Eurocarni 3-2016

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali € 5,42

Anno XXXI N. 3 • Marzo 2016

INTERBEV: un esempio per l’Italia

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3/16 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: Immagini

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La carne nel mondo

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Naturalmente carnivoro

16

Attualità

L’interprofessione bovina francese, un esempio per l’Italia Al 50% degli Italiani l’agricoltura interessa poco

Elena Benedetti Fortunato Tirelli

18 24

Legislazione

Dichiarazione nutrizionale: i colpi di coda del Regolamento UE 1169 Indicazioni di “adeguata cottura” per le preparazioni e i prodotti a base di carne di pollame

Guido Guidi

26 30

Slalom

Borse in affanno e freno all’economia globale

Cosimo Sorrentino 32

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

36

Meat blogger

Belluno, innovazione nei preparati di carne

Andrea Laganga

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Aziende

Co.Be.Ca. Commerciale: orgoglio e responsabilità Borgoluce: la ricchezza dell’ecosostenibilità

Elena Benedetti 42 Massimiliano Rella 48

Retail marketing

Mercato e prospettive di sviluppo del comparto avicolo nel contesto nazionale Self-service assistito delle carni e comunicazione

Raffaello Bernardi 52 Elena Benedetti

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Zootecnia

Come sta cambiando l’allevamento nel mondo

Giulia Mauri

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Nutrizione

Carni rosse, il parere del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare Oligoelementi, potere nascosto della carne

70 Giovanni Ballarini 72

Macellerie d’Italia

I macellai fanno rete Casa Portanova, armonia di sapori e bellezza

Elena Benedetti Elena Benedetti

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Macellerie d’Europa

Mesarija Peršolja, il Collio al di là del valico

Riccardo Lagorio

88

Ristoranti carnivori

Taverna Pascalone: l’arte della frollatura è di casa

Riccardo Lagorio

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La carne in tavola

Vogliamo parlare di quello “stacco di coscia”?

Giorgia Fieni

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Carni esotiche

Gran fama al coccodrillo

Josette Baverez Blanco 100

Convegni

Tutela della biodiversità e nuove cultivar per affrontare le sfide del domani

Giulia Mauri

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Rassegne

La Fiera del Bue pasquale

Riccardo Lagorio

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Fiere

Fieragricola 2016: innovazione e business

116

Alimentaria 2016: festa grande e tanto business

122

IFFA, decolla il progetto Industria della carne 4.0

124

Classificazione suina con CSB-Image-Meater®

128

Innovazioni all’avanguardia nel campo dell’automazione portano le aziende avicole ad un nuovo livello

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I porzionatori a peso fisso Marelec arrivano in Italia

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Tecnologie

La pagina scientifica

La carne tenerizzata e separata meccanicamente

Statistiche

Suinicoltura italiana: prime stime per il 2015

Alfonso Piscopo

136 142

In copertina: nuova campagna di comunicazione per Co.Be.Ca. Commerciale (photo © MJ Pubblicità Srl – mjpubblicita.com).

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il meglio della carne di vitello Olandese VanDrie Group, leader nel mercato mondiale delle carni di vitello, offre una garanzia assoluta al consumatore grazie alla filosofia della “filiera integrata”. Dal principio alla fine, dagli allevamenti dei vitelli presso i quali gli animali crescono in gruppo, fino alle aziende produttrici di latte in polvere, si opera in stretta collaborazione sulla base del principio dell’approccio integrato, con il supporto dei sistemi di controllo più avanzati. La filiera produttiva integrata che ne deriva, oltre ad essere la risposta ideale alle richieste sempre diverse dei clienti, consente una produzione di carni di vitello responsabile e, soprattutto, sicura, senza alcun rischio.

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LA CARNE NEL MONDO

Carni suine: lieve l’aumento produttivo previsto nel prossimo decennio La Direzione generale dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale della Commissione europea ha diffuso le previsioni a medio termine sul mercato agricolo comunitario. In una nota diramata da ANAS, l’Associazione nazionale allevatori suini, viene fatto il punto sul comparto suinicolo europeo. I servizi della Commissione prevedono, infatti, una crescita marginale della produzione suinicola nel prossimo decennio (+0,2%/anno), dovuta sia a motivi di tutela ambientale che ad una flessione dei consumi di carne suina a livello comunitario. Tra i maggiori produttori, gli aumenti interesseranno solo alcuni Paesi tra cui la Germania, la Spagna, la Polonia e l’Olanda, mentre in Danimarca e in Italia è previsto un leggero calo produttivo. Secondo il rapporto, si verificheranno dei progressivi cambiamenti nell’organizzazione produttiva della UE: Olanda e Danimarca si specializzeranno nella produzione di suinetti e incrementeranno le loro esportazioni, mentre Germania e Polonia si confermeranno forti importatori di suinetti (nel 2013 già assorbivano il 78% del mercato comunitario). La domanda di carne suina a livello mondiale si manterrà sostenuta, anche se crescerà più lentamente rispetto al precedente decennio (+2% l’anno anziché +3,1%). Nel 2025 la richiesta mondiale dovrebbe raggiungere gli 8,8 milioni di tonnellate e sarà sostenuta soprattutto dall’Asia e dall’Africa Sub-sahariana. Buona parte della domanda sarà assorbita dalla Cina. Dopo il forte aumento dei consumi pro capite già registrato tra il 2014-2015, nei Paesi della UE N13, quelli che sono entrati a far parte dell’Unione più di recente, ci si attende un’ulteriore crescita, soprattutto in Polonia e in Romania, fino a raggiungere i 34,9 kg/pro capite nel 2025. Al contrario, nei Paesi della UE-15 i consumi pro-capite sono previsti in calo (arriveranno a 31,1 kg/pro capite nel 2025). Nel prossimo decennio, secondo gli esperti della Commissione, i prezzi dei suini dovrebbero avere un andamento più sostenuto (+11% nel 2025 rispetto al 2014) grazie soprattutto alla domanda elevata che si registrerà a livello mondiale (fonte: Osservatorio Agri&Food di CremonaFiere).

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Nel 2016 il settore avicolo USA sarà influenzato dall’economia cinese Il decennio compreso tra il 1992 e il 2012 è stato caratterizzato dalla forte crescita dei prezzi delle materie prime, che sono aumentati di circa 4 volte. Questa bolla speculativa è recentemente scoppiata ma il settore avicolo deve ancora affrontare alcune conseguenze del periodo post recessione. L’economia globale degli Stati Uniti, e quindi anche il mercato avicolo, si è ormai rialzata dai minimi toccati durante la recessione, ma per la carne di pollo, di tacchino e per le uova la ripresa dipende in gran parte dall’influenza di altri Paesi, in particolare della Cina. Sono queste le principali considerazioni che l’economista statunitense PAUL AHO ha presentato in occasione di un convegno svoltosi durante l’IPPE 2016 (International Production & Processing Expo). Attualmente, il costo di mais e farina di soia è piuttosto basso e secondo Aho questa tendenza al ribasso dovrebbe durare anche nei prossimi mesi, grazie soprattutto all’aumento della produzione cerealicola di Paesi come Argentina, Brasile e Paraguay. In Argentina, ad esempio, la nuova presidenza ha permesso di raggiungere un accordo con i produttori di soia per la vendita dei loro prodotti verso l’estero, comportando notevoli vantaggi per chi acquista mangimi avicoli. Tuttavia Aho ritiene che nel 2016 i prezzi del petrolio, attualmente al di sotto del costo di produzione, torneranno a salire, comportando, nei prossimi due o tre anni, un ulteriore aumento dei prezzi del grano. Nel breve periodo però le previsioni per il mercato avicolo sono piuttosto rosee. Dopo aver sofferto, tra il 2006 e il 2010, di una contrazione dei consumi, nel 2015 il consumo mondiale pro capite di pollo ha superato quello della carne rossa. Tuttavia, i livelli medi di reddito, un parametro importante per stimare il consumo totale di carne, non hanno ancora pienamente recuperato i massimi osservati nel 2007 (fonte: WATTAgNet, UNAItalia).

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NATURALMENTE CARNIVORO

In questo numero vi presentiamo un “Naturalmente carnivoro” partenopeo. Giuseppe Portanova, macellaio, figlio d’arte, ha recentemente trasformato la bottega delle carni di famiglia in Casa Portanova, un locale di tendenza che propone una selezione di salumi, carni, formaggi e vini di qualità. Per far sentire i clienti a proprio agio come se fossero a casa loro. A pagina 82 un servizio di Elena Benedetti (photo © Enzo Muto).

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ATTUALITÀ

L’interprofessione bovina francese, un esempio per l’Italia di Elena Benedetti

È

consuetudine per INTERBEV, l’interprofessione francese del bestiame e delle carni, organizzare ogni inizio anno un incontro per fare il punto sugli scenari della zootecnia e sulle tendenze delle carni bovine in Francia e Italia, Paesi partner che condividono interessi, cultura e scambi commerciali. Con la collaborazione di FFCB, la federazione francese dei commercianti di bestiame, di Coop de France, federazione nazionale delle

cooperative bestiame e carni, di FNB, federazione nazionale bovina, e di FMBV, federazione dei mercati di bestiame, lo scorso 5 febbraio, a San Giovanni Lupatoto (VR), Interbev ha chiamato a raccolta oltre 200 operatori al convegno intitolato “Le nostre filiere bovine a confronto con le sfide sociali”. L’interprofessione agroalimentare in Francia ha una lunga tradizione. La sua costituzione risale addirittura all’ottobre del 1979

quando fu creata per iniziativa delle organizzazioni rappresentative della filiera bovina. La sua missione è quella di migliorare la competitività della filiera francese mantenendo l’equilibrio tra il potere negoziale delle varie categorie, in modo che tutte possano contribuire allo sviluppo dell’intera filiera. Un’interprofessione forte Ma cosa fa esattamente un’interprofessione? Interbev si occupa della

Nel corso dell’incontro è stato più volte illustrato il progetto europeo Beef Carbon, che vede coinvolti quattro Paesi (Irlanda, Francia, Spagna e Italia) a forte vocazione zootecnica e 170 azienda agricole innovative. L’obiettivo è quello di mettere a punto delle buone pratiche di allevamento che consentano, nell’arco di 10 anni, di ridurre del 15% l’impronta di carbonio della carne bovina.

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La sala convegni dell’hotel CTC di San Giovanni Lupatoto affollata di partecipanti al convegno dell’interprofessione bovina. promozione collettiva dei prodotti della filiera, dell’organizzazione e armonizzazione delle pratiche e relazioni professionali o interprofessionali, del miglioramento del funzionamento, della gestione e della trasparenza del mercato. Non manca poi il lavoro per la realizzazione di programmi di ricerca applicata, di sperimentazione e sviluppo, l’analisi della qualità dei prodotti e dei meccanismi di mercato. Non ultimo, l’interprofessione si occupa di gestire la comunicazione in modo centralizzato e strategico

“Interbev ha ricordato ai cittadini che il rapporto OMS non dice nulla di nuovo in materia di sicurezza alimentare e che la quantità di carne che mediamente mangia il consumatore francese è di parecchio inferiore rispetto a quella dichiarata a rischio”

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quando si verificano turbolenze mediatiche. L’esempio della pubblicazione del Rapporto OMS dello scorso fine ottobre è stato più volte sottolineato dai vari relatori del convegno. Come ha reagito la Francia? P HILIPPE C HOTTEAU , di IDELE, Institut de l’Elevage (idele.fr), l’ha spiegato chiaramente. «Nel mese di novembre, tra la pubblicazione del rapporto OMS e gli attentati terroristici di Parigi avevamo registrato un calo dei acquisti di carne da parte dei consumatori» ha detto Chotteau. «L’interprofessione francese però ha reagito con forza e ha fatto tanto, comunicando in modo efficace e immediato. Interbev ha ricordato ai cittadini che il rapporto non dice nulla di nuovo in materia di sicurezza alimentare e, altra cosa importante, che la quantità di carne che mediamente mangia il consumatore francese è di parecchio inferiore rispetto a quella dichiarata a rischio». I messaggi sono stati ascoltati e l’emorragia dei consumi è stata arrestata. La stessa cosa non si può certo dire per l’Italia, che ha registrato un

altro colpo sul fronte dei consumi di bovino. KEES DE ROEST, Centro Ricerche Produzioni Animali – CRPA, nel corso del suo intervento, lo ha sottolineato parlando di “reazione emotiva” nel nostro Paese. 2015, un anno difficile per tutti MICHEL FÉNÉON di Eurofrance ha sottolineato che il 2015 è stato un anno molto difficile per la filiera allevatoriale francese e la crisi mediatica alimentata dalla pubblicazione del Rapporto OMS non ha certamente aiutato. «L’export di bovini magri dalla Francia all’Italia ha subito un calo, compensato dai maggiori flussi commerciali verso altri Paesi, tra cui la Turchia», ha detto Philippe Chotteau, aggiungendo poi «che l’anno scorso ha giocato un ruolo importante». Sul fronte dell’export di vacche del peso superiore ai 300 kg l’Italia detiene sempre il monopolio. «In Italia c’è stato un calo delle macellazioni e, ovviamente, un lieve calo delle importazioni dei ristalli» ha aggiunto De Roest, sottolineando che il calo dei consumi di carne bovina dal 2012 al 2014 ha rag-

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Un’infografica che illustra l’intera filiera delle carni bovine, dall’allevamento al punto vendita.

Made in Viande (www.la-viande.fr/made-in-viande) è l’evento organizzato da Interbev che quest’anno si svolgerà dal 21 al 25 maggio in tutta la Francia. Nel corso delle giornate sarà possibile visitare allevamenti, stabilimenti di lavorazione carni, supermercati e macellerie. L’intera filiera delle carni francesi aprirà le porte ai consumatori, curiosi, scettici, per raccontare che cosa c’è dietro al prodotto carne.

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giunto il 12%, comprendendo nel calcolo anche il segmento della ristorazione. «Anche il patrimonio delle vacche nutrici in Italia è calato (i dati del 2015 non sono ancora disponibili) mentre è aumentata la quota di consumo di carne estera». Il motivo di quest’ultimo dato è imputabile principalmente al prezzo, soprattutto per la carne bovina proveniente dalla Polonia. L’impegno della filiera di fronte alle sfide ambientali Questo è stato il tema presentato da B RUNO D UFAYET di Interbev, che ha illustrato l’attività dell’interprofessione volta a creare una commissione interna dedicata ai temi dell’ambiente, del benessere animale e della nutrizione. «Oggi all’interno dell’interprofessione ci sono nuove sfide» ha detto Dufayet. «Se prima parecchie energie erano incentrate sulla promozione ora, invece, dobbiamo lavorare su temi nuovi, che sempre più impatteranno sulle scelte di acquisto dei nostri consumatori». Come funzionerà questa commissione? «Lavorerà attraverso gruppi di lavoro tematici formati da esperti e operatori presieduti ognuno da un rappresentante della professione». L’obiettivo è chiaro: articolare e consolidare il posizionamento della filiera delle carni bovine francesi verso i temi oggi cari ai consumatori. Primo fra tutti c’è l’ambiente, che comprende i sistemi di allevamento e l’alimentazione degli animali, l’impronta ambientale della carne e l’etichettatura dei prodotto. C’è poi il benessere dell’animale al quale sono legati il trasporto dei capi vivi e le condizioni di macellazione. Non ultima c’è la nutrizione, con le quantità consumate e il nesso tra carne e salute. Beef Carbon, abbassiamo l’impronta Nel corso della relazione Bruno Dufayet ha illustrato anche il progetto Beef Carbon, un programma europeo che coinvolge quattro Paesi (Irlanda, Francia, Spagna e Italia) e 170 aziende agricole innovative. L’obiettivo del progetto è quello di

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mettere a punto delle buone pratiche di allevamento che consentano, nell’arco di 10 anni, di ridurre del 15% l’impronta di carbonio della carne bovina. Il tema della produzione della carne bovina a bassa impronta di carbonio è stato approfondito anche da LUCIANO MIGLIORATI di CREA-FLC, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Questo metodo svilupperà una metodologia unica per il calcolo dell’impronta di carbonio come strumento condiviso di calcolo a scala aziendale. Non ultimo l’intervento di GIACOMO PIRLO di CREA, il quale ha sottolineato l’importanza di questa indagine europea rivolta alla riduzione delle emissioni alla luce delle preoccupazioni dell’opinione pubblica. Interprofessione in Italia, non si può più aspettare Nella tavola rotonda che ha fatto seguito al convegno il comun denominatore dei vari interventi è stato uno solo: manca l’interprofessione in Italia ed è ora di agire. EGIDIO SAVI di Parma France, nonché rappresentante di ASSOCARNI, è stato lapidario: «abbiamo già perso 5/6 kg di carne pro capite e se non facciamo qualcosa il consumo andrà ancora giù» ha detto Savi, aggiungendo che «l’unica strada che possiamo e dobbiamo percorrere è l’interprofessione!». Anche FABIANO BARBISAN, presidente del Consorzio L’Italia Zootecnica, e GIULIANO MARCHESIN, direttore di Unicarve, hanno ricordato le battaglie che da anni le loro associazioni combattono ai tavoli interministeriali per la costituzione di un progetto comune capace fronteggiare le difficoltà di mercato e le congiunture avverse di questi tempi. Elena Benedetti

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Al 50% degli Italiani l’agricoltura interessa poco di Fortunato Tirelli

L’

opinione pubblica è la risultante del pensiero comune, importante perché influenza le scelte e le decisioni istituzionali. Da Bruxelles si apprende che il 69% degli Europei ritiene importante l’agricoltura, mentre la percentuale italiana si colloca al 50%, 19 punti in meno della media europea. Un dato che deve far riflettere tutti, istituzioni e cittadini, perché l’agricoltura, come si sa, non è solo una delle tante attività produttive; dall’agricoltura dipende l’alimentazione, un’esigenza che interessa tutta l’umanità, ivi compresa quella degli animali, dalla quale ottiene una parte cospicua della sua nutrizione. L’agricoltura, con le sue coltivazioni arboree ed erbacee, esercita una funzione positiva tanto

sul clima quanto sull’ambiente e sulla sostenibilità. A che cosa si deve una percentuale così bassa dell’interesse verso l’agricoltura rilevato in Italia? Ad avviso di tanti vi contribuisce chi continua a considerare gli aiuti UE come regali elargiti agli agricoltori a spese della Comunità e volutamente ignora che gli aiuti sono compensazioni per i condizionamenti subiti, fatti in passato di prelievi e più di recente di quote produttive, per importanti produzioni come latte, barbabietola, ecc…, in misura da non compensare le rinunce che i regolamenti impongono al settore. Inoltre, l’agricoltura europea ha liberato gli Stati Membri dalla dipendenza alimentare, e quindi dagli oneri conseguenti, conquistando un’indipendenza con tutti i vantaggi

che la produzione europea assicura sul piano della qualità e sicurezza del prodotto. Salvaguardare l’agricoltura vuol dire anche salvaguardare un polmone non secondario di occupazione, diretta e indiretta, che abbraccia l’industria alimentare, i trasporti, la meccanica, ecc… C’è quindi spazio per la comunicazione, che deve contribuire ad elevare la percentuale di chi sino ad oggi ha dichiarato che l’agricoltura è importante e va aiutata a migliorare per il bene comune. Senza perdere di vista i problemi propri del settore, che restano il mercato, il credito, il ringiovanimento, l’innovazione, la ricerca e la burocrazia; e, per quanto attiene alla PAC, l’introduzione di quelle correzioni che l’usura del tempo rende necessarie.

Quello dei giovani e del ricambio generazionale in agricoltura è un tema di grande attualità. On-line è disponibile il quaderno, realizzato in collaborazione con il MiPAAF,“I giovani e il ricambio generazionale in agricoltura”. Particolare attenzione viene dedicata al sostegno pubblico finalizzato all’inserimento e al mantenimento dei giovani nel primario (photo © Francesco Vignali).

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Il ministro Martina visita Inalca a Mosca, sinergie e opportunità tra Russia e Italia Lo scorso 11 febbraio il ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina ha visitato lo stabilimento Inalca di Odintsovo, alla periferia di Mosca, una delle più moderne piattaforme distributive di prodotti alimentari della Russia con annesso il più grande impianto di produzione di hamburger, aperto dal Gruppo Cremonini nel 2010. La visita allo stabilimento era stata inserita tra le tappe ufficiali della missione ministeriale italiana, dopo la partecipazione del ministro all’importante fiera alimentare ProdExpo e l’incontro ufficiale col vice Primo Ministro della Federazione Russa, Arkady Dvorkovich. L’esperienza trentennale di Inalca in Russia è sempre più apprezzata dalle autorità russe, che hanno individuato nella società italiana un partner importante per il futuro sviluppo della filiera zootecnica nel Paese. «Il modello di Inalca in Russia — ha spiegato Luigi Scordamaglia, AD di Inalca — costituisce un esempio ideale della sinergia e della complementarietà tra le filiere agroalimentari dei due Paesi. Da un lato Inalca opera nella distribuzione di eccellenze alimentari made in Italy fornendo ogni giorno migliaia di ristoranti ed hotel russi, e dall’altro la società ha ormai da anni investito significative risorse in impianti produttivi che permettono di valorizzare la filiera zootecnica locale. La Federazione Russa ha oggi enormi potenzialità di produzione agricola e l’Italia, dal canto suo, con un’industria alimentare caratterizzata da un livello tecnologico e di know how tra i più elevati al mondo, è il partner ideale in questa fase di modernizzazione della filiera agroindustriale, soprattutto attraverso investimenti nelle regioni russe a maggiore vocazione agricola. Adesso però è arrivato il momento di porre fine a questo inutile e controproducente sistema di sanzioni e contro sanzioni e l’opera che il Governo italiano sta facendo a tal fine è fondamentale. Speriamo in maggiore buon senso da parte di Bruxelles». Cremonini opera in Russia dal 1985: è presente con 6 moderne piattaforme distributive a Mosca, Odintsovo, San Pietroburgo, Rostov, Novosibirsk e Samara, dove distribuisce oltre 2.000 prodotti alimentari, tra cui le eccellenze del made in Italy (pasta, olio, pomodoro, ecc…) a più di 2.500 clienti tra ristoranti, alberghi e grandi collettività. Per quanto riguarda la produzione, oltre allo stabilimento di hamburger di Odintsovo, nel 2014, Inalca ha aperto nella regione di Orenburg un impianto di macellazione e lavorazione di carni bovine, provvisto delle più moderne tecnologie, a completamento della filiera. L’impianto, con una capacità di quasi 100.000 capi all’anno, ha posto le basi per sviluppare e consolidare in Russia una filiera bovina integrata, tra allevamento, macellazione, lavorazione e distribuzione delle carni, secondo un modello già applicato con di successo da Inalca in Europa.

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LEGISLAZIONE

Dichiarazione nutrizionale: i colpi di coda del Regolamento UE 1169 Non ci si era ancora abituati all’idea di dover segnalare la presenza di allergeni in etichetta, che ora si deve sottostare ad un ulteriore obbligo. Aumentano le incombenze e quindi i costi a carico dei produttori. Bisogna però leggere l’ennesima norma come un’occasione sul piano commerciale di Guido Guidi

I

l Regolamento UE 1169/2011 che detta le norme comunitarie in merito alle informazioni ai consumatori è divenuto applicabile a più riprese e in momenti differenti, tutti previsti dalla normativa stessa. Dopo l’entrata in vigore dei dettati relativi alle carni macinate e poi all’indicazione degli allergeni, è ora la volta della tabella nutrizionale che sarà obbligatoria a far data dal 13 dicembre 2016. Chi però in questi ultimi anni avesse inteso, su base volontaria, dare al consumatore delle infor-

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mazioni sui valori nutrizionali del prodotto, si sarebbe già dovuto adeguare. Non avrebbe potuto dunque presentare una tabella nutrizionale a proprio piacimento, ma solo secondo le indicazioni imposte dalla nuova norma europea. L’etichettatura nutrizionale è già divenuta obbligatoria infatti nei casi in cui “un’informazione nutrizionale figuri in etichetta o nella presentazione o nella pubblicità dei prodotti alimentari a eccezione delle campagne pubblicitarie”. Inoltre, chi attribuiva al prodotto

qualità specifiche e benefiche come “ricco di fibra” oppure “ricco di calcio” o diciture simili, aveva già da tempo l’obbligo di adeguarsi al tanto discusso Regolamento comunitario. L’indicazione sul valore nutrizionale di un cibo diventa obbligatoria, beninteso, negli alimenti preconfezionati, mentre tuttora rimane in capo agli Stati Membri dell’UE la potestà di decidere quali informazioni debbano accompagnare la vendita di alimenti al consumatore finale o alle collettività quando il prodotto è privo di preimballaggio oppure

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Il biologico a piene mani. CARNI E SALUMI DA AGRICOLTURA BIOLOGICA CERTIFICATA Dal 1998, Bio Alleva si dedica alla produzione di Carni e Salumi provenienti da allevamenti biologici per garantire ogni giorno gusto e qualità ai propri consumatori. La sua grande vocazione? Rispettare l’integrità del territorio per recuperare la genuinità dei sapori. La ricerca della naturalità Bioalleva inizia dai pascoli: tutti biologici, rispettosi dell’etologia delle specie, della serenità degli animali e della loro libertà di movimento. Bioalleva. La nostra qualità è un dono di natura.

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L’indicazione sul valore nutrizionale di un cibo diventa obbligatoria negli alimenti preconfezionati, mentre resta in capo agli Stati Membri la potestà di decidere quali informazioni debbano accompagnare la vendita di alimenti privi di preimballaggio o imballati sul luogo di vendita o, ancora, quando è previsto il preimballaggio per la vendita diretta (photo © gleasner.com). sia imballato sul luogo di vendita su richiesta del consumatore o ancora quando è previsto il preimballaggio per la vendita diretta. Ci potrebbero pertanto essere ulteriori sorprese nel futuro prossimo. Gli articoli che interessano il produttore a questo proposito sono quelli dal 29 al 35 del Regolamento, dove è fornita una prima precisazio-

“Il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive sono sempre espressi per 100 g o per 100 ml. Mentre le eventuali dichiarazioni relative alle vitamine o ai sali minerali, oltre alla forma di espressione per 100 g o per 100 ml, possono essere espresse quali percentuali delle assunzioni di riferimento”

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ne in merito al fatto che la tabella nutrizionale non sia richiesta agli integratori alimentari e alle acque minerali, per i quali è invece prevista una dichiarazione nutrizionale apposita e completamente differente da quella che andiamo a descrivere. La norma, inoltre, si applica fatta salva la Direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 maggio 2009, relativa agli alimenti destinati ad un’alimentazione particolare. Ci sono ulteriori prodotti alimentari per i quali la dichiarazione nutrizionale non è obbligatoria. Si tratta dei: • prodotti non trasformati o sottoposti unicamente a maturazione mono-ingrediente o con una sola categoria di ingredienti; • acque destinate al consumo umano; • piante aromatiche, spezie o loro miscele; • sale e succedanei; • edulcoranti da tavola; • estratti e chicchi di caffè/decaf-

feinati, di cicoria; • infusioni a base di erbe e di frutta, tè/decaffeinati, istantanei o solubili o estratti; • aceti di fermentazione e succedanei; • aromi; • additivi e coadiuvanti tecnologici, enzimi; • gelatina, composti di gelificazione per marmellate, lieviti, gomme da masticare; • alimenti in imballaggi con superficie maggiore inferiore a 25 cm2; • alimenti anche confezionati artigianalmente, forniti di piccole quantità al consumatore finale o strutture locali di vendita al dettaglio. La tabella nutrizionale di tutti gli altri prodotti, per i quali l’obbligo invece entrerà a breve in vigore, deve contenere nello specifico i seguenti valori: a. il valore energetico; b. la quantità di grassi, acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale.

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Le suddette indicazioni possono essere ulteriormente integrate con acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, polioli, amido, fibre, i sali minerali o le vitamine elencati all’allegato XIII del Regolamento, presenti nella quantità definita dal regolamento stesso. Le vitamine e i sali minerali devono essere elencati se presenti in misura significativa rispetto alla Razione Giornaliera Raccomandata (Rda). Per determinare cosa costituisca una quantità significativa di vitamine e di sali minerali devono essere presi in considerazione i seguenti valori: • 15% dei valori nutritivi di riferimento per 100 g o 100 ml nel caso di prodotti diversi dalle bevande; • il 7,5% dei valori nutritivi di riferimento per 100 ml nel caso delle bevande; • oppure, il 15% dei valori nutritivi di riferimento per porzione se l’imballaggio contiene una sola porzione. Nella dichiarazione nutrizionale, il valore energetico accompagnato dalla quantità di grassi, acidi grassi saturi, zuccheri e sale, la quantità di sostanze nutritive e/o la percentuale delle assunzioni di riferimento fissate nell’allegato XIII, parte b del Regolamento, possono essere espresse soltanto per porzione o per unità di consumo. In questo caso, la porzione o l’unità utilizzata è indicata nelle immediate prossimità della dichiarazione nutrizionale. Quando le quantità di sostanze nutritive sono espresse soltanto per porzione o per unità di consumo e nei casi espressamente previsti dalla norma, il valore energetico è espresso per 100 g o per 100 ml nonché per porzione o per unità di consumo. Se il valore energetico o la quantità di sostanze nutritive di un prodotto si può ritenere trascurabile, le informazioni relative a questi elementi possono essere sostituite da una dicitura del tipo “contiene quantità trascurabili di…”. Il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive sono sempre espressi per 100 g o per 100 ml. Men-

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tre le eventuali dichiarazioni relative alle vitamine o ai sali minerali, oltre alla forma di espressione per 100 g o per 100 ml, possono essere espresse quali percentuali delle assunzioni di riferimento. In tal caso, deve figurare, nelle immediate vicinanze, la seguente dicitura supplementare: “assunzioni di riferimento di un adulto medio (8.400 kJ/2.000 Kcal)”. Il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive si riferiscono all’alimento così com’è venduto. È possibile che le indicazioni si riferiscano anche all’alimento dopo la sua preparazione per l’impiego, ma solo nel caso in cui le modalità di utilizzo siano descritte in modo particolareggiato. Altro aspetto importante è che le indicazioni nutrizionali vengano presentate nel campo visivo principale dell’etichetta e utilizzando una dimensione di carattere la cui parte mediana (altezza della x) sia pari o superiore a 1,2 mm, così come previsto all’articolo 13, paragrafo 2. Nel complesso, fanno eccezione le bevande alcoliche, qualora l’etichetta contenga i valori nutrizionali. In questo caso, infatti, il contenuto della dichiarazione si può limitare al solo valore energetico. Ricordiamo che l’articolo 16, comma 4, del Regolamento europeo in questione decreta la non obbligatorietà dell’elenco ingredienti e della dichiarazione nutrizionale nell’etichetta delle bevande con contenuto alcolico superiore all’1,2% in volume. Poiché non è sempre facile reperire i dati che vanno riportati nella tabella nutrizionale, il regolamento offre tre possibilità per definire i valori da dichiarare: 1. la prima è che si tratti di valori medi stabiliti a seguito di analisi dell’alimento effettuate direttamente dal fabbricante e con costi, ovviamente, a suo carico; 2. la seconda possibilità è che il produttore si riferisca a valori medi noti o effettivi relativi agli ingredienti utilizzati; 3. in terza ipotesi, il calcolo può essere effettuato a partire da dati stabiliti e universalmente accettati.

