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Inchieste Ismea: un anno di Covid-19

Ismea: un anno di Covid-19

È stato pubblicato il IV Rapporto Ismea sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nell’emergenza Covid-19, che dal marzo 2020 ha stravolto tutto e tutti. Un’analisi approfondita del mercato agroalimentare italiano

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Èquasi impossibile descrivere correttamente, mentre è ancora in atto, un fenomeno esteso e profondo come la pandemia da Covid-19. Probabilmente solo l’analisi storica ci darà le reali dimensioni e sarà in grado di descrivere i mutamenti della società a seguito della diffusione del virus. Tuttavia, l’ISMEA, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ha monitorato l’impatto sul settore agroalimentare del Covid-19 fi n dal momento in cui si è capito che il mondo era di fronte a un fenomeno mai visto prima, rispetto al quale nessuno Stato, nessun politico, nessun imprenditore e, soprattutto, nessuno scienziato, era in possesso del libretto delle istruzioni per affrontarlo.

A distanza di meno di un anno dalla pubblicazione del primo “Report Covid-19 e agroalimentare”, e sulla base dei dati analizzati e delle indagini realizzate è possibile tratteggiare quali eredità il settore agroalimentare si porterà dietro In alto: la pandemia ha accelerato la diff usione di pratiche e tendenze di mercato che avevano già cominciato a manifestarsi in precedenza: prodotti del territorio e locali, food delivery, attenzione alla sostenibilità e al green, e-commerce sono solo alcune. Anche alla luce della svolta verde dell’UE in campo agroalimentare, nel Rapporto Ismea sottolinea che la parola chiave di questa fase è e sarà “cambiamento” (photo © marchsirawit – stock.adobe.com).

PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO

I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE “Vitellone ai cereali” “Scottona ai cereali” “Fassone di razza Piemontese”

La maggior dinamicità nell’incremento della spesa si è registrata per i negozi tradizionali, i piccoli esercizi di prossimità che, pur rappresentando oramai solo il 13% dello share tra i canali distributivi, in questo 2020 hanno visto aumentare le vendite del 18,9%. A tal proposito, è interessante notare come le scelte dei consumatori abbiano delineato chiaramente un apprezzamento crescente per i piccoli negozi di vicinato in senso stretto (in foto, il banco della Macelleria Avagliano, a Sabaudia, Latina; photo © Massimiliano Rella).

dopo un anno diffi cile ma che tuttavia ha avuto il merito di riportare il tema dell’approvvigionamento alimentare tra le priorità strategiche, riattribuendo, allo stesso tempo, dignità e attenzione all’agricoltura, troppo spesso ancora relegata ai margini del sistema produttivo e considerato da molti ancora sinonimo di arretratezza.

In realtà, già da alcuni anni i giovani hanno ricominciato ad affacciarsi con curiosità alla produzione agricola e allo studio di materie universitarie strettamente connesse all’agricoltura, mentre fasce sempre più ampie di popolazione sono sempre più attente alle modalità con cui alimentare sé stessi e la propria famiglia.

Il tentativo del Rapporto non è solo quello di riassumere le diffi coltà sperimentate dal settore agroalimentare a seguito della pandemia. È ormai opinione diffusa, infatti, che, al di là degli impatti più o meno diretti che il Covid-19 ha avuto sui vari settori e sulle varie fi liere, la sua propagazione abbia sovente accelerato la diffusione di pratiche o tendenze che avevano già cominciato a manifestarsi in precedenza. In considerazione dell’ottica prospettica con cui si tenterà di approcciare al settore, si deve altresì considerare come, proprio in coincidenza col diffondersi del Covid-19, la politica agricola dell’UE abbia ribadito, in maniera ancora più netta, la priorità attribuita all’obiettivo di un’Europa più verde, enunciato con la Comunicazione sul Green Deal del dicembre 2019, fornendo orientamenti che determineranno lo sviluppo del settore per i prossimi anni.

Il 20 maggio 2020, la Commissione ha pubblicato due importanti comunicazioni che declinano con chiarezza la svolta verde dell’UE in campo agroalimentare: la Strategia Farm to fork e la Strategia sulla biodiversità. Questo mix contemporaneo di rilevanti mutamenti dal basso e dall’alto guiderà la transizione del settore agroalimentare, delimitando il campo di gioco attraverso numerosi vincoli ma anche fornendo nuove e rilevanti opportunità per chi sarà in grado di coglierle.

La parola chiave sarà quindi cambiamento e, nell’ambito di uno scenario in cui il cambiamento sarà protagonista, si prova di seguito, senza alcuna ambizione di essere esaustivi, ad individuare alcune delle principali eredità lasciate dal Covid-19 sul settore agroalimentare: 1. Dal globale al locale. Locale inteso come il negozio di vicinato, come il mercato rionale — contadino o meno — di quartiere, come le aziende agricole e anche quelle di trasformazione situate a una distanza ragionevole e orientate ai “prodotti del ter-

ritorio” o, infi ne, al prodotto totalmente made in Italy. La pandemia ha accelerato quel processo di “deglobalizzazione” in atto da qualche tempo, alimentando interesse e voglia di

“mangiare vicino”. Il problema è che questo è avvenuto non solo in Italia; 2. Food delivery. Quella che era la mania emergente di qualche pigro teenager, spesso fi nalizzata a mangiare, a parte l’immancabile pizza, cibi esotici come il sushi, nel giro di pochi mesi è divenuto un rilevante canale di distribuzione, un’ancora di salvataggio cui aggrapparsi per una ristorazione a rischio default e per le aziende agricole orientate all’agriturismo;

3. Consumo etico vs consumo

conveniente. È indiscusso che il grado di consapevolezza dei consumatori, soprattutto i più giovani, relativamente alle questioni etiche e di sostenibilità ambientale è crescente e sempre più rilevante nelle decisioni d’acquisto. D’altro lato, la crisi economica innescata dalla pandemia da Covid-19 lascerà strascichi rilevanti in termini di riduzione della capacità di acquisto di una parte importante di popolazione. Su questo labile confi ne si giocherà una partita importante per il futuro sviluppo dei consumi agroalimentari; 4. Homeworking. Che sia smart o meno, è ormai diffusa l’idea che non si tornerà indietro, almeno non del tutto. Molti lavoratori avranno la possibilità di organizzare con più fl essibilità il lavoro, limitando la presenza in uffi cio, organizzando le attività da casa.

Durante il primo lockdown, la cucina è diventata un momento importante sia per trascorrere un po’ del tempo a disposizione ma anche per riprendere a mangiare in maniera più sana.

Di contro, diventando routine e superando i limiti logistici, sarà fi siologico riorganizzare i pasti dedicando loro il giusto tempo.

L’organizzazione dei pasti più frequenti a casa potrà guidare

una fetta consistente degli acquisti domestici alimentari del futuro; 5. Cibo e salute. Dallo scoppio della pandemia ad oggi, il rapporto col cibo è cambiato e diventato più stretto oltre che multidimensionale. Per un verso, il cibo è stata una delle vie per cercare di mantenere la salute: il boom degli acquisti di arance nell’inverno 2020 ne è uno degli indicatori più evidenti. Nella rarefazione delle relazioni sociali e nelle diffi coltà psico-fi siche di questi mesi si è anche amplifi cato il ruolo del cibo come fornitore di piacere, consentendo anche qualche piccolo deragliamento dal “percorso salutista”; 6. Siamo tutti chef. Il trascorrere delle settimane ha modifi cato l’atteggiamento dei consumatori nei confronti del cibo: a fronte di un graduale ridimensionamento di interesse per i prodotti “alternativi al fresco” (surgelati e scatolame) e per i prodotti da “scorta dispensa” (latte UHT, pasta, passate di pomodoro), il paniere “cuochi a casa” (uova, farina, lievito, burro, zucchero, olio extravergine d’oliva) è quello che ha mostrato la maggior tenuta in terreno positivo; 7. Grandi città vs piccoli centri.

Qualcuno lo ha defi nito southworking ma è possibile che sia un fenomeno ancora più ampio.

Il lavoro da casa ha riconnesso molti al proprio luogo d’origine o al proprio luogo del cuore dove si possiede una seconda casa. Fatto sta che le vendite di prodotti agroalimentari nei negozi situati in aree a bassa urbanizzazione sono cresciute più incisiva-mente (+6,7%) rispetto a quelle delle città (+0,3%).

In questo contesto, inoltre, va segnalata la quasi totale assenza di turismo estero, che ha penalizzato maggiormente le grandi città d’arte. In prospettiva questo fenomeno comporta sia degli effetti di ridistribuzione della ricchezza, sia la necessità da parte della produzione agroalimenta-

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In relazione ai canali di vendita, i supermercati restano la principale fonte di approvvigionamento (catturando il 41% dei volumi totali), con un incremento delle vendite di oltre il 9,4%, ma con il calo della domanda di bar e ristoranti e l’impossibilità per i consumatori di percorrere lunghe distanze, i punti vendita che si sono dimostrati più adatti alle nuove esigenze di acquisto sono stati quelli con buona posizione e buon assortimento (photo © Molostock – stock.adobe.com).

re e della distribuzione di organizzarsi per poter raggiungere la domanda che si sposta dal Nord al Sud e dai poli urbani verso le altre aree del Paese. Ancora di più, quindi, la questione della logistica diventerà un perno del futuro sviluppo del settore; 8. La transizione digitale. Pur rimanendo ancora un settore nel complesso scarsamente propenso all’innovazione, questo anno contrassegnato dalla diffusione del Covid-19, ha indotto grandi passi avanti in termini organizzativi e di avvicinamento agli strumenti digitali anche da parte di tantissime imprese agricole. Il lockdown, infatti, ha stimolato molte di queste a individuare nuove soluzioni per superare le diffi coltà logistiche e organizzative dei canali consueti orientandosi così verso la vendita diretta. Un fenomeno che va letto anche come segnale promettente dell’orientamento verso una fi liera agroalimentare più corta e sostenibile. Secondo i risultati di un’indagine ISMEA, l’emergenza Covid-19 ha determinato un sensibile aumento del numero delle imprese agricole che praticano la vendita diretta e, di conseguenza, il fatturato di questo canale che, nel 2020, ha superato i 6,5 miliardi di euro. I produttori che quest’anno hanno scelto di accorciare la fi liera, raggiungendo in autonomia il consumatore fi nale, sono il 21,7% del campione analizzato, percentuale che aumenta di circa il 5% rispetto al 2019 (17%), destinandovi, peraltro, una quota produttiva ben maggiore (82%) rispetto al 2019 (73,1%).

Lo scenario complessivo

Dopo la transitoria boccata d’ossigeno del terzo trimestre del 2020, da ottobre in poi la risalita dei contagi ha costretto molte nazioni a rafforzare le misure di contenimento della pandemia, determinando un’ulteriore brusca frenata dell’economia mondiale. Il commercio mondiale in volume è diminuito su base annua del 5,9% nei primi undici mesi del 2020. Nelle prospettive per l’economia di dicembre, l’ISTAT prevede per l’Italia una marcata contrazione del PIL nel 2020 (–8,8%) e una ripresa parziale nel 2021 (+4,0%). Le misure restrittive adottate nel corso del 2020 hanno avuto effetti molto differenziati tra i settori economici. Il comparto agroalimentare, sia nella fase agricola, sia in quella industriale, pur non essendo stato soggetto a blocco delle attività, neppure durante il lockdown di marzo, ha risentito dell’emergenza per una serie di fenomeni di fi liera.

L’incremento delle vendite presso la GDO non sempre ha compensato il calo di quelle HO.RE.CA. Prima di tutto, la chiusura e poi il forte rallentamento del canale HO.RE.CA., in Italia e all’estero, ha impattato in maniera differente tra le varie fi liere, a seconda dell’importanza che esso ha nel consumo fi nale di ciascun prodotto. Se in alcuni settori il calo delle vendite HO.RE. CA. è stato più o meno compensato dall’incremento di quelle presso la Distribuzione Organizzata e non, così non è stato per altri, come il vino, l’ittico e il fl orovivaismo. Inoltre, le dinamiche appaiono differenziate anche all’interno di uno stesso settore, con vantaggi di quelle imprese che hanno sempre avuto come interlocutore principale la distribuzione o direttamente il consumatore e svantaggi per quelle più orientate verso la vendita nel canale della ristorazione.

In Italia, la contrazione del fatturato della ristorazione è stata imponente, con un –34,7% nei primi nove mesi del 2020 sullo stesso periodo del 2019, e ha interrotto un robusto trend di crescita manifestatosi nell’ultimo decennio, segnato dal +6% in termini reali della spesa delle famiglie per servizi di ristorazione di fonte ISTAT, a fronte del –2,5% di quella destinata agli acquisti di alimenti e bevande presso la distribuzione. Secondo una stima dell’ISMEA, fatta tenendo conto delle dinamiche del fatturato

ISTAT dei primi nove mesi e delle ulteriori misure restrittive messe in atto per la risalita dei contagi a partire dall’autunno, la spesa delle famiglie presso la ristorazione sarebbe diminuita del 42% nel 2020.

La riduzione del fatturato della ristorazione nel mondo rallenta l’export agroalimentare Il brusco calo degli affari della ristorazione italiana nel mondo si è fatto sentire sulle esportazioni agroalimentari, che avevano aperto l’anno sotto i migliori auspici, ma che chiudono il 2020 con un deciso rallentamento, anche se ancora in terreno positivo. Nel 2020, infatti, l’incremento dell’export agroalimentare si è ridotto dal +7% del 2019 al +1,7% su base annua. Il 2020 si è chiuso comunque con un saldo del commercio agroalimentare in miglioramento rispetto all’anno precedente, con un surplus che, nel complesso, ha oltrepassato i 3 miliardi di euro, dopo il defi cit di 37 milioni del 2019. A contribuire a questo risultato è stata, a fronte della tenuta dell’export, la diminuzione delle importazioni del 5,1%.

In calo la fi ducia degli operatori, ma con prospettive future positive In questo contesto, la fi ducia degli operatori dell’agroalimentare non poteva che diminuire. L’indice di clima di fi ducia, calcolato come media dei risultati trimestrali, è sceso a –5,9 punti per l’agricoltura, con un crollo della componente relativa alla situazione corrente aziendale, mentre le aspettative per il futuro, a 2-3 anni, sono risultate migliori rispetto al 2019. L’andamento climatico ormai da anni infl uenza negativamente i risultati delle imprese del settore primario. Dal 2016 ad oggi il valore aggiunto agricolo ha sperimentato fl essioni continue ogni anno, ad eccezione del 2018. Anche per gli operatori dell’industria alimentare l’indice di clima di fi ducia è scivolato inevitabilmente su terreno negativo nel 2020, toccando –15,6 punti, per un crollo del livello degli ordini e un incremento delle scorte, mentre le attese degli operatori sulla produzione sono rimaste debolmente positive, pur diminuendo rispetto al 2019.

La domanda al dettaglio di prodotti agroalimentari

La spesa per consumi domestici di prodotti alimentari è una delle poche variabili sulle quali l’emergenza Covid ha avuto un impatto positivo. La tendenza di crescita evidenziata nel 2020 è di gran lunga la più ampia dell’ultimo decennio (+7,4%), raggiungendo il suo culmine a marzo, quando le vendite hanno registrato picchi del +20%. Col trascorrere delle settimane, poi, la ritrovata fi ducia nella capacità del sistema agroalimentare di garantire gli approvvigionamenti quotidiani ha progressivamente attenuato il tasso di crescita degli acquisti. Nella cosiddetta Fase 2, con la con-

Grafi co 1 – Variazione della spesa per comparto – Anno 2020/19

All’incremento complessivo della spesa del +7,4% (confezionati e sfusi) hanno contribuito le tendenze positive di tutti i comparti, con incrementi sopra la media per tutti i proteici di origine animale, per i prodotti ortofrutticoli e per tutte le bevande alcoliche, compreso il vino, nonché per gli oli; sotto la media i derivati dei cereali, i prodotti ittici e le bevande analcoliche (fonte: Ismea-Nielsen).

Nel 2020 il canale e-commerce ha registrato un incremento esponenziale nel 2020: +117% rispetto all’anno precedente (28 volte superiore alla crescita dei canali fi sici), con un contributo alla crescita del 13% nelle categorie alimentari. Qui in foto la promo della Luciano’s box, un’off erta di carni delle Selezioni Bifulco a lunga frollatura, ideali da cucinare alla piastra o per il barbecue. La famiglia Bifulco lavora da sempre nel mondo delle carni di qualità con la gastronomia e macelleria (fondata nel 1947), la braceria, la Bifulco Bifburger streetfood e, naturalmente, lo shop on-line (photo © bifulco.family).

seguente riduzione dell’impatto della diffusione del Covid e la graduale riapertura della ristorazione, l’andamento delle vendite è tornato alla normalità con alcune settimane che hanno addirittura visto variazioni negative rispetto al medesimo periodo del 2019 (nel mese di luglio –2,1%).

Ma in autunno le nuove restrizioni e il rinnovato timore per la diffusione del Covid hanno generato nuovamente ripercussioni sulle abitudini di acquisto (Grafi co 1), con conseguenze sulle vendite che sono aumentate, senza però raggiungere i picchi di inizio pandemia.

L’analisi della tendenza dei consumi complessivi (confezionati e sfusi) per area geografi ca evidenzia ancora una volta come il Nord Est abbia fatto da traino alla crescita nazionale, con incrementi della spesa del +8,4%, decisamente più marcati di quelli registrati nelle altre macro-aree; segue il Centro con +7,3%, il Mezzogiorno con +7,2% e il Nord Ovest con +7,0%. In particolare, si evidenziano reazioni differenti dei consumatori in risposta all’emergenza: al Sud, la spesa — seppur costantemente in positivo — mostra una maggiore variabilità, con il consumo che più sensibile ai decreti restrittivi, con i due picchi più alti proprio nelle settimane immediatamente successive all’emanazione di questi (+19% a marzo e un nuovo record, +12%, a fi ne ottobre con l’inizio del secondo periodo di restrizioni).

Incrementi superiori nelle aree a bassa urbanizzazione Durante il 2020, inoltre, si è verifi cato un cambiamento nei luoghi di consumo. C’è chi ha lavorato da casa, chi si è spostato di meno, chi è tornato nella propria città di origine e chi è rimasto nella seconda casa; tutto ciò ha fatto sì che le vendite dei negozi nelle aree a bassa urbanizzazione siano cresciute di più (+6,7%) rispetto a quelle dei negozi situati nelle grandi città (+0,3%), le quali, probabilmente, hanno sofferto anche della quasi totale assenza di turismo estero, che ha penalizzato maggiormente le grandi città d’arte.

