosso (photo © Cremonini). prima azienda agricola italiana per dimensioni ma anche di un modello ideale ed all’avanguardia nell’agricoltura di precisione, della georeferenziazione. Insomma un modello che mostrerà al mondo

come l’agricoltura sia l’opposto che un’attività antica e senza innovazione. Sarà all’avanguardia anche nella zootecnia bovina da carne con 5.000 posti stalla. Oltre al progetto di espansione con Bonifiche Ferraresi,

Tutti i numeri di Inalca La società del Gruppo Cremonini, leader europeo nella produzione di carni bovine, salumi e snack, e nella distribuzione di prodotti alimentari all’estero, è una delle poche aziende italiane a presidiare l’intera filiera produttiva. L’azienda, partecipata da CDP Equity (Gruppo Cassa Depositi e Prestiti) e da altri fondi sovrani attraverso il veicolo IQ Made in Italy Investment Company, nel 2015 ha realizzato ricavi per 1,47 miliardi di euro, di cui il 50% realizzato all’estero. Vanta una presenza internazionale con 17 impianti produttivi (di cui 12 in Italia, 2 in Russia, 2 in Angola, 1 in Algeria) e 22 piattaforme logistiche di distribuzione (7 in Russia, 4 in Angola, 3 in Algeria, 3 in Congo, 3 nella Repubblica Democratica del Congo, 1 in Mozambico, 1 in Costa d’Avorio). Inalca commercializza ogni anno oltre 500.000 ton di carne, produce 100.000 ton di hamburger, 200 milioni di scatolette, con 7.200 referenze di prodotto (con i marchi Montana, Manzotin, Ibis e CorteBuona) e 4.150 collaboratori. >> Link: www.inalca.it

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E sul fronte dell’internazionalizzazione? «Stiamo lavorando parecchio con un processo di integrazione della filiera bovina nei mercati maturi. L’obiettivo è quello di espandere il modello della nostra filiera integrata bovina nei Paesi Terzi dove la nostra presenza è consolidata, come ad esempio l’Angola, il Kazakistan o la Russia, dove a fianco del nostro impianto di macellazione e lavorazione carne più grande e moderno di Mosca oggi stiamo realizzando i feedlot per l’ingrasso dei bovini. In questo senso possiamo affermare a pieno titolo che noi siamo l’esempio più concreto dell’aspettativa che è nata verso l’industria italiana alimentare dopo Expo Milano 2015». Made with Italy: che cos’è? «Nel nostro Paese abbiamo sempre parlato di made in Italy intendendo con questo la capacità di esportare sui mercati le nostre eccellenze alimentari uniche che tutti provano ad imitarci e la cui domanda cresce costantemente nelle diverse aree del mondo. Questi prodotti devono continuare ad essere fatti in Italia; anzi, deve essere contrastato ogni tentativo di delocalizzazione. Accanto a questo,

Esiste un mondo alla ricerca di un modello efficiente e sostenibile con cui valorizzare la propria produzione agricola. E questo modello non può che essere quello italiano. Il made with Italy è quindi il trasferimento di know-how, tecnologia, innovazione nelle aree a maggior vocazione agricola. Questo è quello che facciamo come Inalca

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però, esiste un mondo che è alla ricerca di un modello efficiente e sostenibile con cui valorizzare la propria produzione agricola. E questo modello non può che essere quello italiano, le cui aziende sono ricercate sempre più nelle diverse aree del mondo che vogliono valorizzare in maniera sostenibile la propria produzione agricola. Il made with Italy è quindi il trasferimento di know how, tecnologia, innovazione italiana per produrre quelle commodities agricole di cui il nostri Paese è deficitario nelle aree del mondo a maggiore vocazione agricola. È esattamente quello che facciamo come Inalca in aree mondiali che oggi stanno aumentando la loro autosufficienza alimentare e domani diventeranno grandi esportatori per il resto del mondo. Made in Italy e made with Italy nel modello Inalca non sono quindi in competizione ma in perfetta sinergia». La distribuzione assume un ruolo chiave in questo contesto… «Assolutamente sì. Sugli aspetti distributivi continuiamo a crescere costantemente in Russia, dove alle nostre piattaforme distributive esi-

Inalca Food & Beverage È la società controllata da Inalca Spa specializzata nella distribuzione internazionale di prodotti alimentari tipici del made in Italy. Nata nel 2012, IF&B svolge un ruolo di piattaforma centrale che copre tutta la supply chain della distribuzione. La sua missione è semplificare l’esportazione dei prodotti agroindustriali italiani mettendo in relazione piccoli e medi produttori con importatori e distributori esteri, operando principalmente nel segmento B2B, e punta all’espansione a livello globale attraverso la presenza diretta tramite acquisizioni di piccoli e medi distributori locali in grado di garantire la copertura della “distribuzione dell’ultimo miglio”. >> Link: www.inalcafb.it

stenti ne aggiungiamo sempre di nuove per arrivare progressivamente a coprire tutte le principali città della Federazione. Basti pensare che oggi su quel mercato distribuiamo oltre 2.500 prodotti ogni giorno a oltre 3.000 clienti. Più in generale per disporre a livello globale di uno strumento specializzato abbiamo dato vita a Inalca Food & Beverage, società specializzata nella distribuzione internazionale di specialità agroalimentare italiane il cui modello rende finalmente possibile anche

Con Bonifiche Ferraresi si è innescato il processo di definizione di un ecodistretto zootecnico da 1.650 ettari. Con 5.000 posti stalla e rotazione di 8.000 capi all’anno la società si posizionerebbe tra i più grandi produttori di carne bovina in Italia, in grado di generare importanti sinergie con il business agricolo (totale produzione interna di mangimi, riduzione di concimazioni chimiche attraverso il reintegro di sostanze organiche nei terreni; fonte: www.bonificheferraresi.it).

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alle PMI italiane di essere presenti con continuità ed efficienza in ogni angolo del pianeta. Una società in rapida espansione che ha recentemente aggiunto alle proprie filiali in USA, Capo Verde, Hong Kong, Cina, anche la Malesia, Thailandia, Australia e da ultimo le Canarie. E che è sempre più riferimento per le eccellenze alimentari italiane sul canale e-commerce di mercati importanti come la Cina». Un ultimo commento su un tema annoso: la corretta comunicazione al consumatore. «Gli organismi internazionali si muovono in maniera sempre più disordinata e nella maggior parte dei casi scrivono articoli privi di solida base scientifica, cavalcando la notizia del momento invece di dare certezze scientifiche. Questo è un dato di fatto. A ciò si aggiungano le mode del momento, che esasperano prese di posizione pseudo-ideologiche di vegani e animalisti. Ciò che abbiamo fatto è dare risposte chiare e soprattutto concrete rispondendo con i fatti. Un esempio il progetto Carni sostenibili (www.carnisostenibili.it), un’iniziativa senza precedenti nata dalla collaborazione delle tre maggiori filiere zootecniche italiane, bovine, suine, avicole, per fare chiarezza sul mondo delle carni e per dimostrare che mangiare carne nelle giuste quantità garantisce l’equilibrio fra salute, tutela ambientale e sostenibilità economica». Elena Benedetti

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ModenaFiere, 26-27 marzo: ne parla l’organizzatore Luca Codato

iMEAT 2017, work in progress di Maristella Pastura

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el 2017 iMEAT compie cinque anni. Il primo lustro dell’evento dedicato al macellaio si festeggia il 26 e 27 marzo, sempre nel quartiere fieristico di ModenaFiere. Per avere un quadro della situazione, su quali sono le novità e le proiezioni per il futuro, abbiamo rivolto all’organizzatore della fiera, LUCA CODATO, alcune domande, anche alla luce del fatto che l’edizione 2016 si è confermata la piattaforma ideale per implementare la macelleria del futuro. In quell’occasione, infatti, è stata protagonista l’innovazione declinata in proposte concrete e

fattibili, sia sotto il profilo tecnologico che sotto quello dei prodotti. «iMEAT è stata creata nell’ottica di dare al macellaio degli input per qualificare la sua professione e la sua attività, per renderle sempre più rispondenti, ove possibile, anche con anticipo, alle esigenze del mercato e del consumatore» esordisce Codato. «È quindi l’unico punto d’incontro per tutti i professionisti del mercato al dettaglio della macelleria e le tipologie di espositori soddisfano le esigenze del settore in tutta la sua verticalità: materie prime, attrezzature, insaccati in genere, prosciutti, prodotti finiti

da affiancare alla carne come salse, conserve, pasta, vino…». Possiamo affermare dunque che iMEAT è diventata una realtà dai contorni ben delineati nel panorama fieristico italiano dell’alimentare. Come procede il reclutamento degli espositori per la prossima edizione? «Stiamo lavorando attivamente sia sugli espositori cosiddetti “consolidati” che su nominativi nuovi. Guardando a ritroso, l’incremento numerico degli espositori è cresciuto in maniera esponenziale di edizione in edizione. In linea di massima, ad oggi, abbiamo all’attivo

La quinta edizione di iMEAT si svolgerà nelle giornate del 26 e 27 marzo a ModenaFiere.

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Alcuni espositori della scorsa edizione hanno lamentato una scarsa partecipazione in generale dal Nord Italia: è un trend rilevato anche dai dati in vostro possesso? «Assolutamente no. Le nostre rilevazioni hanno evidenziato al top delle presenze proprio Emilia-Romagna, Lombardia, Puglia e Veneto. Purtroppo c’è una tendenza, da parte dei macellai del settentrione, a visitare la fiera in maniera defilata. Vorrei invece invitarli a far sentire maggiormente la loro presenza, anche perché sono convinto che abbiano molti argomenti da suggerire e da condividere». Luca Codato, organizzatore di iMeat. già un più che soddisfacente numero di conferme e siamo soddisfatti del numero di nuove aziende che chiedono di partecipare. Se si conferma questo trend, è prevedibile un sensibile aumento numerico degli espositori. Ma è ancora troppo presto per delineare un quadro più dettagliato». Una buona fiera è quella che può scrivere il bilancio positivo dei visitatori, sia come numero, sia come soddisfazione e qualità. Qual è l’impegno organizzativo verso il target di visitatori? «La focalizzazione della fiera sul macellaio, sulle esigenze dei negozi di macelleria e di gastronomia e sulle prospettive future di queste attività ci permette di circoscrivere le azioni di promozione e divulgazione dell’evento. Informative attraverso i social erano già partite prima della fine del 2016. E non solo in Italia, ma anche in nazioni limitrofe alla nostra Penisola».

È già possibile dare un’idea di quali saranno le novità della prossima edizione? «Proprio per la sua caratterizzazione, la fiera non è circoscritta alle proposte fatte dagli espositori, peraltro di indiscussa eccellenza, ma è un momento di dialogo sul tema dell’aggiornamento ampiamente inteso e di approfondimento dei diversi aspetti sui quali deve far perno il macellaio che guarda al futuro. Stiamo lavorando su progetti che forniscano idee e spunti da poter sviluppare e modellare sulle esigenze di ciascun macellaio, in base al territorio, all’ubicazione, al tipo di negozio, ecc… Anche i corsi avranno questo indirizzo. Ma la vera novità riguarda il calendario fieristico: iMEAT infatti, a partire da questa edizione, avrà cadenza biennale». Quindi, dopo il 2017, iMEAT si svolgerà nel 2019. Quali sono state le motivazioni che hanno portato a questa decisione? «Non è stata una scelta facile e sappiamo che non è condivisa dalla totalità degli interessati. Ma la fiera

Proprio per la sua caratterizzazione, la fiera non è circoscritta alle proposte fatte dagli espositori, per altro di indiscussa eccellenza, ma è un momento di dialogo sul tema dell’aggiornamento ampiamente inteso e di approfondimento dei diversi aspetti sui quali deve far perno il macellaio che guarda al futuro

ha raggiunto una certa maturità e, come tale, deve dimensionarsi alle esigenze del settore. La biennalità permetterà alle aziende espositrici di arrivare in fiera con effettive novità, che non è facile implementare ogni anno, e ai macellai visitatori di avere un panorama più ricco di contenuti interessanti. Per questo invito i macellai a non perdere l’occasione di visitare iMEAT 2017!». Federcarni manterrà un ruolo di primo piano anche per la prossima edizione? «La Federazione italiana dei ma cellai è un nostro “storico” partner istituzionale e non perde occasione per promuovere la fiera iMEAT come momento di incontroconfronto tra associati e non. Sarà presente anche quest’anno con un articolato programma, sia teorico che pratico, volto a intercettare l’attenzione dei visitatori. Non mancheranno tuttavia anche altre realtà di aggregazione, sempre con l’obiettivo primario dedicato all’innovazione e al dialogo con tutta la filiera». Sarà ripetuta l’esperienza, fatta con ottimi risultati lo scorso anno, del corner iMEAT Concept? «Stiamo lavorando su un altro concept proprio per dare sempre nuove suggestioni che possano interpretare l’evoluzione inevitabile del mercato e i cambiamenti delle richieste dei consumatori, confermando comunque l’orientamento alla qualità. Intendiamo infatti sviluppare il concetto di qualità a 360 gradi coinvolgendo tutti gli aspetti dell’attività di macelleria, dalla carne ai prodotti che la affiancano, dall’estetica alla proposizione dei prodotti, dalla gastronomia all’organizzazione di eventi in macelleria, magari in collaborazione con altre attività commerciali, alla prosciutteria… Le suggestioni non mancheranno, per questo invito tutti i macellai a non perdere questa occasione e a festeggiare con noi i primi cinque anni di iMEAT!». Maristella Pastura >> Link: imeat.it

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Il prodotto da gennaio è disponibile anche in Italia col plus dell’Igp

La costoletta d’agnello britannico premiata “Miglior prodotto dell’anno Francia 2016-2017”

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n un momento in cui tutti parlano di Brexit e si interrogano sugli effetti del Referendum, il mondo della carne inglese si vede riconosciuto un importante premio: la “costoletta disossata di agnello britannico a marchio Quality Standard” è stata eletta “Miglior prodotto dell’anno Francia 2016-2017”. La competizione, organizzata dalla società di ricerca olandese Q&A, ha visto trionfare proprio la pregiata carne ovina britannica in confezione skin pack. A decretare il risultato sono stati moltissimi consumatori e produttori che hanno valutato il rapporto qualità-prezzo, la presentazione, la soddisfazione, la probabilità di ripetere l’acquisto e la raccomandazione di tutti i prodotti in lizza. AHDB BEEF & LAMB, ente promotore dell’industria inglese delle carni nel mondo, si è detto molto soddisfatto del riconoscimento, a testimonianza dell’importante lavoro che sta svolgendo in Francia e in tutta Europa. «L’eco del premio ricevuto in Francia è arrivata anche in Italia» afferma JEFF MARTIN, responsabile AHDB Beef & Lamb Italia. «Questo prodotto soddisfa appieno le necessità del consumatore moderno e dei nuovi stili di vita, e, cosa molto importante, è una carne sempre tenera e gustosa. In Italia lo stesso prodotto avrà un plus: il marchio di indicazione geografica protetta». Da gennaio, infatti, il consumatore italiano può acquistare la “Costoletta d’agnello inglese West Country Igp” in skin pack, una confezione che garantisce gusto e tenerezza,

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La “Costoletta d’agnello britannico” in confezione skin pack che ha ricevuto il premio “Miglior prodotto dell’anno Francia 2016-2017”.

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una data di scadenza più lunga e offre un prodotto pronto per essere cucinato. In Italia il confezionamento è realizzato dalla ditta Aliprandi, macelleria di Gussago (BS), specializzati nel settore da oltre 70 anni. Sarà semplice per il consumatore riconoscere il prodotto: sulla confezione, oltre alla bandiera inglese — la croce rossa su fondo bianco — ci sarà anche il logo Igp West Country. La costoletta con l’osso proposta è carne ovina proveniente dal West Country d’Inghilterra, una zona che comprende sei contee nel sud ovest del Paese: Cornovaglia, Devon, Dorset, Gloucestershire, Somerset e Wiltshire. Il bestiame per essere marchiato IGP deve nascere ed essere allevato interamente nelle aziende agricole all’interno di questa regione. La dieta degli ovini del West Country è prevalentemente a base di erba, non viene utilizzato un sistema di alimentazione intensivo e gli animali non vengono alimentati con prodotti di scarto. Il bestiame è lasciato libero al pascolo durante l’estate e più in generale, secondo la tradizione, da aprile fino a novembre. La regione del West Country è la più grande e la più agricola d’Inghilterra e il suo ambiente naturale è uno dei più ricchi del Regno Unito. Le aziende agricole che si trovano in quest’area producono circa il 24% della carne bovina e circa il 21% della carne ovina di tutta l’Inghilterra, un’attività che ha contribuito a configurare e mantenere vivo il paesaggio e il patrimonio naturale della zona. «La strategia di AHDB è da sempre quella di offrire qualità e servizio — conclude Martin — per questo stiamo proponendo sui mercati internazionali non solo un prodotto dalle qualità organolettiche indiscusse, ma anche soluzioni innovative per la gestione e il consumo del prodotto stesso. Siamo sicuri che anche in Italia, come è avvenuto in Francia, la costoletta ovina in skin pack verrà presto apprezzata come risposta alle nuove esigenze del mercato e del consumatore moderno».

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La carne di agnello è sempre più presente nelle abitudini alimentari degli Italiani. Questo prodotto, consumato tradizionalmente in occasione delle festività pasquali e natalizie, sta in realtà diventando una valida alternativa alle altre carni comunemente consumate. Il suo impiego in cucina La carne d’agnello è molto rinomata anche per la qualità e la varietà dei suoi tagli che possono essere preparati e adattati secondo la stagione ed il gusto. L’agnello è impiegato per la realizzazione di diverse ricette e adatto a svariate cotture: dagli arrosti al ragù, dal barbecue alla padella. Come conservarla La carne rossa può rimanere da 3 a 5 giorni nel frigorifero ad una temperatura di 0–4°C. Se avete acquistato la carne dal macellaio o al supermercato rimuovete la carne dall’involucro in cui è stata impacchettata riponendo i tagli più piccoli in un contenitore pulito e sigillato nei ripiani più alti del frigo, mentre riavvolgete i tagli più grandi in carta d’alluminio o carta da macellaio e adagiateli in un grande piatto o contenitore, sempre nei ripiani più alti del frigo. Valori nutrizionali L’agnello può essere mangiato da grandi e piccini perché ha un alto valore nutritivo, è facilmente digeribile e ben tollerato da chi soffre di allergie alimentari. È inoltre un’importante fonte di proteine, ferro, vitamina B e D. >> Link: www.carneperfetta.it

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Car(n)e & buone vecchie abitudini di Cristina Farina

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onostante il crescente interesse verso prodotti a base vegetale e l’elevata attenzione mediatica sul comparto dei salumi (spesso associati ai concetti di grasso, sale e colesterolo) e su quello delle carni (nel 2016 sotto attacco da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), gli Italiani non rinunciano all’acquisto degli elaborati di carne, parte integrante della loro alimentazione. A confermarne la propensione al consumo, abbiamo i dati di vendita della categoria, che registrano una crescita del +6,5% in valore e del +9,7% in volume, per un giro d’affari totale di 558 milioni di euro (75 milioni di chili). La distribuzione moderna (iper+super+liberi servizi) traina la categoria, incidendo sull’86,3% del giro d’affari, il 76,1% del quale si concentra negli iper+super. I supermercati, dove “girano” 30 milioni di chili, in crescita del 10,2% rispetto all’anno precedente, si confermano il canale preferito

dagli Italiani. Tuttavia, il numero di referenze medio per gli elaborati (22,5%) è nettamente minore rispetto a quello misurato all’interno degli iper (56,7%), in crescita del 17,5%. Non è una sorpresa che il tasso di crescita più elevato venga rilevato all’interno del discount (+11,3%), canale dove ruotano in media 11,9 referenze vendute al prezzo medio no promo di 6,96, inferiore del 18% rispetto al prezzo medio no promo della categoria applicato all’interno dei super. Trend positivo anche all’interno di tutti gli altri canali. L’intero Paese registra risultati positivi: da notare la crescita double digit a volume dell’Area 2 (+12,8%) e dell’Area 4 (+12,4%). Mentre l’intensità promozionale all’interno dei canali della distribuzione moderna è in crescita di 0,7 punti (da 32,6 a 33,3), trainata dall’aumento del taglio prezzo, il prezzo medio promo è in calo del 3% (da 7,4 a 7,2),

segnale di uno spostamento verso fasce di sconto più lievi. Questo fenomeno è ancora più evidente nel Sud Italia, dove il calo di prezzo è più accentuato (–4,8%). Ciononostante, il giro d’affari generato nelle regioni dell’Area 4 cresce (+3,5%), seppure meno intensamente che nel resto del paese. A livello promozionale, l’Area 4 registra la più elevata intensità di comunicazione in store all’interno dei canali della distribuzione moderna. La categoria rispecchia le nuove abitudini d’acquisto degli Italiani, sempre di più orientati verso prodotti ad alto contenuto di servizio che permettano agli acquirenti di risparmiare tempo. Gli elaborati di carne sono di fatto prodotti all’avanguardia che si sposano perfettamente con le esigenze del nostro tempo, combinando una vasta gamma di offerta con una facile fruizione. (Fonte: Nielsen Insights Europe)

Gli elaborati di carne sono di fatto prodotti all’avanguardia che si sposano perfettamente con le esigenze del nostro tempo, combinando una vasta gamma di offerta con una facile fruizione.

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MERCATI

Ismea, carne bovina in Italia e in Europa Nei primi nove mesi del 2016 calo del 4,8% su base annua dei volumi acquistati di carni bovine fresche (–6,8% della spesa). Nello stesso periodo le attività di macellazione nazionale segnano una ripresa, con ulteriori stime di crescita da gennaio 2017. In Italia domanda debole ma sempre più orientata al prodotto nazionale

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Andamento in Italia rosegue la flessione, nei primi nove mesi del 2016, dei consumi domestici di carni bovine. Secondo i dati rilevati con l’indagine “Consumer Panel” di NIELSEN, dopo un 2015 chiuso con cali di oltre 6 punti percentuali in termini sia di spesa che di volume, anche il 2016 sembra calcare la scia con un cedimento del 4,8% dei

volumi di carni bovine fresche acquistate dalle famiglie, corrispondente ad una contrazione del 6,8% della spesa; vale a dire che si è comprato meno, ma anche a minor prezzo, ossia che in molti casi ci si è rivolti al prodotto in promozione, a tagli meno pregiati, a canali di vendita orientati al risparmio; segno quindi che a guidare la scelta — nella gran parte dei casi — non è stato solo il

salutismo o l’etica sociale, piuttosto una maggiore propensione al risparmio o una situazione familiare economica indigente. Secondo l’indagine mensile ISTAT, le macellazioni nazionali risultano — su base annua — incrementate del 3,9% in termini di capi macellati e dell’1,5% in termini di carne prodotta. Ad agosto risultano avviati al macello oltre 1,7 milioni di capi bovini per

Rifilatura di un taglio di carne bovina (photo © photology1971, Fotolia). 64

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un peso complessivo superiore a 507.000 tonnellate. La propensione al risparmio come driver d’acquisto è confermata anche da un’indagine del CENSIS pubblicata ad ottobre, sulla “dieta degli italiani e le disuguaglianze sociali a tavola”: lo stato di povertà raggiunto da parte della popolazione è causa del netto taglio della spesa cui le famiglie meno abbienti sono state costrette. La carne, alimento tra i più ricchi di nutrienti, è anche tra i più costosi, quindi il primo a farne le spese. L’indagine sostiene che, nell’ultimo anno, sono oltre 16 milioni gli italiani che dichiarano di aver ridotto il consumo di carne rispetto all’anno precedente. Cosa succede in Europa I dati relativi alle consistenze di capi bovini nei diversi paesi, pubblicati a ottobre dalla Commissione europea (CMO Committee, riferiti al primo semestre 2016), indicano nel complesso un incremento dello 0,5% del numero di bovini totale, riconducibile agli aumenti della mandria registrati in Irlanda, Spagna e Olanda. L’eliminazione delle quote latte nel mese di aprile 2015 non ha avuto effetti significativi sulla dimensione della mandria del bestiame da latte. Tale mandria si era già ampliata dal 2012, sostenuta dall’aumento dei prezzi del latte. Solo un leggero aumento è seguito per il 2015, prin-

Dinamiche dei principali fornitori di carni bovine fresche nel primo semestre 2016 (€/kg/peso vivo)

Fonte: elaborazione Ismea su dati IHS Global Trade Atlas. cipalmente a causa di un’ulteriore espansione della mandria da latte in Irlanda e nei Paesi Bassi. La produzione di latte si è spostata verso le regioni più produttive, mentre nei paesi meno efficienti si è ridotta o si è convertita alla produzione di carne. Accade in Spagna, dove il numero delle vacche da latte scende del 3% e quello delle vacche da carne cresce dell’8%; in Polonia, dove le vacche da latte sono il 5,8% in meno rispetto allo scorso anno contro un incremento del numero di vacche nutrici da carne del 12%; o in Francia, dove le vacche da latte si riducono dello 0,8% mentre le nutrici da carne — anche grazie agli aiuti — crescono dell’1,4%. Stessa tendenza si ritrova

in Ungheria e in Bulgaria dove, come per la Francia, sono previsti aiuti accoppiati per le vacche nutrici da carne. In Italia, malgrado l’aiuto accoppiato, il numero delle vacche nutrici da carne sembra al momento non mostrare incrementi, anzi i dati della Commissione segnano per queste la stessa contrazione di quelle da latte: –5%. A livello europeo, i dati di macellazione ufficiali dei primi sei mesi del 2016 riflettono questa tendenza. Durante questo periodo il numero delle vacche e giovenche avviate al macello è aumentato del 7,1%, comportando un incremento nella produzione di carne del 3,5%. Altri tagli alla mandria da latte — più significativi — sono ancora attesi

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Prezzi in allevamento delle vacche da macello

Prezzi ingrosso carne bovino adulto

Prezzi in allevamento dei vitelloni da macello (€/kg peso vivo)

Prezzi ingrosso carni vitellone (€/kg peso carcassa)

Fonte: rete di rilevazione Ismea.

