EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 4 • Aprile 2018
€ 5,42
FICO, vanno in scena i Macellai TREND di consumo delle carni bovine Focus su MEC FORMENTO
Una Storia di Famiglia
4/18 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Ufficio stampa e Media Partner
Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com
Veniteci a trovare PAD 7 STAND C133 Vi aspettiamo!
Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.
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Naturale da
Generaziоi L’ALLEVAMENTO BOVINO DAL VOLTO UMANO
Oltre 5.000 anni di esperienza nell’allevamento bovino e circa 80.000 aziende agricole locali a conduzione familiare. Sull’Isola di Smeraldo la carne di manzo è una passione comune: gli allevatori lavorano ogni giorno con cura e dedizione per crescere al meglio il proprio bestiame. Perché dietro a ogni manzo c’è il volto di una persona, c’è la storia di una famiglia.
IL NOSTRO MANZO, UNA STORIA DI LIBERTÁ
IRISHBEEF.it
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero: La carne nel mondo
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Agenda
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Anteprima
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Immagini
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Naturalmente carnivoro
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Lettere alla Redazione
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Attualità
Riconoscimento del Consorzio Sigillo Italiano OGM, questo sconosciuto
24 Sebastiano Corona 26
Stili di vita e alimentazione: sale il made in Italy e cala la dieta vegana
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Slalom
Pregiudizio per l’Italia
Cosimo Sorrentino 34
La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
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Aziende
Tabachetti, parecchie novità per il 2018
Elena Benedetti
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Un’azienda sempre più attenta all’evoluzione dei comportamenti di consumo!
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Osservatorio internazionale Crescita demografica e squilibrio climatico
Sergio Ventura
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Retail marketing
Nuova partnership Supermercato24 e Pam
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Marketing
English lamb, razze, erba e tradizione
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Suinicoltura
Benessere animale, ruolo chiave in ottica di mercato e competitività
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Eventi
Si alza il sipario: a FICO vanno in scena i macellai!
Gaia Borghi
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Human Factor
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Indagini
Quale trend di consumo delle carni bovine?
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Locali di gusto
Filz, un locale a tutto spiedo
Riccardo Lagorio
Nutrizione
Il buon grasso del maiale
Giovanni Ballarini 86
Curiosità
Spaghetti with meatballs
Nunzia Manicardi
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Prodotti tipici
Gnumridd, gli involtini di interiora del Sud Italia
Veronica Fumarola
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I cicitt delle valli del Locarnese
Roberto Villa
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Sono 180 grammi, lascio?
New Wave Hot Dogs
Giovanni Papalato 98
Razze
L’asino di Martina Franca, una razza autoctona del Sud-Est barese
Veronica Fumarola 100
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In copertina: il packaging delle carni sta attraversando una fase di grande innovazione.
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Roberto Villa
Sapori dal mondo
I suovas di renna
Convegni
Involucri naturali per i salumi, un convegno a Milano
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Fiere
Alimentaria + Hostelco alimentano il business internazionale
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The Innovation Alliance, si scaldano i motori
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La pagina scientifica
Tecnologie
Sicurezza alimentare
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Sistemi di validazione della qualità della carne mediante l’utilizzo di strumentazione ecografica
Stefano Nava Ernesto Beretta
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Biologia molecolare e qualità della carne
Alfonso Piscopo
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Soluzioni CSB-System per la vendita multicanale
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La piccola grande Holac Cubixx
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La soluzione di Sealed Air al problema degli scarti alimentari
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Carne cruda senza pericoli
Giovanni Ballarini 148
www.eurocarni-online.com 8
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Una cena in primavera con gli amici? Le polpettine di vitello sono perfette: lo street food all’italiana. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. La sicurezza al primo posto. Safety Guard è il sistema di qualità integrato del VanDrie Group che garantisce la sicurezza dell’alimento e il benessere degli animali lungo tutta la filiera produttiva.Safety Guard si occupa anche dell’utilizzo responsabile di antibiotici e della gestione ambientale. www.vandriegroup.com
La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“LE POLPETTE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
Ricetta
Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com
Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl
Tel: +31 055 549 82 22 E-mail: info@esafoods.com
LA CARNE NEL MONDO Danimarca-Cina Il produttore danese di carne Danish Crown Group ha annunciato che alla sua controllata Tulip Food Company è stato concesso il permesso di esportare prodotti a base di carne nel mercato cinese. L’accordo permetterà a Tulip Food Company di esportare salsicce, salami e carni in scatola dalle sue fabbriche di Svenstrup e Vejle in Danimarca ai grossisti e ai distributori alimentari in Cina. Danish Crown ha dichiarato che l’accordo rappresenta un passo fondamentale verso il raggiungimento dei suoi obiettivi di crescita in Asia, che sarà ulteriormente aiutato dalla costruzione di un impianto di produzione vicino a Shanghai nel 2019. «Questa notizia – ha dichiarato KASPER LENBROCH, CEO di Tulip Food Company – segna una svolta per le esportazioni alimentari danesi. La Cina è un mercato estremamente interessante e abbiamo già accordi con diversi partner che vogliono vendere i nostri prodotti. Solo per salsicce e carni in scatola stimiamo potenziali esportazioni del valore di 41,6 milioni di dollari l’anno. Certo, serviranno alcuni anni per arrivare a questo livello, ma il maiale danese gode già di una posizione forte in Cina, quindi non stiamo partendo da zero». «Le consolidate esportazioni di carne suina fresca dalla Danimarca saranno ora potenziate con prodotti trattati termicamente quali salsicce e prodotti in scatola» ha commentato JAIS VALEUR, Group CEO di Danish Crown. «Questi saranno presto integrati con la produzione in loco, basata su materie prime danesi, che ci porteranno in una posizione estremamente forte in quello che nel giro di pochi anni è diventato uno dei mercati più importanti per la nostra azienda. Ringraziamo le autorità danesi, guidate dal ministro ESBEN LUNDE LARSEN, insieme ai dipendenti dell’amministrazione veterinaria e alimentare danese e il personale dell’ambasciata danese a Pechino, che hanno lavorato instancabilmente per raggiungere l’accordo». Danish Crown è il più grande esportatore di maiale al mondo e il più grande trasformatore di carne di maiale in Europa (fonte: EFA News).
Europa La FVE – Federazione Veterinari Europei si è recentemente espressa a favore delle telecamere nei macelli. L’uso di telecamere a circuito chiuso è arrivato alla ribalta dei media europei in seguito ad alcuni casi francesi: le condizioni degli animali diffuse in video virali sul web palesavano infrazioni alle norme sulla protezione all’abbattimento. La FVE segue l’evoluzione del problema su scala europea, dove le telecamere restano volontarie e sottoposte a regole nazionali molto diverse, ma sempre — questo il punto sollevato da FVE/UEVH — precluse ai veterinari ufficiali che non possono visionare i filmati e, quindi, correggere eventuali comportamenti non conformi alla legislazione, di cui resta comunque responsabile l’FBO, il Food Business Operator (in Italia l’OSA, Operatore del Settore Alimentare). Nella sua proposta, la FVE elenca i vantaggi della video sorveglianza obbligatoria, fra cui la possibilità di compiere studi osservazionali sui comportamenti degli animali (animal based indicators) e una maggiore sicurezza contro aggressioni, intimidazioni o pressioni ai danni dei veterinari ufficiali. I risvolti critici riguardano invece i maggiori costi, il maggior dispendio di tempo a carico dei veterinari ufficiali impegnati nel monitoraggio dei filmati e naturalmente la tutela della privacy di tutti i soggetti coinvolti. Ma l’accento del documento della FVE è posto sulla non sostituibilità del veterinario ufficiale: le telecamere “non possono in nessun caso essere utilizzate per sostituire o ridurre il ruolo del veterinario ispettore al macello. Semmai, la video sorveglianza deve essere intesa come uno strumento di utilità, al servizio di una maggiore efficacia delle azioni di controllo del veterinario ufficiale” (fonte: www.fve.org – 3tre3.it; photo © industrieblick – stock.adobe.com).
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Portogallo Secondo i dati provvisori pubblicati dal GPP (Gabinete de Planeamento, Políticas e Administração Geral, Ministério da Agricultura, Florestas e Desenvolvimento Rural e Ministério do Mar) e forniti dall’INE-Instituto Nacional de Estatística relativi alla macellazione dei suini in Portogallo tra gennaio e dicembre 2017, c’è stata una diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2016 sia relativamente al numero totale di capi (–4,1%; 5.473.174 nel 2017 contro i 5.705.216 del 2016) che al peso in tonnellate. Dei 5.473.174 capi dello scorso anno, 4.241.779 sono suini da macello (–4,9% rispetto al 2016), 1.207.424 suinetti (–0,8% rispetto allo stesso periodo del 2016) e 23.971 suini da riproduzione (–17,6% rispetto al 2016). Per quanto riguarda invece il peso di macellazione, la riduzione è stata del 5,4% nei suini da macello e dello 0,7% nei suinetti. In termini percentuali ciò significa che gli animali macellati pesavano meno rispetto al 2016, poiché la riduzione percentuale dei pesi era superiore alla percentuale di riduzione del numero di capi macellati (fonte: Boletim SIMA do GPP, www.gpp.pt, www.3tre3.it; in basso, uno scorcio suggestivo di Lisbona, photo © Studio f:22-Ricardo Rocha).
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AGENDA
Polesine Zibello (PR) L’edizione 2018 di Salumi da Re, il raduno nazionale di allevatori, norcini e salumieri ideato e organizzato dal GAMBERO ROSSO con l’ANTICA CORTE PALLAVICINA, si svolgerà dal 7 al 9 aprile presso la splendida corte cinquecentesca dei fratelli Spigaroli. Il tema della manifestazione sarà “L’importanza del grasso”: la tre giorni, infatti, ospiterà incontri, convegni e laboratori dedicati all’importanza dei grassi nei salumi. Tra le conferme di questa edizione la cena di gala presso Il Cavallino Bianco, prevista per sabato 7 aprile, il consueto appuntamento dedicato ai protagonisti di Salumi da Re e riservato a produttori, buyer e stampa nazionale e per la prima volta anche ad un numero limitato di appassionati del settore. Non mancheranno inoltre incontri, degustazioni, convegni, focus e momenti di intrattenimento con il Concorso del Panino d’Autore e la Gara di taglio a mano del prosciutto dove le migliori gastronomie e botteghe del gusto si sfideranno in una gara di precisione a colpi di coltello nella magica arte del taglio a mano del prosciutto. www.salumidare.it
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Barcellona, Spagna Dal 16 al 18 aprile la capitale della Catalogna ospiterà Alimentaria, la fiera multiprodotto che con cadenza biennale chiama a raccolta gli operatori del food europei con un incoming anche da USA, Oriente e America Latina. Nella formula multiprodotto Alimentaria 2018 si articolerà attraverso 6 saloni tematici specializzati: Intervin, Intercarn, Restaurama, Interlact, Expoconser e Multiple Foods. Una formula vincente sia per gli espositori che per il pubblico di operatori e professionisti in visita, efficace per cogliere le opportunità di business di ogni settore, nell’ottica di export e di innovazione. Intercarn, l’area dedicata alle carni, sarà ospitata nei padiglioni 4 e 5, a dimostrazione della valorizzazione che gli organizzatori di Alimentaria vogliono dare alle carni e ai salumi. Il target dei visitatori di Intercarn comprende buyer spagnoli ed esteri della DO, GDO e canale HO.RE.CA. Non mancheranno operatori della trasformazione delle carni, macellatori e grossisti. Tra i focus di quest’anno ci saranno le carni di alta gamma, le nuove tendenze in tema di consumi, le lunghe frollature e le razze di qualità. La piattaforma dedicata alle proteine animali offrirà numerosi spunti di riflessione sulle attuali tendenze del commercio e del consumo delle carni, con attenzione a kosher e halal, all’innovazione di prodotto e alle DOP e IGP di salumi e carni. Tra i Paesi che hanno scelto Intercarn per la promozione dei loro prodotti ricordiamo Regno Unito, Italia, Brasile, Olanda, Portogallo, Francia e Germania. Ad Intercarn sarà rappresentato il 90% dell’industria spagnola di settore, per l’interesse dei buyer internazionali. www.alimentaria-bcn.com
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I FORNITORI DI CARNE BELGA PRESENTANO:
LA CARNE BELGA: unâ&#x20AC;&#x2122;eccellente scelta su misura - Sezionata come vuole lei - Massima resa - Pronta consegna
Carne di manzo
Carne di maiale
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ANTEPRIMA
Taste, il salone dedicato alle eccellenze del gusto e del food lifestyle, è tornato a occupare la Stazione Leopolda di Firenze dal 10 al 12 marzo. E anche quest’anno è stato un grande successo! Nel salotto italiano del mangiare bene e stare bene si sono dati appuntamento i migliori operatori internazionali dell’alta gastronomia, ma anche il sempre più vasto e appassionato pubblico dei foodies. Qui un primo piano del ricco desk di prodotti dell’Antica Macelleria Falorni di Greve in Chianti (FI). Vi racconteremo tutto su Eurocarni numero 5/2018.
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ABF s.r.l. Commercio Carni Via del Moscia, 1cde - 50060 Londa (Firenze) Italy Tel. ( +39) 055 835 1550 / (+39) 055 835 1557 — Fax (+39) 055 835 1600 / (+39) 055 835 2700 E-mail: info@abf-londa.it — Web: www.abfcarni.com
IMMAGINI
Con un tema importante come il “Fattore Umano”, sono stati più di 120 i relatori che si sono avvicendati sul palco e negli spazi del Mi.Co per la 14a edizione di Identità Golose, il congresso di cucina d’autore organizzato da Paolo Marchi e Claudio Ceroni mai come quest’anno così ricco di presenze internazionali, espositori, visitatori, originalità dei prodotti, capacità di creare incontri, scambi, relazioni. Per saperne di più leggete l’articolo a pagina 64 (in foto, il “Piatto conviviale” di Paolo Lopriore; photo © Brambilla/Serrani).
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NATURALMENTE CARNIVORO
“C’è chi nasce con la camicia, noi siamo nati con il grembiule”. Così si descrive la famiglia Cucchi, proprietaria di Cucchi – Dal 1984 Il Gusto della Tradizione a Castrezzato, in provincia di Brescia, una salumeria-gastronomia che dal 2012 vanta un reparto di macelleria di alta qualità. Merito di Alberto Cucchi, il quale, appassionatosi all’arte del lavoro di macellaio, ha studiato e si è impegnato per apprenderne le tecniche per poi mettersi alla ricerca insieme a papà Luigi e mamma Siriana dell’allevamento locale che potesse fornire al suo negozio i più alti standard in termini di qualità e sicurezza. C’era anche Alberto a Bologna insieme a Dario Cecchini e a tanti altri colleghi macellai in occasione della presentazione presso il Teatro della Carne di Capaldo & Zivieri del format “Macellai a FICO”. Leggetevi il servizio a pagina 60.
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LETTERE ALLA REDAZIONE iMEAT in Barcellona, quando la carne parla anche spagnolo In queste poche righe voglio raccontarvi la mia prima esperienza fuori dall’Italia con Federcarni, sperando di riuscire a trasmettere il mio positivo stupore derivante da questa avventura. La prima edizione di iMEAT España ha infatti confermato la validità di un progetto pensato appositamente per i macellai “di domani”. L’evento, già collaudato in Italia nelle cinque edizioni di iMEAT a Modena, ha avuto luogo il 4 e 5 febbraio scorsi nel quartiere fieristico di Cornellà-Barcelona, dove hanno presentato i loro prodotti 37 espositori, tra spagnoli ed italiani. Su una superficie espositiva di circa 3.000 metri quadri, hanno “sfilato” apparecchiature tecnologiche, attrezzature, carni, ingredienti ricercati, materiali di consumo e prodotti gastronomici sia “sperimentali” che “tradizionali”. Per gli espositori iMEAT è stato un ottimo esordio, con visitatori provenienti da varie regioni della Spagna, dall’Italia e da molti altri Paesi. Una folla che ha voluto celebrare la carne e i suoi macellai, tra preparati innovativi e soluzioni per creare valore nelle macellerie che vogliono “cambiare passo” sul mercato.
Il viaggio Ma veniamo al viaggio: 25 macellai italiani, almeno uno da ogni regione, uguali per vocazione (l’esser macellai) ma diversi per culture territoriali. Tutti scelti da ciascun presidente regionale. Niente da dire, un bel gruppo e con molto entusiasmo in valigia pronto per essere esportato in Spagna. Già all’aeroporto l’emozione faceva capolino tra check-in e bagagli, ma sono certo che ciascuno provava — a modo suo — a mascherare quella felicità evidente di chi è ancora curioso di imparare. Ed è questo che mi piace dei colleghi e della professione: nonostante sia un lavoro “antico”, sono sempre felice di notare come l’approccio dei giovani e meno giovani con i quali lavoro sia molto simile al mio. Curioso no? Confucio diceva “scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua”. Ed è proprio così, ogni volta in cui faccio qualcosa per il mio lavoro la vecchiaia diventa esperienza e l’entusiasmo di poter scoprire ancora qualcosa di nuovo riesce sempre a farmi tornare bambino. A mezzanotte tutto il gruppo aveva già toccato terra spagnola e, a distanza di poche ore, era pronto per la sveglia della domenica mattina.
La fiera Arriviamo in anticipo fuori dalla fiera. Tra i sorrisi scarichiamo il furgone, poi via con i camici e i cappellini, fieri dei colori che sui profili del nostro abbigliamento ricordavano a tutti che l’Italia — con Federcarni — era lì. Poi le foto di rito, come quelle delle figurine dei calciatori Panini, mentre la testa pensava a tutto il lavoro che ci attendeva. E allora piccolo briefing, pianificazione del lavoro e divisione in gruppi. Il team funziona come un orologio e, nonostante gli spazi un po’ ristretti, il lavorare a turni mischiato alla voglia di fare ci fa portare a casa il risultato. Già coi primi visitatori il nostro stand è preso d’assalto mentre i banchi cominciano a prendere forma tra pennellate di colore, piatti creativi e finger food “da vetrina”. Giorno 2: contro ogni aspettativa la voglia di fare, nonostante la stanchezza del giorno precedente, non è affatto diminuita. Nuovi piatti, nuovi assaggi e nuove lavorazioni. Polli, conigli, faraone e intorno un team dove ciascuno porta la propria esperienza per fare un piatto che ricalchi i solchi della propria cultura o la rivisiti completamente stravolgendo le regole. Quello che ne esce è semplicemente splendido.
La delegazione di macellai di Federcarni in Spagna. Al centro il dott. Alessandro Cuomo (Maturmeat®, Arredo Inox).
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Un mix di esperienze che ancora una volta mi fa pensare che in questi casi 1+1 non fa semplicemente due, perché il valore del gruppo è molto più di quello del singolo. Penserete che è finita… Invece no! C’è ancora il tempo (e in questi casi anche se non c’è occorre trovarlo) per una “buona azione”. La merce utilizzata è stata infatti donata ad una fondazione spagnola a sostegno dei bambini. Ma ora la giornata volge al termine. La stanchezza lascia il posto alla felicità di aver contribuito ancora una volta, a modo nostro, a portare per il mondo (e questa volta su una lunga tratta) la passione per un lavoro che nasce dai nostri padri, si è consolidato nel tempo e che potrà ulteriormente modificarsi ed innovarsi grazie alla creatività dei giovani unita all’esperienza dei meno giovani.
Ilario Lui fotografato a iMEAT España.
Il rientro Le partenze non piacciono quasi mai, sono sempre un po’ troppo commoventi, ma almeno fanno pensare a quello che il viaggio ti lascia dentro. Così, alla fine, si accetta di buon grado il volo del ritorno, immaginando già le storie da raccontare ai clienti nei giorni successivi o i nuovi piatti visti in fiera da sperimentare e far gustare a quelli con i gusti un po’ più ricercati. Insomma, è stata una bella opportunità che, grazie a Federcarni, speriamo di poter replicare, in Italia, in Spagna o in altre parti del mondo: poter lavorare con persone che per passione comune diventano amici ti fa sentire parte di una famiglia allargata. E questa è decisamente una bella sensazione. Ilario Lui Macellaio lodigiano
In ricordo di Vittorio Pellegrini Lo scorso 22 febbraio VITTORIO PELLEGRINI, fondatore dell’omonima macelleria di via Spallanzani a Milano, è mancato all’affetto della sua famiglia e di quanti, nel corso della sua vita, hanno avuto il piacere e l’onore di conoscerlo, tra cui noi della Redazione di Eurocarni. La sua vocazione per la lavorazione delle carni iniziò presto, fin da ragazzino, in Veneto, nella sua regione d’origine. A 16 anni, trasferitosi con la famiglia a Milano, continuò l’attività con il progetto di costruire, prima o poi, un’attività in proprio. Era il 1959 quando da giovane garzone Vittorio concretizzò il suo sogno aprendo nella via un laboratorio con relativa bottega di carne equina. In poco tempo il piccolo negozio si ampliò di prodotti e di clientela, conquistando la fedeltà dei milanesi e diventando punto di riferimento per gli estimatori della carne equina. Nel corso del tempo la macelleria si è evoluta, con l’ingresso in bottega prima della moglie Milena e poi, agli inizi degli anni ‘80, del figlio Giorgio, oltre ad uno staff che oggi affianca la famiglia Pellegrini in un’attività di lavorazione e vendita di carni fresche e preparati, eventi e lunch in macelleria. Qualità impeccabile nel servizio e nello stile, professionalità e capacità di evolvere nel corso degli anni, sono stati elementi che hanno caratterizzato la sua figura. A ciò aggiungiamo anche quell’eleganza, quella presenza solida e pacata con cui accoglieva clienti e amici, fornitori e colleghi. Premiato nel 1996 dalla Camera di Commercio di Milano con un attestato e una medaglia d’oro per la sua attività, citato da tante riviste e quotidiani nazionali, da sempre impegnato e sensibile alla raccolta di fondi per progetti dedicati all’infanzia con gli amici colleghi Butchers for Children e con le belle feste dei macellai di via Spallanzani, Vittorio Pellegrini sarà da noi ricordato per la sua grande professionalità, per il suo stile e il grande cuore. Alla moglie Milena, ai figli Giorgio e Roberto, ai nipoti e parenti tutti le condoglianze da parte della Redazione di Eurocarni.
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ATTUALITÀ
Riconoscimento del Consorzio Sigillo Italiano
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o provato tanta emozione nell’apprendere della firma da parte del dott. LUCA BIANCHI del Decreto di riconoscimento del Consorzio Sigillo Italiano. È dal 2009 che stiamo lavorando ad un progetto globale per la zootecnia italiana e ad ogni angolo del nostro percorso abbiamo trovato resistenze al cambiamento di passo che volevamo proporre, fino ad arrivare, in certi casi, ad un vero e proprio ostruzionismo. Non è certo però questo il momento di fare polemiche poiché dobbiamo festeggiare un traguardo ambito, indispensabile, che mancava e che si aggiunge agli altri già raggiunti». Sono queste le prime parole di FABIANO BARBISAN, presidente del Consorzio Italia Zootecnica e del Consorzio Sigillo Italiano in merito all’avvenuto riconoscimento dello stesso in data 28 febbraio. Il Consorzio Sigillo Italiano è stato fondato da: Organizzazione Produttori Carne Piemonte Asprocarne Piemonte; Organizzazione Produttori AZOVE; Organizzazione Produttori Scaligera; Consorzio Carni di Sicilia; Associazione Produttori Carni Bovine UNICARVE; Associazione Nazionale Allevatori e Produttori Avicunicoli ASSOAVI. In sede di costituzione è stato anche approvato il marchio, una grande Q con tricolore, visto che i disciplinari di produzione certificati, che i soci del Consorzio utilizzeranno per fregiarsi del marchio “Sigillo Italiano”, sono tutti nati in Italia, dall’esperienza e dalla professionalità di allevatori e tecnici, e sono stati ufficialmente approvati dalla Commissione europea. Il potenziale di aziende di allevamento pronte al primo ingresso nei disciplinari e già censite dai costitutori sono di oltre 1.100 per il “Vitellone e/o Scottona ai cereali”, corrispondenti a circa 264.000
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tonnellate di carne bovina. Per il “Sistema di Qualità dell’Uovo + Qualità ai cereali” le aziende sono circa 200, con una produzione di circa 150.000 tonnellate di uova commercializzabili con il marchio. Per completare la squadra sono adesso attesi i rappresentanti del SQNZ “Fassone di razza Piemontese” e del “Bovino Podolico al pascolo”. Le tappe principali del Consorzio • 4 marzo 2011: uscita del DM che istituisce i Sistemi di Qualità Nazionale Zootecnia (SQNZ); • 25 ottobre 2011: pubblicazione delle “Linee guida per la redazione dei disciplinari di qualità”; • 20 marzo 2012: presentazione del primo Disciplinare di qualità del “Vitellone e/o Scottona ai cereali” e del Disciplinare “vitello al latte e cereali”: • 16 ottobre 2015: approvazione del Disciplinare del “Vitellone e/o Scottona ai cereali”; • 28 aprile 2016: emanazione del 1o Decreto applicativo del SQNZ del Disciplinare del “Vitellone e/o Scottona ai cereali”; • 26 ottobre 2016: conferma, da parte del MIPAAF, dell’equivalenza del Disciplinare del “Vitellone e/o Scottona ai cereali” tra SQNZ e Sistema di qualità regionale Qualità Verificata; • 26 ottobre 2017: costituzione del “Consorzio Sigillo Italiano”; • 28 febbraio 2018: riconoscimento, con Decreto, del Consorzio Sigillo Italiano. Ringraziamenti e sviluppi futuri Nella lettera di ringraziamento inviata al dott. Luca Bianchi, capo dipartimento MIPAAF, e al dott. FRANCESCO SAVERIO ABATE, direttore generale, Barbisan ha sottolineato che la loro “fiducia nel progetto di Piano carni presentato dal Con-
sorzio Italia Zootecnica è stata ben riposta, poiché ci sono tutte le condizioni per dare un nuovo futuro commerciale alla zootecnia italiana”. Un grazie va anche al capo segreteria tecnica del Dipartimento, dott. GIOVANNI DI GENOVA, che ha “tradotto nel Decreto di riconoscimento le richieste degli allevatori nel modo migliore, aggiungendo spunti costruttivi per migliorare ancor di più il percorso del Consorzio”. Nella lettera Barbisan ha poi ci tato l’interprofessione in itinere che, se sarà riconosciuta in tempi brevi, per applicare l’erga omnes, si potrà rimpinguare il finanziamento di 200.000 euro, recato dal bando MIPAAF/ISMEA, recentemente partecipato dal Consorzio Sigillo Italiano (in attesa di comunicazione ufficiale di approvazione) e iniziare un percorso nazionale di comunicazione per valorizzare la carne prodotta in Italia, che oggi deve fare i conti con l’anonimato e la difficoltà enorme per i consumatori di riconoscerla facilmente, per poter iniziare un percorso di recupero di quel 42% di quote di mercato disponibili, oggi rappresentate dalla carne estera. Il marchio Consorzio Sigillo Italiano diventerà la Melinda della zootecnia? «Se nessuno si metterà di traverso ci arriveremo presto!» conclude Barbisan. (Consorzio Italia Zootecnica)
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Impegno per un uso corretto degli antibiotici in allevamento Una grande alleanza per contribuire al corretto uso degli antibiotici negli allevamenti: è questo l’importante risultato ottenuto dalla Regione EmiliaRomagna con la firma del protocollo per favorire il consolidamento, la diffusione e l’applicazione delle Linee guida regionali per l’uso degli antimicrobici negli allevamenti, con riferimento al settore suinicolo e bovino da latte. La premessa dell’iniziativa è che il miglioramento del benessere animale e della biosicurezza è un presupposto fondamentale alla riduzione dell’uso degli antimicrobici. Inoltre, il sistema agricolo è consapevole che una tenuta delle produzioni di origine animale passa inevitabilmente anche attraverso una riqualificazione delle tecniche di allevamento. La definizione di buone pratiche per ridurre l’impiego del farmaco comporta necessariamente maggior attenzione agli aspetti gestionali/organizzativi e zootecnicoproduttivi quali il benessere e la salute degli animali, l’adozione di idonee misure di biosicurezza, la sostenibilità ambientale, la sicurezza e la qualità delle produzioni di origine animale, mediante processi di miglioramento degli allevamenti intensivi più a rischio di trasmissibilità delle malattie, anche attraverso lo sviluppo di una “zootecnia di precisione”, basata sulla migliore e puntuale conoscenza dei fabbisogni degli animali stessi. Al protocollo hanno aderito le organizzazioni professionali agricole e cooperative, le organizzazioni rappresentative del settore industriale ed artigianale suinicolo, lattiero-caseario e avicolo (tra cui ASS.I.CA., UNAI talia, Assolatte e ASSOAVI), e i Consorzi di tutela di Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Provolone Valpadana e Prosciutto di Parma). Hanno firmato anche istituzioni universitarie, enti di ricerca e parte del mondo della distribuzione con Federdistribuzione e Alleanza delle Cooperative (fonte: agu – 2309 © World Food Press Agency Srl).