Il supermercato resta il canale più utilizzato (41%), ma i negozi tradizionali sono i più dinamici (+18,9% le vendite) In relazione ai canali di vendita, i supermercati restano la principale fonte di approvvigionamento (catturando il 41% dei volumi totali), con un incremento delle vendite di oltre il 9,4%, ma col calo della domanda di bar e ristoranti e l’impossibilità per i consumatori di percorrere lunghe distanze, i negozi che si sono dimostrati più adatti alle nuove esigenze di acquisto sono stati quelli con buona posizione e buon assortimento. La maggior dinamicità si è registrata,

infatti, per i negozi tradizionali, i piccoli esercizi di prossimità che pur rappresentando ormai solo il 13% dello share tra i canali distributivi, in questo 2020 hanno visto aumentare le vendite del 18,9%. A tal proposito, è interessante notare come le scelte dei consumatori abbiano delineato chiaramente un apprezzamento crescente per i piccoli negozi di vicinato in senso stretto senza premiare allo stesso modo le superette. All’inizio dell’anno l’incremento delle vendite di negozi tradizionali e liberi servizi (ossia piccole superfi ci facenti capo spesso a insegne GDO) erano sincrone ma, a partire dal mese di maggio (prime riaperture), i liberi servizi hanno visto un declino delle vendite, mentre i negozi tradizionali hanno proseguito nel processo espansivo, mantenendo l’incremento a due cifre delle vendite.

I liberi servizi hanno sostituito per comodità e limiti di movimento gli acquisti in altre tipologie di punti vendita strettamente nel periodo di limitazione, ritornando ai livelli di vendita precedenti non appena le condizioni lo hanno permesso. Al contrario, i negozi di vicinato sembrerebbero avere capitalizzato le opportunità offerte dalla pandemia riuscendo a mantenere una parte della clientela acquisita nei periodi di maggiore diffi coltà.

I discount raggiungono i supermercati in termini di fatturato per metro quadro I discount, con una quota del 15%, hanno incrementato le vendite del 9,5% e tagliano un traguardo importante nel 2020: il loro fatturato medio per metro quadro ha raggiunto i 5.800 euro, quasi eguagliando i 5.860 euro dei supermercati, mentre 10 anni fa erano inferiori del 14% rispetto a questi ultimi. Il connubio tra prezzi competitivi e una chiara modernizzazione di assortimento ha portato il canale a crescere costantemente, moltiplicando sia la quota di mercato che la presenza sul territorio nazionale. Nel corso del 2020, gli ipermercati sono stati, invece, quelli che hanno sofferto maggiormente, registrando tendenze negative (–0,8%).

La crescita dei canali digitali supera di 18 volte quella dei negozi fi sici Garantendo maggiore comodità e sicurezza ai consumatori, il canale e-commerce ha registrato un incremento esponenziale nel 2020: +117% rispetto all’anno precedente (28 volte superiore alla crescita dei canali fi sici), con un contributo alla crescita del 13% nelle categorie alimentari. Nell’analisi dei mutamenti nei processi d’acquisto dei prodotti agroalimentari durante la diffusione del Covid-19, è rilevante la categoria socioeconomica di appartenenza degli acquirenti.

La spesa per le carni è tra quelle che cresce di più (+9,8%) Analizzando la spesa, il comparto delle carni, con un +9,8% rispetto al 2019, ha fatto registrare importanti incrementi. Un anno partito su toni fi acchi, che nel bilancio

Dalle stime sul bilancio di approvvigionamento dei primi 10 mesi del 2020, emerge che in Italia è circolato il 6,7% in meno di carne bovina. Alla fl essione delle macellazioni si è infatti aggiunta una riduzione dell’8,7% circa delle importazioni. Di contro, i consumi domestici di carne bovina sono aumentati del 6% in volume; incremento comunque non suffi ciente a compensare le perdite accumulate dai canali Ho.re.ca. (photo © Kyle Mackie x unsplash).

finale ha però evidenziato una buona resilienza del settore, grazie alla propensione da parte dei consumatori a convertire i consumi “fuoricasa” in consumi “in casa”. Gli incrementi si sono infatti concentrati nei periodi in cui i canali della ristorazione hanno subito le maggiori restrizioni, mentre gli acquisti sono tornati su livelli simili all’anno precedente nel trimestre estivo, quando i canali HO.RE.CA. hanno ripreso a funzionare.

Filiera della carne avicunicola

La pandemia ha avuto effetti meno marcati sul comparto avicolo, che da subito ha giovato dell’apprezzamento dei consumatori. La fi liera avicola, grazie alla sua totale autosuffi cienza e all’organizzazione integrata, è stata in grado regolare l’offerta in base alle esigenze riuscendo a portare la produzione (e quindi consumi interni) in terreno positivo.

Qualche diffi coltà legata allo sfasamento tra programmazione produttiva e repentine chiusure e riaperture delle “rosticcerie” (presso le quali transita almeno il 15% dell’offerta totale) si è registrata nei mesi di aprile e maggio, con evidente impatto negativo sui prezzi.

I valori medi del pollame alla produzione hanno nel complesso registrato una contrazione del 3,4% da ascriversi alle maggiori diffi coltà di assorbimento nei mesi da aprile ad ottobre, ma si sono ripresi nella fase finale dell’anno limitando le perdite. Migliore la situazione sul fronte del macellato, dove i prezzi hanno accusato flessioni su base annua per un periodo più limitato (da aprile a giugno), con un risultato fi nale in positivo: valore medio annuo per i busti di pollo superiore del 5% rispetto a quello del 2019.

Nel complesso i dati di macellazione (+1% i capi di pollame nei primi undici mesi 2020) indicano, malgrado la pandemia, una stabilità dei volumi offerti e consumati, che fa distinguere, ancora una volta, il settore avicolo come uno dei più resilienti agli stati di crisi.

L’anno appena iniziato rappresenta tuttavia un’importante sfi da per l’industria avicola, che dovrà confrontarsi non solo con le problematiche causate dalla pandemia da Covid-19, ma anche con la ridotta capacità di spesa di una parte della popolazione che potrebbe contrarre i consumi con l’aumento dei prezzi dei mangimi, l’impatto dei focolai di infl uenza aviaria dello scorso inverno e l’eccesso dell’offerta globale.

Filiera della carne bovina

La crisi sanitaria con le sue implicazioni ha impattato in maniera evidente sul mercato delle carni bovine, ma — a consuntivo — si può dichiarare che la fi liera ha reagito

bene e forse i danni sono meno pesanti di quelli che si prevedevano ad inizio crisi. In sintesi, dalle stime sul bilancio di approvvigionamento dei primi 10 mesi del 2020, emerge che, in ambito nazionale, è circolato il 6,7% in meno di carne bovina. Alla fl essione delle macellazioni — stimabile tra il 4 e il 5% in volume —, si è infatti aggiunta una riduzione dell’8,7% circa delle importazioni, per un volume complessivo di circa 70.000 tonnellate di carne bovina in meno, sostanzialmente ascrivibili alla parziale chiusura del canale HO.RE.CA. Di contro, i consumi domestici delle carni bovine sono aumentati del 6% in volume; incremento comunque non suffi ciente a compensare le perdite accumulate dai canali HO.RE.CA.

Se tali tendenze verranno confermate dai dati di fi ne anno, per il segmento delle carni fresche si potrà apprezzare un lieve miglioramento del tasso di autoapprovvigionamento (+1,3%).

La chiusura dei canali HO.RE.CA., principale sbocco di alcuni “tagli”, e la diffi coltà per questa referenza di usufruire di canali alternativi tipo e-commerce, ha costretto gli operatori a riversare sui canali Retail tutte le disponibilità, causando un eccesso di offerta e un conseguente rallentamento delle macellazioni. Pesanti per tutti gli allevamenti le conseguenze. La ridotta attività dei macelli ha comportato la permanenza in allevamento dei capi giunti a fi ne ciclo, con due effetti sovrapposti, entrambi negativi. Da un lato il calo del prezzo per la maggiore disponibilità di prodotto, dall’altro l’aumento dei costi per il prolungarsi della presenza degli animali e la contemporanea diffi coltà di gestione di un numero di capi superiore rispetto alla normalità.

All’eccesso di offerta di carni nazionali si è aggiunta la pressione delle carni d’importazione, cedute a prezzi estremamente concorrenziali dai principali competitor europei come Francia, Spagna, Germania e Polonia, anche loro alle prese con giacenze da smaltire. Il rifl esso immediato è stata la fl essione dei prezzi, prima in ambito europeo e subito dopo in ambito nazionale. In particolare, sono state le carni di bovino adulto e di vitello quelle a pagare lo scotto più alto, mentre quelle di vitellone, grazie alla loro “specifi cità”, hanno reagito meglio riuscendo nel complesso a mantenere i valori medi dell’anno precedente.

Il prezzo medio 2020 per le carni di bovino adulto per tutto l’anno a partire da febbraio si è attestato su livelli inferiori a quelli dell’anno precedente risultando nel complesso inferiore del 6,5%. In particolare, le quotazioni hanno subito un crollo importante nei mesi di marzo e aprile (–32% e -–25% rispetto alle analoghe del 2019), nel corso del primo lockdown. Nei mesi successivi la riduzione delle macellazioni e delle importazioni ha permesso una lieve ripresa, non suffi ciente comunque a raggiungere i valori dell’anno precedente.

Analoga situazione per le carni di vitello, destinata in prevalenza ai circuiti della ristorazione e alberghiero, i cui prezzi — in graduale ridimensionamento da marzo — sono crollati tra aprile e maggio (–7% vs 2019) e non sono riusciti più a recuperare fi no alla fi ne dell’anno, perdendo complessivamente il 3,8% rispetto alla media annua 2019.

I movimenti di import/export si sono mossi in coerenza con questa pesantezza del mercato e nei mesi di aprile e maggio le fl essioni dell’import di carne hanno segnato rispettivamente –27% e –25% rispetto al precedente anno; nel mese di giugno la riapertura della ristorazione e gli allentamenti alle restrizioni hanno fatto schizzare l’import al +9%, ma i volumi importati hanno segnato nuove pesanti contrazioni nei mesi successivi, portando il cumulato in volume dei primi dieci mesi su valori inferiori del 8,7% rispetto al 2019.

L’alleggerimento dei fl ussi commerciali con l’estero non ha però risolto la pesantezza del mercato interno delle carni rosse, che per gli allevamenti si è tradotto nella caduta dei prezzi non solo delle carni ma anche dei capi vivi in allevamento (all’origine vitelli: –4,4%; vacche: –5,7%). Molte le misure varate dal Governo nell’ambito del fondo emergenziale che, tra premi alla

La forte fl essione dei prezzi nell’ultimo trimestre 2020 all’interno della fi liera suinicola non è imputabile alle misure di restrizione per il Covid-19, ma alla crisi del mercato tedesco, determinato dalla PSA e dal blocco delle esportazioni extra UE (photo © Lauren Mcconachie x unsplash).

La pandemia ha evidenziato tutte le debolezze del comparto suinicolo italiano, sia da un punto di vista strutturale che organizzativo. A partire da marzo 2020, infatti, la chiusura del canale Ho.re.ca. e dell’attività agrituristica ha determinato il crollo della vendita dei prosciutti Dop e di altre produzioni della salumeria di qualità (photo © Daniel Uvegard x unsplash).

macellazione e aiuti all’ammasso privato, ha riservato al settore una fi che fi nanziaria di 35 milioni di euro, ma le condizioni — a detta degli operatori — restano critiche, sia sul mercato interno che su quello europeo.

I dati relativi alle operazioni di ristallo, in parte desumibili dalle importazioni di broutard (+14% nei primi dieci mesi), evidenziano comunque una sorta di fi ducia degli allevatori per il mercato delle carni bovine dei prossimi mesi. Intanto, aumentano i costi per l’acquisto di materie prime destinate all’alimentazione. Sia per i proteici (farine di soia, colza e girasole), sia per i cereali (grano e mais) le quotazioni sono fortemente aumentate nella fase fi nale del 2020.

Questo continuo forte rialzo dei prezzi delle materie prime agricole rappresenta un campanello di allarme non solo per i rischi di approvvigionamento che possono riguardare un Paese come il nostro, fortemente dipendente dai mercati esteri per il proprio fabbisogno, ma può appesantire ancor più la già diffi cile situazione competitiva della zootecnia nazionale.

La fi liera suinicola

Nel 2020, la tenuta del comparto suinicolo italiano è stata messa a dura prova a causa di una doppia emergenza sanitaria che avrà ripercussioni anche sulle dinamiche del 2021. Infatti, i risultati produttivi ed economici dell’intero settore sono fortemente condizionati non solo dall’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19, ma anche dalla diffusione di Peste Suina Africana (PSA) nel cuore dell’Europa.

Al termine di quest’anno eccezionalmente negativo, l’impatto della diffusione della PSA nei principali Paesi produttori di carne suina della UE si sta rivelando un elemento quasi più grave dell’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus. I problemi legati alla PSA si sono acutizzati a settembre con la scoperta di due focolai in Germania (secondo Paese produttore di carne suina dell’UE dopo la Spagna), notizia che ha portato all’immediato blocco delle importazioni di carne suina tedesca da parte di Cina, Giappone e Corea del Sud, i principali sbocchi commerciali per le carni suine europee. Questa sospensione degli acquisti apre uno scenario complesso, considerando che da gennaio a settembre 2020 le esportazioni tedesche in Cina sono aumentate del 70% in volume e che l’assenza tedesca non può essere compensata da aumenti delle esportazioni da altri Stati Membri dato che attualmente è impossibile congelare più carne suina di quanto si sta già facendo a livello UE.

Lo stop asiatico sulle importazioni tedesche ha riversato sul mercato europeo una grande quantità di carne suina, determinando un calo delle quotazioni all’origine degli animali. In questo contesto, si confi gura un quadro di forte incertezza e di pericoloso surplus produttivo a livello europeo che

potrebbe determinare un eccesso di offerta. Fattori che hanno già piegato la curva dei prezzi, con un calo delle quotazioni nazionali nelle ultime settimane del 2020.

Non da ultimo, a fi ne 2020 gli allevatori si sono trovati a dover fronteggiare anche l’inasprimento dei costi di produzione legato ad un aumento dei prezzi dei prodotti per l’alimentazione animale, innescato dai rincari sul prezzo del mais e delle farine proteiche sui mercati mondiali.

La pandemia ha evidenziato tutte le debolezze del comparto suinicolo italiano, sia da un punto di vista strutturale che organizzativo. A partire da marzo 2020, infatti, la chiusura del canale HO.RE.CA. e dell’attività agrituristica ha determinato il crollo della vendita dei prosciutti DOP e di altre produzioni della salumeria di qualità.

Per quanto riguarda l’andamento del mercato, già a inizio 2020 erano emersi i primi segnali di indebolimento dei prezzi all’origine dei suini pesanti destinati alle produzioni tipiche, che si sono poi accentuati col diffondersi del Covid-19 (tra aprile e giugno il calo delle quotazioni è stato superiore al 25% rispetto agli stessi mesi del 2019). In particolare, tra maggio e giugno 2020 le quotazioni di tutti i principali prodotti della fi liera, dai suini vivi (da ingrasso o da macello), ai principali tagli di carne suina fresca fi no ai prosciutti stagionati, hanno raggiunto dei valori eccezionalmente bassi.

A giugno il prezzo dei suini da macello pesanti (160/176 kg) destinati al circuito tutelato ha toccato il minimo storico sul mercato nazionale (circa 1 €/kg), e per le cosce fresche pesanti per la DOP (13/16 €/kg) le quotazioni sono state le più basse da quando la Commissione Unica Nazionale (CUN) è attiva (circa 3,20 €/kg per la coscia fresca pesante destinata al circuito DOP).

A maggio hanno iniziato a calare anche i prezzi degli altri tagli di carne destinati al consumo fresco (lombo taglio Padova, coppa e pancetta fresca), dopo una fase di stabilità dei prezzi tra marzo e aprile sostenuti dalla crescente domanda presso la GDO.

Dopo mesi caratterizzati da quotazioni al ribasso, con l’arrivo dell’estate sul mercato suinicolo sono comparsi i primi segnali di ripresa per gli allevatori, grazie ad una parziale riapertura di bar e ristoranti sull’intero territorio nazionale che ha dato impulso alla domanda di carne suina fresca e dei prodotti dell’industria dei salumi. Le quotazioni dei suini da macello pesanti hanno ripreso a salire, mantenendo una tendenza crescente fi no a ottobre 2020 (il prezzo medio all’origine ha registrato un +23% tra il secondo e il terzo trimestre).

La domanda di suini da parte dell’industria di macellazione risulta comunque sostenuta ad inizio 2021, con una pur timida favorevole inversione del prezzo. Da maggio in poi i ritmi produttivi hanno ripreso dei livelli vicini a quelli della pre-emergenza Covid-19, anche se continuano le limitazioni dovute alla parziale chiusura del canale HO.RE.CA. in atto da novembre. Nel periodo tra gennaio e ottobre 2020 si registra un calo del 9% dei capi macellati rispetto allo stesso periodo del 2019.

Lo scoppio della pandemia ha sicuramente condizionato anche le dinamiche del commercio estero del settore suinicolo nazionale. Tra gennaio e ottobre 2020 si registra un calo del 6% dei volumi dell’export del settore rispetto allo stesso periodo del 2019, a cui però corrisponde un aumento in valore del +5,3%, mentre l’import è calato del 6,5% in valore (–7% in volume), con un conseguente assottigliamento del defi cit commerciale che a ottobre 2020 si attesta su –290 milioni di euro, segnando un recupero di 204 milioni di euro rispetto ai primi dieci mesi del 2019.

La svalutazione dei prezzi della carne suina sul mercato UE ha sicuramente avuto una ripercussione sul valore delle importazioni italiane. Inoltre, nella prima metà del 2020, molti trasformatori hanno rallentato le importazioni di carne suina a causa della riduzione della domanda di salumi da parte del canale HO.RE.CA., che nella prima fase della pandemia ha determinato un maggior ricorso alle materie prime nazionale e la tendenza a non accumulare in magazzino nuova produzione. Tuttavia, la riduzione degli acquisti di carne suina sul mercato estero non ha permesso al mercato interno di compensare il calo produttivo registrato tra gennaio e ottobre 2020 (–9% dei capi macellati), determinando una sostanziale stabilità del tasso di autoapprovvigionamento del settore suinicolo italiano.

Tra gennaio e ottobre 2020 si confermano a grandi linee le principali tendenze registrate negli ultimi anni per le produzioni che maggiormente rispondono alla domanda del mercato internazionale: crescono in valore, rispetto a gennaio-ottobre 2019, le esportazioni di “salsicce e salami stagionati” (+15,7%), dei “prosciutti cotti” (+1,7%) e, soprattutto, delle “pancette stagionate” (+25,7%). In calo invece le esportazioni di “prosciutti disossati, speck, culatelli”, categoria di prodotti che da sola rappresenta circa il 40% dell’export totale del settore: tra il 2018 e il 2019 si registrava una leggera contrazione del valore dell’export (–1,3%), che si conferma anche durante il 2020 con un calo dell’1,7% tra gennaio e ottobre rispetto allo stesso periodo del 2019, che corrisponde a una riduzione dei volumi esportati pari al 13%.