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in Polonia e Francia, e quest’anno probabilmente interesseranno anche la Germania. A fronte di questo aumento di disponibilità di carni, i prezzi medi continuano a flettere e ad attestarsi al di sotto dei livelli dello scorso anno. Pur non emergendo ancora segnali positivi sul fronte dei prezzi, alcuni dei testimoni privilegiati ritengono che la situazione del comparto della carne bovina possa migliorare nel futuro all’interno della UE. Il progressivo aumento della domanda, determinato sia da un consumo interno ritornato più tonico in alcuni paesi, sia soprattutto da un buon andamento delle esportazioni comunitarie di animali vivi e di carni, sta ridando fiducia agli allevatori europei. Le stime della Commissione europea indicano per il 2016 una crescita della produzione di carne bovina nella UE pari a +2,4% rispetto al 2015. Tale crescita porterà all’aumento delle esportazioni UE di animali vivi e carni che, sempre secondo le stime della Commissione, nei primi 5 mesi del 2016 dovrebbero essersi incrementate del 15% su base annua, con invii particolarmente significativi in Turchia, ma in generale in tutto il Mediterraneo. La crescita delle esportazioni ha determinato, al momento, un leggero avanzo valutario della bilancia commerciale del comparto delle carni bovine, un risultato in netto contrasto con il pressoché strutturale deficit della UE. A sostenere l’aumento della produzione di carne nella UE saranno anche gli incentivi ai piani di riduzione della produzione di latte a livello comunitario, che stanno già da ora determinando un aumento dell’affluenza di bovine da latte nei centri di macellazione. Come per i suini, anche per le carni bovine saranno comunque i Paesi asiatici a trainare il commercio mondiale: secondo le stime USDA, la Cina potrebbe diventare quest’anno il secondo importatore mondiale di carni bovine, dietro agli USA, superando per la prima volta il Giappone. (Fonte: Ismea)

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Passione per la carne per tradizione.


Il mercato delle carni cunicole in Italia nel 2016 Calano i consumi delle famiglie. Bene l’export ma aumenta anche l’import di Roberto Villa

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e macellazioni di conigli in Italia nei primi sette mesi del 2016, secondo l’osservatorio di mercato ISMEA, sono state in media di 2.657 tonnellate/mese, con un picco a marzo di 3.169 tonnellate e un minimo di 2.202 in luglio. Comparato con i medesimi periodi dell’ultimo quinquennio, i valori del 2016 sono in calo di oltre il 9% rispetto al biennio 2011-2012, del 6,8% rispetto al biennio 2013-2014 e del 4,8% sul periodo gennaio-luglio

del 2015, secondo una tendenza che sta evidenziando una progressiva diminuzione delle produzioni nazionali. Le esportazioni nel medesimo periodo sono state pari a 668 tonnellate (+39% su gennaio-luglio 2015), per un controvalore di 2,1 milioni di euro (prezzo medio 4,38 €/kg), destinate prevalentemente a Malta (201 t, +25% su gennaio-luglio 2015), Germania (113 t, –18% su gennaio-luglio 2015), Grecia (39 t, –15% su gennaio-luglio 2015), Sviz-

zera (29 t, –6% su gennaio-luglio 2015), Regno Unito (25 t, +570% su gennaio-luglio 2015) e Francia (22 t, –40% su gennaio-luglio 2015), con nuovi significativi mercati come Cina (161 t), Vietnam e Hong Kong (ciascuno attorno alle 25 t), dove però il prezzo medio è nettamente inferiore per l’esportazione di tagli di minor pregio. Per contro le importazioni sono salite a 1.649 t (+5,2%) per un controvalore di 4,9 milioni di euro (prezzo medio 2,97 €/kg), pro-

I consumi di carne cunicola fresca in Italia stanno diminuendo: secondo Ismea e Nielsen, la contrazione in termini quantitativi è stata dell’1,1% tra il 2014 e il 2013, del 3,8% tra il 2015 e il 2014, per continuare con un –5,4% tra gennaio e inizio settembre 2016.

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venienti da Francia (1.059 t, +31% su gennaio-luglio 2015), Spagna (269 t, +659% su gennaio-luglio 2015), Ungheria (215 t, –65% su gennaioluglio 2015), Belgio (27 t, +1.510 su gennaio-luglio 2015, dovuto in parte a triangolazioni commerciali), Paesi Bassi (9,2 t, –19% su gennaio-luglio 2015), Germania (1,6 t, –50% su gennaio-luglio 2015). I consumi di carne cunicola fresca in Italia stanno diminuendo: secondo le elaborazioni ISMEA su dati del paniere consumatori NIELSEN, la contrazione in termini quantitativi è stata dell’1,1% tra 2014 e 2013, del 3,8% tra 2015 e 2014, per continuare con un –5,4% tra gennaio e inizio settembre 2016. Il prezzo al dettaglio della carne fresca di coniglio è stato in media di 7,10 €/kg nel 2014, per scendere a 7,01 €/kg nel 2015 e a 6,81 €/kg nelle prime 36 settimane del 2016; pertanto, non è il fattore prezzo ad aver scoraggiato i consumatori dall’avvicinarsi a questo tipo di carne. Sul fronte delle produzioni

italiane, l’indice ISMEA dei prezzi alla produzione dei conigli registra, nel mese di settembre 2016, un forte aumento rispetto al mese precedente (+21,8%), mentre, se si considera l’andamento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la tendenza è opposta, con un significativo calo appena sopra il 20%. L’indice dei prezzi dei mezzi di produzione (base 2010 = 100) è stato, per tutti i primi otto mesi del 2016, inferiore a 100 e in costante diminuzione (da 99,4 di gennaio a 94 di agosto) prevalentemente per un calo dei costi dei mangimi e in minor misura per il calo dei costi energetici, mentre i salari hanno contribuito con un modesto rialzo. L’indice di redditività degli allevamenti (inteso come rapporto tra indice dei prezzi e indice dei costi) è in flessione, sia rispetto al mese di luglio 2016 che rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I prezzi all’origine del coniglio vivo hanno visto un calo nelle prime

nove settimane del 2016 (da 2,0 fino a 1,40 €/kg), per poi risalire fino a 1,80 €/kg nelle settimane 13 e 14 e scendere poi dalla settimana 17 alla settimana 33 sotto 1,40 €/kg; dalla settimana 34 alla settimana 42 il prezzo si è impennato fino a lambire 2,20 €/kg. Nel 2015 l’andamento era stato pressoché il medesimo, con una risalita più rapida dalla settimana 33 fino al picco annuale di 2,40 €/kg registrato tra la settimana 41 e la settimana 47. Anche il prezzo all’ingrosso del coniglio macellato ha avuto un andamento simile a quello del coniglio vivo: da 4,80 €/ kg a 3,80 €/kg sino alla settimana 8 del 2016, poi la risalita fino alla settimana 11 (4,50 €/kg) seguita dalla discesa a 3,40 €/kg tra le settimane 29 e 33 e una nuova ripresa fino ai 4,80 €/kg nella settimana 42. Nel 2015 il prezzo più alto, pari a 5,50 €/kg, era stato registrato tra le settimane 41 e 45, per poi scendere a 4,70 €/kg alla fine dell’anno. Roberto Villa

A novembre scendono prezzi e redditività dell’allevamento suinicolo. Dati positivi per la stagionatura dei prosciutti Dopo una fase favorevole che durava dal maggio scorso, a novembre la redditività dell’allevamento suinicolo è peggiorata del 7,2% rispetto a ottobre. Tuttavia, la remuneratività rimane a novembre ben più elevata rispetto allo stesso mese del 2015: l’indice CREFIS su base tendenziale indica infatti un +11,2%. Il calo congiunturale di redditività si spiega con la discesa del prezzo dei suini pesanti da macello, che a Modena ha raggiunto 1,582 €/kg (a peso vivo), ovvero il 6,8% in meno rispetto a ottobre. Le quotazioni sono comunque molto più alte (+18,2%) rispetto all’anno scorso. Negativo anche l’andamento a novembre dei prezzi dei suini da allevamento (30 kg di peso) che sul mercato di Modena sono stati scambiati a 77,000 €/capo, per un -4,6% rispetto a ottobre. Anche in questo caso la variazione tendenziale è però positiva: +16,8%. I prezzi in calo dei suini da macello si sono riverberati favorevolmente sui costi della fase di macellazione, tanto che l’indice CREFIS di redditività dei macellatori aumenta a novembre del 4,3% su base congiunturale, ma si mantiene fortemente negativo (-9,3%) rispetto all’anno scorso. L’aumento di novembre si è verificato nonostante i prezzi alla CUN dei principali tagli freschi di carne suina siano calati rispetto a ottobre: -1% per le cosce fresche pesanti destinate a prosciutto DOP (5,127 €/kg); -1,5% per le cosce fresche pesanti destinate a prosciutto generico (4,087 €/kg). Le quotazioni rimangono peraltro su un livello relativamente elevato, tanto che le variazioni tendenziali, ovvero rispetto al 2015, sono ampiamente positive: +14,9% per le cosce a prodotto DOP e +14,5% per le cosce a prodotto generico. Completano il quadro i prezzi dei lombi taglio Modena che calano a novembre rispetto al mese precedente (-6,1%), con valori che si assestano alla Cun a 4,250 €/kg; negativa anche la variazione tendenziale: -1,2%. A novembre si registrano dati positivi per la stagionatura di prosciutti. Rispetto a ottobre sono in aumento i prezzi del Parma DOP pesante, con valori medi mensili pari a 10,200 €/kg per le cosce stagionate di peso 9-11 kg (+1,1%). Ma a confermare il buon momento del Parma DOP è soprattutto il dato tendenziale: +17,6%. Per il doppio effetto del calo dei prezzi delle cosce fresche e dell’aumento di quelli delle cosce stagionate a ottobre è cresciuta la redditività della stagionatura dei prosciutti pesanti tutelati, con l’indice CREFIS che segna +1,5% a livello congiunturale e +6,9% a livello tendenziale. Invariata la remuneratività dei prosciutti generici. Anche a novembre, dunque, la redditività del prosciutto pesante DOP rimane più elevata (+10,4%) di quella del prodotto generico (fonte: CREFIS.)

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FORMAZIONE

Un evento rivolto ad agenti e rappresentanti, macellai e ristoratori

Bord Bia Meat Academy

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BIA – IRISH FOOD BOARD, l’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi, continua la sua “campagna di promozione” del manzo irlandese. E questa volta lo fa attraverso la Meat Academy, letteralmente “Accademia della carne”, con la quale cerca di istruire ed educare il pubblico, dal distributore al consumatore finale, a distinguere la qualità e l’eccellenza nel settore bovino. Il mercato italiano della carne al dettaglio è molto frammentato e le macellerie indipendenti svolgono un ruolo significativo sul ORD

mercato, grazie alla loro esperienza e consapevolezza nel settore. Bord Bia intende quindi promuovere la vendita di carne di manzo irlandese lavorando in collaborazione con i distributori che raggiungono i suddetti punti vendita attraverso il supporto della loro rete logistica e della loro forza vendita. L’obiettivo è appunto quello di aumentare le vendite nel settore e migliorare la conoscenza del manzo irlandese tra le macellerie tradizionali italiane e nel vasto mondo della ristorazione. Ed è con la realizzazione di due eventi, uno a Milano e uno a Roma, questa volta in collaborazione con ABP Food Group e Fileni, che Bord

L’obiettivo dell’ente governativo Irish Food Board è quello di migliorare la conoscenza del manzo irlandese tra le macellerie tradizionali italiane e nel vasto mondo della ristorazione, puntando ad aumentare le vendite nel settore con la consapevolezza del sapere

Niall Smith, ABP export manager Italia, Giorgio Pellegrini, presidente dell’Associazione Macellai di Milano e provincia di Confcommercio e consigliere Federcarni, Francesca Perfetto, Bord Bia marketing executive Italia, Eoin Ryan, ABP export manager Italia, Lussemburgo e Belgio, Andrea Fusco, chef del ristorante Giuda Ballerino e membro del CIBC, e Nicolas Ranninger, Bord Bia market manager Italia, Svizzera, Malta (photo © Bord Bia).

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SERVIZIO DI PIATTAFORMA LOGISTICA CONTO TERZI DI CARNE FRESCA TRASPORTATA SU GANCIERE O CARTONATA

SERVIZIO DI LOGISTICA ANCHE PERANIMALI VIVI REGOLARMENTE RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON IL NUMERO CE 07/PS


nella vasta gamma di tagli offerti da Fileni. È qui che si incontrano le migliori carni selezionate con cura per ottenere questo gusto inconfondibile, dalla tenerezza e il sapore eccellente garantiti dal processo brevettato “Ultra Tender” di ABP. Testimoni illustri, uno tra i più grandi ambasciatori del manzo irlandese in Italia, ANDREA FUSCO, membro attivo dello Chefs’ Irish Beef Club, nonché pluripremiato chef con il suo ristorante Giuda Ballerino, all’ottavo piano del Bernini Bristol Hotel a Roma, e GIORGIO PELLEGRINI, presidente dell’Associazione Macellai di Milano e provincia di CONFCOMMERCIO e consigliere FEDERCARNI. Giorgio ha dato un contributo fondamentale, perché con la sua esperienza e il suo carisma è riuscito a coinvolgere i partecipanti in un dibattito stimolante e costruttivo, che ha dato spazio al confronto e a giudizi e pareri discordanti e non. Quello su cui tutti hanno concordato, però, anche a detta del consigliere Federcarni, è che «la carne irlandese ha un sapore molto particolare, molto buono» ed è un prodotto di grande qualità. Sergio Sasso, responsabile carni rosse, Gruppo Fileni. Bia ha implementato questo nuovo concept.

e, infine, gustando questa prelibatezza.

La Meat Academy, cos’è? Altro non è che un evento formativo ed educativo rivolto ad agenti e loro rappresentanti, macellai e ristoratori, grazie al quale è possibile approfondire la propria conoscenza della carne irlandese, attraverso presentazioni, dibattiti, workshop

Irish Prime, con ABP Food Group e Fileni carni di eccellenza Da un’antica tradizione di allevamenti a gestione familiare, sostenibili e rispettosi dell’ambiente, nasce Irish Prime, presentato da ABP in occasione degli eventi milanese e romano e disponibile

BQAS, la Qualità Assicurata Il programma studiato per garantire la qualità della carne bovina (Qualità Assicurata - BQAS) è un disciplinare introdotto da Bord Bia – Irish Food Board negli anni Novanta come parte dell’impegno dell’industria per la sicurezza alimentare mondiale e la tracciabilità. Oggi, la maggior parte della carne bovina irlandese esportata proviene dalla rete irlandese delle 48.000 fattorie aderenti al programma di qualità. Il programma Qualità Assi-

Bord Bia – Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage irlandese attraverso servizi d’informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2015 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese hanno registrato un nuovo record, superando quota 10,8 miliardi di euro. Tra i settori in maggiore crescita nel 2015 quello della carne, che rappresenta il 35% delle esportazioni (3,7 miliardi di euro). L’Italia è il terzo mercato più importante per l’export di carne irlandese. >> Link: www.bordbia.ie

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In alto: Giorgio Pellegrini della Macelleria Pellegrini di Via Spallanzani a Milano. In basso: degustazione di Irish beef presso il Ristorante Giuda Ballerino di Roma.

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La tradizione della carne bovina made in Ireland La carne bovina è fondamentale nella dieta grazie alle sue proprietà nutritive e alla sua versatilità e in particolare la carne di manzo irlandese, tenerissima, dal colore rosso vivo e dal gusto intenso, ha entusiasmato i consumatori italiani che la vedono sempre più protagonista nella loro tavola. Perché? • Perché è una carne che non si restringe durante la cottura, che si scioglie in bocca. La carne bovina irlandese è sicura, tenera e gustosa. • In Irlanda esiste una tradizione di allevamento non intensivo tramandata di generazione in generazione. Il bestiame pascola liberamente all’aperto. Di conseguenza i muscoli crescono forti e conseguentemente la carne risulta tenera e gustosa. • L’Irlanda è un paese dal clima mite e umido e ciò produce un ambiente ideale per un’erba ricca di minerali e altri elementi nutrizionali. • Il bestiame viene alimentato con una miscela di erba e foraggio selezionato, che fornisce il nutrimento giusto e essenziale per la loro crescita. Il risultato è un prodotto sano e sicuro, una carne tenera e saporita che mantiene queste qualità durante la cottura.

Pascolo in Irlanda (photo © Stephan Rech).

curata per la carne bovina e l’agnello (BLQAS) è certificato EN 45011. Questo significa che i consumatori possono essere sicuri che sulle loro tavole arriverà solo la migliore carne bovina, proveniente da animali allevati tradizionalmente e tutelati secondo gli standard attualmente in vigore. Qualità Assicurata è, in essenza, un impegno verso l’eccellenza. Allevatori e trasformatori acquisiscono il diritto di fregiarsi del marchio solo

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se mostrano tutto il loro impegno nella migliore pratica. Il BLQAS copre tutti gli aspetti della produzione di carne bovina, dalla gestione degli animali e il loro benessere in azienda alla sicurezza alimentare (HACCP), nonché al benessere nel trasporto e alla rintracciabilità del prodotto nei macelli, in sale di taglio e impianti di produzione e trasformazione. Il programma BLQAS si configura come un’attività supplementare rispetto

alla regolare e rigorosa attività di controllo svolta dal Dipartimento delle Politiche Agrarie, Alimentari e Marine che a sua volta offre un sistema solido e di classe mondiale per la tracciabilità ed etichettatura di tutta la carne bovina irlandese. >> Link: www.youtube.com/watch? v=zxzMhEnCeUg&t=17s Nota Photo © Bord Bia.

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Carne bovina e ovina di Alta Qualità ottenuta da risorse sostenibili

Dawn Meats, fondata nel 1980 a Waterford nel sud dell’Irlanda, è cresciuta in modo costante Àno a diventare oggi una delle principali realtà produttive irlandesi, con stabilimenti anche in Inghilterra, Scozia e Galles. Dawn Meats è rimasta fedele ai principi dell’impresa familiare ed al suo radicamento agricolo, con una forte attenzione all’innovazione ed alla sostenibilità, ponendo un costante impegno nel miglioramento della qualità e del servizio al cliente. Dawn Meats considera il mercato italiano uno dei più importanti ed è

un fornitore di riferimento per gli acquirenti di carne bovina ed ovina. L’ufÀcio commerciale di Parma è stato creato appositamente per essere vicino alle esigenze dei clienti e consolidare partnership solide e durature. Dawn Meats fornisce carne bovina in osso di scottona e vitellone e carne ovina in osso, nonché la gamma completa dei tagli anatomici sottovuoto. Produce inoltre hamburger congelati da carni di razze pregiate e piatti pronti slow cooked, disponibili sia in formato retail che food service.

DMS S.r.l,Via De Amicis n. 5, 43036 FIDENZA (PR) Telefono: +39 0524 84414 / +353 51309 200 Fax: + 39 0524 335294 Email: dms@dawnmeats.com / sales@dawnmeats.com Web: www.dawnmeats.com


INDAGINI

Salute dei cittadini e coesione sociale

Perché è vitale difendere i prodotti base del modello alimentare italiano

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a ricerca realizzata dal CENSIS nei mesi di settembre e ottobre 2016 offre un quadro aggiornatissimo della dieta degli Italiani e delle nuove disuguaglianze sociali a tavola ed una interpretazione dei principali trend emersi negli anni della crisi (2007-2015), evidenziando come gli alimenti da sempre costitutivi di una dieta varia e bilan-

ciata sono oggetto di riduzioni più o meno significative da parte delle famiglie italiane. Emblematico dei trend in atto è il caso della carne, in particolare di quella bovina. La dieta degli italiani e il consumo di carne sono anche la chiave per raccontare come è cambiata la società italiana e, soprattutto, come sta cambiando: infatti, se mangiare ogni giorno,

tutti e bene, è stato il simbolo di un raggiunto benessere, oggi le diete sempre più riflettono sia accentuate disuguaglianze sociali che nuove esigenze e valori. La riduzione del consumo di carne e di altri alimenti importanti minaccia l’equilibrio nutrizionale della dieta della popolazione italiana, considerata dal resto del mondo

Nel lungo periodo l’evoluzione della dieta degli Italiani e del rapporto con la carne esprime come è cambiata e sta cambiando la società italiana: l’Italia delle disuguaglianze sociali crescenti presenta oggi non una generica, diversa capacità di acquistare alimenti, ma una differenziata capacità di accedere a una dieta completa in relazione alla propria condizione economica (photo © sonyakamoz – Fotolia).

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come modello unico a cui ispirarsi e fondamento del mangiar bene. Questo equilibrio è oggi messo a rischio: – dalle nuove disuguaglianze alimentari, con un più netto taglio della spesa alimentare da parte delle famiglie meno abbienti, che nel tempo hanno opportunità via via minori di accedere agli alimenti con maggior valore nutrizionale. È il Food Social Gap, la disuguaglianza a tavola, che diversifica la possibilità di accedere ai prodotti tipici della dieta italiana; – da leggende metropolitane, falsità che proliferano soprattutto sul web e che demonizzano la carne ed altri alimenti base, promuovendo in alternativa cibi non appartenenti alla nostra tradizione. La posta in palio è evidente: che sia per le rudi difficoltà economiche o per le lusinghe delle neo-falsità alimentari, la dieta degli Italiani rischia di allontanarsi dal virtuoso sentiero nutrizionale che ci ha portato ad essere uno dei popoli più longevi al mondo (84,7 anni per le donne e 80,1 per gli uomini) e di incamminarsi verso prodotti artefatti, iper-elaborati e a più basso valore nutrizionale, proposti come alternative agli alimenti naturali, con possibili conseguenze negative sulla salute di tutti. Nell’attuale contesto la novità vera da considerare sono le nuove disuguaglianze a tavola (il Food Social Gap) che penalizzano le famiglie meno abbienti. Dati CENSIS indicano che in un anno hanno ridotto il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito, il 29,6% delle famiglie con un reddito medio e il 32% delle famiglie benestanti. Per la carne bovina hanno ridotto il consumo il 52% delle famiglie a basso reddito, il 43,2% di quelle medie e il 37,3% delle famiglie benestanti. Inoltre, comparando la situazione di tre tipologie di famiglie, che rappresentano esemplarmente le dinamiche in atto, quelle con capofamiglia operaio, in cerca di occupazione e imprenditore, emerge che, nel periodo 2007-2015, la spesa reale per carne di ogni tipo

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(suina, bovina, ovina, avicola), per i membri di famiglie operaie, è passata dall’essere del 6,9% inferiore a quella delle famiglie di imprenditori all’essere inferiore dell’11,8%; la spesa per carne delle famiglie di persone in cerca di lavoro era del 18,2% inferiore a quella delle famiglie di imprenditori nel 2007, e il divario si è ampliato al 29,1% nel 2015. Per la carne bovina la dinamica di ampliamento dei divari di consumo penalizzante per le famiglie meno abbienti è ancor più marcata: nel 2015 le famiglie operaie hanno sostenuto una spesa reale per carne bovina del 16,7% inferiore a quella delle famiglie di imprenditori (era inferiore dell’11% nel 2007) e le famiglie di chi cerca lavoro hanno sostenuto una spesa reale per carne bovina inferiore del 30,8% rispetto a quelle degli imprenditori, divario doppio rispetto al 2007, quando si fermava al 15,7%. Inoltre, la spesa per carne bovina delle famiglie operaie nel 2007-2015 si è ridotta del –38,5%, quella delle famiglie dei disoccupati del –46,1%, quella delle famiglie degli imprenditori del –34,3%. I numeri citati disegnano plasticamente il Food Social Gap: nella crisi le famiglie meno abbienti — incluse quelle operaie e di persone in cerca di occupazione — che mediamente consumano meno carne (in particolare meno carne bovina) rispetto alle famiglie benestanti, hanno subito una più intensa riduzione della spesa e delle quantità consumate di carne. La dinamica divaricante nei consumi di famiglie abbienti e meno abbienti riguarda anche

frutta, verdura e pesce, in sostanza l’insieme dei prodotti base del modello alimentare italiano. Quindi, in estrema sintesi, si può dire che i meno abbienti rischiano di dover rinunciare a una dieta completa ed equilibrata con, ad esempio, una conseguente più alta esposizione alla mancanza del livello consigliato di proteine nobili e micronutrienti, importanti per una buona salute. Naturalmente va sottolineato che lo squilibrio nutrizionale rappresenta un rischio per chiunque elimini del tutto dalla propria dieta alimenti fondamentali, come la carne, che sia per ragioni economiche o perché non correttamente informato. Spesso si tratta di persone che rinunciano a un alimento naturale, costitutivo della equilibrata dieta italiana, magari sostituendolo con proteine meno nobili, ottenute attraverso complessi processi industriali, con alimenti arricchiti o affidandosi a costosi integratori alimentari. Se nel caso dei meno abbienti la rinuncia alla carne e ad altri alimenti del modello alimentare italiano, dalla frutta alla verdura,al pesce, è una necessità per far quadrare i conti della spesa, nel caso dei benestanti rischia di diventare un boomerang nutrizionale. Nel lungo periodo l’evoluzione della dieta degli Italiani e del rapporto con la carne esprime come è cambiata e sta cambiando la società italiana: – la possibilità per tutti di mangiare nel quotidiano gli alimenti della dieta mediterranea, che da sempre include la giusta quantità di carne, ha rappresentato

Si amplia il Food Social Gap tra le famiglie a basso reddito e quelle benestanti. Nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare è diminuita in media del 12,2%, ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%. Si rinuncia soprattutto alla carne, una volta simbolo del raggiunto benessere. Ma con meno carne, pesce, frutta e verdura aumentano i rischi per la salute degli Italiani

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Il minor potere d’acquisto delle famiglie meno abbienti vuol dire minore possibilità di scelta, a detrimento soprattutto degli alimenti con maggior valore nutrizionale (in termini di proteine nobili, vitamine, ecc…), della varietà, salubrità e qualità, e maggiore rischio di sviluppare patologie indotte da squilibri nutrizionali (photo © www.lostivalepensante.it).