“In tempi in cui il consumatore è particolarmente attento al valore nutrizionale di un alimento, presentare la tabella nutrizionale può fare la differenza tra vendere o meno. Soprattutto nel confronto con i prodotti industriali, che da tempo riportano le indicazioni nutrizionali per motivazioni commerciali, non apporre simili informazioni può diventare un elemento di svantaggio”

Questo consentirebbe alle piccole imprese che non possono accollarsi i costi di ricerche specifiche di assolvere all’obbligo senza investire cifre eccessive in analisi di laboratorio. Tuttavia, il problema resta per i prodotti più complessi e magari di ricetta esclusiva dell’impresa, che per una questione di maggior tutela dovrebbe preferibilmente realizzare esami ad hoc. Questo aspetto della norma più di altri rappresenta un onere per le microaziende, soprattutto per quelle familiari e artigiane, sulle quali ricadrebbe un’ulteriore incombenza con relativo costo, non solo in termini economici, ma anche di risorse complessive da dedicare. Sennonché, in tempi in cui il consumatore è particolarmente attento al valore nutrizionale di un alimento, presentare la tabella nutrizionale può fare la differenza tra vendere o meno. Soprattutto nel confronto con i prodotti industriali, che da tempo riportano le indicazioni nutrizionali per motivazioni commerciali, non apporre simili informazioni può diventare per le aziende meno organizzate un elemento di forte svantaggio. Questo nuovo obbligo va visto quindi come un’opportunità e per l’ennesima volta le imprese, soprattutto le più piccole, si vedono costrette a fare di vizio, virtù. Guido Guidi

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Indicazioni di “adeguata cottura” per le preparazioni e i prodotti a base di carne di pollame

L

a circolare DGISAN indirizzata agli assessorati e al NAS sull’etichetta di preparazioni e prodotti a base di carne di pollame, destinati ad essere consumati previa “adeguata cottura”, è stata firmata il 15 gennaio scorso dal direttore generale della Sicurezza Alimentare GIUSEPPE RUOCCO in seguito a richieste di chiarimenti sulla gestione di salmonelle non rilevanti (diverse da S. typhimurium, S. enteritidis e S. Typhimurium variante monofasica) nella carne fresca di pollame, in stabilimenti diversi dal macello. La nota precisa che indicare in etichetta “da consumarsi previa accurata e completa cottura ad almeno 75 °C a cuore del prodotto” è coerente con le disposizioni comunitarie, in particolare con l’articolo 14, punto 3, del Regolamento 178/2002 che prescrive che sull’etichetta siano messe a disposizione del consumatore informazioni utili ad evitare effetti nocivi per la salute. In alternativa, la Direzione generale precisa che l’Operatore del Settore Alimentare può definire, in base alla natura e alla composizione del prodotto, tempi e temperature riferiti alle modalità di cottura idonee a raggiungere lo stesso livello di sicurezza. Il Ministero della Salute fa così chiarezza su quanto già disposto da una precedente circolare della DGISAN sulla “adeguata cottura”. Con il parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità, la Direzione ministeriale disponeva che — per le carni fresche di pollame che siano state impiegate per la produzione di preparazioni di carni, carne macinate, prodotti a base di carne destinate ad essere consumate previa “adeguata cottura” — tale indicazione debba essere chiaramente riportata etichetta con

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In foto dei prodotti avicoli della canadese Blue Goose Pure Foods, con sede a North Vancouver. Nel 2013 l’azienda ha fatto un restyling del proprio brand e del packaging, disegnato da Sid Lee, una delle agenzie multidisciplinari più importanti al mondo, mentre le illustrazioni sono firmate da Ben Kwok (photo © underconsideration.com). le specifiche indicazioni di cottura relativamente alla modalità, al tempo e alla temperatura, alla luce di quanto previsto dal Regolamento 178/2002. Quando tale indicazione è chiaramente riportata in etichetta, l’OSA non dovrà procedere alle operazioni di ritiro e richiamo dal mercato, disposte dall’articolo 19 del medesimo regolamento. In mancanza, il prodotto dovrà essere

ritirato o richiamato dal mercato; in caso di ritiro, i prodotti potranno essere — con il parere favorevole dell’autorità competente — essere sottoposti ad una trasformazione tramite adeguato trattamento termico ad alta temperatura; i prodotti richiamati dovranno invece essere distrutti. (Fonte: ANMVI – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani www.anmvioggi.it)

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Le Linee guida per valutare l’idoneità dei suini al trasporto Gli orientamenti pratici per valutare l’idoneità dei suini al trasporto, redatte dai principali stakeholders nei settori agroalimentare, veterinario, trasporto e benessere animali, sono stati accolti con favore dalla Commissione europea. È questo il risultato di due anni di lavoro da parte di UECBV, Copa e Cogeca, Eurogroup for Animals, Animals’ Angels, FVE, IRU, ELT, INAPORC e COOPERL Arc Atlantique. «Anche se il ruolo del legislatore europeo è essenziale per stabilire le norme di armonizzazione per proteggere il benessere animale, Linee guida come queste, che spiegano il modo in cui queste norme devono essere messe in pratica, risultano cruciali», ha dichiarato ANDREA GAVINELLI, direttore Benessere animale del DG SANTE. «Queste Linee guida comuni aiuteranno tutti i responsabili a lavorare insieme per garantire un elevato livello di benessere degli animali trasportati». Le Linee guida sono state progettate per essere di semplice comprensione e per fornire un aiuto ai professionisti coinvolti nel trasporto dei suini, ma soprattutto intendono essere complementari alla normativa comunitaria esistente. Non rappresentano la reale situazione di oggi in Europa, ma forniscono una lista esaustiva delle situazioni che possono verificarsi e delle condizioni che possono portare a classificare un animale “non idoneo” al trasporto, al fine di aiutare gli operatori a garantire che il benessere degli animali sia sempre massimizzato. Le Linee guida utilizzano fotografie, disegni e testi di semplice interpretazione per aiutare tutti gli operatori a decidere sull’idoneità al trasporto dei suini, perché garantire un elevato livello di benessere degli animali durante il trasporto è nell’interesse di tutti. Trasportare gli animali non idonei non solo provoca sofferenza agli animali stessi, ma può comportare sanzioni, perdite finanziarie e revoca dell’autorizzazione al trasportatore o al conducente. Se l’obiettivo primario delle Linee guida è garantire un elevato livello di benessere degli animali, queste sono anche utili per proteggere al meglio la salute e la sicurezza di chiunque è coinvolto nel processo di trasporto. Le Linee guida sono attualmente disponibili in inglese, mentre altre versioni, tra cui l’italiano, saranno disponibili prossimamente. (UNAItalia – Copa – Cogeca) •

Chi fosse interessato al file Pdf “Practical guidelines to assess fitness of transport of pigs” può contattare la Redazione di Eurocarni (e-mail: redazione@pubblicitaitalia.com).


SLALOM

Borse in affanno e freno all’economia globale di Cosimo Sorrentino

I

l nuovo anno non è iniziato sotto una buona stella come invece si pensava e l’intero mese di gennaio si è dovuto confrontare con una paurosa crisi sul piano borsistico, che ha investito le banche e tutto ciò che intorno ad esse ruota. Nel nostro Paese i vari titoli sono risultati fortemente in caduta, pur essendo stato sottolineato che non si è trattato di un attacco all’Italia e che dietro il calo delle banche non c’era in realtà un motivo concreto, se non la “volatilità”, così come sostenuto dalla nostra CONSOB. La difesa delle banche italiane, unitamente alle tensioni che si sono purtroppo avute con l’Unione Europea, non sono riuscite ad evitare pericolosi crolli a Piazza Affari. In tal senso è accaduto che, in solo venti giorni, alcuni titoli, riferiti peraltro a banche già in disagio, hanno visto bruciare metà del proprio valore e a pagare il prezzo del crollo sono stati migliaia di piccoli azionisti. Inoltre, il pressing di vendite su alcuni istituti ha lasciato Piazza Affari indietro rispetto alle altre Borse europee, con le ovvie negative conseguenze. Per fortuna, mentre erano in corso pericolose altalene in borsa, è intervenuto il presidente della BCE, che ha ricomposto ciò che la speculazione più ardita aveva scomposto e ha rassicurato sullo stato di salute delle nostre banche, giudicate “non meno solide di quelle europee”. Oltretutto, Draghi ha avvisato il mercato che, a partire da marzo, l’azione della BCE, pur di raggiungere l’obiettivo dell’inflazione programmata, non avrà limitazioni e ha messo in guardia dai rischi crescenti provenienti da Oriente, manifestando forte preoccupazione sull’argomento petrolio,

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le cui evoluzioni e i rischi connessi inducono a profonde riflessioni. Per il momento la tempesta sembra passata, ma non possiamo farci eccessive illusioni poiché gli effetti della caduta dei prezzi del petrolio lasciano intravedere meno investimenti da parte dei Paesi del Golfo Persico, che potranno disporre di minori entrate. Tutto questo potrebbe condizionare anche altri Paesi di recente nuova industrializzazione, come Russia e Brasile, e favorire una contrazione dei consumi globali di energia da parte dei Paesi asiatici, in particolare della Cina. In realtà l’economia globale è in rallentamento, tanto che il Fondo Monetario Internazionale, nel suo recente rapporto sull’andamento dello sviluppo nelle diverse aree geografiche, registra segni di malessere che stanno turbando i mercati. Intanto le precedenti previsioni per una ripresa robusta nel 2016 e nel 2017 sono state corrette al ribasso di due decimi di punto, e questo induce a ritenere che il PIL mondiale crescerà del 3,4% e 3,6% per effetto delle economie in fase di sviluppo, che producono ancora il 70% della crescita, nonostante il rallentamento di Brasile, Russia, India e Cina. La Cina in particolare mostra il calo più pesante perché, anche se lo scorso anno ha raggiunto un incremento del 6,9%, è stata sempre quattro decimi di punti sotto l’obiettivo indicato dal governo. Sul paese pesa certamente il tentativo di riallineare l’economia nazionale spostando l’obiettivo della crescita industriale, che si è avuta negli ultimi quindici anni, verso una maggiore spesa dei consumatori, ostacolata dalla debolezza dello yuan e dal calo della borsa. Ancora più pesante è la

situazione del Brasile, per il quale il FMI si vede costretto a tagliare altri 2,5 punti di crescita per il corrente anno e un 2,3% per il 2017 rispetto alle previsioni formulate ad ottobre 2015. A soffrire sono comunque tutti i Paesi latini ed africani, fornitori di materie prime, i cui prezzi sono in pieno crollo sui mercati. Il calo del petrolio sta continuando ad ingabbiare l’inflazione negli Stati Uniti e in Europa e rallenta misure di rilancio che avrebbero potuto produrre crescita. Il FMI vede alcuni elementi di rischio che potrebbero aggravare la situazione descritta, quali un ulteriore apprezzamento del dollaro, un peggioramento accentuato per la Cina, la restrizione del credito per i Paesi in difficoltà e la tensione geopolitica in atto nel Medio Oriente. L’Europa, da parte sua, pare che stia su una strada di relativa stabilità, con un PIL in aumento dell’1,7% per quest’anno e per il prossimo. Anche per l’Italia la situazione sembra stazionaria, essendo previsto un aumento dell’1,3% per quest’anno e un +1,2% nel 2017. Per la Germania è previsto un leggero aumento, mentre per la Francia una leggera flessione, poiché il paese si dimostra incapace di convertire il vantaggio della minore spesa energetica in spinta per la crescita. Per la Russia, altro paese importante, si prevede recessione per un altro biennio; pertanto il prossimo futuro non si preannuncia certo facile. La ricetta per uscire dalle ristrettezze è fatta di investimenti e di stimoli, ma sono pochi i Paesi che possono permetterseli, mentre il rigore della spesa diventa obbligatorio per chi dipende, in modo primario, dalla fornitura delle materie prime.

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La carne bovina Scozzese e la carne di agnello Scozzese godono del riconoscimento IGP in quanto provengono da animali che sono nati e che hanno trascorso tutta la loro vita in Scozia, nel massimo rispetto sia dell’ambiente che dell’ animale; sono stati allevati in grandi pascoli verdi seguendo i metodi più tradizionali ma anche gli schemi di produzione rigorosi, che riguardano tutta la filiera, per garantire la massima bontà e la massima sicurezza!


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LA CARNE IN RETE

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1. Italiani, popolo di grigliatori Ecco un progetto web e social che sta funzionando benissimo: si tratta di Braciamiancora.com, il primo giornale on-line italiano dedicato al mondo della griglia, del barbecue e della carne. Fondato da MICHELE RUSCHIONI, con oltre mezzo milione di fan su Facebook, suddivisi in due accesissime pagine, BRACIAMIANCORA è tra le prime realtà food-tellyng d’Italia. Vi trovate ricette, recensioni di locali carnivori, focus su razze, cotture, informazioni nutrizionali e tante curiosità per il popolo dei griller (in basso, una fiorentina a riposo fuori frigo prima di finire sulle braci; photo © braciamiancora.com).

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2. E-shop di carne equina Se avete voglia di bresaola, salamelle, salsicce e sfilacci di cavallo, spezzatino di puledro o soppressa c’è l’e-shop di GIOVANNI COPPIELLO, l’azienda di Perarolo, Vigonza (PD), specializzata da sempre nella lavorazione e commercializzazione delle carni equine. Basta digitare coppiello.it e accedere all’e-commerce per entrare nel negozio virtuale di questa realtà artigianale specializzata in carne equina di qualità (in basso, il salame equino Coppiello; photo © coppiello.it).

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meat Benedetti

3. Osso di Renzo Garibaldi Se non avete modo di andare a Lima, in Perù, a mangiare da OSSO CARNICERÍA Y SALUMERIA, potete sempre dare un’occhiata al sito web di questo locale accessibile su osso.pe. Il suo titolare, Renzo Garibaldi, un giovane peruviano di origini italiane, nel 2013 ha aperto questa macelleria artigianale con annesso ristorante. Renzo porta avanti un discorso di carni sostenibili e salumi senza nitriti, conservanti e coloranti, guadagnandosi un posto tra i 50 migliori ristoranti dell’America Latina secondo theworlds50best.com, la classifica redatta dalla San Pellegrino (photo © osso.pe).

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4. Steak (R)evolution ora in DVD Steak (R)evolution è un film documentario di FRANCK RIBIÈRE con lui che va a zonzo con il suo macellaio di fiducia, il francese YVES-MARIE LE BOURDONNEC, guru dei tagli di carne rossa, alla ricerca della bistecca perfetta! Con PETER LUGER, steakhouse newyorchese, gli allevatori giapponesi di Kobe, la battaglia dei macellai in Belgio, ALFONSO NIEVA, cuoco del Cabaña Las Lilas, ristorante di Buenos Aires, e DARIO CECCHINI, Macellaio dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti. Da metà febbraio il DVD di “Steak (R)evolution – Alla ricerca della bistecca più buona del mondo” si può acquistare su Amazon.it. Ecco il link: goo.gl/xs1YwR

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MEAT BLOGGER

Belluno, innovazione nei preparati di carne di Andrea Laganga

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ggi entreremo in una bottega di macellai che hanno fatto della creatività un lavoro. Sono considerati tra i migliori sul tema dei pronti a cuocere ed è per questo che siamo andati ad intervistarli, per scoprire i segreti per creare una preparazione da favola. Lui è STEFANO DAVID, il responsabile della Macelleria Cavarzano Carni di Belluno. Qui ogni giorno Stefano, insieme ai suoi collaboratori, come in un laboratorio di belle arti, realizza tutto ciò di possibile sul mondo della carne.

Al giorno d’oggi fare il macellaio non è facile. Dobbiamo sempre incuriosire la nostra clientela, nel rispetto dell’alta qualità che ci contraddistingue. Qual è la tua filosofia lavorativa? «Ho la fortuna di esser nato in Italia e porto dentro di me tutto quello che il mio Paese mi ha dato. Sicuramente l’Italia è la madre di alcune delle razze da carne più importanti e pregiate al mondo, come la Chianina, la Maremmana e la Piemontese, che rappresentano un’importante base per molte ricette rinomate che fanno parte della nostra tradi-

zione culinaria. Ma il nostro Paese è anche famoso per il piacere della bellezza, il piacere di coniugare la vita con l’aver un bell’oggetto… L’Italia è la patria della bellezza: abbiamo città straordinarie come Milano, Venezia e Roma, dove nel tempo si è vista crescere e svilupparsi tanta creatività, dalla moda al design all’architettura e questo è senza dubbio un elemento non trascurabile per chi deve inventare qualcosa di nuovo che sia un edificio, un’auto, un piatto stellato fino ad un semplice preparato di carne».

Stefano David, responsabile della Macelleria Cavarzano Carni di Belluno. Nel 2009 Stefano ha introdotto nella macelleria i primi preparati di carne che pian piano hanno preso sempre più piede diventando uno dei punti di forza dell’attività.

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Il banco carni della macelleria bellunese Cavarzano Carni. Qual è il segreto per realizzare un pronto a cuocere vincente? «Quando penso ad un nuovo preparato di carne penso ad un prodotto equilibrato che coniughi un’ottima architettura, un sapore ricco e un’immagine elegante. Se entriamo nei dettagli di un mio prodotto, riconosciamo tutti gli ele-

menti caratteristici delle forme alle quali mi ispiro, come per esempio il gelato di carne, il cannoncino e il croissant. Ma nel trattamento delle linee, delle forme e nella cura del dosaggio delle proporzioni ci troviamo in un mondo più emozionale fatto di sensazioni e colori, quindi questo mix dà origine a dettagli molto speciali.

Quando finisco un prodotto, dopo averlo provato e cotto più volte, mi prendo sempre un po’ di tempo prima di esporlo al pubblico perché da bello potrebbe diventare bellissimo, come nel caso del mio gelato, e questo tempo fatto di mille riflessioni paga sempre. Oggi sono molto contento del mio modo di lavorare».

Maremma che Ciccia: la voce dei macellai d’Italia In questa era di mode alimentari, gusti alternativi e fusioni culinarie, a farne le spese sono proprio le nostre culture e tradizioni. Sarà la voglia di modernità o la scusa di emozioni del palato, ma la consapevolezza del mangiare sano ci sta proprio sfuggendo di mano. È per questo motivo che è nato il primo meat blog #MaremmaCheCiccia, per parlare di chi dell’alimentazione ne fa la propria quotidianità e della qualità il proprio respiro: i macellai d’Italia. Con loro viaggeremo in lungo e largo, in ogni posto remoto della nostra amata Penisola, entreremo in ogni bottega di questi artisti della ciccia, dove ci mostreranno il rispetto delle materie prime e la genuinità dei prodotti che solo in macelleria potrete assaggiare. Vi racconteremo il perché dobbiamo ritornare ad essere i portavoce delle tradizioni, riacquistando il piacere di rientrare nelle botteghe sotto casa, per salvaguardare la salute nostra e quella delle future generazioni. È solo mettendo in vetrina le buone abitudini che potremmo riavvicinare le persone ad una spesa consapevole e ad un acquisto più ragionato dei prodotti. Andrea Laganga Macellaio e blogger >> Link: www.maremmacheciccia.com

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Stefano David insieme allo staff di Cavarzano Carni.

“Voglio sorprendere sempre il cliente e per questo do molta importanza all’aspetto dei prodotti da cotti perché un prodotto, per esser vincente, deve esser bello nel nostro banco carni ma bellissimo quando viene servito in tavola”

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Perché nel 2016 il prodotto pronto a cuocere è così importante? «Beh, penso che sia un insieme di fattori a decretarne il successo. La mancanza di tempo da parte del cliente, le trasformazioni di gusti ed abitudini e, soprattutto, secondo la mia filosofia, il dare al cliente un prodotto di alta qualità, figlio di tante ore di lavoro, prove e riflessioni abbinato ad un design sorprendente che sappia sbalordire il cliente e i suoi commensali. Il mio intento è quello di dare un prodotto quasi all’altezza di un ristorante, utilizzando solo i tagli più pregiati e gustosi delle nostre bestie provenienti dalle stalle del Bellunese, garantendo tracciabilità ed identificazione dei produttori. I nostri prodotti devono esser facili e veloci da cuocere ma soprattutto devono emozionare. Credo che questa sia la parola giusta per definire il mio intento lavorativo. Voglio sorprendere sempre il cliente e per questo do molta importanza all’aspetto dei prodotti da cotti perché un prodotto, per esser vincente, deve esser bello nel nostro banco carni ma bellissimo quando viene servito in tavola».

Fare il macellaio non è per tutti: quali sono le qualità per svolgere questa professione? «Penso che per fare questo tipo di lavoro si debba possedere una caratteristica fondamentale: la passione. Molte volte mi chiedo cos’è la passione per me e quasi sempre mi rispondo con due semplici parole: ostinazione e curiosità. L’ostinazione è la cura maniacale per ogni piccolo dettaglio di gusto e design dei miei prodotti, la curiosità è il voler sempre scoprire qualcosa di nuovo per sorprendere anche se stessi. Credo che la macelleria moderna debba specializzarsi sempre più nella lavorazione di carni d’eccellenza privilegiando le carni locali e le razze migliori, ma al contempo debba offrire dei prodotti pronto cuoci sempre più raffinati e di livello, creando nel tempo un’offerta sempre più articolata e competitiva». Andrea Laganga Cavarzano Carni Piazza Vittime di Via Fani 8 32100 Belluno BL Telefono: 0437 33731 FB: facebook.com/cavarzanocarni

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AZIENDE

Co.Be.Ca. Commerciale: orgoglio e responsabilità Direttamente dalla Val Camonica, l’azienda famigliare 2.0 che sulle fondamenta del lavoro paterno oggi costruisce il suo futuro con una visione flessibile e moderna. Un esempio su tutti l’impianto di musico-cromo terapia nello stabilimento di Elena Benedetti

L’

Italia sarà anche un paese di santi, poeti e navigatori, ma — alla luce dei dati pubblicati nei mesi scorsi dall’Osservatorio AUB promosso da AIDAF (Associazione Italiana Aziende Familiari), UNICREDIT e BOCCONI — resta il paese delle imprese famigliari. E lo è ancor di più nel comparto agroalimentare (un settore caratterizzato dal 68,8% di aziende famigliari con oltre 25 anni

di età). L’identikit delle imprese familiari dell’agroalimentare che traccia l’Osservatorio AUB è quello di aziende longeve, il cui controllo operativo e strategico è in mano a un nucleo famigliare, che a tempo debito passa il testimone dai genitori ai figli. E quella stessa famiglia punta a perseguire il successo fondamentalmente attraverso tre leve: l’evoluzione della leadership, l’innovazione e

lo sviluppo dell’export. Quest’analisi strutturale calza perfettamente con Co.Be.Ca. Commerciale, una bella realtà della provincia bresciana, che conta un volume d’affari consolidato sui 10 milioni di euro e un vertice aziendale rappresentato dalla famiglia Pè che potremmo riassumere con un 60-40-20. Sono infatti 65 gli anni di Beniamino, 42 gli anni di Christian oggi affiancato

Foto di gruppo della famiglia Pè, alla direzione di Co.Be.Ca. Commerciale, con Beniamino Pè, i figli Christian e Marzia e il nipote Alessandro, figlio di Christian, new entry in azienda. 42

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All’interno dello stabilimento è attivo un sistema di sanificazione all’avanguardia che garantisce elevati standard di igiene.

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“Tra un forte orientamento al prodotto e al marketing, l’attenzione alle certificazioni e all’integrazione della filiera, per garantire una carne a km zero e la presenza in un mercato internazionale con carne made in Franciacorta”

dalla sorella Marzia e 23 quelli di Alessandro, figlio di Christian, new entry in azienda. Abbiamo incontrato Christian e Marzia a Pian Camuno nella sede di Co.Be.Ca. Commerciale e abbiamo scoperto due giovani manager, professionalmente molto preparati e dotati di una visione anche internazionale, complementari nei ruoli e determinati a portare avanti l’attività dell’impresa famigliare. L’azienda bresciana è specializzata nella macellazione, lavorazione e commercializzazione di carni bovine, suine, oltre a carni bianche, vitello e preparati. Dal 2008, con l’apertura dell’adiacente spaccio Beef House,

primo dettaglio al pubblico in Val Camonica, Co.Be.Ca. Commerciale offre al consumatore finale carni italiane provenienti da allevamenti selezionati e di filiera della Franciacorta. L’azienda è ubicata a pochi chilometri dal Lago di Iseo. Christian, business operativo e focus sul mercato «Mio padre è stato incosciente a darmi carta bianca» racconta con ironia Christian ripensando alla sua entrata in azienda poco più che ventenne. Con un’attività già avviata dai genitori, l’iter era quasi dovuto. Christian oggi si occupa delle trattative commerciali italiane ed estere e dei rapporti con i clienti. «Alla base del mio lavoro c’è il rapporto umano che si instaura con la nostra clientela, che richiede un prodotto costante, sempre di ottima qualità, nei tempi e prezzi giusti» dice Christian, aggiungendo poi che se Co.Be.Ca. Commerciale si impegna a lavorare con serietà e affidabilità, dall’altra però opera una selezione della clientela per tutelare la propria crescita e il proprio business.

Marzia, norme e certificazioni per l’avvocato di famiglia Entrata in azienda da meno di due anni e con all’attivo l’esame di stato da avvocato, un master in Business Administration all’estero, esperienze lavorative tra Cina, Stati Uniti e Emirati Arabi, Marzia Pè, a soli 33 anni, ha già fatto parecchia strada e altrettanta ne farà in Co.Be.Ca. Commerciale. «Ho deciso di mettere a frutto la mia professionalità ed esperienza nell’azienda di famiglia perché lavorare per se stessi, per ciò che la mia famiglia ha saputo costruire, è motivo di grande soddisfazione», mi racconta Marzia. «Il mondo delle carni è un settore difficile, decisamente maschilista, per lungo tempo caratterizzato da una managerialità improntata tutta sulla trattativa commerciale» prosegue Marzia. «Noi oggi lavoriamo per innescare un cambio di mentalità radicale e totale, focalizzandoci su temi a noi cari, come il benessere animale, le certificazioni di filiera, i rapporti con gli allevatori». E così, mentre Christian Pè coordina l’ufficio commerciale interfacciandosi costantemente con la

La sede di Co.Be.Ca. Commerciale è a Pian Camuno, in provincia di Brescia.

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L’International Featured Standard (IFS) è stato sviluppato per tutti i tipi di distributori al dettaglio (qualunque dimensione di azienda e negozio, indipendente o meno) e all’ingrosso con attività simili (es. Cash & Carry). Tutti devono garantire la sicurezza dei loro prodotti “di marca” venduti. L’IFS aiuta a conformarsi a tutti i requisiti di sicurezza legali e offre standard comuni e trasparenti a tutti i fornitori coinvolti nonché una risposta forte e concreta alle aspettative di sicurezza del consumatore. L’IFS è al contempo standard di sicurezza e qualità dei prodotti alimentari. L’IFS è lo strumento sviluppato per verificare la competenza dell’aziende di produzione alimentari in termini di sicurezza e qualità dei prodotti alimentari. Questo standard consente di far risparmiare tempo e denaro. Con l’IFS ottenete più di quanto richiesto dalla GFSI. Esso si basa sull’analisi del rischio. Ciò significa che potete sviluppare la vostra soluzione personalizzata più adatta per la vostra azienda. L’auditor IFS verifica durante l’auditing solo se la vostra soluzione è applicativa garantendo la sicurezza dei vostri prodotti. L’IFS non pretende nessuna procedura o infrastruttura speciale, a meno che questo sia necessario per sviluppare un processo sicuro per la vostra produzione. >> Link: ifs-certification.com

produzione, gestita dal padre Beniamino, Marzia lavora sulla qualità e la comunicazione aziendale, sull’ottenimento di sempre maggiori certificazioni,tra le quali le ultime conseguite, ISO 22005:2008 “di Filiera” e IFS Food che detta gli standard di sicurezza e qualità dei prodotti alimentari. Questo risultato permette a Co.Be.Ca. Commerciale di garantire il proprio prodotto dall’allevamento al piatto del consumatore finale essendo verticalmente integrata. Co.Be.Ca. Commerciale lavora in prima linea sull’origine del pro-

dotto attraverso contatti diretti con gli allevatori di manzi e vitelli e audit presso le loro aziende agricole. «Il prodotto deve rispettare rigorosi parametri relativi alla conformità delle stalle, al mangime e alle condizioni di benessere animale» precisa Christian. «Su quest’ultimo punto stiamo investendo parecchio — prosegue Marzia — con un’area di sosta brevissima per i capi che giungono in stabilimento per l’abbattimento all’interno della quale abbiamo allestito un impianto di musico-cromo terapia». Di cosa si tratta? «Nelle stalle di

Adiacente allo stabilimento Co.Be.Ca. Commerciale, lo spaccio multiprodotto Beef House, operativo dal 2008 e con apertura dal giovedì al sabato, offre carni bovine, suine, pollame e vitello in tagli anatomici e pronti da cuocere preparati direttamente dal personale interno. Beef House offre servizi sempre più personalizzati per incontrare le esigenze della clientela. >> Link: beef-house.com

transito abbiamo utilizzato colori della natura che tranquillizzano gli animali abbassandone lo stress; la musica classica amplificata in questi ambienti agisce anch’essa sul loro benessere e, non ultimo, sulla qualità delle carni». Gli animali provengono soprattutto dalla Franciacorta e Christian e Marzia ci tengono a sottolineare che «la carne di Co.Be.Ca. Commerciale è made in Brescia e made in Bergamo!». Tra gli obiettivi dell’azienda bresciana c’è sicuramente l’acquisizione di nuove certificazioni per garantire costantemente l’orientamento al miglioramento, lo sviluppo del mercato estero con l’apertura di Co.Be.Ca. Commerciale verso nuovi mercati e, non ultimo, quel tassello finale che completerebbe la filiera, un punto ristorazione dove degustare la carne made in Val Canonica a pochi passi dallo stabilimento. Il terreno è già avvistato! E se, come affermano i Pè, il futuro è nella ristorazione, allora possiamo già intravedere i prossimi sviluppi di questa bella realtà bresciana, fatta di grandi lavoratori che, con l’orgoglio dei loro padri, portano avanti il lavoro responsabilmente e con una visione moderna. Elena Benedetti Co.Be.Ca. Commerciale Srl Spaccio Beef House Via Dossi 5 – 25050 Pian Camuno (BS) Telefono: 0364 591585 – Fax 0364 592472 Web: www.cobeca-carni.com

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Borgoluce: la ricchezza dell’ecosostenibilità La più grande azienda agricola della provincia trevigiana è la dimostrazione concreta che anche per realtà di grandi dimensioni è possibile lavorare e realizzare profitti economici rispettando l’ambiente, curando il benessere degli animali e la qualità dei prodotti di Massimiliano Rella

M

ucche, bufale, pecore, cavalli e suini pascolano liberi sui prati, una scelta coerente con un’etica produttiva improntata alla sostenibilità e alla qualità della produzione. Siamo nell’azienda agricola Borgoluce, a Su-

segana, in provincia di Treviso: la dimostrazione concreta che anche per aziende di grandi dimensioni è possibile lavorare e realizzare profitti economici rispettando l’ambiente, curando il benessere degli animali e la qualità dei prodotti.

