Eurocarni 4-2020

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 4 • Aprile 2020

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi

Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura

Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi

Euro Annuario Carne

Abbonamenti Fioretta Fiorentin EURO ANNUARIO CARNE 2020

Amministrazione Andrea Tomassone

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2020 Copia cartacea: € 95,00

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Ufficio stampa e Media Partner

Stampa

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PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE

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SITO PRODUTTIVO - MACELLO PIEMONTE NORD S.R.L. - Via Nazionale, 13 - 10010 Carema (TO) Tel. +39 0125 80 68 62 - Fax +39 0125 19 02 034 - info@consorziocarnipiemonte.it

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FORNITORE UFFICIALE


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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

La carne nel mondo

10

La frase del mese

12

Diamo i numeri

14

Immagini

16

Naturalmente carnivoro

18

Tendenze

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Meat Pack

22

Calendario fiere

Fiere, eventi, convegni 2020

Slalom

Emergenza coronavirus ed economia dimenticata

AttualitĂ

ComunitĂ rurali in Europa, quale futuro? Carni vegetali, estrogeni e OGM

24 Cosimo Sorrentino

30 32

Giovanni Ballarini 36

A pagina 90.

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

42

Aziende

La freschezza ha le forme di Mondel

Elena Benedetti

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I suoi primi 60 anni Bovinmarche, nuova linea di confezionamento skin per la GDO

50 Massimiliano Rella

La carne è un alimento funzionale: ecco le sue sostanze bioattive

52 56

Riccardo Lagorio

Produzione

Cooperativa Agricola Firenzuola: km 0, vero e buono

Mercati

Agnello gallese Igp: la carne made in Wales che piace agli chef

62

Bord Bia: il pranzo di Pasqua, tradizioni in Italia e Irlanda

64

Retail news

Notizie dalla GDO

68

Comunicare la carne

Il macellaio come la Fenice

Sebastiano Corona

58

70

Clima e allevamenti intensivi

76

Formazione

Corso Carni Sostenibili: il primo mini-master sulle carni

78

Tutto il biologico, oggi

Cresce il biologico in UE

80

Gare carnivore

Inizia il countdown al World Butchers’ Challenge

84

Macellerie d’Italia

I macellai come i marinai

Federica Cornia

90

Rizzato: trippe, nervetti, baccalà e preparati, la cucina in macelleria

Gian Omar Bison

94

Prodotti tipici

Tour “carnivoro” in Franciacorta con Polastri Maceler

Giorgio Montanari

98

Indagini

La rima baciata tra ecosistema e mercato

Sebastiano Corona 102

EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXV N. 4 • Aprile 2020

€ 5,42

A pagina 70. In copertina: maiali dell’allevamento di famiglia dell’azienda Santa Barbara a Casabona (KR); photo © Massimiliano Rella.

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Il coniglio all’ischitana ha 2.500 anni e beve il vino della sua terra

Nunzia Manicardi

108

Una carezza giramondo

Giorgia Fieni

112

Belle Botteghe

Tripperia La Casana, dove la storia ribolle… a fuoco lento

Massimiliano Rella

116

Locali di gusto

Moebius, osteria gastronomica in costante divenire a Milano

120

Fiere

Cibus 2020 si farà alla fine dell’estate, nell’interesse di tutti

124

Tecnologie

Il nuovo Quantum Skinner elettrico di Bettcher

126

Innovare per affrontare i cambiamenti

128

Statistiche

Dati Anas: le macellazioni suine in Italia

134

Sono 180 grammi, lascio?

Pascoli liquidi

Giovanni Papalato

136

Storia e cultura

Il ritorno della tazza

Giovanni Ballarini

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La carne in tavola

A pagina 62.

A pagina 56.

A pagina 42.

www.eurocarni-online.com 8

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LA CARNE NEL MONDO Europa «Il successo del Green Deal europeo dipende dalla partecipazione convinta dei nostri agricoltori. Senza i loro sacrifici qualsiasi prospettiva di mitigazione dei cambiamenti climatici diventa irrealizzabile» ha detto PAOLO DE CASTRO, coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura dell’Eurocamera, intervenendo all’assemblea plenaria a Strasburgo lo scorso 13 febbraio. Rivolgendosi al commissario europeo all’Agricoltura, JANUSZ WOJCIECHOWSKI, l’eurodeputato ha sottolineato la «necessità di un approccio fortemente comune nel definire la futura politica agricola, che deve rimanere europea. E questo Parlamento non può perdere l’occasione di integrare elementi fondamentali della strategia Farm to Fork in una PAC che indicherà la direzione dell’agricoltura europea nel prossimo decennio». Insomma, dice De Castro «per realizzare la rivoluzione verde da 1.000 miliardi di euro il settore agroalimentare è pronto a mettersi in gioco, fornendo ancor più servizi ambientali, raggiungendo la neutralità delle emissioni di carbonio, a beneficio di tutti i cittadini europei. Ma non a qualunque prezzo: a questi sforzi, dovranno corrispondere non solo incentivi tramite una PAC adeguatamente finanziata, ma, soprattutto, la disponibilità di tecniche di produzione innovative, tra cui quelle di miglioramento varietale, capaci di sostituire la chimica nel proteggere la salute delle piante. Senza dimenticare l’introduzione di un’etichettatura nutrizionale e d’origine che sia uguale per tutti a livello europeo, basata su ricerche scientificamente fondate, che non condizioni i consumatori ma fornisca loro informazioni complete per scelte d’acquisto consapevoli». Per l’eurodeputato «non esiste infatti sostenibilità ambientale senza la sostenibilità economica e sociale del settore» (fonte: www.paolodecastro.it).

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Taiwan (Cina) Sconcerto e stupore da parte di ASS.I.CA., l’Associazione Industriali delle carni e dei Salumi, nell’apprendere che le autorità di Taiwan hanno rimosso l’Italia dalla lista dei Paesi indenni da Peste Suina Africana, motivando la decisione con un peggioramento delle condizioni veterinarie della Sardegna. «Si tratta di una netta chiusura per l’export della nostra salumeria e delle carni suine verso Taiwan» ha dichiarato il direttore di ASS.I.CA. DAVIDE CALDERONE. Come si apprende da una precisazione delle autorità di Taiwan, il provvedimento “non è legato alla decisione di Roma sulle restrizioni dei voli da e per Taipei sui timori di contagio del coronavirus”, ma è una mera misura precauzionale per evitare il rischio veterinario di introduzione della PSA sull’isola. Rischio che, secondo Taipei, sarebbe oggi ancora più alto a causa dell’incremento del fenomeno in Sardegna. «Non comprendiamo il timore di Taiwan nei confronti della situazione veterinaria in Sardegna: la regione negli ultimi anni, col supporto del Ministero della Salute e della Commissione europea ha condotto un ottimo lavoro verso l’eradicazione totale della PSA che mai come oggi appare prossima». Una decisione che giunge dunque largamente inaspettata, specie considerando che Taiwan è un mercato di recente apertura per l’export di tutte le produzioni suinicole nazionali. «Abbiamo festeggiato solo due anni fa l’apertura del mercato all’esportazione di carni suine e salumi italiane. Un’apertura che è stata frutto di una lunga negoziazione durata oltre cinque anni, con ben due missioni in Italia da parte degli ispettori del Bureau of Animal and Plant Health Inspection and Quarantine Food and Drug Administration (BAPHIQ). Un obiettivo che è stato fortemente voluto anche dal Ministero della Salute italiano, dall’Agenzia ICE di Taipei e dalla Commissione europea. Istituzioni che oggi vogliamo ringraziare per tutto il lavoro fin qui profuso, insieme alle rappresentanze diplomatiche italiane, e per essersi già prontamente attivate per il superamento di questa chiusura, che giunge ad aggravare la già difficile situazione di mercato e internazionale in cui versa il settore suinicolo italiano» ha dichiarato NICOLA LEVONI, presidente di ASS.I.CA.(fonte: ASS.I.CA.; in alto, uno scatto a Taipei; photo © fenlio – stock.adobe.com).

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LA FRASE DEL MESE

Non c’è vita senza bestiame

Heinz Osterloh, vicepresidente UECBV e presidente Bundesverbandes für Vieh und Fleisch. La zootecnia è essenziale per la sopravvivenza delle zone rurali: un approfondimento a pagina 32 (photo © laurine45 – stock.adobe.com).

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IL VOSTRO PARTNER PER IL VITELLO

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DIAMO I NUMERI

91 milioni di euro

Il Rapporto Ismea-Qualivita è l’indagine annuale che analizza i valori economici e produttivi della qualità delle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane DOP, IGP e STG. Dall’edizione 2019 appena diffusa emerge che, per le carni fresche certificate DOP e IGP, si conta una produzione di oltre 14.000 tonnellate, per un valore all’origine di 91 milioni di euro (+2,8% su base annua) e di 195 milioni al consumo (–0,9%). La Sardegna è la prima regione per valore generato dalle filiere a Indicazione Geografica con 26,8 milioni di euro, seguita da Toscana (€ 18,9 mln), Lazio (€ 11,7 mln), Marche (€ 9,6 mln) e Umbria (€ 9,4 mln). Il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è la produzione principale, il cui valore alla produzione sfiora i 48 milioni di euro, cui segue l’Agnello di Sardegna IGP (€ 26,8 mln), l’Abbacchio Romano IGP (€ 9,8 mln), l’Agnello del Centro Italia IGP (€ 4,5 mln) e la Cinta Senese DOP (€ 2,4 mln; fonte: Ismea-Qualivita).

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GENERALFRIGO dal 1969

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L’eccellenza su misura struttura all’avanguardia per la lavorazione delle carni suine attività di stoccaggio a bassa temperatura, congelazione e scongelazione alto livello logistico in grado di soddisfare ogni esigenza con competenza e tempestività sostenibilità ambientale grazie ad impianti innovativi ad energia alternativa

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IMMAGINI

La trippa è un piatto della cucina povera, gustoso ma non sempre facile da trovare nei ristoranti. A Genova, però, c’è un’antica bottega che la vende dietro un banchetto di marmo e la cucina a vista, dentro un grande pentolone di rame che sbuffa e ribolle a fuoco lento. Il locale si chiama Tripperia La Casana e ha una storia che parte nel 1890. A pag. 116 il servizio di Massimiliano Rella (photo © Massimiliano Rella).

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I fornitori di carne belgi sono tra i precursori in termini di competenze professionali: in base alle specifiche del cliente, offrono un servizio personalizzato, su misura e con il massimo rendimento. Inoltre, la carne fresca viene fornita con estrema rapidità , come solo da un partner affidabile e di fiducia ci si può aspettare.

I fornitori di carne belgi. Una scelta aďŹƒdabile.

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NATURALMENTE CARNIVORO

Viva le donne! Questo scatto è opera del fotografo statunitense Chris Crisman e lei è la meravigliosa butcher Heather Marold Thomason, titolare di Primal Supply Meats (@primalsupplymeats e EUROCARNI n. 6/19) in quel di Philadelphia (USA). La foto è stata scattata e inserita nel libro Women’s Work Book che Crisman ha recentemente pubblicato e che racconta, attraverso immagini potenti, il lavoro e la determinazione delle donne. «Nel corso del mio apprendistato e della mia formazione professionale per intraprendere il lavoro di macellaia non avevo mia prestato troppo caso al fatto che intorno a me ci fossero così poche donne» raccontò Heather a Chris in uno dei loro primi incontri. «Alcuni degli uomini coi quali ho lavorato erano allevatori, macellai, titolari di impianti di macellazione e non sempre all’inizio mi hanno preso sul serio. Spesso ho dovuto lavorare più dei colleghi uomini per impormi agli altri e a me stessa. Ma ce l’ho sempre fatta e questo mi ha reso migliore». Il libro è disponibile su Amazon (photo © Chris Crisman – instagram.com/crismanphoto).

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Abbiamo chiesto allo Chef Stefano De Gregorio di reinterpretare il Vitello Tonnato, una storica ricetta italiana conosciuta in tutto il mondo. Trovate questa ricetta insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. L’organizzazione olandese VanDrie Group è leader di mercato per la carne bianca di vitello, ma non solo. Il VanDrie Group è anche un’organizzazione fondata sulle migliori tradizioni familiari. Il gruppo, con le sue oltre 25 aziende, costituisce la più grande azienda integrata di carne di vitello al mondo ed è pertanto leader mondiale nel settore della carne di vitello, nonché il più grande produttore di latte in polvere per vitelli. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“IL VITELLO TONNATO” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

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TENDENZE Com’è (sempre più) verde il carrello della spesa

Sono almeno 20 le “sfumature” di verde dei prodotti di largo consumo che finiscono nel carrello della spesa degli Italiani: tanti sono, infatti, i claim riferiti alla sostenibilità che l’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy ha rilevato sulle etichette dei prodotti venduti in supermercati e ipermercati di tutta Italia. «Nella nuova edizione dell’Osservatorio abbiamo dedicato un approfondito dossier alla “spesa verde” di tutti i giorni, rilevando ed elaborando i dati di vendita e di trend relativi a tutti i 106.000 prodotti del nostro paniere che presentano sulla confezione un claim dedicato alla sostenibilità» spiega MARCO CUPPINI, research and communication director di GS1 Italy. «Abbiamo così scoperto che l’eco-carrello è composto da oltre 19.000 prodotti che, nell’anno finito a giugno 2019, hanno sfiorato i 7 miliardi di euro di vendite, in crescita di +3,4% rispetto ai 12 mesi precedenti». I claim rilevati fanno riferimento a 4 macro-aree tematiche. La più affollata, in termini di numero di prodotti a scaffale, è quella dell’agricoltura e degli allevamenti sostenibili: accomuna il 9,7% dei prodotti, con una quota sul sell-out del 6,3%. L’insieme di questi prodotti, accompagnati da claim come “100% naturale”, “filiera”, “senza antibiotici” o “biologico”, è anche il più performante, con una crescita di +5,7% delle vendite, che sono arrivate a 2,2 miliardi di euro. Il paniere più significativo per giro d’affari è quello dei prodotti ottenuti con una gestione sostenibile delle risorse, con oltre 2,8 miliardi di euro di sell-out. Questi prodotti generano l’8,0% delle vendite e nell’anno considerato hanno sfiorato il +4,0% di crescita. Numericamente rappresentano il 5,5% dell’offerta e riportano in etichetta claim come “meno sprechi” o “ridotto impatto ambientale”, “meno plastica” o “senza fosfati”, oppure sono dotati di certificazioni ecologiche come Ecolabel o il Sustainable Cleaning. Il terzo eco-paniere è quello dei prodotti realizzati nel rispetto dei valori della responsabilità sociale, attestati dalla presenza dei loghi di una delle principali certificazioni di questo settore (Fairtrade, UTZ e FSC Forest Stewardship Council). Rappresentano il 4,0% di tutti i prodotti dell’Osservatorio e generano il 6,0% delle vendite. Tra giugno 2018 e giugno 2019 hanno guadagnato un +1,4% a valore, raggiungendo i 2,1 miliardi di euro di vendite. L’ultimo green basket è quello dei prodotti realizzati nel rispetto degli animali, attestato da certificazioni come Friend of the sea o da claim come cruelty free: comprende lo 0,9% dei prodotti rilevati e vale 437 milioni di euro di vendite (1,2% di quota a valore). Nei 12 mesi rilevati è cresciuto di un +2,3% (fonti: GS1 Italy, gs1it.org – tendenzeonline.info; photo © LaCozza – stock.adobe.com).

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HAI MAI ASSAGGIATO

L’INSALATA DI CARNE?

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MEAT PACK

Bovinmarche, la nuova linea skin made in Marche

Lo scorso fine febbraio a Roma Bovinmarche (www.bovinmarche.it), bella realtà che conta 400 allevatori della regione Marche che allevano i loro capi nel rispetto del benessere animale, ha presentato la nuova linea skin con testimonial FEDERICO QUARANTA, apprezzato conduttore e autore radio-TV, voce storica di Decanter di Radio2 e oggi garante della qualità made in Marche (“Abbi Fede, scegli Bovinmarche”). Qui in foto i vari tagli di razza Marchigiana. Il pack è particolarmente curato nella grafica stilistica, con in evidenza il territorio e l’IGP, veri punti di forza per la promozione dei prodotti. A pagina 52 l’articolo di Massimiliano Rella (photo © Bovinmarche).

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CALENDARIO FIERE

Emergenza coronavirus: cambi di date e conferme

Fiere ed eventi 2020

I

n considerazione della situazione di emergenza sanitaria che stiamo vivendo a livello internazionale e delle misure preventive prese dal Governo per contrastare la

diffusione del COVID-19, riteniamo opportuno ripubblicare l’elenco di fiere, eventi e convegni per l’anno in corso aggiornato al momento della messa in stampa della rivista (marzo

Aggiornato al 26 MARZO

2020). Resta l’incognita di ulteriori possibili spostamenti e cancellazioni che vi comunicheremo di volta in volta sulla rivista, sia nella versione cartacea che on-line.

Italia TASTE E FUORI DI TASTE Salone dedicato alle eccellenze del gusto e del food lifestyle Firenze, Stazione Leopolda 5-7 giugno Organizzazione: Pitti Immagine pittimmagine.com/corporate/ fairs/taste.html

SANA – Salone internazionale del Biologico e del Naturale Bologna, Bologna Fiere 11-14 settembre Organizzazione: BolognaFiere Spa Tel. 051 282351 sana@bolognafiere.it www.sana.it

B/OPEN – Bio foods & natural self-care trade show Verona, Veronafiere 22-24 giugno Organizzazione: Veronafiere Tel. 045 8298258 info@b-opentrade.com www.b-opentrade.com

AGRIUMBRIA – Mostra mercato nazionale dell’agricoltura, zootecnia e alimentazione Bastia Umbra (PG) 18-20 settembre Organizzazione: Umbriafiere Spa Tel. 075 8004005 info@agriumbria.eu www.agriumbria.eu

iMEAT FARM – Convegno esposizione dedicato alle carni d’eccellenza, dall’allevamento alla vendita, alla ristorazione Modena, settembre Organizzazione: Ecod Srl Tel. 0331 518056 info@imeat.it – www.imeat.it

SALUMI DA RE Polesine Zibello (PR) Antica Corte Pallavicina 26-28 settembre Organizzazione: Gambero Rosso gambero@gamberorosso.it segreteria@salumidare.it www.salumidare.it

CIBUS Parma, Fiere di Parma 1-4 settembre Organizzazione: Fiere di Parma Spa Tel. 0521 9961 cibus@fiereparma.it – www.cibus.it

FLAVOR – The premium Ho.re.ca. trade event Firenze, Fortezza da Basso 4-6 ottobre Organizzazione: Pitti Immagine

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Fiere di Parma exhibitor@flavorfirenze.com www.flavorfirenze.com TERRA MADRE SALONE DEL GUSTO Torino, Lingotto Fiere 8-12 ottobre Organizzazione: Slow Food info.eventi@slowfood.it salonedelgusto.com www.slowfood.it MEATY – Innovazione per l’industria delle carni Bologna, 23-24 ottobre Organizzazione: Ecod Srl Tel. 0331 518056 FIERE ZOOTECNICHE INTERNAZIONALI DI CREMONA FIERA INTERNAZIONALE DEL BOVINO DA LATTE RASSEGNA SUINICOLA DI CREMONA – ITALPIG Cremona, Fiere di Cremona 28-31 ottobre Organizzazione: CremonaFiere Spa Tel. 0372 598011 info@cremonafiere.it www.bovinodalatte.it www.fierezootecnichecr.it

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Estero SUMMER FANCY FOOD SHOW New York (USA) 28-30 giugno Organizzazione: Specialty Food Association Tel. +1 646 8780301 www.specialtyfood.com ANUGAFOOD CHINA Shenzhen (Cina) 8-10 luglio Organizzazione: Koelnmesse Srl www.koelnmesse.it www.anufoodchina.com ROYAL WELSH SHOW Builth Wells (Galles, Regno Unito) 20-23 luglio Organizzazione: The Royal Welsh Agricultural Society Tel. +44 1982 553683

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requests@rwas.co.uk rwas.wales/whats-on/royal-welshshow SIAL MONTRÉAL Montréal (Canada) 5-7 agosto Organizzazione: Expo Canada-France www.sial-network.com www.sialcanada.com MEATOPIA Londra (Regno Unito) 4-6 settembre Organizzazione: Meatopia UK meatopia.co.uk ALIMENTARIA – INTERCARN HOSTELCO Barcellona (Spagna) 14-17 settembre

Organizzazione: Alimentaria Exhibitions www.alimentaria.com www.hostelco.com SIAL INDIA Nuova Delhi (India) 17-19 settembre Organizzazione: Promosalons Inter Ads Exhibitions www.sial-network.com THAIFEX ANUGA CHINA Bangkok (Tailandia) 22-26 settembre Organizzazione: Koelnmesse Srl Tel. 02 8696131 www.koelnmesse.it www.thaifex-anuga.com

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SIAL CHINA Shanghai (Cina) 28-30 settembre Organizzazione: Comexposium Paris Tel. + 33 1 7677 1333 exhibit.sialchina@sial-network.com www.sialchina.com FOODTECH BARCELONA Barcellona (Spagna) 6-9 ottobre Organizzazione: Alimentaria Exhibitions www.alimentariafoodtech.com SOMMET DE L’ÉLEVAGE Clermont-Ferrand (Francia) 7-9 ottobre Organizzazione: Sommet de l’Élevage Tel. +33 4 73289510 www.sommet-elevage.fr SIAL PARIS – Salone Internazionale dell’Alimentazione Parigi (Francia)

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18-22 ottobre Organizzazione: Comexposium exhibit@sialparis.com www.sialparis.com MEAT & GRILL DAYS Atene (Grecia) 7-9 novembre Organizzazione: O.Mind Creatives Meat Place Magazine www.meatdays.gr EUROTIER Hannover (Germania) 17-20 novembre Organizzazione: DLG e.V. www.eurotier.com www.dlg-messen.de PLMA INTERNATIONAL Amsterdam (Olanda) 2-3 dicembre Organizzazione: Private Label Manufacturers Association Tel. +31 20 5753032 www.plmainternational.com

INTERPACK Processing & Packaging Düsseldorf (Germania) 25 febbraio-3 marzo 2021 Organizzazione: Messe Düsseldorf www.interpack.com IMS WORLD MEAT CONGRESS 2020 Cancun (Messico) 23-25 giugno 2021 Organizzazione: International Meat Secretariat www.meat-ims.org www.wmc2020cancun.com WORLD BUTCHERS CHALLENGE Sacramento, CA (USA) 13-14 agosto 2021 Organizzazione: WBC Council Tel. +64 9 489 0879 ashley@wbccouncil.com www.worldbutcherschallenge.com

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FIORANI

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IL FUTURO ALLE ORIGINI

Vivere in salute? Si comincia dalla tavola, senza sforzi!

Portare a tavola alimenti sani, semplici e ricchi di nutrienti è il primo passo per prendersi cura di sé e della propria salute. Purtroppo può essere difficile rispettare questa basilare regola di benessere a causa dei ritmi dettati dal lavoro e dalla vita fuori casa. I dati relativi ai consumi lo sottolineano, nel 2019 le vendite di piatti pronti sono aumentate del 13% (report Ismea-Nielsen relativo al primo semestre 2019). Ricette sicuramente comode e pratiche, ma sono altrettanto sane? Fiorani ha pensato di rispondere alle esigenze dei consumatori con una serie di prodotti pronti non processati, studiati per essere equilibrati, ricchi di gusto e tutti senza glutine, per fare in modo che ogni pasto sia davvero un’occasione per prendersi cura di sé. PAROLA D’ORDINE: LEGGEREZZA Il carpaccio, nella nostra tradizione gastronomica, è un piatto associato alla leggerezza. Fiorani & C. lo ha voluto reinterpretare nella versione “Pic-Nic”, un prodotto versatile per un consumo semplice e veloce che non rinuncia a gusto ed equilibrio. Carpaccio Pic-Nic, rigorosamente gluten free, è una porzione di delicata carne di bovino marinata servita in una comoda vaschetta con un dressing, una bustina di Parmigiano Reggiano e una forchettina per consumarlo dove si vuole. Questa ricetta magra e ad alto contenuto di proteine è la soluzione Ready to Eat ideale per una gustosa pausa pranzo in ufficio o post allenamento. Carpaccio Pic Nic può anche essere l’ingrediente speciale di ricette più elaborate, colorate insalate o saporiti panini. Fiorani & C. sul suo sito propone tanti suggerimenti in una nuova sezione dedicata alle ricette.

sentarli tutti in versione “degustazione gourmet”. Senza sprechi, perché la tartare Fiorani è confezionata in due monoporzioni divisibili, il formato Skin garantisce inoltre totale sicurezza e un maggiore tempo di conservazione. La ricetta è realizzata con carne cruda di bovino (o vitello) di alta qualità, con una percentuale di grasso limitata. I vantaggi che porta dal punto di vista nutrizionale, sono tantissimi: la carne consumata cruda conserva la sua idratazione, come pure le vitamine e i sali minerali di cui è naturalmente ricca, sostanze che andrebbero altrimenti perse durante la cottura. Questi fattori, unitamente all’alto contenuto di proteine e al basso apporto di grassi, rendono la tartare Fiorani un piatto ideale per gli sportivi e per chi vuole stare attento alla dieta. INIZIA LA BELLA STAGIONE? ACCENDETE LE GRIGLIE, ARRIVANO I SUINI MARINATI La gamma dei Suini Marinati Fiorani, pur adatta a qualsiasi cottura (vd. www.fioraniec.com/ricette), sulla griglia esprime il meglio di sé. Loin Ribs, Tagliata di Lonza, Tomahawk, Tagliata di Coppa Marinata, diventano protagoniste dei barbecue, grazie alla loro succulenza enfatizzata dalla saporita marinatura. Si tratta di tagli di suino italiano di primissima scelta, arricchiti da un mix aromatico “mediterraneo”che li rende ancora più teneri e gustosi. Il confezionamento in Skin ne garantisce una maggior durata, accentua l’effetto della marinatura e ne permette la conservazione anche tramite congelamento.

TARTARE, READY TO…ENJOY? Le tartare sono il fiore all’occhiello delle referenze Ready to Eat di Fiorani & C. Perché la Tartare Fiorani è un prodotto speciale? Perché è gustosa e subito pronta. È versatile e pratica, con pochi e semplici ingredienti (un filo d’olio e un pizzico di sale) è pronta da impiattare. Ma può essere anche il punto di partenza per preparare ricette all’insegna della creatività, degne dei grandi chef. Cinque le varianti in cui viene proposta: bovino, vitello, gustosa, chianina e scottona. Si può scegliere il gusto che piace di più oppure pre-

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Emergenza coronavirus ed economia dimenticata di Cosimo Sorrentino

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urante le ultime settimane, prima che scoppiasse l’emergenza coronavirus, pochi ridotti argomenti hanno monopolizzato l’attenzione dei media e della politica italiani. Il dramma dell’ILVA, quello dell’ALITALIA, la revoca delle concessioni ad AUTOSTRADE PER L’ITALIA, il Meccanismo Europeo di Stabilità… tutto è stato cancellato e tutto naviga in sordina con qualche eccezione, tipo il pro-

blema delle intercettazioni. Accanto alle note specificità dell’economia italiana, ci sono le turbolenze che arrivano da vicino e da lontano del nostro Paese, come la crescita mondiale che sta rallentando, la Brexit che sta creando incertezza ed instabilità, il commercio con la Cina, che certamente subirà una consistente frenata, già iniziata prima che scoppiasse il grave contagio dell’infezione virale. In

Mascherine di protezione contro il contagio da coronavirus sono consigliate anche per uscire di casa, pur restando all’aperto.

