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Proteine e sostenibilità: come mangeremo nel futuro?
Slow Food sulla carne sintetica: più che il cibo del futuro forse ne è l’aff are
«Secondo chi sta sperimentando la carne sintetica per l’immissione sul mercato, innanzitutto americano, ma presto europeo e mondiale, è il cibo del futuro. Lo sarebbe per il suo valore etico, visto che eviterebbe la macellazione di animali, ma anche ambientale, perché consentirebbe di fare a meno degli allevamenti. Etica e ambiente ne accompagnano la narrazione. Ma a ben guardare sembra più l’aff are del futuro per un bel po’ di gruppi fi nanziari e multinazionali» dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia (in foto, photo © Alessandro Vargiu), commentando il primo via libera del cibo sintetico negli Stati Uniti. «Il rischio evidente è che il cibo, diventato una
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commodity, una merce di scambio sui grandi mercati internazionali come tante altre, diventi oggetto di una deriva tecnologica che lo priva di qualunque
signifi cato culturale, del legame coi territori e le comunità che ci vivono, con i loro saperi e tradizioni».
Sotto il profi lo ambientale, l’impatto della carne sintetica è tutt’altro che indiff erente, per via dei grandi consumi energetici dei bioreattori necessari alla sua produzione. Un dato importante, ma non suffi cientemente rilevato, è che i prodotti a base di carne coltivata sono iperprocessati, contengono coloranti, aromatizzanti, addensanti, necessari per conferire loro la forma di hamburger o crocchetta, per dare consistenza e sapore di carne. La carne è sviluppata grazie a ormoni e lieviti OGM. Come del resto i sostituti della carne a base vegetale, già sul mercato anche in Italia. «Secondo Slow Food il futuro di una produzione alimentare buona, pulita e giusta per tutti è nella scelta più consapevole delle proteine da portare in tavola. Dobbiamo ridurre i consumi di carne e privilegiare, in alternativa alle carni da allevamenti industriali, prodotti di aziende sostenibili dove gli animali sono allevati con rispetto. La riduzione nel consumo di carne può essere compensata con legumi da coltivazioni che rispettano la terra e non con la soia proveniente da altri continenti, frutto di monocolture che impoveriscono e avvelenano comunità e territori. Non c’è bisogno di altri sostituti altamente processati» continua Nappini. Che dire inoltre dei fi nanziatori del settore, alcuni dei quali sono le stesse multinazionali responsabili dei danni prodotti dal sistema agroalimentare e zootecnico negli ultimi decenni? Tra i fi nanziatori della ricerca sulla carne in vitro ci sono ad esempio anche Cargill e Tyson Foods. Come evitare che questo nuovo mercato sia occupato e controllato da potenti corporations?
A breve la UE aff ronterà decisioni analoghe e i consumatori dovranno essere tutelati. Se sarà possibile defi nire in etichetta i prodotti da agricoltura cellulare con termini quali “carne” o “hamburger” o “bistecca”, la confusione sul mercato sarà totale. La trasparenza in etichetta è cruciale, è lo strumento più importante a disposizione dei consumatori per sapere cosa mettono nel carrello e fa parte di questo principio non consentire l’uso di termini fuorvianti. Già nel 2020 Slow Food aveva realizzato la ricerca I sostituti della carne, esaminando vari studi scientifi ci per approfondire gli eff etti della loro introduzione sul mercato, con un’attenzione particolare alle implicazioni sulla salute umana, l’ambiente, il mondo produttivo. Il marketing sbrigativo a favore della carne coltivata e dei sostituti della carne ottenuti da cellule vegetali, potrebbero colpire non solo l’allevamento industrializzato che sta minando le risorse del pianeta, ma anche gli allevatori sostenibili e virtuosi, più fragili, già penalizzati dal mercato e poco sostenuti delle istituzioni (fonte: Slow Food Italia).