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OGM, questo sconosciuto Arriva da un gruppo di ricercatori di Pisa unâ&#x20AC;&#x2122;analisi che segna un punto importante a favore degli OGM. Un lavoro approfondito e qualificato che dovrebbe porre fine al dibattito sulla nocivitĂ del transgenico di Sebastiano Corona
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i saremmo effettivamente aspettati un po’ più di entusiasmo. Dopo anni di dibattiti, campagne di sensibilizzazione, ricorsi e regolamenti, un gruppo autorevole di scienziati indipendenti ci rassicura: gli OGM non sono nocivi. Una notizia che segna una pietra miliare nella storia delle biotecnologie, nella storia della stessa agricoltura, a cui però non è stranamente seguita nessuna reazione degna di nota. Il mondo politico e quello dell’associazionismo non rilasciano dichiarazioni né trasmettono comunicati stampa. Rispondono unicamente se sollecitati da qualche giornalista, dando uno sbrigativo e sommario parere. Anche nel web regna il silenzio. Non solo non reagiscono gli innumerevoli contrari, spesso complottari — che forse non hanno desiderio di ammettere che si erano sbagliati — ma non esultano come ci saremmo aspettati nemmeno i pochi coraggiosi sostenitori. Eppure lo studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa parla chiaro: il mais OGM non è nocivo. Non bastasse, è meno insidioso per la salute dell’uomo e dell’ambiente di quello proveniente da sementi tradizionali. Una notizia che giunge come un fulmine a ciel sereno, in un dibattito che sembrava ormai pigramente chiuso per resa dei favorevoli, vista la devastante campagna mediatica contraria, che si è alimentata negli anni. Dalla freddezza con cui è stata accolta la notizia si potrebbe forse sospettare che lo studio in questione non sia considerato sufficientemente autorevole per ritenerlo attendibile. Tutt’altro: è l’esito di una revisione di studi pubblicata da quattro ricercatori sulle colonne di SCIENTIFIC REPORTS, del gruppo NATURE, quest’ultima tra le più antiche e importanti riviste scientifiche esistenti (pubblicata dal 1869), forse in assoluto quella considerata di maggior prestigio in ambito internazionale e, in quanto tale, tra le più attendibili al mondo. I quattro illustri connazionali che hanno lavorato allo studio hanno passato in rassegna 64 ri-
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cerche realizzate in oltre 20 anni, dall’inizio della coltivazione del mais transgenico, sino al 2016. L’approfondimento è una meta-analisi, cioè un’analisi di altre analisi, che ha processato 11.699 dati, a loro volta pubblicati su riviste di alto valore scientifico, su colture di Stati Uniti, Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia. Non solo, lo studio è indipendente, non essendo stato finanziato da nessun soggetto di parte, ma a sua volta utilizza dati che provengono da ricerche svincolate da qualunque finanziatore. E i risultati parlano chiaro: le colture di mais transgenico hanno una resa superiore, dal 5,6% al 24,5%, rispetto a quello tradizionale. In più contribuiscono in maniera importante a ridurre gli insetti dannosi ai raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (–28,8%) e fumonisine (–30,6%). Gli OGM non rappresentano un rischio per la salute Le conclusioni a cui sono giunti LAURA ERCOLI, ELISA PELLEGRINO, STEFANO BEDINI e MARCO NUTI — questi i nomi dei ricercatori di Agronomia generale e coltivazioni erbacee alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che hanno realizzato il lavoro — sono chiare e sentenziose: gli OGM non rappresentano un rischio per la salute. Lo studio italiano ha selezionato con grande severità metodologica i dati più sicuri, mostrando che fumonisine e tricoteceni, pericolosi in gravidanza e potenzialmente cancerogeni, sono risultati più bassi negli OGM, rispettivamente del 30,6% e del 36,5%. Questo perché le tossine sono prodotte da funghi che si sviluppano sulle piante danneggiate dagli insetti e sono proprio questi ultimi il target della modificazione genetica della pianta, che è fatta a posta per resistergli. Quanto agli insetti innocui, invece, su di loro non si sono visti effetti significativi. E questo fatto è importantissimo dal punto di vista ambientale, perché gli OGM danno un notevole contributo nella riduzione di parassiti deleteri per la pianta, ma limitano gli effetti agli or-
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I risultati dello studio della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa parlano chiaro: le colture di mais transgenico hanno una resa superiore, dal 5,6% al 24,5%, rispetto a quello tradizionale. In più contribuiscono in maniera importante a ridurre gli insetti dannosi ai raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (–28,8%) e fumonisine (–30,6%). ganismi interessati, senza arrecare offesa al resto del sistema. La questione ambientale rappresentava un aspetto molto delicato dell’impatto degli OGM sugli equilibri delle nostre campagne. Ma lo studio è stato dirimente anche in questo senso, dimostrando performance identiche tra mais OGM e tradizionale in termini di perdita di peso tra i fusti e le foglie, emissione di anidride carbonica dal suolo ed effetti sugli insetti che non rappresentano la causa della modificazione genetica. Questo studio dà elementi importanti per una valutazione dal
punto di vista oggettivo, ma giunge anche con una certa tempestività rispetto a quanto affermato solo alcuni mesi or sono dalla Corte di Giustizia europea, che aveva condannato la decisione di alcuni Paesi di vietare la coltivazione di piante geneticamente modificate, pur in assenza di un’evidenza significativa sul serio rischio alla salute umana, animale e ambientale. La sintesi era: se un reale pericolo non è dimostrato, perché vietarne la coltivazione? Oggi però abbiamo addirittura una conferma del contrario. Pertanto la faccenda è destinata a subire ulteriori sviluppi, tanto più che al-
La campagna denigratoria sugli OGM ha avuto conseguenze pratiche importanti nel tempo. L’Italia, ad esempio, è diventata uno dei Paesi con le regole più restrittive in Europa sugli OGM e la nostra ricerca scientifica sul bio-tech, un tempo all’avanguardia, ha perso drammaticamente terreno, lasciandosi altresì sfuggire un mercato potenziale stimato tra i 100 e i 125 milioni di euro all’anno
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cuni produttori sono pronti, adesso più che mai, a portare avanti la loro battaglia per l’utilizzo delle tanto vituperate sementi transgeniche. Sono 17 gli Stati europei in cui è vietata la coltivazione di OGM. Tra questi, l’Italia. L’unica pianta transgenica che può essere coltivata è una varietà di mais resistente alla piralide. Ma la sua coltivazione resta comunque confinata a cinque Paesi, dove tra l’altro gli ettari impegnati sono in regresso. Esiste però un paradosso che pesa come un macigno: il divieto si limita alla coltivazione, ma è ammessa l’importazione, mentre in etichetta la presenza di OGM va dichiarata solo se supera lo 0,9%, e non è obbligatoria per niente nei prodotti di animali alimentati con OGM. In sintesi, non ci tuteliamo fino in fondo dagli ipotetici rischi, ma in più lasciamo che a guadagnarci siano altri: una contraddizione non da poco. È così che ogni anno entrano in Europa 30 milioni di tonnellate di soia e sino a 3 milioni di tonnellate di mais geneticamente modificati. Un’assurdità priva di ogni logica. Si vedrà però, solo d’ora in poi, quale sarà la posizione di istituzioni e legislatore europeo, anche alla luce della ricerca del Sant’Anna. Sinora, infatti, l’Unione Europea ha adottato, nei confronti degli OGM, il principio di precauzione. In sostanza, visti i dubbi del mondo scientifico e considerata la scarsa presenza di prove oggettive sulla natura degli OGM e i loro effetti sulla salute umana e sull’ambiente, il legislatore ha assunto a suo tempo una posizione di cautela e prudenza, che implica appunto anche il divieto di coltivazione. Ma dal momento in cui queste prove sono state portate all’attenzione del mondo scientifico, quale linea assumerà l’Europa? Gli aspetti da considerare sono infatti molti e di varia natura. Nel sito di Slow Food, per esempio, la posizione dell’organizzazione sul nuovo studio si nasconde tra molte altre notizie di importanza decisamente minore. Cosa anomala — a nostro modesto parere — per
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un soggetto che della lotta contro gli OGM ha fatto il proprio cavallo di battaglia per anni, vantando più certezze che dubbi. E facendo riferimento alle nuove scoperte, Slow Food specifica in tono freddo: “Sì, abbiamo visto. Peccato che la posta in gioco, almeno per noi, non sia mai stata questa. Come nel caso dell’olio di palma, appiattire il dibattito sul ritornello ‘fa male/non fa male’ serve soltanto a guadagnare le prime pagine. E a zittire le voci in dissenso, confinandole nel ghetto dell’antiscientificità. Così facendo si eludono i veri nodi irrisolti, quelli che non riguardano i singoli OGM, ma ciò di cui sono portatori. Cioè un modello piegato alle esigenze dell’agroindustria, dove ai contadini si impone di rinunciare a ogni controllo sul proprio lavoro, dalla semina al contrasto delle erbe infestanti. Quella che vent’anni fa ci veniva venduta come una seconda rivoluzione verde si è limitata, nei fatti, a promuovere poche varietà di coltivazioni redditizie per le multinazionali […]”. È così che Slow Food chiude la questione: con queste ed altre poche righe dai contenuti condivisibili, ma forse troppo scarni, per un tema così delicato. Peggio si è visto da chi, dopo aver fatto per decenni una caccia alle streghe, nei giorni scorsi e sino al momento in cui scriviamo non ha osato pronunciare una sola parola, ignorando l’ultima ufficiale e autorevole uscita a livello scientifico, che dovrebbe far crollare — o almeno vacillare — convinzioni granitiche. Qualcuno, però, tirato per la giacchetta dalla stampa, interviene per dire che il fatto che i cibi transgenici siano innocui per la salute umana sarebbe cosa di per sé irrilevante, perché quel tipo di coltura è invasivo nei confronti dei confinanti e non può restare arginato alla superficie in cui viene utilizzato. Tanto più che ci troviamo in un Paese dove le aziende sono di piccole dimensioni e le barriere naturali insufficienti a proteggere dalla contaminazione le coltivazioni biologiche e quelle convenzionali. L’elenco degli ostacoli che persistono non finisce qui: le sementi sono nelle mani di poche multinazionali sempre più forti. Soggetti che vantano una concentrazione di potere in ambito agricolo che aumenta di continuo e a dismisura, considerato che le grandi aziende, poste sul banco degli imputati, non sono titolari solo del seme, ma anche dei pesticidi, delle reti di distribuzione e spesso anche di farmaci e prodotti sanitari. A favore degli OGM si sosteneva che avrebbero salvato il mondo dalla fame e tuttora, seppure con minore enfasi, questo elemento viene richiamato. Ma nella pratica e negli anni tutto ciò non è avvenuto. Il problema è tutt’altro che risolto, mentre le multinazionali del settore hanno visto crescere vendite e profitti, soprattutto laddove la povertà dilaga. Anche in COLDIRETTI la condanna resta, senza se e senza ma. «Le produzioni agricole italiane sono richieste perché di qualità e legate a tradizione e biodiversità. Gli OGM sono invece l’opposto, principale alleato di omologazione e standardizzazione. E poi dal punto di vista della sicurezza ambientale, al
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di là di quello che dice lo studio, il dibattito è ancora aperto», sentenzia il presidente nazionale ROBERTO MONCALVO. L’altro elemento di condanna è che gli OGM non abbiano legami storici o culturali con territorio alcuno, e questo, per un Paese come l’Italia che basa su identità e varietà dei prodotti locali buona parte del proprio messaggio comunicativo, è un problema. Aprire un varco agli OGM significherebbe rompere il patto con il consumatore e insinuare il dubbio sulla qualità del nostro cibo, che a quel punto non verrebbe più considerato a priori come il migliore del mondo, per trovarsi invece, in una ipotetica scala della qualità, né più né meno di dove sono collocati altri Paesi con storia e patrimonio enogastronomico nemmeno paragonabili al nostro. Allora ci sarebbe da chiedersi se — al di là dell’aspetto salutare o meno degli OGM — valga la pena di lanciare, in ambito commerciale, un messaggio che cozza completamente con tutto ciò che nei secoli e nei millenni il nostro Paese ha voluto esprimere. Non sarebbe, insomma, una questione di scienza e di verità, ma di opportunità e di marketing. Diverse sigle del mondo associazionistico e datoriale restano fortemente contrarie agli OGM, nonostante i dati di oggi. Ma c’è anche chi, avendo sostenuto la
causa in tempi non sospetti, plaude ai risultati della ricerca. È CONFAGRICOLTURA che dichiara che vent’anni di divieti hanno portato a perdite consistenti nelle rese e nel reddito degli agricoltori italiani, per più di 125 milioni di euro di mancato guadagno all’anno. Ed è della stessa opinione la senatrice ELENA CATTANEO che sostiene: «questa ricerca è una conferma di quanto scientificamente già appurato da tempo». E aggiunge: «chi sventola sondaggi d’opinione, per difendere divieti legali imposti a tutti i coltivatori e ricercatori, lo fa dopo decenni di bufale cucite ad arte». Gli effetti di certa comunicazione sono evidenti: nell’opinione comune regna indisturbata l’idea che gli OGM siano cosa da bandire perché fortemente dannosi, al di là delle valutazioni di carattere economico e sociale. Non è un caso se il risultato di una recente indagine, condotta da COLDIRETTI/ IXÈ, dimostri che quasi 7 cittadini su 10 (69%) considerano gli alimenti transgenici meno salutari di quelli tradizionali e che l’81% non mangerebbe mai carne e latte proveniente da animali clonati o modificati geneticamente. La campagna denigratoria ha avuto conseguenze pratiche importanti. Negli anni, i vari gruppi di pressione hanno chiesto e ottenuto l’aumento dei controlli o il parallelo
divieto di coltivazione. Con il risultato che si sono bloccate sperimentazioni e ricerche e sono nel contempo aumentati certificazioni e costi. L’Italia è diventata dunque uno dei Paesi con le regole più restrittive in Europa sugli OGM e la nostra ricerca scientifica sul biotech, un tempo all’avanguardia, ha perso drammaticamente terreno, lasciandosi altresì sfuggire un mercato potenziale stimato tra i 100 e i 125 milioni di euro all’anno. L’opportunità o meno degli OGM non è certo solo una questione di nocività e molti degli argomenti portati dal fronte dei contrari sono validissimi. Tuttavia, lasciar intendere che i prodotti geneticamente modificati siano da bandire perché dannosi alla salute è tanto scorretto quanto pericoloso. Lo è ancor più in una fase storica in cui bufale e verità si confondono come fossero sullo stesso piano, generando disorientamento, sfiducia, diffidenza nella stampa quanto nella conoscenza. È così che da tempo si è rotto il patto tra scienza e consumatori, nel cercare, spesso con successo, di sostituire i fatti con le opinioni. Con tutte le conseguenze nefaste che ne derivano. Sebastiano Corona Nota Alle pagine 26 e 27, photo © Bad Man Production.
Aiuti straordinari agli allevatori colpiti dal terremoto Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali rende noto che è in corso il pagamento di 3,4 milioni di euro di aiuti straordinari zootecnici aggiuntivi a favore delle 3.826 aziende presenti nelle zone colpite dall’ultimo terremoto che ha interessato il Centro Italia. Con questo pagamento, concordato con gli assessori regionali di Umbria, Abruzzo, Lazio e Marche, è stata data attuazione al DM del 16 febbraio scorso che ha disposto un’integrazione al pagamento precedentemente in favore di 3.776 aziende per 2.499.740 euro. La differenza si riferisce a pagamenti di domande in istruttoria che sono state sbloccate e si avviano al saldo. Con questi pagamenti il totale erogato come aiuti per mancato reddito per gli allevatori colpiti dal sisma sale a 32,4 milioni di euro totali. «Mantenere le attività agricole e gli allevamenti nell’area del sisma è il primo presidio contro lo spopolamento e per il rilancio dell’area» ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina. «Con questi pagamenti diamo un contributo utile alla liquidità delle imprese, coprendo il mancato reddito provocato dal terremoto. C’è ancora molto da fare e anche per questo con l’ultima legge di bilancio abbiamo stanziato altri 5,2 milioni di euro specificamente per i pascoli di questa zona all’interno dei 20 milioni complessivi per il sostegno alla zootecnia estensiva delle zone montane fino al 2020. Bisogna dare continuità al lavoro portato avanti in questi mesi, perché far ripartire gli Appennini centrali, partendo dal patrimonio agroalimentare, è un interesse nazionale». (Fonte: MiPAAF – UNAItalia)
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Stili di vita e alimentazione: sale il made in Italy e cala la dieta vegana
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opo anni di crescita, sia pure per piccole percentuali di popolazione, il fenomeno vegano subisce uno stop. Anzi, il numero di coloro che escludono totalmente le proteine di origine animale dall’alimentazione quotidiana (quindi anche latte e formaggi) si è sensibilmente ridotto. Lo rivela il rapporto EURISPES 2018, che quantifica sotto l’1% (lo 0,9% per la precisione) la quota di Italiani che praticano la dieta vegana. Il dato curioso è che nel contempo aumentano i vegetariani, saliti al 6,2%. La spiegazione è dovuta a un riequilibrio all’interno della categoria: i vegetariani, che erano scesi al 4,6% a vantaggio dei vegani, giunti due anni fa al 3%, hanno recuperato posizioni. A detta di Eurispes queste oscillazioni periodiche segnalano il carattere spesso transitorio di alcune scelte alimentari e l’alternanza tra periodi di vegetarianesimo e veganismo, con persone che passano periodicamente da un regime all’altro. C’è anche chi, all’interno di questa fascia di consumatori, si sposta verso una dieta ancora più restrittiva: un terzo degli intervistati sceglie un regime crudista, il 23% fruttariano, mentre poco meno del 13% dichiara di adottare una dieta di tipo “paleolitico”, senza carne e pesce. Alcune persone invece, dopo aver abbracciato per un po’ di tempo lo stile di vita veg, tornano a una dieta di tipo onnivoro. Alla base di questo ritorno, come ha rivelato il libro No Vegan, che ha preso in esame per anni questo modello di alimentazione, sono spesso i disturbi alla salute, quando non malattie e vere e proprie, in cui si rischia di incorrere abolendo del tutto le pro-
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teine animali. E dire che la maggior parte dei vegani e dei vegetariani, soprattutto uomini e over 65, aveva scelto il modello vegan proprio per ragioni salutistiche (38,5%), mentre uno su cinque lo aveva fatto per il benessere degli animali, in particolare donne e giovani. Solo una piccola percentuale (meno del 4%) aveva aderito a questi modelli per ragioni di carattere ambientale. Eurispes ha analizzato anche le opinioni della popolazione su vegani e vegetariani. Il Paese è spaccato a metà. Il 50,6% ritiene questi stili
di vita rispettabili o ammirevoli; il 49,4% giudica le diete veg meno positivamente o, addirittura, estreme e radicali. Per quanto riguarda il modello onnivoro, che resta di gran lunga il più diffuso in Italia, si conferma una percentuale di oltre il 75% di coloro che amano portare in tavola i buoni prodotti del made in Italy. Quindi trionfo delle carni nazionali, del pesce pescato nei nostri mari, di salumi e formaggi, insieme alla pasta, che mantiene il titolo di piatto tricolore per eccellenza. (ARAP)
Hamburger vegani (photo © fahrwasser – stock.adobe.com).
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Pregiudizio per l’Italia di Cosimo Sorrentino
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febbraio, in occasione di un incontro tenuto dal presidente della Commissione UE JEAN-CLAUDE JUNKER con l’ex commissario europeo JOAQUÍN ALMUNIA, è stato previsto, per il nostro Paese, lo scenario peggiore, “con un governo non operativo”, dopo le elezioni italiane. L’affermazione predetta è stata sostenuta, con impudenza diplomatica e politica, dal presidente Junker, non nuovo a molte gaffe già fatte in passato, nonostante egli ricopra l’importante carica di presidente della UE già da quattro anni e, per chi non lo sapesse, sia un illustre avvocato lussemburghese che per molti anni è stato anche presidente del Consiglio del Granducato, oltre che ministro del Tesoro e delle Finanze del suo Paese. Ebbene, l’ennesima battuta, poco felice, ha scosso fortemente i mercati facendo volare lo spread oltre quota 130, tanto che lo stesso Junker, spinto dal coro di reazioni negative e dall’accusa di ingerenza negli affari interni di un paese comunitario, è stato costretto a fare marcia indietro e a mettere nero su bianco, in un comunicato, che “qualunque sarà l’esito elettorale, sono fiducioso che avremo un governo che assicurerà che l’Italia rimanga un attore centrale in Europa e nella definizione del suo futuro”. Al di là dei commenti che si potrebbero fare su tali affermazioni, appare evidente il pregiudizio spesso manifestato nei confronti dell’Italia, che non riesce ad ottenere, a così alti livelli di responsabilità, rispetto e credibilità. Altri Paesi della Comunità stanno attualmente mostrando paralisi istituzionali, tuttavia non sollevano altrettante obiezioni da parte di nessuna delle
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autorità di Bruxelles. È il caso del Belgio, da 540 giorni (al momento della stesura dell’articolo, Ndr) senza governo, ma con un periodo di crescita evidente; della “grande” Germania, per cinque mesi senza governo, con mercati che non se ne sono accorti; della Francia, che non sta meglio dell’Italia; della Spagna, alle prese con la sua incerta politica internazionale, ma con prospettive a breve termine molto positive sul piano economico. Sull’Italia, purtroppo, pesa il grande macigno del debito pubblico (mai risolto dai vari governi che si sono succeduti alla guida del nostro paese), visto sempre con grande preoccupazione data la mancanza di una inversione di tendenza finora dimostrata e la volontà delle nostre forze politiche, anche in questa campagna elettorale, di evitare il problema. Eppure la congiuntura italiana sta andando meglio delle attese negative che erano state vaticinate. Infatti l’export, nel 2017, è stato molto positivo, gli investimenti privati stanno crescendo a doppia cifra, grazie agli interventi concessi, la crescita del fatturato manifatturiero è la maggiore dal 2008 (l’Italia sembra tornata su livelli pre-crisi) e anche in termini tendenziali il fatturato è salito del 7,2%, con incrementi del 7,3% sul mercato interno e del 7,1% su quello estero. Inoltre, all’aggancio solido della domanda internazionale, testimoniata dai successi dell’export, si aggiunge qualche segnale di ripresa della domanda interna, superiore al pessimismo antecedente. L’Italia resta un punto sotto la media di crescita dell’Eurozona, ma le attese erano di una frenata
italiana e invece sembra avvenire il contrario. Il Paese, bisogna ammetterlo, resta afflitto da seri problemi di carattere strutturale, come la bassa produttività, comparata da metà degli anni Novanta: si conoscono le ragioni che la determinano e i settori interessati, ma si fa poco per aumentarla, perché significa aprire alla concorrenza e all’innovazione settori pubblici e privati che preferiscono non rinnovarsi, anche se ciò significa offerta di retribuzioni basse e rapporti di lavoro a tempo determinato. Aggiungasi una demografia sempre più carente, una spesa sociale squilibrata e avara verso poveri, giovani e famiglie, con il 50% di occupati e l’aggravamento del divario territoriale di reddito, infrastrutture e legalità tra Nord e Sud; oltre al citato debito pubblico elevato, a un fisco pesante e a un capitale umano non rispondente agli standard richiesti da imprese e mercato. Ma questi sono problemi di lungo periodo. Nel presente, secondo le indagini statistiche, i principali dati economici e i conti pubblici sono in miglioramento e non viene prevista, dopo le elezioni, una forte reazione dei mercati; ne sono convinti analisti finanziari e operatori di borsa, nonostante il pessimismo di Junker. Quello che potrebbe pesare sui mercati sono le attese sui tassi d’interesse in aumento negli Stati Uniti e magari, più in là, anche in Europa. Secondo accreditati operatori, i mercati non guardano più ai temi politici bensì ai dati economici favorevoli, ed è l’augurio che vorremmo vedere realizzato nel dopo elezioni.
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“La bontà è più facile da riconoscere che da definire”
(Wistan Hugh Auden)
Il “buono” si trova nelle cose semplici e fatte con amore!!! I bovini Chianini, Marchigiani e Romagnoli nascono e vivono da sempre in questi territori dove i profumi dei nostri pascoli e la tradizione secolare dei nostri allevamenti, rendono le loro carni uniche al mondo.
SOTTOMISURA 3.2 “Sostegno alle attività di informazione e promozione attuate da gruppi di produttori nel mercato interno”
UNIONE EUROPEA FONDO EUROPEO AGRICOLO PER LO SVILUPPO RURALE: l’Europa investe nelle zone rurali
LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Blue – Butcher and Meat Specialist, da Hong Kong al web Tutto lo staff di Maximal Concepts, con l’executive chef EDGAR SANUY e l’head butcher JOHNNY FARRELL (nella foto), è davvero bravo! Non solo a realizzare piatti a base di carne nel ristorante Blue – Butcher and Meat Specialist a Hong Kong, ma anche a comunicare cosa c’è dietro ad ogni piatto, attraverso un blog che è quasi un capolavoro (www.bluebutcher.com/blog) e una pagina Instagram (instagram.com/bluebutcher) da prendere ad esempio. La loro passione è la Rubia gallega, allevata a pascolo naturale nel Golfo di Biscaglia. Stupendo (photo © bluebutcher.com).
2. 2018 EU PiG Grand Prix EU PiG è un progetto finanziato con il sostegno della UE che mira ad aumentare la competitività dell’industria europea della suinicoltura collegando i produttori e promuovendo lo scambio di buone pratiche e innovazioni collaudate. Per creare maggiore coesione tra gli allevatori europei è stato indetto il Gran Premio Ambasciatore UE PiG. Trovate tutte le informazioni su www.eupig.eu/grand-prix. Vinca il migliore! (photo © ळఽ ̌ಊ – stock.adobe.com).
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meat Benedetti
4. Occhio ad Alexandre Polmard 3. Lo stile di Guidoncarni nel web Tradizione, storia, stile e attività sono al centro del sito web di Guidoncarni, l’azienda romana specializzata nella lavorazione e distribuzione delle carni. Collegandovi su www.guidoncarni.it scoprirete tutta la filiera, dall’allevamento allo spaccio aziendale, passando attraverso la logistica e lo stabilimento. Una bella realtà fondata da PINO GUIDONI che oggi si completa nei canali social.
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È giovane, è allevatore e macellaio. Questo lavoro è radicato nel suo DNA, essendo la sesta generazione di boucher e la quarta di allevatore. La passione di ALEXANDRE POLMARD? La razza Blonde d’Aquitaine. La macelleria Polmard è a Parigi, nel VI arrondissement, un locale curato in ogni dettaglio nel quale la carne è la grande e vera protagonista. Per chi cerca idee su un bel sito web con e-commerce ecco polmard-shop.com. Ciascun taglio è fotografato con cura e riporta informazioni sulla frollatura e cottura (photo © Jean-Christophe Verhaegen – AFP/Getty Images).
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Dal 1950, il meglio dal mondo La BERVINI PRIMO nasce nel 1950 da una tradizione famigliare come bottega per la lavorazione delle carni. Proseguendo nella propria crescita in termini di qualità e servizio alla clientela, crea le condizioni per estendere la propria offerta inserendosi nel mercato sia nazionale che internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni refrigerate e congelate di diverse specie animali consolidandosi negli anni. Da anni offriamo carni porzionate e confezionate skin pack e recentemente offriamo la linea gourmet di bistecche, macinati e “hamburger” con carni provenienti dal mondo. Importatrice e distributrice anche di altri prodotti congelati, quali articoli ittici e verdure surgelate, oggi l’azienda è in grado di fornire una ricca, diversificata e qualificata offerta di prodotti e un servizio accurato al mercato del catering e retail in Italia come all’estero.
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AZIENDE
Tabachetti, parecchie novità per il 2018 L’anima e il cuore del Piemonte alla conquista di chi cerca una carne con carattere di Elena Benedetti
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anno è iniziato da poco e, tra bilanci e nuove strategie, il lavoro di definizione dell’attività è in pieno sviluppo. Ciò vale anche per la Tabachetti Srl, azienda astigiana guidata dall’AD PIERPAOLO TABACHETTI, insieme ai fratelli CRISTIANO e CORRADO, che da “bottega” è oggi una bella realtà sviluppata su due unità produttive di 3.500 metri quadrati. Un esempio calzante di realtà imprenditoriale laboriosa e vincente nel panorama della lavorazione
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delle carni. Una realtà che ha saputo sviluppare competenze e know how, rispondendo alle esigenze del mercato e della clientela. Pierpaolo Tabachetti ci ha raccontato novità e progetti per questo 2018 che si preannuncia ricco di iniziative. Quali sono gli obiettivi di Tabachetti Srl per l’anno in corso? «Stiamo lavorando parecchio per raggiungere un numero sempre maggiore di consumatori. Da parte
La Tabachetti Srl di Moncalvo, Asti, è presente sul mercato con una linea di carni precotte e senza glutine che comprende ribs e polletto grill, oltre a spiedoni e tomahawk. Per grigliatori e appassionati di carni buone e italiane
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La linea di prodotti Dynameat pensata per i canali Ho.re.ca. e Cash & Carry, con più porzioni per ciascuna confezione. 1) Half chicken Country Style, 8 porzioni di mezzi polli. 2/3/4) Le ribs sono prodotte in tre gusti: Legend Style con una salsa alle erbe, Western Style con salsa barbecue e Wild Style con salsa extra piccante. Tutte le ribs sono confezionate singolarmente in 4 pezzi. Le carni Dynameat sono cotte a bassa temperatura e pronte all’uso in 5 minuti.
Il nostro target sono gli appassionati di griglia, un range ampio che comprende uomini e donne che nel corso degli anni si sono stancati di consumare prodotti che hanno sempre lo stesso gusto
nostra c’è la consapevolezza di essere una piccola realtà ma è altrettanto vero che siamo continuamente sollecitati da richieste da parte di operatori e consumatori interessati alle nostre linee di prodotto. Le faccio un esempio: lo scorso 30 dicembre ci hanno scritto dalla Campania per sapere se riuscivano a reperire i nostri prodotti per organizzare il Cenone. Questo ci riempie d’orgoglio e ci stimola nell’ottica
di riuscire a soddisfare sempre più clienti. Ecco, questo è il nostro obiettivo per quest’anno: rendere facilmente reperibili in tutta Italia i prodotti Dynameat, da Nord a Sud, in montagna come sulle isole». Lo sviluppo della linea dei cotti prevede nuovi prodotti? Siamo partiti dalle ribs, abbiamo aggiunto il chicken, poi il fuso di tacchino cotto e adesso ci stiamo
Quattro buoni motivi per scegliere Dynameat 1. Carni super selezionate e italiane. 2. Lavorate con cura nello stabilimento di Moncalvo (AT), vengono cotte a lungo e a bassa temperatura. Segue un confezionamento sottovuoto. 3. Ribs e polletto sono pronti in pochi minuti con una cottura che può avvenire a scelta in pentola, in forno, sulla griglia o in padella. 4. Non c’è traccia alcuna di glutine.
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orientando verso altri prodotti di carne bianca. Non vogliamo però restare nel limbo di prodotti senza un gusto forte e deciso. Per questo il team di Ricerca & Sviluppo di Tabachetti lavora costantemente per dare un “carattere” a tutta la nostra linea di cotti. Siamo sempre alla ricerca di quel gusto in più che alla fine del pasto lascia un buon sapore in bocca. Tutto ciò partendo da un’ottima materia prima rigorosamente italiana, privilegiando fornitori che puntano sulla qualità, spendendo un po’ di più al momento dell’acquisto ma garantendo una materia prima sopra la media. Del resto noi lo ripetiamo sempre: siamo i primi clienti di ciò che produciamo». Qual è il vostro target di clientela? «I consumatori finali, le gastronomie e i Cash & Carry. Ma in realtà il nostro target sono “gli appassionati di griglia”, un range ampio che comprende sia uomini che donne che nel corso degli anni si sono stancati di consumare prodotti che hanno sempre lo stesso gusto. Forse in principio eravamo più focalizzati a comunicare verso quella fascia di adulti tra i 30 e i 40 anni. Oggi però abbiamo visto che la forbice dell’età si è ampliata di parecchio, coinvolgendo sia i ragazzi che gli over 50, consumatori curiosi e ricettivi in termini di novità di prodotto che si sono fidelizzati alla linea Dynameat. Insomma, oggi anche la famosa casalinga di Voghera è estremamente tecnologica e ha ampliato la propria cultura gastronomica, non proponendo più solo prodotti tradizionali ma spingendosi su preparazioni che esulano dalla tradizione italiana. Gli stessi ristoratori puntano sempre più a differenziare il proprio assortimento, così come le insegne della GDO che propongono un ventaglio di scelte estremamente ampio, come ad esempio le carni internazionali, profumi e spezie non più locali. A fronte di tutto ciò credo che questo sia il motivo principale per il quale i nostri prodotti siano più che idonei ai consumi di oggi e soddisfino un
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Tabachetti, 54 anni di lavoro e passione Siamo a Moncalvo, un piccolo comune nella provincia di Asti, che da sempre punta sull’eccellenza dell’enogastronomia, tra carni, vini pregiati, tartufi e prodotti di una fetta di Piemonte che dal 2014 per l’UNESCO è Patrimonio dell’umanità. Tabachetti Srl venne fondata nel 1964 da Pasquale Tabachetti, un norcino piemontese innamorato dei salumi “buoni e fatti bene” che sviluppò l’attività di famiglia lavorando sodo insieme alla moglie Adelina e al figlio Paolo. A quel tempo la Tabachetti era focalizzata per l’80% sulla produzione di salumi tradizionali, come la muletta, il salame cotto astigiano o quello al tartufo. Col trascorrere degli anni si passò alla trasformazione delle carni, settore che oggi rappresenta il core business della società. Nel 1997 l’inaugurazione della nuova sede produttiva e nel 2005 l’ingresso in società dei nipoti di Pasquale. Oggi Pierpaolo Tabachetti, amministratore delegato e terza generazione della famiglia in azienda, è al timone del business insieme ai fratelli Cristiano e Corrado, segno di un imprinting famigliare definito che, tra i mutati scenari del mercato, ha portato la Tabachetti a raggiungere nuovi traguardi.
target che probabilmente 20 anni fa non avrebbe incontrato così tanto gradimento». Cotti a parte, su cosa state lavorando? «Ovviamente abbiamo mantenuto tutta la linea del fresco, ad esempio la salsiccia e la carne di suino in ATM. Non dimentichiamo che dagli anni ‘90 questo è stato il nostro core business, ampliando anno dopo anno i nostri contatti all’interno della Grande Distribuzione. Ma anche passione del nonno Pasquale per i salumi è rimasta intatta, tanto che ancora oggi seguiamo meticolosamente le sue ricette per produrre salumi tipici di nicchia come la muletta ed il salame cotto astigiano. I prodotti cotti, il fresco e i prodotti di salumeria sono accomunati da un elemento comune e imprescindibile: la materia prima italiana, preferibilmente piemontese, per avere un contatto più diretto e costante con i nostri fornitori». Parteciperete a qualche fiera o evento di settore? «Al momento non abbiamo in agenda fiere di settore, anche perché gli impegni sono già tanti. Ma c’è un progetto che mi piacerebbe sviluppare in futuro: una grande festa qui a Moncalvo aperta a tutto il pubblico, in cui sarà possibile
gustare tutti i nostri prodotti, con le griglie sempre accese, una sorta di Open Day per ringraziare i clienti per l’affetto che ci dimostrano e tutti i nostri dipendenti che ogni giorno sono spinti dalla nostra stessa passione e che mettono il cuore nel loro lavoro. Sarebbe un bel modo per creare un senso di appartenenza e di squadra, mostrando l’azienda, in un contesto meno formale e in linea con la comunicazione del brand Dynameat». Elena Benedetti
Tabachetti Srl Via G. Piacenza 7 14036 Moncalvo (AT) Telefono: 0141 921080 E-mail: dynameat@tabachetti.it Web: www.tabachetti.it FB: facebook.com/tabachetti Nota Dynameat è un marchio registrato da Tabachetti Srl.
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Un’azienda sempre più attenta all’evoluzione dei comportamenti di consumo!
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ntervistiamo CLAUDIO FORMENTO, Amministratore Delegato dell’azienda MEC Spa.
Nel settore della carne rossa, quali sono i cambiamenti di consumo che state registrando? «I cambiamenti socio-economici degli ultimi anni hanno profondamente cambiato i comportamenti di consumo “di prodotti alimentari in-door” del consumatore italiano ed europeo in generale. In verità stiamo assistendo, da almeno un decennio, ad un cambiamento più profondo, a livello di lifestyle del consumatore; si è ridotto in generale il consumo pro capite privilegiando alimenti con un maggior valore aggiunto, sia in termini qualitativi che di servizio. I prodotti devono essere non solo sani e buoni, ma anche in grado di facilitarne la modalità di preparazione, per andare incontro alle modificate esigenze legate al cambiamento degli stili di vita».
L’azienda come sta affrontando tale cambiamento? «Semplicemente nell’unica direzione che ci garantisca una costante crescita della competitività: investendo! Investendo in know-how per comprendere le tendenze del mercato, nella conseguente ricerca e sviluppo di prodotto, a livello operation con nuove linee di produzione. Un percorso complesso, perché confluente in una vera e
propria diversificazione del business tradizionale “BtoB”, ma necessario e doveroso per garantirci sempre nuovi successi aziendali». Quali i prossimi appuntamenti? «Quest’anno parteciperemo per la prima volta a Cibus. Sicuramente l’evento di settore potrà essere l’occasione per presentare alcuni risultati “di prodotto” di questo percorso».