La riduzione del consumo di carne e di altri alimenti importanti minaccia l’equilibrio nutrizionale della dieta della popolazione italiana, considerata dal resto del mondo come modello unico a cui ispirarsi. Questo equilibrio è oggi messo a rischio, tra l’altro, da falsità che proliferano soprattutto sul web e che demonizzano la carne ed altri alimenti base, promuovendo in alternativa cibi non appartenenti alla nostra tradizione

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simbolicamente la fine della “scarsità” e l’avvenuta cetomedizzazione della nostra società. Dagli anni Sessanta sino alle soglie del nuovo millennio il mangiare ogni giorno le giuste quantità di una varietà di alimenti sani è stata componente costitutiva del conquistato benessere italiano che ha determinato tra l’altro, grazie soprattutto al raggiungimento di un corretto apporto di proteine nobili, l’eradicazione di malattie endemiche, l’allungamento dell’aspettativa di vita, la longevità crescente della popolazione e il potenziamento della prestanza fisica; – con il nuovo millennio ha preso quota una nuova centralità del rapporto con il cibo, con attenzione specifica alla tracciabilità, alla qualità e alla sicurezza degli alimenti; ma è con la crisi del 2007 che lo scenario è cambiato drastica-

mente, con l’irruzione delle nuove disuguaglianze a tavola, per cui le diete, prima ancora che da valori e stili di vita, ora dipendono dalla disponibilità economica e di spesa delle famiglie. Le famiglie mangiano quel che si possono permettere e le famiglie meno abbienti tagliano più delle altre sui consumi alimentari, soprattutto carne, frutta, verdura e pesce, secondo una micidiale logica di regressività sociale. Se l’Italia del ceto medio era quella di una dieta nutrizionalmente equilibrata per tutti, l’Italia delle disuguaglianze sociali crescenti presenta non una generica, diversa capacità di acquistare alimenti, ma una differenziata capacità di accedere a una dieta completa in relazione alla propria condizione economica. Il minor potere d’acquisto delle famiglie meno abbienti vuol dire minore possibilità di scelta, a de-

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EUROCARNI


Gli Italiani a tavola: tornano le differenze di ceto Addio buona tavola: sempre meno Italiani mangiano carne, pesce, frutta e verdura Sono 16,6 milioni gli Italiani che nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne, secondo un’indagine del CENSIS(*). E 10,6 milioni hanno diminuito il consumo di pesce, 3,6 milioni la frutta e 3,5 milioni la verdura. Con il minore consumo degli alimenti di base della buona dieta italiana, spesso sostituiti con prodotti artefatti e iper-elaborati a basso contenuto nutrizionale, si minaccia l’equilibrio delle diete quotidiane delle famiglie e si generano nuovi rischi per la salute. E l’Italia tornò alla tavola per ceti Sono le famiglie meno abbienti a ridurre di più gli alimenti di base della buona dieta italiana. Nell’ultimo anno hanno ridotto il consumo di carne il 45,8% delle famiglie a basso reddito contro il 32% di quelle benestanti. Di carne bovina, il 52% delle prime e il 37,3% delle seconde. Per il pesce, il 35,8% delle meno abbienti e il 12,6% delle più ricche. Per la verdura, riducono il consumo il 15,9% delle famiglie a basso reddito e il 4,4% delle più abbienti. Per la frutta, il 16,3% delle meno abbienti e solo il 2,6% delle più ricche. Se nell’Italia del ceto medio vinceva la dieta equilibrata dal punto di vista nutrizionale, disponibile per tutti, nell’Italia delle disuguaglianze il buon cibo lo acquista solo chi può permetterselo. Spesa alimentare delle famiglie meno abbienti in picchiata: si allarga il Food Social Gap Nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare delle famiglie italiane è diminuita in media del 12,2% in termini reali. Ma nelle famiglie operaie è crollata del 19,4% e in quelle con a capo un disoccupato del 28,9%. Ecco spiegato il Food Social Gap: nella crisi il divario nella spesa per il cibo dei più ricchi e dei meno abbienti si è ampliato. Meno potevi spendere per scegliere il buon cibo, più hai dovuto tagliare la spesa. Le differenze a tavola diventano distanze e ormai fratture: si mangia quel che ci si può permettere e il dibattito ideologico sul valore nutritivo degli alimenti è fuorviante. Allarme carne: il crollo dei consumi minaccia la dieta mediterranea Se nel periodo 2007-2015 la spesa alimentare è diminuita del 12,2%, quella per la carne è scesa del 16,1%. Nello stesso periodo, in Europa solo i Greci (–24%) hanno tagliato di più degli Italiani (–23%) il consumo pro capite annuo di carne

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bovina. Queste riduzioni intaccano consumi di carne che in Italia erano già inferiori agli altri paesi europei. Infatti, gli Italiani si collocano al terz’ultimo posto in Europa per consumo apparente (cioè “al lordo delle parti non edibili”) delle diverse tipologie di carne (pollo, suino, bovino, ovino) con 79 kg pro capite annui, distanti da Danesi (109,8 kg), Portoghesi (101 kg), Spagnoli (99,5 kg), e anche Francesi (85,8 kg) e Tedeschi (86 kg). Le lancette della nostra società rischiano di tornare indietro alla tavola per ceti, quando l’accesso alla carne era il segno di un raggiunto status di benessere. La dieta italiana, fatta di quantità adeguate di cereali, carne, pesce, frutta e verdura, olio d’oliva, formaggi, legumi, ecc…, che ci ha portato ad essere uno fra i popoli più longevi al mondo, con un’aspettativa di vita media di 85 anni per le donne e di 80 anni per gli uomini, rischia di sparire dal quotidiano delle nostre tavole. Rischio salute dalla cattiva alimentazione La riduzione del consumo di alimenti come carne, pesce, frutta e verdura minaccia l’equilibrio nutrizionale della dieta delle famiglie italiane, a lungo considerata nel mondo un modello a cui ispirarsi perché fondamento del mangiare equilibrato. Aumenta così il rischio di patologie. I tassi di obesità sono più alti nelle regioni con redditi inferiori e con una spesa alimentare in picchiata. Nel sud Italia, dove il reddito è inferiore del 24,2% rispetto al valore medio nazionale e la spesa alimentare è diminuita del 16,6% nel periodo 2007-2015, gli obesi e le persone in sovrappeso sono il 49,3% della popolazione, molto più che al nord (42,1%) e al centro (45%), dove i redditi medi sono più alti e la spesa alimentare ha registrato nella crisi una riduzione minore. Nota (*) Questi sono i principali risultati della ricerca del CENSIS. “Gli Italiani a tavola: cosa sta cambiando. Il valore sociale dell’alimento carne e le nuove disuguaglianze”, presentata lo scorso 26 ottobre a Roma da MASSIMILIANO VALERII, direttore generale del CENSIS, e discussa da MAURIZIO MARTINA, ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, GIORGIO CALABRESE, presidente del Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare presso il Ministero della Salute, MASSIMILIANO DONA, segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori, MARINO NIOLA, antropologo dell’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa”, ROBERTO MONCALVO, presidente di Coldiretti, e LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente di Federalimentare.

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trimento soprattutto degli alimenti con maggior valore nutrizionale (in termini di proteine nobili, vitamine, ecc…), della varietà, salubrità e qualità, e maggiore rischio di sviluppare patologie indotte da squilibri nutrizionali. In sostanza, per le famiglie, in particolare quelle in cui sono presenti minori, le attuali disuguaglianze alimentari e di accesso ad un equilibrato apporto nutrizionale preparano a future, ulteriori disuguaglianze nella salute. È questa la reale posta in gioco che rende prioritarie sia le iniziative di contrasto del Food Social Gap che il mascheramento delle falsità che fomentano stili alimentari discutibili. In concreto, la “falsificazione” delle falsità impone di opporre alle leggende metropolitane sulla carne una sequela di “è falso”: • è falso che in Italia si consumi troppa carne (il consumo reale è pari a poco più della metà di quello apparente delle statistiche ufficiali; il consumo medio pro capite degli Italiani è inferiore a quello di paesi europei omologhi ed è inoltre in continuo calo in questi anni); • è falso che, se consumata nelle giuste dosi, generi patologie (le patologie del benessere sono cresciute proprio negli anni in cui il consumo di carne, in particolare bovina, si è ridotto; la possibilità che si innalzi il rischio individuale di sviluppare tumori si lega esclusivamente ad un eccesso di consumo di carne ben lontano dai livelli italiani e ad una tipologia di carne e di prodotti trasformati che poco hanno a che fare con quelli consumati nel nostro paese); • è falso che sia un alimento grasso (le moderne tecniche di allevamento, applicate nel nostro paese, hanno modificato il profilo nutrizionale e il contenuto lipidico delle carni riducendone il grasso totale fino al 50% e la percentuale di acidi grassi saturi); • è falso che la produzione di carne impatta maggiormente

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sull’ambiente rispetto agli altri alimenti (calcolando il consumo settimanale di alimenti sulla base delle indicazioni nutrizionali esistenti, l’impatto ambientale della carne è allineato con quello di altri cibi consumati con maggiore frequenza e quantità). Tante leggende metropolitane senza fondamento, che nella pura reiterazione incontrollata cercano legittimazione. In ogni caso, oggi, il rischio reale è che la buona dieta italiana e i suoi benefici rimangano appannaggio solo di coloro che hanno le risorse economiche e/o culturali per farne il proprio stile di vita; per gli altri, in particolare per le famiglie meno abbienti, mentre gli alimenti base della buona dieta italiana scompaiono dalla tavola, resta la beffa, rilanciata dalle leggende metropolitane, che in fondo è meglio così. Per questo è una priorità difendere e rilanciare il consumo dei prodotti base del modello alimentare italiano, fondato su varietà e qualità delle materie prime, dalla carne alla frutta e verdura, dai cereali al pesce, fino ai prodotti lattiero-caseari, sulla loro sapiente trasformazione secondo secolari tradizioni alimentari, comprensivo di tutti i principi nutritivi che spiegano perché la nostra dieta è un fondamentale patrimonio dell’umanità che ha permesso agli Italiani di essere uno dei popoli più longevi al mondo. Poter scegliere di mangiare bene, in modo completo ed equilibrato, è uno dei presupposti di una società sana e giusta; per questo le disuguaglianze alimentari sono oggi una nuova priorità economica e sociale che non può essere messa in ombra da dibattiti ideologici e socio-culturali, legittimi ma opinabili, che pretendono di demonizzare taluni alimenti trasformando la loro scomparsa dalla tavola delle famiglie in una buona notizia. Le tavole degli Italiani sono oggi il luogo di una profonda ed evidente iniquità, dai rilevanti costi sociali, che richiede una diversa lettura e, più ancora, una tensione alla soluzione. (Fonte: Fondazione Censis)


BENESSERE ANIMALE

Come fanno i vitelli a imparare a mangiare? Apprendimento e facilitazione giocano un ruolo inaspettato nell’assunzione di alimento da parte dei bovini. Le conseguenze di un’insufficiente esperienza sociale si pagano anche in termini di accrescimento ponderale e produttività di Giulia Mauri

L

a ricerca procede per balzi in avanti — a differenza della natura che si affida ai passettini — quindi è normale che abitudini consolidate all’improvviso vengano considerate obsolete e superate. D’altronde, nulla dura in eterno, nemmeno le idee. E il discorso vale anche per la ricerca zootecnica; forse è arrivato il momento di rimettere

in discussione la consuetudine di allevare i vitelli che sono ancora alimentati a latte in box singolo. Le motivazioni sanitarie, che da sempre giustificano (anche di fronte al legislatore) questa usanza, non sono poi così solide. Ne abbiamo parlato nel precedente articolo “I reali effetti della stabulazione in box singolo sulla salute dei vitelli da latte” (pubblicato

su EUROCARNI 12/2016, pag. 60). Oggi dimostreremo che, anche per l’accrescimento ponderale e la produttività zootecnica, il box singolo non è una scelta obbligatoria. E nemmeno opportuna. Tre ricercatori dell’Animal Welfare Program dell’Università canadese della British Columbia, Faculty of Land and Food Systems (J.H.C. COSTA, M.A.G.

Vitelli in un allevamento danese (photo © www.dairyglobal.net).

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Pare che la maggiore influenza sulle scelte e preferenze del vitello sia esercitata dalla madre e dai bovini dominanti nella mandria. Grazie all’apprendimento per imitazione, i vitelli imparano a evitare le piante sgradevoli o tossiche senza subirne direttamente gli effetti. Imparano anche ad ampliare la rosa di piante commestibili e quindi ad affrontare con minore difficoltà situazioni di penuria, pascolo povero e siccità

L’introduzione dell’automatizzazione nelle aziende ha favorito la diffusione della stabulazione in gruppo e hanno cominciato a moltiplicarsi gli studi che confrontano i risultati dell’allevamento di gruppo o in box singolo, diffondendo l’idea che il cosiddetto social housing influisca positivamente sulle performance di crescita. Infatti, l’incremento di peso nel periodo di tempo è superiore nei vitelli tenuti in gruppo

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VON KEYSERLINGK e D.M. WEARY, autori dell’articolo “Invited review: effects of group housing of dairy calves on behaviour, cognition, performance and health” pubblicato sul Journal of Dairy Science nel 2016), hanno raccolto numerose e recentissime pubblicazioni sugli effetti della modalità di stabulazione nel corso dei primi due mesi di vita dei vitelli. Hanno confrontato i risultati sanitari, comportamentali e produttivi di animali allevati nel consueto box singolo e in gruppi di coetanei. E hanno rilevato che vale davvero la pena abbandonare le gabbiette singole quando si è in grado di offrire al vitello condizioni igienico-sanitarie di livello superiore al minimo. Perché i vantaggi della stabulazione in gruppo sono certamente rilevanti. La spiegazione è semplice: i vitelli sono mammiferi, imparano gran parte dei comportamenti che mettono in atto. Compresi i comportamenti relativi all’assunzione dell’alimento. Vediamo insieme come.

Sviluppo del vitello In natura, la vacca gravida si allontana dalla mandria poco prima del parto e mette alla luce il vitello in solitudine. Una volta che questo è nato, lo lecca e lo mantiene nascosto fra i cespugli o l’erba alta per i primi giorni. La bovina però rimane sempre nei pressi ed emette muggiti tipici e specifici quando accudisce il vitello. Inoltre, nel corso della prima settimana di vita lo allatta 8-12 volte al giorno. E ciascun contatto dura circa 10 minuti. Durante la seconda settimana i contatti con la madre si fanno più radi, ma d’altro canto la vacca introduce il vitello nella mandria e così questo ha la possibilità di interagire con i coetanei. Talvolta già a questa età cominciano a formarsi piccoli gruppi di vitelli all’interno della mandria. Quella dei vitelli deve essere una compagnia apprezzata da parte dei bovini: nel pascolo libero si è osservato che le mandrie composte solo da animali adolescenti e adulti si avvicinano volentieri a gruppi di vitelli (SATO et al., 1987; MURPHY and DE MOURA DUARTE, 1990). Quindi i giovani ruminanti stringono naturalmente

relazioni sociali — a cominciare da quella con la madre — già nella prima settimana di vita. Per i primi mesi, coincidenti con l’allattamento, i vitelli ricevono insegnamenti e suggerimenti comportamentali da parte della madre e degli altri membri della mandria, e questo influenza il loro sviluppo comportamentale. Far perdere questa irripetibile occasione di apprendimento ai vitelli ha delle ricadute misurabili, valutabili dal punto di vista zootecnico? Importanza del comportamento alimentare corretto Eventuali effetti negativi sul comportamento alimentare non devono essere presi sottogamba: se non si alimentano correttamente, i bovini non crescono quanto dovrebbero e non producono quanto potrebbero. L’evoluzione dalla totale dipendenza alimentare dalla madre fino all’indipendenza si svolge in un periodo di tempo che è molto importante. In condizioni naturali o di allevamento brado i vitelli cominciano a pascolare e ruminare insieme alla madre e ai conspecifici già alla terza settimana di vita, per poi finire per alimentarsi solo attraverso il pascolo fra i tre e i sei mesi d’età. I ruminanti imparano a selezionare le erbe di cui nutrirsi e a riconoscere gli habitat più favorevoli attraverso l’imitazione dei compagni più esperti. Se dovessero sperimentare su se stessi le caratteristiche di ogni erba andrebbero incontro a inconvenienti di varia gravità. Per questo la presenza di altri conspecifici ha un effetto importante sulla dieta del vitello. Pare che la maggiore influenza sulle scelte e preferenze del vitello sia esercitata dalla madre e dai bovini dominanti nella mandria. Grazie all’apprendimento per imitazione, i vitelli imparano a evitare le piante sgradevoli o tossiche senza subirne direttamente gli effetti. Imparano anche ad ampliare la rosa di piante commestibili e quindi ad affrontare con minore difficoltà situazioni di penuria, pascolo povero e siccità. La scarsa attitudine dei bovini ad assaggiare alimenti diversi da quelli

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Vitelli al pascolo (photo © Dave Young). cui sono abituati è ben nota: evitano i gusti nuovi e sono riluttanti ad alimentarsi al cambio della razione. Non è raro osservare animali che selezionano accuratamente gli ingredienti della razione e scartano — se possibile — alcuni componenti; oppure li mangiano solo quando tutti gli altri ingredienti sono terminati, ma i morsi della fame si fanno ancora sentire. Quindi è vero che nell’allevamento intensivo non è probabile che la mandria debba imparare a guardarsi dalle piante tossiche. Ma è possibile, e anzi frequente, che il bovino debba adattarsi a modificare la propria dieta, anche improvvisamente, nel corso della sua vita produttiva. Inoltre, dato il costo variabile delle materie prime componenti la razione, è possibile che l’allevatore sia costretto a sostituire alcuni ingredienti. Se il bovino è refrattario anche solo ad assaggiare alimenti nuovi, come potrà alimentarsi sufficientemente da produrre quanto ci si aspetta che faccia? Per riuscire a mitigare gli effetti dell’avversione ad assaggiare gli alimenti sconosciuti nei vitelli

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stabulati in box singolo, gli autori propongono — qualora non sia possibile convertire le strutture in box di gruppo — di mescolare meccanicamente con molta cura la razione e di modificarla frequentemente. Oppure ancora, come già succede per i suini e i gatti cresciuti in appartamento, è possibile modificare la mangiatoia in modo da renderla un luogo interessante, da “trasformarla in un giocattolo”. Se l’attenzione degli animali verso questa struttura rimane alta, infatti, assumono una maggiore quantità di cibo. Il confronto fra isolamento e social housing Sia gli agnelli che i vitelli accettano più volentieri alimenti sconosciuti quando sono allevati in un gruppo sociale complesso. Partendo da questo presupposto, gli autori dell’articolo hanno confrontato numerosi risultati relativi al confronto fra vitelli allevati in gruppo o in isolamento per quanto concerne le capacità di alimentazione. L’allevamento di gruppo dei vitelli consente di ridurre il lavoro dell’uomo e di risparmiare tempo, ma in generale

si teme che provochi più facilmente la diffusione di infezioni e patologie. L’introduzione dell’automatizzazione nelle aziende ha favorito ultimamente la diffusione della stabulazione in gruppo e hanno cominciato a moltiplicarsi gli studi che confrontano i risultati dell’allevamento di gruppo o in box singolo, diffondendo l’idea che il cosiddetto social housing (la stabulazione di gruppo, che permette le relazioni sociali) influisca positivamente sulle performances di crescita. Infatti, l’incremento di peso nel periodo di tempo è superiore nei vitelli tenuti in gruppo. Forse non è possibile parlare di “apprendimento per imitazione” perché tutti i vitelli hanno la stessa età e inesperienza, ma c’è comunque un effetto positivo. Si pensa che osservare i compagni mangiare stimoli l’attenzione del vitello verso il mangime. Questo meccanismo comportamentale viene definito “facilitazione sociale”, ovvero l’osservatore mette in atto un’azione precisa mentre osserva altri animali impegnati in quella stessa attività. Ma apprendimento

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sociale o facilitazione sociale che sia, i dati rivelano che i vitelli allevati in gruppo assumono maggiori quantità di alimento e presentano accrescimenti ponderali migliori di quelli tenuti nel box singolo. Effetti a distanza dell’assunzione di concentrato È anche molto importante che i vitelli comincino ad assumere il concentrato solido già nel periodo di alimentazione lattea. Se assumono poco concentrato presentano un accrescimento inferiore nella fase lattea, ma soprattutto soffrono molto di più il passaggio all’alimentazione solida, manifestando livelli di stress più elevati. E, ovviamente, hanno una riduzione dell’accrescimento corporale non irrilevante. Le conseguenze di scarse assunzioni di mangime concentrato nella fase di alimentazione lattea si riverberano per tutta la vita del bovino: le manze raggiungono pesi inferiori, il calore si manifesta più tardivamente e la quantità di latte prodotta nella

prima lattazione, e anche nelle successive, è inferiore (BOND et al., 2015; MOALLEM et al., 2010; SOBERON et al., 2012). Anche nei maschi sono percepibili gli effetti di un’insufficiente accrescimento corporeo nelle prime settimane di vita: raggiungono più tardi la pubertà e le dimensioni dei testicoli rimangono inferiori (DANCE et al., 2015). Ecco perché si ritiene che l’accrescimento nelle prime settimane di vita abbia seri effetti su produttività e capacità riproduttiva. La maggiore assunzione di concentrato nei vitelli tenuti nel box di gruppo rispetto a quelli dei box singoli si mantiene anche quando — superati i due mesi di età — tutti i vitelli sono spostati in recinti di gruppo. La persistenza di questo beneficio potrebbe essere dovuta al fatto che il social housing permette di sviluppare meglio le capacità di apprendimento. Ecco perché questi vitelli imparerebbero prima e meglio come utilizzare i nuovi alimentatori.

Di conseguenza, per molti autori, la ridotta assunzione di cibo da parte dei vitelli tenuti in box singolo per i primi due mesi di vita è, almeno in parte, il risultato di un deficit cognitivo che non viene più recuperato. Dunque, l’ambiente sociale in cui il vitello cresce nelle prime settimane di vita può avere un forte effetto sull’assunzione di cibo, sulla dieta e anche sulla persistenza nel tempo di assunzione. Inoltre, confrontando il risultato di 32 studi, compresi alcuni condotti dal professor IGINO ANDRIGHETTO, non sono mai emersi risultati in cui la stabulazione precoce in gruppo abbia prodotto un decremento della performance di accrescimento degli animali. L’avevamo scritto, all’inizio di questo articolo, che nulla dura in eterno, tanto meno le consuetudini e le opinioni basate sulla ricerca scientifica. Adesso non ci resta che adoperarci per ricavare le migliori opportunità da queste nuove conoscenze. Giulia Mauri

In Emilia-Romagna nasce una carne di maiale ricca di Omega-3 Nasce in Italia, e precisamente in Emilia-Romagna, un suino con carne ricca di Omega-3, il primo esempio di come portare in tavola sapore e proteine della carne unite ai famosi grassi insaturi tanto raccomandati dai nutrizionisti. La prima azienda a livello nazionale a raggiungere questo traguardo è Cura Natura, allevatori a Castelvetro (MO) con una vocazione alla ricerca, al benessere animale e alla salute attraverso l’alimentazione. Cura Natura, insieme ai produttori di alimenti zootecnici del gruppo Ferri, di cui fa parte, ha siglato attraverso Fattorie Italiane un accordo esclusivo con l’associazione francese Bleu Blanc Coeur che le consente di produrre e promuovere, unica in Italia per il settore suini, un allevamento “etico” basato su un’alimentazione naturale e arricchita di Omega-3. La “ricetta” studiata dai nutrizionisti della Ferri sulla base dei protocolli BBC prevede per l’alimentazione dei suini un mix di prodotti vegetali, minerali, vitamine e semi, tra cui i famosi semi di lino che sono tra i maggiori fornitori di questi “grassi buoni”. Per fare un paragone, come il pesce assume gli Omega-3 cibandosi di alghe, così i suini li assumono dai semi di lino. Superato dunque il dilemma “carne o pesce”? Sembra proprio di sì, a guardare i valori nutrizionali da tabelle INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione). Cento grammi di lombo fresco, per esempio, passano dal contenuto attuale di 0,08 grammi di Omega-3 a 0,24 grammi nei suini della filiera Bleu Blanc Core, mentre mangiando la stessa quantità di tonno o di salmone freschi assumeremmo 0,09 grammi di Omega-3. Contenuti importanti anche nei prodotti lavorati da carni suine: si passa per esempio dai 0,11 ai 0,55 nel prosciutto di Parma e da 0,16 a 0,75 grammi nella mortadella di Bologna Igp. Al di là dei numeri, il risultato della nuova filiera di prodotti derivati dal suino sono una carne che mantiene naturalmente inalterati sapore e gusto e può entrare a pieno titolo nelle diete più equilibrate, in quelle per gli sportivi, o per gli anziani, grazie all’apporto degli Omega-3 con i loro riconosciuti effetti anti-colesterolo, antiossidanti e protettivi del sistema cardiaco. Mangiare maiale e mangiare sano diventa così una missione possibile. >> Link: www.curanatura.mo.it

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RAZZE

Il riscatto della gallina L’allevamento avicolo amatoriale diventa un’attività sempre più diffusa, promossa da associazioni e da privati. È così che la specie avicola si riapre un varco nelle nostre campagne e mostra le sue enormi potenzialità che non si fermano alla cucina di Sebastiano Corona

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e ne sono da carne, da uova o da combattimento. E ancora: ornamentali, da compagnia e per la pet therapy. Chi pensa che questo sia l’animale più sciocco e tra i più insignificanti nel panorama complessivo, dovrà presto ricredersi perché la razza avicola, molto più folta e variegata

di quanto si possa immaginare, annovera specie di assoluto interesse e di grande pregio. Specie ai più sconosciute, che sono invece degne di ammirazione da molti punti di vista. Solo le italiane sono innumerevoli e molto diverse tra loro. Una delle più comuni è la Livornese, una gallina ovaiola che a sua volta si

divide in ulteriori sotto categorie, diversamente distinte a seconda del colore del piumaggio. La Livorno nera, la Livorno fulva, la Livorno bianca, la Livorno sia collo oro che collo argento, sono certamente tra le più diffuse nel Belpaese, soprattutto per il numero di uova prodotte in un anno, sempre attorno alle 300.

