86 minute read
L’allevamento dello struzzo, esempio di compatibilità ambientale Nunzia Manicardi
Pollo a marchio The Smart Chicken della società americana Tecumseh Poultry che opera nel biologico sin dal 2003 ed è oggi di proprietà del colosso sempre statunitense Tyson Foods.
specifi co segmento, per il quale è prevista una crescita media annua composta del 9% circa tra il 2021 ed il 2030.
Advertisement
Se sino ad oggi sono le uova con il 54% a rappresentare la quota maggiore dei prodotti avicoli ottenuti secondo il metodo dell’agricoltura biologica, il sorpasso da parte delle carni potrebbe non essere così lontano: dai 7,26 miliardi di dollari USA del 2020 il mercato globale è stimato arrivare a 10,35 miliardi nel 2025 per proseguire la corsa al ritmo dell’8,5-9% annuo di crescita nel quinquennio successivo.
Il prezzo medio pagato dal consumatore fi nale, che sia relativo ad un taglio o ad un prodotto a base di carne elaborato acquistato in macelleria o in un punto vendita della Grande Distribuzione piuttosto che ad un pasto consumato in un ristorante o in una catena di fast food, è indubitabilmente più alto rispetto all’omologo derivante lato e non solo identifi cata come Unione Europea, contava per oltre il 44% delle carni avicole biologiche prodotte nel mondo, seguita dall’America settentrionale e dalla macro-area Asia-Pacifi co, comprendente India, Cina, Corea del Sud, Tailandia, Indonesia, Australia, Nuova Zelanda e molti altri Paesi.
Negli Stati Uniti i maggiori soggetti economici dell’agroalimentare si stanno muovendo in questa direzione già da qualche anno e stanno vedendo adeguatamente ricompensati i loro piani di sviluppo. Nel 2018 TYSON FOODS acquisì TECUMSEH POULTRY, proprietario del noto marchio The Smart Chicken1, che opera nel biologico sin dal 2003, per la produzione di salsicce, spiedini ed hamburger di pollo certifi cati biologici da proporre alla clientela statunitense, con un occhio speciale ai più piccoli.
Nei Paesi emergenti — pur tenendo in considerazione che l’allevamento avviene per buona parte ancora a livello familiare ed è pertanto biologico de facto — i principi dell’allevamento biologico si stanno facendo sempre più strada. Le aree del globo dove gli incrementi saranno più consistenti sono l’America meridionale, che include un colosso come il Brasile, ed il Medio Oriente, con tassi di crescita medi annui stimati rispettivamente dell’11,95% e dell’11,91%, seguiti da Africa e Asia-Pacifi co con tassi stimati del 10,85% e del 10,15%.
da allevamento convenzionale e risente di una fl uttuazione più marcata dovuta all’incidenza maggiore del costo delle materie prime (rese produttive più altalenanti, che si traducono in disponibilità minori) e anche dell’effetto più dirompente delle epidemie su quel tipo di allevamenti. Si stima che nel periodo 2010-2020 negli Stati Uniti l’oscillazione rispetto al prezzo medio abbia toccato in rialzo punte del 54%.
Europa ma non solo
Nel 2020 l’Europa, intesa in senso
Nuove tecnologie al servizio del benessere animale: sensori per il trasporto e stordimento con il gas al macello
Tutti i consumatori di questa categoria di carni sono d’accordo nell’affermare che l’allevamento in
Se sino ad oggi erano le uova con il 54% a rappresentare la quota maggiore dei prodotti avicoli ottenuti secondo il metodo dell’agricoltura biologica, il sorpasso da parte delle carni potrebbe non essere così lontano: si stima infatti che dai 7,26 miliardi di dollari USA del 2020 il mercato globale sia destinato ad arrivare a 10,35 miliardi nel 2025
batteria o anche solo in capannoni chiusi sebbene a terra sia poco rispettoso della natura degli animali, pertanto dirigono le loro preferenze verso carni allevate all’aperto (il cosiddetto free range nel mondo anglosassone) e certifi cate biologiche secondo i numerosi protocolli esistenti a livello mondiale.
La fase del trasporto e della macellazione è invece un tema alquanto misconosciuto al cittadino comune; per ricomprendere anche questa parte della fi liera sotto il cappello della benevolenza agli esseri viventi che consumiamo per le nostre esigenze nutrizionali e di gusto, una società canadese, TRANSPORT GENIE2, ha sviluppato a partire dal 2019 insieme con la svizzera PRODAVI3 un sistema avanzato basato su sensori in grado di monitorare il microclima a bordo dei mezzi di trasporto che conducono i capi al macello.
La già nominata TECUMSEH POULTRY ha introdotto da vari anni la tecnica dello stordimento con il gas dei capi prima della macellazione, a base di anidride carbonica, al posto della più comune scossa elettrica, una tecnica che oltre a garantire minore sofferenza agli animali determina secondo vari studi una migliore qualità delle carni4,5,6 .
Roberto Villa
Note
1. www.smartchicken.com 2. transportgenie.ca 3. prodavi.ch 4. americanfarmpublications. com/stunning-methods-andpoultry-meat-quality 5. TERLOUW C. et al. (2016), Consciousness, unconsciousness and death in the context of slaughter, Part
I, Neurobiological mechanisms underlying stunning and killing, MEAT
SCIENCE, 118, www.sciencedirect. com/science/article/abs/pii/
S0309174016300705 6. BENSON E.R. et al. (2012), Evaluation of EEG based determination of unconsciousness vs. loss of posture in broilers, Research in Veterinary
Science, 93, www.sciencedirect. com/science/article/abs/pii/
S003452881100470X
L’allevamento dello struzzo, esempio di compatibilità ambientale
È un’attività non ancora particolarmente diffusa sul territorio italiano, ma che può presentare molti vantaggi: dalla carne alle piume, dalla pelle alle uova. Può essere impiantata anche con modesti investimenti ed è ecocompatibile perché lo struzzo è un erbivoro che si nutre in modo sano e naturale
di Nunzia Manicardi
Allevare struzzi è un’attività non ancora particolarmente diffusa in Italia, certamente non paragonabile a quella di bovini, ovini, caprini e animali da cortile. Tuttavia, i circa 250 allevatori italiani sono i più numerosi in Europa con i loro 5.000 capi. Del resto il clima del nostro Paese, così come quello di Francia e Spagna, è ideale per tale allevamento, in quanto lo struzzo, originario degli altipiani del Sudafrica, dove vive anche a 1.000 metri, si adatta facilmente ai nostri habitat temendo soprattutto l’umidità delle vallate e della pianura.
Questo tipo di allevamento può avere ulteriori positivi sviluppi anche in considerazione delle ormai acclarate necessità di sostenibilità alimentare e compatibilità ambientale, dato che lo struzzo può essere allevato all’aperto e, a differenza di polli e tacchini che mangiano
Quella di struzzo è una carne rossa, tenera e magra, con il maggior numero di valori nutrizionali. Un basso contenuto di grassi, poco sodio, ricca di Omega-3, proteine, ferro e vitamine (photo © peterzsuzsa – stock.adobe.com).
principalmente semi, è essenzialmente un erbivoro che si nutre con cibi “poveri” come fi eno, erba e poco mais e, in buona sostanza, con quello che trova.
Come si diventa allevatori di struzzi?
Di sicuro non ci si può improvvisare, anche per la scarsa dimestichezza che in Italia si ha con questo animale. Purtroppo non esistono corsi di formazione. Bisogna rivolgersi ad ASSOSTRUZZI, l’associazione italiana di allevatori, oppure agli allevatori da cui di solito si acquistano i capi, agli importatori o ai veterinari.
Si può cominciare con una sola coppia, maschio e femmina, con un investimento inferiore ai 10.000 euro e disponendo di un terreno anche scoperto, erboso, da recintare, di almeno 5.000 m2, dotato di abbeveratoi, mangiatoie e tettoie e di un magazzino per il foraggio e di locali al chiuso dove ospitare le uova e i pulcini da svezzare.
L’investimento iniziale più consistente è per le incubatrici, dove le uova devono rimanere per ben 39 giorni e per le schiuse. Questo è il momento più rischioso, in cui giocano un ruolo fondamentale l’esperienza e l’abilità dell’allevatore e la scrupolosa osservanza delle norme igieniche. Per ridurre il rischio imprenditoriale si può anche è scegliere il franchising, utilizzando le conoscenze di professionisti del settore e la fi liera produttiva e com-
La carne di struzzo è un alimento con tantissime proprietà: conosciuta principalmente per la sua magrezza e l’elevata quantità di proteine, ha sapore delicato, con un retrogusto dolce che ricorda quello della carne di cavallo. Tenera e digeribile, è ricca di acidi grassi essenziali Omega-3, mentre scarso è il contenuto di colesterolo e sodio
merciale già in essere. Bisogna poi espletare una serie di adempimenti burocratici: possesso di una partita Iva, obbligo di iscrizione al Registro imprese della Camera di Commercio, denuncia di inizio attività con la relazione tecnica che illustri il ciclo produttivo e le funzioni delle strutture presenti in azienda.
Dal punto di vista sanitario l’allevamento di struzzi non si differenzia particolarmente da quello di altri animali. L’Azienda Sanitaria Locale fornirà tutte le informazioni del caso.
Per cominciare bisogna ovviamente conoscere le caratteristiche dello struzzo (Struthio camelus), che è il più grande di tutte le specie di uccelli: un maschio adulto può arrivare fi no a 2,4 metri di altezza e pesare anche 150 kg. È incapace di volare a causa della mole corporea e delle ali ridotte, ma le gambe forti gli consentono di correre anche per 20 minuti a 60-70 km/h, con passi fi no a 8 metri. Bisogna quindi che la recinzione dell’allevamento sia adeguatamente dimensionata in altezza per impedire salti e fughe all’esterno e prestare attenzione
Ottimo strapazzato, per fare tagliatelle uniche o per stupire sotto forma di liquore, l’uovo di struzzo viene più spesso venduto per la creazione di oggetti artistici che per l’uso alimentare (photo © Florin Cnejevici).
nell’avvicinarsi perché, se necessario, può sferrare potenti calci frontali. È infatti di temperamento pauroso, sempre vigile, pronto a difendersi e a lanciare l’allarme salvaguardando anche gli altri animali. Quando ha paura può “nascondere la testa sotto terra”. In realtà si mimetizza dai suoi nemici fi ngendo di essere un cespuglio o una roccia. Se non riesce, fugge via a gambe levate!
È molto longevo, in media 5060 anni. Ne esistono 4 sottospecie: australis, molybdophanes, camelus, massaicus. Vive in gruppi talvolta assai numerosi, organizzati in base a un ben preciso ordine gerarchico con un maschio dominante, una femmina dominante e altre femmine riproduttive.
Allo stato libero passa l’intera giornata a perlustrare lo spazio intorno in cerca di cibo fermandosi ogni tanto per appollaiarsi e ripulirsi accuratamente con il becco. Ama l’acqua, che deve sempre essere fresca, abbondante e pulita (i giovani ne bevono anche 10 litri al giorno) e ama tuffarsi in qualsiasi pozza gli capiti a tiro.
La maturità sessuale è al 3o-4o anno di età e varia in funzione del sesso e della sottospecie di appartenenza. Il periodo degli accoppiamenti dura circa 5 mesi, durante i quali il maschio dominante si accoppia con tutte le femmine del suo gruppo. Le femmine, due settimane dopo l’inizio del periodo degli amori, depongono ogni due giorni 1 uovo di circa 1,5 kg di peso, di solito in una depressione naturale del terreno oppure in una buca scavata dal maschio, ricoperta di sabbia durante la notte. Durante il giorno l’uovo viene covato dalla femmina. Ogni femmina depone le uova nello stesso nido per un totale di 10-40 uova. Il periodo della cova va avanti per 42 giorni fi no a che i primi pulcini iniziano a fare capolino.
Per gli animali destinati alla produzione di carne, la fase di fi nissaggio termina ad età di macellazione, tra i 10 e gli 11 mesi. Stesse fasi di allevamento per i riproduttori che vengono poi mantenuti a fi nissaggio fi no al raggiungimento della maturità sessuale (3 anni per le femmine, 4 per i maschi).
Sono molti i prodotti che si possono ricavare: le carni, le piume per la creazione di oggetti ornamentali o accessori di abbigliamento (come il classico piumino da spolvero o il ricercato boa, un tempo in gran voga) e la pelle, con cui si realizzano borse e cinture. Infi ne le uova, vendute per la creazione di raffi nata oggettistica e, più raramente, per il consumo alimentare perché, pur essendo tuorlo e albume di ottima qualità, la quantità prodotta da una femmina è troppo esigua (è l’uovo più grande al mondo e corrisponde all’incirca a 25 uova di gallina).
La carne, rossa, ha elevate qualità nutrizionali che la rendono molto pregiata. Tenerissima, magra, molto digeribile, tra tutte le carni è quella con il maggior numero di valori nutrizionali: contiene un basso contenuto di grassi (inferiore perfi no a quello delle carni bianche), ha poco sodio, è ricca di Omega-3, proteine, ferro, vitamine, minerali (potassio e magnesio), carnitina e creatina. Adatta quindi per una dieta sana ed equilibrata. Si presta ad ogni ricetta, dal fi letto allo spezzatino.
