Eurocarni 5-2019

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 5 • Maggio 2019

€ 5,42

INALCA, patto con gli allevatori La filiera LANZA Tutto su iMEAT 2019 VERCELLI, il vitello integrato





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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Vi aspettiamo 6-9 maggio 2019

Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi

Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli– Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini– Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi– Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata– Prof. Sergio Ventura

Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin

EURO ANNUARIO CARNE 2019

Fotografia Luigi Credi

Euro Annuario Carne La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2019 Copia cartacea: € 95,00

Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

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Tariffe abbonamenti Ufficio stampa Annuale (12 numeri): e Media Partner Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Stampa

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Ottimizzazione di tutte le fasi di lavorazione Piani analitici in tutti i processi produttivi

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero:

La carne nel mondo

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Agenda

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Diamo i numeri

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Immagini

20

Naturalmente carnivoro

26

A domanda, risposta

Carne congelata e macinata

28

AttualitĂ

Fast food: è ora di cambiare per salvare il pianeta!

Nunzia Manicardi 30

Slalom

Urgente attuare fatti concreti

Cosimo Sorrentino

36

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

38

I Butchers consigliano

Gutrei Galicia chiama Italia

44

A pagina 130.

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Aziende

48

Inalca, patto con gli allevatori L’eccellenza su misura, al servizio del cliente

Elena Benedetti

Criocabin #Meatinnovation

58

ProSus: nuovi prodotti, nuovi pack

62

In arrivo i COOL CUTS by GOLDBEEF la nuova rivoluzione del surgelato

64

Inalca: a Castelvetro di Modena apre Tina Gran Dispensa

66 68

Coop Bilanciai presenta Galaxi

Mercati

Interviste

52

Lanza Srl: trasparenza di filiera e rigore, strumenti di successo

Elena Benedetti

70

Gruppo Vercelli, quando il vitello si fa integrato

Elena Benedetti

76

Nuovo centro di raccolta e posto di controllo MAVI Srl

80

Brexit, e ora che succede?

84

Ismea, mercato avicolo 2018: luci e ombre

88

Ambientalisti vs allevamenti intensivi, duello mai risolto

Anna Mossini

90

Château Boucher

94

Retail news

Notizie dalla GDO

98

Speciale iMEAT

iMEAT by Ecod 2019, un anno da record

100

Federcarni: l’arte della macelleria che esiste e resiste

Alessandra Silvestri 116

La carne in tavola

Sua Maestà la Cotoletta alla Bolognese

Nunzia Manicardi 118

Macellerie d’Italia

La più antica macelleria equina ancora in attività a Parma

Veronica Fumarola 120

Pietro Lorenzo Giolito: la macelleria tra arte ed economia

Riccardo Lagorio

124

Il Wagyu non è Kobe

Matteo Villanti

126

Macellerie e ristorazione

La carne, una passione di famiglia

Elena Benedetti

130

Street food

Né hamburger, né pulled pork: è Porcobrado

Federica Cornia

136

A pagina 76.

EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 5 • Maggio 2019

€ 5,42

INALCA, patto con gli allevatori La filiera LANZA Tutto su iMEAT 2019 VERCELLI, il vitello integrato

In copertina: carne rossa, fonte preziosa di micronutrienti come zinco, ferro, vitamina B12 e vitamina D.

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Curiosità

A.A.A. Porcaro Cercasi

138

Rassegne

A Identità Golose Milano la carne sale in cattedra

Fiere

Cibus Connect, raddoppiano i numeri

146

La digitalizzazione nel settore delle macellerie artigianali

150

Fieragricola, accordo con UNAItalia per valorizzare avicoli e suini

154

La pagina scientifica

The Ethical Pig Farm

158

Tecnologie

CSB INDUSTRY ERP: la soluzione completa per l’intera azienda

162

I tritacarne più potenti e affidabili al mondo tornano in Italia

166

Fast Blade: per tutti coloro che vogliono un coltello…

170

Misurare la temperatura

174

140

Gaia Borghi

Sicurezza alimentare

Il MIPAAFT a difesa del made in Italy

Sebastiano Corona

176

Statistiche

Macellazione del bestiame a carni rosse, anno 2018

Aurora De Santis

180

Macellazione del bestiame a carni bianche, anno 2018

Aurora De Santis

182

Storia e cultura

Tournedos dal nome misterioso

Giovanni Ballarini 184

Sono 180 grammi, lascio?

Stormi, Mandria, Carne

Giovanni Papalato 186

A pagina 70.

A pagina 126.

A pagina 44.

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LA CARNE NEL MONDO

Italia «Siamo molto soddisfatti dell’obiettivo raggiunto» ha commentato FABIANO BARBISAN, presidente di ITALIA ZOOTECNICA, alla notizia del decreto di riconoscimento ufficiale come AOP – Associazione di Organizzazioni Produttori firmato il 14 marzo dalla Regione Veneto. «Finalmente anche il settore della zootecnia bovina da carne si riunisce ed utilizza gli strumenti messi a disposizione dai regolamenti europei e leggi nazionali, per aggregare la produzione ed avviare nuovi progetti orientati al mercato». Nell’AOP sono entrate le principali Organizzazioni Produttori, OP Azove, OP Scaligera, OP Vitellone di Marca, OP Vitello di Marca, OP Unicarve e in veste di soci sovventori, in attesa di specifico riconoscimento a livello di OP, le Associazioni Produttori Asprocarne Piemonte, BovinMarche, Consorzio Carni Sicilia, Unicarve. I numeri dell’AOP Italia Zootecnica sono importanti: 1.632 allevatori associati, con una produzione (l’anno di riferimento è il 2018) di 544.368 bovini. «Questo è un altro tassello che si aggiunge al Piano Carni Bovine Nazionale — ha proseguito Barbisan — ed ora manca solo di percorrere “l’ultimo miglio”, ovvero il riconoscimento dell’Organizzazione Interprofessionale IntercarneItalia. Abbiamo mandato in anteprima un messaggio ad allevatori e macellatori per annunciare il riconoscimento ottenuto ed abbiamo sollecitato “l’orgoglio di filiera italiana” per fare squadra ed avviare i progetti utili a recuperare buona parte di quel 47% di quote di mercato, rappresentato dalla carne bovina che proviene dall’estero. Abbiamo solo un modo per farlo concretamente ed in tempi brevi: far decollare il progetto del Consorzio Sigillo Italiano per comunicare il marchio ai consumatori affinché distinguano la carne prodotta dai nostri allevatori» (photo © italiazootecnica.it).

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Russia MIRATORG, holding russa specializzata nel settore agroindustriale e delle carni, prevede di aprire nel prossimo futuro una scuola di cucina i cui allievi potranno imparare a cucinare insieme a chef professionisti affiancati da collaboratori della stessa holding. Nel corso delle master-class in particolare verrà posto l’accento su come scegliere le differenti carni e sui diversi modi di cucinarle. La scuola sarà diretta dallo chef DMITRIY LAZKO. L’impresa ha anche annunciato che prevede 650 nuove assunzioni nel corso del 2019 da collocare in nuovi impianti di allevamento di bestiame la cui apertura è programmata nell’Oblast di Kursk, all’estremo ovest della nazione. Il programma del 2019 segue quello di espansione messo in atto già lo scorso anno, nel corso del quale il volume totale degli investimenti è stato di oltre 25,1 miliardi di rubli (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © Global Meat News).

Cina e Hong Kong Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Consiglio danese dell’agricoltura e dell’alimentazione in relazione ai principali esportatori di carne suina fresca e congelata verso la Cina, il più grande esportatore dello scorso anno è stato la Germania, con un totale di 228.371 tonnellate (+7,8%), superando la Spagna, che ne ha esportate 219.626 (–7.5%). A seguire il Canada, con 160.260 tonnellate, e il Brasile, che ne ha esportate oltre 150.000, con un incremento del 200% rispetto all’anno precedente. Gli Stati Uniti, in quinta posizione, hanno esportato solo 85.650 tonnellate. Per le esportazioni verso Hong Kong, il principale fornitore di carne suina fresca e congelata è stato il Brasile, con un totale di 112.060 t (+10,5%), seguito da Cina (38.732 t, –21,7%), USA (29.846 t, –50,6%), Olanda (15.521 t, –36,7%) e Germania (13.024 t, –68,4%) (fonti: lf.dk/aktuelt – 3tre3.it; photo © Jürgen Priewe – stock.adobe.com).

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Uzbekistan KAI SHING TRADING CO. LTD scommette sulla crescita del settore avicolo in Uzbekistan e si prepara ad investire 35 milioni di dollari americani per sviluppare un distretto avicolo nella regione di Namangan. Secondo le previsioni le sue produzioni riceveranno la certificazione Halal e potranno essere commercializzate nei Paesi arabi. Il progetto, già presentato alle autorità locali della regione uzbeca, verrà promosso col supporto di investimenti esteri provenienti da Malesia, Cina, Singapore e da un partner locale. Il top management del gruppo intende coinvolgere circa 2.000 fattorie uzbeche con la fornitura dei polli Kai Shing e dei mangimi. La certificazione Halal attesta appunto che i prodotti delle filiere agroalimentari, così come di altri comparti, compreso il packaging, siano conformi alle norme etiche ed igienico-sanitarie della legge e della dottrina dell’Islam, quindi commercializzabili in tutti i Paesi di religione islamica (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © Zerophoto – stock.adobe.com).

