Eurocarni 4-2022

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVII N. 4 • Aprile 2022

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Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23/10/1985 – ISSN 0394-2910 Iscritta nel ROC – Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 11256 del 14/6/2005 Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Stampa

Ufficio stampa e Media Partner

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (UNICARVE) – Gianni Mozzoni (LEGACOOP) – Manrico Murzi – François Tomei (ASSOCARNI) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata Euro Annuario Carne

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Eurocarni, 4/22

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2022 Copia cartacea: € 95,00

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FEASR Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 Sottomisura 3.2


EUROCARNI

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La prima rivista veramente europea

A pagina 88. In questo numero:

La carne nel mondo

Germania

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Agenda

Barcellona, Spagna – Bologna – Colonia, Germania

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Immagini

Luxury beef

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Naturalmente carnivoro

Giuseppe Romeo, Carnivore Essence

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Tendenze

Autentica: Dolce&Gabbana rende omaggio alle Botteghe storiche di Milano come la Macelleria Pellegrini

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La frase del mese

COW IS VEG

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Attualità

A Fieragricola Verona la PAC guarda al futuro: garantire cibo di qualità e pensare all’indipendenza energetica

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Con ASSOCARNI e Coldiretti si discute la nuova PAC 2023-2027

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Farm to Fork: troppi paradossi e danni agli allevatori

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Il futuro è nei pascoli, non in laboratorio

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Beppe Romeo: it’s Steak o’clock!

Gaia Borghi

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Anteprima Cibus

Cibus: l’agroalimentare affronta l’emergenza internazionale

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Aziende

Carne maturata e territorialità, il segreto di Casa Caldarelli

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Menù porta il sushi in macelleria

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Info alle imprese

Contributi a fondo perduto

70

Trend

La macelleria si fa boutique gourmet

Elena Benedetti

Indagini

XIX Rapporto Ismea-Qualivita, DOP e IGP nell’anno della pandemia

Sebastiano Corona 84

Mercati

European Union Agricultural Outlook: prospettive 2021-31

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Gare carnivore

L’Italia si prepara al World Butchers’ Challenge 2022

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Macellerie d’Italia

I Macellai Vicenza, lo spirito identitario e la competenza della macelleria berica

Gian Omar Bison 102

Stefano Puliani, scultore della carne in Val Vigezzo

Riicardo Lagorio

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVII N. 4 • Aprile 2022

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A pagina 96. In copertina: costine di agnello irlandese sulle tavole pasquali.

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La carne in tavola

I 5 errori da evitare quando si cucina l’agnello

108

Cuocere la carne sulla pietra ollare

Nunzia Manicardi

110

Prodotti tipici

Zerarìa, quel sapore antico della Liguria d’inverno

Roberto Villa

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Ristoranti carnivori

Dry Aged: LIFE IS BEAUTIFUL

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Filiera carni

Carne bovina di qualità europea

Josette Baverez Blanco 120

La Qualità

De la dehesa a la mesa

Riccardo Lagorio

122

Buona carne non mente

Agricole Forte: il benessere si tinge di verde

Elisa Guizzo

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A pagina 122.

A pagina 130.

A pagina 108.

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A pagina 152.

A pagina 140. A pagina 126. Zootecnia

Lo spettro della Peste Suina sugli allevamenti italiani

Sebastiano Corona 130

Meno metano dai ruminanti con un additivo

Roberto Villa

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Packaging

Tradizione e innovazione. Non sono concetti opposti, anzi…

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Tecnologie

CSB-System ad IFFA

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I porzionatori a peso fisso Marelec per braciole di suino in osso e coppa

142

VN Food Processing Equipment, la storia, i successi aziendali e la nuova SM7000 Plus

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A IFFA 2022 PROVISUR® Technologies presenta i nuovi prodotti nella lavorazione industriale degli alimenti

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Fiere

Torna B/OPEN, il 13 e 14 ottobre 2022

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Sono 180 grammi, lascio?

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Libri

Esiste il cibo perfetto?

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LA CARNE NEL MONDO

Germania Ulteriore calo della produzione di carne nel 2021: secondo i risultati preliminari dell’Ufficio Federale di Statistica (DESTATIS), i macelli in Germania hanno prodotto 7,6 milioni di tonnellate di carne nel 2021, corrispondente al 2,4% in meno rispetto all’anno precedente. Pertanto, la produzione di carne continua con una tendenza al ribasso dal 2017. Nel 2021 nei macelli tedeschi sono stati macellati in totale 56,2 milioni di suini, bovini, ovini, caprini e cavalli e 668,7 milioni di polli, tacchini e anatre. Per quanto riguarda i suini, nel 2021 in Germania sono stati macellati 51,8 milioni di capi, il che rappresenta una riduzione del 2,9% rispetto all’anno precedente. Il numero di suini domestici macellati è sceso dello 0,8% a 50,6 milioni di animali. Il numero di suini macellati importati negli allevamenti tedeschi è diminuito del 49% a 1,2 milioni di animali. La produzione totale di carne suina ha raggiunto quasi 5 milioni di tonnellate, il 2,9% in meno rispetto al 2020. In questo modo la produzione di carne suina si riduce per il quinto anno consecutivo: –11% rispetto al volume del 2016 (fonti: destatis.de – 3tre3.it).

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Opperaa dei foornittorri di carrne bellga Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio?

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AGENDA Barcellona, E Aprile inizia subito con un appuntamento da non mancare! Da lunedì 4 a giovedì 7 aprile a Barcellona prenderà vita Alimentaria, finalmente in presenza dopo la pausa forzata causata dalla pandemia. L’edizione 2022 si preannuncia ricca di novità e contenuti, con l’abbinamento a Hostelco, salone dedicato all’HO.RE.CA. Le due fiere insieme offriranno una piattaforma internazionale completa e trasversale. In qualità di fiera leader, ad ogni appuntamento Alimentaria anticipa le tendenze e offre opportunità di business. Articolata in dieci multi sotto-saloni che andranno a popolare i tanti padiglioni della Gran Via (Intercarn, Grocery Foods, Alimentaria Trends, Interlact, Expoconser, Restaurama, International Pavilions, Lands of Spain, Mediterranean Foods e Snack, Biscuits and Confectionery), Alimentaria ospiterà al suo interno anche eventi incentrati su gastronomia, innovazione e tendenze di settore con The Alimentaria Hub, The Experience e Innoval 2022. Per gli operatori della filiera delle proteine animali Intercarn, il salone tematico dedicato alle carni e ai prodotti di salumeria, sarà sicuramente protagonista all’interno di Alimentaria 2022, sia per numero di aziende espositrici (oltre 500), che per i visitatori che metteranno in agenda la trasferta in fiera (photo © instagram.com/alimentariabcn). www.alimentaria-bcn.com

Bologna Dopo l’annullamento dell’edizione in presenza del 2021 a causa dell’emergenza sanitaria, edizione sostituita dall’evento digitale Marca Digital Session, che ha consento alla business community di mantenere attivi i contatti commerciali (oltre 9.000 presenze, 30% estere, e 175 buyer di importanti insegne estere), MarcabyBolognaFiere si ripresenta finalmente il 12 e 13 aprile nel suo format classico con un layout rinnovato. Saranno cinque i padiglioni coinvolti dal layout espositivo — 25, 26, 28, 29, 30 — con una tipologia merceologica suddivisa tra food e non-food e una parte riservata alle sezioni specializzate (Marca Tech e Marca Fresh), per un evento che concentra l’attenzione dell’intera business community della MDD, di cui fanno parte anche 18 grandi insegne della DMO che costituiscono il comitato tecnico-scientifico della manifestazione, coinvolto nella definizione dello sviluppo strategico dell’evento. Sul profilo internazionale è stata rinnovata la consolidata partnership con ICE-Agenzia, che porta ogni anno a Bologna delegazioni di operatori, coinvolgendo category manager e buyer delle principali catene internazionali per promuovere l’incontro tra aziende espositrici, top retailer e importatori provenienti dall’estero. MarcabyBolognaFiere 2022 rilancia, inoltre, l’offerta di momenti di formazione e informazione che daranno vita ad un ricco calendario di convegni, dibattiti, seminari e focus sulle principali tendenze espresse dal modern trade nel settore MDD (photo © Fresh Plaza). www.marca.bolognafiere.it

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PROGETTAZIONE E FORNITURA IMPIANTI E MACCHINARI PER INDUSTRIE ALIMENTARI

Colonia, D Dal 26 al 29 aprile Colonia ospiterà Anuga FoodTec 2022, la piattaforma più importante al mondo per le tecnologie del Food & Beverage che, con cadenza triennale (Covid permettendo!), chiama a raccolta oltre 50.000 visitatori professionali provenienti da 154 Paesi e circa 1.700 espositori (questi i numeri dell’edizione record del 2018 registrati da Koelnmesse). Anuga FoodTec è articolata in otto merceologie di prodotto: i buyer potranno trovare l’intera filiera della produzione e del confezionamento alimentare tra Food Processing, Food Packaging, Digitalizzazione, Automazione, Intralogistica, Sicurezza e Analytics, Ambiente ed Energia, Scienza e Pioneering (in foto, stand MULTIVAC; photo © Koelnmesse). www.anugafoodtec.com

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IMMAGINI

La carne declinata in un contesto luxury ma sempre preservando qualità e filosofia del zero spreco? Nell’articolo dedicato alle macellerie che si trasformano in boutique gourmet — e che potete leggere a pagina 72 — non potevamo non parlare di Carna, la steakhouse che il nostro amico Dario Cecchini ha inaugurato lo scorso giugno a Dubai, al 74o piano del nuovo SLS Dubai Hotel & Residences nella Business Bay (photo © instagram.com/carnadubai).

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NATURALMENTE CARNIVORO

“Carnivore Essence” ovvero “Essenza Carnivora”: è questo in sintesi lo spirito che anima il seguitissimo profilo Instagram @bepperomeoo e nel quale il suo autore, Giuseppe Romeo, condivide la sua passione per la “bistecca”, la brace e le cotture primordiali. Si può forse essere più “Naturalmente carnivoro” di così?! La sua intervista la trovate a pagina 46 (photo © www.instagram.com/bepperomeoo).

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TENDENZE Autentica: Dolce&Gabbana rende omaggio alle Botteghe storiche di Milano come la Macelleria Pellegrini

Il brand Dolce&Gabbana rende omaggio alla città di Milano con uno speciale tributo alle sue botteghe storiche: “Luoghi familiari, intrisi di amore incondizionato per il proprio lavoro, che rappresentano un patrimonio sociale inestimabile da custodire e proteggere”. Il progetto si chiama Autentica e riguarda dodici botteghe di quartiere: l’obiettivo è quello di celebrare gli artigiani locali e le attività che ancora resistono nonostante i momenti difficili, con l’obiettivo di supportarle e valorizzarle. Un’iniziativa che è una dichiarazione d’amore per l’artigianalità e le cose belle, espressa anche in un Manifesto creato per l’occasione e che, attraverso le nove lettere di “Autentica”, ne racconta tutti i valori e i principi cardine. Inoltre, dal 22 al 28 febbraio scorso, in occasione della Milano Fashion Week, queste realtà si sono vestite di una creatività esclusiva, sviluppata in collaborazione con Burro Studio. Una delle botteghe prescelte è molto nota a noi e a nostri lettori: si tratta infatti della Macelleria Pellegrini – Dal 1949, nata in Via Lazzaro Spallanzani dalla volontà di Vittorio e Milena Pellegrini, che oggi la gestisce insieme al figlio Giorgio (photo © world.dolcegabbana.com). Qui trovate la loro intervista: www.youtube.com/watch?v=a9j1NGUTSvY

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LA FRASE DEL MESE

COW IS VEG: questo il pay-off del video realizzato da ASSOCARNI e Coldiretti che spiega in modo semplice e immediato che le emissioni di metano no, non sono tutte uguali (si veda l’articolo dedicato a pag. 32). Quelle prodotte dai bovini sono molto diverse da quelle emesse, ad esempio, dalle automobili. Le prime per decomporsi richiedono 10 anni, mentre la CO2 che deriva dai combustibili fossili permane nell’atmosfera potenzialmente per mille anni. E perché? Il metano proveniente da bovini e altri ruminanti appartiene ad un ciclo naturale detto “biogenico”. Le piante di cui si nutrono i bovini catturano l’anidride carbonica CO2 dall’aria attraverso la fotosintesi e producono carboidrati, principalmente fibra e cellulosa, rilasciando ossigeno. I bovini ingeriscono la cellulosa della pianta contenente molecole di carbonio e durante la ruminazione una piccola parte di queste si trasforma in metano ed è rilasciato nell’aria prevalentemente attraverso l’alito. In circa 10 anni il metano viene scomposto in CO2 e acqua: un bovino non aggiunge nuovo carbonio in atmosfera perché l’emissione è costituita proprio da quella molecola di carbonio che la pianta aveva assorbito dall’aria. È un vero e proprio ciclo, il ciclo biogenico

www.youtube.com/watch?v=5ucitPDn4e4

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PADIGLIONE 03 STAND 056


ATTUALITÀ

Alla Gran Guardia il Summit internazionale sui primi 60 anni della Politica Agricola Comune

A Fieragricola Verona la PAC guarda al futuro: garantire cibo di qualità e pensare all’indipendenza energetica

S

empre più sostenibile, attenta all’ambiente e al benessere animale, perfettibile, ma orientata a tutelare il reddito degli agricoltori, garantire la sicurezza alimentare e la qualità delle produzioni, affrontare le sfide climatiche

e accompagnare l’innovazione e la tecnologia. La Politica Agricola Comune taglia il traguardo dei primi 60 anni di vita e dalla Gran Guardia di Verona guarda al 2050, in occasione della 115a edizione di Fieragricola (Veronafiere, 2-5 marzo), rassegna

internazionale dell’agricoltura con oltre 520 espositori da 11 Paesi, delegazioni da 29 Paesi e un’offerta trasversale dedicata a meccanica agricola, zootecnia, energie rinnovabili, vigneto e frutteto, servizi. Ad inaugurare la manifestazione, il

Il messaggio della presidentessa del Parlamento europeo, Roberta Metsola (photo © Ennevifoto).

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Summit internazionale “Sessant’anni di Politica Agricola Comune: quali sfide per la PAC? La vision al 2050”. Una giornata di riflessione dedicata alla prima politica di aggregazione dell’Europa unita, in vista della riforma che entrerà in vigore a partire dal prossimo gennaio. Nella sessione del mattino, moderata dal direttore del TG2, G ENNARO S ANGIULIANO , si sono confrontati istituzioni e big player della meccanica, della zootecnia, delle agro-energie e della chimica. Oltre al messaggio della presidente del Parlamento europeo, ROBERTA METSOLA, sono intervenuti: MAURIZIO DANESE, presidente di Veronafiere; FEDERICO SBOARINA, sindaco di Verona; STEFANO PATUANELLI, ministro delle Politiche agricole; HERBERT DORFMANN, deputato del Parlamento europeo; PAOLO DE CASTRO, deputato del Parlamento europeo; MACIEJ GOLUBIEWSKI, capo di gabinetto della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale della UE; PEKKA PESONEN, segretario generale COPA-COGECA; LUIGI SCORDAMAGLIA, CEO Inalca/ Filiera Italia; MANUEL SCALZOTTO, presidente della provincia di Verona; FEDERICO CANER, assessore all’Agricoltura della Regione Veneto. Rafforzare le radici agricole europee come simbolo di unione, pace e dialogo «Grazie alla PAC abbiamo sostenuto la crescita agricola e alimentare dell’Europa — ha detto Maurizio Danese in apertura del Summit — che è stata indubitabilmente una delle chiavi di volta per costruire la crescita economica e sociale dell’Unione, rafforzando le radici culturali comuni e costruendo una moneta unica per molti Stati Membri. Se vogliamo un’Europa più forte, sono convinto che si debba puntare a rafforzare le radici agricole, tenendo presente le necessità del nostro tempo e di un tempo futuro: garantire una produzione di cibo crescente, aumentare le rese in campo e la competitività delle imprese agricole e delle catene di approvvigionamento, contrastare i cambiamenti climatici, tutelare

Eurocarni, 4/22

Paolo De Castro (photo © Ennevifoto). l’ambiente, la biodiversità e il paesaggio, sostenere il ricambio generazionale, sviluppare aree rurali dinamiche, proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute, tutti obiettivi che la riforma della PAC che entrerà in vigore dal prossimo gennaio ha in agenda. Dobbiamo su queste premesse guardare avanti, consapevoli che non esiste una Politica Agricola Comune perfetta per tutti e per sempre, ma ritengo sia impegno delle istituzioni, del mondo agricolo, della scienza e anche di una manifestazione storica e riconosciuta come Fieragricola, che molto ha dato all’agricoltura, cercare di favorire il dialogo, l’innovazione, la crescita e contribuire agli scambi non soltanto commerciali, ma anche culturali. Perché è responsabilità di tutti noi coltivare la crescita e la pace, per la tutela degli oltre 510 milioni di europei che vivono entro i confini dell’Unione Europea». «Con le politiche agricole comunitarie l’Europa ha dato prova di saper progettare grandi azioni comuni agli Stati Membri per fronteggiare le sfide globali, che nel settore agricolo sono state importanti sia per l’Italia sia per Verona» ha proseguito il sindaco della città Federico Sboarina. «Agricoltura non è solo attività d’impresa ma anche tradizioni locali e cultura. Oggi celebriamo tutto questo men-

tre abbiamo intorno un contesto drammatico come quello della tragica invasione dell’Ucraina, un fatto inaccettabile in cui però l’Europa ancora una volta ha reagito in maniera comune. Le nostre generazioni sono cresciute senza conoscere la guerra, ma non deve restare un nostro privilegio deve essere una garanzia per tutti i popoli. Questa inaugurazione di Fieragricola è dunque centrale per ribadire questo valore, che sia PAC ma anche Pace e dialogo». «Stavamo uscendo dalla pandemia e ora stiamo precipitando in un conflitto dai confini incerti e con prospettive non facili da prevedere» ha dichiarato il ministro Stefano Patuanelli. «Nonostante la non positività del momento, l’agricoltura gioca un ruolo strategico; non a caso la PAC è stata elemento di unione dell’Europa fin dalla sua fondazione. Siamo davanti a una grande sfida che deriva dall’opportunità di rinnovamento delle filiere produttive, in particolare dell’agroalimentare. L’innovazione è il cavallo attraverso il quale cavalcare le praterie dell’agricoltura per i prossimi 40 anni. Solo attraverso l’innovazione potremo produrre cibo, garantire sicurezza alimentare a tutte le popolazioni europee nel rispetto dell’ambiente, riducendo gli sprechi energetici e il consumo

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Luigi Scordamaglia (photo © Imagoeconomica). di fonti non rinnovabili. In questo contest, la PAC è uno strumento fondamentale, che deve essere aggiornato costantemente per garantire competitività all’agricoltura. L’altro tema, oltre all’innovazione, è quello dell’energia, che nel settore agricolo può diventare un reddito aggiuntivo per gli imprenditori. Su questo il PNRR prevede ingenti risorse: 1,5 miliardi di euro per l’agrisolare e 1,1 miliardi di euro per l’agrivoltaico». 60 anni di PAC, 60 anni di Unione Europea «60 anni di PAC non sono solo 60 anni di politica agricola, ma sono 60 anni di Unione Europea, con il ruolo fondamentale di garantire la sicurezza alimentare in un momento in cui ancora si soffriva la fame nel continente» ha commentato il deputato Herbert Dorfmann. «Le sfide del futuro saranno quelle della sostenibilità e dell’intensività oltre che quella di garantire redditività agli agricoltori, perché senza un’adeguata remunerazione non potremo assicurare quel ricambio generazionale che è necessario per rafforzare il settore primario. Abbiamo un grande problema sulla distribuzione del valore; se penso al mio territorio (l’Alto Adige, NdR), e guardo a quanto vengono pagate le mele, che rappresentano circa il 50% della produzione nazionale di mele biologiche in Italia,

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noto che c’è un fallimento di mercato della catena alimentare, se le mele costano 1 €/kg e poi vengono vendute a Bruxelles a 2,99 €/kg». «Oggi celebriamo i primi 60 anni della Politica agricola che ha fatto l’Europa, con un contributo a unire quei 10 milioni di agricoltori, che è stato un passaggio cruciale per il nostro continente per assicurare innanzitutto la produzione agricola e la tutela del reddito degli agricoltori, per poi evolversi verso nuove esigenze e nuove sensibilità che oggi sono di tipo ambientale, sociale, di benessere animale» ha proseguito Paolo De Castro. «La nuova PAC, che entrerà in vigore dal 1o gennaio 2023, rappresenta una sintesi della dimensione ambientale, economica e sociale, anche con una maggiore responsabilizzazione degli Stati Membri attraverso il Piano strategico nazionale. L’Italia può contare su un’agricoltura che per molti aspetti è più avanti rispetto al resto dell’Europa per qualità, specificità, valore aggiunto, per indicazioni geografiche, ma anche per il minore impatto della chimica e per l’agricoltura biologica che è fra le più dinamiche del continente. Abbiamo una sfida davanti: cercare di riannodare i fili nel rapporto con la società. L’agricoltura deve essere considerata di più protagonista delle grandi sfide, perché ha i numeri e la forza per dare risposte. Anche

dal punto di vista energetico, con la crisi ucraina che ha messo in luce la fragilità dell’Europa e in particolare dell’Italia su questo fronte, ritengo che l’agricoltura possa ancora una volta giocare un ruolo straordinario per applicare le tecnologie ed renderci autosufficienti dal punto di vista energetico». «È grazie agli agricoltori se attualmente abbiamo raggiunto la sicurezza alimentare ed è importante riconoscere il valore degli agricoltori e il ruolo centrale della Politica agricola comune» ha detto il capo di gabinetto della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale della UE Maciej Golubiewski. «Oggi ci troviamo di fronte nuove sfide, come quella legata ai cambiamenti climatici, ma come ha ricordato la presidentessa del Parlamento europeo, Roberta Metsola, la parte più significativa è la resilienza, per rendere le aziende agricole più resistenti alla crisi. In questo contesto, diventare più sostenibili automaticamente ci rende anche più resilienti, perché dobbiamo coltivare in maniera responsabile la nuova PAC, che entrerà in vigore con il prossimo anno, aiutando a prestare attenzione ai mercati locali e a focalizzarsi sull’agricoltura dei nostri Paesi, per avere allo stesso tempo produttività e qualità, senza rinunciare alla sostenibilità. L’Italia in questo ha grandi opportunità, perché è responsabile del 18% del valore aggiunto dell’agricoltura europea». «Dobbiamo guardare avanti e dobbiamo investire a livello europeo in infrastrutture che rendono disponibili le informazioni agli agricoltori» ha detto Pekka Pesonen, segretario generale COPA-COGECA. «Dobbiamo ribadire l’importanza della transizione ecologica e modificare il modo di pensare, tenendo però sempre presente la transizione sociale ed economica, riconoscendo il ruolo delle produzioni locali di qualità e dell’agricoltura a conduzione familiare, che è un modello dinamico e non immutabile nel tempo. Solo coniugando la transizione ecologica e la transizione economica e sociale potremo garantire un futuro ai giovani in agricoltura».

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Gli spazi di Veronafiere che hanno ospitato Fieragricola (photo © Ennevifoto). «La crisi Ucraina-Russia ci ha presentato il nostro Paese nudo, completamente sprovvisto di una politica energetica, perché negli ultimi 20 anni abbiamo sistematicamente creduto che bastasse non trivellare, non aprire le TAP, non aprire i gasdotti, non fare i rigassificatori e affidarsi completamente a

un approvvigionamento esterno di energia. Risultato: siamo totalmente dipendenti dall’estero e scopriamo che non è così facile cambiare» ha concluso Luigi Scordamaglia. «La stessa cosa sta accadendo per la produzione agroalimentare. Oggi vediamo che quell’area di mondo che controlla un terzo della

produzione di grano, il 20% del mais e l’80% dell’olio di girasole mette in crisi il sistema di food security globale, fa aumentare i prezzi che esplodono anche a casa nostra dove abbiamo trascurato il concetto di sicurezza e sovranità alimentare. Nell’agroalimentare non possiamo fare lo stesso errore che abbiamo fatto con la Russia sull’energia. La PAC è stato uno strumento fondamentale e lo sarà ancora di più in futuro; l’aver messo la filiera al centro della Politica Agricola Comune è fondamentale. Nel PNRR abbiamo 1,2 miliardi di euro per le filiere e 1,92 miliardi di euro per il biogas, che è la vera risposta per l’austerity dei Paesi. Ma non è sufficiente se poi il 91% dei programmi di investimento di biogas presentati nel 2017 sono fermi in attesa di autorizzazioni. La burocrazia può vanificare tutto».

>> Link: www.fieragricola.it

Frascarelli (Ismea) al convegno sulla PAC di OICB e ASSALZOO OICB, in collaborazione con ASSALZOO, ha partecipato alla 115a edizione di Fieragricola organizzando il convegno “La bovinicoltura nella nuova PAC”. Un’occasione per fare il punto sulle importanti novità introdotte nella gestione della PAC 2023-2027 e per rilanciare l’impegno dell’organizzazione per la tutela del settore bovino. Il presidente di Ismea, Angelo Frascarelli, è intervenuto illustrando le novità previste nella PAC 2023/2027 e come questa inciderà sugli aiuti futuri per l’allevamento del bovino da carne. Per mantenere un adeguato sostegno — è emerso dall’incontro — gli allevatori dovranno impegnarsi ad attuare principalmente misure legate alla riduzione dell’utilizzo dei farmaci e al benessere animale previsti dal Piano strategico italiano. Sul tema della riduzione del farmaco è intervenuto il prof. Matteo Gianesella dell’Università degli Studi di Padova, che ha documentato il lavoro svolto dagli allevatori, evidenziando, attraverso i dati del rapporto ESVAC (European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption) dell’EMA, una riduzione del consumo dell’antibiotico veterinario del 51% in Italia negli ultimi dieci anni. Riduzione indicata anche dal terzo rapporto inter-agenzia EMA, ECDC, EFSA che pone in paragone il consumo in umana e in veterinaria. Conclude il presidente di OICB Matteo Boso: «Gli obiettivi dell’imminente PAC sono ambiziosi e in parte condivisibili, ma le misure non sono sufficienti né adeguate ad assicurare la sostenibilità economica delle aziende, imprescindibile a garantire la sostenibilità ambientale e incrementare i livelli produttivi nazionali, che allo stato attuale prevedono un’autosufficienza solo del 50%. È necessario — continua Boso — puntare su ricerca, tecnologia e innovazione affinché si possa garantire competitività alle aziende italiane. È ora che si acquisisca una maggiore consapevolezza del ruolo degli allevatori su questo pianeta». L’Organizzazione Italiana della Carne Bovina, in fase di riconoscimento, nasce dalla partecipazione di 7 grandi Organizzazioni che rappresentano l’intera filiera delle carni bovine che vanno dall’allevamento (CIA, COPAGRI, CONFAGRICOLTURA), alla trasformazione (UNICEB, ASSOGRASSI), alla distribuzione (FIESA-CONFESERCENTI) e che vede tra i soci fondatori anche ASSALZOO, per difendere e sostenere in modo inclusivo l’intero settore delle carni bovine in Italia ed all’estero.

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Con ASSOCARNI e Coldiretti si discute la nuova PAC 2023-2027 Al centro di una tavola rotonda l’analisi degli scenari futuri per il settore zootecnico. L’evento è stato organizzato col contributo di MSD Animal Health. Presentato anche la campagna COW IS VEG, realizzata per sfatare le fake news e spiegare in modo comprensibile perché sia falso attribuire alle nostre specie di animali da reddito l’emissione di CO2

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l modello di allevamento italiano è fatto di equilibrio in termini di benessere animale, sostenibilità ambientale, economia circolare e presidio ambientale e, malgrado ciò, è uno dei settori maggiormente penalizzati da un approccio ideologico che non ha nulla a che fare con la realtà, con i numeri, con i dati di un comparto che opera nel nostro Paese con un modello fortemente distintivo e che oggi vogliamo rivendicare con orgoglio. Bisogna sostenere chi ogni giorno vive in campagna con gli animali, i pastori, chi alleva vacche nutrici anche per favorire un passaggio generazionale che potrà avvenire solo se questo lavoro non semplice verrà adeguatamente remunerato, non solo quando manca il prodotto, ma sempre». Così LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente di ASSOCARNI, è intervenuto alla tavola rotonda “La nuova PAC 2023-2027 – Scenari futuri per il settore zootecnico”. L’evento, organizzato da ASSOCARNI e COLDIRETTI, con il contributo non condizionato di MSD Animal Health, è stato realizzato dopo che il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha presentato a Bruxelles il Piano Strategico Nazionale (PSN) per l’attuazione della PAC 20232027, che mette in campo una

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strategia unitaria del nostro Paese su pagamenti diretti, organizzazioni comuni di mercato, sviluppo rurale, PNRR e che ha coraggiosamente messo al centro la zootecnia ovvero il settore maggiormente falcidiato dalla riforma della PAC. Al termine della sua introduzione, Scordamaglia ha ringraziato il Ministro Patuanelli ed il dott. Blasi per aver compreso che sostenere la zootecnia vuol dire sostenere il Paese e sottolineato come il peggior nemico della transizione verde alla base della futura PAC sia l’ideologia e, per sfatare una delle tante fake news, ha mostrato un video che in maniera molto chiara dimostra come il settore zootecnico sia ingiustamente accusato di rappresentare un problema per il clima, allorquando è al contrario un esempio di economia circolare e presidio

ambientale (video disponibile sul canale youtube di ASSOCARNI al link: youtu.be/5ucitPDn4e4). Alla tavola rotonda sono intervenuti tra gli altri: ALESSANDRO APOLITO, capo servizio tecnico della Coldiretti, che ha fatto un focus sugli effetti della riforma sui settori bovino e ovicaprino, GIUSEPPE BLASI, Capo Dipartimento delle Politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, che ha illustrato il PSN e posto al centro del suo intervento il benessere animale come driver della nuova politica agricola europea, in merito al quale il Ministero si è portato avanti insieme al Ministero della Salute con il Sistema di Qualità Nazionale sul Benessere Animale (i cui aspetti operativi saranno resi noti nelle prossime settimane e che

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dimostra l’attenzione del nostro Paese sul tema), e CARLO ANGELO SGOIFO ROSSI, professore di Nutrizione e Alimentazione Animale all’Università di Milano, che ha invece illustrato come le nuove misure di sostenibilità e benessere animale della nuova PAC incidano sulle tasche degli allevatori. Riprendiamo di seguito alcuni tra i passaggi più significativi del webinar da parte dei suoi protagonisti. Luigi Scordamaglia, presidente ASSOCARNI «Non c’è mai stata una tempesta così perfetta come questa, in cui l’aumento dei costi energetici, dei carburanti, incide sulla nostra produzione facendo ridurre le marginalità. Questo è un momento particolare a livello europeo nel quale la PAC per la prima volta diventa una politica subordinata a politiche diverse, dichiarate, che rischiano di considerare l’agricoltura un nemico piuttosto che un alleato preziosissimo per il perseguimento della transizione verde. È una PAC subordinata ad altri obiettivi che poi però sono privi di una valutazione d’impatto. C’è poi un contesto mondiale nel quale la domanda di carne bovina e ovina (produzioni, queste, che non si industrializzano) supera l’offerta. Questo ha comportato un incremento dei costi dei nostri animali (finalmente!!) ed è bene che questo aumento non sia solo una fiammata ma si consolidi con una politica agricola adeguata. In questo l’Italia ha fatto la sua proposta: credo sia doveroso ringraziare il dott. Blasi che l’ha redatta e anche il ministero che ha fatto delle scelte su cosa tagliare e cosa supportare. Certo è che non siamo contenti: avremmo proferito una PAC che non tagliava i premi, senza l’introduzione dei plafond. Siamo però riusciti al momento a scegliere dimostrando che la zootecnia ha un elemento in più». Concludendo il suo intervento, il presidente Scordamaglia ha ricordato che niente può essere costruito se prima non contrastia-

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Una grafica chiara e di facile lettura nel feed Instagram di COW IS VEG, ovvero “la carne rossa raccontata attraverso evidenze scientifiche, dati e opinioni di esperti”. L’allevamento bovino è una pratica che continua a svilupparsi in parallelo alle innovazioni che vengono introdotte in campo alimentare e si modifica anche in base alle caratteristiche del luogo in cui è localizzato. In Italia, allevamento non è solo sinonimo di qualità, ma è anche una delle poche opportunità per prevenire la cementificazione, coprendo il 40% del territorio rurale nazionale. Inoltre, partecipa all’occupazione dei giovani e consente di custodire e tramandare a questi ultimi alcune tra le tradizioni che hanno fatto del made in Italy la cultura alimentare per eccellenza (photo © instagram.com/cowisveg). mo violentemente le fake news che attaccano il settore zootecnico. «In un’economia circolare gli animali da reddito sono macchine perfette che trasformano quegli elementi per l’uomo non utilizzabili come la cellulosa e la parte lignea delle piante in proteine nobili». Per questo ASSOCARNI ha avviato insieme a COLDIRETTI una campagna di comunicazione per il bovino sui vari canali social che si chiama in modo provocatorio “COW IS VEG”, il bovino è vegano, per dimostrare come l’ottimizzazione delle risorse si apra attraverso queste specie di “macchine miracolose”.

