Eurocarni 3-2019

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 3 • Marzo 2019

Aspettando il World Butchers’ Challenge ALITEK: celle di maturazione su misura

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2019, anno del MAIALE




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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin

EURO ANNUARIO CARNE 2019

Fotografia Luigi Credi

Amministrazione Andrea Tomassone

Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli– Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini– Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi– Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata– Prof. Sergio Ventura

Prestampa Marco Credi

Abbonamenti Fioretta Fiorentin

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni)

Vi aspettiamo a iMEAT: 24-26 marzo 2019

Euro Annuario Carne La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2019 Copia cartacea: € 95,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

La carne nel mondo

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Agenda

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Diamo i numeri

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Immagini

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Naturalmente carnivoro

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Tendenze

26

Slalom

2019: partenza in salita

Cosimo Sorrentino

28

AttualitĂ

Bovini da ingrasso: benessere animale, sistemi di stabulazione e costi

A. Gastaldo et al.

30

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

38

A pagina 44.

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Aziende

AmicΩmega: benessere in stalla e salute sulla tavola

Indagini

Elena Benedetti

44

Alitek: ascoltiamo il cliente per realizzare celle di maturazione davvero…

48

Criocabin, il futuro della refrigerazione commerciale è adesso

52

Italianità, la più grande risorsa

Sebastiano Corona

54

Le dinamiche recenti nel comparto delle carni

60

Meat franchising

Fassoneria apre a Pompei e Burger King punta al raddoppio dei locali in Italia

64

Retail news

Notizie dalla GDO

66

Eventi carnivori

A Roma e Milano due eventi speciali per celebrare la gastronomia irlandese

70

Beef & Snow: tour speciale per carnivori delle nevi

Riccardo Lagorio

72

Meat blogger

La qualità si fa in quattro

Andrea Laganga

76

Gare carnivore

World Butchers’ Challenge 2020 una competizione davvero mondiale

Macellerie d’Italia

Giardina: dall’esaltazione della frollatura al servizio di macellaio a domicilio

Riccardo Lagorio

82

La carne in tavola

L’ossobuco tra antico e moderno

Giorgia Fieni

86

La leggenda di re Mark e la capra mal cotta

Gemma Zubiani

88

Prodotti tipici

La carne salada, antica specialità del Trentino

Nunzia Manicardi

90

Maiali e dintorni

L’anno del Maiale nell’oroscopo cinese, in tavola e nelle vetrine

Gemma Zubiani

94

Sono 180 grammi, lascio?

Un agnello e un macellaio, tra sacro e profano

Giovanni Papalato 96

78

A pagina 94.

EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 3 • Marzo 2019

Aspettando il World Butchers’ Challenge ALITEK: celle di maturazione su misura

€ 5,42

2019, anno del MAIALE

In copertina: il mondo della carne e della macelleria si ritrova dal 24 al 26 marzo a Modena a iMeat.

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Fiere

La filiera dell’alimentare italiano si trova a Cibus Connect

102

IFFA 2019: focus sul packaging

104

La pagina scientifica

Peste suina africana: il ruolo del cinghiale

Giulia Mauri

Sicurezza alimentare

Rischio acidi grassi artificiali

Giovanni Ballarini 114

Tecnologie

CSB BASIC ERP: la competenza di settore a completamento dell’ERP di gruppo

Razze

La Grigia bulgara

Andrea Gaddini

Storia e cultura

Pollo incontrastato re della tavola

Giovanni Ballarini 128

Statistiche

Macellazione del bestiame a carni rosse, 3 trimestre 2018

o

o

Macellazione del bestiame a carni bianche, 3 trimestre 2018 o

Il commercio con l’estero delle carni, 3 trimestre 2018

108

118

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Aurora De Santis

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Aurora De Santis

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Aurora De Santis

142

A pagina 87.

A pagina 76.

A pagina 72.

www.eurocarni-online.com 8

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LA CARNE NEL MONDO

Stati Uniti Il National Pork Board, la Federazione degli esportatori di carne (USMEF) e il Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) degli Stati Uniti hanno annunciato che parteciperanno ad uno studio di marketing denominato Pork 2040. Lo studio esaminerà i cambiamenti nelle attitudini dei consumatori di carni suine e le tendenze relative ai mercati di esportazione delle carni suine dagli USA. La ricerca valuterà inoltre i trend di sviluppo di nuove tecnologie produttive e di marketing, nonché i crescenti problemi ambientali e gli emergenti regimi legali, commerciali e normativi in tutto il mondo. La Cina, che ha una popolazione in crescita e sempre più urbana, sarà il primo paese studiato. La piattaforma di ricerca sviluppata consentirà all’industria statunitense delle carni suine di progettare una strategia a lungo termine sul consumo di carne suina statunitense in Cina (fonti: www.pork.org – www.3tre3.it).

Francia La Francia è stata autorizzata a mantenere fino al 31 marzo 2020 il suo sistema di etichettatura relativo all’indicazione di origine di carne e latte. Questa etichettatura soddisfa le aspettative dei consumatori e delle parti interessate nei settori agricolo e agroalimentare in quanto fornisce una garanzia in termini di trasparenza, qualità e conoscenza dei prodotti. Ma la Francia vuole anche andare oltre nell’armonizzazione dell’etichettatura di origine a livello europeo. Altri Stati Membri hanno infatti già adottato disposizioni simili a quelle francesi e un’iniziativa dei cittadini europei è stata registrata dalla Commissione ed è in procinto di raccogliere le firme (fonti: agriculture.gouv.fr – www.3tre3.it; photo © BillionPhotos.com – stock.adobe.com).

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Europa Secondo l’ultimo rapporto della Commissione EU agricultural outlook for markets and income 2018-2030, il pollame sarà l’unico tipo di carne che, nei prossimi 12 anni, registrerà una crescita costante nel mercato comunitario. Nel periodo in esame, produzione e consumo cresceranno complessivamente di circa il 4%, supportati in particolare dall’aumento delle esportazioni internazionali e dalla valorizzazione di tagli meno appetibili in Europa ma più apprezzati all’estero. In particolare alcuni paesi dell’Europa dell’Est, come Ungheria, Polonia e Romania, potrebbero far registrare performance migliori grazie a maggiori investimenti. Nel rapporto si legge anche che il livello della domanda internazionale di carne di pollame dovrebbe rimanere alto, soprattutto grazie ad alcuni paesi asiatici (Vietnam, Filippine e Cina) e dell’Africa sub-sahariana (Sudafrica, Ghana e Benin). Le esportazioni della UE continueranno quindi ad aumentare in media dell’1,4% all’anno fino al 2030, raggiungendo 1,9 milioni di tonnellate. Con riferimento al consumo, il rapporto evidenzia che il mercato comunitario sta raggiungendo la sua maturità e nel 2018 dovrebbe attestarsi a 24 kg pro capite. La crescita quindi dovrebbe essere marginale, intorno allo 0,2% all’anno, il che significa che il consumo pro capite si attesterà intorno ai 24,8 kg. Infine, nel primo anno del periodo di proiezione, i prezzi della carne di pollame della UE rimarranno attorno ai livelli attuali, dopodiché diminuiranno lentamente sotto la crescente concorrenza di USA e Brasile e raggiungeranno, entro la fine del periodo, circa 1,860 €/t. Il report conclude che, a seconda del contesto macroeconomico e dei prezzi dei mangimi, è probabile che, nel periodo di riferimento, potrebbe verificarsi una variazione tra i 1.630 e i 2.130 €/t (fonti: Poultry World – UNAItalia; photo © kharhan – stock.adobe.com).

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Cina Secondo l’ultimo rapporto RABOBANK, la diffusione di malattie come la Peste Suina Africana (PSA) e la presenza di alcuni disaccordi internazionali a livello commerciale creano incertezza sul mercato delle carni suine. In Cina la PSA è apparsa in aziende agricole grandi e moderne. Si prevede che la produzione rallenti notevolmente a causa delle maggiori preoccupazioni in materia di biosicurezza e che le importazioni aumentino in modo sostanziale a causa della scarsità di offerta locale che dovrebbe presentarsi tra qualche mese. UE Il mercato europeo delle carni suine presenta segnali contraddittori e gli attuali colloqui commerciali tra Stati Uniti e Cina, la Brexit e il nuovo Trattato integrale e progressivo del partenariato transpacifico (CPTPP) aggiungono incertezza alle dinamiche del commercio internazionale. Mentre le aspettative di maggiori importazioni dalla Cina incoraggiano l’espansione della produzione, il Belgio e l’Europa orientale sono stati colpiti dalla PSA. L’aumento dei prezzi dei suinetti negli ultimi mesi indica un’offerta limitata, ma anche propensione ad incrementare la produzione. USA Nel 2019 si prevede un aumento della produzione di carni suine del 4%. Mentre lo scorso anno le esportazioni sono diminuite in alcuni mercati, le esportazioni totali sono riuscite a crescere, trainate da Giappone e Corea del Sud. Le esportazioni dovrebbero comunque migliorare nel corso dell’anno, nonostante l’incertezza dei negoziati commerciali con la Cina. I prezzi del suino continuano ad essere forti. Brasile Dopo aver vissuto un difficile e impegnativo 2018, l’industria brasiliana delle carni suine ha prospettive più promettenti per il 2019, stimolata dalla crescita delle esportazioni verso la Cina. Anche il ritorno del mercato russo, attraverso la ricertificazione di un numero limitato di impianti, contribuirà all’aumento delle esportazioni. La domanda locale ha tutte le carte in regola per migliorare ulteriormente grazie alle prospettive economiche più positive (fonti: research.rabobank.com, 3tre3.it; photo © san_ta – stock.adobe.com).

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AGENDA Val d’Ega (BZ) Anche se non ci sono notizie di vegani e vegetariani che si siano lamentati vista l’enorme varietà di stimoli culinari che la Val d’Ega (BZ) riserva loro da sempre, bisogna ammettere che le Dolomiti sono un punto di riferimento per gli amanti della carne di qualità. Per unire al piacere della discesa quello di assaporare il meglio delle specialità a base di manzo della zona, il cuore delle Dolomiti ha organizzato un tour per i carnivori delle nevi, che dal 15 al 31 marzo potranno consultare l’ideale mappa del gusto di Beef & Snow e lanciarsi in uno slalom tra i tagli e le cotture dei bovini dolomitici. Per tre settimane, infatti, i ristoranti e le baite di Carezza e Obereggen — alcuni direttamente sulle piste — prenderanno i loro ospiti per la gola, mettendo sul piatto le portate tipiche altoatesine incentrate sulla carne di manzo proveniente esclusivamente dalla Val d’Ega. A fare da contorno, buona musica, vino e un’allegria che si estende anche alla neve, sulla quale disegnare traiettorie all’insegna del divertimento a pancia piena (si veda anche l’approfondimento di RICCARDO LAGORIO a pagina 72).

Arosio (CO) Gli appassionati del BBQ sono avvisati: è in arrivo a Milano la prima Masterclass italiana del team belga BBQ, campione europeo di barbecue, capeggiato da MANO ZAAL (in foto, al centro), direttore vendite della belga Vanlommel Veal. L’appuntamento è fissato per il 16 marzo, da mattina fino a sera, per una giornata dedicata alla tecnica di cottura Hot & Fast. Presso il negozio Oasi’s ad Arosio (CO) verranno preparate e cucinate le quattro categorie obbligatorie della KCBS Kansas City Barbeque Society: chicken (pollo), ribs (costine di maiale), pork (spalla di maiale) e brisket (punta di petto di manzo). Il timing della giornata replicherà il più possibile quello di una vera e propria gara di American Barbecue. Nel corso del 2018 in Europa ci sono stati 34 concorsi di barbecue KCBS in stile americano, a cui hanno partecipato complessivamente 335 squadre provenienti da 15 Paesi. www.bbqplus.be www.facebook.com/bbqplus

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Modena La carne è e continua ad essere l’asse portante di iMEAT, il progetto fieristico di ECOD dedicato alle macellerie, in calendario a ModenaFiere dal 24 al 26 marzo. La fiera ha raggiunto quest’anno la sesta edizione, entrando in una cadenza biennale e con un passaggio da due a tre giornate. Lo spazio espositivo è stato organizzato in due distinte aree: una riservata ad attrezzature, macchinari, ingredienti, commercio e lavorazione carni, l’altra dedicata alle eccellenze di prodotto finito. Il programma di eventi collaterali per l’edizione 2019 contempla una giornata dedicata alle gare: lunedì si disputeranno delle performance volte a creare suggestioni da trasporre e personalizzare nel proprio negozio o attività. “Macellaio e chef in tandem”: 4-5 coppie formate da un macellaio e uno chef si cimenteranno nell’elaborazione di una propria ricetta partendo dallo stesso taglio di carne e qualche ingrediente base. “Aperitivo in carne”: dedicata soprattutto ai giovani già in macelleria e/o gastronomia e a quanti vogliono entrare in attività dopo il percorso di studio, vedrà la preparazione di appetizers, amuse bouche, finger food con protagonista la carne. “Carne e coltello”: alcuni professionisti macellai saranno impegnati nella tartare battuta a coltello, fatta con precisione, velocità e, ovviamente, di gusto. Una giuria voterà le migliori preparazioni realizzate nelle tre gare in base a criteri che sono in via di definizione. Come da tradizione, iMEAT avrà un programma di corsi teorico-dimostrativi aggiornati ed innovativi previsti per la giornata di domenica. Due verteranno su preparati take away di diverse tipologie di carne, già cucinata con cottura a bassa temperatura, o semi-lavorati: l’obiettivo è quello di diversificare ulteriormente il lavoro in macelleria arrivando a proporre referenze porzionate, confezionate e conservate in apposite apparecchiature refrigerate. Un corso riguarderà i preparati multietnici per intercettare quel pubblico, giovane ma non solo, aperto ad esperienze di gusto tipiche di altri Paesi e culture. Superare la stagionalità, infine, sarà il tema di un altro corso durante il quale verranno proposte nuove preparazioni che sdoganeranno la pancia di manzo, facendola diventare un ottimo piatto anche per l’estate. Nella giornata di martedì è previsto un corso dedicato al marketing con case history e testimonianze dall’allevamento al negozio e la ripetizione di un corso dedicato al take away. Non mancherà, infine, la vivace attività di FEDERCARNI, operativa nell’area offerta come sempre da Ecod che, per questa edizione, ha aggiunto spazio, sempre in forma gratuita, per ospitare la bella iniziativa benefica Butchers for Children. www.imeat.it

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Milano L’appuntamento con la 15a edizione del congresso Identità Golose è a Milano dal 23 al 25 marzo presso gli spazi del MiCo - Milano Congressi. “All’apparenza cucinano ma in verità i cuochi, con il loro lavoro e i loro pensieri, vanno ben oltre il mero eseguire ricette e idee. La verità è tutt’altra e si allunga verso orizzonti ben più vasti e sfumati all’orizzonte. Costruire nuove memorie è quanto sognano, sperano di fare chef, pasticcieri, pizzaioli, artigiani, gelatieri. Pensano e scrivono nuovi piatti, con la speranza che diventino nuove memorie collettive, nuove tradizioni. E costruire nuove memorie sarà il tema di Identità Golose 2019”. Così scrive PAOLO MARCHI, che insieme a CLAUDIO CERONI è il pensatore e regista di questo evento, punto di riferimento per tutta la cucina d’autore. Domenica 24 marzo, tra le tante attività, c’è in programma “Identità di carne”, con un programma in via di definizione. Tra i confermati, OLIVER GLOWIG di Aldrovandi Palace a Roma e DIEGO ROSSI di Trippa Milano (photo © instagram.com/trippamilano). www.identitagolose.it

Di carni e dintorni: serate speciali con la Cooperativa Zootecnica Scaligera Costituitasi nel 1987 a Mozzecane, in provincia di Verona, la Cooperativa Zootecnica Scaligera è oggi una dinamica realtà nel comparto della produzione di carne bovina italiana, con all’attivo 40 allevamenti e 35.000 capi allevati all’anno. Molto attiva anche nella comunicazione, la Cooperativa ha organizzato una serie di incontri “d’autore”, tra gennaio e marzo, per parlare di carne in quanto veicolo di esperienze ed emozioni. A gennaio è stato ospitato il maestro PEPPE VESSICCHIO, musicista, direttore d’orchestra e compositore, che ha parlato di cibo e musica. Nel mese di febbraio la Corte Scaligera ha ospitato FRANCESCO AVANZINI, direttore generale di Conad, LUCA GARDINI, tra i maggiori ambasciatori del vino italiano nel mondo, PAOLO MASSOBRIO, giornalista enogastronomico, e FEDERICO MERETA, che si occupa di divulgazione medico-scientifica. Vi segnaliamo gli appuntamenti del mese di marzo: • 6 marzo (19:30) – DARIO CECCHINI, La “ciccia” è uno spettacolo; • 13 marzo (19:30) – FRANCESCA SANTIN, La tradizione è follia; • 20 marzo (19:30) – CARLO SGOIFO ROSSI, La qualità inizia in campagna. Corte scaligera, agriturismo, laboratorio e spaccio di carni La sede degli incontri è la Corte Scaligera a Mozzecane ( VR), agriturismo, ristorante e spaccio di carni bovine di questa filiera corta. La partecipazione è libera ed è possibile cenare su prenotazione. Tre appuntamenti assolutamente da non perdere (photo © cortescaligera.it). >> Link: www.coopscaligera.it www.cortescaligera.it

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DIAMO I NUMERI

6 milioni Qual è il patrimonio zootecnico italiano? Da quanti capi è costituito? Le più recenti fonti Ismea e Istat dichiarano circa 6.000.000 di capi bovini, il 70% dei quali nel Nord Italia, l’8 % nel Centro Italia e il 22% al Sud. Questi capi rappresentano il lavoro di 110.000 aziende agricole che occupano 80.000 famiglie (fonte: La stellina della carne bovina – Assocarni e MIPAAFT).

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Stime per l’anno 2018 sulla suinicoltura italiana Produzione degli allevamenti italiani Numero suini grassi nati in Italia di cui, per il circuito DOP

10.431.000 capi 7.724.850 capi

+1,5% rispetto al 2017 +1,3% rispetto al 2017

2.555,453 milioni di €

– 6,6% rispetto al 2017

11.219.215 capi

– 1,4% rispetto al 2017

1.495.521 t

+1,9% rispetto al 2017

Import suini vivi (n. capi) di cui – suini < 50 kg – suini ≥ 50 kg

839.403 capi

–0,7% rispetto al 2017

600.828 capi 259.885 capi

+16,1% rispetto al 2017 –20,7% rispetto al 2017

Valore import suini vivi

94,295 milioni di €

–11,0% rispetto al 2017

1.121.725 t

+5,2% rispetto al 2017

1.980,180 milioni di €

–8,4% rispetto al 2017

378.043 t

–6,7% rispetto al 2017

1.704,154 milioni di €

–2,6% rispetto al 2017

2.239.204 t

+5,2% rispetto al 2017

62,10%

– 0,3% rispetto al 2017

Valore franco azienda (IVA esclusa) Macellazioni (n. capi) Produzione carcasse suine (t)

Import carni (inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati) Valore import carni Export totale (peso equivalente carne fresca, inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati)

Valore export totale Utilizzo (equivalente carcassa) % autoapprovvigionamento Fonte: stime ANAS elaborate su dati Istat, IPQ/INEQ e CCIAA.

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IMMAGINI

Lo zodiaco cinese ha decretato il 2019 l’anno del maiale. Secondo le fiabe cinesi l’origine dell’oroscopo sarebbe una gara tra animali per diventare le guardie personali dell’Imperatore di Giada che, in fin di vita, cercava accompagnatori per l’aldilà. Vinse il topo, facendosi trasportare dal bue e saltandogli davanti al traguardo. Ultimo arrivò il maiale, il cui anno è cominciato, appunto, il 5 febbraio. Onore e gloria a questo animale celebrato da sempre sulle nostre tavole, e non solo, e fonte preziosa di nutrimento e sottoprodotti. A pagina 94 Gemma Zubiani ci racconta come il maiale sia oggi oggetto di attenzione anche nella moda.

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NATURALMENTE CARNIVORO

Il paradiso per gli amanti delle carni? Uno sicuramente è dentro alla cella di frollatura del B&B Butchers & Restaurant (bbbutchers.com) di Houston, Texas, magari in compagnia di Tommy Elbashary (a sinistra) e Benjamin Berg. Quest’ultimo, titolare del locale, seleziona i tagli migliori in giro per il mondo, dagli allevamenti texani alla Prefettura di Hyogo in Giappone, al Nebraska. Le frollature sono lunghe, dai 28 ai 55 giorni, e la cura del prodotto è altissima. La bistecca preferita da Berg? Quella che in menù ha battezzato Butcher’s Butter: una Wagyu del Texas, tenerissima e saporita (photo © Felix Sanchez, papercitymag.com).

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TENDENZE Comunicare meglio la carne con la creatività

Illustrazioni tecniche, grafica e packaging sono preziosi alleati per veicolare in modo efficace la comunicazione. Anche e soprattutto nella fase d’acquisto di un prodotto, la cui scelta è abitualmente molto rapida. La carne necessita il “racconto” di parecchi elementi, razza, taglio, tipologia di allevamento, metodi di cottura. In questo senso la creatività di dà un grosso aiuto.

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WEST COUNTRY PGI BEEF & LAMB È la pregiata carne bovina e ovina a marchio IGP inglese. L’area geograÅca di produzione di queste carni è costituita da sei contee nel sud ovest del paese: Cornovaglia, Devon, Dorset, Gloucestershire, Somerset e Wiltshire, che insieme formano la cosiddetta regione West Country dell’Inghilterra. I pascoli verdi e rigogliosi, il clima mite e l’alimentazione a base di erba fanno di queste carni un prodotto di qualità superiore.

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BUONI MOTIVI PER SCEGLIERCI

QSM TENEREZZA GARANTITA QSM, Quality Standard Mark, è il marchio istituito da AHDB per garantire al consumatore la sicurezza e la provenienza della carne acquistata. Il sistema di allevamento naturale (al pascolo) garantisce una qualità superiore delle carni, sia in termini di proprietà nutrizionali che di caratteristiche organolettiche. Fra tutte, la tenerezza risulta essere la più apprezzata: questo è possibile grazie all’alimentazione a erba, che conferisce all’animale una certa struttura che garantirà, in fase di maturazione (frollatura), una tenerezza altrimenti non possibile.

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SLALOM

2019: partenza in salita di Cosimo Sorrentino

D

opo i botti di fine anno, seguiti all’approvazione parlamentare della manovra economica, sono iniziate prese di posizione, lamentele, allarmi, non sempre obiettivi, e indicazioni di prospettive, a breve ed a lungo termine, che, spesso, sono state poi smentite nei fatti. La situazione attuale certamente non può definirsi allegra, ma è un risultato che deriva da varie cause, che non possono riferirsi agli ultimi provvedimenti messi in cantiere dal nostro Governo e che non ancora hanno potuto far verificare la positività o meno di scelte che solo nel corso dell’anno e di quello prossimo si potranno avere.

Certamente il nostro Paese sta mostrando il fiato corto, ma non sono da meno Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna. Secondo gli ultimi dati disponibili, il livello della produzione industriale italiana ha fatto registrare negli ultimi mesi del 2018 una flessione dello 0,1% rispetto a quelli precedenti, ma negli undici mesi dello stesso anno è cresciuto dell’1,2% rispetto al 2017. Non può ritenersi un risultato positivo dovuto al crollo di un comparto cruciale, come quello automobilistico, la cui produzione ha fatto registrare il calo maggiore dall’ottobre 2012, mentre hanno chiuso, con segno positivo, tra le industrie manifattu-

riere, l’alimentare, il farmaceutico ed i settori minori. Dopo i dati accennati, ha fatto sentire la sua voce anche la nostra Banca Centrale, che ha ridotto di quasi mezzo punto le stime di crescita per quest’anno (dall’1 allo 0,6%), attribuendole al ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese ed alle prospettive di rallentamento del commercio mondiale. Inoltre, sempre secondo la Banca d’Italia, per quanto riguarda gli anni 2020 e 2021, le previsioni centrali della crescita risultano essere pari allo 0,9% e all’1%. Ma gli allarmi su una crescita in frenata per l’Italia si sono ancora, e in breve tempo, moltiplicati, quan-

L’alimentare resta, insieme al farmaceutico, uno dei settori che in Italia ha chiuso il 2018 con segno positivo (photo © Alessandro Carra 2013).

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do ha fatto sentire la sua voce anche il Fondo Monetario Internazionale, il quale conferma la crescita in Italia dello 0,6% per quest’anno e dello 0,9% per il 2020. Il riferimento all’Italia viene comunque inserito in un quadro di rallentamento generale che colpisce l’intera Europa e non risparmia neanche la Germania, la quale vede un taglio alle stime di crescita dello 0,6%, quindi più profondo rispetto a quello italiano, ma il suo PIL, nel corso di quest’anno, dovrebbe arrivare ad un +1,3%. Nel quadro generale, il FMI sottolinea che la situazione italiana appare particolarmente critica, evidenziando altresì un “costoso intreccio fra rischi sovrani e rischi finanziari”, unitamente ad una Brexit senza accordo ed alla guerra dei dazi tra USA e Cina, che resta tra le principali minacce per l’economia mondiale. Come anticipato, la nuova stima del FMI si inserisce in un quadro generale di rallentamento dell’economia globale quest’anno; l’Eurozona crescerà dell’1,6%, l’economia globale avanzerà del 3,5%, lo 0,2% in meno sui calcoli di ottobre e anche rispetto alle previsioni di chiusura del 2018, ma ciò non vuol dire che esiste una recessione. Una preoccupazione che il FMI intravede nei rischi dovuti alle politiche intraprese dai governi, all’attuale situazione del Regno Unito, che potrebbe

essere dirompente con contagio all’estero, e ad un “accentuato euroscetticismo intorno al voto europeo di maggio”. A questo punto, per gli inevitabili effetti che potrebbero aversi in tutta l’Europa, è da considerare la situazione della Germania, che nello scorso anno ha visto crescere il PIL solo dell’1,5%; e a pesare, secondo l’Istituto Federale di Statistica, è stata l’incertezza dell’attuale situazione geopolitica, la guerra commerciale con gli USA, definita “imponderabile”, il rallentamento della Cina, primo partner commerciale, e le difficoltà registrate nel settore dell’auto per i noti problemi relativi ai gas di scarico. La congiuntura è comunque positiva anche per l’aumento dei consumi interni, degli investimenti delle imprese in nuovi macchinari e per il boom edilizio, mentre meno brillante del solito è stato l’export. Nonostante la chiusura del suo anno debole, la Germania non vede l’avverarsi di una recessione, tanto che alcuni suoi istituti, come l’IFO, che aveva previsto una maggiore crescita, nell’analizzare la situazione ha evocato anche l’Italia per “i piani di bilancio del nuovo governo italiano”, che, unitamente alla questione dell’imponderabilità dei dazi e dell’esito del negoziato della Brexit, “hanno lasciato tracce”.

L’Italia sembra così essere sempre la causa di tutti i mali, ma si dimentica di ricordare che l’affermarsi dei sempre più imposti rigore e rigidità assoluta sui bilanci, da parte dei Paesi “virtuosi”, non hanno consentito purtroppo quella crescita e hanno frenato ogni azione espansiva. Ben a proposito è intervenuto il pentimento del presidente JUNKER, allorché, nel giorno del ventesimo compleanno dell’euro, davanti all’Europarlamento ha affermato che “c’è stata un’austerità avventata, scriteriata”. Ma, di fronte al peggioramento dell’economia sia a livello europeo sia a livello globale, il nostro governo non può permettersi di alimentare incertezze, come è già avvenuto nel recente passato, ma deve spingere sulle misure che hanno qualche possibilità di invertire la tendenza negativa, a partire dagli investimenti. Esistono ora risorse rese disponibili con la nuova legge di bilancio, ma ci sono anche quelle stanziate in passato e non ancora spese. Speriamo che dette risorse siano spese bene, anche per opere finalizzate a eventi eccezionali, sia sul fronte del dissesto idrogeologico, sia su quello della messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, anche se vediamo in agguato incertezze che possono derivare dal futuro assetto che avranno le prossime elezioni europee. Cosimo Sorrentino

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Bovini da ingrasso: benessere animale, sistemi di stabulazione e costi di Alessandro Gastaldo, Marzia Borciani, Riccardo Compiani, Carlo Angelo Sgoifo Rossi, Giulia Lalinga, Giovanni Mario Sorlini Lugaresi

L

a progettazione di una stalla per i bovini da ingrasso deve partire dal dimensionamento del box, fattore molto importante che condiziona la stessa struttura della stalla e influisce in maniera determinante sull’organizzazione del lavoro. Generalmente i bovini da ingrasso vengono allevati in stabulazione libera, utilizzando box collettivi con soluzioni costruttive

diverse per tipo di pavimentazione e per utilizzo o meno di lettiera. Per tutti i bovini da ingrasso di età ≥ di 6 mesi non esistono norme specifiche sul benessere animale. Nel 2012, però, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha prodotto un PARERE SCIENTIFICO sul benessere dei bovini tenuti in sistemi d’allevamento per la produzione di carne. Questo parere

e, in particolare, le sue raccomandazioni, non rappresentano dei vincoli di legge, ma potranno essere in un futuro prossimo la “base” di norme sul benessere dei bovini da ingrasso. Raccomandazioni EFSA sul benessere animale Secondo le indicazioni EFSA, la stabulazione fissa con animali legati

Box a pavimento fessurato. La tipologia di stabulazione in box multiplo su pavimento fessurato è quella maggiormente diffusa nella Pianura Padana, per la grande semplificazione che consente nelle operazioni di pulizia, per il più facile controllo degli animali e per la minore superficie per capo rispetto alle soluzioni a lettiera.