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AGENDA

Francoforte, Germania Conferenze specializzate, dimostrazioni dal vivo, concorsi di qualità e discovery tour: il programma di eventi collaterali di IFFA 2019, in calendario a Francoforte dal 4 al 9 maggio, trasmette know-how, fornisce nuovi stimoli con esempi di best practice e presenta le ultime tendenze dei consumi e le soluzioni tecnologiche più avanzate. Saranno numerosi anche gli eventi collaterali della fiera leader dell’industria della carne che completeranno le novità degli oltre 1.000 espositori. Il programma di IFFA Forum, sviluppato da Messe Frankfurt in collaborazione con il gruppo media DFV, si concentrerà sui temi chiave della manifestazione fieristica, dedicando a ciascun argomento una giornata di fiera: • sabato 4 maggio: Food trends - Ingredients; • domenica 5 maggio: Artigianato e vendita; • lunedì 6 maggio: Ottimizzazione della produzione e soluzioni digitali; • martedì 7 maggio: Food safety; • mercoledì 8 maggio: Food trends - Packaging; • giovedì 9 maggio: Efficienza delle risorse. Per la prima volta a IFFA si terranno anche delle visite guidate sulla base dei temi centrali della manifestazione. Nel corso di questi discovery tour, i visitatori potranno avere una panoramica completa dell’offerta merceologica suddivisa per tematiche e farsi guidare alla scoperta dei prodotti più innovativi, selezionati tra le novità degli espositori da un comitato di esperti indipendenti prima dell’inizio della fiera. Per partecipare alle visite guidate basterà registrarsi presso il punto di partenza nel Padiglione 12. Non mancheranno infine anche demo e concorsi internazionali per macellai, le tendenze per le macellerie del futuro, i preparati e l’asporto di carne (photo © Messe Frankfurt). www.iffa.com www.fleischerhandwerk.de/iffa

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Milano Milano si prepara ad accogliere il food business con Tuttofood, in calendario dal 6 al 9 maggio a Fieramilano. Grande novità dell’edizione 2019 sarà Tuttowine, formula originale che presenta in un’area dedicata, organizzata in partnership con UIV – Unione Italiana Vini, le opportunità di business specifiche del comparto. Crescita e rafforzamento anche per la rinnovata Retail Plaza. L’arena del retail innovativo si ripropone in una formula più articolata, che dà voce al mercato espositivo insieme a quello dei retailer, sia italiani sia internazionali, col data partner NIELSEN e i vari partner della GDO che si sono succeduti fino ad oggi. Sempre più sotto i riflettori il ruolo centrale, anche nel settore agroalimentare, della trasformazione digitale, che potrà contare sull’area dedicata Tuttodigital, posizionato nel contesto del padiglione 10. Dal “nuovo” naturale ai cibi funzionali, dal novel food all’agrifood 4.0 alla riscoperta delle territorialità, Tuttofood ha rafforzato edizione dopo edizione il proprio ruolo di trendsetter ed è diventato un appuntamento imperdibile per gli operatori di tutto il mondo. Per una crescita condivisa all’insegna della qualità, espositori italiani ed esteri saranno compresenti nei settori merceologici, rafforzati e integrati da affondi sulle territorialità nelle due nuove aree Tuttoregional e Tuttoworld. Previsti anche focus di approfondimento direttamente nell’area per settori quali Tuttodrink, Tuttoseafood, Tuttofrozen, Tuttopasta, Tuttobakery, Tuttogreen. Un’attenzione particolare sarà inoltre rivolta in tutti i settori all’autenticità e alla protezione dei marchi e delle denominazioni di origine. Tra i settori più vivaci si segnalano Tuttogrocery, Tuttosweet e Tuttodairy. Come sempre, grande focus anche sulla formazione, l’informazione e la crescita professionale, con delle vere e proprie Academy tematiche per settori quali Multiprodotto, HO.RE.CA., Carne & Salumi, Lattiero-Caseario (photo © fieramilano). www.tuttofood.it

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Mirano (VE) Domenica 12 maggio tornano i Butchers for Children in piazza Aldo Moro a Mirano (VE) con una grande festa carnivora capeggiata da MORENO FAVARETTO dell’omonima macelleria, dal suo staff e con la collaborazione preziosa dei colleghi macellai dell’associazione no profit creata nel 2001 da DARIO CECCHINI in quel di Panzano in Chianti (FI). Obiettivo della giornata, la raccolta di fondi da destinare alla Fondazione “Città della Speranza” di Padova, che da anni assiste i piccoli pazienti nella lotta contro i tumori. L’adesione all’happening carnivoro costerà 10 euro per gli adulti (omaggio per i bimbi) e consentirà l’accesso dei piatti offerti dai maestri macellai provenienti da varie regioni d’Italia (in foto, Moreno Favaretto ad una festa dei Butchers for Children). www.facebook.com/Butchers-For-Children-Insieme-Per-Ricostruire-513675778689506 www.facebook.com/BeckerMirano

Amsterdam, Paesi Bassi Per oltre trent’anni la fiera internazionale PLMA’s World of Private Label (Il mondo del marchio del distributore) della Private Label Manufacturers Association ha riunito produttori e rivenditori al dettaglio alla ricerca di nuovi prodotti, di nuovi contatti e di nuove idee in grado di facilitare il successo e la crescita dei propri programmi relativi al marchio del distributore. L’esigenza di nuovi prodotti, contatti ed idee non è mai stata così forte. Le quote di mercato per il marchio del distributore hanno raggiunto livelli record e secondo le previsioni vi sarà un’ulteriore crescita, grazie all’espansione internazionale delle aziende che operano nella vendita al dettaglio, sempre più attive nelle attività di marketing del proprio marchio e dei prodotti in vendita. L’edizione 2019 della fiera si terrà nei giorni del 21 e 22 maggio al centro d’esposizione RAI di Amsterdam, nei Paesi Bassi, e vedrà la presenza di oltre 2.600 aziende espositrici tra le quali 60 padiglioni nazionali e regionali. Tra i prodotti alimentari esposti ci saranno gli alimenti freschi, surgelati e refrigerati, le bevande e i prodotti secchi da forno. www.plmainternational.com

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DIAMO I NUMERI

Pollo e tacchino sono le carni preferite dal 54% degli Italiani, che le scelgono come principale fonte di proteine nella propria dieta (dati: IPSOS, 2018). Ma come si riconosce un pollo alimentato, allevato e lavorato in Italia? A quanti gradi deve essere cotto per eliminare eventuali batteri? E quali sono le regole di igiene da rispettare? In occasione della Giornata Europea dei Consumatori, UNAITALIA, l’Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova, e GIORGIO DONEGANI, tecnologo alimentare consigliere della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare, hanno lanciato il vademecum per gli amanti del pollo: cinque regole d’oro per riconoscere un pollo 100% made in Italy. Grazie ad una filiera tutta italiana nelle fasi di produzione (allevamento, trasformazione e logistica), il pollo è un alimento in grado di arrivare in 24 ore in tavola sempre fresco, ma anche il consumatore deve fare la sua parte per consumarlo in sicurezza (fonte: EFA News, European Food Agency; photo © Aaron Amat – stock.adobe.com).

Le 5 regole d’oro per gli amanti del pollo 1. saper leggere l’etichetta per conoscere l’origine (importante per 9 Italiani su 10 secondo le ultime indagini ISMEA), ma anche il tipo di allevamento e trasformazione; 2. fare attenzione alla pelle e alla carne del pollo, che deve apparire sempre rosa, lucida e umida; 3. scegliere borsa termica e ripiano basso del frigo; 4. non lavare mai il pollo ma le mani; 5. cuocere il pollo a 75° (armarsi di termometro!) per gustarlo appieno e in sicurezza.

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Una cena in primavera con gli amici? Le polpettine di vitello sono perfette: lo street food all’italiana. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. La sicurezza al primo posto. Safety Guard è il sistema di qualità integrato del VanDrie Group che garantisce la sicurezza dell’alimento e il benessere degli animali lungo tutta la filiera produttiva.Safety Guard si occupa anche dell’utilizzo responsabile di antibiotici e della gestione ambientale. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“LE POLPETTE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

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IMMAGINI

Quasi 2 Italiani su 3 (63%) sarebbero disposti a pagare di più per carne ottenuta rispettando al massimo il benessere degli animali: è ciò che emerge dall’analisi Coldiretti/Ixè riportata in occasione della firma del protocollo Inalca (Gruppo Cremonini) alla presenza del presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Il protocollo stabilisce nuovi criteri di qualità nell’allevamento bovino come la corretta gestione dello spazio per ogni animale, il microclima, l’organizzazione delle mandrie, le pratiche di biosicurezza, la nutrizione e l’utilizzo della paglia per la lettiera e avrà un impatto importante per tutto il settore delle carni bovine in Italia grazie agli accordi di filiera avviati proprio con Coldiretti. L’obiettivo è migliorare i già alti standard qualitativi della bistecca made in Italy in un contesto di consumo che vede il 95% degli Italiani mangiare carne nonostante fake news, allarmismi infondati, provocazioni e campagne diffamatorie. Col 18% degli Italiani che ne porta in tavola meno di 100 grammi alla settimana, il 45% dai 100 ai 200 grammi e il 24% tra i 200 ed i 400 grammi, a livello nazionale il consumo di carne risulta equilibrato e ben al di sotto del limite di 500 grammi alla settimana consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’approfondimento a pagina 48 (fonte: EFA News, European Food Agency; photo © Tatiana Murr – stock.adobe.com).

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Nel 2016 gli Inglesi hanno votato a sorpresa per la Brexit, un evento inaspettato col quale è iniziato uno psicodramma politico e diplomatico senza fine. Quali saranno gli scenari del comparto agricolo UK che oggi esporta 2/3 della sua produzione nel vecchio continente? Di questo, e molto altro, si è parlato lo scorso 29 marzo durante la conferenza “Brexit, what’s next?” organizzata da AHDB Beef & Lamb, la divisione di Agriculture and Horticulture Development Board, ente britannico che rappresenta 110.000 allevamenti bovini e ovini nella sola Inghilterra. La location scelta da Jeff Martin, rappresentante AHDB per l’Italia, è stato il ristorante Cracco in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Lo chef, qui in foto insieme a Martin, è da sempre un estimatore delle carni britanniche nei propri ristoranti. A pagina 84 il resoconto dell’evento.

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Ad Identità Golose Milano 2019, il congresso internazionale di cucina d’autore organizzato da Paolo Marchi e MagentaBureau, la carne è salita nuovamente in cattedra, dopo la sua prima volta nel 2012, conquistando una sezione esclusiva: Identità di carne. A pagina 140 il resoconto dei principali interventi (in foto il “Pollo e peperoni” di Oliver Glowig; photo © Brambilla-Serrani).