Giuseppe Blasi, Capo Dipartimento delle Politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali «La PAC è una politica che sta diventando uno strumento per attuare, come è giusto che sia, però è anche una politica servente. Se in passato vi si concentravano la maggior parte delle risorse comunitarie, oggi invece il bilancio destinato alla PAC è del 30% della sua dotazione. In vista della Programmazione 20232027 ci siamo mossi per tempo, inquadrandola anche dal punto di

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«In un’economia circolare gli animali da reddito sono macchine perfette che trasformano quegli elementi per l’uomo non utilizzabili come la cellulosa e la parte lignea delle piante in proteine nobili», ha detto Scordamaglia. vista regolatorio. Tutto ciò è stato fatto tenendo conto del contesto internazionale, della situazione di mercato, delle scelte compiute, della transizione verde e delle aspettative dei consumatori, concentrando la nostra attenzione in particolare sul tema del benessere animale. Quando si parla di benessere animale si fa riferimento a numerosi aspetti della fase allevatoriale, dalla gestione del farmaco veterinario alla biosicurezza, dall’alimentazione alle emissioni. Queste ultime sono oggetto di grandi dibattiti e di non condivisione dei numeri, perché ciascuno tende a interpretarli a

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modo proprio. Il Ministero si è fatto quindi promotore di una norma nazionale approvata nel 2020 con il Decreto Rilancio che ha istituito un sistema di qualità nazionale sul benessere animale. I principi generali di questo sistema sono stati presentati lo scorso anno e a luglio 2021 è stato presentato uno schema di decreto, poi condiviso e divulgato per richiedere osservazioni al mondo produttivo, politico e ambientalista-animalista. MIPAAF e Ministero della Salute hanno recepito le osservazioni e ultimato, dal punto di vista tecnico, questa nuova versione, pronta a

breve per un road-show per spiegare il sistema al fine dell’approvazione». Alessandro Apolito, capo servizio tecnico di Coldiretti «Per la prima volta gli Stati Membri dell’UE sono stati chiamati a scrivere la PAC che prima veniva invece redatta a Bruxelles e in questo processo molte delle scelte sono diventate nazionali. Al tavolo di confronto aperto dal Ministero ci siamo trovati a ribadire, forse per la prima volta, che la Politica Agricola Comune è una politica per gli agricoltori mentre molto spesso è stata confusa con una politica ambientale

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I partecipanti alla tavola rotonda

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LUIGI SCORDAMAGLIA

PAOLO SANI

Presidente Assocarni

AD MSD Animal Health Italia Srl

ALESSANDRO DE ROCCO

CARLO ANGELO SGOIFO ROSSI

Presidente IntercarneItalia

Università degli Studi di Milano

ALESSANDRO APOLITO

GIUSEPPE BLASI

Capo servizio tecnico Coldiretti

Capo Dipartimento MIPAAF

PIERO CAMILLI

ANDREA PANCANI

Vicepresidente con delega al settore ovino ASSOCARNI

Vicedirettore TG La7

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comune. L’Europa è nata sulla PAC e non è un caso se ancora oggi il 30% del budget europeo sia destinato all’agricoltura. L’UE deve puntare sempre più all’autoapprovvigionamento interno dal punto di vista alimentare e su questa premessa è importante ribadire che questi fondi non sono un assistenzialismo agli agricoltori, bensì benzina per gli investimenti che le nostre aziende agricole e di allevamento fanno ogni giorno». Carlo Angelo Sgoifo Rossi, professore di Nutrizione e Alimentazione Animale Università di Milano «Il motivo per cui l’allevamento risulta alquanto critico è che quando ci sono delle problematiche ci sono anche responsabilità e per il bovino queste responsabilità sono soprattutto di terzi. Importiamo tantissimi animali che destiniamo all’ingrasso da partner europei e spesso l’andamento sanitario e la sua criticità dipendono da come sono stati gestiti questi animali negli allevamenti di origine. Ecco perché in Italia si è fatto un ampio ricorso dell’utilizzo del farmaco per prevenire o limitare l’incidenza delle criticità sanitarie. Alla luce di una serie di studi fatti col mio gruppo di ricerca dell’Università degli Studi di Milano è emerso che la riduzione in maniera importante dell’utilizzo dell’antibiotico corrisponda ad un leggero aumento del rischio sanitario, della mortalità, ad una significativa riduzione della crescita e ad un aumento del costo che varia tra i 18 e 22 euro a capo allevato. Condivido l’importanza dell’autoapprovvigionamento, già menzionata dal dott. Scordamaglia, e sottolineo la necessità di promuovere sempre più l’autoctonia dei nostri animali da ingrasso, perché questo si collega alla sicurezza alimentare e alla necessità di un allevamento di precisione». A seguire si è svolta la tavola rotonda animata dal giornalista ANDREA PANCANI, vicedirettore TG La7, che è entrata nel vivo della discus sione con gli interventi

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L’allevamento bovino è un’attività che consente di far arrivare sulle nostre tavole alimenti buoni e salutari ma, negli ultimi anni, è stato criticato per l’impatto che esercita sull’ecosistema. Tuttavia, diversamente dalla credenza comune, secondo quanto emerge dall’ultimo rapporto Ispra, la produzione di carne bovina in Italia impatta molto poco sulle emissioni globali. Solo il 3,7% delle emissioni totali nazionali, infatti, è associato all’allevamento bovino e solamente l’1,9% alla produzione di carne. La maggior parte delle emissioni sono da attribuire a trasporti, industrie manifatturiere ed energetiche, oltre al settore residenziale che insieme ricoprono l’88% delle emissioni di gas a effetto serra (photo © instagram.com/cowisveg). del presidente di IntercarneItalia ALESSANDRO DE ROCCO, il quale ha evidenziato la necessità di preservare l’allevamento favorendo il ricambio generazionale, «perché oggi i giovani non sono incentivati a prendere il testimone dai genitori. Gli allevatori non vogliono essere sostenuti ma al contrario che gli venga riconosciuto il giusto valore al lavoro che svolgono». Il vice presidente di ASSOCARNI con delega al settore ovino e titolare della ILCO PIERO CAMILLI è intervenuto in rappresentanza della filiera ovina, evidenziando la necessità di preservare la pastorizia che ha un ruolo straordinario nel preservare l’ambiente anche nelle zone più impervie. «Ma è necessario — ha proseguito Camilli — soste-

nere il ricambio generazionale e favorire interventi strutturali». È poi intervenuto PAOLO SANI, AD di MSD Animal Health, che ha sottolineato l’impegno di MSD sulla prevenzione che oggi rappresenta l’87% del fatturato dell’azienda che da anni ha fatto propria la strategia europea One Health con investimenti in ricerca che a livello globale superano il miliardo di dollari. Fonti: ASSOCARNI Associazione Nazionale Industria e Commercio Carni e Bestiame www.assocarni.it Canale Youtube ASSOCARNI (registrazione webinar): www.youtube.com/watch?v=Y9lyZjXeXh4 Cow is Veg www.lastoriadiunerbivoro.it www.instagram.com/cowisveg

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I nove paradossi che si scontrano con le buone intenzioni

Farm to Fork: troppi paradossi e danni agli allevatori

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onostante i buoni propositi della strategia “Farm to Fork” della Commissione europea per la produzione di cibo più sostenibile, il settore zootecnico ha messo in evidenza 9 paradossi che ostacolano il processo di transizione green. Invece di escludere gli operatori di questo settore dai processi decisionali che li e ci riguardano, infatti, sarebbe utile che questi partecipassero attivamente alle sfide per la sostenibilità. Come? Ad esempio mettendo a disposizione le

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proprie conoscenze ed esperienze che chiaramente mancano in questa importante fase storica. I paradossi, infatti, si basano sul preconcetto sbagliato che la carne non sia un alimento salutare né sostenibile per l’ambiente. In realtà, oggi gli allevamenti non sono più come una volta. Grazie all’innovazione tecnologica si sono evoluti, imparando ad utilizzare meno risorse e diventando più efficienti. Purtroppo, la maggior parte delle persone non

è consapevole di questa evoluzione, anche perché le fattorie sono diminuite drasticamente e le generazioni moderne non hanno mai vissuto da vicino il mondo agricolo e zootecnico. Nel mondo iper-urbanizzato in cui viviamo, di conseguenza, dilaga una visione distorta dell’allevamento, intesa solo da una prospettiva urbana che non ne conosce la realtà e i cicli naturali. È questo il problema principale da cui derivano i 9 paradossi che si scontrano con le buone

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Dove c’è allevamento c’è custodia e cura del territorio, che ne evita l’abbandono, la cementificazione, i dissesti idrogeologici e la perdita di biodiversità. intenzioni della Farm to Fork (per cui, ricordiamo, la Commissione europea non ha mai eseguito una valutazione di impatto), impedendo di fatto di raggiungerne gli obiettivi. 1. Gli allevamenti non sottraggono terreno alle colture È falso che gli allevamenti sottraggano terreno prezioso alle colture per l’alimentazione umana: in Europa il terreno destinato all’allevamento e al pascolo è rimasto costante negli ultimi 60 anni, mentre la popolazione è cresciuta di oltre 125 milioni. L’alimentazione degli animali si basa per l’86% di parti non edibili per l’uomo, come erba, fieno e derivati da residui colturali ricchi in cellulosa e non digeribili dall’uomo. Gli animali per questo compiono un lavoro grandioso, convertendoli in cibi dall’alto valore nutrizionale per noi. 2. Il 44% degli ettari destinato a pascoli riguarda terreni più difficili o impossibili da coltivare Questo vuol dire che se non fossero destinati a pascoli per alimentare gli

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animali erbivori che alleviamo, l’uomo non ricaverebbe nemmeno una caloria o un grammo di proteina da quella quota di superficie agricola. È importante quindi far sapere che gli allevamenti consentono di ottenere cibi altamente nutrienti anche dalle superfici agricole improduttive o poco produttive, che in Europa sono più del 40%. 3. Il consumo di proteine animali ad alto valore biologico ha accelerato lo sviluppo evolutivo Bisogna essere ben consapevoli che consumare proteine animali ad alto valore biologico ha favorito lo sviluppo del cervello umano dalla preistoria ad oggi, perché sono le più efficienti. Con pochissime calorie troviamo tutti gli amminoacidi essenziali, vitamine, minerali ad alta biodisponibilità e composti bioattivi nutraceutici che fanno bene alla salute. I cibi animali ci hanno permesso di diventare gli esseri intelligenti di oggi e grazie a questo benessere la vita media si è allungata di 10 anni, con un’aspettativa di vita di 80 anni.

4. Allevamento significa cura e custodia dei territori Dove c’è allevamento c’è custodia e cura del territorio, che ne evita l’abbandono, la cementificazione, i dissesti idrogeologici e la perdita di biodiversità. 5. Non è vero che gli allevamenti inquinano In Europa il bestiame allevato è responsabile solo del 7,2% delle emissioni di gas serra. Il restante 8590% deriva dai combustibili fossili per produrre energia per l’industria e i trasporti. Continuare a puntare il dito contro gli allevamenti e a ignorare le vere cause del cambiamento climatico non risolverà mai il problema e potrebbe addirittura peggiorarlo. Infatti ridimensionare il settore zootecnico europeo come viene proposto potrebbe costringerci ad importare carne da altri Paesi, dove produrre ha un impatto maggiore sul clima. Per questo è necessario tutelare il settore per non essere poi costretti ad importare da Paesi extraeuropei, con evidenti contraccolpi all’economia e all’am-

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biente, considerando anche l’interconnessione della zootecnia con numerose filiere strategiche, alimentari e non (carne, latte, uova, pelletteria, cosmesi, biomedicale, fertilizzanti naturali, pet food, biogas e biocarburanti). 6. Più attenzione al benessere animale Anche il benessere animale potrebbe non essere più garantito, visto che la legislazione europea a proposito è una delle più complete, rigorose e avanzate al mondo. Un altro paradosso riguarda l’utilizzo dei fertilizzanti, per cui si propone di ridurli del 20% e aumentare le produzioni biologiche del 25%. Per raggiungere questi obiettivi il bestiame è necessario per fertilizzare il suolo senza l’uso di concimi chimici. Meno allevamenti significherebbe infatti più chimica e più desertificazione. 7. Più occupazione E vogliamo parlare di occupazione? Ogni allevamento garantisce in media sette posti di lavoro nelle zone rurali. Senza allevamenti e con lo spopolamento delle aree agricole si andrebbe incontro a disastrose perdite occupazionali. 8. Maggiore tutela del nostro patrimonio gastronomico e culturale L’obiettivo della Farm to Fork di tutelare il patrimonio gastronomico e culturale, con filiere più corte e più produzioni regionali come le IGP, si scontra con la globalizzazione dei cibi surrogati e ultratrasformati, senza identità territoriale, culturale e di origine. 9. Serve cibo per il futuro Nei prossimi trent’anni si dovranno sfamare oltre due miliardi di persone in più e nel 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane, con pochissime persone che si occuperanno della produzione agricola. Chi produrrà il cibo se si riducono l’allevamento animale e la produzione agricola ad esso collegata? Questo significherà meno cibo e più caos sociale. Il dibattito non deve cavalcare l’onda dell’emozione o l’ideologia, solo la scienza può dirci come organizzare su scala globale cibo sostenibile per tutti. Il futuro è nell’innovazione e nella tecnologia, Ecco perché in questo scenario è più ragionevole supportare gli allevamenti, anziché denigrarli. Il futuro è nell’innovazione e nella tecnologia, per rispondere alla crescente domanda mondiale di cibo impiegando meno risorse. Di qui l’appello della zootecnia europea per coinvolgere tutti i professionisti e gli esperti del settore. Che, senza ideologia ma forti dei loro saperi e competenze, possano favorire la transizione e l’equilibrio tra la sostenibilità ambientale e quella economica. Fonte: ASSOSUINI www.assosuini.it

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Il futuro è nei pascoli, non in laboratorio

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ra i trend alimentari più dibattuti del 2022 c’è senz’altro la carne sintetica o carne in vitro o coltivata (al momento sono diversi i nomi per indicare questo prodotto). Il risultato di sofisticate tecniche di bioingegneria che, mediante la moltiplicazione di cellule staminali di animali in laboratorio, consentono di ottenere una carne simile a quella di animali veri (sia di terra sia di mare). Si tratta di una tecnologia che è in studio da oltre un decennio, ma che ora sembra appartenere un po’ meno al mondo fantascientifico e più alla realtà. Il motivo è principalmente legato alla congiunzione data dalla diminuzione dei costi di produzione e dall’aumento degli investimenti. Combinazione che secondo le stime farebbe sì che entro il 2030, il prezzo della carne sintetica e di quella animale sia uguale.

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La carne in vitro, panacea per tutti i mali? La possibile futura adozione su larga scala viene accolta da molti con entusiasmo. Eviterebbe infatti la macellazione di molti animali e sarebbe la panacea per i danni a carico dell’ambiente — dalla deforestazione all’eccessivo consumo di suolo e acqua, al taglio di emissioni (forse) — derivanti dalla produzione in larga scala di crescenti quantità di prodotti di origine animale. Tutto ciò senza che a noi vengano richieste particolari modifiche alle nostre abitudini alimentari. Questa è però una soluzione riduzionistica, incapace di avere uno sguardo ampio e articolato sull’intero sistema, in primis perché il governo dei nostri stomaci si concentrerebbe ulteriormente nelle mani di pochissimi attori.

Dietro alla carne in vitro ci sono infatti grandi multinazionali dell’alimentare (come Cargill, Tyson Foods e Nestlé, alcuni dei quali sono tra i principali protagonisti della zootecnia industrializzata e leader sul mercato globale della carne), fondi di investimento che non sono mossi dal desiderio di arrestare il declino ambientale, bensì dalla ricerca di grandi profitti, e, persino, esponenti di primo piano della Silicon Valley. Carne sintetica: una questione di profitti Molti di questi sono gli stessi soggetti che negli anni ‘70 del secolo scorso si sono fatti promotori della cosiddetta Rivoluzione verde, con il ricorso alla chimica di sintesi e, poi, alle sementi modificate per risolvere il problema della fame (lontano dall’essere risolto). I danni derivanti

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da quelle azioni sono innegabili: desertificazione dei suoli agricoli, perdita di biodiversità, distruzione degli ecosistemi, per citarne qualcuno. E devono essere un monito per l’attualità, affinché la tecnologia smetta di essere l’unica soluzione possibile; recidendo sempre più il nostro rapporto con l’ambiente e rimarcando con presunzione la volontà di dominare il pianeta, nonostante i messaggi allarmanti che questo ci manda. L’equilibrio uomo-natura necessita anche dei saperi tradizionali L’aiuto della tecnologia per il nostro futuro è importante, ma per parlare di vera innovazione occorre che essa dialoghi anche con la cultura materiale e sappia guardare al futuro tenendo presente il passato. Innovare significa anche saper attingere dagli aspetti virtuosi della tradizione (saperi, pratiche) che hanno saputo garantire nel tempo l’equilibrio uomo-natura.

In molti allevamenti di piccola scala gli animali sono una risorsa e non una fonte di esternalità negative come invece avviene nella zootecnia industrializzata. Ci riferiamo nello specifico a realtà in cui gli animali non trascorrono la loro vita in spazi angusti, alimentati a mangimi a base di soia GM, ma di allevamenti in cui possono pascolare e soddisfare i propri bisogni. Dove molto spesso l’allevamento si sviluppa insieme all’agricoltura, a formare un sistema a ciclo chiuso di materia ed energia, dove non ci sono scarti e dove viene preservato l’equilibrio degli ecosistemi e garantito cibo sano. Cambiamo l’allevamento A nostro modo di vedere questa è la direzione da intraprendere nel futuro. L’impatto negativo dell’attuale sistema di produzione dominante della carne è ormai evidente, così come anche la necessità di una transizione proteica dei nostri sistemi alimentari verso

opzioni più sostenibili e vegetali, tra cui il patrimonio di biodiversità dei legumi. La soluzione però non va ricercata rifiutando l’allevamento ma cercando di cambiarlo. E questo viene fatto indirizzando le risorse economiche delle politiche agricole (che non mancano) a chi mette in atto pratiche ecologicamente e socialmente sostenibili. Educando a un cambio di consumi che si esplica anche in un minor consumo di carne, di migliore qualità e diversità (di specie, tagli, preparazioni). E sì, anche consentendo il progredire dell’innovazione, a patto però che questa sia regolamentata in modo ferreo e che i cittadini siano informati con etichettature chiare, non fuorvianti, che rendano conto del sistema di produzione. Perché il cibo è prima di tutto un diritto universale e come tale la sua produzione deve sempre essere indirizzata al bene comune e non frutto di interessi sommersi. Fonte: Slow Food www.slowfood.it


LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Alpe Magna – Bontà d’alta quota Alpe Magna – Bontà d’alta quota è la nuova collezione di sughi e salse della tradizione culinaria trentina e italiana. L’idea della FAMIGLIA SIMONETTO è nata dal desiderio di racchiudere in comodi vasetti di conserva il sapere gastronomico raccolto in oltre 65 anni di storia. Ma i Simonetto sono bravi a fare tutto, anche la comunicazione, attraverso il sito alpemagna.com che al suo interno ha anche uno shop on-line di sughi, ragù, salse, gulasch e zuppe (in foto il ragù di cervo di Alpe Magna, con packaging e label design impeccabili; photo © alpemagna.com).

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2. Le Swine È made in UK ed è pensato e realizzato con un’immagine e una comunicazione super moderne. L’obiettivo era prendere uno dei più amati prodotti del patrimonio agroalimentare britannico, il bacon, e creare il perfetto “bacon sandwich”, da vendere ovviamente on-line su leswine.co.uk. Il risultato è molto interessante. La narrazione attraverso le immagini, l’uso del colore, i nomi dei prodotti e la struttura del sito sono superlativi. Bravissimi (photo © www.facebook.com/TheLeSwine).

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meat Benedetti

4. MeatCulture, bovini di Sardegna

3. Ready4meat su Instagram Si chiama PATRICK MANHARD, è un butcher svizzero è ha 11.000 follower su Instragram nel profilo instagram. com/ready4meat. La carne è protagonista assoluta: ogni scatto è studiato e realizzato con la massima cura. Dai crudi ai cotti, dalle marezzature ai piatti che celebrano ed esaltano la carne. Da seguire assolutamente (in foto un Denver cut di Rorschacherberger Wagyu con frollatura ad acqua di 30 giorni; photo © instagram. com/ready4meat).

Il progetto MeatCulture studia la conservazione e trasformazione delle carni di bovini nati e allevati in Sardegna per i mercati locali tradizionali e multiculturali. Finanziato nell’ambito della sottomisura 16.2 del PSR Sardegna, MeatCulture è un progetto di ricerca che vede impegnati la Cooperativa Produttori Arborea Noi siamo Arborea e i Dipartimenti di Agraria e di Medicina Veterinaria dell’Università di Sassari nel coniugare l’innovazione tecnologica nelle produzioni alimentari con le esigenze del consumo multietnico, per allargare l’offerta a nuovi mercati e gestire le produzioni in modo sostenibile. Noi li seguiamo su facebook.com/ meatculturesardegna (photo © facebook.com/meatculturesardegna).

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Il profilo da seguire per tutti gli appassionati carnivori

Beppe Romeo: it’s Steak o’clock! di Gaia Borghi

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e per Inglesi l’ora del tè si dice scatti inesorabilmente ogni pomeriggio alle cinque, per GIUSEPPE “BEPPE” ROMEO a scattare almeno una volta alla settimana è l’Ora della Bistecca. E i suoi profili social personali, Instagram soprattutto (@bepperomeoo), ne testimoniano la frequenza e l’intensità, tanto da essere diventato, con una crescita esponenziale negli ultimi due anni, un punto di riferimento nel mondo della carne e della sua ristorazione. Una sorta di meat influencer da più di 16.000 follower che seguono ogni suo passo o, meglio, ogni suo “piatto”, in giro per l’Italia e all’estero (e che estero!), a scoprire un nuovo locale specializzato nella proposta di carne o uno degli indirizzi di culto che ogni appassionato carnivoro conosce e venera, dalla macelleria al ristorante stellato. 16.000 follower che si incantano ad ammirare una marezzatura, un taglio, il particolare di una cottura, il racconto fotografico di una realtà carnivora sconosciuta, un abbinamento inconsueto. Una passione profonda la sua e una altrettanto profonda conoscenza della materia prima che emerge attraverso ogni scatto e che Giuseppe ha acquisito innanzitutto “sul campo”, degustando, prima a casa propria, in famiglia, col suo barbecue, poi informandosi sul web e attraverso i libri sull’argomento e infine parlando direttamente con gli artigiani della carne, i macellai, i cuochi, con chi si occupa di fare selezione, fino agli allevatori, la filiera completa della bistecca insomma. Come nasce uno Steak specialist Essendo anche io una di quei follower, e molto probabilmente anche

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Giuseppe Romeo, autore del seguitissimo profilo Instagram @bepperomeoo (e da cui sono tratte anche le immagini nelle pagine seguenti), nel quale condivide la sua passione per la “bistecca”. Oggi Giuseppe Romeo è anche Ambassador del World’s 101 Best Steak Restaurants e figura tra i curatori della guida “Steak house e macellerie d’Italia” di Michele Ruschioni.

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tanti lettori di EUROCARNI, ho chiesto a Giuseppe di raccontarmi come è iniziata questa avventura, che lo ha portato recentemente a diventare uno degli Ambassador del World’s 101 Best Steak Restaurants, associazione londinese che si occupa di stilare annualmente la classifica del 101 migliori ristoranti di carne al mondo, e ad essere tra i curatori della guida “Steak house e macellerie d’Italia” di MICHELE RUSCHIONI pubblicata nel mese di gennaio. «Io sono di origine calabrese ma vivo a Bergamo dal 2009, in seguito al trasferimento per motivi lavorativi dei miei genitori. Quando mi sono sposato, e ho acquistato il mio primo barbecue, ho iniziato a fare le classiche grigliate, quelle con tante salsicce e costine da mangiare con gli amici per intenderci. Tutto poi è cambiato o, meglio, ha avuto davvero inizio, quando per acquistare la carne mi sono recato presso un’azienda agricola della mia zona: il sapore era qualcosa che non avevo mai sentito prima! Così ho iniziato ad informarmi, a documentarmi, volevo capire il perché di quel gusto, della diversità del colore, dei profumi. Era il 2017 e, cercando di saperne di più, ho conosciuto ROBERTO PINTADU, titolare del Mulino del Casale a Villanova D’Asti — oggi trasferitosi a Torino dove ha aperto il suo Bifrò, nella cui sala campeggia la scritta “In tanti ne parlano… in pochi frollano veramente” —, tra i primi a proporre della carne marezzata in Piemonte e ad usare il Maturmeat® di ALESSANDRO CUOMO. Sono andato a mangiare da lui e ho chiesto di assaggiare la bistecca “più vecchia” che avesse a disposizione: mi sono detto, “o la va o la spacca”. La “prescelta” è stata un incrocio di Charolaise frollata per 80 giorni ed è stato un vero colpo di fulmine. Sarà che, essendo calabrese, i gusti intensi non mi spaventano, anzi: per capirci, sono uno cresciuto a sanguinaccio invece che a Nutella. In più, ho una grande curiosità che mi spinge a cercare sempre nuovi sapori: quando devo prenotare le mie vacanze penso sempre prima a dove potrò andare a mangiare! Mi

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L’espressione della “Carnivore Essence” in foto

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piace raccontare e raccontarmi e, visto che per me mangiare è innanzitutto convivialità e condivisione, quello che faccio con gli amici a tavola cerco di farlo anche con il mio profilo».

La passione carnivora di Giuseppe Romeo in un paio di scatti.

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Frollare vuol dire maturare maturare vuol dire migliorare «Ad un certo punto ho abbandonato il barbecue per scegliere la Via della Bistecca, il lombo, la parte più nobile e pregiata e, generalmente, il piatto principe del ristorante specializzato in carne» prosegue Giuseppe. «Ed è infatti sulla Bistecca che si concentra il racconto fotografico delle realtà che visito, in Italia e all’estero; un taglio attraverso il quale si percepiscono esattamente tutti quelli che sono i plus dell’animale da cui è stato ricavato, il suo benessere, la tipologia di allevamento, l’alimentazione e la bravura di chi ha sottoposto quella carne al processo di frollatura». Su questo procedimento, fondamentale per l’evoluzione del gusto della carne ed estremamente delicato, Giuseppe ha le idee ben chiare, avendo incontrato nel suo percorso veri e propri maestri in quest’arte come FRANCESCO CAMASSA , dell’omonima macelleria di Grottaglie, Taranto, o HENDRICK DIERENDONCK, uno sperimentatore della maturazione, che dichiara di approcciare la carne come gli affinatori fanno con il formaggio (“Un bel pezzo di carne è come una buona bottiglia di vino o un buon formaggio: una prelibatezza da gustare al culmine. E un macellaio che sa fare davvero il suo mestiere, saprà come individuare quel momento esatto, quando la carne è al suo meglio” si legge sul blog del suo sito www.dierendonck.be). In collaborazione con l’Università, Dierendonck ha realizzato una sorta di “camera dinamica” per la maturazione della carne nei propri laboratori che Giuseppe ha visitato. Un percorso attraverso tre frigoriferi separati, nei quali si cerca l’esatto equilibrio tra temperatura, ventilazione e umidità e viene monitorata scrupolosamente l’evoluzione del prodotto, pena la sua compromissione.

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LE POLPETTE DI VITELLO SONO COSÌ BUONE

CHE UNA TIRA L’ALTRA!

Fritte o in umido, al vino bianco o con la salsa di pomodoro, le polpette sono sempre appetitose. Morbide e stuzzicanti, dal gusto delicato, le polpette del Vitello di Casa Vercelli sono pronte in un attimo: portare in tavola tante gustose ricette sarà ancora più facile!

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pale. «In Giappone c’è un termine, Omakase, che significa “Scegli pure per me”, ovvero si lascia allo chef carta bianca su cosa far arrivare in tavola» puntualizza. «È una scelta che si basa sulla fiducia, ma che darà la possibilità a noi di capire qual è la filosofia di chi sta in cucina e a chi sta in cucina anche di proporre quanto di meglio c’è quel giorno, in quel preciso momento».