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La progettazione di una stalla per i bovini da ingrasso deve partire dal dimensionamento del box, fattore che condiziona la struttura della stalla, influendo moltissimo sull’organizzazione del lavoro. Generalmente i bovini da ingrasso vengono allevati in stabulazione libera, utilizzando box collettivi con soluzioni costruttive diverse per tipo di pavimentazione e per utilizzo o meno di lettiera

aumenta il rischio di problemi alla salute e limita l’attività comportamentale e la vita sociale degli animali. Per questi motivi andrebbe utilizzata soltanto per situazioni provvisorie relative all’alimentazione o al trattamento veterinario. La stabulazione libera collettiva è ammessa nelle tipologie a pavimento fessurato e in quelle a pavimento pieno con sovrastante lettiera. Il pavimento fessurato integrale viene sconsigliato, raccomandando la predisposizione di una zona di riposo a pavimento pieno con lettiera o l’adozione di fessurati ricoperti di gomma. Se presente il fessurato, è necessario che travetti e fessure siano correttamente dimensionati. I box a lettiera inclinata sono ammessi, ma con pendenza ≤ del 10%. Per l’EFSA hanno grande importanza anche i seguenti aspetti: • la superficie unitaria di stabulazione deve essere tale da limitare i problemi di salute ed evitare il disturbo in zona di riposo. La superficie minima di stabulazione da assegnare a ciascun capo varia in base al peso vivo medio finale: 2,5 m2 da 301 a 400 kg; 3,0

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m2 da 401 a 500 kg; 3,5 m2 da 501 a 600 kg; 4,0 m2 da 601 a 700 kg; 4,5 m2 > di 700 kg. Non vengono fornite superfici di stabulazione diverse al variare della tipologia di stabulazione; • isolamento e quarantena. Un numero sufficiente di box dovrebbe essere a disposizione per accogliere gli animali malati o feriti. Gli allevamenti che ricevono regolarmente gli animali di diversa origine dovrebbero stabularli per un periodo minimo in un apposito locale di quarantena. La durata minima della quarantena è di almeno 14 giorni. Principali tipologie di stalle Le stalle da ingrasso possono prevedere una fila di box con corsia di foraggiamento laterale oppure due file di box con corsia di foraggiamento centrale. Nel primo caso, si utilizzano spesso strutture aperte sul lato della mangiatoia, mentre nel secondo si preferiscono stalle chiuse ma dotate di ampie superfici apribili per la ventilazione. Il singolo box viene dimensionato per ospitare da un minimo di 8 a un massimo di 16 capi, con tendenza a privilegiare le capienze minori al fine di limitare i conflitti e l’agitazione all’interno del gruppo. In base alla tipologia di box adottata, i ricoveri per bovini da ingrasso si distinguono in stalle a pavimento fessurato e stalle a lettiera. Stalle a pavimento fessurato La tipologia di stabulazione in box multiplo su pavimento fessurato è quella maggiormente diffusa nella Pianura Padana, per la grande semplificazione che consente nelle operazioni di pulizia, per il più facile controllo degli animali e per la minore superficie per capo rispetto alle soluzioni a lettiera. Nei box a pavimento fessurato la superficie unitaria di stabulazione ottimale è leggermente superiore a quanto previsto da EFSA e pari a 3,0 m2 fino a 400 kg e 4,2 m2 fino a 700 kg. La stabulazione su pavimento fessurato, rispetto ai box su lettiera, ha i seguenti vantaggi:

• può migliorare le condizioni ambientali nel caso in cui si abbia un’asportazione frequente delle deiezioni, perché non si ha produzione di letame e la zona di stabulazione è più asciutta; • le operazioni si riducono alla distribuzione degli alimenti, alle cure e alla movimentazione degli animali. D’altra parte questa tipologia d’allevamento comporta diversi inconvenienti: • rischi di lesioni agli arti derivanti da difetti di costruzione e/o dalla scivolosità del pavimento; • necessità di prevedere uno o più box a lettiera permanente per l’isolamento e il trattamento degli animali malati o feriti; • pavimento “freddo” nei climi rigidi; • possibilità di occlusione delle fessure attraverso deiezioni poco liquide e alimenti di scarto; • elevate emissioni di gas (ammoniaca e acido solfidrico) e di odori nel caso in cui le fosse sotto fessurato vengano utilizzate per lo stoccaggio prolungato delle deiezioni; • maggiore rigidità dell’edificio (difficile conversione). Nelle stalle a fessurato/forato risulta molto importante le dimensioni di travetti, fessure e fori. Di seguito, si consigliano quelle ottimali: fessure di 30÷35 mm e travetti di 120-160 mm nel pavimento fessurato e diametro fori di 50÷55 mm e distanza fori di 50-70 mm nel pavimento forato. Sul pavimento fessurato si consiglia (come previsto da EFSA) l’installazione di un idoneo tappeto di gomma. I costi di costruzione per la realizzazione di una stalla a pavimento fessurato variano da 2.100 a 2.200 €/capo in base al peso finale di uscita e alla conseguente superficie di stabulazione. Nel caso di aggiunta di tappeto di gomma su tutta la superficie del box a questo costo occorre aggiungere un costo d’investimento di 180,00-250,00 €/capo (circa 60,00 €/m2).

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ficientemente asciutta. Nel caso di lettiera limitata alla zona di riposo, il consumo giornaliero di paglia è pari a 2/3 kg/capo, mentre nel caso di lettiera su tutta la superficie del box il consumo aumenta a 4/6 kg/capo. Nei box a lettiera permanente la superficie unitaria di stabulazione ottimale è superiore a quanto previsto da EFSA e pari a 4,2 m2 fino a 400 kg e 6,5 m2 fino a 700 kg. I costi di costruzione per la realizzazione di una stalla a lettiera permanente variano da 2.300 a 2.400 €/capo in base al peso finale di uscita e alla conseguente superficie di stabulazione. A questi costi vanno aggiunti quelli relativi all’acquisto della paglia e alla sua distribuzione all’interno dei box. Il costo di gestione annuo varia da 100 a 150,00 €/ capo in base alla quantità di paglia distribuita e alla frequenza di distribuzione.

Box a pavimento fessurato con gomma. Stalla a lettiera permanente In alternativa al pavimento fessurato è possibile utilizzare box multipli a lettiera, col vantaggio principale di assecondare le più recenti tendenze in materia di benessere animale; inoltre, si ha produzione di letame paglioso, con benefici sia di ordine agronomico, sia di ordine ambientale (potere ammendante sul terreno, minori problemi di odori durante lo spandimento, ecc…).

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Per contro, presenta alcuni svantaggi, quali elevati fabbisogni di manodopera per le operazioni di manutenzione della lettiera (aggiunta di paglia, asportazione della lettiera) ed elevati consumi di paglia. La stalla a lettiera permanente prevede aree di stabulazione collettive a pavimentazione piana nelle quali viene aggiunta regolarmente paglia per mantenere la lettiera suf-

Stalla a lettiera inclinata In questa soluzione, grazie all’inclinazione del pavimento e all’azione di calpestamento degli animali, la lettiera tende a scivolare verso la zona di alimentazione (pendenza anteriore), oppure verso la cunetta di raccolta presente sul lato opposto (pendenza posteriore), dove viene asportata da mezzi meccanici. Entrambe queste soluzioni presentano alcune varianti, legate soprattutto alle modalità di allontanamento delle deiezioni e alla distinzione o meno della zona di riposo da quella di alimentazione. Di seguito vengono riportati i principali fattori che influenzano la funzionalità del sistema: • pendenza del pavimento e larghezza dell'area a lettiera (distanza orizzontale tra il suo punto più alto e il suo punto più basso); • densità degli animali; • consumo medio giornaliero e frequenza di distribuzione della paglia. Dalla densità degli animali dipendono l’entità del calpestio, lo scorrimento della lettiera e lo stato di pulizia dei capi allevati. Nella determinazione della superficie di

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In alternativa al pavimento fessurato è possibile utilizzare box multipli a lettiera, col vantaggio di assecondare le più recenti tendenze in materia di benessere animale; inoltre, si ha produzione di letame paglioso, con benefici sia di ordine agronomico sia di ordine ambientale

lettiera da assegnare ad ogni capo (3,4 m2 fino a 400 kg e 5,6 m2 fino a 700 kg) è necessario operare un compromesso tra le opposte esigenze: quella di autopulibilità della

lettiera, per la quale sono richieste superfici sufficientemente contenute, e quelle di comfort e pulizia degli animali che richiedono, invece, spazi più ampi.

Dalla quantità di paglia fornita giornalmente dipendono sia lo spessore della lettiera, sia lo stato di pulizia degli animali. I consumi medi di paglia sono pari a circa 1÷2 kg/capo per giorno; al di sotto di questi valori lo stato di pulizia e di comfort peggiorano drasticamente, mentre al di sopra si possono provocare accumuli di letame che pregiudicano il buon funzionamento del sistema. Infine, per quanto riguarda la frequenza di distribuzione, la paglia deve essere aggiunta preferibil-

Il progetto INALCA I dati riportati fanno parte delle attività svolte all’interno di “Protocollo INALCA – Protocollo basato su elevati standard di benessere animale negli allevamenti bovini da ingrasso”, un progetto finanziato dalla Regione Lombardia sulla misura 16.2 del PSR 2014-2020 e coordinato da Inalca – Industria Alimentare Carni Spa, in collaborazione con l’Università di Milano, Dipartimenti di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare (VESPA) e di Medicina Veterinaria (DiMeVet), la Fondazione CRPA Studi Ricerche di Reggio Emilia e COLDIRETTI. L’obiettivo del progetto consiste nello sviluppo di un innovativo sistema per la valutazione e il miglioramento del benessere animale negli allevamenti bovini da ingrasso (vitelloni e scottone), promuovendo al contempo l’uso prudente degli antibiotici in questo settore. In ogni singola azienda agricola, l’applicazione del protocollo permetterà di eseguire un’accurata valutazione dei rischi, individuando punti di forza e di debolezza rispetto agli standard ed agli indicatori individuati e i possibili percorsi di adeguamento, sia di tipo strutturale che gestionale, valutandone l’onere economico e la relativa incidenza sui costi complessivi di produzione.

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Box a lettiera permanente. Nei box a lettiera permanente la superficie unitaria di stabulazione ottimale è superiore a quanto previsto da EFSA e pari a 4,2 m2 fino a 400 kg e 6,5 m2 fino a 700 kg. mente tutti i giorni. Si sconsiglia di distribuire paglia ogni 3÷4 giorni, in quanto l’eccessiva quantità distribuita fa sì che buona parte di questo materiale venga subito trascinata nelle aree di raccolta, senza aver avuto il tempo di svolgere le sue importanti funzioni di assorbimento di liquidi e di miscelazione con le feci. I costi di costruzione per la realizzazione di una stalla a lettiera inclinata variano da 2.150 a 2.200 €/capo in base al tipo di inclinazione, al peso finale di uscita e alla conseguente superficie di stabulazione. A questi costi vanno aggiunti quelli relativi

all’acquisto della paglia e alla sua distribuzione all’interno dei box. Il costo di gestione annuo varia da 55,00 a 75,00 €/capo in base alla quantità di paglia distribuita e alla frequenza di distribuzione. Isolamento e quarantena L’obbligo di stabulare gli animali malati o feriti in un apposito box d’isolamento è previsto dal Decreto Legislativo 26 marzo 2001 n. 146. Questo locale deve essere a lettiera e deve essere in grado di ospitare almeno l’1-2% del totale dei capi presenti in allevamento

L’obbligo di stabulare gli animali malati o feriti in un apposito box d’isolamento è previsto dal DLgs 26 marzo 2001 n. 146. La quarantena deve avvenire in box collettivi a lettiera collocati in un locale separato dalle stalle di produzione e deve durare almeno 30 giorni

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(l’ottimale sarebbe > del 3%), considerando una superficie unitaria di stabulazione di almeno 7 m2/ capo. La quarantena deve avvenire in box collettivi a lettiera collocati in un locale separato dalle stalle di produzione e deve durare almeno 30 giorni. I costi di costruzione e gestione sono praticamente analoghi a quelli più alti calcolati per la lettiera permanente. Alessandro Gastaldo Marzia Borciani Centro Ricerche Produzioni Animali CRPA Spa di Reggio Emilia Riccardo Compiani Carlo Angelo Sgoifo Rossi Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare (VESPA) dell’Università degli Studi di Milano Giulia Lalinga Giovanni Mario Sorlini Lugaresi Inalca Industria Alimentare Carni Spa

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Classificazione delle carcasse suine: nuove norme Sulla Gazzetta Ufficiale del 24 dicembre 2018 è stato pubblicato il Decreto Ministeriale che introduce “Norme concernenti la classificazione delle carcasse bovine e suine, la rilevazione dei prezzi e la commercializzazione delle carni di bovini di età inferiore a dodici mesi”, abrogante il DM 12 ottobre 2012. Il Decreto, richiamando le disposizioni del Regolamento UE 1308/2013, della Decisione 2014/38/UE e dei Regolamenti UE 1182/2017 e 1184/2017, disciplina al Titolo IV la classificazione delle carcasse suine. Una delle novità introdotte dal Decreto è legata all’esecuzione dei controlli sulle attività di classificazione. L’articolo 24, comma 4, stabilisce che i controlli sulle carcasse suine sono affidati, per tutto il territorio nazionale a uno o più soggetti (con provata esperienza e con un adeguato numero di addetti qualificati, imparziali e liberi da conflitto di interesse) individuati con una procedura ad evidenza pubblica espletata dal MIPAAFT con cui sono anche individuati i costi a carico delle imprese controllate. I controlli sulle operazioni di classificazione delle carcasse suine, sull’operato dei classificatori e sulla rilevazione dei prezzi di mercato saranno svolti da tali soggetti che dovranno attenersi alle indicazioni contenute nel Manuale sulle procedure operative e controllo dell’attività di classificazione delle carcasse suine, pubblicato sul sito del MIPAAFT nonché su Linee guida del MIPAAFT che saranno diramate sulla base degli orientamenti di un apposito Gruppo di lavoro. Per quanto riguarda la frequenza dei controlli, il Decreto precisa che devono essere eseguiti come segue: • almeno due volte per trimestre in tutti i macelli che, in media annuale, abbattono per settimana un numero superiore a 200 suini (su almeno 40 carcasse scelte a caso o su tutte in caso il numero delle carcasse disponibili sia inferiore); • almeno una volta a semestre in tutti i macelli che, in media annuale, abbattono fino a 200 suini alla settimana (su almeno 20 carcasse scelte a caso o su tutte in caso il numero delle carcasse disponibili sia inferiore). Tuttavia, qualora si proceda ad una valutazione dei rischi da parte dell’azienda, è previsto che la frequenza dei controlli e il numero minimo delle carcasse da controllare siano stabiliti sulla base di questa valutazione dei rischi, tenendo conto del numero dei capi abbattuti, dei precedenti controlli in loco e delle disposizioni che saranno definite con una circolare del MIPAAFT. Nelle more dell’espletamento delle procedure ad evidenza pubblica per individuare i nuovi soggetti incaricati, i controlli sugli stabilimenti di macellazione continueranno ad essere svolti dagli istituti di controllo (photo © pavasaris – stock.adobe.com). (Fonte: ANAS – Associazione Nazionale Allevatori Suini www.anas.it)

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Una cena in primavera con gli amici? Le polpettine di vitello sono perfette: lo street food all’italiana. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. La sicurezza al primo posto. Safety Guard è il sistema di qualità integrato del VanDrie Group che garantisce la sicurezza dell’alimento e il benessere degli animali lungo tutta la filiera produttiva.Safety Guard si occupa anche dell’utilizzo responsabile di antibiotici e della gestione ambientale. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“LE POLPETTE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

2. La sensibilità di Roberto Liberati 1. Meat In su Instagram Redazioni di riviste carnivore in contatto per contaminazione di idee ed esperienze? Con i social è facile. Vi indichiamo Meat In su Instagram (instagram.com/ meat_in), realizzata dall’omonima rivista tedesca (nella foto un commovente scamone Wagyu di Hokkaido; photo © @joel_sjsj – Instagram).

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Parlare di carne e di agricoltura responsabile, visioni e filosofia di un mestiere antico, razze e uso dell’animale intero e dei tagli minori, tradizione e ricerca lungo tutta la filiera. Vi consigliamo un post (goo.gl/HrPzSQ) di Radio Food Live (radio-food-live.com) da ascoltare tutto d’un fiato, nel quale ANDREA FEBO intervista Roberto Liberati e, in collegamento, ANDREA CIPPITELLI di Fattoria Faraoni (Sutri, VT), il critico gastronomico VALERIO MASSIMO VISENTIN da Milano e DARIO CECCHINI dalla sua Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti, Firenze (photo © facebook.com/roberto.liberati).

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meat Benedetti

3. Baker & Roberts Craft Butchers Baker & Roberts Craft Butchers (bakerandroberts.com) è un bell’esempio di business di successo nel canale tradizionale della macelleria, che ha saputo sfruttare in particolare le leve del web e dei social network. Dalla loro bottega a Manley, Cheshire (UK), JAMIE BAKER e MARK ROBERTS utilizzano soprattutto Facebook e Instagram per promuovere le loro carni, con un servizio di e-commerce, consegne a domicilio e una confezione di carne con tagli, salsicce e macinato che la clientela può consumare nel corso della settimana.

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4. Le Lady Butchers di Saucisson Avete un’idea di business e siete alla ricerca di un finanziamento collettivo? Potete fare come PENNY BAREND e MELISSA KHOURY, che hanno utilizzato Kickstarter (kickstarter.com), la piattaforma di crowdfunding che con video e testi racconta progetti in corso da supportare economicamente (goo.gl/r1JGpH). Queste due Lady Butchers lavorano carni locali, prive di nitriti e conservanti, e hanno raccolto più di 30.000 dollari grazie al sostegno di finanziatori on-line (photo © cheftovers. wordpress.com).

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Carne bovina, ambiente e salute: la campagna Assocarni e MIPAAFT prosegue sul web. Sul sito, realizzato da Creare Valore, ci sono tutte le informazioni e i dati scientifici alla base dei contenuti degli spot “La Stellina della carne bovina” è il filo conduttore della campagna di informazione lanciata da ASSOCARNI sul consumo consapevole della carne bovina italiana, dei suoi valori nutrizionali, sociali e ambientali. La campagna, cofinanziata dal MIPAAFT con bando pubblico per la selezione di programmi di informazione e promozione sui prodotti freschi e trasformati delle filiere carni, è andata in onda sulle reti RAI (radio, TV, cinema e web) col formato di “Lezioni di etichetta” e ora prosegue sul web con il sito www.lastellinadellacarnebovina.it. I contenuti del sito, accessibile anche dal sito istituzionale www.assocarni.it, approfondiscono i temi dei messaggi della campagna arricchiti dalle informazioni che non è stato possibile veicolare con gli spot, in particolare i dati su Clessidra Ambientale, sugli impatti della CO2, sull’impronta idrica, sugli aspetti nutrizionali e sulla salute. Il tutto seguendo il filo conduttore dei “principali volti della sostenibilità della carne bovina italiana” che costituiscono l’ossatura della campagna e che costituiscono altrettanti capitoli della parte web: 1. Nutrizione; 2. Sicurezza; 3. Ambiente, 4. No spreco; 5. Economia. Sul sito sono disponibili anche tutti gli spot della campagna realizzata da RAI Pubblicità, compresi quelli realizzati per la prima volta in Italia nella forma di “Pubblicità Accessibile e Inclusiva”, pensata per essere fruibile da tutte le persone, incluse sorde e cieche, con sottotitoli, Lingua Italiana dei Segni (LIS) e contributi audio dedicati. «La carne bovina — spiega FRANÇOIS TOMEI, direttore generale Assocarni — è spesso al centro di un dibattito pubblico distorto da mezze verità o da vere e proprie fake news, che circolano soprattutto sul web. Per questo riteniamo molto importante questa parte della campagna informativa sulla carne bovina sviluppata sul web, con informazioni importanti e approfondimenti scientifici che sarebbe stato impossibile inserire negli spot. Lo scopo della nostra proposta è quello di rendere i consumatori consapevoli dell'importanza della carne bovina italiana in una dieta equilibrata, all’interno del modello della Dieta Mediterranea che, è bene ricordarlo, prevede anche un apporto di proteine di origine animale». >> Link: www.lastellinadellacarnebovina.it

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AZIENDE

AmicΩmega: benessere in stalla e salute sulla tavola Ecco una filiera delle carni certificata con un disciplinare ministeriale. Il suo obiettivo? Migliorare le qualità di allevamento dei bovini e, di conseguenza, quella delle carni di Elena Benedetti

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alla stalla al piatto, passando attraverso un percorso lungo e complesso per arrivare ad un prodotto la cui qualità è riconosciuta e apprezzata. Insomma, una carne buona e sicura. E un po’ speciale. La Filiera AmicΩmega è questo, una realtà che, forte del suo disciplinare di produzione, oggi mette in rete otto allevamenti ubicati tra Vicenza e Treviso, una produzione in costante crescita

di 2.000 capi/anno, un macello a Treviso e una rete di distributori e grossisti che raggiungono macellerie e ristoranti in tutta Italia. Negli uffici di Verona ho incontrato ENRICO CUMAN, responsabile commerciale, e CARLOTTA BIGHIGNOLI, che mi hanno raccontato tutto sul progetto AmicΩmega, un consorzio che sviluppa e produce tutti i prodotti dell’allevamento bovino e lo fa attraverso una filiera che impiega più

soggetti. Il dott. MASSIMO MARCHESIN è il presidente del Consorzio nonché veterinario responsabile della nutrizione e gestione animali. «La volontà di questo progetto, iniziato nel 2012 con la costituzione di un comitato scientifico presieduto dal prof. MARCELLO MELE, è produrre alimenti sani, equilibrati e di qualità partendo proprio dall’origine, ovvero dall’allevamento degli animali» mi ha detto Cuman. «Ciò

Scegliendo la Filiera AmicΩmega, il consumatore beneficia di un prodotto italiano e concepito nel pieno rispetto del benessere animale e dell’ambiente.

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Trio di successo

Caratteristiche principali: • Insacco delicato del prodotto con il sistema Risco Long Life • Ampia dimensione del sistema di insacco a palette • Display semplice ed intuitivo • Minimi costi di manutenzione • Tramoggia da 70 - 165 o 260 litri

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Gli allevamenti della Filiera AmicΩmega sono garantiti dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale. che distingue la carne di questa filiera sono la naturale presenza di Omega-3 e un protocollo di benessere animale e di tracciabilità che è sicurezza per tutti, dall’allevatore al consumatore finale». «In questi anni abbiamo lavorato tanto per

mettere a punto il lavoro di filiera, in stalla e via via con i vari attori del progetto — ha aggiunto Carlotta Bighignoli — e oggi possiamo garantire quanto previsto dal nostro disciplinare tecnico di produzione approvato dal Ministero delle Politi-

Omega-3, Omega-6 e CLA, facciamo chiarezza Gli Omega-3 garantiscono all’organismo una crescita normale ed intervengono nelle funzioni fisiologiche di tutti i suoi tessuti. Occupano un ruolo importante nella protezione dalle malattie cardiovascolari, favorendo l’elasticità delle arterie e la fluidità del sangue, partecipano allo sviluppo della retina, del cervello e del sistema nervoso; azione esplicata solo se assunti in quantità superiore all’1% delle calorie giornaliere. Gli Omega-6 contribuiscono, invece, allo sviluppo del sistema nervoso e immunitario, all’equilibrio cardiovascolare e favoriscono la guarigione delle ferite. Se consumati in eccesso, impediscono agli Omega-3 di svolgere le proprie funzioni, in particolare, inibiscono la protezione cardiovascolare e possono causare dolori e malattie infiammatorie. Al CLA (Acido Linoleico Coniugato) è riconosciuto un potenziale valore nutraceutico (funzione benefica sulla salute umana), che si esprime con diversi effetti positivi, quali l’attività anticancerogena (prevenzione del cancro), antiateratogena (evita lo sviluppo anomalo del feto in gravidanza), diminuzione della massa grassa corporea; I CLA sono presenti naturalmente solo nel latte, nei formaggi e nelle carni dei ruminanti (bovini, ovicaprini, bufale).

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che Agricole e verificato sul campo dal nostro responsabile gestione qualità». Gli obiettivi e i vantaggi Sono sostanzialmente 4 gli obiettivi che si pone Filiera AmicΩmega. Vediamoli brevemente di seguito: 1. riportare all’interno della nostra alimentazione un bilanciamento corretto tra acidi grassi Omega-3 e Omega-6. AmicΩmega ritiene oggi sbilanciato questo rapporto, carente verso gli Omega-3. Il perché di questo squilibrio viene imputato a diverse cause, tra cui stili di consumo che sono mutati nel tempo e un maggior utilizzo di grassi idrogenati e margarine presenti in molti prodotti alimentari; 2. dare garanzie al consumatore in materia di benessere animale, attraverso standard di allevamento garantiti dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale (CReNBA), l’allevamento libero degli animali in box multipli, l’apporto di nutrienti essenziali nella dieta degli animali che in questo modo favorisce un

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“Mangiare bene significa farlo nel rispetto degli animali e dell’ambiente circostante. Per noi è indubbia l’esigenza di applicare, certificare e comunicare modelli di allevamento rispettosi del benessere animale. Non per niente i nostri allevamenti sono garantiti dal Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale” ci raccontano quelli di AmicΩmega

migliore stato di benessere e migliora il profilo lipidico (aumento Omega-3, riduzione del rapporto Omega-6 e Omega-3 e diminuzione degli acidi grassi saturi) del latte e dei derivati, della carne e delle uova, e, infine, la somministrazione di un’alimentazione controllata ed equilibrata con semi di lino, trattati, lavorati e selezionati; 3. un uso consapevole del farmaco: negli ultimi quattro mesi di allevamento gli animali che necessitano di cure sono trattati con i farmaci necessari, ma esco-

Il Consorzio AmicΩmega certifica la qualità del prodotto attraverso una serie di attività: • I’iscrizione al Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale (CReNBA): • la certificazione di qualità CSQA; • la gestione documentale della tracciabilità; • i controlli in sito (mangimifici, allevamenti, impianti di trasformazione, ecc…); • un piano di verifica analitico atto a determinare la conformità; • un continuo confronto con il comitato scientifico.

no definitivamente dalla Filiera AmicΩmega; 4. migliorare la sostenibilità ambientale degli allevamenti, riducendo ad esempio lo spreco di nutrienti con il precision feeding e abbassando l’emissione endogena di metano dei ruminanti grazie all’introduzione di lipidi nella dieta. L’impatto della filiera in tavola Semi di lino, bilanciamento degli acidi grassi e attenzione alla sostenibilità ambientale e al benessere degli animali sono parti centranti di

questo progetto. Ma come si traducono in percezione qualitativa delle carni? «Le nostre carni sono più leggere e digeribili, caratterizzate da un grasso più buono e delicato che in cottura resta più bianco» mi risponde Enrico Cuman. Resta il fatto che la carne, prodotto finale di questo processo che mette in circolo tutta la filiera, viene oggi scelta da un consumatore che ne apprezza sicuramente sapore e consistenza ma che consapevolmente predilige un prodotto che dà garanzie di benessere animale e sostenibilità. Razze selezionate Gli animali del circuito sono tutti provenienti da pregiate razze da carne, come Garronese, Limousine, Aubrac e Charolaise per i capi ingrassati, a cui si aggiunge una linea vacca-vitello Belga e un maschio Limousine. Distribuzione e commercializzazione AmicΩmega distribuisce mezzene e quarti attraverso distributori che riforniscono macellerie e ristoranti. Sul portale del Consorzio www.amicomega.it sono riportati i contatti della rete commerciale. Elena Benedetti

I mangimifici aderenti alla Filiera Alleata garantiscono materie prime di primissimo livello nonché una continua ricerca di alimenti naturalmente ricchi di Omega-3 che assicurano un bilanciamento nella dieta dell’animale.

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Consorzio di tutela e promozione della filiera AmicΩmega E-mail: info@amicomega.it Web: www.amicomega.it

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Per carni più tenere e digeribili e per far crescere la propria impresa

Alitek: ascoltiamo il cliente per realizzare celle di maturazione davvero su misura

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a Alitek Tecnologie Alimentari è un’azienda che si occupa di commercializzazione di prodotti per la lavorazione delle carni, principalmente celle per la maturazione/frollatura, integrando il sevizio offerto alla propria clientela con la distribuzione di aromi e spezie per il settore dei salumi e di tutti i preparati specifici per la carne. La società, che ha sede a Locorotondo, in provincia di Bari, nasce nel 2000 dalla passione del suo fondatore, ALDO MIRAGLIA. Abbiamo incontrato

Aldo e gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa sulla sua azienda, che dal 24 al 26 marzo sarà presente come espositore a Modena alla fiera dedicata al mondo della macelleria iMeat. «Il successo di Alitek deriva dalla sua capacità di risolvere le esigenze delle aziende alimentari che vi si rivolgono attraverso soluzioni, prodotti e servizi personalizzati» mi dice Aldo. «La personalizzazione per noi è fondamentale. Cerchiamo sempre di instaurare un dialogo con l’azienda, il cliente potenziale, per

poter fornire soluzioni che siano efficaci, in primis dal punto di vista della stabilità e della salubrità igienico-sanitaria». I prodotti proposti da Alitek sono selezionati mettendo a frutto l’esperienza quasi ventennale dell’azienda nel settore alimentare, ottimizzando esigenze di natura tecnica, qualitativa ed economica. Con la supervisione costante del titolare, questa bella realtà pugliese è cresciuta moltissimo, insieme a tutti i suoi collaboratori, potendo offrire oggi

Una cella per la maturazione a secco della carne Dry Ager.

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Le celle per la frollatura delle carni proposte da Alitek sono un prezioso alleato di macellai, ristoratori e delle aziende che operano nel settore della carne e di tutti gli appassionati del sano “mangiar bene” la carne, che grazie alla frollatura guadagna in tenerezza, digeribilità e soprattutto gusto. un servizio sempre di qualità, rapido ed efficiente anche grazie alla rete di venditori ben strutturata, la cui formazione continua garantisce quella qualità che possiede un partner affidabile attento alle continue evoluzioni del mercato della carne. «La nostra filosofia di servizio si focalizza esattamente sull’ascolto delle esigenze ed esperienze del cliente al quale proponiamo una nostra soluzione che sia in linea col suo

modo di lavorare» specifica meglio Aldo Miraglia. Personalizzazione che prosegue naturalmente anche nel post vendita, nel momento dell’assistenza tecnica. «Seguiamo i clienti nel post vendita attraverso i loro feedback fino a quando non acquisiscono la completa padronanza della nuova tecnologia». Negli ultimi cinque anni Alitek ha consolidato la sua collaborazione con la DRY AGER, azienda tedesca

specializzata nella costruzione e nella commercializzazione di celle per frollatura delle carni. Quanto è importante per Alitek l’innovazione? «Crediamo fortemente nell’innovazione e nella ricerca continua del miglioramento di procedure come la frollatura utilizzata per nobilitare la qualità delle carni fin dall’antichità, al fine di ottenere un prodotto più gustoso, più tenero e più digeribile» continua Aldo.


«Procedimenti e tecniche acquisite che nel passato, però, erano legati al caso, mentre oggi possono e devono essere controllati con l’ausilio di una tecnologia veramente affidabile che consente di portare in tavola un prodotto sicuro e di qualità superiore. Le celle scelte da Alitek sono un prezioso alleato di macellai, ristoratori e delle aziende che operano nel settore della carne e di tutti gli appassionati del sano “mangiar bene”». Quali sono i punti di forza delle vostre celle di maturazione? «I punti di forza delle nostre celle sono diversi. Partiamo dal sistema brevettato del controllo della temperatura Humicontrol®, che permette di monitorare l’umidità all’interno della camera di frollatura. Inoltre, la camera della cella viene realizzata in polietilene ad alta densità arricchita ai silicati di argento che hanno la proprietà di inibire le proliferazioni batteriche ed è costruita in un unico stampo senza fori o giunzioni al fine di facilitare la sanificazione. È poi da rimarcare la presenza di blocchi di sale rosa, che in una prima fase intercettano l’umidità per poi restituirla arricchita di microelementi propri di questo sale dell’Himalaya, un salgemma naturale non trattato che viene considerato tra i sali più pregiati e puri, in quanto proveniente da una zona notoriamente incontaminata della terra. Altri elementi distintivi delle nostre celle di maturazione sono la presenza di un filtro ai carboni attivi per eliminare gli odori dell’aria immessa dall’esterno finalizzata all’ossigenazione della carne con il sistema brevettato DX AIRREG® e di una lampada UV per una sanificazione continua della camera di frollatura. Infine, le celle sono dotate di software studiato su misura dai nostri ingegneri per controllare con assoluta precisione temperatura e umidità, in completa autonomia senza allacci a rete idrica o tubi di scarico umidità per salvaguardare il prodotto all’interno da altre possibili contaminazioni da agenti

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Alitek può realizzare celle per la maturazione della carne personalizzate, seguendo le necessità e i desideri della clientela. esterni. La cella, già premiata nel 2018 per il suo elegante design con il Reddot Award, è posizionabile in qualunque ambiente, si installa con semplicità e necessita della sola energia elettrica». Il cliente può personalizzare le celle per adattarle alle proprie esigenze? «Certo! Abbiamo la possibilità di creare celle su misura per venire incontro alle esigenze della clientela utilizzando la tecnologia Dry Ager». Operate in tutta Italia? «Sì, con le nostre celle siamo presenti su tutto il territorio nazionale». La specializzazione nel settore della lavorazione e produzione

delle carni e dei prodotti a base di carne fa di Alitek il partner ideale per le aziende in cui la qualità, la genuinità del prodotto finito nonché le tradizioni del territorio siano un valore aggiunto al prodotto commercializzato.