Vi aspettiamo a Cibus! Parma, 7-10 maggio 2018
Padiglione 3 Stand C068
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19° SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALIMENTAZIONE
PARMA.7|10MAGGIO.2018
WELCOME TO FOODLAND
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
Crescita demografica e squilibrio climatico di Sergio Ventura
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l 17 novembre dell’anno scorso si è conclusa a Bonn la ventitreesima conferenza delle Nazioni Unite sui mutamenti climatici (COP23) che, come le precedenti, ha ignorato il problema della crescita demografica. Eppure si tratta di un problema strettamente connesso con quello dello squilibrio climatico. In dieci milioni di anni la popolazione umana è passata da qualche migliaio d’individui a un miliardo e negli ultimi duecento anni da uno a quasi otto miliardi! Un’accelerazione che certamente non è estranea all’aumento della
concentrazione del diossido di carbonio e del metano nell’atmosfera, registrato dal 1750 in poi, rispettivamente del 36% e del 148%, raggiungendo livelli molto più alti di quelli raggiunti negli ultimi ottocentomila anni1. Cinquant’anni fa il problema della crescita demografica non era ignorato e non mancavano, nei congressi scientifici internazionali, gli oratori per denunciarne la potenziale pericolosità. Ma questo problema è diventato un tabù da quando GEORGE W. BUSH, eletto presidente degli Stati Uniti, ha minacciato di
sopprimere i sussidi agli istituti di ricerca che avessero osato ancora denunciare i rischi della crescita demografica. Purtroppo la maggioranza dei dirigenti politici e degli esperti scientifici sostiene che la crescita demografica non è un problema ma, al contrario, il rimedio per risolvere almeno in parte taluni problemi che affliggono la società moderna. Un esempio recente è l’attitudine di taluni governanti europei di fronte all’immigrazione di massa, considerata come un mezzo per risolvere il problema dell’invecchiamento
Fermata dell’autobus a Pechino, Cina. Nelle più grandi città del paese sono molti i bambini che, a causa dell’inquinamento atmosferico, indossano maschere quando sono fuori casa (photo © mashable.com).
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della popolazione. In tal modo si sottovalutano le difficoltà dell’integrazione di milioni di immigrati e si finge d’ignorare che oggi il principale problema economico è la disoccupazione, cioè la mancanza di posti di lavoro e non la carenza di manodopera. Poiché si prevede che la popolazione mondiale aumenterà ancora di un terzo da oggi al 2050, il fenomeno demografico non può essere ignorato in un piano globale destinato a fronteggiare lo squilibrio climatico. A tal fine è utile esaminare gli argomenti “a favore” e quelli “a sfavore” della crescita demografica. Argomenti a favore Il primo argomento che si suole citare a favore della crescita demografica è il principio secondo il quale occorre lasciare a ciascuno la “libera scelta del numero dei figli”. Ma sarebbe logico aggiungere “a condizione di essere capaci di soddisfare ai loro bisogni”. È questo il motivo che ha indotto il governo cinese ad imporre, fino a poco tempo fa, l’obbligo del “figlio unico”. Quest’obbligo ha contribuito a fare della Cina uno dei paesi più ricchi del mondo e anche se oggi le coppie cinesi hanno il diritto di avere due figli, esse continuano ad averne, in media, uno solo. Si deve inoltre osservare che il principio della “libera scelta” non è rispettato da quei governi che incitano le famiglie (con gli assegni familiari e con le riduzioni fiscali) ad aumentare il numero dei figli. Il secondo argomento a favore della crescita demografica è che, aumentando il numero delle nascite, si aumenterà il numero degli attivi in grado di finanziare le pensioni di coloro che, sempre più numerosi, raggiungono i limiti d’età. Questo argomento, in apparenza assai logico, non tiene conto però di una serie di elementi. In primo luogo, a causa dei progressi tecnologici, il numero dei posti di lavoro (e, quindi, degli attivi) è destinato a diminuire nei prossimi anni. In secondo luogo, poiché la durata media di vita aumenta, sembrerebbe logico aumentare la durata del lavoro (come alcuni go-
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verni hanno iniziato a fare) prima di ripercuotere il costo delle pensioni sui futuri lavoratori. In terzo luogo, da molti anni la disoccupazione dei giovani è in aumento, in contraddizione evidente con la pretesa necessità di aumentare il numero delle nascite. Infine, questo argomento non tiene conto del pesante onere che i giovani rappresentano per le famiglie e per la società prima di poter accedere al mondo del lavoro. Un terzo argomento a favore della crescita demografica è il vecchio slogan secondo cui questa crescita renderebbe più forte e più dinamica la nazione. Argomento, questo, puramente sentimentale e senza nessuna base razionale. Inoltre si suole affermare che la crescita demografica può essere favorita poiché sarà sufficiente diminuire i consumi per combattere lo squilibrio climatico. Ma i fatti provano che, da un lato, a mano a mano che nei paesi emergenti aumenta il livello di vita, la tendenza è quella di un aumento e non di una diminuzione dei consumi. Dall’altro lato, nei paesi più sviluppati nessun governo si fissa come obiettivo la riduzione della crescita economica e, quindi, dei consumi. In conclusione, nessuno degli argomenti che si suole citare a favore della crescita demografica è veramente valido. Si tratta piuttosto di un’attitudine dettata da motivi irrazionali e da un’adesione più o meno cosciente al “politicamente corretto”. E argomenti a sfavore Viceversa, non mancano solidi argomenti “a sfavore” della crescita demografica. Innanzitutto il nostro pianeta è incapace di assicurare un
tenore di vita decente a tutta la popolazione mondiale2. Attualmente i Paesi sviluppati, che rappresentano soltanto il 20% di questa popolazione, consumano l’80% delle risorse terrestri. Se si volesse assicurare ai Paesi in via di sviluppo il tenore di vita dei Paesi sviluppati, occorrerebbe moltiplicare per quattro le risorse, cosa evidentemente irrealizzabile tenendo conto, tra l’altro, delle necessità ecologiche. Ma anche se ciò fosse possibile, il problema non sarebbe risolto senza bloccare la crescita demografica. Parimenti, questa crescita rende vani i tentativi di ridurre lo sfruttamento delle risorse terrestri, poiché i progressi in tal senso sono annullati dall’aumento della popolazione. Infine, anche se i progressi tecnologici e scientifici potessero incrementare le risorse terrestri senza danneggiare ulteriormente il clima, sarebbe comunque necessario frenare l’aumento della popolazione per permettere a tutta l’umanità di approfittare dell’aumento delle risorse. Un secondo argomento a sfavore della crescita demografica riguarda il clima e il territorio. L’aumento della popolazione implica, purtroppo, un aumento dell’inquinamento atmosferico e del riscaldamento climatico. La situazione delle grandi città in continua espansione (Pechino, Città del Messico, Il Cairo), dove l’inquinamento atmosferico ha raggiunto limiti insostenibili, è un esempio irrefutabile. Inoltre, l’aumento della popolazione non può che aggravare i problemi connessi con la restrizione dello spazio territoriale, come gli ingorghi del traffico nelle città e sulle autostrade, la diminuzione delle terre agricole e delle foreste, l’estinzione di centinaia di specie animali.
Lo squilibrio climatico e la crescita demografica hanno in comune il fatto che le loro conseguenze negative si manifestano solo a distanza di venti o trent’anni. È quindi oggi che occorre agire se si vuole evitare una crisi sociale ed economica talmente grave da provocare una terza guerra mondiale verso la metà di questo secolo
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La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2017, la COP23, si è tenuta a Bonn dal 6 al 17 novembre 2017. Si tratta dell’appuntamento annuale dei Paesi aderenti alla UNFCCC (Conferenza dell’ONU sui Cambiamenti Climatici) finalizzato ad analizzare i risultati raggiunti e a riorientare obiettivi ed azioni di mitigazione climatica globale. In prima fila, António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, Frank Bainimarama, Primo Ministro delle Isole Fiji e presidente della COP23, il presidente della Repubblica Federale di Germania Frank-Walter Steinmeier e la segretaria dell’UNFCCC Patricia Espinosa Cantellano (photo © Lukas Schulze/Getty Images). Un terzo argomento a sfavore della crescita demografica riguarda la crisi economica mondiale. Si suole attribuire l’origine di questa crisi alla politica bancaria estremamente rischiosa degli USA negli anni 20062008 (i cosiddetti Subprimes), ma se la crisi perdura lo si deve in parte alla crescita demografica di paesi come la Cina, che sono i produttori di tutti i beni che necessitano di molta manodopera a buon mercato e le cui esportazioni hanno provocato un deficit commerciale e un debito finanziario colossale nei paesi importatori come gli USA. Inoltre, il mondo occidentale deve affrontare altri due problemi legati alla crescita demografica: l’allungamento della durata media della vita e lo squilibrio migratorio tra paesi ricchi e paesi poveri. Se il primo problema può essere parzialmente risolto, nei Paesi ricchi, modi-
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ficando tra l’altro l’età pensionabile, il secondo ha gravi conseguenze sociali ed economiche. In primo luogo, gli immigrati sono troppo numerosi e la loro presenza sul mercato del lavoro è la causa principale del basso livello dei salari minimi. In secondo luogo, una parte notevole degli immigrati non trova un impiego e resta a carico dei paesi di accoglienza. All’origine del flusso migratorio c’è la consapevolezza dei migranti di non poter raggiungere un livello di vita decente nel loro Paese d’origine, destinato a restare sottosviluppato per una serie di motivi tra cui, non ultimo, l’aumento della popolazione che conduce a veri e propri disastri umanitari quando esso coincide con la persistenza di conflitti armati o con fenomeni estremi di squilibrio climatico.
Lo squilibrio climatico e la crescita demografica hanno in comune il fatto che le loro conseguenze negative si manifestano solo a distanza di venti o trent’anni. È quindi oggi che occorre agire se si vuole evitare una crisi sociale ed economica talmente grave da provocare una terza guerra mondiale verso la metà di questo secolo. All’indomani della seconda guerra mondiale, nel 1950, la popolazione terrestre era di circa due miliardi e mezzo e il clima non poneva alcun problema. Oggi, con una popolazione di oltre sette miliardi e mezzo d’individui, la situazione non è più la stessa. Sembra difficile (per non dire impossibile) che il solo progresso tecnologico possa metter fine allo squilibrio climatico all’orizzonte del 2050. L’obiettivo che si era fissata la COP21 (un riscaldamento climatico non superiore a
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due gradi) è stato proclamato per ragioni politiche e non riposa su basi scientifiche solide. Come sola condizione (necessaria ma non sufficiente) per fronteggiare nel breve e medio periodo lo squilibrio climatico resta quindi la limitazione della crescita demografica. Non c’è dubbio che frenare la crescita demografica significa combattere tradizioni ancestrali. Eppure basterebbe evocare la storia europea per capire la necessità di quel freno. Nel V secolo, la caduta dell’Impero romano d’Occidente fu provocata dalle invasioni barbariche, a loro volta conseguenza della crescita demografica nelle regioni limitrofe dell’Impero. Nell’XI secolo, il progresso tecnico permise di aumentare la produzione agricola, ma non di ridurre la povertà della popolazione, poiché la crescita demografica annullò in gran parte i vantaggi derivanti dall’incremento della produzione. Nel XIX secolo, la rivoluzione industriale avrebbe potuto consentire di migliorare le condizioni di vita della classe operaia, ma la crescita demografica ebbe l’effetto opposto e la classe operaia visse uno dei periodi peggiori della sua storia. Una delle conseguenze di questo periodo fu la prima guerra mondiale, il cui esito, come si sa, gettò le basi della seconda. Se si vuole evitare un terzo conflitto mondiale, che implicherebbe la distruzione del nostro pianeta, sarebbe tempo che i nostri governi si rendessero conto che la terra non è infinita e che, quindi, occorre frenare la crescita demografica. Sergio Ventura Note 1. Cf. SERGIO VENTURA, “Dalla COP21 alla COP22: quale futuro per il nostro pianeta?”, in EUROCARNI n. 1/17, pag. 26 ss. 2. Su quanto segue sarebbe utile leggere (o rileggere) due saggi dell’economista francese DANIEL COHEN: Le monde est clos et le désir infini (2015) e Homo economicus, prophète (égaré) des temps modernes (2012), ed. Albin Michel.
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RETAIL MARKETING
Nuova partnership Supermercato24 e Pam A Milano, Bologna e Padova offrono oltre 5.600 referenze allo stesso prezzo del punto vendita con 1.500 prodotti private label, a marchio Pam Panorama, tra cui bio, freschi e grocery
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l primo player italiano della spesa on-line con consegna a domicilio, Supermercato24, ha firmato un’importante partnership con il Gruppo Pam per le città di Milano, Bologna e Padova che permetterà ai clienti di ricevere la spesa direttamente a casa, in giornata o anche entro un’ora, agli stessi prezzi del punto vendita scegliendo tra un vasto assortimento di oltre 5.600 referenze presenti sulla piattaforma. La partnership è già attiva e offre più di 600 prodotti in offerta, 400 prodotti freschi e freschissimi, formaggi
e salumi da banco, diversi prodotti tipici del territorio e un’ottima selezione di prodotti take away. Inoltre, a disposizione dei clienti, ci sono più di 1.500 prodotti private label, tra cui oltre 200 prodotti biologici che spaziano dal fresco al grocery fino alla cura del corpo e del bambino. Supermercato24 è l’unica piattaforma che consente di scegliere il proprio supermercato di fiducia, dove un personal shopper si recherà e farà la spesa, consegnandola poi a casa o all’indirizzo desiderato entro l’orario concordato, anche a un’ora
dall’ordine. Sarà cura dello stesso personal shopper contattare telefonicamente il cliente per ogni necessità. In un mercato sempre più digitale, dove risparmio di tempo, comodità e velocità del servizio sono ormai irrinunciabili, la partnership tra Pam e Supermercato24 soddisferà i nuovi fabbisogni dei consumatori coniugando innovazione e tecnologia senza rinunciare al plus di un personal shopper dedicato. A dimostrarlo la crescita delle vendite e-food che in Italia negli ultimi 12 mesi hanno registrato un +29% anche
La vendita diretta a domicilio piace sempre di più, anche nel settore degli alimentari: dai dati resi noti durante la scorsa edizione di Tuttofood da Univendita, l’associazione di categoria delle aziende italiane della vendita diretta, nel 2016 gli alimentari “porta a porta” sono cresciuti del 3,3% rispetto al 2015.
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Pam Panorama, società che opera con le insegne Pam, Panorama e Pam local, fa parte di Gruppo Pam, gruppo di riferimento nel mondo della Grande Distribuzione italiana da ormai 60 anni. Gli oltre 180 punti vendita che compongono la rete Pam Panorama sono presenti in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo e sono riconosciuti per livello qualitativo dei prodotti in vendita, soprattutto nel mondo dei freschi e freschissimi. Supermercato24 nasce dall’esigenza sempre più forte di un servizio che possa offrire uno dei valori più preziosi per la società contemporanea: il tempo. L’innovazione della piattaforma di Supermercato24 sta nel mettere direttamente in contatto chi desidera ricevere la spesa con persone — i personal shopper — che fanno fisicamente la spesa al loro posto. Con Supermercato24 risparmi tempo, fai la spesa con un clic e la ricevi in giornata o anche entro un’ora. I clienti possono poi pagare la spesa con carta di credito, Apple Pay o anche in contanti alla consegna.
grazie a Supermercato24 che risulta essere, secondo una ricerca NIELSEN, uno dei primi 3 e-commerce grocery in Italia e ha chiuso il 2017 triplicando i volumi di vendita. «Siamo molto orgogliosi di questo accordo con un gruppo così importante come Pam che ci permette di ampliare l’offerta in tre città importanti e offrire ai clienti in essere e a quelli nuovi, oltre 5.600 prodotti allo stesso prezzo del punto vendita con in più i vantaggi competitivi che da sempre caratterizzano il nostro servizio: velocità, comodità e consegna a domicilio» ha dichiarato FEDERICO SARGENTI, AD di Supermercato24. «Siamo sicuri che in futuro potremmo espandere questa partnership anche ad altre città, arrivando ad avere una copertura sempre più capillare sul territorio nazionale e raggiungere così con Supermercato24 sempre più persone».
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«L’accordo stretto con Supermercato24 è un’importante novità volta ad incrementare sempre più il servizio offerto ai nostri clienti che potranno ricevere direttamente a casa la loro spesa firmata Pam Panorama» ha commentato GIANPIETRO CORBARI, AD di Pam Panorama. «La forza di questa partnership, al momento attiva a Milano, Padova e Bologna ma che coinvolge già migliaia di prodotti, risiede nell’unione dei valori di qualità e convenienza che ci contraddistinguono da 60 anni con la comodità e la velocità di questo innovativo servizio. Un mix vincente che siamo sicuri sarà apprezzato da tutti i nostri clienti e dagli utilizzatori dell’app». >> Link: www.supermercato24.it facebook.com/ supermercato24
MARKETING
2018, anno dell’agnello
English lamb, razze, erba e tradizione
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l 2018 sarà un anno di grande interesse per l’English lamb, la carne ovina rappresentata da AHDB Beef & Lamb, l’ente che si occupa della promozione delle carni rosse inglesi. A darne l’annuncio recentemente durante un pranzo riservato alla stampa di settore è stato il management di AHDB, giunto in Italia per incontrare clienti, operatori e giornalisti. «L’Inghilterra è uno dei principali Paesi produttori di carne ovina al mondo, una specialità apprezzata per le sue qualità organolettiche e rinomata per la tradizione secolare che caratterizza la sua produzione» ha affermato
PETER HARDWICK, export manager di AHDB. «L’agnello rappresenta un’importante tipologia di bestiame, il cui ruolo nella sostenibilità di alcune delle aree più grandi e più povere d’Europa è innegabile. Questa carne, inoltre, è tipica di molte zone d’Europa. L’Italia, ad esempio, vanta una lunga tradizione in regioni quali Sardegna, Lazio, Abruzzo e Basilicata». L’agnello inglese in Italia Nel 2017 le esportazioni di agnello britannico verso il nostro Paese sono state di 2,7 tonnellate, equivalenti ad un valore di 16 milioni di sterline.
«Abbiamo importanti progetti per sostenere la commercializzazione dell’agnello inglese in Italia» ha proseguito Hardwick. «Punteremo a presentare ai consumatori italiani tutte le caratteristiche che distinguono questo prodotto: la sua naturalezza, la sua qualità e, soprattutto, il suo grande gusto». L’agnello inglese, di fatto, è presente sul mercato italiano da oltre 10 anni ed è disponibile sia nella Grande Distribuzione che nella ristorazione. In Italia l’agnello arriva in confezioni sottovuoto. I tagli più richiesti sono il carré, la spalla, la coscia e il lombo.
Costolette di agnello inglese alla brace con erbe aromatiche e caponatina verdure (photo © Diego Bonacina).
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Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace. In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato. Professionalit con totale Þducia.
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Mike Whittemore (photo © Diego Bonacina). 2018, l’anno dell’agnello Le esportazioni di agnello britannico hanno registrato ottime performance anche sui mercati europei e non UE. In modo particolare nei
mercati extraeuropei lo scorso anno le esportazioni sono raddoppiate. Il primo gennaio di quest’anno, inoltre, è partito un progetto di promozione della carne ovina, co-
finanziato dall’Unione Europea, e dedicato allo sviluppo del mercato degli agnelli nel Regno Unito, Irlanda, Germania e Francia, mentre altri progetti minori si svolgeranno in Spagna e Ungheria e in Romania e Bulgaria. «L’Italia è l’unico grande paese dell’UE non coinvolto in questa importante sfida. Tuttavia, i nostri clienti in Italia continueranno a beneficiare del sostegno e della promozione da parte di AHDB a favore dello sviluppo del consumo di carne d’agnello», puntualizza Hardwick. «Dal canto nostro, siamo davvero lieti che la Commissione europea abbia riconosciuto il valore del comparto ovino in Europa. I dati recentemente pubblicati dalla Commissione sulle previsioni di consumo per l’agnello mostrano una stabilizzazione e una certa crescita a medio termine. Questa nuova partenza dei consumi giunge dopo
Tutti i numeri del comparto ovino nel Regno Unito • • • • • • • • •
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Il Regno Unito conta 31.000.000 di ovini. Alcune zone del Regno Unito hanno la più alta densità ovina al mondo. 73.400 sono gli allevamenti ovini su tutto il territorio britannico. Grazie al clima umido della Gran Bretagna l’erba cresce verde e rigogliosa: le montagne del Lake District registrano le più alte precipitazioni in Europa. Gli allevamenti di ovini inglesi sono i più grandi e redditizi d’Europa. Il 56% del Regno Unito è ricoperto di erba. L’unico alimento degli ovini è l’erba: questo è tutto ciò di cui hanno bisogno. Il Regno Unito vanta circa 3000 anni di storia nell’allevamento di ovini. Gli ovini apportano un contributo fondamentale all’ambiente: i pascoli agiscono come un pozzo di carbonio, proteggono le risorse idriche, gli animali preservano ambienti fragili come dune, paludi e colline, preservano i paesaggi e viene protetta la biodiversità. Il Regno Unito conta quasi il 70% delle brughiere del mondo. Gli ovini contribuiscono al mantenimento di brughiere, colline e montagne, compresi rinomati luoghi turistici come Exmoor, Dartmoor, Peak District, Lake District e Penines. Gli ovini apportano e mantengono la biodiversità nelle aree costiere e paludose. Nel Regno Unito esistono 106 razze ovine: di montagna, da lana, di carne, primitive, di “palude”. Nell’isola di North Ronaldsay esiste una razza ovina che si nutre di sole alghe mentre la razza Shropshire non danneggia gli alberi. Alcuni ovini non hanno corna, altri ne hanno due (di forme diverse), altri addirittura quattro. Alcuni ovini hanno il manto nero, alcuni marrone e altri, naturalmente, bianco. Il 43% della produzione di agnello commercializzato in Europa proviene dal Regno Unito. Il 40% della produzione viene esportato. I principali mercati di esportazione includono Francia, Belgio, Germania, Italia e Cina. L’agnello inglese ha una carne gustosa, tenera e saporita e questo è un dato di fatto! (Fonte: AHDB Beef & Lamb)
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Peter Hardwick (photo © Diego Bonacina).
anni di declino a causa del prezzo elevato dell’agnello rispetto ad altre carni e ad una certa mancanza di familiarità con il prodotto». I progetti di promozione della carne d’agnello si inseriscono in un quadro più generale molto positivo per le carni rosse rappresentate dall’ente inglese. Le esportazioni di manzo, agnello e maiale dal Regno Unito hanno complessivamente superato i 500 milioni di sterline nei primi sei mesi del 2017, con un incremento del 18% rispetto all’anno precedente. Le esportazioni verso paesi non UE sono aumentate, con i mercati asiatici che continuano a offrire interessanti opportunità per questi prodotti.
Agnello inglese: un habitat perfetto e una tradizione secolare In Inghilterra gli ovini vengono allevati soltanto con l’obiettivo di produrre carne di alto livello qualitativo e non vengono sfruttati per ottenere altri prodotti, come il formaggio ad esempio. L’esclusività è data anche dallo sviluppo muscolare ben definito dell’animale che conferisce alla carne una qualità superiore. In Inghilterra la produzione di carne ovina è assolutamente naturale, segue l’andamento delle stagioni e gli animali crescono all’aria aperta per la quasi totalità del tempo, cibandosi di erba sempre verde e profumata. L’Inghilterra beneficia di un clima temperato e umido che crea l’habitat perfetto per l'allevamento di ovini, un’attività secolare che si basa solo sulle risorse naturali del paese: in questo territorio, infatti, c’è abbondanza di pascoli che si estendono per intere vallate e che trovano nell’allevamento il loro impiego ideale. Anche il benessere dell'animale è una componente essenziale della qualità dell'allevamento e rimane un criterio fondamentale dei metodi di riproduzione tradizionali. Il risultato è nel piatto: una carne eccezionalmente tenera, gustosa, dal sapore fresco e naturale, per nulla forte al palato ma equilibrata in gusto e qualità.
AHDB Beef & Lamb è una divisione di Agriculture and Horticulture Development Board (AHDB), ente britannico non governativo per il sostengo e lo sviluppo dell’industria agroalimentare. Il ruolo dell’ente è quello di sostenere l’industria inglese delle carni bovine e ovine in tutta la filiera: dall’allevamento all’esportazione. I suoi principali obiettivi sono: promuovere l’industria delle carni, contribuire in modo diretto al miglioramento dell’efficienza nei settori bovino e ovino e stimolare la domanda in Inghilterra e all’estero attraverso attività di comunicazione e marketing. AHDB si finanzia attraverso un prelievo parafiscale e il suo lavoro è moto importante poiché mette a disposizione risorse per investire nella ricerca, nel marketing e nella promozione con conseguenti miglioramenti di business. >> Link: www.carneperfetta.it
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SUINICOLTURA
Benessere animale, ruolo chiave in ottica di mercato e competitività Grande successo di partecipanti e contenuti per la Giornata della Suinicoltura svoltasi a FICO Eataly World. La filiera del mondo suinicolo ha chiamato a raccolta gli operatori per parlare in modo costruttivo di benessere animale a 360 gradi, riflettendo sulle sue implicazioni nel rapporto con il consumatore e la sfida per la competitività
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ltre 250 persone hanno gremito la platea della terza edizione della Giornata della Suinicoltura, organizzata da Expo Consulting Srl presso il Centro Congressi di FICO Eataly World a Bologna lo scorso 28 febbraio. Un evento che sta diventando un irri-
nunciabile appuntamento per tutti gli operatori della filiera. Il tema della giornata è stato il benessere animale e le sue implicazioni nel rapporto con il consumatore e la sfida per la competitività. Moderati da GIANCARLO BELLUZZI, medico veterinario ed esperto in sicurezza
alimentare che al comparto suinicolo ha dedicato tutta la sua attività professionale, i relatori hanno sviscerato il tema a 360 gradi, fornendo spunti di approfondimento e riflessione che sono stati poi oggetto di un animato dibattito al termine delle relazioni.
I relatori della terza edizione della Giornata della Suinicoltura organizzata da Expo Consulting Srl.
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La platea intervenuta a FICO alla Giornata della Suinicoltura. «Gli allevatori sono disposti ad affrontare gli investimenti aziendali che l’adeguamento al benessere animale richiede — è stato l’incipit di Belluzzi — ma legittimamente vogliono sapere quali possono essere i ritorni, non solo economici, che ne conseguono». «Il ruolo del veterinario aziendale è fondamentale — ha sottolineato nel suo intervento SILVIO ZAVATTINI, medico veterinario — perché è a lui che spetta il compito di valutare il livello di benessere in porcilaia. Ma si tratta di un ruolo che non va a sostituire quello dell’allevatore, perché ognuno ha responsabilità diverse e chiare. Per questo la collaborazione tra queste due figure deve essere forte e costruttiva, soprattutto perché alle normative europee introdotte sul tema del welfare in allevamento non si può derogare o, peggio, far finta che non esistano». «Purtroppo il benessere è spesso visto come qualcosa di preteso dal legislatore — gli ha fatto eco ENRICO ARIOLI, allevatore e lui stesso medico veterinario — ma è indubbio che condizioni di maggior benessere garantiscono più qualità produttiva e reddito. È sbagliato pensare di focalizzare il problema solo sull’incremento dei costi, perché la valutazione del benessere animale deve essere utile all’allevatore e funzionale alla sostenibilità economica dell’allevamento». Parlare di benessere animale
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non significa investire solamente in strutture o nei cosiddetti arricchimenti ambientali. «Il tema riguarda anche l’alimentazione — ha affermato nel suo intervento ROBERTO BARDINI, nutrizionista — perché una razione complessa, in cui vengono inseriti componenti come la fibra, che non necessariamente riduce le performance produttive, possono al contrario favorire una migliore condizione sanitaria, fornire un maggior senso di sazietà riducendo di contro quella condizione di stress che spesso è alla base di atteggiamenti aggressivi e che portano al cannibalismo, come la morsicatura della coda nei suinetti. I più recenti studi hanno dimostrato inoltre che anche la distribuzione del pasto incide sull’aggressività: più somministrazioni nell’arco della giornata, infatti, ne riducono gli episodi». Oggi il benessere animale è un tema al centro di un dibattito in cui la GDO ricopre un ruolo certo non secondario. «Da gennaio Coop Italia ha avviato nel settore della carne suina un cambio radicale — ha affermato GIAN PIERO GIORGI, responsabile Qualità carne di Coop Italia — che fonda i suoi capisaldi nella riduzione e nella razionalizzazione del farmaco negli allevamenti che producono carne a marchio Coop. Attualmente sono 400.000 i maiali che fanno parte della nostra filiera, ad essi vengono applicate le Linee
guida dei capitolati Coop elaborate sulla base di quanto prevede la normativa europea sul benessere animale. Si tratta di 16 scrofaie, 31 siti di svezzamento e 95 da ingrasso. Per noi il riferimento principale per il rispetto del capitolato sarà il veterinario aziendale, il fulcro di questo processo innovativo e la persona capace di svolgere questo ruolo. Stiamo predisponendo una check-list per aumentare gli standard richiesti agli allevatori che vada oltre quanto prevede la legge e in questo documento è compresa anche l’eliminazione del taglio della coda dei suinetti». Il consumatore al centro, dunque. «Le più recenti indagini di mercato condotte da Eurobarometro — ha illustrato ELISA BIANCO di Compassion in World Farming (CIWF) — confermano che il consumatore esige informazioni chiare e trasparenti sui metodi di trasformazione delle carni, una richiesta legittima che noi appoggiamo e che riteniamo debba essere il primo passo da fare. In tema di arricchimento ambientale, pensiamo che la paglia rappresenti la miglior soluzione che si presta a nuovi e diversi modi di utilizzo. Condividiamo l’idea che la carne ottenuta da animali allevati nelle condizioni di miglior benessere debba essere pagata di più, perché anche a questo riguardo i risultati delle indagini svolte confermano che il consumatore è disposto a spendere di più, ma non condividiamo l’idea secondo la quale il benessere rappresenta un investimento che riduce la redditività». Infine la voce della Commissione europea, con l’intervento di ALESSANDRO GIANINI della Direzione generale salute e sicurezza alimentare con sede a Bruxelles, che ha ricordato come anche la riduzione del farmaco, con l’adozione sempre maggiore di Piani vaccinali efficaci, non solo risponda alla lotta all’antibioticoresistenza, ma rappresenti un elemento importante anche nell’applicazione del benessere animale. >> Link: www.giornatadellasuinicoltura.it
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Alibaba propone agli allevatori cinesi un software per tracciare i maiali Alibaba Group, compagnia cinese privata con sede ad Hangzhou, specializzata nel commercio elettronico, sta sviluppando sempre più sistemi di intelligenza artificiale da applicare in ogni campo produttivo umano. Attualmente sta portando avanti un progetto da proporre al settore degli allevamenti suinicoli. Ha stretto infatti un accordo con il gruppo Tequ, un conglomerato cinese attivo nel campo della produzione alimentare, dell’agricoltura e dell’allevamento che alleva oltre 10 milioni di suini all’anno. L’obiettivo è introdurre, per la prima volta negli allevamenti, un sistema di riconoscimento per immagini che permette di tracciare gli animali presenti. Alibaba dovrebbe mettere a disposizione il proprio hardware per utilizzare un software di riconoscimento immagini per controllare ogni singolo maiale. Per raggiungere questo obiettivo tutti i maiali presenti in un capannone verranno contraddistinti attraverso un particolare segno sul corpo. I dati di ogni animale, intesi come razza, età e peso, saranno inseriti in un database e gli allevatori potranno così seguire la crescita di ognuno. Il software sarà in grado di monitorare l’attività fisica e, grazie a sensori acustici, potrà valutare anche il loro livello di salute. Il software, infatti, analizzerà i versi emessi per comprendere se gli animali sono o meno malati, in particolare in caso di possibile di diffusione di malattie. (Fonte: notiziescientifiche.it – UNAItalia)
EVENTI
Teatro della Carne e Eurocarni insieme per il format “Macellai a FICO”
Si alza il sipario: a FICO vanno in scena i macellai! di Gaia Borghi
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o scorso 20 febbraio il bellissimo spazio del Teatro della Carne di SERGIO CAPALDO e della FAMIGLIA ZIVIERI a FICO Eataly World ha ospitato tanti colleghi macellai arrivati a Bologna da varie parti d’Italia per una visita al parco agroalimentare più grande del mondo e la presentazione di un progetto dedicato all’arte della macelleria e ai suoi protagonisti. Special guest di questa giornata DARIO CECCHINI dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti, che, da straordinario mattatore qual è, ha accolto
gli ospiti declamando una poesia dell’amico ALESSANDRO CAPITANI dedicata “Agli amici vegani”: «lasciate il bieco miglio, il sesamo e l’avena, tisane con il tiglio e zuppe di verbena. Tornate a rivedere i doni della vita, a riprovar piacere di fesa e scamerita». Uno spazio dove la carne è protagonista Il Teatro della Carne gestito da Sergio Capaldo de La Granda insieme alla Macelleria Zivieri nasce come un progetto di filiera che mette letteralmente in scena la “carne”
e lo fa ogni giorno, 7 giorni su 7, dalle 10 del mattino a mezzanotte, orari di apertura di FICO. Carne proveniente dalle oltre 100 aziende agricole a conduzione famigliare che fanno parte della rete La Granda e del circuito Zivieri. Carne che si può assaggiare, degustare, divorare seduti nei tavolini del ristorante del Teatro, l’Osteria della Carne. Carne di cui si può e si deve parlare attraverso la voce di chi di questo prodotto conosce le caratteristiche, i segreti, lo ama e ne diffonde la cultura attraverso il lavoro quoti-
Aldo e Fabrizio Zivieri, Dario Cecchini e Sergio Capaldo insieme nel Teatro della Carne a FICO, Bologna. 60
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diano. «Quello che vogliamo fare è mettere a disposizione questo spazio ai macellai, quelli presenti qui oggi e quelli che non sono potuti essere con noi ma che condividono la nostra idea di diffusione della cultura della carne» ha detto ALZO ZIVIERI. «Con cadenza quindicinale, due volte al mese quindi, la nostra idea è quella di ospitare un macellaio dalla diverse regioni d’Italia che, al pomeriggio, negli spazi del Teatro, lavorando sui vari tagli e le diverse tipologie di carne messi a sua disposizione, racconterà la sua idea di macelleria, proponendo due o tre ricette, una delle quali diventerà il “fuori menù” della cena serale all’interno dell’Osteria. Il format “Macellai a FICO” è nuovo, quindi tutto da costruire insieme: saremmo felici di ricevere i vostri commenti e i suggerimenti per creare il “migliore degli eventi possibili”». Macellai a FICO su Eurocarni La comunicazione, naturalmente, riveste un ruolo fondamentale nella realizzazione del progetto: a questo penserà EUROCARNI, che darà risalto ai pomeriggi del Teatro della Carne promuovendoli sui propri canali social e pubblicando il resoconto della giornata sui vari numeri della rivista, con un approfondimento dedicato ai macellai protagonisti. Gaia Borghi
Cecchini al taglio delle costate servite in degustazione agli ospiti presenti.