Giuseppe Romeo con Sergio Motta, titolare dell’omonima macelleria a Inzago (MI) e del ristorante a Bellinzago Lombardo (MI). “Frollare vuol dire maturare, maturare vuol dire migliorare” scrive Giuseppe sotto uno dei suoi post, e il ristoratore deve essere in grado di raccontare questo processo, per educare il cliente a percepire tutte le incredibili sfumature acquistate dalla carne col passare dei giorni, delle settimane, dei mesi. Parlando proprio di ristorazione carnivora, Giuseppe è convinto che la strada da percorrere sia quella di offrire al cliente un “percorso”, una degustazione in “verticale”, in cui si può partire ad esempio con una Piemontese, proseguendo con un Angus americano o una Scottona, per poi salire di grado con una Manzetta prussiana e poi via via arrivare alla Vaca Vieja e al Wagyu giapponese, aumentando maturazione e/o marezzatura. «Solo così si possono distinguere davvero le differenze e capire quale carne sia più affine al nostro gusto» mi spiega. La “bistecca perfetta” è quella che piace a te «Quando qualcuno mi chiede quale sia la carne migliore al mondo, rispondo sempre “quella che piace a te”» prosegue Giuseppe. «Il gusto

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è molto soggettivo, c’è chi ama i sapori delicati, altri apprezzano i sapori intensi: come i sommelier fanno con il vino, quindi, un ristoratore che decide di specializzarsi nella proposta di carne dovrebbe informarsi dei gusti del proprio cliente e fare proposte differenti». Così come la preparazione del ristoratore, e una materia prima eccellente, altrettanto importanti per un locale che vuole crescere sono l’ambiente, la selezione delle bevande, la cura nell’impiattamento, la ricerca della novità e la volontà di distinguersi. «Anche le semplici steakhouse si devono evolvere per sopravvivere e crescere in questo mercato: la cura e l’attenzione verso la propria clientela sono fondamentali, sempre». Dal punto di vista del cliente, invece, secondo Giuseppe l’approccio migliore, quello che si deve avere per trarre il massimo beneficio dal proprio pranzo o la propria cena, in un locale carnivoro (ma non solo), è quello di affidarsi allo chef, mettersi nelle sue mani, scegliendo quindi il menu degustazione, se disponibile, o lasciando a lui la scelta almeno per ciò che riguarda la portata princi-

Fuoco, fumo e tecniche ancestrali Per concludere chiedo a Giuseppe quale sia stata la sua miglior esperienza carnivora finora e/o il miglior piatto assaggiato. «Io adoro il cosiddetto stile primordiale, il profumo della brace, il fumo e la cenere. La massima espressione a livello mondiale in questo stile è rappresentata senza dubbio da Asador Etxebarri (www.asadoretxebarri.com), nei Paesi Baschi, una meta di pellegrinaggio quasi religioso per gli appassionati di questo stile» mi risponde Giuseppe. «VICTOR ARGUINZONIZ è irraggiungibile ad oggi a livello di bravura, padroneggia la tecnica in maniera assoluta, possedendo al contempo una grande umanità e una modestia che mi hanno davvero colpito. Poi c’è Niklas EKSTEDT (ekstedt.nu), che nel suo ristorante a Stoccolma offre la sua idea di cucina nordica usando solo ingredienti locali e il fuoco per cuocerli; a seguire ERRICO RECANATI, del Ristorante Andreina (www.ristoranteandreina.it), a Loreto (AN), in cui propone due menu degustazione, Fumo e Fiamme, usando spiedo e brace. Da lui ho assaggiato anche uno dei piatti che più mi ha colpito negli ultimi anni, a base di rognone e fichi. Una incredibile scoperta! Infine, come non citare LENNOX HASTIE, un vero maestro incantatore del fuoco, collaboratore per diversi anni di Victor Arguinzoniz, che oggi lavora e fa magie a Sidney nel suo Firedoor (www.firedoor.com.au)». Prossimi viaggi in programma? «A breve sarò a Parigi, dove farò tappa in diverse macellerie, ristoranti e ristomacellerie, poi in Spagna, a Madrid e Burgos, e prima dell’estate anche a Stoccolma». E noi, con lui. Gaia Borghi

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Carni bovine irlandesi

Gusto e qualità in armonia con la natura Immensi prati verdi, morbide colline, aria pulita e piogge frequenti: l’Irlanda è il luogo ideale per l’allevamento di bovini. L’alimentazione naturale a base di erba fresca e le tradizionali tecniche di allevamento al pascolo rendono le nostre carni naturalmente gustose e nutrienti, di prima qualità.

I nostri allevatori lavorano per valorizzare le risorse naturali di questa terra e preservare un ambiente incontaminato per le generazioni future. Origin Green: in armonia con la natura. Per maggiori informazioni: www.irishbeef.it


ANTEPRIMA CIBUS

Cibus: l’agroalimentare affronta l’emergenza internazionale

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ibus (Parma, 3-6 maggio) sarà la prima grande fiera internazionale dell’agroalimentare che vedrà il ritorno dei buyer esteri. Sono attesi circa 60.000 visitatori professionali e circa 3.000 aziende espositrici. La guerra in Ucraina e la delicata situazione geopolitica internazionale sta condizionando anche il settore alimentare: gli aumenti del gas e delle materie prime e i problemi logistici stanno, infatti, mettendo a dura prova il Food & Beverage italiano. Ma proprio questa particolare situazione assegna agli eventi fieristici come Cibus un ruolo delicato: da un lato tentare una sintesi proiettiva tra domanda e offerta, dall’altro pianificare approvvigionamenti e assortimenti superando le difficoltà della supply chain. D’altronde, è sempre forte la domanda di agroalimentare italiano nel mondo. Basta scorrere le statistiche dell’export dell’industria alimentare: USA +14,3%, Cina +32,7%, Corea del Sud +30,7%, Cile +50,5%, Sudafrica +21,2%, Polonia +21,4%, Spagna +19,6%, Germania + 6,7%, Francia +7,1%, (dati FEDERALIMENTARE elaborati su base ISTAT, gennaio/novembre 2021). Cibus 2022 rimetterà il cibo al centro del dibattito sociale ed economico, mostrando gli scenari e il suo ruolo imprescindibile all’interno della nostra società. La manifestazione ribadisce il ruolo del food come archetipo dei rapporti

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Photo © www.cibus.it

La 21a edizione del salone, organizzata da Fiere di Parma e Federalimentare, si terrà a Parma dal 3 al 6 maggio prossimi. L’allentamento dell’emergenza pandemica e le nuove norme a favore della partecipazione fieristica da parte di operatori extra-UE consentirà l’arrivo di buyer e operatori da ogni continente. La presentazione alla stampa

sociali, inquadrando come questa attenzione possa riconciliarci con un modello di sviluppo coerente alle istanze del consumatore, delle comunità, dell’ambiente e delle aziende agroalimentari sempre più orientate a comportamenti virtuosi. A Cibus 2022 l’attenzione alla sostenibilità sarà intesa in tutti i suoi molteplici aspetti: ambientale, economica e sociale. Protagonisti di Cibus anche i prodotti IG italiani ed internazionali, per la promozione e la valorizzazione dei territori d’origine, il set informativo necessario a creare valore sugli scaffali e un’area start-up con realtà italiane ed estere come incubatore di proposte innovative. Non mancherà, poi, la

valorizzazione delle buone pratiche dell’industria agroalimentare per innescare una reazione a catena positiva lungo tutta la filiera. In conferenza stampa è stato letto un indirizzo di saluto di LUIGI DI MAIO, Ministro degli Affari esteri e cooperazione internazionale: «Cibus è un esempio della resilienza e della capacità di ripartire, essendo stata tra le prime manifestazioni fieristiche a svolgersi in presenza lo scorso anno dopo la fase più acuta dell’emergenza sanitaria globale. Siamo pienamente consapevoli che le prossime saranno settimane complesse da gestire. Voglio rassicurarvi in merito al fatto che la Farnesina continuerà a lavorare con la mede-

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sima, accresciuta intensità che ci ha consentito, nell’ultimo biennio, di sostenere e promuovere il made in Italy. Nei giorni scorsi abbiamo avviato una riflessione insieme ai Ministeri delle Finanze e dello Sviluppo economico per potenziare il nostro sostegno alle filiere più esposte alle tensioni con la Russia». È poi intervenuto MANLIO DI STEFANO, Sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari esteri e cooperazione internazionale: «Guardando il contesto generale, al di là della crisi attuale, il Ministero degli esteri è impegnato nel sostegno all’export italiano, grazie al “Patto per l’Export”. Ricordiamo che l’Italia vanta un primato mondiale sulle produzioni biologiche, il record per le produzioni agroalimentari a denominazione d’origine e una varietà produttiva unica. Sulla crisi russo/ucraina, stiamo attivando dei giri di tavolo per sostenere le imprese esportatrici, eventualmente riprogrammare su altri mercati le perdite sui mercati russo/ucraini ed esplorare risposte compensative». I riflessi delle tensioni internazionali sul settore agroalimentare sono stati al centro dell’intervento di IVANO VACONDIO, presidente di FEDERALIMENTARE: «L’appuntamento di Cibus serve a ribadire la centralità delle nostre imprese alimentari che, pur in condizioni sfavorevoli, continuano a produrre, a cercare

nuove soluzioni, consapevoli del fatto che fermarsi non è possibile. Cibus ci ricorda così il valore del Food & Beverage in condizioni ordinarie e, ancor di più, in condizioni extra-ordinarie». Un sostegno alle imprese e a Cibus viene assicurato da ICE – Agenzia, come ha riferito il presidente CARLO FERRO: «L’export del nostro Paese è ripartito nel 2021 e così l’agroalimentare italiano, che ha registrato una crescita del +14,7% rispetto al 2019. Alle nuove sfide dei mercati internazionali post-Covid, si aggiunge, tuttavia, uno scenario internazionale dominato da inattese e drammatiche complessità geopolitiche. In questo quadro fare sistema è ancor più importante. ICE Agenzia sostiene la 21a edizione di Cibus con lo stanziamento di risorse più importante negli ultimi sei anni. Per questa edizione i nostri uffici prevedono di portare a Parma 380 buyer specializzati e 10 giornalisti da 42 Paesi e faciliteranno la diffusione della piattaforma My Business Cibus. E l’auspicio, di cuore, che ben prima della data di apertura della fiera il mondo abbia ritrovato la pace». Cibus 2022 sarà un’occasione per definire il ruolo di resilienza dell’agroalimentare, come ha detto ANTONIO CELLIE, CEO di Fiere di Parma: «Il made in Italy durante il Covid ha mostrato tutta la sua resilienza

quindi si candida, anche in questa delicata fase, a fornire “creativamente” la distribuzione mondiale. Migliaia di buyer verranno a Cibus con questo spirito: capire con i loro fornitori chiave come gestire l’emergenza e, auspicabilmente, uscirne. Il cibo è un bene primario e personalmente auspico che il dibattito della community di fronte alla tragedia umanitaria in Ucraina viri rapidamente dagli aspetti economici a quelli sociali. Su questo infatti apriamo Cibus 2022: come l’agroalimentare può e potrà contribuire alla stabilità dei territori e all’inclusione delle persone». Su Cibus capitale della Food Valley GINO GANDOLFI, presidente di Fiere di Parma: «Radicata sul territorio e in stretta collaborazione con le istituzioni, Cibus costituisce l’ingresso ideale per i buyer che provengono da tutto il mondo per scoprire la Food Valley e i suoi prodotti. La pandemia ci ha offerto l’opportunità di ripensare alcuni processi e di ottimizzare le nostre risorse. Grazie ai ristori del Governo, al grande impianto fotovoltaico e alle decisioni assunte, possiamo presentare oggi una manifestazione in grado di creare valore e di generare anche un rilevante impatto economico e sociale per la comunità locale e per l’intero territorio nazionale». >> Link: www.cibus.it

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AZIENDE

Carne maturata e territorialità, il segreto di Casa Caldarelli Con il grill chef Vincenzo Pagano che promuove carni da tutto il mondo maturate con il Cuomo Method®

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lla griglia, a media o bassa temperatura, con predilezione per la cottura con brace a carbone: le carni maturate preparate dallo chef di Casa Caldarelli (www.casacaldarelli.it), VINCENZO PAGANO, sono garanzia di gusto, succosità e salubrità. Il suo segreto? Accostare le carni selezionate da tutto il mondo con i prodotti Dop, IGP e bio della Campania e con una variegata e ricca cantina di vini, bollicine e birre artigianali, che devono abbinarsi perfettamente per esaltare ancor di più il gusto succoso delle carni maturate secondo la geniale intuizione di ALESSANDRO CUOMO. Nel bellissimo locale di Nola (NA), in Via Croce del Papa, le cose si fanno bene e in grande. All’interno della sala fa bella mostra di sé l’ultimo arrivato in Casa Caldarelli: un Maturmeat® Tunnel da 600 kg della linea walkin a maturazione settimanale, che si aggiunge ai Maturmeat® a vista della linea plugin per ristorazione da 300 kg circa in totale: una scelta fortemente voluta dalla proprietà, che ritiene la sicurezza alimentare una priorità assoluta, garantita dal governo del pH della carne, che non presenterà mai la tossicità tipica degli ammuffimenti e, soprattutto, con la responsabilità di non voler mai lasciare senza data di scadenza le proprie carni pregiate, così come può accadere nei frigoriferi conservatori. L’istrionico grill chef è il guru della cucina gourmet tradizionale di Casa Caldarelli, rinomata in Campania soprattutto per la sua vasta selezione di carni nazionali ed estere, eseguita con assoluta dedizione e predilezione per le carni più pre-

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Ristorante, braceria, pizzeria, bar, salumeria e spazio per l’accoglienza di eventi: a Nola, in provincia di Napoli, Casa Caldarelli accoglie la propria clientela dal mattino alla sera inoltrata.

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giate, scelte accuratamente rispetto ai luoghi di provenienza e dopo un approfondito studio sulla cottura, la conservazione e la maturazione, che poi ne determina tipo e taglio. «Le nostre carni sono un prodotto davvero esclusivo e sono preferite e ricercate dalla nostra clientela, che giunge appositamente da noi da ogni provincia della Campania e dalle regioni limitrofe» dichiara Pagano. «Il segreto del nostro successo risiede in due principali ragioni: la selezione accurata della materia prima, a partire dalla tracciabilità alle modalità di allevamento degli animali, e il valore assoluto rappresentato dall’applicazione del Cuomo Method®, con le carni sottoposte ad un periodo di maturazione naturale affinata dal Maturmeat®, un innovativo dispositivo tecnologico dotato di un sistema di controllo molto evoluto. Abbiamo scelto di utilizzare questo singolare brevetto nei nostri locali — prosegue lo chef di Casa Caldarelli — perché teniamo ad offrire un prodotto di alta qualità alla nostra clientela, sia per il gusto, la morbidezza e l’aumento dei valori nutrizionali della carne, che si ottiene proprio dalla maturazione e conservazione nel Maturmeat®, sia perché non esiste al mondo altro modo per gestire in totale sicurezza il pH della carne e tutti quegli elementi fisici capaci di garantire e tenere in sicurezza tutti gli elementi salutistici e normativi richiesti dal legislatore a ogni ristoratore». Ma un buon ristoratore sa anche molto bene che nel suo locale «si deve vivere un’esperienza speciale» e che per ricevere l’ap-

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All’interno della sala del bellissimo locale di Via Croce del Papa 12/14, oggi fa bella mostra di sé un Maturmeat® Tunnel da 600 kg della linea walkin a maturazione settimanale, che si aggiunge ai Maturmeat® a vista della linea plugin per ristorazione da 300 kg circa. provazione della clientela e invitare quello stesso cliente a ritornare nel proprio ristorante bisogna rendere indimenticabile quell’esperienza. Per fare questo, però, bisogna anche crescere in professionalità, formandosi e aggiornandosi periodicamente, per essere sempre al passo con la dinamicità del mercato e per garantire alla propria clientela la competenza propria degli opera-

tori specializzati, specie di coloro che sono sempre attenti a quel tipo di novità tecnologiche che riescono ad esaltare l’estro creativo di chi lavora in cucina. «Sono reduce da un importante corso di formazione e aggiornamento che ho tenuto con docenti di grandissima competenza presso i laboratori della Stagionello Academy — ci confida Vincenzo Pagano mo-

Il segreto del successo di Casa Caldarelli? La selezione accurata della materia prima, la sua tracciabilità e attenzione al benessere in allevamento, e il valore assoluto rappresentato dall’applicazione del Cuomo Method®, con le carni sottoposte a un periodo di maturazione naturale affinata dal Maturmeat®, innovativo dispositivo tecnologico dotato di un sistema di controllo molto evoluto

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«Le nostre carni sono un prodotto esclusivo e sono ricercate dalla nostra clientela, che giunge appositamente da noi da ogni provincia della Campania e dalle regioni limitrofe» dichiara Pagano, che mostra il suo attestato di Stagionello Academy.

Vincenzo Pagano è l’istrionico grill chef della cucina gourmet tradizionale di Casa Caldarelli, rinomata in tutta la Campania soprattutto per la sua vasta selezione di carni nazionali ed estere. strando il suo attestato di esperto sulla maturazione della carne a pH governato — da cui ho tratto un’ampia conoscenza di dinamiche e tecniche che esalteranno la mia cucina. La formazione continua è sempre il miglior investimento ed è indispensabile per qualsiasi professionista, perché, per uno specialista

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che vuol definirsi tale, non è sufficiente capire solo le differenze tra le varie razze, la conoscenza delle tipologie e dei tipi di taglio che possono garantire la migliore resa o la possibilità di saper valutare le percentuali di tessuto connettivo adiposo o muscolare per conoscere il grado di temperatura e il tempo più idoneo per la cottura».

All’interno del mondo della ristorazione e della braceria di famiglia Caldarelli ci sono 25 anni di esperienza consolidata e di scelte responsabili, etiche, sostenibili e soprattutto rispettose della tradizione della cucina campana. Il gruppo, forte di uno spirito imprenditoriale dinamico e flessibile, ha collezionato numerosi successi nel corso degli anni sino a collocarsi oggi fra le realtà leader del settore a livello regionale, a partire proprio da Casa Caldarelli. “Casa” perché si vuol subito far intendere a chi vi entra che quello è un luogo che mette tutti d’accordo, ma soprattutto perché l’idea di casa comunica meglio il concetto di fondo di tale attività: realizzare un concept alternativo per un luogo di accoglienza innovativo che rispecchia le tradizioni e che riesca a trasmettere l’idea di una grande Casa e, quindi, di Famiglia. La stessa vision che accomuna Casa Caldarelli alla filosofia del Cuomo Method®.

>> Link: www.stagionellostore.com

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Eataly aderisce all’European Chicken Commitment A seguito del dialogo intrapreso da tempo con Animal Equality e altre primarie associazioni per la protezione animale, Eataly ha pubblicato il proprio impegno a rispettare entro il 2026 i requisiti dell’European Chicken Commitment. Questa è una notizia molto importante per il settore alimentare e per gli animali. Lo statement di Eataly precisa l’impegno dell’azienda nella salvaguardia della biodiversità delle razze avicole a lento accrescimento. «Nei prossimi anni Eataly si rende disponibile a collaborare con i portatori di interesse per identificare le più corrette modalità di applicazione dell’ECC per i piccoli allevatori e la loro tutela. Da sempre, infatti, Eataly lavora in sinergia con Slow Food nella salvaguardia della biodiversità delle razze avicole a lento accrescimento rendendola una importante risorsa economica per le piccole realtà di allevatori che hanno un ruolo centrale nelle filiere di qualità del nostro Paese» ha dichiarato Giulia Malerbi, responsabile della sensibilizzazione aziendale di Animal Equality Italia. «Ci auguriamo che molti altri retailer e aziende italiane decidano di impegnarsi per un trattamento degli animali più compassionevole e si allontanino da forme di produzione insostenibili, come l’uso delle razze a rapido accrescimento per gli allevamenti avicoli». Lo European Chicken Commitment è un documento che contiene 6 richieste che rappresentano i requisiti minimi che ogni politica aziendale sul benessere dei polli da carne in Europa deve necessariamente contenere. Questo può avvenire costruendo una relazione con l’azienda stessa oppure informando i consumatori sulla mancata attenzione che una determinata realtà presta alle condizioni di vita degli animali e facendo pressione affinché cambino direzione. Quali sono queste richieste? Rispetto di tutte le leggi e regolamentazioni di benessere animale dell’Unione Europea, indipendentemente dal Paese di allevamento degli animali; densità di allevamento di 30 kg/m2 o inferiore; la pratica dello sfoltimento è disincentivata e se utilizzata deve essere limitata ad una sola volta per ciclo di produzione; utilizzo di razze che dimostrano indicatori migliori di benessere animale; fornire degli arricchimenti ambientali; adottare la pratica dello stordimento in atmosfera controllata che utilizzi gas inerte o sistemi multi-fase, o in alternativa sistemi di stordimento elettrico con bagni d’acqua efficaci e senza inversione degli animali vivi; dimostrare la conformità agli standard descritti sopra attraverso certificazione da parte di un ente terzo e la pubblicazione di report annuali sul progresso di implementazione di questa politica (fonte e photo © Animal Equality Italia; in basso, uno scatto presso Eataly Milano, photo © idealwork.it).

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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO MARCA

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Menù porta il sushi in macelleria Il tradizionale piatto giapponese a base di riso e pesce viene rilanciato dall’azienda di Medolla (MO) in una nuova veste a base di carne rigorosamente cruda o solo leggermente cotta

L’

idea innovativa dell’azienda modenese Menù, leader nella produzione di specialità alimentari per il foodservice, è stata quella di creare un’intera linea di ricette di sushi, nella quale gli ingredienti tipici giapponesi sono stati sostituiti con quelli propri della cultura gastronomica mediterranea, con un richiamo forte alla carne per rendere più attraente la proposta per le macellerie e per la

ristorazione. «Quando si parla di sushi è inevitabile il richiamo all’Oriente e al Giappone, Paese dalle origini antichissime caratterizzato da una grande cultura gastronomica» afferma FEDERICO MASELLA, Marketing Manager & National Key Account Menù Italia. «Ci siamo soffermati sulla lavorazione e sulla trasformazione dell’idea di sushi applicata alla carne cruda perché pensiamo possa

essere una proposta interessante per il canale macelleria, protagonista di una importante evoluzione in questi ultimi anni. Sono sempre più numerose, infatti, le attività che hanno aperto alla somministrazione, offrendo la possibilità di pranzare, fare aperitivi e degustazioni. Fare la spesa diventa così un’esperienza da vivere, sempre più vicina ad essere un’attività di piacere che di necessità».

Tartare mini trendy noci e radicchio 62

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Nigiri, Hosomaki, Uramaki, Sushi, Bombette e Tartare sono tra le specialità più amate dai consumatori, oggi declinabili, grazie a Menù, anche nella speciale versione “a base di carne”: carne cruda o leggermente cotta oppure salumi. Sarà l’esperienza del macellaio e la tradizione del territorio a suggerire il miglior impiego delle carni in queste ricette.

Nigiri, Hosomaki, Uramaki, Sushi, Bombette e Tartare sono tra le specialità più amate dai consumatori, oggi declinabili, grazie a Menù, anche nella speciale versione “a base di carne”. Preparare i Sushi di carne è molto semplice: grazie all’ampia gamma di prodotti Menù e all’esperienza del macellaio, che saprà individuare i migliori tagli da utilizzare, la ricetta sarà pronta in pochi passaggi con un risultato a prova di gourmand. Nigiri friarielli e scamorza e Nigiri al fico, Hosomaki agli asparagi e Hosomaki “Tuttosole”, Uramaki uova e tartufo nero e Uramaki funghi, pesto alla genovese e Minired, Sushi al pistacchio e Sushi agli agrumi, Bombetta tonnata alle olive e Bombetta al datterino giallo, Tartare noci e radicchio e Tartare Golfo di Napoli… sono solo alcune delle ricette proposte da Menù, dove la tradizione orientale incontra i gusti tipici della tradizione gastronomica mediterranea. L’ingrediente base: il riso Il sushi ha come base sempre il riso: quello che meglio si presta alle lavorazioni è un riso dal chicco piccolo chiamato Kome; tra le varietà prodotte in Italia quella che più si avvicina alle qualità richieste è il riso Roma, oppure si può optare per il riso Originario. Il riso deve essere lavato varie volte, in modo da privarlo di quanta più possibile quantità di amido e, successivamente, posto in un tegame con dell’acqua per la cottura. La proporzione solitamente è quella di una parte di riso e una parte di acqua.

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Hosomaki di nocciole

Uramaki gorgonzola, noci e cipolla

Sushi mini trendy pesto rosso e pesto alla genovese 63


Bombetta piccante

Bombetta tonnata alle olive

Bombetta al datterino giallo 64

Bombetta al datterino giallo Eurocarni, 4/22


Dopo aver cotto il riso nel tegame coperto per 12 minuti circa, si deve toglierlo dalla fiamma e farlo riposare per circa 6 minuti, quindi si aggiunge il condimento a base di aceto di riso, precedentemente preparato con aceto di riso, sale e zucchero. A questo punto la base è pronta per iniziare le preparazioni di Sushi di carne.

Nigiri friarielli e scamorza

La protagonista: la carne Per impreziosire il bocconcino di riso, le proposte Menù prevedono l’impiego di carne cruda o leggermente cotta, oppure salumi. Sono numerosi e vari i tagli che si possono utilizzare, ad esempio noce, fesa, filetto e girello nel caso di vitellone, mentre per la carne di cavallo si utilizza preferibilmente controfiletto, filetto, fesa francese e noce. Sarà tuttavia l’esperienza del macellaio e la tradizione del territorio a suggerire il miglior impiego delle carni in queste ricette. Gli altri ingredienti Menù Verdure, aromi, erbe, spezie, salse, creme, pesti, ma anche basi croccanti da finger food: la proposta di referenze Menù indispensabili per guarnire, farcire, condire i sushi è molto ricca. Una serie di prodotti capaci di completare con gusto e armonia qualsiasi ricetta, grazie all’indiscussa qualità che da oltre 90 anni identifica i prodotti Menù.

Aneto e pomodori soleggiati

Nigiri ai carciofi Eurocarni, 4/22

La formazione con gli chef Menù Se non bastasse, Menù mette a disposizione un servizio esclusivo di training a cura dei suoi chef, disponibile sia in versione digitale, sia in presenza, tramite corsi e dimostrazioni.

Menù Srl Strada Statale 12, 102 41036 Medolla (MO) Telefono: 0535 49711 E-mail: marketing@menu.it Web: www.menu.it

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Centro Carni Company punta sulla sostenibilità e riduce del 25% il packaging dei burger freschi dedicati al retail Centro Carni Company è fortemente impegnata nella sostenibilità. Tra le sue prime iniziative c’è stata la riduzione dei materiali impiegati per la realizzazione dei packaging delle diverse linee di prodotto. Sono infatti state ridotte del 25% le confezioni dei burger: un cambiamento, questo, frutto di numerose ricerche e prove, per garantire al consumatore la qualità di sempre, diminuendo però l’impatto ambientale delle confezioni che solo nel 2020 hanno cubato globalmente, secondo il report CONAI, ben 13,1 milioni di tonnellate, pari a circa un terzo dei rifiuti urbani complessivi. Nello specifico, per il nuovo pack dei burger verrà utilizzato un vassoio più piccolo, composto al 75% da materiale riciclato (da un materiale “accoppiato” si è giunto a uno “monomateriale”); si passa, infatti, da un contenitore di 253x182 mm ad uno di 190x190 mm. Ciò comporta la riduzione del 25% di plastica, di conseguenza anche il film che avvolge il prodotto e la fascetta saranno ridotti del 25%. Un processo questo in continuità con la politica aziendale di riduzione degli sprechi, efficienza e sostenibilità e che ha visto negli ultimi anni l’evoluzione già di diversi packaging sia delle linee retail che B to B. In termini di trasporto, il ripensamento del packaging porta un ulteriore vantaggio: +13% di prodotto per pallet box, ciò significa ricevere più merce per ogni singola consegna, ottimizzando non solo la quantità di prodotto ma impattando positivamente in termini di logistica e di inquinamento. Inoltre, la riduzione di materiali per il confezionamento incide positivamente anche sui magazzini, sul punto vendita e sul frigo in ottica di ottimizzazione degli spazi. Un’azione questa, messa a terra da Centro Carni Company, che va oltre la mera riduzione del contenitore, ma un progetto che sposa in pieno la filosofia e mission aziendale che hanno, da sempre, come punti cardine l’innovazione e il continuo miglioramento. La riduzione del pack ha comportato, inoltre, un investimento importante a livello economico, in quanto l’innovazione tecnologica ha riguardato anche gli impianti e i macchinari utili per la produzione e la messa a punto di questa nuovo e importante programma che mira a lungo tendere a salvaguardare il pianeta e il benessere delle persone. «Il problema del packaging in eccesso è un fenomeno enorme e globale» afferma Nicola Pilotto, direttore amministrazione, finanza e controllo di gestione di Centro Carni Company. «La nostra azienda sta lavorando con grande impegno e dedizione per rendere i packaging dei nostri prodotti sempre più sostenibili, e questo nuovo progetto ne è la prova. Nei prossimi sei mesi abbiamo l’ambizioso obiettivo di ridurre ulteriormente del 40% il materiale plastico del vassoio. Abbiamo all’attivo diversi studi e ricerche a riguardo, a dimostrazione del ruolo-guida che l’azienda intende svolgere per la gestione responsabile e sostenibile dei packaging». >> Link: centrocarnicompany.com

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Nella nuova sede di La.Co. Carni soluzioni evolute per mantenere la catena del freddo con Hörmann La recente pandemia ha messo a dura prova il settore agroalimentare e specialmente il mondo della ristorazione e dell’ospitalità, ma ha anche stimolato i consumatori a prestare una maggiore attenzione alla qualità del cibo che acquistano, contribuendo a far emergere una maggiore consapevolezza sul valore strategico della filiera nazionale. Nonostante le intuibili difficoltà, in quello stesso periodo un’importante azienda lombarda — attiva nella lavorazione e commercio della carne — ha completato la riqualificazione di un edificio industriale, per ricavarvi la nuova sede produttiva, utilizzando soluzioni allo stato dell’arte. «Dal 1970 ci occupiamo del sezionamento e della commercializzazione di carni bovine, suine, avicole e dei salumi» affermano Ezio e Massimo Marelli, soci di La.Co. Carni. «Si tratta di un’attività di famiglia, iniziata dal bisnonno nel 1890 e giunta oggi, con i figli che operano in azienda, alla quinta generazione. La nostra realtà tratta una gamma variegata di prodotti di fascia medio-alta, provenienti soprattutto dall’Italia ma anche da Australia, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Nord e Sud America, o ancora dalla Spagna, sviluppando un fatturato annuo nell’ordine di 20 milioni di euro. I fornitori sono tutti allevatori selezionati personalmente, dai quali acquistiamo i prodotti a valle della macellazione. I clienti, Per la riqualificazione della nuova sede, La.Co. Carni ha scelto prodotti serviti esclusivamente con automezzi della flotta con prestazioni al vertice, in particolare per le quattro baie di carico, aziendale, sono ristoranti e trattorie, macellerie, di cui due per automezzi di grande dimensione e due per automezzi grossisti e medio-market, situati principalmente di media e piccola dimensione (photo © Hörmann). in Lombardia e nel resto del territorio italiano». Da novembre 2020 è entrato in funzione il nuovo lo stabilimento a Cusano Milanino (MI). «Oggi la nostra sede è all’interno di un capannone industriale risalente agli anni ‘50, caratterizzato da ampi open space protetti da strutture a volta in acciaio zincato; in questo edificio tutte le attività sono concentrate su un unico livello, all’interno di ambienti concepiti per ottimizzare i processi e garantire i più elevati standard qualitativi. Oltre alla realizzazione ex-novo di tutti gli spazi interni e dei relativi impianti, i tetti sono stati bonificati della preesistente copertura in eternit e i paramenti esterni, in mattoni facciavista, sono stati rivestiti con una facciata ventilata in lastre di acciaio cor-ten, dalla quale fuoriescono quattro baie di carico tecnologicamente evolute». Si tratta di sistemi di produzione Hörmann, perfettamente integrati dal punto di vista architettonico. «Per le attività logistiche — che nel nostro settore costituiscono una potenziale criticità — come per tutti gli altri componenti edili e impiantistici, abbiamo voluto utilizzare soluzioni e prodotti al top della gamma, dal punto di vista igienico-sanitario, tecnico e prestazionale, realizzando uno stabilimento a misura delle nostre esigenze. In particolare, le baie di carico sono poste in continuità con lo strato termoisolante della nuova facciata e, grazie alla velocità di apertura e chiusura dei portoni, minimizziamo le dispersioni termiche anche a vantaggio della continuità della catena del freddo e, perciò, della qualità del prodotto». >> Link: www.hormann.it

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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

COPPIELLO GIOVANNI Tel. 049 725 596 Fax 049 893 0525 www.coppiello.it - info@coppiello.it

Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Nella foto una delle nostre “Ricette Consigliate”: Sfilaccetti di Cavallo con Julienne di Verdure. Esecuzione: bollire per qualche minuto le verdure tagliate julienne, guarnire il piatto e condire con unʼemulsione di olio dʼoliva e sale di sedano. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Sfilaccetti, 2 Carote, 6 Cucchiai di Olio dʼOliva, 2 Zucchine, 200 gr. Cappuccio Bianco,

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20 gr. di Sale al Sedano.