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Idee innovative made in Italy per l’arredamento del punto vendita

Criocabin, il futuro della refrigerazione commerciale è adesso

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e abitudini alimentari sono profondamente mutate nel corso degli ultimi dieci anni. Un numero crescente di consumatori conduce una vita lavorativa sempre più frenetica e fa un salto nella gastronomia locale per procurarsi cibi pronti al consumo. I negozi di alimentari, i caffè e gli angoli snack si stanno adattando a queste nuove tendenze fornendo cibo fresco e gustoso pronto al consumo. Richiedono banchi espositivi refrigerati e aree espositive accattivanti, nonché celle frigorifere appropriate per la conservazione degli alimenti. CRIOCABIN SPA, icona nel mercato

della refrigerazione commerciale, offre con i suoi prodotti soluzioni di alto livello per unicità del design e tecnologia totalmente made in Italy. Oggi, la seconda generazione della FAMIGLIA BABETTO gestisce la produzione di banchi espositivi, murali self-service refrigerati o ventilati caldi, celle, salad bars e tutte le forme di espositori per alimenti. L’obiettivo principale dell’azienda è sempre stato cogliere il cambiamento delle abitudini alimentari, sviluppando nuovi concetti, funzionali e fortemente personalizzati per la conservazione e l’esposizione dei cibi. «Per oltre 50

anni abbiamo lavorato duramente per implementare soluzioni personalizzate. È sempre stato nostro impegno creare prodotti esclusivi e personalizzati alle esigenze del cliente più esigente e particolare. Non c’è mai un approccio adatto a tutti», sottolinea la responsabile marketing BARBARA CARON. «Creiamo soluzioni espositive complete costruendo banchi espositori sia serviti che a libero servizio, murali self-service refrigerati e caldo-ventilati che soddisfano la domanda del moderno retail store all’avanguardia con i trend del food retail da tutto il mondo.

Banco frigo Etoile realizzato da Criocabin.

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Ethos Show, mobile con gruppo frigorifero Eco-friendly R290. Nello specifico mondo della macelleria, proponiamo concetti esclusivi per le innovazioni in atto in questo settore, oramai anche in Italia, e in particolare il sistema di refrigerazione con l’esclusiva tecnologia a glicole G-Concept to-

talmente made in Criocabin per la conservazione ottimale della carne. Con G-Concept si garantisce il mantenimento dell’umidità della carne in modo naturale evitandone la perdita di peso, con un risparmio provato di 9.000 €/anno e un

Unicità, creatività, stile e produzione made in Italy: i cardini di Criocabin Fondata nel 1984, Criocabin inizia la sua attività con la produzione di celle frigorifere. Nel 2000, con l’incorporazione della società creative, si amplia la gamma prodotti ai banchi frigoriferi. L’obiettivo che persegue da allora è creare prodotti esclusivi costruiti su misura del cliente.

risparmio delle ore lavorative pari a 14,400 €/anno». Negli ultimi anni, la progettazione e l’individualizzazione sono diventati fattori decisivi per lo sviluppo del prodotto, ma la sostenibilità e gli aspetti ambientali sono emersi come questioni altrettanto urgenti. «Tutti i nostri prodotti sono realizzati in Italia e già da gennaio 2018 tutti i prodotti sono disponibili con refrigeranti eco-friendly R290 in totale rispetto del Protocollo di Montreal, poiché puntiamo davvero ad integrare sostenibilità ed efficienza energetica nei nostri prodotti e in tutto il processo produttivo». Questa continua ricerca al miglioramento ha fatto di Criocabin un nome di tutto rispetto nel mercato della refrigerazione a livello internazionale.

Criocabin Spa Via S. Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909100 E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com

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INDAGINI

Italianità, la più grande risorsa Il made in Italy è un brand di grande appeal. Un elemento che dà lustro all’immagine dell’Italia nel mondo. Un fascino che si traduce in cifre di mercato. Ma quanto vale? Perché è così attrattivo dentro e fuori dai confini nazionali? E che potenzialità ulteriori mostra? di Sebastiano Corona

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l Belpaese, il nome stesso lo dice, evoca uno stile di vita che in tanti ci invidiano. Richiama valori di autenticità, cura delle cose, le suggestioni e la poesia che il fatto ad arte genera in ognuno. Gli stranieri sono fortemente sensibili a ciò che viene dall’Italia, nella convinzione

che italiano significhi soprattutto tempi di vita accettabili e lenti, amore per i dettagli, stile ed eleganza, in una sola parola, bellezza. Bellezza, nel senso più ampio del termine. Arte, storia, buon cibo, cultura, sole, mare e molto altro ancora. Elementi da cui Nordamericani,

Tedeschi, Giapponesi e tanti altri, sono molto attratti. Ed è forse più idealizzato che reale quel concetto che gli stranieri hanno del nostro vivere, oggi più vicino alla frenesia dei nostri cugini d’oltralpe, rispetto a quella a cui eravamo un tempo abituati. Il made in Italy agroalimen-

Gli stranieri sono fortemente sensibili a ciò che viene dall’Italia, cibo soprattutto. Per l’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, nel 2017 i cibi che richiamano il Belpaese in etichetta hanno generato oltre 6,3 miliardi di euro di vendite, ben 274 milioni di euro in più del 2016 (photo © WavebreakmediaMicro – stock.adobe.com). 54

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Secondo il Rapporto Coop 2018, tra i Paesi europei l’Italia è la nazione in cui l’alimentazione assume una centralità ed una rilevanza economico-sociale che non ha eguali (photo © Rapporto Coop 2018). tare conta su ulteriori elementi. Gli Italiani sono innamorati del cibo — soprattutto di quello buono — come forse nessun altro popolo al mondo. Di questo amore fanno continuo vanto, esprimendolo in ogni occasione. I numeri parlano infatti da soli. Secondo il Rapporto Coop 2018, tra i Paesi europei, è l’Italia la nazione in cui l’alimentazione assume una centralità ed una rilevanza economico-sociale che non ha eguali. Nel Belpaese si destinano all’acquisto del food & beverage le maggiori risorse economiche: secondo l’OCSE, quasi 2.500 euro l’anno a persona, contro i 2.300 della Francia ed i 2.000 della Germania. L’Italia ha l’incidenza della spesa alimentare sul totale dei consumi maggiore nelle graduatorie internazionali. Si tratta di circa un quinto dei consumi complessivi: un primato che in Europa è condiviso solo con gli Spagnoli e che supera di ben 5 punti percentuali la quota tedesca e di 7 quella britannica. L’Italia non solo guida il mercato e i relativi cambiamenti, ma spesso lo anticipa e lo condiziona. Un esempio è quello del calo nei consumi di carne a cui abbiamo assistito negli ultimi anni

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e l’incremento della spesa per pesce, frutta e verdura, dove il nostro Paese è stato certamente il primo ad avvertire il fenomeno e a cogliere, di conseguenza, le opportunità che derivavano dal cambiamento. Gli Italiani non tradiscono la tradizione, ma strizzano continuamente l’occhio alla sperimentazione. Secondo una recente indagine condotta da IRI-Information Resources, la disponibilità in Italia ad adottare tali innovativi comportamenti di consumo (tra gli altri, salutistico, senza glutine e vegetariano) sembra superiore di alcuni punti percentuali rispetto alla media europea. L’Italiano cede talvolta ai cibi pronti per praticità, ma è anche paradossalmente tornato — un po’ per necessità, un po’ per piacere — alle materie prime che gli consentono di prepararsi in casa alcuni prodotti, senza doverli acquistare già fatti. E sebbene alcune tipologie di piatti surgelati o precotti abbiano il loro appeal, soprattutto nelle famiglie moderne sempre più piccole e sempre più di fretta, la cucina, resta uno degli hobby principali. Secondo un’indagine dell’ufficio studi Ancc-Coop, quasi il 40% dei nostri connazionali si destreggia

con orgoglio e per passione, fra pentole e fornelli. Tutto questo, che apparentemente si mostra come l’espressione del costume di un Paese in un dato momento storico e che può addirittura sembrare un folcloristico modo di approcciare la tavola, ha generato nel tempo un fascino irresistibile, per chi, lo Stivale, lo guarda da fuori. L’interesse e l’attrazione che il made in Italy genera negli stranieri, oltre che negli stessi Italiani, si traduce in cifre. Cifre di tutto rispetto che fanno ritenere, e a ragione, che l’italianità sia uno dei motori della ripresa del Belpaese e uno dei pochi che nei peggiori anni della crisi finanziaria abbia retto e ci abbia consentito di stare a galla nonostante tutto. E, sebbene con i nostri 40 miliardi di euro di prodotti alimentari esportati ci piazziamo solo dopo Germania (che ne vanta ben 76), Francia (60), Olanda e Spagna, il valore dell’export del cibo italiano è assolutamente incoraggiante e fa ben sperare anche per il futuro, soprattutto se si considerano le recenti evoluzioni. Tra il 2007 e il 2017, infatti, il valore delle nostre esportazioni agroalimentari è passato da 22 ad oltre 40 miliardi

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Carne bovina e ovina di Alta QualitĂ ottenuta da risorse sostenibili Dawn Meats, fondata nel 1980 a Waterford nel sud dell’Irlanda, è cresciuta in modo costante ďŹ no a diventare oggi una delle principali realtĂ produttive irlandesi, con stabilimenti anche in Inghilterra, Scozia e Galles. Dawn Meats è rimasta fedele ai principi dell’impresa familiare ed al suo radicamento agricolo, con una forte attenzione all’innovazione ed alla sostenibilitĂ , ponendo un

costante impegno nel miglioramento della qualitĂ e del servizio al cliente.

Dawn Meats fornisce carne bovina in osso di scottona e vitellone e carne ovina in osso, nonchĂŠ la gamma completa dei tagli anatomici sottovuoto. Produce inoltre hamburger congelati da carni di razze pregiate e piatti pronti slow cooked, disponibili sia in formato retail che food service.

Dawn Meats considera il mercato italiano uno dei piĂš importanti ed è un fornitore di riferimento per gli acquirenti di carne bovina ed ovina. L’uďŹƒcio commerciale di Parma è stato creato appositamente per essere vicino alle esigenze dei clienti e consolidare partnership solide e durature.

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di euro; un record storico, segnato nel momento finanziario più buio dell’ultimo secolo. La richiesta di prodotti alimentari italiani all’estero è forte e richiede sempre più un effettivo legame con il territorio, meglio se certificato. Non a caso continua inarrestabile la corsa verso i mercati d’oltralpe, delle indicazioni geografiche che nel 2016 — secondo la Fondazione Qualivita — ha raggiunto gli 8,4 miliardi di euro, pari al 22% dell’export agroalimentare italiano. Un record che segna un incremento del 21% rispetto al 2015. Se negli ultimi due anni l’industria alimentare italiana ha visto crescere le esportazioni (+3,6% sul 2015 e +10,7% sul 2014), il settore delle DOP e IGP ha ottenuto risultati ancor più netti e soddisfacenti, pari al +5,8% sul 2015 e +17,7% sul 2014. Un sistema, quello delle denominazioni che, certificando la reale provenienza del prodotto, è garanzia di italianità per chi acquista. E non a caso, negli ultimi 10 anni, ha consolidato il proprio peso sul comparto, anche con incrementi a tripla cifra. All’estero amano quindi il prodotto italiano, a maggior ragione se

c’è una garanzia del fatto che non sia un tarocco. Ma il made in Italy non è un brand vincente solo per gli stranieri. Gli Italiani lo cercano e lo preferiscono, seppur per motivi differenti. Secondo l’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, nel 2017 i cibi che richiamano il Belpaese in etichetta hanno generato oltre 6,3 miliardi di euro di vendite, ben 274 milioni di euro in più del 2016. Sui 60.600 prodotti alimentari di largo consumo analizzati dall’Osservatorio, giunto quest’anno alla sua terza edizione, è emerso che oltre 15.300 richiamano la loro origine italiana in etichetta e che, nel corso del 2017, le relative vendite sono cresciute del 4,5%: un tasso maggiore rispetto al +2,3% fatto registrare nel 2016. Sempre secondo la Nielsen, l’elemento più utilizzato in etichetta per richiamare l’Italia è la bandiera tricolore, che compare nel 14,3% dei cibi e che ha generato il 13,8% del giro d’affari totale dell’alimentare confezionato venduto in Italia nel 2017. Rispetto all’anno precedente, il valore delle vendite è aumentato del 4,9%, contro il +3,1% registrato tra il 2015 e il 2016.

Culatello di Zibello Dop. Quello delle Identificazioni geografiche è un sistema che, certificando la reale provenienza del prodotto, è garanzia di italianità per chi acquista. Non a caso, negli ultimi 10 anni, ha consolidato il proprio peso sul comparto, anche con incrementi a tripla cifra (photo © www.aifb.it).

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Al netto delle denominazioni europee, è il claim 100% italiano a farla da padrone. Nel 2017 ha visto infatti le vendite entro i confini nazionali fare un balzo in avanti del 7,8% rispetto all’anno precedente, grazie soprattutto a formaggi (e in particolare mozzarelle e crescenze), prodotti avicunicoli e latte. A presentarsi in etichetta come 100% italiano sono 5,2 prodotti alimentari su 100 e le relative vendite raggiungono una quota del 7,4% sul totale alimentare. Ugualmente appetibile, ma meno attraente, è il Prodotto in Italia, le cui vendite hanno invece registrato una leggerissima flessione. Sempre nel mercato interno, continua brillantemente l’espansione delle vendite di prodotti a denominazione, con trend molto positivi (rispettivamente +7,8% e +8,7%), ma più contenuti rispetto al 2016. Il motore delle vendite sono i salumi IGP e i vini e gli spumanti DOCG. Sempre secondo la Nielsen, sono circa 2.000 le etichette che segnalano anche la regione di provenienza sulla confezione, il 3,3% del totale dell’offerta a scaffale. La regione che viene maggiormente enfatizzata è il TrentinoAlto Adige, seguita da Piemonte, Toscana, Sicilia, Lombardia, Puglia e Campania. Il Trentino-Alto Adige ha il primato sia per numero di prodotti (672), sia per valore delle vendite (241 milioni di euro), in crescita annua del 4,8% durante l’intero 2017. Ma è la Puglia la regione che ha messo a segno il dato più importante dei trend di vendita, registrando un +17,7% rispetto al 2016, seguita da Toscana (+13,9%) e Piemonte (+11,6%). Nel complesso, invece, il numero dei prodotti che evidenziano la regione di provenienza in etichetta è sostanzialmente stabile, sebbene il giro d’affari sia in crescita per tutte le sette regioni citate. Delle cifre che dimostrano quanto il made in Italy sia importante per la nostra economia non c’è però solo ciò che in concreto si produce e si vende. Ci sono anche le potenzialità inespresse e le quote di mercato coperte da altri, in nome

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nostro e quindi in maniera del tutto illegittima ed abusiva. L’agropirateria e l’Italian sounding, rappresentate da alimenti prodotti interamente all’estero e con materie prime straniere, dove capeggia in modo del tutto improprio il tricolore, valgono infatti oltre 100 miliardi, più del doppio di ciò che riusciamo al momento ad esportare. Avremmo dunque un mercato ancora molto ampio da occupare, perché in qualche modo già nostro, se solo avessimo la forza e la capacità di farlo. Perché il problema non è solo il fatto che nelle piazze internazionali combattiamo ad armi spuntate (si pensi agli Stati in cui non c’è alcuna tutela dei nostri prodotti, nemmeno di quelli a denominazione). Ciò che dobbiamo chiederci è se effettivamente saremmo in grado di produrre, anche solo per l’estero, più del doppio di quanto già facciamo. La nostra forza produttiva non è ancora sufficiente per coprire le potenzialità che teoricamente avremmo grazie al nome dell’Italia. Ma anche conoscenza, competenza e organizzazione sono elementi indispensabili in un processo di internazionalizzazione che ha finora coinvolto solo una parte del tessuto produttivo nazionale, appannaggio delle imprese più strutturate che tra l’altro, non sono quelle più diffuse nel nostro Paese. Ci affligge il nanismo imprenditoriale e in questo caso non si può dire che piccolo sia bello. In Italia, secondo NOMISMA, solamente l’1,7% delle imprese alimentari ha più di 50 addetti contro il 10,5% della Germania o il 4,1% della Spagna. A conferma dei limiti delle imprese italiane c’è inoltre il fatto che i nostri prodotti tendenzialmente non viaggiano su lunghe tratte, essendo i due terzi dell’export agroalimentare nazionale, destinato a mercati “di prossimità”, cioè Paesi dell’Unione Europea. Solo la restante parte ha come destinazione l’America (13,5%), l’Asia (9%), altri Paesi Europei (7,6%) e l’Africa (2,4%). Insomma, c’è ancora tanto da fare. Sebastiano Corona

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Saremo presenti a iMeat 2019 Vi aspettiamo 24-26 marzo


Ismea, Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale, Unità Studi e Analisi

Le dinamiche recenti nel comparto delle carni

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algrado i dati sui consumi interni fino a settembre 2018 indichino una tenuta della domanda, sono comunque ancora molte le incertezze sul mercato delle carni, prima fra tutte quella della concorrenza estera a seguito delle maggiori disponibilità in ambito europeo. Nella prima metà del 2018, in tutto il Nord Europa si è registrato un anomalo andamento climatico che ha compromesso i pascoli e le scorte di foraggi: prima un lungo inverno e dopo una estate siccitosa hanno penalizzato i principali paesi produttori, soprattutto Irlanda, Germania, Inghilterra e Francia.

L’aumento dei costi di produzione ha spinto ad un maggior ricorso alle macellazioni. Le produzioni europee in aumento e il blocco delle esportazioni verso la Turchia e gli altri bacini del Mediterraneo hanno provocato un esubero di offerta in molti Stati Membri. Ne è scaturita una concentrazione d’offerta con inevitabili effetti negativi sui prezzi di vendita. Le carni europee di bovino adulto hanno ridotto i propri valori rivelandosi decisamente più competitive rispetto alla produzione nazionale e nel mese di luglio le importazioni di carne bovina fresca hanno registrato — dopo sei mesi

di flessione — un incremento del 9% rispetto a luglio 2017, confermando i timori degli ingrassatori, che già da mesi avevano rallentato le operazioni di ristallo. Meno ristalli e di conseguenza meno carne ingrassata in Italia Nelle stalle nazionali le operazioni di ristallo sono continuate durante tutta l’estate a ritmi rallentati e con una evidente cautela. I capi importati dall’estero per l’ingrasso, (che rappresentano quasi il 90% dell’offerta di vitelloni al macello) nei primi otto mesi del 2018 sono stati — secondo i dati provvisori

La spesa complessiva per l’acquisto di carni nei primi otto mesi del 2018 ha superato i 5 miliardi, mettendo a segno un incremento del 3,1% rispetto alla spesa dell’analogo periodo del 2017 (photo © 2016 J. Pyle).

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ISTAT — il 7% in meno rispetto all scorso anno. In particolare, focalizzando l’attenzione sui soli vitelli da ingrasso, sarebbero stati introdotti nelle nostre stalle circa 26.000 broutards in meno. Di minore entità la flessione delle importazioni di “bovini vivi” registrata da Anagrafe Nazionale (–0,9%); nel dato sono compresi però quelli che vengono avviati al macello senza ulteriore fase di ingrasso. Inoltre, va ricordato che in Veneto, principale regione dedita all’ingrasso bovino, è in atto una sperimentazione che ha come obiettivo la produzione di carne 100% italiana, attraverso un’alleanza tra allevatori di bovini da carne e allevatori di bovine da latte, finalizzata a ridurre la dipendenza dall’estero, (uso del seme sessato), pertanto una parte dei ristalli si sta effettuando con vitelli nati in Italia. In calo l’import di carne fresca e in aumento quello di congelata I dati cumulati dell’import di carne bovina totale (fresca+congelata)

Acquisti domestici di carni (quote volumi 2018)

Fonte: Ismea. dei primi otto mesi 2018 segnavano comunque un incremento già del 2,7% dei volumi, da ascriversi al maggior arrivo di carne congelata (+24,6%), solo in parte compensata

da un contenimento della fresca (–1,3%). In termini di spesa, le importazioni di carni bovine crescono del 2,9% e, in questo caso, anche per la voce “fresche e refrigerate” il trend


è in crescita dello 0,9%, malgrado la flessione dei volumi, proprio perché, vista l’ampia disponibilità di carne di bovino adulto nazionale, ad essere importati sono stati tagli di maggior pregio. Interessante notare alcune variazioni nel quadro dei fornitori a favore delle importazioni dei tagli pregiati piuttosto che per le mezzene, per le quali poteva essere interessante il fattore prezzo. Tra i top ten Paesi fornitori i trend sono diversificati: risultano in aumento i volumi in arrivo di carne irlandese, danese, argentina e francese, tutti con elevati prezzi all’import (proprio questi prodotti sono infatti

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particolarmente apprezzati presso i canali ristorazione specializzati in carne), mentre sono in contenimento gli arrivi di carni da Polonia, Paesi Bassi, Germania (che rimangono tuttavia da soli fornitori di quasi la metà delle carni importate). Evidente dinamicità si registra oltre che per l’Argentina, anche per Stati Uniti (+27%), e Australia (+64%). Produzione UE: l’aumento dei costi di alimentazione incentiva le macellazioni Nei primi sette mesi del 2018 in Europa, la produzione di carne — secondo i dati di macellazione dei singoli Paesi Membri — risulta in

aumento rispetto allo scorso anno del 2,3% grazie agli incrementi registrati in tutti i principali Paesi. In particolar modo continua a crescere la produzione di Polonia, Francia e Regno Unito. Anche in Italia la produzione è in aumento (+4% i volumi comunicati ad EUROSTAT nei primi 7 mesi) e, a giudicare dai dati, sembra che a contribuire siano stati soprattutto i capi del circuito latte. Conferma viene dai dati di macellazione dell’Anagrafe Nazionale Bovina, secondo cui maggiori incrementi si sono avuti per le femmine sotto i 24 mesi e per le vacche, mentre la minor disponibilità di vitelloni negli allevamenti si ritrova nella

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flessione delle macellazioni di questi; nei primi otto mesi del 2018 le macellazioni di vacche e femmine sotto i 24 mesi (in n° capi) hanno superato quelle di vitelli e vitelloni.

denza trimestrale negli allevamenti del Veneto e del Piemonte evidenzia nei primi due trimestri del 2018 un preoccupante annientamento del margine di redditività.

In tenuta gli acquisti domestici di carne I consumi di carne bovina fresca in ambito nazionale dichiarati dalle 9.000 famiglie del Panel Consumer di NIELSEN fanno emergere per il periodo cumulato gennaio-settembre 2018 un incremento dello 0,4% dei volumi acquistati rispetto allo scorso anno, in corrispondenza di un aumento ben più consistente livello di spesa: +3,2%, da ascriversi al generale aumento dei prezzi medi. In otto mesi sono state vendute, esclusivamente per uso domestico, più di 565.000 tonnellate di carne, oltre 200.000 delle quali di carne bovina (35% del totale). La spesa complessiva per l’acquisto di carni nei primi otto mesi ha superato i 5 miliardi, mettendo a segno un incremento del 3,1% rispetto alla spesa dell’analogo periodo del 2017. I consumatori hanno prediletto le carni avicole (+0,4) e quelle bovine a discapito delle suine, per le quali si registrano flessioni (–0,8%). Continua la lenta ed inesorabile contrazione per i consumi delle carni minori (cunicola e ovicaprina), per le quali le perdite sono costanti ed importanti. Entrando nel dettaglio delle singole referenze delle carni bovine, si evidenziano lievi flessioni per i tagli di bovino adulto e di vitello, ed incrementi per la categoria scottona. Altri dati interessanti sono l’incremento del 1,4% delle famiglie acquirenti, l’incremento del numero degli atti d’acquisto (+0,8%) e, soprattutto, di quelli in promozione (+2,8%), che sono il 39% degli acquisti complessivi. Sempre in bilico la situazione a valle della filiera, dove si registrano lievi miglioramenti nei prezzi di vendita in allevamento accompagnati da aumenti dei prezzi dei mezzi di produzione, con un conseguente equilibrio precario dei margini di redditività. A tal proposito l’analisi dei costi di produzione svolta a ca-

Prospettive nel quadro europeo Secondo quanto evidenziato nell’Outlook della Commissione Europea, dopo la ricapitalizzazione della mandria da latte negli anni 2012-2014, con il conseguente decremento dell’offerta di carne bovina, la produzione europea si è stabilizzata nel 2017, ma tornerà ad avere una nuova tendenza flessiva dal 2018 al 2030 per via della minor domanda interna e della riduzione delle mandrie per rispettare gli obiettivi ambientali in termini di riduzione emissioni di gas serra. Come nel caso del latte e dei prodotti lattiero-caseari, il mercato europeo delle carni sarà sostenuto da una maggiore domanda globale fino al 2030. Ciò, a sua volta, dovrebbe portare a maggiori esportazioni: da 4,35 mt nel 2017 a 4,7 mt nel 2030. Questo aumento rispecchia il consumo mondiale di carne, che dovrebbe crescere in media dell’1% all’anno e che corrisponderà ad un +14% tra il 2017 e il 2030. Nonostante il previsto aumento globale, il consumo europeo di carne si sta stabilizzando, per cui si prevede nel prossimo decennio una diminuzione compensata in parte da un maggiore uso di prodotti a base di carne come ingredienti negli alimenti trasformati. Secondo il rapporto della Commissione europea, il 90% della produzione totale di carne nell’UE sarà destinato al consumo interno fino al 2030, quando la produzione totale dovrebbe salire a circa 47,5 milioni di tonnellate, di cui 44,1 milioni destinati al mercato europeo (…). Fonte: Ismea-Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale, Unità Operativa Studi e Analisi Redazione: a cura di Paola Parmigiani Responsabile: Antonella Finizia

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Nota A pagina 62 photo © Giuseppe Porzani – stock.adobe.com.


MEAT FRANCHISING

Fassoneria apre a Pompei e Burger King punta al raddoppio dei locali in Italia

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Fassoneria: e sono 10! due passi dall’ingresso all’antica città romana pietrificata dall’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo, ha aperto i battenti a fine gennaio la nuova Fassoneria di Pompei. Un’altra tappa importante per l’accreditata linea di ristorazione e vendita della carne Piemontese di eccellenza promossa dall’imprenditore torinese FABRIZIO BOCCA, assieme alla cooperativa dei produttori Compral di Cuneo guidata da BARTOLOMEO BOVETTI. Per la catena in franchising quella di Pompei è, infatti, la decima apertura in Italia dopo i due locali iniziali di Torino e gli sbarchi successivi a Reggio Emilia, Roma, Milano, Monza, Rho, Nicolosi (CT) e ancora Torino Mixto. Artefice dell’innovativo locale di Pompei è GIOVANNA TORTORA. Con una famiglia che vanta una lunga tradizione nel settore alberghiero, Giovanna ha iniziato nel campo assicurativo, per poi cedere al richiamo del DNA famigliare e tornare alle origini. L’idea è maturata venendo

Fassoneria Pompei è la decima apertura del franchising. a Torino in visita alla sorella. «Siamo state alla Fassoneria di cui già avevo sentito parlare — racconta — e, pensando al movimento turistico di Pompei, ho deciso che quel modello di moderna ristorazione faceva al caso mio». In effetti la località è fra le massime attrazioni del turismo

mondiale. L’antica Pompei, con i vicini siti di Ercolano, Oplontis e delle ville di Stabia, porta in zona 2 milioni e mezzo di turisti ogni anno. «La nostra è una Fassoneria classica dove serviamo la linea completa dagli hamburger gourmet alla tagliata, passando per i crudi come

I plus di Fassoneria • • • • •

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Filiera corta e garantita – Sono gli allevatori italiani della cooperativa Compral a garantire personalmente la qualità della carne servita in Fassoneria, gestendo l’intera filiera. Ricette studiate per esaltare al meglio il sapore della carne di Fassona – Ai clienti di Fassoneria viene chiesto di non modificare le ricette in menu, pensate per proporre abbinamenti gourmet che valorizzino il gusto degli hamburger. Prodotti locali, buoni, certificati – Fassoneria sceglie attentamente i propri fornitori, prediligendo le realtà locali e garantendo la qualità degli ingredienti che vengono abbinati agli hamburger. Comunicazione diretta col cliente – I materiali usati in Fassoneria sono realizzati per raccontare al cliente la realtà del progetto, sottolineando la garanzia di qualità della carne servita e costruendo una narrazione che li coinvolga e li informi. Corretto rapporto qualità-prezzo – Fassoneria è un ristorante in cui si serve un prodotto nobile e di grande qualità. Nonostante questo, la“filiera corta”, che vede gli allevatori direttamente coinvolti nella gestione dei locali, permette di mantenere un prezzo che va incontro alle esigenze di un’ampia clientela.

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Burger King è la seconda catena al mondo nel mercato del fast food. vuole la tradizione o gli agnolotti ripieni di FassonaÂť spiega Giovanna, a capo di uno staff che annovera due chef e due camerieri ai tavoli. ÂŤAi piatti forti della carne abbiniamo una serie di panini con specialitĂ campane come la parmigiana alle melanzane e i broccoli con le alici, e per dolce varie interpretazioni della torta caprese. I nostri ospiti hanno cosĂŹ la possibilitĂ di gustare la straordinaria carne di Fassone e qualche chicca del territorioÂť. Lo sposalizio fra Piemonte e Campania si completa in cantina. ÂŤAbbiamo in lista etichette di Barolo e Nebbiolo ma anche di Lacryma Christi e Falanghina, oltre naturalmente alle birre e bevande che vanno per la maggioreÂť. Alla festa di inaugurazione, tra un brindisi e una degustazione, i responsabili della Fassoneria hanno ribadito la filosofia d’impresa. ÂŤL’idea Fassoneria — ha sottolineato Fabrizio Bocca — intende unire il mondo allevatoriale con una formula di ristorazione fresca e vincente. Il valore aggiunto è la carne di qualitĂ dalla filiera corta e certificata, garantita dalla CompralÂť. Dal laboratorio delle carni di Cuneo hanno alzato i calici alla nuova apertura i produttori e macellai della cooperativa chiamati a fornire i tagli di Fassone 100% che d’ora in avanti andranno a deliziare anche i clienti nell’area napoletana.

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Burger King: nuovo responsabile sviluppo. Si punta a raddoppiare i locali in Italia nei prossimi 5 anni NovitĂ nella squadra di Burger King Italia: MAURIZIO TENTORIO, 53 anni, comasco e un’esperienza consolidata nel real estate per la Grande Distribuzione, è il nuovo Development & Construction Director della catena. A lui riporteranno le funzioni di Development, Construction e Market planning, occupandosi di coordinare il team nella ricerca e nello sviluppo delle location per le aperture di nuovi ristoranti a marchio Burger King. Dopo un inizio di carriera come sales manager di alcuni supermercati a marchio Lidl, Tentorio è diventato responsabile dello sviluppo immobiliare del gruppo per diverse regioni del Nord e Centro Italia. Successivamente ha lavorato in realtĂ diverse come Giochi Preziosi e Gruppo REWE con l’insegna Penny Market. Tentorio dovrĂ ora contribuire al piano di espansione dell’azienda di Burger King in Italia, che nell’arco di cinque anni punta a raddoppiare l’attuale numero di 191 ristoranti presenti sul territorio, e rafforzare il team Development & Construction, occupandosi della ricerca di potenziali location per i ristoranti fino al loro sviluppo vero e proprio, sia per quanto riguarda la gestione diretta che per i franchisee (fonte: Š World Food Press Agency Srl).