Borgoluce è la più grande azienda agricola della provincia trevigiana, tra le prime nel Veneto, con i suoi 1.200 ettari tra i comuni di Santa Lucia, Susegana, San Pietro di Feletto, Collalto e Pieve di Soligo, a un’altitudine compresa fra i 20 e

Le bufale dell’azienda agricola trevigiana Borgoluce.

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In alto: Borgoluce è un’azienda autonoma e interamente ecosostenibile dal punto di vista energetico. In basso: gli spacci a Susegana e Treviso offrono la vendita di carne fresca e trasformata e salumi. i 300 metri slm. La tenuta esiste da oltre mille anni e appartiene alle contesse di Collalto. I dipendenti sono una sessantina. L’allevamento del bestiame per la produzione di carni e salumi, come di formaggi e latticini, non è l’unica attività, perché in questo interessante “caso” d’agricoltura multifunzionale troviamo anche vini Piave DOC e Conegliano Valdob-

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biadene Prosecco Superiore DOCG. E poi olio extravergine d’oliva, cereali (in particolare mais Biancoperla e Marano), ma anche miele e noci di varietà Lara. L’azienda offre inoltre ospitalità in alloggi agrituristici, ristorazione in un’accogliente osteria e degustazioni dei prodotti nella “frasca”, una taverna con camino che ricorda il tradizionale spaccio delle case contadine.

Ma torniamo alla carne. L’allevamento conta 800 bovini di razze Limousine e Charolaise allo stato semibrado, 200 suini Duroc sempre allo stato brado, 300 bufale mediterranee da latte, 20 cavalli Haflinger e 40 pecore Alpagota, una razza veneta originaria della conca dell’Alpago. I pascoli si estendono su 180 ettari riservati in esclusiva all’alimentazione del bestiame,

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integrata con mais, frumento, soia e orzo coltivati in proprio. L’allevamento produce carni bovine, suine, ovine e bufaline da vendere fresche e in parte da trasformare in vari tipi di salumi: sopressa, sopressa con filetto, salame, salame con l’aglio, ossocollo, pancetta, costella, salame di bufalo e bresaola di bufalo. Tutto fatto in azienda. Il latte delle bufale, invece, è trasformato in latticini, mozzarelle, robiola, ricotta, crescenza e altre specialità casearie. Tutti e tre i centri aziendali sono coinvolti nell’attività d’allevamento: quello di Musile include un laboratorio di lavorazione di carni e salumi e parte dell’allevamento di bovini, quello di Tezze una stalla per il ricovero invernale dei bovini al pascolo, mentre quello di Mandre è stato recuperato e ristrutturato nel 2009 per realizzare una stalla di bufale di razza mediterranea con caseificio annesso e bio-digestore per il recupero dei reflui zootecnici, uno dei più recenti interventi di Borgoluce, che progetta anche d’aumentare gli esemplari in lattazione, da 90 a 120. Per il benessere animale la stalla viene areata e riscaldata. Borgoluce è un’azienda autonoma e interamente ecosostenibile dal punto di vista energetico. Utilizza dal 1905 una centralina idroelettrica che produce circa 87 kW/h, costruita su un canale d’irrigazione. Il legname proveniente dai 400 ettari di bosco della tenuta è impiegato per l’alimentazione di due caldaie a cippato, da 80 e 90 kW, che producono energia termica per il riscaldamento di parte dell’azienda e del borgo medioevale. Il bio-digestore da 1 MW, invece, è installato nel complesso aziendale di Mandre e produce biogas a partire dalle biomasse, cioè insilato di secondo raccolto e reflui zootecnici dell’allevamento di bufale. Dalla fermentazione di questa miscela si ottiene biogas e quindi energia elettrica e termica. Massimiliano Rella >> Link: www.borgoluce.it Nota Photo © Massimiliano Rella.

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RETAIL MARKETING

Mercato e prospettive di sviluppo del comparto avicolo nel contesto nazionale di Raffaello Bernardi

L

a filiera avicola rappresenta sicuramente un unicum per struttura e caratteristiche all’interno del settore zootecnico nazionale. Un unicum sul fronte organizzativo, con i primi 3 operatori industriali (Aia, Amadori, Fileni) capaci di controllare oggi direttamente o indirettamente fra il 70% e l’80% del mercato nazionale (fonte: SGMARKETING su dati di diversa provenienza); peculiarità che, unita alla completa autosufficienza sul piano della materia prima zootecnica, garantisce un elevato governo della supply chain, massima garanzia di sicurezza delle produzioni ed un livello di efficienza gestionale adeguato ad assicurare le risorse necessarie da investire in innovazione e politiche di marca rivolte

al consumatore finale. Tale assetto, applicato ad un prodotto versatile, dal profilo nutrizionale equilibrato e con prezzo vantaggioso rispetto alle carni rosse, ne ha favorito l’accesso al mercato nazionale ed ha portato negli anni un incremento del consumo pro capite fino ad un livello di poco inferiore a quello espresso dalla carne bovina: kg 19,5 contro kg 20,9 nel 2014 (fonte: SGMARKETING su dati UNAITALIA e ASSOCARNI). In discesa anche qui? Tuttavia, osservando i recenti dati sulle vendite al dettaglio di fonte ISMEA-NIELSEN riferibili al progressivo gennaio-ottobre 2015, si evince un’evidente battuta di arresto anche in capo alle carni bianche, –2,3% a volume, inaspettatamente

poi confermata, secondo alcuni distributori, nel bimestre novembredicembre, nonostante l’allarme OMS su carni rosse tal quali e di prima trasformazione. Facciamoci delle domande Sulla base di questi segnali, sorgono spontanei alcuni interrogativi: • la crisi strutturale dei consumi di carne è effettivamente arrivata ad abbracciare anche un segmento, l’avicolo, che fino ad oggi sembrava godere, invece, di ottima salute? • la conferma del trend flessivo post comunicazione OMS ne è la riprova? • e, soprattutto, in una filiera così virtuosa, indiscutibilmente riconosciuta quale esempio di best practice nel settore agroalimentare nazionale, l’industria può ancora sfruttare mar-

È un dato di fatto che oggi le famiglie italiane mostrino una propensione complessivamente positiva al consumo di carne avicola.

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Petti di pollo bio dell’insegna statunitense Trader Joe’s. I colori e la grafica dell’etichetta mettono in evidenza l’origine biologica del prodotto (photo © appelfellerarts.com). gini di lavoro per cogliere opportunità di ulteriore sviluppo, sul mercato interno? Oppure tutte le frecce disponibili al suo arco sono state scagliate? Analisi e ripartenze A parere di chi scrive, lungi dall’aver esaurito ogni arma, il comparto avicolo italiano gode di tutte le

premesse per poter riprendere a correre o, quanto meno, a marciare speditamente. Vediamo insieme come, andando ad identificare le aree di criticità su cui intervenire. L’avicolo ci piace, ma… Innanzitutto va presa coscienza del fatto che ancora oggi le famiglie

SGMarketing è la società specializzata nella consulenza e servizi di marketing per l’agroalimentare. Leader in Italia con oltre 20 anni di esperienza nella valorizzazione dei freschissimi e del beverage, l’azienda è stata costituita con l’idea di mettere al servizio dell’agribusiness le competenze del suo team di analisti per valorizzare i prodotti agroalimentari nei luoghi di acquisto e di consumo e dare un futuro alle filiere produttive e distributive di eccellenza e ai territori vocati. SGMarketing supporta le imprese accompagnandole nello sviluppo del loro business e nella creazione di un’immagine aziendale riconoscibile e competitiva. Grazie ad un know-how consolidato negli anni e forte di un approccio al mercato moderno e dinamico, essa offre un servizio integrato: dalla consulenza strategica al presidio diretto dei canali distributivi, nell’ottica di un’innovazione continua del business. >> Link: sgmarketing.it

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italiane mostrano una propensione complessivamente positiva al consumo di carne avicola. Secondo un’indagine VERONAFIERE-SGMARKETING condotta nella prima metà del 2015, si evince, infatti, un saldo positivo, +26,8%, fra la quota di consumatori favorevoli ad aumentare in proiezione i consumi di pollo e affini e la quota di consumatori orientati, invece a diminuirli. Un’importante motivazione a supporto dei consumi di carni avicole deriva dalla consapevolezza che queste rappresentano un alimento essenziale nel quadro di una dieta varia, in ragione anche della riconosciuta valenza dieteticosalutare. Elementi di freno riconducibili ai fautori del pollo attengono, invece, alla scarsa resa (di sapore, consistenza, ecc…) spesso rilevata sul prodotto dopo la cottura, che va a confliggere con un vissuto di base, di fatto, positivo. Focalizzando, invece, l’attenzione sui fattori di resistenza al consumo espressi dai detrattori delle carni avicole, si delinea un

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“Il settore è vittima di un deficit informativo: ben l’80% degli Italiani infatti ignora che da oltre 50 anni i polli da carne sono tutti allevati a terra e non in gabbia e solo 3 su 10 sanno che attualmente il 99% del pollo consumato in Italia è allevato nel nostro Paese”

“Irrisori appaiono ancora oggi gli investimenti in internet, in un contesto di altissima propensione a questo mezzo da parte del consumatore nazionale. Basti pensare che attualmente il web si colloca in seconda posizione quale fonte di informazioni per la preparazione della carne, in Italia, dopo i famigliari, precedendo fonti come il macellaio e gli amici”

quadro motivazionale articolato su due aree: 1. una prima legata ai dubbi sulla salubrità e sulle garanzie igienico-sanitarie delle produzioni, spesso alimentati dalla scarsa conoscenza sull’alimentazione e sulla tipologia di allevamento dell’animale e dalle ridotte informazioni sul Paese di allevamento; 2. una seconda connessa a ragioni di natura dietetico-salutare. L’importanza dell’informazione, dal punto vendita al web Se con riferimento a quest’ultimo aspetto è, dunque, possibile constatare ancora oggi un’insufficiente cultura di prodotto sul piano nutrizionale, rispetto al primo punto una recente ricerca condotta da MARILENA COLUSSI/DOXA ADVICE per UNAITALIA riporta due dati piuttosto eloquenti: 1. ben l’80% degli Italiani ignora ancora che da oltre 50 anni i polli da carne sono tutti allevati a terra e non in gabbia; 2. solo 3 Italiani su 10 sanno attualmente che il 99% del pollo consumato in Italia è allevato nel nostro Paese. Un’evidenza, quest’ultima, che assume estrema rilevanza, dato il ruolo di primo piano attribuito

dal consumatore nazionale alla provenienza italiana, quale determinante principale del costrutto di qualità per le carni (fonte: indagine VERONAFIERE-SGMARKETING). Si tratta di un’importante forma di garanzia, che sembra assumere una valenza ancor più marcata quando connotata da una dimensione locale; non a caso il principale minus riconosciuto dai consumatori alla Distribuzione Moderna — canale da cui dipende l’88% circa degli acquisti domestici di carni avicole (fonte: ISMEA-NIELSEN) — si sostanzia oggi nella ridotta presenza percepita di prodotti avicoli provenienti dal territorio di riferimento. Il deficit informativo per le carni di pollame imperante sul lato domanda è figlio di un gap di comunicazione sui mezzi e nei contesti dove è naturalmente maggiore la soglia di attenzione del consumatore: il punto vendita ed il web. Se, relativamente al primo medium, il consumatore denuncia una forte distonia fra l’importanza assegnata ad alcuni contenuti informativi e la relativa presenza mediamente percepita all’interno della Grande Distribuzione Organizzata, sul web sembra emergere un vuoto addirittura superiore. Nonostante, infatti, nel 2014 si sia praticamente quadruplicato lo

L’etichetta di un pollo intero in vendita presso i supermercati inglesi Sainsbury’s mette in evidenza l’origine, l’apporto nutrizionale, il benessere animale, la certificazione e i metodi di conservazione (photo © j-sainsbury.co.uk).

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spending pubblicitario dell’industria delle carni, arrivato a quota 15,6 milioni di euro, grazie alla spinta impressa dal comparto avicolo, la crescita è stata completamente trainata dal maggior focus sul medium televisivo, la cui incidenza sugli investimenti complessivi è passata, in un anno, dal 76% al 94% (fonte: NIELSEN). Irrisori, per contro, appaiono ancora oggi gli investimenti in internet, 0,04% del totale, in un contesto, invece, di altissima propensione a questo mezzo da parte del consumatore nazionale. Basti pensare che attualmente il web si colloca in seconda posizione quale fonte di informazioni per la preparazione della carne, in Italia, dopo i famigliari, precedendo fonti come il macellaio e gli amici (fonte: indagine VERONAFIERESGMARKETING). Focus packaging Un’ulteriore direttrice di lavoro in grado di supportare positivamente le dinamiche di vendita delle carni avicole, nel contesto nazionale, attiene, poi, al tema packaging per l’acquisto a libero servizio. Anche da questo punto di vista è il consumatore a delineare la strada, identificando puntualmente alcune possibili aree di miglioramento. Parole d’ordine: efficacia, resistenza, riciclabilità ed estetica, ma soprattutto porzionabilità e flessibilità, per rispondere alle esigenze di single e famiglie dai gusti compositi, riducendo gli sprechi e facilitando contestualmente la gestione domestica del prodotto nel frigorifero (fonte: indagine VERONAFIERE-SGMARKETING). Etnico è bello Da ultimo, per ciò che riguarda potenziali opportunità derivanti

Chicken tikka masala, un piatto classico della cucina indiana che ha fatto il giro del mondo. È molto importante cogliere le potenziali opportunità che oggi ha la carne di pollo con la crescente apertura dei consumatori verso proposte culinarie di altri Paesi (photo © katherinemartinelli.com). nell’avicolo da innovazioni di prodotto, non va trascurata la crescente apertura del consumatore nazionale verso proposte culinarie di altri Paesi: sono circa 29 milioni gli Italiani che oggi associano al pasto all’italiana anche piatti tipici di altri Paesi e 25,7 milioni piatti etnici (fonte: CENSIS), con un incremento del fatturato generato in GDO nell’ultimo anno per questo segmento pari al 18,6% (fonte: RAPPORTO COOP 2015). In particolare, da un quarto ad un terzo dei consumatori, a seconda della ricetta, ama cucinare preparazioni etniche a base di pollo (fonte: MARILENA COLUSSI/DOXA ADVICE per UNAITALIA). Una porzione di mercato, questa, su cui gli operatori del settore hanno già iniziato a puntare e su cui si ravvisano ulteriori spazi di manovra da presidiare opportunamente con prodotti-servizio dedicati.

“Sul fronte del packaging per l’acquisto a libero servizio le parole d’ordine sono efficacia, resistenza, riciclabilità ed estetica, ma soprattutto porzionabilità e flessibilità, per rispondere alle esigenze di single e famiglie dai gusti compositi, riducendo gli sprechi e facilitando la gestione domestica del prodotto nel frigo”

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Prodotti di alta gamma Altra traiettoria di sviluppo ci è offerta dall’area premium del gourmet, attraverso posizionamenti associati all’arte culinaria del buon cibo, con l’obiettivo di stimolare l’acquisto sensoriale e di assecondare l’immaginazione. Stando, infatti, ai dati di fonte NIELSEN, il paniere dei prodotti alimentari di alta gamma rappresenta uno dei basket d’offerta a maggiore crescita nei punti vendita della Distribuzione Moderna (+19,4% A.T. settembre 2015 vs A.T. gennaio 2013). Perché non massimizzare, perciò, la portata del trend anche nell’avicolo, così da avvicinare il consumatore ad acquisti emozionanti e personali, oltre che necessari per salvaguardare la propria salute? Un giudice esigente da accontentare Analizzando il mercato delle carni bianche, dunque, numerose e diversificate appaiono le opzioni di lavoro a supporto di ulteriori ondate di crescita. Per coglierle risulta sempre più importante orientare la propria azione a partire dall’interpretazione di tutte le molteplici esigenze del consumatore, da sempre ultimo giudice del mercato. Raffaello Bernardi

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Gli acquisti on-line ci piacciono sempre di più L’esperienza d’acquisto dei consumatori si sta evolvendo rapidamente, indirizzandosi sempre di più verso un’esperienza “omnicanale”. Si tratta di una sinergia in forte crescita tra canali on-line e off-line, che vede il consumatore interagire con i brand sia attraverso la realtà tangibile dei negozi sia attraverso la realtà virtuale del mondo digitale. NIELSEN, attraverso il Connected Commerce Survey, ha studiato questa evoluzione con l’obiettivo di individuare i motivi e le modalità di approccio all’e-commerce nel mondo. Lo ha fatto intervistando un campione di 13.000 individui in 24 nazioni diverse. Dall’indagine emerge che, fra gli Italiani fruitori del web, il 12% ha l’obiettivo esclusivo di acquisire informazioni sul prodotto, mentre il restante 88% anche quello di fare acquisti, dato inferiore alla media UE (95%), trainata da Francia (96%), Spagna (96%) e Gran Bretagna (99%). È interessante notare invece come i consumatori Italiani siano quelli che maggiormente acquistano prodotti oltre confine superando in modo significativo la media europea (65%): è infatti il 79% ad affermare di aver acquistato prodotti al di fuori delle mura domestiche negli ultimi 6 mesi. Considerando le categorie di prodotti acquistati on-line, gli Italiani si mostrano più interessati ai beni durevoli; primi i viaggi (49%), seguiti da libri/musica (48%), moda (43%), informatica (33%), elettronica di consumo (32%) e biglietti per concerti/eventi sportivi (32%). Più bassi i livelli raggiunti dai beni di consumo: cosmetici (25%), vino e alcolici (9%), cibo da asporto (6%), prodotti per l’infanzia (6%) e cibi freschi (2%). Quest’ultimo dato è largamente inferiore a quello della media europea (14%). Nello stesso tempo, lo studio condotto da Nielsen ha sondato le motivazioni e le barriere che spingono e frenano i consumatori Italiani ad utilizzare il canale on-line per l’acquisto di prodotti freschi. Fra i fattori stimolanti emergono fra tutti la ricerca dell’affare migliore (42%), il trovare prodotti non disponibili negli store (39%), la ricerca di prodotti on-line prima dell’acquisto in negozio (39%), l’individuazione del prezzo più basso (39%), la possibilità di guadagnare tempo (38%) e la ricerca di opinioni on-line per prendere decisioni (36%). Per la stessa categoria di prodotti, invece, le barriere che sono state mese a fuoco sono: la necessità di esaminare il prodotto personalmente (56%), seguita dalla preoccupazione di ricevere il prodotto quando non si è in casa (45%) e dal fatto che i consumatori Italiani non acquistano prodotti alimentari on-line se questo implica un pagamento per la spedizione (44%). Per quanto riguarda i metodi di pagamento, dall’indagine emerge che gli strumenti più utilizzati in Italia, così come in Europa, sono i pagamenti digitali come Paypal (55%), seguiti da carta pre-pagata (51%, dato controcorrente rispetto a quello degli altri Paesi europei), carta di credito (42%), gift card rilasciata dal singolo negozio (27%), contrassegno (25%) e bancomat (12%). Sono poi diverse le attività che gli Italiani svolgono on-line a prescindere dalla categoria di prodotti che intendono acquistare: il 47% ricerca informazioni relative al prodotto, il 41% controlla e confronta i prezzi, il 33% intende individuare sconti, promozioni e coupon. Infine, è importante notare che, così come la media globale (60%), anche gli Italiani (60%) danno molta importanza alla fase di verifica dell’affidabilità e della sicurezza del sito in cui stanno navigando, anche se i nostri connazionali si mostrano più fiduciosi nei confronti degli store on-line; solo il 43%, infatti, contro una media mondiale pari al 57% ed europea del 52%, dice di essere preoccupato riguardo alla sicurezza e alla confidenzialità nell’utilizzo dei propri dati personali da parte dei siti on-line. Lisa Macchi Angus pregiato venduto on-line dalla macelleria londinese Turner & George ClerkNielsen Italia, www.nielsen.com enwell su turnerandgeorge.co.uk (photo © Turner & George Facebook).

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Self-service assistito delle carni e comunicazione Il Gruppo SoGeGross ha messo a punto un nuovo format, già presente a Firenze e Genova, che diventerà presto operativo anche nelle altre sedi Cash & Carry di Elena Benedetti

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egli ultimi anni abbiamo assistito ad un indubbio mutamento dei consumi alimentari e, in particolare, della modalità di acquisto nel comparto delle carni. Il mercato si è allargato e le abitudini dei consumatori si sono modificate. Anche il mondo della moderna distribuzione non è stato esente da questo fenomeno e numerose insegne hanno avvertito la necessità

di intercettare i cambiamenti per adeguarsi ai nuovi trend. Il Gruppo SoGeGross, una delle principali realtà italiane del settore retail, ha recentemente messo a punto un nuovo format di vendita delle carni che è già operativo in due delle 17 sedi dei Cash & Carry presenti tra Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana. Firenze e Genova oggi sono già attrezzate con questo layout e presto saranno operative anche

Asti, Siena e Reggio Emilia. Siamo perciò andati a visitare il punto vendita del capoluogo fiorentino, strategicamente ubicato a pochi chilometri dall’uscita di Firenze Sud e inaugurato nell’ottobre del 2014, presso il quale oggi si riforniscono numerosi ristoratori della zona. Guide di eccezione MARCO BONINI, direttore generale del canale Cash & Carry di SoGeGross, ANTONIO RAVERA, buyer carni del Gruppo, e

Il format di vendita delle carni del Cash & Carry SoGeGross a Firenze, a pochi chilometri dal casello autostradale di Firenze Sud. 58

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Tra l’ampia offerta di carni bovine non mancano i tagli selezionati a marchio “Q Maiuscola”, una linea di prodotti sviluppata internamente dal Gruppo SoGeGross.

Cos’è un Cash & Carry? Letteralmente “paghi e porti via”, il Cash & Carry è una formula distributiva di vendita di prodotti alimentari e/o non all’ingrosso, indirizzata a utenti professionali in possesso di partita IVA. Essa è caratterizzata dallo stoccaggio delle merci in grandi magazzini nei quali l’acquirente si reca, sceglie i prodotti, paga e porta via la merce a proprie spese. Storicamente il Cash & Carry comparve per la prima volta nel 1925: per combattere la diffusione di diverse forme di approvvigionamento concorrenziali (come ad esempio le cooperative di acquisto) i grossisti, per proteggere i loro dettaglianti tradizionali e per sostenere la concorrenza del commercio integrato, iniziarono ad aprire dei magazzini self service. In Italia questa forma di distribuzione ha fatto il suo ingresso verso la fine degli anni ‘60 coprendo la grande superficie fino all’arrivo e alla diffusione dei supermercati e ipermercati.

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In alto: il reparto carni, caratterizzato da un banco chiuso, offre un’ampia scelta di carni bovine, suine, avicunicole e ovine. Qui è presente un self-service assistito con la presenza permanente di un macellaio a disposizione del cliente. In basso: Stefano Galimberti, tecnico Cash & Carry carne e ittico, Marco Bonini, direttore generale del canale Cash & Carry di SoGeGross, e Antonio Ravera, buyer carni del Gruppo.

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STEFANO GALIMBERTI, tecnico Cash & Carry carne e ittico.

“Dopo 8 anni di lavoro abbiamo finalmente messo a punto un modello di vendita che sarà il futuro della nostra categoria, sia per scelta del prodotto che per fruibilità del servizio”

Banco chiuso «La caratteristica di questo format è l’uso del banco chiuso, che favorisce la conservazione della carne, la maggiore capienza, un forte appeal del prodotto e maggiori vantaggi, dato che ci consente di tenere meno prodotto in cella» mi spiega Bonini mentre mi accompagna verso il corner delle carni, ubicato all’ingresso del Cash & Carry, proprio all’inizio della linea dei freschi. Il prodotto si presenta decisamente bene, in modo ordinato, suddiviso per tipologia e offerta. Il cliente può scegliere meglio ciò che cerca e valutare tipologie e tagli di carne. Nella sezione delle carni bovine sono presenti 7 linee di bovino adulto e una linea di vitello, con un assortimento molto ampio anche per suino, avicunicolo e ovino. Trasparenza Un tema caro a SoGeGross è la trasparenza nella relazione con i clienti. «Abbiamo lavorato molto su questo punto» mi conferma Antonio Ravera. «Cerchiamo di trasmettere al cliente tutte le caratteristiche del prodotto. Innanzitutto per far maturare il valore aggiunto della carne e, in secondo luogo, per far sì che il cliente abbia poi gli strumenti per trasmettere questi contenuti a sua volta al cliente finale nell’esperienza di degustazione».

“Cerchiamo di trasmettere al cliente tutte le caratteristiche del prodotto, sia per far maturare il valore aggiunto della carne che per far sì che il cliente abbia gli strumenti per trasmettere questi contenuti a sua volta al cliente finale”

Un prodotto su misura Perché i ristoratori fiorentini vengono a comprare la carne da voi? «Perché siamo in grado di dare al cliente il prodotto che cerca in termini di posizionamento prezzo, livello qualitativo e tipologia di lavorazione» mi risponde Marco Bonini, aggiungendo anche che «qui si può scegliere la carne mantenendo anche un certo gusto nel fare la spesa» e ricordandomi che il bilancio di un ristorante alla fin fine passa anche di qua! Self-service assistito e comunicazione L’area carne è costantemente pre-

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sidiata da un macellaio che lavora per gran parte del tempo fuori dal laboratorio e che è a disposizione del cliente. Questo tipo di acquisto è definito “self-service assistito”. «La figura del macellaio è fondamentale per intercettare le esigenze del ristoratore e indirizzare il cliente verso il tipo di prodotto più adatto» mi spiega Bonini. «Per noi è importantissimo il concetto di poter far scegliere il prodotto in autonomia oppure, nel caso in cui venga richiesto, attraverso l’aiuto del nostro maestro macellaio», precisa il direttore generale di Cash & Carry SoGeGross. «Non dimentichiamo poi che in questo contesto la comunicazione, strutturata su più livelli, è fondamentale». Essa viene organizzata attraverso flyer, pannelli e locandine esposti in prossimità dei prodotti, con il presidio diretto del macellaio all’interno del reparto carni e con l’invio di un opuscolo quindicinale ai clienti. Linea “Q Maiuscola”: zero scarti, pronta da tagliare Ampio spazio nell’area del bovino è dato ai prodotti a marchio “Q Maiuscola”, una linea di prodotti sviluppata internamente da SoGeGross e presente da 8 anni. «Con questo marchio vendiamo filetto, entrecôte, fesa, scamone e girello di bovino adulto» mi spiega Stefano Galimberti. «Si tratta di una linea di qualità al giusto prezzo, pronta all’uso, con zero scarti, pronta da scartare e tagliare». Cash & Carry vs ingrosso tradizionale «A differenza dell’ingrosso tradizionale noi cogliamo le opportunità sul mercato e le condividiamo con i clienti. In questo mondo dove tutto si muove velocemente noi cogliamo le curve dei mercati e riusciamo a dare un prezzo corretto con una resa qualitativa costante» sottolinea Bonini. L’angolo Dry Age: un formata in crescita Quest’area offre un servizio personalizzato attraverso il quale il cliente può decidere prezzo, peso e durata

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Il self-service assistito del Cash & Carry SoGeGross di Firenze e l’angolo Dry Age con l’offerta di carni sottoposte a diversa frollatura e il servizio personalizzato di stoccaggio in cella. La linea dei freschissimi ricopre una superficie di 1.500 m2, che è poi l’area che abitualmente viene visitata con maggiore frequenza dai visitatori. All’ingresso della struttura il cliente si trova sulla destra tutta la linea dei freschissimi, partendo dalle carni e passando in seguito all’ittico e all’ortofrutta. di permanenza in cella del taglio. Al raggiungimento dei tempi di frollatura desiderati il ristoratore viene avvisato per il ritiro o, ancor meglio, la merce può essere consegnata al ristorante direttamente con i furgoni di SoGeGross. Il format funziona e i numeri con tassi di crescita a doppia cifra

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lo stanno dimostrando. «Il Gruppo SoGeGross è fortemente orientato verso i piccoli esercizi commerciali, come è giusto che sia per il Cash & Carry» conclude Marco Bonini. «Dopo 8 anni di lavoro abbiamo finalmente messo a punto un modello di vendita che sarà il futuro della nostra categoria, sia per scelta

del prodotto che per fruibilità del servizio». Si può proprio dire che il futuro è adesso e la strada intrapresa dal Gruppo è quella giusta. Elena Benedetti Nota Photo © Elena Benedetti.

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ZOOTECNIA

Come sta cambiando l’allevamento nel mondo L’evoluzione e le sfide della zootecnia fra reddito, urbanizzazione e Paesi emergenti di Giulia Mauri

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aturalmente, alla settima conferenza europea sull’allevamento di precisione (Precision Livestock Farming, o più brevemente PLF, Milano 15-18 settembre 2015) si è parlato del futuro della zootecnia. Certamente dovrà sfruttare le nuove tecnologie per essere più efficiente e meno inquinante. Si tratta di una rivoluzione, certo, ma la zootecnia ne ha subite diverse in questo ultimo secolo. Se molti conoscono la cosiddetta “rivoluzione verde” che ha interessato l’agricoltura, in pochi hanno

chiara l’evoluzione immensa che la zootecnia ha subito ultimamente. Meno allevamenti, ma di maggiori dimensioni JÖRG HARTUNG, professore presso l’Istituto per l’igiene, il benessere e il comportamento degli animali da reddito dell’Università di Hannover e membro del Comitato scientifico della conferenza, ha fatto una panoramica sulla realtà tedesca ed europea. Negli ultimi decenni, per aumentare la produttività in zootecnia, si è imboccata la strada dell’allevamento intensivo, della

specializzazione delle aziende e della concentrazione territoriale per le produzioni animali. Spesso noi Italiani pensiamo che le difficoltà che devono affrontare i nostri allevatori siano un fenomeno tutto nostro. Ma non è così: l’Europa e il mondo intero stanno imboccando la via dell’industrializzazione dell’allevamento. Nella sola Germania, dalla riunificazione del 1989 al 2013, sono stati chiusi più di 400.000 allevamenti (passati da quasi 687.000 a 285.000). Gli animali sono stati concentrati in allevamenti di maggiori dimensioni

In questi anni si è verificata una vera e propria “rivoluzione della zootecnia” (photo © zesterdaily.com). 66

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Dall’ esperienza della famiglia Hartley (sesta generazione di allevatori negli USA) e la famiglia Marchese (sesta generazione di macellai-importatori in Italia) nasce una nuova partnership commerciale destinata a diventare leader nell’allevamento, nella produzione e nella distribuzione di carne bovina 100% Black Angus di altissima qualità e grarantita tramite Test del DNA. Solo in questo modo possiamo assicurare che si tratti di puro Black Angus e non tramite il caratteristico colore dell’animale.