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questo quadro giungono le stime di crescita per il 2020-2021 della Commissione europea, che annunciano un rallentamento dell’Europa in generale e dell’Italia in particolare, per la quale, così come avvenuto negli anni passati, è prevista l’occupazione degli ultimi posti, preceduta da paesi come Spagna, Portogallo, Irlanda e perfino la Grecia. Secondo le previsioni, tutti i Paesi dell’Eurozona cresceranno più dell’1% e dieci Paesi su diciannove cresceranno tra il 2 e il 4%, mentre per l’Italia la Commissione UE prevede una crescita prossima allo zero. Il nostro Paese, che brilla per la continuità delle sue non politiche, non riesce oramai da tempo a schiodarsi dall’ultimo posto in Europa. Sono anni, infatti, che si preferisce non affrontare i nostri veri “ostacoli” interni, dal debito pubblico alla pressione fiscale, dalla produttività all’occupazione, ed ora l’epidemia in atto non fa che aggravare le cose. Viviamo una frenata brusca, al di là delle aspettative che, insieme ai timori per l’economia globale, condizionata ora anche dall’epidemia virale — fenomeno del quale intensità e durata sono ancora tutte da determinare —, rischia di compromettere l’andamento dell’anno in corso. L’ISTAT ha comunicato che, nel quarto trimestre dello scorso anno, il PIL è calato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente ed il dato risulta essere il peggiore dal 2013; si tratta di dati ancora grezzi e non sufficientemente elaborati, ma si sa solo che è diminuito il valore aggiunto nell’agricoltura e, soprattutto, nell’industria, mentre la

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variazione è stata nulla per quanto riguarda i servizi. E le prospettive per i primi mesi di quest’anno sono tutt’altro che rosee. Indubbiamente, anche vedere il colosso cinese deragliare improvvisamente da un binario di sviluppo economico in piena corsa fa porre pesanti interrogativi per le interconnessioni a livello globale. È bene ricordare che la Cina è la seconda economia del mondo; è il più grande partner commerciale della maggior parte dei Paesi asiatici e di tutti gli altri, soprattutto gli Stati Uniti; detiene le maggiori riserve di valuta estera e si è imposta come leader in molti settori,compresi quelli ad alta tecnologia, come il 5G; il suo mercato obbligazionario è il terzo più grande al mondo ed attualmente risulta anche essere il secondo più grande finanziatore delle Nazioni Unite. Ciò posto, a causa dell’epidemia, la Cina, già avviata ad un incremento del PIL al 5,7%, vedrà rallentata la sua crescita al 5%, secondo alcune previsioni — e la maggior parte dell’impatto si farà sentire nel primo trimestre di quest’anno —, con una probabile ripresa avviata entro il terzo trimestre dell’anno; aggiunge poi la citata agenzia che si potrà avere un rimbalzo del PIL nel 2021, fino a raggiungere il 6,4%. Anche il Giappone ha fatto riscontrare una forte frenata nel quarto trimestre dello scorso anno, con un calo del PIL dell’1,6% rispetto al precedente trimestre e si tratta del primo calo del PIL da cinque trimestri; a causare tale riduzione è principalmente la diminuzione dei consumi, dovuta all’aumento dell’IVA dall’8 al 10%. Si tratta di una frenata così forte che non si registrava dal secondo trimestre del 2014 ed anche allora per un aumento dell’IVA dal 5 all’8%. L’Italia già a dicembre aveva avvertito difficoltà per la nostra industria, la quale, pur avendo avuto un incremento degli ordinativi rispetto al mese precedente, aveva visto calare il fatturato del 3%. La produzione industriale è calata in seguito all’indebolimento della domanda mondiale, così come è calata anche la produzione industriale in Germania, paese che assorbe una rilevante quota delle nostre esportazioni. La paura, sostengono gli analisti, è destinata ad aumentare “drammaticamente in Europa”, perciò le attività in tutti i settori della vita economica rischiano di risentirne in modo significativo. Cosimo Sorrentino

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ATTUALITÀ

Comunità rurali in Europa, quale futuro? Ne hanno parlato UECBV e AEMB nell’ambito della discussione in corso sui finanziamenti per lo sviluppo rurale in vista della PAC post 2020. L’esodo dalle zone agricole comporta un crescente divario urbano-rurale e il taglio dei finanziamenti renderebbero questa situazione ancora più grave

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Le discussioni in corso sulla PAC post 2020 stanno seriamente minando il futuro delle aree rurali, sempre più oggetto di spopolamento (photo © Nick Albi).

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lla presenza degli eurodeputati SIMONE SCHMIEDTBAUER (PPE, Austria), PAOLO DE CASTRO (S&D, Italia) e JÉRÉMY DECERLE (Renew Europe, Francia), il recente appuntamento (18 febbraio) dal titolo Amplifying local voices: Addressing rural development in the CAP post 2020 ha riunito a Bruxelles i vari rappresentanti del mondo rurale per discutere del loro futuro in Europa. Erano presenti agricoltori, allevatori, proprietari terrieri, cacciatori e autorità regionali, non-

ché i responsabili delle decisioni dell’UE ed i rappresentanti delle organizzazioni della società civile. L’obiettivo? Attirare l’attenzione sull’importanza di coinvolgere gli attori rurali e le autorità locali nei processi di elaborazione delle politiche europee, al fine di sviluppare con successo interventi dal basso verso l’alto e guidati dalla comunità su misura per le esigenze locali. Durante l’incontro è stata anche evidenziata l’importanza di creare sinergie tra i fondi di sviluppo rurale

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Nei settori della zootecnia e dell’industria di macellazione e lavorazione delle carni c’è uno problema strutturale di carenza di manodopera con la conseguente necessità di favorire politiche volte all’apertura di forza lavoro dall’extra UE e di organizzare un adeguato percorso formativo (photo © dusanpetkovic1 – stock.adobe.com). dell’UE e la gestione sostenibile e attiva delle zone rurali. Ciò è necessario per garantire la fattibilità a lungo termine delle aree rurali europee, compreso il rinnovo generazionale, e per affrontare le

principali sfide. BENOÎT CASSART, membro del Board dell’UECBV e segretario generale della Fédération Nationale du Commerce du Bétail (FNCB, BE), ha sottolineato che «questo evento ha chiarito che

UECBV-Union Européenne du Commerce du Bétail et des Métiers de la Viande è un’associazione europea che rappresenta in totale circa 20.000 imprese di tutte le dimensioni (piccole e medie imprese nella stragrande maggioranza), corrispondenti ad oltre 230.000 posti di lavoro, attraverso le sue federazioni nazionali. L’obiettivo principale di UECBV è quello di favorire un clima economico ottimale per il settore zootecnico e delle carni in tutta l’Unione Europea rafforzando al contempo la competitività dell’intera industria. Per raggiungere questo obiettivo, l’UECBV rappresenta e difende il settore delle carni nei confronti delle istituzioni europee, promuove il commercio, analizza il mercato interno e combatte le distorsioni della concorrenza. AEMB (European Association of Livestock Markets) è membro dell’UECBV. >> Link: www.uecbv.eu

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l’agricoltura e i contadini sono minacciati» ma, sfortunatamente, non sono i soli: ci sono intere filiere agroalimentari che rischiano di scomparire a breve. «L’immagine del settore zootecnico e della carne è stata penalizzata e oggi si assiste ad una carenza di manodopera strutturale che costituisce un’ulteriore minaccia al mantenimento delle attività delle aziende collegate al settore delle carni. Le attività di reclutamento di personale comportano costi significativi per le aziende, con sempre meno successo nella ricerca di lavoratori. L’automazione e la robotizzazione non sono sempre una soluzione: se l’automazione è possibile per determinate mansioni (imballaggio, carico, scarico, per esempio), la realtà è che la lavorazione della carne è un settore ad alta intensità di lavoro. L’automazione non risolve il problema del disosso,

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che comprende un’ampia varietà di tagli. Le aziende di macellazione e lavorazione europee non sono abbastanza grandi per effettuare investimenti tecnologici su larga scala e le materie prime in entrata non sono uniformi a seconda della razza e dello stato di ingrasso. Data la mancanza di disponibilità di questa forza lavoro a livello nazionale o europeo, abbiamo bisogno di soluzioni e di un orientamento a livello europeo per accogliere personale extraeuropeo e per preparare i giovani attraverso un’adeguata formazione». Un altro problema è il punto di rottura che la nostra industria sta affrontando: «da un lato, ci sono i requisiti che la società “pretende” relativamente al modo in cui viene prodotta la carne nei nostri stabilimenti che sono in costante aumento e, dall’altro lato, l’Europa opta per l’apertura del suo mercato, abbassando il prezzo di vendita dei prodotti.

Questa doppia realtà rende impossibile per la nostra industria sopravvivere, stretta tra alti costi di produzione e prezzi di vendita troppo bassi. I cittadini europei, attraverso i loro leader politici, devono fare scelte chiare, tenendo conto del fatto che il rispetto per l’ambiente, il benessere degli animali e la salute dei consumatori hanno un costo da sostenere». HEINZ OSTERLOH, vicepresidente dell’UECBV e presidente del Bundesverband Vieh und Fleisch tedesco, ha rimarcato che la zootecnia è essenziale per i lavori nelle zone rurali. Già occorre affrontare la brutta immagine che la collettività associa al settore zootecnico: l’ambiente sporco, l’odore, gli animali e il lavoro duro. «I fatti non si possono cambiare, ma l’immagine pubblica della zootecnia può e deve essere cambiata perché non c’è vita senza bestiame» ha sottolineato Osterloh. 22 milioni di bovini, ovini, suini e

cavalli vengono commercializzati sui mercati zootecnici ogni anno. Il bestiame è un importante attore economico in un mercato che rappresenta circa 230.000 posti di lavoro diretti e, a causa delle attività prettamente a conduzione famigliare, quasi mezzo milione di lavoratori nelle aree rurali d’Europa. «Se le persone vogliono avere la regionalità come prima scelta nel loro acquisto di carne, devono essere mantenute le condizioni quadro corrispondenti e in parte ridisegnate per soddisfare, ad esempio, i requisiti di trasporto», ha aggiunto Heinz Osterloh. L’UECBV insiste sul fatto che questi aspetti specifici devono essere presi in considerazione in modo appropriato e in parte creativo nella discussione sul Green Deal e nella strategia Farm-to-Fork che è appena iniziata e in cui il settore è disponibile per lo sviluppo di soluzioni. Fonte: UECBV www.uecbv.eu


Sostituti della carne e previsioni

Carni vegetali, estrogeni e OGM di Giovanni Ballarini

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sostituti vegetali della carne o carne vegetale (plant-based), carne-non carne, fake meat (falsa carne), sono proposti con diverse motivazioni — dalle problematiche legate all’inquinamento e ai cambiamenti climatici al benessere degli animali, ecc… —, ma, sotto l’aspetto nutrizionale, sono molto diversi dalla carne “vera”, ottenuta dalla macellazione degli animali. La FAO e anche l’ONU hanno lanciato l’allarme riguardo al fatto che l’uomo “si sta mangiando la Terra”, che negli ultimi cinquant’anni il consumo mondiale di carne è raddoppiato, che l’allevamento intensivo di bovini e ovini provoca un aumento

delle emissioni di metano che influiscono sui cambiamenti climatici, che nel futuro la situazione rischia di peggiorare perché la popolazione mondiale dovrebbe arrivare ai dieci miliardi, col conseguente aumento del fabbisogno di cibo… Per tutti questi motivi, in un prossimo futuro le bistecche vegetali o create in laboratorio potrebbero o dovrebbero essere una realtà. Secondo previsioni americane (è però noto che il sistema migliore di sbagliare è fare previsioni) nel 2040 il 60% della carne animale sarà sostituita da carne coltivata in laboratorio (35%) e da prodotti a base vegetale (25%) che imitano le caratteristiche orga-

nolettiche della carne e in questo modo accontentano vegani, vegetariani, carnivori e ambientalisti. Carne coltivata e carne vegetale La carne ottenuta da colture di cellule staminali prelevate da animali è ancora in fase di ricerca. Ha problemi di gusto e un alto costo e se sarà prodotta nel futuro questo avverrà per opera di grandi imprese industriali multinazionali. Il cammino, tuttavia, resta ancora lungo e ancorché riuscissimo a farla buona, resta il fatto che la bistecca normale, a differenza di quella ottenuta da cellule coltivate, proviene da un organismo che organizza proteine,

Produrre carne senza animali non è più fantascienza. La vera sfida è oggi quella di realizzare una sua produzione su larga scala, operazione ancora tutt’altro che semplice (photo © zapp2photo – stock.adobe.com).

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In alto: allevamento bovino (photo © vipavlenkoff – stock.adobe.com). In basso: hamburger di soia (photo © barmalini – stock.adobe.com). sali minerali e mioglobina al servizio di una funzione di contrazione muscolare e, quindi, possiede una serie di nutrienti al suo interno. La carne vegetale può sostituire quella di origine animale dal punto di vista nutrizionale? Anche nel passato, e quando l’alimentazione

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umana era prevalentemente basata sui vegetali, la carne animale era un alimento protettivo e un presidio di sopravvivenza perché ricca di proteine di elevata qualità. Essa è infatti difficilmente sostituibile come fonte di ferro e di zinco altamente biodisponibili e ha

la capacità di dare senso di sazietà assieme a un basso contenuto calorico, fermo restando un equilibrio nutrizionale se la si mangia come alternativa ad altri cibi proteici per variare l’alimentazione. La carne vegetale oggi sul mercato suscita ancora perplessità, anche tra i vegetariani e i vegani, per il suo alto contenuto in sale, grassi saturi e scarsità di ferro poco biodisponibile, considerando in particolare gli ingredienti più usati: proteine di pisello, olio di canola, olio di cocco, acqua e aromi, più componenti minori come il succo di barbabietola che serve per conferire il colore “sanguigno”. Da un lato, dunque, vi è un alto contenuto di proteine ma di scarsa qualità biologica (20 g) e la presenza del 25% della dose raccomandata di ferro (comunque più difficilmente assimilabile dall’organismo di quello della carne animale), dall’altro è un eccesso di grassi saturi e di sale. Nonostante i singoli ingredienti non siano di per sé dannosi, messi insieme ne fanno un alimento altamente raffinato e processato, ricco di sale, grassi di cattiva qualità e

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addensanti e questi ultimi potrebbero causare fastidi gastrointestinali, soprattutto in soggetti con coliti o colon irritabile. Se una persona vegana decidesse di sostituire completamente la carne con questo tipo di surrogati, ben poco ne guadagnerebbe in termini di salute. Sostituti della carne e ambiente I sostituti della carne dovrebbero intervenire sul benessere degli animali, ridurre le emissioni di gas serra, diminuire le terre agricole convertite a pascolo e la produzione di mangimi per gli animali, limitare la dissipazione di acqua, ma in proposito vi sono dei dubbi. La creazione della carne in laboratorio si associa ad emissioni di anidride carbonica che persiste nell’atmosfera per millenni, mentre il metano liberato nell’aria dalla digestione animale e dal letame degli allevamenti bovini ha una durata di una dozzina di anni. Un uso di sostanze chimiche e ormoni per la coltivazione cellulare potrebbe creare pro-

blemi d’inquinamento del suolo. Da sfatare è il luogo comune secondo cui occorrono 15.000 litri d’acqua per produrre un chilo di carne di manzo a fronte, per esempio, dei 200 necessari per un chilo di pomodori. Queste sono le cifre dell’impronta idrica, l’indicatore del volume totale di risorse idriche utilizzate per produrre i beni e i servizi; cifre che però devono essere decurtate almeno dell’80%, cioè della percentuale d’acqua piovana impiegata per la coltivazione delle materie prime dedicate all’alimentazione degli animali da macello. In pratica, mettere nel piatto due porzioni da 70-100 grammi di carne bovina a settimana, come consigliato dai nutrizionisti, comporta un consumo effettivo di circa 300 litri d’acqua. Sostituti della carne e ormoni Secondo recenti ricerche, gli hamburger vegetali a base di soia contengono ormoni estrogeni diciotto milioni di volte in più ri-

spetto ad un hamburger di carne bovina: 44 milligrammi di estrogeni nell’hamburger vegano rispetto a 2,5 nanogrammi in quello di carne animale. Evidentemente questa differenza non ha significato in chi mangia solo occasionalmente soia e suoi derivati, ma non per chi lo fa sistematicamente e fin dal 2008 è noto che gli uomini che mangiano più soia hanno una minore concentrazione di spermatozoi. Gran parte della soia usata nella preparazione dei sostituti di carne è soia OGM. Inoltre, un ingrediente dei sostituti vegetali della carne è spesso la leghemoglobina usata per dare il colore rosso e questo additivo è in gran parte ottenuto con l’ingegneria genetica da alcuni lieviti, tecnicamente da OGM. È curioso pensare che le persone che hanno più probabilità di mangiare sostituti di carne vegetali, insomma, sono anche quelle che in gran parte sono contro gli OGM. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Fisterra Bovine World Si tratta del primo progetto gastronomico mondiale di allevamento di bestiame sviluppato dalla spagnola DISCARLUX. L’obiettivo? Radunare in una finca in Galizia 13 diverse razze bovine allevate nello stesso modo per 24/34 mesi per poi essere macellate, sottoposte a maturazione in celle di frollatura per circa 60 giorni e infine comparate. Le 13 razze bovine provengono da tutto il mondo e sono le galiziane Rubia Gallega, Limìa e Cachena, Wagyu (Giappone), Maronesa (Portogallo), Sayaguesa (Spagna), Simmental (Svizzera), Dexter (Irlanda), le scozzesi Angus Aberdeen, Highland e Galloway, Hereford (Inghilterra) e Holstein Frisona (Olanda). Ecco il link: fisterrabovineworld.com (in foto, il macellaio pugliese FRANCESCO CAMASSA in visita all’allevamento di Discarlux; photo © fisterrabovineworld.com).

2. Institute of Masters of Meat È finalmente su Instagram l’Institute of Masters of Meat, la rete di butcher, allevatori e chef voluta dal registra e produttore francese FRANCK RIBIÈRE, già conosciuto per il film documentario Steak (R)evolution, e tenuto a battesimo lo scorso anno in quel di Panzano in Chianti dall’amico DARIO CECCHINI. Su instagram.com/the_masters_of_meat possiamo tutti seguire le evoluzioni dell’istituto, scoprire personaggi e storie straordinarie legate alla produzione di carne d’eccellenza nel mondo (photo © Cony Delantal – behance.net).

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meat Benedetti

3. Omnivore, dalla parte dei giovani Questo è un progetto editoriale e di comunicazione che dal 2003 dà voce ai giovani ristoratori francesi e della cucina internazionale e lo fa attraverso le proprie pubblicazioni, i festival culinari che organizza e, ovviamente, anche attraverso web (omnivore.com) e social come l’account instagram.com/omnivoreworld che vi segnaliamo. Storie interessanti, personaggi da seguire e una cura stilistica che ci piace molto (photo © instagram. com/omnivoreworld).

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4. Meat London È una macelleria indipendente con due sedi a Londra, specializzata nella selezione di carni provenienti da allevamenti locali e nella lavorazione di pronti a cuocere, salsicce ed elaborati. Molto bravi nella comunicazione sia attraverso il portale meatlondon.co.uk, che nella pagina Instagram (instagram.com/meatlondon), fanno parecchia formazione attraverso corsi aperti a tutti. Da seguire per trarne idee e ispirazioni (photo © instagram. com/meatlondon).

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EUROCARNI, siamo fluidi! La nostra testata EUROCARNI è mensile, con i suoi bei 12 numeri all’anno che arrivano a 12.000 operatori della carne. Ma forse non tutti sanno che è anche un quotidiano on-line che si può consultare facilmente e liberamente (senza password) al link www.pubblicitaitalia.com/news/carne/ Prendendo in prestito da Zygmunt Bauman il concetto di società liquida, rinnoviamo il nostro impegno a darvi aggiornamenti in tempo reale sul mondo carnivoro (photo © Pixel-Shot – stock.adobe.com).

Riconosciuta Intercarneitalia come organizzazione interprofessionale nazionale per bovini vivi destinati alla macellazione e carne bovina fresca o refrigerata e congelata Col Decreto del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 12 dicembre 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3/01/2020, viene riconosciuta l’associazione “Organizzazione Interprofessionale delle carni prodotte in Italia Intercarneitalia”, in Legnaro (PD), quale organizzazione interprofessionale che opera sul territorio nazionale per i prodotti “bovini vivi destinati alla macellazione e carne bovina fresca o refrigerata e congelata”. Con la nota del 30 luglio 2019, acquisita al protocollo MI PAAFT al n. 54800 del 30 luglio 2019, l’associazione “Organizzazione Interprofessionale delle carni prodotte in Italia Intercarneitalia” ha inoltrato formale richiesta di riconoscimento come organizzazione interprofessionale che opera sul territorio nazionale per i prodotti “bovini vivi destinati alla macellazione e carne bovina fresca o refrigerata e congelata”, rappresentati dai codici NC compresi nelle categorie merceologiche da 0 102 29 49 a 0 102 29 51 (bovini vivi destinati alla macellazione di eta’ compresa da otto mesi a ventiquattro mesi corrispondenti alle categorie Z, A, E), 0201 (carni di animali della specie bovina, fresche o refrigerate corrispondenti alle categorie Z, A, E) e 0202 (carni di animali della specie bovina congelate corrispondenti alle categorie Z, A, E). Fonte: ruminantia.it

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AZIENDE

La freschezza ha le forme di Mondel di Elena Benedetti

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iamo a Solesino, nella Bassa Padovana, ad una cinquantina di chilometri da Chioggia. Qui opera MONDEL SRL, l’azienda di PAOLO MIOTTO e CINZIA ZANELLA specializzata nella progettazione e realizzazione di banchi frigo ed espositori refrigerati. Il loro obiettivo? Semplice da dire ma non banale nella realizzazione. Esso consiste nella fornitura di veri e propri elementi di arredo capaci di coniugare l’estetica e il design — oggi elementi imprescindibili — con la funzionalità. Eh già, perché se i banchi frigo devono contenere alimenti come pesce e carne, le garanzie di tenuta del freddo e, di conseguenza, della sicurezza e salubrità, devono essere massime. Abbiamo incontrato Cinzia Zanella, managing director di Mondel, nella sede aziendale. «La nostra storia è iniziata più di trent’anni fa con l’idea di fare qualcosa di diverso dalle aziende tradizionali. Abbiamo così iniziato a lavorare l’acciaio con una professionalità e competenza che poteva contare su una maturata esperienza nella manualità e nella saldatura» ci racconta. «Il sogno era quello di creare un’azienda che unisse tecnica, passione e design».

Un sogno che è diventato un’azienda di 35 persone che progettano e realizzano banchi frigo, espositori refrigerati e vetrine espositive. E lo fanno con un approccio quasi “sartoriale”, assecondando le richieste di personalizzazione dei clienti attraverso un servizio mirato e completo, che oggi è forse l’elemento più vincente in un mercato polarizzato tra prodotti standard ed esigenze di customizzazione. Tecnica, passione e design sono stati i driver che hanno fatto crescere questa azienda che da Solesino oggi vende il 60% della produzione sui mercati esteri, in 70 Paesi, Giappone incluso. «Una bella soddisfazione per noi che realizziamo prodotti che sono fuori dalle mode e dal tempo, che si plasmano alle esigenze del cliente per garantire funzionalità ed estetica» sottolinea Zanella. In Mondel tutte le varie fasi produttive sono integrate: si va dall’engineering alla progettazione personalizzata, dal taglio laser al collaudo funzionale. Il personale segue le realizzazioni in tutte le fasi, compresa l’installazione e la manutenzione, restando un punto di riferimento per il cliente. Ma come evolvono le tendenze e, soprattutto, come si può contribuire ad offrire soluzioni in un contesto

I prodotti Mondel sono concepiti per soddisfare le diverse esigenze degli operatori che cercano risposte personalizzabili a seconda dello spazio a loro disposizione: Mondel eccelle nella creazione di spazi che contribuiscono ad aumentare l’efficienza lavorativa, di facile e pratico utilizzo, che assicurano una freschissima conservazione del pesce, carne o altri cibi.

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Per anni Mondel si è occupata di assistenza, supporto e riparazione di espositori refrigerati e banchi frigo. Questo ha permesso all’azienda di conoscere a fondo i prodotti, di capire quali fossero i punti deboli e quali le effettive necessità degli utilizzatori. Forte di questo know-how, Mondel è oggi in grado di offrire prodotti su misura idonei a soddisfare ogni tipo di esigenza, tra cui funzionalità e sicurezza, tramite l’utilizzo di materiali e verniciature atossiche, garantendo allo stesso tempo un alto impatto estetico. di mercato in continua evoluzione? «Nel caso della progettazione del banco della carne seguiamo le tendenze ma, soprattutto, sono gli stessi clienti che offrono spunti e idee che possono contaminare positivamente il punto vendita» ci risponde Paolo Miotto, Product Director di Mondel. E se le chiedessi di riassumere i punti di forza della vostra azienda? «Sicuramente c’è la nostra specializzazione nella creazione di spazi che contribuiscono ad incrementare l’efficienza lavorativa e che assicurano una freschissima conservazione del pesce, carne o altri cibi. Poi c’è l’assistenza al cliente e quella flessibilità nell’approccio al

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progetto che ci consente di apportare tutte le modifiche necessarie per la buona riuscita dell’allestimento. In altre parole, c’è disponibilità a lavorare con i nostri interlocutori commerciali e a operare senza modelli standardizzati ma al contrario totalmente personalizzati». Un altro punto strategico è quello che riguarda la scelta dei materiali degli espositori con attenzione alle saldature, al fine di garantire la massima durata nel tempo del banco refrigerato. L’acciaio inox, lavorato artigianalmente nello stabilimento di Solesino, è ciò che rende unico l’e-

spositore Mondel, che coniuga così efficienza e funzionalità ad un gusto estetico di forte impatto visivo. Le forme degli espositori Mondel sono infatti le più svariate, anche arrotondate con tubi inox calandrati, tutti saldati manualmente.

Mondel Srl Viale dell’Artigianato 381 35047 Solesino (PD) Telefono: 0429 770767 Web: www.mondel.it

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CARRELLO RIBALTATORE

CARRELLO MULTILIFT

Mondel progetta e realizza banchi frigo, espositori refrigerati e vetrine espositive unendo tecnica, passione e design.

Gli espositori Mondel, accuratamente studiati nelle loro componenti frigorifere, garantiscono una conservazione ottimale per ogni tipologia di prodotto e necessità della clientela. Mondel propone diverse soluzioni. Ne elenchiamo qualcuna: • • • • • • • •

Banchi frigo macelleria; Banchi frigo salumeria; Banchi frigo gastronomia; Banchi frigo supermercati; Espositori murali refrigerati; Espositori refrigerati per il pesce; Espositori pensili; Vetrine refrigerate vino.