Macellai a FICO, come e quando Con cadenza quindicinale il Teatro della Carne di Capaldo & Zivieri ospiterà a rotazione, nel corso dell’anno, un Macellaio italiano. Ecco il programma della giornata: * arrivo in tarda mattinata; * pranzo all’Osteria del Teatro della Carne; * visita libera a FICO; * h 17:00-18:00 intervento presso il Teatro della Carne (racconto della propria attività, realizzazione di un preparato o di una lavorazione che sarà poi inserita come fuori menù nel servizio serale dell’Osteria). • •
Il piatto deve essere a base di carne bovina o suina, avicola o selvaggina. La carne verrà fornita dal Teatro della Carne.
Per dare la propria adesione contattare: Redazione Eurocarni Telefono: 059 216688 – WhatsApp: 335 5956240 E-mail: info@pubblicitaitalia.com Facebook: facebook.com/EurocarniMagazine
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1/2/3) Foto di rito con Dario Cecchini insieme a Sergio Capaldo, La Granda, Aldo Zivieri e Gaia Borghi, della Redazione di Eurocarni. 4) Tagli di carne di razza bovina Piemontese a vari livelli di maturazione nel Maturmeat® di Arredo Inox in bella vista al centro del Teatro della Carne. Maturmeat® è l’unico armadio di frollatura garantito, brevettato e prodotto al 100% in Italia che riproduce una serie di microclimi ideali per la frollatura tradizionale delle carni (dry aged meat). 5) I super macellai Sergio Motta, del Ristorante Macelleria Motta di Bellinzago Lombardo (MI), e Roberto Papotti, della macelleria omonima di Fossoli di Carpi (MO), con Ernesto Beretta, Università degli Studi di Milano, e Luigi Carrara. 6) Tutti uniti per celebrare l’ennesimo successo dei Butchers for children. L’associazione fondata da Dario Cecchini ha consegnato proprio a FICO un primo assegno di 1.000 euro alla famiglia di Felice Guastamacchia, un bambino di soli sei mesi affetto da epidermolisi bollosa, per sostenere le costose cure che gli occorrono per il trapianto di midollo.
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Bologna
A Identità Golose 2018 va in scena il “Fattore Umano”
Human Factor
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anima nelle cose ce la mette l’uomo, non Dio”. Così ARRIGO CIPRIANI racconta dal palco di Identità Golose edizione 2018 la sua idea di “Fattore Umano” — il tema scelto quest’anno dagli organizzatori del congresso di cucina internazionale d’autore PAOLO MARCHI e CLAUDIO CERONI — ad una sala gremita e incantata dall’eleganza di questo signore ottantacinquenne che con l’Harry’s bar di Venezia e i suoi 27 locali in tutto il mondo dà lavoro a oltre 3.000 collaboratori. Di fattore umano in fattore umano sono stati tanti gli chef (più di 120 compresi pasticcieri, maître e sommelier) che si sono avvicendati negli spazi del Mi.Co Milano Congressi in via Gattamelata, sempre più ricco di presenze
internazionali, espositori, visitatori (oltre 16.000 quelli registrati), originalità dei prodotti, capacità di creare incontri, scambi, relazioni fruttuose. «Non ci saremmo mai immaginati che il tema del “Fattore Umano” avrebbe avuto l’enorme riscontro che ha in effetti incontrato sia presso i relatori che sulla stampa e tra i professionisti della comunicazione» puntualizza Ceroni. «A questo proposito, la copertura mediatica è stata senza precedenti e si è addentrata in profondità. In altri casi ci si limitava ad annunciare la nostra kermesse, a citarla sul taccuino degli appuntamenti seppur imperdibili; quest’anno, invece, prima ancora della tre giorni, il programma del congresso è stato sviscerato nei suoi aspetti, vi è stato
un racconto diffuso di quanto noi stessi avevamo selezionato perché venisse illustrato sui palchi. Incredibile. E lusinghiero». Sarà anche per questo motivo che «tre giorni non ci bastano più» hanno dichiarato Marchi e Ceroni al termine del congresso, annunciando la nascita di un omonimo “hub internazionale della gastronomia”. Si chiamerà, appunto, Identità Milano, e avrà sede in via Romagnosi 3, dove una volta c’era la Fondazione Feltrinelli. Tre saranno gli ambienti principali: una sala eventi aperta agli chef e alle loro associazioni; uno spazio all’aperto nel cortile interno; un ristorante vero e proprio. «Diventerà la casa dei cuochi e delle persone che vogliono confrontarsi col cibo» ha sottolineato ANDREA RI-
Massimo Bottura sul palco di Identità Golose 2018 (photo © Brambilla/Serrani).
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www.centrocarnicompany.com
C’era una volta la sbernia: Riccardo Camanini reinventa e salva la tradizione Riccardo Camanini, chef di Lido 84 a Gardone Riviera, in provincia di Brescia, rapisce il pubblico di Identità Golose con una favola antica che sa di miele e che ha come protagonista la pecora Bergamasca. La Bergamasca è una razza di origine lombarda; molto rustica, è capace di adattarsi a qualsiasi ambiente. Priva di corna, con orecchie lunghe e spioventi, è la razza ovina più grande al mondo: raggiunge infatti e supera i 90 cm nell’ariete e gli 82 cm nella pecora. Un gigante insomma. La sua storia ha il profumo dei boschi e dei pascoli di Ceratello e Bossico, due piccoli borghi incastonati fra montagne e lago in bassa Val Camonica, provincia di Bergamo. Qui lo chef si è imbattuto «nella bernia o sbernia che dir si voglia» racconta Camanini. «L’ho assaggiata per la prima volta lo scorso anno, prima non la conoscevo proprio». La bernia o sbernia, che gli appassionati di storia e costume sapranno essere “il mantello indossato asimmetricamente sopra una spalla in uso alla corte aragonese di Napoli intorno alla metà del Quattrocento”, nasce da una tradizione pastorale che, come spesso accadeva e accade tuttora, metteva in pratica il motto “fare di necessità virtù”. «Quando una pecora si azzoppava non c’erano tempo e soldi per ingessarne la zampa. Veniva abbattuta» prosegue Camanini. Per conservarne la carne, prezioso nutrimento proteico in tempi di miseria alimentare, «veniva messa nel vino, con aromi. Poi appesa per settimane, all’aria aperta, riparata dagli insetti con le
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moscarole, sorta di reti dalla trama fitta. Si seccava, quindi, e quando il pastore saliva all’alpeggio ne tagliava una fetta, da sgranocchiare sui pascoli o da grigliare accompagnata con la polenta, o ancora bollita, con cipolle e insalata dei campi». Una carne dura, coriacea, dall’aroma penetrante, molto, molto difficile da proporre quindi. «La memoria gustativa non lo riconosce, io stesso ho fatto fatica a mangiarla: troppo salata, con un processo ossidativo importante. L’aroma è davvero incisivo». Come rendere allora questa carne “fuori dal tempo” adatta ai palati contemporanei? «Ho pensato a come renderla più armoniosa senza snaturarla. Andava addolcita. Ho pensato al miele per ingentilirla, ma non bastava, occorreva qualcosa di più. Serviva anche qualcosa che proteggesse la frollatura della carne, una sorta di calotta protettiva». L’intuizione giunge grazie ad un altro chef, Corrado Assenza. «Corrado mi ha fatto conoscere la cera d’api pura: incredibile, sa di propoli, di polline». Oggi Camanini immerge la pecora Bergamasca per 3 o 4 giorni nel vino rosso, con spezie e aromi; quindi la fa seccare per tre settimane all’aria fresca e pura di Bossico e Ceratello, come tradizione vuole. Ancora tre giorni nel miele e, infine, per due settimane la racchiude nella cera d’api (per 23 chili di pecora di un anno servono 3-4 kg di miele e 25 kg di cera d’api). A questo punto la carne è come rinata: basta scalpellare via la cera per trovarla lì sotto, morbidissima. Il risultato finale di questo processo è una “cena del pastore” completa, composta da quattro piatti: Brodo di sbernia, Tartare di sbernia con rognoncini di coniglio e chartreuse ridotta, Pasta in bianco di sbernia e Coscia di sbernia grigliata con insalatina di erbe di campo, miele di elicriso e bergamotto, olio extravergine. «Mi sono permesso di intervenire sulla tradizione per preservarla» conclude Riccardo Camanini. Applausi (a pagina 66 Riccardo Camanini, photo © Gabriele Milani; la tartare e la coscia di sbernia, photo © Brambilla-Serrani).
Joshu Wagyu, gioiello di Gunma La Prefettura di Gunma si trova al centro del Giappone, ad un’ora circa di Shinkansen, il treno ad alta velocità, da Tokyo. È l’unica regione di tutto il paese che non affaccia sul mare, un territorio prettamente agricolo, con una grande tradizione termale. Segni particolari? Distese sconfinate di piante konjac (qui si coltiva il 90% dell’intera produzione giapponese e quindi mondiale), una sorta di radice dalla consistenza atipica, e allevamenti bovini. In occasione di EXPO Milano 2015 la Prefettura di Gunma aveva avuto l’occasione di presentare in Italia proprio queste due specialità alimentari: il konjac, considerato uno degli ingredienti del futuro per le sue particolari caratteristiche (a fronte di un apporto calorico quasi nullo, è ricco di fibre e di minerali e privo di glutine), e il Joshu Wagyu. «Gunma esporta con orgoglio in Europa la carne bovina Joshu Wagyu dal 2014» ci dicono allo stand dedicato a questa regione presente a Identità Golose, il “Future Food Lab”, in cui chef italiani e internazionali hanno preparato e fatto degustare al pubblico diversi piatti pensati per esaltare al massimo questi due ingredienti. Come il “Trancio di Joshu Wagyu affumicato, succo di oliva verde e caviale di acciuga” o il “Pacchero, aglio nero, calamari e Joshu Wagyu” realizzati da TERRY GIACOMELLO, executive chef del ristorante Inkiostro di Parma, o dal Gunma Ambassador NOBUYA NIIMORI (in foto). «Umami, profumo, tenerezza e dolcezza: sono queste le caratteristiche della carne Joshu (antico nome della Prefettura di Gunma) Wagyu. Ogni capo bovino viene allevato singolarmente con cura e amore. Il controllo degli animali avviene fin dalla nascita (tracciabilità completa) e risponde agli standard di sicurezza internazionali (secondo il protocollo HACCP)».
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BALDONE, che guiderà la brigata fissa del ristorante e coordinerà gli chef ospiti che nel tempo si alterneranno dietro ai fornelli.
Il fattore “Squadra” Tra gli interventi più applauditi della tre giorni c’è sicuramente quello di MASSIMO BOTTURA, lo chef modenese dell’arcinota Osteria La Francescana. «Non si può parlare di “Fattore Umano” senza parlare di squadra» ha detto Bottura. «La “Squadra” è tutto. Oggi tutti vogliono fare gli chef. Ma il fattore umano è la somma di chi lavora nei caseifici, in campagna, nelle vigne. Vincere o perdere non importa, bisogna sognare l’impossibile insieme. Per questo cerco di dare a ognuno lo spazio, un centro. Ho sempre cercato di essere allenatore di idee, dando direzioni e lasciano spazio alla creatività, senza gerarchie… Ogni servizio è una finale di Champions: a volte siamo brillanti,
Le “Chiocciole di kamut cotte in un brodo di karkadè e coniglio ischitano” di Salvatore Bianco (photo © Arianna De Carolis). altre meno. L’importante è essere autocritici e saper andare avanti. Vincere ogni sfida e non perdere la fiducia in se stessi. Tutto questo è nulla in confronto alla gioia di riuscirci assieme. È la soddisfazione
più grande, quella di una vita vissuta appieno. E non sono soddisfazioni se non sono davvero condivise con gli altri». >> Link: www.identitagolose.it
Macelleria Oberto e il fattore Fassona Solo Fassona e solo capi femmina dai 36 mesi in su. Macelleria Oberto – Carni pregiate piemontesi dal 1965 di Roddi (CN) è sicuramente uno dei protagonisti indiscussi di Identità Golose. Dal cuore delle Langhe, Daniele Oberto e i suoi collaboratori hanno portano alla quattordicesima edizione del congresso milanese uno dei tesori del Piemonte, la Fassona, declinando questa carne dal gusto unico in tartare, motzetta, salame tipo Finocchiona e carpaccio affumicato. «Con il termine “Fassona” si indicano le femmine di razza Piemontese» ci spiega Mattia Gallina. «La parola Fassona è l’italianizzazione del vocabolo dialettale“fasun”che sta ad indicare la particolare conformazione muscolare della razza Piemontese». Una straordinaria resa al macello ed eccellenti proprietà gustative e nutrizionali. «Il grasso intramuscolare e l’assenza di tessuti connettivi rendono le carni di Fassona gustose, tenere e compatte e con un bassissimo contenuto di colesterolo» mi racconta Daniele Oberto. «Quando anni fa ho intrapreso questa scelta esclusiva mi davano del pazzo. Eppure il tempo mi ha dato ragione». Nei locali londinesi Macellaio RC (www.macellaiorc.com) del genovese Roberto Costa si serve solo la Fassona della Macelleria Oberto. Fattore Fassona? Vincente! (in foto: Daniele Oberto, Alessandro Oppo e Mattia Gallina). >> Link: www.macelleriaoberto.it
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MGA GROUP
Vicentini Carni. Qualità garantita dalla A agli Zoccoli.
Vicentini Carni è un nome storico a forte tradizione familiare nel panorama delle aziende specializzate nell’allevamento e macellazione di carni bovine di Alta Qualità. Grazie al progetto Filiera, Vicentini garantisce qualità e controllo in ogni fase, portando le carni bovine più prelibate direttamente sul banco delle migliori macellerie italiane. Vicentini Carni, oltre 50 anni di passione, per offrirvi solo il meglio!
Vicentini Carni S.p.A. - 37056 Engazzà di Salizzole (VR) Italy - Via Palazzina, 510 int. 3 - Tel. +39 045 6954444 - Fax. +39 045 6954440 - contatti@vicentinicarni.it - www.vicentinicarni.it
La buona carne rossa di Lombardia: allevatori e macellai insieme al Museo Mille Miglia di Brescia per l’evento “Carne e vino” Allevatori e macellai alleati per difendere la “buona carne rossa lombarda” garantita per qualità e sicurezza, grazie all’iniziativa promossa a Brescia dal Consorzio Lombardo Produttori Carne Bovina, affiancato da Regione Lombardia, Coldiretti Lombardia e Unioncamere Lombardia. L’occasione è stata l’evento “Carne e vino. Connubio di sapori e saperi lombardi”, andato in scena giovedì 22 febbraio al Museo Mille Miglia di Brescia. Obiettivo: promuovere una corretta informazione sulla qualità della carne bovina prodotta in Lombardia e sul valore della filiera, nella quale gioca un ruolo fondamentale la figura del macellaio, testimonial autorevole e fidato, a garanzia della sicurezza e qualità di uno degli alimenti che, negli ultimi anni, hanno subito il maggior numero di attacchi a livello mediatico e non. Protagonisti della giornata, e della degustazione che ha concluso l’evento, sono stati, infatti, i nove punti vendita bresciani associati al Consorzio affiancati dalla chef Elisabetta Arcari. Prima della degustazione, però, un momento di approfondimento e riflessione con una tavola rotonda alla quale hanno partecipato tra gli altri il presidente del Consorzio Lombardo Produttori Carne Bovina Primo Cortelazzi, l’assessore all’Agricoltura di Regione Lombardia Gianni Fava e il presidente di Coldiretti Lombardia Ettore Prandini. «Dopo gli allarmi lanciati spesso in modo infondato negli ultimi anni, il consumo di carne rossa ha subito un crollo, con pesanti ricadute sul piano economico» ha spiegato Cortelazzi. «La situazione si è leggermente stabilizzata nel corso del 2017, ma siamo ancora ben lontani dal recuperare quanto perso. Il lavoro che sta portando avanti il Consorzio è proprio questo: ci rendiamo conto che sulla carne non si fa abbastanza informazione e, spesso, i consumatori non hanno sufficienti strumenti per comprendere quale carne sia sana, sicura, controllata e di qualità. In questo processo il ruolo del macellaio, che ha il contatto diretto con il consumatore finale, è cruciale». «Per rilanciare i consumi di carne bovina — ha aggiunto Fava — serve un’operazione trasparenza e un’operazione culturale in una logica di filiera. La nascita del Consorzio Lombardo Produttori Carne Bovina (www.clpcab.it), con oltre 500 allevamenti, 100.000 capi allevati e 42 punti vendita alleati, va nella direzione di informare e di sostenere iniziative di filiera e di valorizzazione di tagli di carne e ricette della tradizione, per mettere in condizione di conoscere meglio cosa si mette nel piatto». Partner dell’evento, Ascovilo-Associazione Consorzi Vini Lombardi, che ha abbinato alle pietanze a base di carne gli ottimi vini lombardi dei Consorzi Vini Valtènesi, Montenetto, Vini di Valtellina, Vini Oltrepò. >> Link: www.clpcab.it
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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!
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Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Sfilaccetti di Cavallo con Julienne di Verdure. Esecuzione: bollire per qualche minuto le verdure tagliate julienne, guarnire il piatto e condire con un emulsione di olio d oliva e sale di sedano. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Sfilaccetti, 2 Carote, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, 2 Zucchine, 200 gr. Cappuccio Bianco,
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20 gr. di Sale al Sedano.
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INDAGINI
Quale trend di consumo delle carni bovine?
S
i è svolto il 2 febbraio scorso a Verona l’incontro annuale promosso da Interbev, l’interprofessione francese, tra gli esportatori di bovini da allevamento francesi e gli operatori della filiera bovina da carne italiana. Quest’anno il convegno, dal titolo “Riflessioni sulla strategia di ripresa dei consumi”, ha posto al centro del dibattito l’analisi dei dati ISMEA-NIELSEN. I cambiamenti socio-demografici in atto, oltre che economici, influenzano radicalmente gli stili di vita e le abitudini di consumo di un Paese alla ricerca della “felicità alimentare”. In questo contesto la carne bovina, dopo un declino costante, ha mostrato nel 2017 un’inversione di tendenza, concentrata in alcune aree del Paese e in alcuni cluster della popolazione. La presentazione ISMEA di CLAUDIO FEDERICI traccia con chiarezza queste tendenze e ci lascia alcuni spunti di riflessione.
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Ieri • Le carni rosse destano preoccupazione per la salute e la sicurezza, in parte per una “cattiva informazione”. • Evidente il lento e progressivo allontanamento dal prodotto: meno consumatori e meno consumi. • Il vissuto positivo è dato dalla necessità riconosciuta nella dieta di bambini/adolescenti e nella praticità. Oggi • La ripresa economica determina una lieve ripresa dei consumi. • Gli stili di acquisto privilegiano servizio (piatti pronti), prezzo, salutismo (bio, vegan, ecc…). • Lo scorso anno la ripresa degli acquisti di carne bovina ha interrotto una lunga flessione. • L’aumento è stato sostenuto da famiglie con bambini/ragazzi, grazie a prodotti più eco-
nomici (hamburger) e canale discount. Domani • Sebbene la moda vegan sembri meno forte, è difficile attendersi una ripresa dei consumi robusta. • Nutrizione sempre più salutistica e rispondente alle esigenze dei consumatori (giovani, sportivi, anziani, bambini, donne). • Sensibilità verso la produzione sostenibile: il cibo deve utilizzare meno risorse possibili e non avere scarti. ➤ Comunicare al meglio su sicurezza e salute, per rassicurare il consumatore. ➤ Valorizzare gli aspetti positivi legati ad un’alimentazione equilibrata (bambini, adolescenti, sportivi, ecc…), al piacere, ecc… ➤ “Svecchiare” l’immagine del prodotto anche attraverso formati e confezioni innovative.
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Come cambiano gli stili di vita: consumi in ripresa dopo la crisi â&#x20AC;˘ Nel 2017 ripartono i consumi alimentari: +3,2% rispetto al 2016 â&#x20AC;˘ I consumi alimentari restano la seconda voce di spesa: 18% del totale â&#x20AC;˘ Il fuori casa vale ormai oltre il 35% del totale dei consumi alimentari delle famiglie, con un trend di moderata ma costante crescita
Nel periodo 2014-2017 si osserva una moderata ripresa dei consumi delle famiglie, in un contesto di lieve aumento del reddito disponibile e della propensione al risparmio (fonte: Istat, Fipe).
La situazione nazionale nel 2017: alcuni indicatori
Fonte: stime Ismea, Istat, Anagrafe zootecnica.
La percezione delle carni rosse. Indagine CAWI: le famiglie italiane e la carne
Fonte: Ismea-Nielsen.
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Alcuni elementi del vissuto
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4 milioni + 14. 20,6 milioni + 14 con presenza di bambini in famiglia. Fonte: Ismea-Nielsen.
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52,7 milioni + 14. Fonte: Ismea-Nielsen.
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Referente vendite per lâ&#x20AC;&#x2122;Italia
Phone: +39 331 3439676 Tel/Fax: +39 0431 91352 www.andreaconticelli.com E-mail: info@andreaconticelli.com
La domanda interna
Fonte: Ismea su dati Nielsen.
Dinamica degli acquisti domestici dei prodotti proteici Nel periodo 2012-2016 la contrazione dei consumi alimentari investe alimentari soprattutto i prodotti proteici: la spesa di carni, salumi e lattiero-caseari si riduce nel quinquennio, tornando a crescere solo nel 2017, sebbene in alcuni casi sia da attribuire a un aumento di prezzo
Dinamica degli acquisti domestici di carni
Nel periodo 2012-2016 quasi tutte le carni sono in contrazione (tranne il pollo); nel 2017 crescono in modo significativo gli acquisti di carni rosse, in quantitĂ e valore Fonte: Ismea su dati Nielsen.
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La domanda interna di carni bovine
Il consumo domestico di carne bovina in sei anni perde complessivamente 14 punti percentuali in quantitĂ e 13 punti in termini di spesa. Solo nell'ultimo anno si inverte la tendenza
NB: 2017 provvisorio. Fonte: Ismea su dati Nielsen.
La domanda interna di carni suine Il consumo domestico di carni suine dal 2012 al 2017 segna nel complesso una flessione del 10% in quantitĂ e dellâ&#x20AC;&#x2122;11% in spesa, con 4 anni di flessione consecutiva; solo il 2017 mostra una ripresa
NB: 2017 provvisorio. Fonte: Ismea su dati Nielsen.
La domanda interna di carni avicole
NB: 2017 provvisorio. Fonte: Ismea su dati Nielsen.
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Il consumo domestico di carni avicole mostra una maggior tenuta nel periodo di crisi, segnando nel complesso dal 2012 al 2017 un incremento dei volumi (+2%) e della spesa (+6%), sebbene dopo il boom del 2013 si sia assistito ad una contrazione dei volumi consumati
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Si indebolisce il rapporto con le carni
Fonte: Ismea su dati Nielsen.
Trend di crescita vendite carni bovine: DOVE?
Fonte: Ismea su dati Nielsen.
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Sin dal 1936 la Merlo Ercole S.r.l. è un punto di riferimento nell’importazione e distribuzione di tagli, refrigerati e congelati di pregiate carni bovine sudamericane.
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Trend di crescita vendite carni bovine: CHI?
Fonte: Ismea su dati Nielsen.
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Trend di crescita vendite carni bovine: COSA?
Fonte: Ismea su dati Nielsen.
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LOCALI DI GUSTO
Filz, un locale a tutto spiedo Lo hanno aperto a Milano Antonia e Nicoletta Carramone insieme a Francesco Rubini. L’idea di servire l’intera offerta gastronomica su spiedi nasce dalla loro passione per il viaggio. Una trentina le proposte a base di carne, pesce e verdure di Riccardo Lagorio
D
enominatore comune dell’alimentazione umana è la cottura di carni allo spiedo. Alle profonde radici mediterranee dei piatti di Omero, composti di carne spiedata con pochissime varianti — bovina adulta, ovicaprina, suina di soggetti particolarmente ingrassati o talvolta cinghiali —, rispondono gli arrosticini di Xi’an, come è apparso su questo dorso nel mese di agosto 2017 (Arrosticini made
in China, in EUROCARNI, n. 8/2017, pag. 84). Dalla radice caucasica gab (cucinare) a gab-ab (cuocere assai, bruciacchiare) tradotto ai giorni nostri nel celo (chelo) kebab, il piatto nazionale dei Persiani (lo schidione zeppo di carne, talvolta macinata con cipolla e spezie, di manzo o agnello servita con riso bollito e pomodoro alla griglia), è tutto un abbrustolire di carni. Senza dimenticare la cucina artusiana, la quale
dispensa generosamente racconti di lepri, agnelli, volatili che finiscono infilzati e alla brace1. Con buona pace del vegetariano-pensiero. Pare siano giunti alla conclusione di questa ineludibile direzione presa dagli esseri umani ANTONIA e NICOLETTA CARRAMONE insieme a FRANCESCO RUBINI che a Milano hanno aperto Filz, un locale che ci rammenta la propensione già nel nome. L’intera offerta gastronomica è
Evidenti sono le contaminazioni etniche abbinate a proposte made in Italy, frutto dei viaggi dei tre soci.
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Tra i grandi classici gli arrosticini di agnello col cumino o la senape e il filetto di maiale con salsa agrodolce di prugna e mela, mentre la salsiccia a coltello con alioli e il capocollo con salsa verde hanno tutte le carte in regola per diventarlo
In alto: l’interno del locale ispirato ai soda shop degli anni ‘50. Al centro e in basso: l’offerta di Filz si compone di circa 30 proposte soggette a stagionalità degli ingredienti, da ordinare singolarmente alla carta o in combinazione.
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servita infatti su spiedi, accompagnati da verdure di stagione e salse, talvolta secondo il corso attuale della moda meneghina, orientaleggianti. Insomma, proposte senza tempo, gli spiedi appunto, che si adattano ai tempi rapidi a disposizione dei commensali del Duemila e chiedendo a salse e verdure di fungere da scorta della portata principale. Un’idea nata dall’esperienza dei tre soci, viaggiatori incalliti e con un bagaglio di esperienza forestiere. Dopo anni trascorsi tra Asia e Africa, decidono di tornare alle origini, inevitabilmente mutati dall’incontro con culture culinarie diverse dalle nostre, eppure sotto
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Una delle specialità di Filz è la bombetta di Cisternino, cibo di strada prima che venisse definita tale, servita con curry o paprika o, in ottemperanza all’affinità mediterranea, con la ‘nduja. E poi la zampina di San Michele e gli gnummareddi con salsa di cipolla alla soia, omaggio alle origini pugliesi dei tre soci
questo profilo, così vicine. Pensano di dar forma a qualcosa di nuovo, ma altrettanto arcaico, che si possa esprimere in un’offerta gastronomica adatta alla metropoli lombarda. Prende corpo così il locale, che potrebbe inserirsi anche nella bibliografia, altrettanto modaiola, dei “cibi di strada”, che erroneamente vengono considerati un’importazione dall’Oriente. L’esempio più cristallino è la bombetta di Cisternino, cibo di strada prima che venisse definita tale, servita con curry o paprika o, in ottemperanza all’affinità mediterranea, con la ‘nduja. La zampina di San Michele accompagnata dalla salsa verde e gli gnummareddi con salsa di cipolla alla soia tradiscono le origini pugliesi della compagine organizzativa mentre la curiosa versione della cotoletta alla Milanese con datterini speziati è un omaggio alla città ospitante. Un’offerta che si compone di una trentina di proposte da ordinare singolarmente alla carta o in combinazione, alcune soggette inevitabilmente alla stagionalità di alcuni ingredienti. Come il cuore e i friggitelli con la salsa di miso, un derivato dai semi della soia gialla, o il calamaro con carciofi e alioli allo zenzero. Ci sembrano un’espressione ben combinata di gusti e semantica geografica il manzo marinato con asparagi bianchi e salsa verde quanto i gamberi con le puntarelle e l’alioli allo zenzero e la rana pescatrice con i funghi cardoncelli. Altrove pare
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prevalere il desiderio di volersi rivolgere a un pubblico più propenso a sperimentare proposte foreste, attratto forse più da nomi esotici che dalla sostanza dell’argomento, come l’anguilla con shizo (l’erba dal profumo di melissa vagamente aniciato) e teriyaki (la salsa con gli occhi mandorla fatta di sake, salsa di soia e zucchero). Per stare alle cose di casa nostra, gli arrosticini di agnello col cumino o la senape e il filetto di maiale con salsa agrodolce di prugna e mela si ritengono ormai entrati a far parte dei grandi classici; la salsiccia a coltello con alioli allo zenzero e il capocollo con salsa verde hanno tutte le carte in regola per partire da qui allo conquista di uno spazio di assoluta dignità sulle tavole tricolori. Anche negli accompagnamenti traspare la volontà di andare incontro alle sensibilità del pubblico, dei suoi palati e dei suoi stili di vita con svariate proposte di completamento dei piatti: la scelta può cadere sulla mediterranea pita, sul bao (il pane della Cina settentrionale), il mediorientale riso bollito o il pane bruscato. Nel locale, un po’ vintage e un po’ classico, dai toni amaranto e cipria, si può mangiare con poca spesa. La media, per un lauto pranzo e con la consueta esclusione delle bevande, si aggira intorno a € 15,00. Riccardo Lagorio
Filz Largo della Crocetta 1 – 20122 Milano Web: www.filzmilano.com FB: www.facebook.com/filzmilano Nota 1. PELLEGRINO ARTUSI (1891), La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Agli arrosti viene dedicato un intero capitolo. Molte delle preparazioni lì inventariate si riferiscono a carni allo spiedo.
NUTRIZIONE
Il buon grasso del maiale Fin dall’antichità il maiale viene apprezzato per il suo grasso, la cui bontà è stata confermata dalle moderne ricerche scientifiche di Giovanni Ballarini
L
a moderna dietetica afferma che, per una corretta nutrizione, circa un terzo delle calorie alimentari deve pervenire dai grassi. Al tempo stesso, la ricerca scientifica non solo dimostra che esistono tanti tipi di grasso, ma che tra questi ve ne sono di “buoni” e di “cattivi”, e tra questi ultimi soprattutto quelli che, per la loro struttura chimica, sono definiti trans.
Grassi e acidi grassi trans Senza entrare in dettagli chimici, un acido grasso può esistere in natura
sotto due forme: una cis e una trans (dal latino, al di qua o al di là della catena degli atomi di carbonio) a seconda della posizione di certi gruppi di atomi. Gli acidi grassi trans sono presenti in taluni alimenti, soprattutto da quando l’uomo ha scoperto che rompendo artificialmente un doppio legame e aggiungendo idrogeno (idrogenazione) si ottengono grassi di maggiore consistenza che resistono bene all’ossidazione e nei quali, fra l’altro, la percentuale della forma trans è molto alta. Questi grassi
idrogenati sono molto utili nelle preparazioni alimentari industriali (come la margarina ottenuta da oli vegetali), soprattutto quelle spalmabili, prodotte negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, mentre le attuali margarine, preparate con tecniche d’altra natura, hanno una concentrazione di acidi trans nel prodotto finito sensibilmente inferiore. Acidi grassi trans sono presenti in molti prodotti di pasticceria (merendine, gelati, ecc…). Il processo di raffinazione degli oli vegetali dove si usano alte
Lardo e pane integrale (photo © kazanovskyiphoto – stock.adobe.com).
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Nella lavorazione dei prosciutti crudi, lo strato di sugna deposto sulla carne non deve essere né troppo sottile né troppo spesso; se mal dosata, infatti, la sugnatura può compromettere la successiva fase di stagionatura (photo © AlessandroCarra2013). temperature può introdurre una percentuale di grassi trans. Alte temperature si ottengono facilmente anche friggendo per qualche decina di minuti un olio vegetale e anche per questo le fritture con oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi possono diventare dannose. I grassi trans si trovano anche nei semi e nelle foglie di diverse piante e in taluni alimenti d’origine animale. Acidi grassi trans e salute umana Numerosi sono gli studi a dimostrazione degli effetti negativi degli acidi grassi trans perché: • abbassano il colesterolo HDL (buono) e alzano il LDL (cattivo); • alzano la concentrazione della lipoproteina(a) o Lp(a); • diminuiscono il valore biologico del latte materno; • causano un basso peso dei bambini alla nascita; • aumentano i livelli di insulina in
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risposta a un carico glicemico; • interferiscono con la risposta immunitaria diminuendo l’efficienza della risposta delle cellule B e aumentando la proliferazione delle cellule T; • diminuiscono il livello di testosterone maschile; • inibiscono alcune reazioni enzimatiche fondamentali (come quella della d-6-desaturasi); • alterano la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari; • alterano la costituzione e il numero degli adipociti (cellule di deposito del grasso); • interferiscono con il metabolismo degli acidi grassi essenziali Omega-3; • incrementano la produzione di radicali liberi; • facilitano la formazione di complessi solidi che possono alterare il lume delle arterie aumentando il rischio di malattie cardiocircolatorie, infarti, ictus, ecc…;
• un’assunzione eccessiva di trans può infine provocare malattie croniche o degenerative. Acidi grassi trans e alimenti d’origine animale Una piccola quantità di acidi grassi trans naturali è normalmente presente nei grassi dei ruminanti, bovini, pecore e capre. Sono prodotti dai batteri del rumine in seguito a reazioni di idrogenazione parziale e/o di isomerizzazione da acidi grassi insaturi contenuti nel mangime animale (bioidrogenazione). Per questo nel grasso contenuto in latte, burro, formaggio e nella carne di questi animali si trovano dal 2% al 9% di acidi grassi trans. In particolare l’acido transvaccinico che si trova nel burro e nei formaggi è un prodotto di transizione verso il noto CLA (acido linoleico coniugato) che non è certamente nocivo e ha proprietà benefiche, anche se spesso sovrastimate.