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A DOMANDA, RISPOSTA Carne congelata e macinata Per la produzione di carni macinate e preparazioni di carne, il Regolamento CE 853/04 stabilisce che è possibile utilizzare carni congelate o surgelate purché queste siano state disossate (autorizzazione diversa a parte) prima del congelamento e solo per un periodo di tempo limitato (All. III, Sez. V, Cap. III, Punto 2). Ora, l’etichettatura di questi prodotti alimentari deve fare riferimento allo stato fisico della materia prima (congelata) che è stata successivamente decongelata per le lavorazioni ed ottenere i prodotti finiti? Si potrebbe considerare tale procedimento necessario dal punto di vista tecnologico in fase di macinaturatriturazione, considerando il fatto che alcuni operatori del settore alimentare preferiscono l’impiego di carne congelata, e sottoposta a scongelamento non totale, affinché resti leggermente indurita? Ciò permetterebbe di omettere riferimento in etichettatura? La risposta al quesito Premesso che l’etichettatura dei prodotti alimentari è disciplinata, in prim’ordine, dal Reg. (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informa-

zioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i Regg. (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga le Direttive 87/250/CEE della Commissione, 90/496/CEE del Consiglio, 1999/10/CE della Commissione, 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le Direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il Reg. (CE) n. 608/2004 della Commissione, in riferimento al quesito posto, si formulano le seguenti considerazioni: * l’Allegato III (Alimenti la cui etichettatura deve comprendere una o più indicazioni complementari), punto 6, dispone indicazioni specifiche per categoria di prodotto: Carni congelate e preparazioni di carne congelate siano etichettate con un’informazione aggiuntiva circa lo stato fisico in cui si trovano; l’etichetta dovrà quindi riportare la data di congelamento o la data del primo congelamento per i prodotti che sono stati congelati più di una volta, in conformità dell’All. X, punto 3; * l’Allegato VI (Denominazione degli alimenti e indicazioni specifiche che la accompagnano), parte A

(indicazioni obbligatorie che devono accompagnare la denominazione dell’alimento), dispone indicazioni generali per tutti gli alimenti: 1. la denominazione dell’alimento comprende o è accompagnata da un’indicazione dello stato fisico nel quale si trova il prodotto o dello specifico trattamento che esso ha subito (ad esempio “in polvere”, “ricongelato”, “liofilizzato”, “surgelato”, “concentrato”, “affumicato”), nel caso in cui l’omissione di tale informazione possa indurre in errore l’acquirente; 2. nel caso di alimenti che sono stati congelati prima della vendita e sono venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione “decongelato”. Tale obbligo non si applica: a. agli ingredienti presenti nel prodotto finale; b. agli alimenti per i quali il congelamento costituisce una fase tecnologicamente necessaria del processo di produzione;

Photo © antperez – stock.adobe.com.

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c. agli alimenti sui quali lo scongelamento non produce effetti negativi in termini di sicurezza o qualità. Le disposizioni del presente punto si applicano fatto salvo il punto 1. Alla luce dei riferimenti sin qui esposti è possibile constatare come la questione sia piuttosto articolata e richieda una sintesi: • qualunque prodotto finito che abbia subito un congelamento nella sua interezza dovrà essere venduto come congelato o decongelato; • qualora tale prodotto congelato (sempre nella sua interezza) appartenga alla categoria della carne fresca o delle preparazioni di carne (carne comunque non trasformata), oltre allo stato fisico dovrà riportare in etichetta l’indicazione della data di primo congelamento; • l’Allegato VI, parte A, punto 2, tuttavia, esclude da tale obbligo i prodotti finiti nei quali: * l’alimento congelato rappresenta un ingrediente (tale fattispecie si applica, tra gli altri, a prodotti a base di carne — es. prosciutto cotto prodotto a partire da coscia congelata — e a preparazioni di carne, le quali, per definizione prevedono la compresenza di carne fresca ed altri ingredienti — es. salsiccia fresca prodotta con lardelli congelati); * il congelamento rappresenta una fase tecnologicamente necessaria (es. indurimento tecnologico finalizzato alla successiva macinazione o alla successiva affettatura); * il congelamento non ha effetti negativi né sulla sicurezza né sulla qualità del prodotto — e non trae in inganno il consumatore (es. produzione di burro a partire da panetti congelati). La carne congelata per migliorare il processo di macinatura, destinata ad essere utilizzata quale ingrediente in preparazioni di carne o prodotti a base carne, non richiede alla luce di quanto previsto dal regolamento, alcuna indicazione in etichetta. Si ritiene invece che la mancanza di una dicitura in etichetta potrebbe essere considerata un’omissione quando, la carne macinata sia destinata, con questa denominazione di vendita ad altro OSA o al consumatore finale. La “carne macinata” per definizione, non ammette la presenza di altri ingredienti (fatta eccezione per il sale)e la sola macinatura non viene considerato un trattamento, non rientrando pertanto nella definizione di “preparazione di carne”; in questo caso quindi il congelamento, seppur ai fini di indurimento tecnologico, ed il successivo decongelamento rientrerebbero negli obblighi previsti dal sopra citato Allegato VI (Denominazione degli alimenti e indicazioni specifiche che la accompagnano), parte A (indicazioni obbligatorie che devono accompagnare la denominazione dell’alimento). Fonte: CEIRSA Centro Interdipartimentale di Ricerca e Documentazione sulla Sicurezza Alimentare; Regione Piemonte – ASL TO 5 www.ceirsa.org

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ATTUALITÀ

Fast food: è ora di cambiare per salvare il pianeta! di Nunzia Manicardi

L

e fondazioni per la sostenibilità CERES e FAIRR INITIATIVE, nei giorni scorsi, hanno decisamente preso posizione riguardo al problema ambientale e climatico, evidenziato ormai in tutta la sua drammatica urgenza dall’intero mondo scientifico, e l’hanno fatto sollecitando direttamente il potere economico e commerciale. Le due fondazioni hanno infatti patrocinato un’iniziativa senza precedenti, voluta e sostenuta da 80 tra i principali investitori del mondo che, nel loro insieme, gestiscono un patrimonio di ben 6,5 trilioni di dollari. Tale iniziativa è consistita nello scrivere alle sei principali catene di fast food, che distribuiscono pasti in oltre 120.000 ristoranti in ogni parte del pianeta, chiedendo loro un impegno per mettere in campo azioni concrete, risolutive e, soprattutto, nel più breve tempo possibile. Domino’s Pizza, McDonald’s,

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Restaurant Brands International (che gestisce Burger King), Chipotle Mexican Grill, Wendy’s Co e Yum! Brands (che possiede Pizza Hut e KFC): sono queste le sei catene destinatarie dell’appello. I cambiamenti che si auspicano riguardano l’alimentazione americana e, per estensione, quella dei Paesi più ricchi. Secondo CERES e FAIRR Initiative (autrice quest’ultima di un rapporto molto documentato appe-

na pubblicato), uno dei principali settori industriali a livello globale responsabile del riscaldamento terrestre è quello della produzione della carne che, nonostante ciò, non ha finora assunto alcun impegno consistente per modificare la situazione. Sempre secondo il sopracitato rapporto di FAIRR, se non si avranno cambiamenti molto significativi e molto rapidi nella dieta globale,

Ottanta fra i più grandi investitori del mondo hanno scritto alle sei principali catene di fast food per chiedere rapidi cambi nell’alimentazione degli Stati Uniti e dei Paesi più ricchi al fine di ridurre l’impatto ambientale e climatico. Viene chiesto, nello specifico, il passaggio alla carne coltivata, come sta provando a fare Israele. L’iniziativa ha il patrocinio delle Fondazioni per la Sostenibilità CERES e FAIRR Initiative

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Secondo il rapporto della fondazione FAIRR, se non si avranno cambiamenti molto significativi e molto rapidi nella dieta globale, entro il 2050 il 70% delle emissioni di gas serra sarà riconducibile agli allevamenti e alle monocolture necessarie per ottenere abbastanza mangimi (photo © barameefotolia – stock.adobe.com). entro il 2050 il 70% delle emissioni di gas serra sarà riconducibile agli allevamenti e alle monocolture necessarie per ottenere abbastanza mangimi. Tradotto in CO2, ciò significa che ci saranno 11 giga-tonnellate di differenza tra la realtà e gli obiettivi individuati per contenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi. Analogamente, se si continuerà così, un decimo dell’acqua della Terra sarà usata per produrre carne e latte. Il documento evidenzia in particolare 4 punti: 1) pretendere che chi fornisce carne, latte e derivati sia attivamente impegnato nella riduzione delle emissioni di gas serra e nel consumo di acqua associata agli allevamenti; 2) rendere pubblici gli obiettivi inerenti la riduzione di emissioni e consumo di acqua con definizioni numeriche e temporali molto chiare (escludendo impegni generici); 3) impegnarsi a rendere conto ogni anno dei progressi ottenuti;

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4) compiere analisi di scenario in linea con le raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosure (TCFD), volte a evitare il più possibile i conflitti di interesse e a rendere trasparenti le iniziative prese per combattere il riscaldamento globale. La mancanza di impegno da parte del settore della produzione della carne nell’affrontare il problema dell’impatto ambientale e climatico, da esso stesso in gran parte provocato, è stato esplicitamente stigmatizzato da BROOKE BARTON, direttrice di CERES, che ha rimarcato come invece si stiano muovendo in tale ottica positiva le aziende di produzione di energia elettrica. L’atteggiamento di disinteresse non è più accettabile e deve cambiare subito, ha sottolineato la Barton. Anche i grandi investitori si rendono ormai conto che il processo di cambiamento è inevitabile e si stanno muovendo in questa direzione finanziando progetti sulla produzio-

ne di carne coltivata e dei sostituti vegetali della carne animale. In un articolo al riguardo, recentemente pubblicato dalla rivista NATURE, ELIE DOLGIN, che ne è l’editor, fa il punto proprio sul denaro investito e su quanto e cosa manca perché la carne coltivata arrivi al supermercato. Decine di milioni di dollari, scrive Dolgin, negli ultimi due anni sono giunti da investitori di grande importanza, quale ad esempio BILL GATES, ma i destinatari sono stati per lo più start up o aziende private, e non la ricerca pubblica che, proprio per mancanza di mezzi finanziari, stenta a trovare e proporre soluzioni, specialmente se destinate al pubblico di massa. D’altra parte, i finanziamenti sono indispensabili perché ancora molto resta da fare, per esempio sulle cellule da cui partire per far crescere la carne, sui mezzi di coltura e sui biomateriali (bioscaffold) da usare come supporto per avere tessuti veri e propri e non soltanto strati di cellule.