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RETAIL NEWS

Notizie dalla GDO Il marchio del distributore cresce on-line Il marchio del distributore sta acquistando popolarità fra i consumatori di prodotti alimentari on-line. KANTAR, leader mondiale nelle ricerche di mercato e nella consulenza di marketing, riferisce che, nel Regno Unito, le vendite on-line di prodotti a marchio del distributore sono cresciute del 4,7%, fino a raggiungere i 3,9 miliardi di sterline, mentre le vendite dei marchi principali sono cresciute solo del 3,1%. La crescita on-line dei marchi propri riguarda quasi ogni categoria, incluse quelle tradizionalmente dominate dai marchi principali. Complessivamente, nel Regno Unito, le vendite on-line di prodotti alimentari sono cresciute del 9,2% e, secondo le ultime previsioni di IGD, varranno 15 miliardi di sterline entro il 2022. Ciò rappresenta un salto di valore del 48%. L’espansione on-line del marchio del distributore non sorprende CHRISTINE CROSS, che ha sviluppato la gamma Tesco’s Finest. «Il livello di innovazione nel marchio proprio, unito alla capacità di lavorare con fornitori più piccoli e flessibili, offre un naturale vantaggio al marchio proprio rispetto agli altri marchi. Il marchio proprio può applicare prezzi premium, ampliando i margini per una categoria che, in passato, ha sempre avuto margini ristretti», ha dichiarato la Cross (fonte: www.plmainternational.com; photo © Tierney – stock.adobe.com).

Lidl investe altri 350 milioni in Italia La catena di supermercati LIDL investirà altri 350 milioni di euro quest’anno in Italia e punta all’apertura di 40 nuovi supermercati. Il piano di sviluppo del gruppo tedesco prevede, inoltre, l’assunzione di 2.000 nuovi collaboratori sul territorio nazionale, in linea col 2018. I piani di espansione sono stati illustrati da EMILIO ARDUINO, AD Sviluppo Immobiliare e Servizi Centrali Lidl Italia, e LUCA BOSELLI, AD Finanza Lidl Italia, nel corso della presentazione avvenuta a fine gennaio del nuovo punto vendita di via Bezzi a Milano. Lo store sorge sull’area occupata dallo storico supermercato Lidl aperto nel 1998, vanta la classe energetica A+, dispone di un impianto fotovoltaico da 50 kW, di postazioni per il rifornimento di automobili elettriche o ibride e di una copertura verde da 1.845 m2. Col piano di sviluppo 2019 la catena tedesca di supermercati mantiene lo stesso trend di investimento e aperture dello scorso anno. Presente nel nostro Paese dal 1992, Lidl Italia ha un fatturato di circa 4 miliardi (dati 2016, fonte Mediobanca) e registra la crescita più dinamica nel panorama italiano della grande distribuzione (+8% nel 2016). Assieme a EUROSPIN ITALIA, LILLO-MD e PENNY MARKET è tra i primi quattro operatori del segmento discount in Italia. La risposta di Lidl ai competitor fa leva soprattutto sull’italianità dei prodotti — oltre l’80% delle 2.000 referenze proposte — e sull’innovazione dei layout per creare ambienti gradevoli e luminosi, in cui ampio spazio è riservato ai reparti del fresco, del pane, delle carni e del biologico, ma anche all’abbigliamento, ai prodotti per la casa e per gli animali. Lidl ha 620 punti vendita in Italia e impiega complessivamente circa 15.000 persone (fonte: © World Food Press Agency; photo © worky.biz).

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Carrefour sperimenta nuovi format A Parigi Carrefour sta testando un nuovo concept di negozio che combina prodotti freschi e convenience con servizi digitali e di catering. Il negozio di 371 m2, denominato Halle de Clichy, offre 1.200 prodotti alimentari freschi, un quarto dei quali è biologico o porta l’etichetta Carrefour Quality Chain. Sempre nella capitale francesi, inoltre, Carrefour testerà il proprio concept di negozio senza casse. Si affiderà a telecamere e riconoscimento facciale per ottenere un sistema di check-out completamente automatizzato. In Italia, Carrefour ha aperto un ipermercato che si concentra su alimenti biologici e da asporto e dove frutta e verdura sono vendute sfuse. In Polonia, il distributore ha annunciato che sta riducendo del 5% la quantità di plastica nel packaging dei propri prodotti a marchio (fonte: www.plmainternational.com; photo © business.it).

I Tedeschi sono riluttanti ad andare on-line I consumatori tedeschi sono riluttanti ad acquistare generi alimentari on-line: uno studio di GFK rileva infatti che solo il 3% degli intervistati acquista regolarmente prodotti alimentari on-line, mentre due terzi degli intervistati (63%) non considera neppure l’alternativa digitale al supermercato. Viene apprezzata invece la prossimità dei negozi locali (64%), la possibilità di essere in grado di vedere e toccare i prodotti (57%), di evitare alti costi di consegna (24%) e di poter fare affidamento su migliore qualità e freschezza (20%). Tuttavia, chi ha acquistato prodotti alimentari on-line ripeterà l’esperienza: più della metà di chi ha già sperimentato servizi on-line, infatti, dice che li utilizzerà nuovamente. Inoltre, i consumatori di alimenti naturali preferiscono i servizi online. Fra questi, oltre la metà degli intervistati (53%) ha già ordinato generi alimentari su internet. I consumatori on-line apprezzano la praticità (49%), la flessibilità negli acquisti (31%) e la consegna nella località desiderata (32%). Apprezzano inoltre la migliore o più esclusiva disponibilità di specialità (26%) e offerte (24%), nonché i tempi consegna variabili (23%). Per i Tedeschi i criteri di maggior importanza per la scelta del luogo dove acquistare sono pulizia (64%) e prossimità (50%). Inoltre, gli intervistati apprezzano la freschezza dei prodotti (42%), la convenienza (40%) e la cortesia dello staff (37%; fonte: www.plmainternational.com; photo © franz12 – stock.adobe.com).

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MGA GROUP

Vicentini Carni. Qualità garantita dalla A agli Zoccoli.

Vicentini Carni è un nome storico a forte tradizione familiare nel panorama delle aziende specializzate nell’allevamento e macellazione di carni bovine di Alta Qualità. Grazie al progetto Filiera, Vicentini garantisce qualità e controllo in ogni fase, portando le carni bovine più prelibate direttamente sul banco delle migliori macellerie italiane. Vicentini Carni, oltre 50 anni di passione, per offrirvi solo il meglio!

Vicentini Carni S.p.A. - 37056 Engazzà di Salizzole (VR) Italy - Via Palazzina, 510 int. 3 - Tel. +39 045 6954444 - Fax. +39 045 6954440 - contatti@vicentinicarni.it - www.vicentinicarni.it


EVENTI CARNIVORI

Bord Bia e Metro presentano “Food Ireland”

A Roma e Milano due eventi speciali per celebrare la gastronomia irlandese

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ORD BIA, ente governativo per

la promozione del food & beverage irlandese, e METRO, uno dei maggiori gruppi distributivi internazionali di vendita all’ingrosso con un orientamento particolare alla ristorazione, celebrano la loro collaborazione grazie a “Food Ireland: il menu gourmet di San Patrizio”, due eventi speciali che hanno l’obiettivo di valorizzare i prodotti gastronomici irlandesi attraverso l’organizzazione di show cooking condotti da ANDREA FUSCO, chef patron del ristorante

romano Giuda Ballerino! e membro dello Chefs’ Irish Beef Club (CIBC), che raccoglie le eccellenze della ristorazione a livello internazionale accomunate dalla passione verso le prestigiose materie prime dell’Isola di smeraldo, con un’attenzione particolare al manzo irlandese. I due eventi, organizzati per celebrare S. Patrizio, patrono d’Irlanda (17 marzo), saranno rivolti a chef e ristoratori e si svolgeranno all’interno delle METRO Academy di Roma e Milano, spazi innova-

tivi dedicati all’organizzazione di cooking e cocktail session, destinati a professionisti del mondo HO.RE.CA. Si comincia da Roma, il prossimo 22 febbraio, dalle 15:00 alle 17:00, nello spazio situato all’interno del punto vendita METRO di via del Pescaccio 90. Il pomeriggio prenderà il via con una panoramica sui prodotti irlandesi, cui seguirà un workshop formativo focalizzato sulle carni, tenuto da GIORGIO PELLEGRINI, presidente dell’Associazione Macellai di Milano. La scelta della data di

Lo chef Andrea Fusco.

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Il maestro macellaio Giorgio Pellegrini. Roma non è casuale in quanto, due giorni dopo, il 24 febbraio, la nostra nazionale di rugby affronterà l’Irlanda nell’ambito del torneo Sei Nazioni. Infine, toccherà ad Andrea Fusco presentare il proprio menù gourmet creato in onore del St. Patrick’s Day. Lo chef preparerà per l’occasione un antipasto di tartare di manzo irlandese con robiola, gel di consommé e misticanza, a cui verranno fatti seguire i tortelli di

agnello irlandese, zucca, pomodorini e broccoletti, per concludere con scampi irlandesi cotti e crudi e carpaccio di agnello irlandese dry age. Lo stesso format verrà replicato a Milano il 4 marzo, presso la METRO Academy del punto vendita METRO San Donato in via XXV Aprile 23. METRO ama l’Irlanda METRO presenta un’ampia selezione di prodotti irlandesi di alta

qualità: dalle succulente carni di manzo o agnello, alla più rinomata birra Stout, dai pregiati whiskey ad una vasta gamma di prodotti ittici. Scampi, ostriche, cozze, salmone, tutti provenienti dalle purissime acque irlandesi, e allevati e prodotti in maniera sostenibile. Come partecipare agli eventi Per partecipare agli eventi basta registrarsi sul sito www.metroacademy.it

Bord Bia – Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2017 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese hanno registrato un nuovo record arrivando a quota 12,6 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 60% dal 2010, pari a 4,7 miliardi di euro. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 329 milioni di euro nel 2017; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa, con scambi valutati, per l’anno scorso, a 182 milioni di euro e con una crescita record di ben il 7%, seppur in un contesto generale di lieve calo delle importazioni. >> Link: www.bordbia.ie

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Dal 15 al 31 marzo uno slalom tra cotture e tagli di bovini dolomitici

Beef & Snow: tour speciale per carnivori delle nevi di Riccardo Lagorio

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e cronache narrano che, prima delle performance di MILONE da Crotone, gli sportivi si nutrissero prevalentemente di legumi, formaggio e fichi secchi. Fu, a quanto pare, il gigante atleta amico di PITAGORA ad instaurare la tendenza dell’abnorme e incontrollato consumo di carne da parte degli atleti, in costante contrasto con i suggerimenti di medici e filosofi. Oggi, ottenuta la dimostrazione attraverso tecniche scientifiche avanzatissime, la messa al bando di

carne risulta un’abitudine assolutamente impropria. Tutti inclusi, ma soprattutto proprio coloro che svolgono impegnativa e costante attività fisica. Devono averla letta e pensata così in Val d’Ega, in quei borghi dell’altopiano che da Bolzano si piega verso sud-est, il passo di Costalunga, la Val di Fassa. La notizia è di quelle che rende felici, che non fa più pensare solo a diafani corpi che calpestano piste d’atletica, sudano nelle palestre, zigzagano sulle piste

da sci. È proprio così: per unire al piacere della discesa quello di assaporare il meglio delle specialità a base di manzo della zona, nel cuore delle Dolomiti hanno organizzato un tour per i carnivori delle nevi, che dal 15 al 31 marzo potranno consultare l’ideale mappa del gusto di Beef & Snow e lanciarsi in uno slalom tra le cotture e i tagli dei bovini dolomitici (il calendario completo si trova su eggental.com). Sono undici i locali che partecipano a questa carnivora iniziativa,

Nella baita di Gardoné, sopra Predazzo, oltre alla trilogia di filetto, guancia e gulasch sous vide, Klaus Pichler prepara succulenti hamburger perfetti per un pranzo all’aperto, gustando insieme carne e panorama (photo © gpichler.com).

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Bord Bia - Irish Food Board vi dà il benvenuto al nostro stand a iMEAT, Modena, dal 24 al 26 marzo. Venite a trovarci per scoprire l’eccellenza della carne irlandese. VI ASPETTIAMO

PADIGLIONE A STAND A35

Per altre informazioni: Email: bordbia.milan@bordbia.ie | Telefono: +39 0272002065


Da quando è iniziata questa manifestazione, i ristoratori che serviamo hanno imparato a diversificare i propri piatti, racconta il macellaio Roman Pattis. Qualcuno si è specializzato su proposte a base di filetto, altri di bollito, altri di parti adatte per il gulasch. Una conquista! Ora solo una piccola parte della carne non viene venduta e con questa facciamo salumi, kaminwürzen o würstel

A 2.100 m di altezza, al Rifugio Oberholz, va in scena il classico dei classici: l’autentica fiorentina (photo © oberholz.com). due le macellerie da cui si riforniscono. HANS JöRG ZELGER, da più di 50 anni lavora nella macelleria di famiglia, ricevuta in eredità dai nonni in centro a Nova Ponente (www.metzgerei-zelger.it). «Risulta particolarmente difficile raccontare come si diventa macellai, ma uno dei segreti principali è riconoscere gli animali adatti al sacrificio. Questa è la ragione per la quale ancora oggi mi trovo a visitare i masi dei dintorni, dove posso reperire i migliori capi di Grigio alpina, una razza perfetta per le richieste dei ristoranti locali», spiega. Chi è riuscito a creare un giusto equilibrio tra domanda e offerta nei tagli di carne è il proprietario dell’altra macelleria, ROMAN PATTIS, discendente di una storica famiglia di macellai, la cui epopea è nata negli anni Venti del secolo scorso (macelleriapattis.it). «Siamo proprietari di un macello aziendale e lavoro direttamente la carne allevata

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localmente. Pertanto sappiamo quali sono i tagli da suggerire ai nostri clienti, anche in base alla disponibilità. E da quando è iniziata questa manifestazione, Beef & Snow, i ristoratori che serviamo hanno imparato a diversificare i propri piatti. C’è qualcuno che si è specializzato su proposte a base di filetto, altri di bollito, altri ancora di parti adatte per il gulasch». A ragione Pattis considera questa una conquista, tanto da avvertire che «prima tutti volevano solo filetto e roastbeef. Ora solo una piccola parte della carne non viene venduta e con questa creiamo i nostri salumi, kaminwürzen o würstel. La carne bovina conferisce agli insaccati colore e sapore». Le occasioni per conoscere la speciale carne della Val d’Ega sono davvero tante. Ad esempio sei tagli di carne alla griglia li propone MANUEL ZANON nel suo Laurins Lounge, un avveniristico nido d’aquila a 2.337 metri sotto il massiccio Rosengar-

ten, seguiti da una bistecca Tomahawk per due persone, che prende il nome dalla forma a scure utilizzata dagli Americani del Nord per difendersi dallo sterminio europeo. «Il piatto che proponiamo è apparentemente facile — ricorda un altro protagonista di questa kermesse, D AVID W EISSENSTEINER , dell’Hotel Sonnalp — la tartare. Ma questa ha bisogno di carne magra, leggermente marezzata e con molto sapore». Alla ragguardevole quota di 2.100 metri va in scena, al Rifugio Oberholz (oberholz.com), un piatto altrettanto corteggiatissimo da tutti i carnivori e apparentemente semplice, l’autentica fiorentina, da godere ammirando il paesaggio dalle enormi vetrate. Mentre chi soggiorna o prenota un tavolo all’Hotel Moseralm (www. moseralm.com), si ritrova carne di manzo e cipolla rossa e, soprattutto, il gigante bollito di manzo con patate e salsa verde. KLAUS PICHLER ha invece pensato di riscaldare l’atmosfera dei 1.600 metri di Baita Gardoné, sopra Predazzo, con una trilogia di carni sous vide (filetto, guancia e gulasch) accompagnata da rape rosse caramellizzate, crema di sedano e purè di patate. Dedicata ai novelli Milone. Riccardo Lagorio

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


MEAT BLOGGER

Il ruolo del butcher nella filiera, dal territorio al consumatore

La qualitĂ si fa in quattro di Andrea Laganga

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e fino a ieri il concetto di vendita del prodotto carne era più bello e bono oggi è fatto bene e ben integrato, all’interno di un iter qualitativo in grado di rappresentare tradizione, innovazione, sostenibilità, biodiversità, rete, sviluppo e internazionalizzazione. Questi sono i principi che dovremmo considerare come fondanti della nostra filosofia di professionisti della carne. Il macellaio, cultore e responsabile delle carni, fungendo da anello di congiunzione tra le tradizioni del suo territorio, gli allevatori, il cliente e il consumatore finale, ha un impegno importante all’interno di questo percorso. Ha un’enorme responsabilità, che dovrebbe essere valorizzata e supportata dalle associazioni di categoria, le quali dovrebbero farsi interpreti di quello che il mercato globalizzato richiede in questi termini. Ogni giorno a contatto con il pubblico, noi macellai abbiamo il dovere di farci garanti di un acquisto consapevole da parte dei nostri clienti che ci scelgono quotidianamente. Ma come fare? Nessun testo, nessun codice etico da poter adottare per svolgere questa nobile arte del beccaro, troppo spesso lasciato a dover scegliere se ottimizzare i costi della materia prima o prediligere la qualità del prodotto a salvaguardia del cliente. Un risparmio nell’acquisto, che molto spesso si ricollega ad uno sfruttamento smisurato che avviene nell’allevamento e nella stessa terra. Dimenticando che da quella terra spesso deriva proprio quella peculiarità che determina una scelta. A cui si accompagna la maestria, la percezione di un benessere e di una responsabilità dell’insieme che fa la differenza e che ora più che mai è richiesta a vari livelli della produ-

zione, dei mercati, coinvolgendo ambiente, comunità, ricerca, salute, innovazione e consapevolezza. A volte produrre con meno costi significa abbassare economicità destinate magari al benessere animale in vita, produzione agricola per la loro alimentazione ecosostenibile, tralasciando quindi un’etica professionale e morale a favore di un prodotto finale concorrenziale per il prezzo. Ma è l’attenzione all’insieme che rende grandi e qualitativamente migliori tutti gli attori della filiera produttiva. Farsi portavoce e garanti di una giusta informazione per un acquisto consapevole dell’utente finale può essere una svolta nella nostra professione. Potrebbe essere quella novità, quell’attenzione in più, che già esiste ma che va implementata e di cui le associazioni di categoria dovrebbero farsi baluardo per progettare e sviluppare assieme. Pochi giorni fa,

Siamo solo un tassello del mosaico, ma anche noi possiamo fare la differenza e far sentire la nostra voce: che è quella della professione, della nostra terra, del futuro di una comunità, di rappresentanza di una categoria tutta

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a cura della Fondazione Qualivita, si è tenuto a Siena il Qualivita Kick Off Meeting, due giornate di lavori per lanciare proposte di sviluppo per i territori e prodotti DOP e IGP in cui istituzioni, accademie e imprese si sono avvicendate per fare luce su necessità, potenzialità, innovazione, responsabilità, norme, tutele, sviluppo, territorio. Non possiamo rimanere insensibili a quanto si sta muovendo a livello italiano e comunitario: ne va del mercato, della nostra credibilità, della nostra responsabilità sul territorio di coniugare il passato e il futuro. Siamo solo un tassello del mosaico, ma anche noi possiamo fare la differenza e far sentire la nostra voce: che è quella della professione, della nostra terra, del futuro di una comunità, di rappresentanza di una categoria tutta. Davvero abbiamo il dovere di fare la differenza nel nostro mercato perché almeno sostenibilità, etica, benessere animale e biodiversità siano quel valore aggiunto che il mondo di oggi e il futuro ci stanno chiedendo. Andrea Laganga Nota A pagina 76, photo © marioav – stock.adobe.com

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GARE CARNIVORE

World Butchers’ Challenge 2020, una competizione davvero mondiale Salgono a 15 i Paesi in gara. La Nazionale Italiana Macellai è già al lavoro per selezionare i “Giovani” con il supporto di Dario Cecchini. Novità nel panel dei giudici a Sacramento

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e lo scorso marzo a Belfast si sono sfidati a colpi di coltello i butchers di 12 Paesi, nel 2020 a Sacramento, in California, saranno 15 le nazioni rappresentate. Il comitato organizzatore del World Butchers’ Challenge ha infatti recentemente annunciato le new entry di Canada, Islanda e Messico, in quella che si prospetta la gara carnivora più accesa e stimolante del mondo delle carni. Tutti i 12 Paesi che hanno già gareggiato nell’ultima edizione, ovvero Australia, Brasile, Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda (vincitore dell’edizione 2018), Italia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Sudafrica, hanno rinnovato l’adesione a partecipare all’appuntamento di Sacramento. La sede californiana ospiterà per la prima volta il campionato mondiale dei macellai e lo farà con un programma denso di appuntamenti tra gare, visite ad allevamenti e a macellerie locali. La gara Le squadre di maestri macellai avranno poco più di tre ore per “smontare” una mezzena di bovino e una di suino, un agnello e 5 polli, da lavorare e preparare l’allestimento per il banco carni. A ciascun team sarà lasciata carta bianca per interpretare nel modo migliore la tradizione del proprio Paese di origine ed esprimere idee innovative legate all’offerta di prodotto. Il World Butchers’ Challenge si è sviluppato in modo esponenziale

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nel corso degli anni, a partire dal suo esordio nel 2011, come gara carnivora pensata e ideata in una sorta di derby dell’Oceania, tra Australia e Nuova Zelanda. DANNY JOHNSON, capitano dei Butchers of America, ha dichiarato che «l’arrivo di Messico, Islanda e Canada aggiunge adrenali-

na alla competizione. La sensazione che abbiamo provato nell’arena di Belfast durante la gara, a guardare dritto negli occhi i migliori macellai di Italia, Grecia, Australia e degli altri Paesi concorrenti è stata davvero incredibile e di grande ispirazione per tutti noi».

Sacramento, capitale della California, sarà la sede della prossima edizione del World Butchers’ Challenge (photo © instagram.com/worldbutcherschallenge).

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Novità sui giudici Ogni nazione è e sarà rappresentata da un team di 6 macellai. Nonostante non siano previsti ruoli predefiniti, abitualmente i componenti della squadra si organizzano al loro interno nelle attività di disosso, taglio, lavorazione, preparati e allestimento del banco carni. A capo dei giudici ci sarà il neozelandese TODD HELLER. A Sacramento per la prima volta il panel della giuria, composto da 14 membri, comprenderà un giudice proveniente da ogni Paese in gara. Anche se per ovvi motivi il giudice non potrà esprimere un punteggio sul team del proprio Paese, sarà così assicurata una migliore valutazione del lavoro svolto dai macellai partecipanti, provenienti da culture e tradizioni spesso molto differenti tra loro, sia per quanto riguarda la tecnica di disosso, la lavorazione della carne e il concetto di banco carni.

Il World Butchers’ Challenge rappresenta molto di più di una competizione carnivora: è un evento di grande stimolo per i partecipanti che possono contaminarsi a vicenda professionalmente, entrare a far parte di un networking internazionale, condividere esperienze e trarre spunti e idee per il proprio lavoro (photo © instagram.com/worldbutcherschallenge).

Premi aggiuntivi Oltre al podio delle tre migliori squadre di macellai, sono previsti ulteriori premi: Migliore Prodotto di carne suina, bovina, ovina, avicola, Migliore Salsiccia di manzo e suino, Migliore Salsiccia Gourmet.

Nei primi giorni di febbraio una delegazione della Nazionale Italiana Macellai ha fatto tappa a Panzano in Chianti e si è riunita per visionare tutte le candidature italiane della categoria Young Butcher e Senior per l’edizione del World Butchers’ Challenge 2020. A scegliere coloro che passeranno alla fase successiva delle selezioni Orlando Di Mario, Mara Labella, Andrea Laganga, Fabrizio Gasparrini e Roberto Passaretta, ai quali si è unito DARIO CECCHINI che, da tanti anni, si fa portavoce in tutto il mondo della tradizione e cultura della macelleria italiana. E proprio a Dario sarà dedicata anche una puntata della sesta serie di Chef’s Table, realizzata da Netflix, che ha già visto protagonisti altri due grandi italiani, lo chef pluristellato MASSIMO BOTTURA e il pasticcere CORRADO ASSENZA. L’ennesimo riconoscimento per questo grande butcher italiano che ha accolto la Nazionale Italiana Macellai nella sua macelleria con calore e affetto (nella foto, da sinistra, Andrea Laganga, Orlando Di Mario, Dario Cecchini, Fabrizio Gasparrini, Mara Labella e Roberto Passaretta; photo © facebook.com/ ItalianButchersTeam).

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Gli Australian Steelers in un momento della gara di Belfast 2018 (photo Š instagram.com/worldbutcherschallenge).

Elenco ufficiale e definitivo dei 15 Paesi iscritti al World Butchers’ Challenge 2020 Australia, Brasile, Bulgaria, Canada, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Messico, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Sudafrica. >> Link: worldbutcherschallenge.com

Nazionale Macellai Italia >> Link: www.nazionaleitalianamacellai.it facebook.com/ItalianButchersTeam instagram.com/nazionaleitalianamacellai

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MACELLERIE D’ITALIA

A Canicattì una macelleria famigliare alla terza generazione, tra tradizioni artigiane e la nuova idea di macellaio

Giardina: dall’esaltazione della frollatura al servizio di macellaio a domicilio di Riccardo Lagorio

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alvolta a correggere la latitudine ci pensa la montagna. Del resto il clima “africano” che caratterizzerebbe la quasi totalità della Sicilia viene mitigato dalle infinite increspature di cui l’isola di PIRANDELLO è ricca. Questi cucuzzoli, su cui svettano contrade e borghi, coincidono di fatto con le

significative eccezioni della storia della salumeria regionale. Alle quali si vanno ad aggiungere, in tempi recenti, altre tappe salumiere talvolta di natura individuale con la complicità dei moderni impianti tecnologici. E di un’altrettanto massiccia dose di originalità. Del lusso agrigentino sulle tavole, come riferi-

sce lo storico palermitano VINCENZO AURIA, è celebre il detto di PLATONE: Costruiscono case come se vivessero per sempre e preparano i banchetti come se non ci fosse domani1. Canicattì, la città dell’uva Italia, ha la sua Babette, al secolo GIANNI GIARDINA, che dai suini neri siciliani riesce a trarre prosciutti crudi,

Per essere adatta alla frollatura, la carne deve presentare un’opportuna copertura esterna di grasso e il giusto grado di marezzatura, ci dice Gianni Giardina.

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Unica macelleria selezionata, il 31 marzo Gianni Giardina sarà a Catania all’iniziativa solidale Cibo nostrum, dove preparerà il porco affumato, versione siciliana del pulled pork. La spalla o la coppa di maiale è cotta a bassa temperatura per dieci ore circa, sfilacciata, condita con salsa al miele e servita col pane

salsicce da lunga stagionatura, mortadelle. Un’opera di diffusione del bene iniziata dietro i banchi della macelleria di famiglia, aperta negli anni Settanta, e che si è affinata passando attraverso le forche caudine di un altro tabù di queste latitudini, la frollatura della carne. «All’inizio i clienti rimanevano perplessi per la mia offerta. Poi, quando hanno capito che i tagli di Chianina, Marchigiana, Podolica pugliese o Black Angus irlandese acquistavano sapore da quel mio lavoro di attesa è stato tutto più facile. Ora, secondo la disponibilità che il mercato mi esibisce, riesco a mettere nel bancone anche carne di Cinisara, la razza siciliana considerata da lavoro e da latte, ma in verità dalle carni molto gustose, anche perché allevata allo stato semibrado» spiega Gianni. Quella della frollatura si è trasformata così, da una sorta di “provocazione”, ad una “esigenza” di alcuni clienti, che percorrono la non sempre felice viabilità sicula per raggiungere la bottega dei Giardina. «Prima di aprire la storica macelleria di famiglia, mio nonno commerciava bestiame. Forse anche a seguito di quell’esperienza, riesco a stabilire se un animale è predisposto o meno alla frollatura. La carne deve presentare un’opportuna copertura esterna di grasso e il giusto grado di marezzatura per aiutare il processo di trasformazione

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In alto: Gianni Giardina. Al centro: controllo della carne nelle celle di frollatura. In basso: il logo della Nazionale italiana Macellai, di cui Gianni fa parte.

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Calogero, Gianni e Antonio Giorgio Giardina con Paolo Farrugio.

Alcuni pronti a cuocere offerti dalla Macelleria Giardina.

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enzimatica. Iniziamo a lavorare le carni di anteriore 10 giorni dopo la macellazione. Per i posteriori ne attendiamo almeno 14. Ma raramente le mettiamo in vendita prima dei 90 giorni. L’orgoglio mio e di mio cognato PAOLO FARRUGIO è che molti dei nostri clienti ora sanno cosa scegliere. Ciò accade anche per le carni suine: dai tagli per l’asado a quelli per il churrasco» continua. A tal proposito da qualche mese la loro proposta si è arricchita di un nuovo servizio, l’organizzazione di grigliate e feste carnivore su richiesta. La formula è semplice, ma brillante: i clienti passano dalla bottega, scelgono i tagli e si accordano per il giorno del ricevimento. Gianni Giardina e Paolo Farrugio trasportano le carni con un furgone frigorifero, le preparano avvalendosi di tutte le più moderne strumentazioni e si fa un figurone di fronte a parenti o amici. Lo hanno chiamato “Macellaio a domicilio” e sembra stia riscuotendo un grande successo. Nel bancone non mancano i prodotti pronti, cotti e crudi, ideali per chi va di fretta e non vuole rinunciare alla bontà. «Sempre di più, ma una percentuale ancora

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ridicola rispetto a quanto accade nelle macellerie dei colleghi al settentrione benché in Sicilia siamo stati tra i primi a dare l’alternativa ai clienti» chiarisce Giardina. Pertanto, a favore di chi non si voglia cimentare nella complessa preparazione degli indigeni falsomagro (la fesa arrotolata intorno a mortadella, frittata e spinaci, da tagliare a rondelle), mussu (il cibo di strada costituito da nervetti, lingua, guanciale, orecchi e piedini di bovino bolliti e fatti in insalata) o stigghiole di Canicattì (le budelline d’agnello condite con spezie o prezzemolo, arrotolate intorno a uno spiedo e cucinate alla brace), ma anche degli ecumenici spiedini di carne e verdura e gli involtini di varia natura (avvolti intorno a caciocavallo, verdura o carne macinata) viene in soccorso il retrobottega. Attivo nella Nazionale Italiana Macellai, Gianni Giardina il 31 marzo sarà presente a Catania, nei Giardini di Villa Bellini, all’iniziativa Cibo nostrum, evento solidale che ogni anno destina denari alla Fondazione Limpe per la ricerca sul morbo di Parkinson e al Moige per la campagna di sensibilizzazione sul bullismo in rete. Unica macelleria selezionata, tra fontane settecentesche, sculture e viali storici immersi nel verde, prepara il porco affumato, la versione siciliana del pulled pork. La spalla o la coppa di maiale viene cotta a bassa temperatura per una decina d’ore, sfilacciata, condita con salsa al miele e servita con il pane. Ripensando con l’ago della bussola ben puntato su sicilianissimi cibi da strada questa esotica ricetta hawaiana. Riccardo Lagorio Nota 1. VINCENZO AURIA (1704), La Sicilia inventrice, pag. 118. Macelleria Giardina Via Alcide De Gasperi 75 92024 Canicattì (AG) Telefono: 0922 831131 Web: www.facebook.com/MacelleriaGiardina

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LA CARNE IN TAVOLA

L’ossobuco tra antico e moderno di Giorgia Fieni

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hiunque, specie a Milano, lo conosce e sa che, col risotto allo zafferano (o con la polenta, come piatto unico) è una vera specialità: «È fantastico, allegro e un vero comfort food», ha scritto JAMIE OLIVER. Ma cos’è esattamente l’ossobuco? È lo stinco — o geretto — bovino, tagliato a metà muscolo, in maniera trasversale, a 4 cm di altezza: ne risulta un pezzo di carne di 300-400 g, composto da una parte “piena”, la polpa, e da una “vuota”, il midollo. Quest’ultimo, abbinato in padella

alla gremolata (o gremolada), ovvero una spolverata di scorza di limone, aglio e prezzemolo, crea una glassatura cremosa che rende il piatto succulento e morbido. Una delizia dal sapore tradizionale (S ONIA PERONACI lo chiama un “moderno cibo degli dei”), irrinunciabile nella stagione fredda (piace anche a DONALD TRUMP!). La ricetta è semplice: si rosolano in padella, in olio extravergine d’oliva, gli ossibuchi infarinati (c’è chi usa solo la cipolla, altri un misto di soffritto), si sfumano con il vino

bianco (o Marsala secco) e poi si bagnano con brodo di carne. Occorre però porre qualche attenzione nella preparazione. Incidendo con le forbici la membrana che li circonda e parte del tessuto connettivo, per esempio, non si arricceranno in cottura (che deve durare almeno un’ora, un’ora e mezza). Inoltre, ondeggiando la padella di tanto in tanto, non si attaccheranno. Una volta che la pratica non avrà più segreti potremo modificarla a piacimento, innanzitutto aggiungendo qualche ingrediente.