Razza avicola Moroseta. Molto apprezzata per la sua bellezza, la Moroseta vanta un’inclinazione docile e per questo viene utilizzata come animale da compagnia, sebbene in alcuni Paesi sia molto gradita soprattutto a tavola.

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È altrettanto nota la Cocincina, anche questa con una particolare inclinazione alla produzione di uova e, anche questa, di taglia importante. Una taglia che le consente di raggiungere un peso di cinque chili circa. Questa razza, molto docile e tranquilla, ben si presta all’allevamento e raggiunge una produzione di 250 uova all’anno di media. Sempre dalla Toscana giunge la Valdarno, gallina che prende il nome dal fiume, appunto. Questa specie di dimensioni più ridotte ha una cresta poco sviluppata e in entrambi i sessi prevale il colore nero, con degli splendidi viraggi del piumaggio nel verde. Anch’essa vanta una significativa produzione annua di uova, ma non se ne disdegna la carne. Un’altra nota è la Siciliana, una razza rustica e poco delicata che non richiede particolari cure nell’allevamento. Molto adattabile ai bruschi cambiamenti climatici, la Siciliana non si ammala facilmente e le sue uova si riconoscono immediatamente per il colore molto chiaro. Quelle citate sono però solo alcune delle più note. A queste razze conosciute e diffuse si possono aggiungere le altrettanto famose Polverara, Padovana, Bionda piemontese. E ancora la Mericanel della Brianza, l’Ancona, l’Anatra germanata veneta, le oche Romagnola e Pezzata veneta, solo per citarne alcune. Tra le specie meno conosciute e forse più particolari si annoverano anche razze più rare e di assoluta bellezza come la Moroseta (in Inghilterra Silkie, in Francia Poule soie, in Olanda Zijdehoen), una tipologia di polli ornamentali di origine asiatica, arrivata in Europa attraverso la via della seta. Molto apprezzata per la sua bellezza, la Moroseta vanta un’inclinazione docile e per questo viene utilizzata come animale da compagnia, sebbene in alcuni Paesi sia molto gradita soprattutto a tavola. Non tutti i polli sono però concilianti ed affabili. I galli, invece, si sa, hanno un carattere forte e quelli da combattimento, all’occorrenza, non esitano a mostrarlo. Che siano da carne, ovaiole o da compagnia, l’interesse nei loro confronti cresce

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Gallo di Cocincina gigante. di nuovo. Un tempo, nei comuni delle zone rurali non c’era casa dove una parte del cortile non fosse adibito al pollaio. Pollaio che garantiva uova e carne tutto l’anno e che si manteneva soprattutto grazie ai rifiuti della tavola, quelli che nella raccolta differenziata finirebbero nell’umido e che un tempo tornavano a nuova vita, in un ciclo naturale a bassissimo costo. Quelle aie sarebbero oggi impensabili anche nei paesini delle zone interne, perché i regolamenti comunali ne vietano l’esistenza. Allevamenti a parte, sempre più persone che hanno la fortuna di godere di un piccolo spazio in campagna stanno oggi riscoprendo la razza avicola come un ottimo passatempo che garantisce — a seconda del caso — uova, carne, compagnia, pet therapy o anche solo il piacere di dedicarsi ad un hobby all’aria aperta.

Gli amanti delle galline non solo dedicano tempo e soldi alla causa, ma sono organizzati in associazioni che periodicamente svolgono attività di promozione, tutela e valorizzazione. Non essendo allevamenti industriali, normalmente chi ne detiene alcuni capi per “suo uso e consumo”, non supera i cento esemplari ma non ne ha meno di una trentina. Se ne prende cura e se li scambia all’occorrenza con altri appassionati. Qualcuno su richiesta ne vende degli esemplari, il cui prezzo varia molto, a seconda della razza. «Si passa dai 40 euro per una Livornese o una Romagnola agli 80 euro circa per una ornamentale. Tutte selezionate ed anellate» ci dice SANDRO SERRA, allevatore di Sinnai, in provincia di Cagliari e presidente della ASAO–Associazione Sarda Avicunicoli Ornamentali, che in Sardegna

Per molti una passione vera e propria, al pari di un passatempo sportivo o di un hobby, è tornata in auge nel nostro Paese la prassi di allevare alcune decine di capi avicoli che oggi si rivelano utili, non solo per auto consumo, ma per i fini più disparati. Gli amanti delle galline non solo dedicano tempo e soldi alla causa, ma sono organizzati in associazioni che periodicamente svolgono attività di promozione, tutela e valorizzazione

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Alcune delle razze avicole esposte durante la Mostra avicola sociale che si è svolta di recente a Zeddiani, piccolo comune in provincia di Oristano. 1) Gallina padovana. 2) Bionda piemontese. 3) Australot. 4) Ornamentale Moroseta. tutela e promuove le razze avicole nazionali e si impegna per il riconoscimento di quelle antiche. La ASAO — nata ufficialmente il 30 marzo dello scorso anno, ma presente come Comitato Allevatori già dal 2014 — quest’anno è entrata a far parte della Federazione Italiana delle Associazioni Avicole come unica associazione isolana. Suo scopo precipuo — all’attivo in Sardegna una trentina di soci ed alcuni esperti del settore, tra i quali un nutrizionista zootecnico specializzato e un veterinario, è quello di salvaguardare il patrimonio avicunicolo nazionale e non solo: selezionare, divulgare e preservare tali razze, con manifestazioni, mostre, meeting ed altre iniziative pubbliche. La FIAV, a sua volta, si propone la salvaguardia, il miglioramento e lo sviluppo del patrimonio avicolo nazionale, avendo riguardo di dif-

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fondere l’amore e la conoscenza di questi animali e delle loro caratteristiche, per tramite dei singoli allevatori. È stata la FIAV nel 1996 a pubblicare il libro “Standard delle Razze Avicole”, che, nel 2014, è stato completamente aggiornato e che oggi raccoglie la descrizione di tutte le razze riconosciute di volatili domestici. Un aiuto indispensabile sia per gli appassionati che intendono dare un indirizzo preciso al proprio allevamento, sia per i giudici che devono valutare pregi e difetti dei soggetti in mostra in ogni concorso. Recentemente la Sardegna ha ospitato la prima edizione della Mostra avicola sociale a Zeddiani, un piccolissimo comune in provincia di Oristano. Nell’ambito dell’iniziativa, promossa dalla ASAO e curata dall’architetto DANIELA MELI, si è

tenuto anche il concorso dove a giudizio sono finiti una sessantina di polli distinti in razza nana, media e gigante. Un vero e proprio concorso di bellezza di avicunicoli ornamentali, che ha richiamato allevatori da tutta l’Italia e che ha destato enorme interesse tra i numerosi visitatori. In mostra anche uova di ogni peso e grandezza, da cui si poteva rilevare con assoluta evidenza, quali enormi differenze vi siano tra le varie razze. Questo ed altri eventi stanno contribuendo a riportare nel nostro Paese l’interesse per un animale per molti aspetti sottovalutato, in parte dimenticato e a rischio di scomparsa dalla vita delle famiglie, nonostante il suo passato importante nella quotidianità delle nostre campagne. Sebastiano Corona

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MACELLERIE D’ITALIA

Nella patria dei più grandi allevatori di bovini della storia italiana

La Bottega di Bizzotto, macelleria XXL di Gian Omar Bison

C’

è un filo conduttore che unisce dal 1938 ad oggi il bisnonno SANTE BIZZOTTO al nipote GIAMPAOLO. Si chiama passione, attenzione al cliente, ma anche inclinazione, attitudine al commercio alimentare in una terra vocata da sempre alla negoziazione di bestiame e carni. Una storia di famiglia scritta tra Tombolo e Cittadella, in provincia di Padova, in pieno “triangolo della bistecca”, patria dei più grandi allevatori di bovini della storia italiana e non solo. Una storia partita nel dopoguerra sui pedali di biciclette e barrocci spinti dai fratelli Sante e Giuseppe

tra le piazze dei paesi dell’alto Padovano. E che è proseguita sui carri trainati dai cavalli bretoni carichi di formaggi, pasta, riso, olio, sale, zucchero rigorosamente sfusi in sacchi di iuta, in giare di terracotta, in taniche di ferro. Dal dettaglio all’ingrosso dei magazzini di nonno Mirco, e poi di papà Silvio, e nuovamente al dettaglio della bottega di Giampaolo a Cittadella. «Dal 2008 ci siamo concentrati sul consumatore finale — sottolinea Giampaolo Bizzotto — per conoscere le sue necessità e assecondarlo nelle esigenze gastronomiche quotidiane, nelle proposte sia crude che cotte.

Per questo abbiamo avviato nel 2008 la “Bottega”, con la creazione di corner specifici per pane, frutta e verdura e per un’altra mia grande passione, i vini e le birre artigianali selezionate». Nel 2016 il salto definitivo verso cucina e mescita. «Mi è sempre piaciuto cucinare e diciamo che l’inizio di un’attività di somministrazione di cibi e bevande come bar e trattoria, se così vogliamo chiamarla, è sempre stato un mio pallino, sull’avvio del quale io e lo staff impiegato in azienda abbiamo sempre lavorato; lo abbiamo poi approfondito con studi e ricerche per la creazione

Giampaolo Bizzotto e Nicolò Didoné all’interno della Bottega di Bizzotto a Cittadella (PD).

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La carne di bovino è la protagonista del reparto macelleria della Bottega di Bizzotto. di nuovi piatti, di nuovi preparati a base di carne e non solo: stiamo testando per arrivare a proporre una linea nuova che produrremo e confezioneremo, come altre, a marchio nostro. Certo, il salto è stato impegnativo perché si tratta di un mercato completamente nuovo per noi. Però è simpatico pensare che un cliente che viene a mangiare, a bere un bicchiere di vino, uno spritz, un caffè e una colazione da noi possa anche rifornirsi di carne e altro, con sempre la massima qualità come stella polare». Tra i collaboratori, N ICOLÒ DIDONÈ si occupa dell’approvvigionamento di carni e insaccati. «In macelleria e nella preparazione del “pronto-cuoci” stiamo lavorando molto per proporre una gamma varia e appetibile di prodotti. In buona parte a base di bovino, che copre metà della nostra offerta di carne. Andiamo a prendere le mezzene al macello Co.ma.ca di San Martino di Lupari (PD) e acquistiamo bovini forniti dall’azienda Rosa Carni di Camposampiero (PD), in particolare di razza Limousine e Garronese. A queste aggiungiamo

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parti di Angus, in particolare per il roast beef, che acquistiamo direttamente da fornitori irlandesi. Ma con l’Angus abbiamo anche il cuberoll, che è il cuore della costata di Sorana di Angus, dove si usa solo la parte “alta” della costata marezzata bene di grasso in tutta la superficie». E poi maiale pesante, in particolare a marchio Grufolino, avicolo Ducale, ovini sardi e cunicolo veneto. «Per quanto riguarda la salumeria — continua Didonè — tra i preparati di nostra produzione ci sono i prosciutti cotti a bassa temperatura, la porchetta di coscia e di lombo, i würstel di spalla e pancetta di maiale». Da sottolineare — ci tengono — per quanto riguarda la proposta gastronomica, il megahamburger di un chilogrammo da accompagnare a pagnottone adeguate, ma anche arrosti diversamente farciti e affumicati. La “Bottega” è aperta sette giorni su sette: dalle 06:30 alle 20:00, dal lunedì al sabato, e la domenica fino all’una. «E per questo — sottolinea Giampaolo Bizzotto — la nostra è un’attività che ha bisogno di parec-

chio personale che abbia una preparazione settoriale adeguata, ma che sia fungibile in tutti i reparti alimentari e le necessità dell’esercizio. Adesso il nostro impegno sarà quello di farci conoscere e sedimentare la nostra proposta fatta di colazioni e ristorazione a pranzo». A cena, tutti i venerdì serate a tema con proposte gastronomiche di stagione e degustazione di vini e birre in abbinamento. «Se dovessi pensare a come sarà fra cinque o dieci anni — conclude Giampaolo — mi immagino di avere altri punti aperti come questo, e magari di aver assunto una dimensione più specifica e dettagliata nella ristorazione. Certo che l’integrazione tra punto vendita di materie prime di qualità in mostra al consumatore e loro cottura e somministrazione al bancone sarà comunque la nostra specializzazione». Gian Omar Bison La Bottega di Bizzotto Via Ca’ Nave 29 35013 Cittadella (PD) Telefono: 049 5975947 Web: www.bizzottosnc.it

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MEAT BLOGGER

Storie, passione e previsioni per il nuovo anno

2017: sotto il segno del macellaio di Andrea Laganga

A

mmettiamolo: la professione del macellaio ha subito negli ultimi tempi grossi cambiamenti ed è in continua evoluzione. Cambiamenti dettati dalle esigenze della vita quotidiana. Il professionista — di qualsiasi ambito lavorativo — ha l’obbligo di saper carpire gli input e le richieste di un determinato momento storico, sapendo modificare o, come si dice dalle nostre parti, “aggiustare il tiro” per poter soddisfare al meglio il cliente. Negli ultimi mesi del 2016 molti macellai mi hanno chiesto che cosa ci dovremmo aspettare per

il nuovo anno. Dicembre è stato il mese del raccolto, il periodo nel quale abbiamo concretizzato i “frutti” del lavoro di un anno intero, valutando se e quanto i nostri acquirenti ci hanno premiato, scegliendoci anche per le grandi occasioni delle ricorrenze natalizie e chiudendo così un percorso lavorativo di fiducia reciproca. Attraverso questo scambio abbiamo oggettivamente compreso se il nostro lavoro è stato efficace. Facciamo però un passo indietro, andando ad analizzare come il nostro lavoro si è articolato nel corso dell’anno appena concluso.

Se dovessi descriverlo lo sintetizzerei così: offeso, difeso e innovato. Tre aggettivi che dividono il 2016 in tre momenti ben distinti. Il primo momento, l’offesa L’inizio del 2016 è iniziato con grande difficoltà per gli amanti della “ciccia”, deturpato da dichiarazioni mendaci e non del tutto chiare, con le carni etichettate come “prodotti cancerogeni” ed equiparate al fumo delle sigarette. Per noi tutti maestri delle carni non è stato un momento facile da reggere, sia in termini economici che in termini culturali: ogni

L’associazione A.I.M.A. Associazione Italiana Macellerie Artigiane è una realtà nata di recente e formata da macellai professionisti, appassionati del proprio lavoro, che hanno deciso di divulgare la cultura della macelleria.

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Abbiamo visto nascere associazioni nuove o semplicemente gruppi di amici/colleghi che avevano la voglia di confrontarsi e crescere insieme, in una sorta di sana competizione tra colleghi nel mostrare quello che ognuno di noi sa fare meglio. Ci siamo scambiati consigli, trucchi e suggerimenti. Abbiamo capito che per rinascere dovevamo uscire dalle nostre botteghe, riscoprendo l’importanza della collaborazione

giorno ci siamo trovati ad affrontare clienti titubanti che, per ogni etto di carne acquistato, ci chiedevano rassicurazioni a non finire. Per non parlare del mondo vegan, che ha saputo cavalcare il momento, approfittando della situazione per lanciare diffamazioni. Ricordo ancora un messaggio del mio caro amico macellaio torinese ANTONIO CHETTA nel quale, con grande amarezza, ci raccontava delle umiliazioni subite e delle scritte offensive trovate presso il suo posto mercato rivendicate da gruppi animalisti. Il secondo momento, la difesa Fortunatamente la nostra categoria è forte; siamo riusciti a rialzare la testa, portando avanti l’amore per il nostro lavoro e traendone preziosi consigli… Perché io sono convinto che nulla viene per caso. Abbiamo saputo difendere quello che già sapevamo fare bene, ma con una certezza: lo dovevamo fare ancora meglio. Avevamo davanti un pubblico sempre più informato e curioso, qualità che, se sfruttate a dovere, potevano solamente volgere a nostro favore. E così è stato! Abbiamo capito che era il momento di “svegliarci”, di raccontare, “al di

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fuori dalle nostre botteghe”, quello che sapevamo fare e, soprattutto, spiegare chi è il macellaio. Abbiamo così iniziato a pubblicare sui social network foto e video che mostravano le nostre tecniche di lavorazione naturali, illustrando le nostre filosofie di salute e natura dei prodotti scelti. Siamo entrati nelle nostre stalle per raccontare che la nostra concezione di qualità partiva proprio da lì, dal rispetto per gli animali e per il loro benessere. Abbiamo stuzzicato l’appetito con lavorazioni degne di piatti stellati o di maestri pasticceri, rispettando la nostra voglia di “buono” e quella dei clienti. Ci siamo dati da fare, diventando dei bravi comunicatori… Tutto questo per difendere la nostra dignità e la passione per quello che facciamo. Il terzo momento, l’innovazione Questo è il momento più importante, perché ci ha portato ad essere quello che siamo e quello che continueremo ad essere anche nei prossimi anni. Segnati da queste vicende che ci hanno accompagnato fino alla metà del 2016, abbiamo capito di che pasta siamo fatti e che il macellaio è una figura su cui puntare e investire. L’importante è non sentirsi soli e spersi nelle proprie botteghe, bensì unire le nostre forze e gridare a gran voce “Noi ci siamo, e siamo più forti di prima”. Abbiamo visto nascere associazioni nuove o semplicemente gruppi di amici/colleghi che avevano la voglia di confrontarsi e crescere insieme, in una sorta di sana competizione tra colleghi nel mostrare quello che ognuno di noi sa fare meglio. Ci siamo scambiati consigli, trucchi e suggerimenti. Abbiamo capito che per rinascere dovevamo uscire dalle nostre botteghe, riscoprendo l’importanza della collaborazione. Certamente non siamo diventati tutti fratelli, ma abbiamo capito che la nostra professione, per continuare a vivere, ha bisogno di essere continuamente innovativa; è indispensabile confrontarsi, studiare, partecipare a corsi, tenersi aggiornati. Il macellaio si è evoluto o, meglio, non ha mai smesso di evolversi.

Cosa ci attende nel 2017 e quali saranno le tendenze dei macellai? Negli ultimi mesi abbiamo notato con piacere che molte macellerie sono state ristrutturate, decisione dettata sicuramente dalle nuove esigenze di mercato. Si vedono macellerie dotate di cucine professionali, abbattitori e spazi dedicati alla gastronomia, alla lavorazione di “pronti a cuocere” sempre più elaborati e innovativi. Si parla di cotture a bassa temperatura e di sali bilanciati, ma anche di preparazioni di carni classiche “rivisitate” per accontentare uno stile di vita veloce. Non manca il ritorno alla passione per le frollature della carne e la sua lavorazione a 360°, perché dobbiamo rimanere legati alle radici dell’arte del macellaio. Potremo specializzarci in “pronti a cuocere”, puntare sulla gastronomia cotta, o selezionare tagli provenienti da ogni parte del mondo… L’importante è dare un’identità a tutto ciò che facciamo, prendendo sì spunto dall’esterno, ma personalizzandolo secondo il nostro modo di essere. Questo è quello che le persone cercano, ed è solamente grazie a questo che i clienti ci sceglieranno… Perché, ricordiamoci bene, che sono i clienti a scegliere, non il contrario! Ora voglio salutare tutti con la frase di un mio caro amico di Ceccano, scritta nel giorno dell’inaugurazione della sua nuova macelleria: “Se non ti evolvi, ti estingui”! Buon inizio anno da #MaremmaCheCICCIA, e ricordiamoci che solo insieme potremo tornare ad essere ciò che eravamo. Andrea Laganga Macellaio e blogger www.maremmacheciccia.com

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EVENTI

I Butchers for Children per le popolazioni delle Marche

L’

associazione benefica di maestri delle carni Butchers for Children, che da tempo organizza incredibili happening carnivori destinati alla raccolta di fondi, è arrivata a quota 7.780 euro con le recenti feste a Milano e Bomporto, in provincia

di Modena. Il denaro raccolto sarà interamente devoluto al Comune di Montegallo (Ascoli Piceno), colpito e danneggiato dal sisma che ha ferito in maniera così profonda e triste il Centro Italia. Lo scorso 13 novembre, in particolare, sono giunti a Bomporto una ventina di

macellai che hanno offerto carni e salumi, piatti tipici delle proprie zone e una maxi torta per rinnovare la collaborazione e la grande empatia e solidarietà che lega questi uomini e queste donne, impegnati ogni giorno a promuovere carni di qualità. E a fare del bene.

1) Emilia, Lombardia, Veneto, Piemonte e Puglia sono le regioni rappresentate dai maestri delle carni che lo scorso novembre a Paola Nassaro del ristorante Antica Macelleria Turba di Rivolta d’Adda (CR), insieme a Giorgio Pellegrini della Macelleria Pellegri e Ilario Lui in rappresentanza della provincia di Lodi. 4) Andrei Locoman della Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO) con i m

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Bomporto (MO) hanno raccolto fondi destinati al comune di Montegallo, colpito dal recente sisma. 2) Donato Turba e la moglie ni di Milano e a Moreno Favaretto dell’omonima macelleria di Mirano (VE). 3) Gaetano Bertelli, Franco Soffiantini, Enrico Perotti marchigiani Doc Fabrizio Gasparrini e Stefano Di Vitali della Macelleria Da Samorina di Loreto (Ancona).

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1) Francesco Camassa, della Macelleria Camassa di Grottaglie (TA), tra Mauro Aimo e Diego Viglietti della Macelleria Mauro e Diego di Mondovì (CN), e Diego Fiorenzato della Macelleria Da Diego di Vigenza (PD). 2) Roberto Papotti della Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO) con Diego Fiorenzato e Raffaella Facchin. 3) “Naturalmente carnivoro”, motto dei Butchers. 4) Oscar Camillo della Macelleria Da Oscar di Albaredo (TV) con Luciano Stocco, Ada Schievano, Cristina Callegari e Massimo Guidolin, in rappresentanza dei macellai trevigiani. 5) Vittorio Gaudio, di Gaudio Carni 1930 (GE), Roberto Papotti, Antonio Chetta della Macelleria Da Premio e Antonio (TO) e Raffaele Frarelli della Macelleria Da Alfonso e Tina di Torino.

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La vera Panissa vercellese Ecco la ricetta della vera Panissa vercellese, per lo meno secondo la tradizione della famiglia di Claudio Limberti, macellaio e titolare della Bottega della Carne Rosso 27, in quel di Vercelli. «La Panissa nasce come piatto povero con tutti gli avanzi della cucina»mi spiega Claudio. Quali sono gli ingredienti? «Una base di soffritto, burro e lardo macinato, concentrato di pomodoro e il salame sbriciolato; si procede poi con la doratura del riso Carnaroli, si aggiunge il vino rosso (va bene una Barbera piemontese), il brodo di fagioli Saluggia e i fagioli Saluggia (in alternativa si possono usare anche i fagioli Villata o i borlotti). Si mescola tutto e si fa cuocere per 20 minuti aggiungendo man mano il brodo». Nell’ultima fase si può aggiungere anche la cotenna di maiale lessata mentre dalle parti di Novara si aggiunge anche la verza (per ottenere la paniscia). Infine, una spolverata di Parmigiano Reggiano o Grana Padano e questa zuppa meravigliosa è pronta per la degustazione!