SCOTENNATRICE/PELATRICE CARNI FRESCHE E STAGIONATE

FRIGGITRICE GRIGLIATRICE

Tutti i prodotti Mondel, realizzati con materiali di elevata qualità e lavorazioni attente e scrupolose, sono personalizzabili a seconda delle proprie esigenze: la funzionalità e la flessibilità riscontrabili sia in fase progettuale che in fase tecnologica costituiscono un punto di forza all'interno del mercato in cui l'azienda opera. Anche la valorizzazione dell’estetica di prodotto è un punto fondamentale: le vetrine refrigerate di Mondel, infatti, oltre ad enfatizzare “l’ambiente” in cui sono inserite, riescono a valorizzare al meglio i prodotti esposti, mettendone in risalto la freschezza e le qualità intrinseche. Infine, ricordiamo che i prodotti Mondel sono certificati Vision 2000, un riconoscimento a livello mondiale che garantisce la massima qualità e testimonia l’alto indice di efficacia aziendale che si rispecchia nel considerevole tasso di fedeltà dei clienti.

Tel. (+39) 0521 836670 Eurocarni, 4/20

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I suoi primi 60 anni Il Gruppo Martelli di Dosolo (MN), punto di riferimento per la macellazione italiana, è cresciuto insieme ai propri consumatori, seguendone le esigenze. E per festeggiare i suoi primi 60 anni di attività si è fatto un regalo e ha rinnovato la propria immagine

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l GRUPPO MARTELLI si sviluppa da una piccola azienda a conduzione famigliare nel Mantovano e oggi conta 7 unità produttive, 700.000 capi suini lavorati all’anno e una gamma prodotto che spazia dai salumi (cotti e stagionati) alle carni fresche a libero servizio e preparati. Fin dalla loro nascita, i Martelli si sono sempre focalizzati sulle richieste dei consumatori e sulla selezione della materia prima.

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Un’attenzione che fa sì che oggi i lori prodotti trovino l’inserimento nel Prontuario dell’Associazione Italiana Celiachia e che garantisce l’assenza di glutine, polifosfati e derivati del latte. Per andare incontro al meglio alle nuove tendenze anche l’immagine del Gruppo si è rinnovata e lo scorso fine gennaio, a Milano, è stata presentata per la prima volta davanti ai clienti e alla stampa. «Per la creazione del nuovo brand

— ha spiegato ANNA BUZZI di The Brand Company — abbiamo unito le due anime dell’azienda. Se il blu rispecchia l’anima corporate che un gruppo industriale come Martelli è stato capace di costruire nel corso di quattro diverse generazioni, il rosso intenso è il volto dell’artigiano contemporaneo che, attraverso il saper fare del passato, esprime ancora oggi il profondo legame con il prodotto e la materia prima».

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Ha accompagnato l’incontro ISIDORO TROVATO, giornalista economico del CORRIERE DELLA SERA, che ha esaltato la capacità delle aziende italiane a conduzione famigliare di fare impresa. A raccontare l’impegno e la dedizione che in questi 60 anni hanno portato l’azienda a diventare un’impresa capace di controllare l’intera filiera c’era la quarta generazione della famiglia Martelli. «Oggi celebriamo la tradizione di famiglia nata 60 anni fa dal lavoro del nostro bisnonno GEMINIANO» hanno sottolineato Nicola e Marco Martelli. «È importante ricordarsi della propria storia, senza perdere di vista il presente. Ecco perché abbiamo pensato che fosse necessario festeggiare il nostro passato legandolo al presente e al futuro che ci attende. Siamo pertanto orgogliosi di presentare la nostra immagine, giovane e fresca e che rispecchia la nostra vicinanza alle esigenze dei consumatori moderni». Anche la scelta della location per celebrare il sessantesimo del

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Gruppo non è stata lasciata al caso: l’Antica Fonderia Napoleonica Eugenia, un luogo storico nel cuore del quartiere Isola di Milano che conserva il fascino del passato. Fondata nel periodo napoleonico, la Fonderia nella quale è stato fuso il Vittorio Emanuele II di piazza Duomo e che negli anni si specializzò nella realizzazione di campane in bronzo, è dal 1830 nelle mani della FAMIGLIA BARIGOZZI. Cessata l’attività fusoria, oggi è luogo di lavoro, arte e cultura, la cui gestione è affidata alle nuove generazioni della stessa famiglia. Gruppo Martelli Nasce nel 1959 da un’attività familiare ed è oggi è composto da 7 unità produttive che afferiscono a due diverse società: MARTELLI FRATELLI SPA e MARTELLI SALUMI SPA. Il gruppo nasce a Mantova come industria di macellazione, si sviluppa a Padova per la produzione del prosciutto cotto e si espande a Parma per il prosciutto di Parma, arrivando fino a San Daniele, per la produzione

del tipico prosciutto DOP. Il Gruppo Martelli controlla l’intera filiera produttiva, dalla macellazione di oltre 700.000 suini all’anno fino alla lavorazione delle carni. I salumi sono privi di glutine, glutammato e lattosio (ad eccezione del Prosciutto cotto con crema al Parmigiano Reggiano). La loro completa tracciabilità li rende una garanzia per il mercato e per il consumatore finale, così come i ripetuti controlli a cui le carni Martelli sono soggette costantemente, al fine di portare sulle tavole la migliore materia prima possibile. Nel 2018 il fatturato del Gruppo si è attestato intorno ai 270 milioni, con una percentuale di export sui salumi pari al 18%. Tra le destinazioni principali USA, Francia, Australia e Giappone. >> Link: www.martelli.com Nota In alto, la quarta generazione della famiglia Martelli; photo © Roberto Rapetti.

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Bovinmarche, nuova linea di confezionamento skin per la GDO di Massimiliano Rella

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al mese di febbraio la linea skin di BOVINMARCHE è entrata nei negozi nella Grande Distribuzione Organizzata della Capitale con un confezionamento che esalta la tenerezza della carne e ne allunga i tempi di conservazione senza alterarne il sapore.

Bovinmarche è un’icona della Marche, del suo essere ancora incontaminate, ha detto Federico Quaranta. Caratteristica che si deve anche all’impegno dei suoi allevatori nel garantire prodotti certificati, nel tutelare il benessere animale, l’ambiente e le sue bellezze

Con il metodo di confezionamento scelto da Bovinmarche la pellicola alimentare viene fatta aderire attorno alla carne come una seconda pelle (“skin” appunto) sottovuoto e chiusa ermeticamente. La carne non rilascia quindi acqua durante il ciclo di vita sullo scaffale e mantiene tutte le sue caratteristiche.

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In alto: è la qualità “certificata” ed “evidente” della carne bovina di razza Marchigiana la protagonista della campagna di comunicazione dell’associazione Bovinmarche. A destra: Federico Quaranta con il direttore di Bovinmarche Paolo Laudisio durante la presentazione della linea skin a Roma.

I nuovi prodotti di Marchigiana IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale ora presenti nella GDO di Roma nelle confezioni “trasparenti e aderenti” sono: il Maxi burger Marchigiana (200 g), la Tartare bovino Marchigiana (160 g), il Filetto bovino Marchigiana, l’Entrecôte bovino Marchigiana, ma anche tagliate e fettine di “razza”. Cioè una carne più magra, ottenuta da capi allevati

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in modo biologico tra le colline della regione in piccole aziende con una media di 24 animali a stalla. E, inoltre, tracciabile e garantita da una raffica di certificazioni: Igp, CrenBa (benessere animale), Antibiotic Free, OGM free e QM – Qualità garantita dalle Marche. Negli allevamenti controllati da Bovinmarche l’attenzione alla qualità e al benessere animale tiene conto

di vari fattori: la limitata densità del bestiame in stalla, l’alimentazione di qualità e con ingredienti non modificati geneticamente, i più lunghi tempi di svezzamento rispetto agli allevamenti intensivi, l’uso di farmaci convenzionali sono in casi di estrema necessità e, non ultimi, la stabulazione libera o il pascolo dove possibile. Sono tipici e tradizionali allevamenti di bovini a ciclo chiuso,

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di ovini che in estate vanno in transumanza sull’Appennino e anche di suini in piccola dimensione, a volte allo stato semibrado.

Lo chef del ristorante Acciuga Federico Delmonte ha valorizzato le caratteristiche della carne di Marchigiana proponendo, in occasione della presentazione alla stampa, un menu a base di battuta di Marchigiana con tarallo romano, puntarelle e pecorino romano (in foto); mini hamburger con ovoline di bufala e maionese di Vignarola; cappelletti in bianco al ragù di Marchigiana e parmigiano; roast beef di Marchigiana

Bovinmarche, associazione di produttori della filiera agroalimentare carni della Marca Con sede ad Ancona, Bovinmarche è un’associazione di 400 soci produttori, per la gran parte allevatori di razza bovina Marchigiana, con circa 20.000 capi allevati e iscritti nel Libro Genealogico delle Marche, oltre agli ovini (Agnello del Centro Italia IGP) e ai suini. Una realtà che nel lontano 1987 decise di fare squadra comune per far fronte ai problemi dimensionali dovuti ad una forte polverizzazione degli allevamenti, con una stalla “media” di 24 capi. Ma anche per trasformare questa debolezza in un punto di forza mettendo gli allevatori a sistema, puntando sulla tradizione, la qualità del prodotto e il legame col territorio. I numeri finora stanno dando ragione a questa strategia: il fatturato in crescita negli ultimi tre anni (8,23 milioni di euro nel 2019, +3% sul 2018) è ottenuto per circa il 50% dalla commercializzazione della Marchigiana IGP.

Alla conquista della GDO romana nel segno della trasparenza La nuova linea di confezioni lanciata a Roma, anche dal punto di vista della comunicazione, sottolinea l’origine marchigiana attraverso la sagoma di un bovino che riproduce la geografia regionale. Dal lato funzionale, invece, la maggior durata di circa 10 giorni della qualità della carne è assicurata da un confezionamento skin in assenza di aria, una sorta di seconda pelle chiusa ermeticamente sottovuoto e aderente al prodotto. In questo modo la carne non rilascia acqua durante il periodo di scaffale, mantenendo le sue caratteristiche più a lungo, fino a tre settimane nei banchi frigo. La trasparenza della pellicola skin comunica inoltre con efficacia la qualità del prodotto, che si può “sentire” con mano. Per di più, in un periodo in cui i temi della sostenibilità sono avvertiti con più urgenza, il nuovo confezionamento adottato da Bovinmarche va incontro alla nuova sensibilità ambientalista in quanto riciclabile al 100%, ottenuta inoltre con un abbattimento del 70% di plastica e un minor ingombro per il trasporto e lo stoccaggio. Massimiliano Rella

La razza bovina Marchigiana appartiene al ceppo Podolico, derivante da bovini d’origine asiatica, giunti in Italia nel IV secolo d.C. con le invasioni barbariche. In origine una razza da lavoro, poi incrociata con la Chianina e la Romagnola, finché nel 1928 furono sospesi gli incroci per fissarne i caratteri avviare la selezione che diede origine all'attuale Marchigiana. È una delle 5 razze bianche italiane, insieme a Podolica, Maremmana, Chianina e Romagnola. Con le ultime due ha avuto il riconoscimento Igp per la carne bovina (le uniche 3 in Italia) con la denominazione Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale. Di pelo corto, bianco e liscio con sfumature grigie sulle spalle il bovino Marchigiano ha una cute pigmentata, la testa possente ma leggera, il collo corto. Un animale che si adatta bene al pascolo in diverse condizioni, ottimo utilizzatore di foraggi e resistente alle malattie. Al macello garantisce quantità e qualità, con marezzatura giusta e tenera e giusto grado di infiltrazione di grasso.

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La carne è un alimento funzionale: ecco le sue sostanze bioattive

È

recente la scoperta che, anche nella carne, come nei vegetali, ci sono sostanze bioattive benefiche per la salute che prevengono le malattie: questi composti danno alla carne proprietà nutraceutiche, rendendola un vero e proprio alimento funzionale, in grado, cioè, non solo di nutrire, ma anche di intervenire attivamente su specifiche funzioni vitali dell’organismo come una vera medicina positiva. Questi composti nutraceutici della carne riconosciuti

essenziali e benefici sono la carnitina, la carnosina, il coenzima Q10, la taurina, il glutatione e i Coniugati dell’Acido Linoleico (CLA). La carnitina, come ricorda il nome, si trova in maggiori quantità proprio nella carne e in particolare quella bovina, interviene nell’assorbimento del calcio e aumenta il metabolismo dei grassi per la produzione di energia, aiutando il dimagrimento e la riduzione del colesterolo. Anche la carnosina si trova in

buone concentrazioni nelle carni, mentre risulta praticamente assente nel regno vegetale, ha proprietà antiossidanti contro i radicali liberi, combatte l’invecchiamento e la degenerazione cellulare. Importante anche per gli sportivi in quanto aiuta il recupero dalla fatica fisica e previene malattie collegabili allo stress. Il coenzima Q10 è un potente antiossidante contro l’invecchiamento della pelle, proteggendo l’elastina e il collagene. Lo troviamo

La scienza conferma che il cibo, oltre a nutrirci e darci piacere, riesce anche a proteggerci da diversi disturbi fisici. Ci sono in particolare alimenti “funzionali” e tra questi spicca la carne, ricca di composti benefici per la nostra salute.

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Anche il Nutrition and Dietetic Institute americano si è espresso in merito all’importanza del consumo di carne, ribadendo il significato bio-nutrizionale della stessa e ritenendo ingiustificata una sua esclusione da una dieta bilanciata. infatti come molecola attiva nelle creme antirughe, ma si trova per il 55% in tutta la carne, soprattutto di bovino, e in particolar modo nel suo grasso, rendendo la carne una speciale alleata non solo di salute ma anche di bellezza. La taurina è un amminoacido solforato derivante dalla metionina, che si trova anche nel latte materno ed è infatti fondamentale nell’età evolutiva, grazie alle sue innumerevoli funzioni, di cui sono ben documentate 30, come la regolazione del colesterolo nel sangue, l’azione antiossidante, l’attività antimicrobica e la trasmissione dello stimolo nervoso. Il glutatione è un tripeptide in grado di potenziare le difese immunitarie, combattere i radicali liberi e prevenire le malattie cardiovascolari. Reperibile in tutte le carni, specialmente bovine, ed è considerato un meat factor, cioè un composto che migliora la biodisponibilità del ferro non-eme presente negli alimenti vegetali quando carne e

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verdure sono assunte insieme nello stesso pasto, facendo capire ancora una volta quanto sia importante la complementarietà a tavola. Altri composti nutraceutici della carne sono i CLA, ovvero i Coniugati dell’Acido Linoleico, con effetti antiobesità, in quanto regolano il metabolismo dei grassi e abbassano il colesterolo, ma soprattutto possiedono proprietà antitumorali, antiossidanti, anti arteriosclerosi, antidiabetiche e potenziano il sistema immunitario: sono presenti in maggior quantità nel grasso della carne dei bovini e alcuni autori ritengono che una dose di 3 g/d di CLA nella dieta dovrebbe apportare un’adeguata copertura anticancro nell’uomo. Nella carne della filiera AmicOmega tutte queste sostanze sono presenti in modo significativo, insieme agli acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi Omega-3 e a molecole ad azione antiossidante, come l’acido lipoico, la vitamina E ed il beta-carotene, il cui contenuto

nelle carni può essere incrementato attraverso una composizione mirata della razione alimentare degli animali, con conseguenze positive per la salute cardiovascolare e generale dell’organismo. È importante che il consumatore riconosca queste potenzialità ed il Nutrition and Dietetic Institute (INDI) degli Stati Uniti si è espresso in merito, ribadendo il significato bionutrizionale delle carni, ritenendo ingiustificata la loro esclusione da una dieta bilanciata e raccomandandone anzi un adeguato consumo per coprire i fabbisogni dell’organismo umano e raggiungere uno stato di salute ottimale

Consorzio di tutela e promozione della filiera AmicΩmega E-mail: info@amicomega.it Web: www.amicomega.it

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PRODUZIONE

Cooperativa Agricola Firenzuola: km 0, vero e buono di Riccardo Lagorio

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he le contraddizioni, le convenzioni linguistiche e le fantasie localistiche legate al km 0 abbiano mietuto vittime, spesso inconsapevoli, e invaso le menti più ingenue è un dato di fatto. Al km 0 andrebbero affiancati concetti come il km vero e il km buono: etica, equilibrio e moralità in agricoltura.

C’è chi, pare, abbia fatto sintesi dei… tre chilometri, fondendo bontà, originalità e serietà della materia prima e della sua distribuzione. Correva il 1972. Un gruppo di allevatori fonda a Firenzuola la CAF – Cooperativa Agricola Firenzuola, ricalcando sommariamente il territorio dell’Unione montana. Il Mugello rappresenta circa il 5% della superficie della Toscana, ma

qui si concentra il 20% della zootecnia regionale. Fin da subito l’obiettivo dei fondatori si espresse nella proposta di fornire ai mercati la propria carne grazie ad una proposta territoriale ma avendo come strumento un disciplinare di allevamento assai stringente. A tutto favore dei consumatori e del tessuto sociale del territorio.

La CAF è stata fondata nel 1972 da un gruppo di allevatori del comune di Firenzuola (FI) e consta attualmente di 130 aziende agricole associate, di cui 17 aziende zootecniche certificate da agricoltura biologica. Le aziende socie sono dislocate in tutta l’area del Mugello ed Alto Mugello, con alcune eccezioni ricadenti nei territori limitrofi a quelli della provincia di Firenze.

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L’azienda agricola di Valdastra di Adriano Borgioli si trova nel comune di Borgo San Lorenzo, in Mugello, a pochi chilometri da Firenze. Valdastra è biologica sotto il controllo ICEA (AIAB) dal 1998; l’allevamento, che è sempre stato condotto con criteri biologici, dal 2001 viene certificato. Spiega infatti ALESSIO SERRA, il direttore di CAF, «L’accesso all’interno della Cooperativa ha significato per molte piccole realtà la possibilità di continuare e gestire con profitto l’attività produttiva, spesso tramandata da generazioni, soprattutto in tempi molto difficili per gli allevatori e i produttori di carni bovine». Tra i compiti di CAF le azioni di supporto alla crescita culturale delle aziende associate, attraverso processi per consolidare e aumentare la qualità delle produzioni. «Un preciso disciplinare approvato dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali vieta, per esempio, l’utilizzo di OGM nell’alimentazione degli animali e pone particolare attenzione al loro benessere» continua. Un aspetto, quest’ultimo, di cui si sente parlare solo negli ultimi anni e che era già fondamento degli albori della cooperativa, come la convivenza con la madre fino ai 6 mesi di età e l’alimentazione generata all’interno delle aziende agricole, a base di fieno, orzo e mais. Della consapevolezza di queste azioni se ne sono accorti i canali di

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distribuzione più sensibili, quelli che coinvolgono le mense scolastiche e gli ospedali, luoghi perciò caratterizzati da utenze aventi particolari esigenze. «Il rispetto della biologia dell’animale ha riflessi diretti anche sul prodotto finale: la carne regge meglio il banco, il cliente si ritrova nel piatto carne etica dagli aromi e gusti intensi». Nello spaccio di Vicchio, due altri si trovano a Firenzuola e a Lastra a Signa, si può realizzare l’acquisto di questa carne allevata dal forcone alla forchetta. Fattoria di Valdastra, socio storico ADRIANO BORGIOLI, storico socio della cooperativa, illustra il punto vendita. «Già a metà degli anni Ottanta ho inserito nell’allevamento soggetti di razza Limousine, oggi utilizzata come vitello da ristallo, per l’ingrasso e il macello, sia come allevamento, per ottenere femmine fattrici da inserire nella linea vacca-vitello. Per anni, prima, ci eravamo ostinati a ottenere carne da razze animali predisposte per la produzione di latte, come la Frisona e la Bruna.

L’inserimento di razze specifiche da carne ci ha premiato e devo ammettere che i momenti di maggior successo hanno coinciso con i cosiddetti periodi di crisi. Nacquero, durante i mesi di mucca pazza, anche i würstel di bovino che ebbero e tuttora hanno grande successo, e il movimento di macellai. Si diedero conto che avrebbero potuto tenere in vita il settore solo se avessero istruito i clienti e garantito carne sana». Benché la Limousine goda di una grana della carne più pregiata, possiede una struttura ossea delicata e una rusticità non elevata per non essere mai stata razza da lavoro. Con pelle sottile, testa leggera corta e ampia, scheletro leggero, collo corto e robusto, spalle e cosce spesse e nerborute, arti corti e muscolosi, tronco lungo e cilindrico. «La mandria della fattoria Valdastra è composta da 450 capi, in gruppi da 30, divisi per età. La produzione annua è di circa 160 vitelli, mentre 50 soggetti maschi e femmine sono venduti per riproduzione», precisa. Un profondo lavoro di genetica ha permesso all’allevamento di Valdastra di diffondere animali con le giuste caratteristiche di rusticità, adattabilità e assoluta mancanza di problemi al momento del parto. «Gli animali che alleviamo hanno un peso variabile tra 650 e 700 kg all’età di 20 o 24 mesi, con un incremento del peso medio giornaliero di almeno 1.200 grammi. La resa allo spolpo è dell’80%» chiarisce Borgioli. La tutela della biodiversità Tra queste colline del Mugello va tuttavia scoperta anche una razza reliquia, ecotipo della Chianina, la Calvana. In passato i bovini di razza Calvana venivano utilizzati prevalentemente per lavoro, mentre nel corso degli ultimi decenni è stata riscoperta come una razza di buon adattamento al pascolo da cui è possibile produrre carni pregiate. Gli animali possiedono mantello bianco e mucose pigmentate di nero, al pari degli unghioni e dell’estremità delle corna. «Per garantire una concreta diversifica-

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zootecnia sostenibile, rispettosa del benessere animale e a garanzia dei prodotti autenticamente made in Italy. Il nostro ricco patrimonio di biodiversità è un elemento importante per valorizzare i nostri territori» spiega. Il peso delle femmine è compreso tra 650 e 750 kg, i maschi 250 kg di più mentre la carne di razza Calvana si presenta più muscolosa e meno grassa rispetto alla Chianina. Sintesi dei 3 km che dovrebbero diventare di moda ovunque oggi. Riccardo Lagorio Cooperativa Agricola Firenzuola Viale S. Antonio 2 50033 Firenzuola (FI) Telefono 0558 490367 E-mail: info@centrocarnimugello.it Web: centrocarnimugello.it Al pastificio “La Fiorita” di Scopeti (FI) si utilizza la carne della CAF per il ripieno del cannellone e delle mezzelune (photo © www.pastificiolafiorita.it). zione del prodotto, alcuni nostri associati hanno ripreso l’allevamento della Calvana» suggerisce ROBERTO

NOCENTINI, presidente della cooperativa. «Questo fatto ci consente di continuare a lavorare per una

Fattoria di Valdastra Via di Cardetole 8 50032 Borgo San Lorenzo (FI) Telefono: 055 8457930 E-mail: info@valdastra.it Web: valdastra.it

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MERCATI

Agnello gallese Igp: la carne made in Wales che piace agli chef

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e il consumo di carne ovina è ancora stagionale per molti Italiani che preferiscono acquistarla in occasione delle festività, lo stesso non si può dire per ristoratori e chef che difficilmente fanno mancare nei loro menù almeno un piatto a base d’agnello. Questa carne, infatti, non solo ha eccellenti proprietà organolettiche, ma sa esaltare l’abilità e la creatività

Tacos di spalla di Agnello gallese Igp.

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in cucina come pochi altri prodotti. Per questo motivo, HCC - Hybu Cig Cymru, l’ente che promuove le carni rosse gallesi, da anni è a fianco della ristorazione per offrire agli operatori il meglio dei suoi prodotti. L’Agnello gallese IGP, del resto, è molto apprezzato dai cuochi di tutta Italia per la tenerezza, il gusto e la versatilità che contraddistinguono la carne ovina made in Wales. «Ci

apprestiamo a vivere una nuova stagione sul mercato italiano e il canale della ristorazione continua ad essere molto importante per noi» afferma JEFF MARTIN, responsabile Italia di HCC. «Chef e ristoratori riconoscono nel Welsh lamb un sapore e una tenerezza davvero unici, oltre ad una qualità costante che permette loro di offrire al consumatore un piatto sempre all’altezza». In Italia, l’ente gallese collabora con i principali rivenditori per il foodservice e grazie a loro raggiunge molti ristoranti da Nord a Sud della penisola. In un recente evento, proprio per dar prova delle indiscusse qualità del Welsh lamb, è stato chiamato lo chef stellato LUIGI TAGLIENTI del ristorante Lume di Milano che ha saputo dar vita a un menù di quattro portate capace di esaltare le proprietà di questa carne. Costoletta di Agnello gallese IGP, asparago e tartufo nero, Filetto di sella di Agnello gallese IGP, cipolla bianca e pompelmo rosa, Tacos di spalla di Agnello gallese IGP e aromaticità, Pancia di Agnello gallese IGP in salsa italiana sono i piatti creati dallo chef che hanno messo in risalto la versatilità dei principali tagli disponibili per il canale ristorazione. «Intraprendere questo progetto volto alla valorizzazione dell’Agnello gallese IGP al fianco del Consorzio di Tutela, che ringrazio per la fiducia accordataci, è per noi motivo di grande orgoglio» commenta STEFANO CAMPANARO, responsabile settore carni per SELECTA SPA. «Siamo convinti che questa collaborazione possa avvicinare ulteriormente la ristorazione più sensibile ai prodotti di grande qualità e identità a questa pregiata materia prima, facendone conoscere i segreti, la

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versatilità e l'indiscussa qualità. Questo obiettivo rispecchia la mission di SELECTA, che da oltre 30 anni si pone come collegamento diretto tra i migliori produttori alimentari ed i più esigenti professionisti della ristorazione». Il Galles è un paese naturalmente vocato per l’allevamento ovino: le montagne e le valli, il mare che bagna le sue coste, le piogge frequenti e l’erba rigogliosa permettono agli agnelli di crescere in armonia con l’ambiente circostante. Qui, gli ovini si cibano principalmente di ciò che la natura ha da sempre previsto per loro, l’erba, e crescono seguendo il ritmo delle stagioni. Ecco perché l’agnello gallese si trova in maniera massiccia dall’inizio dell’estate fino alla fine dell’inverno: è in questa stagione che la carne ovina gallese IGP dà il meglio di sé in termini di gusto, tenerezza e succulenza. I produttori gallesi, inoltre, utilizzano le più innovative tecniche di macellazione e perfezionano regolarmente i tagli per soddisfare le richieste di ristoratori e chef. Per questo motivo l’agnello gallese è molto ricercato e viene esportato in oltre 20 Paesi in tutto il mondo. Tutto questo senza

Lo chef Luigi Taglienti. dimenticare importanti tematiche quali l’ambiente e la sostenibilità. «Il rispetto dell’ambiente e la garanzia di una produzione sostenibile sono i messaggi che i consumatori vogliono sempre più sentire» conclude Martin. «Oggi il consumatore può scegliere fra diversi tipi di carne

provenienti da tutto il mondo: è importante per noi far sapere che con le buone pratiche agricole messe in atto in Galles si promuove la biodiversità, producendo allo stesso tempo un prodotto di alta qualità che il consumatore può essere orgoglioso di acquistare».