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“La zootecnia deve garantire la sicurezza alimentare, la varietà alimentare e la biodiversità. La zootecnia deve sopravvivere e perché ciò accada è indispensabile che porti un valido guadagno agli allevatori”

“La società civile può costituire la massa critica necessaria a spingere per il cambiamento, ma servono anche aziende che credano nei progetti e sviluppino prodotti. Servono iniziative di tutta la società civile”

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e oggi — con il 72% delle aziende agricole che possiede anche un patrimonio zootecnico — il 27% delle aziende conta più di 100 bovini e il 64% delle porcilaie da ingrasso conta più di 1.000 capi. Secondo la FAO, questo andamento si manterrà anche in futuro: le dimensioni degli allevamenti cresceranno ancora e sia per monogastrici sia per ruminanti si ridurrà il numero di addetti. Ciascun uomo potrà occuparsi di un numero doppio di animali rispetto a quanto succede adesso. Meno del 2% dei Tedeschi oggi ha un reddito di provenienza zootecnica. Evoluzione del reddito e della domanda alimentare Agli inizi del ‘900 il 60% dello stipendio era destinato all’acquisto di alimenti, nel 1990 si è passati al 18% e oggi siamo al 14%. «Se il costo del cibo incidesse ancora molto sul nostro bilancio familiare, non ci potremmo permettere di comprare cibo biologico e l’intero settore non esisterebbe», ha ricordato Hartung. La zootecnia deve garantire la sicurezza alimentare, la varietà alimentare e la biodiversità. La zootecnia deve sopravvivere e perché ciò accada è indispensabile che porti un valido guadagno agli allevatori. ANNE MOTTET, Livestock Policy Officer della FAO, ha tenuto un intervento introduttivo, in cui ha mostrato la situazione mondiale attuale e le proiezioni al 2050, correlando urbanizzazione, reddito economico e consumi alimentari. La popolazione di Africa e Asia è in crescita, mentre in Europa è in leggero calo. Nei Paesi non sviluppati cresce moltissimo la popolazione cittadina, mentre quella rurale rimane stabile. Si stima che nel 2010 il 50% della popolazione fosse urbanizzata e che nel 2050 lo sarà il 70%. L’urbanizzazione dei popoli di queste nazioni comporta grandi cambiamenti nella produzione, distribuzione e consumo di cibo. Ad esempio, urbanizzazione significa accesso all’elettricità e quindi migliore conservazione degli alimenti. I sottonutriti si con-

centrano in Asia e Africa, zone in cui una buona parte del reddito familiare è destinata all’acquisto di alimenti: in media, in Africa si usa così la metà del salario, mentre in India e Cina un terzo. Se si studia l’intervallo di tempo dal 1990 al 2050, si prevede che le famiglie avranno appena un aumento del 2% del reddito. Anne Mottet ha anche mostrato come la produzione di alimenti di origine animale abbia subito in questi due decenni un balzo clamoroso. Soprattutto a causa della domanda crescente da parte dei Paesi poveri, la produzione di uova è aumentata dell’80% dal 1990 al 2010; nello stesso periodo quella di carne in generale è salita del 60% e quella di latticini del 30%. Da qui al 2050 si stima che la richiesta di latticini, carne e uova crescerà ancora del 70%. Crescono anche i consumi di pesce, mentre restano stabili quelli di cereali e patate. Invece il consumo di carne, negli ultimi vent’anni, è calato in Europa ed è rimasto stabile in Australia e USA. MARTIN NESBIT lavora presso l’indipendente Institute for European Environmental Policy (www.ieep.eu). Al convegno “Sistemi agroalimentari sostenibili. Quali politiche per diminuire l’impatto dell’uso del suolo agricolo in Europa e ridurre gli sprechi di cibo?” (Expo Milano, 7 ottobre) ha mostrato un grafico che metteva in relazione il PIL con il consumo di carne di diversi Paesi: gli abitanti di Cina, Brasile e USA aumentano nettamente i consumi di carne appena è loro possibile acquistarla, mentre in Gran Bretagna e India la relazione fra PIL e consumi di carne è molto blanda. Esistono quindi forti aspetti culturali che influenzano le scelte alimentari. I fattori della rivoluzione zootecnica In questi anni si è verificato un fenomeno che la Mottet non ha temuto di definire “la rivoluzione della zootecnia”: • l’80% degli allevamenti del mondo si è trasformato da realtà rurale a sistema industriale intensivo, con aumento

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e concentrazione degli animali allevati, pur mantenendo basso il numero di addetti; sono aumentati soprattutto gli allevamenti di monogastrici, mentre gli allevamenti di ruminanti hanno registrato un lieve calo in tutto il mondo; gli allevamenti hanno subito uno spostamento geografico: ora spesso sono posizionati nelle aree periurbane; la globalizzazione del mercato ha interessato anche le fonti di approvvigionamento e il commercio di questo settore; gli allevamenti hanno fatto propri i risultati dell’evoluzione tecnologica, che ha effetti positivi sulla salute delle mandrie, la loro alimentazione e la salubrità dei loro prodotti.

Efficienza e risorse limitate Zootecnia e agricoltura forniscono l’alimento alla popolazione umana sfruttando risorse limitate. Già oggi il 30% della superficie terrestre ha un utilizzo zootecnico (per pascolo o per coltivazioni di mangime); una quantità di acqua stimabile fra l’8 e il 15% è utilizzata per gli animali (ma la stima è difficile da calcolare e non va dimenticata la fondamentale differenza fra “acqua verde” e “acqua blu”, come ha ricordato la Mottet); il 25% dell’azoto utilizzato per fertilizzare i campi ha provenienza zootecnica («questa è una ricchezza che deve essere sfruttata meglio»). La produzione di gas serra (GHG), responsabili del cambiamento climatico da parte del settore zootecnico, si attesta al 14%: ci sono grandi margini di miglioramento, soprattutto nei Paesi più arretrati. Interventi di modernizzazione e di razionalizzazione degli allevamenti permettono di ridurre sensibilmente i gas serra emessi e al contempo di ottimizzare le produzioni. È indispensabile migliorare questi valori, ridurre l’impatto della produzione di alimenti. Anche in Europa esistono margini di miglioramento: si potrebbe tagliare la produzione dei gas serra del 14-17%, un valore condiviso con

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USA e Australia: non è poco, ma ricordiamoci che nell’Africa occidentale gli interventi porterebbero a una riduzione del 27-41%, in India e Paesi limitrofi si potrebbe tagliare la produzione di gas serra del 38%, in Estremo Oriente del 20-28% e in Sud America del 18-29%. In ciascuna area del pianeta bisogna trovare una soluzione diversa e specifica per ridurre le emissioni. In Europa i migliori risultati si possono raggiungere intervenendo sull’alimentazione degli animali: si potrebbe così incidere sulla digestione anaerobica e sull’efficienza energetica delle mandrie. È possibile lavorare sfruttando meglio i sottoprodotti industriali e gli scarti di alcune lavorazioni: va aumentata la quota di lipidi nella razione, va sfruttata meglio l’efficienza delle proteine, va diffuso l’utilizzo delle proteine biotech. L’efficienza è l’unica strada percorribile per la zootecnia, così come per tutte le attività che utilizzano risorse limitate. L’innovazione si sta certamente diffondendo, soprattutto in Europa, ma alcuni interventi potrebbero favorirla: ad esempio, si potrebbero introdurre facilitazioni sul mercato per gli allevamenti più efficienti. Oltre all’efficienza però sarà necessario tenere in conto anche la protezione e la corretta gestione delle risorse, compresa la biodiversità degli animali. «L’allevamento sostenibile è nella global agenda della FAO. L’efficienza è la nostra meta perché indispensabile dal punto di vista sociale, economico e ambientale; è ancora sottostimata, ma possiede un grande potenziale». Servono linee guida condivise, stilate insieme da allevatori, scienziati e industria. La società civile può costituire la massa critica necessaria a spingere per il cambiamento, ma servono anche aziende che credano nei progetti e sviluppino prodotti. Servono iniziative di tutta la società civile, degli stakeholders (figure che a vario titolo hanno interessi nel settore) e dei governi, per diffondere innovazione e sostenibilità. Giulia Mauri


NUTRIZIONE

Carni rosse, il parere del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare

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fronte del parere richiesto al Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA) da parte del ministro della Salute Beatrice Lorenzin dopo la pubblicazione della Monografia IARC sull’insorgenza dei tumori del colon-retto, in data 4 febbraio è stato pubblicato il documento siglato dal prof. GIORGIO CALABRESE. Riportiamo di seguito il testo integrale. PARERE SUL RISCHIO LEGATO ALLA CANCEROGENICITÀ DELLE CARNI ROSSE FRESCHE E TRASFORMATE

VISTO l’abstract della monografia n. 114 (pubblicato su THE LANCET ONCOLOGY) dell’Agenzia interna-

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zionale per la ricerca sul cancro (IARC/OMS) relativa alla valutazione della cancerogenicità della carne rossa trasformata e della carne rossa fresca; CONSIDERATO che tale monografia sarà pubblicata integralmente nella seconda metà del 2016; VISTA la richiesta di parere inoltrata dalla Direzione generale per l’Igiene e la Sicurezza alimentare e la Nutrizione (Prot. 0041113-P-30/10/2015) alla Sezione sicurezza alimentare del CNSA con la quale viene richiesto: “approfondimento della tematica diffusa attraverso una pubblicazione dello IARC circa il rapporto carni trasformate e carni

rosse fresche/aumento dell’incidenza del tumore colon-rettale orientato ad una valutazione del rischio su base nazionale che tenga conto delle abitudini alimentari in Italia”; CONSIDERATO che i dati di supporto al lavoro dello IARC non sono stati ancora resi disponibili e che, al contrario, la loro necessaria conoscenza aiuterà a definire meglio il contesto delle variabili entro cui si inquadrano le conclusioni dello IARC stesso; CONSIDERATO che l’effetto cancerogeno è, in particolare, da attribuire a metaboliti e sostanze che si formano in seguito a determinate modalità e abitudini

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“Solo un regime dietetico adeguato ed equilibrato garantisce un apporto ottimale di nutrienti in grado di soddisfare i fabbisogni dell’organismo e permette di ricevere sostanze che svolgono un ruolo preventivo e/o protettivo nei confronti di determinate condizioni patologiche”

di cottura e di trasformazione e lavorazione, tra cui: nitrati e nitriti che vengono anche aggiunti nel processo di trasformazione delle carni e insaccati a scopo conservativo (antibatterico); ammine eterocicliche (HCAs), e idrocarburi policiclici aromatici (PAHs), che, in particolare, si possono sviluppare nella cottura alla griglia o al barbecue e in tutti gli alimenti ricchi di proteine e grassi quando questi vengono cotti a temperature molto alte; CONSIDERATO che l’insorgenza del cancro è un evento probabilistico e multifattoriale e coinvolge varie componenti di natura individuale (predisposizione genetica, stato ormonale), comportamentale (quali fumo, abitudini alimentari, stato nutrizionale, attività fisica) e ambientale (quali radiazioni solari, esposizioni professionali). CONSIDERATA l’importanza della carne quale fonte proteica ad alto valore biologico, di amminoacidi, vitamine, sali minerali e metalli (in particolare ferro e zinco) nell’alimentazione umana e, soprattutto, in determinate fasce di età e/o stati fisiologici nonché in particolari condizioni di salute; VISTI gli esiti dell’attività istruttoria svolta nelle sedute del 4 novembre, 9 dicembre 2015 e 4 febbraio 2016, della Sezione per la sicurezza alimentare- CNSA; CONSIDERATO che lo stesso IARC invita i singoli Paesi a condurre

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una valutazione del rischio sulla base delle abitudini alimentari del loro territorio; CONSIDERATO che in generale le abitudini alimentari sono parte della cultura di un dato popolo; TENUTO CONTO delle specifiche abitudini alimentari italiane e del modello alimentare tradizionalmente seguito dalle popolazioni del bacino del Mar Mediterraneo, basato sul consumo diffuso ed equilibrato di cereali, frutta, verdura, legumi, frutta secca, olio d’oliva, moderato consumo di vino nell’età adulta e alternanza delle diverse proteine animali (pesce, carni bianche e rosse, latte e formaggi, uova); TENUTO CONTO degli orientamenti assunti dagli altri Stati Membri costituenti l’Unione Europea, consultati per il tramite del focal point italiano; IL COMITATO NAZIONALE SICUREZZA ALIMENTARE: SEZ. I (SICUREZZA ALIMENTARE)

terraneo, evitando l’eccessivo consumo di carne rossa, sia fresca che trasformata; • di prestare particolare attenzione alle modalità di preparazione e cottura degli alimenti, limitando, in particolare, cotture alla griglia ad alte temperature e fritture; • di seguire un’alimentazione che comporti una riduzione dell’apporto di grassi e proteine animali e favorisca invece l’assunzione di cibi ricchi di vitamine e fibre, che possa prevenire anche le malattie cardiovascolari oltre che quelle tumorali. Nella frutta e nella verdura, infatti, oltre alle fibre, si trovano in misura variabile vitamine e altri componenti essenziali, il cui insieme ha un riconosciuto potere protettivo; • di mantenere un peso corporeo corretto durante l’arco della vita e svolgere regolarmente esercizio fisico.

PER LA

PRESO ATTO che la classificazione dello IARC della carne rossa fresca come “probabilmente cancerogena” e trasformata come “sicuramente cancerogena” descrive la forza di un’evidenza scientifica riguardante un agente riconosciuto come fattore oncogeno. RITIENE • che il tumore al colon-retto, come tutte le neoplasie, sia il risultato di più fattori e sia innescato dall’interazione tra ambiente, stile di vita e genetica; che, in questo quadro generale, risultino particolarmente rilevanti: eccesso ponderale, sedentarietà, scarso consumo di fibre, l’eccesso di calorie nella dieta, lo stile di vita nel suo complesso, compreso quello alimentare; • che sia necessario esaminare la monografia nel dettaglio nel momento in cui sarà pubblicata. RACCOMANDA • di seguire un regime alimentare vario, ispirato al modello medi-

IN CONCLUSIONE Una sana alimentazione associata ad uno stile di vita attivo rappresenta uno strumento valido per la prevenzione, la gestione e il trattamento di molte malattie. Un regime dietetico adeguato ed equilibrato non solo garantisce un apporto ottimale di nutrienti, in grado di soddisfare i fabbisogni dell’organismo, ma permette anche di ricevere sostanze che svolgono un ruolo preventivo e/o protettivo nei confronti di determinate condizioni patologiche. Il presidente del CNSA Prof. Giorgio Calabrese Il segretario Direttore dell’Ufficio IV ex SNVR Dr.ssa Rossana Valentini Visto Il Direttore Generale IL DGOCTS Dr.ssa Gaetana Ferri Sezione Sicurezza Alimentare CNSA (Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare) Parere n. 15 del 4 febbraio 2016

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Oligoelementi, potere nascosto della carne Per milioni di anni i primati e per centinaia di migliaia di anni gli ominidi e la nostra specie si sono nutriti di carne con molti vantaggi. Oggi negli oligoelementi si individua un potere nascosto di questo alimento di Giovanni Ballarini

D

a numerosi studi compiuti recentemente sul rapporto tra carne e alimentazione umana da un punto di vista evoluzionista, è risultato che presso le popolazioni di cacciatori e raccoglitori del passato i consumi di alimenti d’origine animale erano decisamente elevati. La maggio-

ranza delle popolazioni (73%), infatti, ricavava più della metà dell’energia alimentare (56-65%) dagli animali. Considerando inoltre che i vegetali selvatici sono scarsi di carboidrati e ricchi di proteine, nelle popolazioni studiate le proteine sono risultate in predominanza (19-35% dell’energia alimentare)

rispetto ai carboidrati semplici e complessi (22-40% dell’energia; Tabella 1). Nell’alimentazione umana carnivora vengono individuate due componenti: biologica e antropologica. La prima indica che la carne è molto utile per una corretta ed equilibrata alimentazione, la seconda dimostra

La carne è un alimento ricco di oligoelementi quali ferro, rame, zinco, cromo e selenio (photo © www.nonnapaperina.it).

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SERVIZIO DI PIATTAFORMA LOGISTICA CONTO TERZI DI CARNE FRESCA TRASPORTATA SU GANCIERE O CARTONATA

SERVIZIO DI LOGISTICA ANCHE PERANIMALI VIVI REGOLARMENTE RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON IL NUMERO CE 07/PS


Mangiare carne è considerato da alcuni scienziati un fattore cruciale per l’evoluzione del cervello dei nostri antenati (photo © Matthieu Paley, www.evolutamente.it). che l’uomo ha trasformato la carne in un bisogno culturale. Carne buona da mangiare Il bisogno culturale di carne nelle diverse società si manifesta con regole che comprendono divieti, permissioni e modi d’uso (cucina), capaci di soddisfare anche l’ineliminabile ricerca di diversità alimentare caratteristica dell’uomo. Secondo l’antropologo M ARVIN HARRIS la carne, in tutti i suoi elementi e diversificazioni, è “buona da mangiare”. Per questo meno dell’1% della popolazione mondiale si astiene volontariamente da qualsiasi cibo d’origine animale e meno della decima parte di questo 1% può conside-

rarsi genuinamente e strettamente vegetariano. Di fatto l’uomo, con la carne, soddisfa bisogni di tipo biologico e psicologico. Ogni cultura ha la sua carne o le sue carni, ma non bisogna dimenticare che per la nostra specie e quelle che l’hanno preceduta la carne per eccellenza era quella degli animali selvatici, che ha la caratteristica di essere molto magra. Ad esempio, la carne di cervo e quella di daino hanno un basso contenuto di grassi (0,8-1,2%), che la cottura a fuoco vivo del passato riduceva ulteriormente. I grassi sono stati associati al consumo di carne solo quando l’uomo è divenuto “sedentario” e ha iniziato ad utilizzare i tegami, inventando intingoli vari.

Se la carne è buona da mangiare, non significa che le idee e soprattutto le richieste sul tipo e la qualità della carne non siano rimaste immutate, soprattutto da quando le sono state attribuite virtù nascoste, come quelle dovute agli oligoelementi. Attualità delle micro-deficienze alimentari Ricchi e poveri oggi condividono, per motivi differenti, il problema della malnutrizione, in particolare la carenza dei nutrienti necessari in piccole ma indispensabili quantità; tra questi i più importanti sono certamente ferro, zinco, cromo, selenio e rame. Nei Paesi più evoluti le deficienze sono causate o

Tabella 1 – Caratteristiche alimenti delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori Società studiate

Alimenti animali Quantità %

Totale società

Energia %

Alimenti vegetali Quantità %

45-65

Energia % 35-55

73% delle società studiate

> 50

56-65

< 50

35-44

14% delle società studiate

< 50

54-35

> 50

56-65

Fonte: Cordain L., Brand Miller J., Eaton S.B., Mann N. (2000), Macronutrient estimations in hunter-gatherer diets, American Journal Clin. Nutr. 72.

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favorite da diete squilibrate — e anche unilaterali — e dal diffuso invecchiamento della popolazione. Nei Paesi sottosviluppati le cause principali sono invece il cibo “spazzatura” e la penuria alimentare. In ogni caso vi è una sottovalutazione del problema. Per anni, nei Paesi ricchi si è ritenuto che le micro-deficienze nutrizionali fossero trascurabili. Ora non è più così, non solo per l’invecchiamento della popolazione, ma anche per la diffusione di alimentazioni unilaterali come quelle “dimagranti” o “ossessive” di diverso tipo ideologico, da quello salutistico a quello pro-animalistico e ambientalistico-alimentare. Per esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che attualmente un terzo della popolazione mondiale abbia una carenza di ferro. Per i nutrizionisti del King’s College di Londra sono in carenza di ferro il 20% delle ragazzine, l’8% delle donne adulte e, in forma minore, il 47% dei bambini in età prescolare e il 42% delle donne gravide dei Paesi occidentali. Oligoelementi della carne Nella carne sono contenute piccole ma importantissime quantità di minerali, noti come oligoelementi o microminerali. Si tratta soprattutto di ferro, rame, zinco, cromo e selenio. Questi oligoelementi sono presenti nella carne sotto una forma organica che assicura una buona biodisponibilità e quindi sono molto assorbiti e utilizzati da chi li mangia. Al tempo stesso, hanno un’elevatissima tollerabilità. Gli oligoelementi organici hanno elevate azioni biometaboliche e un’ottima attività nutrizionale, che non si riscontra assolutamente per gli stessi elementi contenuti nei vegetali e tanto meno aggiunti all’alimentazione sotto forma inorganica. L’importanza degli oligoelementi organici della carne è aumentata dalla presenza nella stessa di importanti vitamine, in particolare la vitamina E (alfa-tocoferolo), le vitamine B1 e B2, la vitamina PP, ma soprattutto la vitamina B12 e l’acido folico, con attività positive

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sulle sintesi proteiche e quindi anche con azione antianemica. La vitamina B12 è tipica negli alimenti carnei e non è presente nei vegetali. Nella carne sono presenti significative quantità di composti antiossidanti naturali, in gran parte collegati alla vitamina E, che assicura anche un buon mantenimento del colore rosso. Il ferro degli alimenti Tra gli oligoelementi della carne molto importante è il ferro. Da tempo è nota l’importanza di questo minerale, ma solo recentemente si sono andate ampliando le conoscenze riguardanti la fisiologia della carenza di ferro e le conseguenze patologiche organiche e comportamentali. Sempre più diffuse e importanti sono oggi da ritenere le carenze marginali di ferro e i riflessi che hanno sulla salute umana. Pertanto aumenta l’interesse per un efficace controllo delle carenze non soltanto cliniche, ma soprattutto subcliniche, molto diffuse nella popolazione dei Paesi industrializzati e soprattutto nei vegetariani.

Il ferro è introdotto nell’organismo con la dieta, attraverso meccanismi d’assorbimento ben noti, e soprattutto è sempre più evidente l’importanza che ha la forma sotto la quale questo minerale è presente nell’alimento. Il ferro eminico contenuto negli alimenti di origine animale è molto più assorbibile di quello non eminico presente negli alimenti vegetali. Per questo il semplice contenuto in ferro dei singoli alimenti non deve trarre in inganno, a causa della molto diversa disponibilità alimentare del metallo. Nei vegetali vi sono quantità di ferro discrete, ma scarsamente utilizzabili, con una bassa quantità finale assorbita dall’intestino e quindi utilizzata dal punto di vista nutrizionale. Ad esempio, nei semi secchi di leguminose (come la farina di soia) sono contenuti 80-90 mg di ferro per chilo, con un assorbimento però soltanto di circa il 7% (7-8 milligrammi circa). In molti altri alimenti vegetali non solo la quantità di ferro presente è molto inferiore (nel mais, ad esempio, 5 mg/kg), ma è anche molto bassa la percentuale

Gli Hadza della Tanzania sono tra gli ultimi cacciatori-raccoglitori del mondo. Vivono di quello che trovano: selvaggina, miele, tuberi, frutti di bosco e il frutto del baobab. Studiosi oggi si interrogano se il passaggio dell’uomo all’agricoltura sia stato un chiaro passo in avanti per la salute umana o se, viceversa, nell’abbandonare la caccia e la raccolta a favore delle colture e del bestiame abbiamo rinunciamo a una dieta più sana e ad un corpo più forte in cambio di sicurezza alimentare (photo © Matthieu Paley, www.evolutamente.it).

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Tabella 2 – Composizione della carne bovina magra COMPOSIZIONE PERCENTUALE

Acqua

grammi 75,10 (74,40-77,00)

Proteine

grammi 22,00 (20,60-22,70)

Grassi

grammi 1,90 (1,55-3,00)

Minerali

grammi 1,23 (1,20-1,27)

Energia per 100 g di porzione edule

Proteine

Grassi

Totale

kJ

405

76

481

kcal

97

18

115

Proteine

Grassi

Totale

kJ

393

72

465

kcal

94

17

111

Energia per 100 g di porzione digeribile

OLIGOELEMENTI DI MAGGIORE INTERESSE NUTRIZIONALE (PER

100 G)

Ferro

milligrammi 1,90 (1,40-2,10)

Rame

milligrammi 0,065 (0,050-0,090)

Zinco

milligrammi 4,200 (2,40-6,10)

Cromo

milligrammi 0,014

Selenio

milligrammi 0,003 VITAMINE DI MAGGIORE INTERESSE NUTRIZIONALE (PER

100 G)

Vitamina A

microgrammi 20,00

Alfa-tocoferolo

milligrammi 0,54 (0,20-0,65)

Vitamina B1

milligrammi 0,23

Vitamina B2

milligrammi 0,26

Vitamina PP

milligrammi 7,50

Acido folico

microgrammi 15,30

Vitamina B12

microgrammi 5,00 (1,00-8,00)

Fonte: Souci S.W., Fachmann W., Kraut H., (1989), “Food Composition and Nutrition Tables”, IV ed., Wissenschaftliche Verlagsgellscaft mbH Stuttgart. di assorbimento, non raramente dell’ordine dell’1,5-3% del ferro presente. Così la quantità di ferro assorbito da un chilogrammo di mais è di circa 75 microgrammi. Negli alimenti carnei non soltanto la quantità di ferro è più elevata; lo è anche la percentuale di assorbimento, che può arrivare e superare il 20%. Analogamente si comporta il latte, nel quale le limitate quantità di ferro (circa 50 microgrammi per litro nel latte di vacca) sono tuttavia assorbite in elevata percentuale, perché legate alla lattoferrina.

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Nei sali minerali di ferro, di solito usati come integratori, la percentuale di assorbimento è molto bassa e in linea di massima va di pari passo con la loro solubilità e igroscopicità. Un particolare non trascurabile è che la quantità di ferro assorbita dipende anche dalla composizione della dieta, e vi sono associazioni alimentari o altre condizioni che facilitano o ostacolano, a seconda dei casi, l’assorbimento del ferro. Facilitano l’assorbimento la vitamina C, ma soprattutto la presenza nella dieta di alimenti carnei;

lo ostacolano, una dieta ricca di fibra vegetale, tannini, fitine e fosfati presenti in molti vegetali. Anche numerose condizioni organiche interferiscono sull’assorbimento del ferro, che è incrementato da una perfetta funzionalità gastrica e da una carenza organica, mentre ogni patologia gastrointestinale diminuisce il suo assorbimento. Va inoltre precisato che il ferro contenuto nella carne (muscolo), come altri oligoelementi, si trova in maggiore quantità negli organi animali che costituiscono le cosiddette le frattaglie.

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Il ferro nella carne Come abbiamo già detto, la carne non solo contiene elevate quantità di ferro, ma questo è sotto forma organica, pertanto con un assorbimento e un’utilizzazione elevata. Recenti indagini indicano che in una dieta mista, con contemporanea presenza di carne e vegetali, la prima aumenta l’assorbimento anche del ferro contenuto nei vegetali. Indagini e considerazioni sulla validità di una dieta corretta per prevenire le carenze di ferro sono state sviluppate da diversi autori. Ne consegue che la presenza di carne nella dieta è un valido, se non indispensabile, contributo per controllare le carenze di ferro marginali che hanno una notevole importanza sull’immunità e il comportamento, e questo ne fa un alimento protettivo. Ferro della carne e immunità È noto da qualche tempo che in caso di carenza di ferro (sideropenia) anche di grado non elevato, e quindi prima ancora che compaia anemia, le infezioni sono più frequenti e gravi. Tuttavia, anche eccessi di ferro possono facili-

Quaglie ripiene all’amarena e castagne (photo © leleccorniedidanita.blogspot.it). tare le infezioni. Solo recentemente si sono individuati i meccanismi attraverso i quali una sideropenia o un eccesso di ferro determinano una maggiore ricettività alle infezioni batteriche.