L’ossobuco è lo stinco o geretto bovino tagliato a metà muscolo, in maniera trasversale, a 4 cm di altezza: ne risulta un pezzo di carne di 300-400 g, composto da una parte “piena”, la polpa, e da una “vuota”, il midollo (photo © Eskymaks – stock.adobe.com).

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Piselli. Pancetta e pomodoro. Prugne, vino rosso e scorza d’arancia. Alloro, maggiorana, cipolle e passata di pomodoro. Olive nere e vino bianco. Pepe, paprika e cannella. Senape rustica. Pomodoro e arancia. Poi usando altri tipi di ossobuco (come quello di cervo o di tacchino), o mettendolo nella pasta ripiena o nel ragù. Bisogna però dire la verità sugli ossibuchi, e ce la racconta MARCO RISI in un’intervista del 2011: «Io, della cucina milanese, adoro la cotoletta e soprattutto l’ossobuco. Quanti ricordi! Mi piaceva moltissimo il midollo, ma non potevo sopportare la parte nervosa della carne, mi dava fastidio al palato. Purtroppo non mi facevano alzare da tavola fin quando

non avessi finito tutto l’ossobuco, così quella la tenevo nascosta sotto la lingua senza deglutirla!». Gli esperti sono comunque qui per risolvere il problema. ANDREA BERTON prepara un timballo realizzato col 60% di midollo e il 40% di carne. YOJI TOKUYOSHI lo cucina a spezzatino, lo bagna con un brodo di cavolo romano e cavolo nero e lo copre con verdure di stagione disidratate. DAVIDE BISETTO lo usa come ripieno per i tortellini; WICKY PRIYAN lo mette nel suo maki arancino. M ASSIMO B OTTURA ha creato la concentrazione/compressione di un ossobuco: una riduzione di carne con risotto al dente, servita in un piatto col fondo molto profondo.

BENEDETTA PARODI ne ha addirittura creato uno finto cucinando il pesce spada, asportandone una parte e sostituendola con una patata ripiena di soffritto. Esiste pure l’assenza di ossobuco: tartare di manzo con cilindri di polpa e midollo di vitello serviti con chips di carciofi e riso soffiato allo zafferano. E nella prima edi zione di Masterchef all stars, il vincitore MICHELE CANNISTRARO ha proposto carne tomahawk affumicata con salsa all’ossobuco e cilindro di insalata e pinzimonio servito con salmoriglio, chiamandolo “Il cannibale”. E direi che questo ci proietta direttamente nell’iperspazio della tradizione milanese! Giorgia Fieni

Assegnato a Sergio Motta il riconoscimento del ristoratore “Tanto arrosto e poco fumo” Guido Stecchi e la sua Accademia delle 5T (Territorio, Tipicità, Tradizione, Tracciabilità, Trasparenza) hanno recentemente premiato Sergio Motta, macellaio e ristoratore in quel di Inzago (MI), con un originale riconoscimento alla sua attività di ristorazione, “Tanto arrosto e poco fumo”, che premia la professionalità di Motta nel valorizzare i tagli e le carni, dalle celle di maturazione alla tavola. “Buoi di razza Piemontese allevati, anzi coccolati, fino a 4, 6, financo 7 anni di vita; le loro mezzene, enormi, impressionanti, appese per 6 mesi e oltre a frollare come ormai non si usa quasi più, carni mature divenute tenere e saporite valorizzate in ogni taglio, compresi quelli più poveri e le frattaglie che oggi pochissimi vendono perché pochi le comprano. La macelleria di Sergio Motta offre questo a tanto altro compresi salumi ottenuti nel suo stesso laboratorio da maiali maturi al punto giusto. Si trova a Inzago (MI) ed è il tempio della carne per i gourmet di Milano e non solo”. Ma chi si aggiudica questo titolo dell’Accademia delle 5T? “Quel cuoco o titolare di un’azienda di somministrazione che ha la consapevolezza che il suo mestiere è fare e dare da mangiare soddisfacendo i 5 sensi (con l’olfatto e il gusto in prima istanza) dell’ospite nel rispetto del concetto di Gastronomia, il cui significato è Scienza (regole) del ventre, ovvero cibo in sintonia con le esigenze del nostro corpo, in parole povere cibo sano” scrivono sul loro sito i rappresentanti dell’Accademia. “Fa la spesa, non delega le scelta delle materie prime a fornitori di un po’ di tutto e vuole conoscere i produttori. Il suo mestiere non è il grafico o il pittore, né tanto meno il divo. Ciò non significa che un piatto non debba essere bello, o più correttamente attraente, invitante, ma significa che comunque la piacevolezza in bocca debba essere l’assoluta priorità. Ciò non significa che un piatto non debba essere raccontato per valorizzare l’autenticità di un ingrediente o, magari, un’affascinante storia da cui è nato o che l’ha ispirato. Tanto arrosto non significa piattoni colmi per abbuffoni, ma una giusta dose. Il premio non vuole essere una polemica contro le presunte (e non vere) miniporzioni di alcuni celebrati ristoratori… E, infine, ciò non significa che un piatto non possa emozionare, ma l’emozione è cosa diversa dallo stupore ed è un plus valore alla portata di pochi piatti e pochi cuochi”(photo © Fine Dining Lovers). >> Link: www.accademia5t.it

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La leggenda di re Mark e la capra mal cotta di Gemma Zubiani

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i narra che un giorno il potente re delle Terre dell’Ovest, KING MARK, invitò nel suo castello il signore delle Terre di Mezzo, LORD JACK. Era un giorno di festa e tutti pensavano che i due dovessero stringere alleanze contro i nuovi nemici comuni che avanzavano nei loro terreni. Il popolo era attento e curioso di sapere cosa sarebbe successo durante quell’incontro così autorevole ma, l’unica cosa che trapelò, l’unico accadimento veramente memorabile di quella riunione, fu il sontuoso banchetto per il quale re Mark uccise una capra con le sue stesse mani! Capra arrosto e insalata vennero offerte quel giorno, ma la carne era fredda e Lord Jack, forse come gesto di disprezzo verso re Mark, mangiò solo l’insalata. Stiamo parlando del Medioevo o di una nuova serie televisiva direte voi… E invece no! Era il 2011 e “re” MARK ZUCKERBERG, fondatore dell’impero di Facebook, aveva invitato a pranzo JACK DORSEY, meno noto forse di Mark, ma capostipite di uno dei social network altrettanto influenti rispetto a FB: Twitter. Forse non sapete che Zuckerberg ogni anno si impone di portare a termine una missione per mettere alla prova la sua volontà: nel 2011 aveva deciso di dedicarsi ad un esercizio di consapevolezza e sostenibilità del consumo, mangiando solamente carne di animali che avesse ucciso da solo, con le sue mani. La sua intenzione era quella di provare gratitudine per il cibo che si assume e sentirsi maggiormente coinvolto in questo processo. Le reazioni su Facebook e simili alla notizia furono però meno nobili dell’intento e l’immagine

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che emerse fu quella di un ricco imprenditore annoiato che sgozza un inerme agnellino… Peraltro, quell’anno, pare che Zuckerberg sia riuscito a far fuori un maiale e un capretto diventando di fatto quasi vegetariano per 12 mesi anche per incapacità culinaria. La carne di quella famosa capra, infatti, risultò un vero disastro. Immaginatevi la situazione: sgolosare carne per mesi e poi trovarsela nel piatto dura, mal cotta… Povero Mark. Sarai un asso dell’informa-

tica, ma in cucina ti serve qualche dritta. La cucina della capra: fantasia, spezie e poca fretta Se da noi la capra è apprezzata per la produzione dei formaggi e si preferisce l’agnello per la produzione degli arrosti, in Asia capra e pecora registrano pari apprezzamento, anche se l’agnello e la pecora conservano una morbidezza peculiare, mentre la capra, per la sua natura di animale atletico, è magrissima, muscolosis-

Mark Zuckerberg, imprenditore e informatico statunitense, fondò Facebook quando era ancora studente ad Harvard. Zuckerberg, che vive a San Francisco, oltre a Facebook controlla Whatsapp, Messenger e Instagram (photo © Getty Images).

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La cottura di una capra intera sulle braci. La carne di capra è magra e ha un sapore intenso, che ben si abbina con l’utilizzo di spezie forti (photo © Tony Cox). sima e quindi potenzialmente più dura. La carne di capra è più sana di quella della pecora e dell’agnello, ha molti meno grassi e pochissimo colesterolo, per intenderci ai livelli del petto di pollo! Però, proprio per la sua natura selvatica e per la sua indole tonica, deve essere cotta a lungo, idratata con sughi e brodo e trattata a fuoco lento per tanto tanto tempo… mica mezz’ora! Pare che Zuckerberg l’abbia messa in forno giusto giusto trenta minuti: non poteva che uscirne stenca e insipida! E allora caro Mark, la prossima volta che acchiappi una capra nel tuo giardino segnati questa ricetta e stai attento ai tempi. Per un arrosto ben riuscito hai due scelte: vuoi fare una cena coreografica e servire la bestia intera? Allora va cotta allo spiedo girandola a lungo su un fuoco abbastanza distante e va irrorata di olio, vino bianco, brodo, continuamente. Se fra gli ospiti non c’è Obelix e preferisci una cosa più

elegante e meno barbarica, devi scegliere il taglio: della capra, come del maiale, non si butta via niente, ma per l’arrosto consiglio di scegliere la lombata privata dell’osso. Esiste quella di maschio adulto o di capretto, che è più tenero, ma come sempre taglio e provenienza della carne devono essere affidate ad un macellaio di fiducia che sappia scegliere la soluzione migliore per le vostre necessità. Tanto più che una lombata di capra non sarà facilmente disponibile sul banco del supermercato: vi toccherà ordinarla per tempo. Sia che decidiate di arrostirla intera o che preferiate farne cubetti, spiedini o tocchetti, questa carne deve essere immersa in un liquido per sostenere la cottura oppure uscirà completamente asciutta e impossibile da masticare. Va messa in un bagno di yogurt e succo di arancia, per esempio, arricchito con spezie e sale e andrà marinata per parecchie ore. Questa marinatura

Sia che decidiate di arrostirla intera o preferiate farne cubetti, spiedini o tocchetti, questa carne deve essere immersa in un liquido per sostenere la cottura oppure uscirà completamente asciutta e impossibile da masticare

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va mantenuta anche in cottura sfruttando un cartoccio o una casseruola di coccio da forno che consentirà di mantenere la base umida per tutto il tempo, preservando l’assorbimento nelle carni e l’umidità. Il forno va scaldato prima e la temperatura deve essere di 120-150° per una cottura lenta di un’oraun’ora e mezza (anche due per tranci interi). Quando vi sembrerà cotta, lasciatela cuocere ancora mezz’ora. L’unico ingrediente da evitare con cura per la cottura della carne di capra è la fretta! Anche gli accompagnamenti sono importanti perché completano il palato. In Oriente viene servita con riso bianco per lenire il gusto selvatico e intingoli umidi a base di pomodoro o yogurt per favorire la masticazione: qui si può scatenare la fantasia e la contaminazione gastronomica. Io non la vedo male con una polenta bianca (anche i colori fanno la loro parte…) e con una caponata moderna, evitando la frittura, oppure con riso alla curcuma e verdurine in brunoise. O, perché no, con la piadina e una mostarda. Vedi tu Mark, basta che la prossima volta non metti in tavola quel tronco carbonizzato e asciutto. Gemma Zubiani

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PRODOTTI TIPICI

La carne salada, antica specialità del Trentino Tipico salume regionale, è preparata con tagli scelti di bovino, però esistono anche varianti con carne di capra o cavallo di Nunzia Manicardi

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a carne salada, caratteristica del Trentino e preparata con tagli pregiati di bovino adulto, è un salume molto conosciuto e apprezzato in cui la carne viene salata e aromatizzata in salamoia. Un tempo era consumata per lo più cotta, bollita in acqua. Fino agli anni ‘50 c’era l’abitudine di salmistrare tutti i pezzi del manzo che si volevano conservare per

poterli consumare durante il lungo inverno e la primavera. Erano i cosiddetti “bolliti”, cotti nell’acqua senza sale perché già saporiti e sapidi per conto loro. Le tecniche produttive andarono poi affinandosi e portarono a un utilizzo più vario, cosicché oggi possiamo trovare piatti ormai da tempo considerati tradizionali con la carne salada scottata ai ferri o in padella

ma, soprattutto, cruda, tagliata in questo caso a fettine molto sottili come un carpaccio e, allo stesso modo, condita con un filo di olio extravergine d’oliva (preferibilmente del Garda) e alcune gocce di aceto di vino. Si ottiene un piatto di facilissima e rapida preparazione, particolarmente adatto per un pasto estivo o per una merenda fuori casa.

La carne salda è una specialità della zona del Trentino meridionale e dell’Alto Garda a base di parti pregiate di manzo. Per la sua preparazione in genere si usano fesa, punta d’anca o la parte del girello (photo © convivium.it).

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Il piatto tradizionale per eccellenza la vuole però in abbinamento più robusto, con i fagioli (fasòi en bronzòn) lessati con olio extravergine e cipolla tagliata finemente, e meglio ancora se accompagnata da pane nero. In molte zone si preferisce gustarla con un’altra specialità del Trentino, la torta di patate, oppure con le verdure sottolio della Val di Gresta. Ottimi accostamenti, molto consigliati, sono anche con rucola e Grana trentino e coi funghi gallinacci (finferli) tagliati a fettine. Consistente al tatto, di colore rosso rubino, gradevolmente sapida, di profumo aromatico e speziato, questa carne è ricca di proteine e di ferro, priva di glutine e magrissima (i grassi sono meno dell’1,1%), per cui è adatta anche alle diete ipocaloriche (100 grammi contengono soltanto 92 calorie). La produzione ha avuto origine in tempi remoti nell’area compresa tra i comuni di Arco, Tenno (zona del Basso Sarca fino al lago di Tenno) e la frazione di Varone (comune Riva del Garda), ma si è propagata ben presto in tutta la regione. La sua diffusione si deve probabilmente all’abbondanza di carne di bovino, come riferisce MICHELANGELO M ARIANI nel 1671 nel suo libro “Trento con il Sacro Concilio et Altri Notabili” dove, a pagina 2, si racconta che “li carnaggi in Trento s’hanno preziosi e a buon prezzo tutto l’anno. La Stiria e Pusteria fornisce i Buoi, che li vedono venir a caterve di quando in quando”. Questa abbondanza è stata confermata indirettamente, qualche decina d’anni fa, anche dal cultore di storia trentina A LDO BERTOLUZZA, che nel suo libro “Casa e cucina tren-

tina in otto secoli di principato” (Dossi Editore) riporta una norma la quale imponeva che “qualunque forestiero condurrà bestie da carne da qualunque luogo… se vorrà passare fuori del distretto di Trento sii obbligato ammazzare la quinta parte di dette bestie... e venderle al macello di Trento”. Da lì alla carne il passo fu breve, dato che già all’inizio del ‘700 si parlava di questo prodotto e della sua tipicità. In quel secolo due famiglie di Tenno, una delle quali si era salvata dalla peste che nel secolo precedente aveva colpito la zona, ne iniziarono la produzione per la commercializzazione. Allora, come già ricordato, veniva cotta e bollita e accompagnata dal broccolo di Torbole; in seguito si passò alla cottura alla brace e poi ai ferri. Nell’Ottocento era oramai considerata un elemento tradizionale della cucina trentina, come risulta dal libro “L’antico focolare” in cui l’autrice, la baronessa GIULIA TURCO, nel capitolo XIV descrive “come preparare una buona carne salada”. Altro importante riconoscimento è stato nel ‘900 l’inserimento della ricetta fra i piatti tipici elencati dai coniugi A NNA LUCIA e C ARLO A LBERTO BAUER nel loro manuale “La nostra cucina. Piatti vecchi e nuovi alla trentina”. Della carne salada, però, andando a ritroso troviamo traccia fin dal 1400 in un manoscritto dal titolo “Libro de cosina composto et ordinato per lo hegregio homo Martino de Rubei de la Valle de Bregna, coquo dell’illustre Signore Johanne Jacobo Trivulzio”. Preparazione e varianti La carne salada del Trentino si ottiene con carne sceltissima di manzo, in particolare con la fesa

La carne salada è una specialità regionale antica nata nell’area compresa tra i comuni di Arco, Varone e Tenno ed ora diffusasi in tutto il Trentino. Si tratta di carne magrissima, con un tenore medio di grassi dell’1%, da consumarsi cruda a fette molto sottili o leggermente passata in padella e bagnata con aceto di vino

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Carne salada e fagioli. Accostamento classico alla carne salada è quello con la torta di patate, con il Grana trentino e con i funghi finferli tagliati sottili (photo © Comugnero Silvana – stock.adobe.com). (occasionalmente anche con sottofese e magatelli). Dopo un’accurata frollatura i tagli vengono ripuliti da nervi e grasso, passati a secco in una miscela di sale medio grosso, alloro, pepe nero, bacche di ginepro, aglio a spicchi schiacciati e rosmarino e disposti in contenitori, che un tempo erano di legno o di terracotta e oggi sono d’acciaio, dove rimarranno dalle 2 alle 5 settimane a seconda delle dimensioni dei pezzi stessi. I contenitori sono poi chiusi con coperchi su cui vengono aggiunti dei pesi per favorire la fuoriuscita dell’acqua e l’assimilazione degli aromi, evitando al contempo l’insorgenza di vuoti d’aria tra i singoli pezzi. Durante tutto il periodo di maturazione la carne va conservata in locali bui e interrati con pavimentazione, se possibile, su terra pressata così come succede negli avvolti, le tipiche cantine trentine, ad una temperatura massima di 12° C e deve essere massaggiata almeno ogni 2-3 giorni. Per un

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risultato di qualità non bisogna assolutamente utilizzare l’acqua nel processo produttivo. La maturazione avviene almeno in 20-25 giorni. Il liquido che la carne perde durante questa fase e che arriva a ricoprirla completamente non è altro che la salamoia, da cui il nome di “carne salmistrata” o “carne salada” nell’accezione dialettale. Carne salada di capra o pecora In Val di Fiemme c’è ancora chi la produce con carne di capra. La carne salada di capra è un prodotto a sua volta molto antico e il motivo è sempre lo stesso: si tratta di uno dei pochi prodotti che, assieme alla lucanica (insaccato fresco di carne suina), un tempo si poteva conservare durante la stagione estiva. Tradizionalmente faceva la sua comparsa durante le pause che accompagnavano tutti i lavori in campagna o nel bosco. Ha un colore più scuro della carne salada di manzo, con il bordo esterno violaceo. Per prepararla si utilizzano i muscoli

delle cosce o della schiena della capra (o anche della pecora). La miscela utilizzata per insaporirla è composta da sale, pepe, aglio, achillea, timo, ginepro, vino bianco e altri aromi a piacere o a seconda delle tradizioni familiari. I pezzi di carne, posti in un apposito tino in legno di larice, vengono cosparsi del preparato sopra indicato. Dopo alcuni giorni si crea una salamoia alla quale viene aggiunto un po’ di vino bianco per reintegrarla e insaporirla. Successivamente, il prodotto (analogamente a quanto previsto per quello di manzo) viene appeso negli avvolti, con umidità da 60 a 80% e temperatura di 10-13 °C. Carne salada di cavallo La carne salada, infine, si può preparare anche con carne di cavallo. In questo caso si tratta di un piatto tipico della zona compresa tra il lago d’Iseo e la Val Camonica. Ne risulta un prodotto più asciutto rispetto a quello preparato col manzo. Nunzia Manicardi

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MAIALI E DINTORNI

L’anno del Maiale nell’oroscopo cinese, in tavola e nelle vetrine di Gemma Zubiani

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C

arissimi amici carnivori, Buon anno! No, non sono affatto in ritardo: un anno molto interessante è infatti iniziato il 5 febbraio e possiamo serenamente festeggiare nello Zodiaco cinese l’anno del Maiale. Per noi appassionati di carne, salumi e ricette carnivore è un segno molto interessante e questa ricorrenza ci permette di parlare con affetto, trasporto e giubilo dell’animale per eccellenza di cui non si butta via niente, che trasmette gioia e benessere a tutte le tavole. Ci sarà più difficile festeggiare il prossimo anno, quando nel cielo sarà il turno del Topo… Quanto sono buoni i Maiali Innanzitutto alziamo i calici e facciamo un bel brindisi ai nati sotto il segno del Maiale. Sono persone caratterizzate da onestà intellettuale, generosità e modestia. Lavoratori instancabili dotati di pazienza formidabile, non lesinano in gesti gentili e proteggono i propri cari con affetto e costanza. Pare che li aspetti un 2019 particolarmente sfidante ma, dopo alcune difficoltà, raccoglieranno anche grandi soddisfazioni e, soprattutto, potranno contare su chi è loro affine e li sostiene da sempre, quelli del Coniglio come me. Ora, non so voi, negli oroscopi io credo poco. Ma se c’è una fede incrollabile che ho da sempre è quella che ripongo nell’effetto benefico di una fetta di salame: l’alternativa naturale agli antidepressivi, il toccasana che risolve ogni problema, la panacea per il malumore.

Pink Pig fashion Caro Maiale, ti dobbiamo tanto e per renderti omaggio puoi contare su tutte le cucine emiliane, su tutti gli appassionati carnivori e quest’anno in tua celebrazione arriva… la moda! Ebbene sì: l’ansia di compiacere il ricco mercato cinese spinge tutti i marchi di moda a produrre splendide capsule collection dedicate al maiale per raccogliere consensi e strizzare l’occhio a questa cultura che tanto ha da offrire a tutte le casse dei negozi di lusso. Così troviamo ALBERTA FERRETTI che, dopo le magliette dedicate ai giorni

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della settimana, alle previsioni del tempo, al Natale e all’ALITALIA, sfodera la felpa rossa con una sagoma suina dorata e la scritta dal lettering identificativo It’s a wonderful year. Per le signore carnivore ecco un primo desiderio a cui si aggiunge la collezione di abbigliamento e accessori di MOSCHINO che ha arruolato Porky Pig e Petunia Pig della scuderia WARNER BROS. VERSACE ha nascosto dei maialini nei suoi capi al posto delle teste di medusa che identificano il marchio e STUART WEITZMAN ha creato un disegno stilizzato per una collezione di bustine e scarpe. Ma sono piene di graziosi maialini anche le collezioni di ETRO, EMPORIO ARMANI, DIESEL, BOTTEGA VENETA (non oso immaginare i prezzi) e, soprattutto, GUCCI, che ha messo in campo i tre porcellini di Walt Disney e una campagna pubblicitaria ricchissima e divertente con prodotti contestualizzati in ambienti lussuosi: su divani di broccato e candide lenzuola, in auto di lusso o sulla tavola imbandita per un tè in società, troviamo maiali di tutte le taglie e razze, educatamente coccolati e con collari di brillanti. Anche FERRAGAMO ha realizzato una campagna fotografica molto social in omaggio a questa ricorrenza: per affiancare i suoi prodotti dedicati al Capodanno cinese ha scelto un maiale così bello che non se ne vedevano dai tempi di Babe maialino coraggioso (a lato, photo © globelife.com). Immagini sofisticate ed eleganti che passeranno alla storia della moda e del costume, non ho dubbi. Su questo etereo sfondo candido risaltano i bellissimi prodotti del made in Italy da esportazione ma è l’indiscutibile bellezza del modello che la rende una pagina indimenticabile della storia della gastron… pardon, della moda! Sono abbastanza convinta che questa ondata di notorietà farà bene alle vendite di tutti questi marchi, darà impulso al divertimento nel vestire ma avrà anche il terribile effetto collaterale di far proliferare i maiali da compagnia. Mi auguro di non dovervi scrivere presto di questa nuova moda. Gemma Zubiani


SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Songs From A Room, Leonard Cohen

Un agnello e un macellaio, tra sacro e profano di Giovanni Papalato

È

un aneddoto personale quello con cui mi permetto di iniziare questo articolo, ma non farò nomi, quindi mi auguro di essere discreto quanto basta. Lo faccio un po’ perché parlare di un disco di LEONARD COHEN mi mette un discreto timore, un po’ perché, effettivamente, da quando ho memoria, la carne d’agnello è qualcosa che divide molto tra chi la ama e chi, invece, non vuole sentirne nemmeno l’odore. Ecco, appunto, il personale… La mia compagna la adora, credo anche di poter stilare un discreto elenco di pietanze a base di agnello (scottadito, cacio e ova, brasato, al forno, solo per dirne alcune) con cui l’ho vista entusiasta al solo averle trovate in menu. Da parte mia, prima di lei, avevo eletto gli arrosticini come qualcosa di imprescindibile, ma non ero andato oltre. Dicevo che sono tante, tra le persone che conosco, quelle che, pur amando mangiare carne, sono restie a consumare quella di agnello. L’unica altra vera discriminante, al di là dell’animale in questione, sono le interiora, ma questa è un’altra faccenda. Quindi? Il motivo di tanto scrivere è perché un brano, tra i più belli di Songs From A Room, secondo album di Cohen, inizia così: “I came upon a butcher, He was slaughtering a lamb, I accused him there With his tortured lamb. He said, Listen to me, child, I am what I am and you, You are my only son. Well, I found a silver needle, I put it into my arm” (“Mi sono imbattuto in un

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macellaio, stava macellando un agnello. L’ho accusato proprio lì, col suo agnello torturato. Mi ha detto, ‘Ascoltami, figliolo, io sono

quello che sono e tu, tu sei il mio unico figlio’. Beh, ho trovato un ago argentato, e l’ho infilato nel mio braccio”).

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È il 1969 e Cohen, nato in Canada in una famiglia ebraica, vissuto per qualche tempo in Grecia, ha all’attivo un album dal didascalico nome The Songs Of Leonard Cohen e diverse raccolte di poesie. Definito “probabilmente il migliore giovane poeta contemporaneo del Canada anglofono” dal critico ROBERT WEAVER, si approccia alla musica quando ha già 33 anni, grazie alla cantante e amica JUDY COLLINS che per prima ne interpreta alcune canzoni e lo esorta a suonare e cantare in pubblico. La parola nella canzone può essere in tanti modi: funzionale alla musica o accompagnarla soltanto, importante o inutile, subordinata, essenziale. Qui siamo in un ambito completamente diverso da certe convenzioni strutturali perché Cohen, con pochissimi altri come Dylan e Cave, supera i confini tra musica, letteratura e poesia e i suoi album lo pongono in una condizione non classificabile semplicemente come “cantautore” ma nemmeno come “poeta” o“scrittore”. I temi e la forma con cui vengono affrontati, la voce come di rasoio, la scansione delle parole sono qualcosa di unico e riconoscibile come tale, senza riserva alcuna. Ebreo, sarà ordinato monaco buddista e tratterà temi giudaico-cristiani: il rapporto dell’uomo e dell’individuo con la religione, l’assoluto e il nulla, l’illogico e l’assurdo saranno temi centrali in tutta la sua opera. Esordisce nel 1967 con un disco che riceve recensioni non particolarmente negative, ma nemmeno entusiaste, che gli consente comunque di firmare per la CBS. Dopo qualche sessione in cui il produttore è DAVID CROSBY, decide di affidarsi a BOB JOHNSTON, che all’interno della casa discografica ha già lavorato per BOB DYLAN, JOHNNY CASH e SIMON & GARFUNKEL. La scelta è dettata dal desiderio di avere un suono più spartano, minimale e concreto rispetto alle canzoni dell’esordio. La voce è centrale, guida tutto. Bird on a wire è un manifesto. L’incipit è, per chi scrive, uno dei migliori in assoluto. La voce di Cohen, con la grazia di chi con-

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Omaggio a Leonard Cohen realizzato da Miles Mac e Gene Pendon a Montréal, città natale dell’artista, nel 2017, ad un anno dalla sua scomparsa (photo © Ryan Remiorz, The Canadian Press). sapevolmente sa di non essere un cantante, emerge dal niente e, sola, per qualche secondo canta: “Like a bird on the wire Like a drunk in a midnight choir I have tried in my way to be free”. Banjo, archi e chitarra acustica seguono l’incidere di questa canzone folk portandola in una dimensione che è altro da sé. Iniziata in Grecia, terminata in un motel di Hollywood, sembrava non trovasse mai la chiusura del cerchio. La ragazza al pianoforte sul retro copertina, protagonista in alcune canzoni su diversi dischi, è la svedese Marianne, compagna di Cohen all’epoca. Si racconta che fu lei a spingerlo alla composizione di questo brano, esortandolo a scrivere

per uscire da una fase depressiva. Erano assieme sull’isola di Hydra e, da una finestra della loro abitazione, vide un uccellino appoggiato ad un cavo della linea telefonica appena installata. Gli suggerì che sembrava una nota su uno spartito e di scrivere una canzone su questa immagine, porgendogli la chitarra. Cohen attraverserà diverse fasi depressive lungo tutto l’arco della sua vita e questo è un particolare che rende il brano ancora più toccante. The Story Of Isaac si sviluppa da un arpeggio ossessivo che si intreccia con uno strisciante banjo lungo una serie di incontri con figure estremamente simboliche e si inserisce con forza tra le più importanti e belle canzoni contro la guerra. L’episodio

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biblico è un pretesto per rappresentare l’assurdità di tutti i conflitti, a partire dal quello in Vietnam, che sta vivendo all’epoca uno dei momenti più tragici. Proprio a quest’ultimo si riferisce A Bunch Of Lonesome Heroes, con un giro armonico caratteristico di Cohen con un synth che rafforza e libera la melodia. Una storia di soldati, idoli, effimero, memoria e caducità. The Partisan rientra in questo ideale trittico contro la guerra e si concede una approccio meno duro a livello di arrangiamento e melodia. È un adattamento del brano della resistenza francese La complainte du partisan, composto a Londra nel 1943 da ANNA MARLY e EMMANUEL D’ASTIER DE LA VIGERIE. Il testo è stato tradotto in inglese da HY ZAREt. L’inserimento di una voce femminile che in lingua francese si aggiunge a quella calda e ruvida di Cohen sa di confidenza ed emoziona. Seems so long ago, Nancy è la storia, reale, di una giovane di 21 anni. Una solitudine assoluta e senza speranza, mascherata da libertà il cui epilogo è il suicidio con un colpo di pistola alla testa; un brano denso di compassione. Esiste una versione meravigliosa di FABRIZIO DE ANDRÉ più arrangiata rispetto all’originale. Qui infatti la voce e la chitarra acustica sono solo accompagnate da un organo che sommessamente sottolinea la pietà delle parole. Il secondo lato di Songs From A Room si apre con The Old Revolution, che musicalmente non si discosta dal minimalismo fatto di strutture melodiche espresse fino ad ora. Il testo è particolarmente ermetico e dalle molteplici interpretazioni. Sembra che l’autore ci voglia ancora chiedere di addentrarci, di toccare con mano e vedere coi nostri occhi le atrocità che la vita e la storia ci sottopongono, per capire davvero e non ripeterle. Che nei gesti di umanità che ognuno di noi può compiere si trova la salvezza. E così arriviamo a The Butcher, la canzone più potente e rigidamente strutturata del disco. Un blues minimale, scarno, in cui lo scambio dialettico tra il protagonista e il macellaio è inserito in un contesto

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concentrico, nel quale si ripetono analogie e simbolismi. Il narratore che contesta il mondo di cui fa parte il macellaio apprende da quest’ultimo che appartiene anche a lui. La narrazione e la scansione ritmica si concludono, creano una circolarità, che esaurisce con la liberazione da uno dell’altro. L’ambigua dichiarazione di You know who I am tocca temi fondanti come Perdita, Amore, Religione raccontati con una frase chitarristica estremamente semplice ed efficace ma con interessanti giri armonici. Non ha un vero e proprio ritornello Lady Midnight ma tre sezioni che insieme costituiscono un racconto, in cui tastiere e basso sostengono e danno respiro. Il brano che chiude il disco ha un attitudine completamente differente rispetto a tutto ciò che abbiamo ascoltato fino ad ora. Tonight we’ll be fine è infatti serena, la melodia viene addirittura fischiata da Cohen che ci gioca, leggero e consapevole, sopra il ritmo di una chitarra fingerpicking. La stanza piena di mozziconi, fumosa e scura, in cui entrava poca luce c’è ancora e sottolinea che sia stata scelta con cura. Ma la consapevolezza dell’ineluttabilità del passato e dell’indeterminato insito nel futuro possono essere liberatori. “But I know from your eyes and I know from smile that tonight we’ll be fine, for a while”. Così, anche se solo nel immediato, nel presente, in ciò che sta per accadere, si può vivere con un’attitudine positiva. Una riflessione che sfiora il fatalismo ma che non si esaurisce con esso. Sarebbe riduttivo e fuorviante, perché questo album ha con sé un carico di riflessioni e storie che sono lungi da esaurirsi. Songs From A Room ha acquisito col tempo i riconoscimenti di critica e pubblico che merita. È un disco essenziale, in tutte le sue accezioni. Da una stanza, osservare il mondo e la vita, per poi immergersi con consapevolezza. Giovanni Papalato Nota A pagina 96, photo © Lucio Pellacani.