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In ogni caso, i costi della carne coltivata stanno drasticamente calando: dai 500 dollari iniziali di un hamburger si è passati adesso ai 50. Sono sempre però ancora troppi, anche se in costante discesa rispetto a quando, nel 2013, venne presentato al mondo il primo hamburger. L’eventualità è che i produttori, non riuscendo ad abbassarli ulteriormente, abbandonino la ricerca e si rivolgano verso il più facile e redditizio mercato dei sostituti vegetali dall’apparenza di carne e dal gusto reso simile grazie all’apporto di specifici aromi. Per la carne coltivata, la situazione migliore, a livello pubblico, è, a quanto pare, in Israele. La Israel Innovation Authority, che finanzia e coordina le start up, ha infatti appena finanziato la Aleph Farms, lanciata da SHULAMIT LEVENBERG, bioingegnere del Technion-Israel Institute of Technology di Haifa, decidendo di investire quasi 30 milioni di dollari per creare nei prossimi otto anni un incubatore dedicato, simile a quello esistente in California (IndieBio) che ha permesso il nascere di quasi tutte le aziende americane più attive nel settore. Altro progetto pubblico degno di nota è quello del Good Food Institute (GFI) di Washington, istituzione no profit che ha appena annunciato che metterà a disposizione 3 milioni di dollari per il suo primo programma di ricerca (il più generoso mai lanciato) finanziando 14 progetti, di cui 6 di gruppi che lavorano sulla carne coltivata e 8 di altri che si concentrano sui sostituti vegetali. Ma il problema, come abbiamo appena evidenziato, rimangono i costi per cui, perfino in Olanda, che fu la patria del primo hamburger in vitro, l’attenzione si è spostata sui sostituti vegetali, mentre, sempre negli Stati Uniti, il National Institutes of Health destina fondi per la carne coltivata, ma quasi esclusivamente per studi dedicati agli aspetti medici, come i trapianti. Volenti o nolenti, il problema dell’impatto climaticoambientale va non soltanto posto, ma anche risolto. Bisogna stringere i tempi, però. E di tempo ne è rimasto assai poco. Nunzia Manicardi

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Urgente attuare fatti concreti di Cosimo Sorrentino

S

ono stati pochi gli attimi durante i quali ci siamo rallegrati, quando è stato dato l’annuncio di un consistente aumento della nostra produzione industriale, il primo dopo quattro mesi di cali continui. L’ottimismo del balzo dell’1,7% non ha fatto mancare la cautela, poiché il quadro generale del nostro Paese resta comunque debole, ammesso che il dato sopra indicato possa essere considerato sufficiente per invertire un corso tra i più deprimenti dell’ultimo biennio. Un’attenuazione della caduta si era sperata, anche se, su base annua, lo stesso dato resta negativo: –0,8%. A spegnere gli entusiasmi è subito intervenuto l’OCSE, che ha indicato il segno meno, per la prima volta, davanti al PIL dell’intero 2019, specificando che l’Italia registrerà una decrescita di due decimali (–0,2%). Si tratterebbe dunque non più soltanto di una recessione tecnica, ma di una vera recessione economica, la terza dalla grande crisi del 2008. Inoltre, il nostro Paese è l’unico, tra i maggiori paesi industrializzati, a registrare una flessione del PIL per quest’anno, anche se nel 2020 la crescita sarà ridotta di mezzo punto percentuale. Il rallentamento della crescita certamente colpisce tutta la zona euro, dove, sempre secondo l’OCSE, il PIL, quest’anno, sarà dell’1%, indicando Cina e Germania come fonti del contagio degli altri paesi europei. Lo stesso vale per l’Italia, dove il credito sta rallentando, e se ciò dovesse continuare potranno sorgere ostacoli non solo per noi ma per tutta l’area euro.

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Ciò premesso, e ricordando che il pessimismo dell’OCSE spesse volte non ha “affondato”, va detto che le nubi sul nostro Paese non si possono negare, anche se sembrano più cirri che nembi, tant’è che altri osservatori, pur non considerando ottimale la situazione attuale, ritengono si tratti di recessione tecnica; pertanto, nella seconda metà del 2019, l’Europa (Germania compresa) dovrebbe tornare a crescere. Altri istituti internazionali e analisti del settore ritengono che il nostro Paese abbia i fondamentali “ancora solidi” e gli anticorpi per reagire, individuabili soprattutto nella coerenza e nella costanza delle famiglie italiane. È però tempo di agire, anche in vista della presentazione del DEF, il documento di economia e finanza nel quale il Governo, oltre a fare il punto sull’andamento dell’anno, dovrà indicare la linea di politica economica per il prossimo triennio e cominciare a delineare la legge di bilancio da presentare in autunno. Bene ha sostenuto, di recente, il presidente della BCE, MARIO DRAGHI, che «quando ci si trova al buio si procede a piccoli passi, non si corre, ma ci si muove». Per ora, segnali chiari che indichino un’inversione della situazione di staticità non sono visibili, tanto meno sono evidenti segnali di crescita strutturale; e se non si cresce strutturalmente, il già gigantesco debito pubblico salirà ancora, con conseguenze sempre più pesanti, tutte da definire e da affrontare. I provvedimenti finora approvati non sembrano andare nella giusta direzione, così come

la produttività, stagnante da decenni soprattutto per mancanza di efficienza e di tecnologie avanzate. Basti dire che, in sedici anni, è aumentata solo dello 0,4%, a fronte del 15% in Francia, Regno Unito e Spagna, e del 18,3% in Germania. Un divario enorme, che abbassa notevolmente la competitività delle nostre imprese, visto che — come spiega l’ISTAT — su questo fronte “né il costo del lavoro né l’evoluzione dei prezzi sembrano avere svolto un ruolo di freno per il Paese”. Aggiungasi che il rapporto sulla competitività globale del World Economic Forum 2018, oltre ai Paesi sopra indicati, pone l’Italia addirittura dopo l’Islanda. Perciò è necessario avviare una stagione di rilancio economico, coniugando le difficoltà di un progetto di riforme con le probabilità di attuarlo, evitando di dedicare risorse a provvedimenti che non aiutano la crescita e appesantiscono i conti dello Stato. Occorre darsi da fare presto e bene, dove è già possibile, per esempio scongelando gli stanziamenti previsti da tempo nel campo delle infrastrutture e delle costruzioni, che per paura della corruzione stentano a partire, mentre dette disposizioni vanno attuate ed i trasgressori puniti esemplarmente; intervenendo sul costo del lavoro, ossia sul cuneo fiscale, in modo da garantire livelli occupazionali più alti; investendo nella formazione, nell’istruzione e nella ricerca. Ovviamente con la prudenza e determinazione necessarie, rispettando il monito della BCE e fronteggiando gli impegni che ci attendono per fine anno.

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Sigillo Italiano, il brand carni italiane Il Consorzio Sigillo Italiano ha intrapreso un percorso nazionale di comunicazione per valorizzare la carne prodotta in Italia che oggi fa i conti con l’anonimato e con la difficoltà per i consumatori di riconoscerla in modo facile. Il marchio si riconosce per una grande “Q”con al centro l’Italia, cerchiata dal tricolore della bandiera italiana. I prodotti allevati e commercializzati sono il vitellone e la scottona ai cereali, il bovino podolico, il fassone piemontese e le uova. Trovate tutte le info sul portale sigilloitaliano.it, ricco di contenuti e info utili (photo © sigilloitaliano.it).

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2. Foto, razza e frollatura Il giovane team della parigina Boucherie Moderne ha intrapreso su Instagram (instagram.com/boucheriemoderne) un lavoro di informazione visiva che racconta attraverso scatti fotografici le varie texture di carne, a seconda della provenienza dell’animale lavorato, della sua razza e dei giorni di maturazione in cella. Il risultato nel feed è molto interessante e formativo (nella foto, una Maine-Anjou frollata 50 giorni; photo © instagram. com/boucheriemoderne).

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meat Benedetti

3. Coalvi, made in Piemonte Il Consorzio di Tutela della razza Piemontese COALVI è sul web al link www.coalvi.it con informazioni dettagliate sull’origine delle carni e contatti di macellerie per l’acquisto sul territorio nazionale, tra GDO e canale tradizionale. Il Blog è dedicato alle notizie curiose e agli eventi, mentre in Filiera si può ripercorrere tutto il percorso della carne, dall’allevamento alla tavola, anche del ristorante (photo © torolux.it/piemontese-coalvi).

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4. Macelleria Falaschi, nuovo e-shop Sono norcini da quattro generazioni e hanno un stile comunicativo stupendo. La Macelleria Falaschi di San Miniato (PI) è sul web con www.sergiofalaschi.com, un sito tutto ridisegnato che oggi è anche e-commerce. Finalmente bastano pochi clic per avvicinare il loro laboratorio di lavorazione carni e salumi a tutta la clientela italiana ed estera. Bravissimi! (photo © sergiofalaschi.com).

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Cosa significa benessere animale? Risponde l’IZSVe Oggi l’espressione “benessere animale” ricorre molto frequentemente ed è utilizzata per vari scopi. Occorre tuttavia sapere che in essa sono racchiuse precise conoscenze scientifiche e profonde implicazioni etiche che qualificano la nostra società. Se già dall’antichità, infatti, diversi pensatori avevano riflettuto sul rapporto fra uomo e animale, è solo a partire dal dopoguerra che la riflessione sul tema del trattamento e della cura degli animali coinvolge politici, legislatori, filosofi e medici veterinari, ponendo la questione animale al centro del dibattito sociale contemporaneo. Una bella introduzione al tema del benessere animale la potete trovare in un nuovo video di poco più di 4 minuti che rientra nella serie IZSVe Scienza prodotta dal Laboratorio comunicazione della scienza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezia. Ecco il link: goo.gl/NpcN5C

Farmer, Butcher, Chef Goodwood è uno dei più importanti circuiti storici per il motociclismo e l’automobilismo britannico. Siamo non lontani alla costa meridionale dell’Inghilterra, più precisamente a Goodwood House, nei pressi del villaggio di Westhampnett, distretto di Chichester, contea del West Sussex. Qui, oltre ad una pista di 3,8 km che ospita il Festival of Speed e il Goodwood Revival, con auto storiche e di Formula 1 che fanno girare la testa, c’è una tenuta che comprende campo da golf, ippica, pernottamento, allevamenti di bovini, ovini e suini e, naturalmente un ristorante di lusso. L’allevatore, il macellaio e lo chef, rispettivamente TIM HASSELL, JOHN HEARN e DARRON BUNN, lavorano in sinergia per offrire le carni migliori, dall’allevamento alla tavola, all’interno di una cornice da sogno. Non a caso il ristorante si chiama proprio “Farmer, Butcher, Chef”. I bovini allevati all’interno dell’immensa tenuta sono di razza Sussex. Le loro carni sono frollate per 28 giorni e nel 2016 hanno vinto due Gold Stars alla competizione Great Taste Awards. Gli ovini sono di razza Southdown, mentre i suini sono Gloucester Old Spots e Saddlebacks, incrociati con la Large White. Se volete dare un’occhiata al menù ecco il link: www.goodwood.com/stay-dine-relax/farmer-butcher-chef/the-menu

Da sinistra: Tim Hassell, allevatore, Darron Bunn, executive chef e il maestro macellaio John Hearn all’interno della cucina di “Farmer, Butcher, Chef” (photo © standard.co.uk).