Danni per mancanza di ferro Una carenza di ferro (come avviene in una sideropenia già di II stadio e senza arrivare a un’anemia ferro-priva con gravi conseguenze sulle difese organiche)

Carni e salumi della Garfagnana

Salumifi Salumificio cio Artigianale Artigianale Garfagnino garfagnino P I.CA R . Sr l – V ia I V N ove m bre 3 – 55036 P IEVE FOSCIANA (LU) T E L. 0 583 6 6 8 3 0 5 – FA X : 0583 668307 – E -ma il: info@pic a r s r l.c om — Web: W b www.pic i a r s rll . c o m


Tabella 3 – Principali caratteristiche nutrizionali delle molecole strategiche contenute nelle frattaglie animali Frattaglia

Ferro

Zinco

Animelle

X

X

Cromo

Vitamina A

Acidi grassi essenziali

X

Cervello Fegato

X

X

Rognone Cuore

X

X

Milza

X

X

Nucleotidi

X

X

X

X

X

X

X

X X

Mammella

X

Trippa

X

Intestino

X

determina nei leucociti (cellule bianche del sangue) una diminuzione più o meno intensa dell’enzima mieloperossidasi. In assenza o scarsità di questo enzima i leucociti non producono i radicali liberi dell’ossigeno che sono necessari per distruggere i batteri fagocitati. Anche altri enzi mi leucocitari, come la già citata perossidasi, sono indispensabili per la distruzione dei batteri fagocitati. La ridotta attività delle cellule immunitarie prodotta dalla carenza di ferro spiega anche come la reazione tubercolinica si riduca di intensità fino a negativizzarsi. I leucociti intervengono poi nei meccanismi di sequestro del ferro, che quindi non è più disponibile per la crescita batterica. Infatti, nei leucociti è prodotta la lattoferrina e dalla lisi leucocitaria deriva l’interleuchina-1 che stimola la produzione della ferritina, un importante sequestrante del ferro organico. Danni per eccesso di ferro Un eccesso di ferro alimentare si può avere con un’alimentazione

esclusivamente o prevalentemente ricca di vegetali ricchi di ferro libero, non utilizzabile dall’organismo umano, ma disponibile per i batteri e che ne facilita la moltiplicazione, con tutte le connesse conseguenze negative. Infatti, una non disponibilità del ferro per i batteri (perché il minerale è ti tipo organico e legato alle proteine della carne o alla transferrina, lattoferrina, ovotransferrina o ferritina) è un importante fattore di protezione antinfettiva. Un’alimentazione che comprende carne apporta quindi ferro non soltanto ben assorbibile e utilizzabile, ma evita ogni possibile eccesso di ferro con le sue dannose conseguenze. Un’eventualità che può invece derivare dall’uso di alimenti fortificati con additivi minerali, quali erano stati proposti e diffusi nel passato, ad esempio negli USA: pane con aggiunta di sali di ferro, ecc… Zinco e cromo della carne e immunità Tra gli oligoelementi minerali essenziali vi sono zinco e cromo. Da tempo è noto che lo zinco ha favorevoli

“A seconda del tipo di carne utilizzata e delle sue peculiari caratteristiche dietetiche, che riguardano diversi aspetti, possiamo ritenere la carne un alimento protettivo di integrazione e di equilibrio della dieta, anche attraverso i suoi oligoelementi organici biodisponibili e ben assorbibili”

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effetti sull’immunità. Più recenti sono le conoscenze sul ruolo del cromo come fattore pro-immunitario. Il cromo è salito alla ribalta della salute umana in quanto, assieme ai già citati zinco e rame, non soltanto è indispensabile per la vita, ma svolge un effetto benefico sul sistema immunitario. Considerando che il sistema immunitario è più debole nei giovanissimi e soprattutto negli anziani, e quanto siano frequenti gli stress, è facile intuire l’importanza del cromo nella dieta. Vi sono, inoltre, alcune segnalazioni pratiche che inducono a ritenere che l’azione del cromo si sviluppa anche nei riguardi di alterate reazioni del sistema immunitario, ad esempio nelle malattie auto-immuni, nelle allergie, nelle reazioni immunitarie anomale, ecc… Si fa presto a dire cromo, ma quale? Vi è un cromo altamente tossico: è quello esavalente di origine industriale, usato nei sistemi di cromatura, che talvolta inquina le acque. Un tipo di cromo da evitare nel modo più assoluto. Esiste il cromo trivalente, praticamente non tossico in quanto pochissimo assorbito, ma per questo anche scarsamente efficace in alimentazione. Infine vi è il cromo organico, quello che altri organismi (i lieviti e gli animali, non i vegetali) hanno già utilizzato e legato ad amminoacidi, togliendogli ogni possibile tossicità, preparandolo per una buona dige-

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stione ed assorbimento, e quindi per un’elevata efficacia nutrizionale. È soprattutto attraverso le carni che l’uomo oggi può assumere questo tipo di cromo. La cromo-carenza si manifesta con sintomi associati al diabete (o per lo meno a una particolare inefficienza dell’insulina) e con malattie cardiovascolari. La cromo-carenza è dovuta all’alimentazione e non vi era quando l’uomo si alimentava con abbondanza di cibi ricchi di cromo organico, che si trova nella carne e negli organi di animali, oppure negli alimenti ricchi di lieviti, come il pane lievitato (almeno un chilo al giorno) o la birra non filtrata, che conserva tutto il lievito che l’ha prodotta. Ricerche eseguite da MOWAT D.N. e CHANG X. dell’Università di Guelph (Ontario) dimostrano che l’aggiunta di cromo organico ricavato dal lievito ha, negli animali, effetti preventivi anti-stress e antinfettivi simili a quelli degli antibiotici. Ferro nella carne e comportamento (psicodietetica) Comportamento e dieta sono collegati nella psicodietetica. Un antico proverbio cinese dice che l’inizio della saggezza sta nel chiamare le cose con il loro giusto nome, e con il termine di psicodietetica CHERASKIN, RINGSFORD e BRECHER hanno da tempo indicato i rapporti che esistono tra l’alimentazione (dieta) e la psiche, anche nelle manifestazioni di comportamenti. Da tempo, nell’uomo sono stati rilevati rapporti tra carenza di ferro e diminuzione delle capacità cognitive, ma soltanto recentemente sono state chiarite le cause. Anche sulla base di studi precedenti, POLLIT e LEIBEL dimostrarono che turbe del comportamento con deficit cognitivi e dell’apprendimento si manifestavano nei bambini con lieve carenza di ferro, tale da non provocare anemia; questi risultati furono successivamente confermati da diversi altri ricercatori. Una possibile spiegazione neurochimica potrebbe derivare dal fatto che nel cervello dei ratti con poco ferro (sideropenici) è presente un minor numero di ricettori per la

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dopamina di tipo D2. Questo induce a ritenere il ferro importante per il normale sviluppo e funzionamento dei neuroni dopaminergici e che carenze precoci possano produrre danni permanenti. Inoltre, la distribuzione del ferro nel cervello sembra rispecchiare quella dei neuroni che liberano il neuro-trasmettitore GABA (acido gamma-amminobutirrico). Molto interessante è anche il fatto che il ferro si trova nella monoaminaossidasi, un enzima fondamentale per la produzione di un gran numero di neurotrasmettitori, fra cui la serotonina, la noradrenalina e l’adrenalina, oltre alla dopamina. La carenza di ferro (sideropenia), un tempo considerata quasi esclusivamente come causa di anemia, oggi assume aspetti più ampi e importanti, soprattutto per i rapporti che sono stati dimostrati con le attività nervose e anche ormonali, quindi con la salute e il benessere. Molto importante è il rapporto tra la carenza di ferro nel giovane e lo sviluppo del suo comportamento. Nota da tempo è la dottrina dei periodi critici che sottolinea la loro importanza per un corretto comportamento dell’adulto; non è però molto noto se e come l’alimentazione interferisce sull’evoluzione dei periodi critici e sull’apprendimento durante tali periodi. Se si considera che nel bambino la barriera ematoencefalica non ha la selettività dell’adulto, si può ritenere che la sintesi dei neurotrasmettitori endocerebrali sia maggiormente influenzata dal tipo di dieta nel bambino che non nell’adulto. Le variazioni alimentari e nutrizionali dei giovanissimi, soprattutto con uno svezzamento precoce e brusco, potrebbero avere una notevole influenza sulla funzionalità cerebrale e quindi sul comportamento. Già solo questa ipotesi sottolinea l’importanza del settore, ancora in gran parte inesplorato per quanto riguarda i rapporti tra alimentazione, nutrizione e comportamento e, in questi, l’importanza della carenza di ferro alimentare ben assorbibile, come quello della carne. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma


MACELLERIE D’ITALIA

I macellai fanno rete Nasce AIMA, un’associazione che lega maestri macellai dal Nord al Sud Italia, accomunati da una visione innovativa e moderna di Elena Benedetti

I

n una fredda domenica di metà gennaio si sono ritrovati nella Capitale undici maestri macellai per sottoscrivere un impegno e l’adesione ad un progetto comune chiamato AIMA. L’acronimo sta per Associazione Italiana Macellerie Artigiane. Il concetto è tanto semplice quanto forte: aggregare professionalità ed esperienze diverse per condividere un’idea comune di macelleria moderna che abbraccia temi nuovi, come il benessere animale, la selezione delle carni in stalla, la comunicazione e la lavorazione delle carni senza l’impiego della chimica. I soci fondatori sono FABRIZIO GASPARRINI e STEFANO VITALI (Macelleria Samorina, Loreto, AN), MASSIMO CALDERA (Macelleria Piemonte Carni, Asti), ALDO MUGGERI (Macelleria Muggeri, Ricadi, VV), LORENZO RIZZIERI (Macelleria F.lli Rizzieri 1969, Ferra-

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ra), DAVIDE CECCONI (Macelleria Norcineria Cecconi, Ceccano, FR), DIEGO FIORENZATO (Macelleria Gastronomia Da Diego, Codiverno di Vigonza, PD), FEDERICO DAL LAGO (Macelleria Dal Lago di Arsero, VI), ROBERTO PASSARETTA (Punto Carni, Minturno, LT), FRANCESCO CAMASSA (Macelleria Camassa, Grottaglie, TA) e BARBARA COMUNE (Macelleria Gastronomia da Sasà e Barbara, Campobasso). Perché AIMA? «Tutto è nato qualche tempo fa, da un progetto che avevamo condiviso e che ci ha unito. Sono nate solide amicizie, finalità e una visione comune» mi risponde Lorenzo Rizzieri. «Vogliamo ribadire che dietro questa professione non c’è crudeltà, come purtroppo in tanti ancora pensano, ma, al contrario passione, amore, attenzione per la natura. Vorremmo riuscire a parlare di questo mondo straordinario,

ricco di valori come la compassione e il rispetto; di mani che lavorano sapientemente e che sanno scolpire un blocco di carne per trasformarlo in un’opera professionale di grande responsabilità». «È nostro compito saper selezionare prodotti di altissima qualità proprio per salvaguardare la salute dei nostri clienti, con una professionalità anche nel campo della comunicazione, dell’etica alimentare e della sicurezza alimentare» sottolinea Davide Cecconi. Per seguire le attività di AIMA potete tenere d’occhio i profili Facebook di tutti i soci fondatori.

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iMEAT - INNOVAZIONE IN MACELLERIA ®

L’unico evento in Italia dedicato esclusivamente al macellaio e al negozio di macelleria - QUARTA EDIZIONE ®

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ModenaFiere

10-11 APRILE

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Per informazioni info@imeat.it - tel. 0331518056 Segreteria organizzativa Ecod sas Tel. 0331 518056 - Fax 0331 424780 www.ecod.it

Promosso da gruppo


Casa Portanova, armonia di sapori e bellezza Giuseppe Portanova, figlio d’arte, insieme alla moglie Teresa e alla sorella Carmela, affiancato da una squadra di giovani collaboratori, ha trasformato la macelleria di famiglia in un locale di tendenza per cultori del buon mangiare e bere di Elena Benedetti

S

i dice spesso che il canale tradizionale della vendita al dettaglio di carne in Italia stia attraversando una fase di rinnovamento. Le macellerie più dinamiche oggi curano con attenzione l’offerta di preparati e piatti di gastronomia e puntano ad una selezione di prodotti che,

nella percezione del consumatore, li differenziano dal banco di libero servizio del supermercato. A pochi chilometri da Napoli la famiglia Portanova ha colto questo trend rinnovandosi nell’immagine e consolidando il servizio di qualità che da sempre li caratterizza. Lo scorso novembre è stato infatti

inaugurato il locale di vendita, curato nei nuovi arredi dal designer Fabio Cioffi di Bilodunk Studio. Lo spazio oggi si presta all’esposizione dei prodotti di salumeria che comprendono Prosciutto di Parma DOP, culaccia, Culatello di Zibello DOP, Speck Alto Adige IGP, oltre alla produzione diretta dei Portanova

Casa Portanova vende solo carne italiana in gran parte di razza Piemontese, seguita da Marchigiana e Chianina.

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CARN AMB IDEES - CALL SEBALLUT - CARNE & IDEE


Un dettaglio degli arredi: la parete di rivestimento effetto ardesia e le lampade ricavate dalle latte di Campbell’s Tomato Soup.

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1) Il restyling del locale è stato curato dal designer Fabio Cioffi. Il banco carni, moderno nelle linee rigorose, è stato arricchito con un inserto di marmo bianco che rimanda agli arredi del passato. 2) La parete dei salumi tra prosciutto di Parma, prosciutto toscano, salami, pancette, capocolli e l’iberico Joselito. 3) Carni fresche da asporto oppure cucinate dallo chef Francesco Siena.

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Lo chef Francesco Siena insieme ai collaboratori si occupa del reparto di gastronomia e della realizzazione di piatti e taglieri che si possono degustare all’interno del locale. dei loro capocolli, pancette, salami e alla classica salsiccia napoletana. Non manca un accenno all’estero con il Joselito, jamón ibérico tagliato a mano per tapas partenopee. Paste, conserve, vini, sughi sono esposti a tutta parete in un ambiente luminoso che valorizza i prodotti. Bellissimo il banco carni dalle linee moderne, impreziosito da un pannello di marmo sulla parte frontale che richiama le macellerie dei tempi passati. Originale anche il gioco di taglieri nella parte alta, utilizzati per la comunicazione dell’offerta. Le carni fresche di razze selezionate italiane, Piemontese, Chianina e Marchigiana in primis, sono in bella vista nel banco insieme ai

preparati che Teresa e Carmela Portanova realizzano ogni giorno. Oggi la macelleria Portanova ha cambiato veste, non solo a livello di immagine, e propone taglieri e degustazioni accompagnate da un calice di vino. «Offriamo taglieri di salumi e formaggi oltre a carni e piatti della cucina locale preparati espressi nella cucina del nostro laboratorio» mi spiega Giuseppe Portanova, regista di questa trasformazione che ha fatto del suo locale una meta di intenditori e cultori del buon mangiare e bere. Dalle ore 13:00 alle 16:00 nel locale si possono gustare piatti e spuntini curati dallo chef Francesco Siena.

“Paste, conserve, vini, sughi sono esposti a tutta parete in un ambiente luminoso che valorizza i prodotti. Bellissimo il banco carni dalle linee moderne, impreziosito da un pannello di marmo sulla parte frontale che richiama le macellerie dei tempi passati”

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«Insieme al designer Fabio Cioffi abbiamo realizzato un ambiente accogliente, caldo e dal sapore vagamente retro che dà il senso di casa, nel quale la nostra clientela può prendersi una pausa per gli acquisti e per mangiare qualcosa in pace» sottolinea Giuseppe. «Da qui la scelta di cambiare nome, ribattezzandoci Casa Portanova, perché vogliamo dare ai nostri clienti un senso di intimità e accoglienza». Quella di Giuseppe a Ercolano è una scommessa vinta, a testimonianza che il consumatore oggi è alla ricerca di un prodotto diverso, da acquistare e, perché no, anche da gustare il un ambiente confortevole e curato. Elena Benedetti Casa Portanova Via Panoramica 123 80056 Ercolano (NA) Telefono: 081 7393722 Nota Photo © Enzo Muto.

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Carne bovina e ovina di Alta Qualità ottenuta da risorse sostenibili

Dawn Meats, fondata nel 1980 a Waterford nel sud dell’Irlanda, è cresciuta in modo costante Àno a diventare oggi una delle principali realtà produttive irlandesi, con stabilimenti anche in Inghilterra, Scozia e Galles. Dawn Meats è rimasta fedele ai principi dell’impresa familiare ed al suo radicamento agricolo, con una forte attenzione all’innovazione ed alla sostenibilità, ponendo un costante impegno nel miglioramento della qualità e del servizio al cliente. Dawn Meats considera il mercato italiano uno dei più importanti ed è

un fornitore di riferimento per gli acquirenti di carne bovina ed ovina. L’ufÀcio commerciale di Parma è stato creato appositamente per essere vicino alle esigenze dei clienti e consolidare partnership solide e durature. Dawn Meats fornisce carne bovina in osso di scottona e vitellone e carne ovina in osso, nonché la gamma completa dei tagli anatomici sottovuoto. Produce inoltre hamburger congelati da carni di razze pregiate e piatti pronti slow cooked, disponibili sia in formato retail che food service.

DMS S.r.l,Via De Amicis n. 5, 43036 FIDENZA (PR) Telefono: +39 0524 84414 / +353 51309 200 Fax: + 39 0524 335294 Email: dms@dawnmeats.com / sales@dawnmeats.com Web: www.dawnmeats.com


MACELLERIE D’EUROPA

Mesarija Peršolja, il Collio al di là del valico In Slovenia, a Castel Dobra, questa affollata bottega propone carni bovine e suine esclusivamente locali. Mancano i preparati in vetrina: ragù, hamburger e spiedini vengono realizzati al momento. E i salumi sono di produzione propria di Riccardo Lagorio

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uanto è difficile immaginare una macelleria tanto gremita in ogni momento della giornata! Certo, lo spazio degli interni non è gigante, ma l’interminabile viavai di automobili e famiglie si fa notare eccome sbracciandosi tra le minuscole

strade che rubano spazio alle viti di Ribolla gialla. Targhe soprattutto italiane. Da sempre questo è stato un confine poroso: tante le parentele che si ritrovarono divise dalla sera alla mattina con uno schizzo sulla mappa e sotto due bandiere assai

divergenti per ricostituirsi solo ultimamente sotto il drappo blu con le 12 stelle. La macelleria di ALJOŠA PERŠOLJA è poco al di là del valico di Vencò dal 2009, quando una grande azienda di commercio carni locale per cui lavorava chiuse i battenti e si trovò così a dover mettere a frutto

Aljoša Peršolja al banco della sua macelleria.

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CARNI NAZIONALI ED ESTERE CARNI BOVINE • CARNI SUINE POLLAME • PREPARATI A BASE DI CARNE SOTTOVUOTO • CONFEZIONATO ATM I nostri prodotti sono garantiti dalla cerificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008, un riconoscimento di qualità che assicura al consumatore il rigoroso rispetto delle norme igienico-sanitarie, secondo i più severi standard internazionali, CON PARTICOLARE ATTENZIONE AI PROCESSI DI TRACCIABILITA’ (dall’allevamento alla tavola) e rintracciabilità del prodotto, gestiti attraverso specifiche procedure e un efficace sistema informatico. Stabilimenti: Via Soriso, 50/56 - 00166 Roma - Tel. 06.669501 - Fax 06.6695031 Spaccio Aziendale: Via Soriso, 124 - 00166 Roma - Tel. 06.66511594 - Fax 06.66510952

www.guidoncarni.it • info@guidoncarni.it


A sinistra: la carne sul bancone della macelleria Peršolja con certificazione di provenienza ben esposta. A destra: i salami di produzione propria. Tra le altre specialità disponibili ricordiamo le salsicce stagionate, le pancette, gli ossocolli e gli speck. le conoscenze e la particolare predisposizione a stare con il pubblico. Non sempre le sventura viene per nuocere, no?! I fondi di coesione europei ben utilizzati fecero il resto, dopo un corso di gestione di macelleria a Gorizia Nuova. Qui ha trovato un lavoro anche la moglie Erika, che si occupa — come spesso accade in questi casi — della cassa e della contabilità. «In genere non sono numerose le macellerie, ma in questa parte di Slovenia che tocca l’Italia se ne concentrano tre in poco più di un chilometro» ci informa Aljoša. E questa è senz’altro la più affollata,

malgrado sia quella più discosta dal confine. Alcune fattorie a poche centinaia di metri, a Castelletto Zeglo, o in centri più distanti come il Carso e Maribor, allevano soprattutto razza Limousine. Preparano gli animali per un anno e fino a 16 mesi per questa macelleria che propone carni bovine e suine esclusivamente slovene, anzi locali. Ciò che con orgoglio manca nel bancone che straripa di tagli e proposte sono le pietanze pronte. «Non scherziamo — dice Aljoša a metà tra il divertito e l’indispettito in perfetto italiano «questa è una macelleria e non un supermercato». Tanto che

“La macelleria non si ferma un solo minuto. Tra una battuta e l’altra squilla il telefono per prenotazioni telefoniche: chi passerà l’indomani o nel fine settimana, in gita verso questi colli che Alojz Gradnik interpretava con la sua poesia e oggi sono una delle mete ambite d’Europa per tranquillità e buona cucina”

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anche le richieste dei clienti trovano risposta da mezzene e quarti che vengono recisi al momento. Come per la carne del ragù, gli arrotolati di manzo o quella che diventerà polpette: viene macinata o lavorata al momento, non ultimo per mostrare alla clientela l’origine della stessa. Anche gli hamburger, assai richiesti, si preparano al momento. Persino gli spiedini di pollo vedono la luce sotto lo sguardo incuriosito di chi ha appena effettuato l’ordine. «Gli Italiani, almeno i miei clienti che vengono da Gorizia, Trieste, Udine e Treviso, richiedono prevalentemente carne bovina. Certo dipende dalla stagione, poiché in estate, stagione di grigliate, le costolette di suino si fanno strada tra i desideri della gente più delle costate. Durante la stagione fredda, tra spezzatini e arrosti, è in assoluto maggiormente richiesto il bovino». L’agnello è consumato durante le festività pasquali: 300 in una settimana e poi 2 nel resto dell’anno: praticamente nulla. Pure il vitello è

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una carne che viene poco proposta in quanto veniamo a sapere che quello che circola in Slovenia è per lo più di importazione e quindi non rientra nelle logiche della macelleria. Mentre la media delle vendite si assesta a 20 suini, 10 cosce di bovino e circa 50 lombate per roastbeef per settimana. C’è un lungo elenco di agriturismi, trattorie, ristoranti che si riforniscono presso Aljoša, qualcuno persino da Lubiana o dal lago di Bled, ma la prevalenza del mercato è costituita da privati che si approvvigionano per intere settimane nel negozio. Una nuova espansione dell’attività dovrebbe derivare dalla produzione di salumi. Che già vengono elaborati, ma ai quali si vorrebbe destinare più spazio (fisico e di tempo). Ecco allora le salsicce stagionate per poco più di un mese, elaborate con cura nella scelta delle carni più idonee e insaccate in budello sottile di suino. Colore rosso puro, profumo di carne matura e

gusto deciso. Se ne vendono numerose per le merende accompagnate da vino bianco. Ecco, appunto, vino bianco: è quello che gocciola sull’aglio e infiltrandosi tra le carni rilascia il proprio sentore. Insieme a sale e pepe insaporisce i tessuti, li rende piacevoli e ne ammorbidisce il gusto. Stessa modalità di esecuzione per il salame, che si ottiene macinando la carne con la piastra da 10 mm e matura in almeno 60 giorni. «Nel corso di questi pochi anni ho potuto constatare che i clienti hanno cambiato le proprie abitudini: preferiscono un salame sempre più morbido, mentre la nostra tradizione del Collio predilige salami ben maturi e stagionati», aggiunge. Oltre a pancette, ossocollo e speck che già sono regolarmente in vendita, il sogno di Aljoša è iniziare a produrre prosciutti. Ma ci vorrebbero altri spazi: quelli attuali sono diventati angusti e questa è una sfida che Aljoša ed Erika hanno già vinto.

La macelleria non si ferma un solo minuto. Tra una battuta e l’altra squilla il telefono per prenotazioni telefoniche: chi passerà l’indomani o nel fine settimana, in gita verso questi colli che Alojz Gradnik interpretava con la sua poesia e oggi sono una delle mete ambite d’Europa per tranquillità e buona cucina. È stata infine di buon auspicio la statua dedicata a San Giovanni Nepomuceno sul rio Quarnizza — leggi a fatica l’anno di costruzione: 1903 — tanto che dopo decenni di separazione sul Collio si collabora tra produttori di vino, le famiglie si spostano liberamente da un poggio all’altro e le comunità si sono riunite, spesso collaborano tra loro. I tempi cambiano. La macelleria Peršolja ne ha saputo trarre fecondi e propizi benefici. Riccardo Lagorio Mesarija Peršolja Hlevnik 1A 5212 Dobrovo v Brdih – Slovenia Telefono: +386 40 860543


RISTORANTI CARNIVORI

Taverna Pascalone: l’arte della frollatura è di casa Trattoria, braceria e macelleria: Pascalone è tutto questo. Nel comune di Latiano, in provincia di Brindisi, la specialità è la carne di Vitellone bianco dell’Appenino centrale Igp cotta sulla griglia alimentata con il carbone di Serra San Bruno. Non mancano le tradizionali bombette e i turcinieddi di Riccardo Lagorio

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iracolo, miracolo! A quella povera donna offesa nel corpo — diventata sorda, muta e cieca — che nell’aprile 1605 riacquistò il potere di vedere, parlare e sentire per mezzo del rinvenimento di una glicofilusa sprofondata in rovi e sterpaglie nell’agro di Latiano, come la Vergine di notte le aveva vaticinato, si deve la possibilità di ammirare il bell’affresco mariano custodito presso il Santuario di Cotrino. Credenza popolare o fede che sia, la raffigurazione contribuisce a realizzare il poker d’assi per cui Latiano merita visita. Sicché anche altre le ragioni che spingono a visitare la cittadina: Palazzo Imperiali, luogo fortificato sulla Via Appia del XV secolo; i fichi della monaca, tanto sublimi e diffusi da meritarsi la trasformazione in questa parte d’Italia del modo di dire da un pugno di mosche a un pugno di fichi; lu pizzu, alta focaccia ripiena di cipolle e olive di varietà Cellina di Nardò. E Pascalone, al secolo PASQUALE MUSCIO, ex agricoltore con la vocazione commerciale, 7 anni fa convertitosi in oste. Un cambiamento al quale ha contribuito MARIA GABRIELLA BIOTTO, piemontese e moglie che conduce con lui la trattoria-braceria-macelleria. Cura di ogni dettaglio che inizia da lontano; dal carbone che scalda la griglia per esempio. La scelta è

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Pasquale Muscio, titolare della trattoria-braceria-macelleria Pascalone.

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In alto: il banco macelleria di Pascalone. In basso: le bombette.

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caduta su quello di Serra San Bruno, nel vibonese, dove gli ultimi carbonai curano gli scarazzi, i covoni di legna accatastata e coperti di paglia bagnata e terra, che permettono la lenta combustione, trasformando il legno in carbone. Un carbone che non rilascia né fumi né oli dannosi per la salute, ma soprattutto non inquina i sapori. Così le carni di Vitellone bianco dell’Appennino centrale IGP continuano a profumare di ciccia, marezzata al punto giusto, talvolta grondante di sapido grasso intramuscolare quando rimane per il periodo necessario sulle braci. Sono soprattutto animali di razza Marchigiana e Chianina a raggiungere Pascalone. Chi vuole però può concedersi anche a pratiche di esterofilia: è sempre presente l’alternativa neozelandese di capi Black Angus che vengono allevati sull’isola meridionale. Entrecôte e tagliate in particolare. Certificazione no-OGM alla mano, l’arte della frollatura è qui di casa. Qualunque sia la scelta, trascorrono lunghi periodi durante i quali la carne si ammorbidisce e acquisisce sapore; le fiorentine facilmente arrivano sul bancone dopo 60 giorni dalla macellazione. Comunque mai meno di 40. Il cliente sceglie direttamente da qui, assiste al taglio finale e si accomoda in attesa della cottura. Nel frattempo Maria Gabriella avrà sbrigato le pratiche dell’accoglienza. Calda e informale. Di solito preparato bollito o in umido, potrà apparire inusuale l’utilizzo del cappello del prete alla griglia: eppure le sottili venature di grasso lo rendono particolarmente apprezzato. L’esperienza ha insegnato a Pascalone che anche il diaframma, per tenerezza e sapidità, rappresenta una interessante proposta. Convenientemente reciso in lunghe e fini striscioline apporta buone quantità di ferro, valida alternativa a chi del fegato non vuol sentire parlare. E per quanto riguarda il sapore, non è secondo a nessun altro taglio. Naturalità del gusto: tentativo che riesce puntualmente sotto il

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Carrù: bollito no-stop e aperitivo dai Chiapella

Turcinieddi, preparazione tipica a base di coratella di agnello (cuore, fegato, polmone). caminetto alla salsiccia di suino, preparata con capocollo. La giusta proporzione tra materia grassa e magro permette di ottenere un prodotto finale equilibrato e gustoso, condito con solo sale. Suino con certificazione no-OGM, ovviamente. Il capocollo è anche la materia prima delle bombette, tradizionale presenza nelle macellerie della Valle d’Itria: avvolgono scaglie di Grana Padano DOP e rucola, talvolta vengono impanate con un impalpabile strato di pangrattato. Altra preparazione gettonata e facente parte della consuetudine locale, i turcinieddi. La coratella di agnello (cuore, fegato, polmone) si insacca nella reticella con pepe nero, pecorino grattugiato e prezzemolo. Le carni interne assorbiranno il suo pregiato grasso, il profumo delicato si trasmette intanto nella sala, il viavai di chi siede e chi sceglie continua e si fa frenetico. Trasformare carni in succulente preparazioni a Latiano anche questo è un piccolo grande miracolo. Riccardo Lagorio La Taverna di Pascalone Via Roma 82 – 72022 Latiano (BR) Telefono: 0831 726869 349 3334191 Web: www.latavernadipascalone.it

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Il colpo d’occhio è fantastico. Sembra di essere allo stadio, ma con la folla più divertita. Si sentono dialetti diversi, non solo il piemontese, ma anche il ligure, il bergamasco, il veneto, il romanesco… Per non parlare del francese e dell’inglese. Un tocco di internazionalità non guasta. Non siamo ad una partita di calcio o ad un concerto: siamo alla Fiera del Bue Grasso di Carrù edizione 2015. Lo scorso 17 dicembre migliaia e migliaia di persone (le stime dicono almeno 35/40.000) e le fila di auto parcheggiate lo hanno confermato, così come la lunghissima coda per andarsi a gustare il piatto di bollito preparato dalla solerte ed instancabile Pro Loco. «Ogni anno cerchiamo di apportare migliorie e novità — spiega il sindaco Stefania Ieriti, ovviamente soddisfatta — e credo che questa edizione sia stata esemplare. Tanta gente, tante proposte, tanto divertimento». La giornata inizia presto: alle sei del mattino c’è già coda, in attesa che i ristoranti aprano i battenti per la mitica colazione del Bue Grasso. È uno scenario che torna ogni anno, ma è una delle immagini che spiega meglio cosa significa la Fiera, un appuntamento per tanti irrinunciabile. Poi il centro si colora di gente, con il Palafiera della Pro Loco preso d’assalto per l’immancabile “bollito no-stop”. 3.000 i coperti preparati dai volontari guidati da Ornella Ferrero, impeccabili nella gestione della cucina, che si sommano a quelli serviti nei ristoranti, nei locali, nei bar. Tutto parla… di bollito, in questa giornata così speciale, ed ecco che la sosta per un buon pasto e un buon bicchiere di vino (magari “brulè”) diventa un’altra occasione di festa. Intanto, in un Foro boario gremito va in scena lo spettacolo della premiazione dei buoi. In concomitanza con la premiazione, un altro appuntamento è ormai diventato parte integrante del programma della Fiera: è il tradizionale aperitivo organizzato presso la Salumeria della famiglia Chiapella. Un appuntamento al quale buongustai, ristoratori ed amanti del buon mangiare non vogliono rinunciare. Una selezione dalla migliore tradizione norcina langarola: dal classico salame delle Langhe alle novità per palati raffinati come il salame con il Parmigiano Reggiano (prodotto solo ed esclusivamente con Parmigiano Reggiano di montagna del Caseificio Cavola casello 993) o come il filetto al Barolo, dove le migliori lonze, ben snervate e sgrassate, vengono “annegate”nel Barolo, il Re dei vini o vino dei Re, lasciate stagionare un minimo di tre mesi ed affettate sottili. Novità per il 2015 è stato l’inserimento nel banco carne della Salumeria, della preziosissima e rinomatissima carne di bue. «Il nostro sogno — dice Alessandro Chiapella — è quello di aggiungere al nostro banco carni suine, una selezione dei migliori tagli delle pregiatissime carni bovine piemontesi. La Fiera del Bue Grasso è stata per noi un’ottima occasione. I clienti hanno apprezzato a tal punto che la carne è andata “a ruba” in poche ore. Speriamo di poter concretizzare il progetto, magari potendolo presentare alla prossima edizione della Fiera». Anche quest’anno non sono mancati in Salumeria gli ospiti VIP: l’immancabile Renato Pozzetto, amante del salame cotto Chiapella, il patron di Slow Food Carlin Petrini, ogni anno abbigliato con cappello e tabarro, e per la prima volta Antonio Ricci, ideatore di Striscia la Notizia. Salumificio Chiapella Corso Vittorio Olcese 6 12060 Clavesana (CN) Telefono: 0173 732001

Chiapella La Salumeria via Mazzini 1 12061 Carrù (CN) Telefono: 0173 75144

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LA CARNE IN TAVOLA

Vogliamo parlare di quello “stacco di coscia”? di Giorgia Fieni

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no dei miei film preferiti è “L’ala o la coscia”, una pellicola del 1976 di Claude Zidi con uno strepitoso Louis de Funès, nei panni del critico gastronomico Charles Duchemin, e Coluche, in quelli del figlio Gérard. Vi consiglio di andarlo a recuperare perché è molto divertente e dà una visione delle guide gastronomiche che molto ha da insegnarci. Non è comunque l’unico film in cui la coscia la fa da protagonista: basta solo pensare alla “Giovannona Coscialunga disonorata con onore”

di Edwige Fenech del 1973… Ma forse è meglio che io mi fermi qui, altrimenti questi articoli sui tagli di carne potrebbero trasformarsi in qualcos’altro, passibile di censura. Però una domanda sono costretta a farmela ed è: perché la coscia entra così facilmente nell’immaginario collettivo erotico? Sono una donna, quindi la mia risposta può non essere obiettiva, ma penso che il motivo sia perché è molto carnosa e soda, per cui bella da vedere e da gustare. E noi è di questo aspetto che vogliamo occuparci.

Le più cucinate sono quelle di Passate nell’albume e nel pangrattato (condito con erbe aromatiche e/o spezie) e cotte sulla griglia sono una ricetta quotidiana, vista la semplicità degli ingredienti (ma se mettete la colatura di alici come accompagnamento assumeranno un tocco gourmet); lo stesso dicasi se sono marinate nel latte, panate e cotte al forno coperte di riccioli di burro (in questo caso coprite l’osso con la stagnola). Al forno vi si può abbinare anche chorizo, per il gusto piccante, paPOLLO.

Cosce d’anatra alle noci nere sciroppate (photo © Pia Grimbuehler, www.saison.ch).

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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

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Cosciotto d’agnello irlandese al forno (photo Š www.bordbia.ie).