Dal 6 all’11 febbraio 2017 Pig Full Immersion Del maiale non si butta via niente. Quante volte ce lo hanno ripetuto, quasi a memoria, senza immaginare nemmeno quali procedure e quali storie si nascondano dietro una frase così semplice, ormai entrata nell’uso comune per indicare una cosa talmente utile, che sarebbe un delitto sprecarne anche solo un briciolo. All’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR) lo sanno bene. E per 6 giorni, dal 6 all’11 febbraio 2017, il regno dei fratelli Luciano e Massimo Spigaroli diventa il teatro di “Pig Full Immersion”. Il programma Il corso comincia il 6 febbraio con una lezione sulla storia dei salumi e le razze suine, la visita all’azienda agricola, per poi affrontare le tematiche della microbiologia e l’igiene e terminare con la cena a base di torta fritta e spalla cotta. Il secondo giorno si “lavora in porcilaia”: si preparano le attrezzature e si procede con l’uccisione del maiale nel cortile, per poi iniziare nel pomeriggio la lavorazione a caldo con sezionamento e salatura. Non può mancare la preparazione della cena secondo l’antica tradizione che accompagnava i contadini nel rituale. Cena che sarà consumata dal gruppo con lo staff di cucina. Il terzo giorno inizia con un Pig breakfast, per poi macinare le carni per la produzione di salami, cotechini, mariole, zamponi, ciccioli e cicciolata. Dopo il pranzo gli “allievi” parteciperanno ad una lezione di abbinamento salumi-vino, per poi contribuire alla preparazione della Cena del maiale con costine, riso e verze, ossa bollite, salsicce alla brace e polenta. Il quarto giorno si visita il caseificio del Parmigiano Reggiano, passeggiando a piedi sull’argine del Po. In seguito viene servita una degustazione di salumi con lezione su stagionatura, preparazione al taglio, taglio e conservazione. Nel pomeriggio c’è il corso di cucina sulla pasta e cena a tema. Il penultimo giorno è il momento della legatura dei culatelli, coppe, preti, spalle, lombi, fiocchetti e pancette. Il pranzo è a base di verdure di stagione e poi tutti a riposo in attesa del Gran Gala del maiale con consegna del diploma Masalen dal Po, musica contadina e divertimento. L’esperienza si conclude l’ultimo giorno con colazione e fine dei servizi. Il costo del corso è di 2.200 euro a persona, compreso di pernottamento (5 notti), colazione, pranzi, cene, visite e attività. Relais Antica Corte Pallavicina, Strada del Palazzo Due Torri 3 — 43010 Polesine Parmense (PR) Telefono: 0524 936539 — E-mail: relais@acpallavicina.com — Web: www.fratellispigaroli.it

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SAPORI DAL MONDO

Alla scoperta del Caucaso

Georgia, dove la carne si condisce con noci e succo di melagrana di Nunzia Manicardi

I

n Georgia la cucina è semplice, dai sapori forti e decisi come è l’anima di questo popolo, e anche molto gustosa, tanto che alcune specialità si sono diffuse in Paesi circostanti, come il khachapuri in Armenia (il khachapuri è un pane sottile che “ospita” in una specie di conca nella parte superiore vari tipi di formaggio fresco o stagionato, uova o altri ingredienti). Nella nazione che a Gori ha dato i natali a IOSIF STALIN, ogni regione (come Khaketi, Imereti, Samegrelo, Guria, Acharia) ha le proprie specialità,

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che ho avuto la fortuna di poter assaggiare personalmente durante un recente viaggio. Ovunque si tratta di carne di agnello, pecora, tacchino, pollo e maiale, cucinata alla griglia, e di moltissime verdure di stagione presentate anche in modo elaborato, come le melanzane tagliate a fette sottili, fritte e servite con una crema di noci. Molto utilizzati spezie (specialmente il coriandolo), aglio e yogurt acido (matsoni), per lo più come salsa sui piatti di verdure. In tavola assai spesso è presente il formaggio, piuttosto saporito,

anche perché si accompagna per tradizione a pane insipido. Può essere fresco, cotto, stagionato, affumicato, speziato o intrecciato, accompagnato con pane, polenta (mamalyga, il cui nome ricorda la meliga con cui in Piemonte vengono preparati i biscotti di farina di mais…) o biscotto di mais (mciadi). Immancabile a fine pasto la frutta, ottima, proveniente dalle ubertose campagne circostanti. Il vino merita un plauso speciale, dato che è proprio qui in Georgia (e nella confinante Armenia) che esso

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sarebbe nato nella notte dei tempi, favorito dalla felice collocazione geografica e climatica. Circa 450 sono le varietà di vini georgiani, sia bianchi che rossi e tutti di qualità considerate tra le migliori al mondo, su un territorio analogo per estensione soltanto al triplo dell’Emilia-Romagna. Ancora oggi si conserva, anche se ovviamente non sempre e non ovunque date le moderne esigenze produttive, la tradizione di farlo vinificare in orci di terracotta posizionati sottoterra all’interno delle cantine

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(alcuni della capacità addirittura di 10 tonnellate). Ma in Georgia, per quanto riguarda i piaceri e i significati del mangiare e del bere insieme, i rituali tradizionali sono complessi e ancora oggi osservati con cura scrupolosa e fortissimo senso di adesione, per cui i pasti più importanti diventano una vera e proprio cerimonia. Tra questi sopravvive l’antichissima usanza del tamadà, colui che — seduto a capotavola — guida il banchetto (la supra) con brindisi e discorsi. Può essere sia uomo che donna.

In occasione di banchetti importanti viene scelta una persona colta, autorevole e rispettata da tutti, in modo che le sue parole acquistino ancora maggiore importanza, cosicché nessuno possa sottrarsi (e mai comunque lo farebbe perché sarebbe considerato un insulto!) ai suoi brindisi, da farsi rigorosamente con il vino e non con la birra altrimenti dai Georgiani sarebbe considerato un insulto. È tanta l’importanza della figura del tamadà che ad esso è dedicata una bella statua in bronzo nel centro della capitale Tbilisi.

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Kuchmachi di pollo. Si tratta di frattaglie tritate, condite e cotte a fuoco lento. Vengono servite con semi di melograno, che dona un piacevole sapore asprigno, e spezie. Chakapuli Il chakapuli è uno stufato considerato tra i più popolari piatti della Georgia. È composto da braciole di agnello o di vitello, cipolle, foglie di dragoncello, salsa di prugne amare selvatiche (tkemali), vino bianco secco, erbe aromatiche miste (prezzemolo, menta, aneto, coriandolo), aglio e sale. Il tkemali viene utilizzato molto spesso come condimento per carne fritta o alla griglia, pollame e patate; ha un posto nella cucina georgiana simile al ketchup in America. Si presenta in due versioni: quella verde, preparata in primavera con i frutti ancora acerbi, e quella rossa di fine estate con prugne mature.

Mtsvadi Se preparato correttamente, il mtsvadi è un piatto straordinario. Facciamo questa premessa perché la preparazione costituisce un intero rituale. Fa cucinato su di un fuoco all’aperto, il che lo rende molto differente rispetto a quello fatto in casa utilizzando una padella o un fornello elettrico. Ci si ricollega così alla storia più antica della Georgia, quando la popolazione era dedita esclusivamente alla caccia, nei fitti boschi che ancora oggi ricoprono un terzo del territorio, e si nutriva di carne arrostita direttamente sul fuoco. Si ricorda ancora che Erekle II, uno dei più grandi re della Georgia, era particolarmente affezionato

Diverse tipologie di carne si alternano a formaggi e verdure nei pasti più importanti che vedono ancora sedere a capotavola il tamadà, che guida il banchetto con brindisi e discorsi

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all’usanza di mangiare mtsvadi in montagna. Il mtsvadi può essere preparato con carne di maiale, montone o vitello. Se queste non sono disponibili si può fare ricorso, ma soltanto come ultima scelta, a quella di manzo. Per la marinatura si utilizza succo di melagrana appena spremuto che rende la carne particolarmente tenera, succosa e deliziosa. Occorrono anche cipolle, olio, sale e pepe e, a piacere, spezie essiccate (khmeli suneli) o semi di coriandolo. Si taglia la carne a pezzi di media grandezza e si affettano le cipolle ad anelli, poi si mette il tutto in una pentola, si mescola e si cosparge di spezie essiccate, pepe, semi di coriandolo pestati finemente e sale. Si versa poi il succo di melagrana, due cucchiai di olio e si mescola ancora. Prendete un grande piatto, capovolgete e coprite mettendoci sopra qualcosa di pesante per assicurarsi che prema sulla carne sottostante. L’ideale sarebbe tenerlo in frigorifero due

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giorni però, se si ha fretta, può bastare anche uno solo. A marinatura completata si infila la carne sullo spiedo e si arrostisce sulla brace avendo cura (come nel barbecue) di cuocere lentamente evitando le fiamme alte che potrebbero bruciarla (in tal caso utilizzare un bastone per controllare i carboni disperdendoli uniformemente e spegnere le fiamme). Satsivi È un tipico arrosto, preceduto dalla fase di bollitura della carne. Si utilizza carne di tacchino, noci tritate, aglio, cipolla, cannella e chiodi di garofano (secondo il gusto), coriandolo secco, fieno greco (pianta spontanea originaria probabilmente di queste zone), zafferano giallo, pepe bianco o rosso, sale e aceto bianco. Si fa bollire il tacchino in padella aggiungendo acqua sufficiente per coprirlo. Dopo circa 30 minuti si mette in forno per rosolarlo altri 10

Il chakapuli è un piatto tradizionale a base di carne di agnello. minuti circa. Nel brodo di tacchino facciamo il soffritto di cipolla tritata e lasciamo sul fuoco circa 15 minuti, dopo di che aggiungiamo le spezie e le noci, l’aglio tritato e il pepe.

Facciamo cuocere circa 20 minuti tutta la salsa, tritata bene in modo da amalgamarla, poi vi mettiamo il tacchino tagliato a pezzi. Si serve tiepido o freddo.

La melagrana come salsa, succo e vino Simbolo di abbondanza, fertilità e fortuna, raffigurato spesso nelle mani di dee o in quelle della madre di Cristo, il frutto del melograno è conosciuto fin dall'antichità. Le radici della pianta, ogni parte del frutto e i fiori erano usati nella farmacopea tradizionale da tempo immemorabile e in Italia ne abbiamo anche descrizioni scritte molto dettagliate in testi che risalgono al ‘500. La melagrana si raccoglie in ottobre. I suoi grani dal bellissimo color granato sono molto succosi, hanno un sapore asprigno e, centrifugando, si possono trasformare in una gradevole bevanda antiossidante. Ricca di vitamine (A, C e gruppo B) e di minerali (potassio e fosforo), la melagrana rinforza il sistema immunitario: i suoi principi attivi aiutano a prevenire e affrontare i malanni da freddo con un’azione simile a quella di un vaccino. La scienza moderna ha scoperto i pregi della melagrana piuttosto di recente, ma la saggezza popolare in Georgia (e altrove, Italia compresa) li conosceva dalla notte dei tempi. Per questo essa compare quasi sempre nella dieta nazionale georgiana come ingrediente di salse per condire carni e verdure oppure come succo da bere a tavola, a colazione o in qualsiasi altro momento della giornata. L’utilizzo della melagrana in cucina diventa così veramente un tratto georgiano distintivo. Esiste anche il vino che, in aggiunta all’uva, è composto da succo di melagrana fermentato (la legge locale consente questi vino anche a base di frutta, ma con proporzioni ben stabilite). Tra i pregi di questo meraviglioso frutto entrato quasi subito nel mito (e, in seguito, nella favolistica) troviamo innanzitutto la presenza massiccia di antiossidanti e fito-estrogeni che agiscono in funzione sia riequilibrante sul sistema ormonale (femminile e maschile) che immuno-stimolante. La melagrana svolge inoltre una funzione regolatrice sugli sbalzi d’umore tipici della menopausa e sul rafforzamento delle ossa. In caso di tumore della prostata il succo di melagrana, secondo uno studio dell’Università del Wisconsin, agirebbe addirittura da scudo contro le cellule cancerogene. La principale proprietà della melagrana riguarda però l’azione su cuore e arterie: grazie al consistente contenuto in flavonoidi è un alimento perfetto per preservare l’elasticità dei vasi sanguigni e prevenire le malattie cardiovascolari. Questo frutto però è entrato nella cucina georgiana soprattutto perché, se abbinato a carni e insalate (e anche al pesce, specialmente in carpaccio), ne aumenta la digeribilità. Essendo alcalinizzante il suo abbinamento, in particolare, con le proteine animali, contrasta la formazione di scorie acide che aumenterebbero la possibilità di degenerazione dei tessuti. Inoltre, da non sottovalutare, è la vivace e piacevolissima nota di colore che i suoi semi vermigli conferiscono ad ogni piatto mentre gli regalano anche quale antiossidante in più.

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I cibi e le bevande georgiani più famosi • • • • • • • • • • • • • • •

Abkhazura, salsiccia piccante; Acharuli khachapuri, focaccia al formaggio; Ajapsandali, verdure miste speziate; Ajika, salsa al peperoncino e pomodori; Badrijani, melanzane con noci e aglio; Baje, salsa di noci; Chakapuli, agnello con dragoncello e ciliegie amare Chakhokhbili, pollo o tacchino in salsa di pomodoro; Churchkhela, noci in mosto d’uva; Felamushi, mosto dolce d’uva; Gozinaki, dolce di noci tradizionale per il Capodanno; Imeruli khachapuri, focaccia con formaggio della regione Imereti; Kachi, zuppa di trippa e zampa di mucca condita con aglio; Khinkali, ravioli grossi con carne; Kubdari, focaccia di carne di maiale della regione montagnosa Svaneti;

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Kuchmachi, frattaglie fritte, condite e cotte a fuoco, di pollo, vitello o agnello; Kupati, salsiccia di fegato di vitello o maiale; Lobiani, focaccia con i fagioli; Lobio, zuppa di fagioli con spezie; Matsoni, bevanda a base di yogurt acido, spesso consumata per la colazione; Mchadi, pane (biscotto) di mais; Megruli khachapuri, focaccia di formaggio della regione Samegrelo; Mtsvadi, arrosto (kebab) di carne di maiale, montone o vitello con succo di melagrana; Mzhave, verdure in salamoia; Plavi, riso con carne, funghi o frutta; Satsivi, tacchino o pollo freddo in salsa di noci, piatto-base per i banchetti della feste; Sulguni, formaggio; Tkemali, salsa di prugne amare selvatiche, preparata con le spezie georgiane.

Il lobiani ripieno di fagioli. In Georgia la cucina è gustosa, tanto che alcune specialità si sono diffuse in Paesi circostanti. Si mangia tanta carne, alla griglia, e verdure anche in forme elaborate, come le melanzane tagliate a fette sottili e fritte servite con una crema di noci. Si fa gran uso di spezie e di aglio, lo yogurt si lascia acido.

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Khinkali I khinkali sono ravioloni (molto scenografici!) ripieni di solito di carne, ma possono esserlo anche di formaggio o di funghi. Gli ingredienti sono farina di grano tenero, uova, acqua, carne di manzo e di maiale, cipolla, sale e pepe nero a piacere. Si prepara una pasta abbastanza dura che poi si taglia dando ai singoli pezzi la forma rotonda. Si mischiano le carni con la cipolla tritata bene, aggiungendo il sale e un cucchiaino di pepe nero. In ogni disco di pasta si mette questo impasto e si chiude formando un fazzoletto con la cocca molto alta e grossa (che poi non si mangia perché nella cottura resta troppo dura; serve soltanto per prendere in mano il raviolo e portarlo alla bocca. Esso infatti non va assolutamente tagliato con le posate!). Si tenga conto che un khinkali classico ha circa 33 pieghe. Si fa bollire in acqua salata per circa 15-20 minuti e si serve caldo. La salsa di noci, ingrediente e simbolo nazionale In Georgia le noci in tavola, trasformate in salsa per la preparazione di piatti di carni e verdure, sono talmente diffuse e tipiche da essere non solo una vera e propria caratteristica culinaria ma perfino un simbolo di identità nazionale. Non c’è altro Paese al mondo in cui si impieghino tanto le noci, che entrano nei piatti sia freddi che caldi e che, in particolare, si usano per cucinare tutti i tipi di verdura e insalata, dal cavolo all’ortica, dagli spinaci alle melanzane. E in effetti il piatto principe della tavola georgiana potrebbe essere considerato il badrijiani, un abbinamento di melanzane con noci perfettamente riuscito come gusto e aroma. Tra i piatti caldi che si preparano con la salsa di noci il più famoso è il già citato satsivi che si mangia per tradizione in occasione del Capodanno georgiano (il quale cade due settimane dopo il Capodanno cattolico, secondo le regole del calendario ortodosso per le feste religiose). Nunzia Manicardi

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EURO ANNUARIO CARNE 2017


CONVEGNI

La lotta all’antibioticoresistenza parte da biosicurezza e benessere animale Alla Giornata della Suinicoltura di Modena la grande affluenza di allevatori e operatori del settore ha dimostrato che il problema è sentito e lo si vuole affrontare. Le soluzioni ci sono e sono praticabili. L’importante è non perdere altro tempo di Anna Mossini

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nvestire in biosicurezza in allevamento: anche questa è una strada per contrastare il fenomeno dell’antibioticoresistenza. Il 30 novembre scorso, a Modena, si è tenuta la Giornata della Suinicoltura, evento organizzato da Expo Consulting Srl di Bologna, il cui titolo era “Biosicurezza, antibioticoresistenza, progetti di sanità pubblica. Allevatori e mondo scientifico uniti a difesa del consumatore”. Tema trasversale e di grande attualità, ha saputo richiamare il pubblico delle grandi occasioni registrando il tutto esaurito, forte anche di un parterre di relatori di primo piano quali: LORIS ALBORALI, responsabile della sezione Diagnostica presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna; L OREDANA CANDELA della Direzione generale presso il Ministero della Salute; LIS ALBAN dell’Università di Copenaghen; MINO TOLASI, veterinario e vicepresidente della Sivar–Società italiana veterinari animali da Reggio; ALESSANDRO PALA, componente del Comitato scientifico dell’associazione One-Health; PAOLO ROSSI, ricercatore del Centro ricerche e Produzioni Animali di Reggio Emilia; GIANFRANCO CAFFI, allevatore e vicepresidente del macello cooperativo Prosus di Vescovato, in provincia di Cremona.

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Uso congruo del farmaco Se, come ha sottolineato Caffi nel suo intervento, sia in allevamento che in macello i controlli da parte del personale competente delle varie ASL sono puntuali e scrupolosi e non ammettono molti margini di errore circa la somministrazione dei farmaci, pena una serie di provvedimenti che rischierebbero di mettere in grande difficoltà la sopravvivenza stessa dell’azienda, diverso, secondo l’analisi di Loris Alborali, è l’approccio che gli allevatori ma anche i veterinari aziendali devono assu-

mere quando si decide di ricorrere all’antibiotico. «È finito il tempo in cui l’unica soluzione possibile, in presenza di un problema sanitario in porcilaia, era quella di utilizzare un antimicrobico» ha spiegato. «In Europa il fenomeno dell’antibioticoresistenza è in preoccupante aumento. Nel 2015 ha provocato 390.000 infezioni, 25.000 decessi, 2,5 milioni di giorni di degenza in più per un costo di 1,5 miliardi di euro. Se la sua diffusione non può essere ascrivibile solamente ad un uso un po’ troppo disinvolto di farmaci

Il tavolo dei relatori.

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Se vogliamo che la gente si formi un’idea razionale sugli allevamenti intensivi, impari a scegliere nel miglior modo possibile i cibi che mangia senza farsi condizionare dall’emotività o peggio da informazioni un po’ distorte, l’unica strada è quella di fornire una corretta informazione

all’interno degli allevamenti, bensì ad un analogo consumo tra la popolazione umana, è altrettanto vero che occorre intervenire, nel settore animale, con progetti specifici che si pongano come obiettivo prioritario quello del consumo responsabile e congruo del farmaco. Un obiettivo che può essere raggiunto adottando piani scrupolosi di biosicurezza e benessere animale». Secondo Loris Alborali, ma ormai anche secondo la stragrande maggioranza della comunità scientifica, l’antibioticoresistenza deve essere considerato un problema da collocare nel sistema One-Health, e come tale affrontato. Di più. «Nel pensare a come contrastare questo fenomeno — ha affermato — dobbiamo considerarlo al pari di un Piano di eradicazione». Soluzioni personalizzate e specifiche Da dove iniziare allora? «Da un’analisi di ciò che quel determinato allevamento richiede, individuando anche pochi ma precisi interventi — ha continuato Alborali — elaborando soluzioni molto personalizzate e per questo più incisive proprio perché ogni porcilaia è un mondo a sé. Lo dimostrano i risultati scaturiti da una recente indagine su un campione di allevamenti da cui è emerso che esistono realtà in cui si raggiungono gli 80 giorni/ anno/trattamenti con antibiotici, mentre altri in cui non si superano i 2 giorni/anno/trattamento. Non solo. Nel 2015 i trattamenti nel

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settore dello svezzamento sono stati particolarmente numerosi e in special modo si è trattato di trattamenti di massa; infatti, su 100 dosi di farmaco somministrato, ben 95 riguardavano le miscele. Come si vede il quadro è molto disomogeneo e sarebbe impossibile standardizzare un piano di intervento che vada bene a tutti gli allevamenti. Resta il fatto però che non si può più rimandare un cambio di mentalità che negli altri Paesi europei dove la suinicoltura rappresenta una voce importante del locale sistema agrozootecnico è stato fatto ottenendo ottimi risultati. Questo deve convincere i nostri allevatori che il cambiamento è indispensabile, ma soprattutto è fattibile». E a questo proposito la Danimarca rappresenta un ottimo esempio. In un Paese dove si macellano poco più di 19 milioni di suini l’anno, con una popolazione che non supera i 6 milioni di abitanti, il tema della sostenibilità degli allevamenti e di tutto quello che ci gira intorno non poteva essere disatteso. Così, di biosicurezza ci si occupa da una trentina d’anni e di lotta all’antibioticoresistenza dai primi anni Duemila «quando siamo partiti con un monitoraggio di tutti gli allevamenti per arrivare a calcolare il consumo effettivo di antibiotici in ognuno di essi — ha spiegato Lis Alban — a due anni dall’avvio di questo progetto i dati raccolti confermavano un uso molto elevato rispetto al quale era necessario intervenire subito. Così abbiamo stabilito un limite al consumo medio previsto, superato il quale però, all’allevatore viene inviata la Yellow Card, un documento che preoccupa molto gli allevatori perché prevede l’ispezione da parte di un veterinario inviato dagli organi competenti e l’obbligo di acquistare una confezione di antibiotici che contiene un minor numero di farmaci rispetto alle confezioni standard, con lo svantaggio però di costare di più. Nel giro di poco tempo abbiamo registrato una drastica riduzione nel consumo di antibiotici che negli anni ha portato a una sempre maggiore responsabilizzazione dell’allevatore.

I controlli e il monitoraggio sono ormai una costante e uniti a un sistema decisamente disincentivante hanno condotto a una situazione molto soddisfacente. Questo non vuol dire che l’obiettivo è stato raggiunto. Esattamente come avviene per la biosicurezza, noi lavoriamo nell’ottica del miglioramento continuo, un concetto che gli allevatori hanno fatto loro e che fa ormai parte del loro background professionale». Problema europeo Intanto, con la fine del 2016, è scaduto il Piano d’azione europeo quinquennale sull’antibioticoresistenza. In una nota diffusa a margine della nona Giornata europea degli antibiotici, svoltasi il 18 novembre scorso, si legge che la Commissione lavorerà ad un nuovo Piano d’azione concentrandosi su tre aree quali: 1. il rafforzamento dell’approccio One-Health; 2. lo stimolo all’innovazione e alla ricerca per lo sviluppo di nuovi antibiotici, di test per una tempestiva diagnosi e di vaccini e alternative agli antibiotici; 3. la garanzia che la UE contribuisca attivamente a più ampi azioni collettive volte ad affrontare la resistenza a livello globale, insieme a partner internazionali, sia su un piano multilaterale che bilaterale. Sulla pubblicazione del nuovo Piano d’azione europeo nessuno azzarda date, anche se è auspicabile venga emanato nei prossimi mesi. «Le ultime stime in nostro possesso — ha affermato Loredana Candela — dicono che entro il 2050 nei Paesi dell’OCSE, a causa delle infezioni resistenti, si registrerà una perdita economica variabile tra i 20 e i 35 miliardi di dollari. Nel maggio del 2015, alla 68a Assemblea mondiale della Sanità, l’OMS ha approvato il Piano d’azione globale per affrontare il fenomeno dell’antibioticoresistenza e ha messo a punto quelli che sono stati definiti i cinque obiettivi strategici: 1. una maggiore consapevolezza e comprensione del problema; 2. l’aumento delle conoscenze attraverso la sorveglianza e la ricerca;

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La stampa generalista, ovvero la grande assente Indifferenti. Forse è questa la definizione più appropriata quando parliamo dei colleghi della stampa generalista, cartacea e radiotelevisiva, rispetto ai temi legati alla zootecnia nazionale. Anche quando, al centro del dibattito come in questa occasione, era previsto un tema molto attuale e peraltro trasversale come quello dell’antibioticoresistenza. A nulla è valsa una campagna di comunicazione articolata e puntuale, a nulla sono valsi gli inviti a partecipare, inviati per posta elettronica ma anche verbali formulati attraverso una e più telefonate. Quando la risposta non è stata un no deciso, ci si è trincerati dietro un più diplomatico “abbiamo una scaletta piena, vedremo ma non promettiamo nulla”. E nulla è comparso nemmeno nel post convegno: un trafiletto, un accenno, un rimando. Grazie allora all’unica voce che ha dato voce, perdonate il gioco di parole, alla Giornata della Suinicoltura: l’emittente televisiva TRC di Modena che con un bel servizio di alcuni minuti mandato in onda durante il telegiornale ha saputo dare il giusto risalto a un evento che ha riempito una sala con circa 200 persone, approfondire il tema dell’antibioticoresistenza sia nella medicina veterinaria che in quella umana, fornire ampi spunti di riflessione grazie agli interventi dei più rappresentativi e qualificati esperti del settore. Chi si occupa di zootecnia da tanti anni, e di tutto quello che rappresenta per l’economia del nostro Paese, sa quanto sia difficile smuovere l’interesse di quei colleghi che però, lo abbiamo già visto e lo vedremo ancora, saranno velocissimi a fiondarsi sul prossimo scandalo alimentare, magari “gonfiandolo” un po’ per avere maggiore visibilità e dimostrare che “si è sul pezzo”. Sappiamo bene che una “cattiva notizia”, in termini di audience e vendita di copie, è purtroppo una “buona notizia” e siamo già pronti a quello che molto presumibilmente si scatenerà nelle prossime settimane quando su RAI 2 partirà il nuovo programma condotto da Giulia Innocenzi “Animali come noi”, dedicato agli allevamenti intensivi. È vero che non tutti gli allevamenti intensivi sono un eden, ma è altrettanto vero che non tutti sono un inferno. Questo andrebbe ricordato ed eventi come la Giornata della Suinicoltura e soprattutto il tema che ha affrontato dimostrano che la salute animale, pubblica, la sostenibilità dell’ambiente e la tutela del consumatore sono al centro di un percorso fatto di ricerca, innovazione, sperimentazione responsabile i cui risultati, è bene ricordarlo, sono consultabili e disponibili per avviare un confronto serio tra le parti. Il settore zootecnico italiano e tutte le produzioni che ne derivano merita molto di più delle crociate che spesso vengono promosse per demonizzarlo. Ciò che serve è una corretta informazione, quella che la stampa generalista, raggiungendo una platea più vasta di lettori/ascoltatori che nella stragrande maggioranza dei casi non sono degli addetti ai lavori, potrebbe fare se solo dimostrasse un briciolo di sensibilità in più nei confronti dell’argomento. Ecco spiegato il rammarico che mi ha spinto a buttare nero su bianco queste considerazioni. Se vogliamo che la gente si formi un’idea razionale sugli allevamenti intensivi, impari a scegliere nel miglior modo possibile i cibi che mangia senza farsi condizionare dall’emotività o peggio da informazioni un po’ distorte, l’unica strada è quella di fornire una corretta informazione. Questo aspetto la stampa generalista non dovrebbe dimenticarlo. O, peggio, non dovrebbe derubricarlo a una “faccenda da contadini”. A. Mo.