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Salame di Equino

“Julienne” Di Bresaola di Equino

Sfilacci di Tacchino

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Sfilacci di Equino


INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto

Regione Emilia-Romagna Finanziamento a fondo perduto del 35% settore agroindustriale / agroalimentare Reg. UE 1305/2013 Transizione PSR 2021/2022 Misura 4.2.01 Investimenti per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (ortofrutticoli, lattiero-caseario, carni “bovini, suini, avicoli, cunicoli, ecc…”, uova, vitivinicolo, cerealicolo e riso, sementiero, olio d’oliva, miele, aceto, ecc…) È operativo fino al 1 luglio 2022 il bando di finanziamento PSR Misura

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4.2.01 per gli investimenti in aziende agroalimentari, che consentirà di richiedere contributi a fondo perduto del 35% su investimenti da realizzarsi negli anni 2022-2023, per: 1. costruzione/ristrutturazione di immobili produttivi anche per fini di miglioramento energetico; 2. acquisto di macchine, attrezzature ed impianti tecnologici funzionali alla lavorazione, trasformazione, confezionamento, conservazione dei prodotti, ecc…; 3. impianti fotovoltaici per autoconsumo nel limite massimo di spesa del 40% del valore del progetto; 4. acquisto di hardware e software

specialistici per i processi produttivi; 5. costruzione e/o implementazione di siti internet; 6. spese generali. •

Per approfondimenti, siamo a disposizione per visite. Contattateci

FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 335 6060351 Giacomo 338 8918366 Marco Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it

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TREND

La macelleria si fa boutique gourmet Alla scoperta di una nicchia del retail che, oltre a proporre una selezione di carni — spesso internazionali — offre prodotti ricercati del Food & Beverage. Il tutto in un contesto di arredo e allestimento curatissimi e di grande tendenza di Elena Benedetti

Uno scatto all’interno di Carna, la steakhouse che il nostro Dario Cecchini ha aperto lo scorso anno al 74o piano del nuovo SLS Dubai Hotel & Residences, nella Business Bay di Dubai. Qui la carne è declinata in ristorazione e il contesto è di altissimo livello, non solo per la qualità dei tagli serviti ma anche per la scelta e per gli arredi della favolosa location. Questo è il secondo progetto, dopo un’apertura alle Bahamas, per il butcher italiano che da Panzano in Chianti si fa portavoce di una filosofia del consumo di carne responsabile che promuove l’utilizzo dell’animale intero dal naso alla coda (photo © sbe.com).

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A Carna Dario Cecchini ha portato il suo concept di ristorante carnivoro della tradizione toscana ad un livello luxury e in un contesto decisamente molto sofisticato. Immutata, però, è la sua visione della carne, che valorizza tutti i tagli e non solo filetti e controfiletti. Il nome che Dario ha pensato per il locale, Carna, non è stato scelto a caso. Nella filosofia classica, narrata dal poeta Ovidio, Carna era una ninfa che risiedeva in un antico bosco vicino al fiume Tevere, successivamente accolta tra le divinità con il compito di proteggere gli organi interni, in particolare quelli dei bambini, e più in generale di assicurare il benessere fisico all’uomo (photo © instagram.com/carnadubai).

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acelleria. Un termine che sta diventando “stretto” se pensiamo ad un concept di vendita delle carni che oggi si sta evolvendo ad una velocità pazzesca, oggetto di un cambiamento radicale — certamente per quanti si possono permettere investimenti importanti — sia nel restyling degli spazi dedicati alla vendita e alla lavorazione delle materie prime, sia nella dotazione di tecnologie (come ad esempio armadi per la maturazione dei tagli, forni multiuso per i piatti pronti, aree di lavoro più attrezzate ed efficienti e linee per il sottovuoto). Non c’è dubbio che il canale tradizionale abbia svolto un ruolo strategico in questi due anni di pandemia, fornendo un servizio essenziale al consumatore, offrendo

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prodotti pronti all’uso e servizi (consegne a domicilio, e-commerce, ordini su whatsapp e solo da ritirare in negozio, giusto per ricordarne alcuni). Ma la “macelleria” sta anche cambiando volto, si sta orientando verso prodotti ad elevato valore aggiunto che raccontano progetti e filosofie di razze, allevamenti, benessere animale, provenienza e cultura delle carni. In tutto ciò, la componente espositiva, la progettazione degli interni, la cura degli allestimenti, la creatività nel ricercare idee che attraggono il cliente e offrono soluzioni sono fortissimi e fondamentali per fare la differenza. Forse uno dei primi ad avviare questa tendenza è stato VICTOR P UHARICH insieme al figlio ANTHONY, con la sua macelleria Victor

Churchill a Sydney e Melbourne, Australia, locali unici che sono meta di tanti butcher in visita da tutto il mondo. Per ANTHONY BOURDAIN quella di Sydney era “La macelleria più bella del mondo”, un locale perfetto che valorizza la carne, i suoi tagli, le sue frollature e, al contempo, agevola l’esperienza di acquisto della clientela con i banchi di libero servizio. Oggi sempre più stanno emergendo le cosiddette macellerie gourmet, locali che offrono un’esperienza diversa, avvolgente, che stupisce e che porta la carne ad essere la protagonista assoluta, nel banco servito o a libero servizio. Penso a Pantano Carni aperta lo scorso anno a Forte dei Marmi o a Gasparino 1948 a Casavatore (NA).

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Culina è tra le maggiori catene di macellerie di Singapore. “I nostri banchi di macelleria offrono tagli ed elaborati a base di carne provenienti da Paesi lontani come Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. La nostra selezione spazia da tagli di prima qualità di manzo, agnello, maiale, pollo, salsicce e burger grass fed e cereali ad un’ampia gamma di prodotti gastronomici pronti al consumo. Qualità e servizio sono al centro di tutto ciò che facciamo” scrivono sul loro portale culina.com.sg (photo © culina.com.sg).



La macelleria Victor Churchill a Melbourne (in alto e in basso a sinistra) e nella location di Sydney (in basso a destra) il dettaglio della sala di frollatura (photo © facebook.com/victor.churchill.woollahra).

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14 – 19. 5. 2022 Frankfurt am Main

Tecnologie collaudate per prodotti innovativi IFFA, fiera leader mondiale dal 1949 per il confezionamento della carne e la trasformazione delle proteine

www.iffa.com visitatori@italy. messefrankfurt.com Tel. +39 02 8 80 77 81


The Istanbul Butcher, realizzato da Nezih Gıda e progettato da Micheal McCann, è un locale unico nell’offerta di carni non solo a Istanbul ma in tutta Europa e Asia. Al suo interno c’è anche il Butcher Theatre, una cella completamente trasparente per tagli, mezzene e lunghe frollature. I banchi refrigerati e gli allestimenti ospitano una selezione di carne e di prodotti a base di carne oltre a dessert e vini (photo © theistanbulbutcher.com).

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MOKU È il banco ideale per la macelleria, grazie al suo sistema di refrigerazione statico con fondo brinato, interamente realizzato in acciaio Inox, saldato a mano dai nostri esperti artigiani.

mondel.it


In alto: il Beefbar Butcher Shop di Montecarlo progettato da Humbert & Poyet e realizzato da Riccardo Giraudi del Giraudi Group oggi conta locali in tutto il mondo (photo © wallpaper.com). In basso: si chiama Cuts ed è una macelleria gourmet a Riyadh, Arabia Saudita, il cui progetto è stato curato nel 2020 da Ahmed Hefnawy e pubblicato su Behance. I materiali impiegati sono pregiati, con lastre di marmo sia per il rivestimento del pavimento che delle pareti, inserti in legno e un’illuminazione che esalta sia l’allestimento che il prodotto. Lo spazio destinato alla vendita è bilanciato tra banco servito e libero servizio. Sullo sfondo si intravede il laboratorio a vista. Cuts si può seguire su instagram.com/11cuts_sa (photo © behance.net).

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Gasparino dal 1948 Macelleria, Gastronomia Tripperia, locale storico a Casavatore (NA), oggetto di un recente restyling realizzato dall’architetto Carmine Abate. Il risultato? Una boutique della carne dove i prodotti sono esposti come oggetti preziosi. Fortuna è poterli mangiare (si veda l’articolo Eurocarni, 4/22 dedicato in EUROCARNI n. 6/2021, photo © Carlo Oriente 2021).


Lo scorso anno a Forte dei Marmi è stata inaugurata la prima boutique di carne d’Italia all’insegna del “su misura”. Un progetto rivoluzionario su cui Pantano Carni ha investito creando un concept di negozio mai visto prima. Un’architettura iconica dove la carne è valorizzata e presentata come un bene di lusso al pari della haute couture e dell’alta gioielleria. L’atmosfera è caratterizzata da elementi architettonici progettati e realizzati su misura, in modo da dare una forte personalità al locale. A Forte dei Marmi il soffitto è costituito da migliaia di listelli in legno naturale appesi che ricreano la metafora visiva di onde di messi di grano. La carne è riposta in teche refrigerate realizzate su misura dai designer dell’azienda padovana Criocabin e l’effetto complessivo è un gioco di luci e superfici che esalta le texture dei tagli nei diversi gradi di stagionatura. Pantano Carni ha scelto il top per la conservazione ed esposizione della sua Prime Superior Meat: Il Magnifico con controllo da remoto WOW e Nucleus, EPV e murali refrigerati Elios personalizzati con spalle vetrate serigrafate nere, ripiani e cappello specchiati con illuminazione CRIOLED. Un concept su misura a 360° realizzato dallo Studio Michbold di Lucca in collaborazione con Criocabin per tutta la parte di refrigerazione Fully Custom (photo © Criocabin).

Siamo andati a scovare in giro per il mondo locali unici nella loro concezione, per cura del design e per espressione di ciò che può significare vivere l’acquisto di un taglio di carne, ed eventualmente consumarlo al suo interno. Eh già, perché la macelleria gourmet diventa in un attimo esperienza di consumo, con una sezione dedicata alla ristorazione o

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anche alla più veloce degustazione, come ad esempio un panino o un aperitivo. In questa carrellata di macellerie gourmet abbiamo scoperto locali unici, che hanno spesso alle spalle investimenti da capogiro. La carne è protagonista in un allestimento quasi teatrale, nel quale luci, materiali, grafica e design portano il cliente a vivere un’esperienza.

Sicuramente la realtà dei maestri macellai è totalmente diversa, gli spazi e le risorse a disposizione sono di tutt’altra misura. Ma magari questo excursus attraverso il mondo dei locali gourmet che celebrano la carne può dare qualche spunto, una suggestione, un’idea per inserire qualche elemento creativo all’interno del proprio locale. Elena Benedetti

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Tagli di Chianina (photo © F.M)

INDAGINI

XIX Rapporto Ismea-Qualivita, DOP e IGP nell’anno della pandemia Nell’anno che ha messo in discussione i fattori fondamentali alla base dei sistemi di produzione, distribuzione e consumo, la DOP economy conferma il suo ruolo fondamentale nei confronti dei territori, grazie al lavoro svolto da 200.000 operatori e 286 Consorzi di tutela dei comparti cibo e vino di Sebastiano Corona

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o conferma l’analisi ISMEA– QUALIVITA nel suo XIX Rapporto. I prodotti DOP IGP, nel 2020 raggiungono 16,6 miliardi di euro di valore alla produzione (–2,0%), pari al 19% del fatturato totale dell’agroalimentare italiano, e un export da 9,5 miliardi di euro (–0,1%) pari al

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20% delle esportazioni nazionali di settore. A fine 2021 si contano complessivamente 3.249 prodotti DOP-IGPSTG nel mondo, 3.043 dei quali registrati nei Paesi europei, a cui si aggiungono le 206 produzioni DOP-IGP-STG riconosciute in 15

Paesi extracomunitari, Regno Unito compreso. In questo contesto l’Italia conferma il primato mondiale per numero di prodotti certificati con 841 DOP, IGP, STG. In Italia un euro su cinque dell’agroalimentare nazionale proviene da prodotti DOP-IGP. Un dato in

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calo rispetto al 2019, ma più che comprensibile nell’anno peggiore della storia recente, che conferma comunque la capacità di tenuta di un sistema diffuso in tutto il territorio. La DOP economy vale il 19% del fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale, grazie soprattutto al contributo delle grandi produzioni certificate, ma non mancano elementi che confermano un forte dinamismo del sistema delle Indicazioni Geografiche “minori” e più recenti, fra cui l’affermarsi di categorie come le Paste alimentari o i Prodotti della panetteria e pasticceria. Il comparto agroalimentare DOP-IGP vale 7,3 miliardi di euro alla produzione e il vitivinicolo imbottigliato raggiunge i 9,3 miliardi di euro. Sul fronte dell’export variano le dinamiche, ma si conferma il valore. Le esportazioni registrano infatti i 9,5 miliardi di euro (–0,1%), per un peso del 20% nell’export agroalimentare italiano. Si tratta di un risultato importante, con chiari effetti collegati alla pandemia sui mercati extra-UE, il cui calo è compensato da una crescita delle esportazioni verso destinazioni europee. Il valore complessivo è frutto anche di un andamento diverso fra i due comparti, con il cibo che con 3,92 miliardi di euro registra un incremento del valore esportato del +1,6% e il vino che con 5,57 miliardi di euro mostra un calo del –1,3%, dovuto ad evidenti ragioni legate ai problemi registrati dalla ristorazione per i vari lockdown. Mercati principali si confermano Germania (770 mln di euro), USA (647 mln di euro), Francia (520 mln di euro) e Regno Unito (268 mln di euro). Per ciò che riguarda il vitivinicolo invece, l’export raggiunge 5,6 miliardi di euro, per un –1,3% su base annua e un trend del +71% dal 2010. Risentono degli effetti della pandemia soprattutto i mercati extra-UE (–4,3%), mentre cresce l’export in UE (+4,1%) con incrementi a doppia cifra per i Paesi scandinavi e del Nord Europa. Anche l’impatto territoriale è

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positivo per la distribuzione nella maggior parte del Paese degli effetti positivi del sistema. Tutte le regioni e le province italiane registrano un impatto economico delle filiere DOP-IGP, anche se si conferma la concentrazione del valore nel Nord Italia. Fra le prime venti province per valore, ben undici sono delle regioni del Nord-Est, a partire dalle prime tre — Treviso, Parma e Verona — che registrano un impatto territoriale oltre il miliardo di euro. Tuttavia, nel 2020 l’area “Sud e Isole” mostra un incremento complessivo del valore rispetto all’anno precedente (+7,5%), con crescite importanti soprattutto per Puglia e Sardegna. L’agroalimentare a denominazione coinvolge oggi oltre 86.000 operatori, 165 Consorzi autorizzati e 46 organismi di controllo. Nel 2020 raggiunge i 7,3 miliardi di euro di valore alla produzione, per un –3,8% in un anno e con un trend del +29% dal 2010. Stabile il valore al consumo a 15,2 miliardi di euro, per un andamento del +34% sul 2010. Il vitivinicolo invece riguarda oltre 113.000 operatori, 121 Consorzi autorizzati e 12 organismi di controllo. Nel 2020 registra 24,3 milioni di ettolitri di vino IG

imbottigliato (+1,7% in un anno), con le DOP che rappresentano il 68% della produzione e le IGP il 32%. Il valore della produzione sfusa di vini IG è di 3,2 miliardi di euro, mentre all’imbottigliato è 9,3 miliardi di euro (–0,6%) con le DOP che ricoprono un peso economico pari all’81%. Il Rapporto Ismea-Qualivita evidenzia ancora una volta l’aspetto principale che caratterizza in maniera specifica il settore: tutte le regioni e le province italiane hanno una ricaduta economica dovuta alle filiere dei prodotti DOP-IGP, con risvolti in ambito economico, sociale, di occupazione. Le prime cinque regioni che superano 1 miliardo di valore economico delle filiere IG sono Veneto (3,7 mld di euro), Emilia-Romagna (3,3 mld di euro), Lombardia (2,1 mld di euro), Piemonte (1,4 mld di euro) e Toscana (1,15 mld di euro). Fra le prime 20 province per valore 11 sono del Nord-Est, a partire dalle prime tre che registrano un impatto territoriale che supera il miliardo di euro: Treviso (1,6 mld di euro), Parma (1,3 mld di euro) e Verona (1,2 mld di euro). Come crescita annuale, fra le prime province i risultati migliori

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Agnelli di Sardegna IGP (photo © 2018 Zdenek Kajzr). sono quelli di Trento (+10,7%) e Bolzano (+6,4%), Asti (+10,2%) e Napoli (+15,8%). La crescita che si registra in alcune province, soprattutto del Sud Italia, conferma lo sviluppo di alcuni poli economici nati intorno ai Consorzi di tutela che, sebbene non appartenenti ai grandi distretti produttivi, sanno porsi al centro di sistemi territoriali di qualità sostenibile. Prodotti a base di carne Tra le produzioni, quelle a base di carne contano 43 denominazioni e 3.877 operatori che generano un valore di 1,87 miliardi di euro alla produzione (–2,0%) pari al 26% del comparto Cibo DOP-IGP. Tengono i dati della categoria, mediamente in calo del –2% sia in termini di quantità certificata che di valore, con alcune eccezioni di denominazioni che hanno mantenuto il valore sul mercato. Le esportazioni raggiungono i 555 milioni di euro (–6,3%), con gli effetti della pandemia legati ai prodotti che hanno i Paesi Extra-UE fra i maggiori

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mercati di destinazione. In EmiliaRomagna si concentra oltre la metà del valore della categoria con più di 1 miliardo di euro; seguono FriuliVenezia Giulia (311 milioni di euro) e Lombardia (307 milioni di euro). Le prime cinque filiere per valore alla produzione sono Prosciutto di Parma DOP, Prosciutto di San Daniele DOP, Mortadella Bologna IGP, Bresaola della Valtellina IGP, Speck Alto Adige IGP, che complessivamente valgono 1,6 miliardi di euro. Carni fresche Le carni fresche DOP-IGP contano 6 denominazioni e 10.293 operatori, che generano un valore di 92 milioni di euro alla produzione (–0,5%) pari all’1% del comparto Cibo DOP-IGP. L’export raggiunge 10 milioni di euro (+1,0%) e coinvolge il 9% della produzione certificata. In Sardegna (33 milioni di euro) e Toscana (18 milioni di euro) si concentra oltre la metà del valore totale della categoria. In crescita le prime tre denominazioni per

ordine di valore generato Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, Agnello di Sardegna IGP, Agnello del Centro Italia IGP. C ESARE M AZZETTI , presidente Fondazione Qualivita, ha sottolineato come la DOP economy rappresenti un modello efficace di sviluppo dei territori. La coesione delle filiere, la garanzia di sicurezza per i consumatori e la capacità di dialogo con le istituzioni hanno rappresentato punti di forza per la tenuta del settore, in risposta alle difficoltà emerse durante la prima fase della pandemia. I numeri delle analisi Qualivita -Ismea sono il frutto del lavoro congiunto di operatori, Consorzi di tutela, enti e istituzioni in tutta Italia. La Fondazione Qualivita continuerà a supportare il sistema attraverso l’analisi del settore, proponendo elementi utili a definire una nuova visione strategica sulla qualità in risposta ai mutamenti in atto e ai nuovi obiettivi della transizione ecologica. Sebastiano Corona

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MERCATI

Carni bovine, suine e ovine: analisi dei consumi e trend futuri

European Union Agricultural Outlook: prospettive 2021-31

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a Commissione europea ha pubblicato la nuova edizione del suo European Union Agricultural Outlook relativo al periodo 2021-31. Il documento esamina nel dettaglio quali saranno le prospettive a medio termine per i mercati agricoli ed è stato presentato in occasione della EU Agricultural Outlook Conference. La relazione riguarda l’UE nella sua attuale composizione (UE-27). Le prospettive agricole dell’UE presentano le prospettive per i principali mercati agricoli, il reddito e l’ambiente dell’UE da qui al 2031. Si basano su una serie di ipotesi relative alle condizioni macroeconomiche, al contesto stabilito delle politiche agricole e commerciali e agli sviluppi del mercato internazionale. Queste ipotesi implicano sviluppi di mercato relativamente privi di scosse mentre in realtà i mercati tendono ad essere molto più volatili. Poiché molti Paesi dell’UE devono ancora presentare i loro piani strategici per la politica agricola comune (PAC) nell’ambito della nuova PAC (il cui inizio è previsto nel 2023), le proiezioni presuppongono il proseguimento delle attuali politiche agricole e commerciali. Nella stessa ottica, i piani strategici della PAC devono ancora riflettere il livello di ambizione derivante da iniziative politiche quali il Green Deal europeo e, in particolare, gli obiettivi delle strategie “Dal produttore al consumatore” e sulla Biodiversità. Di conseguenza, essi non vengono presi in considerazione. Le cifre di bilancio relative al quadro finanziario pluriennale 2021-2027 sono state aggiornate. Dall’anno scorso non sono stati aggiunti nuovi accordi di libero

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scambio. Le relazioni tra l’UE-27 e il Regno Unito si basano sull’accordo commerciale e di cooperazione UE-Regno Unito, applicato in via provvisoria dal 1o gennaio 2021. Si ipotizza un rapporto commerciale esente da dazi/contingenti, con alcune perturbazioni a breve termine dovute a ulteriori controlli alle frontiere e a problemi logistici presi in considerazione solo nelle previsioni per il 2022. I contingenti tariffari dell’Organizzazione mondiale del commercio sono stati ricalcolati, in base alla loro ripartizione rispettivamente tra l’UE-27 e il Regno Unito La relazione della Commissione è frutto di uno sforzo congiunto della direzione generale dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale, che è responsabile dei contenuti, e del Centro comune di ricerca (Joint Research Centre – JRC). Poiché le incertezze circa gli sviluppi macroeconomici e le relazioni commerciali nei prossimi 10 anni restano elevate, è importante sottolineare che queste prospettive a medio termine rappresentano uno scenario di riferimento per qualsiasi attività futura di analisi e realizzazione di scenari, che consentirebbe di testare percorsi di sviluppo diversi. Il rapporto fornisce, infine, due specifici scenari ipotetici: il primo sulla riduzione del consumo di grassi nell’UE a seguito delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e il conseguente impatto sui mercati agricoli dell’UE entro il 2031, e, il secondo, sulle conseguenze dell’autosufficienza della Cina per carne e latticini entro il 2031.

La sostenibilità, con i suoi obiettivi ambientali, economici e sociali, dovrebbe rivestire un ruolo sempre più importante nei mercati della carne dell’UE, sia per i produttori che per i consumatori. Modernizzazione, tecnologie innovative e cambiamenti nelle pratiche agricole porteranno a una produzione di carne più efficiente e rispettosa dell’ambiente. Tuttavia, gli investimenti necessari rimangono una sfida

Le preoccupazioni per l’ambiente porteranno i consumatori a prestare più attenzione al processo di produzione e all’origine dei prodotti. I trend di consumo saranno anche guidati da considerazioni sulla salute e la convenienza. Il consumo pro capite di carne nell’UE dovrebbe scendere dai 69,8 kg del 2018 a 67 kg entro il 2031

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Si prevede che la produzione di carne ovina dell’UE aumenterà leggermente dello 0,3% all’anno nel periodo 2021-2031, fino a raggiungere le 660.000 tonnellate nel 2031, supportata da un’offerta mondiale limitata e da un miglioramento dei prezzi alla produzione. Si prevede che il consumo pro capite di carne ovina nell’UE aumenterà leggermente entro il 2031 e raggiungerà gli 1,4 kg pro capite grazie alla diversificazione della dieta a base di carne e al cambiamento dei modelli di consumo (photo © kaninstudio – stock.adobe.com).

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Il consumo di carne nell’UE dovrebbe diminuire da 69,8 kg nel 2018 a 67 kg di peso al dettaglio pro capite entro il 2031, contrariamente alla tendenza a livello mondiale (photo © puhimec – stock.adobe.com). Consumo globale di carne e domanda di importazione in aumento Entro il 2031, il consumo mondiale di carne dovrebbe continuare a crescere (+1,4% annuo), grazie all’aumento della popolazione e del reddito nei Paesi in via di sviluppo. Mentre gran parte della domanda mondiale sarà soddisfatta dalla produzione interna, saranno necessari altri 3,4 milioni di t di carne importata (soprattutto di pollame e carne bovina) per coprire il divario in molti Paesi, oltre agli attuali 37,3 milioni di t. L’UE beneficerà solo in misura limitata della domanda aggiuntiva, principalmente di carne di pollame. La quota delle esportazioni dell’UE sul commercio mondiale diminuirà dall’attuale 20% al 17% entro il 2031 a causa del calo delle esportazioni di carne suina verso l’Asia. Il percorso di recupero della Cina e di altri Paesi asiatici dalla PSA giocherà un fattore determinante.

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Un ruolo più importante per la sostenibilità nella produzione di carne e la consapevolezza ambientale nei consumi La sostenibilità, coi suoi obiettivi ambientali, economici e sociali, svolgerà un ruolo sempre più importante nei mercati della carne dell’UE, sia per i produttori che per i consumatori. Sebbene la modernizzazione, le tecnologie innovative e il cambiamento delle pratiche agricole porteranno a una produzione di carne più efficiente e rispettosa dell’ambiente, la decisione di investimento rimane una sfida. Il modo in cui le crescenti preoccupazioni sul contributo delle importazioni di mangimi dell’UE alla deforestazione avranno un impatto sul settore della carne non è ancora chiaro. Le preoccupazioni dei consumatori per l’ambiente e il cambiamento climatico si tradurranno in una

maggiore attenzione al processo di produzione e all’origine del prodotto (ad esempio, mercati locali, biologico e altri regimi di qualità, benessere degli animali e impronta ambientale). Altri fattori che determinano il cambiamento delle abitudini dei consumatori vanno dalle considerazioni sulla salute (minore o nessun apporto di proteine di origine animale) alla convenienza (con un passaggio dalla carne fresca a carni e preparati più trasformati). La carne di laboratorio non dovrebbe diventare un concorrente per la carne nei prossimi 10 anni a causa di problemi con l’accettazione e il prezzo da parte dei consumatori. Le alternative di carne a base vegetale rappresentavano circa l’1% delle vendite totali di carne nel 2020. Questo settore aumenterà di importanza ma rappresenterà ancora solo una quota di mercato molto piccola.

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Per il settore avicolo, la crescita dei consumi nell’UE potrebbe rallentare: dal 2% annuo nel 2011-2021 allo 0,6% nel 2021-2031, con un aumento da 23,5 kg pro capite nel 2021 a 24,8 kg nel 2031. Questo fenomeno potrebbe essere dovuto all’immagine più sana della carne avicola rispetto ad altre carni, ad una maggiore praticità nella sua preparazione e all’assenza di vincoli religiosi nel suo consumo. Si prevede che la produzione dell’UE continuerà ad aumentare dello 0,4% all’anno, raggiungendo i 14 milioni di tonnellate nel 2031. Per quanto riguarda le carni suine, i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori in termini di salute, ambiente e preoccupazioni per la società dovrebbero avere un impatto negativo sul consumo di carne suina dell’UE, che dovrebbe diminuire dello 0,5% all’anno, da 32,5 kg pro capite nel 2021 a 31 kg pro capite nel 2031. Il consumo di carne pro capite nell’UE scende a 67 kg Dopo il calo dei consumi dovuto al Covid-19 e alla scarsità di carne in Cina, il consumo di carne nell’UE dovrebbe diminuire da 69,8 kg nel 2018 a 67 kg di peso al dettaglio pro capite entro il 2031, contrariamente alla tendenza a livello mondiale. Il calo generale sarà accompagnato da uno spostamento del paniere dei consumatori. La carne bovina dovrebbe continuare la sua tendenza al calo. Nel frattempo, continuerà la continua sostituzione della carne suina con il consumo di carne di pollame. Il consumo di carne di pecora dovrebbe aumentare leggermente grazie alla diversificazione della dieta a base di carne e ai cambia-

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menti nella popolazione dell’UE (tradizioni religiose e migrazioni). Produzione e consumo di carne bovina in calo nell’UE Continuando la tendenza al ribasso dal 2018 in poi, la produzione lorda di carne bovina dell’UE dovrebbe diminuire di 0,6 milioni di t (–8%) tra il 2021 e il 2031. La mandria totale di vacche dell’UE dovrebbe diminuire di 2,1 mln capi (–7%) entro il 2031. La mandria da latte dovrebbe diminuire progressivamente all’aumentare della produzione di latte. La mandria di vacche nutrici dovrebbe diminuire a 10,1 milioni di capi entro il 2031 (–665.000 capi), a causa della bassa redditività e delle crescenti preoccupazioni ambienta-

li. Questo declino nasconde sviluppi opposti in diversi Paesi UE. Il supporto accoppiato volontario e una prospettiva sui prezzi relativamente buona non farà che smorzare questa tendenza, non invertirla. Il peso medio di macellazione continuerà la tendenza leggermente al rialzo grazie a tecnologie avanzate (es., gestione del materiale germinale), compensando il calo del numero di animali macellati, mentre il passaggio a sistemi di produzione bio potrebbe contrastare in parte la tendenza. Il consumo apparente di carne bovina nell’UE, basso nel 2020 e nel 2021 causa effetti Covid-19, continuerà la sua tendenza al ribasso. Entro il 2031 potrebbe scendere da 10,6 kg a 9,7 kg pro capite.