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“Le più cucinate sono quelle di pollo: passate in albume e pangrattato e cotte sulla griglia sono una ricetta quotidiana, vista la semplicità degli ingredienti, ma se le accompagnerete con la colatura di alici avranno un tocco gourmet”

tate novelle, per la morbidezza, e scorza d’arancia, per la freschezza, il tutto da mangiare tal quale o in una quesadilla, con formaggio dolce. La panatura per la versione “coscia di pollo fritta” può essere di yogurt (con grana, paprika dolce, salsa Worcestershire) e di un misto patatine + biscotti salati + cornflakes (si può togliere rusticità a questi abbinamenti servendo con uno zabaione al tartufo, aceto balsamico e senape), oppure, prima del contatto con la padella, può essere aromatizzata con lo spirito delle ciliegie. Sempre in tema frutta, è delicato l’abbinamento con fichi (e miele di lavanda) o mirtilli o latte di mandorle o limone (e curry); se invece preferite un sapore più forte, date originalità alla coscia immergendola in un Bloody Mary (ovvero pomodoro, vodka, tabasco). La varietà in cucina è fondamentale, però, e anche la fantasia, quindi, prepariamo anche cosce di altri animali usando abbinamenti curiosi. Senza arrivare ai suggerimenti di BARTOLOMEO STEFANI (Una coscia di daino con tutta la lonza cotta arrosto, sopra fu servita con una salsa di cappari, cedro grattato ed aceto di malvasia, da “L’arte di cucinare”, 1662), possiamo sbizzarrirci con ricette semplici i cui ingredienti siano alla portata di tutti. Bocconcini di coscia d’AGNELLO con mandorle, peperoncino e melanzane all’aglio. Cosce d’ANATRA cotte con mele rosse caramellate al Calvados. Di CERVO, con salsa al vino rosso e polenta con porcini oppure avvolte nella pasta sfoglia. Di CINGHIALE, con salsa di rosa canina. Di FARAONA, al forno con melanzane

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Cosce di pollo alla birra (photo © www.agrodolce.it). alla vaniglia e uvetta alla grappa oppure in crosta di formaggio Salva Cremasco al miele. Di RANA, marinate allo zenzero e fritte in tempura. Di TACCHINO, ripiene con speck, erbe aromatiche, salsiccia. Cosce stellate Se queste ricette vi sembrano troppo semplici, provate con le seguenti. Cosce di faraona (farcite con prosciutto crudo, mortadella, salsiccia, noci) servite alternate con pasta fillo croccante su cilindretti di risotto alle rape, completando con una salsa di fondo di faraona, infuso di caffè e bacche di anice stellato (IGLES CORELLI). Cosce d’anatra con salsa di mandarancio su purè di patate all’olio d’oliva extra e timo (MARTA PULINI). Cappelletti di castagne al grano arso con farcia di piccione, coscetta farcita ai fichi secchi su crema di sedano rapa, jus al pino mugo e sensazione alla mela cotogna (MANUEL ASTUTO). Risotto Vialone nano alla birra nera del Reno con coscetta di rana (VINCENZO VOTTERO VINTRELLA). Coscia di tacchino farcita (pomodori secchi lucani, pepe, pesto di finocchietto, mandorle)

su salsa di mirtillo e ginepro (con miele di acacia, vino Taurasi) servita con mela cotta in sciroppo (MARCO FRASCHETTI). Cosce con fantasia Non vi basta e siete affamati di altre ricette? Facciamo così, allora. Creiamo una coscia di pollo dolce con pan di spagna al burro d’arachidi, usando pasta di zucchero per l’osso e passiamo il tutto sotto la fiamma del cannello per dare l’idea dell’arrosto. Oppure completiamo ogni pietanza che cuciniamo con pere coscia e/o scalogno coscia di pollo. Oppure, per accendere davvero l’immaginario collettivo, più di un film degli anni Settanta, prepariamo le kadim budu kofte: prepariamo delle polpette di carne (manzo o agnello) e riso, le cuociamo in acqua (facendogliela assorbire completamente), poi le passiamo nelle uova sbattute e le rosoliamo in olio d’oliva… L’importante è portarle in tavola affermando con decisione: “Queste polpette sono, come suggerisce il nome in turco, lisce come la coscia di una giovane dama”. Giorgia Fieni

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CARNI ESOTICHE

Gran fama al coccodrillo di Josette Baverez Blanco

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erminata da qualche mese Expo Milano, ho cercato di fare una micro-indagine sull’esperienza alimentare più originale vissuta all’interno di questo contesto. Il coccodrillo è arrivato al primo posto assoluto, citato sia da chi ha avuto la fortuna di assaggiare i famosi crocoburger dello Zimbabwe sia da chi avrebbe voluto ma non è riuscito viste le interminabili file al punto di ristoro all’interno del Padiglione. Questa carne è in effetti conosciuta solo da chi ha avuto la fortuna di assaggiarla in Italia (è stata vietata nel 2008 ma qualcuno ha continuato a proporla ugualmente) sia da chi ha girato il mondo cercando di mangiare le specialità locali e non solo pasta e pizza! In occasione dell’ultima Esposizione Universale lo Zimbabwe ne ha importati 1.000 chili, raggiungendo in

qualche modo l’obiettivo di Expo, ovvero far conoscere usi e costumi di Paesi lontani recandosi in un unico luogo. Da Peter Pan a Tarzan Il coccodrillo è un rettile oviparo che vive sul nostro pianeta dai tempi del Cretaceo superiore, circa 90 milioni di anni fa. Lo si ritrova nelle religioni, nella mitologia, nell’arte, nella letteratura, nella moda... Il coccodrillo ha sempre alimentato la fantasia, nel cinema, nelle canzonette dei bambini, nelle leggende metropolitane — le più famose sono quelle in cui enormi rettili vivono nelle fogne delle città — nei proverbi attraverso il mondo. Lacrime e altre leggende Che tenerezza nel vedere con quanta attenzione le madri si occupano

delle loro uova, anche di quelle di altre, e dei nuovi nati. Come tutti gli animali, il coccodrillo è molto sensibile: chi non ha mai citato le famose “lacrime di coccodrillo”? Non in senso positivo, però, bensì per indicare un rimpianto solo apparente, una finta disperazione come sarebbe quella del coccodrillo che ha appena divorato una preda. In effetti le lacrime del coccodrillo esistono davvero, dovendo l’animale pulire i propri globi oculari ed espellere i sali, dato che non suda. Questo spiega perché si può veramente vederlo piangere quando è fuori dall’acqua, mentre si asciuga all’aria. Direttamente collegato a questa espressione l’uso giornalistico del termine “coccodrillo”, ossia un necrologio preparato in anticipo per i giornali, radio e televisioni

Hamburger con carne di coccodrillo (photo © martinandjo.files.wordpress.com).

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che racconti nei dettagli, qualità positive e negative, citazioni, dichiarazioni, la vita di personaggi noti. In tal modo, al momento della morte, si arriva per primi a dare la notizia più completa, cordoglio apparentemente sentito e sincero, in realtà preparato freddamente ben prima. In tutti i continenti, il coccodrillo fa parte della saggezza popolare. Ad esempio, in Cina, “devi attraversare il fiume prima di dire al coccodrillo che ha un cattivo alito”, in Africa “non importa quanto tempo un tronco sta nell’acqua, non per questo diventerà un coccodrillo”. Per ANDREA G. PINKETTS “il rimorso è una tomba su cui piangere lacrime di coccodrillo”. “Quanti coccodrilli, che fingono di lamentarsi per divorare chi si lascia commuovere dal loro lamento!” scriveva FRANÇOIS DE LA ROCHEFOUCAULD, mentre per WINSTON CHURCHILL “la persona troppo accomodante non fa che nutrire un coccodrillo nella speranza di essere divorata per ultima”. Infine, il comico GIOBBE COVATTA: “…poi Dio creò il coccodrillo e subito dopo la maglietta. Così mise il coccodrillo sulla maglietta e fu un grande successo”. Nell’Antico Egitto gli alligatori erano temuti e adorati, oltre che considerati provvisti di poteri magici. Sobek, dio delle acque e delle inondazioni del Nilo, aveva un corpo umano e una testa di coccodrillo. Nella mitologia indiana, Ganga, madre Gange, è rappresentata, nell’iconografia dei templi del nord, a cavallo su un coccodrillo dalla bocca spalancata che ingoia il mondo. In Africa, gli alligatori sono gli spiriti reincarnati degli uomini assassinati. In Europa, la sua rassomiglianza con i draghi ci riporta all’iconografia cristiana nella quale sono associati al Diavolo, quindi al Male. Interessanti in quel senso sono il Battistero di Parma e il Santuario della Beata Vergine di Curtatone (MN), dove un coccodrillo vero imbalsamato e incatenato è appeso al soffitto, al centro della navata, come simbolo della sconfitta del maligno. Nell’Ottocento, addirittura, la propaganda cattolica parlava di riunioni segrete della Massoneria durante le quali Satana appariva

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sotto forma di coccodrillo che suonava il pianoforte. Quel sapore di pollo… Il coccodrillo è sempre stato utile alla sopravvivenza di certi popoli e quindi preda da cacciare per la sua carne bianca gustosa dal sapore di pollo. Il suo basso contenuto di grassi e di colesterolo e il suo alto valore proteico ne fanno una carne raccomandabile dal punto di vista dietetico. Girando il mondo, la si trova abbastanza facilmente, in particolare in Florida dove bistecche e hamburger sono di uso comune, forse un cascame degli usi gastronomici degli indiani Seminole, ma anche in Sudafrica e Australia o nelle Filippine, che esporta la carne per l’upper class russa. Specie di lusso Ma chi parla di coccodrillo parla soprattutto di pelle. Considerato un animale a rischio di estinzione per alcune specie, dal 1975 si sono sviluppati gli allevamenti per la produzione di scarpe, borse, cinture ed altri accessori del mercato del lusso. Si possono calcolare 1.000.000 di pelli all’anno esportate legalmente da 30 paesi, in particolare Asia sud orientale, Africa, Australia, USA e Sud America. E se facessimo un ragù? Il console dello Zimbabwe, GEORGES EL BADAOUI, si è stupito che solo nel nostro Paese sia ancora vietata la vendita di questa carne così interessante e garantita a livello di salubrità dato che è solo di allevamento (si è potuta offrirla al pubblico di Milano solo dopo severi controlli). Si tratta di una carne che si presta a vari metodi di cottura, fritta, alla brace… Ma perché non al ragù con cipolla di Tropea, pomodorini di Pachino, pesto ligure, aglio di Vessalico, come ha suggerito il console stesso per coniugare le nostre cucine. Il quale ha dato un’ultima buona notizia: vengono reinseriti 3 coccodrilli in natura per ogni 100 uova messe in incubatrice. Quindi la conservazione della specie nel suo ambiente è garantita. Josette Baverez Blanco



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CONVEGNI

Tutela della biodiversità e nuove cultivar per affrontare le sfide del domani di Giulia Mauri

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a Commissione europea ha organizzato a Expo, il 14 luglio scorso, la Conference on climate change and food security: challenges for plant health, plant breeding and genetic resource, che ha affrontato la questione della sicurezza alimentare alla luce dei cambiamenti climatici, focalizzando l’attenzione sui rischi che corrono le colture. Dalle prime relazioni è emerso chiaramente che sono due i principali elementi di preoccupazione: da una parte il cambiamento climatico di per

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sé, che mette talvolta a dura prova i vegetali; dall’altra la diffusione sempre più ampia di diversi pest, intesi come insetti e piante infestanti, infezioni di origine virale, batterica,

fungina, protozoaria e di altro tipo ancora. Sommati — cambio climatico e diffusione dei pest — possono creare danni gravissimi all’agricoltura di interi continenti, con

“Contro cambiamenti climatici, diffusione dei pest e aumento della popolazione mondiale, è indispensabile portare avanti la ricerca scientifica. Imperativo: tutelarla, senza porsi limiti ideologici, e sfruttare tutti gli strumenti in nostro possesso”

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importanti ripercussioni a livello commerciale, economico e di sicurezza alimentare umana e animale. Lo strumento per fronteggiare questi grandi pericoli è la tutela e l’implementazione della biodiversità, che si raggiunge finanziando e tutelando la ricerca genetica. Ma anche studiando le produzioni agricole con un approccio olistico, che riesca a vedere il campo come un microcosmo in cui ciascun elemento (suolo, input, genetica) deve essere preso in considerazione e valorizzato al massimo. A nome della Commissione sulle Risorse genetiche per gli alimenti e l’agricoltura della FAO è intervenuto il segretario ad interim DAN LESKIEN. La Commissione trova il suo scopo principale nella tutela e implementazione della biodiversità, vista come la strada che dà maggiori chance di garantire la sicurezza alimentare e la sostenibilità dell’agricoltura nei vari ambienti del mondo. «Conservare la biodiversità significa anche mantenere la libertà di azione

Il nuovo piano nazionale per l’agricoltura cinese Nel maggio 2015 la Cina ha pubblicato il “Piano nazionale dell’agricoltura sostenibile” che indirizza lo sviluppo dei prossimi quindici anni, dal 2015 al 2030. Il documento ricalca quanto richiesto da diverse organizzazioni ed enti sovranazionali e individua cinque obiettivi: 1. aumentare la produttività; 2. proteggere i terreni, che sono una risorsa da tutelare e non illimitata; 3. promuovere un utilizzo efficiente dell’acqua; 4. ridurre la produzione di inquinamento da parte del sistema; 5. sviluppare le funzioni ecologiche dell’agricoltura, quindi riconoscere il valore degli ecosistemi e della biodiversità.

e di scelta per gli agricoltori», ha detto Leskien. Inoltre, mantenendo la diversità genetica nelle varie specie si sfrutta positivamente il processo di adattamento ai vari ambienti e climi e si moltiplicano le possibili risposte al variare delle «condizioni climatiche, biotiche (per la presenza di nuovi pest) e abiotiche (per l’estremizzazione dei fenomeni meteorologici e atmosferici)». La sfida che stiamo per affrontare è

titanica, i cambiamenti sono molto rapidi e di grande entità, tanto che potrebbero superare le capacità di adattamento e reazione che hanno i vegetali. «Prevediamo che fra 15 anni in Sudafrica non esisteranno più le condizioni per coltivare il mais». La Commissione si adopera per conservare in situ la genetica delle varie popolazioni animali e vegetali presenti, ma — proprio

La Commissione sulle risorse genetiche per gli alimenti e l’agricoltura della FAO sostiene la ricerca genetica a favore della tutela della biodiversità, vista come la strada per offrire sicurezza alimentare e sostenibilità in agricoltura nel mondo (photo © www.apre.it).

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Dai sistemi agroforestali alla tutela di foreste e pascoli In Europa le foreste coprono il 40% del territorio e il loro valore economico viene quantificato in 150 bilioni di euro. Il 25% della superficie europea è adibito a coltura (principalmente di cereali), circa il 20% è a pascolo, mentre il 7% ha coperture artificiali. Boschi e foreste devono essere tutelati tanto quanto i pascoli e i terreni a colture perché svolgono un ruolo fondamentale nella gestione idrogeologica delle aree e sono una riserva di biodiversità. La presenza di foreste aumenta le capacità di resilienza di un ambiente al cambiamento climatico; inoltre, la qualità e la varietà delle biomasse presenti nei suoli sono indispensabili per conservare la fertilità dei campi e influenzano la resa del prodotto finale, come ha illustrato MARTIN PARRY. DIRK FREESE, professore dell’Università delle Tecnologie del Brandeburgo di CottbusSenftenberg, ha presentato le potenzialità della moderna tecnica agroforestale, il “sistema silvo-arabile”, in cui nello stesso campo e nello stesso momento si integrano alberi e colture seminative. Un sistema da recuperare perché comporta molti vantaggi per la tutela e la qualità del suolo. L’interazione fra alberi, suolo e colture è molto complessa. Gli alberi, ad esempio, contrastano il dilavamento delle acque e l’erosione dovuta ai venti, rendono più sostenibile la coltura e migliorano molto la fertilità del campo. Sottili strisce di alberi ad alto fusto e cespugli alternati a strisce arate e seminate ottimizzano la resa del campo, tanto che «il calo di superficie non arata viene compensato dalla resa finale». PIETER BECK del Joint Research Centre of the European Commission ha mostrato alcuni strumenti di controllo adottati in Europa per la tutela dei vegetali. «È possibile utilizzare le immagini satellitari per monitorare l’avanzamento delle infestazioni sul territorio e l’entità dei danni». Con i satelliti il monitoraggio rapido è possibile anche in zone poco agevoli e selvagge, perché ogni 17 giorni il satellite deputato trasmette le immagini complete del pianeta, e queste vengono poi analizzate e sovrapposte fra loro. Questo sistema di monitoraggio si chiama “lands update” e consente di azzardare previsioni dell’andamento delle infezioni. Lo stanno utilizzando in Puglia per monitorare la Xilella fastidiosa degli olivi e il Citrus tristeza virus degli agrumi. Il satellite consente di avere sufficiente definizione da poter osservare le condizioni delle singole piante; anche l’utilizzo di aerei e di droni risulta utile in questa fase di individuazione dei singoli alberi. Dopodiché gli esperti possono eseguire i necessari sopralluoghi utilizzando dispositivi mobili e GPS per individuare le singole piante da valutare. I campioni raccolti dalle piante sospette vengono analizzati in laboratorio e al microscopio. L’elaborazione al computer di questa grande mole di dati consente di preparare strategie di difesa molto raffinate e più affidabili.

Bovini di razza Limousine al pascolo (photo © Gian Paolo Perona, sparvoli-tribunatreviso.blogautore.repubblica.it).

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Il Parco della Biodiversità Expo 2015 all’interno del Padiglione Slow Food (photo © Mourad Balti Touati, expo2015notizie.it). perché il cambiamento climatico sta modificando radicalmente gli ambienti — la Commissione cerca contemporaneamente di espandere questa variabilità genetica ex situ, in modo da garantirne l’esistenza anche con il sopraggiungere di situazioni critiche e radical-

mente mutate. Areali che un tempo erano le culle di particolari genotipi mutano drasticamente e divengono inospitali: la loro biodiversità deve poter migrare in nuovi territori. Secondo la Commissione, è indispensabile aumentare la resilienza dei sistemi agricoli ed ecologici

adottando un approccio olistico, ad ampia visuale. Tutti i componenti di un ambiente che ne compongono la sua peculiarità e biodiversità vanno presi in considerazione e tutelati. «Dobbiamo mettere in piedi sistemi di agricoltura perfettamente adattati ad ogni singola realtà».

La Commissione sulle risorse genetiche per gli alimenti e l’agricoltura della FAO (Commission on Genetic Resources for Food and Agriculture) è stata istituita nel 1983 e conta l’adesione di 178 Paesi, otre all’Unione Europea. Ha lo scopo di tutelare la biodiversità dei vegetali utilizzati in agricoltura e del cibo e opera per mantenere e implementare la biodiversità in cinque aree: vegetali, animali, prodotti acquatici, foreste, invertebrati e microrganismi. Questa organizzazione evidenzia il riconosciuto strettissimo legame delle diverse forme di vita. “Le foreste, ad esempio, sono utilissime perché sono in grado di opporsi ai cambiamenti climatici tramite la resilienza”. I Paesi aderenti inviano periodicamente report sulla loro attività di monitoraggio della situazione nel loro territorio. I dati così ottenuti a livello planetario vengono elaborati con un sistema multilaterale che comprende Paesi, organizzazioni non governative, enti pubblici e di ricerca. Dopo di che, la Commissione invia a ciascun Paese precise richieste e regole di comportamento che mirano a fronteggiare efficacemente la specifica situazione. Tramite un sistema di aperture, concessioni e condivisioni dei benefit, la Commissione stimola i Paesi a rispondere alle sue richieste. La Commissione elabora anche strategie per implementare la biodiversità nei vari ambienti e Paesi, produce Linee guida ad adesione volontaria e stila dei Piani d’azione a livello planetario (GAP – Global Action Plans). Nel 2010 ha emesso il Protocollo di Nagoya sulla sicurezza alimentare mondiale e l’utilizzo e la tutela delle risorse genetiche. Recentemente, in collaborazione con la FAO, ha pubblicato il documento “Coping with Climate Change – The roles of genetic resources for food and agriculture”. >> Link: www.fao.org/nr/cgrfa/cgrfa-home/en

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È possibile conservare e ampliare la biodiversità — dopo che per anni si è andati invece in un’altra direzione — solo a costo di una solida ricerca. Anche sfruttando le moderne capacità di intervento sulla genetica, l’individuazione delle varianti più adatte ai diversi ambienti è frutto di anni di lavoro e va spesso incontro a passi falsi. Per ogni nuova varietà selezionata, molte altre si sono rivelate dei vicoli ciechi. Ci sono anche Paesi che, riconosciuta l’urgenza di lavorare sulla sicurezza alimentare e sul futuro della propria agricoltura, mettono in atto attività di spionaggio vero e proprio. Risale ad alcuni mesi fa la notizia, uscita su alcuni giornali, dell’allerta emanata da un centro di ricerca dell’Illinois, che aveva subito furti di piantine di mais in campi sperimentali. Pare che alcuni soggetti di nazionalità cinese si siano imbarcati dall’aeroporto di Miami nascondendo “in valigia” il frutto di sette anni di ricerca in laboratorio: un piccolo furto che — grazie alla clonazione — potrebbe dar vita a un numero enorme di piante da semente, che consentirebbe di compiere al “Paese spione” un salto in avanti nella ricerca di quasi dieci anni a costo zero. Il ceco PAVEL HORCICKA della Selgen (selgen.cz) ha dichiarato che sono necessari circa 10-12 anni almeno prima di poter introdurre sul mercato una nuova semente di frumento. L’Europa gioca un ruolo fondamentale per questo cereale: ne è il primo produttore al mondo (con 220.000 ettari dedicati) e il primo consumatore mondiale. Le varietà disponibili sono moltissime,

Diserbante-termico. Tra gli obiettivi della ricerca agronomica c’è anche quello di massimizzare l’efficienza degli input (fertilizzanti, diserbanti, ecc…) per migliorare la sostenibilità del sistema produttivo (photo © faidatemania.pianetadonna.it). addirittura almeno 5.000 cultivar solo per il frumento destinato a produrre pane. La ricerca europea deve concentrarsi su alcuni punti chiave: deve essere migliorata la resa in campo, mantenuta la qualità nutrizionale e vanno implementate la resistenza agli stress di origine biologica (pest) e non biologica (climatici, in particolare). «Caratteristiche geografiche e orografiche e clima influenzano fortemente la resa in campo del frumento. Al momento non possiamo dire quale sarà il tetto massimo produttivo, è ancora possibile accrescere la resa. Questo discorso vale tanto più nei Paesi più arretrati». L’inglese MARTIN PARRY, Associate Director Strategy and Planning dell’Istituto di ricerca genetica vegetale Rothamsted Research (BBSRC, www.

rothamsted.ac.uk), ha illustrato il grande studio che il suo istituto sta portando avanti nella ricerca del potenziamento delle rese dei cereali. «Se andiamo avanti di questo passo, in futuro la produzione agricola non aumenterà abbastanza per garantire l’accesso al cibo a tutta la popolazione mondiale. Dobbiamo fare di più oggi per garantirci un migliore futuro. Oggi non stiamo facendo abbastanza». Gli obiettivi della ricerca agronomica odierna sono i seguenti: • aumentare la quantità di raccolto, mantenendone elevata la qualità e le caratteristiche nutraceutiche; • ridurre al minimo il gap fra il potenziale di resa agricola di un campo o di una semente e la resa reale;

La tutela dei diritti nella produzione delle nuove varietà colturali Accanto all’UPOV, che gestisce a livello mondiale la tutela dei diritti e della proprietà intellettuale, operano altri enti. L’Unione Europea dal 1995 ha una sua agenzia deputata alla tutela delle nuove varietà vegetali, denominata come acronimo CPVO e con sede in Francia. MARTIN EKVAD dell’Ufficio Comunitario delle Varietà vegetali (Community Plant Variety Office o CPVO, www.cpvo.europa.eu) è intervenuto nel dibattito e ha raccomandato di fare il miglior utilizzo possibile della terra disponibile. Questo comporta anche una scelta ponderata di cosa produrre e delle risorse da utilizzare. Per migliorare la produzione dobbiamo ottimizzare le performances e a questo servono le nuove varietà colturali e la ricerca. «La protezione delle varietà è un vantaggio per tutti, industrie sementiere comprese; dobbiamo anche però condividere le conoscenze con il mondo e bilanciare gli interessi dei sementieri, degli agricoltori e quelli di tutti noi».

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Nel documento conclusivo di Expo dei Popoli Milano 2015 per un sistema alimentare giusto e sostenibile, al punto 9 si sostiene l’importanza della partecipazione di società civile e movimenti sociali alla governance dei sistemi agroalimentari (photo © expodeipopoli.it). • massimizzare l’efficienza degli input (fertilizzanti, diserbanti, ecc…) per migliorare la sostenibilità del sistema produttivo. Nel ventennio 1950-1970, abbiamo avuto rapidi e significativi incrementi delle produzioni agricole, ma questo periodo d’oro è passato. Inoltre, non possiamo più concentrarci solo sulla quantità; vari aspetti dell’agricoltura vanno considerati e migliorati. Un ruolo fondamentale viene riconosciuto alle biomasse

del terreno, che vanno conservate e anzi implementate. La fertilità dei suoli, il potenziamento dell’utilizzo dell’azoto e del carbonio e della capacità di fotosintesi sono gli strumenti per garantirsi una buona agricoltura del futuro, secondo l’istituto Rothamsted Research. In particolare, la qualità della biomassa in campo influenza le capacità di conversione della pianta. La ricerca sfrutta tutte le tecnologie note e spesso dai ceppi selvaggi dei cereali individua e

Alla conferenza ha partecipato anche MARCO BINDI, che lavora presso il MACSUR – Modelling European Agriculture with Climate Change for Food Security. Si tratta di una piattaforma internet organizzata e gestita da un network di 300 scienziati provenienti da 18 Paesi su cui è possibile reperire materiale, documentazione e notizie sul tema della produzione alimentare in relazione al climate change. Nel 2012 il MACSUR ha avviato un progetto di studio che si occupa di prevedere quanto sarà sostenibile produrre cibo in Unione Europea alla luce degli effetti del cambiamento climatico. Ad oggi, il progetto ha formulato diversi modelli che valutano gli effetti nei diversi settori agrozootecnici. Uno di questi affronta il tema della sostenibilità dell’allevamento e dell’utilizzo dei pascoli. >> Link: www.macsur.eu

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ricava i geni necessari a potenziare i ceppi coltivati. «Servono cereali migliori di quelli attualmente coltivati perché prevediamo che gli eventi meteorologici in Europa aumenteranno di numero e intensità nei prossimi anni. Servono piante capaci di dare il massimo, anche in condizioni non più ottimali». Anche lo spagnolo M ANUEL TALÓN, direttore del Centro di Genomica dell’Instituto Valenciano de Investigaciones Agrarias (IVIA, www.ivia.gva.es), ha sottolineato l’importanza di produrre genotipi con superiori capacità di resistenza contro il cambiamento climatico e la diffusione dei pest. L’istituto spagnolo non ricorre a prodotti transgenici, ma sfrutta la clonazione per moltiplicare il numero di piante che presentano caratteristiche utili. Dopo che Horcicka, Parry e Talón hanno spiegato alla platea le attività della ricerca in ambito di miglioramento genetico dei vegetali, PETER BUTTON, vicesegretario generale dell’UPOV (International Union for the Protection of New Varieties of Plants con sede in Svizzera,

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www.upov.int), ha illustrato i processi legali che stanno alla base della tutela della proprietà intellettuale e l’iter burocratico che deve essere affrontato per poter registrare una nuova coltura e trarne un profitto economico. La ricerca, infatti, costa, mentre la clonazione delle varietà una volta immesse sul mercato è facile e veloce. Più si riducono i finanziamenti pubblici agli enti deputati a individuare nuove varianti genetiche, più diventa pressante la tutela dei diritti intellettuali delle strutture che si dedicano a questo tipo di ricerca. Si tratta di un tema sicuramente poco apprezzato dall’opinione pubblica, ma che in effetti è indispensabile per poter portare avanti la selezione di nuove varietà che si adattino al mutamento climatico. «Sebbene sia oggi necessario condividere i risultati ottenuti, rimane indispensabile tutelare i risultati della ricerca. Inoltre, grazie all’adesione

all’UPOV, i diritti mondiali sul settore vegetale cominciano a distribuirsi in tutti i continenti». Anche se a leggere i grafici presentati da Button la parte del leone la fanno ancora Europa, Nord America e Asia. L’UPOV regolamenta anche il permesso di diffondere una varietà registrata e, talvolta, pure il permesso di coltivarla; la coltivazione a uso e consumo della propria famiglia però non è tassata, ma classificata come compulsatory use. Secondo Button, i vantaggi di aderire al sistema impostato dalla UPOV ricadono sui cittadini del Paese aderente. In conclusione, hanno preso la parola alcuni stakeholders. GARLICH VON ESSEN, dell’Associazione Sementieri Europei (European Seed Association, ESA, www.euroseeds.eu), ha messo in guardia l’uditorio: «Noi europei stiamo perdendo l’opportunità di essere leader mondiali in agricoltura ponendoci limiti quali il divieto agli OGM».

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Anche LUC PEETERS del Copa-Cogeca (“il fronte unito degli agricoltori e delle loro cooperative agricole nella UE”, www.copa-cogeca.be) ha voluto spezzare una lancia in favore della ricerca. «Dobbiamo sviluppare nuove varietà. Ricordiamoci che la sfida è quella di produrre meglio e più velocemente. Non possiamo guardare al passato per nutrire il futuro. La tecnologia permette di migliorare l’agricoltura, le produzioni e la qualità di vita degli agricoltori». MONIKA MESSMER dell’IFOAM (www.ifoam-eu.org) ha invece puntato sull’importanza della biodiversità, indispensabile per mantenere quell’elasticità che è la risposta esatta al cambiamento climatico. Giulia Mauri Nota A pagina 104 cambio climatico e diffusione dei pest possono dare gravi colpi all’agricoltura a livello globale, perciò la tutela di quest’ultima è oggi una questione prioritaria.

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RASSEGNE

A Rovato, patria del manzo all’olio, torna Lombardia Carne

La Fiera del Bue pasquale di Riccardo Lagorio

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e terre di frontiera hanno sempre goduto di particolari benefici dovuti in parte alla loro strategica posizione, in parte all’interesse del governo centrale di manifestarsi munifico e controllare con più facilità le popolazioni della periferia. Lo sapevano bene gli antichi Romani (per i quali barbari iura gentium iuriumque humanorum principia quoque ignorant); lo ha sperimentato in epoca recente anche la Costituzione italiana per il tramite dell’istituzione delle Regioni a statuto speciale. La Repubblica di Venezia conosceva bene i rischi e le controindicazioni riscontrabili dall’imposizione di leggi e gabelle alle regioni di confine, in particolare quelle della terraferma che si scontravano con il Ducato di Milano o i Francesi. Così già nel 1440 l’abile stratega Gattamelata conferisce a Rovato e le altre quadre dell’attuale porzione ovest della provincia bresciana esenzioni da imposte e privilegi; e nel 1517, da poco ritornate queste colline sotto il controllo del leone di San Marco, il doge Leonardo Loredan concede di realizzare un mercato per qualunque robe et merce ogni lunedì. Variopinto mercato ambulante che tuttora esiste nella cittadina e che sino a qualche decennio fa era importante luogo di scambio di bovini e altri animali da macello. Il mercato del bestiame Allora come oggi due sono le categorie interessate al commercio di bestiame: gli addetti alle imposte e gli incaricati alla certificazione della sanità degli animali. Ed è così che nel corso dei secoli la storia del mercato del bestiame di Rovato si dipana attraverso i proclami dei

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capitani preposti alla esazione delle imposte sugli scambi e degli editti riguardanti le infezioni bovine (come l’epidemia che colpì duramente il circondario nel 1740). I reggenti locali del neonato Regno d’Italia non fecero altro

che prendere atto della centralità della cittadina di Rovato come sbocco delle attività agricole montane e della collina dove l’allevamento degli armenti era centrale nello sviluppo dell’economia locale.