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FIERE

La filiera dell’alimentare italiano si trova a Cibus Connect

F

orte del successo di Cibus Connect 2017, la seconda edizione della manifestazione vedrà triplicare numero di espositori e i metri quadri espositivi, con l’apertura di un nuovo padiglione. Si tratta del successo di una formula smart, proposta per la prima volta due anni fa e perfettamente integrata all’offerta fieristica internazionale degli anni dispari: due giornate di fiera rigorosamente professionali, stand e cooking stations chiavi in mano per esporre e degustare al meglio i prodotti, azzeramento dei problemi logistici tipici dei grandi eventi in Italia, supporto al sourcing e opportunità di business su misura dei buyer. Cibus Connect si terrà mercoledì 10 e giovedì 11 aprile, organizzato da Fiere di Parma con FEDERALIMENTARE e in collaborazione con ICE

Agenzia. Esporranno le maggiori aziende alimentari di tutte le categorie campioni del nostro export, mentre prosegue con continuità la relazione positiva con Slow Food, grazie alla quale sarà possibile trovare ricercati prodotti regionali in un’area dedicata. Sono attesi migliaia di operatori dall’Italia e l’Europa e top buyer d’oltremare. La coincidenza di date con Vinitaly (Cibus Connect apre nella giornata di chiusura di Vinitaly) consentirà flussi sinergici di buyer tra le due fiere. Funzionale sarà anche la convegnistica: nel convegno inaugurale Cibus e Federalimentare presenteranno uno studio di settore realizzato in collaborazione con ISMEA, incentrato sui fattori critici di successo delle aziende agroalimentari del Mezzogiorno. Sarà un’analisi quali-quantitativa che metterà a

disposizione del settore indicatori e spunti per reiterare e sviluppare la rinascita manifatturiera del Sud. Nella prima giornata si analizzeranno anche, in collaborazione con PRICEWATERHOUSECOOPERS PWC, i rapporti proficui che si possono instaurare tra aziende alimentari e grandi catene di distribuzione, con la testimonianza di retailer internazionali ed italiani. Il secondo giorno si terrà un evento in cui top player del settore presenteranno case history dal mondo del retail e dell’industria incentrando la propria analisi sui prodotti premium brand e premium store brand come driver di sviluppo del punto vendita food. In chiusura della fiera un workshop sui casi di successo di paring Food & Wine sugli scaffali dei retailer internazionali. >> Link: www.cibus.it

Cibus Connect si terrà il 10 e l’11 aprile negli spazi di Fiere di Parma.

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IFFA 2019: focus sul packaging In occasione della prossima edizione della fiera di riferimento per l’industria della carne, a Francoforte dal 4 al 9 maggio, le aziende del settore packaging presentano le ultime tecnologie e informano sulle principali tendenze del settore

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l confezionamento degli alimenti, in particolare di quelli facilmente deperibili come carne e insaccati, prevede standard molto elevati a livello di materiali per imballaggio, così come di macchine e impianti per il confezionamento. Oltre agli obblighi tradizionali come protezione, trasporto, stoccaggio, gestione e informazione, l’attenzione si concentra soprattutto sulla sicurezza degli alimenti, l’igiene, la riduzione dei rifiuti, la sostenibilità, l’efficienza delle risorse e la tracciabilità. “Less is more” e ama l’ambiente La riduzione degli imballaggi e l’utilizzo di confezioni riciclabili sono due temi su cui si concentra l’attenzione di consumatori, produttori e industria del confezionamento da quando la strategia della UE sulla plastica è stata pubblicata nel gennaio 2018 e la legge sugli imballaggi è entrata in vigore in Germania nel gennaio 2019. Gli imballaggi leggeri, con prestazioni identiche o addirittura superiori e una maggiore robustezza rispetto a quelli più pesanti, offrono un contributo essenziale per una maggiore sostenibilità e la conservazione delle risorse. Ridurre il peso significa risparmiare sulle materie prime, sui costi energetici e di trasporto, così come una gestione ottimizzata. Ciò che conta per un packaging sostenibile non è solo il tipo di pellicola utilizzata, ma anche la sua lavorazione. Le moderne confezionatrici consentono di impostare con precisione i parametri delle pellicole per una lavorazione più economica. I sistemi di alimentazione delle

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IFFA 2019 prende il via sotto i migliori auspici: oltre 1.000 espositori provenienti da circa 50 Paesi si sono iscritti all’evento di riferimento del settore. La manifestazione occuperà uno spazio espositivo di 120.000 m2 lordi, pari ad un incremento dell’8% rispetto alla passata edizione (photo © Messe Frankfurt / Pietro Sutera – www.ref-sz.ch).

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4 – 9. 5. 2019 Frankfurt am Main

Meet the Best IFFA. Una fiera leader a livello mondiale, un focus: la carne. Dalle produzioni manifatturiere alle soluzioni high-tech, questa piattaforma delle innovazioni presenta le tendenze del settore per i prossimi tre anni. Qui si riuniscono gli esperti del mondo dell’industria, del commercio e dell’artigianato – per la prima volta anche nel nuovo padiglione 12! www.iffa.com visitatori@italy.messefrankfurt.com


A IFFA saranno presenti tutte le aziende leader del settore packaging, come ad esempio Multivac, Sealpac, Tavil, Ulma, Variovac e VC999 (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH/Petra Welzel). pellicole, a loro volta, riducono gli scarti sotto forma di bordi e griglie perforate. Pertanto da un nastro pellicola è possibile produrre un numero significativamente maggiore di imballaggi. Skin-Pack: confezionamento sostenibile e accattivante L’innovativo confezionamento in skin-pack, che utilizza il cartone come supporto per il prodotto, consente di presentare il prodotto in modo elegante, allungare i tempi di conservazione e ridurre il consumo di materiale. Realizzato in cartone sottile, il supporto presenta uno strato protettivo in polimero che funge da barriera contro il grasso, l’umidità e l’ossigeno e conferisce ulteriore stabilità al supporto in cartone. Nell’imballaggio skin-pack la pellicola aderisce al prodotto e alla base come una seconda pelle, fissando il prodotto al supporto e proteggendolo in modo affidabile. Questo sistema di confezionamento consente di ridurre il consumo di pellicola fino al 75%. Il rivestimento plastico del cartone si stacca facilmente ed entrambi i materiali sono facilmente riciclabili. Grazie alla grande libertà in termini di design e di stampa, il supporto in cartone riceve molta attenzione all’interno del punto vendita relativamente alla differenziazione del marchio. Le

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informazioni sul prodotto vengono stampate sul supporto in cartone evitando l’applicazione di etichette aggiuntive e consentendo così di risparmiare altro materiale. Il confezionamento in atmosfera modificata prolunga la shelf-life Il confezionamento in atmosfera modificata di carne e insaccati (modified atmosphere packaging = MAP) si sta affermando sempre più come standard. In questi imballaggi l’aria viene sostituita da una miscela di gas adatta al prodotto, che può rallentare nettamente il processo di decomposizione ossidativa o la proliferazione di microbi e muffe. Il gas inerte è in grado anche di ridurre la traspirabilità dei prodotti, consentendo di mantenere molto più a lungo freschezza, sapore e l’appetibilità degli alimenti. La conservabilità degli insaccati aumenta da due a quattro giorni se confezionati in presenza di aria, da due a cinque settimane in atmosfera modificata. Nel confezionamento in atmosfera modificata si utilizzano pellicole di barriera che sono stagne al gas e sono adatte al prodotto scelto. Smart packaging Il packaging multifunzionale, attivo e intelligente, apre prospettive completamente nuove al settore della carne, in quanto monitora e

registra l’impatto ambientale a cui sono sottoposti gli alimenti lungo la catena del valore dopo il confezionamento. Gli indicatori tempotemperatura integrati forniscono informazioni sullo stato attuale della qualità del prodotto, sul grado di freschezza, su eventuali interruzioni nella catena del freddo, e indicano se il prodotto è ancora idoneo al consumo. L’imballaggio interviene “attivamente” nel processo fisico, biologico e chimico del prodotto; regola l’umidità all’interno della confezione, assorbe l’ossigeno o l’anidride carbonica e prolunga così la durata di conservazione dei prodotti. Come variante biochimicamente attiva, questo imballaggio contrasta la proliferazione di germi microbici. Altri smart packaging proteggono la merce da manipolazioni e rendono più difficile il taccheggio. Differenziazione del marchio nel punto vendita Il packaging informa sugli ingredienti, sui marchi ambientali e di qualità e sulla provenienza e, come ambasciatore del marchio, dà un volto al prodotto e incentiva l’acquisto. L’aspetto e il contenuto informativo del packaging svolgono un ruolo importante sulle decisioni del consumatore al punto vendita. Quando in termini di qualità i prodotti si differenziano di pochissimo, spesso è il design più elegante a fare la differenza a livello emozionale. Investire in packaging innovativi e di alta qualità rafforza l’immagine del marchio e ripaga rapidamente nel caso degli articoli di marca. A IFFA tutte le soluzioni di packaging ottimali I visitatori di IFFA potranno scoprire tutte le più moderne tecnologie di confezionamento per la carne e gli insaccati, così come per il pollame e il pesce, su entrambi i piani del padiglione 11. L’integrazione del nuovo padiglione 12 consentirà alla fiera di crescere ulteriormente. >> Link: www.iffa.com www.iffa.com/facebook www.iffa.com/twitter www.iffa.com/youtube

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Peste suina africana: il ruolo del cinghiale Col nemico alle porte, oltre all’elevata sorveglianza di uomini e merci, bisogna tenere conto della presenza dei cinghiali e della loro condizione sanitaria di Giulia Mauri

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l corso “Peste suina africana: aggiornamenti sulla malattia, misure di prevenzione e possibili conseguenze sulla filiera del comparto suinicolo” (FICO, Bologna 10 gennaio) si è dibattuto a lungo sul ruolo dei cinghiali nella diffusione della malattia in Europa. Spiegando la patologia, GIAN MARIO DE MIA dell’IZS-UM ha ricordato

come negli anni ‘50-‘60 del secolo scorso la malattia fosse già uscita dall’Africa per raggiungere la penisola iberica — e i Paesi che con essa avevano maggiori scambi commerciali — e, successivamente, la Sardegna. Nella nostra isola è in parte ancora presente, date anche le difficoltà sociali e politiche nell’accettare le necessarie misure di lotta

e di eradicazione. In altri contesti però, quando la malattia ha colpito solo i suini domestici, l’eradicazione è avvenuta con un certo successo. Le possibili vie di diffusione In Africa la presenza di zecche molli che ospitano l’infezione è il principale problema. Invece in Europa la diffusione e la permanenza dell’in-

In Europa la diffusione e la permanenza dell’infezione sono da legare strettamente alla presenza di cinghiali selvatici (photo © Tamas Zsebok).

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Anche se non può dare garanzie complete sull’ingresso della malattia in un territorio, la caccia può svolgere un ruolo di riduzione del rischio in fase pre-epidemica. Non deve però essere svolta durante il picco epidemico: può invece contribuire all’eliminazione della malattia in fase ormai endemica (photo © Bergringfoto – stock.adobe.com). fezione sono da legare strettamente alla presenza di cinghiali selvatici. Sono tre i fattori di grande rischio individuati per la diffusione nei territori al di fuori dell’Africa: – i cosiddetti backyard, cioè gli allevamenti famigliari completamente privi o quasi di misure di biosicurezza; – gli episodi di contatto con suini o cinghiali infetti, possibili soprattutto negli allevamenti rurali e bradi; – la movimentazione ad opera dell’uomo di animali, prodotti o vettori infetti, che permette al virus di compiere salti geografici molto veloci, su piccole o lunghe distanze. FRANCESCO FELIZIANI dell’IZS-UM ha presentato i differenti scenari epidemiologici che abbiamo riscontrato dal 2007 (anno di introduzione della peste suina africana o PSA nel Caucaso) ad oggi. Nei Paesi dell’ex blocco sovietico il contesto è quello della bassa biosicurezza, in cui gli allevamenti hanno molti contatti

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fra loro e si pratica il backyard, ovvero almeno una parte del ciclo produttivo è condotta all’aperto in contesti non urbanizzati. In questo contesto le infezioni dei cinghiali riconosciute erano la metà di quelle individuate nei suini. Ai confini orientali della UE e nei Paesi Baltici invece l’infezione ha interessato al 95% i cinghiali, mentre in Romania il 75% dei casi individuati erano suini di backyard. Nel caso del Belgio è difficile dare un’indicazione numerica perché tutti i 5.000 suini presenti nel territorio interessato sono stati prontamente abbattuti. C’è però un’informazione che fa riflettere: in appena quattro mesi, nell’area interessata sono state individuate le carcasse di ben 500 cinghiali. E proprio le carcasse svolgono un ruolo fondamentale nella persistenza dell’infezione sul territorio. Dagli studi più recenti è emerso che, quando l’infezione di peste suina africana coinvolge i suidi selvatici (nel caso europeo, i cinghiali) la ten-

denza è quella dell’endemia, ovvero della persistenza della malattia sul territorio con casi conclamati più o meno sporadici. Proprio ciò che dobbiamo contrastare con tutte le nostre forze, giacché le norme di sanità animale non paiono essere efficaci quanto nei casi delle epidemie e giacché le conseguenze a livello economico, commerciale e sociale di un’endemizzazione sarebbero davvero devastanti e di lunghissima durata, come ha spiegato nel suo intervento DAVIDE CALDERONE di ASS.I.CA. La peste suina africana non ha una morbilità esageratamente elevata, come ad esempio la peste europea o l’afta, tuttavia ha una grande mortalità e un’elevatissima persistenza nell’ambiente. E una volta che l’ambiente è contaminato, eradicarla è certamente difficile. In Italia il rischio di introduzione è dato dall’elevato scambio di merci e persone dall’Est Europa e dalla presenza di cinghiali che — come nel resto d’Europa, d’altra parte —

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è quantitativamente molto incerta e non governata. «Per ridurre il rischio di introduzione del virus nel nostro territorio dobbiamo innanzitutto essere preparati a questa evenienza, tutt’altro che remota purtroppo. Dobbiamo gestire meglio la fauna selvatica e aumentare la sorveglianza passiva: queste sono le misure che le istituzioni pubbliche devono intraprendere», hanno spiegato i relatori. I compiti degli allevatori e dei trasportatori, invece, sono stati elencati nel precedente articolo (Peste suina africana: giocare d’anticipo è l’unica chance, in EUROCARNI n. 2/2019, pag. 34) e comportano un incremento della biosicurezza. Infine, tutte le figure coinvolte devono partecipare attivamente alla sorveglianza passiva. Questa consiste principalmente nell’individuazione di animali morti (suini o cinghiali), nella loro tempestiva segnalazione all’ASL competente e nell’esecuzione di test di laboratorio per individuare l’eventuale presenza del virus. Più rapida ed efficace è la sorveglianza passiva, maggiore è la probabilità di circoscrivere eventuali focolai. Più i focolai sono circoscritti e di ridotte dimensioni, più è facile controllare l’infezione ed eradicarne la presenza. Le fasi della diffusione nei selvatici A VITTORIO GUBERTI dell’ISPRA di Ozzano Emilia è andato il compito di spiegare come intervenire sui cinghiali per mitigare la probabilità di introduzione della malattia. «Stimare il numero di cinghiali in Italia è davvero difficile. Forse sono un milione, forse uno e mezzo: i dati vengono raccolti dalle province e riportati nei Piani faunistici — quando presenti — ma non sono gestibili in maniera omogenea perché presi con metodi differenti». Il ciclo nei selvatici si svolge in due fasi: quella primaverile-estiva, in cui lo stretto contatto fra animali comporta una trasmissione del virus per via diretta: in questa fase iniziale la densità dei cinghiali è un fattore rilevante per la diffusione del virus. Segue la fase

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invernale, in cui le carcasse degli animali morti nel corso dell’anno permettono il permanere del virus sul territorio e favoriscono l’infezione sia degli animali che non si erano infettati precedentemente, sia, successivamente, dei nuovi nati. Quando giunge in un territorio fino a quel momento esente dalla malattia il virus riesce a uccidere anche il 95% dei cinghiali. Ma, superato il picco epidemico, la diffusione della malattia e la sua persistenza nel territorio sono legate alla presenza di carcasse sul terreno. Ecco perché, in questa fase successiva, la persistenza del virus non è legata alla densità dei cinghiali, bensì a quella delle carcasse abbandonate. Questa resistenza nell’ambiente può durare per anni e vanifica l’efficacia della caccia come misura di contenimento dell’endemia. Per ridurre la probabilità di introduzione della malattia per ciclo silvestre, bisognerebbe precedere con il cosiddetto WAMTA, cioè la forte riduzione del numero di cinghiali presenti sul territorio, in modo da ridurre la possibilità di propagazione ed evitare il picco epidemico. Tuttavia, bisognerebbe conoscere la presenza numerica dei cinghiali su quel territorio per poter intervenire riducendone sufficientemente la popolazione. Inoltre, la WAMTA è efficace se messa in atto prima dell’ingresso del virus nel territorio. Successivamente all’arrivo della malattia, invece, è indispensabile raccogliere ed eliminare tutte le carcasse di animali. Spieghiamo meglio. Nel ciclo selvatico la malattia segue fasi successive: – introduzione: avviene per contatto dei cinghiali del posto con animali malati, o con carcasse infette, o prodotti altrettanto infetti introdotti dall’uomo; – invasione: il numero di animali selvatici sensibili all’infezione (cinghiali) è sufficiente per far partire l’epidemia. Fin qui è possibile utilizzare la strategia della riduzione della densità animale (WAMTA); – epidemia: si ha il massimo numero di cinghiali infetti sul territorio.


introduzione per inconsapevole mano umana. Se invece la via di introduzione dovesse essere quella del cinghiale e del ciclo silvestre della malattia, allora dobbiamo mantenere alta la vigilanza nelle zone di confine con la Francia e con Croazia e Slovenia soprattutto. La Francia, infatti, è esposta all’espansione del focolaio belga, che si sta cercando di gestire in questi mesi, con decine e decine di chilometri di recinzioni, caccia intensiva nelle aree esterne alla zona infetta e raccolta e smaltimento mirati delle carcasse.

Per evitare che una zona diventi endemica una volta che il virus vi sia giunto, per leggerezza dell’uomo o per contatto diretto con capi infetti, è indispensabile ricercare ed eliminare le carcasse dei cinghiali morti (photo © www.ilfilo.net). Cacciare in questa fare è assolutamente controproducente: gli animali si disperdono ampliando l’area infetta. Le probabilità di buona riuscita dell’eradicazione sono date dallo sforzo messo in atto dalle Autorità, dalla capacità di trasmissione del virus e dal numero di capi infetti. Molto più efficace è il blocco dell’accesso alla zona interessata e la ricerca attiva, raccolta ed eliminazione di tutte le carcasse; – endemia o sparizione dell’infezione: nel caso della peste suina africana, l’infezione non scompare dal territorio perché il virus ha alta capacità di resistenza nell’ambiente. Se non gestita, la peste diviene endemica. In questa fase ritorna efficace la riduzione numerica dei cinghiali con lo scopo di eradicare la malattia. Cacciando ed eliminando i soggetti che possono infettarsi, si riducono le probabilità di persistenza del virus nel territorio. Alla caccia però va sempre affiancata l’eliminazione delle carcasse rinvenute. Dunque la caccia deve essere effettuata nel momento epidemiologico adatto, deve essere condotta in maniera efficace, deve colpire un numero definito di animali in

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base alla loro presenza sul territorio (che deve perciò essere nota) e deve coinvolgere un adeguato numero di cacciatori per poter dare dei risultati. Sono tutti grandi limiti, visto che l’attività venatoria è in calo, i cacciatori sono sempre più anziani e il coordinamento fra i vari enti gestori non è ancora ottimale. «Servirebbero nuovi approcci e nuove idee per il contenimento della popolazione di cinghiali, ma capiamo tutti quanto sia un tema molto delicato da un punto di vista politico». Secondo Guberti è importante analizzare il rischio che l’Italia corre e individuare le zone in cui la presenza della malattia avrebbe maggiori conseguenze economiche; quindi le regioni a maggior vocazione suinicola intensiva, perché la peste suina africana comporta fra l’altro il blocco dell’esportazione dei prodotti. Se l’infezione dovesse penetrare nel nostro Paese tramite persone-vettori (e questo è il rischio principale) non potremmo anticipare il punto di manifestazione della malattia perché, per esempio, tutta l’Italia è attraversata da automezzi e persone che provengono dall’Est Europa; si manifesterà laddove abbiamo un elevato numero di cinghiali, infettatisi secondariamente a questa

Potenziare la sorveglianza passiva La sorveglianza passiva è lo strumento più efficace per monitorare il territorio. Purtroppo non è facile in quanto i cinghiali vivono spesso in zone impervie: in Italia abbiamo 10.000 km2 di foreste e «la peste suina africana corre nelle foreste», come ha detto Guberti. Inoltre, il numero di campioni statisticamente significativo, necessario per individuare precocemente la malattia effettuando controlli sulle carcasse, è davvero molto alto, soprattutto a fronte delle segnalazioni finora giunte al Centro di Referenza Nazionale per le pesti suine. Tutti i cinghiali morti, invece, vanno analizzati e sarebbe auspicabile mettere in atto piani di ricerca mirata di carcasse di cinghiale per ampliare i campioni su cui ricercare il virus. In questa situazione, invece, con un numero di carcasse segnalate bassissimo, rischiamo di individuare la malattia quando è già esplosa nei selvatici. In conclusione, la diffusione della peste suina africana nel cinghiale può non essere la causa iniziale di contaminazione di un territorio, ma in un successivo momento può rivestire un ruolo fondamentale nella persistenza dell’infezione. Solo mantenendo alta l’attenzione sui cinghiali morti si potrà individuare con prontezza un focolaio e solo lavorando molto sul territorio e sulla fauna selvatica si potranno ottenere buoni risultati di eradicazione. Una sfida a cui ci dobbiamo inesorabilmente preparare e che non possiamo perdere. Giulia Mauri

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SICUREZZA ALIMENTARE

Rischio acidi grassi artificiali I grassi artificiali sono all’attenzione delle autorità sanitarie con la proposta di eliminarli dall’alimentazione umana di Giovanni Ballarini

S

enza ridurre l’attenzione verso le malattie infettive e parassitarie, da anni le autorità sanitarie, e tra queste l’Agenzia delle Nazioni Unite (OMS), dedicano attenzione alle malattie e ai disturbi metabolici e degenerativi cronici collegati all’alimentazione. In quest’ambito, sono sotto la lente di ingrandimento soprattutto i grassi artificialmente modificati, che provocano invalidità e morti precoci per infarto, ictus, arteriosclerosi, decadimenti cognitivi e nervosi, con correlazione anche ad alcuni tumori femminili e ad altre

problematiche della menopausa. Per questo è raccomandata una presenza negli alimenti al di sotto dell’1% del totale, sia da parte della FAO che dell’OMS, mentre l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, consiglia di ridurli il più possibile. A questo riguardo, l’OMS ha recentemente pubblicato un piano per arrivare nei prossimi cinque anni all’eliminazione dei grassi trans prodotti a livello industriale negli alimenti, ribadendo che la loro abolizione è fondamentale per prevenire le morti stimate, a livello mondiale, in oltre mezzo milione di

persone, solo per quanto riguarda le malattie cardiovascolari. Il direttore generale TEDROS ADHANOM GHEBREYESUS e i funzionari dell’OMS pensano che questo possa avvenire in cinque anni perché il “lavoro” è ben avviato in molti Paesi: la Danimarca lo ha già fatto, gli Stati Uniti e più di altri quaranta Paesi ad alto reddito stanno operando in questa direzione, mentre bisogna spingere gli sforzi sui Paesi a reddito medio-basso. Fin dal 2009 secondo l’EFSA vi sarebbero buoni motivi per ritenere che maggiori assunzioni di grassi saturi e grassi trans portino ad

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno il consumo dei grassi trans o acidi grassi trans causi oltre 500.000 morti nel mondo per malattie cardiovascolari (photo © alex9500 – stock.adobe.com).

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Nei grassi e nelle carni di animali non ruminanti come polli e tacchini e, soprattutto, maiali, gli acidi trans sono estremamente bassi. In queste carni i grassi di struttura delle pareti cellulari sono ricchi di acidi grassi polinsaturi, estremamente scarsi di acidi grassi saturi e privi di acidi trans (photo © istetiana – stock.adobe.com). un aumento dei livelli di colesterolo nel sangue — contribuendo quindi alla possibile insorgenza di cardiopatie —, suggerendo quindi ai responsabili politici di prendere in considerazione la limitazione dell’assunzione di grassi trans e saturi, sostituibili con acidi grassi mono e polinsaturi, al momento di definire raccomandazioni nutrizionali e sviluppare Linee guida dietetiche sugli alimenti a livello nazionale. Alla fine del 2016, l’Unione Europea ha considerato i limiti sui grassi trans negli alimenti a livello UE, concludendo che un elevato apporto di TFA rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo delle patologie coronariche, che causano circa 660.000 decessi ogni anno, e in una risoluzione votata dai deputati questi hanno affermato che la UE dovrebbe porre limiti vincolanti sulle quantità di acidi grassi trans di produzione industriale (TFA) presenti negli alimenti poiché questi possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, la sterilità, il morbo di Alzheimer, il diabete

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e l’obesità per i consumatori. Nel testo, approvato a larghissima maggioranza, si metteva anche in evidenza che solo un consumatore su tre avrebbe conoscenze in materia di TFA, il che dimostrerebbe come le misure di etichettatura non siano riuscite ad essere efficaci. Presenza negli alimenti Gli acidi grassi trans (noti anche con la dizione di TFA o Trans Fatty Acid) sono grassi insaturi contenenti uno o più gruppi leganti di tipo trans (legame molecolare trans tra due atomi di carbonio), con un punto di ebollizione e fusione elevato, quindi di consistenza solida o pastosa. In natura gli acidi grassi trans si trovano in alcuni batteri. Piccole quantità di

acidi grassi trans sono naturalmente presenti nella carne e nel latte dei ruminanti (bovini, agnello e montone) e nei prodotti derivati dalla loro carne e latte, provenendo dai batteri delle fermentazioni ruminali di cui questi animali si nutrono. Gli acidi naturali trans prodotti nei ruminanti sono tuttavia precursori dell’acido linolenico coniugato, che ha dimostrato effetti benefici sulla salute. Acidi trans sono presenti in molti prodotti alimentari (merendine, gelati, ecc…), in alcune creme spalmabili, in prodotti da forno come cracker, torte, biscotti e nei cibi fritti. Gli acidi grassi trans erano una caratteristica delle margarine spalmabili prodotte negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, mentre

Gli acidi grassi trans non sono un problema per le carni e i grassi degli animali non ruminanti e in particolare del maiale e dei prodotti salumieri, nei quali sono invece presenti acidi grassi polinsaturi che abbassano il colesterolo

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le attuali margarine, preparate con tecniche d’altra natura, hanno una concentrazione inferiore d’acidi trans nel prodotto finito. Durante la produzione industriale delle margarine di norma non si completa il processo di idrogenazione degli acidi grassi vegetali e questo porta alla genesi di acidi grassi trans. I principali acidi grassi trans sono: miristelaidico, petroselaidico, palmitelaiolico, elaidico, vaccenico, cetelaidico, brassidico e linolelaidico. Carni e grassi dei non ruminanti Nei grassi e nelle carni di animali non ruminanti come polli e tacchini e, soprattutto, maiali, gli acidi trans sono estremamente bassi. In queste carni, e soprattutto nella carne magra di maiale, i grassi di struttura delle pareti cellulari sono ricchi di acidi grassi polinsaturi, estremamente scarsi di acidi grassi saturi e privi di acidi trans. Inoltre, nel maiale, anche nei grassi di deposito (lardo, strutto, ecc…) non vi sono significativi contenuti

in acidi trans perché questi grassi derivano da animali che hanno un sistema d’alimentazione ricco d’acidi grassi insaturi, vegetali e non trattati, quindi senza acidi trans. Nella preparazione salumiere, ed in particolare in quelle di cui mena vanto l’industria italiana, non si eseguono trattamenti di saturazione catalitica che possono dare origine agli acidi grassi trans. Indicazione in etichetta Molto diversificata è la presenza degli acidi grassi trans nelle etichette degli alimenti. Mentre in Canada e negli USA è obbligatorio riportarne il contenuto, in UE non lo è. In Europa la Danimarca è stata il primo Stato Membro a limitare il contenuto di grassi trans con una legge nel 2003 (l’acido linoleico coniugato non è considerato trans in Danimarca). In seguito, simili limitazioni a livello nazionale sono state introdotte in Austria (2009), Ungheria (2013) e Lettonia (2015). Misure volontarie per ridurre il

contenuto di TFA sono in atto in Belgio, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito e Grecia. Raccomandazioni dietetiche nazionali sui TFA sono state emesse in Bulgaria, Malta, Slovacchia, Regno Unito e Finlandia. In Danimarca, Austria e Germania la normativa ufficiale prevede il 2% per legge di oli parzialmente idrogenati. Comunque le stime alimentari si stanno portando sotto i 0,5% in detti paesi e paesi limitrofi. I TFA tendono ad essere utilizzati negli alimenti meno costosi, con la conseguenza che le persone con uno status socioeconomico inferiore sono più esposte a prodotti con un contenuto di TFA più elevato, aumentando di conseguenza il rischio di ampliare le disuguaglianze sanitarie. Anche per questo si impone una diffusa e uniforme regolamentazione sulla etichettatura degli alimenti, che metta in evidenza presenza e quantità di acidi grassi trans. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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TECNOLOGIE

CSB BASIC ERP: la competenza di settore a completamento dell’ERP di gruppo

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a maggior parte dei gruppi aziendali e multinazionali gestisce la produzione nei diversi stabilimenti e nelle diverse aree con sistemi ERP differenti, che lavorano in modo parallelo, autonomo e completamente diversificato, spesso sotto forma di programmi sviluppati ad hoc per ogni singola azienda. Le conseguenze di ciò sono costi elevati e inefficienze: i dati risultano inconsistenti e non confrontabili, gli sforzi per far funzionare i sistemi IT sono alti e i tempi si dilatano. Utilizzare molte soluzioni ad isola comporta a volte perdita di trasparenza per il management e spesso, nemmeno dopo grandi sforzi di adeguamento, i sistemi ERP di gruppo riescono a coprire in modo ottimale i processi logistici e produttivi specifici del settore alimentare. E questo men che meno a livello mondiale.