HCC – Hybu Cig Cymru è l’ente responsabile per lo sviluppo, la promozione e la distribuzione delle carni del Galles. Tra i compiti di HCC vi sono: la promozione di tutti i prodotti di carne provenienti dal Galles, l’evidenziazione delle caratteristiche che differenziano i prodotti di carne Gallese, la collaborazione con le aziende agricole per diffondere la qualità, ridurre i costi e migliorare la salute degli animali, la collaborazione con tutta la catena di fornitori per migliorare l’efficienza e sviluppare la garanzia di qualità, l’attività per la diffusione e il miglioramento della comunicazione della qualità di questo settore. HCC rappresenta per vasta parte l’industria agricola del Galles e trae esperienza dai diversi componenti del suo Board of Directors e dalle aziende a cui essi appartengono. >> Link: www.agnellogallese.it

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Bord Bia: il pranzo di Pasqua, tradizioni in Italia e Irlanda

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n un momento storico come quello attuale, le persone riscoprono il piacere di stare a casa e di passare del tempo con la propria famiglia, magari svolgendo attività ricreative come cucinare, a maggior ragione in vista della Pasqua. Per questo motivo, BORD BIA, ente governativo per la promozione del food & beverage irlandese, ha chiesto a due esperti, uno italiano e uno irlandese, di raccontare quali siano le principali tradizioni pasquali nei loro rispettivi paesi, in modo particolare per quanto riguarda il pranzo. Ecco qui dunque i consigli di • CATHERINE FULVIO, chef irlandese, presentatrice televisiva e proprietaria della Ballyknocken House & Cookery School (www. ballyknocken.ie); • GIORGIO PELLEGRINI, proprietario della bottega storica Macelleria Equina Pellegrini di Milano e presidente dell’Associazione Macellai di Milano e provincia. La Pasqua irlandese Catherine Fulvio ha condiviso con Bord Bia una ricetta semplice per cucinare l’arrosto, presente nel suo libro di cucina “A Taste of Home” (vedi box a lato), fornendo anche alcuni consigli e raccontandoci alcune usanze sulla Pasqua irlandese:

• in Irlanda l’agnello utilizzato per il pranzo di Pasqua è lo Spring lamb, delizioso e molto tenero; • lo Spring lamb non può essere acquistato molto tempo prima di Pasqua, perché disponibile solo in questo periodo dell’anno; • il pezzo d’agnello più comunemente utilizzato in Irlanda durante il periodo Pasquale sono le cosce d’agnello, perché possono essere arrostite e tagliate in porzioni perfette per l’intera famiglia; • in Irlanda la carne d’agnello viene spesso servita con una marmellata di menta, insieme ad aglio e rosmarino; • le cosce di agnello arrostite vengono solitamente accompagnate da patate arrosto o purè di patate; • c’è una tradizione molto popolare in Irlanda per i bambini, che si svolge proprio il giorno di Pasqua: la caccia alle uova di cioccolato, che vengono nascoste dai genitori in casa o in giardino e che i bambini devono cercare. La Pasqua italiana Giorgio Pellegrini ha fornito alcuni suggerimenti sull’acquisto dell’agnello pasquale e una ricetta tipica della sua famiglia (vedi box a pagina

67) e, da esperto macellaio qual è, ha fornito qualche suggerimento sulla carne d’agnello: • meglio usare la parte anteriore dell’agnello, in particolare la spalla, perché ha più muscoli, è più morbida e meno asciutta rispetto alla parte posteriore; • in Italia per Pasqua si usa principalmente l’agnello più piccolo (circa 6/7 kg), quello cosiddetto da latte; • la maggior parte degli Italiani utilizza per il pranzo pasquale il mezzo agnello preparato, ovvero la parte anteriore a pezzi e la coscia intera. Altri invece richiedono solo la parte della pancia e delle piccole cotolette, che si preparano a scottadito, ma in un agnello da latte ce ne sono poche, circa 1,5 kg; • l’agnello va acquistato massimo una settimana prima (entro il martedì precedente la Pasqua), perché è una carne moto delicata. Per un pranzo pasquale d’effetto Grazie ai consigli e alle ricette della chef Catherine Fulvio e di Giorgio Pellegrini, quest’anno sarà facile cucinare piatti nuovi e gustosi per stupire i commensali durante il pranzo pasquale.

Bord Bia – Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Il suo scopo è promuovere il successo del food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2019 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivate a quota 13 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 67% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 314 milioni di euro nel 2019; è il quarto mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 176 milioni di euro. >> Link: www.bordbia.ie

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Cosciotto di agnello di Wicklow con gelatina di menta e salsa al vino rosso (chef Catherine Fulvio) INGREDIENTI PER 8 PERSONE Per la gelatina di menta (da fare almeno un giorno prima) 400 g di mele a dadini • 1 tazza di foglie di menta fresca • 50 ml di succo di limone • 600 ml di acqua • colla di pesce q.b. Per la coscia d’agnello 1 cucchiaino di cumino macinato • 1 cucchiaino di rosmarino tritato finemente • 1 limone, solo scorza • 1 cucchiaio di miele • 3 cucchiai di olio d’oliva •1,5 kg di coscia d’agnello • 5 spicchi d’aglio medi, tagliati a metà nel senso della lunghezza • 10 piccoli rametti di rosmarino • sale e pepe nero macinato Per la salsa 6 scalogni affettati • 2 spicchi d’aglio schiacciati • 200 ml di vino rosso • 1 cucchiaio di passata di pomodoro • 1 cucchiaino di miele • 400 ml di brodo di carne di agnello o brodo vegetale • 2 cucchiaini di farina di mais mescolata con 2 cucchiai di brodo freddo o acqua • sale e pepe nero macinato Procedura Per preparare la gelatina, mettere prima un piattino nel congelatore. Posizionare le mele, la menta, il succo di limone e l’acqua in una grande casseruola e cuocere a fuoco lento per 30 minuti fino a quando le mele non si saranno ammorbidite. Filtrare il tutto con un panno in una grande ciotola, lasciandolo gocciolare lentamente. Misurare il succo raccolto. Per ogni 250 ml di succo di mela e menta serviranno 185 g di colla di pesce. Mettere il succo e la quantità appropriata di colla di pesce in una casseruola e far sobbollire per circa 30 minuti. Per provare, togliere il piattino dal congelatore, versare sopra un po’ di gelatina e metterlo in frigorifero. Lasciar agire per alcuni minuti e spingere il dito verso il centro. Se la gelatina si increspa e rimane separata, allora è pronta. In caso contrario, rimettere la pentola sul fuoco, cuocere per altri 5 minuti e quindi ripetere il test. Per l’agnello, mescolare il cumino, il rosmarino, la scorza di limone, il miele e l’olio in una piccola ciotola; versare il contenuto sulla carne e lasciare riposare per 30 minuti (l’agnello deve essere a temperatura ambiente prima della tostatura; l’operazione richiederà circa 30 minuti.) Nel frattempo, preriscaldare il forno a 200 °C (forno ventilato) / 180 °C (forno a gas). Fare 10 piccole incisioni sulla coscia di agnello e riempire ognuna con un pezzo di aglio e un rametto di rosmarino. Condire l’agnello con olio d’oliva, metterlo in una teglia e condire con un po’ di sale e pepe. Arrostire per circa 30 minuti. Ridurre la temperatura del forno a 180 °C (forno ventilato) o 160 °C (forno a gas). Di tanto in tanto bagnare l’agnello e cuocere per altri 50 minuti circa, a seconda dei gusti. Togliere dal forno, coprire con un foglio e lasciare riposare la carne per 15-20 minuti. Per preparare il sugo, togliere la maggior parte del grasso dalla teglia. Aggiungere lo scalogno e soffriggere per circa 2-3 minuti a fuoco basso, quindi aggiungere l’aglio e cuocere per 1 minuto. Versare il vino rosso, la passata di pomodoro, il miele e il brodo e cuocere a fuoco lento per 3 minuti, aggiungendo nella miscela la farina di mais per addensare leggermente e condire con sale e pepe nero appena macinato. Servire l’agnello su un grande piatto con patate arrosto, la gelatina di menta e il sugo.

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Giorgio Pellegrini della Macelleria EquinaEurocarni, Pellegrini di4/20 Milano.


L’agnello in fricassea con i carciofi (Giorgio Pellegrini) Grazie all’idea dell’ente governativo per la promozione del food & beverage irlandese e ai consigli e alle ricette della chef irlandese Catherine Fulvio e del macellaio milanese Giorgio Pellegrini quest’anno sarà facile cucinare piatti nuovi e gustosi per stupire i propri commensali

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 1,5 kg di spalla d’agnello • prezzemolo macinato a mano • limone q.b. • vino bianco secco • 6 carciofi • 2 uova • aglio • sale q.b. Procedura Porre sul fuoco un tegame con olio abbondante, far soffriggere il prezzemolo tritato e 2 spicchi d’aglio schiacciati. Unire l’agnello tagliato a pezzi, salarlo e farlo rosolare bagnando con un po’ di vino bianco. Quando il vino bianco è evaporato togliere i pezzi dell’agnello dal tegame e mettere in un altro piatto. Prendere i carciofi tagliati a spicchi e cuocerli nell’intingolo che si è creato dopo aver cucinato l’agnello. Una volta che i carciofi sono rosolati rimettere anche la carne e cucinare insieme a fuoco lento per circa 30 min. Appena prima di servire in tavola versare nella preparazione le uova sbattute con un po’ di succo limone. Togliere la pentola dal fuoco e mescolare lentamente fin quando le uova iniziano a rapprendersi. Servire in tavola direttamente nel tegame.

La maggior parte degli Italiani utilizza per il pranzo pasquale il mezzo agnello preparato, racconta Giorgio Pellegrini, ovvero la parte anteriore a pezzi e la coscia intera. Altri invece richiedono solo la parte della pancia e delle piccole cotolette, che si preparano a scottadito, ma in un agnello da latte ce ne sono poche, circa 1,5 kg

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RETAIL NEWS

Notizie dalla GDO Filiera Valore Bennet Avendo a cuore la tracciabilità dei propri prodotti, la catena di supermercati BENNET ha lanciato il progetto Filiera Valore Bennet, un brand che si pone l’obiettivo di definire il percorso del prodotto e rafforzarne i valori insiti nei diversi passaggi fino al consumatore finale. Dagli allevamenti alle coltivazioni, passando per i centri di sezionamento e di distribuzione, Bennet si impegna a rendere le informazioni chiare e alla portata del consumatore, grazie all’utilizzo di etichette caratterizzate da pittogrammi dedicati. Attualmente la catena della GDO italiana si è focalizzata sul comparto macelleria e ittico ed estenderà il progetto anche ad altri reparti nei prossimi mesi. Per il comparto macelleria i pittogrammi di colore rosso si concentrano su tematiche fondamentali come quella del benessere animale e dell’assenza di trattamenti antibiotici, applicando rigorose procedure di verifica. All’interno degli allevamenti di filiera gli animali vengono nutriti con mangimi selezionati e adeguatamente controllati. Per quanto riguarda invece il comparto ittico, in cui le etichette sono di colore azzurro, gli allevamenti ittici sono certificati Friend of the Sea, il programma internazionale che promuove e tutela le pratiche di acquacoltura sostenibili, un dettaglio ben riconoscibile in etichetta. Dalla fine del mese di febbraio in tutti i punti vendita Bennet e su www.bennetdrive.it si possono trovare i prodotti della nuova linea. Bennet conta 64 ipermercati con una superficie di vendita complessiva di oltre 300.000 m2, circa 7.000 dipendenti e 50 gallerie commerciali di proprietà con oltre 1.250 negozi al proprio interno. >> Link: www.bennet.com

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Hamburger di scottona

Salsiccia di vitello

Salsiccia di scottona

La linea GUSTAmi® è realizzata solo con carni pregiate di altissima qualità, provenienti da ALLEVAMENTI ITALIANI qualificati, dove gli animali vengono nutriti in modo sano e naturale e accuditi nel pieno rispetto del BENESSERE ANIMALE certificato CReNBA. GUSTAmi® è un marchio di LANZA S.r.l. Viale Europa, 9 - 37024 Negrar di Valpolicella (VR) - Italy Tel. +39 045 750 00 46 - info@lanzasrl.com


COMUNICARE LA CARNE

Il macellaio come la Fenice A chi credeva che questo grande professionista del mondo alimentare fosse in declino, le realtà nazionali ed internazionali mostrano che gli spazi sono ancora immensi, soprattutto per chi sa fare bene e dà priorità a qualità e innovazione di Sebastiano Corona

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a figura del macellaio ha una storia antica e affascinante, anche per le alterne fortune che l’hanno caratterizzata. È infatti un mestiere la cui presenza è sempre stata importantissima nelle comunità. Un tempo l’uccisione di un animale era considerato un atto sacrificale a tutti gli effetti e il gesto di porre fine alla vita di un essere vivente necessitava di un rituale carico di significato, a sottolineare il rispetto che si doveva a chi si stava immolando per garantire la sopravvivenza altrui. Da qui l’importanza

attribuita nel tempo alla figura del macellaio, che ha avuto sempre un ruolo notevole nella società, al punto che — tra i vari mestieri — in alcuni ambienti, come per esempio le corti, era attorniato da un’aura di nobiltà. Anche più recentemente, quando gli animali per autoconsumo si allevavano in casa — cosa che nei nostri ambienti rurali accadeva di frequente sino a qualche decennio fa! — la loro uccisione era un atto colmo di compassione. D’altronde, stando nell’ambiente domestico, la

David Taylor Family Butcher, Wadestown, 1890.

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bestiola diveniva quasi un membro della famiglia, pur nella consapevolezza comune che sarebbe finita al macello. E come si poteva togliere la vita ad un essere a cui ci si era persino affezionati, se non compiendo un gesto tanto necessario, quanto difficile da portare a termine? Cambiare per resistere: la metamorfosi positiva della macelleria È tuttavia evidente che, per ragioni diverse, quella ritualità dell’uccisione sia andata perduta. Come lo è l’approccio alla carne che, al contrario di una volta, non è più piatto della domenica o status symbol. Chi ricorda i tempi in cui — anche nelle famiglie degli allevatori — la carne era piatto unicamente della domenica e dei giorni di festa? All’epoca nemmeno le macellerie erano tante, inizialmente sorte come beccherie, per avere negli ultimi decenni del 1900 un boom in termini di unità e addetti. C’è stato poi un lento declino, nel momento in cui le grandi superfici di vendita hanno introdotto lo spazio dedicato alle carni, talvolta con macelleria interna annessa. Dopo una fase di difficoltà, l’interesse verso il piccolo negozio, sembra rinato, seppur timidamente e in maniera nuova. Anche la figura del macellaio, nel frattempo, si è ripresa uno spazio importante e qualificato, pur essendosi dovuta rinnovare profondamente.

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La macelleria di quartiere resiste nel suo ruolo di bottega, al pari di alcuni mestieri del passato, che pur quasi scomparsi, permangono perché tra i soli che offrono un servizio e lo fanno con grande maestria. Quelle che ancora operano con soddisfazione sono certamente meno di un tempo e, per sopravvivere, si sono dovute adattare alle nuove richieste del mercato, realizzando metamorfosi significative. Così come mutamenti radicali — o quasi — sono stati richiesti al macellaio, sia esso titolare d’impresa o dipendente. È cambiato il banco: i ritmi di vita di oggi impongono preparati o tagli facili e veloci da cucinare. Ed ecco che il macellaio, oltre a disossare e preparare i singoli pezzi da esporre, deve anche dedicarsi ad attività che un tempo erano tipiche della cucina di casa: impanature, condimenti, porzionamenti minimi, piccoli formati già pronti per la cottura, farciture e molto altro ancora. Il mercato odierno richiede un prodotto sempre più elaborato e versatile, ma non è solo questo il punto: la recente disaffezione per la carne, considerata ingiustamente la causa di innumerevoli mali, porta ad un minor consumo, ma anche ad una scelta di qualità. La carne trionfa nella spesa solo se eccellente o se vanta un grande valore aggiunto. Un’evoluzione che porta il macellaio ad elevare notevolmente la sua professionalità e ad inventarsi continuamente, tenendo d’occhio

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J. Morgan butchers, Broad Street, Waterford, Irlanda, 1916. il processo produttivo da monte a valle, ben prima che la carne faccia ingresso in negozio e molto dopo aver predisposto la vetrina. Se è vero infatti che un buon piatto può essere realizzato solo con una materia prima di qualità, è nell’allevamento che chi lavora carni deve andare a cercare e a scegliere. Non è sempre possibile, soprattutto per chi opera lontano dal territorio e magari in grandi centri commerciali, ma un tempo questa era prassi e tuttora quel rapporto con l’allevatore permane, soprattutto in certi ambienti. Negli altri casi, sono le certificazioni a sostituire in tutto o in parte un rapporto tra allevatore, macello e macellaio. Un rapporto che allora era personale e suggellato con una stretta di mano, mentre oggi è messo nero su bianco e magari controfirmato da terzi. Formazione, formazione e ancora formazione, altro che improvvisazione! La resa di un prodotto è poi frutto di un’attenzione importante in tutte le fasi successive. A torto e inspiegabilmente, il macellaio è considerato

sotto il profilo amministrativo un mero commerciante e non un artigiano vero e proprio da iscrivere all’albo nella Camera di Commercio di riferimento. Il commerciante, infatti, per definizione acquista e rivende una cosa, talvolta senza intervento alcuno. L’artigiano invece — come nel nostro caso — il prodotto iniziale lo trasforma e talvolta lo modifica in maniera radicale. Chi è incapace di sezionare le carcasse, di effettuare i vari tagli, di disossare adeguatamente, svilisce infatti la materia prima o non la valorizza adeguatamente, depauperandola in tutto o in parte. Bisogna quindi conoscere adeguatamente la tipologia di carne sulla quale si interviene per lavorarla al meglio. Sezionare adeguatamente le varie parti significa anche dargli la giusta immagine per la presentazione nel banco. C’è poi da fare una scelta per destinare i tagli direttamente alla vendita o ad ulteriore lavorazione e in certi casi alla trasformazione in salumi o insaccati. Una fase fondamentale è poi quella della frollatura, un’arte vera

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cottura, con le spezie, le farciture e le impanature che a casa richiederebbero tempo e un’infinità di materie prime. Siamo un passo più avanti: oggi il prodotto è possibile acquistarlo cotto o, meglio ancora, degustarlo sul posto. E quel taglio invitante che fa bella mostra di sé al banco lo posso chiedere cucinato e servito al tavolo, sul posto. Oppure, viceversa, quello che ho appena degustato nella trattoria annessa alla macelleria, posso portarlo via crudo e provare a cucinarlo in prima persona, al rientro a casa. La cucina annessa alla macelleria è ormai una realtà diffusa e un modo per dare alla carne quel ruolo prezioso che merita nelle nostre diete, a dispetto di una campagna denigratoria, che mette a repentaglio le sorti del comparto a livello internazionale.

Il “nuovo volto della macelleria” passa naturalmente anche attraverso l’ingresso delle “nuove generazioni”, quelle che conoscono e usano alla perfezione i nuovi strumenti di comunicazione e i social per trasmettere lo spirito e i valori di una professione che ha nell’artigianalità il suo punto di forza. Come Alberto Cucchi, dell’omonima macelleria di famiglia a Castrezzato (BS), che si può seguire su: www.instagram.com/nato_col_grembiule. Bravissimo! e propria, che richiede competenza ed abilità. Viene poi la definizione dei prezzi e le prezzature vere proprie dei preparati confezionati e pronti all’acquisto, con l’indicazione in etichetta di tutti gli elementi prescritti dalle norme in materia, non ultimi gli allergeni. Tutto questo e molto altro ancora deve saper fare un macellaio. E chi ingenuamente crede che gestire una macelleria sia come mandare avanti un esercizio commerciale qualsiasi si sbaglia di grosso. Oggi più che mai. Oltre ad una mole di oneri burocratici e amministrativi, che implicano la compilazione quotidiana di moduli e documenti, a fine serata, nessuna esclusa, il macellaio — tanto più se opera in proprio — si trova davanti lo sconfinato lavoro che di solito

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avviene a serrande abbassate: cura e pulizia dei luoghi e degli strumenti del mestiere, verifica delle temperature dei banchi e delle celle e, nel caso di prodotti a lunga conservazione come gli insaccati, dello stato delle stagionature, dell’umidità degli spazi dedicati. Insomma, chi pensa che quella di mandare avanti una macelleria sia un’arte che si acquisisce con qualche settimana di gavetta non ha contezza alcuna di quel che dice. Perché è tutt’altro che improvvisazione. Oggi più che mai. Non a caso chi si forma come macellaio difficilmente resta senza lavoro, anche in tempi di crisi per questo settore. Artigianalità con cucina Il macellaio del 2020 non solo è quello che ti propone il piatto pronto alla

Victor Churchill, Australia Di esempi ne abbiamo molti e non solo in Italia. Una su tutte vorremmo menzionare. È quella che qualcuno ha definito la macelleria più bella del mondo, uno spazio raffinatissimo che assomiglia più ad una gioielleria che ad una beccheria. Ha sede nell’elegante Queen Street di Woollahra, nel Nuovo Galles del Sud, in Australia. Si tratta di VICTOR CHURCHILL e si presenta con una vetrina refrigerata a scaffalatura in rame e vetro. Le maniglie bronzee delle porte a forma di salsiccia fanno intendere che non stiamo entrando in un negozio di preziosi. Subito dopo, sull’ingresso, ecco degli armadietti a specchio con pareti retroilluminate di mattoni di sale himalayano, in cui i tagli vengono esposti con la stessa cura con cui si mostra un pezzo da museo. La macelleria VICTOR CHURCHILL non è solo un ambiente bellissimo e suggestivo, è anche il luogo in cui si esprimono nella pratica quelle relazioni che la gestione ha tessuto e consolidato nei decenni con i migliori allevatori di bestiame australiani. Non è infatti solo una questione di forma quello che si intende proporre: è la miglior carne possibile. In fondo, una barriera di vetro divide le aree dedicate alla lavorazione dai clienti. Una premura

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


La macelleria australiana Victor Churchill (photo © Paul Gosney; photo © Daina Marie Curci). che può sembrare eccessiva per il distacco che crea, ma che permette un incremento della shelf life delle carni e, nel contempo, un senso maniacale di igiene e pulizia. Un palcoscenico, insomma — come alcuni l’hanno definito — in cui i macellai si esibiscono nella lavorazione, dando a quel gesto la

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sacralità che merita e che pare aver perso da molto, troppo tempo. La stanza per la maturazione della delle carni unisce funzionalità ed eleganza in un connubio perfetto. Una cremagliera in movimento mostra a turno i diversi tagli appesi ad asciugare. La parete di sale dell’Himalaya che la chiude agisce

come depuratore d’aria naturale, riduce l’umidità e contribuisce al processo di frollatura a secco. Il banco degli affettati mostra i migliori salumi artigianali del mondo, anche non locali, dunque. Tra le offerte di carni, i bovini di razza Wagyu puri al 100%, ma anche il Black Angus e il Wagyu ibrido, il Kurobuta Pork, polli locali e una selezione di agnelli, conigli, anatre, e prodotti affumicati d’eccellenza. Non può sorgere il dubbio che ci sia dissonanza tra la meraviglia dei locali, la competenza dello staff e il sapore della carne. In questo ambiente dove nulla è lasciato al caso, non solo è possibile seguire una scuola per macellai, con diversi corsi su temi specifici, ma anche degustare i prodotti, finemente preparati, negli innumerevoli eventi che hanno luogo in Queen Street, dove la carne trionfa, senza mettere del tutto in ombra altre raffinate portate di pari livello. Insomma, ci sono ancora ampi spazi per le macellerie, a patto che si propongano con elementi distintivi e Victor Churchill ne è la dimostrazione. Sebastiano Corona

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Il prof. Pulina risponde a Milena Gabanelli

Clima e allevamenti intensivi

«È

più facile rompere un atomo che un pregiudizio». Con questa frase di ALBERT EINSTEIN il PROF. GIUSEPPE PULINA, presidente di Carni Sostenibili, ha esordito per affrontare alcuni pregiudizi sulle carni rilanciati con enfasi lo scorso febbraio sul CORRIERE DELLA SERA e su LA7. “La carne fa male all’ambiente” oppure è “pericolosa per la salute” sembrano essere diventati luoghi comuni. Ma il ragionamento di Pulina basato sul metodo scientifico smonta questi pregiudizi e offre spunti per ragionamenti equilibrati sulla sostenibilità degli allevamenti e delle produzioni animali. «Dopo essere stati contattati dai collabo-

ratori di MILENA GABANELLI per un servizio sugli impatti sul clima della zootecnia ed avere fornito dati e completa disponibilità, il servizio di Dataroom su “Clima e allevamenti intensivi” riporta dati inesatti ed informazioni scorrette» ha precisato il prof. Pulina. «Non si capisce perché, ma quanto da noi fornito ai giornalisti del Corriere della Sera è stato palesemente messo da parte o comunque ignorato (resta da capire il perché, se si sta parlando di giornalismo di inchiesta)». Di seguito riportiamo la lettera spedita a firma del presidente di Carni Sostenibili ai direttori del Corriere e de La 7, su cui il servizio di Dataroom è stato trasmesso.

Roma, 18 febbraio 2020 “Gentile Direttore, le scrivo a nome di Carni Sostenibili, l’associazione no profit che promuove la produzione sostenibile e il consumo consapevole di carni e salumi, in merito al servizio apparso nella rubrica Dataroom pubblicato ieri mattina sul Corriere della Sera e, successivamente, ripreso dal Tg de La7 nell’edizione delle 20:00. La missione di Carni Sostenibili è quella di contribuire al dibattito sul mondo della carne apportando informazioni scientificamente verificate, crediamo infatti che un dibattito informato sia il primo antidoto al dilagare di fake news e di campagne pericolose per tutti, soprattutto per i consumatori.

“In sintesi, è pericoloso e scorretto additare un settore di essere l’unico responsabile di un fenomeno multifattoriale, il climate change, che come tale andrebbe affrontato” scrive nella sua lettera il prof. Pulina. “Sarebbe davvero più semplice spiegare che tutti, a partire dai piccoli gesti quotidiani, possono partecipare alla cura del pianeta”.

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Innanzitutto vogliamo sottolineare che, una volta appreso che le associazioni aderenti a Carni Sostenibili sono state contattate dalla Sua redazione con richieste frammentarie di dati e informazioni, abbiamo immaginato potesse esserci l’intenzione di approfondire e ci siamo messi a completa disposizione. Abbiamo, infatti, inviato prontamente la sintesi del nostro rapporto, ad oggi uno dei documenti più completi per approfondire gli aspetti del settore. Spiace però constatare che il lavoro che abbiamo condiviso non solo non sia servito, ma stando alle informazioni divulgate non sia stato minimamente preso in considerazione. Ma andiamo per ordine. Di seguito troverà alcune importanti precisazioni che potrebbero aiutare il lettore a prendere una posizione più consapevole sui temi trattati. In primo luogo, il contributo del settore zootecnico alle emissioni. Non è corretto dire che l’allevamento intensivo pesa per 15% sul totale dei gas serra prodotti. Secondo le stime FAO, infatti, tutta la zootecnia mondiale ha un impatto climalterante dovuto alle emissioni di gas a effetto serra (GHG emissions) pari al 10,3% (senza considerare il LUC-Land Use Change, le cui stime sono controverse), o del 14,5% considerando il LUC. Da notare che nel 1990 l’incidenza era rispettivamente del 17% e del 25%. Prendendo poi in esame il solo settore zootecnico in Italia, il contributo totale ai gas serra scende al 4,4% (report ISPRA del 2017). Passiamo al consumo di acqua. È vero che per produrre 1 kg di carne di manzo servono 15.000 litri d’acqua? Non proprio, soprattutto in Italia. Quando si parla di consumo di acqua in relazione alla produzione di carne, infatti, si include anche quella usata per coltivazione dei foraggi necessari all’alimentazione del bestiame e nella fase di macellazione.