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Tabella 1 – Acidi grassi trans Acidi grassi trans per 100 g di alimento
Carni e grassi animali Margarina
14,890 g
Burro
3,278 g
Carne di manzo, semigrassa, cruda
1,826 g
Carne di manzo macinata, semigrassa, cruda
1,529 g
Carne di manzo macinata, magra, cotta
0,984 g
Carne di manzo macinata, magra, cruda
0,935 g
Carne di manzo macinata, semigrassa, cotta
0,760 g
Carne di manzo, semigrassa, cotta
0,752 g
Grasso di maiale cotto
0,497 g
Grasso di maiale
0,465 g
Salsiccia di suino secca
0,412 g
Salsicce lunghe di maiale
0,358 g
Salsiccia fresca di maiale, cotta
0,235 g
Costine di maiale
0,222 g
Trippino – Stomaco di maiale
0,130 g
Lombo di maiale, arrosto
0,112 g
Lombata di maiale cotta
0,103 g
Costolette di maiale cotte
0,100 g
Percentuale acidi trans sui grassi presenti Burro, latte, carne
4%
Margarina non spalmabile
20-50%
Margarina spalmabile
15-28%
Oli vegetali raffinati
2-7%
Dolci di pasticceria con grassi vegetali idrogenati
30-60%
Oli parzialmente idrogenati usati nei fast food
15%
Patate fritte (fast food)
45%
Anche nella carne dei ruminanti sono presenti piccole quantità di acidi grassi trans, con una differenza fondamentale. La maggior parte degli acidi grassi trans presenti nel latte e nella carne è costituita da acidi grassi simili a quelli trovati in oli vegetali parzialmente idrogenati ma in proporzioni diverse, e probabilmente la miscela naturale è tale da minimizzare gli effetti negativi della geometria degli acidi trans. Minime e quindi trascurabili sono le quantità di acidi grassi trans nelle carni di ani-
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mali non ruminanti, quali cavallo, maiale e cinghiali. Negli USA l’assunzione di grassi trans è del 2-4% contro il 12-14% di grassi saturi. Grasso buono del maiale Passata la moda delle margarine vegetali, alcuni nutrizionisti hanno coniato la frase “butter in better”: in altre parole, il burro è meglio della margarina. Allo stesso modo possiamo affermare che il “maiale è ancora meglio”, in quanto il suo grasso è certamente migliore e non
La margarina è ottenuta da oli vegetali. Il processo di raffinazione degli oli vegetali, dove si usano alte temperature, può introdurre una percentuale di grassi trans, dannosi per la salute umana (photo © www.ptonline.it). dannoso come le margarine vegetali con pericolosi acidi grassi trans. Nei grassi animali non trattati gli acidi trans sono estremamente bassi e per il maiale bisogna aggiungere: 1. nella carne magra di maiale i grassi di struttura delle pareti cellulari sono ricchi di acidi grassi polinsaturi, molto scarsi di acidi grassi saturi e privi di acidi trans; 2. nel maiale, anche nei grassi di deposito (lardo, strutto, ecc…), non vi sono significativi contenuti in acidi trans. Infatti questi grassi derivano da fermentazioni del rumine, che non vi è nel maiale, mentre questo animale ha un’alimentazione ricca di acidi grassi insaturi, vegetali e non trattati, quindi senza acidi trans; 3. nelle preparazioni salumiere, in particolare quelle di cui mena vanto l’industria italiana, non si eseguono trattamenti di saturazione catalitica che possono dare origine agli acidi grassi trans. Gli acidi grassi trans non sono quindi un problema per chi consuma maiale e prodotti salumieri, nei quali sono invece presenti acidi grassi polinsaturi che abbassano il colesterolo. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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CURIOSITĂ&#x20AC;
Quando la polpetta diventa americana
Spaghetti with meatballs di Nunzia Manicardi
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Gli spaghetti con le polpette, che negli States prendono il nome di meatballs, appartengono alla tradizione più antica di numerose regioni italiane e, anche oltreoceano, sono state introdotte da Italiani. La pastasciutta con le polpette la ritroviamo soprattutto nel nostro Meridione: in Abruzzo, in Sicilia, in Campania, in Puglia
Furono quindi i primi immigrati italiani del XX secolo che, a New York, diedero vita a quella che è diventata dapprima una delle più importanti ricette italo-americane e poi una ricetta americana tout court. La prima versione scritta, a quanto pare, apparve negli anni ‘20 ad opera della National Association of Macaroni Manufacturers
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elle classifiche delle riviste e dei siti culinari americani compare sempre tra i piatti più graditi. Il HUFFINGTON POST li ha inseriti al 14o posto dei cibi considerati iconici: quelli, cioè, capaci con la sola immagine, di evocare qualche cosa che, in questo caso, è costituito dagli stessi Stati Uniti d’America. Questo per dire la forza identitaria che veicolano e il favore di cui godono. Ma, nonostante l’americanizzazione, quello di cui stiamo per parlare è un piatto tipicamente italiano. Gli spaghetti con le polpette (o, se si preferisce, con le polpettine), che negli States prendono il nome di meatballs (letteralmente “palle di carne”), appartengono infatti alla tradizione più antica di numerose regioni italiane e, anche oltreoceano, sono state introdotte da Italiani. La pastasciutta con le polpette la ritroviamo soprattutto nel nostro Meridione: in Abruzzo (con carne di agnello), in Sicilia, in Campania (per arricchire sartù di riso e lasagne), in Puglia. In quest’ultima regione abbiamo, per esempio, la cosiddetta pasta seduta, in cui la pasta con il tipico formato degli ziti viene accompagnata da un sugo di carne leggero e da polpettine prima fritte e poi sbollentate nello stesso ragù, il tutto spolverato con Parmigiano Reggiano e in seguito messo a bollire a bagnomaria per alcuni minuti, coperto da un canovaccio. Ma come non citare, allora, i rigatoni con le polpette che sono uno dei vanti di Napoli? Sono ricordati, per altro, ne “Il cucchiaio d’argento” (HOEPLI), libro fondamentale e per quanto riguarda le ricette tradizionali italiane. Al posto delle polpette si possono trovare anche gli involtini, come nelle orecchiette con ragù di involtini, anch’esse pugliesi, in cui le fettine di vitello vengono farcite con pecorino e foglie di menta (la ricetta si trova nel volume “1.000 ricette della cucina italiana: il più grande libro illustrato dedicato alla cucina del nostro Paese”, RIZZOLI). Poi, estremizzando, lo stesso ragù (soprattutto quando con pezzi molto sostanziosi di carne, come in quello napoletano fatto con grossi
involtini di carne di manzo) è parente a suo modo delle polpette. Pasta e carne insieme, che trionfano nel ragù e nelle lasagne alla bolognese. E del resto sono stati gli stessi Italiani ad importare la pastasciutta con le polpette negli Stati Uniti, come è anche logico capire. Però gli spaghetti, quelli no, quelli non facevano parte della tradizione, tranne che in Calabria e in altre zone del Sud ma soltanto durante il periodo di Carnevale. È proprio qui, allora, che si innesta l’innovazione: nel formato della pasta, tanto che “spaghetti” divenne in pratica ben presto sinonimo di “italiano”. Perché è successo questo? Probabilmente perché si trattava del formato più facile da reperire in America, forse addirittura l’unico. Fatto sta che in breve le polpette finirono sugli spaghetti, soltanto su quelli, e lì rimasero a eterna memoria di un’immigrazione misera dal punto di vista economico ma nello stesso tempo ricca di stimoli, in questo caso gastronomici. I nostri connazionali che prendevano questa via erano persone poverissime, che spendevano in cibo quasi tutto (si stima che fosse il 75%) di quello che riuscivano a guadagnare, ma che era sempre troppo poco per sfamarsi e nutrirsi adeguatamente. Dapprima erano solo farinacei: spaghetti e pomodoro in scatola. Poi — man mano che il reddito aumentò — fu introdotta finalmente anche la tanto sospirata e necessaria carne ed ecco che al carboidrato nazionale venne ad aggiungersi la polpetta, impastata però con il taglio di carne più economico. Nacquero così gli spaghetti with meatballs che tanto successo ottennero presso tutte le fasce di popolazione e presso tutte le etnie nel periodo in cui negli Stati Uniti decollò e si diffuse il culto della cucina italiana che, proprio per i tanti consensi che ricevette, diede ben presto vita a una tradizione italo-americana che nel tempo andò sempre più differenziandosi da quella originaria. Furono quindi i primi immigrati italiani del XX secolo che, a New
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Rigatoni con le polpette. York, diedero vita a quella che è diventata dapprima una delle più importanti ricette italo-americane e poi una ricetta americana tout court (si veda JOHN DICKIE, Delizia! The epic history of the Italians and their food, Hodder & Stoughton, 2009). La prima ricetta scritta, a quanto pare, apparve negli anni ‘20 ad opera dell’Associazione Nazionale di Pasta, inizialmente denominata National Association of Macaroni Manufacturers (l’informazione è riportata nel volume America’s Favorite Recipes. Part II – The Melting Pot Cuisine, 2009, pag. 157). Spaghetti, salsa di pomodoro, polpette di carne: questi gli ingredienti. Con forse un eccesso, sottolineato da alcuni commentatori, per l’utilizzo così caro agli americani di aglio e cipolla e con un eccesso anche per la densità del sugo (ma non è denso, forse, pure quello napoletano?). Grida orrore, però, il fatto che — come ho verificato di persona — il sugo di pomodoro possa essere disinvoltamente sostituito con salse imparentate, e anche molto da vicino, con il ketchup! No, questo è intollerabile… Eppure, a suo modo, è intrigante. Fa molto “americano” e, almeno per una volta, si può soprassedere, mettere da parte gusto, palato e tradizione e immergersi nella realtà locale
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che, a sua discolpa, può invocare l’essere frastornata da una miriade di preparazioni provenienti da ogni angolo della terra, senza filtri e sotto la spinta impellente del compiacimento e accaparramento del cliente locale. Un contributo fondamentale, sia pure indiretto, al successo del piatto è venuto anche dal cinema grazie al film d’animazione “Lilli e il vagabondo” prodotto dalla WALT DISNEY nel 1955 in cui la dolce cagnolina Lilli, la cocker americana di una raffinata famiglia alto-borghese, e il suo innamorato Biagio, un cane meticcio randagio, consumano una romantica cenetta a lume di candela che ha per protagonisti i nostri spaghetti with meatballs, mentre sulle note della colonna sonora il testo declama “Dolce sognar e lasciarsi cullar dall’incanto della notte…”. Il film, rieditato più volte, ebbe, e tuttora ha, un successo strepitoso. La sequenza di Lilli e Biagio che condividono un piatto di spaghetti e polpette — culminante in un bacio accidentale mentre i due ingoiano le estremità opposte di uno stesso spaghetto— è considerata una scena iconica nel cinema americano. La ricetta La ricetta italo-americana prevede, per il sugo, passata di pomodori o pomodori pelati, aglio, peperon-
cino, prezzemolo, basilico, sale e olio extravergine d’oliva e, per le polpette, carne macinata mista (maiale e vitellone, ma anche salsiccia sbriciolata), prezzemolo, noce moscata, parmigiano grattugiato, pangrattato, uova, sale, pepe, farina, olio extravergine d’oliva. E, fin qui, niente di differente da quello che facciamo abitualmente in Italia (il sugo può anche essere preceduto da un soffritto di cipolla e sfumato con il vino rosso). Però le differenze ci sono e si vedono, oltre che si sentono. Innanzitutto le dimensioni delle polpette, che sono gigantesche. Polpette con spaghetti, sarebbe meglio dire. E poi la salsa… perché non è mica tanto vero che gli ingredienti effettivamente usati siano, di solito, quelli elencati sopra. La tomato sauce (salsa di pomodoro) per pasta che abitualmente usano gli americani è infatti un preparato industriale a base di pomodoro (consigliata la varietà “cuore di bue”), cipolla, aglio, aceto. Le erbe e gli odori, anche in combinazione tra di loro, possono essere rosmarino, basilico, prezzemolo, salvia, timo, e pure sedano e carota. Per condire, olio d’oliva e/o burro. Inoltre, supponiamo, ci saranno i “segreti” industriali a fare la differenza… Ma buoni sono buoni anche così, gli spaghetti; basta non storcere il naso paragonandoli all’originale italiano. Perché allora il consiglio è di restarsene a casa a farseli preparare dalla mamma. Paese che vai, usanze che trovi: ed è bello, oltre che buono, verificare di persona gli adattamenti che ricevono le nostre specialità ed apprezzarli per quello che di nuovo e di diverso riescono a introdurre. L’unica avvertenza da osservare, quella sì, è di non seguire l’indicazione, per fortuna ormai obsoleta, che davano gli americani in fatto di cottura della pasta, e che cioè era cotta quando era possibile spiaccicarla contro il muro e vedere che non se ne distaccava… Voi, anche negli Stati Uniti, fatevela dare — se possibile — sempre al dente. E con le meatballs più grandi che potete! Nunzia Manicardi
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Kentucky Fried Chicken apre a Curno: pollo fritto anche con la formula Drive Ha aperto a Curno (BG) il quinto ristorante KFC Kentucky Fried Chicken gestito in franchising dalla 5Roosters di Filippo Caravatti — che conduce già i locali di Milano Bicocca, Arese, Brescia e Oriocenter — ed il nono in Lombardia. Il famoso pollo fritto preparato con la ricetta originale ideata nel 1940 dal Colonnello Harland Sanders si potrà gustare nelle sale del ristorante ma anche acquistandolo senza scendere dall’auto: il nuovo KFC è infatti realizzato con la formula Drive. «Siamo orgogliosi di poter arricchire con il nostro brand e i nostri prodotti l’offerta commerciale già vivacissima nel territorio di Curno» commenta Caravatti. «Il nostro locale, facilmente accessibile e dotato di un ampio parcheggio, andrà a completare l’ampia proposta di ristorazione di un’area che da qualche anno rappresenta un interessante polo di aggregazione per il pubblico a cui KFC si rivolge principalmente». Il locale KFC di Curno ha una dimensione di 450 metri quadri, offre 170 posti a sedere e sarà aperto 7 giorni su 7 dalle 11:00 alle 24:00, con prolungamento dell’orario nel fine settimana. Nel ristorante sono disponibili il free WIFI e diverse postazioni per la ricarica di cellulari e di computer. L’area parcheggio offre 130 posti auto. «Con Curno salgono a 18 i ristoranti KFC in Italia, dove siamo presenti in 7 regioni dal Veneto alla Campania» ha precisato Corrado Cagnola, amministratore delegato di KFC Italia. «Il 2018 prevede l’apertura di 20 nuovi locali su tutto il territorio nazionale: un percorso di consolidamento nelle regioni che già ci ospitano come la Lombardia e di allargamento ad altri territori per arrivare sempre più vicini ai nostri consumatori, che continuano ad accogliere con entusiasmo il nostro pollo» (fonte: gc – 2316 © World Food Press Agency Srl, EFA News).
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Gnumridd, gli involtini di interiora del Sud Italia Hanno un nome diverso in ogni regione, ma ovunque rappresentano un piatto della tradizione. Siamo stati in Puglia, nella zona dei “fornelli”, per scoprire come si preparano e quali sono le varianti di Veronica Fumarola
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el Sud Italia gnumridd è uno dei termini utilizzati per indicare gli involtini di interiora di agnello. Il termine deriva dal latino glomu, glomeris, ovvero gomitolo, e ne ricorda infatti proprio la forma. In realtà, per questa preparazione, che rappresenta uno dei piatti della tradizione dall’Abruzzo
alla Basilicata, dal Molise alla Sicilia, fino alla Calabria e alla Puglia, esiste un nome diverso in ogni regione, anzi, anche più di uno all’interno della stessa: turcinieddi, turciniello, nghiemeridde, gnummareddi, stigghiola. In Puglia, in particolare, questi “piccoli attorcigliamenti” sono una delle prelibatezze da gustare nei
famosi fornelli, quei locali in cui la carne viene cotta nel forno a legna. Gli gnumridd, come li definiscono da queste parti, sono apprezzati dalla gente del posto, ma anche e soprattutto dai turisti, sorpresi da un gusto così intenso e dalla particolare forma dei bocconcini. Nel cuore della Valle d’Itria, infatti,
Gli gnumridd sono un vanto della cucina tradizionale pugliese (photo © braciamiancora.com). 94
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gli gnumridd sono davvero piccoli, lunghi appena qualche centimetro. E proprio qui, nel “regno” dei fornelli, tra Locorotondo, Cisternino e Martina Franca, sono andata alla ricerca delle origini di questo prodotto, per capire come viene preparato e quali varianti esistono. Classico & con varianti Gli gnumridd sono i compagni delle bombette, dei fegatini e delle salsicce a punta di coltello, con cui sono serviti ai tavoli dei fornelli. Sono preparati con le interiora di agnello (fegato, polmone, cuore e milza) prima accuratamente lavate, poi tagliate a striscioline, dopo avvolte in una reticella e, infine, nel budello
dello stesso animale. Questa è la classica preparazione, ma c’è chi confessa di aggiungere anche degli aromi: alloro, prezzemolo, aglio, semi di finocchio selvatico e pepe. Per la cottura? Da queste parti assicurano: solo forno a legna! Ma nel restante Sud Italia la cottura preferita è quella alla brace o alla piastra. Al classico gnumridd si possono alternare delle varianti. Uno storico macellaio di Martina Franca, VITO SERIO, detto U Salvasodd, mi parla delle cosiddette cingomme, in dialetto cingumm. Con questo termine si indica un’altra specialità dei fornelli locali: si tratta di polmoni di vitello avvolti in una retina di maiale e poi nel budello dell’agnello.
Tra le altre frattaglie troviamo anche i “fegatini”, sempre piccoli gomitoli, ma questa volta di fegato di agnello, maiale o vitello. Infine, esiste uno gnumridd particolare, si potrebbe dire quasi extra-large: viene venduto nelle macellerie di Martina Franca e prende il nome di marretto. Questo particolare involtino arriva a pesare anche 400 grammi; è composto dalle stesse frattaglie che si trovano negli gnumridd con l’aggiunta delle animelle, ghiandole presenti nel collo dell’agnello. Viene cotto in pentola, a fuoco lento, alla griglia o nel forno con le patate. Per gli amanti delle interiora sicuramente una prelibatezza da non farsi sfuggire. Veronica Fumarola
Un graphic designer reinventa l’identità visiva del Festival dei Sapori di Cisternino La notizia è apparsa su ARTRIBUNE (www.artribune.com), la testata di arte e cultura contemporanea, e ci ha subito affascinato. Il piccolo comune di Cisternino, nella provincia di Brindisi, ha chiesto a Giuliano M. Guarino di rinnovare e modernizzare l’immagine del suo Festival dei Sapori, creando così un nuovo brand declinabile per una serie di eventi a tema gastronomico. Il risultato? A nostro parere davvero azzeccato, per la sua capacità di mettere insieme elementi della tradizione e della grafica pop. Bravo l’artista, diplomato in Design della comunicazione e Product Service System Design al Politecnico di Milano (lo potete seguire su instagram.com/_idostuff ), e bravissimi anche gli amministratori del comune di Cisternino (facebook.com/festivaldeisaporicisternino).
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I cicitt delle valli del Locarnese Nella Svizzera ticinese sopravvive una tradizione di produrre in autunno delle saporite salsicce di recupero a base di ritagli e frattaglie di capra. Ora sono presidio Slow Food di Roberto Villa
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pochi passi dal confine italiano, nelle valli svizzere attorno a Locarno ed in particolare nella suggestiva Vallemaggia, resiste da alcuni secoli una tradizione di norcineria che ha per protagonista la capra. Sull’origine etimologica del termine di questa specialità, come spesso accade per le faccende di natura popolare, esistono numerose versioni. La più dotta — e forse anche quella più verosimile, vista la somiglianza con
altri dialetti lombardi occidentali e con la stessa lingua italiana — è quella riportata dal Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana (Centro di dialettologia e di etnografia, Bellinzona, 2006) secondo il quale non è altro che un vezzeggiativo di cicia ovvero carne. Più fantasiose e più onomatopeiche sono quelle che legano il nome ora al richiamo rivolto dai contadini alle capre (ci, ci, ci…) ora allo sfrigolio che la salsiccia produce quando viene cotta sulla brace.
L’allevamento delle capre nella zona collinare e montuosa ticinese era un tempo la principale fonte di approvvigionamento di carne per le popolazioni locali, sebbene, come ancora oggi, la destinazione fosse la produzione di latte per la caseificazione e di capretti per le festività e le capre venissero macellate solo a fine carriera oppure se sterili o ancora in caso di annate particolarmente abbondanti. Con gli anni e lo spopolamento delle
I cicitt sono salsicce lunghe e sottili che si preparano con la carne, il grasso e il cuore della capra e sono insaccati negli intestini dell’animale. La storia del prodotto è strettamente legata a quella delle capre nelle valli del Locarnese, che un tempo erano un po’ le vacche dei poveri. Documenti degli anni ‘50 descrivono i paesi della zona “invasi dalle capre: gli animali erano dappertutto, persino sui tetti delle case” (photo © Archivio Slow Food). 96
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aree rurali la popolazione caprina si è notevolmente ridimensionata, scendendo da oltre 60.000 capi censiti a fine Ottocento ai circa 10.000 capi attuali. Resistono tuttavia ancora alcune decine di produttori che portano avanti la tradizione di questo insaccato. Prima l’Arca del Gusto, poi il presidio Slow Food Nei decenni passati si erano diffuse delle versioni edulcorate, per non dire false, del salume tradizionale, laddove di carne di capra nell’impasto ve n’era ben poca sostituita da carne e da grasso suini. Fu così che un gruppo di macellai della zona decise dapprima di riunirsi nell’Arca del Gusto e più recentemente di richiedere a Slow Food il riconoscimento come presidio alimentare tipico. L’intento del presidio è quello di aiutare gli allevatori e i macellai delle valli a organizzarsi, creare un marchio e dotarsi di un proprio disciplinare di produzione. I produttori del presidio sono riuniti nell’Associazione produttori di cicitt delle valli locarnesi per promuovere il cicitt tradizionale, incrementare l’allevamento delle capre a livello locale e favorire la costruzione di un macello nelle valli in modo da aiutare gli allevatori a macellare in loco i propri animali. La produzione annuale è stimata attorno alle 7 tonnellate, ripartita su una quindicina di soggetti professionali (allevatori, macellai, piccoli salumifici), alle quali si aggiungono quelle prodotte dalle famiglie per l’autoconsumo. La quantità esigua si spiega con il ridotto patrimonio di
Lo scrittore locale Plinio, nel suo libro sulla vita in Vallemaggia, ricorda il profumo penetrante che si spargeva nell’ufficio postale per i pacchi pieni di cicitt pronti per essere spediti in tutta la Svizzera
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I cicitt sono di colore marrone scuro e si mangiano arrostiti sul fuoco. Hanno un profumo penetrante di capra, di spezie e di fumo (photo © www.ticino.ch). capre nelle valli e nel fatto che il numero di quelle macellate oscilla tra il 5% ed il 10% dei capi adulti: da ogni capra di 25 kg si ottengono infatti tra i 7 e gli 8 chilogrammi di cicitt. Come sono fatti e come si consumano La descrizione completa e la metodologia produttiva sono contenuti nel Disciplinare di produzione dei cicitt delle valli locarnesi. In sintesi si tratta di salsicce insaccate in budello naturale caprino od ovino del diametro di 1-1,5 centimetri, lunghe fino a tre o quattro metri in base al budello utilizzato, di colore rosso-bruno picchiettato di bianco, con granulometria media, composte da carne e grasso di capra misti a spezie, sale e vino. Tra i tagli carnei si utilizzano le parti meno nobili (pancia, ritagli e rifilature, carne intercostale) ed anche frattaglie come cuore e trippa preventivamente lavata e scottata in acqua bollente, il grasso solitamente è incorporato nella misura dal 25% al 40%; le spezie sono costituite da noce moscata, chiodi di garofano, pepe, aglio, in passato nei testi di gastronomia locale viene citato anche l’impiego dei semi di finocchio. Una volta insaccati, vengono appesi ad asciugare in luogo fresco oppure in celle a temperatura controllata e poi conservati in frigorife-
ro fino al momento del consumo, che avviene tipicamente per cottura alla brace, accompagnata da vino rosso e castagne o polenta. La produzione ha luogo al rientro delle capre dall’alpeggio in settembre o in ottobre e il consumo, trattandosi di prodotto prevalentemente fresco, non va oltre il mese di dicembre. La festa dell’Immacolata dell’8 dicembre in alcune zone del locarnese è detta anche Festa di cicitt perché è tipico consumarli in questa festività. In passato venivano essiccati in modo da consumarli più a lungo nel tempo, ora questa tradizione è pressoché scomparsa e il consumo avviene da fresco o tutt’al più dopo congelamento. Anche nelle valli piemontesi confinanti ci sono salsicce di capra In tutta l’area alpina centrale ci sono insaccati che vedono come ingrediente principale la capra. Nelle valli italiane piemontesi confinanti ci sono salsicce simili, in particolare le salsicce di capra della Val Formazza — nelle quali oltre alle parti meno nobili della capra c’è una percentuale di carne suina — e i sigarini della Val d’Ossola, salamini stretti e lunghi fatti con carne di capra e grasso suino, stagionati e consumati crudi. Roberto Villa
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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
New Wave Hot Dogs di Giovanni Papalato
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cco un titolo che definire bizzarro è limitativo. Perché per new wave abitualmente si intende una corrente che, in campo artistico e culturale, si pone in rottura con le idee dominanti, mentre per hot dog un panino farcito con un insaccato simile al würstel abbinato a salse come senape o maionese. Poi, guardando la copertina, qualcosa si delinea: un uomo coi baffi sorride, tra l’orgoglioso e il divertito, in posa. Alle sue spalle un furgone, su cui a mano campeggia la scritta New Wave e subito accanto più piccole hot dogs, oltre a cold sodas, hot coffee e sopra, sul bordo del tetto, Ital-
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ian ice cream. Sono tutti elementi classici della ristorazione di strada, almeno negli USA. Allora cosa ci può essere di rottura, di innovativo? Dov’è la nouvelle vague? Poi torni a guardare la sua espressione e il furgone alle sue spalle. È inconsapevole? Probabile. Chi invece ha scattato la foto e scelto il titolo per il disco sono certo sia più che consapevole. They’re red hot! Questo è il secondo album per Yo La Tengo. È ad IRA KAPLAN, autore principale, chitarrista e appassionato di baseball che si deve la scelta del
nome della band. Esso deriva da un episodio accaduto durante una partita dei NEW YORK METS nel 1962: R ICHIE A SHBURN , per evitare di scontrarsi con il suo compagno di squadra venezuelano ELIO CHACON, che non padroneggiava ancora la lingua inglese, urlò “Yo la tengo” al posto del convenzionale “I’ve got it”. Una delle versioni che spiegano l’origine del termine hot dog, invece, è strettamente connessa con un altro sport statunitense: quando nei primi del ‘900 i NEW YORK GIANTS disputavano le loro partite di baseball al NY Polo Grounds, HARRY M. STEVENS pensò di distribuire alla folla
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presente allo stadio le Dachshund sausages, dicendo ai propri venditori di esortare i clienti all’acquisto urlando “Get your Dachshund sausages while they’re red hot”, ovvero “prendete le vostre salsicce mentre sono ancora calde”. Il nome hot dog venne poi dato a questi panini dal disegnatore di vignette sportive THOMAS ALOYSIUS “TAD” DORGAN, che raffigurò un panino con dentro un bassotto, il Dachshund appunto, associando il würstel alla razza canina: entrambi lunghi e tedeschi. Yo La Tengo da Hoboken, New Jersey Questo disco non viene tanto considerato quando si tratta di elencare album significativi della loro produzione. Ciò a torto o ragione, dato che si tratta di un album ricco di idee a volte realizzate mentre altre sono solo abbozzate. Ne pervade un senso di incompletezza per alcuni o una bellissima tavolozza espressiva per altri. Questo è il secondo disco della band statunitense, siamo nel 1987 e solo un anno prima Yo La Tengo ha esordito con Ride The Tiger che è stato ben accolto. Ma in questo album mancano un fitto gruppo di musicisti che avevano aiutato a definirne il suono e, soprattutto, manca il chitarrista DAVE SCHRAMM, la cui assenza porta il principale compositore dei brani e cantante, insieme alla compagna GIORGIA HUBLAY che suona la batteria, a diventare la chitarra principale, sviluppando da una necessità una consapevolezza e una identità. La sua chitarra sarà sempre la linea da cui partiranno e saranno sostenute le canzoni di Yo La Tengo. Se a proposito dell’esordio Kaplan aveva definito la prima formazione come “una band di timidi folk-rockers”, qui non ci troviamo più in termini di esitazione. Si parte con una dose di nervosa angoscia ritmata chiamata Clunk, decisamente più aggressiva di qualsiasi altra cosa sul debutto di YLT, proprio con la chitarra di Kaplan che colpisce e abbraccia con il feedback. Did I Tell You ha i tratti di una ballata ma non si accontenta e alza il ritmo, emancipandosi. È
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con House Fall Down che il noise e il rock ‘n’ roll non fanno nulla per nascondersi. Il disco prosegue con eterogeneità alternando le caratteristiche dei primi tre brani anche nella riuscitissima interpretazione della Velvetiana It’s All Right (The Way You Live) che chiude il primo lato, poi fiati e tastiere tra Let’s Compromise e Serpentine e un riuscito per quanto contrastante miscuglio tra eticità e irriverenza rock ‘n’ roll in A Shy Dog passando per la dolcezza di No Water che ritroveremo con altri nomi ma stessa intensità in altri dischi, fino all’epilogo di The Story Of Jazz. Yo La Tengo non raggiungono la piena maturità musicale con
New Wave Hot Dogs, ma in fondo mi piace pensare che nessuno glielo aveva chiesto e nemmeno loro lo pretendevano. È però innegabile che questo è un salto di qualità netto rispetto al loro debutto e dà la netta sensazione di essere il primo vero passo verso la giusta dimensione che raggiungeranno negli anni a venire: una delle più grandi indie rock band americane, tuttora in attività e sempre con dischi belli e importanti. Cosa, questa, per nulla scontata. Giovanni Papalato Nota Photo © Lucio Pellacani.
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RAZZE
L’asino di Martina Franca, una razza autoctona del Sud-Est barese Alle porte di Putignano, presso la Masseria Spartaglio, viene allevato l’asino martinese. Gianfranco Giotta, proprietario della masseria, racconta le particolarità di questa specie e il progetto “I Tratturi dell’Asinello” di Veronica Fumarola
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Masseria Spartaglio a Putignano, Bari.
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iamo in Puglia, nella zona del Sud-Est barese, a Putignano. Qui, in un’antica masseria del Seicento, sono allevati gli asini martinesi, una razza autoctona, originaria della vicina Martina Franca; una specie che negli ultimi anni ha registrato un particolare interesse, non solo per la bontà della sua carne, ma anche per le proprietà nutritive del suo latte.
Cinquanta, avviando fin da subito un allevamento di mucche. Negli anni Novanta la masseria passò in gestione a GIOVANNI GIOTTA, papà di Gianfranco. Da quel momento è stato avviato un vero e proprio cambiamento: l’allevamento è stato incrementato e alle mucche si sono aggiunti maiali, vitelli da carne, pecore, animali da cortile, cavalli murgesi e asini di Martina Franca.
La masseria La Masseria Spartaglio, il cui nome deriva probabilmente dal dialetto locale spart l’agghj, che significa “dividere l’aglio”, è interamente costruita con pietra bianca, ha una forma irregolare e una “corte” centrale. Qui, fin dalle origini, venivano allevati diversi animali, probabilmente per difendere la masseria dagli attacchi di altre bestie, ma anche da quelli dei briganti. Questo è quello che racconta GIANFRANCO GIOTTA, attuale proprietario. Prima di lui, però, la costruzione apparteneva ai suoi nonni paterni, che l’avevano acquistata all’inizio degli anni
L’asino martinese È una razza autoctona, originaria di Martina Franca, cittadina distante pochi chilometri da Putignano, con caratteristiche particolari. In primis l’altezza: l’asino martinese ha una statura medio-alta, quasi simile a quella di un cavallo. Ha un mantello nero, mentre la parte sottostante della pancia, il muso e gli occhi sono di colore bianco; si adatta facilmente ad ambienti in cui l’inverno è molto freddo e l’estate molto calda. «Alla Masseria Spartaglio — dice Gianfranco — li alleviamo 365 giorni l’anno liberi nei boschi, ovviamente recintati dai
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muretti a secco. Inoltre — specifica sempre Gianfranco — è un animale di poche pretese e mangia di tutto: dall’erba agli arbusti, ai rovi». Il latte, la carne e piatti tipici Da qualche anno l’asino martinese è sempre più ricercato, soprattutto per il suo latte. «Essendo un asino molto più grande rispetto alle altre razze — racconta Gianfranco — produce una quantità di latte superiore, che va da 800 millilitri a 1 litro al giorno. In più, il latte di asina è stato rivalutato perché è simile a quello materno e contiene una bassa quantità di lattosio». Ma l’asino martinese viene apprezzato soprattutto per la sua carne. Nella zona del Sud-Est barese, dove è particolarmente sviluppato il consumo di carne equina, negli ultimi anni anche la carne di asino ha riscosso molto successo proprio perché simile a quella del cavallo, anche se di colore più rosso e più saporita. Le braciole di asino, cotte rigorosamente nel sugo, sono il piatto tipico, ma sono molto apprezzati an-
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molte le scolaresche che ogni anno visitano la masseria per scoprire come si allevano gli asini, di cosa si nutrono, come vivono, ma sono tanti anche i centri per disabili che collaborano con l’associazione per percorsi di onoterapia basati sull’interazione asino-paziente. Sono sfruttate le caratteristiche dell’animale (pazienza, morbidezza del pelo, andatura lenta) per facilitare percorsi di riabilitazione.