Questa categoria di prodotti ha come destinazione principale il canale HO.RE.CA. dei Paesi acquirenti e quindi il loro collocamento sul mercato estero è stato fortemente condizionato dalle misure di contenimento del Covid-19 che hanno portato alla chiusura di molti ristoranti, bar e mense in gran parte dei mercati di destinazione. Fonte: Emergenza Covid-19 IV Rapporto sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nell’emergenza Covid-19 Ismea – Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare Febbraio 2021 www.ismea.it

2021: ripartenza?

Richiamando un noto brano musicale del compianto Lucio Dalla che dà il titolo al loro Rapporto, “L’anno che verrà”, Coop e Nomisma scattano la foto dell’Italia al termine di un 2020 nefasto

di Sebastiano Corona

Un recentissimo documento del noto Centro Studi, mostra le previsioni per il futuro prossimo, frutto di due indagini condotte nel mese di dicembre. La prima ha coinvolto un campione di 800 individui tra 18 e 65 anni. La seconda — defi nita “2021 Restart. Il nuovo inizio per l’Italia e gli Italiani” — si è rivolta alla community del sito di italiani.coop ed ha interessato 700 opinion leader e market maker, fruitori delle passate edizioni del Rapporto. Tra questi sono stati selezionati soggetti con profilo manageriale/executive in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese.

Lo studio restituisce un quadro a tinte fosche, facilmente intuibile, se si considera l’anno sconcertante appena concluso. Ma gli Italiani, nella loro proverbiale capacità di adattamento, fanno di necessità virtù e guardano al futuro con fi ducia, nella consapevolezza che il proprio stile di vita vada rivisto e che debba essere altresì riconsiderata la scala dei valori e delle priorità personali. È forte la consapevolezza che ci vorrà tempo per tornare ai livelli di spesa pre-Covid, pertanto ogni singolo acquisto va ponderato e fatto con consapevolezza.

Se da una parte si guarda con interesse alla casa, la salute e la famiglia, dall’altra lo sguardo è rivolto a ciò che è mancato nell’anno appena concluso: viaggi e vacanze, socialità in presenza e una nuova mobilità, stavolta sostenibile e Covid free.

La ripresa economica si allontana per il 33% del campione intervistato di manager, scivola addirittura al 2025 e oltre. Mentre la possibilità di vaccinarsi si fa sempre più reale e solo un Italiano su dieci si dice contrario.

Attenti al benessere psicofi sico e all’ambiente, gli Italiani, speranzosi nel futuro, si mostrano disposti al cambiamento e perdono la fi ducia nei media e nei politici, per celebrare, di contro, la nascita di nuovi eroi

quali medici e scienziati.

Alcune abitudini acquisite temporaneamente si mostrano ora come permanenti, una per tutte, l’approccio al digitale. Per il nuovo anno, nelle intenzioni degli Italiani si fanno spazio comportamenti quotidiani e stili di vita più salutari: il 46% del campione si sposterà quotidianamente a piedi, il 42% farà attività fi sica, il 20% frequenterà spa e centri benessere.

Assisteremo a comportamenti improntati ad una maggiore sobrietà. Per la prima volta il 35% acquisterà abiti facendo attenzione alla loro sostenibilità e il 23% aiuterà nelle faccende domestiche. Ci sarà spazio anche per l’attenzione alle persone più fragili (il 28% dedicherà più tempo a parenti anziani non autosuffi cienti, il 26% ai propri fi gli) e per la sperimentazione delle opportunità digitali che migliorano la vita (streaming, e-banking, ecc…).

Per tanti Italiani la pandemia e le diffi coltà economiche faranno ancora della casa il luogo privilegiato della quotidianità. Per tanti altri, invece, torneranno a crescere i viaggi e le occasioni di intrattenimento outdoor. Oltre 4 Italiani su 10 dichiarano che nei prossimi 12 mesi viaggeranno più spesso.

Molti hanno intenzione di tornare alla socialità di un tempo ed esprimono voglia di compresenza fi sica. Più di uno su 3 agogna a serate in compagnia.

Diventano invece fuori moda i comportamenti orientati al riconoscimento sociale (per un Italiano su due si riduce l’acquisto di abiti di alta moda), le visite ai grandi mall e le discoteche (il 63% degli Italiani rinuncerà a quest’ultime in parte o del tutto).

La casa e il cibo rimangono

dei capisaldi nel post-Covid. Così ristrutturazioni, domotica e acquisti di elettrodomestici fi gurano ai primi posti nella lista dei desideri e l’amore per la cucina, che ha dominato nel 2020, continua a rafforzarsi, inducendo a spendere senza rinunciare a qualità e salubrità.

Il balzo in avanti registrato dalla GDO nel 2020 è destinato a ridursi nel 2021, col graduale esaurirsi dell’emergenza sanitaria e col contemporaneo possibile acuirsi di quella sociale. Si attende infatti una

fl essione del fatturato della rete fi sica della Grande Distribuzione del 2,6% (–1,6% considerando anche le

vendite on-line).

Con la nuova serie di chiusure che hanno caratterizzato la fi ne del 2020, gli Italiani sono tornati a privilegiare i consumi indoor e la GDO ha fatto segnare un incremento dell’8% delle vendite nella settimana di Natale. Un’accelerazione fi nale che ha spinto le vendite 2020 della rete fi sica della GDO a un +4,2% sull’anno precedente e oltre il +5% considerando anche il canale e-commerce (che con una variazione che sfi ora il +140% contribuisce con quasi un punto percentuale alla crescita complessiva del

L’e-commerce rappresenta il dilemma degli operatori della fi liera alimentare. Per il 60% dei top manager del comparto costituisce una minaccia, per il restante 40%, un’opportunità. Piaccia o meno, è un mercato in forte crescita anche il prossimo anno — la Nielsen stima un +62% per le vendite on-line nel 2021 — e l’occasione per dare un migliore servizio ai consumatori

settore). Le diffi coltà economiche, da un lato, hanno certamente favorito la crescita del discount (+9,1%) e degli specialisti drug (+8,1%), e, dall’altro, le limitazioni agli spostamenti hanno fatto crescere il libero servizio che, con un’inversione di tendenza rispetto allo scorso anno, segna una variazione positiva del +5,8%. All’opposto, continua invece a soffrire il canale degli ipermercati (–2,8%).

Pur essendo ben consapevoli che il recupero della situazione economica e sociale del pre-Covid è ancora lontano, gli Italiani vivono

divisi tra la consapevolezza delle innumerevoli diffi coltà che ancora hanno davanti e l’impazienza di riappropriarsi del loro futuro, tornando a fare molte delle cose che

sono mancate nel 2020.

L’anno si è chiuso con la più ampia contrazione dei consumi dal dopoguerra, –10% rispetto al 2019, e il 2021 vedrà certamente una ripresa, stimabile in un +4,9%, che tuttavia non consentirà di riguadagnare i livelli e la composizione della spesa pre-Covid.

A pagare più di tutti il prezzo della pandemia, delle nuove paure o delle mutate abitudini, saranno soprattutto i trasporti pubblici, l’ambito in cui gli Italiani pensano di ridurre drasticamente le spese rispetto al 2019. Ma anche abbigliamento, calzature, abbonamenti, pay TV risentono pesantemente del timore della contrazione dei redditi. In casa, uno su 5 sogna la domotica, quasi 4 su 10 ragionano su ristrutturazioni o effi cientamento energetico, e ai primi posti nella lista dei desideri compaiono anche le spese per rinnovare l’arredamento, i grandi elettrodomestici, quali lavatrice, lavastoviglie e persino i robot da cucina.

Il digital jump non si interrompe ma trova invece nuova linfa anche nelle previsioni 2021: quasi un Italiano su 2 investirà su nuovo smartphone, tablet, PC, smart TV; anche i pagamenti on-line, l’e-

grocery e il delivery saranno sempre

più frequenti.

Gli Italiani sembrano alla ricerca di nuove soluzioni smart. Conside-

L’anno 2020 si è chiuso con la più ampia contrazione dei consumi dal dopoguerra, –10% rispetto al 2019, e il 2021 vedrà certamente una ripresa, stimabile in un +4,9%, che tuttavia non consentirà di riguadagnare i livelli e la composizione della spesa pre-Covid (photo © Ibrahim Boran x unsplash).

rato che in certi casi sono gli unici strumenti che hanno permesso loro di mantenere una certa socialità e un impegno nel lavoro, anche tra le mura domestiche. Il cibo, assieme alla salute e alla casa, rimane, dunque, l’ultimo argine alla riduzione dei consumi rispetto al pre-Covid. Ciò nonostante, quello del 2021 sarà per molti un cibo sobrio e se per il 71% del campione questa voce di spesa rimarrà stabile, un 15% intende invece risparmiare.

Continua l’onda lunga dello slow cooking, la nuova strategia degli Italiani per spendere meno, acquistando più ingredienti di base e meno piatti pronti, e contemporaneamente difendere qualità e salubrità della propria tavola. Inoltre, secondo gli executive della fi liera alimentare, gli

acquisti si concentreranno maggiormente sugli alimenti prodotti con materie prime italiane e naturali/

sostenibili. Rispettivamente il 53% e il 48% del campione ritiene che queste categorie registreranno le migliori performance rispetto all’anno precedente. Ma cresceranno signifi cativamente anche gli ingredienti freschi.

Proprio il concetto di prodotto sostenibile però si fa più articolato e, al generico rispetto dell’ambiente, si affi anca quello della produzione locale o legata al territorio (il 50% abbina questo tema alla sostenibilità) e una fi liera controllata (49%). Compare anche il principio della giusta remunerazione per i vari attori della fi liera (la cita abbinata alla sostenibilità il 47% del campione).

Anche nello scenario 2021 i punti più critici saranno la minaccia della crisi economica e dei suoi effetti negativi sulla domanda fi nale (il 27% prevede un calo negli acquisti di prodotti alimentari o del largo consumo) e col graduale esaurirsi dell’emergenza sanitaria, una fl essione del fatturato della rete fi sica della Grande Distribuzione Organizzata. L’e-commerce rappresenta il dilemma degli operatori della fi liera alimentare. Per il 60% dei top manager del comparto costituisce una minaccia, per il restante 40%, un’opportunità.

Piaccia o meno, è un mercato in forte crescita anche il prossimo anno (la NIELSEN stima un +62% per le vendite on-line nel 2021) e l’occasione per dare un migliore servizio ai consumatori. Tuttavia,

questo canale rischia di cannibalizzare la rete fi sica ed aggiungere ulteriori costi agli equilibri di bilancio del settore, già di per sé

piuttosto precari. Il Covid ha accelerato certi processi e ne ha frenato degli altri. Di certo, se la pandemia non dovesse venire meno in tempi brevi, non mancheranno sorprese nel comportamento degli Italiani di fronte allo scaffale. E non solo.

Sebastiano Corona

Nota

A pagina 80, photo © Felbaba – stock.adobe.com

Sempre più green

La sostenibilità conquista le etichette dei prodotti a marca commerciale e ne spinge le vendite. 18 prodotti su 100 hanno un claim ecologico in etichetta: un paniere che ha aumentato le vendite di +10,2% in un anno, superando gli 1,7 miliardi di euro di sell-out. Sostenibilità agricola o negli allevamenti e responsabilità sociale sono i valori più segnalati sulle confezioni. A rivelarlo è il monitoraggio condotto dal nuovo Osservatorio Immagino

La marca del distributore è sempre più green: a rivelarlo è la nuova edizione, l’ottava, dell’Osservatorio Immagino realizzato da GS1 Italy in collaborazione con NIELSEN. Da questo report emerge che, nell’arco di un anno, sono saliti a 6.407 i prodotti a private label sulle cui confezioni compare almeno un claim relativo al mondo della sostenibilità. In 12 mesi le loro vendite sono salite di +10,2%, arrivando a oltre 1,7 miliardi di euro. Ma, nonostante questo trend sopra media, nel paniere dei prodotti a marca del distributore l’incidenza dei prodotti sostenibili è ancora bassa: la loro quota sul giro d’affari si ferma al 22,8%, contro il 24,4% detenuto dai prodotti green sul totale del largo consumo confezionato.

Partendo dalla sua ampia base di analisi, composta da 115.000 prodotti del largo consumo (corrispondenti all’82,1% del giro d’affari realizzato in ipermercati e supermercati italiani), l’Osservatorio Immagino si è focalizzato sui prodotti a marca commerciale che evidenziano in etichetta i loro valori legati al mondo della sostenibilità e li ha organizzati in quattro diversi panieri in base al tipo di claim presente sulle confezioni.

Il paniere più rilevante è quello costituito dai prodotti presentati come provenienti da agricoltura o allevamento sostenibili, col 32,6% di incidenza sulle vendite totali delle private label green. Il secondo paniere per incidenza è quello dei prodotti ottenuti nel rispetto della responsabilità sociale (22,3% del giro d’affari). Seguono il paniere dei prodotti che rimandano al

In basso: con una crescita annua a valore di +12,3%, le vendite dei prodotti a marca privata segnalati come provenienti da agricoltura e allevamenti sostenibili hanno superato gli 870 milioni di euro.

management sostenibile delle risorse (12,1%) e il rispetto degli animali (7,1%).

Agricoltura e allevamenti sostenibili

Con una crescita annua a valore di +12,3%, le vendite dei prodotti a marca privata segnalati come provenienti da agricoltura e allevamenti sostenibili hanno superato gli 870 milioni di euro. Gli aumenti a valore più signifi cativi sono stati ottenuti dal claim “senza antibiotici” (+198,9%), spinto da

Performance molto positive per le referenze con “ingredienti 100% naturali” (+26,4%), con indicazioni di “fi liera/ tracciabilità” (+18,7%) e certifi cati biologici/EU Organic (+10,1%).

un effetto combinato d’incremento dell’assortimento (+54,8%) e del boom della domanda (+144,1%). Performance molto positive anche per le referenze con “ingredienti 100% naturali” (+26,4%), con indicazioni di “fi liera/tracciabilità” (+18,7%) e certifi cati biologici/ EU Organic (+10,1%). In fl essione del –7,3%, invece, le vendite dei prodotti “senza OGM”.

Responsabilità sociale

Crescita annua a doppia cifra (+13,5%) anche per le vendite dei 1.312 prodotti a private label che richiamano in etichetta l’impegno sul fronte della responsabilità sociale e che realizzano 572 milioni di euro di sell-out in iper e supermercati. A spingere questo paniere è principalmente la certifi cazione da foreste gestite in modo responsabile FSC (+14,0% di vendite annue), seguita da quelle Fairtrade (+7,0%) e UTZ (+104,0%), seppur quest’ultima limitata ad un numero ridotto di prodotti a scaffale.

Management sostenibile delle risorse

Con 2.057 prodotti a marchio, realizzati facendo attenzione alla gestione sostenibile delle risorse, le insegne hanno superato i 571 milioni di euro di vendite (+6,3% annuo). Tra le indicazioni in etichetta che registrano gli incrementi di vendita più signifi cativi ci sono “compostabile” (+35,1%), “biodegradabile” (+26,5%), minor utilizzo della plastica nelle confezioni (+43,1%) e riduzione degli sprechi (+14,3%). Trend positivo anche per i prodotti di cura della persona e della casa che evidenziano ingredienti “vegetali” e assenza di “fosfati” (+14,0%).

Rispetto degli animali

Gli 80 prodotti a marca del distributore che riportano sulla confezione un claim relativo a tecniche di pesca sostenibile o all’esclusione di test condotti su animali sono cresciuti di +5,3% nell’arco dei 12 mesi analizzati. I prodotti con i claim“Friend of the sea” e “Cruelty free” hanno realizzato 30 milioni di sell-out, per la quasi totalità concentrati nella drogheria alimentare. Fonte: GS1 Italy Osservatorio Immagino tendenzeonline.info

Prospettive del consumo di carni al 2030 nell’Unione Europea

L’annuale documento della Commissione europea prevede un calo di 1,1 kg pro capite, con bovino e suino in diminuzione e pollame in moderato incremento

di Roberto Villa

Photo © Nitr – stock.adobe.com

Il consumo complessivo di carni nell’Unione Europea nel 2030 è previsto si attesti a 67,6 kg pro capite annui, in calo di 1,1 kg dai livelli di inizio decennio, secondo il documento EU agricultural outlook: for markets, income and environment 2020-2030, aggiornato al mese di dicembre 20201 . Il calo è essenzial-

mente ascrivibile al minor consumo di carni suine (–1,4 kg) e bovine (–0,9 kg) e ciò si lega anche alla riduzione del patrimonio zootecnico bovino dell’Unione. Solo le carni di

pollame sono previste in aumento a 24,6 kg pro capite (+1,2 kg).

Il rapporto, redatto dalla DG Agri (Direttorato generale per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale), prende in considerazione le informazioni economiche disponibili al settembre 2020 e pone tuttavia in premessa l’incontrollabile elemento di incertezza alla luce della rimodulazione dell’economia che segue alla pandemia di Covid-19, oltre che elementi di incertezza specifi ci del settore carni come il contenimento della Peste Suina Africana nei 27 Paesi Membri e nei principali Paesi produttori.

A livello mondiale il consumo di carni è dato in continua salita,

ad un tasso pari a 1,1 kg pro capite all’anno, grazie alla crescita economica nei Paesi in via di sviluppo e all’aumento della popolazione mondiale. Parte di questa nuova domanda sarà coperta dall’offerta interna degli stati, un ruolo importante sarà determinato dal commercio mondiale: secondo il rapporto della Commissione però l’Unione Europea ne benefi cerà solo in misura ridotta, a favore del pollame ed in minor misura per il suino.

Bovino e vitello

In linea con la tendenza in atto negli ultimi anni, la produzione di carne bovina nell’Unione scenderà, sino a diminuire di 600.000 tonnellate (–8,3%) nel 2030 rispetto al 2020. Il numero di capi è previsto in calo di 2,2 milioni (–7%), in conseguenza anche del fatto che il patrimonio dei bovini da latte è dato in contrazione grazie al progressivo incremento delle rese di lattazione. Il consumo interno di carni bovine scenderà dai 10,6 kg pro capite del 2020 ai 9,7 kg del 2030 (–8,5%).

La domanda di carne bovine a livello mondiale è in aumento, ma con una forte competizione di altri Paesi forti esportatori; in conseguenza di ciò la percentuale del commercio internazionale appannaggio dell’Unione Europea scenderà dal 7% al 6%, stretta tra colossi molto competitivi come Brasile, Argentina, Stati Uniti. I prezzi sono previsti stabili o in discesa fi no al 2025, per poi risalire nel quinquennio seguente grazie ad una riduzione dell’offerta globale.

Suino

La produzione di carne suina è preventivata in calo di 1 milione di tonnellate (–4,6%) tra il 2020 ed il 2030, per un cambio di preferenze dei consumatori e per eventi intrinseci come il controllo di epizoozie, peste suina africana in primis, ed incertezze del quadro macro-economico globale: nel 2020, nonostante il forte incremento della domanda mondiale, la produzione europea non è aumentata per i timori legati alla situazione non chiara nel medio periodo.