Nunzia Manicardi
Porcomondo! Il Campionato del mondo del musetto
di Elisa Guizzo
Qual è la parola che fa più paura al consumatore italiano? Il grasso. Quel grasso che suona come una blasfemia, eluso dalle nostre tavole e condannato alla reclusione come il peggior nemico della salute umana. Eppure gli animali allevati oggi sono più magri: “Le carni bovine contengono meno della metà del contenuto totale di grassi; nel caso delle suine, negli ultimi 40 anni sono cambiate in maniera signifi cativa sia la quantità sia la distribuzione del grasso sottocutaneo, con una tendenza alla diminuzione di spessore del lardo e a un aumento del grasso nella pancetta” (BORTOLOTTI, 2020).
Occorre ricordare che i grassi svolgono funzioni molto importanti per il nostro organismo: apportano energia, forniscono vitamine liposolubili (ADEK) e acidi grassi essenziali e creano il bouquet organolettico nelle carni in termini di tenerezza, succosità e sapidità.
Le carni suine rappresentano il primo impatto che il consumatore ha con il grasso, basti pensare a quante volte, al banco frigo, si sente richiedere del prosciutto magrissimo da parte di clienti incuranti del fatto che la famigerata grassezza generi la complessità aromatica delle carni.
I consumatori italiani dunque risultano particolarmente sensibili in termini negativi nei confronti del grasso. Questa concezione però stride profondamente con quella diffusa nella stragrande maggioranza degli altri Paesi nel mondo, in cui la presenza de grasso è un elemento imprescindibile della carne di qualità.
In Italia esiste un paese diventato il punto nevralgico della nobile grassezza suina: Riese Pio X, piccolo comune della provincia di Treviso che conta diecimila anime; un paese santo che deve il proprio nome a Pio X — proclamato Papa il 4 agosto
A sinistra, Walter Porcellato, vicepresidente della Confraternita del museto, il vincitore Pierluigi De Meneghi, Federico Caner, assessore al turismo e agricoltura della Regione Veneto e Elisa Guizzo.
del 1903. MATTEO GUIDOLIN, giovane prorompente e talentuoso nonché sindaco del paese, ha avuto l’intuizione di valorizzare un prodotto tanto umile quanto ricco di tradizioni e di sapori, il musetto, creando nel 2018 l’Ingorda Confraternita del Museto (in Veneto con una t).
Il museto o musetto è un insaccato di origini friulane e venete fatto con le parti umili del maiale quali il muso, da cui prende appunto il nome, la cotica, i muscoletti di spalla e la gola; facoltativi sono l’uso della lingua e delle orecchie. L’impasto ottenuto con la macinatura delle diverse parti, che deve essere di grana grossa, viene salato e pepato. L’aggiunta all’impasto di alcune spezie come cannella, noce moscata, coriandolo e chiodi di garofano è a discrezione del norcino, così come l’aggiunta di vino rosso. L’impasto è insaccato in un budello ricavato dall’intestino del maiale stesso e legato a mano. L’ultima fase è quella dell’asciugatura che avviene in un paio di giorni ad una temperatura di 12 °C. Il peso del musetto varia dai 500 grammi a 1 kg.
Il cugino del musetto è il cotechino, che differisce per l’aggiunta nell’impasto di pancetta, parti della coscia e rifi lature delle parti magre del maiale. Il cotechino a differenza del musetto ha più cotica nell’impasto.
La cotenna, conosciuta come cotica dal latino “cutis” (pelle), è formata dal tessuto connettivo che rientra nella famiglia delle proteine dello stroma, che rappresentano circa il 10% delle proteine muscolari totali. Il tessuto connettivo è costituito da collagene ed elastina, proteine insolubili in acqua.
Il collagene, principale costituente del tessuto connettivo, durante la cottura prima si contrae, poi in tempi prolungati e in presenza di acqua gelatinizza. L’elastina, invece, presente in minor quantità nel connettivo, durante la cottura si contrae ma non gelatinizza a differenza del collagene.
Occorre precisare che il collagene viene anche apportato in maniera preponderante dai muscoli del muso che caratterizzano fortemente il musetto e che permettono di sviluppare un aspetto organolettico piuttosto singolare che spicca con la valutazione tattile: la collosità. Per meglio dire, il musetto deve appiccicare i polpastrelli delle dita, in Veneto si usa dire che “el museto se lè bon el peta” — “il musetto se è buono appiccica” — più marcata è la collosità più buono è il musetto.
Il musetto si consuma cotto dopo un attenta e meticolosa preparazione: va forato con uno spillone, poi messo in pentola con acqua fredda e fatto cuocere lentamente per circa 3 ore; la durata della cottura è proporzionale al suo peso (più pesa e più necessita di cottura).
Al palato il musetto è un vero e proprio capolavoro culinario la cui sapidità si alterna alla cremosità del grasso che crea una patina lipidica aromatica in bocca.
Matteo Guidolin si è messo in prima fi la per la valorizzazione di questo nobile insaccato, non solo con la creazione della Confraternita di cui è presidente ma anche dedicandogli un festival, il festival del maiale: Porcomondo!, che vede coinvolta tutta la comunità di Riese Pio X.
Il musetto è un insaccato di origini friulane e venete fatto con le parti umili del maiale quali il muso, da cui prende appunto il nome, la cotica, i muscoletti di spalla e la gola; facoltativi sono l’uso della lingua e delle orecchie. Si consuma cotto dopo meticolosa preparazione: va prima forato con uno spillone poi messo in pentola con acqua fredda e fatto cuocere secondo il suo peso per circa 3 ore
La vicepresidenza della Confraternita è stata affi data invece al ristoratore trevigiano: WALTER PORCELLATO, della storica trattoria La Caneva dei Biasio a Riese Pio X, punto di riferimento della cucina trevigiana e sede di numerosi eventi gastronomici. A La Caneva si svolge ogni anno, e precisamente il 17 gennaio, la gara dei museti. Non una data qualunque quindi, ma il giorno di Sant’Antonio Abate, il santo protettore dei norcini e dei macellai.
Il duello tra museti ha avuto il suo esordio nel 2018 con la nascita della Confraternita e, dopo una battuta d’arresto nel 2021, quest’anno è tornata più viva che mai. Un’edizione straordinaria quella appena trascorsa, caratterizzata da una fi tta agenda di appuntamenti, ben undici, dedicati a Sua maestà il maiale. Un viaggio di sapori durato due mesi (28 novembre – 21 gennaio) che ha coinvolto non solo Riese Pio X ma anche gli altri comuni limitrofi : Castelfranco Veneto, Maser e Montebelluna.
Il primo appuntamento del tour suino si è aperto con la visita all’allevamento di PIERLUIGI DE MENEGHI, vincitore dell’ultima gara del museto del 2020. A seguire si sono alternate: una cena a tema a base di lardo e una cena di gala che ha visto la partecipazione di OSCAR FARINETTI, al quale è stato consegnato il premio Suin generis.
Si sono svolti inoltre due importanti convegni: uno su una razza suina in via di estinzione, il Nero friulano, e l’altro sulla Biosfera del Grappa divenuto Patrimonio dell’UNESCO. Si sono disputate infi ne tre simpatiche gare, non solo quella del musetto ma anche quella del “cren” (il rafano) e quella delle martondee (polpette fatte con le parti più vascolarizzate dell’animale, polmoni e reni).
La Notte degli Oscar suini ha visto la partecipazione di ventidue norcini provenienti da ogni angolo del Veneto, i musetti in gara sono stati assaggiati da una attenta e scrupolosa giuria capitanata da GIANCARLO SARAN, noto enogastronomo trevigiano.
La giuria mi ha vista coinvolta insieme a numerose fi gure illustri del territorio Veneto come FEDERICO CANER, assessore al turismo, agricoltura e commercio estero della Regione, CESARE DE STEFANI, titolare dell’omonimo salumifi cio che sorge sulle colline del prosecco a Valdobbiadene (TV), FABIO BONA, presidente della Confraternita del formaggio Piave DOP, BRUNO VALLE per la sopressa di Bassano del Grappa, MARINA GRASSO, giornalista e presidente Fondaco del Gusto, CRISTINA SPARVOLI, giornalista della TRIBUNA
DI TREVISO.
I musetti sono stato valutati attraverso l’analisi sensoriale: l’esame visivo tattile della fetta che analizza l’omogeneità di colorazione dell’impasto e la famosa collosità, l’esame olfattivo che permette di individuare odori anomali e quello gustativo in cui si dà spazio alla sapidità. Dopo un’attenta e certosina analisi, durata circa due ore, il podio è stato assegnato nuovamente a Pierluigi De Meneghi, vincitore dell’edizione 2020. Pierluigi alleva una trentina di maiali e rientra nelle PPL (Piccole Produzioni Locali), un progetto della Regione Veneto che permette la vendita di prodotti agricoli in piccole quantità nel rispetto degli standard igienico sanitari.
I maiali allevati da Pierluigi rappresentano l’esempio del benessere animale, scorrazzano liberi all’aperto e ascoltano dell’ottima musica impostata da un timer: la radio suona per 20 minuti ogni due ore. Durante il periodo estivo godono invece di una doccia d’acqua fresca.
La loro alimentazione si basa prevalentemente su cereali: mais, crusca, soia, orzo, tutti di produzione propria; non mancano poi i sali minerali necessari per rafforzare il sistema immunitario.
Gli animali, al raggiungimento di 270 kg di peso vivo, sono macellati in una struttura certifi cata della provincia di Treviso; successivamente le mezzene sono trasportate nel laboratorio specializzato di PierluAl palato il museto è un vero e proprio capolavoro culinario la cui sapidità si alterna alla cremosità del grasso che crea una patina lipidica aromatica in bocca (photo © Facebook Confraternita del musetto).
igi dove nascono preziosi prodotti come museti, salami, soppresse, pancette.
Il Campionato del Mondo del Museto è un intreccio di emozioni culinarie e conoscitive risultato di un lavoro accurato fatto dalla Confraternita del Museto. Oserei fare una bucolica equazione: il Bue Grasso sta a Carrù come il Maiale sta a Riese Pio X.
Il maiale da sempre considerato l’anima rurale e la fonte principale di proteine nobili è il simbolo del mondo agricolo, un mondo fatto di tradizioni, un mondo che ci ha tramandato insegnamenti alimentari e ci ha insegnato il rispetto verso Madre Natura.
Occorrono eventi come questi per ripristinare il patrimonio fatto di cultura, conoscenza e umiltà, un patrimonio di sapori. Non dobbiamo lasciar andare questo patrimonio e dinanzi a tutto ciò la ristorazione deve compiere la sua parte. Pierluigi, qual è il segreto per un buon museto? «Il farlo con amore».
Elisa Guizzo
Carnerie, l’impronta naturale della Val di Vizze
Carne e salumi prodotti in maniera sostenibile al maso Jörgnerhof. Stessa scelta per comunicazione e delivery
di Riccardo Lagorio
L’ autunno arriva presto tra i boschi della Val di Vizze. Vipiteno non è distante, ma più di ogni altra località qui hanno puntato tutto su relax, tradizioni e lentezza. Il panorama che fa da sfondo è una natura strepitosa, diventata un’icona della montagna per intenditori, per chi predilige un’atmosfera d’altri tempi senza rinunciare alle comodità per le quali l’Alto Adige è universalmente apprezzato. Le 217 aziende agricole attive sono il biglietto da visita dell’impronta naturale della valle.
«Per ottenere la carne che noi desideriamo abbiamo incrociato la razza Sveva con Duroc e Mangalica» spiega Varena Angerer, fondatrice di Carnerie con Alexander Guadagnini. «La nascita e la crescita avvengono a ciclo chiuso e con l’alimentazione sana che abbiamo stabilito la copertura fi nale di grasso è eccellente: la carne fresca è marezzata e i salumi sono saporiti». Gli animali vivono per la quasi totalità del tempo all’aperto una vita priva di tensioni e aff aticamenti, arricchita da un’alimentazione naturale, per lo più a base di erba e fi eno (photo © F-TECH).
Tu e il tuo maiale: diventa il padrino per un anno
Diventa il “padrino” di un maiale biologico in Alto Adige per un anno intero, ricevendo aggiornamenti regolari e che potrai visitare in qualsiasi momento: “il tuo maiale nasce nella nostra fattoria e si gode una vita spensierata sul prato e nel bosco. Riceverai un aggiornamento ogni due settimane con foto e notizie sulla sua vita. Naturalmente è possibile visitarlo in qualsiasi momento”. È questa una delle proposte di Carnerie, che fornisce anche 8 motivi per fare questa scelta: 1. una carne sana, “il tuo maiale mangia solo il miglior mangime biologico, prodotto senza OGM, oltre a erba fresca, fi eno e patate”; 2. benessere animale, “il tuo maiale conduce una vita felice, può muoversi liberamente, scatenarsi con gli amici, scavare nella terra e dormire sotto le stelle”; 3. allevamento senza stress fi no alla macellazione, “lo trasportiamo senza stress al macello, che dista solo 20 minuti dall’allevamento”; 4. gusto incomparabile, “puoi assaporare la vita che il tuo maiale ha condotto nella sua carne gustosa e meravigliosamente marmorizzata”; 5. quelli di Carnerie sono tutti maiali biologici dell’Alto Adige; 6. sostenere l’agricoltura locale e biologica,
“con l’acquisto del tuo maiale sostieni la nostra fattoria di montagna e ci aiuti a promuovere l’agricoltura sostenibile e rispettosa degli animali”; 7. sicurezza sulla consegna del prodotto, “se dovesse succedere qualcosa al tuo maiale durante l’allevamento, riceverai un sostituto equivalente dello stesso gruppo del tuo maiale”; 8. prezzo vantaggioso, “rispetto al prezzo che pagheresti nella nostra bottega per la stessa quantità di speck o carne in confezioni singole, risparmi circa il 10%” (photo © F-TECH).