3. la riduzione dell’incidenza delle infezioni; 4. il miglioramento del consumo dei farmaci antimicrobici; 5. l’investimento economico in ricerca e sviluppo di nuovi medicinali, di strumenti diagnostici e di vaccini. Una serie di indicazioni davanti alle quali ciascun Paese si è impegnato a realizzare entro la metà di quest’anno dei Piani nazionali basati su un approccio multi-settoriale. L’uso congruo del farmaco rappresenta un perno fondamentale di tutta questa operazione — ha continuato Candela — insieme all’adozione della ricetta elettronica che al momento è in fase sperimentale, su base volontaria,

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in Lombardia, in Abruzzo e nel Piemonte dove i risultati ottenuti sono particolarmente soddisfacenti. Siamo in attesa della norma che la renda obbligatoria. In questo modo, con la completa digitalizzazione dei farmaci veterinari, si potrà ottenere una maggiore efficienza del sistema di farmacosorveglianza a vantaggio di un miglioramento della salute pubblica». Attesa per la ricetta elettronica Mino Tolasi, veterinario lombardo, rientra tra i professionisti che stanno sperimentando la ricetta elettronica e sottolineando come sia la medicina umana che quella veterinaria siano obbligate a farsi carico del problema legato all’an-

tibioticoresistenza, auspica che con l’inizio del 2017 si possa partire con la digitalizzazione attraverso un meccanismo fruibile a tutti. Intanto, secondo i dati forniti di recente dal Ministero della Salute tedesco, dal 2011 al 2015 in Germania il consumo di antibiotici è passato da 1.706 a 837 tonnellate con un calo molto drastico tra il 2014 e il 2015 pari a –32% e addirittura l’Olanda, in pochi anni, pare abbia ridotto il consumo di antibiotici addirittura del 70%. Come ha detto Alborali: è indispensabile intervenire. Ma, soprattutto, si tratta di un’operazione fattibile da attuare senza perdere altro tempo. Anna Mossini

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Diffusione e varietà delle certificazioni volontarie nel settore dei mangimi di Giulia Mauri

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l 7 ottobre si è tenuto a Bologna un incontro organizzato da Regione Emilia-Romagna, Ministero della Salute e Assalzoo-Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici per cominciare a discutere dell’ipotesi di integrare i controlli ufficiali con gli schemi di certificazione volontari nel settore dei mangimi. Durante la giornata — il cui titolo è “Progetto sulle interazioni tra gli schemi di certificazione del settore privato e i controlli ufficiali nel settore dei mangimi e delle materie prime per mangimi” — hanno preso la parola anche il britannico MARC DAVIS della Food Standards Agency e il responsabile del settore F della DG SANTE GIOVANNI SACCAROLA. Presentando

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la soluzione adottata dal suo Paese, Davis ha stimolato un vivace dibattito, mentre il funzionario Saccarola ha presentato il progetto europeo che studia la fattibilità dell’interazione fra gli schemi di certificazione privati e i controlli ufficiali proprio nella filiera dei mangimi. SARA GALLETTI è stata in grado di presentare la situazione di una buona parte dei mangimifici italiani perché ha riferito sulla diffusione delle certificazioni volontarie fra gli iscritti ad Assalzoo. La Galletti lavora per la Cargill ed è membro del Comitato Tecnico Legislativo di ASSALZOO, espressione delle aziende presenti nella giunta di Assalzoo e composto da tecnici. «La certificazione volon-

taria consiste nell’adesione a una norma, che è una specifica tecnica definita da un organismo di normazione riconosciuto» ha esordito la Galletti. Ad esempio, la norma UNI 10854 presenta le specifiche tecniche dell’HACCP. Le norme volontarie sono varie e numerose: fra di esse si annoverano anche gli standard di settore, i disciplinari, le specifiche tecniche aziendali e i requisiti contrattuali. Infatti, le norme delle certificazioni volontarie sono, in sostanza, espressioni di volontà di più soggetti privati. La certificazione sopraggiunge quando si sottostà e si supera una verifica del rispetto della norma eseguita da un ente terzo accredi-

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La categoria di certificazioni più diffusa nel settore dei mangimi e delle materie prime per mangimi è senza dubbio quella relativa ai sistemi di gestione: qualità (ISO 9001) innanzitutto, ma anche ambiente (ISO 14001), sicurezza dei lavoratori (ISO 18001), energie e responsabilità sociale

Lea Pallaroni e Sara Galletti. tato. Dunque il momento di verifica è indispensabile per ottenere la certificazione, mentre la sola adesione alla norma non è sufficiente. L’ente terzo che esegue la verifica deve a sua volta essere previamente accreditato da Accredia, ente che si occupa prettamente di verificare i verificatori. La categoria di certificazioni più diffusa nel settore dei mangimi e delle materie prime per mangimi è senza dubbio quella relativa ai sistemi di gestione: qualità (ISO 9001) innanzitutto, ma anche ambiente (ISO 14001), sicurezza dei lavoratori (ISO 18001), energie e responsabilità sociale. Si tratta di certificazioni internazionalmente riconosciute e non specifiche per settore produttivo, ma applicabili a qualsiasi realtà. La fortuna della ISO 9001 è sempre grandissima, fra le varie aziende. Innanzitutto perché è stata una delle prime certificazioni a vedere la luce, nell’ormai lontano 1987; ma è sempre attuale in quanto revisionata periodicamente (l’ultimo aggiornamento risale al 2015). La certificazione di qualità permette di acquisire una metodologia di lavoro molto utile e flessibile, che attraverso i capisaldi del pianificare, fare, controllare e intervenire (plan, do, check, act) consente di garantirsi la soddisfazione del cliente. La ISO 9001 pone l’attenzione sui controlli di processo e non sul prodotto

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finito: proprio per questo lavora in maniera simile al metodo HACCP e ne condivide l’efficacia e la tempestività nell’intervenire e migliorare i processi produttivi. Esistono poi certificazioni specifiche per il settore agroalimentare: alcune sono certificazioni di sistema, altre di prodotto. Naturalmente, queste certificazioni si aggiungono alle norme nazionali ed europee. Le più diffuse sono le certificazioni di prodotto, quali l’assenza certificata di prodotti OGM o di proteine e grassi animali oppure ancora di produzione biologica. Le aziende aderiscono a queste certificazioni per poter garantire al consumatore le caratteristiche del loro prodotto e mostrare in etichetta il relativo logo o la dicitura. Fra le certificazioni di sistema per la gestione della sicurezza alimentare si annoverano le norme UNI 10854 (specifica italiana legata al sistema HACCP), la ISO 22000 (europea, sempre legata all’HACCP), la ISO 22005 che è specifica per la rintracciabilità. Inoltre, ci sono gli standard privati specifici per mangimi ed alimenti quali BRC, IFS, GlobalGAP e Food Safety System Certification 22000. Infine, la Galletti ha ricordato che è lo stesso Regolamento UE 183/2005 al capo III che propone di stilare dei manuali comunitari di corretta prassi. Per quanto il testo

specifichi che questi rimarranno volontari, un elenco dei manuali comunitari è disponibile nel sito Internet dell’Unione Europea, nelle pagine dedicate alla Commissione europea, Food Safety. In Italia, fra i manuali di corretta prassi si elenca il Codex Assalzoo; in Olanda lo standard GMP+ è molto diffuso, molto presente in tutta la filiera; in Germania prevale lo storico standard di filiera IQS; in Belgio c’è OVOCOM, in Gran Bretagna FEMAS e UFAS, in Francia OQUALIM e altri manuali ancora si annoverano in altri Paesi europei. Il codice FAMIQS è invece specifico per gli additivi ed è riconosciuto a livello internazionale. Recentemente Assalzoo ha eseguito un sondaggio per conoscere la situazione delle certificazioni in atto dei mangimifici iscritti all’associazione. Dall’indagine è emerso che i mangimifici italiani presentano nel loro insieme un gran numero di certificazioni, anche molto diverse fra loro. Quasi ogni azienda ha almeno una certificazione: infatti, meno del 6% degli iscritti all’associazione non ha alcuna certificazione e fra questi non certificati va precisato che alcuni applicano le procedure e rispettano lo standard, ma non hanno eseguito gli audit e quindi non possiedono la certificazione ufficializzata. Ben il 78% dei mangimifici ha una certificazione relativa al siste-

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Marc Davis, Food Standards Agency. ma di gestione, di solito si tratta proprio dell’ISO 9001, ma alcuni mangimifici sommano a questa anche altre certificazioni, tanto che su 56 aziende che hanno risposto a questa domanda del questionario si contano 74 certificazioni. Il discorso cambia quando si parla di certificazioni specifiche per l’agroalimentare: solo il 57% delle aziende ne possiede almeno una, in genere quella relativa al Codex Assalzoo — che è la più diffusa — ma anche GMP+, ISO 22000 e FAMIQS contano diverse adesioni. I produttori che esportano gran parte del loro prodotto in Germania e Olanda o comunque all’estero sono molto spesso certificati per GMP+ e IQS: al

momento è quasi obbligatorio, per riuscire a penetrare e rimanere sui mercati esteri, aderire allo standard più diffuso nel Paese straniero. Questo accade perché ad oggi i diversi standard non si riconoscono ancora reciprocamente, sebbene si auspica che in futuro si raggiunga una situazione di mutuo-ricevimento fra standard affini e coerenti. Infine, circa il 50% dei mangimifici iscritti ad Assalzoo e che hanno risposto al sondaggio possiede almeno una certificazione di prodotto: le più diffuse sono quelle relative al biologico, seguite dai prodotti “no OGM” e “no proteine e grassi animali”. Alla specifica domanda sul perché i mangimifici si certifichino, la Galletti ha riferito come questi abbiano dato principalmente tre risposte: offrire la garanzia ai consumatori, offrire la garanzia lungo la filiera produttiva, acquisire maggior importanza sul mercato. Con delle precisazioni importanti: il consumatore che desidera le garanzie offerte dalle certificazioni volontarie non è italiano, ma europeo o comunque straniero. Ad esempio, in Germania è molto difficile vendere carne che non possa essere posizionata sui banconi che riportano il logo IQS. Per quel che riguarda la filiera produttiva, quella italiana è molto complessa, presenta molti interlocutori e di conseguenza spesso i commercianti che vendono il prodotto al consumatore finale fanno

Giovanni Saccarola. affidamento sulla certificazione per trattare un prodotto garantito. Al momento, la Grande Distribuzione Organizzata in Italia chiede soprattutto certificazioni di prodotto. Infine, ma non è certo da trascurare, le aziende mangimistiche e di materie prime per mangimi affrontano l’iter della certificazione perché ci credono: perché desiderano conseguire una crescita professionale per la propria azienda (e anche per tutto il settore); perché vogliono aumentare la loro reputazione e credibilità sul mercato e agli occhi delle autorità competenti che eseguono i controlli ufficiali sul territorio. Giulia Mauri

Il Codex Assalzoo è stato redatto da un apposito gruppo di lavoro creato ad hoc tra le figure rappresentanti gli associati Assalzoo, che partendo dalla Guida Europea dei Produttori di Alimenti per Animali (EFMC), documento adottato da FEFAC (Federazione Europea produttori di alimenti composti per animali), ha sviluppato un documento specifico per la realtà mangimistica italiana di oggi e di domani. Il Codex Assalzoo si prefigge l’obiettivo di garantire la sicurezza delle produzioni mangimistiche degli associati Assalzoo, contribuendo quindi al miglioramento della sicurezza alimentare a partire dai primi anelli della filiera produttiva. Punti chiave: favorire una produzione responsabile; promuovere un comportamento univoco tra gli associati; innalzare la sensibilità verso tematiche di igiene e sicurezza alimentare; favorire l’adozione di un linguaggio comune; favorire l’aggiornamento continuo; fornire indicazioni e strumenti utili alla crescita del settore; migliorare la gestione delle problematiche sanitarie; fornire ai propri associati un sistema di gestione per la sicurezza alimentare; anticipare i rischi emergenti; porsi quale organo rappresentativo attraverso la raccolta e condivisione di dati statistici di settore. >> Link: www.assalzoo.it

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Gli obiettivi del Codex Assalzoo Oltre a Sara Galletti, anche Lea Pallaroni di Assalzoo ha parlato del Codex Assalzoo. Il Codex ha visto la luce nel 2008 ed è il frutto dell’interazione di tante competenze diverse con lo scopo finale di aumentare il più possibile la sicurezza alimentare. Presentato al Ministero, ma al momento non accreditato come standard, questo documento è composto da una parte tecnica di buone pratiche e da una parte di procedure per la valutazione e la certificazione volontaria. «L’obiettivo del Codex non è affatto quello di ridurre la sicurezza alimentare al fine di un risparmio economico immediato, anzi l’opposto», ha spiegato la Pallaroni. «Mira a una ridistribuzione e riorganizzazione dei controlli, alla luce di una più precisa valutazione dei rischi; mira a organizzare meglio il campionamento da eseguire e ad ampliare i controlli. Nel caso in cui il protocollo del Codex Assalzoo comportasse un abbassamento dell’attenzione ai campionamenti rispetto al punto di partenza iniziale dell’azienda in questione, le risorse non verrebbero stornate dal controllo, ma semplicemente utilizzate in altro modo e comunque sempre nello stesso ambito. Con la stesura del Codex, inoltre, si vogliono prevenire gli eventuali attacchi mediatici che abbiamo visto presentarsi regolarmente in caso di un calo di sicurezza alimentare, anche puntiforme. L’adesione al Codex permette di non esporre il fianco a critiche superficiali. La fase di composizione del mangime è cruciale per garantire la sicurezza animale, e a cascata quella della produzione di alimenti di origine animale, fino a quella dei consumatori». Infatti anche il Ministero ha definito il settore mangimistico come strategico per la salute e la produzione alimentare. «Ma intervenire sui mangimi composti significa intervenire in una fase già troppo avanzata, bisogna lavorare sul controllo delle materie prime, sugli essiccatoi ad esempio», ha spiegato la Pallaroni. Ecco perché si è deciso di stilare il Codex Assalzoo. I mangimifici eseguono moltissime analisi di autocontrollo perché svolgono una funzione di filtro, ma per essi poter ottenere garanzie dai propri fornitori è un aspetto fondamentale. Il documento mira alla valorizzazione di un buon modo di lavorare, che prevede l’apporto positivo dell’autocontrollo, di certificazioni volontarie, piani di monitoraggio condivisi e condivisione dei dati ottenuti con la pubblica amministrazione deputata ai controlli ufficiali, similmente a come accade in Gran Bretagna con il sistema presentato da Marc Davis. «La certificazione Assalzoo vuole implementare il dialogo delle aziende con l’autorità competente, eventualmente modificare i controlli ufficiali per renderli ancora più aderenti alla realtà produttiva del Paese, agevolare il flusso delle informazioni utili e condividere i dati rilevanti». Anche per il Codex Assalzoo un’azienda ottiene la certificazione dopo il superamento di una visita ispettiva da parte di un ente certificatore terzo (naturalmente accreditato da Accredia), che si avvale di auditor competenti per il settore specifico e formati anche sugli aspetti legislativi, competenza che talvolta può essere messa in secondo piano in altre certificazioni. I vantaggi di aderire al Codex stanno proprio nel fatto che il documento ha un forte focus nazionale, il che dovrebbe renderlo di facile gestione. Al momento non è ancora uno standard accreditato, ma un insieme di norme condivise con enti di formazione accreditati. Il suo anno d’oro è stato il 2009, con 37 siti certificati, pari al 35% della produzione di mangime nazionale. Oggi i certificati in essere si sono abbassati a 19. Le motivazioni a ottenere la certificazione sono diverse: può essere un obiettivo della Direzione che “ci crede”, ma siamo nell’ordine dell’1-2%. Oppure può essere una risposta alla domanda del mercato, ma nei Paesi del Sud Europa la spinta da parte dei consumatori non è molta, certo non è forte come nei Paesi del Nord Europa. E infatti le certificazioni più diffuse sono proprio quelle richieste dai mercati nordeuropei come GMP+ e IQS. Da noi la motivazione più convincente a certificarsi può essere data dal fatto che le AUSL ne tengono conto. «L’endorsement dell’autorità competente è certamente rilevante, qui da noi», ha affermato la Pallaroni. Dunque, la condivisione dei dati fra ente pubblico e privati gioca un aspetto fondamentale per la diffusione e l’efficacia del Codex Assalzoo. Da quasi tutte le relazioni che si sono susseguite nel corso della giornata è emerso che la qualità e quantità della comunicazione fra aziende, certificatori e autorità pubblica è un aspetto centrale nell’interazione fra le certificazioni volontarie e il controllo ufficiale. Ma c’è ancora molto da discutere su come svilupparla, in modo da renderla veramente efficace per un incremento della sicurezza pubblica. «Al momento la cosa non è facile, ma miriamo a definire un report specifico sull’azienda e un documento di presentazione di dati aggregati per l’autorità competente. C’è certamente tanto da fare per raggiungere un’interazione fra controllo pubblico e privato, ma il nostro obiettivo è quello di condividere il percorso con l’ente pubblico e premiare chi lavora bene», ha concluso Lea Pallaroni. Giulia Mauri

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RASSEGNE

106a Fiera nazionale del Bue Grasso

Carrù celebra i giorni del Bue

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i chiamano Tango, Taiwan e Biagio: sono i tre campioni premiati in occasione della 106a edizione della Fiera nazionale del Bue Grasso di Carrù e sono stati allevati rispettivamente da ANDREA MIGLIORE di Caraglio (categoria Buoi grassi della coscia), dai FRATELLI DELSOGLIO di Fossano (categoria Buoi grassi migliorati) e NATALE MANZO di Rocca de’ Baldi (Buoi grassi nostrani). Bue più pesante Attila, di Pierluigi Chiola da Perletto, 1420 chilogrammi. A lui anche il premio speciale ANABORAPI (Associazione Nazionale Allevatori Bovini Razza Piemontese) per il bue meglio preparato e presentato alla kermesse. Baciata dal sole, la Fiera ha portato a Carrù migliaia di visi-

tatori, attirati in primis dalla mostra mercato, in parte “rapiti” dal profumo di bollito che invade il paese fin dalla colazione del mattino. Una coda senza precedenti si è infatti formata per gustare il “bollito no stop” al Palafiera gestito dalla Pro loco, senza dimenticare i ristoranti carrucesi dove il “carrello” fumante diventa la star della sala insieme ad ottimo e abbondante vino rosso delle Langhe. Fra i visitatori anche il patron di Slow Food CARLIN PETRINI, che ha assistito alle valutazioni della giuria dei capi in mostra, quest’anno 175, di cui 47 buoi e 45 manzi. La premiazione si è svolta, come da tradizione, alle ore undici presso

il Foro Boario in Piazza Mercato, con l’attribuzione della moscarola, le ambite gualdrappe di raso bianco con i dipinti dei paesaggi di Carrù di Bruno Bianco e fasce decorate a mano, nonché di medaglie d’oro, coppe, targhe e diplomi. «Una sfida audace che si è rivelata vincente» ha dichiarato in merito alla “storica” decisione di anticipare la fiera di una settimana il sindaco Stefania Ieriti nel discorso che ha aperto la premiazione. «Nonostante le ristrettezze economiche in cui versano i comuni, siamo riusciti a proporre una serie di eventi che hanno richiamato tantissime persone. E questo grazie alla collaborazione con tanti privati, aziende del tessuto com-

Marco Manzo con Biagio, il primo classificato nei Buoi grassi nostrani, il bue tipico delle Langhe. Una presenza in fiera da ben 42 anni per questa famiglia di allevatori, che la vivono come una tradizione di famiglia da tramandare anche alle future generazioni.

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merciale locale e non, che hanno creduto in questa manifestazione ed hanno deciso di sponsorizzarla. Sono convinta che questo connubio sia davvero vincente e ringrazio tutte le aziende di Carrù e dell’hinterland che hanno dato un contributo». Questa Fiera ha origini antiche, poiché si hanno notizie che fin dal 1473 si tenevano in Carrù dei mercati di bestiame con frequenza bisettimanale. La prima Fiera del Bue Grasso si svolse il 15 dicembre 1910 e fu istituita per porre rimedio alla grave carenza di animali da macello ed al conseguente aumento dei prezzi della carne. Valgono 54.400 euro i buoi all’asta Amos, Tevez, Tubo, Testun, Tiranno e Vim sono stati invece i protagonisti della decima Asta mondiale del Bue Grasso di Carrù. L’asta è iniziata il 23 novembre in via telematica e domenica 4 dicembre si è svolta la fase finale. I capi bovini di razza Piemontese, tutti rigorosamente allevati in “terra di Granda” e nel rispetto delle prescrizioni del disciplinare, sono stati selezionati dall’ANABORAPI. L’asta è stata condotta da GUIDO GARNERO sotto la regia di GIORGIO PELLEGRINO. Tanti i giovani cuochi presenti provenienti da tutto il mondo, che hanno potuto conoscere la carne piemontese, ma erano tanti soprattutto i macellai, venuti a Carrù per fare ottimi acquisti. Sì, perché il bue grasso soddisferà i palati di tanti appassionati carnivori emiliani, lombardi, liguri… Per questa edizione, inoltre, si è raggiunto il record di assegnazione per un bue di 13.350 euro. «I nostri buoi sono il frutto di un lavoro certo e prezioso» ha concluso Stefania Ieriti. «Crediamo

In alto: Tango, il vincitore della categoria “Buoi grassi della coscia”, allevato da Andrea Migliore. In basso: Attila, di Pierluigi Chiola, il “bue più pesante” (photo © Artefoto Carrù). quindi sia fondamentale sostenere il sistema Bue Grasso con eventi e promozione, ma anche con il suo

Consorzio di tutela che deve diventare l’ambasciatore del Bue Grasso nel mondo».

Il Consorzio per la promozione, la valorizzazione e la tutela del Bue Grasso di Carrù nasce il 21 novembre 2014 su iniziativa di alcuni allevatori carrucesi. È Bue Grasso di Carrù il bovino piemontese adulto castrato allevato nelle zone e secondo le modalità previste dal disciplinare di produzione approvato dal Consiglio di Amministrazione del Consorzio nel corso della seduta del 27 dicembre 2014. Scopo principale del Consorzio è qualificare, tutelare, promuovere e valorizzare il “Bue Grasso di Carrù” incentivandone l’allevamento, la produzione, la commercializzazione ed il consumo. >> Link: www.consorziobuegrassocarru.it

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Tutti in piazza a Castelnuovo per lo zampone più grande del mondo

840 chili di Superzampone

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d è stata di nuovo grande festa. Per la 28a edizione del Superzampone, migliaia di persone hanno infatti invaso il centro di Castelnuovo Rangone, la cittadina in provincia di Modena che il “maiale” lo ha messo in piazza, con una scultura che celebra questo animale fin dal passato al centro dell’economia del territorio, oltre che protagonista indiscusso della sua ricca cucina. Quest’anno

il maxi insaccato, preparato come sempre con grande professionalità e passione dai rappresentanti dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi, ha raggiunto il considerevole peso di 840 chili. Ospite d’onore GIANFRANCO VISSANI, mentre madrina della giornata è stata l’attrice SANDRA MILO. L’onore del taglio della prima fetta di questo gigante buono — allo scoccare del mezzogiorno come da protocollo ufficiale — è spettato a

LUISA FALCHI VECCHI, imprenditrice nonché presidente dell’Ordine dei Maestri Salumieri, e allo chef umbro, investito anche da quello del primo assaggio. «Semplicemente squisito» è stato il verdetto. Il Superzampone è stato distribuito gratuitamente grazie al lavoro di numerosi volontari che ogni anno rendono unica questa bellissima festa insieme a 150 chili di pane e 8 quintali di fagioloni.

1) Stefano Bortolamasi con i rappresentanti dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi, il sindaco di Castelnuovo Rangone Carlo Bruzzi e altre autorità e rappresentanti di istituzioni del territorio. 2) Paolo Ferrari, presidente Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena. 3) Il taglio del Superzampone da parte di Luisa Falchi Vecchi e Gianfranco Vissani. Erano migliaia le persone che si sono radunate nella piazza di Castelnuovo per la tradizionale sagra che celebra lo zampone. Ogni anno si fa a gara per cucinarne uno talmente grande da richiedere una piccola gru per sollevarlo e cucinarlo: quest'anno pesava 840 chili. 4) Gianfranco Vissani con Vincenzo Franceschini e il figlio.