Dal 2019 parte della produzione di carne suina comunitaria è stata indirizzata verso il mercato cinese e del Sud-Est asiatico, contemporaneamente il consumo interno ha cominciato a calare; tale declino è dato come costante nel decennio in corso, fi no a toccare un minimo di 32 chilogrammi pro capite nel 2030 (–1,4 kg sul 2020, equivalenti ad un –4,2%).

La carne suina rimarrà anche nel 2030 la tipologia più consuma-

ta dai cittadini europei; tuttavia, cederà terreno alle carni avicole, viste come più salutari ed ecosostenibili (sebbene in riferimento a quest’ultimo aspetto non sia così, come evidenziato in una recente pubblicazione scientifi ca2 di cui rendo conto nel mio articolo “L’impatto ambientale nelle carni convenzionali e bio” in EUROCARNI 3/2021, pag. 98).

Se la Cina riuscirà nel suo progetto di incrementare la quota di autoapprovvigionamento entro il 2025 ed il Brasile proseguirà nella tendenza positiva della produzione, largamente destinata all’export, le esportazioni europee dovrebbero assestarsi su livelli leggermente superiori a quelli del 2018 e rimanere il principale attore a livello globale con il 38% del commercio internazionale. Il prezzo delle carni suine europee è previsto su valori di 1.600 €/t nel 2030.

Avicoli

Le carni avicole sono l’unica categoria prevista in aumento entro il 2030, per un quantitativo di +620.000 tonnellate (+4,6% sul 2020), grazie ad investimenti e ad un maggior gradimento da parte dei consumatori interni, mentre le esportazioni aumenteranno in maniera costante. Il consumo interno è previsto in aumento sino ai 24,6 kg pro capite nel 2030 (+1,2 kg sul 2020, pari al +4,7%). La percentuale delle carni avicole europee sul commercio mondiale scenderà dal 16,2% al 15% a motivo della forte competizione brasiliana, tuttavia rimangono prospettive interessanti sui mercati asiatici, arabi ed africani. Il prezzo è dato in crescita fi no al 2030 grazie alla domanda globale tonica.

Ovicaprino

La produzione di carni ovicaprine è prevista stabile, come pure il consumo pro capite pari a 1,3 kg annui. L’esportazione deve confrontarsi con la posizione dominante di Australia e Nuova Zelanda, che costituiscono l’80% del commercio mondiale di queste specie. I prezzi sono dati in calo fi no al 2025, per poi riprendersi fi no al 2030. Rimarrà un signifi cativo divario tra il prezzo europeo e quello mondiale (Nuova Zelanda) a causa dei costi di produzione superiori.

In linea con la tendenza in atto negli ultimi anni, la produzione di carne bovina nell’Unione scenderà, sino a diminuire di 600.000 tonnellate nel 2030 rispetto al 2020. Il consumo interno di carni bovine scenderà dai 10,6 kg pro capite del 2020 ai 9,7 kg del 2030. La carne suina rimarrà nel 2030 la tipologia più consumata dagli europei, ma cederà terreno alle carni avicole, viste come più salutari e eco-sostenibili

Roberto Villa

Nota

1. EC (2020), EU agricultural outlook for markets, income and environment, 2020-2030, European Commission, DG Agriculture and Rural Development,

Bruxelles, ec.europa.eu/info/ food-farming-fisheries/farming/facts-and-fi gures/markets/ outlook/medium-term 2. PIEPER M. et al., Calculation of external climate costs for food highlights inadequate pricing of animal products, NATURE COMMU-

NICATIONS, DOI: 10.1038/s41467020-19474-6, www.nature.com/ articles/s41467-020-19474-6

Consumi di alimenti surgelati in lieve crescita nel 2019

Boom di consumi domestici durante il primo confi namento del 2020. Superati per la prima volta i 14 kg pro capite. Il 95,5% delle famiglie li consuma regolarmente

di Roberto Villa

Nel 2019 la spesa alimentare delle famiglie italiane è cresciuta dello 0,4% rispetto al 2018 (dati ISMEA). In verità, l’anno aveva dato nel primo semestre segnali più positivi (+1%), ma un deciso rallentamento nella seconda metà ha ridotto notevolmente lo slancio iniziale. Probabilmente, la sostanziale stabilità dei consumi alimentari non è più un fatto congiunturale, ma un fenomeno strutturale. Al di là delle diverse disponibilità di reddito, sono cambiati i modelli di consumo e gli stili di vita.

Continua ad aumentare la richiesta del contenuto di servizio associato all’offerta di alimenti. Analizzando il dato complessivo dei consumi, si conferma quanto già osservato nel 2018: i prodotti confezionati crescono dell’1,9% mentre i prodotti sfusi, freschi, si contraggono decisamente: –3,1%.

Nel 2019 è proseguita la crescita degli alimenti pronti, capaci di venire incontro alla sempre minore disponibilità o volontà di tempo da dedicare alla cucina.

Burger di pollo panato. Nel 2019 sono state acquistate 46.500 tonnellate di piatti ricettati, con un incremento del 2,5% rispetto all’anno precedente. Molto bene i secondi piatti: +6,2% (photo © Nelea Reazanteva – stock.adobe.com).

Secondo l’ultimo rapporto FIPEFederazione Italiana Pubblici Esercizi, nel 2019 la spesa degli Italiani per i pasti fuoricasa ha toccato gli 86 milioni di euro (+2% rispetto al 2018). Com’è noto, nel primo semestre 2020 questo trend ha subito, a causa dello scoppio della pandemia da Coronavirus, una brusca inversione di tendenza.

Consumi pro capite in aumento (14,1 kg/anno) e fatturato del settore attorno ai 4,7 miliardi di euro. Bene l’export

In un mercato alimentare sostanzialmente stagnante, i surgelati hanno ripreso nel 2019 quel cammino di crescita che aveva segnato nel 2018 una battuta di arresto, a causa più di condizioni meteo non favorevoli che di un mutamento nelle preferenze del consumatore. L’anno si è chiuso con un consolidato di 849.900 tonnellate: +1,3% rispetto alle 838.580 tonnellate del 2018. Più dinamica la performance del canale delle vendite al dettaglio, che ha raggiunto le 531.400 tonnellate: +1,5% sull’anno precedente. Positiva anche quella del catering (Fuoricasa), attestatosi a 318.500 tonnellate (+1,1% sul 2018). L’aumento complessivo ha fatto sì che, per la prima volta nel nostro Paese, il consumo pro capite di surgelati abbia superato la soglia dei 14 kg annui (14,1). Anche il valore di mercato del settore ha segnato un incremento passando dai 4,3-4,6 miliardi di euro del 2018 ai 4,4-4,7 miliardi del 2019.

Un’analisi dettagliata dei dati 2019 permette di constatare una crescita in volume per ogni segmento merceologico. In crescita i vegetali naturali e in particolare zuppe, passati e minestroni (e, tra questi, dei ricettati cresciuti del 2,7% rispetto all’anno precedente). I vegetali surgelati consumati nel 2019 a livello di vendite al dettaglio sono stati pari a 228.000 tonnellate (+0,5% rispetto al 2018), che li ha consacrati come un prodotto presente tutti i giorni sulle tavole degli Italiani. Nel fuoricasa le vendite hanno superato le 173.000 tonnellate (+1,2% rispetto all’anno precedente). Le patate surgelate hanno fatto registrare nel 2019 un incremento dello 0,7%, per un quantitativo totale di 74.600 tonnellate, delle quali 72.300 nelle vendite al dettaglio. Crescono anche pizze e snack, che complessivamente registrano nel 2019 una crescita del 2,1% rispetto al 2018, con un consumo di 91.150 tonnellate ripartite tra le 78.500 del consumo domestico e le 14.600 del canale fuoricasa.

Un netto calo, tipico degli ultimi anni, ha invece interessato le paste semilavorate nel canale domestico (–12,1%, passate da 910 a 800 tonnellate), a cui i consumatori preferiscono le versioni refrigerate, mentre nel canale fuoricasa sono rimaste stabili a 2.300 tonnellate. Bene infi ne i dessert, con un +1,0% al dettaglio (4.500 tonnellate acquistate), mentre sono stabili a 3.000 tonnellate gli acquisti nel canale fuoricasa.

Nel 2019 l’export agroalimentare italiano ha toccato 35,4 miliardi di euro, con un +5,2% sul 2018. Il maggior mercato di riferimento rimane l’Unione Europea (Germania in testa), con circa due terzi del totale, seguito da Nord America e Asia. Il comparto dei surgelati partecipa a questa performance, di grande interesse strategico, in primis con i prodotti tipici trasformati come pizze e ricettati, ma molto apprezzate sono anche altre merceologie, come le primizie vegetali del Sud Italia. L’export italiano delle pizze surgelate ha oltrepassato nel 2019 le 150.000 tonnellate, con un incremento di oltre il 10% rispetto al 2018 e un valore stimabile in 500 milioni di euro.

I piatti ricettati tornano fi nalmente a crescere. Molto bene i secondi piatti

Nel 2019 ne sono state acquistate 46.500 tonnellate (tra dettaglio 32.900 e catering 13.600), con un incremento del 2,5% rispetto all’anno precedente. Alta qualità degli ingredienti, ricettazioni tradizionali ma nello stesso tempo innovative, velocità nelle modalità di preparazione, attenzione al bilancio nutrizionale

CARRELLO RIBALTATORE

CARRELLO MULTILIFT

SCOTENNATRICE/PELATRICE CARNI FRESCHE E STAGIONATE

FRIGGITRICE GRIGLIATRICE

rappresentano le prerogative principali che fanno di questa categoria la migliore risposta alle necessità dei consumatori e del loro rinnovato stile di vita, che lascia sempre meno spazio alle preparazioni alimentari domestiche. A livello di vendite al dettaglio in crescita i primi piatti (18.400 tonnellate, +2,4% sul 2018) e soprattutto i secondi piatti (6.800 tonnellate, +6,2%), come pure i contorni (7.700 tonnellate, +1,2%).

Salgono le carni surgelate al dettaglio

In leggera ripresa i consumi di carni surgelate (27.950 tonnellate, contro le 27.265 del 2018), con le carni bianche surgelate salite di oltre il 3,0%. In particolare, i consumi al dettaglio delle carni rosse sono saliti a 4.500 tonnellate, pari a +2,4% (ma erano 4.800 tonnellate nel 2016), mentre le carni bianche salgono a 8.850 tonnellate (+3,0% sul 2018), con un aumento pressoché costante nell’ultimo quadriennio. Nel canale del fuoricasa stabili le carni rosse (4.300 tonnellate), mentre proseguono la salita le carni bianche (10.300 tonnellate, +3,0%).

Il primo quadrimestre 2020, periodo del confi namento forzoso dovuto alla pandemia Covid-19, ha visto un’impennata di consumi domestici, del “porta a porta” e delle vendite on-line

Il 2020 è cominciato in linea con le tendenze registrate nella seconda parte del 2019. I surgelati, in particolare, hanno confermato il proprio andamento positivo, malgrado una spiccata anomalia climatica (siccità prolungata e alte temperature invernali) che, per qualche settimana, ha messo in discussione la capacità di approvvigionamento, e dunque la continuità produttiva, del settore. Poi, a fi ne febbraio, i primi segnali di un evento impensabile: l’epidemia del Coronavirus, che fi no ad allora aveva riguardato la lontana Cina, ha colpito improvvisamente l’Italia. Le ripercussioni sulle vendite di alimentari sono state immediate: a fi ne febbraio si registravano le prime impennate nella GDO (+8%), prima al Nord e poi nel resto del Paese. In tale contesto, i surgelati hanno registrato un forte aumento della domanda, superiore a quello degli alimenti freschi.

Secondo ISMEA, nel primo trimestre 2020 la spesa complessiva delle famiglie italiane per i prodotti alimentari è aumentata del 7% su base annua, “la variazione più forte degli ultimi dieci anni”. A marzo, poi, “le vendite per i prodotti confezionati hanno registrato incrementi del 20% e quelle per i freschi sfusi del 9%”.

Nel primo quadrimestre 2020 le vendite del totale surgelati al dettaglio hanno toccato un +13,5%, con performance diverse a seconda dei segmenti: • ittico +16,5%; • snack salati +21,5%; • patate +12%; • pizze +12,5%; • ricettati +5,5%.

Nel 2019 il fuoricasa, con uno stimato di 318.500 tonnellate, ha superato il 37% del totale dei consumi di surgelati nel nostro Paese.

Nel 2020, dopo un andamento regolare fi no a metà febbraio, il canale HO.RE.CA. ha cominciato a ridurre velocemente le vendite fi no a fermarsi del tutto con l’inizio del confi namento. I danni derivanti al settore dei surgelati dalla chiusura di bar, ristoranti, tavole calde, mense scolastiche e aziendali, sono stati stimati nel primo quadrimestre 2020 pari a 150 milioni di euro. A questi potrebbe aggiungersi, da maggio a dicembre, una perdita ad oggi solo stimata di ulteriori 450-500 milioni di euro.

Già nel 2019, come abbiamo visto, il segmento porta a porta dei surgelati aveva registrato prestazioni straordinarie. Con lo scoppio dell’emergenza Coronavirus i volumi di questo canale hanno segnato un boom, con incrementi nel solo mese di marzo fi no a oltre il 40%. Grazie alla presenza capillare sul territorio e ad un effi ciente sistema logistico, il porta a porta ha risposto a tutte le famiglie, già clienti e non, che chiedevano di ricevere comodamente i prodotti a casa, senza sottoporsi a lunghe attese davanti ai punti vendita.

Nello stesso contesto va segnalata l’impennata delle vendite on-line, una modalità di acquisto relativamente nuova per il settore. Il fenomeno si inserisce nel boom del commercio on-line dei prodotti di largo consumo confezionato, che ha registrato tassi di aumento superiori al 150% anche nelle prime settimane dopo le riaperture di inizio maggio.

Nel 2019 sono cresciuti i consumi di carni surgelate, in particolare quello delle carni bianche, sia nel canale domestico che nel fuoricasa (photo © Viktor Cap 2012).

Roberto Villa

Macelleria Etto: protagonista il Bue Rosso del Montiferru

di Federica Cornia

Una passione per il cibo e la cucina da sempre, una laurea in economia, l’idea di promuovere il suo territorio d’origine nel rispetto della sostenibilità. Sono queste le premesse fondamentali che tracciano la parabola professionale di PIERLUIGI FAIS e lo portano in macelleria, lui che è uno chef. 38 anni, nato e cresciuto in Sardegna, originario del Montiferru, quando da Oristano si è trasferito a Cagliari, qui ha traslocato Josto, ristorante in cui reinterpreta la tradizione sarda in chiave moderna, ha aperto la pizzeria Framento, che si è conquistata i tre spicchi dal Gambero Rosso, e poco più in là la macelleria Etto, bottega di quartiere al mattino e bistrot della carne per cena. Doppia anima ribadita dalla scritta “Antica Macelleria Moderna” che campeggia arcuata proprio sulla porta d’ingresso.

La pizzeria al civico 82, la macelleria al civico 74, le due realtà sono così vicine che il mutuo scambio di ingredienti e prodotti è scontato, così la sera da Etto è il pane di Framento ad avvolgere gli hamburger e ad accompagnare i vari piatti a menu. Nella lista portate semplici e gustose tra cui polpette, kebab di manzo realizzato coi ritagli di carne e insalata di bollito, tutti piatti volti ad integrare la gastronomia del

In alto: carne di Bue Rosso (photo © @nataliaghiani). In basso: carne sottoposta a frollatura. Se inizialmente la proposta di carni frollate in macelleria non aveva convinto la clientela più tradizionalista, oggi tenerezza e sapore intenso vengono molto apprezzati. A pagina 97: polpette da asporto. giorno. A Pierluigi, infatti, interessa utilizzare e proporre ai clienti parti di animali che di solito non si vendono, promuovendo allo stesso tempo anche una cucina locale tradizionale. Una cucina che per l’abitudine sempre più diffusa ad acquistare solo certe parti dell’animale, rischia l’estinzione. Un po’ come il Bue Rosso, razza sarda, tipica del Montiferru, zona d’origine di Pierluigi, conosciuta anche come Sardo-Modicana. Nata alla fine dell’Ottocento dall’incrocio fra bovini sardi di razza Podolica e tori di Modicana provenienti dal Ragusano in Sicilia, la sua carne è oggi presidio Slow Food. Considerata una delle carni più saporite d’Italia è anche tra le più rare: i capi oggi sono circa 3.000 e il loro mercato è esclusivamente locale (fonte: www. fondazioneslowfood.com).

Insieme alla Bruno-Sarda, il Bue Rosso è al centro del progetto di sostenibilità che anima l’attività di Pierluigi, teso a sostenere e ad accompagnare lo sviluppo del comparto dell’allevamento sardo. «Lavoro da molti anni nel campo della ristorazione e ho sempre dato

molta importanza al consumo di carne, alla sua provenienza, alla sua produzione. Al consumo etico dell’animale. Da Josto ho sempre usato solo carne locale e puntato ad utilizzare la bestia intera».

Questo con l’appoggio di un macellaio, fidato collaboratore, che lo segue anche oggi. È così che Pierluigi ha sviluppato una particolare sensibilità alla scelta e alla lavorazione del prodotto e si è appassionato sempre più al mondo della carne e in virtù di questo ha deciso poi di buttarsi nell’avventura della macelleria. Col sostegno dell’amico macellaio seleziona i capi e insieme lavorano su fi nissaggio e frollatura (dai 15 ai 20 giorni per mezzena), procedimento quest’ultimo che applicano anche alla carne di pecora. E se inizialmente la proposta di carni frollate ha fatto un po’ arricciare il naso alla clientela più tradizionalista del quartiere, oggi tenerezza e sapore intenso ne vengono apprezzati.

A banco, a fi anco dei preparati, i tagli freschi: fesa, noce, sottofesa, costato e bollito. Naturalmente la predilezione per le carni di Bue Rosso o Bruno-Sarda non impedisce la possibilità di comprendere altre razze, purché locali e allevate al pascolo brado.

Intanto, a quanto pare, tra le mille diffi coltà del momento, la crescita per Etto c’è stata e c’è tutt’ora. Sembra strano a dirsi visto l’apertura della bottega appena poco prima del lockdown dello scorso marzo. Eppure è così: «con la chiusura del ristorante, il periodo di lockdown mi ha permesso da una parte di focalizzare tutta l’attenzione sulla macelleria e, dall’altra, di sviluppare tutta la pare della gastronomia di Etto con le consegne a domicilio. Insomma, abbiamo lavorato molto bene» ci dice Pierluigi. Lo dice con un che di sorpresa incredulità. E allora buon lavoro!