Nella bottega di Carnerie c’è la possibilità di degustare carne e salumi ed eff ettuare visite guidate della fattoria, oppure usufruire dell’e-shop per ricevere i prodotti direttamente a casa (photo © F-TECH).
Ampia e coltivata all’imbocco di Prati, la valle si stringe poco dopo e al borgo di Avenes la strada si impenna. Ci vuole ancora qualche chilometro per incontrare una zona paludosa dove ontani, salici e betulle affrescano il panorama insieme a giunchi e calte palustri. MARIO SARTORI, lo storico locale, conferma che la valle era chiamata “la grande pozza” e tale rimane durante il disgelo fi no a metà primavera prima del borgo di San Giacomo. Grube (pozza, in italiano), un pugno di case a mezza costa, prende il nome da questo fenomeno.
È dal biotopo pressoché unico che si lascia il fondovalle per raggiungere il Maso Jörgnerhof, di fi ne Settecento, alto sulla conca. Ancora per qualche giorno, fi no all’arrivo della prima neve, ma forse anche più tardi, gli animali di ALEXANDER
GUADAGNINI e VARENA ANGERER pascolano all’aperto.
Hanno da poco terminato l’alpeggio sui pascoli della Malga Grubberg, ad oltre 2.000 metri. Una transumanza verticale di appena 6 chilometri, ma che incide con favore sulla carne.
Per avverare il loro sogno Alexander e Varena si sono inventati tre anni fa una raccolta fondi, così oggi chi ha contribuito alla realizzazione della fattoria vanta un credito in carne e salumi. «150 persone hanno avuto fi ducia nella nostra idea e si è rivelata tanto buona che in pochi mesi siamo già in saldo positivo. Carnerie è diventata in poco tempo il punto di riferimento per chi sceglie carni e salumi naturali e gustosi» spiega con soddisfazione Alexander.
Gli animali trascorrono una vita dignitosa, priva di tensioni e affaticamenti, arricchita da un’alimentazione naturale, per lo più a base di erba e fi eno. Vivono, come detto, all’aperto. «Il più possibile. Per questa ragione c’è necessità di razze resistenti al caldo e al freddo, ma che assicurino comunque un alto livello qualitativo della carne: cioè sviluppino un’adeguata proporzione di parte grassa e di parte magra» affermano.
I suinetti si avvicinano al recinto curiosi, portano pelo scuro, a chiazze nere o sfoggiano una cintura bianca su vello nero. «Per ottenere la carne che noi desideriamo abbiamo incrociato la razza Sveva con Duroc e Mangalica. La nascita e la crescita avvengono a ciclo chiuso e, grazie all’alimentazione sana che abbiamo imposto, la copertura fi nale di grasso è eccellente: la carne fresca è marezzata e i salumi sono saporiti” spiega Varena, che ha conseguito il diploma di assaggiatrice di carne presso il Grill Club di Innsbruck (Sommelier Steak Tasting).
«Nel laboratorio trasformiamo infatti le carni al giusto punto di età e consistenza in salumi tradizionali e vendiamo carne fresca sottovuoto», precisa davanti a uno
Speck contadino (Bauernspeck)
dalla marcata marezzatura e dal sapore intenso.
Anche i bovini devono avere un’adeguata marezzatura. Per questo si è scelto di allevare 20 capi di razza Angus, dall’età che varia tra 6 mesi e 2 anni. La macellazione avviene quando si è raggiunta un quantitativo adeguato di ordinativi. «La vendita on-line ci ha aiutato molto durante il periodo di clausura. Ci ha permesso di consolidare tanti clienti e trovarne altrettanti» interviene Alexander.
Per conseguire un corretto isolamento termico, la spedizione avviene in contenitori di paglia pressata, a differenza di quanto si è soliti vedere in polistirolo. «Anche l’imballo ci rende coerenti con la struttura che abbiamo dato al maso, naturale ovunque».
Da queste parti il re dei salumi è lo Speck. Quello che esce dalla bottega Carnerie è un Bauernspeck, il sigillo che la Provincia Autonoma concede a chi alleva animali e li trasforma, vendendoli, sotto forma di salume. «Il nostro Bauernspeck viene ottenuto con una concia di ginepro, aglio, pepe e sale. Nient’altro. Nessun conservante perché ciò che conta davvero deve essere la carne iniziale. E i clienti che chiedono perché le fette non sono così rosse, sono poi gli stessi che si rivelano i più interessati. Ovviamente per far questo la lavorazione deve essere sempre corretta e contare su una pulizia maniacale in laboratorio», chiarisce Varena.
Il Bauernspeck e i Kaminwurzen, i salametti affumicati ideali per le merende, si affumicano in maniera tradizionale, con legno di faggio, aghi e bacche di ginepro. Il primo si vende dopo oltre un anno di stagionatura, i Kaminwurzen trascorso un mese dalla preparazione. Anche le ombre della sera che si allungano sulla bottega del maso sono delicate, creano una luce amica e quasi romantica a coronamento di un paesaggio che lascia senza fi ato. Benvenuti in val di Vizze.
Riccardo Lagorio
Carnerie by Jörgnerhof
Grube 87 (39049) Pfi tsch, Val di Vizze (BZ) Telefono: 340 1524329 E-mail: info@carnerie.com Web: carnerie.com
ANABIC e università insieme per il bene dell’animale e dell’uomo
Ricerca, benessere animale e formazione sul campo per gli studenti. Sono questi i temi che caratterizzano la sinergia ormai trentennale fra ANABIC (Associazione nazionale allevatori bovini italiani da carne) e l’Università degli Studi di Perugia, con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali e con il Dipartimento di Medicina Veterinaria. Sono diversi i progetti di ricerca che sono stati realizzati e che si stanno sviluppando fra i due enti in questo periodo: la maggior parte degli studi terminano poi o in pubblicazioni scientifi che o in tesi di laurea e/o dottorato presentate dagli studenti alla conclusione del proprio percorso di studi. Vari e di grande attualità sono i temi di collaborazione che stanno portando avanti i due Dipartimenti dell’Ateneo perugino e l’ANABIC. Sicuramente da ricordare c’è quello dedicato alla genomica (coordinato dal PROF. EMILIANO LASAGNA) ovvero all’analisi del DNA dei bovini per una più effi cace e rapida selezione degli animali che è la nuova frontiera del miglioramento genetico anche per le razze bovine da carne di ANABIC; c’è quello dedicato alla sostenibilità ambientale (coordinato dal Prof. MARIANO PAUSELLI), nel quale vengono ricercate e studiate le tecniche di allevamento e di alimentazione volte a migliorare l’effi cienza in termini produttivi e di riduzioni delle emissioni di gas serra e, per fi nire, non possiamo dimenticare le ricerche legate al benessere degli animali e alla loro fertilità (coordinate dai Professori MAURIZIO MONACI e LAKAMY SYLLA).
La sinergia non è solo “in laboratorio”, ma anche sul campo. ANABIC, infatti, grazie alle convenzioni sottoscritte con i due Dipartimenti, ospita i ragazzi che frequentano i corsi universitari di Scienze Zootecniche, Produzioni Animali o di Medicina Veterinaria (grazie al coordinamento dei Direttori di Dipartimento GAETANO MARTINO per Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali e FABRIZIO RUECA per Medicina Veterinaria) per eff ettuare nella propria sede dei periodi di stage che danno agli studenti la possibilità di “toccare con mano” quello che i tecnici dell’associazione fanno tutti i giorni e off re l’opportunità di poter conoscere da vicino uno dei punti di riferimento in Europa per quanto riguarda la genetica dei bovini da carne. Un aspetto non secondario, visto che questa attività anche volta a favorire l’inserimento dello studente nel mondo del lavoro.
>> Link: www.anabic.it
Da Armando: trasmettere qualità, passione e esperienza
di Gian Omar Bison
Esperienza e rinnovamento. Cautela ed impeto. Ponderatezza ed entusiasmo. La macelleria Da Armando a Torreglia (PD) sta vivendo un po’ questo dualismo tra i modi e i tempi di intendere ed organizzare la bottega di ARMANDO PRESSATO e quelli del fi glio TOMMASO. Per carità, vanno d’amore e d’accordo e l’atmosfera che si respira è tranquilla. Tuttavia, non manca il confronto tra chi gestisce l’attività coi piedi di piombo e chi ai piedi vorrebbe mettere le ali. L’esistente parla di una realtà che da qualche anno sta cercando di accrescere la qualità delle carni vendute e di comunicare compiutamente questa scelta ai clienti, senza tralasciare i social. Ma il futuro sembrerebbe prospettare una presenza signifi cativa di cotto e gastronomia e magari, chissà, anche una proposta ristorativa. Il tutto, però, implicherebbe aumentare gli spazi a disposizione. «Ho iniziato a lavorare nel 1974 presso la macelleria di WALTER RIGATO, che all’epoca si trovava a Carrara Santo Stefano (PD) prima di trasferirsi nel 1976 nella sua attuale bottega di Torreglia (PD). Classico esordio da garzone durato qualche anno prima di lasciare ed occuparmi di escavazioni per un po’ di tempo. In seguito un ex collega mi ha chiamato per lavorare nel suo punto vendita alimentare del supermercato “Compra Bene” che aveva aperto da poco a Mortise. Ho accettato, ma come socio. Oltre alle carni avevamo latte e derivati e altri prodotti. È durata fi no all’apertura di un paio di concorrenti nelle vicinanze. E questo ci ha messo in diffi coltà. Una volta uscito da quella realtà nel 2009 ho deciso di acquistare la bottega dove siamo ancora adesso».
Armando e Tommaso Pressato. Oggi i clienti giovani con i social ed il passaparola vengono incuriositi dalla loro proposta: chiedono soprattutto prontocuoci e sono più curiosi e preparati di un tempo.
La proposta della macelleria Da Armando sul bovino è fatta da Garronese e Piemontese, più qualche Angus acquistato dalla “Fattoria alle Origini” di Bovolenta (PD) dei fratelli Zaggia.
Due anni fa Tommaso ha chiesto di essere impiegato in bottega e anche lui adesso si occupa di macelleria. «Devo riconoscere che con la sua età ed il suo entusiasmo ha portato una ventata di idee e freschezza e il lavoro sul giro di un annetto è aumentato del 30%».
Clienti giovani che coi social ed il passaparola vengono incuriositi dalla proposta di Armando e Tommaso. Chiedono soprattutto prontocuoci e sono più curiosi e preparati di un tempo. «E questo — continua Armando — ci spinge a documentarci, a migliorare il nostro servizio. Rispetto a vent’anni fa la macelleria è cambiata non solo per il quantitativo enorme di prontocuoci richiesto. La cultura, la consapevolezza della clientela è maggiore e quindi le sue aspettative.
Cerchiamo la qualità in assoluto senza guardare a quanto ci costa la mezzena. E questo ci viene riconosciuto. Guardiamo dove acquistiamo, come si allevano i capi, considerando l’attenzione all’alimentazione e al benessere animale. Quando faccio il macinato sento subito se la carne è di qualità, se profuma di buono come una volta. Continuo a dare il mio contributo nonostante abbia raggiunto l’età pensionabile. D’altronde, fi nché continuerò a svegliarmi col sorriso in bocca e a venire a lavorare volentieri non vedo perché smettere, soprattutto adesso che posso trasmettere la mia esperienza a mio fi glio».
Già, Tommaso, che finita la scuola superiore è andato subito a lavorare in fabbrica rimanendoci quattro anni. «A un certo punto — ricorda — non c’erano più le condizioni per continuare a lavorare lì e mi sono licenziato. Ho chiesto a mio padre di lavorare in macelleria ed eccomi qui. Ho iniziato dalle cose che sapevo già fare abbastanza bene, perché da piccolo mi capitava di andare in bottega ad aiutare. In poco tempo ho imparato le basi e a stare al bancone servendo la clientela quasi autonomamente. Mi manca saper fare gli ordini, perché ci vuole esperienza sulle quantità e sulle tipologie di carne da acquistare e proporre. In compenso ho portato in dote entusiasmo e una propensione alla comunicazione, soprattutto social, che oggi come oggi è fondamentale. Ho molte idee, come ad esempio arrivare entro un paio d’anni ad essere un esercizio commerciale plastic free certifi cato. Costa molto e va spiegato bene al cliente perché si fanno determinate scelte. Inoltre, prima del Covid, tra le attività avviate, avevamo promosso delle giornate formative per il cliente. Una sorta di tour in campagna per andare a vedere le stalle e come vivono e si nutrono gli animali».