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Questo metodo di valutazione dei consumi d’acqua nel settore zootecnico calcola l’impronta idrica di un prodotto sommando appunto l’acqua “blu”, quella prelevata dalla falda o dai corpi idrici superficiali, l’acqua “verde”, quella piovana evo-traspirata dal terreno durante la crescita delle colture, e l’acqua “grigia”, il volume d’acqua necessario a diluire e depurare gli scarichi idrici di produzione. A livello complessivo, l’intero settore delle carni (bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua (acqua “verde”) e che vengono restituite all’ambiente, come l’acqua piovana; solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene effettivamente consumata. In Italia, inoltre, rispetto alla media mondiale, si impiega almeno il 25% d’acqua in meno per produrre un chilo carne bovina. Sulla questione della salute, neppure i dati sul consumo di carne citati da Dataroom sono esatti, o comunque non correttamente contestualizzati. C’è qualcosa che non viene preso in considerazione quando si accetta come vera la stima di 79,1 kg di carne all’anno consumata pro capite in Italia, che comunque posizionerebbe il nostro Paese al terzultimo posto per consumo in Europa: tale stima si basa sui “consumi apparenti” che, a differenza dei “consumi reali”, prendono in considerazione anche tutte le parti non edibili dell’animale: tendini, ossa, grasso, cartilagini… Riconsiderato in questa chiave, il consumo di carne in Italia non solo è in linea con i valori fissati dall’OMS, ma ben al di sotto: circa 38,5 kg pro capite all’anno. Riallacciandoci al tema della salute, gli autori dell’articolo parlano di centinaia di studi che legano il consumo di carne a problemi di salute. Potremmo rispondere che ne esistono altrettanti che smentiscono tale legame.

Caso eclatante, proprio il rapporto dell’OMS, la cui lettura mediatica è stata fuorviante e molto distante dai contenuti dello studio stesso. In questo senso vogliamo citare solo il Global Burden of Disease Study pubblicato sulla prestigiosa rivista LANCET, per cui l’approccio alla salute pubblica deve mutare, concentrandosi più sugli alimenti da integrare che su quelli da evitare. La salute si persegue diffondendo i precetti per un corretto stile di vita, non con divieti. In sintesi, è pericoloso e scorretto additare un settore di essere l’unico responsabile di un fenomeno multifattoriale, il climate change, che come tale andrebbe affrontato. Evitando la caccia al capro espiatorio, sarebbe davvero più semplice spiegare che tutti, a partire dai piccoli gesti quotidiani, possono partecipare alla cura del pianeta. Senza dimenticare che la carne gioca un ruolo fondamentale per i Paesi in via di sviluppo. Lo stesso studio dell’IPCC, non certo un report di parte, ha infatti riconosciuto l’importanza delle proteine animali per assicurare la sussistenza di ampi strati di popolazione. Speriamo che questi materiali siano di aiuto per creare i presupposti per un dibattito sempre più informato. Restando a vostra disposizione per eventuali approfondimenti, saremmo felici di incontrare Lei e la Sua redazione”. Cordiali saluti, Professor Giuseppe Pulina Presidente Carni Sostenibili

>> Link: www.carnisostenibili.it

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FORMAZIONE

Corso Carni Sostenibili: il primo mini-master sulle carni Per il presidente di Carni Sostenibili, il professor Giuseppe Pulina, «un impegno concreto per divulgare con rigore scientifico i temi legati alla sostenibilità di una delle principali attività produttive italiane»

S

i è svolto a febbraio, presso la sede del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, il master interamente dedicato alle “Carni Sostenibili”, organizzato e promosso dal Dipartimento stesso col sostegno di Carni Sostenibili, associazione no profit nata per diffondere un approccio consapevole alle proteine animali, insieme ad ASSALZOO, l’associazione nazionale dei mangimisti, e all’Agnello di Sardegna IGP, Consorzio di tutela dell’Agnello sardo. Il corso è stato inoltre patrocinato da ATS – Azienda Tutela Salute Sardegna, ASPA - Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale per la Sardegna. Organizzato in cinque cicli di lezioni, il corso, completamente gratuito, è stato pensato per gli studenti, i dottorandi e gli specializzandi universitari, per i professionisti del settore — agronomi, veterinari, medici e nutrizionisti — e per i giornalisti.

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Sono stati tre gli ambiti di approfondimento del corso: le filiere produttive (bovina, ovina, suina e avicola), il rapporto fra il consumo di carne e la salute, con particolare attenzione all’assunzione di proteine animali in età pediatrica, negli anziani e negli sportivi e gli aspetti relativi all’etica della produzione e all’informazione. «Il corso ha costituito un impegno concreto per divulgare con rigore scientifico e metodologia didattica universitaria i temi legati alla sostenibilità di una delle principali attività produttive dell’agricoltura italiana e dell’agrifood in generale», ha commentato GIUSEPPE PULINA, presidente di Carni Sostenibili e titolare dell’iniziativa di formazione. «Gli esperti che hanno contribuito al mini-master sono fra i principali responsabili delle filiere produttive di settore, scienziati di chiara fama e medici affermati che arricchiranno il livello tecnico e culturale del corso con la massima

conoscenza oggi disponibile in Italia su questi temi». Dopo gli incontri frontali in aula, il mini-master è oggi fruibile in elearning sulla piattaforma carnisostenibili.it, attraverso 21 video-lezioni con chart scaricabili. Ogni lezione del corso può essere seguita singolarmente così da allargare il bacino degli utenti ad un pubblico quanto più vasto possibile, dando la possibilità a ciascuno di approfondire anche un solo ambito di interesse. «Mai come oggi — ha aggiunto Pulina — esiste la necessità di diffondere e produrre informazione di qualità e su base scientifica riguardo al mondo della carne, alimento fondamentale e settore produttivo centrale nella nostra economia, che sempre più spesso rischia di essere messo in cattiva luce dal dilagare di fake news dannose per il comparto e pericolose per la salute del consumatore». >> Link: www.carnisostenibili.it

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TUTTO IL BIOLOGICO, OGGI

Cresce il biologico in UE All’ultima edizione del salone internazionale di Norimberga sono stati presentati i nuovi dati sull’andamento del biologico in Europa: un mercato che registra un +8% di crescita nel 2018, raggiungendo un fatturato di 40,7 miliardi di euro. FederBio: in Italia si punti a politiche a sostegno del settore

I

l biologico continua a crescere. Secondo i dati presentati al BIOFACH di Norimberga, la più grande fiera mondiale per gli alimenti e l’agricoltura biologica che ha luogo ogni anno nel mese di febbraio, il bio è in continuo aumento. Le analisi del Research Institute of Organic Agriculture (l’Istituto svizzero FiBL) e di IFOAM, la Federazione delle associazioni del biologico a livello mondiale, lo

confermano: la superficie globale coltivata con metodo biologico ha fatto registrare un incremento di due milioni di ettari in un solo anno in base ai dati rilevati a fine 2018 in 186 nazioni. Gli Stati Uniti restano il primo mercato mondiale, mentre in Europa la Spagna si conferma il Paese più green seguito dalla Francia, la nazione in cui il biologico ha raggiunto lo sviluppo maggiore delle

vendite (+15%). L’Italia continua a distinguersi con buoni risultati per quanto concerne la produzione, le superfici coltivate, i consumi e l’export. Con un valore di 3,5 miliardi di euro a fine 2018 è il quinto mercato mondiale per consumi e l’ottavo Paese al mondo (terzo in Europa, dopo Spagna e Francia) per superfici coltivate a bio con poco meno di 2 milioni di ettari.

L’Italia è il quinto mercato mondiale per consumi bio e l’ottavo Paese al mondo (terzo in Europa, dopo Spagna e Francia), per superfici coltivate a biologico con poco meno di 2 milioni di ettari (photo © piyaset – stock.adobe.com).

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FederBio, la federazione nazionale che da 28 anni tutela e promuove l’agricoltura biologica e biodinamica, sottolinea come il biologico italiano, con quasi due milioni di ettari, che rappresentano il 15,5% della superficie agricola, leader in Europa per numero d’imprese con oltre 79.000 operatori, abbia ormai un ruolo strategico per il futuro dell’agricoltura italiana ed europea. Le caratteristiche del sistema agroalimentare del nostro Paese, orientato alla qualità e al legame tra prodotto e territorio, lasciano ancora ampi margini di crescita che potrebbero caratterizzare il biologico, se fosse adeguatamente supportato da politiche di sviluppo in grado di conciliare sostenibilità ambientale ed economica. «I risultati presentati al Biofach nel rapporto “The World of organic agriculture” confermano gli importanti trend di crescita del biologico in Europa, un mercato cresciuto dell’8% e che si attesta a 40,7 miliardi di euro» ha dichiarato MARIA G RAZIA M AMMUCCINI , presidente FederBio. «L’Italia continua ad essere uno dei Paesi protagonisti a livello europeo, ma è la Francia la

Come deve essere un allevamento biologico? Gli animali sono allevati con tecniche che rispettano il loro benessere: hanno accesso ogni giorno a pascoli e spazi aperti e la loro densità è limitata. L’agricoltura biologica si integra al ciclo della natura, nel pieno rispetto dell’ambiente e della salute degli animali. L’animale e il suo benessere acquisiscono più importanza; per questo non è permesso aumentare velocità della crescita o la produzione di carne, latte e uova ricorrendo a sostanze non naturali come ormoni, antibiotici e promotori della crescita. L’alimentazione si basa su foraggi biologici (freschi e secchi) e su mangimi anch’essi biologici; le eventuali cure veterinarie utilizzano prodotti omeopatici o fitoterapici (fonte: FederBio).

nazione che ha avuto il più ampio margine di crescita in quest’ultimo periodo. Siamo partiti per primi sul biologico, ma rischiamo di essere superati se non riusciamo a mettere in campo strategie adeguate e investimenti in termini di ricerca, innovazione e formazione per favorire la conversione all’agricoltura biologica. Per questo rilanciamo con forza l’appello al Governo italiano e al Senato della Repubblica ad accelerare l’iter di approvazione del progetto di legge sull’agricoltura biologica, già ap-

provato a larghissima maggioranza dalla Camera. Ci auguriamo che questa sollecitazione contribuisca a riportare al centro dell’agenda politica l’approvazione di un testo che, già deliberato alla Camera, contribuirebbe a creare le condizioni ideali per preservare quel patrimonio di diversità ambientale che rende il nostro Paese un unicum a livello mondiale». >> Link: www.biofach.de feder.bio

La comunità scientifica detta le dieci azioni chiave che la futura PAC dovrà contenere per fermare la crisi climatica e della biodiversità Oltre 3.600 scienziati da 36 Paesi affermano che l’attuale PAC è tra i fattori principali che hanno condotto all’attuale emergenza climatica e perdita della biodiversità, oltre ad aver fallito anche gli obiettivi socio-economici per le aree rurali. Il modello di agricoltura intensiva promosso dalla PAC, infatti, porta direttamente alla perdita di biodiversità, all’inquinamento dell’acqua e dell’aria e contribuisce alla crisi climatica. Basti pensare che dal 1980 l’UE ha perso il 57% degli uccelli legati agli ambienti agricoli. Nello stesso tempo, gli scienziati assicurano che è proprio dalla futura PAC che si può e si deve ripartire per trovare una soluzione a queste crisi ambientali. La ricetta per la transizione ecologica dell’agricoltura prevede una PAC che smette di finanziare pratiche distruttive, ponendo immediatamente fine ai sussidi alla produzione e sopprimendo gradualmente i pagamenti diretti basati solo sul possesso della terra, aumentando al contempo in modo significativo il sostegno alla transizione degli agricoltori verso un’agricoltura più sostenibile e rispettosa della natura. Forti anche le richieste per il sostegno alla multifunzionalità e l’aumento dei controlli e del monitoraggio dell’efficacia ambientale degli interventi finanziati. “Questo appello urgente di migliaia di scienziati è senza precedenti e arriva in un momento cruciale — affermano le associazioni della coalizione #CambiamoAgricoltura — perché in questi mesi è in corso il dibattito sul prossimo periodo di finanziamento della PAC (2021-2027), in parallelo alle discussioni sul bilancio UE post 2020, incluso quanto andrà all’agricoltura e a quali condizioni. È fondamentale che il nostro paese all’interno del proprio piano strategico metta al centro le sfide della sostenibilità ambientale dell’agricoltura, perché solo così si potranno vincere sul lungo periodo anche le sfide economiche e sociali” (info: besjournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/pan3.10080; fonte: feder.bio).

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Vion: nuove linee di prodotto bio De Groene Weg e un pack innovativo

All’interno di Biofach 2020, Vion, gruppo olandese tedesco leader nella produzione di carne, ha presentato una vasta gamma di prodotti per il lancio della linea De Groene Weg: costata di manzo, filetto e scamone di manzo biologico, oltre ad hamburger e carne macinata. Sul fronte no-meat biologico Vion ora produce anche la quinoa nelle varianti al bacon e al curry. Per quanto riguarda il suino, sempre a Norimberga sono stati lanciati la cotoletta panata (Wiener schnitzel), il filetto e le bistecche sia al naturale che marinate. Con la sua offerta di prodotti bio Vion sta rispondendo ad una crescente richiesta da parte del mercato che in Germania ha raggiunto il 10% e che conferma il trend in ascesa anche in Scandinavia e Francia. Con all’attivo una maturata esperienza nel settore del bio sviluppata nei Paesi Bassi attraverso la commercializzazione della carne biologica De Groene Weg, Vion oggi è presente sul mercato internazionale con una linea di prodotti articolata. Al Biofach, presso lo stand, Vion ha presentato anche il suo nuovo concetto di packaging sostenibile che si adatta perfettamente ai prodotti biologici. Ciò include l’imballaggio di cartone piatto di Vion con il 60 % di plastica in meno. I singoli materiali di imballaggio possono essere facilmente separati gli uni dagli altri e riciclati. Tutti gli altri prodotti di De Groene Weg sono stati presentati in una nuova confezione ecologica fatta per la gran parte di cartone. La differenza rispetto al tradizionale contenitore per carne è notevole: Vion utilizza l’80% in meno di plastica e il rivestimento è completamente riciclabile. Con questi innovativi concetti di packaging, Vion persegue la propria strategia volta a diventare leader nella sostenibilità nell’industria delle carni e dei prodotti trasformati. Contatto: Maartje.Kuijper@vionfood.com

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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

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Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Sfilaccetti di Cavallo con Julienne di Verdure. Esecuzione: bollire per qualche minuto le verdure tagliate julienne, guarnire il piatto e condire con un emulsione di olio d oliva e sale di sedano. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Sfilaccetti, 2 Carote, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, 2 Zucchine, 200 gr. Cappuccio Bianco,

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Nuove date 13-14 AGOSTO

GARE CARNIVORE

2021 Inizia il countdown al World Butchers’ Challenge

È

iniziata la prevendita on-line dei biglietti per l’edizione 2020 del World Butchers’ Challenge, la competizione carnivora dell’anno che si svolgerà venerdì 4 e sabato 5 settembre al Golden 1 Centre di Sacramento, California. Ribattezzata le “Olimpiadi della Carne”, la gara metterà a confronto 16 squadre di macellai professionisti provenienti da 16 Paesi che si sfideranno a colpi di coltello per tre ore e un quarto. L’obiettivo sarà quello di disossare una mezzena di bovino e di suino, un agnello intero, 5 polli e realizzare un banco carni perfetto. Nella giornata di venerdì si svolgerà l’evento dedicato ai giovani butchers, World Champion Butcher

Apprentice & Young Butcher Competition mentre sabato 5 settembre sarà il turno dei macellai professionisti. «Questa gara sta generando molto interesse» ha detto MIKE TESTA, CEO di Visit Sacramento. «Il motivo è semplice: prendi i migliori macellai del mondo, li porti all’interno di uno scenario unico come il Golden 1 Centre di Sacramento, li rifornisci di carni di qualità e chiedi loro di lavorarle e trasformarle in poche ore in una serie di piatti che rappresentano il loro vissuto, la loro cultura di appartenenza, la loro storia». Il World Butchers’ Challenge coinciderà con il festival Farm-To-Fork di Sacramento. Tutti e 16 i team —compresa la nostra Nazionale italiana Macellai, che con orgoglio

porterà il Tricolore al Golden 1 Centre — si stanno allenando senza sosta. Ricordiamo le nazioni iscritte alla gara: Australia, Brasile, Bulgaria, Canada, Francia, Galles, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Messico, Nuova Zelanda, Sudafrica, UK e USA. «I posti sono limitati e il mio consiglio è quello di acquistare fin d’ora il proprio biglietto» ha detto ROD SLATER, presidente del World Butchers’ Challenge. La prevendita dei biglietti è disponibile sulla piattaforma Ticketmaster.com • Per info: www.nazionaleitalianamacellai.it www.worldbutcherschallenge.com

World Butchers’ Challenge 2020 5 settembre 2020 World Champion Butcher Apprentice and Young Butcher competition 4 settembre 2020 Golden 1 Center – Sacramento (California) www.worldbutcherschallenge.com

Uno scatto durante la competizione del World Butchers’ Challenge 2018 a Belfast, che vide la vittoria del team irlandese. Qui i giudici di gara esaminano il banco carni realizzato dalla Nazionale italiana Macellai. In foto, tra i giudici, Mara Labella e Gianni Giardina, Francesco Camassa e Roberto Passaretta.

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Ecco i team dei Paesi in gara per l’edizione 2020. 1) Il Team Australia, The Australian Steelers. 2) Per il Brasile, The Real Butcher Team. 3) Il Team Bulgaria. 4) Il Team Canada, new entry a Sacramento. 5) Team France Boucherie. 6) Il Team del Galles, una delle novità dell’edizione 2020, non ha ancora definito i suoi componenti.

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1) Il Team Germania, The Butcher Wolfpack. 2) Il Team Grecia, Meating Greece. 3) Il Team Irlanda. 4) Il Team Islanda, novitĂ del 2020. 5) Il Team Italia, la nostra agguerritissima Nazionale Italiana Macellai. 6) Il Team del Messico, altra new entry di questa edizione.

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1) Il Team Nuova Zelanda, The Sharp Blacks. 2) Il Team Sudafrica. 3) Il Team UK, The British Beefeaters. 4) Il Team USA, i Butchers of America.

Ecco la formazione della Nazionale Italiana Macellai —ad oggi — che a settembre volerà a Sacramento per partecipare alla competizione. «La Nazionale Italiana Macellai si sta preparando a dare battaglia, portando per la prima volta in competizione anche due rappresentanti per la categoria Young Butchers» dichiarano i nostri Azzurri. Eccoli: • Francesco Camassa (coach), Macelleria Camassa (Grottaglie, TA); • Davide Cecconi, Macelleria Cecconi (Ceccano, FR); • Giuseppe De Falco, O’ Sistimato (Melito di Napoli); • Fabrizio Gasparrini, Macelleria Da Samorina (Loreto, AN); • Gianni Giardina, Macelleria Giardina (Canicattì, AG); • Mara Labella e Orlando Di Mario, Macelleria Labella (Sermoneta, LT); • Andrea Laganga, Macelleria Laganga (Grosseto); • Roberto Passaretta, Roberto Passaretta Srl Lavorazione e Distribuzione Carni (Minturno, LT). Young Butcher: Daniele Gargano (Rionero In vulture, PZ), Maro Iuculano (Ferrara), Martino Demita (Martina Franca, TA) e Antonio Pironti (Atripalda, AV). Sponsor ufficiali: AIA, La Bottega (aiafood.com), Gruppo Vercelli (gruppovercelli.it), Alitek Teknologie Alimentari (alitek.it). >> Link: www.nazionaleitalianamacellai.it

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MACELLERIE D’ITALIA

I macellai come i marinai Navigare a vista, ovvero prendere le decisioni in base alla situazione del momento. Sembra l’applicazione di questo assunto marinaresco il segreto del successo di Aldo Iacomoni. Dopo una macelleria, un salumificio e un ristorante, tutti a Monte San Savino (AR), a dicembre ha aperto anche la griglieria “Qui Ciccia”. Assoluta protagonista è la carne di Chianina di Federica Cornia

«A

ldo, ce la fai una bistecca?». ALDO IACOMONI negli anni si è sentito più volte rivolgere questa domanda.

Soprattutto dopo aver aperto a pochi metri dalla sua storica macelleria nella piazza centrale di Monte San Savino, bel borgo in provincia di

Arezzo, il ristorante Le delizie di Aldo. Ricavato in una vecchia cantina del 1600, sulle tavole apparecchiate del suggestivo locale, oltre ai tagli

Aldo Iacomoni.

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Bistecca di Chianina al ristorante griglieria “Qui Ciccia”. scelti della macelleria, finiscono i prodotti dell’azienda di famiglia Sapori della Valdichiana, come il salame toscano, la finocchiona IGP e la mitica porchetta cotta a legna. Ancora oggi la cuoce nei forni di materiale refrattario scaldati con scopa d’erica. Il maiale sgocciola, perde tutto il suo grasso e quando lo mangi si scioglie in bocca. Della porchetta Aldo ne ha fatto la protagonista indiscussa della sagra che ha promosso negli anni ‘60 a Monte San Savino, oggi appuntamento dal sapore internazionale che la seconda domenica di settembre attira curiosi e appassionati del gusto, e nel 2010 con la porchetta più lunga del mondo è entrato nel Guinness World Records. È un po’ il suo prodotto del cuore, ci dice Aldo, perché gli ha permesso di crescere, espandere l’attività fino ad arrivare al presente con all’attivo la macelleria, il salumificio e il ristorante, ai quali si aggiunge ora anche la griglieria Qui Ciccia, ultima arrivata in quel di Monte San Savino. Qui la protagonista assoluta è la carne di Chianina. In particolare la

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carne di Chianina frollata, passione che Aldo coltiva fin dagli anni ‘70, quando ancora erano in pochissimi a parlare di questo procedimento di maturazione. «Ho sempre lavorato con la frollatura, ma un tempo spesso mi chiedevano se per caso la carne non fosse andata a male. Ora, invece, che di frollatura se ne parla di più e la gente è più informata e consapevole di ciò che mangia, la richiede» ci dice Aldo. E continua: «Anche gli stranieri. I tedeschi, per esempio, chiedono frollature molto lunghe, il che significa carne ottenuta da animali vecchi. Qui da noi però al massimo arriviamo a 45-50 giorni perché utilizziamo animali più giovani.

In questo lasso di tempo la carne perde l’acqua sufficiente, rimane morbida come il burro e ha un sapore tutto particolare». Ecco allora che da Qui Ciccia la carne frollata di Chianina sfrigola sulla griglia e si gusta nel ragù, bianco o al pomodoro, a condimento della pasta. Le bistecche vengono servite su piatti caldi con contorno di patate spadellate e insalata, nella più totale semplicità per esaltare il gusto della carne. «Il cliente sceglie i tagli dal frigo a colonna a tre “piani”, in base alla frollatura desiderata: al primo piano c’è la carne frollata 40 giorni, al secondo piano 35 giorni, al terzo piano 30 giorni. Il cliente sceglie quello che vuole, io taglio e poi cuocio».

«Se l’animale cresce bene è un bene anche per noi che lo mangiamo; per questo è fondamentale per me il contatto diretto con l’allevatore» ci racconta Aldo Iacomoni. «Il macellaio, per non essere un semplice “banconiere” è così che deve fare: andare in stalla, scegliere l’animale, macellarlo, lavorarlo e proseguire con la frollatura»

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In alto: Aldo Iacomoni ospita nel proprio laboratorio gli studenti di ALMA per lezioni di taglio della carne, la cui conoscenza è indispensabile per diventare buoni cuochi. In basso: i locali di “Qui Ciccia”.

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Ma quando si parla di carne, ci tiene a sottolineare Aldo, bisogna sempre tenere presente che tra un animale e l’altro c’è differenza. E che la qualità dipende anche dal modo in cui il capo è stato allevato. «Se è stato allevato bene — ci dice — di solito una volta macellato è ben coperto di grasso». E siccome ci tiene in modo particolare da sempre, visita personalmente i piccoli allevamenti della Valdichiana da cui si fornisce. Per lo più sono allevamenti da 12-20 capi, il più grande arriva ad un’ottantina circa, e il bestiame è nutrito esclusivamente con foraggio e biada. «Se l’animale cresce bene è un bene anche per noi che lo mangiamo. Per questo è fondamentale per me il contatto diretto con l’allevatore. Consideri che io sono aperto anche alla domenica, alle 7:00 mi alzo e visito due o tre allevamenti prima di andare in macelleria. Per me il macellaio, per non essere un banconiere è così che deve fare: andare in stalla, scegliere l’animale, macellarlo, lavorarlo e frollarlo». Ed è proprio questo atteggiamento quello che cerca di trasmettere agli allievi che arrivano da ALMA, la Scuola internazionale di Cucina Italiana di Colorno (PR). Perciò gli aspiranti chef, Aldo li porta prima in stalla, poi al laboratorio per le lezioni di taglio della Chianina e, infine, a tavola nel suo ristorante, dove possono verificare, forchetta alla mano, la bontà del taglio. «Anche Marchesi lo diceva: “Se non si insegna ai ragazzi il taglio della carne, non diventeranno mai buoni cuochi”». E aggiunge: «La bellezza è anche qui, in questa trasmissione di conoscenze». Non a caso, nel 2016, è stato insignito a Milano del titolo di MAM-Maestro d’Arte e Mestiere. Conoscenze che anche i figli, GIORGIO, che segue la produzione salumiera nello stabilimento nella periferia di Monte San Savino, e la moglie GIORGINA, che da sempre lo affianca in macelleria, hanno appreso e fatto proprie. Merito della grande passione di Aldo, che le veicola.

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Se di acqua sotto i ponti ne è passata, da quando ancora bambino seguiva il norcino a macellar per campagna, ricevendo come ricompensa ciò che rimaneva nel tritacarne dopo la lavorazione, la passione per il suo mestiere, invece, è rimasta inalterata. Senza passione non sarebbe stato possibile delineare quel servizio a 360º sul prodotto carneo che è oggi Sapori della Valdichiana. E nemmeno passare attraverso tutti quei cambiamenti richiesti da un mercato negli anni soggetto ad un andamento sempre più bizzarro. Per questo Aldo sottolinea che Qui Ciccia era anche un servizio necessario. Come a suo tempo lo è stato il ristorante, rifornito con la carne della macelleria in un momento di passaggio in cui erano sempre più richiesti i pronti a cuocere. «C’è stato un momento in cui addirittura ci richiedevano preparazioni cotte e noi preparavamo trippa, spezzatino con patate e piselli e tagli meno nobili. Le abitudini del consumatore nel tempo sono cambiate, si cucina sempre meno e si va di più al ristorante». Così come dalla continua richiesta di preparati pronti a cuocere è nata l’idea di aprire Le delizie di Aldo, dalla necessità di far vivere la macelleria è nata l’idea della griglieria. «Bisogna cercare di capire qual è la tendenza del mercato in base ai tempi e cercare di seguirla. Un po’ come fanno i marinai. Bisogna partire alla scoperta perché c’è sempre un punto d’arrivo». Ad oggi l’approdo più stimolante per Aldo sembra quello del passaggio di consegne ai più giovani, della trasmissione di un sapere che ha le radici nel saper fare. Tra questi c’è il nipote, il quale volentieri lo segue in stalla e insieme si divertono a stimare il peso dei capi. Federica Cornia >> Link: www.saporidellavaldichiana.com Nota Photo © Stefano Del Pianta.