Federica Cornia

Macelleria Etto

Corso Vittorio Emanuele II 74 09124 Cagliari Telefono: 070 2050985 Web: macelleriaetto.it www.facebook.com/ettomacelleria www.instagram.com/etto_macelleria

Prosegue il viaggio dedicato alla bresaola delle macellerie valtellinesi

Teglio, ricco di storia e di bresaola

di Riccardo Lagorio

Più delle precedenti tappe, Teglio richiede una sosta lunga, poiché gli incontri con produttori di bresaola da macelleria si moltiplicano.

Cöf e Casele: bresaola e slinzeghe immortali

La prima fermata vede protagonisti gli animali dell’Azienda Agricola Cöf e Casele di MARCO DE FILIPPI e JOLANTA WILKOSZ. Animali insoliti da queste parti, bovini di razza Highlander, che da una decina d’anni vengono allevati poco fuori dal centro abitato, sulla strada che dal paese sale verso la frazione montana di Prato Valentino.

«Avevo delle vacche da latte, ma si trattava di un impegno assai gravoso e antieconomico» spiega De Filippi.

Le Highlander sono animali che prediligono la pastura libera e difatti per 7 mesi all’anno pascolano in uno stato di semi-libertà; da maggio a settembre la transumanza a Prato Valentino e sulle Alpi limitrofe sino a sfi orare i 2000 metri, dove l’erba è particolarmente fi brosa, come erba olina e trifoglio di montagna. «Si accontentano di quello che c’è e, malgrado questo fatto, forniscono

una carne di alto livello, con un grado di marezzatura equilibrato. Si tratta di un’ottima opzione per una zootecnia di montagna».

Vengono macellati i soggetti maschi quando raggiungono i 450 kg, e ciò avviene all’età di 3 anni, ma alcune femmine della mandria raggiungono i 14 anni. «Macelliamo le femmine solo nel caso siano del tutto improduttive e la carne viene fatta frollare per almeno 3 settimane prima di essere venduta in pacchetti da mezzo chilo sottovuoto come noce, fesa e pesce».

Del posteriore, girello e muscoli sono avviati a diventare bresaola e slinzeghe.

De Filippi e la moglie lasciano le parti anatomiche in una salamoia di coriandolo, spezie, sale, pepe e vino rosso prodotto in proprio (ottime le bottiglie dell’annata 2017) per almeno una settimana, girandole costantemente. A seguire, si asciugano in un frigorifero, lo stesso dove la carne è riposta per la frollatura.

«Talvolta le bresaole assumono un colore che i consumatori considerano scuro. È il prezzo che paghiamo per non usare conservanti». Minima immoralia.

A sinistra: Teglio (photo © Silvano Rebai – stock.adobe.com). In basso: Marco De Filippi, azienda agricola Cöf e Casele, e i suoi bovini di razza Highlander. Il nome Cöf e Casele si potrebbe tradurre con “Fascine e Covoni”. Nel dialetto valtellinese i “cöf” sono le fascine degli steli della segale, essiccati e stretti tra loro come un mazzo di fi ori. Le “casele” erano le fascine e covoni ottenuti con gli steli del grano saraceno. La produzione di segale e grano saraceno, alla base di numerose ricette locali come pizzoccheri e “sciatt” (palline di formaggio in pastella di grano saraceno, farina di frumento, acqua e grappa), sono pressoché azzerate.

«I clienti comprano meno salumi, ma li esigono con qualità superiori, un po’ come è accaduto col vino. E, al pari del settore enoico, il salume buono è un utile passaparola per farsi conoscere» dice Mauro Moschetti. Come la sua bresaola, da degustare nella cantina sotto la macelleria

Moschetti: la bresaola di macelleria si degusta in cantina

Teglio: ricco di storia. Palazzo Besta, belvedere sulla valle e magione del Quattrocento, dista pochi minuti di passeggio dalla macelleria di Mauro Moschetti, aperta dal padre nel 1966. «Era la classica macelleria di paese, poi il mattatoio ha dovuto chiudere perché gli adeguamenti alle normative europee sarebbero stati degli investimenti diffi cilmente affrontabili». La macelleria di Moschetti si è evoluta ascoltando le necessità del cliente su tre fronti: quella delle carni, dei salumi e della gastronomia. Nell’idea di Moschetti la scelta delle carni deve essere quindi in linea con i desideri del cliente e, come esempio, fornirla anche sottovuoto divisa in piccole porzioni. «Solo così la gente torna».

Anche per quanto riguarda i salumi è continuamente in atto una trasformazione: «i clienti comprano passa in celle di stagionatura con temperatura più elevata per una settimana prima di approdare nella cantina. Gli esemplari più grandi attenderanno un mese e mezzo prima di essere messi in vendita. A scalare gli altri.

La cantina possiede un grado di umidità adeguato alla stagionatura delle bresaole, ma è adatta anche ad ospitare le degustazioni dei prodotti di salumeria, seguiti per lo più dai turisti estivi. Nell’attesa che la stagione 2021 possa segnare un cambio di passo rispetto a quella precedente.

Riccardo Lagorio

Mauro Moschetti.

meno salumi, ma li esigono con qualità superiori, un po’ come è accaduto nel mondo del vino. E, al pari del settore enoico, il salume buono è un utile passaparola per farsi conoscere».

Così, Mauro Moschetti ha approntato una sala degustazione sotto la macelleria, nelle antiche mura in pietra della casa di famiglia, che è diventato il luogo dove si insegna a capire cosa ci sta dietro a un buon salume. La chiama cantina, con un’aura di venerazione. «La prima volta che le persone entrano nella cantina e assistono alle fasi di salatura, asciugatura e stagionatura ne escono esterrefatti. In particolare per la bresaola».

La salamoia in questo caso viene preparata con sale, pepe, noce moscata, aglio, cannella e chiodi di garofano. Niente vino rosso, «perché la carne rilascia di per sé gli umori». Tolta dalla salamoia, la bresaola

Azienda Agricola Cöf e Casele

Via Tudori 30 – 23036 Teglio (SO) Telefono: 328 9566355

Macelleria Mauro Moschetti

Largo Giuseppe Morelli 9 23036 Teglio (SO) Telefono: 0342 782154

Un’esplosione di profumi e sapori siciliani sulle pendici dell’Etna

Antica Macelleria Bonaccorso

Caro direttore di Eurocarni, sono un macellaio, abbonato alla vostra rivista già da qualche anno. Vivo ad Aci Bonaccorsi, un piccolo paese siciliano in provincia di Catania. Mi defi nisco un macellaio tradizionale, come mio padre che mi ha insegnato questo mestiere. Vado nelle stalle a scegliere gli animali da macellare e faccio ancora all’antica il salame a punta di coltello e non solo.

Un mio cliente, nonché amico, Giovanni Zizzi, ha scritto un breve testo sulla mia macelleria, che vi invio insieme ad alcune immagini. Se lo ritenete idoneo, mi farebbe piacere lo pubblicaste sulla vostra rivista mensile. L’ Antica Macelleria Bonaccorso, situata ad Aci Bonaccorsi (CT), sulle pendici del vulcano Etna, venne fondata nel 1955 da STEFANO BONACCORSO e da DONNA PIPPA. Oggi è il fi glio Mario, con la moglie Adele Chiarenza e suo fi glio Giovanni, maestro nel taglio delle carni e nel disosso, a continuare la tradizione della macelleria di paese a conduzione familiare.

Ancor prima di entrare, si viene attratti dagli esterni del locale, sovrastato da un’enorme ruota di carretto siciliano, riccamente decorata. Su una pietra lavica alla parete una pergamena decanta i prodotti della macelleria, dai salumi siciliani ai preparati di carni regionali, ai macellati freschi, alla pizzicheria. Se ci fossero ancora dubbi per proseguire, a chiarirli ci sono due taglieri in legno posizionati ai lati dell’ingresso dedicati ai titolari, con sopra scritto “Macellaia per amore”, riferito ad Adele, e sull’altro “Macellaio per passione” riferito al marito Mario.

La vetrina esterna, per la sua creatività, è un ulteriore richiamo per chi deve fare acquisti: carni, formaggi, prosciutti di produzione propria, olive e tanto altro. L’interno è un’esplosione di colori, grazie alle tante ceramiche di Caltagirone e ai quattro lampadari decorati, e di profumi, come quello della provola

Mario Bonaccorso con la moglie Adele Chiarenza (a sinistra) e il fi glio Giovanni (in basso).

a sfoglia e della provola schiacciata dei Monti Nebrodi.

Tutte le carni sono di provenienza siciliana. Dalle stigghiole (piatto tipico della cucina regionale che prevede l’uso della budella di agnello o capretto, NdR) all’insalata di carni di pollo e di trippa, dalla lingua in salsa verde al carpaccio, sono tanti i prodotti disponibili freschi e di qualità da assaporare soprattutto in estate.

Infi ne, l’Antica Macelleria Bonaccorso da qualche anno, con un servizio di delivery, porta la sicilianità delle sue carni e una vasta gamma dei suoi salumi artigianali e i formaggi siciliani nelle case dei clienti.

Giovanni Zizzi

Antica Macelleria Bonaccorso

Via Etna 66 95020 Aci Bonaccorsi Telefono: 095 7899813 Web: www.facebook.com/anticamacelleriabonaccorso

Lo sostiene uno studio dell’Accademia dei Georgofi li

Allevamenti italiani Zero Carbon entro i prossimi 10 anni

Èstato fatto molto negli ultimi decenni per ridurre l’impronta ecologica della zootecnia italiana, anche se non mancano gli obiettivi di miglioramento legati all’innovazione, alla ricerca e al trasferimento tecnologico per questa rilevante fi liera.

È questa la sintesi di quanto emerso nel corso dell’intervento del comitato consultivo dell’Accademia dei Georgofi li durante l’audizione al

Senato su “Allevamenti e cambiamenti climatici”, presso la Commissione Agricoltura, lo scorso 2 febbraio.

Le filiere delle produzioni animali italiane rappresentano circa la metà del valore dell’agroalimentare nazionale, contribuiscono all’export del made in Italy, danno occupazione a circa 150.000 persone, presidiano il 40% del territorio rurale nazionale, contrastano lo spopolamento e il degrado delle “aree interne” e sono custodi di tradizioni culturali e gastronomiche che sarebbe dannoso perdere. Gli studiosi dell’Accademia dei Georgofi li — la più antica entità italiana di ricerca nel campo agroalimentare fondata a Firenze nel 1753 — hanno preso in considerazione tutti gli impatti degli allevamenti, ossia l’emissione di gas climalteranti, l’emissione di ammoniaca e il rilascio dei nitriti nelle acque e il consumo delle risorse idriche. Dalla ricerca emerge che il contributo della zootecnia

italiana alle emissioni gas-serrigeni è modesto e in continua diminuzione, rappresentando il 5,2% del totale

nazionale.

Le emissioni principali sono dovute: I. alla CO2 del ciclo produttivo; II. al metano emesso soprattutto dalle fermentazioni digestive dei ruminanti (impatto principale); III. al protossido di azoto derivante sia dalla gestione delle lettiere e dei liquami sia dai concimi azotati utilizzati per le coltivazioni di foraggi e mangimi.

Lo studio ricorda che l’impatto dovuto al metano enterico è il più importante e che, rispetto al 1970, gli allevamenti italiani hanno ridotto del 40% le emissioni di metano. In più, questo impatto è un problema reversibile, considerando che la sua durata media nell’atmosfera è di soli 11 anni.

Inoltre, la CO2 in cui viene convertito è da fonte rinnovabile a bilancio fotosintetico zero, come quella espirata dall’uomo e dagli animali. In altre parole, l’origine biogena del carbonio del metano emesso dalle fermentazioni ruminali (il 50% delle emissioni della zootecnia), che cioè deriva da quello fi ssato dalle piante con la fotosintesi e ingerito dagli animali con foraggi e concentrati per essere poi riassorbito dalle piante in un ciclo biologico, fa sì non si accumuli nell’atmosfera per centinaia di anni provocandone il riscaldamento.

Per quanto riguarda le emissioni azotate legate agli allevamenti, la gestione corretta delle deiezioni in stalla e in campo (il che aumenta la fertilità dei suoli) riduce fortemente le fonti di impatto. Secondo l’ISPRA, infatti, la riduzione delle emissioni di ammoniaca degli allevamenti nel periodo 1990-2018 è stata del 23,4%.

Lo studio, infi ne, fa chiarezza sul consumo delle risorse idriche, considerato che le produzioni zootecniche sono accusate di essere le principali consumatrici di acqua: i super citati 1.000 litri di acqua per produrre un litro di latte e i 15.000 litri per 1 kg di carne bovina sono cifre che considerano anche il contributo dell’acqua piovana, che vale oltre il 90%. Ma attenzione: se si considerano le acque di riciclo e l’acqua piovana raccolta, i dati

dell’impronta idrica reale sono, per il latte, 100-300 litri, e per la carne

500-1.000 litri, cioè in linea con gli altri prodotti agricoli.

Lo studio, poi, va oltre nello smentire il più importante luogo comune sull’argomento: se si volesse comunque considerare l’acqua verde, questa dovrebbe essere valutata come differenza fra l’evapotraspirazione delle superfi ci foraggere e cerealicole destinate per la produzione degli alimenti zootecnici e quella delle superfi ci naturali indisturbate (con l’uso del metodo della net Water Footprint - nWFP): con questo metodo superfi ci investite a pascolo naturalmente inerbito possono addirittura mostrare, nei nostri ambienti mediterranei, un valore della nWFP negativo, conferendo ai prodotti ottenuti un valore positivo e non impattante sulla risorsa idrica.

In conclusione, il progressivo miglioramento dell’effi cienza produttiva e gestionale degli allevamenti può far intravedere l’ambizioso obiettivo Zero Carbon entro dieci anni. L’inserimento del bilancio di fi liera del carbonio nel novero delle premialità previste dal prossimo Piano Nazionale di Sviluppo Rurale costituisce un obiettivo primario del prossimo ciclo di programmazione PAC per l’Italia.

Fonte: EFA News European Food Agency

Nota

Photo © Alberto_Patron – stock. adobe.com

Sintesi del Ce.I.R.S.A. sul documento EFSA

Il benessere dei bovini durante la macellazione

L’ EFSA ha pubblicato un nuovo parere scientifi co sul benessere dei bovini in sede di macellazione1. Questo studio sarà seguito da pareri specifi ci anche per altre specie animali (suini, polli e conigli) e si inserisce in un contesto di aggiornamento europeo in materia di benessere al macello. La Commissione europea ha infatti chiesto all’EFSA di fornire un parere indipendente sulla macellazione dei bovini destinati al consumo umano che comprenda tutte le fasi del processo di macellazione. Il parere scientifi co concerne l’identifi cazione dei pericoli che portano a conseguenze negative sul benessere dei bovini durante la macellazione e le relative misure di prevenzione e/o correzione. I pericoli, la loro origine, le misure preventive e correttive, le conseguenze sul benessere e le relative misure animal-based sono stati identifi cati sulla base di ricerche bibliografi che e del parere di esperti e tengono conto delle comuni pratiche di macellazione.

La normativa europea di riferimento per il benessere degli animali è il Reg. CE 1099/2009 relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento. Questo regolamento defi nisce la macellazione come “l’abbattimento di animali destinati all’alimentazione umana” e le operazioni correlate come “operazioni quali il maneggiamento, la stabulazione, l’immobilizzazione, lo stordimento e il dissanguamento degli animali che hanno luogo nel contesto e nel luogo dell’abbattimento”.

Ricordiamo che la sicurezza della fi liera alimentare è direttamente connessa al benessere degli animali, in particolare nel caso di animali allevati per la produzione di alimenti. Le buone prassi per il benessere degli animali, infatti, non solo riducono inutili soff erenze, ma contribuiscono anche a rendere gli animali più sani.

Jarvis, qualità certa, anzi certificata

Una nuova generazione di storditori nuova generazione di storditori e cartucce universali

Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.

2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D

In totale EFSA ha individuato 40 pericoli che potrebbero verifi carsi durante la macellazione. La maggior parte di essi (39 su 40) sono conseguenza di una preparazione inadeguata del personale addetto o di stanchezza.

Il parere scientifi co

Nel parere sono stati identifi cati 4 obiettivi: 1. identificare i pericoli per il benessere degli animali e la loro possibile causa in termini di strutture/attrezzature e personale; 2. defi nire i criteri qualitativi o misurabili per valutare le prestazioni in materia di benessere animale (ABM, misure animalbased); 3. fornire misure preventive e

correttive (strutturali o gestionali) per affrontare i pericoli identifi cati; 4. indicare i pericoli specifi ci relativi alle specie o alla categoria di animale (ad es. tori da riproduzione, giovani vitelli).

Inoltre, la Commissione europea ha chiesto all’EFSA di indicare un elenco di metodi, procedure o pratiche ritenute inaccettabili.

Per l’elaborazione del parere sono stati utilizzati tre approcci principali: 1. ricerca in letteratura; 2. consultazione dei rappresentanti degli Stati Membri; 3. parere di esperti in gruppo di lavoro.

Questo parere scientifi co riguarda l’abbattimento di bovini destinati al consumo umano che potrebbe avvenire in un macello o durante la macellazione in azienda.

Nel contesto di questo parere, ogni operazione correlata è un processo e diverse operazioni correlate (processi) sono raggruppate in fasi. Le fasi che sono state valutate nel presente parere, dall’arrivo fi no all’abbattimento dell’animale, sono le seguenti:

1. FASE 1 – PRE-STORDIMENTO

II. Arrivo;

III. Scarico degli animali dal mezzo di trasporto;

IV. Stabulazione;

V. Manipolazione e trasferimento nella zona di stordimento;

2. FASE 2 – STORDIMENTO

* Dall’immobilizzazione dell’animale fi no all’effettivo stordimento;

3. FASE 3 – DISSANGUAMENTO

* Dissanguamento dopo lo stordimento la macellazione senza stordimento.

Fase 1 – Pre-stordimento

La fase di pre-stordimento comprende quattro processi: arrivo, scarico dal mezzo di trasporto, stabulazione e manipolazione/ spostamento degli animali verso la zona di stordimento. Prima e durante l’arrivo degli animali al macello i pericoli sono essenzialmente di origine fi sica. Trasporti lunghi e diffi coltosi, digiuno prolungato, temperature o qualità dell’aria o dell’acqua inadeguate, aggressioni da parte di altri animali o attrezzature possono causare stanchezza, fame, sete, disagio termico e respiratorio, paura e dolore.

Il peggioramento del benessere può anche avere un’origine psicologica, come il disturbo sociale (separazione dal gruppo di allevamento, mescolanza di animali non familiari, alta densità) o la paura (ambienti non familiari, manipo-

Fase 1 – Arrivo

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Temperatura percepita troppo elevata Stress da calore. Aff aticamento. Attrezzature. Strutture. Personale. Assenza di operatori qualifi cati. Ambiente. Ventilazione insuffi ciente sul mezzo di trasporto. Attesa prolungata. Formazione del personale. Aumento dello spazio. Corretta programmazione del viaggio in modo da evitare le ore più calde della giornata. Ventilazione adeguata sul mezzo di trasporto. Protezione da condizioni meteo avverse. Fornire un’adeguata ventilazione e/o sistemi di raff reddamento.