Ma il sogno di Tommaso è soprattutto arrivare a proporre una gamma articolata sul cotto e ad evolvere un giorno la macelleria in ristomacelleria. «Ora come ora non ci sono gli spazi per farlo. Sarà una
In macelleria c’è una ricca off erta di tagli per la griglia e il BBQ, oltre ad hamburger e prontocuoci che incontrano le richieste della clientela.
rifl essione da fare nel momento in cui dovessimo decidere di trasferirci in un locale più grande e adatto, ma sempre mantenendo la nostra linea e la nostra identità. Tra l’altro, mi piacerebbe molto che si potesse lavorare di più assieme agli altri colleghi, condividere le buone pratiche soprattutto in materia di formazione. È comprensibile la competizione ma credo ci siano anche gli spazi per crescere tutti assieme come categoria, nell’interesse di tutti».
La proposta della casa sul bovino è fatta da Garronese e Piemontese più qualche mezzena di Angus, acquistate dalla “Fattoria alle Origini” di Bovolenta (PD) dei fratelli Zaggia. Quando arrivano le mezzene vengono messe a frollare per una ventina di giorni al massimo. Per quanto riguarda l’avicolo si riforniscono dall’azienda “Pollo dell’Avvenire” di Cartura (PD). Il coniglio è rigorosamente “al fi eno” marchiato “Qualità Verifi cata”.
Musetti e salami da stagionare vengono acquistati da un’azienda agricola di San Martino di Lupari (PD), mentre salsicce e salame fresco li preparano direttamente in macelleria. «Per quanto riguarda novità da introdurre — conclude Armando — certo, mi piacerebbe. Al massimo potrò aiutare e accompagnare questo percorso, non certo esserne artefi ce e protagonista.
Sarà mio fi glio a portare avanti l’attività e spero capisca che i passi vanno fatti misurati, con calma. Al momento abbiamo una dipendente e l’idea di crescere in lavoro e giro d’affari per doverne inevitabilmente assumere ancora non è semplice da mettere in piedi».
Gian Omar Bison
Macelleria Da Armando
Via Montegrotto 11 35038 Torreglia (PD) Telefono: 049 5212452 - 3519308474 E-mail: armando@gmail.com
Diego Abatantuono sempre più re delle polpette
L’attore è salito al 30% in Italian Meatball Company e al 28,3% in The Meatball Family
DIEGO ABATANTUONO si rafforza. Non tanto al cinema, quanto piuttosto dietro al bancone dei suoi ristoranti specializzati in polpette. A Torino, poche settimane fa, l’attore ha registrato davanti al notaio Giuseppe D’Aloia due atti di cessione di quote: attraverso l’operazione è salito dal 10 al 30% in Italian Meatball Company, e dal 10 al 28,3% in The Meatball Family, il brand del suo business. A vendere sono stati gli azionisti Roberto Galli e Michela Canevari: Galli possedeva il 33% e il 45% delle due società mentre Canevari aveva il 18% in entrambe. A rilevare le quote sono stati gli altri soci: che oltre ad Abatantuono, in Italian Meatball Company sono Nadir Malagò, che ha preso il 30%, Giulio Morbelli e Stefano Moccagatta, che adesso hanno il 15% ciascuno e poi la F&L, col restante 10%. Stessi soci in The Meatball Family, anche se con altre quote: Malagò ha il 28,3%, Morbelli e Moccagatta il 14,1% ciascuno, e F&L il 15%.
Il brand The Meatball Family, la “Famiglia delle Polpette”, è stato lanciato nel 2013 con il primo locale che ha messo le polpette al centro della sua proposta culinaria: ora le insegne sono due a gestione diretta e tre in franchising. The Meatball Family conta cinque locali: quello storico ha le sue vetrine a Milano in Via Vigevano. In otto anni gli spazi di The Meatball Family hanno accolto oltre 300.000 clienti che hanno assaggiato oltre 3 milioni di polpette: le due società, nel 2020 penalizzato dalle chiusure causa pandemia, hanno generato comunque ricavi per 800.000 euro. «Assieme a Stefano Moccagatta e a mio fi glio Matteo abbiamo voluto o, almeno, tentato di ricreare, questo luogo in cui vai sapendo di trovare qualche amico. Abbiamo coinvolto persone capaci e siamo contenti di quello che sta accadendo», ha dichiarato Abatantuono in una recente intervista a REPUBBLICA (fonte: EFA News – European Food Agency; foto d’archivio photo © Facebook @themeatballfamilycitylife).
Augusto Contract per Kebhouze, nuovo format di kebab
fi rmato Gianluca Vacchi
AUGUSTO CONTRACT, socie tà di arredamento – hospitality & foodservice general contractor – è stata scelta per realizzare i primi locali aperti a dicembre del nuovo format dedicato al kebab fi rmato dall’imprenditore e infl uencer da 41 milioni di follower GIANLUCA VACCHI. Tre store a Milano e due nella Capitale, mentre altre 20 inaugurazioni sono in programma nel 2022 in tutta Italia e all’estero.
Kebhouze, questo il nome del nuovo food brand, rilancia il kebab in tre versioni: pollo 100% italiano, Black Angus e — novità per la clientela vegetariana e vegana (e non solo) — 100% vegetale da proteine di piselli, grazie alla partnership siglata con l’azienda svizzera Planted.
L’azienda di Jesi ha seguito le aperture in qualità di general contractor, occupandosi della realizzazione “chiavi in mano” dei locali. «Ancora una volta non possiamo che ritenerci grati e orgogliosi di essere stati scelti per collaborare con un brand innovativo, di qualità, che guarda al futuro, come Kebhouze» afferma Giacomo Racugno, CEO Augusto Contract. «È un onore per noi mettere la nostra esperienza e il nostro know-how a disposizione di imprenditori di talento e di progetti di valore». Partecipare ad iniziative imprenditoriali di questo genere, infatti, signifi ca essere parte attiva del futuro della ristorazione, sempre più connotato da catene dal brand forte e riconoscibile. Augusto Contract, in questo, può dirsi decisamente soddisfatto per la realizzazione di numerosi locali che stanno disegnando il panorama del “foodservice che sarà”.
Tra le peculiarità che distinguono i Kebhouze, particolarmente sfi danti a livello realizzativo, ci sono sicuramente la pavimentazione
Augusto Contract è stata scelta per realizzare i primi locali aperti a dicembre: tre a Milano e due a Roma, mentre altre 20 inaugurazioni sono in programma nel 2022 in tutta Italia e all’estero.
in linoleum con il logo del brand intarsiato, le lamiere rosse a tutta altezza e il rivestimento degli arredi con una pellicola con raffi gurato il logo. Dettagli realizzati con quella cura e quella ricerca che sono ormai diventati un “marchio di fabbrica” di Augusto Contract. Tutto senza dimenticare la capacità di gestione di più cantieri in simultanea, con tempistiche molto strette: a Milano, ad esempio, il locale di Buenos Aires, con la metratura più ampia, ha richiesto solo 5 settimane di lavori, ancora meno nei punti vendita di Paolo Sarpi e di Via Vigevano.
Kebhouze è solo uno dei tanti nuovi format che hanno deciso di affi dare all’expertise di Augusto Contract l’apertura dei primi punti vendita, riconoscendo al general contractor di Jesi una consolidata esperienza nel settore del fuoricasa. Sono infatti i numeri a parlare per l’azienda: in 7 anni Augusto Contract ha realizzato locali per 61 brand, per un totale di 182 aperture in 75 città di 12 nazioni in 3 continenti, in high street, healthcare, travel retail, centri commerciali e hotel.
Ancora una volta una conferma della professionalità e della creatività italiana nel mondo.
>> Link: www.augustocontract.com
KFC scommette ancora sull’Italia: 20 milioni di euro di investimenti per il 2022 con 25 nuovi ristoranti e oltre 500 nuovi posti di lavoro
Venti milioni di euro di investimenti, venticinque nuovi ristoranti e oltre 500 nuovi posti di lavoro. Sono questi i numeri del 2022 di KFC Italia, l’azienda leader mondiale del pollo fritto, che conferma così la volontà di investire sul nostro Paese come fi ore all’occhiello del mercato europeo. Il trend di crescita ha portato all’apertura di 57 store in tutto il Paese a partire dal 2014, anno in cui il marchio del Colonnello Harland Sanders ha varcato i confi ni nazionali.
Una crescita proseguita anche negli ultimi due anni, malgrado la crisi pandemica, grazie alla solidità del sistema KFC e dei suoi franchisee, imprenditori che gestiscono in franchising i ristoranti del brand. Il risultato sono oltre 1000 posti di lavoro creati da KFC su tutto il territorio nazionale fi no a oggi, con una presenza femminile pari al 53%, e più di 10 milioni i clienti serviti nel 2021, per un giro annuo d’aff ari di circa 65 milioni di euro. Per il 2022 si prevede la creazione di ulteriori 500 posti di lavoro in tutta Italia: si tratta non solo dei nuovi dipendenti impiegati in ciascuna nuova apertura e che normalmente vengono scelti sul territorio dove il ristorante si trova, ma anche dell’indotto di forniture e servizi richiesti per la nuova apertura. Ogni nuovo ristorante KFC da lavoro mediamente a 20 persone. Per il 2022, KFC Italia scommette su una diff usione sempre più ampia dei suoi ristoranti sul territorio nazionale. Delle 25 nuove aperture previste, il 40% sarà al Nord, il 20% al Centro e il 40% al Sud, secondo tipologie diff erenti per off rire ai clienti il massimo della fl essibilità, in totale coerenza con il contesto in cui sono inseriti. Oltre ai ristoranti nelle food court dei centri commerciali (20% delle nuove aperture), verrà dedicato particolare spazio ai ristoranti nelle città (40% del nuovo mercato) e soprattutto nei centri storici, locali nella stragrande maggioranza dei casi dotati di fi nestra take away esterna per l’acquisto e il ritiro dei prodotti senza entrare nel ristorante, e di un dehors per mangiare all’aperto. In aumento anche le aperture con corsia drive thru (30% dei nuovi punti vendita): questo per rispondere a qualsiasi esigenza di sicurezza e distanziamento sociale, ma anche per rendere l’esperienza del gusto sempre più libera e inclusiva.
E continuerà anche nel 2022 la battaglia di KFC contro lo spreco alimentare: dal 2017 i ristoranti italiani raccolgono e donano le eccedenze alimentari a strutture che aiutano le persone in diffi coltà sul territorio, grazie alla partnership con la Fondazione Banco Alimentare. Negli ultimi quattro anni, con il Progetto Harvest, sono stati donati ben 46.000 pasti e si punta a crescere coinvolgendo nell’iniziativa un numero sempre maggiore di ristoranti sull’intero territorio nazionale (in foto uno scatto della promo dell’evento #KFCCreativesUnited, realizzato su Instagram e TikTok con lo street artist @sexsdreams che ha realizzato tre opere d’arte ispirate a KFC; photo © instagram.com/kfc_italia).
>> Link: www.kfc.it
Truffl e Meat Experience
Una Première a base di carne di Bianca Modenese sottoposta a frollatura con burro chiarifi cato e tartufo locale. Da un’idea di Amedeo Mongiorgi della Bottega del Macellaio di Savigno
di Gaia Borghi
Lo sapevate che dal mese di dicembre 2021 l’antica pratica della cerca e cava del tartufo è Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO? Ebbene sì, dopo un iter durato 8 anni, grazie all’impegno delle associazioni dei tartufai italiani, questa pratica tradizionale così radicata nel nostro Paese è stata inserita nella lista dei beni culturali immateriali da tutelare. «Un patrimonio collettivo, prezioso anche per le generazioni future, che va ben oltre il valore del prodotto in sé» ha commentato MICHELE BOSCAGLI, presidente dell’Associazione nazionale Città del tartufo.
Tra le “capitali italiane” del tartufo c’è il comune di Savigno, sui colli bolognesi, dove ogni fi ne settimana di novembre si svolge con successo la rassegna Tartófl a Savigno – Festival internazionale del tartufo bianco. E a Savigno, sotto i portici della piazza principale, c’è La Bottega del Macellaio, bottega storica con oltre 120 anni di attività guidata da GUIDO MONGIORGI e dalla sua famiglia, con la moglie ANNA AMATO padrona incontrastata della cucina. Proprio per festeggiare l’ambito riconoscimento, qui, lo scorso 25 gennaio, il tartufo pregiato della cittadina emiliana è stato celebrato con una Première Truffl e Meat Experience.
Tartufi e carni sono accuratamente scelti da Guido Mongiorgi, anima con la famiglia di questa straordinaria bottega.
Il burro di copertura ha mantenuto il colore rosso brillante della carne e la cottura non ne ha intaccato la morbidezza.
La carne di Bianca Modenese con la copertura di burro chiarifi cato al tartufo, il salame artigianale e i tortellini in brodo di Bianca Modenese.