Dal 12 al 14 marzo a Rovato si terrà la 127a edizione di Lombardia Carne. Per l’occasione verrà presentato il marchio di tutela di Denominazione Comunale per il manzo all’olio, piatto simbolo della città (photo © rovato.wordpress.com).

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Con queste premesse, nel 1868 le autorità cittadine prendono atto dell’esigenza di un mercato del bestiame e dei formaggi su base annuale che arricchisse e rinforzasse gli scambi settimanali che già avevano consolidato la presenza di magazzini-laboratorio in Rovato, a cui erano affidati bestiame e formaggi da parte dei produttori della zona e della Valcamonica. L’evento avrà cadenza annuale durante l’estate. La fiera pasquale del Bue Grasso A cavallo tra i due secoli la carne bovina viene considerata ancora un lusso, utilizzata per lo più per produrre brodo ed essere consumata lessa, meglio quindi se grassa. Nella monumentale Inchiesta Jacini, il relatore del circondario di Chiari riferisce che “nella zona di Rovato si cura maggiormente la carne e i proprietari tengono maggior quantità di buoi di quelli che non siano necessari per la lavorazione del fondo, per cui si hanno buoi d’ingrasso abbastanza pregiati”. Negli anni della Belle Époque la fiera si consolida e con essa nasce una classe imprenditoriale di commercianti in grado di imporsi a livello europeo nelle transazioni di animali da carne. Nell’archivio comunale di Rovato si riporta che “il bestiame affluito sul mercato nel 1925 fu di 21.000 capi tra buoi e vacche e di circa 15.000 capi di vitellame” e sulle ali dell’entusiasmo (e degli affari) nel 1928 si istituisce in prossimità della Pasqua la fiera del Bue Grasso. In una festività solenne come quella pasquale chiunque pensava e pensa a un pasto diverso dal solito e in quell’anno non si fece altro che dare il giusto peso a qualcosa che già avveniva: cessati i giorni dell’aratura, nei mesi di ottobre e novembre, venivano scelti i capi da ingrassare per la primavera. L’alimentazione avveniva in stalla con farina e panello di lino e dopo cinque o sei mesi l’animale era pronto per portare al mercato di Rovato. In verità, la rivista MONTE ORFANO del 30 marzo 1913 riporta: “L’esposizione del Venerdì Santo nelle macellerie rovatesi è stata anche quest’anno oltremodo superba”. E ricorda i nomi di macellerie ottocentesche, alcune

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delle qual ancora oggi attive: Bonomelli, Fossati, Guarneri. Il manzo all’olio La rivoluzione nell’allevamento bovino nella seconda metà del XX secolo nasce come risposta dell’aumento del potere d’acquisto e del consolidamento di una domanda in grado di apprezzare una carne prodotta con pochi capi per stalla, distribuiti in moltissime stalle della pianura e della collina occidentale bresciana. Le cure quasi ossessive dedicate a questi animali sono necessarie per chi voglia ottenere il massimo sviluppo corporeo e nel contempo carni prelibate e tenere. Si consolida ormai unanimemente l’idea di bontà del manzo di Rovato, insuperabile bollito, brasato, all’olio o al limone. Acquisisce notorietà nelle numerose trattorie il lesso di Rovato, costituito da misto di polpa, lingua, cotechino e salametti ottenuti dal musetto del suino (questi ultimi ormai rarità ai giorni nostri). Ma sempre più si diffonde la preparazione del manzo all’olio di Rovato, una preparazione che prevede l’utilizzo di cappello del prete cucinato in acqua e olio con acciughe e aglio, e servito, affettato, con la salsa di cottura rappresa grazie a formaggio e pane grattugiato e prezzemolo. I commerci ed i mercati attivano numerose trattorie e osterie che devono soddisfare il gran numero di avventori durante le adunanze, ma anche di consumatori attratti dal manzo di Rovato. Chiuso negli anni Ottanta il mercato di bestiame del lunedì (ormai avviatosi nell’Europa comunitaria il processo di razionalizzazione che in breve porterà alle eccedenze, agli stoccaggi di mezzene e quarti, a tagli disossati e surgelati provenienti da Oltralpe, e nondimeno a causa della stretta applicazione di zelanti norme sanitarie) continua la tradizione della Fiera del bestiame pasquale sotto l’appellativo di Lombardia Carne, conferitole nel 1973. Negli anni Ottanta, Rovato si è distinto nella promozione dell’Associazione Provinciale Macellai, inizialmente sotto la guida di Valentino

Manzo all’olio. Guarneri, preannunciando la necessità che il macellaio (il bechèr, come si dice da queste parti) riacquistasse professionalità e prestigio a dispetto delle moltitudini impigrite sui quarti preconfezionati. Operazione che ha sortito nei decenni a venire ottimi risultati, con la crescita di una vera e propria attività didattica coordinata dalla locale ASL nell’ambito di corsi dedicati anche alla norcineria. Lombardia Carne: le celebrazioni dal 12 al 14 marzo Porta il numero 127 l’edizione di Lombardia Carne (www.lombardiacarne.it) che si celebra dal 12 al 14 marzo prossimi. L’Amministrazione comunale presenta per l’occasione il marchio di tutela di Denominazione Comunale (DE.CO.) per il MANZO ALL’OLIO, il piatto simbolo della città, coinvolgendo allevatori, macellai e ristoratori. E come da tradizione risultano numerose le categorie di bestiame in gara. Si va dai migliori soggetti maschi e femmina in assoluto al miglior manzo pasquale; dalla migliore vacca grassa al miglior maschio castrato a doppia attitudine. Ma in concorso ci sono anche equini e ovini, competizioni di tosatura e per l’elezione del miglior salame della Franciacorta. Per i vincitori la gloria di un trofeo e qualche euro. Che di questi tempi non fa poi male… Riccardo Lagorio

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a più importante manifestazione biennale italiana dedicata al settore primario, e tra le prime in Europa, ha chiuso la 112a edizione lo scorso 6 febbraio con 130.000 visitatori. Anche grazie al cambio di data (da mercoledì a sabato, con l’esclusione della domenica), la rassegna ha visto crescere le presenze professionali e la qualità

degli operatori presenti, arrivati anche dal Centro e Sud Italia, così come l’internazionalità, con il 15% degli operatori giunti dall’estero, in aumento del 5% sul 2014. Per quattro giorni l’intera filiera agricola, con 1.000 aziende espositrici e 600 animali, si è data appuntamento a Verona: in tutto 9 i padiglioni occupati e due aree esterne, con oltre

50.000 m2 espositivi netti, distribuiti su tutti i settori, dalla meccanica agricola alla zootecnia, energie rinnovabili, sementi, agrofarmaci, vigneto e frutteto, fino alla cura del verde e all’attività forestale.

Burro, bovino di razza Marchigiana, fotografato come una superstar all’interno del padiglione di Fieragricola dedicato ai bovini da latte e da carne (photo © Elena Benedetti).

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Valeria, Carlotta e Brigitte, razza Romagnola (photo © Elena Benedetti). «È un bilancio positivo — ha dichiarato il presidente di Veronafiere MAURIZIO DANESE — che consolida il ruolo di Fieragricola quale piattaforma di riferimento per un settore strategico ma che necessita di promozione e rilancio. Il nostro impegno per rendere la manifestazione ancora più orientata al business e all’internazionalità è stato premiato, prima di tutto dalle aziende espositrici, soddisfatte per il cambio di data e per la qualità dei buyer sempre presenti». Le grandi sfide per l’agricoltura del futuro Fieragricola 2016, inaugurata dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, ha registrato un incremento dei buyer stranieri, in particolare da Germania, Svizzera, Francia, Austria, Spagna; un consolidamento dall’area dei Balcani (Serbia, Slovenia e Croazia), dall’Est Europa (Russia, Repubblica Ceca e Romania), mentre l’Irlanda è stata la guest country di questa edizione. «Si tratta di un segnale importante

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— spiega il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani — che si aggiunge ai nuovi contatti in chiave estera che abbiamo allacciato per incrementare la presenza di Fieragricola a livello internazionale, con manifestazioni da realizzare in aree strategiche per il settore agricolo. Parliamo soprattutto dell’Africa, dove siamo presenti in Marocco e in Etiopia, in cui accompagneremo una delegazione di operatori italiani a maggio. Guardiamo anche al Medio Oriente, con l’Iran, dove stiamo sviluppando un progetto fieristico. Altra grande novità è rappresentata da Cuba, piattaforma agricola di rilievo per tutto il centro America con la quale abbiamo avviato un dialogo in questi giorni». A Fieragricola, anche grazie al Focus Africa che ha messo in luce le opportunità di business nel continenti Africano, si sono rafforzati poi gli arrivi da Egitto, Marocco, Algeria, Sudafrica, Camerun, Mozambico, Angola ed Etiopia. La delegazione commerciale ufficiale dall’Iran è stata tra le più numerose, con 30 top-

buyer privati e istituzionali, mentre è stato debutto assoluto per Cuba e Kazakistan. Un incoming favorito dagli investimenti di Veronafiere e dalla collaborazione con ICE-ITALIAN TRADE AGENCY e FEDERUNACOMA. Fieragricola si è confermata punto di riferimento per tutto il comparto agricolo internazionale, non soltanto per il business, ma anche per il contributo a stimolare il dibattito sulle grandi sfide per l’agricoltura del futuro che dovrà necessariamente puntare su innovazione e sostenibilità, tematiche che sono state declinate in oltre 100 eventi di formazione, tra convegni e workshop partecipati da più di 10.000 persone. Innovazione, parola chiave L’innovazione è stata al centro anche del premio che Fieragricola, in collaborazione con l’INFORMATORE AGRARIO, ha istituito quest’anno per valorizzare l’impegno delle aziende espositrici nello sviluppare novità per il mercato. Nei padiglioni, riflettori puntati sui due pilastri storici

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L’Irlanda è stata la guest country di questa edizione. In foto uno scatto durante una degustazione di carne. L’Irlanda ha intrapreso un percorso mirato legato alla sostenibilità attraverso il progetto Origin Green, al quale hanno aderito circa 43.500 aziende irlandesi per l’allevamento di bovini, pari al 90% della produzione di carne bovina totale, e 18.000 imprese a indirizzo lattiero-caseario d’Irlanda, corrispondenti di fatto al 100% del settore (photo © Ennevi, Veronafiere). della manifestazione: la meccanica agricola e la zootecnia, presenti in forze con tutte le grandi case nazionali e internazionali e le migliori razze da latte e da carne. Spazio anche ai concorsi allevatoriali che hanno visto andare in scena il 15o European Open Holstein Show dedicato alla razza Frisona e la 48a Mostra nazionale della Bruna, senza dimenticare il Meeting Interbull, evento internazionale sulla genomica delle razze bovine da latte. Irlanda, guest country 2016 «Fieragricola mi ha colpito per la grandezza, l’importanza dei legami con le associazioni e la qualità degli espositori. La nostra partecipazione qui è simbolo di un grande passo in avanti nei rapporti tra i nostri Paesi, in particolare nella collaborazione nel settore agroalimentare, anche se, in generale, le relazioni tra Italia e Irlanda sono molto solide». Così

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ha dichiarato BOBBY MCDONAGH, ambasciatore d’Irlanda in Italia, dicendosi «molto orgoglioso e contento che il nostro Paese abbia partecipato alla 112a edizione di Fieragricola, in qualità di guest country». Quella del Paese ospite è un ritorno a Fieragricola, una delle prime in Europa ad attuare tale politica di rappresentanza fin dagli anni Settanta. Dopo la crisi vissuta all’inizio degli anni Duemila, Dublino ha messo il turbo all’economia, grazie a misure di intervento sia sul pubblico impiego che con politiche di agevolazione fiscale che hanno attratto investimenti esteri. Contemporaneamente, ha incentivato le esportazioni. Sul versante agricolo, nel periodo 2014-2020, il Paese potrà contare su 2,1 miliardi di euro stanziati dall’UE per lo Sviluppo rurale, ai quali si aggiungeranno gli investimenti nazionali. «Abbiamo — ha detto McDonagh — una

popolazione molto giovane e, visto che il tema di Fieragricola 2016 è l’innovazione e la sostenibilità, parliamo di giovani imprenditori particolarmente orientati alle nuove tecnologie, allo sviluppo sostenibile, all’ottimizzazione energetica in campo agricolo. Ci sostiene, in particolare, anche il fatto che nel campo dell’educazione e della formazione abbiamo la più alta percentuale di giovani che raggiungono la laurea a livello europeo». Il 10% del PIL irlandese è frutto del comparto primario, nel quale lavorano oltre 100.000 persone. L’Irlanda ha intrapreso un percorso mirato legato alla sostenibilità, attraverso il progetto Origin Green, al quale hanno aderito circa 43.500 aziende irlandesi per l’allevamento di bovini, pari al 90% della produzione di carne bovina totale, e 18.000 imprese a indirizzo lattiero-caseario d’Irlanda, corrispondenti di fatto al 100% del settore.

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“Fieragricola si è confermata punto di riferimento per il comparto agricolo internazionale, sia per il business che per il contributo a stimolare il dibattito sulle grandi sfide dell’agricoltura del futuro che dovrà puntare su innovazione e sostenibilità, tematiche declinate in oltre 100 eventi di formazione, partecipati da più di 10.000 persone”

Capo di razza francese Limousine (photo © Elena Benedetti).

“L’Irlanda ha intrapreso un percorso mirato legato alla sostenibilità, attraverso il progetto Origin Green, al quale hanno aderito circa 43.500 aziende irlandesi per l’allevamento di bovini, pari al 90% della produzione di carne bovina totale”

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Le esportazioni nel settore agroalimentare hanno registrato per sei anni consecutivi una crescita che ha proiettato l’Irlanda su valori di 10,8 miliardi di euro. Sebbene il 41% dell’export agroalimentare sia destinato al Regno Unito, i prodotti made in Ireland raggiungono complessivamente 175 Paesi. «L’Irlanda ha molti vantaggi in campo agricolo — ha ricordato l’ambasciatore in Italia — e possiamo considerarci all’avanguardia sia nel segmento dei bovini da carne che in quello del latte, potendo beneficiare di una situazione climatica ideale per

l’allevamento, come anche l’Italia. Motivi per i quali ritengo che lo scambio tra i nostri Paesi sia vantaggioso e promettente per entrambi». Il valore dell’export irlandese nel solo comparto zootecnico nel 2015 è stato di 3,2 miliardi (+2% sul 2014), rappresentato, più precisamente, da 2,4 miliardi di euro per le carni bovine, 570 milioni per le carni suine, 320 milioni per gli avicoli, 230 milioni per l’ovicaprino e 195 milioni frutto della vendita di animali vivi. Servizio Stampa Fieragricola Veronafiere, www.fieragricola.it

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Alimentaria 2016: festa grande e tanto business Il salone multiprodotto dell’agroalimentare di Barcellona quest’anno sarà incentrato sui nuovi mercati e sull’innovazione nel business del food e della gastronomia

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al 25 al 28 aprile prossimi Alimentaria festeggerà il suo 40o compleanno presso il centro espositivo Gran Vía della fiera di Barcellona. L’obiettivo dell’evento è duplice: da una parte c’è l’impegno nel voler consolidare il proprio ruolo di fiera internazionale capace di catalizzare l’attenzione di un gran numero di buyer esteri. Dall’altra, c’è la nuova strategia del management sempre più orientato verso i nuovi trend di consumo e i prodotti più innovativi. Il tutto condito dalla genialità dell’alta cucina spagnola.

Nell’incontro organizzato con la stampa di settore che si è svolto a fine gennaio, a cui ha partecipato anche lo staff di EUROCARNI, il presidente di Alimentaria e di Fira de Barcelona, JOSEP LLUÍS BONET, è stato chiaro: «vogliamo essere il salone fieristico più diretto, proattivo ed efficace nel proporre opportunità di mercato e innovazione di prodotto». I numeri sono molto positivi: si contano già 4.000 espositori provenienti da una settantina di Paesi esteri, con una stima di 140.000 visitatori attesi, dei quali il 35% giungerà nella capitale catalana dall’estero. L’edizione

2016 di Alimentaria ha rafforzato il programma dei buyer internazionali, identificando e sollecitando la presenza di oltre 800 importatori e operatori chiave provenienti dai settori del retail, della distribuzione e dell’HORECA provenienti dall’Europa, USA e Canada, Sud America, Asia e Medio Oriente. J. ANTONIO V ALLS , direttore di Alimentaria Exhibitions, ha quindi sottolineato «l’importanza di questo appuntamento per l’internazionalizzazione, l’innovazione e la capacità di sviluppare relazioni commerciali e contatti di business tra gli operatori».

Lo staff direttivo di Alimentaria alla presentazione dell’edizione 2016 alla stampa agroalimentare europea.

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La manifestazione sarà strutturata in 6 padiglioni tematici: l’area internazionale e dei cibi salutistici, il multiprodotto con lo spazio dedicato all’agroalimentare spagnolo, Intervin con vino, olio e una selezione di cibi del Mediterraneo, Interlact con la presenza de caseifici, Intercarn, l’area della carne e dei prodotti a base di proteine animale e Restaurama per i produttori del

canale HORECA. Qui sarà ubicata anche l’area dedicata alla cucina d’autore, con chef del calibro di Joan Roca e Ángel León e le nuove leve della cucina iberica con Ana Merino, Beatriz Sotelo, Eduard Xatruch, Oriol Castro e Virgilio Martínez, per un totale di oltre 40 chef che si esibiranno in cooking show e saranno protagonisti di workshop e dimostrazioni.

>> Link: www.alimentaria-bcn.com

Sei saloni in uno: nel suo impegno per l’internazionalizzazione, l’edizione 2016 di Alimentaria sarà divisa in sei aree, unendo i principali mercati del food & drink: Intervin (vino e alcol), Intercarn (carne e derivati), Restaurama (ristorazione), Interlact (latte e derivati) e Multiple Foods (dolci, conserve, oli e una selezione di prodotti che si distinguono per qualità e tradizione). Plus di questa edizione, il programma di attività proposte ad Alimentaria Experience, che sarà una delle grandi attrazioni del salone grazie alla partecipazione dei migliori chef internazionali.

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IFFA, decolla il progetto Industria della carne 4.0

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a rivoluzione annunciata qualche anno fa con Industria 4.0 non ha finora avuto luogo. Piuttosto, si può affermare che la trasformazione digitale sta prendendo corpo a piccole fasi, in evoluzione. Numerose applicazioni provenienti da settori come il controllo dei prodotti e dei processi, la tecnica di etichettatura, il packaging, la distribuzione e la logistica, così come la manutenzione e la riparazione mostrano già oggi in quale direzione ci stiamo muovendo. Software, sensori, dati e networking sono qui gli attori principali. IFFA, la fiera numero 1 dell’industria della carne, aprirà nuovamente i cancelli d’ingresso dal 7 al 12 maggio a Francoforte sul Meno. Durante

la rassegna i visitatori avranno la possibilità di informarsi in modo esaustivo sulle opportunità offerte dal networking di macchinari e processi supportato dalla moderna tecnologia informatica, tecnologia dei sensori e sistemi di controllo. Circa 960 espositori provenienti da 47 Paesi, tra cui tutte le aziende leader di mercato, presenteranno le loro innovazioni lungo l’intera catena di produzione dell’industria della carne. Industria 4.0 necessita di innumerevoli indirizzi IP In futuro i macchinari e gli impianti non solo dovranno fornire autonomamente informazioni su tutti i principali stati dei processi

e dei sistemi, ma dovranno anche comunicare fra loro e intervenire nei processi produttivi per correggerli e ottimizzarli senza l’intervento dell’uomo. Tutto ciò richiede innumerevoli sensori ad alte prestazioni, collegati tra loro in modo intelligente, per monitorare i dati relativi a prodotti, macchinari e processi. Il protocollo internet finora adottato, l’IPv4, non può tuttavia fornire il numero di indirizzi IP necessario. Innanzitutto occorre quindi attuare una rapida conversione al nuovo standard IPv6 al quale è possibile associare tutti gli indirizzi IP che occorrono per sensori, apparecchi, macchinari o impianti. Questa trasformazione è attualmente in atto in tutto il mondo.

L’edizione 2016 di IFFA si terrà dal 7 al 12 maggio prossimi a Francoforte (photo © www.iffa.com).

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MISURAZIONE DI POTENZA STORDITORI ,O SUHVHQWH FHUWLÀFDWR FRQIHUPD FKH OR VWUXPHQWR VRWWRLQGLFDWR q VWDWR WHVWDWR HG q FRQIRUPH DOOH VSHFLÀFKH WHFQLFKH ULFKLHVWH Modello: Numero di Serie: Testato da: Firma: Data: Valido con decorrenza dalla data di emissione. Lo strumento richiederà un nuovo test entro la data sottoindicata. Test Successivo (Data):


Industria 4.0 Gli esperti parlano della quarta rivoluzione industriale basata sulle tecnologie della robotica mobile e l’Internet of Things (IoT). L’internet delle cose prevede di integrare oggetti di qualsiasi tipo in una rete digitale universale. I sistemi integrati in rete con componenti di hardware e software incorporati (Cyber-Physical Systems) comunicano e operano attivamente grazie all’IoT. Perché Industria 4.0? Nel 2012 il Governo tedesco chiede ad un gruppo di lavoro composto da rappresentanti dell’industria e della ricerca di esprimere alcune raccomandazioni: si vuole impostare una politica industriale per “garantire un futuro all’industria manifatturiera tedesca” consapevoli che ormai ci troviamo agli inizi della “quarta rivoluzione industriale”. Oggi il Progetto Industrie 4.0 è uno dei 10 “Future Projects” identificati dal Governo tedesco nella propria High-Tech Strategy 2020. Con esso la Germania intende stabilirsi come mercato di riferimento nelle soluzioni avanzate dell’industria manifatturiera. Nel 2014 anche il Governo olandese adotta una Action Agenda specifica, dopo aver redatto un proprio report “Smart Industry. Dutch Industry fit for the future”. Industria 4.0 significa il collegamento in tempo reale di esseri umani, macchine e oggetti per la gestione intelligente di sistemi. Riassume il concetto di digitalizzazione del valore aggiunto manifatturiero.

Sensori collegati in rete: componenti imprescindibili A svolgere un ruolo di primo piano nella misurazione di temperatura, umidità, viscosità, corrente assorbita, torsione, pressione, flusso di materiale, peso, ecc…, sono sempre più i sensori con collegamento in rete diretto o con trasmissione dei dati via radio così come i datalogger. A distinguersi in questo ambito è soprattutto la tecnologia RFID (radio frequency identification). I tag RFID si scambiano informazioni e segnali via radio con gli apparecchi di scrittura e i lettori dei vari macchinari di lavorazione, così come con i sistemi di trasporto, refrigerazione e stoccaggio. Integrati in ganci da macellaio, carrelli di trasporto,

contenitori, casse E2 o confezioni, i tag RFID possono controllare macchinari e impianti e documentare tutti gli stati dei prodotti e dei processi lungo l’intera catena di produzione del valore. I dati sui processi, reperibili in qualsiasi momento, garantiscono maggiore trasparenza, controllo dei processi ed efficienza nella produzione e creano una banca dati sicura per le aziende nell’ambito della rintracciabilità di prodotti e lotti. La tecnica di etichettatura garantisce trasparenza e sicurezza I sistemi di etichettatura intelligenti e flessibili sono indispensabili per la lavorazione, il confezionamento e la logistica, stoccaggio compreso,

“Con la crescente complessità e il collegamento in rete delle linee di produzione, lavorazione e confezionamento crescono anche le aspettative verso l’utilizzabilità di questi sistemi. In quest’ambito si affermano sempre più i touchscreen con funzioni come quelle in uso negli smartphone e nei tablet PC. In questo modo si garantisce un utilizzo semplice, sicuro e soprattutto intuitivo”

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di carne e insaccati. Secondo quanto stabilito dal Regolamento UE 1169/2011, a svolgere un ruolo di primo piano sono le informazioni sulla denominazione dell’alimento, il Paese di origine o il luogo di provenienza, il luogo di macellazione, il numero di serie e di lotto individuale, così come le informazioni sugli ingredienti, la dichiarazione nutrizionale, il quantitativo netto, la data di congelamento della carne e dei prodotti a base di carne congelati, ecc… In questo campo si sono affermate le stampanti laser, a getto d’inchiostro e termiche per la produzione di etichette con codice a barre, Datamatrix o QR. Gli scanner a laser e le fotocamere digitali garantiscono che le etichette siano stampate e posizionate correttamente. Particolare attenzione merita anche in questo caso la tecnologia RFID, che, diversamente dai procedimenti summenzionati, non necessita di una “linea di vista” libera per scrivere o leggere i dati. Di conseguenza i tag RFID possono essere posizionati in qualsiasi punto delle casse E2 o di altri contenitori da trasporto. In questo modo si semplifica l’intera gestione (trasporto, pallettizzazione, stoccaggio, ecc…) e tutto risulta molto più sicuro in quanto, ad esempio, si evitano errori nello stoccaggio. Trasformazione in atto nella gestione dei macchinari Con la crescente complessità e con il collegamento in rete delle linee di produzione, lavorazione e confezionamento crescono anche le aspettative verso l’utilizzabilità di questi sistemi. In questo ambito si affermano sempre più i touchscreen con funzioni come quelle in uso negli smartphone e nei tablet PC. In questo modo si garantisce un utilizzo semplice, sicuro e soprattutto intuitivo in quanto le funzioni di base risultano familiari alla maggior parte delle persone, perché sono comuni a quelle dei loro dispositivi di comunicazione mobili. Fondamentale per l’ergonomia del lavoro è la creazione di interfacce utente con icone il più possibile auto-esplicative fino a immagini foto-realistiche di mac-

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Buggy il vagonetto in plastica Il carrello porta carne e porta alimenti unico nel suo genere! La struttura a tripla parete in polietilene garantisce:

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PRATICITÀ nella movimentazione LEGGEREZZA solo 22 kg di peso massima IGIENE facilità nelle fasi di LAVAGGIO RIDUZIONE dell’inquinamento acustico RIDUZIONE dei rischi per gli operatori disponibilità di 4 DIVERSI COLORI

Disponibilità degli impianti e sicurezza della produzione Gli arresti di produzione non pianificati sono l’incubo di qualsiasi produttore. Qui i sensori collegati in rete per il monitoraggio dei macchinari (condition monitoring o

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CMS), in combinazione con l’analisi intelligente dei dati e l’integrazione nei sistemi ERP offrono la possibilità di eseguire interventi di manutenzione preventiva (predictive maintenance, abbreviato PM). Questi ultimi possono essere eseguiti anche in assistenza da remoto da parte del produttore del macchinario o dell’impianto, riducendo così i costi del servizio di assistenza e riuscendo ad elevare in maniera considerevole la qualità della produzione, così come la sicurezza della programmazione.

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chinari e impianti delle proprie linee di produzione. In una fase successiva, gli apparecchi di controllo mobili sostituiranno i sistemi stazionari. Tuttavia, vi sono ancora tanti aspetti da chiarire in relazione alla sicurezza dei macchinari, dei prodotti e dei dati, così come alle norme vincolanti.

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Macchinario per il confezionamento di preparati di carne (photo © www.iffa.com).

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Qualità, sicurezza e risparmio garantiti

Classificazione suina con CSB-Image-Meater®

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arantire la qualità elevata di un prodotto e aumentare la sicurezza alimentare, pur contenendo i costi, rappresentano sicuramente due tra le maggiori sfide del settore alimentare. La soluzione è rappresentata dall’automatizzazione, per quanto possibile, dei processi produttivi. A tale proposito il gruppo CSBSystem mette a disposizione dei suoi clienti il CSB-Image-Meater®, tecnica innovativa di analisi per immagini, e soluzione consolidata nella pratica in seguito a certificazione ricevuta già nel gennaio 2014. I clienti che utilizzano CSB-Image-Meater® hanno rilevato l’affidabilità di questo strumento e la coerenza assoluta dei dati registrati durante la macellazione, comprovati dalle successive prove fisiche di taglio eseguite sulle carcasse in precedenza classificate. Metodo innovativo Con il CSB-Image-Meater®, l’utente ha a disposizione un metodo innovativo per una classificazione commerciale obiettiva e trasparente delle carcasse suine con automatizzazione completa del processo di classificazione. A differenza delle tradizionali soluzioni per la classificazione alcune volte invasive e scarsamente igieniche che comportavano anche la presenza stabile di un operatore professionale, altre volte di complicata installazione così da costringere a modifiche sostanziali della catena di macellazione esistente, il CSB-Image-Meater® si basa su un’analisi per immagini senza contatto diretto. La tecnologia del CSB-Image-Meater®, consiste in un potente programma software che rileva le immagini riprese nell’area lombare della mezzena del suino, ne

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identifica la struttura ed interpreta poi i risultati delle misurazioni. Questo garantisce una determinazione esatta e facilmente ricostruibile

della classe e del valore commerciale con una modalità senza contatto diretto e quindi anche impeccabile sotto il profilo igienico. Con una

Stabilimento che utilizza il CSB-Image-Meater.

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procedura convalidata, il CSB-Image-Meater® determina con specifici algoritmi di misurazione oltre al valore commerciale anche la resa ottimale della carcassa suina nella proiezione dei tagli nobili da essa ricavabili (coscia, spalla, pancetta e carré). Nella determinazione della classe e del valore commerciale, la classificazione delle carcasse suine con il CSB-Image-Meater® è esatta, obiettiva e razionale. Ecco in breve come avviene la classificazione: • sistemazione delle mezzene; • rilevamento delle immagini; • assegnazione del codice progressivo di macellazione; • analisi delle immagini; • protocollo delle misurazioni; • archiviazione dei dati e delle immagini. Classe commerciale I tratti di misurazione chiaramente identificati nell’area lombare e sulla coscia al di sotto del Musculus gluteus medius (M.g.m.) nonché lo strato di grasso che si trova al di sopra servono alla determinazione della classe commerciale. Valore commerciale Come già menzionato, grazie ad un procedimento matematico verificato, il CSB-Image-Meater® calcola le quote percentuali dei tagli nobili coscia, spalla, pancetta e carré e visualizza anche i relativi pesi dei tagli. Tutti gli indici concernenti i tagli sono convalidabili. Ogni fase del processo di classificazione viene documentata: classe commerciale, valore commerciale, quota carne magra, data, codice di classificazione progressivo, giorno di macellazione, ecc… Inoltre, i dati di qualità dei tagli nobili sono calcolati sia in valore assoluto sia in chilogrammi (kg) sia in percentuale (%). Ulteriori criteri di qualità possono essere indicati in maniera specifica (ad es. caratteristiche della coscia). Rintracciabilità assicurata L’archiviazione di tutte le immagini e dei valori di misurazione relativi alla classificazione assicura il riferimento certo al codice dell’animale e quindi all’azienda di allevamento.