Temperatura percepita troppo bassa Stress da freddo. Attrezzatura. Strutture. Personale. Assenza di operatori qualifi cati. Assenza di protezione dall’ambiente. Attesa prolungata. Formazione del personale. Protezione da condizioni meteo avverse. Corretta programmazione del viaggio in modo da evitare le ore più fredde della giornata. Scaricare immediatamente e portare gli animali in una zona termicamente neutra (riscaldata).

Spazio insuffi ciente Limitazione dei movimenti. Stress da caldo. Aff aticamento. Personale. Assenza di operatori qualifi cati. Sovraff ollamento sul mezzo di trasporto. Formazione del personale. Adattare il numero di animali alle dimensioni del compartimento. Scaricare il prima possibile gli animali.

Mancata somministrazione di alimenti

Mancata somministrazione di acqua Digiuno prolungato. Aff aticamento. Personale. Assenza di operatori qualifi cati. Alimentazione sospesa con troppo anticipo rispetto al trasporto. Trasporto e/o attesa prolungati. Formazione del personale. Pianifi cazione dell’alimentazione. Pianifi cazione delle macellazioni e individuazione delle priorità. Scaricare il prima possibile e alimentare gli animali. Scaricare il prima possibile e macellare gli animali.

Sete prolungata. Aff aticamento. Stress da caldo. Personale. Assenza di operatori qualifi cati. Acqua ritirata troppo presto prima del trasporto. Trasporto e/o attesa prolungati. Formazione del personale. Gli animali dovrebbero avere accesso all’acqua fi no al carico sul mezzo di trasporto. Scaricare il prima possibile e abbeverare gli animali. Scaricare il prima possibile e macellare.

Fase 1 – Scarico degli animali

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Manipolazione inadeguata Dolore, paura, limitazione dei movimenti. Personale. Assenza di operatori qualifi cati. Manipolazione impropria degli animali. Utilizzo di pungolo elettrico. Formare il personale sulla corretta manipolazione degli animali. Rotazione del personale. Utilizzo di strumenti appropriati. Istruire l’operatore a interrompere la manipolazione inappropriata. Implementare la rotazione del personale oppure macellare l’animale il prima possibile.

Progettazione, costruzione e manutenzione inadeguata dei locali

Forte rumore improvviso Dolore, paura, limitazione dei movimenti. Strutture. Rampa troppo ripida. Illuminazione inadeguata. Pavimento/ rampa scivolosi/ sporchi. Assenza di protezioni laterali solide. Presenza di spazio vuoto tra mezzo di trasporto e rampa. Assicurare la manutenzione dell’area. Ripristinare l’area di scarico degli animali. Pulire il pavimento/ rampa. Utilizzare sabbia o paglia per rendere meno scivolosa la pavimentazione.

Paura. Personale. Personale che urla o fa rumore. Nessuna.

Fase 1 – Stabulazione

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Temperatura percepita troppo elevata Stress da calore. Aff aticamento. Attrezzatura. Strutture. Personale. Condizioni ambientali. Ventilazione insuffi ciente. Formazione del personale. Aumento dello spazio a disposizione. Programmazione del viaggio per evitare le ore più calde. Assicurare ventilazione adeguata in stabulazione. Stabilire priorità nella macellazione. Fornire un sistema di raff reddamento (doccette).

Temperatura percepita troppo bassa Stress da freddo. Attrezzatura. Strutture. Personale. Assenza di protezioni da vento e pioggia. Esposizione diretta a basse temperature. Formazione del personale. Prima della partenza fornire protezioni. Programmazione del viaggio per evitare le ore più fredde. La stabulazione non deve avvenire in condizioni climatiche avverse. Fornire lettiera adeguata. Macellare gli animali il prima possibile.

Privazione di cibo prolungata Digiuno prolungato. Aff aticamento. Personale. Privazione di cibo prolungata prima del trasporto. Tempi di trasporto e/o attesa prolungati. Tempi di stabulazione prolungati. Formazione del personale. Evitare di togliere l’alimentazione prima del trasporto. Programmare la macellazione. Dare priorità alla macellazione. Fornire alimenti se si prevede un ritardo nella macellazione. Macellare il prima possibile. Somministrare alimenti.

Privazione di acqua prolungata Mancato accesso all’acqua di abbeverata prolungato. Aff aticamento. Personale. Strutture. Acqua non accessibile durante il trasporto. Trasporto prolungato. Assenza di abbeveratoi adeguati in stabulazione. Formazione del personale. Accesso all’acqua in allevamento fi no al trasporto e accesso durante il trasporto e in stabulazione (controllare che il sistema di approvvigionamento idrico funzioni). Macellare il prima possibile. Somministrare acqua.

Forte rumore improvviso Paura. Attrezzatura. Strutture. Personale. Grida del personale. Rumori di macchinari. Attiva progettazione e disposizione dei locali.

Spazio insuffi ciente Limitazione dei movimenti. Stress da calore. Problemi con il riposo. Aff aticamento.

Mischiare animali sconosciuti Paura. Dolore. Stress sociale. Aff aticamento. Personale. Strutture. Mancata separazione di animali di provenienza diversa. Non separare nel box animali provenienti dallo stesso allevamento. Non mischiare animali con e senza corna. Isolare gli animali aggressivi. Macellare animali di gruppi misti il prima possibile.

Personale. Sovraff ollamento del box.

Progettazione, costruzione e manutenzione inadeguata dei locali Paura. Dolore. Limitazione dei movimenti. Problemi con il riposo. Personale. Strutture. Progettazione inadeguata dell’edifi cio. Pulizia assente o insuffi ciente dell’area. Mancanza di un drenaggio adeguato. Progettare le strutture in base a esigenze etologiche speciespecifi che. Fornire una recinzione tubolare sopraelevata per evitare la monta nei tori. Pulire e asciugare le zone di stabulazione. Fornire lettiera.

Identifi care ed eliminare la fonte del rumore. Macchinari costruiti adeguatamente. Formazione del personale. Evitare grida del personale e macchinari rumorosi vicino agli animali. Formazione del personale. Esporre cartelli con n. max di animali per box. Ammonire / avvisare il personale.

Adattare il numero di animali rispetto alla dimensione dei box.

Fase 1 – Manipolazione e trasferimento nella zona di stordimento

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Manipolazione errata

Spostare gli animali dal box al corridoio verso la gabbia di abbattimento

Progettazione, costruzione e manutenzione inadeguata dei locali

Rumori forti ed improvvisi Dolore. Paura. Limitazione dei movimenti. Personale. Attrezzature. Strutture. Assenza di operatori qualifi cati. Manipolazione errata degli animali. Utilizzo di pungoli elettrici. Fretta/impazienza. Formazione specifi ca del personale. Attrezzatura appropriata (alternativa a pungoli elettrici) e strutture per spostare gli animali. Nessuna. Riprendere il personale.

Dolore. Paura. Personale. Strutture. Utilizzo della forza o di pungoli elettrici. Flusso troppo veloce. Formazione del personale. Progettare, costruire e mantenere gli impianti in modo tale da ridurre gradualmente il numero di animali da immettere nel corridoio verso la gabbia di abbattimento. Non pungolare gli animali se non hanno spazio davanti per muoversi. Rallentare il fl usso. Nessuna. Riprendere il personale. Permettere agli animali di spostarsi da soli.

Dolore. Paura. Limitazione dei movimenti. Personale. Strutture. Attrezzature. Strutture erroneamente progettate (es. rampa). Illuminazione inadeguata. Mancanza di pareti piene. Distrazione. Pulizia giornaliera inadeguata. Assicurare una corretta progettazione, costruzione e manutenzione della struttura. Progettare le strutture in base a esigenze etologiche specie-specifi che. Nessuna.

Paura. Personale. Strutture. Attrezzature. Urla del personale. Rumori di macchinari. Rumori di attrezzature. Identifi care e eliminare la fonte del rumore. Formazione del personale. Evitare che il personale urli. Identifi care ed eliminare la fonte del rumore.

lazione, rumori forti, odori). Il modo in cui un animale reagisce a tali fonti di stress dipende da una serie di fattori endogeni ed esogeni, come la razza, l’età e l’abitudine alla manipolazione umana. Anche i comportamenti e le azioni degli operatori infl uenzano i livelli di stress pre-abbattimento degli animali e il loro benessere.

Fase 2 – Stordimento

Lo stordimento è qualsiasi processo

intenzionalmente indotto che causa la perdita di coscienza e di sensibilità

senza dolore, compreso qualsiasi processo che porta alla morte istantanea. La fase di stordimento comprende il metodo dello stordimento stesso e le relative pratiche di immobilizzazione.

In questa prospettiva, per “immobilizzazione” si intende l’applicazione ad un animale di qualsiasi procedura volta a limitarne i movimenti al

ABM – Misure animal-based

Sono riportate le misure animal-based più comuni per i principali pericoli identifi cati: • stress da calore = frequenza respiratoria aumentata (la sudorazione è diffi cile da valutare); • stress da freddo = tremori/brividi; • digiuno prolungato = non esiste un ABM specifi co che possa essere utilizzato all’arrivo dell’animale; • sete prolungata = non esiste un ABM specifi co che possa essere utilizzato all’arrivo dell’animale; • aff aticamento = prostrazione (riluttanza a muoversi se l’animale è in piedi, ma nessun segno di zoppia, come il ripetuto spostamento del peso o la riluttanza a sopportare il peso) e tachipnea; • limitazione dei movimenti = si utilizza lo spazio disponibile per valutare indirettamente questo pericolo; • movimento ostacolato = scivolamenti e cadute; • dolore e paura = tentativi di fuga, vocalizzazioni (di varia natura a seconda della fase di macellazione), lesioni, zoppia, riluttanza al movimento; • stress sociale = aggressività e tentativi di monta.

fi ne di facilitare l’effettivo stordimento e la morte.

Gli animali devono essere resi immediatamente incoscienti e insensibili con il metodo di stordimento e devono rimanere tali fi no alla

morte per dissanguamento.

I principali metodi di stordimento utilizzati nella macellazione dei bovini sono raggruppati in: * metodi meccanici; * metodi elettrici.

Fase 2 – Stordimento meccanico con proiettile captivo penetrante

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Contenimento e/o contenimento non corretto

Errato posizionamento dello strumento e direzione del colpo

Errati parametri del proiettile captivo (calibro) Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. È richiesta l’immobilizzazione dell’animale e la presentazione della testa dell’animale verso l’operatore. Utilizzare un poggiatesta o utilizzare una pressione ottimale per la testa e il corpo in base alle dimensioni dell’animale in immobilizzazione attiva. Tempo di contenimento il più breve possibile. Ridurre la pressione.

Dolore. Paura. Personale. Assenza di personale qualifi cato. Stanchezza dell’operatore. Contenimento inadeguato. Errato posizionamento della pistola a causa della forma della testa. Formazione e rotazione del personale. Contenimento adeguato e posizionamento della pistola corretto. Stordimento nella posizione corretta e con la direzione corretta.

Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. Assenza di personale qualifi cato. Scelta dell’attrezzatura sbagliata. Proiettile non idoneo. Calibro non idoneo. Capacità di penetrazione del proiettile non suffi ciente. Formazione del personale. Contenimento adeguato. Assicurarsi di utilizzare le attrezzature corrette in base alla specie e alla categoria di animali. Manutenzione regolare delle attrezzature. Stordimento con parametri corretti oppure applicare la procedura di emergenza.

Fase 2 –Stordimento meccanico con proiettile captivo non-penetrante

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Contenimento e/o contenimento non corretto

Errato posizionamento e direzione del colpo Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. È richiesta l’immobilizzazione della testa e la presentazione verso l’operatore. Nessuna. Utilizzare un poggiatesta oppure utilizzare una pressione ottimale per la testa e il corpo in base alle dimensioni dell’animale. Tempo di contenimento il più breve possibile.

Dolore. Paura. Personale. Mancanza di personale qualifi cato. Stanchezza dell’operatore. Contenimento inadeguato. Errato posizionamento della pistola a causa della forma della testa. Formazione e rotazione del personale. Contenimento adeguato e posizionamento della pistola corretto Stordimento nella posizione corretta e con la direzione corretta.

Errati parametri del proiettile captivo Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. Mancanza di personale qualifi cato. Scelta dell’attrezzatura sbagliata. Cartuccia e potenza sbagliate. Scarsa manutenzione delle attrezzature. Diametro del proiettile troppo stretto. Velocità del proiettile bassa. Formazione del personale. Contenimento adeguato. Assicurarsi di utilizzare le attrezzature giuste per lo scopo. Manutenzione regolare delle attrezzature. Stordimento con parametri corretti oppure applicare la procedura di emergenza.

ABM: vocalizzazioni, tentativi di fuga (dolore, paura), lesioni (dolore), segni di coscienza dopo lo stordimento (come prerequisito per provare dolore e paura).

Fase 2 –Stordimento elettrico

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Contenimento e/o contenimento non corretto

Errato posizionamento degli elettrodi

Contatto elettrico inadeguato

Tempo di esposizione troppo breve

Parametri elettrici inadeguati Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. Strutture. È richiesta la presentazione dell’animale verso l’operatore. Utilizzare un contenimento ottimale in base alle dimensioni dell’animale. Tempo di contenimento il più breve possibile. Ridurre la pressione.

Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. Mancata regolazione dell’attrezzatura in base alle dimensioni dell’animale. Mancanza di personale qualifi cato. Contenimento inadeguato. Regolare/sincronizzare l’attrezzatura. Formazione del personale. Applicare la procedura di emergenza.

Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. Mancanza di personale qualifi cato. Attrezzature mal progettate, costruite e mantenute. Contatto intermittente. Formazione del personale. Assicurare una corretta presentazione dell’animale. Assicurare una corretta manutenzione delle attrezzature. Assicurarsi che le attrezzature comprendano elettrodi di taglia adeguata. Assicurare un contatto continuo tra elettrodi e testa. Assicurare la calibrazione regolare delle attrezzature. Pulizia regolare degli elettrodi. Applicare la procedura di emergenza.

Dolore. Paura. Personale. Mancanza di personale qualifi cato. Velocità della catena alta. Formazione del personale. Ridurre la velocità della catena. Assicurarsi che nello storditore sia incorporato un timer per monitorare il tempo di esposizione oppure utilizzare un sistema di allarme visivo o uditivo per avvisare l’operatore. Applicare la procedura di emergenza.

Dolore. Paura. Personale. Attrezzatura. Parametri o attrezzature elettriche sbagliate. Taratura scarsa o assente. Tensione/corrente applicata troppo bassa. Frequenza applicata troppo alta per la quantità di corrente da erogare. Mancanza di operatori qualifi cati. Mancanza di monitoraggio della qualità dello stordimento. Mancanza di regolazioni delle impostazioni per soddisfare i requisiti. Scarsa manutenzione e pulizia dell’attrezzatura. Usare parametri adeguati alla frequenza e alle forme d’onda della corrente. Assicurarsi che la tensione sia suffi ciente a erogare una corrente minima. Calibrazione e manutenzione regolare dell’attrezzatura. Formazione del personale. Valutare i fattori che contribuiscono a un’alta resistenza elettrica e minimizzare/eliminare la fonte della resistenza alta. Monitorare regolarmente la qualità dello stordimento e regolare l’attrezzatura di conseguenza. Usare attrezzature a corrente costante. Pulire regolarmente gli elettrodi. Applicare la procedura di emergenza.

ABM: vocalizzazioni, tentativi di fuga (dolore, paura), lesioni (dolore), segni di coscienza dopo lo stordimento (come prerequisito per provare dolore e paura).

Fase 3 – Dissanguamento

Il dissanguamento dei bovini subito dopo lo stordimento è una fase importante del processo di macel lazione e serve a provocare la morte negli animali privi di coscienza. Nelle fasi di macellazione i bovini vengono dissanguati con un coltello che recide il tronco brachiocefalico (tale arteria dà origine alle arterie carotidee e all’arteria vertebrale).

Conclusioni

Questo report fornisce un parere indipendente sulla macellazione dei bovini che si concentra sull’identificazione dei pericoli che portano a conseguenze negative per il benessere di questi durante la macellazione. I pericoli, le loro cause, le misure preventive e cor rettive, le conseguenze sul benes sere e le relative misure animal-based sono stati identifi cati sulla base di ricerche bibliografi che e del parere di esperti e tengono conto delle comuni pratiche di macellazione.

Le conclusioni generali del report sono le seguenti: 1. durante la macellazione i bovini possono subire conseguenze negative sul benessere, come stress da calore, stress da freddo, stanchezza, sete prolungata, fame prolungata, movimenti ostacolati, limitazioni dei movimenti, mancanza di riposo, stress sociale, dolore, paura

e angoscia. La coscienza è un

prerequisito affi nché i bovini possano provare dolore, paura

e angoscia; 2. gli animali che vengono storditi in modo ineffi cace, che riprendono coscienza o che vengono macellati senza stordimento, saranno esposti ai pericoli e ne subiranno le conseguenze in termini di benessere.

Il dolore e la paura possono essere valutati indirettamente valutando lo stato di coscienza e utilizzando ABM specifi ci in

tutte le fasi; 3. durante la macellazione i bovini possono essere esposti a diversi pericoli, che potrebbero avere un effetto cumulativo

Fase 3 – Dissanguamento

Pericolo Conseguenze sul benessere

Origine del pericolo

Dettagli sull’origine

Misure preventive

Misure correttive

Intervallo stordimento-iugulazione prolungato Dolore. Paura. Soff erenza. Personale. Attrezzatura. Assenza di operatori qualifi cati. Ritardo nel sollevamento e nella iugulazione. Posizione della gabbia di stordimento lontana dalla postazione di dissanguamento. Formare il personale. Sollevamento rapido dell’animale. Resezione immediata del tronco bc/carotidi. Ripetere lo stordimento.

Incompleta resezione del tronco brachiocefalico o delle carotidi Dolore. Paura. Soff erenza. Strutture. Attrezzatura. Assenza di operatori qualifi cati. Lama del coltello smussata o corta. Ferita superfi ciale. Formazione del personale. Utilizzo di coltello affi lato e suffi cientemente lungo da raggiungere il tronco bc. Assicurarsi che il tronco bc venga tagliato. Assicurarsi che l’incisione sia abbastanza ampia per un dissanguamento profuso. Corretta resezione del tronco bc.

Iugulazione di un bovino cosciente

Mancato rilievo dell’occlusione aortica

Manipolazione/incisione di un bovino ancora vivo Paura. Soff erenza. Personale. Assenza di operatori qualifi cati. Stordimento ineffi cace o ripresa di coscienza. Mancanza di monitoraggio dello stato di coscienza. Stordimento e tempo stordimentoiugulazione adeguati. Formazione specifi ca sul monitoraggio dello stato di coscienza. Ri-stordimento prima della iugulazione.