Tartufo-carne-burro:
Première perché per la prima volta in assoluto due tagli di carne di Bianca Modenese, tipica razza bovina caratteristica, appunto, della provincia di Modena, sono stati sottoposti ad una speciale frollatura in un burro chiarifi cato (butter aged) arricchito con tartufo di Savigno. La carne proveniva da capi selezionati in piccoli allevamenti della zona direttamente da Guido, una lunga esperienza in macelleria; capi dei quali viene seguita alimentazione e crescita, così da avere la garanzia del risultato fi nale in tavola.
Una costata e una T-Bone, frollate rispettivamente oltre 70 giorni e 30 giorni, che poi sono state cotte nello stesso burro al tartufo sulla brace del camino nella sala situata proprio sotto la bottega e che saltuariamente (il calendario delle aperture lo trovate nel sito del locale) è riservato a pranzi domenicali e cene su prenotazione. «Il burro protegge la carne dall’ossidazione e ne impedisce la disidratazione, evitando la rifi latura e lo scarto che si produce col classico dry aged» spiega AMEDEO MONGIORGI, il fi glio di Guido che ha ideato e organizzato la serata. «Inoltre il burro conferisce alla carne un gusto più intenso, in questo caso con l’ulteriore arricchimento del tartufo di Savigno nella copertura». Il profumo, già in cottura, incredibile, e il sapore, equilibratissimo, una vera delizia nella parte del grasso, non si possono raccontare adeguatamente. Così come il salame, artigianale a grana grossa, una salame “a km buono” lo descrive Guido, genuino, senza alcun tipo di conservante o sofi sticazioni aggiunte con cui si è aperta la degustazione, insieme alla focaccia e ai grissini preparati dalla chef. O i tortellini, piccolissimi, il ripieno classico ma senza il lombo suino che lo renderebbe più secco e senza noce moscata, serviti in brodo di Bianca Modenese, saporito senza dover aggiungere il Parmigiano. Tanti senza, insomma, eppure tanto “più”. Per fi nire, cono con mascarpone, perle di aceto balsamico al tartufo e tartufo bianco generoso. Sapori che non si riescono a raccontare, ma che certamente valgono il viaggio.
Gaia Borghi
La Bottega del Macellaio
Via Guglielmo Marconi 2 40060 Savigno (BO) Web: labottegadelmacellaio.com
Nota
Photo © Federica Cornia.
Fortunato Aricò, artigiano del gusto tra terra, mare e fantasia
di Riccardo Lagorio
La tartare realizzata con la carne della Macelleria Francini di Sambuca, Tavernelle Val Di Pesa (FI). C i sono cuochi che non hanno bisogno di trasmissioni patinate per bucare lo schermo. È suffi ciente lo sguardo, due frasi, una risposta per arguire che sono una miniera di fondatezza e attendibilità. Lo spettacolo e la noia si cerchino lontani da qui, in quei locali di sordidi padellari che hanno bisogno di uffi ci stampa tanto vaghi quanto inattendibili per salire agli… onori delle cronache! Qui a mezza costa, in piena città di Reggio di Calabria, c’è una viuzza con giardini e antiche botteghe. Si va sul concreto: la passione per il cibo non è una comoda espressione alla quale attingere per diventare reucci di chissà cosa… FORTUNATO ARICÒ non cerca notorietà, ma ingredienti del territorio e dal mondo che vengono trattati con cura e buon senso per mantenere la loro vera essenza. Il suo Offi cina del Gusto è sintesi in tinte bianche di tovaglie e muri, pareti spesse 12 bottiglie di vino, tavoli in giusta quantità. Dietro le quinte si lavora in un clima da laboratorio, a cavallo tra ricerca e ripasso di antiche formule. «Reggio
è una città di mare, ma come spesso accade, proprio nelle città di mare
si privilegia mangiare carne. E nella cultura reggina tante, tante verdure». E allora, quale è il miglior modo per essere certi che le verdure siano davvero locali? Coltivarsele. «Mi sono fatto un piccolo orto, l’Orto dell’Officina, dove coltivo, senza utilizzo di prodotti chimici ortaggi, erbe profumate e frutti a 700 metri sul livello del mare». Un ritaglio di paradiso con un affaccio sullo Stretto di Messina: mare, tra Ortì e Arasì.
A sinistra: le polpette, immancabili nel menu del locale. A destra: Fortunato Aricò, anima dell’Offi cina del Gusto. Leggiamo dal sito la sua presentazione: “profondo conoscitore del territorio calabrese e dei suoi sapori, ama elaborare i suoi piatti partendo da gusti e ricette tradizionali che reinterpreta. Si defi nisce ‘cuoco’ più che ‘chef’ ma anche ‘artigiano’ del suo locale, dove il ‘Gusto’ è tema ed ispirazione continua e il territorio e la sua Calabria sono orgoglio e fonte inesauribile di nuovi stimoli”.
Anche nell’olio extravergine c’è un tocco di unicità, con l’arrivo in tavola di bottiglie fi rmate Oleifi cio Carbone di Laureana di Borrello, compagine che custodisce il proprio olio in silos sotto azoto.
L’esperienza di Aricò come artigiano del gusto nasce nel 2003, una piccola enoteca e pochi tavoli. Ma le cose girano bene e per questo autodidatta legato alla sua Reggio arriva il momento di pensare all’Offi cina del Gusto: si rinnova del tutto nel 2017. Tra le bandiere del locale il bergamotto, ancora poco utilizzato in cucina, ma profumato e dal gusto inconfondibile. «Per i piatti va utilizzato essenzialmente a crudo». Minuscoli fi occhi di scorza di bergamotto compaiono sul carpaccio o nella tartare di carne fi rmata Macelleria Francini, in Tavernelle Val di Pesa (FI), oltre a batuffoli di Caciocavallo di Ciminà ben stagionato. «Di certo sanno selezionare le migliori carni che si possono trovare nella Penisola» spicca il volo Aricò.
Gli agnelli quelli no, sono aspromontani. Per lo stinco si è scoperto che la cottura migliore è sottovuoto per 15 ore a 75 ºC unito a pepe, salvia, alloro e rosmarino. Un tocco leggero di bergamotto conferisce al piatto un aroma decisamente balsamico. «Sono agnelli che vivono su terreni scoscesi, predisposti a lunghe camminate e dall’elevata succosità delle carni» spiega.
Tra gli antipasti c’è pure la scelta di polpette di maiale Nero d’Aspromonte: anche in questa occasione, se disponibili i frutti di bergamotto, da dicembre a marzo, ci può cader dentro una scheggia sottile di buccia che profuma la carne soda e gustosa. «La mia cucina è fatta anche di fantasia, con piatti costituiti da pochi ingredienti, tre o quattro, che si esaltano grazie a tecniche di cottura diverse che esprimono consistenze diverse».
Così è certo che dove il bergamotto diventa ancora più caratterizzante è nelle marinature del pesce. In questi casi è il succo di bergamotto a rendere profumate e irresistibili le preparazioni.
Lo stoccafisso, gloria della gastronomia reggina, acquista un profumo austero mentre la bocca raggiunge note celestiali tra l’acido e l’amaro e qualche granello di pepe rosa sollecita una dolce piccantezza. Anche con i gamberi rossi di Mazara del Vallo l’aromaticità del bergamotto fa esplodere le note dolci e nel contempo ittiche che poi, nel risotto di gamberetti e bergamotto Aricò sa bene equilibrare senza fare cadere l’asticella del gusto. Chi desidera continuare col gusto ricercato del bergamotto termina con un sorbetto. Uno splendore!
Riccardo Lagorio
Offi cina del Gusto
Via Placido Geraci 18 89128 Reggio di Calabria Telefono: 0965 332830 Web: offi cinadelgusto.net
Tutti a Barcellona!
Dal 4 al 7 aprile prossimi torna in scena Alimentaria 2022, con i suoi 10 saloni tematici tra cui Intercarn, lo spazio espositivo delle carni e dei prodotti a base di proteine animali
Intercarn, Interlact, Grocery Foods, Snacks, Snacks, Fine Foods e Organics sono alcuni dei saloni di Alimentaria 2022 che hanno già esaurito lo spazio espositivo. Insieme a Hostelco, la fi era leader per l’industria alimentare e della sua catena del valore, prevede di occupare 7 padiglioni nella Gran Vía de Fira de Barcelona, per una superfi cie espositiva netta di 85.000 m2, compresi gli spazi per conferenze e altre attività che completeranno l’offerta commerciale. Circa 3.000 aziende espositrici hanno confermato la presenza a Alimentaria y Hostelco e di queste 400 (il 18% del totale) giungeranno a Barcellona da 52 Paesi, occupando una superfi cie di 15.000 m2. Tra questi, per la prima
volta ci saranno Brasile, Slovacchia, Australia, Canada, Emirati Arabi
Uniti e Porto Rico.
Per J. ANTONIO VALLS, direttore generale di Alimentaria Exhibitions, la prossima edizione della fi era «contribuirà a promuovere lo sviluppo di un settore strategico per l’economia spagnola come l’industria alimentare e delle bevande, oltre a continuare a promuovere il posizionamento di Food & Beverage spagnoli nei mercati internazionali, collegando le imprese e promuovendo il networking faccia a faccia con i principali buyer del mercato».
Per questo motivo, la fi era inviterà 1.400 key buyer, importatori e distributori provenienti da Europa, America Latina e Nord America con l’obiettivo di organizzare quasi 12.500 incontri d’affari con le aziende espositrici partecipanti alla manifestazione.
Alimentaria è una manifestazione internazionale di riferimento per tutti i professionisti dell’industria alimentare e foodservice fi n dalla sua prima edizione (photo © instagram.com/alimentariabcn).
Coi suoi oltre 14.000 m2 di superfi cie, Intercarn, il settore dedicato alla carne e ai suoi derivati, è lo spazio più grande di tutta la fi era (photo © instagram.com/alimentariabcn).
Intercarn, maxisalone
Tra i 10 padiglioni settoriali che compongono Alimentaria, spicca il dinamismo di Intercarn, il settore dedicato alla carne e ai suoi derivati, che supera i 14.000 m2 di superfi cie, diventando così lo spazio più grande di tutta la fi era. Questo settore ha così assunto la leadership di questa edizione 2022, avallato dall’industria della carne spagnola che riconosce nella manifestazione la sua principale piattaforma di business e di internazionalizzazione. Dal canto loro, tutte le Comunità autonome spagnole hanno già confermato la loro presenza ad Alimentaria e il resto dei padiglioni è già al completo o con livelli di occupazione vicini al 90%. Tra questi ci sono Interlact (latticini e derivati), Expoconser (conserve), Snacks, Biscuits & Confectionery, Mediterranean Foods (alimenti della Dieta Mediterranea, prodotti freschi, oli d’oliva e oli vegetali), Restaurama (Food Service), il nuovo spazio Alimentaria Trends che includerà sottosettori produttivi come i delicatessen food (Fine Foods), i prodotti biologici (Organic Foods), i Free From, Halal e Alimenti Funzionali e infi ne Grocery Foods, che riunirà le grandi aziende di consumo alimentare.
Sostenibilità, innovazione e responsabilità sociale
Innovazione, gastronomia e management legati alla sostenibilità e alla responsabilità sociale defi niranno il programma di attività di Alimentaria, che unirà i suoi contenuti classici con le esperienze e le conoscenze emerse nel food business dopo la pandemia. Alimentaria Hub sarà l’agorà delle tendenze e del futuro del cibo. Più di 200 esperti hanno confermato la loro partecipazione a convegni, presentazioni e fast talk che verteranno sull’innovazione, sostenibilità, digitalizzazione, nuove abitudini nel commercio al dettaglio, nutrizione, salute e segmenti in forte espansione, come proteine alternative o prodotti halal. Tra le novità di The Alimentaria Hub c’è lo spazio Digital Food Arena, che riunirà 8 start-up chiamate a rivoluzionare il settore alimentare.
The Experience Live Gastronomy proporrà un programma di live cooking, workshop, degustazioni e presentazioni di tecniche culinarie nella gastronomia sostenibile, nel territorio, nel recupero delle tradizioni e nella ricerca alimentare di il futuro, tra le altre tendenze. Oltre 30 grandi chef con più di 36 stelle Michelin parteciperanno alle sei tappe di questo grande spazio gastronomico.
Sinergie con Hostelco
L’apertura in contemporanea di Alimentaria e Hostelco (Salone Internazionale delle Attrezzature e Macchine per Ristoranti, Hotel e Collettività), mostrerà sia al canale distributivo che al canale HO.RE.CA. l’offerta più completa e trasversale dell’intera catena del valore dell’industria alimentare.
Fira Barcelona Gran Vía 4-7 aprile 2022 Barcellona (Spagna) Web: www.alimentaria.com www.instagram.com/alimentariabcn
Alla scoperta di IFFA 2022
L’ edizione 2022 di IFFA, la manifestazione fieristica più importante per le tecnologie dell’industria della carne, in calendario a Francoforte dal 14 al 19 maggio si sta avvicinando. Riportiamo di seguito un’intervista al direttore di IFFA, JOHANNES SCHMID-WIEDERSHEIM, sulle prospettive dell’evento che riguarda lavorazione, conservazione, refrigerazione, confezionamento e vendita.
I preparativi per IFFA 2022 sono già in pieno svolgimento. Qual è lo stato attuale delle registrazioni?