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Modesto cambiamento nel commercio dell’UE, con le esportazioni di carne che compensano le esportazioni di animali vivi La domanda mondiale di carne bovina è in aumento, sia per gli animali vivi che per la carne, ma la concorrenza è alta. Le esportazioni dell’UE di animali vivi dovrebbero diminuire gradualmente (–3,6% all’anno) a causa della minore domanda dalla Turchia e delle preoccupazioni per il benessere degli animali nei trasporti a lunga distanza. Le esportazioni di carne dell’UE dovrebbero migliorare moderatamente entro il 2031 (+0,6% all’anno), principalmente grazie alla domanda continua o in aumento da parte dei partner commerciali esistenti. Il Regno Unito rimarrà la destinazione principale e il commercio dovrebbe rimbalzare dopo il calo dal 2019, ma probabilmente non allo stesso livello di prima della Brexit. I futuri accordi commerciali tra il Regno Unito e l’Australia/USA potrebbero cambiare drasticamente questo quadro. L’UE continuerà ad esportare verso i mercati di alto valore dei Paesi vicini (Svizzera, Norvegia).

Le prospettive agricole dell’UE, pubblicate annualmente, presentano le prospettive per i principali mercati agricoli, il reddito e l’ambiente dell’UE da qui al 2031. Esse si basano su una serie di ipotesi relative alle condizioni macroeconomiche, al contesto stabilito delle politiche agricole e commerciali e agli sviluppi del mercato internazionale. Queste ipotesi implicano sviluppi di mercato relativamente privi di scosse mentre in realtà i mercati tendono ad essere molto più volatili. Le prospettive non costituiscono quindi una previsione: esse corrispondono più precisamente alla tendenza media prevista per i mercati agricoli in un determinato contesto macroeconomico nel caso in cui le politiche restino invariate.

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I recenti ALS hanno aperto un ulteriore accesso ad alcuni mercati di nicchia per tagli di carne bovina di alto valore (Giappone, Canada). Le importazioni di carne bovina dell’UE, che sono fortemente diminuite a causa degli effetti delle misure di blocco del Covid-19 e della Brexit, torneranno rapidamente e aumenteranno lentamente entro il 2031, ma rimarranno al di sotto del livello del 2019 a causa dell’elevata domanda al di fuori dell’UE. I prezzi della carne bovina nell’UE seguiranno l’andamento dei prezzi mondiali L’attuale ripopolamento in Brasile e Australia eserciterà una certa pressione sui prezzi nel breve periodo, aiutato dalle restrizioni all’esportazione in Argentina. Successivamente, i prezzi della carne bovina dovrebbero stabilizzarsi tra 3.700 e 3.800 €/t a causa dell’elevata domanda internazionale. Le esportazioni di carne suina dell’UE in calo Permangono incertezze soprattutto per quanto riguarda il recupero e i divieti dovuti alla PSA. La Cina dovrebbe recuperare completamente la sua capacità produttiva entro il 2026, riducendo drasticamente la

sua dipendenza dalle importazioni. Ciò dovrebbe avere un impatto enorme sulle esportazioni di carne suina dell’UE, che al momento sono principalmente dirette alla Cina. Sebbene le esportazioni siano aumentate del 5,3% all’anno nel 2011-2021, si prevede che diminuiranno dell’1,9% all’anno nel 2021-2031. La domanda totale di importazioni dall’Africa subsahariana, dalle Filippine, dagli Stati Uniti, dalla Corea del Sud e dal Vietnam dovrebbe aumentare maggiormente (insieme +94 000 t all’anno nel 2021-2031). Tuttavia, ciò non compenserà il calo della domanda dalla Cina (–187.000 t all’anno). Il consumo di carne suina nell’UE continuerà a diminuire e la produzione inizierà a calare Nell’UE, le preoccupazioni relative alla salute, all’ambiente e alla società dovrebbero continuare a modificare le preferenze dei consumatori e incidere negativamente sul consumo di carne suina nell’UE. Di conseguenza, si prevede che il consumo apparente di carne suina pro capite nell’UE diminuirà dello 0,5% all’anno, da 32,5 kg nel 2021 a 31 kg nel 2031, in linea con la tendenza dell’ultimo decennio. Beneficiando di buone esportazioni nonostante la PSA, il settore della carne suina dell’UE ha aumentato la produzione dello 0,6% all’anno nel periodo 2011-2021. Tuttavia, la PSA avrà effetti duraturi nell’UE, mentre le opportunità di esportazione dovrebbero nel complesso ridursi gradualmente. Pertanto, si prevede che la produzione di carne suina nell’UE diminuirà dello 0,8% all’anno nel 2021-2031. È probabile che l’UE rimanga il principale esportatore mondiale di carne suina, con una quota di mercato del 37% nel 2031, leggermente inferiore alla sua quota di mercato del 40% nel 2021. I prezzi delle carni suine nell’UE restano contenuti La domanda asiatica e la PSA in altre regioni del mondo potrebbero spingere i prezzi fino al 2025. Quindi, i prezzi dell’UE dovrebbero

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diminuire lentamente, in linea con un’offerta mondiale in aumento, per raggiungere 1.500 €/t entro il 2031. Aumento della produzione e del consumo di pollame negli Stati Uniti per rallentare L’aumento del consumo di pollame nell’UE potrebbe rallentare, passando dall’aumento del 2% all’anno nel 2011-2021 a un aumento dello 0,5% nel 2021-2031. In altre parole, il consumo apparente pro capite potrebbe aumentare da 23,5 kg nel 2021 a 24,8 kg nel 2031. Ciò dovrebbe essere guidato dai continui cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, derivanti da un’immagine più sana del pollame rispetto ad altre carni (soprattutto suine), il maggiore comodità per prepararlo e assenza di vincoli religiosi riguardo al suo consumo. Adattandosi rapidamente ai cambiamenti della domanda, la produzione di pollame dell’UE dovrebbe continuare ad aumentare durante il periodo di previsione dello 0,4% all’anno, anche se in rallentamento rispetto all’ultimo decennio (2,6%). Il commercio dell’UE inizierà a ristagnare nel complesso, ma le dinamiche stanno cambiando Le esportazioni di pollame dell’UE hanno mostrato un’espansione dinamica nel 2011-2021 (3,7% all’anno), con i principali prodotti esportati quelli meno richiesti nell’UE (ali, cosce e frattaglie). Attualmente, poiché stanno affrontando una forte concorrenza, in particolare dal Brasile, l’aumento delle esportazioni di pollame dell’UE dovrebbe essere limitato fino al 2031. Tuttavia, spiccano numerose opportunità di esportazione. L’aumento previsto delle importazioni totali da parte dell’Africa subsahariana, delle Filippine, della Colombia e del Regno Unito insieme potrebbe raggiungere le 178.000 t all’anno fino al 2031. D’altra parte, mentre la Cina ha importato carne suina e pollame per compensare la perdita di capacità di produzione di carne suina, è probabile che riduca le importazioni

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di pollame e carne suina. Di conseguenza, l’UE potrebbe perdere quote nel commercio mondiale, dal 16% nel 2021 al 13% nel 2031. Le importazioni di pollame dell’UE, che forniscono principalmente servizi di ristorazione, dovrebbero riprendersi e raggiungere livelli quasi pre-Covid-19 entro il 2026. Il prezzo del pollame nell’UE si stabilizzerà a un livello elevato Dopo un calo nel 2020-2021 dovuto al Covid-19, il prezzo del pollame nell’UE ha iniziato a riprendersi. Si prevede che si stabilizzerà quasi non appena nel 2022, per poi aumentare lentamente verso i 2.000 €/t entro il 2031. Produzione e consumi UE delle carni ovine in leggero aumento Seguendo la tendenza invertita degli ultimi anni, si prevede che la produzione di carne ovina dell’UE aumenterà leggermente dello 0,3% all’anno nel 2021-2031 (a 660 000 t), sostenuta dall’attuazione del sostegno accoppiato volontario, dalla scarsa offerta mondiale e dal miglioramento dei prezzi per produttori. La produzione rimarrà concentrata in alcuni paesi dell’UE, con macellazioni in Spagna, Grecia, Francia e Irlanda che rappresenteranno più della metà della produzione totale dell’UE nel 2020. Il consumo pro capite di carne ovina nell’UE dovrebbe aumentare leggermente entro il 2031 e raggiungere 1,4 kg pro capite grazie alla diversificazione della dieta a base di carne e dei modelli di consumo nella popolazione dell’UE (tradizione religiosa e migrazione). In generale, il consumo di carne ovina è meno sensibile alle variazioni di prezzo ma più condizionato dai picchi di domanda stagionali legati alle celebrazioni religiose durante l’anno. Fonte: DG Agriculture and Rural Development Analysis and Outlook Unit Nota >> Link: ec.europa.eu/info/sites/ default/files/food-farming-fisheries/farming/documents/agricultural-outlook-2021-report_en.pdf


GARE CARNIVORE

L’Italia si prepara al World Butchers’ Challenge 2022 Il team azzurro è tra le migliori 16 nazioni al mondo che si sfideranno a colpi di coltello a Sacramento, USA, e si farà testimone con orgoglio e passione della tradizione e della cultura della lavorazione delle carni del nostro Paese

I

l countdown verso i Mondiali di macelleria che si svolgeranno a Sacramento, in California, il 2 e 3 settembre 2022 è ufficialmente iniziato e l’Italia naturalmente ci sarà, come confermato anche dal WBC (World Butchers’ Challenge), la più grande e autorevole organizzazione mondiale di macelleria sotto la cui egida si svolgono queste competizioni tra i migliori team del mondo.

L’ammissione dell’Italia era data quasi per certa, soprattutto dopo che la squadra tricolore si era laureata campione d’Europa lo scorso novembre, ma ora è ufficiale: il team italiano è tra le migliori sedici nazionali al mondo e sfiderà mostri sacri come i Neozelandesi, gli Australiani e gli Irlandesi. I mondiali di macelleria rappresentano il più alto momento

di confronto per una professione nobile e antica che mai come in questi ultimi anni sta vivendo una nuova e rinnovata stagione. «Il macellaio moderno è attualmente un consulente gastronomico a tutto tondo, perché, oltre ad avere conoscenze specifiche nel suo ambito di riferimento, deve avere competenze che un tempo esulavano dal proprio ruolo; oggi

Una foto di gruppo del team azzurro (non al completo).

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In alto: la Nazionale Italiana Macellai ha realizzato un bellissimo video di presentazione nella splendida cornice dell’antico borgo di Sermoneta (LT), sede della prima riunione ufficiale di preparazione del campionato, accolta dalla sindaca Pina Giovannoli (qui in foto insieme ai Butchers azzurri e a Michele Ruschioni di Braciamiancora), che ha donato al team il gagliardetto del comune. Questo è il link al video: www.facebook.com/ItalianButchersTeam/ videos/3173782962950872. In basso: Gruppo Vercelli, moderna industria a livello europeo nel settore delle carni bovine, è sponsor ufficiale della Nazionale Italiana Macellai, che parteciperà alla competizione 2022 a Sacramento, California. In foto, Gianluca Vercelli e Matteo Zanasi insieme ai butcher azzurri Orlando Di Mario e Andrea Laganga alla passata edizione di iMEAT a Modena.

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I 16 team in gara Gli organizzatori del WBC iniziarono la competizione nel 2011 con due squadre, Australia e Nuova Zelanda. Con grande soddisfazione, dopo 11 anni di lavoro, la gara coinvolgerà 16 squadre di macellai che gareggeranno nel World Butchers’ Challenge 2022, trasformando la sfida in un vero e proprio evento globale. Ecco tutti i Paesi partecipanti:

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Australia Brasile Bulgaria Canada Francia Galles Germania Gran Bretagna

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Grecia Irlanda Islanda Italia Messico Nuova Zelanda Sudafrica USA

La Nazionale Italiana Macellai Fondata nel 2017, la Nazionale Italiana Macellai è un’associazione culturale e sportiva formata unicamente da macellai professionisti, con l’obiettivo di promuovere la storia, le tecniche, le competenze, lo stile e i sapori della Macelleria Italiana. Per perseguire questo obiettivo, i componenti della Nazionale Italiana Macellai partecipano come team e come singoli a gare di abilità riservate alla categoria professionale, competendo contro colleghi provenienti da ogni nazione. In particolare, la Nazionale Italiana Macellai compete all’interno del più importante e prestigioso circuito di gare del mondo, ovvero i World Butcher’s Challenge, considerate a livello globale “le Olimpiadi della Macelleria”. Ecco il Team azzurro: • Orlando Di Mario – Presidente • Gianni Giardina – Vicepresidente e senior butcher • Andrea Laganga – Referente Italia WBC e senior butcher • Mara Labella – Coach • Francesco Camassa – Capitano • Davide Cecconi – Senior butcher • Martino Demita – Senior butcher • Manuele Avagliano – Senior coach • Roberto Passaretta – Senior butcher • Anna Moretti – Young butcher • Daniele Gargano – Young butcher • Marco Iuculano – Young butcher • Simone Di Ciano – Young butcher • Claudio Fidone – Young butcher • Alessia Camassa – Staff tecnico • Simone Di Ciano – Staff tecnico

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Alcuni scatti di Simon Graham nell’edizione 2018 del World Butchers’ Challenge, che a Belfast decretò la vittoria della squadra irlandese. In alto: un butcher della squadra The Sharp Black neozelandese. In basso: due preparati di carne (photo © Simon Graham photography).

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si confronta tranquillamente con sommelier ed enologi, studia e approfondisce problemi inerenti il settore caseario, è sensibile riguardo alle tematiche ambientali, frequenta corsi per capire come orientarsi e utilizzare al meglio ingredienti quali l’aceto balsamico o l’olio extravergine d’oliva», spiega ORLANDO DI MARIO, macellaio laziale della provincia di Latina e presidente della Nazionale. «Queste sfide con altre nazioni servono per avere confronti stimolanti che fanno bene a tutta la categoria». Sedici i componenti della Nazionale Italiana Macellai, ben distribuiti lungo tutta la penisola, tra cui due donne, ANNA MORETTI, di Arezzo, e MARA LABELLA di Sermoneta (LT). La macellaia toscana si è messa in mostra durante le ultime competizioni per la sua capacità nell’arte del disosso, mentre la sua collega laziale è tra le più apprezzate a livello mondiale per quel che riguarda l’allestimento del banco e la preparazione dei così detti “pronto a cuocere”. «Le donne presenti nel

nostro team sono un indiscusso valore aggiunto, alzano, e di molto, la qualità della Nazionale, perché portano punti di vista e angolazioni che troppo spesso sfuggono ai colleghi uomini», aggiunge Di Mario. La road map per i mondiali verrà scandita da allenamenti mensili e da una serie di appuntamenti per ritrovare quell’intesa che ha portato a novembre i nostri macellai sul tetto d’Europa. Lo svolgimento di WBC 2022 Nel corso della gara del 3 settembre i macellai potranno utilizzare i loro condimenti, spezie, marinature e guarnizioni per i pronti a cuocere e preparati. Un team di giudici indipendenti avrà il compito di valutare tecniche e capacità, oltre al rispetto delle regole, assegnando un punteggio ai prodotti innovativi, che meglio rappresentano l’artigianalità della professione, oltre alla presentazione finale del banco carni. In occasione di Sacramento 2022 nel gruppo di giuria sarà inserito un giudice proveniente

da ciascun Paese in gara, che per ovvie ragioni non potrà assegnare un punteggio alla squadra della propria nazione. Ogni squadra sarà composta da 6 macellai: non sono definiti ruoli prefissati, ciascun butcher nel corso della gara potrà muoversi come meglio riterrà opportuno. Generalmente le squadre si organizzano assegnando le fasi del lavoro che vanno dal taglio, disosso, lavorazione dei preparati e allestimento finale del banco carni.

>> Link: worldbutcherschallenge.com nazionaleitalianamacellai.it FB/ItalianButchersTeam

Alla scoperta dei team avversari: Canada Il Canada parteciperà per la prima volta alla World Butchers’ Challenge 2022. La creazione della squadra è stata un’idea del capitano Peter Baarda, tre volte vincitore della competizione Finest Butcher dell’Ontario. La selezione dei compagni di gara è stata rigorosa e oggi il team è formato e orgoglioso di rappresentare il Canada in questa prestigiosa competizione. Questi i partecipanti: COREY MEYER di ACME Meat Market, Brent Herrington di Herrington’s Quality Butchers, Elyse Chatterton, Peter Baarda di J&G Quality Meats, Taryn Lee Barker di The Little Butcher, Damian Goriup di Florence Meats, Aaron McLaughlin dell’Old’s College e Dave Vander Velde di VG Meats. In foto uno scatto non ufficiale della squadra canadese che si può seguire su instagram.com/wbcteamcanada (photo © instagram.com/worldbutcherschallenge).

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MACELLERIE D’ITALIA

I Macellai Vicenza, lo spirito identitario e la competenza della macelleria berica di Gian Omar Bison

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Macellai Vicenza” nasce nel 1985. L’attività è cresciuta e si è sviluppata negli anni con l’apertura di diversi punti vendita nel Vicentino. Nel 1998 EMILIANO POZZA e BERTILLA RIZZI concentrano l’attività nell’attuale bottega e ne prendono la gestione rinnovando il locale, ampliandolo e iniziando il percorso che li ha portati ad essere tra i punti di riferimento della macelleria berica. «Il marchio – ricorda NICOLÒ DONÀ, figlio di Bertilla – è nato con la prima macelleria avviata ad Altavilla Vicentina e si è esteso

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poi nei punti vendita di Caldogno e, appunto, Vicenza. Adesso siamo tutti a Vicenza nella nostra unica macelleria. Io ho iniziato nel 2012 ma ho frequentato fin da bambino questa realtà, compresa la piccola azienda agricola di mio zio dalla quale escono 4/5 capi all’anno che macelliamo e vendiamo in negozio. La chiamiamo la Carne del Beppo ed è una delle nostre selezioni. Una carne ottenuta da un’alimentazione fatta come una volta: fieno, erba medica, mais fioccato».

Dopo il liceo scientifico Nicolò ha scoperto una vera e propria passione per il mondo della degustazione in generale, carne e vino in particolare. «Ho concluso il corso AIS per diventare sommelier e mi si è aperto un mondo piacevolissimo! Poi con Emiliano abbiamo imboccato il percorso con “De Gustibus Carnis”, un’associazione che ha lo scopo di divulgare la cultura della carne accompagnando gli assaggi. Forti di queste esperienze e formazioni abbiamo intrapreso un percorso di qualità sia nella

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selezione che nella proposta della carne e anche nella costruzione di un’enoteca particolare, ricercata e in continuo ampliamento. Cerchiamo vini che possano incuriosire le persone e far scoprire nuovi territori». Nel frattempo Bertilla, la mamma, ha partecipato a parecchi corsi di formazione ed aggiornamento e contribuito ad avviarne con l’Università del Gusto, coi colleghi macellai e gastronomi FABRIZIO NONIS e TIZIANA NOGARA (recentemente scomparsa e che ricordiamo con affetto e gratitudine), tra i primi che hanno portato avanti il concetto di bottega moderna e ideato e sviluppato modelli ancora in uso di preparati e pronto cuoci. Dal 2006 Emiliano ha aderito alle “Macellerie del Gusto”, progetto che nasce all’interno di ASCOM VICENZA e ha lo scopo di fare squadra tra colleghi trovando punti in comune, sviluppando nuovi prodotti e lavorazioni e, soprattutto, portando gli associati a sottoporsi ad analisi volontarie 2/3 volte all’anno con le quali personale addetto di laboratori specializzati e certificati ispezionano ed analizzano le botteghe sotto il profilo igienico e sanitario. «Il percorso con le “Macellerie del Gusto” — puntualizza Nicolò — ci ha permesso di conoscere e poi proporre preparati che nel tempo sono diventati dei must anche nel nostro negozio. Oltre a questo, la conoscenza reciproca, la stima e l’amicizia coltivata con dei professionisti seri e preparati che lavorano bene e vogliono condividere le esperienze è stata ed è tutt’ora molto importante. È un connubio che esiste dal 2005 e adesso c’è il ricambio generazionale». I “Macellai Vicenza” non fanno consegna a domicilio privilegiando, sostengono, l’attività nel punto vendita dove lavorano nove unità. «Però abbiamo sviluppato un’applicazione smartphone — evidenzia Nicolò — accedendo, tramite bando, ad uno specifico finanziamento regionale. Grazie a IURI MARTINATO, un nostro fornitore, fruiamo di questo strumento elaborato per tutti i colleghi che fanno parte del circuito

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Il bovino pesa per il 55% sull’offerta in questa macelleria, con la “Garronese Veneta”, la selezione “Carne del Beppo” e la Pezzata rossa dall’Austria. Attenzione al territorio anche per prontocuoci e reparto gastronomia. della selezione bovina “Garronese Veneta”. Questa app non è semplice da gestire, trattandosi di ordini sui quali manca l’interazione col cliente, ma tutto sommato, grazie anche ad un gran lavoro organizzativo, funziona ed è apprezzata. Facevamo da sempre la spesa al telefono, poi abbiamo introdotto l’e-mail e adesso l’app sta spopolando. Nulla osta al fatto che un

giorno potremo introdurre anche la consegna a domicilio, ma il primo progetto da portare avanti e concludere resta l’ampliamento del negozio che avvieremo a breve qui di fianco. Confidiamo di iniziare i lavori nel 2023. Ci interessa avere più spazio per poter arricchire con altre proposte il punto vendita. Non faremo ristomacelleria».

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“I Macellai Vicenza” sono oggi uno dei punti di riferimento della macelleria berica per servizio e qualità dell’offerta. La clientela negli anni è cambiata, qui come dappertutto: più formata, più competente e quindi più esigente. «E proprio per questo motivo abbiamo cercato di aggiornarci mantenendo un’offerta adeguata. Ci piace l’idea che venire da noi diventi un’esperienza gastronomica e culturale. Rispetto a 10 o 20 anni fa le cose sono cambiate molto. In particolare per quanto riguarda la carne si utilizzavano animali molto giovani, magri, soprattutto maschi. Oggi c’è più attenzione alla presenza di grasso nella carne, all’età dell’animale, chiedono come si sia alimentato e quindi anche tutte le degustazioni che noi proponiamo mirano a far risaltare le peculiarità della razza, del territorio di allevamento, della tipologia di allevamento ed alimentazione. Evidenziare per quanto possibile attraverso un boccone di carne tutte queste caratteristiche e differenze è il nostro obiettivo. C’è stata anche un’evoluzione anche sui prontocuoci e preparati, aspetto sul quale mia madre ha grande merito. Tuttavia, non abbiamo mai cercato di introdurre troppi ingredienti, colori o pastelle. Gli ingredienti devono essere identitari, territoriali, freschi e vale per

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i formaggi e anche per le verdure. Ma la protagonista deve rimanere la proposta di carne ed è anche il motivo per cui i tagli anatomici occupano a bancone uno spazio nettamente superiore rispetto ai preparati». L’equino si trova solo su richiesta specifica e, sul totale, il bovino pesa per il 55%, 30% l’avicolo e 25% il suino. «Sul bovino abbiamo la “Garronese Veneta”, un progetto che abbiamo sposato dall’inizio, la Carne del Beppo e la Pezzata rossa, che acquistiamo da un fornitore che si approvvigiona da piccole stalle in Austria. Da queste mezzene ricaviamo quella che noi chiamiamo la Tiroler Steak. Ogni tanto facciamo qualche proposta di Angus nazionale o irlandese e qualche volta sul Wagyu. Per quanto riguarda la frollatura facciamo Dry aging in cella in un reparto dedicato. Ci spingiamo al massimo a 60 giorni perché generalmente la carne va via prima. E in ogni caso dipende dall’animale che lavoriamo, dalla sua età, alimentazione, macellazione, marezzatura, ecc… Anche sul “quinto quarto” c’è un mercato interessante. Notiamo una riscoperta del diaframma, del cuore e soprattutto della trippa che in stagione spopola».

Per la carne suina ci riforniamo da salumifici locali. Teniamo molto alla sopressa vicentina che ha caratteristiche uniche, diverse da tutte le altre. L’importante è che abbia asciugatura e stagionatura naturale. Per quanto riguarda l’avicolo, lavoriamo le carni di “Cosaro” di Malo (VI), col quale da anni condividiamola la ricerca e selezione di pollame di qualità da allevamento etico». La proposta enoica è decisamente interessante, anch’essa identitaria. «Mi piace proporre una serie di vini espressione di una fascia di prezzo e territorio per quanto possibile ampia. Per noi è importante che chi vuole la bottiglia da 50 euro la trovi e che sia un vino di qualità, ma vogliamo accontentare soprattutto chi cerca una fascia media. La nostra offerta abbraccia tutta l’Italia, con etichette che piacciono prima di tutto a noi. Abbiamo un interesse particolare per l’Alto Adige, il Piemonte, i Colli Berici e i vini di Bordeaux». Gian Omar Bison I Macellai Vicenza Snc Via Mercato Nuovo 37 36100 Vicenza Tel.: 0444 569908 – 349 8641402 Web: www.lemacelleriedelgusto.it

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Stefano Puliani, scultore della carne in Val Vigezzo di Riccardo Lagorio

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l fascino dei piccoli borghi rimane più forte impresso nella memoria quando in essi si scoprono impensabili attrazioni artistiche o piccole botteghe artigiane. Lontano dalle città un piccolo esercito di fornai, casari, cioccolatieri e ovviamente macellai resiste infatti allo strapotere dell’industria e della massificazione alimentare e culturale. Come a Re, all’estremo orientale della Val Vigezzo, nel Verbano, dove le luci delle vetrine di STEFANO PULIANI illuminano i viottoli e i boschi di faggio e larici di questa contrada che conta poco più

È antica la tradizione nella lavorazione della carne della famiglia Puliani: il padre di Stefano apriva i battenti della macelleria nel 1968 e nel vicino comune di Villette, noto per le numerose meridiane, c’è ancora l’azienda agricola dove si allevano bovini di razza Piemontese e il macello

di 600 anime. È antica la tradizione nella lavorazione della carne della famiglia Puliani: il padre di Stefano apriva i battenti della macelleria nel 1968 e nel vicino comune di Villette, noto per le numerose meridiane,

c’è ancora l’azienda agricola dove si allevano bovini di razza Piemontese e il macello. «Le femmine vivono anche 8 anni, le loro carni sono una specialità quando rimangono in frolla-

Stefano Puliani davanti alla cella di maturazione a vista.

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Stefano Puliani gestisce nel retrobottega un piccolo ma fornitissimo laboratorio per la preparazione di salumi. tura per 100 giorni o più» afferma davanti alla cella di maturazione a vista. Un macellaio autentico, Puliani, che davanti al cliente ancora spolpa, fende, rifila in un crescendo di raffinate operazioni a cesello, come uno scultore modella, tasta e leviga un pezzo di marmo senza vita rendendolo animato. «Le nostre scottone raggiungono i 600 kg di peso, i maschi 100 in più. Per i vitelli però la richiesta è così alta che non sono sufficienti, così batto le cascine della valle alla ricerca di chi procura animali allevati con metodi naturali. E mi rendo conto che molti di loro sono giovani che tornano all’agricoltura». Un miracolo tra queste valli. Intanto procede il via vai di svizzeri, milanesi e torinesi che per un buon pezzo di carne fanno tappa qui. Anche per il capretto, un elemento importante dell’economia agricola della valle, tanto da meritarsi una statua a Druogno, in media valle. «L’allevamento caprino è caratteristico della Val Vigezzo. Per la macelleria mi approvvigiono da piccoli allevamenti che possono vantare il marchio dell’area. Viene concesso a quegli animali molto giovani che sono nutriti con una dieta lattea. La carne è di colore rosa chiaro, tenera e con un con-

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tenuto di grasso molto limitato. Gli allevamenti utilizzano l’alpeggio per almeno 8 mesi all’anno. Secondo un disciplinare, il capretto deve essere nato e macellato in Val Vigezzo e deve essere alimentato solo con latte di capra; il suo peso di vendita oscilla tra i 9 e i 13 kg. Durante il periodo pasquale i 2.000 capi trovano facilmente collocamento sul mercato, distribuiti tra privati e ristoranti» spiega. Quando è aperta la caccia di selezione si possono trovare carni fresche di selvaggina come cervo, camoscio e cinghiale, e per il resto dell’anno viene venduta congelata. Le operazioni di macelleria si completano con quelle di salumeria. Stefano Puliani gestisce nel retrobottega un piccolo ma fornitissimo laboratorio per la preparazione di salumi. «Dagli animali del nostro allevamento traiamo la carne adatta per elaborare brisaule, la carne essiccata di bovino. Si utilizzano magatello, sottofesa o anteriore che, una volta salati a secco con pepe e timo selvatico, rilasciano per qualche giorno gli umori e poi vengono lavate e avvolte in pellicole naturali per la stagionatura che si protrae per un mese o più» spiega. Ma anche i salametti sono molto apprezzati: 500 grammi o meno che vengono consumati in due durante una cena o una merenda. Sono di

puro suino, ma quelli più gettonati dai turisti e da chi attraversa la frontiera per fare spese più economiche rispetto alle botteghe elvetiche sono elaborati con le carni di selvaggina e di asino. La carne e il grasso suino hanno una macinatura medio-grossa, dal diametro di 8 mm, e le spezie che si utilizzano per profumare sono pepe, noce moscata, chiodi di garofano e cannella. Non manca mai nel mio banco frigorifero la mortadella della Val Vigezzo: un impasto di carni suine e un 5% di fegato insaccati nel crespone suino, che permette stagionature di medio periodo, tra 2 e 3 mesi». Non si esce dalla macelleria senza un cuneo dei formaggi locali stagionati da Stefano o di un barattolo di miele degli alveari vigezzini o ancora delle tisane elaborate con le erbe raccolte in alta montagna o degli invitanti cestini di funghi che fanno bella mostra di sé sugli scaffali in legno. Un negozio di buon gusto che rende bello e buono questo scampolo d’Italia. Riccardo Lagorio Macelleria Stefano Puliani Piazza Monsignor Peretti 2 28856 Re (VB) Telefono: 0324 97431 E-mail: pulianistefano02@gmail.com

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LA CARNE IN TAVOLA

I 5 errori da evitare quando si cucina l’agnello Lo chef Simone Rugiati propone la sua ricetta a base di agnello irlandese da portare sulle tavole a Pasqua insieme ai suoi consigli su come valorizzare questo prodotto premium

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a carne di agnello non può mancare sulla tavola pasquale: perfetta per le occasioni speciali, può essere declinata in diversi modi, con diverse modalità

di cottura e diversi abbinamenti. Nonostante sia parte della nostra tradizione, non tutti sono in grado di cucinarla senza cadere nei più comuni errori da principianti: per

Lo chef Simone Rugiati, Ambassador per l’Italia della carne irlandese.