Nel punto vendita della Masseria Spartaglio è possibile acquistare carne e preparati ottenuti dagli animali dell’allevamento di proprietà, composto da bovini, ovini, suini, asini, cavalli e animali da cortile. che gli stracotti e le costatine perché, trattandosi di asini molto giovani, la carne è particolarmente tenera. “I Tratturi dell’Asinello” Alla Masseria Spartaglio l’asino non viene solo allevato, ma è una vera e propria star. Nel 2009, in seguito a un bando pubblicato dalla regione Puglia, Gianfranco, insieme ai
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suoi amici, presentò un progetto innovativo, “I Tratturi dell’Asinello”, che gli permise di vincere la gara. Si tratta di passeggiate in compagnia dell’asino organizzate all’interno della masseria: percorsi a piedi o in carrozze trainate dagli asini pensate per scolaresche, turisti, ma anche disabili. Così è nata una vera e propria associazione e da allora sono
Il punto vendita All’interno della masseria c’è anche un punto vendita in cui è possibile acquistare la carne degli animali allevati. L’apertura al pubblico è di soli tre giorni alla settimana: dal venerdì alla domenica, dalle 8.00 alle 13.00 e dalle 15.00 fino alle 20.00. Veronica Fumarola Masseria Spartaglio Strada Comunale Spartaglio 3 70017 Putignano (BA) Telefono: 080 4057989 Web: www.masseriaspartaglio.it Nota A pagina 100, asino di Martina Franca della Masseria Spartaglio.
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I suovas di renna Specialità di carne della Lapponia svedese, sono filetti di coscia di renna salati e affumicati. Dal 2004 sono un presidio Slow Food di Roberto Villa
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allevamento della renna nel nord della penisola scandinava rappresenta la tradizionale attività nonché la principale fonte di sostentamento della popolazione lappone, stabilita in quelle regioni inospitali parecchi secoli or sono. Se negli ultimi decenni il progresso e la tecnologia hanno reso quelle aree geografiche più accessibili e confortevoli, così non era all’inizio dell’Ottocento, quando il viaggiatore mantovano GIUSEPPE ACERBI si inoltrò per quelle lande semidisabitate regalandoci al ritorno un diario di viaggio che ebbe particolare fortuna in tutta Europa
per la precisione delle descrizioni1, che andarono a completare la Historia gentibus septentrionalibus di OLAUS MAGNUS pubblicata a Roma nel 1555. Dei circa 100.000 Sami (così si chiamano i Lapponi nella loro lingua), sparsi su un territorio che spazia dalla Norvegia alla Svezia, alla Finlandia, fino alla penisola di Kola in Russia, 35.000 vivono nell’estremo nord svedese; fra questi circa 3.000 sono dediti all’allevamento delle renne in forma nomade o seminomade. L’allevamento, una volta svolto allo stato totalmente brado, ora prevede una integrazione di
alimenti nella stagione invernale. La renna per i Lapponi è come il maiale per le nostre culture contadine: non si butta davvero niente! L’allevamento di renne per i Sami è sempre stato uno degli elementi più importanti della loro cultura: tramite questa attività riuscirono a sopravvivere per secoli e secoli; dalle renne, infatti, potevano procurarsi cibo, latte e dai loro corpi pelli per gli abiti, per le loro case, ossa e corna per fabbricare utensili e strumenti di caccia e lavoro. In generale l’allevamento li portava a dover trascorrere l’inverno in terre completamente in pia-
Suovas in una tipica ciotola intagliata a mano (photo © visitsweden.it).
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Kåta, la capanna tradizionale sami (photo © Multiart – stock.adobe.com).
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Suovas con pane, cipolla e bacche di lingon, mirtillo rosso tipico svedese (photo © michael@krantz.biz). nura, mentre nei mesi più caldi si rifugiavano nei pascoli montani. La macellazione, tipicamente fatta in autunno quando gli animali hanno avuto modo di crescere e ingrassarsi sui pascoli estivi di licheni e arbusti, prevede che tutte le parti edibili vengano consumate subito oppure siano essiccate per fornire provviste che verranno consumate durante il lungo inverno artico. Tra le specialità tradizionali ci sono i suovas, pezzi di carne derivati dalla
I suovas si mangiano tradizionalmente con pane non lievitato, funghi e bacche rosse, ma sono un alimento che può fungere anche da ingrediente. È il caso della zuppa acida di foglie di betulla con succo di limone, corteccia di betulla, yogurt magro, panna e zucchero
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parte più interna e tenera delle cosce (coarbealli), salati e affumicati a fuoco diretto all’interno delle capanne coniche coperte di paglia (kåta, la tenda sami) che costellano, con i loro pinnacoli di fumo, la brulla superficie della terra coperta di neve. Si consumano tal quali, tagliati in fettine sottili, accompagnati da funghetti in agrodolce o con le tipiche bacche rosse di lingon (mirtilli rossi selvatici) e dal tipico pane sottile non lievitato cotto sulla pietra, oppure passati insieme a patate e cipolle sulla muurikka, una padella di metallo a forma di disco messa sopra il fuoco vivace. Questa preparazione è stata riconosciuta già dal 2004 presidio Slow Food; attualmente vi sono otto artigiani che vi aderiscono per mantenere la produzione secondo la metodica tradizionale; altri produttori la realizzano con criteri più o meno simili o parzialmente industrializzati. Se volete gustarli vi toccherà fare qualche sacrificio: o pianificate un viaggio nei luoghi dove sono fabbricati, in condizioni sicuramente più confortevoli di quelle descritte dall’Acerbi oltre due secoli fa, oppu-
re sarà necessario fare un’accurata ricerca tra i negozi e i siti on-line che vendono prodotti di nicchia, o ancora potrete contattare direttamente il presidio Slow Food Sápmi2. Se vi decidete a trascorrere un viaggio nel nord della Svezia, non potrete mancare di gustare i suovas ed altre specialità di carni di renna nel famoso e suggestivo Ice Hotel (hotel di ghiaccio) situato a Jukkasjärvi nei pressi di Luleå, cittadina che si affaccia sul Golfo di Botnia e da tempo immemore luogo dedito a commerci marittimi. Il villaggio di Jukkasjärvi (che significa “luogo d’incontro”) è da secoli il centro nevralgico di tutte le rotte migratorie dei Sami e può rappresentare il punto di partenza per meravigliose escursioni invernali ed estive in una terra che conserva ancora intatto il fascino della natura incontaminata. Roberto Villa Note 1. GIUSEPPE ACERBI, Viaggio a Capo Nord (fatto l’anno 1799), Greco & Greco, Milano 2016. 2. en.slowfoodsapmi.com (versione in lingua inglese).
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EURO ANNUARIO CARNE 2018
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CONVEGNI
Involucri naturali per i salumi, un convegno a Milano Il workshop è stato organizzato dal Consorzio di Tutela del Budello Naturale in collaborazione con AIIPA, Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari. Tra i temi affrontati l’igiene delle produzioni e i requisiti sanitari per il commercio internazionale
L
o scorso 16 febbraio, presso l’Auditorium Gaber della Regione Lombardia, si è svolto il workshop “Gli involucri naturali per i salumi: igiene delle produzioni e requisiti sanitari per il commercio internazionale” organizzato da AIIPA – Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari e dal Consorzio di Tutela del Budello Naturale. In sala erano presenti un centinaio di operatori tra soci, veterinari invitati per l’evento e alcune riviste di settore. Il workshop è stato realizzato nel tentativo di sensibilizzare il Ministero della Salute e le istituzioni sul tema delle difficoltà normative — e non solo — del comparto degli involucri naturali. Ad introdurre i lavori le presentazioni di DAVID J. BLANGA, presidente AIIPA, Sezione involucri naturali per salumi, PIERLUIGI POLES, presidente del Consorzio di Tutela del Budello Naturale, e PHILIPPE LEYMONIE, presidente ENSCA – European Natural Sausage Casings Association, seguiti da JORIS J. WIJNKER, segretario ENSCA. Wijnker è entrato nel dettaglio illustrando la composizione delle associazioni nazionali europee e internazionali legate al comparto, soffermandosi sull’applicazione dell’HACCP nel comparto delle budella naturali e degli studi promossi dalle varie associazioni per prevenire i rischi dettati dal mercato globale. È poi stato il turno del dott. NICOLA SANTINI, dirigente dell’Ufficio II Direzione generale per l’Igiene e
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la Sicurezza degli alimenti e la Nutrizione del Ministero della Salute, con una panoramica sull’esportazione degli involucri naturali verso i Paesi terzi. A seguire, FILIPPO CASTOLDI dell’Unità Organizzativa Veterinaria della Regione Lombardia con l’intervento su “Le forniture di involucri naturali per i prodotti di salumeria
da esportarsi verso i Paesi terzi: quali requisiti?”. Per concludere, FIORELLA FERRARO, dirigente veterinario delle professionalità sanitarie UVAC/PIF di Genova, ha affrontato il tema delle importazioni degli involucri naturali dai Paesi terzi. Al termine degli interventi sono state molte le domande po-
I benefici del budello naturale Filippo Castoldi dell’Unità Organizzativa Veterinaria della Regione Lombardia, nel corso del suo intervento, ha messo in evidenza i benefici del budello naturale. In primo luogo, esso migliora il processo di maturazione naturale con un maggior sviluppo della microflora caratterizzante. C’è poi il vantaggio dell’esaltazione dell’aroma (profumi e sapori) e, non ultimo, il tema della promozione dell’immagine di un prodotto tipico, ottenuto con una tecnica tradizionale (in basso, uno scatto nel corso della produzione di salami con involucro di budello naturale).
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Obiettivo del workshop era sensibilizzare il Ministero della Salute e le istituzioni sul tema delle difficoltà normative, e non solo, del comparto degli involucri naturali
ste a tutti i relatori, segno che gli argomenti proposti dal convegno hanno toccato punti nevralgici del settore. L’auspicio da parte degli organizzatori è ora quindi quello di poter organizzare altri eventi che “chiamino in causa” tutti gli “attori” di questo comparto, con la speranza ulteriore di poter coinvolgere altre associazioni di primo piano come ASS.I.CA. – Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi, importante interlocutore del settore degli involucri naturali. Fonte: Consorzio di Tutela del Budello Naturale
Gli obiettivi del Consorzio di Tutela del Budello Naturale Costituito nel 2001 dalle imprese di lavorazione dei budelli, il Consorzio di Tutela del Budello Naturale si è posto come obiettivo la valorizzazione della lavorazione e della commercializzazione del budello naturale nella produzione degli insaccati di carne. In che modo? Attraverso varie attività, tra cui la ricerca e l’innovazione (ad esempio stimolando studi di ricerca scientifica per migliorare costantemente la qualità del budello naturale e dei salumi, finalizzati alla migliore tutela per i consumatori), l’informazione e l’aggiornamento (sensibilizzando istituzioni, enti e associazioni; sottoscrivendo accordi di collaborazione sull’utilizzo e la tutela del budello naturale; promuovendo e gestendo utili e corrette relazioni industriali con le associazioni dei produttori di salumi; favorendo e estendendo la divulgazione di comunicazioni e relazioni informative, in particolare in materia di sicurezza e qualità alimentare), la promozione e il marketing. >> Link: www.budellonaturale.it
Nocentini (AIA): Fieragricola 2018 molto positiva. Verona può diventare il polo della zootecnia europea «La 113a edizione di Fieragricola è andata molto bene, grazie all’impegno di Veronafiere a investire sulla zootecnia, con un Open internazionale sulla Holstein e con la mostra nazionale della razza Bruna e con la novità, particolarmente seguita, dell’Open della Limousine. È stato un evento molto apprezzato e, credo, potrà svilupparsi ulteriormente a partire dall’edizione 2020». Il commento è di Roberto Nocentini, presidente Associazione Italiana Allevatori (AIA), alla luce di una manifestazione che ha confermato il forte legame tra Fieragricola e il mondo allevatoriale. Tanto che, osserva Nocentini, «Fieragricola può diventare il polo della zootecnia europea, anche grazie alla grande biodiversità delle razze italiane, che AIA ha contribuito a portare a Verona». La zootecnia del futuro guarda alla qualità e alla competitività, seguendo le richieste dei consumatori, «attenti all’etichettatura, all’origine, alla salubrità dei prodotti, ma anche a una loro distintività». La risposta del sistema allevatoriale, secondo Nocentini, dovrà allinearsi, «con servizi in grado di certificare il benessere animale e garantire tracciabilità e rintracciabilità del prodotto». Le sfide, anche alla luce di un nuovo governo dopo l’appuntamento elettorale del 4 marzo, dovranno per il presidente di AIA andare nella direzione di un «ministero dell’agroalimentare, in grado di valorizzare le filiere specializzate del made in Italy e di difendere la Politica Agricola Comune nella fase post 2020». (Fonte: Servizio Stampa Veronafiere Fieragricola) >> Link: www.fieragricola.it
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FIERE
Nel quartiere fieristico Gran Vía di Barcellona dal 16 al 19 aprile
Alimentaria + Hostelco alimentano il business internazionale
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el quartiere fieristico Gran Vía di Barcellona quest’anno l’offerta sarà davvero completa: dal 16 al 19 aprile, infatti, il salone delle attrezzature per ristorazione e hotel, Hostelco, si terrà in contemporanea con l’edizione numero 41 di Alimentaria, appuntamento biennale irrinunciabile per i professionisti del food & drink. La presenza italiana è sempre stata molto forte nel polo fieristico catalano e le aziende espositrici sono andate gradualmente aumentando. Gli ultimi anni hanno segnato, inoltre, un’importante crescita nel numero di visitatori provenienti dal nostro Paese. Non dimentichiamoci poi che la Catalogna è uno dei motori industriali della Spagna e Barcellona si può considerare la porta d’accesso al mercato spagnolo, sia per la grande realtà imprenditoriale che per la piccola media impresa, che desidera entrare su questo specifico mercato attraverso la ricerca di agenti e distributori nelle zone di maggiore interesse strategico. Sei saloni in uno Alimentaria si articolerà come di consueto attraverso 6 saloni tematici specializzati: Intervin (Vino, sidro e alcolici), Intercarn (Carne e derivati), Restaurama (HO.RE.CA.: pasticceria, forno, gelato, acqua, bevande, birra, prodotti congelati e semilavorati), Interlact (Latte e derivati), Expoconser (Conserve e salse) e Multiple Foods (Prodotti alimentari). Per cogliere le migliori opportunità di business di ogni settore sempre più nella direzione dell’export e dell’innovazione di impresa.
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Intercarn riconferma anche per questa edizione il suo status di “centro nevralgico” dell’industria della carne spagnola e internazionale, supportato dalle presenza al salone delle principali aziende del mercato della carne e dei prodotti derivati e dalle associazioni e istituzioni più rappresentative del settore.
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I padiglioni di Alimentaria 2018
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Intercarn nei padiglioni 4 e 5 della Fira de Barcelona Internazionalizzazione, in no vazione, business e l’intera offerta del settore delle proteine animali: questi sono i punti di Intercarn, affermatosi da tempo come piattaforma fieristica di riferimento per l’industria della carne spagnola e non. Intercarn 2018 occuperà oltre 15.000 m2 di spazio espositivo, nei padiglioni 4 e 5 del centro fieristico, ospitando oltre 500 espositori rinomati per la loro qualità, storia e capacità di fare innovazione. Il target dei visitatori di Intercarn comprende
buyer spagnoli ed esteri della DO, GDO e canale HO.RE.CA. Non mancheranno operatori della trasformazione delle carni, macellatori e grossisti. La passata edizione di Intercarn ha attirato oltre 47.000 visitatori specializzati. Alimentaria 16-19 aprile 2018 Recinto Gran Via Barcelona (Spagna) Web: www.alimentaria-bcn.com Twitter @alimentariabcn instagram.com/alimentariabcn facebook.com/AlimentariaBCN #Alimentaria2018
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The Innovation Alliance, si scaldano i motori A Fiera Milano, dal 29 maggio al 1o giugno, un progetto a servizio dello sviluppo sinergico del settore e al centro del mercato internazionale
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on 2.656 espositori complessivi da 54 Paesi e 126.585 m2 totali confermati ad oggi, cresce l’attesa per The Innovation Alliance, il nuovo progetto espositivo in programma dal 29 maggio al 10 giugno a Fiera Milano, che vede svolgersi insieme per la prima volta cinque manifestazioni unite da una forte logica di filiera: 1. PLAST, manifestazione di riferimento per l’industria delle materie plastiche e della gomma; 2. IPACK-IMA, leader per le tecnologie dedicate a processing & packaging; 3. MEAT-TECH, specializzata nel processing & packaging per l’industria della carne; 4. Print4All, nuovo format dedicato al mondo della stampa commerciale e industriale; 5. Intralogistica Italia, la sola manife-
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stazione sul territorio nazionale dedicata a soluzioni e sistemi integrati di movimentazione industriale, gestione del magazzino, stoccaggio dei materiali e picking. The Innovation Alliance mette al centro la trasversalità di una filiera innovativa che sempre più guarda a nuove prospettive di integrazione, anche grazie alla crescente diffusione dell’Industry 4.0, ma al contempo offre una vetrina dedicata e con una precisa identità a comparti industriali di punta, che fanno del nostro Paese il secondo produttore mondiale nel campo della meccanica strumentale. La fiera occuperà 17 padiglioni, praticamente quasi l’intera area del quartiere espositivo di Fiera Milano, affermandosi come la manifestazione dedicata alla meccanica strumen-
tale più ampia in Italia e uno degli eventi più grandi in Europa. Uno spaccato tecnologico di mercati ad alta innovazione e di eccellenza, che insieme valgono 23,7 miliardi di euro di fatturato, occupano 70.000 addetti (preconsuntivo 2017 da fonti aggregate ACIMGA, AMAPLAST, ANIMA, ARGI, UCIMA) e nella gran parte dei casi hanno un livello di export vicino al 70%, offrendo un esempio concreto del grande apprezzamento della produzione italiana nel mondo. Parola d’ordine: connessione Protagonista del momento espositivo l’offerta specializzata dei cinque eventi, ma non mancheranno occasioni per riflessioni trasversali su nuovi materiali, nuove tecnologie e opportunità di Ricerca & Sviluppo indispensabili per continuare ad es-
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sere competitivi a livello globale. «Le manifestazioni fieristiche hanno come compito quello di anticipare lo sviluppo del mercato — ha dichiarato in proposito LORENZO CAPRIO, presidente di Fiera Milano — ed è per questo che abbiamo condiviso questo progetto, voluto con forza dagli organizzatori di tutti gli appuntamenti coinvolti. Oggi ci avviciniamo ad un evento caratterizzato da contenuti interessanti e dotato di un fortissimo potenziale internazionale. L’azione di promozione delle singole manifestazioni e delle associazioni coinvolte, il lavoro di Fiera Milano e quello dell’Agenzia ICE posizionano, infatti, The Innovation Alliance tra i maggiori eventi europei, di forte interesse per gli operatori di tutto il mondo». L’offerta, per ampiezza e trasversalità, rappresenta un unicum in Europa, un plus di sicura attrattiva per gli operatori esteri, che potranno fruire della specificità dell’offerta delle singole manifestazioni, ma che certamente troveranno nella formula di filiera un interessante valore aggiunto, che garantirà una riflessione più ampia in una logica di sistema, ormai indispensabile in un mondo in cui tutto è connesso. E internazionalità A rafforzare la presenza di operatori internazionali lo sforzo proattivo congiunto degli organizzatori e dell’Agenzia ICE: ad oggi sono stati profilati e invitati 1000 top buyer, provenienti da 51 Paesi. «Con Innovation Alliance l’offerta italiana di tecnologia avanzata si arricchisce di una vetrina internazionale di primaria importanza, a sostegno di un insieme di settori che vivono di export ed i cui risultati dimostrano la capacità del made in Italy di essere competitivi ai più alti livelli» commenta M ICHELE S CANNAVINI , presidente Agenzia ICE. «A conferma della sintonia del progetto con le strategie di Mise ed ICE, per Innovation Alliance, l’Agenzia ICE ha messo in atto un supporto particolarmente importante, che consentirà di attrarre compratori da tutti i mercati principali ed a più alto potenziale di crescita».
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La meccanica strumentale “smart” verso la ripresa 4.0 In un momento di forte cambiamento per l’industria a livello mondiale, e, in particolare, per il settore della meccanica strumentale, sempre più interessato da profonde evoluzioni tecnologiche che si riassumono, oggi, nel paradigma dell’Industry 4.0, l’eccellenza della produzione di macchine strumentali è chiamata ad un salto di qualità, per interpretare al meglio la ripresa del mercato. L’innovazione non è infatti solo legata al progresso tecnologico, sempre più caratterizzato da meccatronica e robotica avanzata, ma si afferma attraverso varie direttrici, come la presenza sul mercato di professionisti formati alle nuove opportunità e l’attenzione verso dinamiche di integrazione e sinergia possibili con altri comparti. È lo smart manufacturing, un approccio indispensabile per le aziende che puntano ad affermare la propria eccellenza e per le realtà italiane che vogliono confermare la propria leadership qualitativa sui mercati esteri. Così, mentre per consentire alle aziende italiane di allinearsi a questa rivoluzione in atto sono in vigore i benefici del super-ammortamento e dell’iper-ammortamento — con un’attenzione particolare proprio al tema formazione e l’introduzione di un credito di imposta del 40% fino a max 300.000 euro per l’aggiornamento professionale dei dipendenti in ottica 4.0 — The Innovation Alliance si propone come un interessante volano per la ripresa in atto. Grazie alle numerose soluzioni in mostra e a diversi appuntamenti formativi sul tema, l’evento sarà l’occasione per fermarsi a riflettere sulla urgenza del cambiamento, per valutare se e come utilizzare al meglio le tecnologie in ottica 4.0, soprattutto all’interno di processi aziendali già avviati e consolidati. Temi trasversali e “urgenti” come l’economia circolare, il risparmio energetico, l’anticontraffazione saranno al centro di un’offerta formativa indirizzata ad un operatore di elevata competenza tecnica, chiamato ad
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Le manifestazioni e gli eventi Due eventi già affermati (IPACK-IMA e PLAST), due progetti nati da pochi anni (MEAT-TECH e Intralogistica Italia), un promettente debutto (Print4All). Le cinque manifestazioni protagoniste di The Innovation Alliance rappresentano una grande panoramica sul mercato della meccanica strumentale: • PLAST – Manifestazione di riferimento per le tecnologie per l’industria delle materie plastiche e della gomma. È organizzata da Promaplast Srl, società di servizi controllata al 100% da AMAPLAST; • IPACK-IMA – Mostra leader per le tecnologie per il processing e il packaging, organizzata da Ipack-Ima Srl, società partecipata da UCIMA e da Fiera Milano;
avere un ruolo chiave nella progettazione delle linee produttive e nella scelta delle tecnologie da adottare. Il made in Italy, dall’Italia al mondo (e ritorno) Se il made in Italy definisce le eccellenze prodotte nel nostro Paese e proposte all’estero, nel caso della meccanica strumentale, orientata a forti sinergie tra settori e a una continua integrazione tra tecnologie, questa espressione appare poco esaustiva. È per questo che si preferisce indicare le eccellenze della meccanica strumentale realizzate in Italia come espressione del made by Italy, per definire al meglio quell’italianità che in questo settore si esprime come versatilità e capacità di risolvere con competenza e ingegno problematiche produttive complesse e richieste particolari di committenti da tutto il mondo attraverso soluzioni tailor made. In questo senso, le macchine realizzate in Italia si ritrovano ad alimentare un nuovo mercato, il made with Italy in cui le eccellenze della meccanica strumentale diventano mezzo indispensabile per produrre beni e prodotti in tutto il mondo: un nuovo obiettivo, che appare sempre più possibile guardando ai numeri del mercato, in cui l’export rappresenta una voce importantissima, ma a cui si sta affiancando, negli ultimi anni, anche una ripresa della domanda interna.
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MEAT-TECH – Manifestazione dedicata a processing & packaging per l’industria della carne, organizzata da Ipack-Ima Srl; Print4All – Manifestazione alla sua prima edizione dedicata alla stampa e al converting su tutti i supporti e per tutte le esigenze di comunicazione. Organizzata da Fiera Milano, è di proprietà di ACIMGA e ARGI; Intralogistica Italia – Dedicata alle soluzioni più innovative e ai sistemi integrati destinati a movimentazione industriale, gestione del magazzino, stoccaggio dei materiali e al picking, fa parte del network internazionale CeMAT ed è organizzata da Deutsche Messe e Ipack-Ima Srl.
L’importanza delle realtà produttive che fanno parte di The Innovation Alliance è testimoniata dai preconsuntivi 2017, tutti in positivo. Il valore della produzione delle macchine per la lavorazione della gomma e la plastica si stima a 4,5 miliardi di euro, con una crescita del 5% (fonte: AMAPLAST) e con un export pari al 70%. Il settore packaging & processing, con un valore totale pari a 10,8 miliardi di euro, vede una crescita del +5,9% del fatturato (fonte: Centro Studi IPACKIMA, da dati UCIMA e ANIMA), con una quota export pari al 69%. Si registra una crescita del 13% per le macchine per la stampa industriale e il converting su un fatturato di 3,2 miliardi di Euro (fonte aggregata: Acimga e ARGI) e un export pari al 67%. Anche la logistica interna cresce del 5,4%, con un valore totale del fatturato pari a 5,2 miliardi di euro, con un export, in questo caso, pari al 36% (fonte: ANIMA). Diversi naturalmente i principali Paesi di sbocco, ma con una similarità: in tutti i comparti, ad eccezione della logistica, fra i primi acquirenti europei ci sono Germania, Spagna e Francia, mentre il primo top spender extraeuropeo sono, per tutti, gli Stati Uniti. The Innovation Alliance sarà sicuramente un campo di prova per comprendere verso quali direttrici si muoverà l’export della meccanica
strumentale italiana dei prossimi anni e, in generale, verso quali direttrici si muoverà il commercio internazionale. Le sinergie: associazioni, istituzioni, realtà specializzate L’evento integra le competenze di due tra i principali organizzatori fieristici europei, Fiera Milano e Deutsche Messe, a quella di primarie associazioni di filiera. Sono infatti tra gli organizzatori del progetto tre associazioni aderenti a Federmacchine — ACIMGA (Associazione dei Costruttori Italiani di Macchine per l’Industria Grafica, Cartotecnica, Cartaria, di Trasformazione e Affini), AMAPLAST (Associazione Nazionale Costruttori di Macchine e Stampi per Materie Plastiche e Gomma) e UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il confezionamento e l’imballaggio) — e ARGI (Associazione Fornitori Industria Grafica). Inoltre, all’interno di ciascuna realtà verticale sono in movimento editori specializzati, associazioni di categoria, scuole e istituti di formazione, istituti di ricerca e tante altre realtà direttamente legate alle singole manifestazioni, le cui iniziative non potranno certamente che arricchire anche l’approccio di filiera di The Innovation Alliance. >>Link: www.ipackima.com www.theinnovationalliance.it
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LA PAGINA SCIENTIFICA
Sistemi di validazione della qualità della carne mediante l’utilizzo di strumentazione ecografica di Stefano Nava ed Ernesto Beretta
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empre più nel mercato agroalimentare odierno si riscontra la necessità di garantire in modo oggettivo le caratteristiche peculiari di un prodotto di qualità, che comportano oltretutto differenze significative di prezzo. In un’economia di scala che risente
in modo significativo di un periodo di recessione, infatti, i trend di mercato tendono sempre più a differenziarsi in modo evidente tra il consumo abituale di prodotti a basso costo, in cui la competitività produttiva risulta esasperata, e prodotti cosiddetti “di nicchia”. Molto spes-
so, tuttavia, la linea di confine tra queste tipologie che appaiono così agli antipodi risulta estremamente sottile e non è concepibile, in ottica futura, non garantire su un mercato sempre più globale i prodotti di qualità attraverso metodologie il più possibile oggettive. A questo
Le razze bovine nei Paesi in cui la tecnologia descritta è consolidata (ad es. Stati Uniti, Argentina, Australia) sono prevalentemente britanniche, con una netta prevalenza di Aberdeen Angus (in foto), Hereford e incroci con razze zebù o continentali (Bradford, Brangus, Limangus, ecc…). Le razze britanniche presentano una copertura di grasso e una quantità di grasso intramuscolare nettamente superiore rispetto alla linea genetica francese e nella maggior parte dei casi presentano un peso alla macellazione nettamente inferiore.
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Tabella 1 – Variazione della velocità del suono in base alla tipologia del tessuto Tessuto
Velocità (m/s)
Aria
330
Acqua
1.500
Pelle
1.700
Grasso
1.430
Muscolo
1.620
Tessuti molli (media)
1.540
Ossa
3.500
scopo, nel progetto “Introduzione di nuovi incroci di razze pregiate da carne con ausilio di tecnologie riproduttive per l’approvvigionamento di vitelli negli allevamenti da carne del Milanese e lombardi” (acronimo: F1Breed2), finanziato da Agrimercati, azienda della Camera di Commercio di Milano e delle associazioni di rappresentanza per lo sviluppo delle filiere agricola e agroalimentare, è apparso assolutamente indispensabile analizzare preventivamente i possibili strumenti in grado di validare innanzitutto le attività sviluppate ed infine il risultato finale. Introduzione Da svariati anni il gruppo di lavoro composto dalla Federazione Interprovinciale Coldiretti Milano Lodi e Monza Brianza, il Consorzio Qualità della
Carne Bovina di Milano, il Dipartimento VSA dell’Università degli Studi di Milano e l’Universidad Nacional de La Plata (Argentina) ha sviluppato sistemi di management tramite tecnologia RFID, banche dati intranet, protocolli di identificazione e rintracciabilità combinati con DNA e RFID per il controllo delle filiere a livello internazionale, ecc…, con lo scopo principale di sostenere e favorire lo sviluppo di un settore che presenta di per sé una intrinseca reticenza verso l’innovazione tecnologica, sebbene più di molti altri necessiti di sistemi in grado di favorire le produzioni e rendere “trasparente” la qualità dei prodotti. La strumentazione ad ultrasuoni, che verrà descritta di seguito, può consentire non solo di introdurre una tecnologia non ancora utilizzata
in Italia, che invece altri Paesi come Francia e Irlanda hanno recentemente introdotto, ma anche garantire, ottimizzare e standardizzare la qualità delle carni che giungono al consumatore finale. L’utilizzo sistematico della tecnologia ad ultrasuoni per la previsione del grasso di “marezzatura” e dello stato di ingrassamento di bovini da carne in una filiera strutturata potrebbe aumentare la redditività delle aziende zootecniche, in quanto consentirebbe la classificazione della carcassa prima della macellazione, e quindi commercialmente una garanzia dello standard qualitativo del “prodotto carne”. Cenni relativi alla tecnologia a ultrasuoni La tecnologia a ultrasuoni per applicazioni biologiche fu introdotta per la prima volta negli anni ‘50. La strumentazione utilizzata si riferisce al A-mode ed è esclusivamente in grado di rilevare lo spessore di grasso e di muscolo in animali in vita. Gli ultrasuoni consistono in onde sonore ad altissima frequenza oltre il range uditivo umano (16.000 cicli/secondo). Il range di immagine per i tessuti biologici è compreso tra 2 e 20 MHz, essendo il limite inferiore fissato sulla base del grado di risoluzione, mentre quello superiore dall’aumento di livello di assorbimento da parte del tessuto
L’utilizzo sistematico della tecnologia ad ultrasuoni per la previsione del grasso di “marezzatura” e dello stato di ingrassamento di bovini da carne in una filiera strutturata potrebbe aumentare la redditività delle aziende zootecniche, in quanto consentirebbe la classificazione della carcassa prima della macellazione, e quindi commercialmente una garanzia dello standard qualitativo del “prodotto carne”.