Dolore. Paura. Soff erenza. Personale. Attrezzatura. Assenza di operatori qualifi cati. Mancanza di monitoraggio dello stato di coscienza. Formazione del personale. Monitoraggio del dissanguamento. Ri-stordimento se l’animale ha riacquistato coscienza. Rimozione dell’occlusione.

Assenza di operatori qualifi cati. Tempo di dissanguamento breve. Resezione incompleta del tronco bc o delle carotidi. Mancanza di monitoraggio dello stato di coscienza. Formazione del personale. Assicurarsi della morte prima delle operazioni di macellazione successive. Ritardare le operazioni se la causa è il breve periodo di dissanguamento. Tagliare interamente le carotidi se è per taglio incompleto.

sulle conseguenze in termini di benessere (ad esempio, la privazione di acqua, l’insuffi ciente disponibilità di spazio e la temperatura percepita troppo elevata avranno un effetto cumulativo e aggraveranno lo stress da calore); 4. l’esposizione ad alcuni pericoli potrebbe persistere durante tutte le fasi fi no a quando l’animale non perde conoscenza (ad es. privazione di cibo); 5. altri pericoli potrebbero essere presenti solo durante una fase, ma la conseguenza sul benessere potrebbe persistere durante i processi e le fasi successive fi no a quando l’animale non viene reso incosciente (ad esempio, dolore dovuto ad una manipolazione inadeguata); 6. le ABM sono state identifi cate per la valutazione di tutte le conseguenze sul benessere, ad eccezione della sete prolungata al momento dell’arrivo e del digiuno prolungato;

7. la maggior parte dei pericoli identifi cati sono associati all’assenza o carenza di competenze e formazione del personale (manipolazione inadeguata) e alla inadeguata progettazione, costruzione e manutenzione dei locali. Il gruppo di esperti scientifici considera la mancanza di competenze o la mancanza di formazione del personale che lavora nel macello una seria problematica nell’ambito del

benessere animale. Fonte: Ce.I.R.S.A. Centro Interdipartimentale di Ricerca e Documentazione sulla Sicurezza Alimentare www.ceirsa.org

Nota

1. Sintesi a cura del Ce.I.R.S.A. del documento “Welfare of cattle at slaughter”, EFSA Scientifi c Opinion, 24 September 2020. Per ulteriori approfondimenti il documento completo di EFSA in lingua inglese si può leggere gratuitamente nel sito dell’Agenzia al seguente link: www. efsa.europa.eu/it/efsajournal/ pub/6275

Artigiani delle Carni – Macellai di Roma e Lazio si costituisce in associazione

Artigiani delle Carni è nata dalla volontà di alcuni imprenditori romani di riportare il mondo delle carni al centro del dibattito pubblico con l’obiettivo di valorizzare la fi gura del macellaio e di rilanciare un’arte che fa della specializzazione un valore aggiunto imprescindibile. La costituzione è stata formalizzata lo scorso 3 marzo a Roma presso la sede del Coride. L’associazione è l’espressione unitaria dei soggetti imprenditoriali, professionali e dei lavoratori autonomi che operano nell’ambito della distribuzione e vendita al dettaglio di prodotti alimentari e della macelleria attive ed aventi sede o unità locali nel territorio della Regione Lazio. Si presenta come un grande network che punta alla valorizzazione della fi gura del macellaio e ne supporta la crescita aiutandolo a leggere e ad anticipare i mutamenti del mondo contemporaneo.

È trascorso solo un anno da quando è stata accolta la sfi da di riportare il settore delle carni al centro del dibattito pubblico con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo e l’evoluzione della macelleria tradizionale. Fin da subito l’approccio adottato ha messo in primo piano l’innovazione e la digitalizzazione del settore viste come urgenze di cui tener conto per meglio rispondere ai cambiamenti del mercato e del consumatore.

«Siamo orgogliosi di questo risultato. In poco tempo siamo diventati un punto di riferimento per tanti professionisti e operatori del settore» ha sottolineato Alessandro Giovannini, presidente della neonata associazione. «La nascita di Artigiani delle Carni come associazione è un momento signifi cativo che consolida quanto fatto fi nora e che ci motiva a spingere ancora di più il piede sull’acceleratore dello sviluppo. Abbiamo intrapreso un forte processo di digitalizzazione che sta incidendo positivamente su tutti gli aspetti di gestione del business, a partire dalla comunicazione con il cliente. Grazie all’uso dei media digitali possiamo costruire la nostra presenza on-line e allargare il bacino dei potenziali clienti».

>> Link: artigianidellecarni.it

L’incredibile storia dell’hot-dog danese che compie 100 anni

Tra le immagini più belle di Copenaghen c’è sicuramente quella di un venditore di hot-dog che, con tutta calma, si trascina il suo chioschetto lungo una strada traffi cata, seguito da una lunga fi la di automobilisti per nulla infastiditi. Forse qualcuno lo è, ma sarebbe davvero “poco danese” suonare il clacson o mostrare insofferenza. Gli hot-dog (e i loro venditori) sono un vero mito in Danimarca: tutti li adorano! Sapete perché?

di Hazel Evans

È stato il primo esempio di fast food danese ed ancora oggi è considerato quasi un piatto nazionale. L’hot-dog danese è noto per i suoi gustosi condimenti come cipolle crude e fritte, sottaceti a fettine e tre tipi di salse (ketchup, senape e remoulade). Del classico hot-dog oggi si possono trovare anche versioni rivisitate biologiche, Nordic style e gourmet. Il ristorante stellato Me|Mu di Vejle, ad esempio, ha vinto il Campionato nazionale di hot-dog (sì, esiste!) negli ultimi due anni. Nel 2019, la loro ricetta includeva mele aff umicate, chorizo, salicornia locale in salamoia e maionese al peperoncino habanero (photo © Maria Nielsen_pølse). G ià diffusi in Germania, durante la Prima Guerra Mondiale, i chioschi di hot-dog cominciarono a prendere piede anche in Svezia e Norvegia, ma solo nel 1921 arrivarono fi nalmente in Danimarca. Prima di allora, gli aspiranti venditori avevano presentato ripetute domande al comune per ottenere l’autorizzazione alla vendita in strada, dalla chiusura dei ristoranti fi no alle 2:30 del mattino. Tutte le loro richieste erano state però respinte con varie motivazioni, che andavano dai timori di intralcio al traffi co, al fatto che mangiare per strada era ritenuto disdicevole. In più, i ristoranti tradizionali ostacolavano in ogni modo le richieste per paura di avere nuovi concorrenti. Finalmente, nel 1921, il danese

CHARLES SVENDSEN STEVNS, che da dieci anni gestiva un fi orente chiosco di hot-dog a Kristiania (l’odierna Oslo), ottenne il permesso di venderne anche per le strade di diverse località nei pressi di Copenaghen. I primi furgoni per hot-dog danesi erano molto diversi da quelli che conosciamo oggi. Erano piccoli carretti con grandi ruote in legno e solo quelli più elaborati avevano un tettuccio sotto il quale il venditore poteva ripararsi. Le salsicce costava-

no 25 øre (gli øre sono centesimi di corona, NdR) e per il pane era richiesto un extra di 5 øre. Poca roba per i nostri standard, ma negli anni ‘20 era una cifra considerevole e non tutti potevano permettersi un hot-dog. Eppure fu un vero successo! Nel giro di pochissimo tempo i chioschi conquistarono non solo le strade della capitale, ma anche quelle di Odense, Aarhus e Aalborg. Negli anni ‘30, quando gli hot-dog divennero ancora più diffusi, in Danimarca cominciò a nascere un movimento di protesta. La maggior parte dei furgoni di hot-dog, infatti, era in mano a ricchi imprenditori che guadagnavano tra le 140 e le 700 corone a settimana per furgone, mentre lo stipendio medio dei venditori era di 25 corone a settimana.

Vendere hot-dog in Danimarca: una “questione personale”

Nel 1942, alcuni venditori di hotdog di Copenaghen si unirono per protestare su questo tema e presentarono al sindaco un’istanza di revisione delle leggi sui chioschi di hot-dog. La richiesta fu accolta e le nuove norme stabilirono che i venditori di hot-dog fossero lavoratori autonomi con permessi individuali alla vendita in determinate zone della città. Nella Danimarca degli anni ‘40, però, potevano essere lavoratori autonomi solo i disabili o gli individui per qualche ragione impossibilitati a svolgere un lavoro tradizionale. Questa riforma cambiò radicalmente il settore della vendita di hot-dog a Copenaghen e in molte altre città della Danimarca. Ora che i venditori non erano più dei dipendenti, si dedicavano con maggiore attenzione agli affari e naturalmente anche alla preparazione degli hot-dog! Ecco perché la maggior parte dei chioschi di hotdog che si incontra passeggiando in qualsiasi città della Danimarca si chiama come il suo attuale o storico proprietario: “Lone’s Sausages”, “John’s Hotdog Deli”, “Harry’s Place”… Vendere hot-dog in Danimarca è una faccenda molto, ma molto personale! Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, l’hot-dog diventò un vero e proprio simbolo della Danimarca. Ogni cittadina e stazione ferroviaria del Paese avevano il loro chiosco e le vendite raggiunsero livelli mai visti. Nel 1950 si contavano 400 chioschi solo a Copenaghen. Nel 2010 il numero è sceso a 60, anche a causa della concorrenza di altri fast food e di nuovi cibi da strada arrivati in Danimarca tra la fi ne del XX e l’inizio del XXI secolo. Nonostante tutto, i chioschi di hot-dog sono ancora un simbolo del Paese e occupano un posto speciale nel cuore dei Danesi che diffi cilmente verrà rimpiazzato da altri fast food. I chioschi di hot-dog

sono tra i pochi luoghi in cui i Danesi mangiano da soli, cosa abbastanza

rara in Danimarca. Per questo motivo, spesso è proprio qui che ci si può ritrovare a conversare con un estraneo. Davanti ad un venditore di hot-dog passano ogni giorno persone di estrazione sociale diversa e tutti vengono trattati allo stesso modo, dal politico di spicco al lavoratore più umile al turista curioso. Indipendentemente dal condimento, la maggior parte dei chioschi di hot-dog propone delle variazioni sul tema. Di solito, oltre al “ristet pølse” (il classico hot-dog

I chioschi di hot-dog in Danimarca sono una vera e propria istituzione culturale e soddisfano i palati dei Danesi da ben 100 anni: il 18 gennaio 1921, infatti, sei piccoli carretti bianchi iniziarono a vendere per le strade di Copenaghen le prime salsicce accompagnate da pane e senape ispirandosi al comfort food tedesco. Un secolo dopo, il classico hot dog danese può essere ancora gustato nei chioschi per le strade in Danimarca, sebbene ne siano rimasti solo il 10% rispetto a quando raggiunsero il periodo di massima diff usione dopo la Seconda Guerra Mondiale con quasi 500 stand di hot dog nella sola città di Copenaghen (photo © LABAN Stories).

costituito da una salsiccia infi lata in un pezzo di pane con un buco al centro), si trova quello “con la coperta” (in cui la salsiccia è avvolta nella pancetta), il tutto insaporito da maionese, senape, remoulade e ketchup e guarnito da cipolle fritte e cetriolini sottaceto. Per innaffi are, niente di meglio di una bottiglia di Cocio (latte al cioccolato).

Per chi volesse spingersi oltre, naturalmente a Copenaghen non mancano gli hot-dog gourmet, quelli vegani e altre originali varianti. C’è solo l’imbarazzo della scelta, i chioschi di hot-dog sono ovunque in Danimarca: nelle principali stazioni, nelle piazze centrali e agli angoli delle strade più note della capitale.

Hazel Evans

Nota

Hazel Evans è scrittore e critico gastronomico con base a Copenaghen ed è il fondatore di Mad About Copenhagen (madaboutcopenhagen. com), un progetto di guida turistica per foodies che è diventato un libro che potete acquistare a questo indirizzo: www.new-mags.com/ product/mad-about-copenhagen. La fonte dell’articolo è invece VisitDenmark, www.visitdenmark.it

Per il CSB-System occorre valutare quattro aspetti

Come scegliere il software di pianifi cazione della produzione? Meglio una soluzione integrata o la migliore della categoria?

Sebbene una buona pianifi cazione della produzione apporti parecchi benefi ci in azienda, molte realtà si affi dano ancora al loro istinto oppure si servono di soluzioni semplici come Excel e Access. Ma quando un’azienda cresce o la diversità dei prodotti aumenta, un sistema di pianifi cazione della produzione (PPS) diventa uno strumento necessario e indispensabile. Sorge allora la domanda: quale soluzione PPS scegliere? La migliore sul mercato per questa specifi ca esigenza o una soluzione integrata in un sistema ERP completo? «Prima di scegliere un qualsiasi software — spiega il dott. Muehlberger, direttore della fi liale italiana del gruppo CSB-System SE — noi raccomandiamo di valutare quattro aspetti: la funzionalità, la facilità d’uso, l’integrazione e i costi». «È chiaro quale sistema sceglieremmo noi — continua Guido Girardelli, Manager Area Commerciale — essendo il CSB-System un ERP completo, integrato e specifi co per il settore alimentare; ma spieghiamo anche il perché, soffermandoci su questi quattro aspetti».

La pianifi cazione della produzione deve avvenire su diversi scenari temporali.

Il software integrato crea una base dati uniforme senza la necessità di dover gestire interfacce.

1. Funzionalità: di cosa ho effettivamente bisogno?

Non è un segreto: le soluzioni specifi che stand-alone spesso offrono maggiori funzionalità, anche più complete rispetto ad una soluzione integrata; scegliere un software integrato, invece, signifi ca avere a bordo delle funzionalità di cui non si ha proprio bisogno. In realtà, tale sovradimensionamento iniziale non fa male, ma ha poco senso dal punto di vista economico: non servono le catene da neve sulle ruote del pick-up durante l’estate californiana! Tuttavia, entrambi i software devono possedere alcuni requisiti importanti: • innanzitutto devono essere orientati al settore alimentare.

Ricette, distinte base, liste di taglio, allergeni, MHD, self-life, devono rientrare nella pianifi cazione. Determinanti sono anche un fl usso ottimale delle materie prime e una stretta integrazione tra produzione e acquisti, vendite, disco e magazzino, perché la parola chiave qui è: freschezza!; • le specifi che/ricette di produzione e le singole fasi di lavora-

zione devono essere perfettamente integrate nel processo di pianifi cazione senza soluzione di continuità. Tutto deve essere documentato in modo sicuro e tracciabile: l’acquisizione dei dati di produzione e il PPS devono quindi essere perfettamente coordinati tra loro; • è opportuno che i software offrano diversi orizzonti di pianifi cazione, ovvero scenari di

pianifi cazione a lungo, medio e

breve periodo. Solo così le risorse di produzione quali persone, macchine e materiali possono essere organizzate e monitorate in modo ottimale, anche in presenza di un’alta volatilità degli ordini e una grande varietà di prodotti.

* Valutazione: la soluzione specifi ca ha il vantaggio di offrire parecchie funzioni e funzionalità; la soluzione integrata si concentra sull’intero processo produttivo.

Entrambe guadagnano un punto ed è 1-1.

*

2. Utilizzabilità: i miei dipendenti saranno in grado di usare il software che ho scelto?

La verità è che l’utente può fare la differenza sull’effi cacia o meno di un software: se vuoi ottenere il massimo dal tuo software, devi renderne il suo utilizzo il più semplice possibile. A tal proposito, due punti parlano chiaramente a favore della soluzione integrata: • la gamma più elevata di funzionalità della soluzione specifi ca

Funzionalità, utilizzabilità, integrazione, sforzo e costi: il sistema integrato possiede uno o più vantaggi sulla soluzione specifi ca, anche la migliore della sua categoria? Parrebbe proprio di sì. L’analisi punto per punto

In alto: il CSB Rack consente il rilevamento automatico di peso e codice cassa. In basso: l’articolo scansionato confl uisce nel magazzino ed è pronto per il picking.

signifi ca automaticamente una maggior complessità nel funzionamento. Ciò porta a stress ed incertezza degli utenti, aumentando la possibilità di errori. Più bassa è la complessità, meglio i dipendenti la affrontano; • coloro che si affi dano ad una soluzione integrata si muovono all’interno di un software già familiare, di cui conoscono la logica e il tipo di interfaccia utente, anche quando pianifi cano la produzione. Questo rende più facile ottimizzarne l’uso nella gestione della routine lavorativa. * VALUTAZIONE: in questo contesto

vince chiaramente la soluzione integrata, con un vantaggio ora di 2-1.

3. Integrazione: come si inserisce il PPS che ho scelto nella mia struttura IT aziendale?

Col progredire della digitalizzazione, cresce anche il numero di interfacce che un’azienda è costretta a gestire; e le interfacce comportano manutenzione e aggiustamenti, che in un sistema integrato, però, ci vengono risparmiati. Il software integrato crea inoltre una base di dati uniforme, che non si potrà mai avere con una soluzione specifi ca. Anche se tutti i sottosistemi rilevanti sono perfettamente integrati e il fl usso di informazioni da e verso i diversi sistemi è garantito, se un’azienda ha molte interfacce, l’integrazione in tempo reale rimane di solito più un desiderio che una realtà.

Ciò che è trascurabile in aree come le risorse umane può diventare un vero problema nella pianifi cazione della produzione. Pensiamo ad esempio, alla necessità di raccogliere i dati provenienti da diversi stabilimenti per elaborarli e analizzarli in tempo reale.

L’integrazione gioca qui un ruolo molto importante: assicura che i dati siano aggiornati e permette di identifi care e intervenire sui problemi di pianifi cazione in una fase precoce. * VALUTAZIONE: nell’integrazione,

la soluzione integrata gioca la sua carta vincente ed il vantaggio ora è di 3:1.

4. Sforzo e costi: quanto mi costa?

La soluzione integrata ha già vinto, ma convince anche quando si parla di costi? Sì, assolutamente. I costi e lo sforzo per l’introduzione, l’ottimizzazione, la manutenzione e il funzionamento di una soluzione integrata sono sempre più bassi rispetto ad una specifi ca perché è meno costoso mantenere un sistema anziché diversi sistemi. Anche i costi per la formazione dei dipendenti sono inferiori. Tutti coloro a cui sia mai stato affi dato questo compito, conoscono le diffi coltà di rendere i software di fornitori diversi un’unione funzionante e di tenerli costantemente insieme. Un panorama IT

omogeneo è più della somma delle

sue parti. Ogni responsabile IT se ne rende improvvisamente conto al più tardi quando vi è da aggiornare il software!

* VALUTAZIONE: anche per quel che riguarda i costi, la soluzione specifi ca non può vincere. Punteggio fi nale: 4:1 per il sistema integrato.