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questo lo chef Simone Rugiati arriva in aiuto coi suoi preziosi consigli. Ecco quindi i 5 errori da evitare quando si cucina l’agnello: 1. non “parare” bene la carne, ovvero non eliminare le parti grasse e di tessuto connettivo esterno prima della cottura; 2. non cuocerla a temperatura ambiente, è infatti fondamentale ricordarsi di tirare fuori la carne dal frigo almeno mezz’ora prima di metterla a cuocere per ottenere il massimo della tenerezza; 3. cuocerla troppo, perché l’interno deve rimanere rosa, i pezzi piccoli necessitano di cotture veloci e violente e i pezzi interi vanno prima rosolati poi finiti in forno; 4. non farla riposare dopo la cottura; occorre invece farla riposare per almeno 5 minuti, il che permette di reidratare la carne e fare in modo che risulti succosa; 5. farla arrivare a temperature troppo alte e bruciare i grassi, come ad esempio sul barbecue l’agnello va cotto in zona di sicurezza, ovvero in una zona libera dai carboni e con temperatura più bassa, per evitare che il fumo di ritorno rovini il sapore della carne. Una volta appresi i consigli dello chef, è il momento di mettersi alla prova in cucina, cimentandosi nella sua ricetta a base di carne di agnello irlandese. La carne d’agnello infatti è una delle grandi eccellenze provenienti dall’Isola di Smeraldo, basti pensare che l’Irlanda ne è

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Agnello di Pasqua (chef Simone Rugiati) Costolette d’agnello irlandese rosolate in padella con un mix di pepi, burro e uno spicchio d’aglio e finite in forno coperte da un bouquet aromatico di timo; servite con un millefoglie di patate croccante fuori e morbido dentro e spicchi di carciofi “alla romana”. INGREDIENTI PER 4 PERSONE French rack (carré) di agnello Irish Beef (all’incirca 700 grammi) • 5 patate grandi • 6 carciofi • pepe di Sichuan q.b. • pepe nero, pepe bianco e pepe lungo q.b. • 80 g burro chiarificato • timo q.b. • 2 spicchi d’aglio • qualche foglia di menta • vino bianco q.b. • sale q.b. • prezzemolo q.b. • olio evo q.b. Procedura * Tagliare e pulire le costolette d’agnello. Tostare leggermente i pepi in padella senza bruciarli, pestarli al mortaio o macinarli al momento; condire le costolette con il mix di pepi e timo e lasciare riposare a temperatura ambiente con pellicola. * Per il millefoglie di patate: pelare e lavare le patate e, con l’aiuto di una mandolina, tagliarle a fettine sottili. Condirle con olio, sale e pepe. Posizionare il tutto su una teglia alta e stretta foderata con carta forno e creare degli strati. Spennellare il sopra del millefoglie con olio e cuocere a 150° per circa 1 ora e 20; far raffreddare in frigorifero e passare in freezer a rassodare. Una volta fatte rassodare friggerle. * Per i carciofi: pulire e tagliare a spicchi i carciofi. In una padella scaldare l’olio con aglio e prezzemolo, aggiungere gli spicchi dei carciofi ed infine sfumare col vino bianco. Cuocere per circa 5 minuti, aggiungere un rametto di menta per profumare. * Scaldare una larga padella con metà del burro e rosolare le costolette a temperatura ambiente, a fiamma viva, aggiungendo altro burro freddo per non bruciare il fondo; spennellare continuamente col burro utilizzando un mazzetto di timo come pennello che ne infonderà il profumo. Se le preferite alte e rosa al cuore, tagliatele doppie, rosolatele su tutti i lati e finitele in forno a 200 gradi per 5/7 minuti. Impiattare con alla base il millefoglie di patate e adagiare, sopra i carciofi, le costolette.

una delle principali produttrici in Europa. Un prodotto di eccellenza per il metodo di allevamento che ancor oggi applica pratiche tradizionali, tramandate nel corso degli anni, e che permette di avere una grande varietà di prodotti disponibili, dall’agnello da latte a quello pasquale, da quello di stagione a quello di collina, ognuno con le proprie caratteristiche e il proprio gusto unico e inimitabile. «Ho scelto di realizzare un grande classico, agnello irlandese e carciofi, perché questa carne ha un suo bouquet aromatico incredibile, quindi volevo lasciarla il più naturale possibile per godermi a pieno il gusto» commenta Simone Rugiati.

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Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2021 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivate a quota 13,5 miliardi di euro, con una crescita del +4% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2021, a 170 milioni di euro e una crescita dell’1%. >> Link: www.irishbeef.it

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Cuocere la carne sulla pietra ollare L’utilizzo della “pietra verde” risale addirittura all’Età del Ferro. Tipica di alcune valli lombarde, dove viene estratta e lavorata, consente di cuocere in modo uniforme e senza condimenti, lasciando intatti tutti i valori nutritivi. Dal 2012 il Marchio Collettivo Geografico per la “Pietra Ollare di Valtellina e Valchiavenna” ne garantisce natura, qualità e origine di Nunzia Manicardi

L’

utilizzo della pietra ollare per la cottura dei cibi risale all’epoca preistorica (Età del Ferro) ed è diffuso, per quanto riguarda l’Italia, soprattutto in Lombardia, in particolare Valchiavenna,

Valmalenco e in tutta la Valtellina. Essa è da sempre molto apprezzata da artisti e artigiani per fabbricare sia pentole e altri utensili che oggetti ornamentali e decorativi (di ornato ed incisione, bassorilievi, scatole a

incastri). La si adopera inoltre per segnare le stoffe (è la cosiddetta “pietra da sarti”), per scrivere sulle lavagne e, grazie alla sua elevatissima conducibilità termica, per costruire stufe.

Lavorazione della pietra ollare (photo © www.sondrioevalmalenco.it).

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Pentole e lastre Le pentole in pietra ollare (dal latino olla, pentola) sono tuttora usate per cucinare cibi umidi quali stufati, risotti, zuppe, sughi. Tra di esse c’è il lavéc o lavecc, a fondo piatto con pareti alte e leggermente svasate, perfetto per le cotture a lunga durata adattissime a questa pietra perché ha la proprietà di resistere al fuoco, non deteriorarsi quando viene esposta ad alte temperature e riscaldarsi lentamente mantenendo costante la temperatura. Di dimensioni più piccole sono gli stüin, per gli stufati, e i fùràgn, per la conservazione delle vivande. Ma la pietra ollare è altrettanto valida per la cottura della carne alla brace utilizzandola sotto forma di lastra, che in dialetto locale si chiama piòta. Non sono necessari condimenti perché i cibi liberano il grasso in eccesso durante la cottura (e poi lo scolano nelle scanalature laterali) e mantengono tutti i loro valori nutritivi. Un tempo si credeva che questa pietra avesse pure la capacità di neutralizzare possibili sostanze velenose presenti negli alimenti. Un successo internazionale ma poi arrivò il metallo Il suo successo si diffuse in tutta Europa presso le più prestigiose case regnanti, ma andò scomparendo nell’Ottocento quando la produzione fu messa in crisi dalla concorrenza delle pentole in metallo. Negli ultimi decenni la lavorazione tradizionale si è orientata verso la produzione artigianale a carattere artistico, a cui ha fatto seguito anche un revival dell’uso culinario che si è concretizzato sia con la proposta di lastre che con una nuova gamma di pentole adeguatamente commercializzate. Il Marchio e il Museo Nel 2012 è stato istituito il Marchio Collettivo Geografico (MCG) per la “Pietra Ollare di Valtellina e Valchiavenna” al fine di garantire la natura, la qualità e l’origine di determinati prodotti o servizi, mentre in Piemonte, dove pure questa pietra è reperibile, è stato aperto nel 2007 il “Museo archeologico della pietra

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potete iniziare a cuocere. Quando avrete terminato lasciatela raffreddare altrettanto gradualmente. Non dovete mai bagnarla con acqua fredda perché anche questo potrebbe rompere la superficie, formando delle crepe. Lavatela delicatamente con un panno imbevuto di aceto ed eliminate i residui con un raschietto facendo attenzione a non graffiare. Non ci sono controindicazioni se non, ovviamente, il peso e la possibilità che, se non state attenti, possa spaccarsi.

Costine nel lavéc (photo © www.calendariovaltellinese.com). ollare”, uno dei nuovi ecomusei approvati della Regione Piemonte, con sede a Malesco (provincia del Verbano-Cusio-Ossola). Cottura uniforme senza alcun tipo di condimento La pietra ollare è una roccia metamorfica che spesso viene associata alla giada anche per il suo colore che va dal grigio verdastro al verde scuro (ma ne esistono delle varietà di colore bianco, nero, crema o rosso). È detta anche pietra saponaria o gesso di Briançon (località francese). Il nome scientifico è steatite, derivante dal greco stéar stéatos, che significa “grasso”, nel senso che si tratta di una pietra scivolosa in quanto è composta prevalentemente da talco (il resto è soprattutto magnesite e clorite). Ciò la rende facilmente lavorabile. Tra le sue caratteristiche, come già detto, c’è la resistenza al calore: la sua porosità la fa riscaldare gradualmente permettendo una cottura uniforme su tutta la superficie. Nonostante questa porosità, i sapori dei cibi rimangono completamente naturali e inalterati perché la pietra non assorbe gli odori né produce fumo. Inoltre, è totalmente antiaderente per cui gli alimenti non bruciano e possono essere cotti

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senza bisogno di aggiungere alcun tipo di condimento. Lo spessore deve essere di almeno 2 cm. Nel caso della lastra è necessario sia inserita in un’intelaiatura metallica dotata di manici per poterla maneggiare e migliorarne la stabilità. Alcune hanno anche dei piccoli fornelli, ad accensione elettrica, che possono essere utilizzati direttamente in tavola, così ogni commensale può divertirsi a cuocere da sé le proprie pietanze. L’uso è semplicissimo, tuttavia occorre osservare alcune precauzioni. Prima di utilizzare la pietra ollare per la prima volta dovete lavarla accuratamente con acqua salata, tamponandola poi con un panno asciutto. Per circa ventiquattr’ore lasciatela unta con olio d’oliva, eliminando l’eccesso con carta assorbente. Non impiegate mai detersivi o detergenti sgrassanti, neanche quelli privi di agenti chimici, perché potrebbero essere assorbiti e in seguito rilasciati durante la cottura oppure potrebbero corrodere la pietra. Scaldatela su una fonte di calore omogenea per evitare fratture. Se usate un fornello a gas conviene utilizzare uno spargifiamma. Per capire se è pronta, fateci cadere sopra una goccia di aceto: se evapora subito,

È perfetta per la cottura delle carni La pietra ollare può essere utilizzata per qualsiasi tipo di alimento. Particolarmente indicata è per le carni. Potete cuocerle posandole direttamente sulla lastra e conserveranno, a differenza delle piastre in ghisa, tutto il sapore e la morbidezza. Possono essere preparate con questo metodo di cottura diverse tipologie di taglio e di carne, da quelle rosse, come le fiorentine e gli hamburger di Chianina, a quelle bianche, come il pollo. Naturalmente i tempi di cottura variano molto in base al tipo di carne e al suo spessore. La carne va tolta dal frigorifero un’ora prima di iniziare a cucinarla. Intanto cominciate a far riscaldare lentamente la lastra tenendo conto che ci vorrà almeno mezz’ora. Quando sarà molto calda disponetevi sopra la carne tagliata a fettine sottili e cuocete per 5-6 minuti per lato o secondo il vostro gusto (i tagli con l’osso, come fiorentine o costine, naturalmente impiegheranno più tempo). La carne bianca, come pollo o tacchino, si cuoce ancora più in fretta, essendo di solito più tenera e sottile. In ogni caso si tratta di una cottura molto veloce con un eccellente risultato finale. Brasati, stufati e sughi si preparano come di consueto ponendo la pentola sulla pietra quando, pure in questo caso, sarà ben calda. Potete completare i vostri piatti di carne con le verdure, ponendole anch’esse sulla pietra. Saranno pronte in un battibaleno e saranno squisite. Nunzia Manicardi

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PRODOTTI TIPICI

Zerarìa, quel sapore antico della Liguria d’inverno Gelatina con carne di maiale e di altre specie, insaporita con foglie di limone, alloro e una punta di zafferano, è un Prodotto Agroalimentare Tradizionale ligure di Roberto Villa

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Storia e legame col territorio l nome locale, scritto talvolta nelle forme contratte zrarìa o zeaìa, significa gelo, freddo e sembra di origine araba, a conferma delle contaminazioni linguistiche dell’antica Repubblica Marinara; non tanto perché si consumi nei

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mesi più freddi dell’anno quanto per il fatto che nella preparazione deve essere sottoposto ad una fase di refrigerazione. Secondo GIUSEPPE ROBATTO, delegato di Savona dell’Accademia della Cucina Italiana, potrebbe invece avere un’etimologia riconducibile alla lingua greca.

È un prodotto tipico dell’entroterra del Ponente ligure, presente con alcune varianti anche in altre zone della regione e nel confinante basso Piemonte (Valle Stura cuneese in particolare), fatto per consumare parti meno nobili degli animali. La nascita del piatto viene

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A sinistra: la zeaìa proposta alla Trattoria ai Cacciatori di Alpicella (SV). A pagina 114: il comprensorio del Parco Naturale Regionale del Beigua, uno spettacolare balcone naturale formato da montagne che si affacciano sul mare, tra le province di Genova e Savona (photo © G. Motta). ascritta alla tradizione medievale in vigore nell’imperiese di far pascolare i suini tra le vigne dopo la vendemmia, in modo che ripulissero il terreno dagli scarti lasciati sul terreno. La macellazione avveniva poi tra novembre e dicembre con gran feste familiari e popolari, nelle quali tutte le parti dei maiali venivano sapientemente lavorate e valorizzate. Descrizione del prodotto, ricetta e occasioni di consumo Gli elementi carnei che ricorrono in tutte le varianti sono gli zampetti e la carne di maiale (magra o semi-grassa: occorre ricordare che una volta non esistevano i tipi genetici attuali e la carne delle razze locali era abbondantemente infiltrata di grasso). Non in tutte le versioni compaiono anche la testa e il codino del maiale, la carne di vitello, la lingua di vitello o di manzo e in qualche caso anche la carne di gallina vecchia. Quando l’acqua salata giunge al bollore, i tagli di carne come sopra descritti vengono adagiati nel paiolo e lasciati cuocere a fuoco lento per almeno tre ore; in alcune versioni nel brodo vengono anche posti cipolla, sedano, carota e porro. Al termine della cottura le carni vengono estratte, disossate con un coltello e poste coperte da un tovagliolo o da un telo dentro uno stampo, infine riposte in frigorifero per almeno 12 ore; il brodo è lasciato intiepidire,

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passato attraverso un setaccio o un colino per rimuoverne il grasso e le parti solide, infine lasciato raffreddare. Nel comune di Balestrino (SV) la tradizione vuole che il brodo sia versato in una bacinella di terracotta detta cuncun che presenta un buco sul fondo, chiuso con una foglia di alloro o un rametto di rosmarino, in questo modo si lascia affiorare naturalmente la parte più grassa e, rimosso il tappo, il brodo purificato si spilla dal fondo. Una volta che le carni si siano ben raffreddate, si levano dallo stampo e si affettano piuttosto spesse con un coltello; nel frattempo il brodo è rimesso sul fuoco con alcune foglie d’alloro e una punta di zafferano, appena inizia a bollire si spegne il fuoco e si toglie l’alloro. Si dispongono foglie di limone ben lavate su un piatto di portata con il peduncolo posto nel centro del piatto, si adagia un pezzo di carne affettata sopra ciascuna foglia, si ricopre con il brodo tiepido e si pone di nuovo in frigorifero per l’intera notte o per un periodo equivalente. Il risultato è una carne avvolta da una spessa e profumata gelatina, il cui sapore è segnato dall’alloro, dall’essenza agrumata ed erbacea trasmessa dal prolungato contatto con le foglie di limone e dal delicato aroma apportato dallo zafferano. Il consumo tradizionale avveniva alla festa di Santa Caterina, il 25 novembre, di Santa Lucia, il 13 di-

cembre, di Sant’Antonio abate, il 17 gennaio, o nel giorno di Natale, in quest’ultima festività si è mantenuta sino ai giorni nostri sebbene sia un piatto che sta lentamente perdendosi nella preparazione casalinga generazione dopo generazione ma ancora sopravvive nelle macellerie, gastronomie e trattorie di paese dell’entroterra imperiese, savonese e del basso cuneese. Viene proposto come piatto tradizionale dai ristoratori locali a Santa Lucia a Toirano (SV) nell’omonima festa o ad Alpicella di Varazze (SV) durante la festa di Sant’Antonio abate, patrono del luogo. La zerarìa è anche iscritta nel registro dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Liguria. Abbinamenti gastronomici ed enologici Si consuma come antipasto o come secondo piatto freddo, servito con accompagnamento di patate o verdure lessate e con salse delicate, in alternativa con composte di frutta (pere, fichi) non eccessivamente zuccherate. Va gustato abbinandolo ad un vino rosso che non copra troppo i profumi di cui la carne e la gelatina si sono intrise nella lunga preparazione, come un Dolcetto di Dogliani DOCG oppure, per rimanere in ambito territoriale locale, con un Rossese Riviera Ligure di Ponente DOC o altrimenti ancora con un Ormeasco di Pornassio DOC. Roberto Villa

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RISTORANTI CARNIVORI

Una nuova destinazione carnivora in pieno centro a Milano

Dry Aged: LIFE IS BEAUTIFUL

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ry Aged è il nuovo progetto di due giovani, MATTEO FERRARIO e STEFANO CARENZI, chef e maître, i quali, dopo diverse esperienze gourmet, hanno deciso di puntare su loro stessi. La loro sinergia tra cucina e servizio si concretizza nella ricerca della concentrazione del gusto, nella sperimentazione delle frollature, delle macerazioni, a partire dalla carne, come attestano le imponenti costate che accolgono in sala, ma anche un profondo studio sul pesce, sui vegetali e con le più moderne tecniche di cucina, mixate con la sapienza antica e dal feeling nordeuropeo, l’intensità del gusto viene portata ai massimi livelli.

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Dr y Age vuole portare una tipologia di cucina che a Milano ancora mancava. L’accoglienza la fa la scritta al neon “LIFE IS BEAUTIFUL”, che racconta il mood dei due titolari. Stile urban ed eleganza informale accolgono gli ospiti in tre ambienti: dal New York bar con tavolo social, alla sala con panoramica sulla cantina, da prenotare anche come privée, una delle poche sale disponibili per almeno 14 persone a Milano, e la sala con cucina a vista attraverso un oblò, un occhio magico a spiare lo chef al lavoro. La cucina Tra i signature di Dry Aged spiccano sicuramente i mondeghili della

tradizione, spinacino sauté, salsa senape e zafferano; lo spaghetto ai 3 pomodori mantecato con olio evo e basilico; l’entraña alle braci, cipolla caramellata e soffice di patate e paprika. Non mancano le tartare di manzo, diverse a seconda della stagionalità, e che si possono trovare sia al naturale che marinate o affumicate. Le costate, fiore all’occhiello della ricerca nelle frollature: dalla Fassona selezione “La Granda” alla costata di Rubia Gallega, da quella di Pezzata rossa alla Gran selezione Dry Aged. Altra specialità della casa sono i risotti, mentre tra i dolci si consigliano il tiramisù e il “quasi” cannolo alla siciliana.

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A sinistra: una delle specialità della casa sono i risotti realizzati alla maniera “del Dry Aged”. In basso: Matteo Ferrario, executive chef, e Stefano Carenzi, restaurant manager & sommelier. Entrambi, prima di approdare al Dry Aged, hanno realizzato numerose esperienze in diversi ristoranti stellati.

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Sito tra Sant'Ambrogio e Corso Genova, nel centro di Milano, Dry Aged è il nuovo progetto di Matteo Ferrario e Stefano Carenzi. Personalità forte, stile e arredamento innovativo caratterizzano i tre ambienti del locale, ovvero il ristorante con cucina a vista, il New York Bar con tavolo social ed una sala riservata con cantina vini. Gli ospiti troveranno una cucina ricercata e gli ingredienti nel piatto volti a valorizzare la materia prima nella sua essenza. La cantina è composta da circa un centinaio di etichette molte delle quali di vini naturali e biodinamiche. La cantina Il maître e sommelier Stefano Carenzi ha selezionato tanti produttori di nicchia, sia esteri che italiani, per allestire la cantina a vista che abbraccia la sala privée. Dalla sala in cui si cena si possono ammirare tutte le etichette in esposizione e sceglierle. Una grande attenzione è dedicata anche a tante etichette Triple A e della selezione Abere, tra vini naturali e biodinamici. Dry Aged, arte e design Arte e design sono due componenti fondamentali che caratterizzano il

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Dry Aged. La scultura lampadario dal design futuristico che con i suoi giochi di luce illumina il pavimento originale anni Venti nelle sale principali e i neon rosso fuoco che inondano le pareti azzurro petrolio in un graffiante contrasto, accompagnano l’ospite in un viaggio tra opere d’arte contemporanea, fotografia e street art. Una selezione di opere unica in cui troviamo un Joker di NO CURVES, lo pseudonimo dietro il quale si nasconde uno dei più famosi artisti della tape art al mondo, che sorprende per lo stile caratterizzato dalla totale assenza

di rotondità; alle visioni veneziane di OBEY, tra i maggiori street artist contemporanei, sino a Milano, interpretata dal calligrafo GIUSEPPE CASERTA. Voler stupire è uno degli elementi distintivi di Dry Aged e per Matteo Ferrario e Stefano Carenzi solo la bellezza dell’arte e del cibo può regalarci emozione uniche. Dry Aged Via Cesare da Sesto,1 20123 Milano Telefono: 02 58107932 Web: restaurant.thedryaged.it

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Jarvis, qualità certa, anzi certificata

Una nuova generazione di storditori storditoori e cartucce universali Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.

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2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D


FILIERA CARNI

Carne bovina di qualità europea di Josette Baverez Blanco

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n un’epoca in cui coloro che seguono un regime vegano e vegetariano sono in aumento (in Italia rappresentano oggi oltre l’8% della popolazione), il consumo di carne è spesso argomento di discussione, anche tra amici, ognuno cercando di difendere la propria posizione. Sappiamo bene quanto sia inutile cercare di convincere chi ragiona in modo diverso dal nostro e non possiamo, quindi, che limitarci ad evidenziare le caratteristiche attuali della carne di qualità europea. Il capitolato di norme della Comunità europea è estremamente rigido, a cominciare dalla selezione dei bovini. La Comunità europea richiede solo razze selezionate e

ufficialmente riconosciute per la produzione di carne. Chi si occupa della macellazione ricerca razze adatte alle richieste attuali dei consumatori, richieste totalmente diverse da quelle del secolo scorso. Le esigenze fisiche, i metodi di cottura, il tempo a disposizione, le disponibilità economiche, tutto è cambiato. Oggi si cerca carne magra, di colore chiaro, tenera, di cottura rapida e semplice. Sono scelti quindi soprattutto animali maschi giovani. In effetti, nei banchi dei supermercati si trova più vitellone che manzo. Occhio alla qualità dell’alimentazione! Le prescrizioni comunitarie sulla qualità del cibo per il bestiame sono precise e det-

tagliate. Occorre garantire che gli animali si nutrano solo di foraggi verdi ed essiccati, foraggi conservati, mangimi composti, minerali e vitamine ad integrazione. Tante università italiane hanno sviluppato la ricerca in merito a questo tema e hanno individuato che la dieta migliore sarebbe un mix di 75% di foraggere con 25% di farine di soia e integratori. La Francia ha la fortuna di avere grandi distese di pascoli, quindi di permettere agli animali di mangiare erba fresca per 8 mesi all’anno, contrariamente al rilievo italiano che costringe spesso un allevamento in stalla ma sempre di ottima qualità.

I consumatori europei apprezzano determinati prodotti alimentari per le loro caratteristiche, sia intrinseche che estrinseche. Per aiutare a differenziare tali prodotti, carni comprese, la Commissione europea li protegge mediante regimi di qualità alimentare. La Commissione stabilisce alcune regole su quali alimenti devono essere protetti, cosa devono fare i produttori per ottenere il riconoscimento dei loro prodotti e per comunicare la loro qualità distintiva ai consumatori.

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Come garantire una qualità costante quando si tratta di animali? È facile farlo per tanti altri prodotti di largo consumo sulle cui con fezioni leggiamo composizioni, ingredienti, valori nutritivi, tempi e procedimenti di cottura… Per ottenere invece una carne di qualità più o meno sempre uguale nel tempo occorre agire su una pluralità di variabili, razza, sesso, età e alimentazione. È necessario anche osservare una certa quantità di capi “sperimentali”, per poi tenerne d’occhio un grande numero, consuetudine abbastanza semplice quando gli allevatori sono proprietari come è il caso spesso in Italia. Spesso le grandi aziende si organizzano per affidare il compito dell’allevamento a piccoli allevatori che seguono precisi capitolati. L’animale viene poi riacquistato dall’azienda ad un prezzo prestabilito. Sono accordi di reciproca convenienza chiamati contratti di soccida. Anche le associazioni del

settore intervengono per garantire all’allevatore un prezzo giusto, controllare i pagamenti dei bovini ed occuparsi della logistica per il loro trasporto. Il tutto per permettere ad ognuno di lavorare in un clima di maggior sicurezza e serenità. La sorveglianza sanitaria degli allevamenti è alla base delle disposizioni comunitarie. Viene data anche molta importanza al rispetto delle norme in merito al benessere degli animali: sono sempre più numerose le decisioni CEE e i decreti legislativi in materia. Ad esempio, le aziende debbono garantire una giusta aerazione delle stalle per il rinnovo dell’aria e per l’ossigenazione del bestiame, i box devono avere una buona ampiezza per permettere all’animale di muoversi e i trasporti con automezzi autorizzati devono garantire buone condizioni per l’animale che non deve subire stress, fattore da cui risente la qualità della carne. La macellazione viene eseguita dopo un accurato controllo sanitario fatto dal veterinario in

strutture sicure dal punto di vista dell’igiene. Gli animali da allevamento sono seguiti dalla A alla Z lungo tutti passaggi della filiera che li porta sul nostro tavolo, possedendo una sorta di carta d’identità con “nome e cognome”, registrati alla nascita con marche auricolari che tengono durante tutta la loro vita. Al momento dell’ingresso nello stabilimento di macellazione viene trascritto sull’apposito registro di carico/scarico il numero della marca auricolare, il numero di partita, la stalla di provenienza per poter rintracciare la storia dell’animale in caso di bisogno. Questo certificato di identità seguirà la carne dell’animale fino al punto di vendita. Oggi, tra scelte dietetiche “estreme”, i consumatori hanno imparato a destreggiarsi bene nella varietà degli alimenti proposti dal mercato, riservando alla carne una posizione “media”, vale a dire un consumo equilibrato e sempre sicurissimo. Josette Baverez Blanco

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LA QUALITÀ

De la dehesa a la mesa di Riccardo Lagorio

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e la dehesa a la mesa” è il motto che il Consorzio di Tutela della Ternera de Extremadura IGP (Consejo Regulador de la IGP Ternera De Extremadura) utilizza per la promozione della carne di vitella, bovino giovane non castrato e manzi cresciuti nella comunità autonoma dell’Estremadura nell’alveo dell’apposito disciplinare di produzione. La dehesa è il sistema di boschi di querce, sughere e lecci che caratterizza la regione, luogo ideale per la crescita di animali al pascolo estensivo, bovini e suini. Vi si incontrano colline, pianure, alture determinate dall’affiorare improvviso di massi e il sistema arboreo permette il rifugio naturale agli animali oltre che l’essenziale fonte di nutrimento. Le caratteristiche finali della Ternera de Extremadura IGP vengono condizionate proprio dal sistema di allevamento estensivo in

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questo sistema naturale. Ne fanno parte quelle razze autoctone che nel corso dei secoli si sono adattate alle peculiari caratteristiche del clima e della geografica dell’Estremadura. «Una tavolozza di razze compone l’abbecedario che può aspirare a diventare IGP, tutte connotate dalla grande rusticità» spiega il direttore tecnico del Consorzio, MIGUEL MORILLO VELARDE. Innanzitutto la Retinta (dal vello bruno) e a seguire la Negra Iberica di Avila, la Bianca di Cáceres (razza peraltro in via di estinzione, il cui migliaio di capi si concentra in allevamenti intorno a Navalmoral de la Mata), Berrenda (dal corpo bianco con capo rossiccio) e Morucha (pure in via di estinzione, dal vello nero). Possono farne parte anche animali di primo incrocio con queste razze e Limousine o Charolaise. La razza di provenienza viene riportata in etichetta.

In alto: paesaggio della dehesa, sistema boschivo formato da lecci, sughere o altre specie, con uno strato inferiore di pascoli o matorral. Tipica della parte meridionale ed occidentale della Penisola iberica, la dehesa è caratterizzata da un perfetto equilibrio tra mondo vegetale e animale, fondamentale per preservare l’ecosistema e la biodiversità.

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In alto: nell’IGP Ternera de Extremadura IGP rientrano razze bovine autoctone che nel corso dei secoli si sono adattate alle caratteristiche del clima e della geografia di questa regione a nord dell’Andalusia, confinante a ovest con il Portogallo. A sinistra: Miguel Morillo Velarde, direttore tecnico del Consorzio di tutela della Ternera de Extremadura IGP al Salone dell’Innovazione nella Ristorazione H&T, svoltosi a Malaga lo scorso febbraio (photo © facebook.com/ terneraextremadura).