System, col suo know-how acquisito in 40 anni di grazie ad oltre 1.000 installazioni in tutto il mondo, dispone di interfacce standard tra il FACTORY ERP macchine e impianti, e i più diffusi ERP di gruppo. L’infrastruttura IT risulta stabile, flessibile, integrata e ormai ben consolidata nella pratica. In altre parole, si va ad ampliare l’ERP di gruppo con processi specifici di settore unici nel loro genere. Tutto ciò non produce solo sicurezza e stabilità, ma rende la struttura IT ampliabile più facilmente. Così facendo, un Manufacturing Execution System (MES), da usare separatamente, diventa superfluo. Con il CSB FACTORY ERP è possibile realizzare update e cambi release in modo rapido ed economicamente vantaggioso. Nuove richieste del mercato e modifiche del legislatore sono facilmente integrabili.

Trasparenza ed efficienza in tutti gli stabilimenti CSB FACTORY ERP collega tutte le aree della fabbrica, comprese macchine e impianti, in un unico sistema con una base dati unitaria. Questo produce trasparenza e processi produttivi ottimizzati. Ridondanze, inconsistenze e lavoro speso in doppi inserimenti in ERP di gruppo e FACTORY ERP verranno eliminati e i punti deboli saranno rapidamente riconosciuti; allo stesso tempo i tempi di reazione del management e degli addetti sul posto risulteranno accelerati e le spese notevolmente ridotte. CSB Factory ERP conviene Il Factory ERP è estremamente interessante sia per le imprese con attività diversificate sia per le multinazionali che operano a livello

Perché scegliere il CSB BASIC ERP Il CSB BASIC ERP, sistema ERP specifico di settore a completamento dell’ERP di gruppo: • consente il controllo degli stabilimenti produttivi e una maggiore trasparenza dei processi di produzione e logistica; • copre già nello standard tutte le richieste e i processi principali del settore alimenti e bevande; • è utilizzabile in tutto il mondo; • con le sue Best Practice, copre i processi specifici di settore come quasi nessun ERP di gruppo sa fare, perché è in grado di collegare le bilance, ottimizzare le ricette e documentare una rintracciabilità completa. Infrastruttura IT omogenea per l’intero gruppo In questo contesto il gruppo CSB-

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CSB FACTORY ERP collega tutte le aree della fabbrica, comprese macchine e impianti, in un unico sistema con una base dati unitaria.

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Grafico 1 – Così FACTORY ERP soddisfa le vostre richieste

Grafico 2 – Scambio dati standardizzato tra ERP di gruppo e FACTORY ERP

globale. La gestione dell’intero processo produttivo nelle diverse realtà, è affidata così interamente ad un gestionale sviluppato proprio per questo fine. Caratteristica principale di un Factory ERP è la capacità di armonizzare la gestione aziendale e la produzione al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse produttive. In altre parole, il Factory ERP va a perfezionare il software di Contabilità & Finanze per una gestione completa dell’azienda. Tuttavia, vale la pena precisare, che il gestionale CSB-System dispone di un proprio modulo interno specifico per Contabilità & Controlling per coloro i quali volessero sfruttare a pieno i vantaggi di un software integrato. È utile ricordare, infine, che l’integrazione di produzione, impianti e macchinari pone le basi per un’ampia ed estesa automazione dei processi verso la cosiddetta Industria 4.0.

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Anche nell’era dell’Industria 4.0, il sistema ERP mantiene il ruolo di colonna portante tecnico-informatica dell’azienda. Il gruppo CSB-System offre soluzioni ERP per aziende di ogni grandezza e tipo. Oltre al CSB FACTORY ERP vi sono: • CSB BASIC ERP, pensato per le piccole imprese del settore Alimenti & Bevande, che potranno così sfruttare la competenza del gestionale CSB-System in una soluzione di settore chiavi in mano, che contiene già le Best Practice di settore. Si implementa rapidamente e con una spesa minima. Può essere comodamente utilizzato in Cloud; • CSB Industry ERP, consigliato alle aziende del settore Alimenti & Bevande alla ricerca di una soluzione completa per l’azienda, che contempli quindi anche controllo Qualità, contabilità generale e industriale, cespiti, archiviazione documentale, rilevazione presenze, business intelligence e molto altro.

Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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RAZZE

La Grigia bulgara di Andrea Gaddini

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a Grigia bulgara (Balgarsko sivo govedo) è una razza autoctona appartenente al ceppo podolico, dotata di grande rusticità e resistenza alle avversità, che consentono un allevamento a basso impatto sull’ambiente e con limitato impiego di risorse da parte dell’allevatore. Origine Secondo zootecnici locali, la razza deriverebbe direttamente dal bovino selvatico, l’uro, diffuso nell’attuale Bulgaria fino al XVI secolo, che sarebbe stato addomesticato nella zona di Malashevo e Pianetz fino al monte Osogovo e alla pianura del fiume Struma, nel Sud-Ovest della Bulgaria, i cui abitanti erano noti

per essere abilissimi cacciatori di uri. L’Istituto archeologico nazionale con museo di Sofia conserva un vaso in ceramica del tardo Neolitico, della seconda metà del VI millennio a.C, da scavi del 2012-2013 a Kapitan Andreevo, in Tracia, presso il confine con la Grecia, che rappresenta un toro dalle ampie corna cavalcato da un uomo (o, secondo altri, da una donna, la dea Madre), e che, fermo restando il carattere di rappresentazione di fantasia e non di documentazione del reale, può dare indicazioni sul tipo di bovini presenti nell’area in quell’epoca e sul loro probabile carattere domestico. Studi craniologici in passato ipotizzarono l’origine della razza

Grigia bulgara dall’incrocio tra bestiame grigio della steppa a corna lunghe del tipo primigenius (simile all’uro) e bovini illirici rossicci di ceppo Busha, di piccola taglia e a corna corte (tipo brachycerus), che in Bulgaria prende il nome dal massiccio dei monti Rodopi (Rodopsko kasorogo govedo). In effetti, la Grigia bulgara manifesta caratteristiche meno spiccatamente “podoliche” delle altre razze grigie, con cranio meno allungato e corna più corte. La Grigia e la Illirica erano di gran lunga i tipi più diffusi in Bulgaria, come in molti paesi balcanici, prima dell’avvento delle razze cosmopolite. Fin dal 1915 iniziò un’attività mirata alla protezione

Kabijuk, mandria di razza Grigia bulgara. Come eredità del passato di animale da lavoro, i bovini Grigi bulgari hanno taglia media, corporatura robusta, tronco breve e relativamente asciutto, ossatura compatta e robusta, muscoli potenti e tendini solidi.

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delle razze, con la fondazione delle prime associazioni di allevatori, e nel 1929 fu istituito il Libro genealogico del Sivo mestno govedo (bovino grigio locale). A causa però delle differenze di condizioni naturali ed economiche in cui si sviluppava la selezione e dei suoi diversi livelli e obiettivi, la popolazione grigia rimase molto poco tipizzata. Alla fine della seconda guerra mondiale le razze locali, in Bulgaria, andarono incontro ad un brusco calo, per la sostituzione con razze cosmopolite specializzate o loro incroci, come accadde a molte altre razze autoctone rustiche nel mondo, per la loro maturazione tardiva, bassa produttività e accrescimenti limitati. Dopo il 1961 la Grigia bulgara era sull’orlo dell’estinzione, ma lo Stato comunque ne garantì la conservazione in istituti pubblici di ricerca. Al termine del regime socialista, nel 1990, molti animali furono però venduti o macellati perché la fine del sostegno statale rese il loro allevamento non sostenibile. Alla fine del XX secolo la Grigia esisteva solo in due aziende statali nella parte orientale della Bulgaria, la KOS a Drachevo, presso la cittadina di Sredets, e il Centro di Ricerca Kabijuk DP, a Shumen, oltre ad alcune aziende private nelle zone montagnose o collinari dei Balcani centrali e Antibalcani centrali (Sashtinska Sredna Gora) e sui massicci Rila-Rodopi e dello Strandža. Nel 2005 rimanevano solo 20 vacche. La ripresa della razza nel terzo millennio è dovuta ai programmi di sostegno per la sua conservazione, introdotti perché le sue caratteristiche rendono difficile la sua vitalità economica. La protezione della razza appare particolarmente importante perché consente un tipo di allevamento sostenibile a basso impatto ambientale, in linea con le richieste dei consumatori.

In alto: Drachevo, toro grigio bulgaro. Al centro: Drachevo, vacca grigia bulgara. In basso: Drachevo, vitelli grigi bulgari.

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Due razze o una? Fino a pochi anni fa molti zootecnici distinguevano in Bulgaria due razze podoliche, la Grigia bulgara (Balgarsko sivo govedo) e la Iskar (Sivo iskarsko govedo), di dimensioni mag-

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La cartina della Bulgaria con le località citate nel testo in evidenza. giori e più produttiva, il cui nome derivava dal nome dal fiume Iskăr o Isker, il più lungo della Bulgaria, che i latini chiamavano Oescus, affluente del Danubio. Le due razze si sono fuse e oggi Grigia bulgara e Iskar si considerano sinonimi. Per il professor YANKO GORINOV, uno dei massimi esperti della razza, la popolazione attuale ha caratteristiche intermedie tra i due stipiti originari, e va definita come razza Grigia bulgara. La Iskar ebbe origine nelle regioni di Plovdiv, Haskovo, Burgas, Smoljan e Stara Zagora, nell’area intorno ai fiumi Iskar, Vit, Osam e Rositsa, dove la disponibilità d’acqua forniva abbondanti risorse foraggere e permetteva di operare una selezione per un tipo bovino da latte diverso dal bestiame grigio originario. La maggior parte degli studi prodotti nel passato sono descrittivi e riferiti alla varietà Iskar; solo di recente la ricerca si è rivolta alla razza rustica delle origini. Nel 1951 MASON citava la Iskar come razza della steppa a triplice attitudine, in parte di sangue brachicero, nata come varietà di pianura della Grigia bulgara, mentre la va-

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rietà montanara più piccola (Stara planina) era estinta. Nel gennaio 2008 il bestiame Grigio bulgaro fu giudicato addirittura non più esistente e si annunciò la sospensione dei sussidi, che dovevano essere riconosciuti solo al bestiame Iskar. La sospensione rientrò in seguito alle proteste degli allevatori. Il Libro genealogico è stato istituito nel 2008 ed è tenuto dall’Istituto di Scienze Animali (Institut po Zhivotnovadin Nayki) a Kostinbrod, alla periferia di Sofia, a cura del prof. Yanko Gorinov. Influenza su altre razze Il valore della Grigia bulgara è testimoniato dalla sua influenza sulle razze grigie dei Paesi circostanti. La Boz Irk (Grigia turca) deriva dalla Iskar ed è anche denominata Pleven, dal nome della città bulgara da cui provenivano i riproduttori. In Romania, la Dobrogeană, sottorazza oggi estinta della Grigia della steppa rumena, derivava dalla Iskar, e ha dato origine, per incroci di assorbimento, alla Rossa di Dobrugia. La sottorazza prendeva il nome dalla zona di diffusione, la Dobrugia meridionale, che oggi fa parte della

Bulgaria, ma tra il 1913 e il 1940 era territorio rumeno. Anche la vecchia podolica greca, oggi estinta, era considerata derivata dalla Iskar e gli zootecnici consigliavano incroci con la razza bulgara per aumentare la taglia dei bovini greci. In Bulgaria, fino al 1981, la razza servì come base per la creazione di razze da carne, per incroci soprattutto con Hereford e Charolaise, oppure per razze da latte, ad esempio la Bruna bulgara (Balgarsko kafyavo govedo), approvata e riconosciuta negli anni ‘60, derivata da incroci di assorbimento con la selezione Montafon della Brown Swiss. Come negli altri Paesi balcanici, è fondamentale il ruolo del ceppo Simmental, inizialmente introdotto come incrociante sulla razza locale Kula, ora estinta. In seguito si usarono tori Simmental serbi o svizzeri su bovini grigi, nella parte nord-occidentale della Bulgaria, fino a creare la razza Balgarsko simentalsko govedo. Diffusione e consistenza La Grigia bulgara si è perfettamente adattata alle condizioni climatiche locali, avendo costituzione sana, buone capacità di lavoro, alta vitalità

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Kabijuk, vacca Grigia bulgara. e resistenza alle malattie, buona resistenza al caldo e al freddo, al vento, alla siccità, agli insetti e ai parassiti. L’allevamento è estensivo, con pascolo stazionario, in zone marginali, sui massicci dello Strandža, del Rila-Rodopi, del Sakar, della Sredna Gora centrale, sui Balcani centrali e nelle regioni di Shumen e di Varna. In anni recenti c’è stata una forte diffusione nelle regioni della Bulgaria sud-occidentale. La razza non è allevata nelle valli del nord del paese, nelle regioni della valle del Danubio, del Ludogorie e della Dobrugia. Al 31 dicembre 2017, nel Libro genealogico erano iscritti 3.294 capi, di cui 73 tori e 2.937 e 284 giovenche, in 102 allevamenti. L’attività di ricerca degli allevamenti e dei capi della razza è durata quindici anni e si è conclusa nel 2016. Non risultano al momento capi della razza non iscritti al Libro genealogico. Morfologia Come eredità del passato di animale da lavoro, i bovini grigi bulgari hanno taglia media, corporatura robusta, tronco breve e relativamente asciutto, ossatura compatta e robusta, muscoli potenti e tendini solidi. I caratteri da latte non sono molto accentuati. La testa è moderatamente larga, allungata, proporzionata al corpo, con fronte rettilinea o leggermente concava tra le orbite, occhi vivaci, neri, di

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medie dimensioni, orecchie piccole e mobili, abbondantemente rivestite, all’interno, di peli che fuoriescono di alcuni centimetri dal padiglione, soprattutto nei tori. Il musello è nero, con narici ben definite e peli lunghi e radi. Le corna devono essere a forcone (e non sono ammesse eccezioni) di colore grigio-biancastro con punte nere; sono più spesse, corte e dirette lateralmente, in avanti nei tori. Il collo è di media lunghezza, di direzione corretta e ben attaccato al tronco, con giogaia ben sviluppata; nei tori è eretto e ben muscolato, dando un aspetto imponente alla testa. La linea dorsale è rettilinea, breve e senza difetti, con fianchi, dorso, lombi e groppa ben connessi e relativamente ben muscolati, grazie all’intenso movimento dell’animale, al pascolo tutto l’anno. Il torace è profondo e moderatamente ampio; nelle vacche è ben sviluppato e di buone dimensioni, come anche l’addome, adatto all’ingestione di foraggi grossolani e voluminosi. La groppa non è molto larga ed è nettamente spiovente verso il posteriore. La coda è sottile, lunga e termina con un folto ciuffo, a pigmentazione scura. Gli appiombi sono sempre stati oggetto di speciale attenzione, dato il passato di animale da lavoro della razza. Gli arti sono asciutti e correttamente diretti, con articolazioni ben sviluppate e tendini asciutti.

Il bestiame, di tipo rustico, ha un passo leggero, veloce e facile, e le vacche sono note per la loro corsa con caratteristica andatura al trotto veloce. Gli unghioni sono piccoli e accostati, i metacarpi e i metatarsi tendono ad essere verticali. Il mantello è grigio, con sfumature dal grigio scuro al grigio chiaro, di rado giallastre nelle vacche. Come in molte altre razze podoliche, nei tori il treno anteriore è più scuro. Attorno agli occhi, e soprattutto sotto di essi, è presente una macchia nera. La pelle è spessa, morbida ed elastica, con pelo rado e soffice; la pelle all’interno delle orecchie è giallo chiaro e oleosa. La pigmentazione è scura e solo nella zona della mammella, del perineo e tra le zampe anteriori il colore è giallo pallido. Come nelle altre razze podoliche, i vitelli alla nascita sono fromentini. Dimensioni La taglia della razza è media, con altezza al garrese di circa 129 cm per i maschi e 119 cm per le femmine (per la varietà Iskar si registravano rispettivamente 140 e 122 cm). Il peso corporeo medio è di 560 kg per i maschi e 380 kg per le femmine, mentre per la varietà Iskar sono riportati rispettivamente 650 e 440 kg. Il peso alla nascita è di 23 kg per i maschi e 20 kg per le femmine. Caratteristiche produttive La Grigia bulgara ha alta adattabilità a condizioni ambientali difficili ed è nota per la sua longevità, con una carriera produttiva di 17 anni. A causa dell’età avanzata al primo accoppiamento, l’età media al primo parto è di 40 mesi, con tassi di fertilità dell’89%. La maggior parte dei vitelli nasce in primavera, data anche la prevalente stagionalità delle fecondazioni. Le vacche Grigie bulgare hanno una grande attitudine materna, prontezza e abilità a proteggere il vitello dai predatori e assenza di complicazioni post partum, grazie anche al basso peso del vitello alla nascita. Esse vanno naturalmente in asciutta allo svezzamento del vitello e non hanno problemi di mastite o altre disfunzioni della ghiandola mammaria.

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ficiale. L’applicazione delle attività di ricerca mirata e miglioramento genetico ha permesso di arrestare il calo delle consistenze della razza e nel 2012 i capi controllati sono aumentati del 42% rispetto al 2009.

Il vaso in ceramica del tardo Neolitico (VI millennio a.C.) ritrovato da scavi a Kapitan Andreevo. La lattazione della Grigia bulgara dura in media 190 giorni, con una produzione media di 975 kg e un contenuto in grasso medio del 4,1% con estremi da 3,6 a 4,5% (per la Iskar era descritta una produzione media per lattazione di 1.900 kg, con intervallo da 1.800 a 2.000 kg e un contenuto in grasso da 4,2 a 4,5%). Per la carne si registrano accrescimenti medi giornalieri di 905 grammi e rese al macello del 52-55%. La carne è piuttosto grassa ed è adatta per la produzione di insaccati. In Bulgaria esistono diversi prodotti insaccati a base di carne bovina, tra i quali il salame Gornooryahovski Sudzhuk, tipico della città di Gorna Orjahovica, nella regione di Veliko Tărnovo, di sola carne bovina, che dal 2011 ha ottenuto dall’Unione Europea la registrazione come Indicazione Geografica Protetta (IGP), le Specialità Tradizionali Garantite (STG) Pastarma govezhda di sola carne bovina cruda pressata e stagionata, e il Lukanka panagyurska, insaccato misto di bovino o bufalo e suino. Protezione L’attività di miglioramento genetico si svolge in particolare nelle due aziende statali, la KOS di Sredets, e il Centro di Ricerca Kabijuk DP. I giovani animali sono valutati due volte in base a criteri morfologici e genealogici, per essere inseriti

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nel periodo di allevamento. Le giovenche con alte valutazioni sono anche valutate per le dimensioni. Gli allevatori della razza sono stati tra i beneficiari dei pagamenti dell’Unione Europea nel quadro del programma SAPARD (Programma Speciale di Adesione per lo Sviluppo Agricolo e Rurale), che fino al 2007 sosteneva l’adeguamento delle strutture agricole dei paesi dell’Europa orientale candidati all’adesione alla UE. Il pagamento era di € 200,00 per vacca e per giovenca gravida, e ha avuto influenza positiva creando condizioni per incentivare la riproduzione. A livello nazionale, nel quadro degli aiuti di Stato, sono stati anche erogati finanziamenti per la tenuta del Libro Genealogico e la registrazione di base degli animali, per organizzare manifestazioni di allevatori, per l’attività di ricerca e la costruzione di una struttura di miglioramento genetico della popolazione in numerose aziende controllate. In queste aziende si è intervenuto per interrompere l’impiego indiscriminato di riproduttori, impiegando solo tori di razza pura, come unico modo per conservare e stabilizzare il patrimonio genetico della popolazione. È stato anche prelevato seme da sei tori: nel 2017 si contavano 5.201 dosi, crioconservate presso un centro pubblico per l’inseminazione arti-

Progetti svizzero-bulgari Nel periodo 2000-2006 è stato svolto un progetto finanziato dalla Cooperazione Tecnica Svizzera per salvare quattro razze locali bulgare, due bovine (la Grigia bulgara e la Rodopi) e due ovine (la Karakachan e la Rossa ramata di Shumen). Sono state predisposte schede descrittive delle razze, offerta assistenza veterinaria, preparati piani di accoppiamento per le aziende, istituiti libri genealogici, create associazioni di allevatori e avviate iniziative promozionali, per sollevare l’interesse del pubblico e dei media. Da settembre 2012 a settembre 2017 si è svolto il progetto To link biodiversity protection and rural development in High Nature Value Territories by sustainable market mechanisms and reinforced public participation (“Collegare la protezione della biodiversità e lo sviluppo rurale in territori di alto valore naturalistico per mezzo di meccanismi di mercato sostenibili e di partecipazione pubblica rinforzata”), sostenuto da ONG bulgare e svizzere coinvolte nella protezione della natura e nell’agricoltura sostenibile. Tra di esse il WWF Bulgaria, Birdlife Bulgaria BBF (Bulgarian Biodiversity Foundation), Pro Natura, Birdlife Switzerland, l’associazione svizzera REDD (Réseau Échanges Développement Durable), Bioselena (Fondazione bulgara di Agricoltura biologica, ONG per la promozione dell’agricoltura biologica), e l’unico partner istituzionale del progetto, IASRJ, l’Agenzia esecutiva per la Selezione e la Riproduzione (Izpalnitelna Agentsiya po Selektsiya i Reproduktsiya v Jhivotnovadstvoto) del Ministero bulgaro dell’agricoltura e foreste. Nel 2016 il progetto ha vinto il prestigioso premio NATURA 2000 della UE, nella categoria “Benefici socio-economici”. La protezione delle razze autoctone rare era inserita nel “pacchetto sviluppo rurale sostenibile” e tra le

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attività messe in opera ci sono state quelle indirizzate alle conoscenza delle razze locali, in particolare da parte dei bambini, azioni di pubbliche relazioni, visite alle mostre delle razze e congressi. È stato curato il miglioramento delle condizioni di vita degli agricoltori nelle aree vicine a quelle protette, anche con la remunerazione dei servizi ecologici forniti. Il progetto ha coinvolto tutte le razze zootecniche bulgare, dato che la IASRJ, che supervisiona la gestione di libri genealogici di tutte le specie in Bulgaria, era uno dei partner del progetto. La IASRJ ha avviato l’installazione di un laboratorio genetico, con programma di controllo sistematico di tutti i capi appartenenti alle razze rare che ricevono aiuti UE e statali. Inoltre, sono stati istituiti un registro completo e una mappa digitale di tutti i detentori di razze rare. Dati nazionali In Bulgaria, secondo EUROSTAT, nel 2017 erano presenti 552.920 capi bovini, con un dato sostanzialmente stabile nel corso del decennio, mentre sono stati macellati 35.070 capi per un peso totale di 7.440 t, con una media di 212 kg per carcassa. Andrea Gaddini Nota Un cordiale ringraziamento, per il prezioso aiuto prestato, al prof. VASIL NIKOLOV, presidente dell’Accademia Bulgara di Agricoltura, e alla prof.ssa SONYA IVANOVA, capo del Dipartimento della Cooperazione internazionale e delle pubbliche relazioni dell’Accademia. Bibliografia • BODÓ I. (a cura di), Characterisation of Indigenous and Improved Breeds, Te-Art-Rum Bt., Budapest, 79-83. • GORINOV Y., LIDJI K. (2013), Monitoring investigations in process of keeping in Bulgarian grey cattle exit risk area of breeding, Agricultural Sciences, vol. V, 13:97-100. • G ORINOV Y. (2018), Institut po Zhivotnovadin Nayki, Kostinbrod, Bulgaria, Comunica-

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zione personale. • KOZHINKOV K. (a cura di, 1989), Kabijuk Agricultural Research Complex and Genetic Preserve – Shoumen, Bulgarreklama, Sofia, Bulgaria. • KUGLER W. (2006), Save Focus 2005 Special Edition Balkan Transboundary Occurring Breeds and Breed Groups of the Balkan, Save Foundation, Konstanz, Germania: 19. • I NTERNATIONAL S AVE N ETWORK (2018), Short view on results of Linking Nature protection with sustainable rural development in Bulgaria September 2012-September 2017, Comunicazione personale. • LIDJI K., GORINOV Y. (2013), Influence methods of breeding and rearing on level selection and technological dropping out by Bulgarian grey cattle, Agricultural Sciences, vol. V, 13:101-105. • MASON IAN LAUDER (1951), World Dictionary of Livestock Breeds, Types and Varieties, Commonwealth Agricultural Bureaux, Slough, Bucks, England. • PORTER V. (2002,) Mason’s World Dictionary of Livestock Breeds, Types and Varieties, CABI Publishing, New York, USA. • S TOJENCEV D. (2009), Poroda balgarsko Sivo Govedo, AgroConsultant.net • S TOJILJKOVIĆ M., S TE VANO VIĆ O., JOVANOVIĆ I., DROBNJAK D., UROSEVIĆ M. (2014), Domestic Animal Indigenous Breeds of the Balkans, Global Students’ Conference of Biomedical Sciences, Belgrado. • S.A. (2008), Ima poroda Balgarsko Sivo govedo, sinor.bg/13875-Imaporoda-Balgarsko-sivo-govedo • VLAYKOV S. (2012), Da Zapazim Zaedno Balgarskogo (II part.), IASRJ, www.iasrj.eu Siti consultati • www.save-foundation.net • www.amalthia.org • www.fao.org • ec.europa.eu/eurostat/data/ database • www.ias.bg • ec.europa.eu/agriculture/quality/door/list.html


STORIA E CULTURA

Pollo incontrastato re della tavola Soltanto da poco tempo le carni avicole hanno raggiunto un ruolo di primo piano nell’alimentazione degli Italiani di Giovanni Ballarini

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Una storia antica robabilmente le galline, già presenti nell’antico Egitto intorno al XIV secolo a.C, sono state addomesticate intorno al 4000 a.C. nella piana dell’Indo, soprattutto per le uova prodotte e non per la qualità gastronomica delle carni. Sembra che galli e pollastri siano arrivati in Grecia al seguito dell’armata d’Oriente di ALESSANDRO MAGNO, tanto che ARISTOFANE chiamava i polli “uccelli di Persia”, e che, secondo alcuni, i maschi fossero apprezzati come animali da combattimento, sacrificati ed offerti alle divinità. SOCRATE, condannato a morte, raccomandò al discepolo CRITONE di sacrificare un gallo ad ESCULAPIO, il dio della medicina, perché il canto mattutino dell’animale avrebbe annunciato l’ingresso dell’anima nell’altro mondo. Gli antichi Romani erano grandi consumatori di uova e galline, tanto che il prestigio del pollo è testimoniato dalle ricette di APICIO e da CATONE e COLUMELLA, che ne descrivono le tecniche di allevamento, mentre altre testimonianze sono fornite da MARZIALE, GIOVENALE, PETRONIO; in particolare quest’ultimo, nel Satyricon, illustrando le portate del banchetto di TRIMALCIONE, cita anche la carne di pollo. I Latini utilizzavano i polli anche nei riti religiosi e nella Roma imperiale venivano allevati galli profetici ai quali, prima di ogni battaglia, era offerto del becchime: se gli animali lo mangiavano voracemente la vittoria era assicurata, in caso contrario

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Joachim Anthoniszoon Wtewael (1566-1638), A Kitchenmaid in the background Jesus in the house of Mary and Martha, 1620-25, Centraal Museum Utrecht.

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si doveva prevedere una sconfitta. Nella gastronomia medievale, ai polli si preferivano pavoni e faraone, tanto che il loro allevamento era una delle poche attività alle quali il contadino (di solito il compito spettava alla donna di casa) poteva dedicarsi liberamente, senza renderne conto al feudatario, anche se poi portava ugualmente un certo numero di polli e uova al padrone o a chi doveva un favore, usanza conservata nei secoli successivi, testimoniata peraltro dal MANZONI ne I promessi sposi, quando Renzo si presenta a casa dell’avvocato Azzeccagarbugli con quattro capponi. Nel 1600 polli e capponi divennero un simbolo di agiatezza borghese, utilizzati in molte, elaborate ricette di cucina. Il pollo è stato uno dei primi animali addomesticati, accettato da tutte le culture carnivorane, e tuttora mantiene il successo per molti motivi: in primis l’economicità, la duttilità e la rapidità dell’allevamento, la qualità delle carni e la molteplicità di preparazioni culinarie e gastronomiche. Un pollo in pentola, antico miraggio ENRICO IV di Francia (1553-1610), soprannominato le Vert Galant per il colore preferito dei suoi abiti e la grande passione verso le donne, prediligeva le carni di pollo lesso e nel 1606, in occasione di una colazione all’Arsenale, parlando con il duca CARLO EMANUELE I di Savoia (o con il suo ministro MAXIMILIEN DE BÉTHUNE DUC DE SULLY, secondo lo storico JACQUES BOURGEAT), avrebbe detto: «Se Dio mi dà più vita, farò in modo che non ci sia un lavoratore nel mio regno che non possa avere una gallina nella sua pentola». Da qui sarebbe nata la storia del poule-au-pot (ossia “pollo in pentola”), dedicato a Enrico IV, la cui autenticità sarebbe avvalorata da una citazione di VOLTAIRE. L’auspicio di Enrico IV di far mangiare un pollo a tutti i Francesi però non si verificò e due secoli dopo, all’alba della rivoluzione francese, il popolo continuava a sperare cantando «Enfin la poule au pot va être mise. On peut du moins le présumer. Car, depuis deux cents ans qu’elle nous est promise.

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Pollo in pentola. On n’a cessé de la plumer». Neppure la rivoluzione portò il pollo sulle tavole dei Francesi e LUIGI XVIII, re di Francia dal 1814 al 1824, ricordando la promessa di Enrico IV, rinnovò l’impegno, che ancora una volta non venne mantenuto. Per soddisfare la voglia di pollo bisogna aspettare la fine del XX secolo, quando la pollicoltura industriale lo rese un cibo abbondante per la popolazione di tutta Europa, Italia compresa. Secondo le promesse di Enrico IV e di Luigi XVIII e le speranze dei rivoluzionari francesi, un pollo di circa 2,5 kg per ogni famiglia di circa sei persone, nella pentola della domenica, fanno pressappoco 20 kg di pollo a testa per anno, pari all’attuale disponibilità di carni avicole per ogni italiano, che corrisponde a un consumo annuale reale pro-capite di circa 9 kg di carne (RUSSO V. et al., Consumo reale di carne e di pesce in Italia, Franco Angeli ed., 2017).