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1) Andrea Barbi, Gianfranco Vissani, Santino Levoni, Silvio Larossa e Luisa Falchi Vecchi. 2) L’attrice Sandra Milo con Tiziano e Marcello Parmeggiani. Uno speciale zampone mignon L’edizione 2016 del Superzampone ha presentato infine alcune piacevoli novità, come l’anteprima speciale dedicata ai “Maestri Salumieri di domani”, con il taglio del Minizampone da parte dei bambini di alcune classi

elementari della zona che hanno partecipato al progetto didattico “Per mangiarti meglio”. «Il senso della nostra iniziativa — ha rimarcato dal palco il sindaco di Castelnuovo Rangone, CARLO BRUZZI — è proprio questo: raccontare, attraverso un

prodotto e un’industria che hanno creato un tessuto economico ricco e significativo, i valori della nostra terra. E provare a trasmettere questi valori alle generazioni più giovani». >> Link: zampone.com

Nel nome di Gino Luciana Sandoni coi figli Vincenzo e Adele, la nuora e il nipote: erano tutti insieme a Castelnuovo Rangone per ricordare il marito-padre-nonno Gino Franceschini, scomparso lo scorso giugno al termine di una lunga malattia e sempre presente alla grande festa dedicata al Superzampone. L’imprenditore spilambertese, fondatore e titolare dell’omonimo salumificio Gino Franceschini & C., fonte di lavoro per centinaia di famiglie di tutto il comprensorio, era infatti uno storico membro dell’Ordine dei Maestri Salumieri Modenesi, creatori dell’evento. «Restiamo uniti e portiamo avanti l’attività di nostro padre Gino mantenendoci ben saldi ai valori che ci ha trasmesso, nel lavoro come nella vita» ci dicono Vincenzo e Adele. «Per quello che concerne la nostra professione questo significa innanzitutto il rispetto delle tradizioni nella preparazione degli insaccati e dei salumi tipici modenesi che proponiamo e l’utilizzo di carne proveniente da suini pesanti nati, allevati e macellati in Italia». Nessun ingrediente che rientri nella lista degli allergeni viene adoperato e tutte le fasi di produzione vengono scrupolosamente controllate per evitare eventuali contaminazioni. I salami sono insaccati principalmente in budelli naturali o comunque edibili. Le legature, se necessarie, vengono tutte eseguite a mano e la stagionatura avviene con metodo tradizionale. «Il nostro obiettivo, come ci ha insegnato e voleva Gino, è quello di tener vivi gli antichi sapori anche per le nuove generazioni».

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Forma e sostanza: il cotechino Modena Igp vince con la mela dei Sibillini «Vince un piatto straordinario contenuto in una forma meravigliosa: una mela. Basta questa mela a raccontare tutto il territorio. La presenza dei germogli delle lenticchie di Castelluccio poi mi ha colpito il cuore. Quei germogli rappresentano la speranza di rinascita di un territorio colpito gravemente dal terremoto». Queste le parole di Massimo Bottura nel decretare la ricetta vincitrice dell’edizione 2016 del Concorso promosso dal Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena e riservato ai ragazzi delle scuole e degli istituti I vincitori Arianna Olivieri e Leonardo Piunti dell’IPSSAR Buscemi di San Benedetto alberghieri in occasione della sesta del Tronto con Massimo Bottura, Andrea Barbi, Davide Di Fabio e Paolo Ferrari. edizione della Festa del Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena. La “mela rozza dei Sibillini con cotechino Modena Igp in porchetta e anice verde di Castignano” dell’IPSSAR Buscemi di San Benedetto del Tronto ha trionfato sulle dieci ricette finaliste, colpendo fin dal primo assaggio la giuria, composta, tra gli altri, dallo chef modenese, dal suo sous chef Davide Di Fabio e da Paolo Ferrari, presidente del Consorzio. Il secondo posto è stato conquistato dall’IPSSART G. De Carolis di Spoleto con il “Cotechino Modena Igp ai sapori della Valnerina” mentre al terzo si è piazzata la Scuola alberghiera di Serramazzoni di Modena, con il “Cheesecake allo Zampone Modena Igp con composta di cipolla rossa e Cotechino Modena”. Una menzione speciale è andata alla Scuola Luigi Einaudi di Canosa di Puglia, con lo “Zamburger”. «La nostra ricetta è stata pensata con tutti prodotti delle zone terremotate, dalla mela rozza dei monti Sibillini all’anice verde di Castignano fino alle lenticchie di Castelluccio» hanno dichiarato emozionati i vincitori Arianna Olivieri e Leonardo Piunti, accompagnati a Modena dalla professoressa Tiziana Ficcadenti. «Quando abbiamo creato la ricetta era primavera, prima del terremoto. Ora per esempio delle lenticchie abbiamo potuto rappresentare solo il germoglio perché Castelluccio è distrutta. Che il nostro primo posto sia per queste zone un messaggio positivo di speranza». Le scuole che hanno partecipato a questa terza edizione del Concorso si sono cimentate in una sfida davvero originale: creare ricette a base di Zampone Modena Igp e Cotechino Modena Igp ispirate alle quattro stagioni. Ricette con prodotti stagionali per un ritorno alla tradizione e ai costumi di una volta, di quando in tavola si portavano solo piatti di stagione e si rispettavano i cicli naturali con i suoi frutti e le sue condizioni climatiche. Il Cotechino Modena sfreccia ad alta velocità Protagonista indiscusso delle tavole festive degli Italiani, dall’8 dicembre al 6 gennaio anche tutti i treni Frecciarossa di Trenitalia hanno ospitato a bordo il Cotechino Modena Igp, proposto all’interno di ricette ideate ad hoc per i passeggeri Executive, i clienti del Ristorante e del Bistrò dei Frecciarossa. Un esempio? La “Torta salata di patate con Cotechino Modena Igp”, un piatto tradizionale rivisitato in chiave moderna. Tutti i clienti che hanno scelto un piatto a base di cotechino a bordo treno hanno ricevuto come omaggio un ricettario del Consorzio tascabile con ricette e curiosità sul prodotto. «Con questa iniziativa il Consorzio intende migliorare la qualità dei pasti fuori casa, spesso consumati in maniera frenetica. Inoltre, il nostro obiettivo è dimostrare la versatilità del Cotechino Modena Igp, spesso vissuto come prodotto di difficile e limitata fruizione, ma che invece hanno tante diverse possibilità di consumo, ad esempio come ingrediente pregiato di preparati molto comuni» ha dichiarato Paolo Ferrari, presidente Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena. Il Consorzio Zampone Modena Cotechino Modena si è costituito nel 2001 a Milanofiori (Milano), dopo un articolato percorso iniziato nel 1999, anno in cui i due prodotti hanno ottenuto l’ambito riconoscimento europeo dell’Indicazione Geografica Protetta con il regolamento della Commissione europea n. 509/1999. Il Consorzio, che ha come scopo la tutela e la valorizzazione dello Zampone Modena e del Cotechino Modena Igp, conta oggi 15 aziende, che rappresentano i principali produttori dei due prodotti Igp. >> Link: www.modenaigp.it

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FIERE

A Tuttofood 2017 il business si fa internazionale

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ono parecchie le novità di Tuttofood, che si svolgerà all’interno di FieraMilano a Rho da lunedì 8 a giovedì 11 maggio prossimi. Novità che stanno già catalizzando l’attenzione

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degli operatori: con 12 padiglioni a occupare il quartiere, a 8 mesi dal taglio del nastro era già prenotato in media più del 60% delle superfici espositive, con punte oltre il 70% in numerosi settori. Almeno 75.000

i visitatori professionali attesi, dei quali 30.000 esteri da oltre 50 Paesi, e oltre 2.000 hosted buyer profilati. Impostasi in sole cinque edizioni biennali come la manifestazione leader del settore in Italia e fra le

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prime tre in Europa, la Milano World Food Exhibition porta così a un nuovo livello l’eredità ormai consolidata di EXPO — che ha fatto della città un riferimento per la community mondiale della nutrizione — anche

grazie a una strategia di accordi con autorevoli partner che presidiano le specializzazioni più promettenti. «Il comun denominatore di queste novità — ha sottolineato CORRADO PERABONI, AD di FieraMilano — è

nostra la capacità, unica in Italia, di coniugare il supporto allo sviluppo del business con la condivisione di conoscenze ai massimi livelli. Un concetto vincente nel mondo fortemente esperienziale del food & beverage, dove gli operatori devono anticipare a uno scenario molto internazionalizzato una evoluzione costante per consumatori sempre più cosmopoliti e consapevoli: per essere un vero business partner l’offerta fieristica deve mettere a sistema le competenze specifiche, come oggi richiedono anche le istituzioni. Tuttofood è stata un pioniere di questo approccio, i mercati ce lo riconoscono e ci premiano con numeri in costante crescita». Una GDO a misura di futuro Il concetto one-stop shop cambia e cresce. Se agli albori della grande distribuzione l’obiettivo era riunire in un unico punto vendita le referenze principali di molte merceologie diverse, oggi, all’inverso, si va verso una specializzazione, per cui all’interno delle grandi superfici si differenziano “negozi”, quando non vere e proprie botteghe, con un’offerta super-specializzata forte di numerosissime referenze che spaziano dall’entry level al lusso nella stessa merceologia. Con l’obiettivo di incrementare ulteriormente la presenza di grandi insegne internazionali e di indirizzare l’incontro domanda-offerta verso queste nuove tendenze, Tuttofood ha siglato una partnership con Daymon, leader mondiale nella consulenza alla GDO. Oltre al coinvolgimento di catene estere in un’agenda di incontri B2B con espositori e insegne italiane, una forte componente formativa — la International Retail Academy — prevede workshop arricchiti da casi studio reali e contributi all’Osservatorio di Tuttofood su

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Carne biologica. Secondo le analisi svolte in previsione di Tuttofood, il dettaglio dei settori rivela uno spostamento dei consumi da scelte quantitative a scelte qualitative. Il best performer nelle tabelle dell’analista partner di Tuttofood è il biologico (photo © www.freshfieldsmarket.co.uk). temi quali store check, food category, nuove tendenze. Quali dunque i trend che si potranno scoprire e valorizzare in chiave di business a Tuttofood 2017? Sicuramente una tendenza forte è l’incidenza delle nuove abitudini di acquisto dei Millennials che — stima Daymon — entro il 2030 supereranno i baby boomers come generazione più numerosa: maggiore attenzione al benessere, ma anche l’incidenza di condizioni economiche meno sicure e impatto del digitale. Sempre più significativa anche l’incidenza del salutismo mentre, in parallelo a queste tendenze — sottolinea Daymon — la GDO dovrà puntare sempre più sulla fidelizzazione per mantenere e incrementare i margini in questo contesto in continua evoluzione. Un trampolino internazionale verso i mercati islamici In un mondo che diventa sempre più multietnico e in cui culture ed

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etnie si incontrano anche a tavola, l’attenzione alle diverse prescrizioni alimentari diviene una necessità. Quasi tutte le religioni e le tradizioni prevedono norme alimentari: tra queste assumono un certo rilievo, per il numero di consumatori che ne tengono conto, quelle islamiche. Il mercato dei prodotti certificati halal (termine arabo che significa “lecito”) vanta, secondo le ricerche Dinar Standard — agenzia specializzata sui mercati musulmani —, una crescita del 12% annuo dal 2007 ad oggi. Secondo il rapporto 2016 appena pubblicato da Thomson Reuters sullo stato dell’economia islamica, la spesa globale dei consumatori musulmani in food and beverage è stata, nel 2015, di circa 1.170 miliardi di dollari (17% della spesa mondiale totale) ed è destinata a raggiungere, nel 2021, i 1.900 miliardi. Di questi, 415 miliardi si riferiscono a prodotti dotati di certificazione halal. La crescita del segmento è dovuta in parte a nuove normative

internazionali che fanno della certificazione religiosa un requisito doganale, in parte all’interesse anche di mercati e consumatori non islamici. Il passaggio dal negozio etnico alla Grande Distribuzione Organizzata e dal mero settore della carne a tutte le categorie di food and beverage (materie prime, semilavorati, pasticceria, conserve, formaggi) ha sdoganato definitivamente il fenomeno rendendolo un trend internazionale. Anche le aziende italiane hanno colto questa opportunità, tanto che nel Belpaese sono già alcune centinaia le aziende regolarmente certificate e altrettante quelle in fase di certificazione. L’area dedicata ai prodotti certificati halal, durante Tuttofood, sarà realizzata con la collaborazione dell’ente di certificazione halal italiano WHAD (World Halal Development), così come i workshop e le conferenze, che avranno come moderatrice e organizzatrice ANNAMARIA AISHA TIOZZO,

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Tuttofood 2017 lancia la nuova Food Week Le famose “Tre F”, Fashion, Furniture & Food, sono notoriamente le punte di diamante del made in Italy a Milano e nel mondo. Se la capitale economica italiana celebra già le prime due con le settimane della moda e quella del design, per la terza eccellenza, quella enogastronomica, mancava ancora un momento clou della stagione, capace di condensare nello spazio di pochi giorni un calendario di appuntamenti senza confronti. A colmare questa lacuna ha pensato Tuttofood, che porterà il suo know-how fuori dai cancelli della fiera per farsi promotore di una grande festa del “mangiare sano” che dal 4 all’11 maggio coinvolgerà tutta la città, con cui ha un interscambio sempre più stretto quale erede dello spirito di EXPO per i temi della nutrizione. «In un momento in cui le tematiche food appaiono quasi inflazionate e sono abbinate, in maniera a volte poco coerente, a eventi d’ogni genere, con risultati non sempre all’altezza — ha commentato CORRADO PERABONI, AD di FieraMilano — Tuttofood ha scelto di condividere il suo patrimonio di conoscenze unico in Italia e farsi scintilla di un movimento che coinvolga tutti gli attori, per offrire a Milano quella Food Week all’altezza della sua reputazione, che ancora le mancava. Coniugando la nostra expertise con quella delle associazioni di categoria e con il supporto delle istituzioni, stiamo preparando un’esperienza indimenticabile che per una settimana avvolgerà cittadini e visitatori in un vortice di sapori e aromi, ma anche di idee e contenuti». I dettagli sono ancora da definire, ma le prime indiscrezioni suggeriscono già, anche grazie alla collaborazione con Regione Lombardia, Comune di Milano e Confcommercio, un palinsesto da far venire l’acquolina in bocca agli appassionati di tutte le molteplici declinazioni del tema, messe a fattor comune dalla regia di Tuttofood. Di questa nuovissima Food Week saranno testimoni anche gli eventi serali delle Tuttofood Nights nelle piazze più suggestive di Milano. E se il milanesissimo aperitivo è celebre — in italiano — in tutto il mondo, saranno super-trendy quelli organizzati nei più affascinanti hotel 5 stelle lusso dai giovani chef di talento di Jeunes Restaurateurs d’Europe Italia, che hanno in serbo anche altre sorprese altrettanto di tendenza. E, per non mancare l’incontro con la Food Week, anticiperà il consueto appuntamento di metà maggio anche una bandiera dei gourmand più raffinati come Taste of Milano, l’evento dedicato all’alta ristorazione, caratterizzato da coinvolgenti show-cooking di cucina italiana e internazionale completati da approfondimenti culturali, dove chef stellati e nuovi talenti saranno protagonisti con le loro realizzazioni più innovative.

presidente WHAD, recentemente inserita dalla guida Islamica 500, unica italiana, tra le 50 persone più influenti dell’economia islamica. Le aziende saranno identificate da un apposito logo che faciliterà il riconoscimento da parte dei visitatori professionali, un grande appeal per i visitatori provenienti dai 57 Paesi OIC (a maggioranza islamica) e un ulteriore criterio di matching per fa-

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cilitare gli appuntamenti di business mirati con i top buyer internazionali e italiani interessati. Segnali ancora deboli, ma cresce la spesa di qualità Rientro dalle vacanze all’insegna della stabilità, con un effetto trascinamento che conferma la “ripresina” nei primi nove mesi dell’anno. Questo il sentiment che

si ricava dagli ultimi dati di IRI per l’alimentare confezionato nel nostro Paese. A settembre, infatti, le vendite complessive in valore sono rimaste pressoché invariate verso lo stesso mese del 2015 (–0,6%) a quota 4.260 milioni di euro, mentre nei primi nove mesi crescono dello 0,5% rispetto all’equivalente periodo dello scorso anno, totalizzando 33.196 milioni. L’andamento più di-

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namico dei prezzi (+1,5% nell’anno progressivo) suggerisce comunque che la GDO creda in una prossima ripresa dei consumi. Il dettaglio dei settori rivela che la relativa stabilità complessiva cela uno spostamento dei consumi da scelte quantitative a più qualitative. Ancora una volta il best performer nelle tabelle dell’analista partner di Tuttofood è infatti il biologico: a settembre, con vendite per 108 milioni di euro, cresce a due cifre con un +14,9%, mentre da inizio anno, con un valore del venduto pari a 945 milioni, il balzo è addirittura del 21,5%. La buona stagione estiva si riflette invece nei numeri del gelato che, sempre a settembre, crescono del 9,9% in valore, sfiorando quota 100 con 98 milioni di euro di venduto. Nel corso dell’anno, invece, il rinfresco cede il passo ai prodotti da ricorrenza (+5,6% a 436 milioni). Bene anche altri “generi di conforto”: gli spalmabili dolci aumentano dell’1,1% nel mese (72 milioni) e del 2,4% nel periodo (513 milioni), mentre i fuori pasto dolci, pur arretrando a settembre, da inizio anno segnano un +1,9% con 1.188 milioni. Confermano la maggiore fiducia dei consumatori anche gli incrementi in altri acquisti “pregiati”. A settembre la carne confezionata registra un +3,3% con 64 milioni di euro, e nel periodo fa ancora meglio con un +4,4% a 447 milioni, mentre la pasta fresca cede terreno a settembre ma nel periodo sale del 2,2% a 478 milioni di euro. Il beverage infine — rileva IRI — a settembre porta il valore delle vendite a 345 milioni di euro (+1,1%), mentre nell’anno progressivo resta statico (–0,5%) con 2.136 milioni di venduto. Tuttofood con Veronafiere su fresco e vino Uno dei comparti più interessanti è l’ortofrutta, i cui consumi crescono a ritmi esponenziali. Grazie a un accordo strategico con Veronafiere, a Tuttofood 2017 debutterà Fruit & Veg Innovation: nell’area, che per il suo elevato livello qualitativo ha ottenuto il patrocinio di Confagricoltura, il prodotto finito troverà

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nuove opportunità di sviluppo nel confronto con le evoluzioni più attuali di tutto il food & beverage, in un contesto internazionale di incontro tra domanda e offerta. L’ortofrutta verrà valorizzata anche nell’ottica “star bene” in sintonia con i nuovi stili di vita, con un ricco programma convegnistico. Sempre a seguito di questo accordo, Tuttofood 2017 ospiterà Wine Discovery, evento curato da Vinitaly International Academy, che presenta la produzione italiana e internazionale, con i contributi di esperti del mondo vitivinicolo e sommelier in eventi di promozione e formazione professionale. Lo spazio si pone l’obiettivo di individuare ed esplorare, a vantaggio degli operatori, le aree di crescita, anche internazionali, di un’eccellenza italiana sempre più riconosciuta nel mondo. Le nuove frontiere digitali Punta invece a valorizzare le opportunità dell’e-commerce l’accordo con NETCOMM. Il Consorzio del Commercio Elettronico promoverà l’eCommerce Food Lab, un hub di 1.000 m2, in collaborazione con Digital Events, che favorirà il networking tra operatori B2B e dove si svolgeranno workshop e conferenze. Innovazione tecnologica e social eating al servizio del business saranno i punti chiave del fitto calendario. L’area è la prima di una serie di iniziative sulla digital transformation nell’agroalimentare che Tuttofood realizzerà durante l’anno grazie alla partnership con NETCOMM. Un salone sull’agro-ittico sostenibile È infine indirizzata alle opportunità di un settore agro-ittico sostenibile la collaborazione con Blue Sea Land, l’Expo internazionale dei Distretti Agroalimentari del Mediterraneo, del Medioriente e dell’Africa. Oltre alla presenza di un’area dedicata, l’accordo prevede una collaborazione per incrementare la presenza di buyer specializzati e la realizzazione di una Seafood Academy con convegni, workshop tematici e show-cooking. >> Link: www.tuttofood.it


Verso la 113a edizione di Fieragricola, dal 31 gennaio al 3 febbraio 2018

Parte il roadshow sulla zootecnia

«F

ieragricola di Verona può diventare una piattaforma internazionale per tutta la zootecnia. L’interesse è molto alto da parte degli operatori della mangimistica e della nutrizione animale, perché in uno scenario così mutato per il comparto, abbiamo l’esigenza di incrementare le esportazioni». Lo ha detto lo scorso 30 novembre GIULIO GAVINO USAI, responsabile economico di ASSALZOO, la rappresentanza dei produttori di mangimi e alimenti per la zootecnia, aderente a CONFINDUSTRIA, nel corso del tavolo tecnico che Fieragricola di Verona ha organizzato con le principali realtà della mangimistica e della nutrizione animale. L’appuntamento per la 113a edizione, quella che segnerà i 120 anni dalla nascita, è in programma a Veronafiere dal 31 gennaio al 3 febbraio 2018, ma gli incontri con gli stakeholder per rispondere alle esigenze di tutti i settori merceologici rappresentati in una delle più importanti fiere agro-zootecniche d’Europa sono già in fase avanzata. «La zootecnia è un comparto che necessita di un forte piano di rilancio in termini di offerta fieristica complessiva, perché è ormai impensabile mantenere un panorama disgregato e, di conseguenza, poco attrattivo per il visitatore estero» ha detto LUCIANO RIZZI, brand manager dell’area Agriexpo & Technology di Veronafiere. «A Verona ci sono le potenzialità per poter diventare il polo di riferimento per il sistema agro-zootecnico che guarda all’Italia e all’estero». I numeri della scorsa edizione lo confermano: oltre 131.000 visitatori, 20 associazioni allevatoriali presenti, più di 600 capi di bestiame in esposizione e confronti internazionali fissati con largo anticipo, come la scelta di organizzare di nuovo a Verona la mostra europea della razza Bruna.

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Nata nel 1898, Fieragricola festeggerà nel 2018 i 120 anni di storia, con una formula rivolta a tutte le specializzazioni del settore agricolo. Fieragricola Business Matching Lo scorso 30 novembre è stato annunciato che anche per Fieragricola sarà attivata la piattaforma per organizzare gli incontri tra espositori e visitatori, buyer o delegazioni internazionali, per i quali verranno messi a disposizione, oltre ai singoli stand di ciascun operatore, anche specifiche aree. È il servizio di business matching, per determinare in anticipo gli appuntamenti, avviato con successo già per altre manifestazioni internazionali di Veronafiere. I roadshow e il focus internazionale per la zootecnia Fieragricola punterà anche in vista della 113a edizione sui roadshow in Italia, in alleanza con le aziende espositrici. Da maggio a novembre 2017 sono state programmate tappe in Puglia e Basilicata, Sicilia, Calabria, Campania, Sardegna, Umbria e Piemonte. Fra i Paesi target in ambito internazionale, Fieragricola ha già individuato i principali in chiave zootecnica: Israele, Iran, India, Sri Lanka, Turchia, West Africa, Marocco, Algeria, Tunisia, Slovenia,

Austria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Macedonia, Montenegro, Serbia. Verso la vendita on-line dei mangimi? Il futuro della zootecnia è in fase di evoluzione. I consumatori chiedono sempre maggiore specializzazione delle produzioni, nel rispetto della sostenibilità e del benessere, elementi ormai imprescindibili. «La zootecnia non è più confinata alle figure dell’allevatore e dell’animale — ha spiegato GHASSAN SAYEGH, general manager di MEAP, società di informazione e servizi con sedi in Italia, Libano, Cipro ed Emirati Arabi — ma è costituita da una filiera di cui fanno parte anche banche e assicurazioni, servizi, logistica, scienze, marketing, manodopera e allevatore. I prossimi cambiamenti potrebbero vedere la vendita dei mangimi su piattaforme del commercio generalista on-line come Amazon, ma anche un rafforzamento della vendita di prossimità». >> Link: www.fieragricola.it

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TECNOLOGIE

La complessità della gestione di un allevamento di galline ovaiole semplificata grazie al software CSB-System

L

a gestione degli allevamenti di galline ovaiole è complessa come quella di qualsiasi altra impresa attiva nel settore alimentare: tra approvvigionamenti, produzione e riproduzione, controlli sanitari, analisi per capannoni, dialogo con gli enti, gli aspetti da monitorare sono molteplici ogni mese. Il CSB-System, software gestionale modulare e integrato fornito dall’omonima azienda veronese, viene in aiuto di queste aziende perché consente la gestione a 360° dell’allevamento: dal mangimificio agli incubatoi, dall’allevamento in gabbia o all’aperto alla lavorazione di uova proprie e di terzi, dalla vendita delle uova alla produzione di ovoprodotti liquidi o in polvere, senza tralasciare la registrazione dei controlli sanitari lungo l’intera filiera, la rintracciabilità dei prodotti e gli aspetti amministrativi. In altre parole il CSB-System consente di registrare gli eventi che accadono in allevamento e i dati rilevati diventano preziose informazioni: utili per organizzare il lavoro dell’allevatore e dei suoi dipendenti nonché necessarie per misurare gli aspetti produttivi, riproduttivi, qualitativi e sanitari dell’allevamento. Che si tratti di messa in capannoni, gestione dati per la rintracciabilità (nascita, allevamento),

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spostamenti tra i vari capannoni (centri di costo), esami veterinari, consumo di mangime, analisi per capannoni (numero dei presenti, numero dei morti, quantità delle uova raccolte, e così via), imputazione dei costi, calcolo delle vendite e degli utili, l’azienda interessata potrà approfittare di un’unica soluzione completamente integrata nel gestionale. Calcolo razione alimentare e gestione mangimificio Grazie al modulo dell’ottimizzazione delle ricette con il CSB-System è possibile calcolare la ricetta di preparazione del mangime in base alla razione alimentare necessaria per ogni fase di allevamento della gallina ovaiola. In base alla disponibilità delle materie prime, alla qualità delle stesse (contenuto proteine, ecc…) e al loro costo di acquisto, il sistema è in grado di calcolare/generare la DBA di produzione del mangime al minor costo pur mantenendo inalterata la qualità del prodotto finale. Una volta definita la DBA di produzione l’operatore, anche con l’ausilio del collegamento del CSBSystem ai silos del mangimificio, sarà in grado di preparare la miscela di mangime e inviarla ai vari capannoni di allevamento.