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«Gli animali trascorrono i primi 5 mesi di vita con le madri e, successivamente, si spostano in recinti di finissaggio. Le femmine destinate al macello rimangono sino ad una età compresa tra 12 e 16 mesi, i maschi possono raggiungere anche i 36 mesi. Le vacche da riproduzione passano l’intera vita all’aperto nella dehesa» continua Morillo Velarde. Nei recinti agli animali viene assicurato uno spazio di almeno 4,5 m2 con una zona di riposo all’ombra, acqua in grande copia e possibilità di movimento adeguata. Il particolare metodo di allevamento conferisce alle carni particolari caratteristiche nutritive come l’abbondanza di antiossidanti naturali Omega-3 e vitamina E. L’esercizio fisico consente una buona infiltrazione di grasso nel tessuto muscolare e da lì un gusto particolarmente saporito, soprattutto negli esemplari di maggiore età. Sono circa 500 gli allevamenti autorizzati all’accrescimento di animali destinati a diventare Ternera de Extremadura IGP e poco più di 7000 gli animali che annualmente ottengono il marchio di tutela. «La richiesta di Ternera de Extremadura IGP è in forte crescita e stimiamo che nel 2022 saranno oltre 8.000

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La carne Ternera de Extremadura IGP presenta una consistenza soda e una struttura fine. È versatile e si adatta a tutti i tipi di preparazioni gastronomiche (photo © La cocina de Gibello). i capi marchiati. Si può affermare che almeno l’80% della carne venga consumata nella stessa regione dell’Estremadura; il restante si distribuisce tra Castiglia e Andalusia. «Alle macellerie e ai ristoranti che acquistano la carne IGP suggeriamo un periodo di frollatura variabile in base alla razza, all’età dell’animale e al taglio anatomico. In via del tutto generale si può consigliare un periodo minimo di 14 giorni per il posteriore delle vitelle e almeno 21 per il posteriore dei manzi con 18 mesi di vita. Questo

periodo minimo consente di apprezzare al meglio le caratteristiche della carne che dalla dehesa arriva alla tavola che ci auguriamo anche gli amici italiani possano presto conoscere» conclude Morillo Velarde. Riccardo Lagorio Consejo Regulador de la Ternera de Extremadura IGP Avenida Ruta de la Plata 4 Semisótano, 2-Despacho, 4-5 10001 Cáceres (Spagna) Telefono: +34 927 629146 Web: terneradeextremadura.org

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Agricole Forte: il benessere si tinge di verde di Elisa Guizzo

Sulla terra non c’è paradiso, ma ce ne sono pezzi Jules Renard

I

l Polesine è un luogo dominato dall’acqua, elemento essenziale, dal quale dipende la nostra vita. Una fascia di terra lunga 100 km interamente pianeggiante, attraversata da due grandi fiumi, il Po

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e l’Adige, che l’hanno identificata come la Mesopotamia d’Italia. Un tesoro paesaggistico che custodisce il Parco Regionale del Delta del Po, riconosciuto come patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, un pezzo di paradiso. Il Polesine occupa il Veneto meridionale, corrispondente alla provincia di Rovigo; confina a nord con Verona, Padova e Venezia, a est col Mar Adriatico, a sud con la provincia di Ferrara e a sud

ovest con la provincia di Mantova. Secondo RALPH WALDO EMERSON, la natura indossa sempre i colori dello spirito: il Polesine allora veste di verde, il colore della vita, che assorbe l’anima, dona equilibrio e concede speranza. Proprio qui, in questa terra di carattere, sorgono le AGRICOLE FORTE. GIUSEPPE FORTE, padre fondatore, originario di Piove di Sacco, comune della Bassa padovana, nel 1962 si

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L’erba medica è l’unica pianta estensiva usata nell’alimentazione degli animali e si identifica come una tra le 100 piante curative con proprietà terapeutiche. Infatti è ricca di proprietà quali il beta-carotene, vitamine, proteine e Omega-3, che rilasciano nei prodotti come il latte, le uova e la carne, composti aromatici, colore naturale, proprietà nutrizionali e organolettiche che li rendono appetibili “come una volta”.

trasferì con la famiglia nella zona del Polesine e si dedicò alla coltivazione di uno dei foraggi più importanti per l’alimentazione degli animali a interesse zootecnico: l’erba medica. Una scelta audace quella di Giuseppe, verso una terra caratterizzata da estati afose e inverni nebbiosi, ma ricca di vegetazione e particolarmente vocata alle produzioni agricole. Coltivazione, raccolta e disidratazione dell’erba

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medica erano le attività principali dell’azienda Forte, attività che sono state sapientemente tramandate ai figli, LEONARDO e LUIGI, oggi al timone dell’azienda. «Io e mio fratello abbiamo trascorso tutte le nostre vacanze scolastiche in campagna, imparando così tutti i segreti di questo nobile lavoro», racconta Luigi. Quest’anno le Agricole Forte compiono 60 anni e sono oltre 3.000 gli ettari coltivati ad erba medica e circa

500.000 i quintali prodotti. I principali acquirenti sono i mangimifici e gli allevatori di bovini, ovicaprini, equini e bufalini. Negli anni 2000 la rete commerciale ha subito una vera e propria rinascita con un nuovo approccio di mercato. «Raccontiamo direttamente il valore della nostro prodotto in tutto il mondo: Europa, NordAfrica, Oriente e Medio Oriente» spiega Luigi.

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Secondo l’ultimo rapporto sulla congiuntura del settore agricolo diffuso da Veneto Agricoltura, il Polesine si conferma il granaio del Veneto; nelle campagne polesane infatti regnano erba medica, frumento tenero e duro, soia, mais, fagioli, zucchino, barbabietola e aglio

Il foraggio di erba medica è chiaramente il cavallo di battaglia delle Agricole Forte commercializzato come balloni, pellet e wafer. I balloni hanno forma quadrata, questo per facilitarne lo stoccaggio; i pellet invece sono dei piccoli cilindri di erba medica pressata; infine i wafer cubes, prodotto piuttosto originale che ha le sembianze di un biscotto, destinati prevalentemente agli equini. L’attività in campo è preziosa e detta la qualità del prodotto finito, «eseguiamo tutte le fasi di lavorazione in maniera certosina al fine di creare un piatto sano per gli animali» spiega Luigi. La lavorazione parte dallo sfalcio dell’erba medica, lasciata poi a riposare per un breve periodo in campo, al fine di creare un leggero appassimento: questo permette di mantenere la morbidezza delle foglie e la croccantezza degli steli. La ranghinatura aiuta ad uniformare il processo di essiccazione in campo e ha lo scopo di disporre l’erba falciata in cumuli longitudinali detti andane; tale proceduta avviene con appositi ranghinatori a testata pick up larghi nove metri, dotati di un nastro di gomma che consente di non ledere l’apparato fogliare e di un pettine che evita di raccogliere la terra durante le operazioni di fienagione. La produzione comincia ad aprile e termina a novembre; l’azienda Forte esegue circa sei sfalci annuali, l’erba medica va in fioritura ogni 30 giorni circa; il taglio anticipato a inizio fioritura permette di ottenere un prodotto con fibra più digeribile e maggior contenuto proteico. Terminate le operazioni in campo, si procede con la raccolta del prodotto sciolto e l’avvio allo stabilimento di produzione con l’asciugatura artificiale dell’erba medica, attraverso tre impianti di disidratazione a bassa temperatura.

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L’umidità, protagonista indiscussa di queste parti, ha un tenore del 40% nelle foglie appena raccolte, ma, grazie al processo di disidratazione, raggiunge un valore finale del 12%. Il processo di asciugatura artificiale è piuttosto rapido e avviene con aria calda portata 60 °C; l’aria è generata da una caldaia, mossa da bruciatori a fiamma modulabile alimentati a gas, non impattanti per l’ambiente e per il prodotto. Successivamente, si procede con il raffreddamento dell’erba medica e, in funzione a ciò che si vuol ottenere, subirà lavorazioni differenti: se pellet, sarà inviata al molino che la trasformerà in farina; se balloni a fibra lunga sarà pressata da apposite presse ad alta densità presenti nello stabilimento delle Agricole Forte. L’epoca di raccolta segna il destino di quello che sarà l’aspetto compositivo e qualitativo dell’erba medica: il periodo migliore è quello che garantisce un buon apporto tra fibra e proteina e questo dipende fortemente dalle condizioni climatiche e da quelle del terreno. «Il Polesine ha una falda molto umida. Qui c’è un piano campagna inferiore ai 3 metri rispetto al fiume Po: questo è dovuto agli argini che sono stati innalzati negli anni in seguito alle due grandi alluvioni del ‘51 e del ‘62 che hanno colpito questa terra» racconta Luigi. Le brezze marine date dalla vicinanza dell’Adriatico e l’umidità accentuata designano il microclima del Delta del Po, che risulta essere particolarmente adatto alle attività agricole. Secondo l’ultimo rapporto sulla congiuntura del settore agricolo, diffuso da VENETO AGRICOLTURA il Polesine si riconferma il “granaio del Veneto”; nelle campagne polesane, quindi, non regna solamente l’erba medica ma anche frumento tenero e duro, soia, mais, fagioli,

zucchino, barbabietola e aglio (quest’ultimo rappresenta il 90% della produzione regionale). All’interno dello stabilimento delle Agricole Forte vi è un laboratorio di analisi che utilizza la tecnica NIRS (Near Infrared Reflectance Spectroscopy), in grado di fornire la composizione chimica del campione in pochi secondi sfruttando le interazioni tra la materia e le radiazioni del vicino infrarosso. Le analisi permettono di rilevare il contenuto di proteine, umidità, beta carotene e fibra NDF (insieme di emicellulose, cellulosa e lignina). L’erba medica ha un apparato radicale molto esteso, che può arrivare anche a sei metri di profondità, riuscendo così ad assorbire macro e micro elementi depositati dalla coltivazione precedente; inoltre, tale coltura è azoto-fissatrice, assimila grandi quantità di azoto grazie ai batteri Rhizobium e si può definire pertanto “miglioratrice del suolo”. Il valore nutrizionale di questa pianta è l’aspetto che più la rappresenta: è infatti una buona fonte proteica, ricca di sali minerali quali potassio, calcio, fosforo, magnesio, silicio e sodio. È ricca di elementi antiossidanti quali betacarotene, xantofilla e clorofilla. È fonte di vitamine liposolubili e di quelle del gruppo B e, infine, è povera di lignina che la rende altamente digeribile. Alcuni tra i costituenti meritano una menzione particolare, tra cui il ß-carotene che fa parte della grande famiglia dei carotenoidi, precursore della vitamina A e pigmento vegetale di natura lipidica; il ß-carotene possiede attività antiossidante e foto-protettiva. I foraggi freschi abbondano di carotenoidi che si depositano nei tessuti adiposi, nel fegato e nei globuli di grasso del latte. Non c’è di che spaventarci, dunque, se un burro di malga è giallo e non bianco o se il grasso che contorna la nostra bistecca assume le tonalità aranciate, perché queste sono le colorazioni che derivano da sintesi lipidiche apportate da un’alimentazione al pascolo. Tra i costituenti meritevoli di menzione vi sono anche gli acidi grassi essenziali: alfa-linolenico,

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acido capostipite degli Omega-3, e acido linoleico, che fa parte del gruppo degli Omega-6: questi non solo migliorano il benessere dei bovini ma anche quello dell’uomo in quanto svolgono una funzione ossidativa. Questi composti sono ritenuti responsabili di migliorare la frazione lipidica del latte e, sulla base di ciò, l’erba medica delle Agricole Forte ha ottenuto la certificazione per far parte della filiera del Parmigiano Reggiano. Nel 2017 è nata Open Farm, una start-up creata da Luigi Forte: «lo studio del valore nutraceutico di questa pianta mi ha portato a realizzare un progetto di comunicazione virtuosa» racconta Luigi. Open Farm, conosciuta con lo slogan siamo ciò che mangiamo, perché ci nutriamo dentro e fuori, di strada ne ha fatta. Sono nate cosi due linee: Take Care, che conta nove prodotti per la cura del corpo, di cui un integratore a base di erba medica raccolta a mano, e Taste Life, che comprende una vasta gamma di prodotti panificati, tra i

quali troviamo le nuove arrivate in casa Open Farm, quali le fette biscottate fatte con farina di erba medica, semini di erba medica e miele mono floreale (i prodotti si trovano nelle gastronomie, erboristerie e saloni di bellezza ma acquistabili anche tramite lo shop on-line visitabile dal sito: www.open-farm.it). «Che cosa voglio comunicare, perché e come comunicare, sono state le domande che mi ponevo ogni giorno e che mi hanno permesso di realizzare Open Farm»

dice Luigi, che oggi tiene seminari in tutta Italia per comunicare la preziosità di questa pianta. La comunicazione è l’aspetto che più influenza la nostra vita, parte fondamentale dei rapporti umani e l’assenza di essa lascia spazio solo al vuoto. Quali sono gli obiettivi di Open Farm? «Migliorare sempre più la sensibilità delle persone mostrando il valore della terra e di chi vi lavora: uomini e donne che la rendono unica». Elisa Guizzo

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Lo spettro della Peste Suina sugli allevamenti italiani Confermati casi in Piemonte e in Liguria nel selvatico. Per ora si è riusciti ad evitare il contagio negli allevamenti. La storia infinita di una patologia che non colpisce l’uomo ma può fare danni serissimi a zootecnia e industria della carne di Sebastiano Corona

È

tutt’altro che una sorpresa quanto successo nel mese di gennaio nei nostri boschi. Ciò che si temeva è di fatto accaduto e non che le associazioni datoriali e gli

esperti della materia non avessero paventato il pericolo. Non bastava infatti l’aviaria a preoccupare i nostri allevatori, ci mancava la Peste Suina. Gli operatori denun-

ciano il lassismo delle istituzioni: «Siamo costretti ad affrontare una grave emergenza sanitaria perché è mancata l’azione di prevenzione, come abbiamo ripetutamente

Vuoi per l’assenza quasi totale di predatori naturali, vuoi perché il territorio boschivo è sempre più abbandonato a se stesso, ma anche perché i cinghiali si nutrono oggi di residui di cibo dell’alimentazione umana, il proliferare di questa specie è dilagante (photo © Silvio Frantellizzi).

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denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla moltiplicazione dei cinghiali che invadono città e campagne dal Nord al Sud Italia». La COLDIRETTI non fa mancare la sua voce di fronte ad un problema che sta sfuggendo di mano e che si aggiunge a molti altri che in queste settimane stanno flagellando le nostre campagne. Ed è difficile dare torto a chi, da tempo, segnalava l’avanzare minaccioso di un problema serissimo. Se da una parte un’azione sinergica e su tutti i fronti può aiutare a tutelare e difendere gli allevamenti, dall’altra ogni tentativo sarà vano se non si interverrà sulla popolazione dei cinghiali, il cui numero e la cui presenza ha raggiunto livelli ormai insostenibili in ogni regione. Perché nelle aree dove è preponderante la presenza di allevamenti intensivi e particolarmente controllati sono proprio i cinghiali il veicolo della malattia. Vuoi per l’assenza quasi totale di predatori naturali, vuoi perché il territorio boschivo è sempre più abbandonato a se stesso, ma anche perché i cinghiali si nutrono oggi di residui di cibo dell’alimentazione umana, il proliferare di questa specie è dilagante. In un Paese in cui la caccia è divenuta un tabù, nemmeno l’ipotesi di contenerne il numero con un calendario venatorio più folto è un’ipotesi che appare percorribile; ci vuole troppo coraggio da parte delle istituzioni, più dirette a mietere consensi che a risolvere problemi reali. Solo in Lombardia l’assessore dell’Agricoltura FABIO ROLFI ha paventato l’ipotesi di istituire la figura del Delegato dell’imprenditore agricolo, titolato ad intervenire nelle attività di contenimento del cinghiale sui fondi di proprietà. Ma, per il momento, chi subisce le conseguenze di un problema che non si è stati in grado di prevenire nonostante le innumerevoli avvisaglie sono gli allevatori, ai quali sono altresì dirette le circolari del Ministero della Salute, che per ora dispongono la sospensione tempo-

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ranea delle certificazioni sanitarie dei prodotti a base di carne suina e derivati destinati a Paesi Terzi con i quali sussiste un Accordo sanitario e/o un Certificato sanitario che prevede l’indennità del territorio nazionale per la patologia. È inoltre in arrivo un decreto che dispone l’attuazione, a strettissimo giro, dei Piani Regionali di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l’eradicazione del virus e ogni regione dovrà procedere con la ricognizione della consistenza della specie nel proprio territorio, l’indicazione dei metodi ecologici, le aree di intervento diretto, le modalità, i tempi e gli obiettivi annuali di prelievo. Il presidente del Consiglio nominerà un Commissario straordinario con compiti di coordinamento e monitoraggio delle azioni e delle misure messe in atto per prevenire e contenere la diffusione del virus. Ma la gestione dell’operazione di eradicazione sarà tutt’altro che indolore per gli allevatori, i quali, oltre ad essere vittime del problema, porteranno sulle spalle il carico amministrativo che deriverà da una gestione fortemente sorvegliata dei propri impianti produttivi. Siamo solo all’inizio di una vicenda che vedrà il coinvolgimento e il coordinamento del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, il Ministero della Salute e il Ministero della Transizione Ecologica e che avrà conseguenze su numerose filiere del made in Italy. In Italia e all’estero. Non è un caso se alcuni Stati, grandi importatori dei nostri prodotti locali, hanno posto un veto sulla salumeria che arriva dal Belpaese. Soprattutto l’Asia orientale con Cina, Giappone, Taiwan. E il rischio è che lo stop si allarghi, coinvolgendo anche altri Stati, con tutti i danni che ne posso derivare sul breve e medio termine. Il caso della Sardegna è emblematico, ma diviene oggi anche un modello virtuoso a cui ispirarsi Mentre la malattia sta aggredendo il resto del mondo, i Sardi possono


Gli allevamenti intensivi costituiscono una barriera protettiva alla diffusione della PSA: sono invece gli animali en plein air ad essere più esposti e capaci di veicolare il virus, soprattutto quando pascolano in assenza di difese attive, doppi recinti e un controllo sierologico costante. tirare un sospiro di sollievo su un problema con cui hanno fatto i conti per una quarantina d’anni. Dal 1978 infatti, la Peste Suina Africana, — del sierotipo 1, e quindi differente da quella al momento diffusa nel Nord Italia e in molti Paesi dell’Est Europa — ha comportato per l’isola importanti limitazioni alla propria produzione suinicola e un divieto assoluto di esportazione extraregionale di carni fresche, preparati e derivati, con serissimi danni per la zootecnia e l’industria alimentare. La Sardegna è stata vittima del genotipo 1, meno aggressivo rispetto al genotipo 2 che sta spaventando il resto d’Europa, ma che è veicolato soprattutto dal cinghiale, contrariamente a quanto accaduto nell’isola, in cui era principalmente il maiale a perpetuare lo stato delle cose. Dopo decenni e innumerevoli

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tentativi, molti dei quali clamorosamente falliti, la Sardegna può dire di aver imboccato la strada giusta e di essere oggi in quella fase che viene definita di “silenzio epidemiologico”. Per capire il fenomeno è bene precisare che la persistenza dell’infezione nel territorio isolano è stata favorita dalla diffusione di allevamenti di tipo familiare e dal radicamento di pratiche tradizionali, presenti soprattutto nei comuni dell’interno, ma non solo. La scarsa o nulla collaborazione da parte degli allevatori e dei comuni cittadini, le difficoltà di applicazione del divieto di pascolo brado e la presenza per un certo lasso di tempo, di contributi a favore di chi denunciava di essere detentore di bestie infette, hanno determinato decenni di insuccessi di piani di sorveglianza e di misure di controllo. Con conseguenze nefaste sul fronte economico.

Solo nel 2016, l’Unità di Progetto, un gruppo di esperti in materia di PSA dedicato all’implementazione del piano di eradicazione, con particolare riferimento alle attività di sorveglianza negli allevamenti e alla verifica dell’applicazione delle misure di biosicurezza, è giunto a risultati concreti. I metodi di allevamento si sono uniformati a rigidi requisiti di biosicurezza, innalzando così lo standard di allevamento. Ma soprattutto si è avviata una severissima campagna di abbattimento dei capi detenuti illegalmente, una lotta all’allevamento illegale e alla pratica del pascolo brado, a dispetto del malcontento di una popolazione che aveva usi e costumi in perfetta antitesi con questa linea. Consuetudini che, pur accettabili dal punto di vista antropologico, erano fonte di danni irreparabili sul piano sanitario.

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Il gruppo di lavoro sulla PSA della Regione del Veneto ha prodotto un volantino per la comunicazione dei rischi agli allevatori di suini. L’elaborazione grafica è stata curata del Laboratorio comunicazione dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (per scaricare il flyer: www.izsvenezie.it). Anche grazie ad un’ampia campagna di sensibilizzazione, è nata una nuova consapevolezza di allevatori, cacciatori e addetti del settore, che nel tempo ha fatto registrare un netto miglioramento della situazione epidemiologica, con una notevole riduzione del numero di focolai negli allevamenti domestici e tra i cinghiali. Era infatti evidente una correlazione tra il pascolo brado e la malattia e la task force è andata ad intervenire soprattutto su quella. Ma non è stato facile, anche per la contrarietà delle popolazioni locali. In comuni come Orgosolo, epicentro del fenomeno, ma anche Desulo, Arzana, Villagrande, Talana, Baunei, Urzulei, Irgoli e Nuoro,

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sono stati abbattuti migliaia di capi, portando il brado ai minimi storici in Sardegna. Un’azione tanto importante quanto difficile da mettere in pratica, che ha richiesto il coinvolgimento ma anche il coraggio delle istituzioni regionali come la regione Sardegna, l’ATS, l’Istituto Zooprofilattico, l’agenzia Forestas, il Corpo Forestale, i Carabinieri, la Polizia, i Prefetti, Laore e Agris, ma soprattutto di quelle locali, sindaci compresi. Tutti o quasi minacciati di pesanti ritorsioni sul piano personale. Di questo drastico quanto efficace piano di eradicazione è stato promotore, tra gli altri, GIUSEPPE PULINA, Agronomo e Dottore di Ricerca, professore Ordinario di Zootecnica

Speciale presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, massimo esperto della materia e scienziato di fama, incluso per il secondo anno consecutivo nella lista mondiale dei World’s Top 2% Scientists List. Pulina, già Commissario di Ente Foreste e Amministratore Unico di Forestas, proprio ai tempi della delicata fase degli abbattimenti dei suini al brado, riconduce anche alla mancanza di un vaccino il motivo principale per cui un’epidemia sul territorio nazionale comporterebbe pesanti ripercussioni sul patrimonio zootecnico nazionale e sull’industria ad esso legata. «La risoluzione del problema in Sardegna è stata tutt’altro che semplice, non a caso ci sono voluti

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40 anni per debellare la malattia. Tuttavia, l’isola è riuscita e ora rappresenta un esempio virtuoso di cui si può far tesoro. I Sardi sono stati capaci di confinare per decenni la PSA entro le proprie coste e ora che hanno superato il peggio devono dimostrare altrettanta responsabilità, nell’evitare che in qualche modo si importi la malattia del genotipo 2, con tutte le nefaste conseguenze del caso» dichiara il professor Pulina. Il problema in Sardegna erano gli allevamenti illegali e i cinghiali, completamente fuori controllo e capaci di trasmettere la malattia all’infinito, tanto più che si tratta di un virus con un’alta morbilità, cioè che non diminuisce la sua carica virale con il tempo. «Ma gli allevamenti intensivi contribuiscono fortemente a scoraggiarne la diffusione perché — sottolinea Pulina — tenere gli animali confinati e controllati garantisce livelli di sicurezza molto elevati. Sono invece gli animali en plein air ad essere

più esposti e capaci di veicolare il virus, soprattutto quando pascolano in assenza di difese attive, doppi recinti e un controllo sierologico costante. Gli animali da allevamento sono sottoposti ad un tale monitoraggio che, in caso di ingresso della malattia negli impianti, si attivano immediatamente azioni di limitazione e confinamento del focolaio». In sostanza, gli allevamenti intensivi costituiscono una barriera protettiva alla diffusione della PSA. «I consumatori di carne di maiale non devono avere timori nell’acquistarla, perché proveniente da strutture controllate — precisa il professore — semmai l’attenzione deve essere rivolta alla cacciagione e nello specifico al cinghiale. I comuni cittadini possono anche aiutare a limitarne la diffusione, ponendo in essere buone pratiche in materia di rifiuti e di abitudini personali. In alcune zone della Liguria e della Lombardia sono state vietate attività come trekking,

mountain bike, raccolta funghi e passeggiate in montagna, perché la contagiosità del virus è tale che può essere facilmente veicolato da scarpe, vestiti o attrezzi per lo sport. Chi passeggiando entrasse in contatto con dei residui di un animale infetto, se lo può portare appresso inconsapevolmente e contribuire alla sua diffusione della malattia». Per questo abbiamo tutti delle responsabilità in materia. Oltre che negli allevamenti, la sierosorveglianza va fatta sulla popolazione cacciata nel corso della stagione venatoria. Questa pratica ha dato risultati importanti dove si è presentato il problema in passato. «Anche la Penisola iberica, che per molto tempo ha affrontato una situazione drammatica, ce l’ha fatta, già prima della Sardegna, grazie ad un’azione decisa su questo fronte e oggi può contare su un’industria suinicola fiorente, a cui il resto del mondo guarda con interesse», conclude Pulina. Sebastiano Corona

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Meno metano dai ruminanti con un additivo Grazie ad una piccola supplementazione nella razione si taglia fino al 90% del metano emesso in atmosfera di Roberto Villa

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intesa come l’insieme delle attività del settore primario, ha più che raddoppiato in valore assoluto la massa di gas generato passando da 2,7 miliardi di tonnellate CO2 equivalenti nel 1961 a quasi 6 nel 2020. Considerando che in questo sessantennio anche la popolazione mondiale è più che raddoppiata — da 3,1 a 7,8 miliardi di individui — ed è migliorata la disponibilità di alimenti per tutti, sebbene in maniera non omogenea, ciò è una conseguenza nefasta e in precedenza non adeguatamente soppesata di un processo virtuoso che ambiva a

sostentare il pianeta, di questo l’opinione pubblica non si deve scordare. Metano e attività agro-zootecniche Il metano è un gas capace di dar luogo ad un effetto serra pari a venticinque volte l’anidride carbonica, l’unico vantaggio rispetto a questa è la ridotta persistenza nell’atmosfera: dodici anni contro le centinaia di anni della seconda. Secondo i dati FAO1, le emissioni di metano della produzione agricola (farm-gate emissions) sono passate nel trentennio 1990-2019 da 127 a 140 milioni di tonnellate all’anno (+10,2%), con

Photo © Parilov Evgeniy

a notizia è di quelle che suonano sensazionali in tempi di preoccupazioni per il continuo surriscaldamento della Terra, con gli strali degli ambientalisti indirizzati verso i settori economici ritenuti tra i maggiori contributori di tale situazione: l’agricoltura pesa per il 40% circa a livello globale e, di questa quota, poco meno del 70%, cioè attorno al 28% del totale delle emissioni annuali di gas serra in atmosfera, tocca agli allevamenti. Nell’ambito della generale tendenza all’aumento delle emissioni di gas ad effetto serra, l’agricoltura,

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Perché é continuare e a fare e fatica? Noii abbiamo o la a e giusta soluzione un rialzo costante a partire dall’inizio del nuovo millennio. Una delle principali fonti è costituita dalla fermentazione ruminale, processo simbiotico necessario affinché la fibra dei vegetali venga trasformata dalla flora microbica in acidi grassi volatili, assorbiti dall’animale che ne trae in questo modo energia per il proprio sostentamento e per la produzione di biomassa. Queste fermentazioni sono in parte metanogene ed il gas derivante dal metabolismo microbico viene perso prevalentemente per eruttazione senza poter essere captato. Diversamente il recupero degli effluenti di allevamento da parte di biodigestori anaerobici consente di mettere a frutto il biogas (miscela di metano ed anidride carbonica) per la produzione di energia termica o di energia elettrica tramite turbine; nelle aree agricole dei paesi sviluppati è una modalità di generazione di energia rinnovabile sempre più diffuso. Dieci anni di ricerche, l’esito di sperimentazioni in quattro continenti e uno stabilimento dedicato nuovo di zecca La multinazionale DSM, attiva su vari fronti, tra i quali le colture microbiche ed i prodotti da essa derivati, ha messo a punto per dieci anni un additivo in grado di ridurre notevolmente l’emissione di metano dei ruminanti. Bovaer® 10, aggiunto in piccole quantità alla razione alimentare giornaliera — un quarto di cucchiaino da tè, recita la presentazione della società produttrice —, sopprime l’enzima che innesca la liberazione di metano e ne contiene le emissioni da un 30% nelle vacche da latte sino al 90% nei bovini da carne2. L’azienda olandese sta stringendo accordi di fornitura con importanti società — come il colosso brasiliano delle carni JBS e FONTERRA, cooperativa lattiero-casearia neozelandese con 10.000 soci allevatori — e ha pianificato a breve la costruzione di un impianto dedicato in Scozia dove produrre su larga scala l’additivo, che diverrà pienamente operativo nel 2025. Nel settembre 2021 l’ad-

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ditivo è stato autorizzato in Brasile e Cile; l’EFSA ne ha deliberato in novembre la sicurezza alimentare per l’Unione Europea limitatamente alla categoria delle vacche da latte3, mentre l’efficacia nella riduzione delle emissioni di metano è stata valutata favorevolmente per tutte le categorie di ruminanti alla dose raccomandata di 60 mg/kg di sostanza secca dell’alimento, corrispondenti a 53 mg/kg di mangime completo. Sono in corso, inoltre, le valutazioni per l’approvazione in altri Stati. Il decennio di sperimentazione si è svolto su 45 allevamenti in 13 nazioni di quattro continenti, da ultimo in Australia, e ha originato ben 48 studi pubblicati da riviste scientifiche indipendenti con giudizio arbitrale dei lavori. Come funziona nel rumine Il principio attivo del Bovaer® 10 è il 3-nitroossipropanolo (3-NOP), diluito in glicole propilenico e supportato da acido silicico, il cui funzionamento consiste nel saturare l’enzima metil-coenzima M reduttasi dei batteri metanogeni in modo da contenere sino ad annullare la formazione di metano; aumenta di conseguenza la percentuale di idrogeno libero, perché non si coniuga con l’anidride carbonica per la generazione della molecola di metano, e l’equilibrio degli acidi grassi volatili nel rumine va a favorire maggiormente propionato e butirrato a discapito dell’acetato. Un meccanismo di azione semplice che può aiutare gli allevamenti, insieme ad altre buone pratiche, a mitigare in maniera consistente l’effetto serra in modo da raggiungere gli obiettivi di riscaldamento climatico fissati nella recente COP26 di Glasgow. Roberto Villa

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PACKAGING

TRADIZIONE E INNOVAZIONE Non sono concetti opposti, anzi… Come suggerisce l’etimologia latina della parola, nel suo significato letterale “innovare” significa alterare l’ordine delle cose stabilite per fare cose nuove. Non vuol dire, tuttavia, costruire ex novo, sul nulla, ma ricombinare gli elementi noti per realizzare qualcosa di diverso e inesistente sino a quel momento

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e innovazioni, quindi, incorporano sempre al loro interno saperi, esperienze e idee già esistenti. Provate ad analizzare i fenomeni più innovativi e troverete al loro interno molti elementi del passato. Questo stesso concetto si applica al VASSOIO r-XPS, da sempre una soluzione funzionale e sicura utilizzata ormai da oltre 50 anni dalla GDO, dall’industria e dai consumatori di tutto il mondo, oggi più che mai Innovativa, ed ancor più Sostenibile, Riciclable e Circolare, con un contenuto di riciclato post consumo fino al 50%. Non si tratta quindi di un’alternativa tutta da sperimentare, ma di una soluzione d’imballo arcinota e familiare per tutti i consumatori e gli operatori del settore, che ha intrapreso la via dell’innovazione e che vanta prestazioni insuperabili per il mantenimento delle caratteristiche organolettiche della carne, doti di macchinabilità uniche, semplicità di confezionamento e infine un aspetto estetico inconfondibile che la rende diversa da quella che di solito i consumatori chiamano “plastica”. I valori d’impatto ambientale in termini di GWP (Global Warming Potential), inoltre, sono i più bassi tra tutte le tipologie d’imballaggi cosiddetti alternativi, oggi ancora più bassi, grazie all’INNOVAZIONE dovuta alla

presenza di riciclato post-consumo. Considerando l’importante contributo dell’imballaggio per la conservazione e la protezione dell’alimento, riducendo drasticamente il rischio di spreco alimentare, risulta evidente quanto il NUOVO VASSOIO r-XPS sia oggi la soluzione d’imballo più efficace e innovativa anche in termini di sostenibilità globale. Il miglioramento della sostenibilità delle vaschette in plastica, tuttavia, passa anche attraverso il loro corretto smaltimento; il ruolo del consumatore in questo processo diventa pertanto fondamentale e potrà influenzare positivamente la quantità e la qualità della materia prima seconda che si otterrà dopo il riciclo. L’informazione sul PDV, pertanto, è fondamentale per fornire tutte le indicazioni necessarie per il corretto smaltimento della confezione come indicato nella pagina a fianco.