L’integrazione batte il software specifi co

È un risultato chiaro, perché alla fi ne il sistema integrato ha la meglio sulla soluzione specifi ca, seppure la migliore della sua categoria. Un vantaggio che probabilmente aumenterà ancora di più nell’era dell’Industria 4.0. Per correttezza, tuttavia, va detto che il raffronto qui presentato riguarda esclusivamente il settore dell’industria alimentare. In altri contesti, il risultato non è probabilmente così chiaro.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER

CSB-System Srl

Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

CSB FACTORY ERP è il Factory software dell’anno per il 2020!

Il CSB ERP specifi co di settore per la gestione degli stabilimenti produttivi è stato premiato per la seconda volta come “Factory software dell’anno” nella categoria “Fabbrica digitale” durante il “Congresso digitale sul factory software”. Il gruppo di esperti del centro di applicazioni Industria 4.0, cattedra di informatica economica all’Università di Potsdam, che aveva già premiato CSB ERP nella categoria “Soluzioni complete” nel 2018, ha premiato nuovamente CSB FACTORY ERP come soluzione eccellente in grado di realizzare la fabbrica digitale. La giuria ha apprezzato in particolare il vantaggio concreto fornito ai clienti, il concetto di tracciabilità verticale e orizzontale e la comunicazione a tutto tondo con i clienti, attraverso più canali. CSB FACTORY ERP si interfaccia con l’ERP di gruppo e consente una gestione operativa ottimale degli impianti di produzione. Le interfacce standard garantiscono un’infrastruttura di sistema stabile, fl essibile e integrata tra ERP di gruppo e FACTORY ERP. Col Factory software, CSB ha colmato le lacune tra ERP di gruppo e MES. Pertanto CSB FACTORY ERP non supporta solo i processi classici della fabbrica digitale, come gestione costi e ricette, pianifi cazione delle vendite e della produzione o garanzia di rintracciabilità ma si assume anche l’organizzazione dei fl ussi delle informazioni tra stabilimenti, dipendenti, macchine, fornitori e clienti coinvolti nel processo. Da una parte CSB FACTORY ottimizza i processi all’interno della fabbrica, dall’altra garantisce l’integrazione verticale e orizzontale dei sistemi coinvolti e gestisce le interfacce verso i partner della supply chain a monte e a valle e verso gli altri stabilimenti aziendali. Con hardware specifi ci come il CSB Racks, CSB Vision (per il riconoscimento automatico delle immagini), CSB Sorter e soluzioni di automazione, CSB armonizza il fl usso di merci e di dati e consente la digitalizzazione dell’intera fabbrica. Grazie ad algoritmi di ottimizzazione delle ricette, della produzione o dei giri, le aziende possono elaborare in modo profi cuo i dati raccolti. «Siamo molto soddisfatti di aver ottenuto nuovamente questo riconoscimento» dicono alla CSB System SE. «È la dimostrazione che, assieme ai nostri clienti, stiamo proseguendo sulla strada verso la digitalizzazione, off rendo loro soluzioni già utilizzabili e consolidate nella pratica. Un ringraziamento particolare va perciò ai pionieri, innovatori e change maker della nostra azienda, ai nostri consulenti e programmatori che mettono la loro competenza ed esperienza al servizio del nostro software».

Nuova gamma di tritacarne denervatori LIMA per carni macinate di altissima qualità

LIMA ha presentato la nuova gamma di tritacarne denervatori della serie GD e GDM, che permette di separare le carni di pollo e tacchino con risultati del tutto analoghi alla carne macinata al tritacarne. Per la gamma GD LIMA ha sviluppato una testata di nuova generazione, che meccanicamente ed in automatico mantiene la pressione di separazione a livelli molto bassi, garantendo un’altissima qualità del prodotto fi nale ottenuto.

Le tipiche materie prime che si possono separare tritando e denervando con la serie LIMA GD e GDM sono i trimming di pollo e tacchino, anche in presenza delle forcelle, fusi, cosce e sottocosce disossate, resti di spolpatura e i tagli che vengono scartati dai sistemi di rilevazione a Raggi-X per parti estranee. Quindi carni con presenza

di schegge ossee, cartilagini, nervi, tessuti connettivi e altri parti dure

possono essere valorizzate con il sistema LIMA serie GD.

La nuova gamma di macinatori denervatori LIMA della serie GD e GDM permette di tritare e macinare carni di pollo e tacchino di alta qualità ad un livello inarrivabile per altre attrezzature che utilizzano la tecnologia tipica dei separatori per denervare carni precedentemente disossate, senza ovviamente la necessità di dover dichiarare il prodotto fi nito come Carne Separata Meccanicamente. Questa gamma è stata sviluppata specifi camente per i tagli di carne disossata di pollame, maiale e manzo. La carne che viene recuperata non è CSM, MSM o MDM (Carne Separata Meccanicamente, Mechanically Separated Meat o Mechanically Deboned Meat) ma vera carne macinata e denervata, che non rientra quindi nella stessa legislazione e normativa del MSM (MDM).

In questo segmento di mercato, altri macchinari separatori producono carni macinate e denervate, ma i vantaggi nell’utilizzo della tecnologia LIMA sono molti: • per le stesse applicazioni con

LIMA GD/GDM otteniamo rese estremamente superiori di carne macinata e denervata sino al 98%; • il sistema LIMA non necessita di alcun pretaglio o premacinatura: il separatore può essere alimentato con interi muscoli e parti anatomiche; • basse pressioni di esercizio durante il processo di separazione, con minimo innalzamento di temperatura della carne, inferiore ai 2 °C; • l’alimentazione delle materie prime nel tritacarne denervatore

LIMA GD/GDM è molto semplice e non richiede alcuna premacinazione della materia prima; • LIMA GD/GDM può essere fornito con una confi gurazione a fi ltro chiuso, il che signifi ca che la testa di separazione è chiusa in un supporto con un'uscita della carne collegata a una tubatura.

Tale tubatura può essere facilmente collegata ad una pompa per carne o ad una stazione di dosaggio automatica. La carne è quindi maggiormente protetta dai rischi di contaminazione da corpi estranei all'uscita del fi ltro, cosa impossibile con altri tipi di separatori;

• la regolazione della resa su LIMA

GD/GDM è estremamente facile, precisa ed affi dabile. I nostri clienti adorano la semplicità, la precisione e l'affi dabilità di utilizzo della testa di separazione

LIMA; • il tempo di montaggio, smontaggio e pulizia è molto più veloce su un LIMA GD/GDM rispetto ad altri separatori, con costi operativi molto bassi; • il design estremamente igienico; • lo spazio richiesto per l’installazione dei separatori e tritacarne denervatori LIMA è estremamente contenuto, permettendone l’uso anche in zone produttive ristrette; • i separatori LIMA riescono ad eliminare anche residui plastici come piccole parti di involucri.

La nuova serie di tritacarne denervatori LIMA GD e GDM è disponibile in un’ampia gamma di macchinari che partono da capacità produttive di circa 100 kg/ ora sino ad arrivare al modello più performante che può separare e tritare circa 8.000 kg/ora. Con LIMA possiamo fornire linee complete per alimentare in automatico i tritacarne denervatori, trasportare la carne macinata ad una stazione di dosaggio con bilance per riempire a peso fi sso cassette o cartoni con involucro plastico all’interno.

LAZZARI EQUIPMENT è disponibile ad organizzare prove e fornire dati di resa specifi ci per ogni tipo di carne che si intenda separare producendo carne macinata della massima qualità.

Lazzari Equipment & Packaging

Via Volta 12 C 37026 Settimo di Pescantina (VR) Telefono: 045 8350877 Fax: 045 8350872 E-mail: info@lazzariequipment.com Web: www.lazzariequipment.com

Rese per tipo di carne (pollo e tacchino) e relativo scarto con la gamma di tritacarne denervatori serie GD e GDM: esempi e particolari.

Hopeless Romantic, High Sunn

Ramen e Dream Pop

di Giovanni Papalato

In questa rubrica sono stati raccontati sempre album, mai EP. E fi no ad ora l’unico Ramen Bar in cui sono stato non serviva al tavolo. Quindi questo “Hopeless Romantic” a fi rma HIGH SUNN, che contiene tra i suoi sei brani anche Ramen Waitress, riesce a risultare inedito sotto più punti di vista.

Certo di ramen ne ho mangiati diversi, ma tutti sempre cucinati dalla mia compagna che ne è appassionata, con differenti tipi di brodo e tagli di carne.

Il ramen è composto da brodo, tare, noodles e i topping in

superfi cie. I brodi, a seconda degli ingredienti e dei tempi di cottura, assumono caratteristiche visive particolari oltre che di gusto. L’Assari è limpido ed è ottenuto da carne, pesce e/o verdure (che sono cotti per non troppo tempo e a fuoco basso) e nell’aspetto risulta simile al nostro brodo italiano. Denso e opaco è invece il Kotteri, che è quasi sempre il risultato di carne grassa oppure ricca di collagene bollita molto a lungo e a fuoco intenso. Il popolare ramen Tonkotsu, ad esempio, ha di base un brodo bianco e denso ricavato dalla cottura di ossa di maiale per circa 48 ore.

La parte liquida del ramen, oltre al brodo, ha in aggiunta degli ingredienti che ne determineranno la tipologia, il tare: ShioRamen dove il brodo è semplicemente salato, ShoyuRamen a base di salsa di soia e MisoRamen a base di miso, una pasta fermentata ricavata spesso da fagioli di soia ma anche altri ingredienti.

Ci sono ramen di maiale, di pollo, di manzo, di crostacei, come anche ramen un po’ più diffi cili da trovare ed apprezzare per l’Oc-

Il segreto del successo dei ramen? Certamente il fatto che questo semplice piatto si presta ad innumerevoli variazioni: praticamente ogni singolo componente può essere personalizzato. La sua diff usione in Giappone, come altre preparazioni di origine cinese, avviene negli anni ‘50, quando molti soldati giapponesi rientrano in patria dopo la guerra in Manciuria. Il picco arriva però nel 1958, quando Momofuku Andō, presidente della ditta Nissin, brevetta e introduce sul mercato i ramen istantanei. I tagliolini in brodo diventano in breve un’icona pop e iniziano a comparire un po’ ovunque, anime, manga, televisione, riviste, conquistando fama anche fuori dal Paese (fonte: Stefania Versaci, www.ohayo.it).

cidente, come quelli ottenuti da trippa o lingua. Gusti intensi, allegorie spericolate di passioni forti nell’adolescenza di un “romantico disperato, incorreggibile, senza speranza” come si defi nisce JUSTIN CHEROMIAH, diciottenne, nel 2017 quando la PNKSLM pubblica questo lavoro.

“Hopeless Romantic” arriva dopo sette album e altri due EP, usciti per nove etichette diverse, senza contare le autoproduzioni, a partire dal 2014, quando il giovane cantautore era appena quattordicenne. Davvero prolifi co e precoce, oltre che talentuoso, con questa raccolta di canzoni ha raggiunto livelli altissimi in termini di qualità. Un cambio netto di sonorità rispetto alla bassa fedeltà che aveva contraddistinto lavori come “Teardrop Party” e “Wishes”: sei canzoni che sono idealmente sei singoli, esempi perfetti di Dream Pop.

Parte del merito per tutto questo è da riconoscere a chi lo ha prodotto, quel DYLAN WALL già al lavoro con CRAFT SPELLS. La batteria che richiama PHIL SPECTOR e la chitarra Surf di “Joy Of Romance” sanno di sole e di mani fuori dai fi nestrini ad accarezzare l’aria mentre qualcuno guida e dalla radio escono canzoni come questa, dove una voce indolente come una domenica pomeriggio segue le curve dei riverberi: “Your taste is strong I want it all You’re so delightful I want a mouthful Call me a creep You’re all I eat Just the one for me My little treat”.

Chissà se “la cameriera del ramen” assomiglia almeno un po’ a quella in copertina, presa da un manga giapponese ritratta tra due strisce strappate di foto di Ikebana. Di certo ha ispirato una canzone dove le chitarre acide e divertite non si risparmiano a giocare con una ritmica tirata come uno skateboard in discesa sui saliscendi di San Francisco.

Il primo lato si chiude con “Holding Hands”, che sembra rallentare senza l’intenzione di fermarsi. Gli accordi iniziali che solitari e ripetuti sembrano una rincorsa, ma poi sono un rifi atare prima di entrare in un limbo di voci sfocate e rimandi 60s.

Girando lato del disco, si torna a chitarre pulite e scintillanti che puliscono e lasciano spazio ad una voce che non si nasconde dietro allegorie o ironia. In Tears, ad integrare questa consapevolezza si aggiungono i cori che aderiscono perfettamente alla struttura del pezzo, donandogli una personalità più complessa senza renderlo pesante.

I ramen sono protagonisti di fi lm, libri, documentari, mostre fotografi che, corsi di cucina, programmi televisivi e perfi no un museo. Se vi piace mangiarlo e cucinarlo o siete solamente curiosi non potete assolutamente perdere il fi lm-documentario del 2017 Ramen Heads: diretto dal giapponese KOKI SHIGENO è un vero e proprio atto d’amore verso questa pietanza in cui ormai si misurano anche i cuochi italiani. La pellicola ci rivela, passo dopo passo, i segreti dei migliori chef di questa “zuppa”, a partire da quel Tomita Osamu(in foto) considerato l’Imperatore indiscusso del Ramen. Sarà infatti proprio lui, eletto miglior chef di ramen del Giappone per tre anni consecutivi, ad accompagnarci all’interno del suo mondo, condividendo con noi il suo approccio ossessivo, maniacale, volto alle creazione del ramen perfetto. E questo attraverso la costante ricerca degli ingredienti migliori disponibili sul mercato. Per far capire quanto è grande la fama di Tomita Osamu va detto che il suo ristorante, il Tomita Ramen, che si trova nella città di Matsudo e ha solo undici posti, è un luogo di culto tra i più visitati in Giappone, tanto che ha dovuto sviluppare un sistema di biglietteria digitalizzato per fare la fi la. Oltre al Tomita, Ramen Heads mostra ovviamente anche altri cinque importanti ristoranti di ramen in Giappone, ognuno con una propria fi losofi a e sapore, esemplifi cando i vari aspetti del mondo e delle caratteristiche del piatto (fonte: Francesco Gallo, ANSA).

Attitudine che prosegue in armonia con Polaroids, brano più lungo dell’EP assieme a quello in apertura, dove si gioca a rimpiattino tra rumore e melodia in misura ancora più importante.

Si sente forte l’infl uenza, soprattutto in questo brano, dei BEACH FOSSILS di “Clash The Truth”, un disco molto intenso e, almeno a giudicare da questo EP, di riferimento per certe scene indipendenti anche dalla costa opposta.

La conclusiva “Good Evening” spinge su un rincorrersi forsennato di liriche e battute, in un sovrapporsi di voci e strumenti che non gira a vuoto e rafforza l’identità del prodotto.

Dischi così ne escono tanti, ma non ne escono tanti così. Mi spiego meglio: sono anni che tra pubblicazioni digitali e supporti analogici, è estremamente diffi cile poter seguire tutto anche limitandosi nell’ambito di un solo genere o di una scena musicale.

È tutto molto dispersivo, le sollecitazioni sono continue e molti si affi dano a piattaforme on-line che ti indirizzano ad ascolti effi meri “capendo i tuoi gusti”. Così molti album sfuggono all’algoritmo e si perdono tra altri.

È un discorso che si può e si dovrebbe ampliare ad altri ambiti.

Scegliere sulla base di criteri diversi da un approccio commerciale, sapere la storia di un prodotto, che sia sul banco di una macelleria o tra gli scaffali di un negozio di

dischi.

Questa rubrica sposa questa etica, cercando di essere parte di un processo virtuoso. Come quello che ha portato alla pubblicazione di “Hopeless Romantic”. Nasce da passioni, rifi uti, frustrazioni e sogni di un teenager di San Francisco, è uscito per un’etichetta svedese, ma diretta da un mancuniano: una rete che unisce realtà indipendenti ed eterogenee. Un peccato farselo sfuggire.

Giovanni Papalato

Nota

A pagina 130, photo © Lucio Pellacani.

Dati Anas: classifi cazione carcasse suine 2020

Photo © Art by Pixel – stock.adobe.com

(*) Media ponderata dei pesi medi settimanali. I dati sono suscettibili di aggiornamenti. Elaborazione su dati del MIPAAF.

VALENTINA RAFFAELLI E LUCA BOSCARDIN (a cura di)

Scarti d’Italia – Italian Scraps Da Nord a Sud, un’avventura culinaria dove non si butta via niente

Illustrazioni: Luca Boscardin Edizioni: Corraini, 2020 288 pp. – € 38,00 corraini.com

MICHEL PASTOUREAU

Il toro Una storia culturale

Edizioni: Ponte alle Grazie, 2020 166 pp. – € 20,00 www.ponteallegrazie.it

ROBERTO BORTOLOTTI

I tagli delle carni Bovini, suini, ovini e animali da cortile

Edizioni: Hoepli, 2018 138 pp. – € 26,50 www.hoepli.it

Un viaggio in Italia a bordo di un furgone blu trasformato in casa mobile, fi lo conduttore la cucina del quinto quarto: milza, fegato, lampredotto, piedini di maiale, interiora da cucinare con ricette tradizionali come la trippa alla romana o la coratella brodettata. In dieci mesi on the road, VALENTINA RAFFAELLI e LUCA BOSCARDIN hanno esplorato il Paese alla ricerca delle tradizioni gastronomiche legate alle frattaglie e lo raccontano attraverso disegni, fotografi e e ricette regionali. Hanno incontrato cuochi, ristoratori e allevatori, hanno assaggiato e cucinato, dedicandosi a quelle parti che qualcuno potrebbe defi nire “di scarto” e rifl ettendo sul ruolo che può avere la tradizione nel discorso attuale sulla sostenibilità.

Libro di cucina atipico, Scarti d’Italia è una ricerca su quello che mangiamo e quello che sprechiamo, un’avventura culinaria dove non si butta via niente. E anche un sito web: scartiditalia.com

MICHAEL PASTOUREAU, francese, è direttore della École pratique e titolare della cattedra di Storia del simbolismo in Occidente. Avvalendosi di una ricca iconografi a, ampiamente commentata, nel suo nuovo libro Pastoureau ci racconta la storia del toro nella cultura europea senza dimenticare la vacca, il bue e il vitello. Un animale che, dalle grotte di Lascaux a Picasso, passando per la ceramica greca, il mosaico romano, la miniatura medioevale, l’incisione rinascimentale e la pittura moderna e contemporanea, è sempre stato una star dell’arte europea.

ROBERTO BORTOLOTTI vanta una pluriennale esperienza nel settore delle carni e della fi liera agroalimentare. I tagli delle carni è un manuale che volge uno sguardo a tutto tondo sulla moderna fi liera della macellazione, dall’allevamento al trasporto del bestiame, dalle caratteristiche nutrizionali delle carni alle diverse razze di animali, dai tagli alla varietà delle denominazioni, dall’imballaggio allo smaltimento. Una presentazione completa del lungo e laborioso processo che si cela dietro il prodotto fi nito. La prefazione è

fi rmata dal PROF. GIOVANNI BALLARINI.

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