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Arriva in Italia l’app anti-spreco Con l’obiettivo di combattere lo spreco alimentare, arriva anche in Italia Too Good To Go (toogoodtogo.co.uk): nata nel 2015 in Danimarca, l’app è già presente in altri 9 Paesi d’Europa, conta ad oggi oltre 8 milioni di utenti ed è tra le prime posizioni negli App Store e Google Play di tutta Europa. L’app permette a bar, ristoranti, forni, pasticcerie, supermercati ed hotel di recuperare e vendere on-line — a prezzi ribassati — il cibo invenduto “troppo buono per essere buttato”. I ristoratori e i commercianti di prodotti freschi iscritti all’applicazione possono mettere in vendita le Magic Box, delle bag con una selezione a sorpresa di prodotti e piatti freschi, rimasti invenduti a fine giornata e che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo. D’altra parte, i consumatori possono acquistare con un semplice tap sull’applicazione pasti a prezzi minimi, tra i 2 e i 6 euro, impegnandosi allo stesso tempo nella lotta agli sprechi e nella tutela dell’ambiente, considerando che ogni Magic Box acquistata permette di evitare l’emissione di 2 kg di Co2: basta geolocalizzarsi e cercare i locali aderenti, ordinare la propria Magic Box, pagarla tramite l’app e andarla a ritirare nella fascia oraria specificata per scoprire cosa c’è dentro. Inoltre, per limitare l’uso di imballaggi, i negozi aderenti a Too Good To Go incoraggeranno i clienti stessi a portare da casa contenitori e sacchetti propri. «Il nostro obiettivo è quello di creare la più grande rete antispreco in Italia — spiega EUGENIO SAPORA, country manager di Too Good To Go per l’Italia — e, ad oggi, sono state oltre 11 milioni le Magic Box acquistate in Europa, il che ha permesso a livello ambientale di evitare l’emissione di più di quasi 23 milioni di tonnellate di CO2. Punto di partenza è Milano, dove hanno già aderito numerosi ristoratori, bar e pasticcerie». I ristoranti biologici EXKi e i negozi Carrefour Italia sono tra i primi punti vendita aderenti al progetto di Too Good To Go in Italia; anche Eataly, da sempre impegnata nelle politiche contro lo spreco, prende parte al progetto con un pilota dedicato al punto vendita di Milano Smeraldo. >> Link: toogoodtogo.co.uk

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I BUTCHERS CONSIGLIANO

Una carne eccezionale, tra le migliori al mondo

Gutrei Galicia chiama Italia

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i troviamo in Galizia, la comunità autonoma a nord-ovest della Spagna, che confina a sud con il Portogallo, con il golfo di Biscaglia e l’oceano Atlantico, oltre alla vicina Asturia. Qui dal 2007 i fratelli JOSÉ MANUEL e MIGUEL ÁNGEL GUTIÉRREZ selezionano e macellano carni pregiatissime di razza Galiziana, in lingua originale la cosiddetta Gallega, oggi conosciuta in tutto il mondo. Dopo 15 anni la loro Gutrei Galicia è un brand affermato in tutto il mondo e anche in Italia, grazie al distributore LUX TRADING e a macellai illuminati che la vendono abitualmente nelle loro botteghe e ai colleghi su tutto il territorio. Di recente i butchers FABIO MANTOVANI della Macelleria MANTOVANI DANILO di Parma (FB: www.macelleria106G.it) e CARLO FERRANDO della Macelleria Da Carlo con sede a Genova (@macelleriadacarlo) hanno fatto visita all’azienda per toccare con mano questa realtà unica nel panorama delle carni di eccellenza. L’occasione era ghiotta dato che le celle del macello di Gutrei Galicia ospitavano una decina di buoi di 7 anni, con un peso morto che arrivava fino a 1.800 chili per capo. Carni provenienti da una filiera attenta alla genetica e all’allevamento, sicuramente destinate ad un segmento gourmet di ristoranti e appassionati. I mercati di esportazione sono principalmente Hong Kong, Svezia e Italia. >> Link: www.facebook.com/gutreigaliciaitalia

In foto a lato, da sinistra, Carlo Ferrando, Andrea e Davide Mantovani e Matteo Marchetti di Lux Trading (photo © Gutrei Galicia). Eurocarni, 5/19

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In alto: Carlo Ferrando, titolare della Macelleria Da Carlo, estimatore e distributore delle carni Gutrei Galicia per il dettaglio e il canale tradizionale. In basso: un dettaglio della carne Gutrei Galicia, proveniente da animali selezionati allevati sul territorio galiziano dai fratelli GutiÊrrez (photo Š Gutrei Galicia).

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Bioalleva nasce da una vera vocazione per la genuinità del gusto, l’amore per il territorio e il rispetto verso i propri consumatori. Proprio per questo, a confronto di una semplice linea biologica, Bioalleva si distingue per essere “Biologica su tutta la linea”. La ricerca della naturalità Bioalleva inizia infatti dagli stessi pascoli: tutti biologici, rispettosi dell’etologia delle specie, della serenità degli animali e della loro libertà di movimento.

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AZIENDE

Inalca, patto con gli allevatori Nella filiera della carne bovina l’uso dei farmaci è già ampiamente sotto la media, ma l’azienda del Gruppo Cremonini alza ulteriormente l’asticella per gli allevatori. Il nuovo protocollo, in collaborazione con Coldiretti, servirà a migliorare il benessere animale e quindi la loro salute

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ealizzare un innovativo protocollo su elevati standard per la valutazione e il miglioramento del benessere animale negli allevamenti bovini da carne (vitelloni e scottone) e promuovere l’uso prudente degli antibiotici; e in più l’impegno per implementare elevati standard di benessere animale in allevamento, mantenendone al

contempo la sostenibilità ambientale ed economica. Sono questi gli obiettivi principali di Inalca (Gruppo Cremonini), il più importante operatore italiano nella lavorazione delle carni bovine, per migliorare l’approccio della filiera al benessere animale, secondo il principio “One health”, che vede l’uomo e gli animali tra loro strettamente collegati sui

temi della salute e della sicurezza alimentare. L’azienda opera con una filiera propria, ma ha anche rapporti di fornitura di animali provenienti da 15.000 allevamenti italiani. Oggi risulta sempre più chiaro che solo le aziende in grado di assumere commitment di lungo termine con i propri fornitori possono garantire requisiti di sicurezza e di

Alla presentazione romana del nuovo protocollo Inalca sono intervenuti tra gli altri Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, Giovanni Sorlini, Inalca, Alessandro Gastaldo, Fondazione CRPA, Riccardo Compiani, Università di Milano, Carlo Angelo Sgoifo Rossi, Università di Milano e coordinatore del progetto, Silvio Borrello, Direzione generale Sanità animale e Farmaci veterinari MIPAAFT, Piero Frazzi, direttore Unità organizzativa veterinaria Lombardia, e Gaetano Penocchio, presidente Federazione Nazionale Veterinari. In foto, l’intervento di Luigi Cremonini, presidente del Gruppo omonimo.

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I fornitori di carne belgi. Una scelta aďŹƒdabile.

Carne bovina

Carne suina

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Punta sulla qualità della carne il nuovo protocollo Inalca sul benessere animale con standard di eccellenza da applicare nei propri allevamenti e da estendere anche ai 15.000 allevamenti italiani che riforniscono l’azienda. Grazie agli accordi di filiera avviati con Coldiretti, il protocollo avrà un impatto importante per tutto il settore delle carni bovine in Italia

sostenibilità sul prodotto finale che il consumatore sempre più chiede. Questo sul benessere è un esempio di filiera italiana concreta e virtuosa, secondo il modello di valorizzazione della propria rete di allevatori che Inalca, insieme a Coldiretti, ha scelto come strategia di sviluppo futuro. Il nuovo protocollo supera ampiamente le prescrizioni di legge sul benessere animale, anticipando le linee delle future regolamentazioni europee. Si tratta di un progetto biennale del valore di 300.000 euro promosso dalla Regione Lombardia e cofinanziato per circa un terzo da Inalca nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, in

collaborazione con l’Università di Milano — Dipartimenti di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare (VESPA) e di Medicina Veterinaria (DiMeVet) — e la Fondazione Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia. Il professor CARLO ANGELO S GOIFO R OSSI del Dipartimento VESPA è il responsabile scientifico del progetto. L’attività di studio ha direttamente coinvolto anche due aziende agricole lombarde, attive nel settore bovino da ingrasso nelle province di Milano e Bergamo. Presentando il protocollo a Roma lo scorso 29 marzo, LUIGI SCORDAMAGLIA, AD di Inalca, ha spiegato che «grazie a questo progetto, il benessere animale diventa misurabile in termini reali e concreti, offrendo dati utili per la gestione sostenibile di un allevamento di bovini da carne, un vero e proprio esempio di ciò a cui vuole tendere tutta la filiera italiana. Qui non si tratta solo del rispetto delle norme, prerequisito peraltro imprescindibile, ma dell’attivazione di uno strumento competitivo per pianificare investimenti e creare valore riconosciuto dal mercato. Il tutto per fornire risposte concrete ad un consumatore che comincia finalmente a non credere alle fake news che qualcuno strumentalmente diffonde sulla carne e, sempre più consapevole ed informato, sceglie

Inalca è la società del Gruppo Cremonini, leader in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, salumi e snack, con i marchi Inalca, Montana, Manzotin, Italia Alimentari, CorteBuona e Ibis. Nel 2017 ha registrato ricavi totali per oltre 1,96 miliardi di euro. La società, con più di 5.000 dipendenti, ha 12 stabilimenti in Italia specializzati per tipologia di prodotto (6 per la produzione di carni bovine e 4 nell’area salumi, snack e gastronomia pronta) e 26 impianti e piattaforme distributive all’estero, con una presenza importante in Russia e in vari Paesi africani. Oltre il 40% del fatturato della produzione deriva dalle attività estere. Inalca è il maggiore produttore di hamburger in Europa, con una capacità produttiva di oltre 120.000 tonnellate di hamburger l’anno. >> Link: www.inalca.it