«Procede molto bene. Alla scadenza della prenotazione anticipata degli spazi abbiamo ricevuto più iscrizioni per questa edizione 2022 che per la precedente del 2019. Le aziende leader di mercato si sono nuovamente iscritte alla fi era e stiamo assistendo ad un incremento della domanda di spazi espositivi.
Questo è davvero incoraggiante e mostra ancora una volta che IFFA è il “posto in cui stare” quando si tratta di temi di attualità per il settore. Ed è un’indicazione di quanto sia gli espositori che i visitatori attendano con impazienza una ripresa degli incontri personali e uno scambio di idee ed esperienze a livello internazionale. Tutti vogliono fi nalmente incontrare di nuovo i partner commerciali e colleghi, oltre a scoprire innovazioni e dare forma insieme al futuro del settore.
Nel complesso, il business della carne e delle proteine è passato abbastanza indenne attraverso la crisi pandemica. Di conseguenza, le aziende hanno idee e budget per gli investimenti. Un recente
I temi principali di IFFA 2022 andranno dall’automazione di prodotto all’ottimizzazione, senza trascurare sostenibilità e innovazione, effi cienza energetica, riduzione e riciclabilità dei materiali di imballaggio e il taglio dei rifi uti alimentari. «Il nostro obiettivo è quello di essere la piattaforma di business globale leader per tutti gli attori nel settore delle proteine» dice il direttore Johannes Schmid-Wiedersheim
sondaggio tra i visitatori delle passate fiere di Francoforte ha rivelato che oltre l’80% di loro ha in programma di partecipare a un evento fi sico nell’immediato futuro. Nel complesso, questo rappresenta un ottimo punto di partenza per IFFA 2022».
Per la prima volta i visitatori di IFFA 2022 si confronteranno con le tecnologie di processo per le proteine alternative. Com’è avvenuto questo passaggio?
«Insieme al nostro comitato di esperti l’anno scorso abbiamo deciso di ampliare la gamma di prodotti IFFA e di includere la tecnologia di processo per i prodotti vegetali e per la carne ottenuta da colture cellulari. In realtà questi temi non sono del tutto nuovi per la fi era perché in passati sono stati sviluppati progetti che proponevano alimenti a base vegetale. Nel contempo è aumentata la domanda da parte dei consumatori di alimenti alternativi a carne e pesce in un mercato in rapida crescita per i prodotti vegetariani e vegani a livello mondiale. Naturalmente, ciò richiede anche l’istituzione o la trasformazione di capacità produttive.
IFFA ha sempre trattato tutte le fasi del processo dell’industria delle carni, dalla lavorazione, al confezionamento, alla vendita. I processi e le tecnologie per i prodotti a base di proteine alternative sono molto simili e molti nostri espositori stanno già lavorando con successo in questo segmento. È quindi logico per noi dare a IFFA una base più ampia e aprire la fi era a fonti alternative di proteine accanto a quelle più tradizionali».
Cosa può offrire IFFA al business della carne e delle proteine?
«Le modalità di lavorazione e confezionamento dei prodotti a base di carne e da proteine alternative sono molto simili e sono sicuro che l’intero business delle proteine può trarre vantaggio dall’esperienza e dall’innovazione delle aziende rappresentate a IFFA. I moderni impianti e macchinari possono aiutare ad incrementare la produJohannes Schmid-Wiedersheim, direttore di IFFA, Messe Frankfurt (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH / Pietro Sutera).
zione, implementare nuove idee di prodotti, tagliare i costi e rendere gli alimenti più sicuri. Quest’ultimo è un argomento importante perché anche i prodotti vegetali possono deteriorarsi.
Così, i temi principali di IFFA 2022 ruoteranno intorno all’automazione del prodotto e all’ottimizzazione, senza trascurare la sostenibilità e l’innovazione, l’effi cienza energetica, la riduzione e riciclabilità dei materiali di imballaggio e il taglio dei rifi uti alimentari.
Anche i nuovi modelli di packaging e le tendenze in materia di ingredientistica e spezie saranno al centro dell’attenzione di questa edizione. Inoltre, stiamo pianifi cando una serie di eventi di accompagnamento capaci di soddisfare gli interessi dei singoli gruppi di visitatori: insieme ai nostri partner, tra cui la tedesca Mechanical Engineering Association (VDMA), l’Associazione tedesca dei macellai (DFV) e l’Association for Alternative Sources of Protein (BALPro), stiamo lavorando su una serie di formati attraenti e sui loro contenuti.
Il nostro obiettivo è quello di essere la piattaforma di business globale leader per tutti gli attori nel
settore delle proteine». Come vede lo sviluppo del business fi eristico sullo sfondo di una pandemia globale?
«La pandemia ha naturalmente posto una serie di sfi de enormi per il settore fi eristico a livello nazionale e internazionale. I rinvii e le cancellazioni registrati in tante manifestazioni hanno avuto un forte impatto anche sugli espositori e visitatori. Le grandi organizzazioni fi eristiche sono molto effi caci per promuovere business e fare networking, oltre ad essere vetrine per la promozione di prodotti e innovazioni. Per fortuna, la pandemia sembra allentarsi lasciando e guardiamo con ottimismo ai prossimi mesi».
Technology for Meat and Alternative Proteins 14-19 maggio 2022 Frankfurt am Main Web: www.iffa.com
Social media • www.iffa.com/facebook • www.iffa.com/twitter • www.iffa.com/linkedin
Vassoi R-XPS: facciamo il punto!
Da dove cominciamo? Dall’inizio, ovviamente, come tutte le storie di questo mondo. Anche se, in questo caso, non è così semplice individuare una data d’inizio vera e propria, ma piuttosto un crescendo di eventi e di comunicazioni attraverso i media e i social contro l’imballaggio in plastica, in seguito ai quali esso è stato condannato in via defi nitiva e senza appello, come responsabile dell’inquinamento dei mari e dell’aumento delle emissioni di gas serra. Per far fronte allo tsunami mediatico dilagante, pertanto, bisognava fare qualcosa: per una buona parte della GDO e non solo, l’importante era dare subito un segnale forte di discontinuità (parola molto di moda oggi) che rassicurasse i consumatori sull’impegno attivo per lo sviluppo dell’economia circolare e della sostenibilità, quantomeno per fermare la crescita inarrestabile dei rifi uti di plastica che continuano a devastare l’ambiente, contribuen-
Il vassoio in polistirolo espanso R-XPS, da sempre, è una soluzione funzionale e sicura testata da oltre 50 anni di utilizzo dalla GDO, dall’industria e dai consumatori di tutto il mondo, oggi più che mai Sostenibile, Riciclabile e Circolare con un contenuto di riciclato
post-consumo fi no al 50%
do, secondo i detrattori della plastica, alla crescita del riscaldamento globale del pianeta.
In questo contesto, i nostri cugini francesi, naturalmente, non hanno perso l’occasione di farsi sentire: così, il 21 febbraio 2019, è nato il Pacte National Emballages Plastique, con tanto di marchio e dichiarazioni d’impegno, una iniziativa che riunisce “tutti gli attori volontari della catena del valore della plastica (produttori, trasformatori, marchi nazionali, distributori, operatori della gestione dei rifi uti), la società civile ed il Ministero della Transizione Ecologica, uniti da una visione comune dell’economia circolare, in cui la plastica non diventa mai un rifi uto”. Il Patto nazionale, infi ne, come associazione, è anche membro del Plastics Pact Network della
ELLEN MACARTHUR FOUNDATION, che riunisce più di 1.000 organizzazioni di tutto il mondo.
Ma come fare affi nché gli imballaggi in plastica non diventino più un rifi uto? Elementare Watson! Basta eliminarli. Ed ecco che i fi rmatari del Patto nazionale si impegnano immediatamente ad eliminare, entro il 2025, il PSE (Polistirolo Espanso) e non solo, perché facente parte, secondo loro, degli “imballaggi problematici e inutili”.
Defi nire “problematica ed inutile” una tipologia d’imballaggio che ha permesso da 50 anni a questa parte lo sviluppo dell’industria alimentare e della GDO europea, garantendo sicurezza alimentare, funzionalità, praticità, sostenibilità ed economicità a tutti gli operatori della fi liera, compresi naturalmente i consumatori fi nali, è a dir poco sconcertante, ma questa è un’altra storia e la vedremo dopo. Parliamo ora di noi in Italia.
Anche nel “Belpaese”, in qualche modo, è stata presa una posizione — più politica che altro — soprattutto da parte della GDO; bisognava dare un segnale di discontinuità, questo è certo, segnale diretto soprattutto ad un modello di consumatore che avrebbe potuto indirizzare le proprie scelte su quelle aziende o quelle insegne della GDO che avrebbero preso posizioni chiare sui temi dell’economia circolare e della sostenibilità, supportate da azioni concrete, come sostituire ad esempio l’imballaggio in plastica
con i cosiddetti materiali sostenibili, escludendo il nostro imballaggio da questo circolo ristretto.
A questo punto una domanda sorge spontanea: perché eliminare la vaschetta in XPS? Elementare Watson, perché era ed è ancora, al di là degli annunci, la soluzione d’imballo più diffusa, soprattutto per confezionare gli alimenti freschi all’interno della GDO, in Italia, in Francia, come in altri Paesi europei e non solo.
In pratica, nella corsa alla sostituzione dei contenitori in polistirolo espanso con i cosiddetti materiali sostenibili, fatto salvo qualche sporadico inserimento con soluzioni in cartoncino laminato con fi lms plastici, per il confezionamento della carne o del pesce e test fallimentari con contenitori in bagassa o giù di lì, si è semplicemente utilizzato un altro contenitore in plastica trasparente PET o PP per sostituire il vassoio in XPS.
Qualche “malpensante” ha ipotizzato, sarcasticamente, che sia stata una strategia per rendere meno “visibile” al consumatore l’imballaggio, vista la trasparenza del materiale…
A parte questa provocazione, in sintesi, quello che è emerso chiaramente è che la distribuzione doveva dare un segnale di discontinuità. La “cruda” realtà del confezionamento sul pdv degli alimenti freschi ha dimostrato ancora una volta che non è così semplice e soprattutto indolore sostituire il vassoio in polistirolo espanso. Se è utilizzato da oltre 50 anni un motivo ci sarà. Ma allora, come si può coniugare innovazione e sostenibilità con la sicurezza alimentare, la funzionalità, il miglioramento della sostenibilità, la riciclabilità e il costo?
Il nuovo contenitore in polistirolo espanso R-XPS coniuga perfettamente le istanze prima elencate e rappresenta pertanto una soluzione moderna, sicura e
funzionale. Il vassoio in polistirolo espanso è una soluzione d’imballo “testata” da oltre 50 anni di utilizzo da parte della GDO, dall’industria alimentare e dai consumatori di tutto il mondo; oggi, nella nuova
versione R-XPS, è più che mai Sostenibile, Riciclabile e Circolare, con un contenuto di riciclato postconsumo fi no al 50%.
Stiamo parlando, pertanto, di un imballaggio innovativo, che riduce drasticamente la quantità di materia prima vergine impiegata
(con una conseguente riduzione dell’impatto ambientale in termini di GWP – Global Warming Potential
– del 54%), utilizzando polistirene da post-consumo, ma con le stesse garanzie di sicurezza alimentare e funzionalità ben note agli addetti ai lavori e ai consumatori.
Un risultato straordinario, reso possibile solo dalla collaborazione di tutte le aziende di PROFOOD,
gruppo merceologico appartenente ad Unionplast, il COREPLA, ENI Versalis, Foreverplast, Fraunhofer
Institute e CSI Gruppo IMQ, che sta incontrando sempre di più il favore della distribuzione e dell’industria italiana, che ne ha compreso il contenuto innovativo come soluzione veramente green, senza sacrifi care la sicurezza e la funzionalità e non in ultimo la sostenibilità economica.
Ma in Francia, alla fi ne, cos’è successo? Le associazioni di categoria Sindifrais e Célene, che rappresentano rispettivamente i principali produttori lattiero-caseari ed i produttori di carne, gli stakeholder della catena del valore degli imballaggi come Plastics Europe France, Elipso, ma anche Michelin e Valorplast, impegnati nel riciclo degli imballaggi in plastica e la stessa Citeo, che rappresenta le aziende del settore dei consumi di massa e della distribuzione, impegnata per la riduzione dell’impatto ambientale dei prodotti dei loro associati, promuovendo l’Ecodesign e l’economia circolare, hanno preso una posizione precisa e documentata per la creazione di una effi ciente fi liera del riciclaggio del polistirolo rigido ed espanso in Francia, dimostrando l’importanza di questo materiale per l’industria alimentare francese, sia in termini di sostenibilità che di economicità. In particolare, per quanto riguarda i vassoi in polistirolo espanso (XPS/ EPS), la posizione è molto precisa: “essi presentano vantaggi innegabili per la commercializzazione della carne nei punti vendita. Leggeri, ma rigidi, rappresentano più del 60% della quota di mercato, garantendo la qualità sanitaria dei prodotti”.