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Tabella 2 – Protocolli alimentari specifici in allevamenti semintensivi argentini dove si pratica un’integrazione alimentare al pascolo Foraggio /ss (%)
FDN (%)
PB (%)
EM (mcal/kg ss)
APMG (stima)
Conversione (kg ss/kg carne)
Angus x Holstein < 200 kg
13
18,72
12,96
2,78
1,20
5,3/1
Angus x Holstein 200-400 kg
11
17,24
12,20
2,82
1,55
4,3/1
Angus x Holstein > 400 kg
10
16,27
11,53
2,87
1,25
7,2/1
Wagyu x Holstein > 450 kg
10
15,30
10,80
2,99
1,15
8,1/1
Incroci
e dalla mancanza di penetrazione oltre una ragionevole profondità. Frequenze tra 1 e 5 MHz sono in genere utilizzate per valutazioni di animali in vita, più frequentemente tra 3 e 3,5 MHz. Le pulsazioni degli ultrasuoni sono prodotte per mezzo di un trasduttore dalle vibrazioni di cristalli piezoelettrici (pressione elettrica). Queste pulsazioni sono trasmesse attraverso un tessuto fino a quando non raggiungono una interfaccia tissutale, come tra un tessuto grasso e magro. A livello di tale interfaccia, una porzione dell’onda sonora continua a penetrare il tessuto, mentre una parte è riflessa verso il trasduttore, che agisce come un ricevitore, e le onde riflesse producono energia meccanica colpendo e deformando i cristalli piezoelettrici. Tale energia è convertita in energia elettrica, processata e visualizzata in differenti formati. Nel formato A-mode, l’ampiezza di riflessione (echo) è visualizzata contro tempo su un oscilloscopio ed è disponibile per un solo trasduttore. Le riflessioni appaiono come picchi e la distanza tra picchi successivi è correlata alla distanza tra interfacce successive. Macchine A-mode sono state primariamente utilizzate per la determinazione dello spessore di grasso e del muscolo, ma ultrasuoni A-mode a singolo punto non possono essere utilizzati per determinare l’area di ribe-eye. Gli ultrasuoni B-mode consistono di una disposizione lineare di svariati trasduttori, che sono alimentati in successione per inviare onde sonore all’interno del tessuto. Tali onde sonore interagiscono, in modo costruttivo e distruttivo, per
Eurocarni, 4/18
formare schemi energetici all’interno del tessuto. Variando le fasi di oscillazione dei cristalli attraverso il trasduttore, l’energia è pilotata verso un determinato schema. Questa tecnica è utilizzata per focalizzare la disposizione lineare dei trasduttori al fine di ottimizzare la risoluzione di profondità dopo la ricezione dei segnali ultrasuoni. Con un efficiente disegno strumentale, il sistema B-mode può essere accuratamente utilizzato per la visione di immagini a sezione trasversale. Il formato B-mode consente una visualizzazione bidimensionale di punti o pixel. La posizione di ogni punto sullo schermo è determinata dal tempo richiesto dall’echo per tornare al trasduttore. La luminosità di ogni punto è proporzionale all’ampiezza della riflessione di ritorno. Gli ultrasuoni real-time sono una versione di B-mode, tuttavia la visualizzazione dei punti sullo schermo è aggiornata in modo quasi istantaneo e sequenziale per la creazione di un’immagine “viva”. L’immagine sullo schermo visualizza i segnali che tornano al trasduttore su 2 dimensioni. Inoltre, l’accurata interpretazione di un animale valutato sarà influenzata dalla conoscenza individuale di anatomia, dalla corretta collocazione della sonda per la rilevazione ecografica, da un’adeguata comprensione di ciò che rappresenta l’immagine e dalla corretta calibrazione del software di interpretazione delle immagini. La distanza può essere determinata se la velocità del suono in un mezzo tarato è conosciuta: distance = time × velocity/2
La velocità del suono varierà in base alla tipologia e alla temperatura del tessuto. Gli ultrasuoni viaggiano più velocemente in materiali ad alta densità; ad esempio, gli ultrasuoni hanno velocità maggiore nel muscolo che nel grasso, quindi l’echo è ricevuta prima dal trasduttore. La maggior parte degli scanner sono calibrati sulla base della velocità dell’acqua a temperatura corporea, rappresentando un valore medio (Tabella 1). Anatomia bovina di interesse Allo stato attuale la valutazione di bovini da carne in vita coinvolge la misurazione dello spessore del grasso di copertura, la determinazione dell’area del longissimus dorsi (rib-eye) e del grasso intramuscolare (grasso di “marezzatura” o marbling) misurato a livello della 12a-13a costola. Un’ulteriore misurazione del grasso di copertura viene spesso rilevata a livello della groppa. La posizione tra la 12a e la 13a costola rappresenta il punto dove le carcasse bovine sono sezionate presso le strutture di lavorazione e valutate da tecnici. L’abilità di un tecnico ecografista è innanzitutto valutata sulla base dell’accuratezza delle misurazioni sopra menzionate, comparate con le rilevazioni effettuate sulle carcasse post-macellazione. L’abilità nella determinazione della marezzatura è determinata comparando i risultati con un’estrazione chimica del grasso intramuscolare da una porzione di longissimus dorsi. Il tecnico ecografico deve avere una completa conoscenza delle interfacce tissutali anatomiche dell’animale. Ciò include i confini dei muscoli dell’area del rib-eye e dei
119
Tabella 3 – Composizione della razione alimentare somministrata a 2 vitelloni incroci Holstein x Wagyu in fase d’ingrasso Alimento
Quantità (capo/giorno)
Fieno di triticale
ad libitum
Farina di mais
8,5 kg
Pan 23 (Comazoo)
4,2 kg
Lino estruso
0,6 kg
tessuti adiacenti, così come pelle, grasso e ossa. Il tecnico dovrebbe, inoltre, conoscere come tali strutture saranno visualizzate mediante ultrasuoni e le eventuali variazioni che potrebbero occorrere tra diversi animali. Ogni tecnico deve necessariamente studiare in modo dettagliato un ampio numero di immagini relative al rib-eye e acquisire una notevole esperienza nell’interpretazione di tali immagini. Uno dei metodi migliori per studiare l’anatomia delle aree di interesse consiste nel vedere praticamente tali tagli dopo la macellazione e la lavorazione delle carcasse. Il muscolo longissimus dorsi è circondato da una serie di strutture anatomiche rilevanti, che verranno riportate in seguito nella descrizione dei principali punti di riferimento per le rilevazioni ecografiche. Studio, analisi e stesura di protocolli alimentari specifici per i differenti incroci di razze pregiate da carne, in funzione dello stadio di accrescimento Questa attività è risultata essenziale in fase preliminare di progetto per effettuare una valutazione dei differenti stadi di accrescimento e di deposizione delle componenti lipidiche in funzione di specifici protocolli alimentari in differenti razze o incroci di razze bovine, e si è essenzialmente articolata in due differenti attività: • in Argentina è stata effettuata l’analisi dettagliata dei differenti tipi di incroci F1 e lo studio delle relative performance produttive/ riproduttive, lo studio e l’analisi di protocolli alimentari specifici per i diversi incroci di elevata
120
qualità in funzione dello stadio di accrescimento, l’analisi relativa all’effetto dell’alimentazione sulla qualità del grasso e lo studio relativo all’accrescimento degli incroci F1; • in Italia l’attività si è incentrata prevalentemente su un’analisi bibliografica circa prodotti in grado di modificare la composizione degli acidi grassi saturi e insaturi, con particolare riferimento ad Omega-3 e Omega-6, della carne bovina e sulla valutazione della possibilità di adattare ed esportare le caratteristiche di specifici protocolli alimentari alle condizioni di allevamento intensive tipiche della pianura padana. Dall’analisi effettuata da parte di alimentaristi del gruppo di ricerca dell’Universidad Nacional de La Plata e dalle sperimentazioni effettuate in allevamenti semintensivi in Argentina, in cui viene comunemente praticata un’integrazione alimentare al pascolo, sono stati elaborati alcuni protocolli alimentari specifici, riassumibili in Tabella 2. L’allevamento intensivo degli animali utilizza foraggi conservati con contenuti di fibra e proteici diversi dal pascolo. In questo contesto produttivo la carne bovina può risultare ricca di acidi grassi saturi, all’eccessivo consumo dei quali sono associate alcune patologie, ad es. a carico dell’apparato cardiovascolare, tipiche dei Paesi sviluppati. Per questo motivo il mondo scientifico ha cercato di rispondere con sperimentazioni volte a modificare la composizione acidica della frazione lipidica della carne mediante l’aggiunta nelle diete dei ruminanti di fonti lipidiche vegetali ricche
in acidi grassi insaturi, sebbene le razze bovine da carne italiane già si caratterizzino per carni molto magre e con un rapporto tra acidi grassi saturi e insaturi prossimo a 1. Attraverso l’analisi bibliografica e contatti intrapresi con Deatech Srl, società che da anni collabora con la francese CCPA, società di servizi che lavora direttamente con la ricerca INRA, per rispondere alle esigenze dei nostri allevamenti italiani con nuovi sistemi di calcolo delle razioni e nell’organizzazione dei gruppi alimentari, applicando metodiche innovative che raggiungano il soddisfacimento dei fabbisogni alimentari bovini, è stato selezionato uno specifico prodotto a base di lino estruso, in quanto il trattamento tecnologico di estrusione consente di denaturare e di disattivare la maggior parte delle sostanze ad attività anti-nutrizionale (lipasi e fattori cianogeni) presenti nei semi di lino, mantenendo pressoché inalterata la componente lipidica e di conseguenza il valore nutrizionale. L’obiettivo è quello di arricchire la carne di acidi grassi polinsaturi, in particolare di Omega-3 e di acidi grassi coniugati quali il rumenico, riportando in qualche misura le caratteristiche del grasso degli animali allevati a quello di soggetti allevati al pascolo. Chiamati anche vitamina F, gli Omega-3 sono acidi grassi della famiglia dei lipidi, indispensabili per il corretto funzionamento dell’organismo umano. L’uomo non è in grado di produrli da solo, deve introdurli nell’organismo attraverso l’alimentazione. Solo i vegetali sono in grado di sintetizzare gli Omega-3, mentre gli animali, che si nutrono di questi vegetali, ne trattengono una parte, rendendoli maggiormente disponibili per l’uomo carnivoro. Di fatto, però, negli ultimi 40 anni abbiamo disequilibrato l’alimentazione animale, e di conseguenza quella dell’uomo, impoverendola di Omega-3. Oggi siamo arrivati ad assumere solo un terzo del nostro fabbisogno quotidiano di Omega-3 raccomandato dai nutrizionisti. Tale prodotto è stato somministrato, presso l’A-
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Jarvis, qualità certa, anzi certificata
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2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D
mentati con farina di mais bianco e 2 a cui veniva somministrata comune farina di mais; la differenza è apparsa rilevante. Sebbene tale prova non si possa considerare statisticamente significativa e scientificamente apprezzabile, può sicuramente fornire una prima indicazione per le prospettive future.
Schema delle porzioni anatomiche di interesse.
Struttura di convogliamento dei bovini in Argentina. zienda Agricola Sala Pierluigi, a due vitelloni incroci Holstein x Wagyu in fase di ingrasso per circa 5 mesi e in fase di “finissaggio” (ultimi 60 giorni di ingrasso) in quantità di circa 6 etti/capo/giorno, con una razione alimentare composta come in Tabella 3. Presso tale allevamento è stata anche seminata una varietà di mais bianco (PR 32 B10 – Pioneer) al fine di verificare l’influenza sul colore del grasso alla macellazione dell’animale. La dieta tipica dell’allevamento intensivo bovino lombardo, infatti, si basa sull’utilizzo del mais, sotto forma di sfarinato, “pastone” o
122
insilato, che, a causa del contenuto in carotenoidi, conferisce al grasso di copertura e intramuscolare un tipico colore giallastro. Questa caratteristica, se combinata con la peculiarità genetica di alcune razze, quali quelle britanniche (Aberdeen Angus, Hereford, ecc…) e la Wagyu, di possedere una quantità di grasso decisamente elevata, potrebbe non essere assolutamente gradita, dal punto di vista visivo, dal consumatore medio, abituato a carni quasi prive di grasso. In fase di macellazione è stato effettuato un confronto visivo tra il colore del grasso di 2 bovini ali-
Metodiche di utilizzo della strumentazione ecografica Tornando all’utilizzo della tecnologia a ultrasuoni, notevoli sforzi sono stati effettuati nell’ambito del progetto per il raggiungimento di un elevato livello di competenze tecniche, al fine di poter indirizzare tale tecnologia verso gli obiettivi ottimali in un tipo di produzione zootecnica e di mercato in generale completamente differenti rispetto a quelli in cui attualmente è ampiamente consolidata. Nel corso delle missioni intraprese nell’ambito del progetto in Argentina, si è consolidata la collaborazione con i medici veterinari JORGE FERRARIO e MIGUEL RODRIGUEZ della ditta Ecografias Bovinas, tecnici accreditati da Iowa University (Stati Uniti) per l’utilizzo di tale tecnologia per la determinazione della qualità della carne, che rappresentano i maggiori esperti in Argentina, effettuando più di 10.000 rilevazioni ecografiche all’anno su bovini attraverso l’utilizzo di ecografi FALCO 100 e attualmente Aquila Vet (Esaote PieMedical). Inoltre, il decennale rapporto di lavoro con l’Universidad de Ciencias Veterinarias de La Plata (Argentina) ha permesso di effettuare un’accurata analisi delle specifiche condizioni e peculiarità produttive, manageriali e di mercato in cui si inserisce in modo così funzionale tale strumento. Come sopra riportato, allo stato attuale la valutazione di bovini da carne in vita coinvolge la misurazione dello spessore del grasso di copertura a livello della groppa e dell’anca, la determinazione dell’area del longissimus dorsi (rib-eye) e del grasso intramuscolare (grasso di “marezzatura” o marbling) misurato a livello della 12a-13a costola.
Eurocarni, 4/18
Un’ulteriore determinazione attraverso la combinazione di più rilevazioni ecografiche può fornire, inoltre, un valido strumento di previsione della resa alla macellazione
di bovini da ingrasso. Di seguito, vengono brevemente descritte la strumentazione utilizzata, la metodica operativa di lavoro e le principali rilevazioni effettuate.
Esempio di sistema di intrappolamento ideale con apertura laterale.
Strumenti utilizzati per la pulizia e l’applicazione del vettore acustico.
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Fasi operative di lavoro Cattura dell’animale La prima fase operativa di lavoro consiste nella movimentazione degli animali verso la struttura adibita per la cattura e l’intrappolamento dell’animale. Questa fase rappresenta senza dubbio il momento maggiormente stressante per i bovini e, di conseguenza, influenza in modo significativo le successive operazioni. La procedura ottimale prevede la movimentazione di gruppi di animali di 6-10 capi, a seconda delle strutture disponibili in azienda; gli animali dovrebbero essere veicolati dai box di stabulazione o paddock esterni per mezzo di corridoi che non permettano loro di “girarsi”, ed è fondamentale che tale operazione avvenga con assoluta tranquillità, senza particolare fretta, in quanto bovini agitati tendono a scavalcarsi, con una possibile incidenza di ferimenti o infortuni, principalmente agli arti. Sono inoltre assolutamente da evitare nel percorso curve cieche o angoli che interferiscano in modo negativo sulla naturale movimentazione dei capi bovini. Strutture ottimamente congegnate prevedono, al termine dei corridoi di veicolazione e prima dell’accesso al crush di cattura, una struttura circolare o ovoidale in cui gli animali possano tranquillizzarsi prima dell’accesso al sistema di immobilizzazione. Un sistema di intrappolamento e cattura per bovini deve garantire all’animale il rispetto delle condizioni di benessere, quindi non consentire o limitare possibili fonti di traumi, e un assoluto rispetto della sicurezza dell’operatore, a seconda delle operazioni che si intendono eseguire. Per quanto riguarda il tecnico ecografista, le rilevazioni prevedono di approcciare l’animale sia dalla porzione superiore (livello della groppa) sia lateralmente; mentre per quanto riguarda il primo caso difficilmente si incontrano particolari problematiche, non sempre risulta agevole operare lateralmente. Il crush dovrebbe essere dotato di un’apertura laterale “a finestra” che permetta di operare in sicurezza
123
Posizionamento della sonda per la rilevazione e determinazione dell’area di rib-eye e dello spessore di grasso dorsale. senza il rischio di posizionare le braccia e la strumentazione in uso, in particolare la sonda, tra l’animale ed elementi delle strutture di cattura, come ad esempio barre tubulari. Inoltre, le rilevazioni possono essere effettuate su animali di peso e statura decisamente differenti; quindi il sistema di intrappolamento deve tenere accuratamente in considerazione tale fattore, evitando il più possibile all’animale la possibilità di movimenti laterali del tronco e all’indietro.
l’animale. Perciò, dal punto di vista operativo, si può considerare una buona pratica una leggera rasatura del pelo per mezzo di un idoneo coltello o di un raschiatore dentato al fine di eliminare la porzione più grossolana di materiale accumulato sul mantello e di pelo, prima di applicare il vettore acustico. Solo nel caso in cui si presenti un abbondante accumulo di polvere/ terra nel sottopelo è consigliabile insufflare aria o utilizzare una comune spazzola, mentre in caso di
Pulizia dell’area di interesse e applicazione del vettore acustico (gel o olio vegetale) Una volta immobilizzato l’animale, dal punto di vista operativo risulta necessaria un’accurata pulizia dell’area di interesse per le rilevazioni ecografiche; in funzione della lunghezza e delle caratteristiche del mantello e della tipologia del materiale di accumulo sul dorso e torace dell’animale (deiezioni, terra, polvere, ecc…), si è evidenziato che le soluzioni ottimali possono essere estremamente differenti. Non sempre, infatti, risulta indispensabile la rasatura del pelo, ma molto spesso è più importante pulire che tagliare; la rasatura per mezzo di specifico rasatore elettrico, infatti, rappresenta un’operazione ottimale come pulizia dell’area di interesse, ma d’altra parte, oltre a richiedere tempo, il rumore può infastidire
Figura 1 – Determinazione dello spessore di grasso dorsale sottocutaneo.
124
mantello particolarmente sudicio o con pelo particolarmente crespo risulta indispensabile una completa rimozione del pelo. Quali vettori acustici, fondamentali per una corretta risoluzione dell’immagine, si possono utilizzare gel specifici per ecografia o, in alternativa, oli vegetali (semi di girasole, mais, ecc…). In considerazione dell’abbondante quantità richiesta, e di conseguenza per ragioni di economicità, è assolutamente preferibile e accettabile l’utilizzo di oli vegetali.
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Un’accortezza necessaria, in condizioni climatiche con temperature al di sotto di 5 °C, consiste nel disporre le bottiglie di olio vegetale in contenitori con acqua calda, in quanto l’applicazione del liquido freddo sul mantello del bovino può provocare fastidi e un’istintiva reazione anche energica. Una volta completate le fasi preliminari in modo idoneo, si passa alla rilevazione ecografica dei punti di interesse e all’elaborazione delle immagini.
Figura 2 – Punti di riferimento per una corretta rilevazione ecografica dell’area di rib-eye.
Figura 3 – Esempio di rilevazione ecografica dell’area di rib-eye e del grasso di copertura.
Posizionamento della sonda per la rilevazione e determinazione del grasso intramuscolare.
126
Misurazione dell’area di rib-eye e del grasso di copertura Innanzitutto è necessario, per tale rilevazione, individuare la delimitazione dell’area tra la 12a e la 13a costola. Per agevolare questa fase, soprattutto in animali giovani e con conformazione ridotta, può essere utile individuare la porzione “vuota” dell’addome verso la parte posteriore e, risalendo verso la porzione anteriore, toccare con indice e pollice le estremità delle 2 costole di interesse; a questo punto risulta fondamentale individuare in modo preciso il “solco” tra le 2 costole ed, eventualmente, delinearlo separando il pelo che era stato preventivamente cosparso con abbondante vettore acustico. Va sottolineato che queste operazioni risulteranno agevoli man mano che l’operatore acquisirà una sufficiente manualità. Risulta fondamentale in fase di lavoro, nel rilevamento e registrazione delle immagini ecografiche, l’impiego congiunto di 2 operatori, in quanto uno deve operare sull’animale, e non può avere una adeguata pulizia delle mani, mentre l’altro tecnico deve operare sull’ecografo, effettuando e registrando le rilevazioni sull’immagine. Altro fattore fondamentale consiste, nel rilevare l’immagine ecografica, l’individuazione della corretta posizione e angolazione della sonda. Per la rilevazione dell’area di rib-eye e del grasso sottocutaneo di copertura dorsale, è necessario applicare alla sonda un apposito stand off di silicone, studiato e conformato in modo da aderire in modo specifico alla convessità della porzione intercostale di riferimento.
Eurocarni, 4/18
Figura 4 – Posizionamento della sonda ed esempio di immagine ecografica con punti di riferimento per la determinazione del grasso di copertura (punto P8). Per la rilevazione adeguata dell’immagine descritta, i punti di riferimento da tenere in considerazione sono numerosi e comportano una specifica conoscenza da parte del tecnico ecografista dell’anatomia dell’area di interresse, in particolare per quanto riguarda la determinazione dell’area del longissimus dorsi. Inoltre, in considerazione della posizione di rilevazione ecografica, che si colloca proprio sopra gli intercostali, è necessario porre particolare attenzione al movimento del diaframma prima di registrare l’immagine, in quanto potrebbe interferire in modo negativo sulla qualità dell’immagine. Per la determinazione del grasso di copertura dorsale è sufficiente che l’immagine presenti una sufficiente nitidezza nella porzione superiore, a livello di tre quarti dell’immagine ecografica, come evidenziato nella Figura 1. La registrazione di un’immagine corretta per la determinazione dell’area di rib-eye deve tenere invece in considerazione numerosi punti di riferimento, evidenziati nella Figura 2. Una volta registrata l’immagine, si può procedere, secondo le impostazioni del software, con la delineazione dell’area di interesse, seguendo accuratamente i punti di riferimento sopra citati; il software in dotazione con l’ecografo Aquila Vet esprimerà l’area del longissimus dorsi in centimetri quadrati. Le rilevazioni ecografiche descritte,
Eurocarni, 4/18
combinate con il peso dell’animale, permettono, attraverso una specifica funzione del software, di fornire un indice che esprime la previsione della resa alla macellazione del bovino. Tuttavia, allo stato attuale, tale potenzialità della strumentazione ecografica deve essere ulteriormente testata e implementata. Misurazione del grasso dell’anca (punto P8 australiano) Il punto di interesse per questa rilevazione rappresenta il primo sito corporeo dove si accumula il grasso di copertura e, per tale ragione, in linea generale presenta un valore superiore del 10% circa rispetto alla determinazione effettuata a livello dorsale tra la 12a e 13a costola. Per tale rilevazione occorre ubicare la sonda a metà distanza tra la tuberosità coxale ed ischiatica. Una volta individuata un’immagine corretta, questa viene registrata attraverso la funzione “Freeze”; i punti di riferimento che devono essere evidenti per poter elaborare l’immagine sono rappresentati dalle linee nella porzione superiore, che rappresentano la pelle dorsale dell’animale e lo strato di grasso di copertura, che devono essere il più possibile parallele, e la linea dello spinalis dorsi, come evidenziato nella Figura 4. Misurazione del grasso intramuscolare (marbling o “marezzatura”) Per quanto riguarda la deter-
minazione della percentuale di grasso intramuscolare, occorre posizionare la sonda parallelamente o lievemente inclinata verso la porzione anteriore a livello della groppa, tra la 12a e 13a costola. I punti di riferimento da prendere in considerazione per una corretta rilevazione ecografica sono, in questo caso, l’evidenza della 12a e 13a costola con le relative convessità apicali, che risultino inoltre il più possibile centrate nell’immagine e senza la visibilità della 1a vertebra lombare, le linee di pelle e strato di grasso di copertura dorsale il più possibile parallele e, infine, che lo spinalis dorsi non sia eccessivamente visibile (Figure 5A e 5B). I punti di riferimento delineati devono essere assolutamente rispettati per poter consentire, attraverso la funzione software specifica, di inserire il “box” in modo corretto per la determinazione della percentuale di grasso intramuscolare, come evidenziato nella Figura 6. Le differenze di utilizzo della tecnologia a ultrasuoni rispetto a Paesi in cui è consolidata si è dimostrata essere multifattoriale, come evidenziato dalla seguente disanima: • sistemi di cattura e intrappolamento degli animali: tale fattore si è mostrato essere, sebbene possa sembrare banale, decisamente determinante nell’introduzione della tecnologia in alcuni alle-
127
Figure 5A e 5B – Punti di riferimento per la rilevazione ecografica del grasso intramuscolare. vamenti. Nel nostro territorio l’allevamento dei bovini da carne si basa essenzialmente sul ristallo di animali da Paesi esteri (principalmente Francia), il che comporta un periodo di detenzione degli animali limitato presso le nostre aziende (mediamente 7-10 mesi) e una scarsa abitudine a movimentare e “trattare” animali che tendenzialmente entrano nelle nostre stalle già vaccinati ad un peso
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tra 250 kg e 350 kg e vengono movimentati solo quando devono essere inviati alle strutture di macellazione. Per queste ragioni la maggior parte degli allevamenti con la tipologia produttiva brevemente descritta sono dotati di sistemi di movimentazione e di cattura insufficienti o inadatti per effettuare in sicurezza e in modo funzionale le rilevazioni ecografiche. Per tale ragione e in considerazione del maggiore
interesse su bovini di razza continentale, le rilevazioni si sono concentrate maggiormente sulla determinazione del grasso sottocutaneo a livello del punto 8; • caratteristiche genetiche dei bovini allevati: le razze bovine nei Paesi in cui la tecnologia descritta è consolidata (ad es. Stati Uniti, Argentina, Australia) sono prevalentemente britanniche, con una netta prevalenza di Aberdeen Angus, Hereford e incroci con razze zebù o continentali (Bradford, Brangus, Limangus, ecc…). Tali razze presentano differenze decisamente sostanziali rispetto alla tipologia genetica preponderante in Lombardia, che è di derivazione francese con netta prevalenza di Limousine, Charolais e incroci. Le razze britanniche hanno, infatti, una copertura di grasso e una quantità di grasso intramuscolare nettamente superiore rispetto alla linea genetica francese e nella maggior parte dei casi presentano un peso alla macellazione nettamente inferiore. Ciò comporta in Lombardia alcuni problemi tecnici nella determinazione corretta dello spessore di grasso e della marezzatura, che è spesso quasi inesistente, e una minore esigenza, da parte dei nostri allevatori, di raggiungere in tempi ristretti un’adeguata “copertura” adiposa. Inoltre, i Paesi sopra citati, in cui tale tecnologia si è inserita in modo economicamente vantaggioso, risultano essere i maggiori produttori ed esportatori della razza Wagyu, inserita nel presente progetto come incrocio di “nicchia”. Come ampiamente descritto, tale razza ha come punto di forza proprio l’elevata percentuale di grasso intramuscolare, sulla base del quale viene di conseguenza anche determinato il prezzo di vendita. Di conseguenza, dai dati rilevati sui vitelloni incroci Wagyu prodotti e macellati nell’ambito del progetto, la tecnologia ecografica risulterà sicuramente indispensabile su questo tipo di prodotto per
Eurocarni, 4/18
Tabella 4 – Rilevazioni ecografiche effettuate nel corso del progetto Rilevazioni N.
Razza
Sesso
26
Charolais *
M
X
X
X
18
Charolais *
F
X
X
X
12
Limousine *
M
X
X
4
Limousine *
F
X
X
8
Limangus *
M
X
X
X
X
223
Angus
M
X
X
X
X
164
Angus
F
X
X
X
X
26
Incroci Angus *
M
X
X
X
X
21
Incroci Angus *
F
X
X
X
X
23
Murray Grey
M
X
X
X
X
125
Hereford
M
X
X
X
X
112
Hereford
F
X
X
X
X
2
Incroci Wagyu *
M
X
X
X
X
18
Wagyu
M
X
X
X
X
13
Wagyu
F
X
X
X
X
P8
IMF
Grasso dorsale
Area rib-eye
Resa macellazione
X
* Il lavoro all’interno del progetto si è articolato sia in Argentina sia in Italia, permettendo in tal modo di lavorare su un rilevante numero di razze bovine estremamente differenti tra loro e di differenziare le rilevazioni in base ad esigenze specifiche. garantire l’unicità delle caratteristiche di questo prodotto e giustificare anche una sostanziale differenza di prezzo di mercato; • esigenze specifiche del mercato: a differenza di mercati quali quello sudamericano e dei Paesi britannici, quello lombardo richiede carne bovina che si presenti essenzialmente con un colore non marcato e con una quantità di grasso praticamente assente, sebbene questo si ripercuota in modo negativo sul sapore. Di conseguenza, il mercato della media e grande distribuzione richiede un prodotto il più possibile omogeneo e con una copertura di grasso limitata, mentre il mercato della ristorazione di elevata qualità, in quanto non presenta l’esigenza di presentare la “bistecca” fresca, richiede sempre più carne con un giusto rapporto grasso/tenerezza. In questo senso è emerso in modo evidente, nel corso del
130
Figura 6 – Inserimento del “box” per la determinazione della percentuale di grasso intramuscolare.
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progetto, come la tecnologia di rilevazione ecografica possa rappresentare uno strumento fondamentale per differenziare queste due linee di prodotto e “aggiustare” in fase di allevamento le caratteristiche desiderate in base a quanto richiesto dal cliente finale di destinazione del prodotto; • tipologia di allevamento: sebbene anche in molti Paesi in cui l’allevamento bovino si è storicamente sempre basato sullo sfruttamento del pascolo si stiano lentamente indirizzando verso un allevamento di tipo semintensivo, è evidente un differente approccio verso la movimentazione del bestiame, che è considerato un lavoro di routine per il management aziendale e per le pratiche sanitarie. Come sopra accennato, nella gran parte degli allevamenti da carne del nostro territorio questa pratica, per una serie complessa di motivazioni, viene spesso vissuta come “traumatica” per gli operatori stessi e per gli animali. Se a ciò si aggiunge che gli animali allevati sono prevalentemente di razze tendenzialmente poco docili, come la Limousine, poco abituati ad essere maneggiati e con peso ed età superiore, appare evidente quali difficoltà si possano incontrare. Nel complesso, nel corso del progetto sono state effettuate le rilevazioni ecografiche riassunte nella Tabella 4. Presso l’Azienda Agricola della Brianza di Ripamonti G. a Novedrate (MI) è stato effettuato un lavoro di ricerca sul sistema di previsione della resa alla macellazione in bovini di razza Charolaise, mediante una combinazione di rilevazioni, con lo scopo di verificare ed eventualmente tarare gli indici elaborati dal software con le effettive rese verificate in macello. Tale lavoro di ricerca è allo stato attuale in corso d’opera. Attuali attività in corso Presso il Macello Motta di Inzago (Mi) è in fase di raccolta dati un lavoro conoscitivo relativo alla
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Esempio di intrappolamento del bovino inadeguato.
Rilevazioni ecografiche per la previsione della resa alla macellazione. potenziale correlazione tra grasso di copertura e infiltrazione intramuscolare in animali di razza Piemontese con età superiore a 36 mesi, al fine di verificare l’eventuale influenza sui tempi di “frollatura”. Conclusioni Dal lavoro svolto sull’utilizzo della tecnologia a ultrasuoni nel comparto del bovino da carne, si è evidenziato che può certamente rappresentare un utile strumento per la validazione della qualità della carne e per il management aziendale, oltre che essere uno strumento previsionale e organizzativo
di sistemi di filiera e nell’ottica di commercializzazioni strutturate. Tuttavia, si è altresì evidenziato come questa tecnologia, che in Italia rappresenta un fronte innovativo, vada “corretta” in funzione delle peculiari realtà produttive presenti nel nostro territorio, in particolare per il sistema di allevamento intensivo caratterizzato prevalentemente da ristalli esteri della pianura padana e in un’ottica di mercato che risponda alle esigenze specifiche del consumatore italiano. Riassumendo, le principali rilevazioni ecografiche che, allo stato attuale, si possono effettuare sono
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“Il mercato può essere comprato, ma mai mantenuto solamente riducendo i prezzi; però il mercato può essere vinto e sostenuto mediante la qualità e, di conseguenza, il valore e il prezzo permetteranno che tutti i settori continuino a vincere” Dott. Gary Smith Caratteristica “marezzatura” in un Longissimus dorsi di incrocio Wagyu. evidenziate nella Figura 7 e i concetti base per qualificare la carne in animali da ingrasso in vita sono rappresentati da: • stato di ingrassamento (grasso di copertura dorsale, grasso dell’anca P8); • resa alla macellazione (area di ribeye, grasso di copertura dorsale, peso); • qualità della carne (grasso intramuscolare). Per comprendere maggiormente l’importanza che l’utilizzo della strumentazione ecografica potrebbe rappresentare all’interno dell’intero settore, sono riportate di seguito le 10 principali problematiche che si riscontrano in macelli statunitensi, evidenziando tramite asterisco (*) gli aspetti pronosticabili e/o modificabili attraverso l’utilizzo dell’ecografia: • mancanza di uniformità e previsione di resa in carne degli animali (*); • residui di farmaci nel fegato; • pelle danneggiata; • danni per contusioni; • tagli scuri; • eccessivo grasso di copertura (*); • eccessivo peso vivo (*); • grasso di copertura inadeguato (*); • danni per marcatura a fuoco; • elevato prezzo rispetto alla qualità (*). Per concludere, si riporta di se-
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Figura 7 – Le principali rilevazioni ecografiche che si possono effettuare allo stato attuale. guito una frase emblematica di uno dei maggiori esperti internazionali di ecografia e di sistemi di qualità in zootecnia: “Il mercato può essere comprato, ma mai mantenuto solamente riducendo i prezzi; però il mercato può essere vinto e sostenuto mediante la qualità e, di conseguenza, il valore e il prezzo permetteranno che tutti i settori continuino a vincere” (dott. GARY SMITH, C.S. University). Dott. Ph. D. Stefano Nava M. Sc. Ernesto Beretta Nota Il presente lavoro è stato svolto in
collaborazione con: • Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione animale e la Sicurezza alimentare, Università degli Studi di Milano, prof. MASSIMO LAZZARI; • Facultad de Ciencias Veterinarias, Universidad Nacional de La Plata (Argentina), prof. ANDRÈS BALDO; • Ecografias Bovinas (Argentina), med. vet. JORGE D. FERRARIO, MIGUEL A. FERNANDEZ. * Il lavoro è stato finanziato da: Camera di Commercio di Milano.