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la qualità e l’italianità che solo una filiera integrata può offrire. Solo una vera alleanza di filiera potrà consentire di raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi in termini di sostenibilità a 360 gradi». «È evidente — spiega GIOVANNI SORLINI, responsabile Qualità, Sicurezza e Ambiente di Inalca — che i temi del benessere animale e dell’uso prudente degli antibiotici sono usciti dalla sfera degli addetti ai lavori e intercettano sensibilità etico-sociali di particolare rilevanza per il consumatore, oggi più che mai disposto a riconoscere valore, di reputazione ed economico, oltreché di salute, in questi sforzi di miglioramento della filiera produttiva. Grazie a questo progetto, il tema del benessere si pone al centro della produzione zootecnica e della gestione complessiva della stalla: l’applicazione del protocollo negli allevamenti permetterà, infatti, di individuare i punti di forza e di debolezza dell’allevamento sul tema benessere dei bovini, di definire indicatori numerici e percorsi di adeguamento, coinvolgendo aspetti di tipo strutturale e gestionale, compresa l’analisi finanziaria degli investimenti e la relativa incidenza sui costi complessivi di produzione. Una consulenza a tutto tondo, effettuata da veterinari esperti, che intende superare il mero aspetto del controllo per privilegiare un rapporto di partnership stabile fra i vari soggetti della filiera e promuovere percorsi di miglioramento». La filiera della carne bovina è già attenta all’utilizzo responsabile dei farmaci antibiotici; in particolare, gli allevamenti della filiera Inalca hanno già ridotto del 18% l’utilizzo di antibiotici negli ultimi due anni. Con questo progetto, l’azienda fa un ulteriore passo in avanti, estendendo l’utilizzo del protocollo a tutti i suoi allevatori italiani di bovini da carne, per condividere le migliori pratiche del settore. Il primo passo del progetto consiste nella realizzazione di una banca dati per aumentare la conoscenza degli effettivi consumi della propria filiera e definire obiettivi

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di miglioramento. Vista la considerevole riduzione già ottenuta negli ultimi anni, si stima al momento un ulteriore abbassamento del 10% nell’uso di antibiotici già nel corso del prossimo anno: un traguardo che verrà perseguito tramite l’applicazione estesa del protocollo e ulteriori azioni a difesa della salute degli animali, prima fra tutte la profilassi vaccinale. Inoltre, le Linee guida del protocollo intervengono su tutti i fattori che influenzano il benessere dei bovini, quali ad esempio la corretta gestione dello spazio per ogni animale, il microclima, l’organizzazione delle mandrie, le pratiche di biosicurezza, la nutrizione, l’utilizzo della paglia per la lettiera, ecc…, nell’intento di combinare al meglio tutti i fattori che influenzano lo stato di benessere dell’animale e con esso l’adeguata produttività dell’allevamento. In definitiva, col nuovo protocollo verrà reso disponibile un innovativo strumento di analisi e gestione per migliorare il benessere

degli animali e di conseguenza la loro salute. Il fenomeno dell’antibioticoresistenza: perché è importante coinvolgere gli allevamenti La resistenza dei batteri ai trattamenti antibiotici è un fenomeno planetario dovuto a una molteplicità di fattori, tra cui: l’abuso degli antibiotici per uso umano e nei trattamenti per gli animali da affezione, la mobilità della popolazione, le carenze igieniche negli ospedali e l’abuso negli allevamenti degli animali da carne. L’Italia ha adottato un Piano nazionale di contrasto dell’antibioticoresistenza, che punta ad abbattere del 30% l’uso globale di antibiotici entro il 2020. Nel caso degli animali da produzione, l’uso è strettamente limitato alla cura delle patologie ed è obbligatorio un periodo di sospensione prima della macellazione, in modo che non restino residui nelle carni che mangiamo. I controlli su questo aspetto sono massicci: solo nel 2017

il Ministero della Salute, tramite gli istituti zooprofilattici regionali, ha effettuato oltre 44.000 controlli, la cui positività è risultata pari solo allo 0,09% di tutti campioni analizzati. Rimane però il fatto che in Italia siamo al terzo posto in Europa per il consumo di antibiotici negli allevamenti e per questo è importante un impegno da parte degli operatori della filiera. Tuttavia, è bene precisare che l’uso di antimicrobici varia tra specie animali e persino tra sistemi di produzione: la filiera del bovino da carne, in particolare, risulta la più virtuosa. I dati raccolti per l’elaborazione del protocollo Inalca, su un campione complessivo di circa 24.000 capi, registrano un consumo di antibiotici pari a 63,83 mg/pcu (quantitativo di principio attivo utilizzato per unità di bestiame), contro una media di 294,8 mg/pcu di tutti gli allevamenti italiani (dati europei ESVAC). Grazie al nuovo protocollo lanciato da Inalca, questo dato è destinato a migliorare ulteriormente.

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L’eccellenza su misura, al servizio del cliente Generalfrigo si presenta al mercato con 50 anni di esperienza e la proprietà di Gruppo leader nel comparto suino di Elena Benedetti

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innovarsi, crescere, investendo nella struttura produttiva e nei processi, sapendo cogliere le esigenze di un mercato complesso come quello delle carni suine. E a fronte di tutto ciò, essere parte di un Gruppo capace di creare sinergie e opportunità. Questo oggi è GENERALFRIGO, un’organizzazione moderna specializzata nella lavorazione carni e nella conservazione a bassa temperatura per conto terzi,

fondata nel 1969 e acquisita nel 2014 dalla famiglia LEVONI proprietaria di ALCAR UNO di Castelnuovo Rangone (MO). Incontriamo GIANNI MUSSI, memoria storica dell’azienda e oggi consigliere del CDA, e il figlio FABIO, direttore commerciale, negli uffici della sede storica di Melzo (MI), un’ubicazione strategica nel Nord Italia per il Gruppo Alcar Uno, nell’offrire servizi logistici e di prodotto per l’industria alimentare

italiana ed europea. «Lo scorso 17 febbraio abbiamo celebrato i primi 50 anni in azienda per Generalfrigo e per mio padre» ci dice Fabio Mussi accogliendoci. «Una continuità che rimane, facendo sì che il team di persone sia una risorsa e che l’esperienza maturata in questa vita di lavoro spesa in azienda sia oggi un valore aggiunto». Nel 2005 Generalfrigo fu oggetto di una ristrutturazione generale.

Oggi il mercato delle carni suine richiede un servizio a 360°, con la fornitura di cosce selezionate e lavorate sulla base di specifiche personalizzate dal cliente.

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Generalfrigo serve l’industria delle carni e per l’85% il mercato domestico. L’azienda ha tutti i presupposti, tra capacità strategiche e commerciali, di incrementare quel 15% che ora è diretto ai mercati esteri grazie anche alle certificazioni su Russia, Canada, Sud America e Taiwan

Da sinistra, Gianni e Fabio Mussi, Lorenzo Levoni di Alcar Uno, Nives Marconi e Giovanni Bortolotti.

«Investimmo in nuove aree di produzione, impianti tecnologici all’avanguardia, espansione dei magazzini frigoriferi e delle sale di lavorazione, specializzandoci ulteriormente nella lavorazione del suino» sottolinea ancora Mussi. «In seguito ci specializzammo nella lavorazione del suino, in particolare tagli e cosce per l’industria salumiera». Oggi l’azienda milanese vanta una capacità produttiva di 100.000 cosce lavorate su base settimanale, un magazzino frigorifero interno dalla portata di 10.000 tonnellate e uno spazio frigorifero a bassa temperatura con possibilità di congelare e scongelare 200 tonnellate al giorno. «Numeri importanti che ci consentono di dare un servizio premiante a 360° — dice Fabio Mussi, sottolineando il fatto che avendo posizionato le varie attività (lavorazione, stoccaggio e catena del freddo) all’interno dell’azienda — il prodotto viene gestito in modo ottimale e strategico. La nostra è sostanzialmente un’attività di servizio — prosegue — cucita addosso ai nostri clienti, per far fronte ad ogni loro necessità, dalla mera lavorazione delle carni, seguendo specifiche tecniche e richieste personalizzate, fino a servizi di stoccaggio in cella e commercializzazione. E tutto ciò, ricordiamolo, in un unico spazio che consente di ottimizzare tempi, risorse ed energia, grazie all’impianto fotovoltaico che riveste l’intera struttura!». L’acquisizione da parte dei Levoni è stato un passaggio strategico per Generalfrigo nel tracciare

Lo stile Generalfrigo Il logo di un’azienda è uno strumento di comunicazione potente. Pochi segni grafici e testuali che devono veicolare l’identità di un percorso aziendale, differenziandolo dai concorrenti e catturando l’attenzione del mercato. Il discorso si fa più complesso se l’azienda ha cinquant’anni ed ha percorso parecchia strada, evolvendo nelle lavorazioni e nelle strategie di prodotto. Generalfrigo è un bell’esempio di rebranding che richiama il passato di società dedita allo stoccaggio in celle frigorifere all’attuale core business incentrato nella lavorazione sartoriale delle cosce di suino. E con al centro un maiale stilizzato che oggi è Re nella professionalità e competenza.

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L’azienda di Melzo vanta una capacità produttiva di 100.000 cosce lavorate su base settimanale.

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In alto: presso Generalfrigo sono presenti deposito e magazzino frigorifero anche conto terzi in grado di accogliere qualunque genere alimentare, oltre ad un frigorifero autorizzato all’esportazione in numerosi mercati. In basso: lo stabilimento è coperto da un impianto fotovoltaico che produce energia green.