E ora? Pensiamo a TANCREDI, il nipote di FABRIZIO, principe di Salina, nel GATTOPARDO: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Nel nostro caso, giusto per rispondere a Tancredi, non deve essere così. Un cambiamento vero, reale, non fatto di annunci, per un mondo più sostenibile, occorre veramente; uno scossone, di certo, ci voleva proprio, per tutti: per la GDO e l’industria alimentare, ma anche per i consumatori, a cui è servito per chiarire che l’imballaggio sostenibile, sicuro, riciclabile ed economico è sempre stato lì davanti ai nostri occhi da almeno 50 anni. Ma è servito anche a noi produttori, perché abbiamo acquisito consapevolezza, fi nalmente, del fi ne vita dei nostri imballaggi, valorizzandolo e non ignorandolo. Possiamo così realizzare prodotti ancora più performanti ambientalmente, ma anche più attuali, in linea coi fondamenti dell’economia circolare, senza cercare soluzioni improbabili che di sostenibile hanno solo l’aggettivo.
Quindi, caro Tancredi, se non vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che qualcosa cambi.
Via Del Lavoro 1 26030 Gadesco Pieve Delmona (CR) Telefono: 0372 837086 LinkedIn: gruppo-happy
Sostenibilità, protezione e riduzione dello spreco alimentare al centro
della sfi da di Sealed Air
Multinazionale con 25.000 dipendenti e una forte presenza in Italia, Sealed
Air è specializzata in soluzioni per il confezionamento e l’imballaggio per il settore food, materiali protettivi e applicazioni medicali, con una particolare vocazione alla sostenibilità del packaging e la
riduzione dello spreco grazie alle sue soluzioni. Abbiamo chiesto ad ALESSANDRO BRAGA (in foto), Sales Director Protective Packaging Italy, quale sia la visione dell’azienda rispetto al mercato dei prossimi mesi e nella prospettiva di esporre le proprie soluzioni innovative nell’ormai sempre più vicina IPACK-IMA 2022.
Che tecnologie valorizzate in particolare in questo periodo?
«Sealed Air sta investendo in tutte quelle tecnologie che permetteranno di raggiungere l’ambizioso obiettivo di sostenibilità che l’azienda si è data per il 2025: soluzioni di imballaggio al 100% riciclabili o riutilizzabili e per quanto riguarda la plastica un contenuto medio di materiale riciclato pari al 50%, di cui almeno il 60% riciclato post consumo. Ad esempio, stiamo andando in questa direzione puntando sulle bolle a barriera AirCap, che grazie alla loro tecnologia permettono di ridurre spessore e peso della bolla, senza scendere a compromessi con la protezione. Sistemi a cuscini d’aria e automazione permettono di incrementare la produttività, minimizzando fermi macchina e sprechi di materiale, e per fi nire i sistemi per protezione e riempimento vuoto con carta, che stanno avendo un grande sviluppo in questi mesi e su cui Sealed Air sta facendo investimenti importanti. Inoltre, Sealed Air ha un’offerta vasta per tutto il settore food; ad esempio abbiamo ampliato la nostra gamma di fi lm barriera e pronti per il riciclo per contribuire a migliorare la riciclabilità in tutte le catene di approvvigionamento alimentare europee. Tutti chiari esempi di come Sealed Air stia sviluppando soluzioni di packaging che massimizzino la protezione del prodotto, l’effi cienza delle risorse e la circolarità dei materiali».
Che aspettative avete sulla manifestazione?
«Restrizioni Covid permettendo e proprio perché veniamo da un 2021 vissuto in larga parte senza poterci muovere come avremmo voluto e dovuto, ci aspettiamo un’affl uenza di pubblico importante, che faccia di IPACK-IMA il giusto palcoscenico per far conoscere a quanti più operatori possibili le nostre soluzioni e la nostra tecnologia e per comunicare al mercato con la dovuta enfasi la nostra strategia commerciale, che mette al centro la sostenibilità. La plastica è un materiale sul quale abbiamo molto da dire, il cui contributo alla sostenibilità ambientale ed economica è spesso sottovalutato o male interpretato.
In tema di plastica, in qualità di mercato, sentiamo la responsabilità di dover innovare costantemente per costruire un futuro senza sprechi, mantenere gli oceani puliti e lasciare un’impronta di carbonio più leggera». Che prospettive di mercato vedete per il 2022?
«Sarà importante valutare come evolveranno le variabili rappresentate dalla volatilità dei costi di produzione (materie prime, energia, trasporti) e la sostenibilità del rapporto domanda/offerta, che negli ultimi mesi hanno messo in seria difficoltà alcuni comparti della nostra industria. Al momento, riteniamo realistico prevedere che la domanda da parte dei principali settori industriali si mantenga su livelli alti. La richiesta del mercato di soluzioni sostenibili, siano esse materiali più leggeri o riciclabili, o sistemi che aumentino la produttività, è destinata ad aumentare e ad essere trainante, e questa per Sealed Air è sicuramente una buona notizia».
Appuntamento con Sealed Air a: IPACK-IMA 2022 3-6 maggio, Milano www.ipackima.com
Gestione ricette ed etichettatura degli alimenti: tutti i dati dall’ERP CSB-System, direttamente
La ricetta è il fulcro centrale nella produzione alimentare ed è un fattore di succes-
so decisivo: anche solo piccoli cambiamenti nella composizione dei prodotti possono avere un grande impatto sul gusto, sulla qualità e sui margini di guadagno. Il gruppo CSB-System, che da oltre 40 anni ormai fornisce soluzioni gestionali complete e modulari per le industrie alimentari, ha puntato molto sul potenziamento della Gestione e Ottimizzazione Ricette, anche grazie ai preziosi input ricevuti dai clienti.
Qualità riproducibile garantita
Produrre la stessa qualità ogni giorno è l’obiettivo di qualsiasi produttore. Nel caso ideale, le distinte basi, le descrizioni delle tecnologie e le istruzioni di lavoro sono accessibili in formato elettronico in area produzione, disponibili su un PC industriale, quale il CSB-Rack, o su un tablet. Data la connessione a bilance o silos, la gestione ricette dell’ERP CSB-System garantisce che i dipendenti seguano un processo definito e assicurino una qualità del prodotto costantemente elevata per ogni singolo lotto di produzione.
Gestione dei rischi più sicura
Il pericolo di costosi richiami di prodotti diminuisce considerevolmente perché, se gli operatori non possono fare altro che produrre esattamente secondo le specifi che e le normative legali, ci saranno meno scarti. Le ricette forniscono un quadro completo della produzione e qui il software CSB-System registra tutto in modo preciso e verifi cabile per una documentazione trasparente: fl ussi di materiale, dati rilevanti per la qualità o cambiamenti nel processo.
Miglioramento dei margini
Ottimizzando le ricette, le aziende alimentari hanno alte probabilità di aumentare i loro margini. L’ottimizzazione ricette del CSB-System calcola la composizione più economica dei prodotti, tenendo conto delle restrizioni chimiche e tecnologiche e nel rispetto degli standard qualitativi predefi niti. Clienti CSB riportano che, già in una prima fase di ottimizzazione, sia possibile ottenere un risparmio di circa il 5% sulle materie prime utilizzate. In media, vi può essere un ulteriore risparmio che va dall’1 al 4%.
Produzione agevolata di piccoli lotti o singoli prodotti
Coi suoi dati su ingredienti e additivi, allergeni, valori nutrizionali e OGM, la gestione delle ricette costituisce la base per as secondare e facilitare la produzione di lotti esigui, al fi ne di evadere ordini sempre più
La Gestione Valori Nutrizionali del CSB-System gestisce con massima trasparenza l’etichettatura dei prodotti.
Tracciabilità con smartphone.
piccoli ma più frequenti da parte dei distributori fi nali. Un modo per quest’ultimi di trasferire sul produttore i rischi di un mercato dalle richieste sempre più oscillanti.
Etichette ancora più sicure
Solo avendo il 100% del controllo sulla composizione dei propri prodotti si possono soddisfare leggi e linee guida, così come i severi requisiti della commercializzazione. Gestire le tabelle degli allergeni, valori nutrizionali e ingredienti in modo manuale signifi ca dover affi darsi alle capacità del singolo operatore, lasciando correre all’azienda un rischio che l’uso dell’ERP CSB-System eliminerebbe. Il calcolo degli ingredienti inizializza automaticamente le etichette degli articoli e le specifi che di produzione per i prodotti. Gli elementi dell’etichetta (ingredienti, valori nutrizionali, allergeni, OGM) possono essere generati in più lingue; per ogni prodotto e lingua si possono rappresentare contemporaneamente fi no a sei differenti unità. È possibile inoltre integrare in modo rapido e agevole le banche dati nazionali ed internazionali dei componenti e dei valori nutrizionali. Sfruttando appieno la Gestione Valori Nutrizionali integrata del CSB-System si ottiene massima trasparenza nell’etichettatura dei prodotti, assicurandosi così oltre alla fi ducia dei consumatori anche vantaggi competitivi a lungo termine.
Spinta verso la fabbrica intelligente
La gestione ricette fornisce anche un contributo importante nel contesto della fabbrica intelligente. Ad esempio, oggi è già possibile collegare le ricette, le specifi che e le informazioni nutrizionali memorizzate nel CSB-System con i sensori delle macchine di produzione. Questa integrazione consente non solo una pianifi cazione della produzione più precisa e una gestione automatizzata della qualità ma aumenta anche la sicurezza alimentare.
Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER
CSB-System Srl
Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
WE. THE PIGS, We. The Pigs
WE. THE PIGS
di Giovanni Papalato
Succede sempre così: mancano poche settimane alla fi ne dell’anno, sono nel pieno della divertente diffi coltà di stilare la mia personale classifi ca dei 30 migliori dischi ed ecco che ne esce uno che, con pochi ascolti, si inserisce a scapito di qualcosa che fi no a quel momento ritenevo meritasse certamente una posizione. Questa volta è il debutto, dopo due EP in sei anni, di “WE. THE PIGS” da Stoccolma. Oltre a ripensare con piacere a come ho divorato i piatti di Ärtsoppa med fl äsk, tradizionale zuppa svedese di piselli spezzati e carne di maiale, mi sono poi fermato a fi ssare quel punto che separa “Noi” da “I Maiali” e mi sono chiesto il perché di quella separazione a defi nire una distanza, a circoscrivere. E ho pensato al Linderödssvin, una delle quattro razze suine autoctone della Svezia (le altre sono la Landrace svedese, la Yorkshire svedese, e l’estinta razza maculata Old Swedish per la quale è stata approvata la richiesta di supporto ambientale). Da sempre i suini, selvatici e domestici, sono stati l’elemento dominante nell’alimentazione del Paese scandinavo, presenti in ogni fattoria.
L’opera di conservazione del maiale di Linderöd risale ai primi anni Cinquanta, con la creazione dello zoo di Höör, nel quale furono portati i pochi capi rimasti. Il Linderödssvin viene allevato principalmente per la produzione di carne e la sua alimentazione è costituita essenzialmente da cereali, avena, erba fresca, radici, trifoglio, uova, larve e vermi, mentre quando gela gli viene dato cibo coltivato con metodo bio come patate, mele, e avena. Generalmente nascono sette maiali per ogni fi gliata: è consuetudine che un verro e due suini siano usati per la conservazione della specie, mentre gli altri sono destinati alla produzione di carne (200 capi all’anno).
A parte e insieme, quindi, come il punto che contraddistingue il nome di questo quintetto che arriva dalla capitale svedese misurandosi sulla lunga distanza nell’omonimo disco dove le chitarre luccicano, mentre batteria e basso elettrico corrono a farsi raggiungere dalla voce fresca
di VERONICA NILSSON.
Anyway si apre con un arpeggio e si schiude subito in un fragore compatto: ha tutto ciò che serve per essere parte della scena shoegaze svedese che mischia anche irriverenza punk, ma tra i solchi sotto la puntina non c’è solo questo.
Già con Truth Or Dare si entra in territori più codifi cati verso la matrice stilistica principale, con andamento dreamy e sguardi sulle pedaliere degli effetti, tra distorsioni e larsen.
Quanta meraviglia pop nella ballad Drift or Sleep, che ciondola tra accordi docili anche se amplifi cati in una nenia che cerca pace tra parole e melodia. Sembra giocare a rimpiattino con l’ascoltatore, nascondendosi per farsi trovare
nel refrain che risplende prima di richiudersi come si era aperta.
Spazza via ogni dubbio, dichiarandosi nella sua immediatezza Sounds; arriva diretta a farsi ballare vivida di braccia al cielo, in una ricerca di concretezza nell’articolazione dell’etereo, con chitarre che si sovrappongono in strati di rumore e melodia, in un’armonia di differenze che si sommano nel dialogo.
Come in un oceano in cui nuotare sottacqua, a discapito del titolo, Sharks elabora bene la lezione di maestri del genere come Slowdive. La voce che sembra guidare tutto il resto, in bracciate lente e ampie, per poi staccare e vivere la sospensione prima di una spinta che ci porta verso la superfi cie diretti ad una luce sotto cui riconoscersi.
Lato diverso e cupezza calma che si affaccia su Goodbye, dove il basso di KIEL ERIKSSON si carica dì responsabilità e pulsa di post punk. Una sfumatura che si aggiunge alla tavolozza con cui We. The Pigs si esprimono, lontani dall’idea che un solo stile li rappresenti.