Rizzato: trippe, nervetti, baccalà e preparati, la cucina in macelleria di Gian Omar Bison

N

é solo pronto cuoci né solo gastronomia. La macelleria e gastronomia Rizzato, a Rivale di Pianiga (VE), è una via di mezzo adattata negli anni ai diversi usi e consumi delle nuove generazioni, con l’ambizione di fare un passo ulteriore, la ristomacelleria, ossia una bottega autorizzata alla somministrazione di alimenti e bevande da consumare all’interno del locale. In una zona storicamente a

vocazione contadina, il consumo di pietanze tradizionali è rimasto nei palati e nelle memorie degli abitanti, anche quelli più giovani. Parliamo di baccalà, alla vicentina o mantecato alla veneziana, di trippe e nervetti, di quinto quarto. E nella cucina giusto dietro il bancone i fornelli lavorano senza sosta. Tutto è partito con ROBERTO RIZZATO, originario di Rivale, che all’età di quattordici anni iniziò a

lavorare nel macello Coi a Caselle di Santa Maria di Sala (VE). Dopo due anni, pur molto giovane, aprì insieme ad un fratello, una sorella e una cognata tre macellerie a Mestre. Due all’inizio e una terza in via Tevere al rientro dal servizio di leva militare. «Erano i primi anni Ottanta — ricorda Marina — e quella a Mestre l’ha tenuta una quindicina d’anni, periodo nel quale ci siamo conosciuti e abbiamo

La parte del bancone riservata ai preparati della Gastronomia & Macelleria Rizzato.

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G-Concept, sistema di refrigerazione con impianto a bordo a glicole, specifico per la carne. Meno perdite di peso. G-Concept non secca la carne. Grazie alla ventilazione particolarmente contenuta e al controllo ottimale di umidità e temperatura, il calo di peso della carne è inferiore del 50% rispetto a un normale banco ventilato. Il risparmio raggiunge mediamente 9.000 Euro all’anno.

Meno lavoro. Sono finite le alzatacce al mattino per esporre la carne e il lavoro a fine giornata per riporla in cella. Con G-Concept la carne può rimanere nel banco durante la notte senza nessun problema. Si possono evitare annualmente fino a 720 ore lavorative per un risparmio di circa 14.400 Euro all’anno.

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Oltre alla vasta scelta di prodotti già cotti e pronti a scaldare, la Macelleria Rizzato offre naturalmente anche carne fresca di manzo, maiale e pollo e una bella selezione di salumi.

lavorato assieme fino alla decisione di avvicinarci a casa non appena avessimo trovato un posto idoneo per trasferirci. Posto che abbiamo poi trovato esattamente a 100 metri dalla bottega attuale, dove ora c’è una fioreria». Sono rimasti lì dieci anni, per poi acquistare e trasferirsi nella sede dove si trovano da dodici anni. «Da un paio d’anni a

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questa parte di lavori di restauro e manutenzione ne abbiamo fatti parecchi. E, per quanto riguarda la cucina, siamo partiti prima con un piccolo forno e poi, considerato che la clientela ci chiedeva sempre di più i preparati, abbiamo ingrandito la cucina. Lo scorso anno abbiamo comperato la friggitrice, il fornello a gas e un forno più grande».

Marina lavora con Roberto da circa vent’anni. «Ci siamo resi conto nel tempo che di carne se ne mangia sempre meno. È cambiata la mentalità dei consumatori. Anche noi, come tutti i piccoli negozi di vicinato, abbiamo patito, il boom della Distribuzione Organizzata. A quel punto abbiamo cercato di alzare la gamma della nostra offerta

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e puntare sulla qualità, notando come stia crescendo il numero di clienti che vogliono avere informazione sulle carni e che cercano materie prime tracciate e naturali per quanto possibile». Il figlio Nicola, ventenne, ha fatto la scuola superiore di meccatronica diplomandosi a pieni voti dando contemporaneamente una mano in bottega e coltivando una passione smodata per la cucina e la lavorazione delle carni. «Mi piace il contatto con la gente — dice Nicola — e continuo a seguire corsi di cucina cercando di ampliare sempre di più la gamma dei preparati, anche quelli a base di pesce. Quando siamo chiusi, ne approfitto per aggiornarmi e, magari, andare a lavorare nella cucina di qualche ristorante. Non ho l’ambizione di aprire un ristorante. Quello che facciamo, ampliabile, va più che bene. Devo migliorare nel lavoro sulle carni, nel taglio, perché ci vuole esperienza». «Eppure — sottolinea Marina — diventare ristomacelleria è una cosa sulla quale riflettiamo da tempo e che a mio marito sarebbe sempre piaciuta. Però gli spazi di cui disponiamo non sono sufficienti e neanche idonei per poterci allargare e dedicarci ad un’attività di questo tipo. Vedremo in futuro». Per quanto riguarda il bovino, si servono dalla ditta Rosa Carni di Camposampiero (PD). «Chiediamo in particolare la carne di bovini pezzati nati e allevati in Spagna perché abbiamo constatato essere la più gradita a noi e alla nostra clientela. Carne buona alla quale prestare la giusta frollatura». Per il suino hanno due fornitori: Estuario Carni di Noventa di Piave (VE), dal quale si riforniscono anche per l’avicolo, e il Salumificio Scapocchin di Legnaro (PD), per i salumi. «Qualche anno fa facevamo anche gli insaccati, ma cercando da sempre il prodotto naturale facevamo fatica a stagionarli a dovere. In più era troppo lavoro. In ogni caso, quando sentiamo, anche dai colleghi, che ci sono salumi di qualità da assaggiare, li proviamo sempre. Se ci piacciono, iniziamo a proporli».

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Roberto, Marina e Nicola nella loro macelleria di Pianiga (VE). La gastronomia ha di base la carne proposta al bancone trasformata in vari modi, dal ragù alla grigliata. «Da qualche anno prepariamo anche il baccalà, che ci viene richiesto molto. Compriamo lo stoccafisso e lo lavoriamo, dalla battitura all’ammollo per giorni. Lo proponiamo alla vicentina, mantecato e condito. In generale, cerchiamo sempre di mantenere i piatti tradizionali, della memoria contadina. Prepariamo il quinto quarto, trippe, nervetti e altro. I giovani non sono sempre così ricettivi ma resta la curiosità per preparati tipici che i nonni hanno sempre cucinato e consumato».

Sintomatico dei tempi e dei consumi che corrono secondo Marina è l’evoluzione del bancone. «Negli anni, partendo da un bancone di sei metri con parecchia carne esposta e un angolino di pronto cuoci e gastronomia, ci troviamo adesso che la gastronomia e i pronto cuoci (polpette, hamburger, pizzette di carne…) si sono allargati molto. Sarà rimasto un metro riservato ai tagli di carne cruda». Gian Omar Bison Gastronomia & Macelleria Rizzato Via di Rivale 129 A/C 30030 Pianiga (VE) Telefono: 041 5190188

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PRODOTTI TIPICI

Tour “carnivoro” in Franciacorta con Polastri Maceler Ivan Palazzi, della storica macelleria-norcineria Polastri Maceler, di Torbiato di Adro (BS), ci accompagna alla scoperta di alcune delle specialità franciacortine a base di carne, dalla margiola allo spiedo bresciano di Giorgio Montanari

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mmaginate di esservi smarriti durante un viaggio in Lombardia. In automobile, tranquilli, osservate il panorama. Le colline rilassano il vostro percorso. Il lago dona un senso di pace. Ad un tratto, l’olfatto vi attira verso profumi di

carne e spezie. Subito dopo, sentori di vino inebriano la giornata. Ecco, siete capitati in Franciacorta. Per chi vuole lasciarsi tentare dal peccato di gola, ed è amante dei prodotti a base di carne, la ricca zona collinare a sud del lago d’Iseo

offre tante alternative. Per scoprirle, abbiamo visitato una storica macelleria-norcineria lombarda, Polastri Maceler (www.polastrimaceler.it), per tanti anni situata nel paese di Capriolo ma ora ospitata a Torbiato di Adro (BS).

Maestri da quattro generazioni nell’arte della norcineria, i componenti della famiglia Palazzi producono salumi tradizionali della Franciacorta accanto a salumi “creativi” come il cacciatorino aromatizzato alla liquirizia.

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INNOVAZIONE PER L’INDUSTRIA DELLE CARNI

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INNOVAZIONE PER L’INDUSTRIA DELLE CARNI

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E’ un’iniziativa, ideata da Ecod, per creare sinergie vincenti tra le industrie che producono l’eccellenza italiana nel settore carni e pesce e i loro fornitori di tecnologie ed ingredientistiJH PU \U X\HY[PLYL ÄLYPZ[PJV TVKLYUV L YHaPVUHSL JVTL X\LSSV KP )VSVNUH

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La Rèt è il salame tipico di Capriolo, comune a due passi dal lago d’Iseo. L’insaccato ha una particolarità oggi rara: quella delle dimensioni importanti: il suo peso varia infatti dai 5 ai 14 kg e, proprio per questo motivo, un tempo era la “regina” della festa in occasione di nascite, battesimi, matrimoni. IVAN PALAZZI, figlio d’arte, lavora nell’azienda di famiglia da 45 anni. Quando abbiamo chiesto di descrivere il panorama locale dei cibi a base di carne, abbiamo avuto la sensazione che l’intervista sarebbe potuta durare degli anni…! La produzione è infatti particolarmente ampia ed articolata. Margiola per cominciare Il salume principe della terra di Franciacorta è la Margiola, chiamata anche Rete o Rèt (per informazioni approfondite si veda di MONTANARI G., Margiola: goloso salume dalle terre del Franciacorta, in PREMIATA SALUMERIA ITALIANA n. 5/2015, pag. 82). Dal 2008 il prodotto si fregia della DE.CO., ossia della Denominazione Comunale d’origine, un importante presidio ottenuto dopo mesi di lavoro di certificazione e catalogazione. Un’altra De.Co. lombarda, il manzo all’olio Originario del paese di Rovato, si tratta di un appetitoso secondo piatto proposto nei migliori ristoranti della zona. La ricetta prevede che il taglio bovino (il cosiddetto “cappello del prete”) sia cucinato

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insieme ad un invitante preparato fatto con olio extravergine d’oliva, acciughe, aglio, prezzemolo. Per donare più sapidità, alcune varianti prevedono l’aggiunta di ritagli di prosciutto crudo. Terminata la lunga cottura, che può arrivare a quattro o cinque ore a seconda della pezzatura della carne, si estrae il manzo, lo si taglia e si dispone sul piatto. Lo spessore delle fette è minore di un centimetro. La base di cottura, ancora nella pentola, è pronta per diventare la stuzzicante salsa che ammorbidirà il manzo. Per fare ciò, si aggiunge del pan grattato (e, se si vogliono sottolineare le note dolciastre, un cucchiaio di Grana Padano DOP), poi si frulla il tutto. La fetta di manzo viene quindi ricoperta dalla propria salsa ancora calda, rinnovando ancora oggi la tradizione del Manzo all’olio De.Co. Per fare la “scarpetta” si suggerisce di mettere nel piatto di portata anche una porzione di polenta gialla. Cacciatorino alla liquirizia e birra Uscendo dal percorso delle DE.CO. bresciane ma tornando all’universo

dei salumi stagionati, una proposta originale made in Franciacorta è il Cacciatorino alla liquirizia. Si tratta di un salame di piccole dimensioni pensato come accompagnamento alla birra bionda dei microbirrifici lombardi. Come mai birra e non vino? Perché nell’impasto del salume si impiega un insolito conservante naturale: la liquirizia in polvere. Il mix di carni di suino magre (90%) e di pancetta (circa 10%) viene macinato in maniera fine e condito con spezie miste oltre alla già citata liquirizia. Non si aggiungono erbe altrimenti il prodotto finito risulterebbe amaro. Il processo di lavorazione necessita di molta attenzione per evitare il difetto di “bucatura” qualora il trito non fosse insaccato in maniera ottimale. Dopo un mese di stagionatura si ottiene un cacciatore di circa 150 grammi, di colore rosso scuro puntinato di bianco. Il sapore delicato di liquirizia strizza l’occhio ad un boccale di rinfrescante birra artigianale non filtrata. Non è speck ma fesa affumicata Un altro salume sperimentale che si può assaggiare nella provincia bresciana è la Fesa di maiale affumicata. Il prodotto potrebbe ricordare lo speck, in quanto si usa la coscia suina, ma il processo di lavorazione è differente. La carne fresca viene conciata con sale ed aromi (erbe e spezie miste) senza l’aggiunta di conservanti. Il salume ha una pezzatura di circa 8 kg da fresco e, dopo un minimo di 60 giorni di stagionatura, raggiunge il peso di 5,5/6 kg. Il semilavorato ottiene il profumo caratteristico sostando un giorno in asciugatura insieme a pezzetti di legno di faggio. La fesa di maiale affumicata, quando è pronta al taglio, si presenta magra, senza marezzature ma solo con un filo di grasso; si offre idealmente come antipasto, servita su un crostone di pane abbrustolito, o come secondo piatto, abbinata a formaggi freschi come lo stracchino nostrano di malga.

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PROGETTAZIONE E FORNITURA IMPIANTI E MACCHINARI PER INDUSTRIE ALIMENTARI

La ricetta dello spiedo bresciano prevede una cottura con braci di legna a fuoco lento che dura dalle 4 alle 6 ore. Si usano legni aromatici e in grado di ardere a lungo come ginepro, frassino, roverella, nocciolo e faggio. Nella macelleria Polastri-Maceler lo spiedo, a contrario della tradizione bresciana, viene preparato senza l’uso del burro. Cotechino aromatico extralarge Avete presente il celebre salume che si cuoce durante le ricorrenze e le festività invernali? Bene, pensate ad una versione extralarge, da tre kg. Immaginatelo preparato coi tagli classici del cotechino ma conciato con il mulled wine, vino rosso da gustare caldo e preparato con cannella, chiodi di garofano, noce moscata, anice stellato, ma anche con zucchero, arancia e mela. Il Cotechino al vin brûlé è reperibile nella stagione fredda: storicamente si usava ammazzare il maiale in novembre o dicembre ed il cotechino era uno delle prime lavorazioni ad essere consumata, visto che i tagli con cui veniva creato non erano adatti alla stagionatura. Spiedo, polenta e burro à gogo Un capitolo a parte meriterebbe la tradizione bresciana dello spiedo. Si tratta non di un salume bensì di un antico modo di cucinare la carne. Per preparare lo spiedo bresciano i tagli concessi nella ristorazione sono le cosce o i pezzi di pollo, i pezzi di coniglio, le ali di pollo, le costine di suino e i cosiddetti “momboi” (lonza di suino arrotolata nella

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pancetta insieme ad una foglia di salvia). Storicamente venivano arrostiti anche gli uccelli da cacciagione, pratica vietata da qualche anno nei locali pubblici. Oggi come allora, la carne viene infilzata nelle lunghe bacchette del girarrosto metallico, intervallando ogni pezzo con una foglia di salvia, la principale aromatizzazione. Lo spiedo bresciano gira per quattro ore abbondanti, ricevendo i caratteristici profumi dalle braci di legno aromatico; nella seconda parte della cottura, inoltre, la carne viene condita con il burro fuso che cola da una fessura posizionata nella parte alta del girarrosto. Appena rimossa dallo spiedo, vicino alla carne fumante non può mancare la polenta, che andrebbe inumidita dal burro gocciolato durante la cottura e sapientemente conservato dal cuoco. Panorama, vino, succulenti piatti a base di carne: dopo aver letto questo articolo alzi la mano chi non sta pensando di organizzare una gita in Franciacorta.

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Giorgio Montanari

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INDAGINI

La rima baciata tra ecosistema e mercato La sostenibilità ambientale è diventata uno dei valori del Terzo Millennio. È quell’elemento su cui in tanti vorrebbero forgiare la propria quotidianità, nelle abitudini di vita, ma anche nei consumi, non ultimi quelli alimentari di Sebastiano Corona

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el termometro delle preoccupazioni degli Italiani il degrado ambientale supera le minacce economiche che pendono sul nostro Paese, che non sono poche. I nostri connazionali, non meno degli europei, sono fortemente turbati per l’inquinamento dell’aria, per il cambiamento clima-

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tico, per la carenza e l’inquinamento dell’acqua, l’uso di pesticidi, lo spreco di cibo e l’eccessivo utilizzo di packaging. Gli Italiani si dicono pronti a scelte diverse rispetto al passato, se questo può servire a ridurre l’impatto di certe produzioni sugli ecosistemi. Lo sono di sicuro a parole, visto che numerosi sondaggi sul

tema registrano una tendenza forte a modificare abitudini di acquisto e consumo a favore dell’ambiente. Un orientamento riscontrabile soprattutto tra le nuove leve. Il Rapporto Coop 2019, sempre puntuale nel fare un fermo immagine del nostro Paese, segnala l’avanzare della cosiddetta Genera-

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Secondo il Rapporto Coop 2019, sicurezza è la parola vincente anche a tavola: più di 7 Italiani sono rassicurati dall’origine 100% italiana e i prodotti made in Italy crescono del +4,8% in un anno. Tornano nel carrello le proteine e le fibre, con un +3,7% per la carne, soprattutto italiana (photo © Robert Kneschke – stock.adobe.com). zione Greta, rappresentata da quei giovani che — agli antipodi rispetto ai Neet — sono consapevoli dei rischi climatici e per questo votati alla salvaguardia del pianeta. L’82% — sempre secondo Coop — sarebbe disposto a limitare gli sprechi come primo segnale di attenzione. Ma la nuova coscienza collettiva porta anche in tanti a sognare un’abitazione ecosostenibile, automobili ibride o elettriche, persino una cosmesi green. Il paventato aumento della temperatura terrestre, prevista per fine secolo, è una delle spade di Damocle che pendono sulla testa degli Italiani e che crea angoscia, tanto più che si prevede che 143 milioni di profughi cosiddetti “ambientali” giungeranno nei Paesi europei entro il 2050 dall’Africa, dall’Asia e dall’America Latina e si

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dirigeranno verso Nord. In questo scenario è facile intuire che l’Italia sarà tra i 5 Paesi più vulnerabili del Vecchio Continente. Non è chiaro se sia paura, pragmatismo, moda del momento o adesione ad un’ideale di vita, ma è evidente che tutte le voci di spesa associate direttamente o indirettamente alla sostenibilità crescono. E lo fanno in maniera repentina. Ne sono prova le certificazioni sul tema che, secondo Coop, registrano nei primi sei mesi dell’anno 2019 una significativa variazione in termini di prodotti venduti. Tra questi la certificazione UTZ, relativa ad una produzione agricola responsabile per l’approvvigionamento di caffè, cacao e tè (+21,5%), il Friend of the Sea (+2,8%) e il BIO, che continua la sua inarrestabile ascesa con un +4,6%.

Gli Italiani tentano di dare il proprio contributo alla causa anche in altri modi: l’88% fa la raccolta differenziata in modo meticoloso e il 77% utilizza elettrodomestici a basso consumo energetico. Nel contempo, la sostenibilità diventa una componente fondamentale della reputazione d’impresa e, se saputa comunicare, un ottimo alleato di marketing. I nuovi trend del cibo sono infatti questi: veloce, proteico, ma anche sostenibile. Tra i consumatori di oggi, non manca un folto gruppo — il 68% per l’esattezza — di ecologisti convinti, che si dichiarano favorevoli al pagamento di un supplemento per i prodotti in plastica monouso, in modo che ne venga disincentivato l’acquisto. In nome dell’ambiente i consumatori italiani si rendono

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disponibili ad essere meno esigenti sul fronte del design e della tipologia di packaging, del brand e della dimensione della confezione, spesso eccessiva e ridondante. In merito al cibo vero e proprio, le rinunce dichiarate sono dirette invece alla varietà di prodotto, al gusto e alla texture. Ma su questi ultimi aspetti la disponibilità a delle rinunce appare decisamente più misurata. In sostanza, l’intenzione a fare dei sacrifici in nome dell’ambiente ci sarebbe — almeno a parole — ma purché il prodotto risponda già a delle caratteristiche precise. Sulle quali in pochissimi sono disposti a soprassedere. Aumenta la richiesta di prodotti locali La distanza tra la zona di produzione e quella di consumo è infatti un elemento che esprime sostenibilità. E che ci siano delle diverse prese di posizione sul tema è dato anche dal fatto che oggi, dopo anni di riduzione dei consumi della carne — tra l’altro da tempo ingiustamente accusata di essere la causa dei peggiori mali che minano l’ecologia del pianeta! — si registra un +3,5% delle vendite nel 2019, ma tutte concentrate su quella locale. L’italianità è l’altro tema chiave del mercato in questo momento e arriva a contare di più, persino nel confronto sul sapore o il prezzo. Il 78% dei consumatori è rassicurato dall’origine 100% italiana, il cui claim, infatti, segna un +4,8%. L’amore per l’Italia non va inteso tanto o solo come desiderio di contribuire all’economia di questa nazione. È più una questione di sicurezza, nella corretta convinzione che qui vigano regole ferree in materia igienico sanitaria. C’è inoltre un elemento di vicinanza della produzione che significa meno CO2. Se un pesce, proveniente dai mari del Giappone, è stato confezionato in Scozia e poi distribuito in Italia, è evidente che il suo impatto sull’ambiente sia maggiore di quello pescato nel Tirreno, solo per fare un esempio.

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Fino a qualche decennio fa, il territorio di provenienza di un cibo e quello del suo consumo tendevano a coincidere. Oggi il processo di produzione è spesso dislocato in vari Paesi del mondo, con conseguenze che non si esprimono solo in termini di costi ed energie per il trasporto, ma anche nello sfruttamento eccessivo di determinate risorse, la tendenza alla destagionalizzazione e l’attivazione di modalità che non sono sempre consone a determinati equilibri naturali. Desideri e realtà: non diminuisce lo spreco alimentare Al di là delle cifre esposte sopra, si rileva un desiderio forte di una quotidianità che rispetti l’ambiente sotto tutti i profili, dall’altra non è scontato che un consumatore sappia davvero regolarsi di fronte allo scaffale. I comportamenti in ambito alimentare che possono essere importanti per limitare l’impatto ambientale non sono così scontati. Che lo spreco di cibo sia un problema che influisce negativamente sull’ambiente è evidente per il 90% degli Italiani secondo il 10 Osservatorio social sugli sprechi alimentari, realizzato dalle app antispreco Too Good To Go e Al.ta Cucina. Per quanto i connazionali siano coscienti, l’indagine mostra che a tale consapevolezza non si accompagna sempre una reale volontà di agire. Secondo il sondaggio, infatti, l’86% degli intervistati ammette di buttare via del cibo, più o meno regolarmente. Una cosa è inoltre evidente: per 7 Italiani su 10 lo spreco è soprattutto alimentare. Su questo fronte i nostri connazionali si dichiarano infatti per buona parte incapaci di acquistare unicamente o prevalentemente il necessario e spesso gli acquisti finiscono nella pattumiera. Tra questi, soprattutto pane, verdura e frutta e, a seguire, latte e derivati, pasta e carne. Stessa cosa accade al ristorante, dove il 56% di coloro che non consumano quanto ordinato dichiara di vergognarsi a chiedere la doggy bag al momento di lasciare il locale.


proponendo una o più linee di specialità regionali. Non è tanto o solo una scelta di campo dovuta alla vicinanza al territorio, quanto forse l’aver compreso che chi acquista è sempre più indirizzato verso alimenti prodotti dietro casa.

Per 7 Italiani su 10 lo spreco è soprattutto alimentare. Su questo fronte i nostri connazionali si dichiarano infatti per buona parte incapaci di acquistare unicamente o prevalentemente il necessario e spesso gli acquisti finiscono nella pattumiera (photo © nito – stock.adobe.com). Una questione d’orientamento Che non sia così facile orientarsi di fronte allo scaffale quando si vuole fare una spesa che tuteli l’ambiente è dato dal fatto che solo il 41% dei consumatori sostiene di trovare facilmente prodotti green al supermercato. È, infatti, ancora contenuta (16%) la percentuale di aziende che propongono ecosostenibilità in etichetta. Ma come fa il consumatore — che tra l’altro ha talvolta pochissimi elementi a sua disposizione — a valutare se un cibo abbia davvero un basso impatto ambientale? Cosa racconta il packaging, in merito alla sostenibilità di un prodotto? Come riesce il produttore rispettoso dell’ambiente, a far sapere ai suoi clienti che lo è davvero? Dovrebbe essere il produttore o il distributore a dare all’acquirente quanti più elementi possibile. Le modalità sono diverse: l’evidenza dell’utilizzo di materiale riciclato, del Co2 consumato, di sostenibilità in generale. Ancora: le diciture ecolabel, senza fosfati, vegetale, biodegradabile, senza antibiotici, 100% naturale, biologico, ecocert, senza OGM, certificazione di responsabilità sociale, cruelty free. Elementi che hanno un significato importante che va valorizzato di fronte al mercato.

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Questo sì, quello no Rispetto per l’ambiente può tradursi anche in una scelta di campo molto più a monte, come quella di non consumare determinati prodotti. Si pensi alla campagna contro l’olio di palma che — fondata o meno, da certi punti di vista — ha costretto molte imprese a rinunciare a questo ingrediente, segnalandolo orgogliosamente nelle confezioni. Un altro esempio è quello di alcuni prodotti ittici, uno per tutti i ricci di mare. In molte regioni italiane sono pressoché scomparsi dai fondali. In Sardegna sono a forte rischio di estinzione per un prelievo smisurato e continuativo negli anni. La campagna mediatica per scoraggiarne il consumo ha sinora dato risultati discreti, al punto che molti ristoratori si rifiutano di servirli, i consumatori di chiederli e qualche catena distributiva di proporli al cliente, dando una valida alternativa, spiegandone le motivazioni e offrendo così un’immagine della propria insegna, rispettosa degli ecosistemi e dei territori. Stessa cosa accade quando le maggiori catene della Distribuzione Moderna Organizzata decidono di investire nel prodotto locale,

Guerra alla plastica La riciclabilità del packaging è un elemento importante. Lo è per chi acquista, come lo è per chi vende. L’auspicio è che sia sempre riciclabile al 100%, ma solo una percentuale (il 42%) delle confezioni di alimenti vendute, la segnala. Un altro elemento fortemente discusso, soprattutto di recente, è quello della plastica. A questo proposito le attese degli europei sono elevate, così come lo è l’attenzione sul prodotto confezionato con questo materiale. Prendono infatti quota, per i consumatori, anche lo sfuso e il vuoto a rendere. Ma, soprattutto, gli Italiani si aspettano che siano le aziende ad aumentare notevolmente l’utilizzo di bioplastiche, facendo investimenti nel settore, in ricerca e produzione. La plastica, infatti, nonostante sia un materiale altamente riciclabile, è pur sempre una sostanza che dura secoli, non completamente priva di effetti tossici né in fase produttiva né di smaltimento, ma soprattutto, viene spesso abbandonata nell'ambiente e in quel caso genera danni irreparabili. Ridurre la plastica è dunque un traguardo importante a cui tutte le imprese dovrebbero puntare, sia per una questione di marketing, sia per coscienza e senso di responsabilità. In sintesi quella dell’ambiente non è solo una battaglia giusta e ormai non più procrastinabile. È anche un’opportunità sul piano commerciale, che tutte le imprese moderne hanno il dovere, oltre che il diritto, di cogliere. Per la propria sopravvivenza e per quella del pianeta. Sebastiano Corona Nota A pagina 102, photo © calypso77 –stock.adobe.com

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LA CARNE IN TAVOLA

Terra e mare dell’Isola Verde

Il coniglio all’ischitana ha 2.500 anni e beve il vino della sua terra Questo piatto tradizionale della magnifica isola del Golfo di Napoli risale all’epoca dell’arrivo dei Siracusani. Ad aggiungere un sapore particolare è la piperna, erba locale simile al timo selvatico. I “conigli di fosso” sono allevati in buche molto profonde, rivestite di tufo verde, sulla superficie delle quali si coltivano viti pregiate. I conigli, a loro volta,vengono nutriti coi resti della potatura dei vitigni di Nunzia Manicardi

Ischia, isola vulcanica del Golfo di Napoli appartenente all’arcipelago delle Flegree (photo © Giuseppe Masci).