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Prosciutti nazionali in lavorazione.

un nuovo corso di business verso la specializzazione nel comparto delle carni suine. «L’appartenenza ad Alcar Uno garantisce sinergie logistiche e di know-how» sottolinea Fabio. «I nostri servizi rappresentano la memoria dell’azienda che perdura nel tempo ma è indubbio il fatto che oggi la lavorazione delle carni suine sia la più strategica. Qui lavoriamo carni italiane ed europee, in c/proprio e c/terzi. E proprio per questi ultimi il mercato oggi esige servizi aggiuntivi che noi siamo in grado di garantire. Il nostro slogan, “L’eccellenza su misura”, si esprime nella lavorazione di tagli ad hoc eseguiti dal nostro personale su precisi standard del cliente» rimarca. Il servizio esiste perché lo stabilimento di macellazione spesso non è in grado svolgere questa attività altamente customizzata sulla base di specifiche che possono variare a seconda degli umori del mercato. «Ecco, noi siamo un trait d’union tra macello e cliente e ci posizioniamo in questo segmento con cura, servizio, logistica, esperienza e certificazioni. Lavoriamo su specifiche tecniche del cliente e con le nostre linee di macellai esperti che lotto dopo lotto soddisfano l’ordine. Con una lavorazione justin-time, materie prime selezionate, taglio personalizzato, pezzatura, e caratteristiche qualitative garantite da un processo certificato». Generalfrigo serve l’industria delle carni e per l’85% il mercato domestico. L’azienda ha tutti i presupposti, tra capacità strategiche e commerciali, di incrementare quel 15% che ora è diretto ai mercati esteri grazie anche alle certificazioni su Russia, Canada, Sud America e Taiwan. E c’è da scommettere che presto entrerà in una fase di internazionalizzazione. Elena Benedetti

Tutti i numeri di Generalfrigo • • • •

25.000 m2 di superficie dei quali 15.000 coperti; 4 celle a bassa temperatura; 10.000 tonnellate di capacità di stoccaggio; 30% dell’impiego di elettricità erogato dall’impianto fotovoltaico.

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Generalfrigo Srl V.le Germania 40 20066 Melzo (MI) Web: www.generalfrigo.com

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Ad iMEAT l’azienda padovana ha mostrato a clienti storici e visitatori cosa significa innovazione in macelleria nell’ottica Criocabin

Criocabin #Meatinnovation

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a fiera iMEAT è stata per tutti un grande successo ma per noi in particolare è stata l’occasione per accogliere i nostri clienti più affezionati e mostrare, anche a chi non ci conosceva, cosa significa davvero “innovazione in macelleria” nell’ottica Criocabin». Incontriamo ALESSANDRO BOLLETTA, direttore vendite Italia di CRIOCABIN SPA, icona nel mercato della refrigerazione commerciale di proprietà di ANDREA BABETTO, al termine della recente partecipazione dell’azienda padovana alla sesta edizione della fiera modenese dedicata in esclusiva al comparto della macelleria. «Per questo spe-

cifico comparto abbiamo proposto una gamma completa di concepts esclusivi, una sorta di linee guida alle innovazioni in atto, finalmente anche in Italia, in questo settore» spiega Alessandro Bolletta. «La nostra “punta di diamante” è sicuramente il sistema di refrigerazione con l’esclusiva tecnologia a glicole G-Concept, totalmente made in Criocabin, per la conservazione ottimale della carne. Con G-Concept si garantisce il mantenimento dell’umidità del prodotto in modo naturale, evitandone al contempo la perdita di peso, con un risparmio provato di 9.000 €/anno e un risparmio delle ore lavorative pari

a 14,400 €/anno». G-Concept ha anche dato vita ad un “club” formato da gruppo ristretto di macellai provenienti da tutt’Italia che hanno saputo rinnovarsi e reinventarsi ma senza mai dimenticare la tradizione: The Gold Butchers Club. «È stato creato un Premio Innovazione in Macelleria e tutta una serie di servizi per riconoscere la professionalità di chi, sia esso nuovo nel mondo della macelleria o macellaio da generazioni, ha saputo cogliere il “vento di cambiamento” necessario nel mondo attuale dell’Industria 4.0» prosegue Bolletta. «Il riconoscimento va a premiare i punti vendita che inseriscono tecnologica di nuova

“Il Magnifico” è la nuova vetrina espositiva firmata Criocabin presentata in occasione di iMEAT 2019.

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Il logo del The Gold Butchers Club. generazione G-Concept e anche quei macellai che si rinnovano introducendo nuovi tipi di lavorazione come la frollatura della carne, celle espositive murali Grab & Go o aggiungono al lavoro di macellaio quello di ristorazione veloce, take away o fast dine in, specialità nei piatti cotti take away, ecc… Proprio in occasione di iMEAT abbiamo organizzato e dedicato un evento ad hoc a tutti i golden butchers Criocabin approfittando del lancio del nostro nuovo gioiello pensato per le macellerie: Il Magnifico. È stato emozionante veder scendere il drappo rosso che copriva questo splendido esemplare di design raffinato e tecnologia altamente innovativa che andrà a rispondere alle esigenze del lavoro del macellaio nella sua quotidianità». Il Magnifico è la nuova vetrina espositiva Criocabin, che innova il design e la tecnologia dei banchi frigo utilizzando vetri frontali in thermopane con apertura a compasso, vetro interno basso emissivo, ripiani in vetro refrigerato e regolabili in altezza e inclinazione, illuminazione crioled e un banco da esposizione in vetro serigrafato. Viene usato gas nobile argon per un perfetto isolamento, mentre per la refrigerazione un evaporatore trattato in cataforesi. «Al centro di questa innovazione c’è Nucleus — specifica meglio Alessandro Bolletta — che trova in Wow la sua perfetta interfaccia touch screen; grazie a Wow remote è possibile connettere i banchi frigo, gestirli a distanza e ricevere diagnosi e notifiche, integrare soluzioni hi-tech nella quotidianità, ottimizzando al massimo i tempi di lavoro e lascian-

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Wow touch control è il nuovo quadro elettronico comandi Criocabin. Al centro di questa innovazione c’è Nucleus che permette di accedere tramite WI-FI in qualsiasi momento al monitoraggio a distanza e a rilevazioni di performance dei prodotti Criocabin connessi in rete tramite App. scaricabile da Android. La tecnologia WI-FI Nucleus trova in Wow l’interfaccia perfetta per la gestione ideale della diagnostica a distanza con rilevamento statistico delle performance in archivio e consultabili per oltre 12 mesi.

do perciò al macellaio tempo da dedicare ad altre attività». Sempre al settore macelleria Criocabin propone soluzioni ad hoc per il retro banco, murali Grab & Go specifici per le piccole-medie superfici (Energy Slim e Ethos), EDB Dry Age System, esposizioni verticali refrigerate uniche nel loro genere, oltre a celle espositive versatili, «che nel mondo anglosassone fanno da trendsetter per tutti quelli con una for-

te tradizione carnivora» conclude il direttore vendite Italia dell’azienda.

Criocabin Spa Via S. Benedetto 40/A 35037 Praglia di Teolo (PD) Telefono: 049 9909100 E-mail: info@criocabin.com Web: www.criocabin.com

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ProSus: nuovi prodotti, nuovi pack

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on è solo una moda, ma un’esigenza: l’attenzione verso l’ambiente e la sostenibilità delle produzioni oggi è sulla bocca di tutti e le iniziative in questa direzione (come è giusto che sia) si stanno moltiplicando. Anche PROSUS – Cooperativa Produttori Suini di Vescovato (CR) — ha risposto all’appello mettendo in campo una serie di iniziative ed investimenti rivolti in questa direzione. Che, tradotti in concreto, nel futuro più prossimo significano maggiore sostenibilità delle produzioni, nuove tipologie di confezionamento eco-friendly, passando anche da nuovi segmenti di prodotto. Tutto ciò senza perdere di vista il consumatore, i suoi gusti ed esigenze, e tenendo gli occhi puntati sui temi di grande attualità, dal benessere animale ai trend salutistici. Le Buone Terre, anche Bio Sul piano ambientale ProSus da anni è attiva nel campo delle energie rinnovabili, partendo dalle aziende agricole dei soci della Cooperativa, dove sono presenti molti impianti a biogas che autoproducono energia elettrica. Allo stesso modo, il

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macello di Vescovato ha realizzato negli ultimi anni un impianto di cogenerazione ed un impianto a biogas, alimentato dagli scarti della macellazione, riuscendo così a produrre energia elettrica ed acqua calda per le lavorazioni della macellazione, oltre a recuperare un prodotto di scarto che prima veniva smaltito con costi sia per l’azienda che per l’ambiente stesso. Presto inoltre verrà installato un impianto fotovoltaico sulle coperture dei fabbricati, per la produzione di 1MW per autoconsumo dell’azienda. A fianco di queste misure strutturali, l’azienda ha deciso di intervenire anche sulla riduzione di plastica nelle confezioni dei prodotti a proprio brand e da qui la scelta coraggiosa di utilizzare vaschette in cartoncino per le linee Le Buone Terre che, dopo un primo periodo di test, dovrebbe andare a regime nell’ultimo trimestre dell’anno. Riuscendo a coniugare la tecnologia skin alla soluzione green, il pack è evoluto passando dalla vaschetta composta al 70% da materiale riciclato, al vassoio in cartoncino riciclabile, da smaltire direttamente nella carta. Lo stesso

vale per l’astuccio in cartone, che era e resta interamente riciclabile. Presentata per la prima volta nel 2015 a brand ProSus, la linea oggi ha declinato il proprio nome in Le Buone Terre, è diventata interamente gluten free e si è arricchita con la gamma Le Buone Terre Bio. «Nel 2015 abbiamo lanciato una linea innovativa con un brand totalmente sconosciuto» racconta MICHELA GARATTI, responsabile comunicazione di ProSus. «Siamo letteralmente partiti da zero ed in questi anni abbiamo dovuto fare un importante lavoro di presentazione alle catene distributive e di comunicazione al consumatore finale, per sviluppare la brand awareness necessaria a creare una marca riconosciuta e riconoscibile». Un progetto ambizioso e coraggioso, che sta dando risultati incoraggianti. «Dal 2016 ad oggi il nostro fatturato della linea a brand ha avuto una progressione in mediamente intorno al 60%» spiega ENRICO ROSSINI, direttore commerciale. «Oggi abbiamo una distribuzione numerica nella GDO di circa il 30%, ma la ponderata arriva al 55%, secondo i dati IRI».