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Biologia molecolare e qualità della carne di Alfonso Piscopo
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a ricerca sul miglioramento della “qualità” della carne è stata una sfida dell’industria di settore di questi ultimi anni, per rispondere in modo concreto ad una richiesta specifica del consumatore moderno. Quest’ultimo, superato lo spauracchio psicologico dei continui attacchi allarmistici e delle associazioni animaliste, è pronto a chiedere all’industria carne di origine controllata e di qualità superiore, intesa come pre-requisito salutistico. Questa esigenza del consumatore, per lo più legittima, trova
risposta nella ricerca scientifica in continua evoluzione, che ha sviluppato e sviluppa sistemi innovativi all’avanguardia per aumentare la qualità di questo alimento sia dal punto di vista organolettico che nutrizionale. Gli studi genetici rafforzano l’industria della carne Diversi fattori influiscono sulla qualità della carne: • tipo genetico; • specie, sesso e razza; • sistema di allevamento e di ali-
mentazione; • età e peso alla macellazione; • tecnica di macellazione e di preparazione della carcassa; • conservazione e commercializzazione del taglio commerciale; • preparazione domestica. Di questi fattori si è sempre parlato e sono reputati tutti importanti per raggiungere livelli di qualità considerevoli del prodotto; tuttavia, è sul tipo genetico che maggiormente si concentrano gli studi. La selezione della razza per produrre carni qualitativamente su-
La qualità della carne dipende, come per altri alimenti, da diversi fattori. Il tipo di allevamento, ad esempio, intensivo o estensivo, la fase di pre-macellazione, il trasporto e lo scarico degli animali al mattatoio influenzano in modo decisivo le caratteristiche del prodotto finale (photo © Angel Morales Photography 2011).
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periori richiede un’indagine molto complessa, con un elevato numero di animali da campionare e mettere sotto osservazione e costi esorbitanti (a livello dei prezzi delle materie prime e dei costi relativi agli animali in stalla poco remunerativi) che gli allevatori non possono sostenere. In questo senso bisognerebbe ripensare il sistema allevatoriale dotandolo di assistenza tecnica e scientifica, attraverso l’impiego di tecnologie innovative ed economicamente sostenibili che diano come risultato maggiore produttività. Programma GEMQUAL Un approccio a questo problema ha preso corpo con uno studio basato sull’investigazione e intercettazione dei geni preposti al controllo e al miglioramento della qualità della carne bovina (Progetto GEMQUAL; cordis.europa.eu/result/rcn/84409_it.html). Le ricerche hanno permesso di individuare come l’insieme dei dati accumulatisi sul genoma (complesso di geni di un individuo) evidenziavano in alcuni geni un legame significativo con i parametri caratteristici della qualità della carne. In questo esperimento sotto la lente d’ingrandimento sono finite 16 razze europee, comprese anche razze non da carne (ricerca aperta), identificando nelle regioni del genoma il locus genico o i loci (locus/loci, designa la posizione di uno o più geni) responsabili del carattere che determinano la qualità della carne, come ad esempio la struttura, l’aroma e le qualità nutrizionali. Sono stati intercettati 286 geni collegati alla struttura muscolare o il metabolismo e 206 di essi presentavano differenze genetiche tra le differenti razze e in più casi si è riusciti a collegare queste differenze genetiche a differenze anche nella qualità della carne. L’indagine investigativa prova che nelle regioni del genoma vi sono dei fattori genetici/o loci genetici controllabili che determinano la qualità della carne bovina. Questo studio ha una valenza rilevante in zootecnia poiché permette di indagare e, al contempo,
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intercettare i geni della qualità della carne. Tutto ciò faciliterà il processo di selezione degli animali da riproduzione che forniranno progenie con carni di alta qualità (palatabilità, aroma, colore, ecc…). QualiPiem Uno studio parallelo conclusosi nel 2017 ha riguardato più da vicino la razza Piemontese (Progetto di ricerca sulla qualità della carne “QualiPiem”, informatorezootecnico.edagricole.it/tag/qualipiem). In questa razza da carne l’impiego di apparecchi innovativi ha consentito di acquisire molti più dati fenotipici, su cui basare la selezione genetica. L’impiego di tecniche spettroscopiche ha dimostrato la possibilità di acquisire alcune potenzialità prospettiche tecniche ad ampio raggio sulle variabili della qualità legate principalmente al colore della carne e ad una considerevole frazione degli acidi grassi, elementi caratteristici distintivi qualitativi della carne che denotano l’appartenenza a questa specifica razza. Gli spettrometri in versione portatile poco costosi e pratici consentono di acquisire dati al macello direttamente sulla carcassa, evitando le dispendiose lungaggini condotte sull’animale vivo in allevamento. Con questa tecnica è possibile predire numerose variabili qualitative chimico-fisiche della carne in tempi brevi. Ulteriori studi scientifici condotti su animali appartenenti a questa razza riguardano la genotipizzazione (applicazione delle scienze genomiche ai bovini per il miglioramento genetico della selezione della razza) e l’acquisizione dei relativi fenotipi al fine di stimare gli effetti dei singoli marcatori sulle diverse caratteristiche della carne. Il gene della doppia groppa Scovare i geni della qualità della carne oramai per la scienza non è più un tabù; un esempio per tutti è il gene dell’ipertrofia muscolare. A livello fenotipico le razze da carne come la Piemontese, la Blu belga o la Marchigiana si contraddistinguono per l’ipertrofia muscolare genera-
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La peculiarità della razza bovina Piemontese è la presenza del carattere dell’ipertrofia muscolare o groppa doppia. Tale manifestazione è comparsa nel corso del secolo scorso e si è progressivamente diffusa sino ad interessare oggi la quasi totalità degli animali iscritti al Libro Genealogico. Da un punto di vista genetico l’ipertrofia muscolare storicamente è sempre stata ritenuta derivare da una mutazione. Le tecniche della genetica molecolare hanno reso possibile verificare oggi che la mutazione interessa il gene della miostatina situato sul cromosoma 2 e che la mutazione riscontrata nei soggetti Piemontesi è di tipo diverso da quella riscontrata in altre razze. lizzata (20%), di cui ben rimarcata è la doppia coscia, che conferisce all’animale le belle forme sinuose, mentre gli altri organi si presentano ridotti. Il tessuto muscolare ha un contenuto adiposo ridotto del 40%
rispetto alla norma. Il responsabile del carattere della doppia coscia è stato identificato nel gene della miostatina (GDF8), un enzima che esercita una funzione di regolazione negativa sullo sviluppo delle masse
muscolari e che nel bovino è localizzato sul cromosoma 2. Dott. Alfonso Piscopo Dirigente Veterinario ASP Agrigento Veterinario Servizio Sanitario Nazionale
SIVEMP: ancora intimidazioni ai veterinari di sanità pubblica Ennesima aggressione lo scorso febbraio ai danni di due veterinari del servizio sanitario pubblico impiegati di una ASL campana mentre svolgevano attività di profilassi di Stato sul bestiame allevato per il risanamento delle malattie trasmissibili agli animali e agli uomini. L’episodio è solo l’ultimo di una lunga serie che ha spinto il SIVEMP-Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica, ormai quasi 10 anni fa, a chiedere l’attivazione di un “Osservatorio sulle intimidazioni dei veterinari pubblici”. “I suggerimenti che il sindacato ha messo a disposizione degli organi competenti sono caduti nell’indifferenza e dimenticati”, si legge nel comunicato del SIVEMP. “Ad ogni episodio si sprecano i messaggi di solidarietà delle istituzioni che ormai cominciano a sembrare preconfezionati in attesa del prossimo caso, e coprono malamente l’assenza di una vera iniziativa. È ora che gli organi di governo intervengano prima che si maturi la convinzione che intimidire o aggredire un veterinario può rimanere impunito è può essere autorizzato nell’ignavia istituzionale. Il sindacato è pronto ad ogni azione legale a tutela e risarcimento di tutti i colleghi che siano stati o saranno esposti a rischi prevedibili e segnalati, sia nei confronti dei loro aggressori, sia nei confronti dei loro incuranti datori di lavoro”. (Fonte: SIVEMP - Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica – www.sivemp.it)
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Sfruttare nuovi canali di vendita per raggiungere una clientela più vasta
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er assecondare le nuove abitudini di acquisto dei consumatori finali oppure per posizionarsi in modo strategico come fornitori di aziende alimentari, è oggi naturale per molte aziende essere attive su differenti canali di vendita. In altre parole, per vendere i propri prodotti e servizi, l’azienda deve essere capace di interagire con i suoi clienti attraverso più canali di vendita tra loro integrati. Il CSBSystem è il gestionale perfetto per tutte le aziende che vogliono essere
al passo con i tempi, perché offre per ogni canale di vendita la giusta soluzione. E questo sia per le piccole sia per le grandi aziende perché il CSB-System è un ERP completo e modulare in grado di proporre una soluzione tagliata “su misura” per ogni esigenza e rappresenta la colonna tecnico-informatica portante dell’azienda. Il gestionale ERP sviluppato dal gruppo CSB-System gestisce senza ridondanze non solo le anagrafiche e i dati relativi ai movimenti delle merci ma anche
i dati su produzione, macchine e processi, consentendo in questo modo un utilizzo coerente dei dati lungo l’intera filiera. Web-shop Il Web-shop è un semplice modulo da collegare tramite interfaccia al gestionale CSB-System che garantisce l’ottima organizzazione degli stock, grazie ad una gestione integrata del magazzino. Grazie al CSBSystem il Web-shop è gestito in maniera ottimale, con sincronizzazione
Grazie al CSB-System il Web-shop è gestito in maniera ottimale, con sincronizzazione continua delle anagrafiche, listini prezzi e condizioni di vendita.
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On-line sempre e ovunque. Rispecchiando totalmente la gestione fissa delle informazioni aziendali, la soluzione mobile garantisce una base di dati omogenea ed evita doppie elaborazioni e doppie gestioni così come errori dovuti all’elaborazione a posteriori. continua delle anagrafiche, listini prezzi e condizioni di vendita. Gli ordini che arrivano tramite questo canale sono subito inseriti automaticamente anche nei moduli Dispo del CSB-System, in modo da verificare immediatamente la disponibilità della merce e il non superamento dell’eventuale limite di credito concesso al cliente. Il sistema ERP supporta l’azienda con controlli integrati della disponibilità anche in considerazione dei tempi di consegna da rispettare nell’ambito della strategia Click&Collect offerta oggi da tutti i Web-shop. Il dialogo costante tra i moduli degli Acquisti e delle Vendite assicura la totale accuratezza dell’evasione ordini. Vendita telefonica L’inserimento ordini da clienti può avvenire per vendita telefonica attiva. Nel primo caso il sistema, basandosi sullo storico degli ordini già effettuati dal cliente, propone all’operatore una lista di clienti da contattare suggerendogli anche gli articoli da proporre con relativi prezzi, soluzioni alternative, disponibilità, buoni sconto, linee di credito assegnate. L’operatore è in grado anche di visualizzare, se richiesto, ingredienti, allergeni e valori nutrizionali di un semilavorato o di un prodotto finito.
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E-mail o EDI Nel secondo caso, l’ordine arriva per via elettronica, ovvero per e-mail o EDI. Nello standard del CSB-System sono disponibili tutti i formati ed i tipi di messaggi, per comunicare con clienti, fornitori e GDO. Soluzione rappresentanti Questa funzionalità consente a rappresentanti o autisti venditori, di rilevare ed elaborare gli ordini di vendita sempre e ovunque, già sul luogo in cui si generano tramite terminalini mobili on-line e off-line e comunicarli direttamente al sistema ERP centrale, con conseguente risparmio su tempi e costi. Rispecchiando totalmente la gestione fissa delle informazioni aziendali, la soluzione mobile garantisce una base di dati omogenea ed evita doppie elaborazioni e doppie gestioni così come errori dovuti all’elaborazione a posteriori. Grazie alla soluzione flessibile M-ERP® di CSB-System i processi diventano più semplici ed intuitivi, favorendo decisioni più veloci ed attendibili. Il modulo delle Vendite fornisce ovviamente anche altre funzionalità, quali la gestione dei contratti con la GDO, la gestione degli agenti/rappresentanti con statistiche sulla scontistica per rappresentanti e buoni/premi di fine anno.
Ogni azienda deve gestire i propri canali di vendita in base alle esigenze dei propri clienti e potenziali clienti, al fine di garantire loro un’esperienza d’acquisto il più possibile soddisfacente. Per questo vale la pena affidarsi agli esperti CSB-System, specialisti del settore alimentare, i quali, grazie alla loro esperienza possono suggerire la soluzione più giusta caso per caso
Il B2B Shop & Replenishment System La pianificazione integrata e flessibile del modulo Produzione del CSBSystem tiene conto di tutte le aree dove sono gestite materie prime. Pianificare l’acquisto di prodotti, semilavorati e componenti è molto utile per ottimizzare l’impegno di capitale aziendale. Il sistema, grazie all’osservazione delle giacenze di sicurezza, delle giacenze teoriche e del piano di produzione, propone il riordino automatico di prodotti e materie prime. Si riducono così i costi di magazzino e si evitano le perdite di valore della merce e si hanno sempre le giuste quantità a magazzino. Soluzione cassa per il collegamento diretto di stabilimento e store/punti vendita La soluzione POS del CSB-System, attraverso l’integrazione delle casse con il server CSB-System, consente l’ottimizzazione della comunicazione tra stabilimento di produzione/ magazzino e store. Alcuni dei numerosi vantaggi derivanti da questa soluzione: • condizioni di vendita dei negozi (listini, sconti, promo) caricati direttamente nel CSB-System e utilizzabili in qualsiasi punto vendita;
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L’inserimento ordini da clienti può avvenire per vendita telefonica attiva. Il sistema, basandosi sullo storico degli ordini già effettuati dal cliente, propone all’operatore una lista di clienti da contattare suggerendogli anche gli articoli da proporre con relativi prezzi, soluzioni alternative, disponibilità, buoni sconto, linee di credito assegnate. L’operatore è persino in grado anche di visualizzare, se richiesto, ingredienti, allergeni e valori nutrizionali di un semilavorato o di un prodotto finito. • integrazione dei magazzini sia presso la sede sia presso i negozi per verifica delle giacenze e analisi delle disponibilità per migliorare il servizio al cliente ed evitare rotture di stock; • massima flessibilità nella configurazione dell’interfaccia grafica utente POS; • integrazione tra software gestionale e POS dei dati da stampare sulle etichette. Registrazioni, storni, correzioni, splitting e riporti vengono gestiti centralmente con la soluzione cassa, che contribuisce, quindi, a migliorare anche i processi di produzione e magazzino. I vantaggi della vendita multicanale Certo l’obiettivo di un’azienda non è quello di essere presente ovunque e comunque. Ogni azienda deve
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gestire i propri canali di vendita in base alle esigenze dei propri clienti e potenziali clienti, al fine di garantire loro un’esperienza d’acquisto il più possibile soddisfacente. Per questo vale la pena affidarsi agli esperti CSB-System, specialisti del settore alimentare, che grazie alla loro esperienza possono suggerire la soluzione giusta per ogni azienda. Senza tralasciare la possibilità di ampliare l’utilizzo del software man mano che le necessità aziendali aumentano. Qui di seguito un breve riepilogo dei vantaggi di una vendita multicanale, ancor meglio se gestita con un unico sistema: • l’integrazione di tutti i canali di vendita in un unico sistema incrementa la redditività; • il collegamento di B2C-Shop consente la vendita diretta; • le soluzioni B2B-Shop e Replen-
ishment rafforzano la fidelizzazione del cliente; • il collegamento di filiali e mercati C&C amplia la rete di distribuzione.
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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La piccola grande Holac Cubixx
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pesso sulle riviste di settore, così come sui giornaletti trimestrali delle Case produttrici di macchinari, ma anche alle più importanti fiere, si tende a parlare e presentare solamente le attrezzature top di gamma, elencandone robustezza, versatilità e capacità produttiva ai massimi livelli, tralasciando ingiustamente di accennare alle più economiche macchine di accesso alla gamma. Se ci si focalizza solo sui primati numerici: sicuramente le grosse macchine, capaci di produrre svariate tonnellate/ora, impressionano maggiormente l’interlocutore, ma, come Golia vinse Davide, anche le piccole macchine possono stupire. HOLAC, al contrario di altre Case, costruisce tutte le proprie attrezzature con la stessa filosofia, dalla più piccola alla più performante. Questa idea si traduce con il nome di Cubixx: la cubettatrice più potente, più pesante, più robusta di ogni concorrente similare sul mercato. Il vantaggio principale è che con una Holac Cubixx si può produrre qualsiasi misura di taglio esattamente con gli stessi risultati delle grosse Holac industriali. Tante grandi aziende nostre clienti hanno in stabilimento anche una Holac Cubixx, utile per fare prove su nuovi prodotti senza disturbare le linee industriali. Tanto non c’è differenza nel risultato finale: se riesce bene sulla Cubixx, riesce bene anche in linea! La grande qualità si vede sin dal telaio di base: una robusta scocca costruita interamente in acciaio inox ad alto spessore tagliato al laser, estremamente pulita nella linea e studiata per non lasciare interstizi dove potrebbe annidarsi del prodotto. Ogni componente, dallo spintore al coltello rotante, è costruito con gli stessi materiali e la stessa filosofia delle versioni industriali: alle fiere, quando mostriamo queste piccole meravigliose Cubixx, ci piace fare soppesare gli stampi di
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taglio all’interlocutore invitandolo a fare altrettanto con la concorrenza. Non c’è paragone! Nell’acquisto, sia pure di una piccola macchina, l’obiettivo più importante da tenere presente è che la macchina deve farci guadagnare con le sue prestazioni, non farci risparmiare al momento di comperarla: la dimostrazione di quanto affermiamo è il numero di tali macchine vendute in questi anni, ormai oltre le milletrecento! Il motore elettrico che muove il coltello rotante, gli stampi di taglio e la pompa idraulica hanno di base una potenza di 2,6 kW, mentre l’impianto idraulico riproduce in piccolo la stessa configurazione delle Holac industriali. Tutte le parti che compongono la Cubixx sono smontabili a mano senza alcun attrezzo: in cinque minuti la macchina è completamente aperta e pronta al lavaggio che, manco a dirlo, può avvenire con lancia ad alta pressione. Di serie Cubixx è fornita di ruote bloccabili, per essere facilmente spostata da un reparto all’altro, oppure per essere riposta dove non intralci quando non serve il suo lavoro I comandi sono touch screen (con caricato lo stesso programma delle macchine industriali, ma cominciamo a ripeterci troppo…) e permettono la
stessa incredibile versatilità di taglio. Cubixx può infatti utilizzare coltelli rotanti a 1, 2, 3 o 4 ali taglienti, dischi a 4 lame per affettare, dischi rapè di varia misura, e gli stampi di taglio possono essere forniti con lamette da 0,5 a 2,5 mm di spessore, con profilo liscio, a seghetto stretto o a denti larghi, per ogni possibile applicazione. Inoltre, può montare l’attrezzatura adatta al taglio di ogni formaggio (stampi elettroerosi ricavati dal pieno), per qualsiasi formato. Che la vostra esigenza sia tagliare prosciutto cotto, pancetta, speck, carne salada o lardo a stick, cubetti e francobolli, affettare a rondelle salame cacciatore, salsiccia piccante o würstel, tagliare a listarelle o petali ogni tipo di formaggio, ridurre a rapè la mozzarella per pizze, cubettare salmone o tonno per tartare di pesce, affettare il polipo per insalate di mare, sgrossare a grossi cubi la carne per la preparazione di salami o salsicce, cubettare lardelli per mortadella e salame, o semplicemente produrre un magnifico spezzatino di manzo, Holac Cubixx è la macchina giusta per voi che avete tanta fantasia e diverse esigenze produttive, ma con un budget limitato dalle modeste quantità settimanali di produzione. La piccola Holac che lavora come le grandi Holac: incredibile ma vero!
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La soluzione di Sealed Air al problema degli scarti alimentari Per i food retailer europei gli scarti alimentari sono un enorme problema. Sealed Air presenta un confezionamento innovativo per ridurre gli sprechi, aumentare l’efficienza di produttori alimentari, retailer e consumatori
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ealed Air ha presentato la nuova gamma di materiali superiori (top) Cryovac® Darfresh® per vassoi Mono PP. Un’innovativa confezione sottovuoto skin per carni rosse, pollame, pesce, salumeria, formaggi e piatti pronti che può aiutare a ridurre lo spreco alimentare, garantendo efficienza in termini di costi. Il nuovo prodotto
è in grado di estendere la durata di conservazione, migliorando anche la differenziazione del marchio. Questa nuova soluzione punta a risolvere le problematiche più significative che si trovano ad affrontare retailer e produttori in tutta Europa. Per esempio, le aziende di distribuzione stimano che il livello di differenza inventariale sia pari
al 26% e che il maggiore fattore determinante di questa tendenza sia la scadenza dei prodotti (30%)1. Inoltre, per emergere in un mercato sempre più competitivo, i retailer del settore alimentare chiedono alle aziende di trasformazione di fornire prodotti più accattivanti e pratici per i consumatori. Affrontando le richieste dei retailer, i produttori de-
L’innovativa confezione sottovuoto skin Cryovac® Darfresh® per vassoi Mono PP.
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«Grazie ai miglioramenti nei settori della trasformazione e del confezionamento, i consumatori possono anche riconoscere vantaggi reali sotto forma di risparmio economico e praticità. L’innovazione Cryovac Darfresh rappresenta un vantaggio per tutti» ha dichiarato Didier Marteau, EMEA Marketing Director Fresh Red Meat di Sealed Air. vono anche dare priorità all’aumento dell’efficienza operativa e alla redditività, assicurando allo stesso tempo la responsabilità ambientale. L’innovativa confezione Cryovac di Sealed Air mira ad alleviare queste crescenti pressioni sia per i produttori alimentari che per i retailer. Il nuovo materiale superiore per vassoi Mono PP estende la durata di conservazione fino al 30% rispetto alle confezioni in atmosfera modificata. L’innovativa saldatura intorno al prodotto permette l’esposizione verticale per aumentare la competitività nel punto vendita. La confezione aderente e brillante e la facilità di apertura rendono il prodotto molto gradito ai consumatori. I nuovi materiali superiori sono ideati per essere applicati a una vasta gamma di vassoi Mono PP. I vassoi Mono PP possono essere più sottili (di 100 micron rispetto ai vassoi PP/PE), ma lo stesso vale anche per i nuovi materiali. Questo garantisce ai produttori una maggiore efficienza in termini di costi lungo tutta la catena del valore. Vengono anche ridotti i costi per i materiali grazie ai rifiuti ridotti a zero quando utilizzati con il sistema Cryovac Dar-
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Sealed Air Corporation è una società knowledge-based focalizzata sulle soluzioni di packaging che possono aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità di fronte alle più grandi sfide sociali e ambientali di oggi. Il nostro portfolio comprende marchi noti tra cui Cryovac® (soluzioni di confezionamento alimentare) e Bubble Wrap® (imballaggio di protezione a bolle). Le nostre soluzioni consentono una catena di fornitura alimentare più sicura e con meno sprechi e la protezione di merci pregiate spedite in tutto il mondo. Sealed Air ha generato un fatturato di 4,5 miliardi di dollari nel 2017 e ha circa 15.000 dipendenti che servono clienti in 122 paesi. >> Link: www.sealedair.com
fresh on Tray, rispetto al 30-40% di scarti generato dalle macchine per il confezionamento skin tradizionali. «In un ambiente caratterizzato da sempre maggiori richieste da parte di imprese e consumatori, le aziende di trasformazione e i retailer possono trarre vantaggio da una maggiore sostenibilità ed efficienza operativa fornita dai nuovi top Cryovac Darfresh per vassoi Mono PP», afferma DIDIER MARTEAU, EMEA marketing director Fresh Red Meat di Sealed Air. «Grazie
ai miglioramenti nei settori della trasformazione e del confezionamento, i consumatori possono anche riconoscere vantaggi reali sotto forma di risparmio economico e praticità. L’innovazione Cryovac Darfresh rappresenta un vantaggio per tutti». Note 1. Sealed Air/Planet Retail European Food Waste and Retail Shrink Study 2017 eseguito in Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito.
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ITP Spa, in collaborazione con HP Indigo, presenta i nuovi film per laminazione Pack Ready con reticolazione istantanea per packaging flessibili accoppiati ITP Spa, azienda specializzata nella produzione di packaging, ha annunciato lo sviluppo e la messa a punto di una gamma di film per le soluzioni di laminazione Pack Ready in collaborazione con HP Indigo, leader nella stampa digitale. Esperta nella produzione di film poliolefinici per imballaggi alimentari e industriali, ITP ha lavorato su nuovi film co-estrusi per la termolaminazione ad alte prestazioni in termini di adesione a film biorientati stampati da macchine digitali HP Indigo. Senza la necessità di colle o adesivi, possono essere realizzati buste e sacchetti immediatamente dopo il processo di laminazione. Senza tempi di reticolazione e con minimi sprechi, i converter possono beneficiare di una soluzione “pronta all’uso”, una soluzione sicura per l’imballaggio alimentare con maggiore affidabilità per il confezionatore, anche per applicazioni esigenti. «La collaborazione con il team di HP Indigo è stata una grande opportunità per ITP, che le ha consentito di contribuire attivamente a una grande innovazione nella tecnologia per l’imballaggio flessibile», afferma MASSIMO CENTONZE, CEO di ITP. «È un onore per noi essere stati in grado di supportare HP Indigo relativamente ai film plastici, nel loro sforzo di innovare il mercato del confezionamento flessibile con la soluzione HP Indigo Pack Ready per laminazione». I film sono commercialmente disponibili per i converter del settore globale degli imballaggi flessibili. Il team tecnico e commerciale di ITP presenterà i film poliolefinici Pack Ready alla prossima fiera Ipack-Ima (Milano, 29 maggio-1 giugno 2018). L’azienda Industria Termoplastica Pavese Spa, con sede vicino a Pavia, è un’azienda leader nella produzione di film poliolefinici all’avanguardia, concepiti per soddisfare le esigenze specifiche di un mercato in continua evoluzione. ITP® dedica le sue più importanti risorse alla ricerca applicata al prodotto che ha portato alla registrazione di 9 brevetti negli ultimi 7 anni. ITP® è supportata da numerose collaborazioni con Università, centri di ricerca — come il CNR — e con i clienti stessi che permettono all’azienda di comprendere le esigenze di un mercato in continua evoluzione. Oggi, su 58.000 m2 di superficie occupata, 800 m2 sono adibiti a un laboratorio dotato dei più sofisticati strumenti di controllo e misurazione, in cui opera personale altamente specializzato. ITP® è un marchio registrato in Italia, Europa, USA e Russia. >> Link: www.itp.it
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SICUREZZA ALIMENTARE
Carne cruda senza pericoli di Giovanni Ballarini
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er crudismo si intende un insieme di pratiche alimentari diverse tra loro ma caratterizzate dal comune rifiuto di ogni trattamento degli alimenti. Ogni dieta crudista prevede, esclusivamente o prevalentemente, il consumo di alimenti crudi e di stagione, non lavorati e non trattati, spesso provenienti da agricolture e allevamenti biologici o a km 0. All’origine del principio crudista vi sarebbero motivazioni salutistico-igieniste (alimenti più nutrienti), ambientali-ecologiste (rifiuto dell’industria alimentare) e mistico-religiose (ritorno dell’uomo
alla natura). Oggi il crudismo è di moda persino per cani e gatti e ne è testimone il successo della BARF (Biologically Appropriate Raw Food), che si basa sull’alimentazione di questi animali con carni crude. Crudismo antica moda di oggi Il mondo delle diete è spesso attraversato dalla “moda del momento”, il più delle volte con scarso se non inesistente supporto scientifico, che non di rado recupera un più o meno lontano e immaginario passato. Il crudismo, ad esempio, ci riporta indietro a diecimila o ventimila anni fa. Alla base della
teoria crudista c’è il principio per cui la cottura danneggia le sostanze nutritive contenute negli alimenti; per questo è bene assumerli crudi, così come facevano i nostri più lontani antenati. Ma se è vero, per esempio, che alcune vitamine si degradano con il calore, è pur vero che è sbagliato generalizzare; nutrienti come carboidrati e proteine, infatti, non sono danneggiati dalla cottura; al contrario, possono essere digeriti più facilmente se cotti a temperature opportune. In certi casi poi la cottura addirittura aumenta la quantità di sostanze utili assorbibili dal nostro corpo e annulla i rischi
La contaminazione crociata è il trasferimento di batteri patogeni da un alimento ad un altro attraverso una matrice diversa da quella alimentare: utensili, attrezzature, le mani… Si tratta di un concetto molto importante per la sicurezza alimentare, che può essere controllata rispettando buone pratiche di manipolazione degli alimenti (photo © easyasaofficial – stock.adobe.com).
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sanitari che si corrono assumendo carni e pesci crudi. Crudismo e bio-disponibilità dei nutrimenti Una persona che mangia una carota cruda è l’immagine spesso usata come simbolo di un’alimentazione sana e salutare. Eppure, molti non sanno che è dimostrato come questo sia il modo peggiore di ingerire il beta-carotene e altre vitamine contenute in generale nelle cellule dei vegetali, con una parete cellulare costituita da cellulosa, emicellulosa e pectina d’impossibile o difficile digeribilità. Per permettere all’apparato digerente umano di assorbire i vari nutrienti e farli diventare bioaccessibili e biodisponibili, è necessario smontare meccanicamente, chimicamente o mediante il calore, le cellule vegetali. Quindi il contenuto di ferro, vitamina C, beta-carotene o qualsiasi altro nutrimento riportato nella tabella nutrizionale di un alimento non indica il quantitativo effettivamente assorbito dal nostro corpo mangiando quell’alimento. D’altra parte, i trattamenti meccanici, termici e fermentativi possono modificare e danneggiare i principi nutritivi contenuti negli alimenti, ma questo avviene se sono inadatti o eccessivi; da qui la necessità di usare trattamenti di cottura delicati, sia per gli alimenti vegetali che per quelli di origine animale. Rischi della carne cruda Quasi ogni azione comporta dei rischi ed è così anche per il consumo di carne cruda o parzialmente cotta. Come avviene in altri casi, però, se un rischio lo si conosce, lo si può controllare. Il rischio relativo al consumo di carne cruda è legato alla presenza di agenti patogeni come parassiti, batteri e virus che sono inattivati dalla cottura. È maggiore per i bambini e le donne in gravidanza, mentre gli adulti sono esposti a maggiore rischio se immunodepressi. Infezioni batteriche (Salmonella, Listeria, Campylobacter ed Escherichia coli) da carne cruda sono rare nelle carni di animali correttamente allevati e
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Chi macella e chi prepara la carne deve seguire con attenzione le procedure HACCP e lavorare su superfici sanificate. Il rispetto delle fondamentali norme igienico-sanitarie, delle corrette procedure e della catena del freddo, è essenziale per poter consumare carne cruda in sicurezza
macellati e i casi che si verificano derivano soprattutto da contaminazione crociata durante pratiche di macellazione non corrette. Infezioni virali si hanno per carni di animali ammalati e quindi di macellazioni clandestine. Infezioni da parassiti presenti nella carne (toxoplasma, cisticercosi da Taenia e trichina) sono tipiche delle carni di animali allevati in libertà e con sistemi cosiddetti biologici, non degli allevamenti confinati. Del passato recente è il rischio d’infezione da prioni della mucca pazza, peraltro non significativamente presenti nel muscolo. Oggi esiste un accurato controllo degli alimenti di origine animale che ha fortemente diminuito i pericoli e un carpaccio o una tagliata o una bistecca di carne bovina al sangue hanno un rischio minimo, che si avvicina allo zero. In pratica, per la carne bovina controllata e ben macellata non vi sono rischi nei tagli interi; al massimo possono verificarsi contaminazioni per le carni macinate in condizioni improprie e mal conservate. Importante è la qualità della materia prima, dall’allevamento alla macellazione, che resta la migliore garanzia per non consumare prodotti cattivi nel gusto e pericolosi per la salute. Il rischio di infezioni batteriche riguarda invece soprattutto le carni avicole (pollo e tacchino), che per questo devono essere sempre consumate ben cotte. I salumi non sono carne cruda Opinione comune, ma falsa, è che i salumi siano carne cruda (si pensi al “prosciutto crudo”…). Si dimentica però che la gran parte dei salumi, ad eccezione della salsiccia fresca, subisce l’azione del sale e delle spezie, a volte di nitriti o nitrati, e viene sottoposto a un periodo più
o meno lungo di fermentazione che inattiva batteri e virus. Inoltre, gli stessi salumi sono spesso anche affumicati o cotti o sono prodotti con carne congelata, trattamento che inattiva i parassiti. Precauzioni in cucina Per la sua composizione, a temperature superiori a 5-6 °C, la carne cruda è un terreno di coltura ideale per la crescita di batteri e anche per questo, soprattutto d’estate quando fa caldo, gli ospedali registrano decine di casi di intossicazioni dovute al consumo di carne cruda o poco cotta. La stagione calda è quella più a rischio anche perché è il periodo delle grigliate e sovente si consumano pietanze cotte male. Condizioni di rischio, oltre ai frigoriferi mal regolati o troppo pieni, con la carne non posizionata nei ripiani più freddi, sono le contaminazioni che, nelle carni tritate, provengono da coltelli, taglieri o altri strumenti precedentemente usati per altri cibi inquinati (anche vegetali), e poi non correttamente puliti e sanitizzati. È importante limitare al minimo indispensabile la conservazione dei cibi a temperatura ambiente, sia prima che dopo la cottura. Caratteristiche ideali per una buona carne cruda Per essere mangiata cruda, la carne deve essere tenera e morbida da masticare, provenire da un animale giovane, sedentario e da un taglio poco coinvolto nei movimenti dell’animale, dove il muscolo è meno sollecitato e più morbido di un muscolo in continuo movimento. Essenziale è una buona frollatura, che deve essere eseguita in perfette condizioni igieniche. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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Una Storia di Famiglia
PAVI M E NTI E R IVESTI M E NTI PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE
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