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i dice Ischia e si pensa al turchino del mare che la circonda. Alle barche, ai pescatori e, ovviamente, al pesce… E invece no. A Ischia il piatto tradizionale è un piatto di terra: il coniglio. Cotto, però, non in una delle tante maniere che la cucina italiana ci tramanda, ma in un modo tutto particolare. Un piatto a cui l’Isola Verde (così anche è celebrata questa “perla” del Golfo di Napoli) ha infatti dato il proprio nome: coniglio all’ischitana. Gli Ischitani, del resto, da centinaia di anni sono contadini e non pescatori, favoriti in ciò dal terreno vulcanico estremamente fertile. È però molto scarso e scosceso, motivo per cui hanno dovuto aguzzare l’ingegno per sfruttarlo al massimo e nel migliore dei modi. Coniglio e vino Così, attraverso questi due simboli che sono in stretta relazione fra loro, si potrebbe riassumere l’imprenditorialità rurale degli isolani e, di seguito, spiegheremo il perché. Questi simboli sono così sentiti che, nella tradizione ischitana, il coniglio veniva preparato quando si ultimava il tetto di una casa (‘o carusiello). Un po’ di storia Il coniglio all’ischitana è una specialità antichissima. Avrebbe, sia pure nella versione più rudimentale, addirittura 2500 anni. Risalirebbe all’epoca in cui i Siracusani sono arrivati sull’isola individuandola come uno dei punti migliori per realizzare il loro progetto di dominio dell’intero Mediterraneo. Correva l’anno 474 a.C. quando i Cumani, spaventati dall’alleanza stretta da Etruschi e Fenici per distruggere la loro crescente potenza marittima, chiamarono in aiuto GERONE, re di Siracusa. Ci fu una terribile battaglia navale nelle acque tra Ischia e Cuma. Vinse Gerone e i Cumani, riconoscenti, gli regalarono Ischia. La colonia siracusana ebbe però vita breve perché, spaventati a loro volta da una serie di terremoti ed eruzioni vulcaniche, i Siracusani decisero di abbando-

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Coniglio all’ischitana (photo © Tommaso Pilato – cirocenatiempo.it). nare l’isola. Rimasero i conigli, a quanto pare, che a quei tempi abbondavano. Testimonianze storiche documentano la presenza dei conigli selvatici, discendenti del fenotipo lepre, in epoca greco-romana. Ma la ricetta nel tempo si è sicuramente modificata ed evoluta. La prova è data dalla presenza dei pomodori che non possono essere arrivati se non dopo la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492. I conigli si riproducono molto in fretta e sicuramente costituivano un’importante risorsa alimentare per gli abitanti dell’isola, bellissima sì ma anche con scarsissimo terreno coltivabile, per cui l’allevamento domestico del bestiame di piccola taglia costituiva una risorsa fondamentale. Nel secolo XVI era diventato l’animale più allevato nell’isola. I conigli, in seguito, fornirono apprezzabile preda di caccia per i nobili, di stirpe borbone e aragonese, abituali frequentatori di Ischia, dove hanno lasciato splendide dimore o quello che oggi ne resta. Per far sì che le battute di caccia potessero prolungarsi vennero anche adottate numerosissime iniziative di ripopolamento. La caccia

al coniglio, tra parentesi, è ancora oggi praticata, pur fra non poche polemiche. Attualmente sono disponibili moltissime altre razze. Il coniglio è cibo amatissimo dagli Ischitani, tanto che si stima che il loro consumo medio annuo sia di 40 kg pro capite a fronte dei 16 kg di media nazionale. Dalle fosse alle gabbie “Conigli da fossa” o, meglio, “conigli di fosso”: così venivano chiamati e tuttora sono chiamati i conigli ischitani allevati nel modo antico. Il nome deriva dal fatto che, in contemporanea col sorgere delle attività venatorie, sull’isola fu adottato e diffuso l’allevamento in profonde buche del terreno, le tipiche fosse ricoperte sulle pareti con i caratteristici muri a secco (parracine) in tufo verde locale. Si rinforzavano poi queste pareti lasciando però liberi due punti alla base, sul lato cieco della fossa, per evitare la fuga dei conigli attraverso buche da loro create. In questi due punti liberi si ricavavano dei cunicoli artificiali che, successivamente, venivano ultimati dai conigli stessi per ricavarne la tana. A lato della fossa veniva scavata una specie di grotta che fungeva da ricovero per gli animali. In questo

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e rossi d’Ischia (alcuni dei quali oggi anche in versione spumantizzata).

Allevamento di conigli in fossa presso la Tenuta di Giardini Arimei ad Ischia. Qui la famiglia Muratori ha reimpiantato vigneti che rappresentano il patrimonio enoico dell’isola: Biancolella, Forastera, Uva Rilla, San Lunardo e Coglionara (photo © www.ischia.it). modo si garantiva, nel sottosuolo, la riproducibilità dei conigli, che sono animali che amano vivere nella penombra e, nello stesso tempo, in superficie, si conservavano e addirittura si aumentavano i piccoli appezzamenti di terreno a disposizione. Col tempo questo tipico allevamento fu sostituito con quello in gabbia, abbinato ad un’alimentazione di tipo industriale. C’è però un’associazione, la Green Ground di Barano d’Ischia, che raduna agricoltori e zootecnici custodi di questa tradizione che non vogliono assolutamente far scomparire e che continuano a praticare con costanza e grande dedizione, non solo allevando ancora nelle fosse ma anche nutrendo gli animali in modo esclusivamente naturale, cioè

con una dieta giornaliera a base di graminacee, foglie e steli delle leguminose (soprattutto fave) e residui di potatura dei vitigni e degli alberi da frutto. Parecchi Ischitani, per fortuna, appoggiano queste iniziative che, di origine antichissima, si rivelano come modernissime per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente, il benessere degli animali e la tutela delle tradizioni culturali. Ma c’è di più: i conigli, come abbiamo detto, vengono nutriti con i residui della potatura delle viti e le viti, a loro volta, prosperano sui terreni delle fosse, concimati in modo del tutto naturale. Il risultato è quella pregiata produzione vinicola che vede come capisaldi il Biancolella, il Forastera, il Piedirosso e altre varietà di bianchi

I conigli costituivano un’importante risorsa alimentare per gli abitanti di Ischia, bellissima sì ma con scarsissimo terreno coltivabile, per cui l’allevamento domestico del bestiame di piccola taglia costituiva una risorsa fondamentale. Nel secolo XVI il coniglio era l’animale più allevato nell’isola

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Ed ecco la ricetta Il coniglio, dopo essere stato messo a mollo in acqua e aceto, viene tagliato in dieci pezzi e rosolato con una testa d’aglio intera nella sartana, la padella di rame. Lo si sposta poi in un tegame di terracotta detto ‘o tiano dove cuoce per mezz’ora insieme con aglio, olio extravergine di oliva, sale, pepe, peperoncino, vino bianco locale, pomodorini freschi e spezie isolane. Dopo aver rosolato il tutto si aggiungono le interiora, i cosiddetti ‘mbrugliatelli, avvolti nel prezzemolo, e il fegato. La delizia gastronomica è doppia poiché con il sugo che si ricava si condiscono i bucatini, serviti mantecati con abbondante Parmigiano grattugiato. L’ingrediente “segreto” Un discorso a parte meritano le spezie da impiegare nella preparazione. Anzi, “la” spezia… perché il vero segreto di questo piatto è la piperna, una pianta aromatica molto diffusa sull’isola dove cresce spontaneamente e conferisce quell’intenso inconfondibile pizzicore e indimenticabile (l’etimo deriva da “pepe”) non solo al coniglio che sta sfrigolando in cucina ma all’intera isola. Il suo aroma è l’aroma di questa terra: lo si sente nell’aria. Attira a sé, come in un abbraccio. La piperna è il timo selvatico, detto anche serpillo (ma c’è chi sostiene siano due piante diverse fra loro). Cresce sulle ricordate parracine, i muri a secco che contengono i terrazzamenti e i terrapieni. Sono fatti di pietre di tufo incastrate fra loro senza legante di malta e contribuiscono anch’essi, così come le acque termali che scorrono nel sottosuolo, alla creazione dell’aroma della piperna. Essa ama in particolare le pendici a occidente dell’Epomeo, il monte che domina Ischia, dove si distende fino al mare verso Frassitelli e Montecorvo, Forio e Panza. Qui, peraltro, ancora vive il coniglio selvatico, diretto discendente di quelli sbarcati migliaia di anni fa. Nunzia Manicardi

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Il guanciale e le sue ricette

Una carezza giramondo di Giorgia Fieni

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na carezza è un gesto affettuoso che spesso le donne ricevono con piacere, mentre gli uomini a volte rifuggono, spaventati da tanto affetto. Accarezzare una guancia significa poi entrare in contatto con un punto molto vulnerabile perché scoperto. L’unico essere vivente a cui non importa l’aspetto psicologico di tutto ciò è il maiale, che, volente o nolente, cede le sue guance, assieme a tutto il resto, per l’alimentazione umana. Vengono lasciate sotto sale per cinque giorni, lavate, coperte di pepe e peperoncino, legate a triangolo e appese dapprima per

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1 mese a temperatura costante di 10-15 °C e poi per altri 2 mesi all’aria. Ed è da quel momento che uomini e donne si arrendono davanti al colore bianco e rosso vivo ma, soprattutto, davanti al sapore irresistibile del guanciale. Amatriciana, Carbonara, Gricia Se penso al guanciale mi vengono in mente solo titoli di sughi romani. Ma possiamo anche metterlo in una boscaiola con porcini, panna e piselli e in una chitarra con ragù bianco e tartufo. O in un risotto con gorgonzola, friggitelli e capesante o con piselli e tuorlo fresco o in uno allo zafferano. O nel sugo dei mallo-

reddus, con fave e baccalà. MASSIMO BOTTURA lo aggiunge addirittura al suo particolare brodo di testa di maiale che chiama La dispensa e a cui aggiunge scorza d’arancia, vino, erbe e spezie, per servirlo con ritagli di pasta. Roma, Trentino, Abruzzo, Milano, Sardegna, Modena… MONDO In poche ricette il guanciale ha fatto un giro d’Italia… ma anche del mondo, se pensiamo che può andare in Inghilterra per avvolgere il roast beef, in America per farcire il tacchino e addirittura in Oriente per entrare in una zuppa di noodles, peperoncino e porcini.

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A sinistra: guanciale (photo © Alessio Orrù). In alto: pasta alla gricia con carciofi (photo © blog.giallozafferano.it).

Ultimamente poi preferisce atterrare sulle tavole degli esperti di settore. RAFFAELE VENDITTI lo mescola alla polpa di suino per creare un hamburger, che serve in un panino ai semi di girasole con crema di avocado al peperone. FRANCESCO APREDA e le sORELLE MACI lo mettono al posto del bacon nel classico Club sandwich. BENEDETTA PARODI lo aggiunge a fesa e fegato di vitello per creare un patè natalizio, che serve con gelatina di melagrana («che dà un colore e un sapore assolutamente unici»). GILBERTO ROSSI guarnisce dei bucatini ai pioppini con fette di guanciale abbrustolite in forno. CLAUDIO

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SADLER farcisce i pansotti con asparagi a mascarpone e li serve con uova a bagnomaria (con grana stagionato 27 mesi e panna) e guanciale tostato. SARA PAPA prepara reginette verdi con crema di peperoni gialli, briciole d’uovo, pimpinella (un’erba spontanea dal sapore che ricorda la noce ed il cetriolo) e guanciale rosolato, MASSIMILIANO POGGi tortelli di parmigiano, verze e guanciale, IVANO RICCHEBONO spiedini di vitello con patate e guanciale, serviti con vellutata di piselli e olive taggiasche, FRANCESCO SPOSITO carciofi affumicati con emulsione al pecorino, guanciale di maiale nero e tartufo nero, PIETRO SCAPINELLI coda di rospo con guanciale, finocchio selvatico e fave. SIMONE RUGIATI cucina la frittata alta e cremosa, piena di porcini trifolati al guanciale e mentuccia (o nepitella) e coperta da carpaccio di porcini. BRUNO BARBIERI serve il piccione al rosmarino e cacao con tomino grigliato, insaporendone il petto anche con guanciale, uvetta e aceto balsamico molto invecchiato; dove lo rende però protagonista è nelle noci di manzo con frullato di pane e guanciale croccante. LELE USAI ne prepara un olio da bruschetta e una croccante cialda. Per finire, una ricetta dove il vero cuoco è la materia prima: pizza con guanciale di Cinta Senese, mortadella, salsiccia rossa di Castelpoto, fagiolo Gialét.

Ma dove il guanciale trova vera soddisfazione è sulle nostre tavole, per arricchire alcune ricette già golose, semplici o complesse. Pasta e fagioli e/o patate. Minestra e zuppa. Torte salate. Fusilli alle zucchine con besciamella al pistacchio. Tagliatelle al cacao con ragù di vitello cotto al brandy, cioccolato amaro, lamponi. Lasagne con verdure affumicate (senza besciamella). Tortelloni ripieni di branzino e conditi con sugo di canocchie al prezzemolo (il guanciale è nella farcia). Polpette di cavallo alle erbe aromatiche. Taglierini, crema di pecorino, fichi al burro. Gnocchi di pane e pecorino (il guanciale è in polvere, come copertura). Polenta grigliata con provola. Straccetti di carne o di pesce. Mi hanno poi incuriosita alcune ricette molto scenografiche. Per esempio le tegole di nocciole con pera e guanciale. Il merluzzo ripieno con ricotta, gamberi, guanciale, scorza di arancia, timo, legato con zucchine, cotto al vapore al limone e servito con crema di zucca al latte di cocco, mandorle tostate, cipollotti al porro, succo di lime. Ma, soprattutto, ANTONELLA CLERICI, che crea un profiterole di bignè farciti con crema di broccoli, guanciale e peperoncino, coperti da una salsa al pecorino e granella di pistacchi. Ecco, qui direi che siamo molto vicini a Roma. Il guanciale è tornato a casa. Giorgia Fieni

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Lampredotto, giro d’affari di 7,5 milioni l’anno. È tempo di definire un disciplinare per la sua tutela Un disciplinare per il lampredotto, da esporre per tutelare e rivendicare la qualità di ciò che i “baracchini” fanno da generazioni e difendere il mitico panino da richieste di turisti coraggiosi che virano tra il comico e l’assurdo. CONFARTIGIANATO IMPRESE FIRENZE si fa portavoce della categoria, che in un incontro tra venditori al dettaglio e produttori ha rivendicato questa necessità. Un prodotto, il lampredotto, che, oltre al forte valore identitario e culturale, ha numeri importanti per il tessuto economico e produttivo fiorentino: tra prodotto e indotto, Confartigianato Firenze valuta infatti il giro d’affari sui 7,5 milioni di euro l’anno. Si stima che ogni fiorentino lo mangi 5 volte al mese, chi lavora in centro invece si ferma al baracchino anche tre volte a settimana. Ogni venditore al dettaglio ordina dai 5 ai 50 kg di lampredotto al giorno. «Riteniamo sia giunto il momento di adottare una sorta di disciplinare per il lampredotto — spiega il presidente di Confartigianato Firenze ALESSANDRO SORANI — per promuovere una tradizione fiorentina che deve mantenere determinati criteri di qualità. Un modo per proteggere i venditori che quotidianamente rispettano la tradizione. Ogni baracchino potrebbe esporlo e fare da monito per le richieste dei turisti che a volte chiedono versioni del lampredotto americanizzate o comunque stravolte».Per questo, il coinvolgimento delle istituzioni diventa un passaggio fondamentale in questo percorso di tutela e promozione. «Confartigianato, insieme alla categoria — continua il presidente Sorani — chiede un incontro al Comune di Firenze, in particolare all’assessore alle Attività economiche FEDERICO GIANASSI e al consigliere comunale per la valorizzazione e la promozione della fiorentinità MIRCO RUFILLI. Non vogliamo essere la controparte, ma collaboratori propositivi nella definizione di questo regolamento per mantenere viva questa tradizione così cara alla città e così importante per la sua economia» (fonte: Confartigianato Imprese Firenze; photo © rh2010 – stock.adobe.com). Street food fiorentino Mentre la trippa deriva dalle interiora di diverse parti dello stomaco dei bovini, il lampredotto viene preparato utilizzandone solo uno, l’abomaso. Si prepara facendolo cuocere a lungo in acqua con pomodoro, cipolla, sedano, carota e prezzemolo. Lo si può mangiare così oppure nel più classico dei modi, in un panino imbevuto o meno nel sugo di cottura accompagnato dalla salsa verde preparata con prezzemolo, aglio, acciughe — o pasta d’acciughe — mollica di pane inzuppata nell’acqua, aceto, olio, sale e pepe.

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BELLE BOTTEGHE

Un locale inserito nel circuito delle Botteghe Storiche di Genova

Tripperia La Casana, dove la storia ribolle‌ a fuoco lento di Massimiliano Rella

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Gabriella Colombo, con il marito Franco, è oggi l’anima di questa ultracentenaria bottega dove si respirano aromi e atmosfere di altri tempi.

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a trippa è un piatto della cucina povera, gustoso ma non sempre facile da trovare nei ristoranti. A Genova, però, c’è un’antica bottega che la vende dietro un banchetto di marmo e la cucina a vista in una sala a dir poco spartana, dentro un grande pentolone di rame che sbuffa e ribolle a fuoco lento. Il locale si chiama TRIPPERIA LA CASANA e ha una storia che parte nel 1890, cominciata da una certa ANNETTA CAVAGNARO. Situata tra i vicoli della città vecchia, rimane di proprietà della famiglia per un centinaio d’anni, passando al nipote GIOVANNI e padre di AGOSTINO CAVAGNARO, ultima

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generazione di questa famiglia di trippai. Dal 1984 è invece proprietà di GABRIELLA COLOMBO che la gestisce con il marito FRANCO. Questo curioso locale è inserito nel circuito delle Botteghe Storiche, iniziativa nata nel 2003 per volere della Camera di Commercio; oggi sono 39 le botteghe, dalla trippa ai coloniali, dal tessile alla farmacia del convento di S. Anna, ma a breve altre 4 entreranno a farne parte. E il potenziale di vecchi negozi e attività cittadine è ben più ampio. Per essere dichiarata storica una bottega deve garantire almeno tre di cinque criteri: 1. il contesto storico-ambientale;

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Nel cuore della città medievale, tra portici tamponati e atri voltati, bei portali scolpiti e edicole seicentesche, da Tripperia La Casana, dal nome del vicolo in cui è situata, si compongono piatti a base di trippa per chi, oggi come due secoli fa, ha necessità o voglia di mangiare qualcosa di tipico e non economicamente impegnativo, come il brodo di trippa, pasto caratteristico degli operai genovesi

2. gli arredi d’epoca; 3. le attrezzature d’epoca funzionanti; 4. gli elementi architettonici; 5. la documentazione (foto, materiale d’archivio, ecc…). Per gli esercenti la partecipazione è gratuita. Il circuito permette di usufruire di attività di promozione gestite con fondi pubblici derivanti da una quota dell’imposta di soggiorno, una “tassa di scopo” che il comune destina sia all’arredo urbano che alla valorizzazione, che in questo caso è congiunta con le azioni della camera di commercio. Un sito dedicato propone ad esempio pacchetti ad hoc per visite guidate con degustazione, della durata di un paio d’ore, per turisti italiani e stranieri, a € 14,00 a persona, prenotabili on-line sullo store del comune di Genova o sul sito www. botteghestorichegenova.it

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Brodo di trippa, trippa accomodata e alla genovese Nel rispetto della storicità la Tripperia La Casana può vantare senz’altro anche gli elementi architettonici, gli arredi e gli utensili di inizio ‘900; oltre che l’offerta di trippa e pasti caldi e veloci come era nella tradizione genovese. Fino a una cinquantina d’anni fa, infatti, gli operai e i portuali andavano nelle tripperie per un brodo di trippa o per una trippa “accomodata”, cioè in umido al verde, oppure in umido alla genovese (con patate bollite nello stesso pentolone e aggiunta di pesto). Specialità che ancora oggi possiamo gustare seduti in un angolo del locale, a prezzi più che popolari: dal martedì al venerdì, a pranzo su prenotazione un menu di trippa di 3-4 piatti, con acqua e pane costa solo € 15,00 a persona.

I turisti ovviamente vengono a mangiare, ma i Genovesi per lo più comprano la trippa cruda al banchetto dove la signora Gabriella taglia e impacchetta di continuo. Questo mentre alle sue spalle un aiutante si occupa della cottura al ronfò, una caratteristica cucina maiolicata sotto una grande cappa di aspirazione dei vapori. La trippa cuoce a fuoco lento per tre-cinque ore, a seconda dell’età e del tipo di animale; se di vitello, ad esempio, bastano due-tre ore. Massimiliano Rella Tripperia La Casana Vico della Casana 3/R 16123 Genova Telefono: 010 2474357 Web: www.facebook.com/tripperialacasana Nota Photo © Massimiliano Rella.

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LOCALI DI GUSTO

Uno spazio sperimentale tra avanguardie e ritorno alle origini

Moebius, osteria gastronomica in costante divenire a Milano

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oebius è la nuova proposta firmata da LORENZO QUERCI e dallo chef ENRICO CROATTI, un’osteria gastronomica che, dallo scorso 30 ottobre, si va ad aggiungere alla formula con 120 coperti del tapa-bistrot sito al piano terra dell’edificio che ospita

Sfidando la forza di gravità, l’osteria gastronomica trova dimora su di una piattaforma sospesa sopra il tapa-bistrot, in una sala completamente vetrata di trenta coperti. Due i menù degustazione, con selezione di vini in abbinamento. Enrico Croatti è lo chef di cucina e coordinatore gastronomico di Moebius.

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Il menu dell’osteria gastronomica è un inno alla cucina italiana, in cui la fantasia e l’esperienza di Enrico Croatti giocano in ogni piatto con un pizzico di sensualità e savoir faire tipici della Romagna. Un menu dinamico e in continua evoluzione, in sintonia con la filosofia che anima l’intero locale. i due locali. Trenta coperti e uno chef table capace di ospitare fino a 8 persone, Moebius si trova in via Cappellini 25, nel dedalo di vie tra via Vittor Pisani e corso Buenos Aires. Progettato dallo studio QBic di Firenze, è frutto di oltre 6 mesi di totale ristrutturazione, con un’atmosfera dal sapore industriale e contemporanea in cui cemento,

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vetro, ferro e legno si fondono. Il locale sorge infatti in un ex deposito di tessuti, su una superficie di 700 m2 per 12 metri di altezza, con una specie di piattaforma sospesa in aria, una sorta di navicella spaziale dove trovano posto i coperti del gastronomico. Sotto, ai piedi di un gigantesco ulivo di 700 anni inserito in una teca in vetro, c’è il tapa-bistrot

e American bar, dove si uniscono suggestioni spagnole, statunitensi e francesi (le tre esperienze più importanti di chef Croatti). «Con questa nuova proposta — racconta Croatti — è come se aprissimo completamente il nostro cuore, pronti a metterci ancora più a nudo, per portare gli ospiti in un percorso di suggestioni frutto di 20 anni di esperienze, viaggi e ricerca». Riminese, classe 1982, Croatti vanta un curriculum che lo ha visto volare a Los Angeles per lavorare all’Angelini Osteria di GINO ANGELINI, poi in Spagna all’Akelarre con PEDRO SUBIJANA, tre stelle Michelin di San Sebastian; in Francia al Les Terrasses de Lyon del Villa Florentine di Lione, quindi tornare in Italia al Grand Hotel Miramonti Majestic di Cortina d’Ampezzo e poi tornare di nuovo in Francia, a Lione, con PAUL BOCUSE a l’Auberge du Pont de Collonges. La prima stella la conquista nel 2013 a Madonna di Campiglio come executive chef del Dolomieu, dove firma la carta per 10 anni fino al 2018; la seconda è arrivata lo scorso anno come chef dell’Orobianco di Alicante (progetto spagnolo che seguiva dal 2015), primo ristorante di cucina italiana a ricevere il riconoscimento in terra iberica. Ora la realizzazione del suo più grande (per ora) sogno nel cassetto: arrivare a Milano. Il nome — Moebius — è ispirato al celebre fumettista francese, all’anagrafe JEAN GIRAUD. Un autore d’avanguardia, sperimentale, capace di ridisegnare un mondo. «È quello che voglio fare anch’io — spiega Croatti —, ossia proporre un concetto nuovo di cucina, ritornando alle mie origini romagnole, quindi all’idea di osteria, ma contemporanea e gastronomica». Moebius, aperto da martedì a sabato, è concepito come un luogo d’incontro, uno spazio di condivisione in cui cucina, musica e ospitalità si fondono in un intreccio inestricabile. Moebius Via Alfredo Cappellini 25 20124 Milano Telefono: 02 36643680 Web: www.moebiusmilano.it

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FIERE

Deciso il rinvio a settembre del salone a causa dell’evoluzione dell’emergenza sanitaria in Italia e nel mondo

Cibus 2020 si farà alla fine dell’estate, nell’interesse di tutti

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ibus 2020, l’evento fieristico di riferimento dell’agroalimentare italiano, verrà posticipato al mese di settembre e più precisamente da martedì 1 a venerdì 4. Dopo un’iniziale conferma delle date di maggio, infatti, lo slittamento del salone parmense si è reso necessario a causa della inaspettata e rapida evoluzione dell’emergenza coronavirus e, in particolare, della crescita dei blocchi aerei da e per l’Italia. Decisione coerente con la scelta di Vinitaly, il salone internazionale dei vini e distillati di Verona, di po-

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sporre la fiera dal 14 al 17 giugno nonché con il calendario fieristico internazionale ed è stata portata all’attenzione anche del tavolo di crisi del Ministero degli Affari Esteri sul made in Italy. FIERE DI PARMA, in accordo con FEDERALIMENTARE, si è trovata di fronte all’esigenza e priorità di tutelare gli investimenti delle aziende espositrici e il cambio di data sarà decisivo per garantire il medesimo flusso di visitatori e buyer esteri da sempre offerto da Cibus all’aziende agroalimentari italiane. «La situazione è precipitata negli ultimi

giorni — ha dichiarato ANTONIO CELLIE, CEO di Fiere di Parma — col moltiplicarsi dei divieti di diversi Paesi a viaggiare verso e dall’Italia. Tutto ciò ha reso le condizioni di contesto troppo instabili: una situazione che avrebbe potuto danneggiare Cibus e l’investimento dei nostri espositori nonché la reputazione di Parma nel suo anno da Capitale della Cultura. La collocazione nel mese di settembre è una scelta responsabile e strategica: Cibus si potrà presentare come l’appuntamento chiave dell’autunno per il mercato inter-

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nazionale e per il food made in Italy. Di qui la decisione di posticipare. Nell’interesse di tutti». L’arrivo degli operatori commerciali è divenuto di colpo problematico non solo dall’Asia, cosa in parte prevedibile, ma anche dagli Stati Uniti e dal Nord Europa dove si è creato, nello spazio di giorni, un clima di forte preoccupazione relativamente ai viaggi in Italia. «Abbiamo fatto il possibile per non arrivare alla decisione di rinviare Cibus — ha sottolineato IVANO VACONDIO, presidente di FEDERALIMENTARE — ma l’incertezza e le preoccupazioni che ancora abbiamo nel nostro paese relativamente al persistere del coronavirus, che ha come conseguenza il pericolo di avere una presenza non adeguata di visitatori ed espositori, ci obbliga a rinviare a settembre». Intanto si rafforzano i contenuti digitali Nel frattempo il catalogo di Cibus

diventa www.mybusiness.cibus.it per mettere a disposizione fin d’ora dei visitatori — e in generale degli utenti professionali i quali ora spendono molto più tempo on-line —, un raffinato motore di ricerca che non solo contiene le informazioni a catalogo, ma, a breve, anche tutti i prodotti che le aziende pubblicano sui loro siti, i cui contenuti sono stati indicizzati e federati. Questo consentirà agli utenti registrati di effettuare ricerche approfondite e puntuali e quindi inviare direttamente richieste di fornitura o di contatto. Tutti i contenuti, anche quelli che le aziende non hanno tradotto, saranno editati in modalità multi lingue grazie allo specifico tool. Una evoluzione digitale dei servizi fieristici, dedicata esclusivamente agli espositori di Cibus e quindi al meglio del made in Italy alimentare, che, visto lo spostamento a settembre della manifestazione, contribuirà ancora di più alla riuscita dell’evento.