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Risultato della classificazione.

Unità di misurazione CSB-Image-Meater® • • • • • • • • • •

S: Massa grassa F: Massa magra MS: massa grassa media del Musculus gluteus medius MF: massa magra media del Musculus gluteus medius WxS: massa grassa media della vertebra (Wa ... Wd) WxF: massa magra media della vertebra (Wa ... Wd) ES: massa grassa media dello strato di grasso esterno al di sopra della vertebra IS: massa grassa media dello strato di grasso interno al di sopra della vertebra ML: lunghezza del Musculus gluteus medius WL: lunghezza media delle singole vertebre incluso il disco invertebrale

In questo modo la rintracciabilità totale di tutte le carcasse è garantita in ogni azienda di macellazione fino al produttore. Vantaggi del CSB-Image-Meater® Il CSB-Image-Meater® offre i seguenti vantaggi: • risultati di classificazione oggettivi grazie all’analisi per immagini automatizzata; • rappresentazione d’insieme dei valori con visualizzazione di ogni singola misurazione; • controllo di qualità dei risultati di classificazione con tools di analisi integrati; • facile manutenzione; • integrazione perfetta grazie ad una tecnologia compatta; • investimento limitato con veloce ROI (entro un anno);

• massima velocità nella procedura di classificazione fino a 1.500 carcasse di suini all’ora; • nessuna necessità di opere strutturali sulla linea di macellazione; • misurazione automatizzata, senza operatore, quindi non soggetta ad errore umano; • alti standard igienici; • non invasivo; • datitrasparentiedifacileinterpretazione anche per gli allevatori. Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Innovazioni all’avanguardia nel campo dell’automazione portano le aziende avicole ad un nuovo livello Riconoscimenti importanti per il nuovo insaccatore verticale automatico di Sealed Air per polli interi

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ealed Air ha annunciato l’immissione sul mercato di un insaccatore rivoluzionario che è destinato a portare un nuovo livello di automazione nella filiera del pollame, offrendo efficacia operativa, sicurezza alimentare e sviluppo del marchio.

L’esclusivo insaccatore verticale automatico Cryovac® BL120 per polli interi è conforme alle migliori pratiche di confezionamento igienico, presentando allo stesso tempo un rapporto qualità/prezzo eccezionale per garantire la freschezza e migliorare la presentazione del

pollame, rendendolo sicuro e sostenibile. Sebbene l’automazione non sia una novità nell’industria del pollame, fino ad oggi il confezionamento e l’inscatolamento erano rimasti due processi nei quali l’intervento umano era essenziale.

Insaccatore verticale automatico Cryovac® BL120 per polli interi.

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Ma ora, grazie all’introduzione di BL120, le cose sono cambiate. Polli interi e umidi possono essere inseriti direttamente da una guidovia e introdotti nei sacchi termoretraibili Cryovac®. Un caricatore BL120 sarà assegnato automaticamente in base al peso del pollo. Le ali sono recise e il pollo è pronto per il confezionamento su una confezionatrice sottovuoto a campane rotanti. Quali sono i vantaggi per la vostra attività? Efficienza operativa con carico senza operatore, esentando sei operatori dalle operazioni di rottura delle zampe e d’insaccamento e raggiungendo una velocità di 30 confezioni al minuto, con 3 insaccatori BL120 e un solo operatore richiesto per la supervisione. Oltre a offrire notevoli benefici in termini di efficienza operativa, la completa automazione assicura anche il benessere degli operatori e la tutela della salute. La capacità di produzione non dipende più dagli operatori. Aumentare l’utilizzo dei processi automatizzati e ridurre il rischio di possibili contaminazioni del prodotto attraverso il contatto umano sono aspetti cruciali in questo settore per garantire la sicurezza alimentare dei prodotti finiti. Con l’insaccatore BL120, il pollo intero viene preservato dal contatto con le mani umane ed è quindi protetto da microrganismi alimentari potenzialmente nocivi, evitando inoltre la contaminazione incrociata. Inoltre, grazie all’automazione e ai sacchi barriera Cryovac®, la durata di conservazione può essere estesa da cinque a 12 giorni, riducendo significativamente i rifiuti alimentari. Per di più, la confezione è di qualità eccellente e dal design accattivante, migliorando così l’aspetto del pollo intero, superando le prestazioni del caricamento manuale e la resa di presentazione offerta dalle buste PE. Per offrire maggior praticità al consumatore, sulla parte superiore è presente un dispositivo di apertura facilitata tra i migliori del settore, chiamato Grip & Tear®.

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I componenti principali di Cryovac® BL120 sono il canale di alimentazione regolabile, la direzione del canale di rilascio del prodotto direzionabile (realizzata su ordinazione), il dispositivo integrato per la rimozione delle ali, la torretta di segnalazione luminosa per avere una panoramica della produzione e la piattaforma retrattile che consente di raggiungere facilmente le parti superiori della macchina per le operazioni di manutenzione, di regolazione e di pulizia. Comandata da un controllore logico programmabile (PLC), l’insaccatore BL120 è dotato di sensori di prossimità per rilevare eventuali anomalie di funzionamento e visualizza gli avvisi sul pannello dell’operatore. Questa funzionalità contribuisce a eliminare gli sprechi eccessivi di prodotto e riduce i tempi di fermo macchina. L’insaccatore BL120 incorpora anche la tecnologia più recente PakFormance® Insight, che offre la gamma completa di funzioni PakFormance® Insight, tra cui: • visualizzazione e reporting dei dati storici relativi alle prestazioni della macchina; • accesso remoto per la manutenzione e la risoluzione dei problemi. La struttura è semplice e robusta. Tutte le parti critiche sono trattate per resistere all’ambiente corrosivo che spesso si trova nei locali di produzione e di confezionamento alimentare. Progettata pensando all’ergonomia, alla sicurezza e all’igiene, è facile da usare, pulire e semplice da mantenere in efficienza. Inoltre, soddisfa tutta la legislazione europea in materia di sicurezza e di igiene.

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I porzionatori a peso fisso Marelec arrivano in Italia

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arelec è una casa belga attiva nel nostro settore ormai da 30 anni, ma sconosciuta in Italia ai più poiché non è mai stata distribuita ufficialmente nel nostro Paese. Da quest’anno Lazzari Equipment ne ha assunto la distribuzione ed iniziato a promuoverne le caratteristiche tecniche uniche che rendono la porzionatrice a peso fisso Portio un ottimo investimento dal veloce ritorno economico per l’industria alimentare italiana. La porzionatrice a peso fisso Portio Marelec si basa su un sistema di rilevazione della forma in 3D del prodotto tramite un sistema ad altissima tecnologia e dalla precisione senza eguali, con tre telecamere scanner laser a

400 Hz posizionate ai lati e sopra al prodotto nella zona di ingresso. Un software esclusivo calcola dove tagliare il prodotto per ottenere fette o porzioni dal peso uguale. La logica della porzionatrice permette di dividere lo stesso taglio di carne anche in due pesi differenti e scartare la testa e la coda a piacimento. La porzionatura può anche avvenire semplicemente a misura. La programmazione è facile e veloce con il pannello touch a colori, che visualizza in 3D ogni singolo taglio con la relativa porzionatura calcolata. Lo stesso pannello dotato di software Mes Marelec Bright Eye collega la porzionatrice Portio a selezionatrici graders, bilance, terminali, lettori di codici a barre

e così via, assicurando il controllo e la tracciabilità dell’intero flusso dal ricevimento delle materie prime, alla lavorazione, all’etichettatura, fino allo stoccaggio e alla spedizione del prodotto finito. Se il prodotto da tagliare in fette dello stesso peso risultasse essere molto difforme tra un taglio e l’altro nella distribuzione magro grasso, Marelec prevede l’applicazione di una bilancia dinamica a densità prima della stazione di scansione laser per rilevare il peso esatto e il valore di densità relativa di ogni taglio di carne prima di essere scansionato tenendo il peso rilevato come riferimento per il calcolo e dimensionamento delle porzioni a peso fisso da ottenere.

Lettura forma 3D con telecamera laser per definire dove tagliare a fette dal peso fisso.

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1/2) Porzionatrice Marelec Portio con scansione laser per tagliare carne, salumi e pesce a peso fisso, caratterizzata da facilissima manutenzione e sanificazione. 3) Porzionatrice Portio in linea con selezionatore grader. La testa di taglio della porzionatrice Portio è inclinabile per produrre porzioni di carne dello stesso peso ma dalla forma più naturale: inclinando il taglio di 45° ad esempio, in vaschetta non si avrà la percezione del taglio netto, ma la forma anatomica del muscolo verrà messa in evidenza. Il sistema di angolazione della testata di taglio è brevettato poiché semplice e geniale: senza l’uso di attrezzi basta sbloccare a mano la testa e inclinarla su una delle posizioni predefinite, ed il nastro sottostante in automatico varierà l’apertura attraverso la quale la lamaww dovrà passare effettuando il taglio evitando accidentali rotture e tagli al nastro sottostante (come invece avviene in altri macchinari di questo tipo se l’operatore si dimen-

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tica di modificare anche l’apertura del nastro). Il nastro stesso è di tipo modulare e può essere sostituito in piccole porzioni evitando di dover sostituire tutto il tappeto in caso di rotture accidentali. Marelec Portio può essere dotata di diversi tipi di gripper o sistemi di trattenimento del prodotto, a seconda si tratti di carne bovina o suina dalla forma cilindrica, oppure di carne avicola piatta e morbida, ma anche per salumi piatti e regolari come la pancetta stufata oppure cilindrici/ovali. Marelec propone nastrini a dita multiple che si adattano automaticamente alla forma del prodotto e lo seguono mentre viene portato alla lama di taglio, oppure gripper a forma di forchetta che scende verticalmente e pinza

il prodotto all’estremità minimizzando lo scarto dell’ultimo taglio. Marelec propone anche un sistema per tenere sia la prima che l’ultima fetta in posizione verticale per effettuare l’ultimo taglio il più precisamente possibile minimizzando le porzioni da scartare. La porzionatura di salumi può avvenire anche con un solo taglio nel mezzo, per dividere un prodotto in due metà esattamente dello stesso peso. Il software di gestione Marelec può comunque essere personalizzato per ottenere la più alta varietà di combinazioni di tagli assecondando ogni richiesta della produzione. Il nastro alla bocca d’uscita del porzionatore può essere personalizzato nella funzionalità per esempio per distanziare le fette tagliate una ad una.

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1) Gripper per trattenere la carne durante il taglio di fette a peso fisso con porzionatrice Marelec Portio. 2) Carne di manzo tagliata in fette a peso fisso con porzionatrice Marelec Portio. 3) Petto di pollo tagliato in fette a peso fisso con porzionatrice Marelec Portio. 4) Si può lavare tutta ad alta pressione, completamente impermeabile.

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Importante aspetto tecnico è la facilità e velocità di lavaggio, grazie alla struttura aperta della macchina, completamente impermeabile all’acqua e senza nessuna zona di ristagno occulto: la semplicità dei particolari nastri, della testata di taglio e le superfici inclinate fanno si che non si accumuli sporco o smelmatura da taglio come su attrezzature similari ma non così evolute nel design. La porzionatrice inoltre risolve ogni esigenza relativa alla produttività: la lama rotante adibita al taglio delle porzioni arriva ad una velocità massima di 1000 tagli minuto in modalità porzionatura a peso fisso. Riusciamo a tagliare porzioni da 55 a 150 g con una produttività di 1200 kg/ ora e una precisione nell’ordine di 1,5 g. Per una maggiore capacità il

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porzionatore a peso fisso Portio è disponibile anche in versione a due vie, con doppio nastro e doppia testata di taglio. Marelec Portio si abbina alla perfezione ai suoi selezionatori graders disponibili anche in versione su misura, con numero di stazioni di lavoro variabile e cestelli ed altezze e forme progettate espressamente per l’applicazione richiesta in base alle esigenze del cliente. I vantaggi Tutti i vantaggi nell’utilizzo del porzionatore a peso fisso Marelec Portio si traducono in un rapido recupero dell’investimento grazie all’aumento di resa, riduzione di manodopera, porzioni accurate, cambi rapidi dei programmi di taglio, massima capacità produt-

tiva, ingombri ridotti e massima igiene grazie alla struttura aperta e facilmente sanificabile. Visitate la sezione dedicata ai porzionatori a peso fisso Marelec Portio sul nostro sito internet e chiedeteci una prova direttamente a casa vostra: www. lazzariequipment.com/prodotti/ carne/porzionatrici/

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Porzionatrice Marelec PORTIO per tagli dal peso fisso Scansione laser a 400Hz dalla precisione inarrivabile. Collegabile ad una bilancia a densità. Altissima velocità di taglio e produttività. Taglio angolare facilmente selezionabile. Programmazione estremamente flessibile. Sanificazione profonda e velocissima. Bassi costi di gestione. Può essere messo in linea con GRADER selezionatore Marelec.

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LA PAGINA SCIENTIFICA

USA-UE, modelli alimentari a confronto

La carne tenerizzata e separata meccanicamente di Alfonso Piscopo

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l Food Safety and Inspection Service (FSIS), ovvero il Servizio ispettivo e di sicurezza alimentare del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, ha tra i principali obiettivi quello di tutelare i consumatori, mantenendo elevati gli standard di qualità e sicurezza dei prodotti di origine animale e in particolar modo della carne. Ultimamente il FSIS si è trovato ad affrontare un aspetto normativo inerente la carne processata meccanicamente.

Le carni processate meccanicamente sono quelle che, prima di essere immesse in commercio, hanno subito un trattamento meccanico, come la carne bovina tenerizzata meccanicamente (CBTM) e la carne bovina separata meccanicamente (CBSM). In questa categoria sono incluse anche la carne trita e i prodotti a base di carne pronti al consumo, che in qualche modo hanno subito un trattamento meccanico.

Il processo di intenerimento della carne normalmente avviene nella fase successiva al rigor mortis, superato un periodo di tempo variabile a seconda della specie abbattuta e della temperatura, ma anche di altri fattori come l’età dell’animale, il sesso, l’alimentazione, ecc… Trascorso questo periodo comincia la fase di intenerimento dovuta all’azione proteolitica degli enzimi sulle proteine miofibrillari;

Attualmente nell’UE la carne separata meccanicamente può essere prodotta da pollame e suini, ma non da bovini, ovini e caprini. La carne separata meccanicamente deve essere chiaramente etichettata come tale e non fa parte del contenuto di carne indicato sul prodotto (photo © www.consumeraffairs.com).

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le miofibrille diventano facilmente frammentabili e la carne morbida e tenera alla cottura. Per i capi anziani e da latte e per i tagli di carne più duri il processo d’invecchiamento è più lungo, quindi il periodo di conservazione della carne incide sul consumo di energia e sul profitto dell’industria. Per rendere la carne più morbida più di ¼ dei tagli subisce un processo di tenerizzazione meccanica: trattamento che avviene forando la carne con aghi o lame affilate che rompono le fibre muscolari rendendole più morbide e tenere. La carne così trattata può determinare la contaminazione della superficie di taglio, con passaggio di patogeni potenzialmente pericolosi tipo Escherichia coli O157: H7 all’interno del prodotto. Questa tipologia di carne processata meccanicamente prima di essere immessa in commercio deve subire un trattamento di precottura. Al fine di differenziarla dalla carne non trattata, sarà presto resa obbligatoria per le carni bovine tenerizzate meccanicamente la dicitura in etichetta mechanically tenderized, con le istruzioni per la cottura (modalità, tempi e temperatura a cuore del prodotto). In USA il consumo di carne bovina tenerizzata meccanicamente è in forte crescita. Di riflesso sono in aumento nella popolazione focolai di E. Coli O157: H7 responsabili della SEU. La FSIS, con l’introduzione dell’etichetta obbligatoria — che entrerà in vigore presumibilmente già a maggio del 2016, invece di aspettare la regolare scadenza prevista per gennaio 2018 —, pensa di ridurre drasticamente i casi di SEU. Dal 2003 i Center for Disease Control and Prevention (CDC) hanno evidenziato numerose segnalazioni di gravi tossinfezioni alimentari imputabili a carni tenerizzate meccanicamente e non sufficientemente cotte, consumate presso ristoranti o abitazioni private. La FSIS ha effettuato ricerche proprie e attraverso l’Agricultural Research Service e dei CDC. La réclame dell’Agenzia americana avrà un impatto sulla popolazione anche dal punto di vista di altre abitudini alimentari.

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Carne bovina separata meccanicamente (CBSM) Il Pink slime (poltiglia o melma rosa) è un prodotto ottenuto mediante un procedimento meccanico che permette di recuperare la maggior quantità di carne possibile dalle ossa degli animali macellati caratterizzato dalla presenza di midollo, frammenti di ossa macinate e tessuto connettivo in percentuale variabile in relazione alla pressione e al diametro dei fori dei setacci utilizzati per la separazione e il recupero. In USA il pink slime viene ricavato dagli scarti della macellazione di carne bovina (LFTB – lean finely textured beef e BLBT – boneless lean beef trimmings) ma può essere ricavata anche da ossa e carne di pollo, maiale e coniglio. Le carcasse dell’animale e le ossa carnose vengono raccolte e trasferite in una macchina che le spreme, facendo uscire da una parte una “pasta o poltiglia” di colore rosa e dall’altra le ossa sminuzzate e pressate. Negli USA l’impiego di pink slime per l’alimentazione umana è permesso da diversi anni, soprattutto nei prodotti della ristorazione rapida a basso costo e negli alimenti economici che non prevedono una forma regolare. Prima di entrare nelle filiere produttive per l’alimentazione umana la CBSM subisce diversi trattamenti. Tra questi ce n’è uno che ha fatto discutere parecchio, ovvero l’impiego di idrossido d’ammonio (la classica ammoniaca diluita, con funzione antibatterica, per rendere il tutto più sicuro da un punto di vista igienico); non mancano inoltre l’aromatizzazione con sostanze artificiali e la tintura con coloranti. La posizione dell’Europa La CBSM è vietata in UK e nel resto d’Europa, dove le norme sono più severe anche in seguito alla crisi della BSE; qui semmai, per via della proibizione di consumare midollo osseo dopo la vicenda della mucca pazza, il problema interessa soprattutto la carne di pollo e maiale processata meccanicamente. La carne separata meccanicamente (CSM) si ottiene con due procedimenti meccanici: ad alta pressione e a bassa pressione. Quando si utilizzano metodi ad alta

pressione, la carcassa o le parti di carne vengono pressate attraverso uno speciale setaccio di tipo meccanico. Con l’utilizzo di metodi a bassa pressione, invece, la carne viene raschiata meccanicamente dalla carcassa. La CSM ottenuta da un processo ad alta pressione subisce un trattamento stressante che altera profondamente le fibre muscolari e dà luogo ad un prodotto inferiore rispetto a quello ottenuto con un processo a bassa pressione e dalla caratteristica consistenza pastosa. La legislazione europea (Reg. CE n. 853/2004) prevede che queste carni si possano usare per prodotti che verranno sottoposti a trattamento termico nello stabilimento di produzione (würstel, mortadelle, cordon bleu, piatti pronti a base di carni avicole o suine). Hanno standard microbiologici più severi rispetto alle carni separate meccanicamente a bassa pressione e non devono contenere più di un certo quantitativo di calcio (spremendo le ossa una quantità di calcio finisce nella carne). Le CSM ottenute da un processo a bassa pressione sono sottoposte ad un trattamento meno stressante rispetto alle precedenti e possono ancora assomigliare alla carne macinata. La legislazione europea prevede che le carni così ottenute si possano usare anche in preparazioni crude da consumarsi previa cottura (hamburger di pollo o misti). Entrambi i procedimenti consentono il recupero di una notevole quantità di carne residuale aderente alle carcasse che altrimenti andrebbe distrutta come scarto di macellazione. Ovviamente per la grande industria si tratta di una fonte di guadagno non indifferente. Per quanto attiene l’etichettatura le regole nell’Unione Europea sono uniformi: bisogna specificare nell’elenco degli ingredienti la presenza di carni separate meccanicamente. I rischi di natura microbiologica che possono derivare dall’utilizzo di CSM impongono che i prodotti che la contengono siano precotti, proprio per abbassare l’elevata carica batterica. Gli ispettori europei da tempo si sono adoperati per l’effet-

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tuazione di audit negli stabilimenti che producono CSM, per verificare se questo ingrediente sia idoneo all’impiego alimentare, escludendo ogni rischio per la salute, mentre la Commissione europea allo stato attuale non ha formulato nessuna decisione contraria all’utilizzo di CSM. Desinewed meat Nel Regno Unito, nel periodo compreso tra gli anni Novanta e aprile del 2012, si trovava in commercio la cosiddetta DSM-desinewed meat, termine utilizzato per indicare carne con ossa e tendini rimossi a basse pressioni. La DSM subisce un trattamento meccanico meno stressante rispetto al trattamento meccanico a pressioni più alte, e non altera quindi la struttura fibrosa del muscolo una volta separata o recuperata con macchine separatrici. Tale carne ottenuta a basse pressioni è detta anche carne 3 mm e ha un aspetto visivo e consistenza simile alla carne trita. Questo processo risultava carente di un’indicazione specifica in etichetta, se non per la dizione generica di “carne” inclusa nella lista degli ingredienti, con il beneplacito della Food Standard Agency (FSA), che infatti definiva la desinewed meat come categoria a parte, in quanto non c’era alterazione sostanziale del prodotto. Tutto è rimasto regolare fino all’introduzione dei regolamenti del pacchetto igiene del 2004; nello specifico, il Regolamento CE n. 853/2004 (Sezione V, Allegato III), il quale sancisce che la carne processata meccanicamente (separata o recuperata con procedure meccaniche) determina la perdita o la modifica delle fibre muscolari. La stessa, quindi, deve essere indicata in etichetta come “mechanically separated meat”, come previsto dal Regolamento UE n. 1169/2011. Con l’esplosione della BSE, dal 2001 in Europa viene vietato di produrre CSM dai ruminanti (bovini e ovicaprini), mentre è consentito processare meccanicamente la carne suina e di pollame. Successivamente la stessa FSA chiede al governo un’audizione sui possibili rischi della CSM, introducendo in

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seguito una moratoria per vietare la CSM dai teschi di bovino entro il mese di aprile 2012 (per il rischio BSE) e per l’obbligo di nuove regole per l’utilizzo della CSM di pollame e suino. L’ultima mossa tocca alla Commissione europea, che sempre nel 2012, facendo proprie le indagini preliminari del Food Veterinary Office britannico, ha ufficialmente considerato la DSM uguale alla CSM, chiedendo una apposita etichettatura nel prodotto finito (“prodotto ottenuto da carne separata meccanicamente”) per la carne suina e di pollame e proibendola del tutto per ruminanti (bovini e ovicaprini). Seguiva la minaccia della Commissione di restringere le importazioni europee di carne bovina inglese in mancanza di un adeguamento. Il parere dell’EFSA Secondo le conclusioni del parere dell’EFSA, i possibili rischi microbiologici associati alla carne separata meccanicamente sono simili a quelli correlati alla carne separata non meccanicamente. I rischi microbiologici e chimici derivano dalla contaminazione delle materie prime e da prassi igieniche non corrette durante la lavorazione della carne. Tuttavia, i processi produttivi ad alta pressione aumentano il rischio di crescita microbica. Infatti tali processi provocano una maggior degradazione delle fibre muscolari e, insieme a ciò, un rilascio di nutrienti, i quali forniscono un sostrato favorevole alla crescita batterica. Al fine di migliorare la differenziazione tra carne separata meccanicamente, ottenuta mediante tecniche a bassa pressione, e carne disossata a mano, l’EFSA raccomanda l’utilizzo di studi specificamente concepiti per raccogliere dati sui potenziali indicatori. Sulla scorta dei dati disponibili attualmente, il gruppo di esperti scientifici sui pericoli biologici (BIOHAZ) ha individuato nel calcio (rilasciato dalle ossa durante la lavorazione) il parametro chimico più adatto. Gli esperti hanno infatti sviluppato un modello che utilizza i livelli di calcio come ausilio per individuare i prodotti a base di


Progetto Ultratender Il processo di tenerizzazione è sempre necessario prima che ogni carne possa essere immessa sul mercato. Il manzo non tenerizzato non soddisfa i requisiti di qualità per il consumo. Il processo tradizionale di tenerizzazione mantiene la carne appena al di sopra del punto di congelamento per un periodo che va da 15 a 90 giorni (invecchiamento tradizionale). Questo processo consuma un’elevata quantità di energia e influisce sui margini di profitto. Il processo di invecchiamento è più lungo e ha effetti più importanti per il bestiame anziano e da latte e per i tagli di carne più duri. La tecnica più promettente per la tenerizzazione è l’uso di ultrasuoni a potenza elevata (HPU). Ciò riduce notevolmente il periodo di invecchiamento, è una tecnica economica e non invasiva, ed evita la modifica del gusto della carne trattata. Grazie al finanziamento dell’UE, il metodo di elaborazione ULTRATENDER (“Non-invasive high power ultrasound-HPU”) sta offrendo ai produttori di carne un metodo per la tenerizzazione della carne di manzo mediante HPU. Si stima che il processo di tenerizzazione ottimizzato riduca l’intero processo dell’80% per un’ampia gamma di tagli di carne e tipi di animali. Con HPU, i costi di produzione possono essere ridotti del 60%, aumentando i margini di profitto di prodotti di carne fresca di 4,5 euro al kg. Il primo periodo del progetto si è focalizzato sul raggiungimento di due obiettivi principali. Il primo ha selezionato un’ampia raccolta rappresentativa di campioni di carne da includere nello studio statistico. Il secondo ha creato l’attrezzatura a ultrasuoni da usare sulla tenerizzazione della carne. Un partner del progetto ha effettuato alcuni studi preliminari della tenerizzazione della carne mediante HPU. I primi risultati hanno mostrato un miglioramento nella tenerezza della carne di circa il 25-30% per alcuni tagli in pochi minuti. Un altro partner del progetto ha effettuato test analitici e sensoriali sui campioni di carne prima e dopo il tradizionale invecchiamento per il confronto con i risultati ottenuti con la tenerizzazione HPU. Tutti i dati raccolti servono come lingua matematica base per lo strumento software di previsione della morbidezza. • Riferimento del progetto: 603429 • Finanziato nell’ambito di: FP7-SME • Paese: Spagna

carne separata meccanicamente. Un ulteriore studio preso in esame dall’EFSA serve a distinguere la carne separata a bassa pressione dalla carne macinata (spesso i due tipi di carne sono indistinguibili). Tutto ciò per dare quanto più possibile informazioni chiare al consumatore, il quale deve essere messo a conoscenza di ciò che consuma. Conclusioni L’abitudine dei cittadini statunitensi di mangiare carne bovina processata meccanicamente potrebbe presto cambiare qualora vengano adottati i miglioramenti normativi che potrebbero prendere corpo già

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nel 2016. Rimane tuttavia qualche perplessità che tali norme entrino effettivamente in vigore nel corrente anno poiché le stesse norme dovevano essere precedute da una procedura decisionale che avrebbe dovuto concludersi nel 2014. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti non ha inviato in tempo all’ufficio competente, l’Office of Management and Budget (OMB), la propria proposta e l’OMB non ha assunto alcuna delibera, così da anticipare tali norme al 2016. Le procedure di revisione vengono effettuate con cadenza biennale, pertanto l’etichettatura obbligatoria non potrà entrare in vigore

verosimilmente prima del 2018. L’Europa, da qualche anno a questa parte, ha manifestato un certo interesse per le carni processate meccanicamente. Bisogna precisare però che la maggior parte dei consumatori europei è inconsapevole dell’esistenza di questi procedimenti meccanici. Le prime ricerche sulla CBTM, finanziati dalla Comunità europea, prevedono l’applicazione di onde meccaniche sonore (ultrasuoni) alla carne di manzo. Questi studi sono presi come modello sperimentale per ottenere carne di manzo più tenera. Diverso è il caso della CBSM. Le norme europee vietano di estrarre carne dalle carcasse bovine a causa della BSE. Attualmente, in seno all’UE, molti Paesi si trovano nella posizione di rischio trascurabile per BSE, e nonostante le misure sanitarie si siano allentate, continua a permanere il divieto di separare meccanicamente la carne dalle carcasse bovine. La carne separata meccanicamente è estratta dalle carcasse di polli e suini. L’estratto, utilizzato come ingrediente, entra nella composizione di una varietà di prodotti (würstel, piatti pronti a base di carni avicole e suine, cordon bleu, salsicce). L’etichettatura prevede che nell’elenco degli ingredienti sia specificata la presenza della CSM in percentuale. In conclusione, si vuole far notare che è altresì risaputo, come conferma la letteratura scientifica internazionale degli ultimi anni, che i prodotti altamente deperibili come la carne ma anche il latte, consumati crudi, siano responsabili della gran parte delle malattie di origine alimentare (l’agente patogeno maggiormente incriminato è l’E. coli). Dott. Alfonso Piscopo Dirigente Veterinario Azienda Sanitaria Provinciale Agrigento Veterinario del Servizio Sanitario Nazionale Approfondimenti PISCOPO A., “Consumare latte crudo o no?”, in EUROCARNI n. 7/2011. PISCOPO A., “Nuove soluzioni per cibi rapidi e a basso costo”, in EUROCARNI n. 8/2012.

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STATISTICHE

Dati ANAS sulla suinicoltura

Suinicoltura italiana: prime stime per il 2015 Stime per l’anno 2015 sulla suinicoltura italiana Produzione degli allevamenti italiani Numero suini grassi nati in Italia di cui, per il circuito Dop (*) Valore franco azienda (IVA esclusa)

11.228.000 capi 7.977.251 capi 2.503,018 milioni di €

–2,3% rispetto al 2014 + 0,2% rispetto al 2014 – 8,5% rispetto al 2014

12.043.319 capi

–1,3% rispetto al 2014

1.594.150 t

+1,1% rispetto al 2014

Import suini vivi (n. capi) di cui – suini < 50 kg – suini ≥ 50 kg

967.459 capi

+19,9% rispetto al 2014

687.000 capi 227.435 capi

+27,4% rispetto al 2014 +2,8% rispetto al 2014

Valore import suini vivi

69,289 milioni di €

– 6,8% rispetto al 2014

1.105.493,172 t

– 0,7% rispetto al 2014

1.985,159 milioni di €

–10,6% rispetto al 2014

350.047,121 t

+ 0,5% rispetto al 2014

1.463,866 milioni di €

+1,4% rispetto al 2014

2.349.596 t

+ 0,3% rispetto al 2014

63,26%

– 0,2% rispetto al 2014

Macellazioni (n. capi) Produzione carcasse suine (t)

Import carni (inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati) Valore import carni Export totale (peso equivalente carne fresca, inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati)

Valore export totale Utilizzo (equivalente carcassa) % autoapprovvigionamento (*) Il dato relativo al circuito Dop è IPQ/INEQ. Fonte: stime ANAS elaborate su dati ISTAT e CCIAA.

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Una Storia di Famiglia


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