“Gestione Allevamento” con il CSB-System Acquisendo il modulo per la G estione Allevamenti del CSBSystem l’utente può documentare, visualizzare ed analizzare i processi e i costi di allevamento e ingrasso/ produzione delle galline ovaiole, ottenendo in questo modo sicurezza e standardizzazione della qualità desiderata. Tutti i costi risultanti (energia elettrica, acqua, impiego personale, ecc…) nonché gli esami veterinari effettuati vengono legati alla partita, al capannone in modo tale che questi possano essere messi in conto, visualizzati ed analizzati. Durante le varie fasi di allevamento sarà possibile intervenire a sistema per registrare il peso degli animali per verificarne la curva di accrescimento, registrare le mortalità, registrare gli interventi dei veterinari, ecc… La gestione allevamenti, inoltre, fornisce automaticamente la documentazione di prova di tutti i controlli effettuati, come richiesto dal Controllo Qualità secondo le norme DIN/EN/ISO 9000. I dati rilevanti per la rintracciabilità sono sempre a disposizione dell’azienda, in ottemperanza delle norme nazionali ed internazionali.

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Calibratura e confezionamento delle uova e produzione di ovoprodotti con un unico sistema Dopo le fasi di speratura e calibratura di uova proprie o di terzi, le uova destinate alla vendita sono confezionate ed etichettate. La flessibilità elevata del CSB-System consente di stampare etichette personalizzate e multilingua integrando le confezionatrici e soddisfare così le esigenze di una clientela vasta ed eterogenea. Anche gli ovoprodotti liquidi o in polvere, prodotti con le uova non destinate alla vendita, possono avvalersi delle informazioni relative ad ingredienti, distinte base e istruzioni sulle procedure presenti nel modulo Produzione del CSB-System. La gestione delle ricette supportata dalla tecnologia informatica serve innanzitutto a garantire la qualità del prodotto e a stabilizzare le sue caratteristiche specifiche, ed in secondo luogo come base per il continuo miglioramento dei propri prodotti. Il CSB-System gestisce anche il collegamento degli impianti che assicurano il dosaggio preciso delle ricette in ogni fase del processo. In questo modo le aziende riducono ampiamente il rischio di errori manuali e assicurano una rintracciabilità totale di tutti i componenti avvicinando la propria l’azienda alla Smart Factory 4.0. La gestione dei silos Il CSB-System coordina anche il collegamento ai silos sia per la gestione del mangimificio sia per la gestione delle miscele nel reparto di produzione degli ovoprodotti. L’obiettivo è gestire i componenti di produzione, ottimizzando allo stesso tempo la gestione dell’intero magazzino, il flusso di materiali e la produzione. Nello specifico, con il collegamento silos si ottiene una pesatura esatta dei lotti sulla base delle ricette, al fine di aumentare, con l’automazione, le capacità produttive dell’azienda. Il tutto con una soluzione al tempo stesso affidabile, trasparente e non modificabile a livello utente di reparto. Nel caso di componenti gestite tramite l’impianto silos, il CSB-System

Eurocarni, 1/17

richiama la quantità desiderata, grazie alla gestione integrata del PLC, dal silos definito. Il codice lotto è determinato e salvato dalla gestione magazzino. Nella tecnica di trasporto al molino o all’impianto di miscelazione sono integrate bilance che comunicano il peso rilevato al CSB-System. La selezione automatica, il dosaggio e il trasporto delle materie prime/componenti di produzione consentono di incrementare notevolmente la velocità di preparazione del prodotto e contemporaneamente di ridurre il tempo solitamente impiegato in attività manuali di registrazione. Controllo Qualità e Sistema Informativo Lotti del CSB-System per una rintracciabilità senza lacune La garanzia di rintracciabilità, qualità e sicurezza dei prodotti, infatti, costituisce uno dei principali impegni di ogni azienda del settore alimentare. Ma prima dell’implementazione di un Sistema Informativo Lotti (SIL) è necessario pensare attentamente a come si lavora in azienda e, ancor meglio, a come si vuole lavorare in futuro. A questo proposito attraverso il modulo della qualità è possibile creare, in base alle esigenze del cliente, le istruzioni di controllo sia quantitative che qualitative. Tali istruzioni verranno poi inserite in un piano di controllo che diventerà lo strumento di controllo/gestione per garantire la qualità dei prodotti venduti. Gestendo il flusso delle merci e delle informazioni in un unico sistema gestionale, la tracciabilità diventa una conseguenza del normale operato, riducendo così i costi di registrazione, molto spesso svolti manualmente e su fogli cartacei, e garantendo un Rapido Ritorno dell’Investimento (ROI). Vendite e integrazione completa di più sedi aziendali Il CSB-System è un gestionale multi mandante in grado di gestire contemporaneamente a livello centralizzato più società, più siti produttivi e/o piattaforme distributive, mettendo in comune le informazioni


a seconda delle autorizzazioni rilasciate ai mandanti e agli utenti finali. L’obiettivo è quello di fornire alla direzione ed ai responsabili di reparto una supervisione aggiornata sia globale che dettagliata delle varie attività del gruppo. Stoccaggio, movimentazione degli stock, depositi esterni, gestione ed evasione degli ordini, controllo del servizio al cliente, tutto è gestito con il CSB-System ed è predisposto per rispondere a qualsiasi richiesta, con la massima efficienza e in tempi brevissimi. Con la soluzione mobile del CSB-System, inoltre, il commerciale dotato di terminale portatile, inserisce e visualizza le informazioni in tempo reale, lavorando on-line o off-line sulle giacenze di magaz-

zino e inviando le informazioni direttamente sul server nella sede centrale. Il servizio al cliente ne beneficia perché non vi sono più incongruenze tra quanto ordinato e quanto evaso. Controllo di gestione e Contabilità: il software di settore diventa un sistema completo Accanto alle funzionalità specifiche per il settore avicolo, il CSB-System offre soluzioni per Contabilità & Finanze, Gestione Risorse Umane, Customer Relationship Management e Management & Controlling, al fine di sfruttare al massimo il potenziale di razionalizzazione in ogni punto della catena produttiva. Tutto in uno.

Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

Pollo dal Piemonte cresce in GDO Cresce ancora e consolida la propria presenza in GDO il progetto Gran Selezione, la linea Premium di Pollo dal Piemonte che conquista il gruppo Carrefour, il gruppo Dimar e il gruppo Sogegross–Basko. L’azienda, che ha fatto di filiera corta, rintracciabilità e benessere animale i propri punti di forza, conferma il trend positivo di vendite anche nel secondo semestre del 2016. «Gran Selezione è il nostro punto d’orgoglio — dichiara Andrea Costa, AD della Cooperativa Agricola Valverde — e siamo fieri che oggi sempre più insegne siano sensibili al tema dell’allevamento senza uso di antibiotico, sul quale noi abbiamo scommesso e abbiamo iniziato a lavorare un paio di anni fa. Gran Selezione è il punto di arrivo di un lungo percorso di ricerca perseguito attraverso programmi di miglioramento della salute degli animali e dell’ambiente, grazie a migliori condizioni negli allevamenti e alla minore densità negli stessi, all’utilizzo di nutrienti di alta qualità e ad un’attenzione costante ai polli da parte dello staff medico-veterinario. Nel 2015 Gran Selezione ha vinto il premio Good Chicken per il “Benessere animale”. Gran Selezione è in vendita al consumatore con un’etichetta molto chiara: allevato senza uso di antibiotici (informazione autorizzata dal disciplinare UNAItalia, approvato dal Ministero delle Politiche Agricole, certificato CSQA). Alleviamo bene, non curiamo! Stare attenti a ciò che mangiamo è un gesto d’amore, verso noi stessi e nei confronti delle generazioni future. Gran Selezione è frutto di un programma responsabile per l’utilizzo dell’antibiotico nella produzione avicola che la mia azienda ha iniziato già 2 anni fa con l’obiettivo di produrre polli in salute, senza uso di farmaci. Gran Selezione oggi non esisterebbe se non avessi potuto contare su un team di esperti, allevatori, nutrizionisti e veterinari, che hanno lavorato al mio fianco in questi anni. Produciamo 3.000 capi settimana e puntiamo, entro il primo semestre 2017, a raddoppiare questi numeri. Il prossimo step dell’azienda è adeguarsi ai disciplinari IFS, così da poter essere sempre più competitivi nei rapporti con la GDO».

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PACKAGING

All’evento parigino di Sealed Air “Enabler” esperti a confronto

Il packaging dedicato all’e-commerce contribuirà ad aumentare le vendite on-line nel settore alimentare

I

n occasione dell’evento “Enabler” svoltosi presso il PackForum di Parigi lo scorso settembre, Sealed Air — leader globale di materiali e sistemi di confezionamento per prodotti alimentari — ha incontrato alcuni esperti di e-commerce. Nel corso delle due giornate l’attenzione si è focaliz-

zata sulle opportunità e sulle sfide della vendita on-line al dettaglio di generi alimentari. Le discussioni si sono concentrate sull’esperienza dei consumatori, con l’obiettivo di esaminare il modo in cui freschezza, appeal, protezione, praticità, consegna e sostenibilità dei prodotti ne influenzino le scelte.

E-shoppers want more! A Parigi i delegati hanno partecipato ad alcuni workshop nel corso dei quali dovevano pianificare degli ordini on-line di cibi freschi secondo le caratteristiche dei diversi gruppi target, dai Millennials ai Baby Boomer. Per testarne la performance, le confezioni dovevano essere pianificate

L’evento “Enabler” ha consentito di trarre una conclusione comune: i venditori al dettaglio di generi alimentari non differenziano il packaging per gli alimenti deperibili destinati all’e-commerce. Ma il viaggio che compie il consumatore che effettua gli acquisti on-line è completamente diverso dagli acquisti in negozio, quindi anche le esigenze e le aspettative rispetto alla confezione sono diverse.

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e spedite con consegna il giorno successivo. L’evento ha consentito di trarre una conclusione comune: i venditori al dettaglio di generi alimentari non differenziano il packaging per gli alimenti deperibili destinati all’e-commerce. «L’approccio con il cibo on-line fino ad ora è stato opportunistico. Di fatto, per garantire un’esperienza perfetta al consumatore si devono prendere in considerazione molti aspetti chiave», ha affermato BARBARA GIUSTI, membro del Customer Innovation Group di Sealed Air. «I consumatori vogliono tracciabilità, trasparenza, freschezza, consegne agevoli e flessibili. Quando ricevono i prodotti ne valutano l’aspetto, la shelf-life, la protezione e si assicurano che non ci siano sprechi. Le soluzioni di packaging perfette offrono tutto questo». «L’e-commerce ci piace perché ogni volta che arriva un pacco sembra Natale, ma quando lo apriamo ci rendiamo subito conto della quantità di imballaggi eccessiva» ha aggiunto ROGER BOTTI, direttore creativo di Robilant Associati. «La soluzione? Ottimizzazione al cubo e contenitori riutilizzabili». Gli esperti presenti all’evento hanno valutato quanti fossero i principali retailer ad assumere un approccio olistico verso lo sviluppo delle infrastrutture di e-commerce, ma è necessario dare ancora più importanza al ruolo del packaging per gli alimenti deperibili all’interno di questo canale. Il viaggio che compie il consumatore che effettua gli acquisti online è completamente diverso dagli

A Parigi i delegati hanno partecipato ad alcuni workshop nel corso dei quali dovevano pianificare degli ordini on-line di cibi freschi secondo le caratteristiche dei diversi gruppi target, dai Millennials ai Baby Boomer. acquisti in negozio, quindi anche le esigenze e le aspettative rispetto alla confezione sono diverse. Esiste un “momento della verità” in cui i consumatori ricevono ed aprono la propria confezione. Il packaging serve a garantire che il merchandising del prodotto a questo punto sia stato ottimizzato e che i prodotti si possano aprire in modo facile e pratico. In questo modo si ottiene la migliore esperienza possibile per il cliente, si fa in modo che egli voglia ripetere l’esperienza e si garantisce una crescita continua di questo canale. «Il consumatore si aspetta di ricevere il prodotto in condizioni perfette, come appare sul sito web e al momento dell’acquisto. Il packaging deve avere caratteristiche di performance eccellenti, sia che si

tratti di confezioni ermetiche o di materiali resistenti alla perforazione» ha concluso ALDO GALBUSERA EMEA, Cheese Marketing Manager presso Sealed Air. «Queste caratteristiche contribuiscono anche a ridurre lo spreco e i resi, oltre che eventuali delusioni che potrebbero comportare una perdita nelle vendite. Il packaging per alimenti specifico per l’e-commerce deve minimizzare gli sprechi e le emissioni di carbonio, oltre a soddisfare le esigenze dei consumatore di prodotti green. Inoltre, considerato che i servizi di ordinazione per lo stesso giorno stanno diventando la norma, i clienti vorranno tracciare i propri prodotti in tempo reale. Un packaging innovativo potrebbe contribuire a ottenere questi risultati.

Sealed Air Corporation crea un mondo migliore sotto ogni possibile aspetto. Nel 2015, la società ha generato un fatturato pari a circa 7,0 miliardi di dollari USA, aiutando i clienti a raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità a dispetto delle maggiori sfide ambientali e sociali attuali. Il nostro portfolio comprende marchi noti, tra cui Cryovac®, soluzioni di confezionamento alimentare, Bubble Wrap®, imballaggio di protezione a bolle e Diversey®, soluzioni di sanificazione, igiene e pulizia. Le nostre soluzioni permettono una supply chain più sicura e meno dispendiosa, proteggono le merci spedite in tutto il mondo e migliorano la salute attraverso ambienti puliti. Sealed Air ha circa 23.000 dipendenti che si occupano dei clienti in 169 Paesi. >> Link: www.sealedair.com

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STATISTICHE

Macellazione del bestiame a carni bianche, 1o semestre 2016 di Aurora De Santis

A

partire da gennaio 2002 l’Istituto Nazionale di Statistica effettua mensilmente una rilevazione del bestiame a carni bianche macellato, con la finalità di ottenere informazioni sul numero di capi e il relativo peso (vivo e morto) degli animali abbattuti ogni mese sul territorio nazionale. Gli animali considerati, suddivisi in categorie, sono i volatili da cortile (avicoli, tacchini, faraone, anatre e oche), la selvaggina da penna e i conigli. L’indagine viene eseguita, in ottemperanza al Reg. CE n. 1165/2008, presso l’intero universo di mattatoi, pubblici

e privati, a bollo CEE e a capacità limitata, per un totale di circa 180 impianti, e riguarda sia il bestiame indigeno sia quello di provenienza estera. L’indagine è compresa nel Programma Statistico Nazionale con il codice IST001636 e per essa è previsto l’obbligo di risposta. I risultati I risultati dell’indagine relativa al primo semestre dell’anno 2016 evidenziano una macellazione di 274 milioni di capi avicoli, il 68,7% dei quali è costituto dall’abbattimento di polli da carne di peso superiore

ai 2 kg; l’insieme delle due categorie dei polli da carne, di peso inferiore e superiore a 2 kg, costituisce il 94,7% del totale avicoli (Tavola 1). La resa media degli avicoli risulta pari al 70,4% con un picco per la categoria dei polli Livornesi e Golden (75,8%). Il totale dei tacchini macellati è costituito da circa 14,9 milioni di capi, per un peso morto pari a circa 163.000 tonnellate, una resa media del 74,7% e un peso medio di 14,6 kg. Per quanto riguarda la categoria delle faraone, i capi macellati nel primo semestre 2016 sono circa 2,0 milioni per un peso

Tavola 1 – Macellazione per categoria del bestiame a carni bianche (gennaio-giugno 2016) kg

var. %

Resa media %

migliaia

var. %

kg

Peso medio kg

Polli da carne < 2 kg Polli da carne ≥ 2 kg Galline da riproduzione Galline ovaiole Capponi Polli Livornesi e Golden

71.194 188.501 789 12.264 270 1.297

1,2 7,9 –13,4 1,1 –3,2 5,0

114.514.806 576.658.192 2.993.955 24.311.209 725.133 2.699.502

1,6 3,1 3,8 2,0 2,7 2,1

77.354.413 411.231.488 2.056.020 14.898.749 512.146 2.045.846

2,8 8,8 –16,9 – 0,8 –9,9 3,6

67,5 71,3 68,7 61,3 70,6 75,8

Totale avicoli

274.315

5,7

721.902.797

2,6

508.098.662

7,4

70,4

7.732 7.015 124

3,3 5,8 –29,9

153.196.281 62.888.455 1.618.843

19,8 9,0 13,1

114.864.628 46.657.549 1.192.264

7,0 7,4 –28,7

75,0 74,2 73,6

Totale tacchini

14.871

4,0

217.703.579

14,6

162.714.441

6,7

74,7

Totale faraone

2.042

–5,0

3.611.674

1,8

2.611.113

–10,3

72,3

619

7,3

1.896.912

3,1

1.498.186

7,4

79,0

2

9.655

4,8

7.296

–22,5

75,6

10.744

–3,7

28.851.409

2,7

16.398.704

–5,0

56,8

Quaglie Piccioni

6.348 258

1,3 10,7

1.507.238 137.364

0,2 0,5

1.031.839 108.819

–3,4 10,6

68,5 79,2

Totale selvaggina

6.606

1,6

1.644.602

0,2

1.140.658

–2,2

69,4

Categorie

Tacchini maschi da carne Tacchini femmine da carne Tacchini da riproduzione

Totale anatre Totale oche Totale conigli

Peso vivo

Capi

Peso morto

Fonte: ISTAT. 138

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e

x

perience


morto di circa 2.600 tonnellate e una resa del 72,3%. La macellazione delle anatre ammonta a circa 619.000 capi, con resa media del 79,0%, peso morto complessivo pari a circa 1.498 tonnellate e peso medio di 3,1 kg. I conigli macellati in questo periodo sono circa 10,7 milioni, con una resa del 56,8%, un peso per capo di 2,7 kg e una produzione pari a circa 16.400 tonnellate di carne. La sezione selvaggina, in cui sono compresi quaglie e piccioni, fa registrare complessivamente circa 6,6 milioni di capi macellati. La produzione risulta pari a circa 1.645 tonnellate di carne macellata (peso morto) e la resa è al 69,4% rispetto al peso vivo. Aurora De Santis

I risultati dell’indagine relativa al primo semestre dell’anno 2016 evidenziano una macellazione di 274 milioni di capi avicoli, il 68,7% dei quali è costituto dall’abbattimento di polli da carne di peso superiore ai 2 kg.

Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

Il circuito Dop nel 2015 Alla fine del 2015 nel circuito Dop era stimata una consistenza delle scrofe pari a 445.142 capi (–3% circa rispetto all’anno precedente) presenti in 1.048 allevamenti (– 4,4% rispetto al 2014). Il numero dei suini certificati si è mantenuto sostanzialmente stabile nel 2015 (+ 0,2%), mentre secondo i dati parziali del 2016, nei primi otto mesi dell’anno, è leggermente aumentata l’offerta di suini certificati (CUC): +1,3% rispetto allo stesso periodo del 2015. Allevamenti del circuito Dop Regione

Suini certificati

2013

2014

2015

Diff. % 2015/2014

1

1

n.d.

0

0

n.d.

22

24

24

0,0

24.157

30.381

29.462

–3,0

Emilia-Romagna

744

722

698

–3,3

1.174.333

1.142.036

1.133.654

– 0,7

FVG

124

125

123

–1,6

147.225

159.642

162.937

2,1

Lazio

14

13

12

–7,7

29.312

21.949

16.769

–23,6

1.743

1.709

1.674

–2,0

4.550.149

4.526.303

4.539.524

0,3

Marche

84

79

76

–3,8

60.084

52.388

56.498

7,8

Molise

13

13

13

0,0

6.678

6.924

8.789

26,9

894

891

887

– 0,4

1.280.609

1.293.152

1.331.396

3,0

Toscana

68

64

60

– 6,3

90.049

83.349

84.410

1,3

Umbria

120

108

105

–2,8

116.600

83.987

80.405

– 4,3

Veneto

372

360

354

–1,7

592.530

563.023

537.269

– 4,6

Totale

4.199

4.109

4.026

–2,0

8.071.726 7.963.134 7.981.113

0,2

Valle d’Aosta Abruzzo

Lombardia

Piemonte

2013

2014

2015

Diff. % 2015/2014

Fonte: elaborazione ANAS su dati IPQ e INEQ.

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Macellazioni suine nella UE-28 da gennaio ad agosto 2016 .000 di tonnellate

.000 di capi

Peso morto medio 2016 (kg)

Variazione peso morto medio (kg) (*)

1,6

89,79

– 0,06

39.889

2,3

91,58

–2,28

31.731

4,6

85,45

1,45

2,6

15.943

1,7

83,58

0,74

1.285

4,0

14.316

3,1

89,73

0,79

1.000

– 6,5

11.657

– 6,2

85,74

– 0,33

Paese

Gen-Ago 2016

UE-28

15.310

1,6

170.518

Germania

3.653

– 0,1

Spagna

2.711

6,4

Francia

1.333

Polonia Danimarca Paesi Bassi

Diff. % 2016/15 (*)

Gen-Ago 2016

Diff. % 2016/15 (*)

972

3,2

10.282

2,9

94,49

0,34

1.011

2,8

7.889

4,2

128,12

–1,80

Belgio

706

–5,1

7.439

–5,4

94,91

0,29

Regno Unito

612

3,5

7.321

2,5

83,66

0,87

Portogallo

252

1,5

3.746

2,2

67,33

– 0,49

Austria

338

–3,0

3.456

–3,6

97,84

0,61

Italia

Ungheria

282

5,2

3.039

4,2

92,77

0,81

Romania

214

0,6

2.565

–1,5

83,56

1,74

Irlanda

189

4,5

2.213

4,5

85,54

0,01

Svezia

155

– 0,4

1.689

– 0,8

92,07

0,30

Repubblica Ceca

148

–2,8

1.618

–3,4

91,37

0,58

Finlandia

127

0,8

1.391

2,5

91,37

–1,47

Grecia

52

–3,7

838

–7,4

62,17

2,39

Croazia

51

11,7

696

7,8

72,59

2,57

Bulgaria

41

6,6

631

7,3

65,73

– 0,43

Lituania

41

–7,7

520

–7,4

78,75

– 0,23

Cipro

29

4,2

376

2,1

77,20

1,59

Estonia

29

2,7

351

– 0,6

81,53

2,63

Slovacchia

32

9,8

345

8,4

92,07

1,21

Lettonia

21

9,8

259

9,4

79,94

0,31

Slovenia

15

11,2

169

7,0

88,51

3,34

Lussemburgo

9

14,7

113

12,3

80,56

1,68

Malta

3

–10,2

37

– 8,0

88,21

–2,16

Andamento mensile delle macellazioni suine (.000 capi) e del prezzo del suino pesante in Italia (€/kg/p.v.) 1,8 1.200

1,6

1.100

1,4

1.000

1,2

900

1,0 0,8

800

0,6 700

N° capi macellati (.000) Prezzo medio mensile suino pesante

0,4

2015

Agosto

Luglio

Giugno

Aprile

Maggio

Marzo

Febbraio

Gennaio

Dicembre

Ottobre

Novembre

Settembre

Agosto

Luglio

Giugno

Aprile

Maggio

Marzo

0,0

Febbraio

0,2

500

Gennaio

600

2016

(*) Le variazioni sono riferite allo stesso periodo dell’anno precedente. Fonte: elaborazione ANAS su dati Eurostat.

142

Eurocarni, 1/17




Una Storia di Famiglia


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Grazie ad una eccezionale marezzatura, al grading separato di prime, choice e select, il manzo Black Angus Beef si distingue per altissima qualità, sapore unico e tenerezza a prova di forchetta!

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DIETA A BASE DI MAIS I bovini selezionati per il programma Black Angus Beef sono alimentati per almeno gli ultimi 120 giorni con una dieta specifica e bilanciata a base di mais di altissima qualità.

COMPLETA TRACCIABILITA' Con il Biologic Food Safety System ® e con un completo sistema di tracciabilità, siamo in grado di risalire ad ogni singolo capo, dalla stalla al vostro piatto.

NO ORMONI Tutti i bovini scelti per il programma Black Angus Beef non sono mai soggetti ad alcuna somministrazione di ormoni nè di agenti promotori della crescita, e provengono solo da programmi NHTC (non-hormone treated cattle).

UN'AZIENDA LEADER Nel Gruppo Quabas siamo impegnati fin dagli anni '70 nel commercio di carni della migliore qualità; importiamo direttamente manzo fresco e congelato, pollame congelato, agnello congelato, suino e selvaggina congelati dal Sud America, Nord America, Australia, Nuova Zelanda, Tailandia, dall'Europa e non solo.

Il manzo refrigerato

è distribuito in esclusiva per l’Italia da:

Black Angus Premium Farms S.r.L. Via Mascherpa 12 • 29010 Castelvetro P.no (PC) • Italia • Tel. +39 0523 257100 • Fax +39 0523 257139 • info@quabas.it


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