M•EATING Italy Cibus rimarca la sua attenzione a supportare l’espansione sui mercati internazionali anche attraverso il lancio di un nuovo progetto: M•EATING Italy a Expo di Dubai 2020 (dal 20 ottobre 2020 al 10 aprile 2021, meatingitaly-dubai.com). Si tratta di uno spazio ristorazione innovativo nel quale sarà possibile non solo apprezzare il meglio della cucina italiana e delle eccellenze del made in Italy ma che rappresenterà un palcoscenico privilegiato per promuovere i campioni della creatività italiana.

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TECNOLOGIE

Prestazioni migliorate e risparmio energetico

Il nuovo Quantum Skinner elettrico di Bettcher

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GmbH, con sede a Dierikon, in Svizzera, è la consociata europea della società statunitense BETTCHER INDUSTRIES. L’ultima generazione di Quantum Skinner lanciata in Europa nel 2018 è uno strumento ad alimentazione elettrica che offre un notevole risparmio energetico. Completa la gamma di soluzioni dell’azienda, orientate al valore e convenienti per l’industria della lavorazione della carne. ETTCHER

Risparmio di lavoro grazie a processi più rapidi Il nuovo Quantum Skinner è progettato per rimuovere la pelle e il grasso dalla carne di maiale, pollame e

La società, con sede in Ohio, in Europa è rappresentata da Bettcher GmbH, con sede a Dierikon, ed è direttamente responsabile per un numero crescente di mercati. I nuovi strumenti consentono ai clienti dell’azienda dell’industria della carne di ottimizzare ulteriormente la resa di produzione, aumentando quindi rendimento e profitto

pesce ed è ideale per l’asportazione e diversi tagli di prima scelta. Rimuove facilmente e rapidamente la radice dei peli e chiazze di pelle. La profondità regolabile delle lame lo rende flessibile e offre un funzionamento controllato e pulito eliminando le sgorbie.

Innovazione alimentata elettricamente Lo skinner garantisce prestazioni di scotennatura migliorate e un funzionamento più silenzioso grazie al motore e alla trasmissione ad alta velocità Quantum. Rispetto alle scotennatrici che richiedono

Scotennatrice portatile Quantum Skinner: alimentato ad energia elettrica, lo strumento può risparmiare fino al 90% sul consumo di energia (photo © Bettcher GmbH).

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Segaossa industriale

Scotennatrice portatile Quantum Skinner: la profondità regolabile delle lame lo rende flessibile e garantisce un funzionamento controllato e pulito (photo © Bettcher GmbH). aria compressa per funzionare, Quantum Skinner porta a notevoli risparmi energetici. Funzionando ad energia elettrica, lo strumento può risparmiare fino al 90% del consumo di energia, un importante risparmio nell’industria della lavorazione della carne. Facilità d’uso Quantum Skinner pesa poco più di 1 kg, rendendolo così più leggero e maneggevole rispetto ad altre scotennatrici. Ciò significa che gli

operatori delle linee di lavorazione non si stancano così rapidamente, il che a sua volta porta a una migliore produttività e all’aumento dei rendimenti dei prodotti. Come ulteriore vantaggio, Quantum Skinner può ora essere utilizzato con il nuovo motore, pertanto è necessario sostituire solo l’impugnatura per cambiare applicazione. Il Quantum Skinner di Bettcher stabilisce nuovi standard di efficienza energetica migliorando al contempo le prestazioni.

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Bettcher Industries Inc. è un’azienda di produzione integrata verticalmente, certificata ISO 9001:2015, con una base clienti globale e distribuzione diretta e assistenza in oltre 70 paesi in tutto il mondo. Con l’acquisizione di Gainco, Cantrell, Tarheel Distributors e con la fondazione di Exsurco Medical l’impresa è uno sviluppatore e produttore leader di attrezzature innovative per l’industria alimentare, lavorazione degli alimenti, ristorazione, industria medica e altre applicazioni. Fondata nel 1944, Bettcher porta sul mercato da più di 75 anni innovazioni di successo, tra cui detiene circa 100 brevetti attivi. >> Link: www.bettcher.com

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Capecchi Spa sceglie il gestionale CSB-System

Innovare per affrontare i cambiamenti

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utto inizia con NELLO CAPECCHI nel 1970 a Roma, in uno spazio di 80 m2 e qualche piccolo camioncino che distribuisce prodotti lattiero caseari. Negli anni ‘80 è il figlio ROBERTO, con ingegno e imprenditorialità, a prendere le redini dell’azienda e focalizzare il suo target nel settore agroalimentare, spingendo la società verso più alti traguardi. Oggi l’azienda, ubicata all’interno del C.A.R. — Centro Agroalimentare di Roma — si divide in tre business unit: distribuzione, consulenza e produzione. La divisione distribuzione ha una superficie di

11.000 m2, dei quali 9.000 coperti e un’area di 250 m2 all’interno del mercato ittico del C.A.R., per la gestione dell’ittico fresco. Nel 2015, per anticipare un’esigenza del mercato agroalimentare, è stata creata la divisione Enjoy Food– Business Solution, in cui vengono sviluppati modelli di business sostenibili e innovativi. Nel 2018 invece, è nata la business unit RC food, il centro di trasformazione di prodotti di IV e V gamma per la ristorazione, che sorge sempre all’interno del C.A.R., per un totale di 3.600 m2 dotati delle più innovative attrezzature.

«La nostra è una storia di ricordi, passione e crescita» sottolinea Roberto Capecchi. «Il nostro impegno è rivolto al controllo di ogni singola fase della produzione, senza mai trascurare gli standard qualitativi: dal sezionamento in loco delle mezzene e del pesce, al piatto pronto da cuocere». Capecchi è una realtà dove le persone hanno una profonda cultura del lavoro, dove i cambiamenti si affrontano giornalmente con coraggio e innovazione. Una realtà che si avvale del programma CSB-System, gestionale integrato,

Etichettatura della carne.

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capecchispa.com scadenza o TMC e l’eventuale esito dei controlli qualitativi sull’intera fornitura. I dati sono trasmessi in tempo reale e direttamente al gestionale diventando la base del Sistema Informativo Lotti. Altri due CSB-Rack sono posizionati in macelleria, per il sezionamento delle mezzene. Qui si registrano i risultati della lavorazione, controllando in tempo reale efficienza e rese di reparto, perché comparate con quelle attese sulla base degli ordini di produzione.

Il sistema di tracciabilità CSB-System. modulare e completo, che soddisfa tutte le esigenze del settore Food & Beverage. Si va dagli acquisti alla macellazione e sezionamento, dall’ot timizzazione ricette alla produzione, dalla peso-prezzatura integrata alla rintracciabilità completa, dalla gestione magazzino e vendite ai controlli qualità lungo l’intera filiera, la contabilità amministrativa e industriale, l’EDI per interfacce con clienti e fornitori e l’M-ERP per poter operare sempre e ovunque. «Ho conosciuto i responsabili commerciali CSB-System ad una fiera di settore e ho intuito subito che era un software polivalente, adatto a qualunque settore dell’agroalimentare». Capecchi Spa gestisce con CSB-System il ricevimento merci,

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la produzione e la sua pianificazione, il sezionamento, il controllo delle giacenze, lo scambio dati tramite EDI e la tracciabilità dei prodotti. RC Food, il centro di produzione e trasformazione di Capecchi Spa Realizzato secondo gli standard qualitativi riconosciuti dai mercati internazionali, il centro di produzione è sviluppato per produrre alimenti di IV e V gamma per il mondo della ristorazione a 360°. Il CSB-Rack, PC industriale multifunzione, posizionato al ricevimento merci, registra quantità e qualità delle materia prime in entrata, contenente le informazioni su codice e nome articolo, data di entrata, quantità, locazione magazzino, fornitore, codice lotto,

Controllo Qualità e rintracciabilità garantita Alla Capecchi Spa il sistema di autocontrollo, progettato e realizzato sul metodo HACCP, è applicato a garanzia della sicurezza del prodotto/servizio erogati con sistematici processi di analisi e controllo. Al fine di garantire un continuo e costante miglioramento dei risultati aziendali, la Capecchi Spa ha istituito una squadra “HACCP e Rintracciabilità” avente la responsabilità di gestire la sicurezza alimentare e tutti gli aspetti in tema di tracciabilità e rintracciabilità di filiera. Grazie al CSB-System è assicurata l’assoluta trasparenza della tracciabilità dei prodotti. I dati relativi alle mezzene e/o materie prime lavorate, vengono collegati in modo univoco al rispettivo lotto di produzione. I prodotti finiti si possono coordinare in modo univoco ad una produzione. Mediante il coordinamento dei lotti produzione con le ricette inserite nel CSB-System e alla rintracciabilità completa del lotto fino al prodotto finito, l’azienda è in grado di garantire la totale rintracciabilità downstream e upstream. Premendo un tasto si identificano in pochi istanti tutti le informazio-

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Jarvis, qualità certa, anzi certificata

Una nuova generazione di storditori storditoori e cartucce universali Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.

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In alto: la sede della Capecchi Spa. In basso: il parco automezzi dell’azienda. ni necessarie: mezzene utilizzate e relative informazioni sul Paese di nascita, allevamento e macellazione, fornitori delle materie prime impiegate, nonché tracciabilità e rintracciabilità degli imballi primari (MOCA) e l’acquirente finale del prodotto. Collaborazione vincente anche per il futuro Oggi l’azienda romana rappresenta un’importante realtà. La flotta Capecchi consegna nel Lazio e nelle regioni limitrofe rispettivamente ogni 4 ore e tre volte a settimana. La collaborazione tra CSB-System Srl e

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Capecchi Spa si è rivelata vincente in termini di sicurezza alimentare, qualità costante del prodotto, razionalizzazione delle risorse e, soprattutto, di pronta risposta alle esigenze del mercato in continua evoluzione. Per questo si è deciso di implementare la soluzione M-ERP del CSB-System anche per l’evasione ordini nel settore ittico così da rendere il processo più veloce e ancora più sicuro. Una storia che prosegue e non si arresta quella dell’azienda Capecchi Spa, che ha scelto CSBSystem come partner informatico per fare la differenza.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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STATISTICHE

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Macellazione capi suini in Italia

Dati Anas: le macellazioni suine in Italia

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Merriweather Post Pavilion, Animal Collective

Pascoli liquidi di Giovanni Papalato

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e penso alla traduzione di Animal Collective, le prime associazioni che mi vengono in mente sono mandria e gregge, poi gli stormi. Questi ultimi sono stati citati nell’articolo in cui parlavo di “Die” di IOSONOUNCANE, qualche numero fa. Le selezioni di carne da bestie che sono state allevate in maniera biologica, con una filosofia di cura e qualità, che non hanno vissuto stipati in spazi angusti e in solitudine ma hanno avuto modo di muoversi e pascolare, sono vere eccellenze. Così come “Merriweather Post Pavilion” di ANIMAL COLLECTIVE è un vero e proprio capolavoro. Ottavo album, uscito per Domino nel 2009, rimane a distanza di più di dieci anni un disco con cui fare i conti quando si tratta di pensare a lavori fondamentali almeno degli ultimi due decenni. Come la copertina, su cui muovendo lo sguardo si rimane incantati dall’effetto ottico di movimento creato dall’artwork, con In The Flowers la sensazione è di risvegliarsi emergendo da un contesto liquido. Tra voci filtrate, carillon, hand clapping e un vero e proprio sgocciolio che portano poi ad un’esplosione di percussioni echi e riverberi. È una fortissima avventura onirica quella che si concretizza in My Girls, fatta di elettronica vischiosa e di armonizzazioni vocali che si strutturano come in una cascata al contrario, in cui i beat zampillano di energia. Also Frightened è una traccia che gioca decisamente con la psichedelia e in un caos organizzato di voci si muove tra immaginari infantili e tribalismo.

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Quando siamo solo al quarto brano, al secondo lato del primo di due 33 giri, abbiamo già la sensazione di star ascoltando un disco ricco di sfaccettature ma con un’identità molto forte. La crescente spinta di distorsione e batteria che costituisce il cuore di Summertime Clothes inizia con tiro quasi militaresco, ma la canzone si emancipa presto in un luogo altro da sempre, cambiando totalmente contesto, cullando con un ritornello così semplice quanto perfetto (Voglio andare in giro con te) che potrebbe essere arrivato, attraverso la memoria, da qualsiasi punto della canzone moderna. È un momento in cui pensare ai migliori BEACH BOYS non è illecito. Si torna al passato di Animal Collective, stilisticamente parlando, con Daily Routine, spostandosi tra un mid-tempo basato su un organo obliquo ad una lunga coda di droni che spaziano in ambito shoegaze. Andiamo in territori fine Settanta con una chitarra che sembra arrivare dal soft rock e in cui la melodia nuota spensierata fin dal principio di Bluish. Passando in mezzo ad una giungla paludosa, districandosi tra i rami, si arriva alla luce e si apre un paesaggio disteso mentre si avvicina un gruppo di nativi, il caos poi la serenità. Così sembra di essere tra incastri di droni, ritmiche pastose e synth sparati assieme alle voci in Guys Eyes. Un pastiche circense, un’allucinazione lisergica Taste si scioglie e si appiccica alla memoria come una caramella al sole. Un brusco risveglio, un affanno, il ronzio di qualcosa che ci confonde, Lyons In A Coma, poi il ritornello pulisce tutto e le percussioni ossessive di un mantra spezzato da uno scacciapensieri spingono in una direzione che sa di liberazione. No More Runnin è una ballata, una nenia come stesa che culla e placa. E arriva a calmare, a prendere fiato letteralmente come al termine di una corsa. La conclusione di questo caleidoscopico album è Brothersport, un

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brano afro/beat che gioioso evolve in dinamiche techno. È una giostra sonora “Merriweather Post Pavilion”. Non stordisce, ma chiama a sé l’ascoltatore per condurlo in un girotondo emotivo ricco e stimolante. In tutto questo, i testi si concentrano sul corpo, sulla connessione tra gli individui, sulla necessità di prendersi cura di se stessi, mentre si è impegnati a risolvere quel rompicapo difficile che è stare al mondo. Tra l’elettronica che pulsa, distorsioni, gli echi e i campioni, tutto in un organico respiro collettivo che suscita la percezione di alterazione in uno spazio confuso tra il familiare e l’estraneo, le parole sembrano un commento continuo sul mistero essenziale ed emozionale dell’essere vivi. Non c’è una storia, un racconto lineare. Le parole, poche e ripetute, rafforzano il senso di vulnerabilità che attraversa la musica e finiscono per essere una componente essenziale in un album che non si fa cupo ma che esalta la domanda con la fiducia. La peculiarità sta nell’aver costruito, non assemblato, una nuova via ad un concetto di pop: imprescindibile da macchine e tecnologia, ma credibile nel suo essere profondamente umano, senza risultare connotato esclusivamente ad una delle due componenti. Come un percorso virtuoso, sperimentando commistioni tra psichedelia, noise, folk in album importanti come “Campfire Songs” o “Strawberry Jams” pubblicato solo due anni prima, il gruppo di Baltimora, ma da sempre collocatosi a New York, ha realizzato il suo album più completo, in cui è padrone del proprio suono. “Merriweather Post Pavilion” si pone tra i dischi più importanti degli ultimi vent’anni. Un periodo in cui l’accessibilità alla musica è così facile da risultare dispersiva e in cui rimanere è ancora più difficile. Giovanni Papalato Nota Photo © Lucio Pellacani.


STORIA E CULTURA

Il ritorno della tazza di Giovanni Ballarini

L

Una storia antica a tazza o ciotola che ricalca la forma delle mani è una delle più antiche forme create dall’uomo. Compare nell’antica filosofia greca quando DIOGENE DI SINOPE (400-325 a.C. circa), detto il Cinico o il Socrate pazzo e noto per la sua austerità, arriva a vivere in una piccola botte aperta che appartiene al tempio di Cibele distruggendo anche la sua unica proprietà terrena, una ciotola di legno, dopo aver visto un ragazzo bere dall’incavo delle mani. L’uomo crea la tazza o ciotola per cucinare e contenere i cibi che mangia dando vita ad oggetti rustici o di alta arte orafa come le tazze d’oro del principe di Vaphio o Vafio (II millennio a.C.) conservate

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al Museo Archeologico Nazionale di Atene, che sono tra gli oggetti funerari più raffinati dell’intera collezione e forse i lavori più perfetti dell’arte micenea-minoica a noi pervenuti. Tazze d’argento si trovano nel servizio da tavola del tesoro pompeiano di Boscoreale, oggi custodite al Musée du Louvre di Parigi, e tazze di porcellana originarie dell’Estremo Oriente (Cina) iniziano a essere prodotte in Europa intorno al XV secolo. Umili tazze o ciotole di terracotta o di legno fanno parte della tavola di qualunque cucina povera in ogni parte della terra e certamente in una ciotola di terracotta il biblico ESAÙ mangia la zuppa di lenticchie con la quale baratta la sua primogenitura.

La tazza è un recipiente a bocca circolare a volte dotata di un manico ad ansa, più raramente due. Ancora oggi la tazza senza manici è usata soprattutto per zuppe, minestre, insalate e altri alimenti, mentre le tazze con uno o due manici sono usate principalmente per servire alimenti liquidi come i brodi o consommé o bevande calde come caffè, caffellatte, cappuccino, tè, cioccolata. I materiali più usati sono la porcellana e la ceramica, ma esistono anche tazze in vetro, metallo, plastica. La storia della tazza è stata celebrata a Torino, a Palazzo Madama, nei primi mesi del 2015 con un percorso (Il mondo in una tazza. Storie di porcellana) che esplorava le ricche collezioni di arte

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decorativa conservate in museo. Sul finire del Quattrocento nelle carte faentine c’è il ricordo di un’offerta al Magnifico Lorenzo di tacce (tazze) di maiolica, decorate con gentilezza. Quest’uso di donare simili vasi continua nel Cinquecento quando CIPRIANO PICCOLPASSO distingue i tazzoni o confettiere dalle tazze e dalle tazzine o ciotolette a seconda delle più o meno grandi dimensioni del diametro dei vasi, quantunque non risulti del tutto chiara la differenza fra le forme delle tazze e quelle della scodella. La tazza fa parte delle credenze o serie di stoviglie per il servizio della mensa e le forme coperchiate servono più propriamente a contenere dolciumi, da cui il nome di confettiere. Negli ultimi secoli l’evoluzione della tecnica ceramica e l’introduzione delle nuove materie prime, la porcellana e poi la terraglia, rendono più comune questa sorta di vaso divenuto indispensabile per gli usi della casa. Tazza e società Secondo l’uso in tavola molte sono le varietà della tazza, piccolo recipiente basso, rotondo, a bocca più larga del fondo, con o senza coperchio, con o senza manico, a basso piede. Le prime ciotole o tazze di legno o terracotta modellata a mano risalgono alla preistoria, diventando subito indispensabili e insostituibili per raccogliere e conservare cereali ed in genere tutti i prodotti alimentari compresi i liquidi. Ancor prima dell’uso del tornio, tali manufatti dimostrano un avanzato controllo del calore rendendo possibile una serie di rivoluzioni culinarie come bollire l’acqua, stufare e cuocere gli alimenti. Per questo motivo, divengono il mezzo tuttora usato quotidianamente per trasformare e consumare i cibi, agevolando e sviluppando le azioni e le abitudini del mangiare e del bere. Si può dire che, grazie alla tazza, si amplia il ventaglio degli alimenti da sfruttare e consumare e, diversificando gusti, scelte, ricette, la dieta varia e a sua volta modifica la qualità della vita dell’uomo, rendendola migliore e più lunga, consentendo

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un processo di trasmissione di esperienze e conoscenze fra generazioni in una società ancora analfabeta. Da un punto di vista antropologico, sono il simbolo più efficace del sorgere di una struttura sociale nuova per l’umanità, legata alla stanzialità, all’agricoltura e alla divisione di compiti fra sessi. Secondo MARIA GRAZIA MORGANTI (E in principio fu la ciotola, 2012, Maiolica Italiana, www.maiolicaitaliana.com), la tazza rappresenta un ideale anello di congiunzione fra la civiltà del crudo a quella del cotto, adattabile com’è ad ogni uso e circostanza, nella sua disadorna, flessibile funzionalità. Sempre secondo la Morganti, la ciotola si identificherebbe anche col mondo magico della religione primordiale, divenendo uno dei segni del passaggio dalla civiltà matrilineare delle origini a quella greca patriarcale quando vi è l’aggiunta dei manici. Cucina e gastronomia della tazza Per un lunghissimo periodo di tempo, la tazza o ciotola di legno o di terraglia si identifica con una società bassa, umile se non povera, e si lega ad una cucina dei miseri: zuppe d’erbe, legumi bolliti, brodini matti e pancotti, mentre le paste ripiene, la cacciagione, gli intingoli

elaborati e la sontuosa pasticceria dei banchetti che durano giorni interi esigono piatti di forma distesa sui quali, in tutto il loro splendore, possono mostrarsi i trionfi gastronomici dell’arte culinaria. Anche il galateo ha la sua importanza. La ciotola è fatta per essere portata alla bocca o per essere svuotata con un cucchiaio; una minuscola ciotola col manico rinvia ad immagini plebee di visi che affondano nel cibo, mentre il galateo che si diffonde nel Rinascimento delle corti italiane impone l’utilizzo della forchetta che permette di portare il boccone alle labbra mantenendo una postura eretta in dignitoso distacco dal cibo. Da qui in avanti nell’alta cucina sopravvivono e arrivano fino a noi tazze e tazzine dotate di manici usate con distacco per le nuove bevande settecentesche e ottocentesche del te, delle tisane, del caffè. Anche a livello di cucina popolare la tazza, che non permette di vedere il cibo in tutta la sua struttura e complessità, è sostituita dal piatto fondo o fondina usato per le paste in brodo e per le zuppe, mentre la tazza è via via sempre meno usata se non per il latte, il brodo e anche, nelle osterie di più basso livello, per il vino in sostituzione dei più costosi bicchieri di vetro.

Tazza d’argento del tesoro di Boscoreale, I sec. d.C. (photo © pinterest.at).

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Chili con carne (photo © Brebca– stock.adobe.com). Il ritorno della tazza Il pianeta della cucina e della gastronomia cambia con la mondializzazione dei costumi e degli stili alimentari e anche nel mondo occidentale, dove predomina il senso della vista e il cibo trionfa sul piatto piano o poco incavato, assistiamo al ritorno della tazza o ciotola che arriva dalla cultura gastronomica asiatica, soprattutto cinese, la quale attribuisce un’importanza fondamentale ai valori tattili, con la ciotola che va stretta fra le mani e trasmette il calore degli alimenti. La ciotola o tazza delle cucine asiatiche è il contenitore per eccellenza usato in ogni circostanza, coi cibi solidi e con le bevande, col riso e col sakè, passando per ogni possibile varietà di tè o di zuppe, dando origine ad una estrema varietà di tecniche di produzione, forme e decorazioni. Come le ciotole coreane Ido, create partendo da una striscia avvolta a spirale, o le ciotole raku, scavate da un blocco di creta o modellate rialzando i bordi di una sorta di piadina di argilla, senza dimenticare le ciotole o coppe dal colore del cielo della corte Song, quelle sancai

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a tre colori della dinastia Tang o dai pallidi color avorio Ding, fino alle tazze pesanti in gres nero dai lucenti rivestimenti screziati il cui uso rituale era riservato alle offerte dei monaci cinesi. Un’estrema varietà di tazze, ognuna con la sua precisa destinazione gastronomica, che oggi l’Occidente inizia ad applicare alla sua cucina e gastronomia. Diversi sono i cibi orientali presentati in ciotola o tazza che oggi gli Italiani iniziano a conoscere. Il poke è uno dei piatti principali della cucina delle Hawaii (letteralmente, “tagliare a pezzi ”in hawaiano, a volte scritto poké) a base di pesce crudo, servito come antipasto o come portata principale. Il ramen è un tipico piatto giapponese ma di origine cinese a base di tagliatelle di tipo cinese di frumento (noodles) servite in brodo di carne e o pesce spesso insaporito con salsa di soia o miso e con guarnizioni come maiale, alghe marine secche, kamaboko, negi e a volte mais. Sì, perché ogni località del Giappone ha la propria variante di ramen, dal Tonkotsu (brodo con ossa di maiale bollite molto a lungo) di Fukuoka,

isola di Kyushu (su cui si allevavano molti maiali), al Miso ramen della prefettura di Hokkaido, a base di miso (soia fermentata) e brodo di maiale e/o di pollo. Nelle preparazioni di piatti in ciotola o tazza asiatici, accanto agli aspetti accennati riguardanti la forma del contenitore e la sua vicinanza che sembra divenire quasi affettiva, non manca una certa attenzione visiva e non bisogna dimenticare che i pesci ornamentali cinesi erano mantenuti in vasi di ceramica e dovevano essere apprezzati vedendoli dall’alto e non lateralmente come negli odierni acquari. Per questo le ciotole o tazze asiatiche sono larghe e poco fonde e permettono di apprezzare la preparazione anche visivamente. La diffusione delle cucine asiatiche nel nostro Paese sembra abbia iniziato a stimolare un certo interesse anche per le presentazioni gastronomiche in tazza, servite anche in occasione dei sempre più frequenti aperitivi-apericena e dei buffet, con la riscoperta dei brodi e delle zuppe, dalla Soupe à l’oignon tipica della cucina francese all’italiana Zuppa alla pavese. Secondo la tradizione, quest’ultima — una ricetta della Lombardia fatta con ingredienti semplici come pane casereccio, uova, brodo e Parmigiano Reggiano, prende origine da un episodio che vede protagonista FRANCESCO I DI FRANCIA, il quale, durante la battaglia di Pavia, venne fatto prigioniero e subito dopo condotto presso un cascinale, la Cascina Repentita. La leggenda narra che proprio qui una contadina, presa alla sprovvista, non trovò di meglio che servire all’illustre ospite una grande tazza con una zuppa composta da ciò che al momento aveva disponibile. Francesco I di Francia, tornato in patria dopo un anno di prigionia, introdusse a corte la zuppa, destinata ad ottenere fama secolare. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota A pagina 138, brodo con carne (photo © aldarinho – stock.adobe.com).

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