Avicoltura di successo Secondo recenti rilevazioni IPSOS, per il 54% degli Italiani la carne bianca di pollo e tacchino costituisce la principale fonte alimentare di proteine pregiate e l’unica fonte proteica di origine animale che vede aumentare i consumi, assieme ai legumi e ad altri prodotti vegetali. Inoltre, tutto il pollo portato in tavola dagli Italiani è di produzione nazionale — e questo molti Italiani (il 64% secondo IPSOS) non lo sanno — perché la filiera avicola è l’unica nel nostro panorama zootecnico che garantisce l’autosufficienza rispetto al consumo interno, con un tasso di approvvigionamento pari al 103%. La produzione avicola italiana (con 18.500 allevamenti, di cui 6.400 professionali, che impiegano 38.500 addetti) rappresenta un modello per la zootecnia nazionale, con un fatturato di 5.850 milioni di euro nel 2017, in crescita rispetto al 2016 di circa il 7%. Diverse sono le

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Aloïs Gury, avicoltore a Montrevel-en-Bresse. ragioni dell’incontrastato successo delle carni avicole e dell’efficacia del modello produttivo che il settore si è dato: ottimo lavoro dei genetisti nella messa a punto delle linee produttive; perfetta conoscenza delle esigenze nutrizionali e comportamentali degli animali con grande attenzione all’igiene, alla prevenzione delle patologie, al benessere degli animali e alla sostenibilità ambientale degli allevamenti; il tutto in un modello integrato di filiera produttiva che nell’avicoltura ha il suo punto di eccellenza. Di particolare importanza è l’efficienza organizzativa per istituire e mantenere la tracciabilità della produzione con il controllo e la gestione delle emergenze, come dimostrano i ristrettissimi tempi di risposta agli episodi di influenza aviaria, risolti in media nell’arco di un mese. Per questo un fattore chiave e sempre più rilevante nelle scelte e nei comportamenti d’acquisto dei consumatori è la fiducia nei confronti dei produttori avicoli nazionali. Secondo IPSOS, il 70% degli Italiani dichiara di avere

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un’opinione positiva del settore, il 61% si fida dei produttori avicoli, il 51% promuove l’impegno sulla sostenibilità e il 70% ha un giudizio positivo o neutro su come sono allevati gli animali. Importante per i consumatori è anche l’azione di riduzione degli antibiotici negli allevamenti. Consumi e polli di pregio per una popolazione che cambia Mentre il consumo di altre carni è in calo, quello delle carni avicole è in crescita perché piacciono ai giovani, agli anziani e alle donne, e poi sono più economiche di altre carni. Inoltre, sono le carni più ben accette dai semivegetariani. Infatti, se chi si definisce vegetariano non consuma alcun tipo di carne o pesce, i semivegetariani, indicati in inglese come flexitarian, pur tendendo a non mangiare prodotti animali, “occasionalmente” si concedono delle eccezioni, preferendo le carni bianche di pollo (quasi sempre escludono quelle di bovino e di maiale). Dal punto di vista gastronomico sta avanzando il concetto di

carni avicole di alta qualità, fornite ad esempio da razze tradizionali quali il pollo del Valdarno, la gallina Padovana, la gallina Polverara e altre che iniziano ad essere apprezzate da cuochi e consumatori. Un’evoluzione che gli esperti definiscono ricerca del valore reputazionale, anche perché, forse, la comune carne di pollo, accessibile a tutti con i suoi prezzi bassi, ha perso di attrazione per certi consumatori alla ricerca di un prodotto elitario. Per gli intenditori, la filiera avicola ha già dato dimostrazione di ampie capacità nell’assecondare esigenze ed evoluzioni dei mercati, e non ci si deve stupire se, presto, all’economico petto di pollo pronto per andare in padella si affiancherà una raffinata preparazione per palati sopraffini, disposti a spendere di più per una carne di qualità, seguendo una tendenza già consolidata in Francia. Poulet de Bresse e pollo del Valdarno I Francesi sono molto bravi nel valorizzare i prodotti della propria terra. Tra questi, un pollo è stato

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ESPERA ITALIA SRL P.zza Alpini d’Italia, 8C 43015 Noceto (PR) Tel. +39 0521 618 673 Fax. +39 0521 615 444 www.espera.com www.facebook.com/esperawerke


elevato al rango di grand cru dei volatili. Stiamo parlando del poulet de Bresse, allevato nell’Ain, dipartimento rurale a due passi dalla Savoia e dalla Borgogna. In questa zona i polli sono nutriti e allevati a terra secondo un disciplinare rigoroso che conferisce loro l’AOC (Appellation d’origine contrôlée), diventato AOP (Appellation d’Origine Protégée), e la possibilità di essere esportati in tutto il mondo con un marchio riconoscibile e prestigioso. La storia del poulet de Bresse è antica. A Vonnas, già nel XIX secolo, prosperava un fiorente mercato di pollame e qui, nel 1872, nella piazza dove si contrattavano i polli, JEAN-LOUIS BLANC e la moglie si insediarono come locandieri per sfamare i numerosi commercianti. Il successo del locale e della razza di polli si deve all’Auberge fondato dal figlio di Jean-Louis, ADOLPHE, e da sua moglie ELISA GERVAIS, detta la Mère Blanc, che grazie al suo formidabile talento di cuoca divenne una celebrità definita da CURNONSKY, principe dei gastronomi, la “migliore cuoca al mondo”. L’Italia non è da meno col suo pollo del Valdarno. Nel 1902 il marchese GIROLAMO TREVISANI cita, alla Società Agraria di Bologna, allevatori fiorentini particolarmente attivi nel lancio della razza il cui standard è redatto dal cav. MAGGI nel 1905 e ufficializzato nello stesso anno

dalla Società Italiana di Avicoltura. Nel 1925, al Concorso di produzione invernale di uova a Bergamo, vengono presentati riproduttori di razza Valdarno bianca, che nel 1953 è presentata ufficialmente alla Mostra avicola di Cremona come razza a sé stante e finisce per soppiantare la razza nera. La razza però dura poco, anzi all’epoca quasi si estingue. Sarà recuperata da FABRIZIO FOCARDI, ricorrendo anche a polli con caratteristiche il più possibile simili alla razza estinta. Gli anni Cinquanta vedono una forte ripresa dell’allevamento della Valdarnese bianca, soprattutto per merito della costituzione, nel 1954, a Montevarchi (AR), del Gruppo Avicolo del Valdarno, fornito di un centro di selezione, due grandi incubatoi e numerosi pollai di moltiplicazione. Nello stesso anno si tiene a Montevarchi il Convegno per la valorizzazione e il miglioramento della pollicoltura nel Valdarno superiore, che ha rilevanza nazionale e sancisce l’inizio di un piano di selezione della Valdarno bianca sotto il controllo dell’Ispettorato provinciale dell’Agricoltura di Arezzo. Partendo dall’incrocio fra polli Bresse e polli autoctoni della campagna senese, immettendo anche esemplari di razza Castigliana, il rinnovato pollo del Valdarno è presentato ai Campionati italiani di Reggio Emilia nel 1998, con uno

Nel 2017 il consumo di pollo in Italia è salito a 15,48 kg pro-capite, in aumento dello 0,7% rispetto al 2016.

132

standard italiano realizzato in virtù di quello accettato nel 1905 dalla S.I.A. Secondo alcuni — ma non vi è un accordo generale — un tempo le razze del Valdarno erano due: la nera, una pregiata ovaiola dai riflessi metallici, e la bianca, da carne, identificata nel 1953 e presentata alla Mostra di Cremona (ma aveva già vinto un premio nel 1925, a Bergamo). Oggi, della razza nera si è persa traccia; è sopravvissuta la bianca, salvata dalla tradizione contadina di allevare qualche pollo per il consumo familiare, che oggi vede la presenza del Consorzio Valdarnese Bianca costituito nel 1999. I galli sono alti, slanciati, di grossa coscia e petto piccolo, e raggiungono il peso di 2-2,5 kg. Hanno penne bianche che con il tempo tendono al frumentino, coda a ciuffo con falciformi brevi, cresta rosso sangue, eretta, con cinque o sei denti, bargigli molto sviluppati, orecchioni color crema con venature rosse, becco, zampe e pelle gialli. Le galline sono più piccole (1,5-2 kg) e hanno la cresta piegata. Razza genuinamente toscana, il pollo del Valdarno è di qualità superiore per la bontà della carne e la produzione delle uova. Vi è chi ha scritto che, quando la Bresse sparì dalle aie francesi, la Valdarno divenne oggetto di massiccia esportazione, contribuendo così alla sua rinascita. Il pollo del Valdarno si cucina aperto a libro, cotto sulla brace con erbe, sale e pepe, e il nome della ricetta pollo alla diavola deriva dall’aspetto infernale delle fiamme. Altre ricette prevedono la cottura in umido con i rocchini rifatti: palline di sedano lessato, infarinate, passate nell’uovo, fritte e poi insaporite nell’umido del pollo. Secondo una tradizione ma di tutta la Toscana, vi è anche la ricetta del pollo fritto, passato prima nella farina poi nell’uovo e cotto a lungo nell’olio bollente. Con le interiora si preparano i crostini neri, mentre il collo si mangia ripieno, farcito con carne, uova, grana e noce moscata. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

Eurocarni, 3/19





STATISTICHE

Macellazione del bestiame a carni rosse, 3 o trimestre 2018 di Aurora De Santis

L

L’indagine nel 2018 e indagini congiunturali sulla macellazione del bestiame hanno interessato i mattatoi pubblici e privati, a bollo CEE, a capacità limitata e in deroga, risultati attivi sul territorio nazionale. Più in particolare, l’universo dell’indagine relativa alle “carni rosse” è costituito da circa 2.000 mattatoi tra i quali è stato estratto, in modo casuale, per l’anno 2018, un campione di circa 400 impianti rappresentativi del totale. A decorrere dal 1o gennaio 2009 il modello prevede la divisione della categoria dei vitelli in due nuove categorie: vitelli fino a 8 mesi e giovani bovini (da 9 a 12 mesi). Tale modifica è stata inserita in

conformità al nuovo Regolamento n. 1165/2008. La rilevazione è compresa nel Programma Statistico Nazionale con il codice IST00163 e per essa è previsto l’obbligo di risposta. I risultati Nel periodo considerato, per i bovini si registra un numero di capi abbattuti pari a 1.957.000 per un peso medio pari ai 507,1 kg e una resa media del 58,0% (Tavola 1). I bufalini ammontano invece a 88.072 capi abbattuti fino al terzo trimestre dell’anno, per un peso morto pari a circa 175.000 quintali. Per i suini si registrano circa 8,4 milioni di capi abbattuti, con una resa media pari all’81,2% e un peso vivo medio

di 162,6 kg. La categoria che più contribuisce alla macellazione della specie suina è la categoria dei grassi che costituisce il 93,5% del totale. Per gli ovini, i capi macellati risultano pari ad un totale di 1.831.216 capi, mentre i caprini macellati sono in totale circa 94.000 capi. Per gli equini, la categoria dei cavalli, pari al 93,8% del totale degli abbattimenti, fa segnare un numero pari a 14.681 capi abbattuti, su un totale di equini abbattuti pari a 15.654. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

Mezzene di suino (photo © Kadmy – stock.adobe.com).

136

Eurocarni, 3/19


Tavola 1 – Macellazione per categoria del bestiame a carni rosse (gennaio-settembre 2018) Capi (numero)

Peso vivo (quintali)

Peso vivo medio (kg)

Peso morto (quintali)

Vitelli minori di 8 mesi

416.922

939.897

225,4

559.126

59,5

Vitelli da 8 mesi e piĂš

36.466

99.729

273,5

60.383

60,5

Vitelloni maschi e manzi

660.238

4.062.624

615,3

2.375.988

58,5

Vitelloni femmine

444.846

2.516.070

565,6

1.450.443

57,6

Buoi

2.634

15.367

583,4

8.720

56,7

Tori

9.156

65.042

710,4

37.895

58,3

386.963

2.429.397

627,8

1.265.842

52,1

1.957.225

9.924.730

507,1

5.758.397

58,0

Vitelli bufalini

51.969

131.356

252,8

73.226

55,7

Bufale

29.853

161.033

539,4

85.090

52,8

6.250

30.810

493,0

16.497

53,5

88.072

323.199

367,0

174.813

54,1

2.045.297

10.247.929

501,0

5.933.210

57,9

1.449.000

219.795

15,2

132.674

60,4

106.918

35.143

32,9

20.032

57,0

Castrati

308

168

54,5

93

55,4

Pecore

272.641

146.742

53,8

78.593

53,6

2.349

1.465

62,4

773

52,8

1.831.216

403.313

22,0

232.165

57,6

Capretti e caprettoni

71.051

11.678

16,4

6.980

59,8

Capre

21.797

8.700

39,9

4.560

52,4

Becchi

723

436

60,3

223

51,1

Caprini

93.571

20.814

22,2

11.763

56,5

1.924.787

424.127

22,0

243.928

57,5

Lattonzoli

293.973

67.672

23,0

53.798

79,5

Magroni

247.263

185.143

74,9

146.285

79,0

Grassi

7.838.236

13.371.302

170,6

10.864.061

81,2

Suini

8.379.472

13.624.117

162,6

11.064.144

81,2

14.681

71.165

484,7

42.280

59,4

88

302

343,2

166

55,0

885

2.174

245,6

1.176

54,1

Equini

15.654

73.641

470,4

43.622

59,2

Struzzi

127

120

94,5

52

43,3

Categorie

Vacche Bovini

Altri bufalini Bufalini Bovini e bufalini Agnelli Agnelloni

Montoni Ovini

Ovini e caprini

Cavalli Muli e bardotti Asini

Resa media (%)

Fonte: ISTAT.

Eurocarni, 3/19

137


Macellazione del bestiame a carni bianche, 3 o trimestre 2018 di Aurora De Santis

A

L’indagine nel 2018 partire da gennaio 2002 l’Istituto Nazionale di Statistica effettua mensilmente una rilevazione del bestiame a carni bianche macellato, con la finalità di ottenere informazioni sul numero di capi e il relativo peso (vivo e morto) degli animali abbattuti ogni mese sul territorio nazionale. Gli animali considerati, suddivisi in categorie, sono i volatili da cortile (avicoli, tacchini, faraone, anatre e oche), la selvaggina da penna e i conigli. L’indagine viene eseguita presso

l’intero universo di mattatoi, pubblici e privati, a bollo CEE e a capacità limitata, per un totale di circa 180 impianti, e riguarda sia il bestiame indigeno sia quello di provenienza estera. L’indagine è compresa nel Programma Statistico Nazionale con il codice IST001636 e per essa è previsto l’obbligo di risposta. I risultati I risultati dell’indagine relativa ai primi nove mesi dell’anno 2018 evidenziano una macellazione di 401 milioni di capi avicoli, il 68,3% dei

quali è costituto dall’abbattimento di polli da carne di peso superiore ai 2 kg; l’insieme delle due categorie dei polli da carne, di peso inferiore e superiore a 2 kg, costituisce il 95,2% del totale avicoli (Tavola 1). La resa media degli avicoli risulta pari al 70,7% con un picco per la categoria dei polli Livornesi e Golden (76,4%). Il totale dei tacchini macellati è costituito da circa 20,3 milioni di capi, per un peso morto pari a circa 220.000 tonnellate, una resa media del 74,7% e un peso medio di 14,5 kg.

Tavola 1 – Macellazione per categoria del bestiame a carni bianche (gennaio-settembre 2018) Peso vivo

Capi Categorie

Peso medio kg

kg

var. %

Resa media %

Peso morto

migliaia

var. %

Polli da carne < 2 kg Polli da carne ≥ 2 kg Galline da riproduzione Galline ovaiole Capponi Polli Livornesi e Golden

107.621 274.282 1.733 15.700 320 1.670

–1,7 –3,3 20,3 –11,1 –11,8 8,0

172.498.550 810.690.702 6.406.689 34.520.593 1.045.958 3.830.937

1,6 3,0 3,7 2,2 3,3 2,3

117.115.088 580.472.944 4.544.915 21.477.445 745.117 2.926.148

–1,0 – 4,9 20,8 4,5 1,6 19,9

67,9 71,6 70,9 62,2 71,2 76,4

Totale avicoli

401.326

–3,1

1.028.993.429

2,6

727.281.657

–3,8

70,7

Tacchini maschi da carne Tacchini femmine da carne Tacchini da riproduzione

10.627 9.468 232

– 4,4 – 8,1 38,9

204.508.776 87.052.649 3.325.197

19,2 9,2 14,3

153.019.045 64.917.555 2.424.589

–5,3 – 8,6 33,9

74,8 74,6 72,9

Totale tacchini

20.327

–5,8

294.886.622

14,5

220.361.189

– 6,0

74,7

Totale faraone

2.745

–7,8

5.308.161

1,9

3.846.225

–5,1

72,5

923

– 0,5

3.058.339

3,3

2.242.559

– 0,7

73,3

7

–22,2

35.496

5,1

27.058

–1,9

76,2

11.377

–20,5

29.676.448

2,6

16.878.091

–22,1

56,9

Quaglie Piccioni

9.054 388

–1,1 – 4,0

2.181.710 203.150

0,2 0,5

1.477.186 159.056

3,3 –3,1

67,7 78,3

Totale selvaggina

9.442

–1,2

2.384.860

0,3

1.636.242

2,7

68,6

Totale anatre Totale oche Totale conigli

kg

Fonte: ISTAT.

138

Eurocarni, 3/19


Colore

Colore

CERTIFICATO

MISURAZIONE DI POTENZA STORDITORI ,O SUHVHQWH FHUWLÀFDWR FRQIHUPD FKH OR VWUXPHQWR VRWWRLQGLFDWR q VWDWR WHVWDWR HG q FRQIRUPH DOOH VSHFLÀFKH WHFQLFKH ULFKLHVWH Modello: Numero di Serie: Testato da: Firma: Data: Valido con decorrenza dalla data di emissione. Lo strumento richiederà un nuovo test entro la data sottoindicata. Test Successivo (Data):


Per quanto riguarda la categoria delle faraone, i capi macellati fino al terzo trimestre 2018 sono circa 2,7 milioni per un peso morto di circa 3.800 tonnellate e una resa del 72,5%. La macellazione delle anatre ammonta a circa 903.000 capi, con resa media del 73,3%, peso morto complessivo pari a circa 2.243 tonnellate e peso medio di 3,3 kg. I

conigli macellati in questo periodo sono circa 11,4 milioni, con una resa del 56,9%, un peso per capo di 2,6 kg ed una produzione pari a circa 16.900 tonnellate di carne. La sezione selvaggina, in cui sono compresi quaglie e piccioni, fa registrare complessivamente, nel periodo considerato, circa 9,4 milioni di capi macellati.

La produzione risulta pari a circa 1.636 tonnellate di carne macellata (peso morto) e la resa è al 68,6% rispetto al peso vivo. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

Benessere durante il trasporto: gli Eurodeputati chiedono di fare di più Gli Stati Membri dell’UE devono applicare la normativa europea per proteggere gli animali durante il loro trasporto e sanzionare chi si rende responsabile di maltrattamenti. È quanto chiede la Commissione per l’Agricoltura del Parlamento UE che, in una risoluzione adottata lo scorso 24 gennaio a Bruxelles con 22 voti a favore, 12 contrari e 4 astensioni, invita i Paesi UE ad applicare la direttiva dell’Unione del 2005 che punta a proteggere meglio i milioni di animali trasportati ogni anno in Europa. • Pene più severe per i trasgressori – La Commissione non dovrebbe esimersi dall’imporre sanzioni agli Stati Membri che non applicano correttamente le regole. Gli Stati Membri, da parte loro, devono perseguire le infrazioni con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, armonizzate a livello dell’UE, che riflettano il danno, la portata, la durata e la ripetizione dell’infrazione. Queste sanzioni dovrebbero includere la confisca dei veicoli e la formazione obbligatoria del personale responsabile per il benessere degli animali. • Controlli più stringenti e migliori veicoli per i trasporti – I deputati desiderano implementare tecnologie che migliorano l’applicazione degli standard attuali. Chiedono alla Commissione di sviluppare sistemi di geolocalizzazione per tracciare la posizione degli animali e la durata dei viaggi. Richiedono anche sanzioni per coloro che completano falsamente i documenti di viaggio. Per proteggere meglio gli animali, le autorità nazionali dovrebbero: eseguire verifiche non preannunciate e basate sul rischio; informare le autorità di tutti i paesi lungo il percorso di trasporto se viene identificata una violazione; incoraggiare i trasportatori a sviluppare sistemi per prevenire il ripetersi di violazioni; sospendere o ritirare la licenza di trasporto per recidivi; vietare l’uso di veicoli non conformi e adattare i porti ai requisiti di benessere degli animali e migliorare i controlli del precarico. I deputati del PE promuovono inoltre una nuova strategia per il benessere degli animali per il 2020-2024 e una chiara definizione di ciò che costituisce l’idoneità al trasporto e le linee guida su come valutarlo. Vogliono anche un aggiornamento scientifico delle norme UE sui veicoli di trasporto per garantire: sufficiente ventilazione e controllo della temperatura, adeguati sistemi di alimentazione e di alimentazione liquida, riduzione delle densità e un’altezza minima e veicoli adattati ai bisogni di ogni specie. • Riduzione dei tempi di trasporto – I tempi di viaggio degli animali dovrebbero essere il più breve possibile, sostiene la Commissione per l’agricoltura. In base a ciò, dovrebbero essere promosse strategie alternative, come la macellazione locale o mobile e gli impianti di lavorazione della carne nei pressi del sito di produzione o di macellazione dell’azienda, i circuiti di distribuzione brevi e le vendite dirette. I deputati chiedono alla Commissione di effettuare un’indagine sui tempi di viaggio appropriati per le diverse specie e di sviluppare una strategia per passare dal trasporto di animali vivi principalmente al trasporto di carne e carcasse, ove possibile. Il testo adottato insiste anche sul fatto che, a meno che gli standard di trasporto nei paesi non-UE siano allineati con quelli dell’UE e correttamente attuati, l’UE dovrebbe cercare di mitigare le differenze attraverso accordi bilaterali o, se non è possibile, vietare il trasporto di animali vivi verso questi paesi. I deputati chiedono inoltre che gli Stati Membri dell’UE confinanti con paesi non UE forniscano aree di sosta in cui gli animali possano essere scaricati e ricevano cibo e acqua in attesa di lasciare l’UE. (Fonti: www.europarl.europa.eu, www.3tre3.it; photo © www.europarl.europa.eu)

140

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Il commercio con l’estero delle carni, 3o trimestre 2018 di Aurora De Santis

L’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni: fonti e metodologia Istituto Nazionale di Statistica effettua, a partire dal 1990, un’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Vengono elaborati mensilmente i dati prodotti dal servizio Commercio con l’estero, con riferimento al numero dei capi e al relativo peso vivo, nonché ai quantitativi di carne scambiati con l’estero. Le specie prese in esame sono: bovina, suina,

L’

142

ovicaprina, avicola ed equina. Si distinguono gli scambi intra-UE da quelli con il resto del mondo. I dati non vengono però aggiornati con le successive uscite del servizio Commercio con l’estero di dati definitivi. I dati sono disponibili in forma cartacea dal 1990 al 2008 e, successivamente, sono stati diffusi sul sistema informativo Agri.istat.it a partire dal 2009. Le fonti dell’elaborazione sono due rilevazioni ISTAT, entrambe mensili: Cessioni/acquisti beni con i paesi UE (sistema Intrastat) e Commercio speciale esportazione/im-

portazione extra-UE. Una volta acquisiti i dati, vengono effettuati controlli di congruenza con dati precedenti della stessa elaborazione e successivamente archiviati e diffusi su banche dati sia ISTAT che EUROSTAT. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it Nota Photo © YouWorkForThem.

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Eurocarni, 3/19

143

750.361 18.213 20.408

Carni suine

Carni ovine-caprine

Carni equine

25,2

–2,6

5,4

–2,6 24,1

–19,4

–23,7

–94,4

–13,2

–13,3

– 6,9

– 6,1

–100,0

–11,5

–52,3

8,8

–9,8

Variaz. % rispetto all’anno precedente

18.477

15.751

749.828

223.572 23.944

7.772.756

18.883

941

699.074

1.034.770

785.723

77.137

308.069

1.700

169.910

228.907

di cui Europa

Fonte: ISTAT, elaborazione sul commercio estero degli animali vivi.

a) I dati sono provvisori; le variazioni pari a –100% si riferiscono a quantità molto piccole. b) Animali vivi in numero di capi, carni rosse in tonnellate. c) Europa a 28 paesi, sia importazioni che esportazioni.

235.420 47.742

7.774.996

Carni bovine – fresche o refrigerate – congelate

Pollame domestico

18.924

Equini

699.074

Ovini 941

1.034.776

Suini

Caprini

785.794

77.150

308.077

Totale bovini

Riproduttori di razza pura

Altri non domestici

Altri

1.700

169.910

Giovenche

Vacche

228.957

Totale mondo

Vitelli

Categorie

Importazioni

25,3

–2,1

5,4

–3,1 19,5

–19,4

–23,8

–94,4

–13,2

–13,3

– 6,9

– 6,1

–100,0

–11,5

–52,3

8,8

–9,8

Variaz. % rispetto all’anno precedente

1.741

2.567

58.862

60.595 33.287

11.673.538

244

1.668

9.662

2.244

24

405

103

691

6.195

Totale mondo

–10,3

2,6

–19,0

– 0,6 –2,1

–23,9

– 65,5

–100,0

–100,0

77,3

– 42,7

46,4

118,2

11,6

– 88,2

70,2

–54,7

1.090

1.182

36.360

60.046 28.253

9.329.158

75

1.668

8.067

2.076

24

187

103

9

5.668

di cui Europa

Esportazioni Variaz. % rispetto all’anno precedente

Tavola 1 – Dati mensili sul commercio estero degli animali vivi e delle carni (gennaio-settembre 2018)

–7,1

–23,4

–21,0

1,0 5,3

–24,5

– 86,4

–100,0

–100,0

77,3

– 49,0

80,4

118,2

– 48,3

– 87,4

– 87,5

–57,7

Variaz. % rispetto all’anno precedente


Import-export suini vivi e carni suine in Italia nei primi nove mesi del 2018 Import (gennaio-settembre 2018)

Quantità (t)

Valore (euro)

Suini vivi di cui – inferiori a 50 kg – superiori a 50 kg – riproduttori

42.881,005

71.914.233

1,0

–11,0

14.281,555 27.057,708 1.119,008

31.240.015 37.680.798 2.655.201

44,0 –14,2 16,1

1,5 –19,9 – 6,7

692.079,814

1.223.361.711

4,8

–9,4

436.078,383 100.592,169 18.731,110 11.594,612 8.837,172 116.246,368

672.751.678 182.455.048 47.039.744 21.606.667 23.212.881 276.295.693

6,4 1,9 – 6,6 31,4 6,8 1,2

–10,1 – 8,2 –17,7 19,6 –5,2 –9,0

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

49.971,581

96.429.864

16,6

4,3

1.460,617 1.063,546 5.077,573 3.255,880 378,397 38.735,568

3.462.932 3.133.136 13.417.334 6.369.318 1.003.088 69.044.056

–16,9 27,9 10,5 –12,9 –26,5 23,3

–20,2 28,8 8,0 –19,2 –28,5 7,9

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: pancette prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 – carni salate o in salamoia di cui: prosciutti con osso pancette salate – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4

39.188,994

152.393.474

– 8,1

– 6,8

13.967,373 2.604,994 2.708,225 8.619,710 2.822,465 115,979 1.132,951 12.864,087 2.391,404 9.818,618 9.535,069 6.102,374

59.924.860 11.041.092 8.873.940 39.682.370 12.340.552 952.688 4.318.598 37.105.525 11.707.107 23.312.663 43.022.537 26.900.872

–1,7 34,4 –25,2 0,1 –12,6 – 67,7 –13,9 – 6,0 –14,8 –3,7 –17,2 –17,9

–2,3 22,0 –21,9 –2,3 –9,6 – 48,4 –16,0 –9,3 –11,8 –7,4 –9,5 –15,7

12,525

59.610

–21,3

–27,4

598,651

637.806

–34,0

–24,2

Grasso e strutto

15.403,259

6.426.917

5,4

–13,5

Frattaglie suine

27.143,431

11.604.980

20,8

–9,8

1.292,151

432.460

28,4

27,6

859.995,210

1.563.261.055

5,0

– 8,5

Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

Lardo secco/affumicato Lardo fresco/cong/salato/salam.

Fegati suini Totale animali a peso morto e carni

144

% sulla quantità del 2017

% sul valore del 2017

Eurocarni, 3/19



Export (gennaio-settembre 2018) Suini vivi di cui – inferiori a 50 kg – superiori a 50 kg – scrofe

Quantità (t)

Valore (euro)

% sulla quantità del 2017

% sul valore del 2017

0,000

0

–100,0

–100,0

0,000 0,000 0,000

0 0 0

— –100,0 —

— –100,0 —

Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

18.234,273

43.509.687

–9,3

–15,7

4.423,494 4.299,226 2.007,865 718,314 621,237 6.164,137

11.688.657 5.422.521 5.691.150 998.390 2.336.460 17.372.509

41,9 –10,0 –9,3 – 44,6 36,1 –25,1

12,9 –26,6 –18,7 – 47,6 35,9 –25,2

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

34.638,280

70.378.907

–23,1

–26,9

1.664,886 820,983 7.192,218 468,240 921,965 23.569,988

2.950.454 1.555.964 25.861.778 752.505 613.190 38.645.016

0,5 –70,1 14,8 –14,4 –12,0 –28,1

–2,4 –76,1 14,7 –31,4 –39,5 –37,8

131.766,210

1.081.894.092

1,5

1,3

57.744,668 4.852,704 48.788,974 3.850,938 52.433,868 23.837,745 28.318,650 19.775,649 14.541,992 1.812,025 414,547 709,867

591.383.068 18.271.197 540.831.164 29.345.798 332.782.199 231.306.694 99.398.606 141.141.388 99.769.903 16.587.437 3.450.925 8.633.845

5,1 79,3 1,6 – 4,1 2,1 2,5 2,3 –9,5 –21,7 3,8 0,7 – 4,7

1,0 17,0 0,7 – 4,4 2,9 3,7 2,8 –1,3 –10,5 7,0 2,0 –1,1

133,872

971.785

10,9

28,1

Lardo fresco/cong/salato/salam.

28.358,302

17.575.220

–12,0

–23,1

Grasso e strutto

13.157,185

11.607.685

37,2

37,0

Frattaglie suine

30.525,749

31.453.338

–20,7

–26,1

240,625

310.448

–90,0

–76,7

257.054,496

1.257.701.162

–7,5

–2,6

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 pancette – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4 – carni salate, in salamoia di cui: pancette salate prosciutti con osso Lardo secco/affumicato

Fegati suini Totale animali a peso morto e carni

In linea di massima si intende: 1 prosciutti crudi e speck; 2 salami e salsicce; 3 mortadella e würstel; 4 prosciutti cotti. La differenza % è calcolata sul periodo gennaio-settembre dell’anno precedente. Fonte: elaborazione ANAS su dati ISTAT.

146

Eurocarni, 3/19


EURO ANNUARIO CARNE 2019




BE

EF

TS

OA K EY

E X P OR


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