New Wave che sfi ora il synth pop sempre guidato dal basso stavolta più morbido e seducente in Curtains, si allunga su suggestioni 80’s, senza tradire la natura di chitarre distorte che emergono e si impongono nel fi nale.
Coglie la sintesi dell’eterogeneità dimostrata fi n qui Fuck Your Songs, sporcando il pop e compiacendosi di farlo. Brano che trascina lungo un’irriverenza in cui anche la batteria si abbandona, picchiando svogliata su un pastiche sonoro quasi materico tanto è concentrico di feedback. Estrema e sorprendente invece la psichedelia di Carry, che trattiene il rumore in luogo di una tensione accarezzata e gestita, non trattenuta.
Unico brano in lingua madre, Vi Skriker è un’altra gemma di ipermelodia e chitarre fragorose in cui perdersi senza nemmeno provare a opporre resistenza. Qui, come nel brano successivo, è davvero chiaro come, a distanza di anni e di album, si ritrovino caratteristiche stilistiche che formano un sorta di territorio comune in cui ritrovarsi e riconoscersi come parte di qualcosa.
Patterns che ha il compito di chiudere il disco è il brano più lungo di tutta la tracklist. Un malinconico arpeggio che si muove assieme alla voce come su onde sul bagnasciuga, avanzando e ritraendosi prima di trasformarsi in un crescendo che defl agra lungo i due minuti fi nali formando un muro di suono costruito da distorsioni e riverberi.
Un disco di canzoni che non si mascherano per sembrare qualcosa di diverso da chi le ha scritte e suonate,”We. The Pigs” si fa amare per la sua naturale emotività. Necessario per chi, come chi scrive, non sa rinunciare alla sensazione emozionarsi per le chitarre anche in questi anni venti così sintetici.
Giovanni Papalato
Dati Anas: classifi cazione delle carcasse suine 2021
(*) Media ponderata dei pesi medi settimanali. (**)I dati della settimana n. 44 non sono disponibili. Elaborazione su dati MIPAAF.
Jarvis, qualità certa, anzi certificata
Una nuova generazione di storditori e cartucce universali
Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.
2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D
“P er l’agroalimentare l’unica via possibile di fare le cose belle e buone “come un tempo” è farle in un modo
nuovo. Se vogliamo produrre cibo di qualità per tantissime persone quante siamo non possiamo guardare indietro, quando il contesto era totalmente differente. Dobbiamo proiettarci nel futuro. E, per evitare di doverci cercare un altro pianeta oltre i buchi neri, l’unica via è tenere in vita la Terra”. Quando pensiamo a misure per intervenire sulla crisi climatica, tendiamo a concentrarci soprattutto sui nostri consumi energetici. Ma il cibo — la produzione, l’imballo, il trasporto, purtroppo lo spreco — corrisponde ad un quarto delle emissioni complessive di gas climalteranti, oltre ad avere ricadute cruciali su inquinamento dei suoli, consumo d’acqua, perdita di biodiversità. Eppure, esistono
strategie di mitigazione in grado di ridurre di un ordine di grandezza gli impatti della fi liera alimentare
sull’ambiente. Sono soluzioni che richiedono un misto di saggezza contadina e tecnologie all’avanguardia, di interventi a livello sovranazionale da un lato e di scelte consapevoli dei singoli consumatori dall’altro. Nati sostenibili è un saggio narrativo che racconta le storie di agricoltori e produttori grandi e piccoli dell’agroalimentare italiano e del lavoro che fanno ogni giorno per produrre cibo nel rispetto dell’ambiente, dei lavoratori e degli animali.
A fi rmare il libro sono giornalisti gastronomici, più avvezzi per mestiere a raccontare le storie del cibo guidati dalle ragioni della gola: ne deriva un mix originale tra divulgazione scientifi ca e reportage di viaggio vivace e spesso umoristico, che prova a restituire la complessità dei temi e a non banalizzarli senza sacrifi care il ritmo del racconto.
Il saggio è articolato in nove capitoli che prendono spunto da altrettanti temi — l’impatto sul territorio, l’ecosistema e la biodiversità, le emissioni di CO2, lo sfruttamento delle risorse idriche, l’inquinamento, lo sfruttamento del lavoro, l’imballaggio, il trasporto e la distribuzione — esemplifi cati dalle testimonianze di produttori e allevatori virtuosi in tutta Italia. La campagna fotografi ca è stata realizzata ad hoc per il volume.
Sostenibili, appunto (da identitagolose.it)
“Una parola, va detto, sempre più ingombrante per quanto sia usata ormai in qualsiasi contesto: così tanto, e spesso così a sproposito, da rischiare di perdere almeno un po’ del proprio signifi cato, che invece è molto importante. Il volume curato da SARA PORRO è interessante e coinvolgente proprio perché parte dalla consapevolezza che parlare di “sostenibilità” è una cosa complessa, che merita un approccio meticoloso. «Ho cercato di unire — ci racconta l’autrice — la mia vocazione di giornalista gastronomica e di narratrice di storie di produttori con la divulgazione scientifica. Per raggiungere questo obiettivo ha collaborato in qualità di factchecker alla realizzazione del libro il comunicatore scientifi co RUGGERO ROLLINI, che con i suoi interventi spesso ci ha dimostrato come molte delle nostre certezze su agricoltura e allevamento siano infondate».
Parla al plurale Sara Porro, perché non è l’unica penna coinvolta nella stesura dei testi di Nati SARA PORRO (a cura di)
Nati sostenibili Storie dalla campagna italiana tra scienza e coscienza
Editore: Mondadori Electa, 2021 Collana: Progetti speciali Rizzoli EAN 9788891833822 240 pp.
Sostenibili, in cui ha coinvolto altri tre giornalisti gastronomici (tutti e tre da tempo, tra le altre cose, collaboratori della Guida di Identità
Golose): GIORGIA CANNARELLA, SONIA GIOIA e LUCA IACCARINO. «Scrivo di gastronomia da dieci anni — continua Sara Porro — e pensavo davvero di poter contare su alcune certezze… che invece mi sono resa conto non fossero suffragate dai fatti e da un approccio scientifi co alla materia. Abbiamo rivendicato questo termine, sostenibilità, perché è la parola giusta per affrontare gli argomenti che si trovano nel libro, ma abbiamo voluto evitare ogni
semplifi cazione, perché sono temi che meritano invece un approfondimento attento. Spesso quando sentiamo parlare di sostenibilità, siamo esposti a visioni semplicistiche, a slogan, soprattutto quando questi temi vengono tradotti nel linguaggio del marketing. Questo vale sia per la grande industria che si propone come sostenibile, sia per i piccoli produttori che a volte si dicono sostenibili semplicemente in quanto piccoli».
Un esempio delle convinzioni che si sono sciolte come neve al sole di fronte a un approccio scientifi co alla materia? «Posso fare l’esempio del ruolo del trasporto nell’impatto complessivo degli alimenti che mangiamo: ho imparato che in genere è possibile che un alimento che ci arriva dall’altra parte del mondo sia più sostenibile di qualcosa che viene prodotto più localmente, se quella produzione viene fatta, ad esempio, in una serra riscaldata con combustibili fossili. Così come ci sono alimenti che hanno un impatto talmente pesante in termini di emissioni di gas clima-alteranti, che il ruolo del loro trasporto diventa sostanzialmente insignificante: vale sicuramente per la carne, in particolare quella bovina. La quantità di strada che fa quella carne per arrivare sulle nostre tavole è alla fi ne secondaria rispetto al suo impatto complessivo». Sono nove i capitoli del libro e a ciascun capitolo corrisponde una storia diversa, dall’allevamento dei bovini all’approvvigionamento idrico per l’agricoltura, dalla riscoperta di antiche colture e razze dimenticate alla plastica degli imballaggi, o ancora al tema drammatico del caporalato nella coltivazione e nella raccolta di pomodori. In ognuna di queste storie si alternano effettivamente digressioni più tecniche e racconti personali, storie di donne e uomini che hanno dedicato la propria vita alla produzione agroalimentare guidata dalla stella polare della sostenibilità.
Ed è interessante, tornando al tema della carne bovina, leggere il primo capitolo di questo libro, dedicato proprio all’allevamento di “vacche serene”, sapendo che da molti anni Sara Porro ha smesso di mangiare carne: «Nella mia attività di giornalista gastronomica sinora non avevo mai frequentato molto gli allevamenti, proprio per un certo disagio che mi provocavano. Devo dire invece che questa esperienza, per quanto non mi abbia fatto ripensare le mie scelte, mi ha reso più laica rispetto ad alcuni aspetti della questione.
Ho avuto modo di parlare con allevatori che si impegnano nel proprio lavoro con grande coscienza, partendo da un pioniere del settore come SERGIO CAPALDO de La Granda, che mi hanno aiutato a comprendere come anche in questo caso le cose siano più complesse di quanto spesso siamo portati a pensare» (fonte: @Identità Golose).
Il Mercato della Terra® al Castello di Padernello
I piccoli agricoltori e gli artigiani del cibo, che producono rispettando la biodiversità, il paesaggio e la cultura alimentare del territorio della Bassa Bresciana, si incontrano ogni terza domenica del mese al Castello di Padernello, storico maniero quattrocentesco, per un evento imperdibile per gli amanti del cibo buono, pulito e giusto: il Mercato della Terra®. Ortofrutta, carni, pane, vini, tartufi , agro ittici, formaggi tipici come il bagòss con lo zaff erano… Delizie nate da fi liera corta e nel rispetto delle tradizioni locali che caratterizzano uno dei 7 Mercati della Terra che si svolgono in Lombardia. Grazie alla collaborazione con i presidi Slow Food, si possono trovare tra gli stand anche altre produzioni italiane tutelate da Slow Food, come il peperone di Carmagnola, il testarolo della Lunigiana, il maiale nero di Parma, l’aglio di Caraglio… Un mercato radicato nel territorio ma che si arricchisce di identità culturali diverse, e un’occasione per visitare le splendide stanze e scoprire le storie custodite nel Castello, il suo borgo artigiano e la vicina Cascina Bassa, uno spazio molto bello oggetto di un recente restauro conservativo. Il Mercato della Terra® di Padernello contribuisce alla campagna internazionale “Food for Change”, che attraverso l’agricoltura sostenibile propone soluzioni per adattarsi al cambiamento climatico e vivere il cibo come piacere e prendersi cura del pianeta (photo © Virginio Gilberti.)
>> Link: www.castellodipadernello.it
DAVIDE PAOLINI
Confesso che ho mangiato
Edizioni: Giunti, 2022 272 pp. – € 18,00
PAUL GROUT
Meat London – The Book
Edizioni: Cloke Press, 2021 296 pp. – £ 25.00
MICHELE RUSCHIONI GIANLUCA BIANCHINI (a cura di) GIUSEPPE ROMEO (collaboratore) MARCO PORCHERI (collaboratore)
Steak house e macellerie d’Italia
La guida per gli amanti della bistecca Edizioni: Braciamiancora, 2022 336 pp. – € 13,52 ISBN-13 : 979-8403345576
A Milano il lockdown del 2020 costrinse tutti o quasi ad un’esistenza sospesa e priva di contatti. Ma per chi, come DAVIDE PAOLINI, “vive” nella dimensione del viaggio, l’isolamento è stata una condizione ancora più insopportabile. Come occupare il tempo dedicato alla scoperta? Come “riempire” lo spazio del viaggio, quando questo si riduce alla distanza che separa la camera da letto dallo studio? Una soluzione c’è stata: avvalersi della propria memoria per ripercorrere il già vissuto, riscoprendo emozioni e immagini lontane nel tempo e (quasi) dimenticate. Da qui ha preso avvio il lungo itinerario di un gastronauta d’eccezione, un memoir che restituisce, insieme ai ricordi “reali”, anche (e soprattutto) quelli emotivi. Uno straordinario percorso
nella memoria gustativa di uno dei più importanti giornalisti gastrono-
mici italiani.
Meat London – The Book è la celebrazione dei good butchers della comunità londinese. Lo chef macellaio PAUL GROUT, co-fondatore dell’acclamata macelleria Meat London (con due sedi, una al 104 Stoke Newington Church Street e l’altra al 147 Fortess Road), condivide col lettore le sue intuizioni su
ciò che rende buona la carne, quali
tagli acquistare e come cucinarli al meglio. Più che un semplice libro di cucina, questa pubblicazione offre uno spaccato del lavoro e della cura necessari per gestire una buona macelleria. Per la prima volta in Italia ecco il libro che ogni amante della bistecca deve tenere con sé. Da Nord a Sud un viaggio carnivoro alla scoperta delle migliori macellerie e delle migliori Steakhouse d’Italia tra piacevoli scoperte e storiche conferme. È la prima guida italiana
interamente dedicata alle macellerie e ai ristoranti che fanno della carne
il proprio focus. Se siete in giro per il Belpaese e avete voglia di una bistecca alla griglia questa guida sarà una compagna preziosa. La guida nasce da un’idea di Michele Ruschioni, giornalista youtuber, fondatore di Braciamiancora, il primo e più importante network dedicato alla carne.