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TECNOLOGIE

La scelta dell’ERP giusto non è mai stata così facile!

CSB-System ad IFFA

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e aziende del settore carne non hanno vita facile: devono tenere testa ad una concorrenza sempre più globale in cui catene di approvvigionamento più complesse vanno di pari passo con le maggiori pretese dei rivenditori relativamente a capacità di consegna e qualità dei prodotti. Allo stesso tempo, l’aumento dei costi di produzione continua a comprimere i margini, il comportamento dei consumatori è sempre meno prevedibile, le normative sempre più stringenti. Le esigenze delle aziende del settore carne sono abbastanza simili anche quando le dimensioni sono molto diverse. Ad IFFA 2022, fiera internazionale dell’industria della carne (Francoforte, 14-19 maggio), il gruppo CSB-System esporrà nel Padiglione

11.1, stand C30. Il focus sarà sulle tecnologie come opportunità per ottimizzare i processi aziendali: una sfida sempre più attuale. Gli esperti CSB metteranno il loro know-how a disposizione dei visitatori, affinché le potenzialità ma anche i dubbi su un ERP di settore possano essere chiariti. Dopo aver abbinato le esigenze specifiche di un’azienda con le possibilità a più livelli della soluzione completa dell’ERP CSBSystem, il CSB Meat Management Matrix visualizzerà l’ERP su misura per l’azienda in questione, perché l’implementazione nel medio-periodo di un ERP completo e specifico per le industrie di lavorazione carne sta diventando quasi un presupposto imprescindibile per rispondere alle sfide del settore.

L’ERP CSB-System tagliato su misura CSB BASIC ERP è pensato per le piccole imprese, che potranno così sfruttare la competenza del gruppo CSB-System in una soluzione di settore chiavi in mano, che contiene già le best practice di settore. Si implementa rapidamente e può essere comodamente utilizzato anche in Cloud. CSB Factory ERP, invece, è tagliato su misura per l’ottimizzazione dei processi produttivi ed è quindi perfetto per la gestione degli stabilimenti produttivi di multinazionali e gruppi aziendali che impiegano già un ERP di gruppo. Infine, CSB Industry ERP è consigliato alle aziende alla ricerca di una soluzione completa, che contempli quindi anche Controllo Qualità, Con-

CSB-System è l’ERP giusto per le aziende di qualsiasi dimensione.

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tabilità generale e industriale, Cespiti, Archiviazione documentale, Rilevazione presenze, Business Intelligence e molto altro. Punti di accesso verso la smart meat factory Non va dimenticato che l’ERP è il punto di accesso verso la fabbrica intelligente, perché: • tutto ruota intorno ai dati. Dalla correttezza dei dati dipende l’ottemperanza dei regolamenti sulla rintracciabilità. La trasparenza dei processi e le decisioni si basano sui dati e sulla loro rapida comprensione. La pianificazione smart della produzione, i report rispetto a determinati KPI, le informazioni di finanza e controlling o ancora l’ottimizzazione della gestione del magazzino sono tutte funzionalità determinanti per le aziende e tutte dipendono dalla capacità di raccogliere ed elaborare i dati a disposizione. Grazie all’ERP CSB-System i dati diventano vere e proprie informazioni; • la Supply Chain è il punto cruciale. L’aumento dei costi delle materie prime, dei costi energetici, ma anche la volatilità del mercato interno ed estero, rendono necessaria la capacità di reagire rapidamente, di pianificare con maggiore precisione, di utilizzare le risorse in modo più efficiente, in altre parole è essenziale avere una supply chain organizzata in modo rigoroso. Questo non è possibile senza investimenti nell’ERP, ma alla fine si viene ripagati perché le soluzioni CSB-System sono studiate proprio per rispondere alle sfide delle aziende di lavorazione della carne; • l’automazione è il presente e il futuro. Coloro che vogliono automatizzare la loro produzione tenderanno a concentrarsi sulla connessione di ERP, MES e CIM, così come fa già da anni l’ERP CSB-System. La predictive maintenance (manutenzione predittiva) e i robot rendono il tutto ancora più intelligente.

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Il CSB Rack consente il rilevamento automatico dei dati. Questo approccio apre a nuove possibilità di ottimizzazione dell’azienda; • le nuove attrezzature che consentono la comunicazione “da macchina a macchina” (M2M), il reporting OEE o anche l’integrazione del negozio on-line sono i prerequisiti per un flusso integrato di informazioni e materiali. Quando tutti i dati, dalla macellazione al cliente finale, sono in armonia, un’azienda diventa più efficiente e più competitiva, e probabilmente innesca un’ulteriore crescita. Il gruppo aziendale CSB-System mette a disposizione software, hardware, services e business consulting: tutto ovunque e in un’unica soluzione. L’ERP CSB-System resta il cuore del portafoglio prodotti ed è una soluzione completa che copre l’intera filiera: dalla produzione di materie prime fino al consumatore e dalla macchina al controlling. Tutti i processi sono totalmente coperti

nello standard secondo le best practices nazionali ed internazionali. Grazie alla struttura modulare del software, i clienti CSB possono introdurre nuove funzionalità in modo flessibile, nel momento in cui lo desiderano. Il CSB-System può essere aggiornato rapidamente e in modo sicuro; novità tecniche o modifiche delle disposizioni di legge possono essere integrate facilmente.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Lazzari Equipment è il distributore ufficiale per l’Italia

I porzionatori a peso fisso Marelec per braciole di suino in osso e coppa

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a porzionatrice a peso fisso PORTIO B di Marelec è la macchina ideale per tagliare alla perfezione carni in osso come braciole di suino, meglio se incrostando crust-freeze il carré prima di inserirlo in macchina. La tecnologia si basa su un sistema di rilevazione della forma in 3D del prodotto, utilizzando tre telecamere laser a 400 Hz, con una precisione ottica tale da riuscire a leggere anche carne dal colore particolarmente rosso o scuro. Un software esclusivo calcola dove tagliare il prodotto per ottenere fette o porzioni dal peso uguale.

Marelec applica una bilancia a densità prima della scansione laser: il peso rilevato viene inviato allo scanner che sa così in tempo reale cosa sta scansionando. La precisione di taglio a peso fisso di tagli non uniformi diventa così perfetta, inarrivabile per qualsiasi altra macchina porzionatrice similare. Il sistema di presa è stato perfezionato e messo a punto specificatamente per carré di suino con osso. Le lame di taglio dentellate sono guidate radialmente per sopportare il taglio dell’osso senza flettere e mantenendo la proverbiale precisione Marelec, tagliando in modo

netto e pulito producendo porzioni bellissime e senza sbavature su tutti i tagli. La programmazione è facile e veloce con il pannello touch a colori, che visualizza in 3D ogni singolo taglio con la relativa porzionatura calcolata: vedere visivamente sul monitor il prodotto intero con il posizionamento esatto dei tagli che verranno fatti è importante per definire chiaramente e velocemente dove vogliamo fare il primo e l’ultimo taglio. Lo stesso pannello può collegare la porzionatrice PORTIO a selezionatrici graders, fondamentali quando si vuole confezionare più

La porzionatrice PORTIO della Marelec distribuita in Italia da Lazzari Equipment.

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braciole di suino in vassoietti dal peso fisso; ma sono anche controllabili bilance, terminali, lettori di codici a barre e così via, assicurando il controllo e la tracciabilità dell’intero flusso dal ricevimento delle materie prime, alla lavorazione, all’etichettatura, fino allo stoccaggio e alla spedizione del prodotto finito. Importante aspetto tecnico della porzionatrice PORTIO B per braciole in osso è la facilità e velocità di lavaggio, grazie alla struttura aperta della macchina, completamente impermeabile all’acqua e senza nessuna zona di ristagno occulto: la semplicità dei particolari nastri, della testata di taglio e le superfici inclinate fanno sì che non si accumuli sporco o smelmatura da taglio come su attrezzature similari ma non così evolute nel design. Tutti i vantaggi nell’utilizzo del porzionatore a peso fisso Marelec PORTIO B si traducono in un rapido recupero dell’investimento per merito dell’aumento di resa, riduzione di manodopera, porzioni accurate, cambi rapidi dei programmi di taglio, massima capacità produttiva, ingombri ridotti e massima igiene grazie alla struttura aperta e facilmente sanificabile. Lazzari Equipment è il distributore ufficiale per l’Italia di Marelec. Visitate la sezione dedicata ai porzionatori a peso fisso Marelec PORTIO sul sito internet dell’azienda e chiedete una prova direttamente a casa vostra: www.lazzariequipment. com/prodotti/carne/porzionatrici

Lazzari Equipment & Packaging Via Volta 12 C 37026 Settimo di Pescantina (VR) Telefono: 045 8350877 Fax: 045 8350872 E-mail: info@lazzariequipment.com Web: www.lazzariequipment.com

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VN Food Processing Equipment, la storia, i successi aziendali e la nuova SM7000 Plus Fondata nel 1985 e oggi leader nel proprio comparto, VN Srl è l’inventore della SM7000, la prima macchina completamente automatica per la produzione di spiedini

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utto ha inizio nel 1979 con una piccola società, la COMECA Srl, che si occupava di realizzare macchine utensili per grandi aziende, anche nel settore dell’industria aeronautica: il compito di NICOLINO VITILEIA, in quanto socio, era quello di progettare e disegnare i macchinari. In quel periodo, e più precisamente nel 1980, Vitileia disegnò e realizzò la sua prima macchina per la produzione di arrosticini abruzzesi: purtroppo, però, l’allora basso costo della manodopera nel comparto della lavorazione delle carni ed i costi esorbitanti per la realizzazione di un macchinario del

genere non aiutarono la commercializzazione del prodotto. Dopo aver sciolto la società nel 1984, Nicolino Vitileia ebbe un’esperienza di cattedra presso l’Istituto Tecnico Dino Ugo Di Marzio di Pescara, ma l’insegnamento non lo appagava totalmente, per cui, nel 1985, iniziò il suo percorso in solitaria, fondando la sua prima azienda omonima, la Vitileia Nicolino, che si occupava del collaudo di macchine industriali. La svolta arrivò nel 1991, quando un cliente (che lo è tuttora!) avanzò la richiesta di una macchina automatica per la produzione di spiedini: il momento era arrivato! Da lì ebbe

inizio quel lungo percorso che portò alla nascita, nel 2007, della VN Srl, una realtà che è dimostrata leader del settore, in virtù di oltre 35 anni di clienti soddisfatti e centinaia di macchine presenti in più di 20 Paesi del mondo, Grecia, Spagna, Romania, Australia, Venezuela, Francia… solo per citarne alcuni. La nuova SM7000 Plus, interazione uomo-macchina Per arrivare all’attuale prodotto di punta, la SM7000 Plus, che sarà lanciata in commercio nel corso del 2022, sono state fatte tante di migliorie, con la ricerca dei materiali

I tre aggettivi che descrivono alla perfezione la SM7000 Plus sono semplicità, compattezza e modularità.

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più duraturi, fornitori affidabili e di grande prestigio, l’affinamento delle operazioni di lavorazioni e la semplicità di utilizzo. I tre aggettivi che descrivono alla perfezione la SM7000 Plus sono * semplicità; * compattezza; * modularità. La tecnologia superiore utilizzata sulla SM7000 Plus permette, contrariamente alle macchine della concorrenza, un controllo superiore ed innovativo delle varie funzionalità della macchina, con la possibilità in tempo reale di visualizzare tutti i parametri di lavoro ed interagire con essa anche in maniera remota. Un sistema di diagnostica altamente tecnologico che, in caso remoto di anomalie, visualizza il codice inerente l’anomalia sul display della macchina e, collegandosi in rete, mostra dettagliatamente come intervenire per risolvere il problema in maniera tempestiva, garantendo la virtuale assenza di fermi.

Altre caratteristiche distintive sono: • il servizio di teleassistenza, con collegamento diretto al servizio tecnico della VN Srl, senza alcun costo aggiuntivo; • la possibilità di interagire con la macchina direttamente tramite il proprio smartphone, tablet (tramite WI-FI) o PC (collegato in rete LAN) tramite accesso browser e che consente di monitorare lo stato generale della macchina, la produttività e persino eseguire settaggi del formato di lavoro; • 10 formati differenti lavorabili: contrariamente alla maggior parte delle macchine di concorrenza che, una volta assemblate in fabbrica e predisposte per la produzione di un formato non hanno possibilità di cambio formato di lavoro futuro (o per lo meno richiedono invasivi interventi da parte del produttore stesso, e comunque senza possibilità di reversibilità formati

da parte dell’utilizzatore finale), la SM7000 della VN Srl esce di fabbrica con predisposizione software al lavoro di ben 10 formati diversi di prodotto. Basterà semplicemente acquistare in qualsiasi momento il kit di lavoro di propria scelta tra i 10 disponibili ed i relativi cubi e, semplicemente, passare da un formato all’altro in circa 5 minuti di fermo macchina, caratteristica unica e pressoché indispensabile considerando la velocità con la quale varia il mercato e la richiesta di prodotti al giorno d’oggi.

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A IFFA 2022 PROVISUR® Technologies presenta i nuovi prodotti nella lavorazione industriale degli alimenti

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rovisur® Technologies, specializzata in tecnologie innovative e sistemi di produzione integrati per la lavorazione industriale degli alimenti, esporrà ad IFFA 2022 all’insegna dello slogan “Provisur, many legacies, endless possibilities”, con soluzioni e tecnologie dei marchi storici per la separazione, pressatura, affettatura, formatura e trattamento termico. Nel suo spazio a Francoforte saranno inoltre presentate soluzioni complete per la lavorazione industriale della carne, nonché altri prodotti,

come le proteine alternative, e una novità mondiale nell’area della manipolazione. I marchi che operano sotto l’ombrello di Provisur Technologies sono tra i leader tecnologici del settore. Provisur esporrà ad IFFA un sistema di formatura — Formax — altamente efficiente, nonché un’innovativa soluzione completamente automatizzata per la produzione di bacon che integra le fasi del processo di rifilatura, pressatura e affettatura. In anteprima mondiale sarà presentata anche una tecnologia

completamente nuova, un sistema compatto per l’inserimento versatile di prodotti affettati che garantisce standard quantificabili in termini di versatilità, spazio a terra e igiene. Separazione: massima resa, risultati di prima classe Con un mix di tecnologia di rotazione, cinghia e pressatura, il portafoglio Provisur è unico nel fornire tutti i processi di separazione necessari per una produzione efficiente, come il separatore a nastro STS, per un’eccellente separazione dei tessu-

I marchi che operano sotto l’ombrello di Provisur® Technologies sono tra i leader tecnologici del settore.

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ti molli. Con le macchine di AM2C e Beehive, Provisur offre soluzioni con diversi parametri di prestazione che hanno una caratteristica comune: la separazione ad alto rendimento di frammenti ossei, tendini, cartilagine e altro materiale. Scongelamento, marinatura, burattatura Un marchio leader del Gruppo Provisur nel settore della burattatura e dello scongelamento è Lutetia, specializzato nella lavorazione di prodotti come il filetto che richiedono una manipolazione delicata durante scongelamento, affumicatura o cottura, con camere di cottura o processi a burattatura. Affettare: un assortimento completo per tutte le classi di prestazioni Nel segmento dell’affettatura Provisur presenterà soluzioni versatili di Formax, Hoegger e Multitec che soddisfano in modo ottimale i diversi requisiti per le prestazioni richieste. Soluzioni di alimentazione intelligenti progettate per una facile integrazione nelle linee di produzione mettono i prodotti affettati nella confezione in modo efficiente, senza difficoltà. Una nuova aggiunta al portafoglio di affettatrici Formax è un modello industriale versatile per affettare ad alte prestazioni i prodotti a base di carne. Inoltre, Provisur dimostrerà il processo complessivo perfettamente coordinato di rifilatura, pressatura e affettatura sotto

forma di una linea di prodotti completamente automatizzata per una produzione efficiente di pancetta. Le soluzioni Hoegger per la pressatura di pancetta, carne fresca e specialità con particolare competenza nei prodotti con osso completeranno l’esposizione della fiera. CookChill: pastorizzazione, sottovuoto e altro ancora L’Hoegger CookChill di Provisur combina la moderna tecnologia per la pastorizzazione automatizzata o il sottovuoto con la cottura e il raffreddamento di prodotti a base di carne confezionati come salsicce, prosciutto cotto, pasta fresca, ecc… Coi suoi innovativi sistemi CookChill, lo specialista dell’ingegneria di processo fornisce la cottura continua/tecnologia di raffreddamento nell’imballaggio che è molto economica e garantisce qualità e sicurezza del prodotto, nonché una sua lunga durata. La nuova generazione di tecnologia di formatura Tra i prodotti in mostra a IFFA ricordiamo anche i marchi Weiler e Formax che veicolano la prossima generazione della tecnologia di formatura di Formax: la nuova formatrice Novamax 400 ad alte prestazioni è progettata per un’elevata velocità di lavorazione nella formatura di hamburger, polpette, bocconcini di pollo e altro ancora. Provisur presenterà anche un macinacaffè Weiler che definisce gli standard del settore.

Provisur® Technologies di Chicago, Illinois, USA, è una consociata interamente controllata di CC Industries (CCI). L’azienda è specializzata in macchine industriali innovative per la lavorazione degli alimenti e in sistemi di produzione integrati per la lavorazione di numerosi alimenti. Sotto l’egida dell’azienda operano diversi marchi noti e consolidati, che sono tra i leader tecnologici del settore come AM2C®, Beehive®, Cashin®, Formax®, Hoegger®, Lutetia®, MultitecTM e Weiler®. >> Link: www.provisur.com

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FIERE

Torna B/OPEN, il 13 e 14 ottobre 2022 A Veronafiere la terza edizione della rassegna B2B dedicata al bio-food con due giorni solo per operatori professionali nazionali ed esteri del biologico

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orna a Veronafiere i prossimi 13 e 14 ottobre l’appuntamento con B/Open, rassegna B2B dedicata al bio-food. Veronafiere si conferma così piattaforma internazionale per un settore in continua espansione (che per l’Italia vale oltre 4,6 miliardi di euro), in linea con le esigenze di consumatori sempre più attenti alla sostenibilità e con politiche comunitarie che ne sostengono la crescita. Verrà confermata la formula di 2 giorni “chiavi in mano”, che rafforza l’identità di manifestazione B2B, con l’opportunità di valorizzare al massimo le certificazioni richieste come condizione di partecipazione.

B/Open anche per la sua terza edizione sarà un momento, come richiesto dagli operatori per confrontarsi con professionisti italiani ed esteri altamente selezionati e visti i risultati lusinghieri dell’ultima edizione (9-10 novembre 2021). Per il biologico si sta affacciando una nuova era, con la consapevolezza che la crescita del comparto non dovrà limitarsi ad una maggiore produzione, connessa all’obiettivo del Green Deal e delle strategie From Farm to Fork e Biodiversity di raggiungere una superficie agricola utile dedicata al bio del 25% in tutta Europa entro il 2030.

Il futuro del modello organic dovrà abbracciare in maniera più ampia le richieste di sostenibilità da parte dei consumatori e contribuire a sviluppare un approccio integrato fra produttori, trasformatori, distributori, acquirenti per ridurre al massimo gli sprechi, incentivare politiche di consumo di corto e medio raggio, promuovere una sostenibilità che sia innanzitutto economica, ma allo stesso tempo in grado di tutelare l’ambiente, l’occupazione e le comunità rurali. Il biologico, in particolare, è ritenuto uno strumento utile per contrastare i cambiamenti climatici, ridurre l’impatto ambientale e accompagnare in

B/Open, per operatori italiani ed esteri del food certificato biologico, è in programma il 13 e il 14 ottobre a Verona.

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CARRELLO RIBALTATORE

CARRELLO MULTILIFT B/Open proporrà la formula fieristica confex, cioè convegni e workshop abbinati ad una parte espositiva e riservati esclusivamente ad un pubblico di operatori professionali selezionati provenienti dall’Italia e dall’estero. maniera efficace il percorso verso la neutralità climatica, che l’Unione Europea intende raggiungere entro il 2050. B/Open manterrà, anche per l’edizione del prossimo ottobre, un’offerta smart, declinando ancora più approfonditamente la formula fieristica confex, cioè convegni e workshop abbinati ad una parte espositiva e riservati esclusivamente ad un pubblico di operatori professionali selezionati provenienti dall’Italia e dall’estero. Il 2022 si è aperto per il biologico con premesse di crescita positive, legate da un lato all’applicazione del nuovo regolamento europeo sulla produzione e l’etichettatura dei prodotti bio (Reg. UE n. 2018/848), dall’altro dalla ricerca dei consumatori di prodotti percepiti come salutisti, legati alle specificità territoriali e biologici. Il 2022 dovrebbe finalmente essere l’anno dell’approvazione definitiva della legge sul biologico, una misura fondamentale per poter affrontare le sfide di un settore che potrebbe essere necessario per il rilancio dell’intero sistema agroalimentare italiano. Inoltre, l’Unione Europea ha promosso lo scorso anno un piano di azione per l’agricoltura biologica organizzato in 23 assi di sviluppo,

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individuando a livello comunitario la data del 23 settembre di ogni anno come “Giornata del Bio”. Anche la riforma della Politica Agricola Comune 2023-2027, che entrerà in vigore dal prossimo 1o gennaio, sostiene con misure specifiche le filiere del biologico con risorse intorno ai 450 milioni di euro all’anno fra sviluppo rurale ed eco-schemi, a conferma che, se gestite con equilibrio, le prospettive di crescita assicureranno una maggiore produzione e una più ampia diffusione dei prodotti organic nella dieta alimentare degli Italiani e degli Europei. L’Italia ha buone prospettive di incrementare le superfici a biologico per raggiungere l’obiettivo del 25% di Superficie Agricola Utile coltivata entro il 2030, collocandosi già oggi fra i Paesi europei a maggiore vocazione organic, alle spalle solamente di Austria, Estonia e Svezia. Insieme a B/Open la riflessione che istituzioni, operatori e player internazionali dovranno compiere riguarderà ora come armonizzare il modello biologico con le esigenze di sostenibilità, crescita dei consumi, integrazione delle filiere e delle comunità rurali. >> Link: www.b-opentrade.com

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Hold On It Hurts, Cornershop

Chicken Tikka Masala in salsa BRIT di Giovanni Papalato

È

il 1994, esce il tuo album di debutto a nome CORNERSHOP e in copertina c’è un bambino dentro una cesta per i panni, che indossa occhiali da sole ed esibisce una confezione di pollo disossato e spellato. C’è già abbastanza materiale per almeno una storia, ma aggiungiamo qualche particolare mentre comincia a girare il 33 giri sotto la puntina. Siamo a Leicester, UK, quando due fratelli di origine indiana, TJINDER SINGH alla voce e AVTAR SINGH al basso, insieme a DAVID CHAMBERS (batteria) e BEN AYRES (chitarre, tastiere e tamburo) si uniscono per dare corpo ad una band che interseca sonorità asiatiche a britpop e indie. Culture diverse che generano una commistione in cui non sai

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dove comincia una componente e finisce l’altra. Prendiamo per esempio il “Tikka Masala”, un pollo marinato arrosto immerso in salsa al curry che, nella sua apparente semplicità, di fatto è tra i piatti più diffusi al mondo, soprattutto in Inghilterra dove la cultura indiana è radicata e popolare tanto che qualcuno insiste nel dire che questa pietanza abbia avuto origine proprio nel Regno Unito invece che in Asia. La sua diffusione in UK sarebbe legata all’immigrazione dall’attuale Bangladesh, allora Pakistan orientale, negli anni Sessanta. Secondo diversi storici del cibo la ricetta pubblicata nel 1961 all’interno dello Shahi Chicken Masala della chef BALBIR SINGH è il prototipo del Chicken Tikka Masala.

Ciò che è certo è che polli e galline per questo piatto non mancano né in India né in Inghilterra, rispettivamente con due razze autoctone come la Moroseta e la Combattente indiano. Quest’ultima, oggi chiamata Cornish, ha origine in Cornovaglia incrociando polli di razza Assel (Asyl), Vecchio Combattente nero a petto rosso e Malese, tutti avicoli di dimensioni importanti e che ben si prestano alla produzione di carne. Chissà quanto pollo sarà stato comprato dai ragazzi dei Cornershop che decisero di celebrarlo inserendolo sulla copertina di “Hold On It Hurts”. Questo è un disco che si apre rumorosamente con Jason Donovan / Tessa Anderson, percussiva e distorta, la voce in mezzo che si impasta al

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resto mentre canta l’insofferenza per come le persone prendano a modelli personaggi televisivi fino a voler loro assomigliare. Continua sullo stesso stile, ma aggiungendo intro e stacco a metà brano di sacralità indiana, Kalluri’s Home, mentre si emancipa la successiva Reader’s Wife. La critica sociale è sempre presente, ma stilisticamente prende spazio la componente asiatica, con sitar e ritmica assecondati dalla ripetitività della melodia. Cosa mostriamo e cosa nascondiamo nel desiderio di apparire, usando come simbolo una celebre rivista erotica amatoriale: Change marca ancora di più l’accento e si batte irriverente e distorta. Distorsione che veste un apocalittico sermone cattolico su cui si svi-

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luppa la cupa Inside Rani, in mezzo a chitarre trascinate dove si cita Last Christmas dei WHAM! all’interno di poche caustiche righe. Singolo importante all’interno del disco e prodromo del futuro successo della band è Born Disco Died Heavy Metal, che mette in risalto l’abilità con cui la scelta melodica arrangiata con componenti contemporanee e gusto orientale risultano perfettamente indie e pop insieme. Sterza tutto sulla tradizione Counteraction, un raga in lingua originale in cui si sentono anche spari durante lo sviluppo della scala armonica, suggerendo ancora una componente di critica sociale. Radicata perfettamente invece nella contemporaneità degli anni

Novanta Where D’U Get Your Information, è un’ossessiva canzone britannica, dove qualche nota di sitar prova a farsi spazio ma conta poco in un crescendo di interrogativa distorsione. Alternanza stilistica che sembra chiudere un triangolo cominciato due brani prima nello spoken word inglese su raga indiano di Tera Mera Pryar, surreale unione della tradizione popolare grazie all’utilizzo del dramma turco come titolo del brano è il tragico racconto di alienazione che si svolge in lingua inglese. Il resto del lato B, quasi la metà, è impiegata da You Always Said My Language Would Get Me Into Trouble, un mantra schizofrenico che si sfoga per poi quietarsi ed esplodere di nuovo. Una strana e affascinante commistione di sensazioni stilisticamente legate alle due decadi precedenti, in totale asincronia con titolo e testo e per questo estremamente straniante. Come a esplicare in modo ancora più chiaro che il concetto che l’intreccio di componenti anglofone e indiane fin qui ascoltate possa concernere una tensione soprattutto nel contesto di provincia all’interno dell’Inghilterra di quegli anni. Ciò che emerge al termine di questo ascolto è che c’è la sensazione di una band che si diverte a suonare, che ama il ritmo dei bassi da ballare, tanto quanto i frammenti atonali di chitarra e la strumentazione tradizionale indiana. Sicuramente suonavano diversamente da qualsiasi altra cosa pubblicata all’epoca e i Cornershop non ebbero particolare successo con questo album, ma crebbero già con quello successivo ed esplosero con When I Was Born For The 7H Time, tre anni dopo, nel 1997. Capaci di influenzare non solo la musica indipendente, ma anche quella dance, godranno di tardiva popolarità anche gli album precedenti, compreso questo Hold On It Hurts, che rileggeranno in chiave easy listening pubblicando Hold On It’s Easy, a dieci anni di distanza dalla sua pubblicazione. Giovanni Papalato

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LIBRI

Esiste il cibo perfetto? Ovvero, esiste un cibo che sia vantaggioso per la salute, amico dell’ambiente e buono da mangiare? La nuova edizione del libro di Massimo Marino e Carlo Alberto Pratesi sceglie di esaminare tutti passaggi della filiera agroalimentare, indicando per ognuno impatti e possibili percorsi di riduzione, in un’ottica di circolarità

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he si tratti di mangiare in modo migliore per se stessi e per il Pianeta o di comunicare bene la propria sostenibilità, fare la scelta giusta non è mai qualcosa di semplice. Quesiti e tematiche a cui cerca di dare risposta la nuova edizione del volume Il Cibo Perfetto. Aziende, consumatori e impatto ambientale del cibo, di MASSIMO MARINO e CARLO ALBERTO PRATESI, che già nella prima edizione aiutava consumatori e aziende a muoversi in questa direzione con consapevolezza e ora torna in libreria con un nuovo look e nuovi contenuti. Il libro nasce dal prendere coscienza di un fatto: c’è qualcosa che non va nel modo in cui produciamo il cibo e lo mangiamo. Come è noto, il sistema agroalimentare non solo contribuisce a una parte delle emissioni di gas serra, ma è al contempo al centro di una grande quantità di dinamiche bizzarre, basti pensare che un terzo del cibo prodotto viene sprecato mentre centinaia di milioni di persone soffrono fame o malnutrizione. Per fortuna, è vero anche che l’economia circolare e l’impegno a ridurre le emissioni da parte delle imprese possono contribuire a cambiare questa situazione. La nuova edizione de Il Cibo Perfetto sceglie di esaminare tutti passaggi della filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, indicando per ognuno impatti e possibili percorsi di riduzione in un’ottica di circolarità, prendendo in esame una lunga serie di temi: dai fertilizzanti agli agrofarmaci, dai metodi per

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rigenerare i suoli all’utilizzo dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale in agricoltura, fino a questioni più quotidiane come la scelta tra i diversi tipi di imballaggi e tra le produzioni biologiche o convenzionali. Di tutto questo raccontano gli autori — Massimo Marino, dottore di ricerca in LCA e fondatore della società di consulenza Perfect Food, e Carlo Alberto Pratesi, ordinario all’Università Roma Tre, dove è titolare del corso Marketing, Innovazione e Sostenibilità, e fondatore di EIIS – European Institute of Innovation for Sustainability —, i quali delineano un percorso credibile per le aziende che vogliono produrre in modo sostenibile. Non solo, essi illustrano bene anche quelli che sono i passaggi fondamentali per una comunicazione efficace, snodo ineludibile per tutte le imprese che puntano sulla riduzione degli impatti sull’ambiente e vogliono comunicarlo in modo corretto. Mettersi alla ricerca del cibo perfetto espone insomma a numerose difficoltà, in primis perché non esiste una formula universale e perché non esistono ricette facili: ogni scelta alimentare ha conseguenze complesse, con vantaggi e controindicazioni tanto per noi quanto per l’ambiente. In altre parole, il cibo perfetto non esiste. Tutto sta, piuttosto, negli obiettivi che ognuno si dà come consumatore e come produttore. Ed è proprio attorno a questa consapevolezza che il libro è costruito. Fonte: EFA News European Food Agency

MASSIMO MARINO, CARLO ALBERTO PRATESI PREFAZIONE: ALESSANDRO CECCHI PAONE Il cibo perfetto Aziende, consumatori e impatto ambientale del cibo Edizioni Ambiente 200 pp. – € 22,00

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