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Un buon risultato quindi, con una prospettiva di crescita ancora importante che l’azienda intende cogliere col lancio di nuovi prodotti: a inizio giugno verrà infatti lanciato un Miniburger con Parmigiano Reggiano, solo per citare l’ultimo nato in casa Le Buone Terre. «Lo scorso anno abbiamo lanciato un Miniburger con patate e rosmarino e, nel giro di pochi mesi, il prodotto è diventato il prodotto più venduto, tanto che, da solo, oggi vale il 30% di fatturato di tutta la linea» spiega Rossini. «La categoria hamburger in generale è in grande crescita e per questo motivo abbiamo deciso di sfruttare il trend» aggiunge Michela Garatti. «Per differenziarci abbiamo optato per un abbinamento con un prodotto di alta qualità, come il Parmigiano Reggiano». Per i prossimi mesi l’azienda ha già in mente nuove tipologie di prodotto: ad oggi le linee Le Buone Terre hanno un paniere di 14 prodotti, che vengono valutati attentamente nelle loro potenzialità. «Il nostro as-

Accanto all’attenzione per l’ambiente, resta alta l’interesse di ProSus verso il benessere animale. Anche in questo campo l’azienda ha sempre vigilato sull’operato dei propri soci allevatori e dei propri dipendenti, sensibilizzandoli sul tema ed investendo in formazione. Proprio in ottica di rispetto dell’animal welfare è stato progettato il nuovo complesso delle stalle di sosta per i suini che arrivano al macello: un progetto da 4.800 m2 coperti, che garantirà ai suini 1 m2 di spazio per capo durante le 8-12 ore di sosta prima della macellazione. Fortemente automatizzato, la struttura è pensata per ottimizzare la movimentazione degli animali e ridurne i carichi di stress, anche grazie ai sistemi di aerazione e ventilazione all’avanguardia.

sortimento attuale propone declinazioni di prodotto diverse per aromatizzazione e forma di presentazione al pubblico» prosegue Garatti. «Ora invece vogliamo pensare ai prodotti futuri sondando anche aree diverse, nuove anche concettualmente». L’azienda Nata nel 1985, ProSus da sempre si caratterizza per prodotti di altissima qualità: solo carni da suini nati ed allevati in Italia, filiera tracciabile in ogni fase produttiva grazie alla natura co-

operativa dell’azienda e soci conferitori che da generazioni allevano suini secondo i disciplinari di produzione delle Dop Parma e S. Daniele. Oggi i soci sono 67, dislocati principalmente tra Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. ProSus è strutturata in 4 sedi: il macello, in provincia di Cremona, due impianti di salatura e stagionatura dei prosciutti in zona Langhirano ed un impianto di lavorazione carni a Castel d’Ario (MN). >> Link: www.prosus.it


In arrivo i COOL CUTS by la nuova rivoluzione del surgelato

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inalmente è arrivata la primavera, quel tanto agognato cambio di stagione con la natura che si risveglia e quella voglia di ricchi barbecue in giardino tra amici e bei tagli di carne. E con la bella stagione arrivano puntuali importanti novità per Vion, il gruppo olandese-tedesco leader nella produzione di proteine animali che ha confermato la propria presenza a Tuttofood, l’appuntamento internazionale del B2B dedicata al Food & Beverage con al suo interno Tuttomeat.

Porzionata, surgelata e sottovuoto In occasione delle quattro giornate di fiera meneghina Vion lancerà infatti i nuovi prodotti COOL CUTS, un concetto innovativo di carne surgelata. Ma attenzione, non una carne qualunque. I tagli sono di GOLDBEEF, il brand che, oltre ad assicurare la regionalità della provenienza, con le razze Simmental e Holstein, e con tutta la sostenibilità

di una carne di manzo premium, dà carta bianca al cliente per scegliere la finitura più indicata al proprio segmento di mercato in termini di maturazione. Con COOL CUTS oggi i mercati della ristorazione, gastronomia, hôtellerie — oltre ai grandi consumatori e commercianti al dettaglio — possono scegliere tra i tagli classici della costata, del controfiletto, filetto e tagli speciali (come ad esempio tomahawk, flat iron, côte de bœuf, burger o churrasco ribs), e ricevere una carne porzionata pezzo per pezzo, perfettamente surgelata e sottovuoto. Vion è a disposizione 7 giorni su 7, 24h, per gestire ordini in arrivo e fornire tagli personalizzati sulla base delle specifiche necessità del cliente. La selezione viene fatta a mano da personale qualificato all’interno di un processo — ricordiamolo — che offre un servizio a 360°, dalla

macellazione al taglio e sezionamento, fino alla giusta frollatura e confezionamento. Tutti i tagli sono confezionati in sacchetti sottovuoto e consegnati in singole porzioni pronte da cucinare. Un bel vantaggio per ottimizzare tempo e risorse in cucina. Nella ristorazione professionale questo tipo di prodotto trova ampi margini di riscontro poiché le carni vengono lasciare scongelare nel loro packaging a temperatura ambiente oppure a bagnomaria, per essere poi cotte sulle griglie. Con l’ampia varietà di tagli tra cui scegliere e un periodo di conservazione minimo di 18 mesi, la cucina può così gestire il proprio fabbisogno di prodotto in modo facile e con la massima sicurezza. Grazie a COOL CUTS si può conservare il sapore dei tagli di pregiate razze da carne, che possono essere frollate con una maturazione Dry Aged di 21 giorni. Il cliente ha carta bianca su ciò che necessita in termini di taglio, finitura e specifiche, che possono anche comprendere le diverse grammature. Il resto del lavoro spetta a Vion!

Vion S.A. Via Motta, 12 – 6830 Chiasso (CH) Tel.: +41 91 6966323 www.vionfoodgroup.com Vi aspettiamo a Tuttofood 6-9 maggio PAD. 6 – STAND F19 / G22 64

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Un flagship store con i prodotti di eccellenza del gruppo Cremonini

Inalca: a Castelvetro di Modena apre Tina Gran Dispensa

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NALCA continua ad investire nella provincia di Modena e ha inaugurato lo scorso 12 aprile il nuovo ampliamento dello storico stabilimento di Castelvetro (MO), comprendente la rinnovata mensa aziendale e un locale aperto al pubblico per la vendita dei prodotti del Gruppo. Si chiama Tina Gran Dispensa e prende il nome proprio dalla moglie del CAVALIER LUIGI CREMONINI. E proprio a lei è spettato l’onore del taglio del nastro. Nel nuovo store di vendita diretta, dal produttore al consumatore, è possibile acquistare le eccellenze dell’Inalca ma anche delle altre aziende di Cremonini. Si tratta di un’evoluzione del classico concetto di spaccio aziendale, con le carni bovine fresche italiane e

internazionali che saranno il fiore all’occhiello del negozio: una vera e propria macelleria gourmet con tagli provenienti dall’Italia e dai principali paesi produttori di carne di qualità. L’offerta comprende anche i salumi a marchio Ibis, i prodotti surgelati distribuiti da MARR (pesce e verdure), insieme a un’ampia selezione di formaggi locali e di gastronomia pronta. «Questo non è uno spaccio» ha sottolineato LUIGI SCORDAMAGLIA, AD di Inalca presente all’inaugurazione insieme a CLAUDIA e SERAFINO CREMONINI. «Comunemente con questo nome si intende un locale che vende le eccedenze della produzione. Qui, invece, ci siamo concentrati per vendere le eccellenze del nostro lavoro di Gruppo».

Il locale è integrato con la sede centrale Inalca e non sono previste altre aperture. Con una decina di dipendenti neoassunti, si sviluppa per una superficie di vendita di 150 mq (più altri 150 m2 di laboratorio) e dispone di un parcheggio di 50 posti auto. L’offerta si rivolge in primis ai circa 2.000 dipendenti Inalca e Cremonini della zona di Modena, distribuiti tra gli stabilimenti di Castelvetro, Castelnuovo e la sede centrale di Ca’ di Sola, ma anche ad un ampio pubblico della zona in cerca di prodotti di eccellenza, soprattutto per le carni bovine. Tina Gran Dispensa via Belvedere 15 41014 Castelvetro di Modena (MO)

Il nuovo flagship store di Castelvetro di Modena.

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


Coop Bilanciai presenta Galaxi Una novità per il mondo della pesoprezzatura-etichettatura e il controllo sui prodotti preconfezionati (Mid Approval) protagonista a Francoforte ad IFFA 2019

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a nuova gamma di peso prezzatrici ed etichettatrici serie Galaxi per prodotti a peso variabile e/o a peso predeterminato è stata concepita con una particolare attenzione al variegato mondo dei prodotti alimentari. Ergonomica, compatta, modulare e di facile igienizzazione, è la struttura in acciaio inox, completata da un display touchscreen utilizzabile anche con i guanti. Galaxi è dotata di un sistema di trasporto, conforme alle normative FDA, progettato e dedicato per le diverse tipologie di prodotto: nastri a V per prodotti sferici e cilindrici, nastri aperti per prodotti sottili, nastri per confezioni in cartone. La gamma Galaxi presenta, implementandole, alcune caratteristiche che evidenziano la qualità dei prodotti COOP BILANCIAI: • modularità, flessibilità, facile integrazione con i sistemi produttivi e di confezionamento; • facile connettività, che consente l’immediata condivisione dei dati con database SQL per la gestione degli ordini e il controllo in tempo reale del loro stato di avanzamento; • protocollo di rete aperto e perfettamente compatibile con le altre gamme Bilanciai (Venus, Mercury Plus, Selecta); • facile esportazione dei dati, intuitiva esportazione dei dati via rete Lan, USB, WIFI nei formati PDF o CSV; • facile intercambiabilità dei sistemi di applicazione etichetta a seconda del prodotto (braccino, pistone, AIR JET); • layout etichetta realizzabili dall’utente in totale autonomia; • bassi costi di manutenzione con la

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garanzia di un elevato standard qualitativo. Cadenze produttive: fino a 70 pz/min.; campo di pesatura: da 50 g a 15 kg. Galaxi e Selecta sono un mondo di soluzioni flessibili e su misura a marchio Coop Bilanciai.

Via S. Ferrari 16 41011 Campogalliano (MO) Telefono: 059 893611 Web: www.coopbilanciai.it

Galaxi, Flexible tailor-made solutions weight-price labelling and control system (Mid Approval) The new range of weight price labellers of Galaxi series for variable weight and/or pre-determined weight products has been designed with a special attention to the highly-varied world of foodstuffs. Ergonomic, robust, modular stainless steel frame easy to sanitise. • Easy connectivity: data sharing with SQL database for the management of orders and the control of their progress in real time. • Easy data export via LAN network, USB, Wi-Fi in PDF or CSV formats. • Low maintenance costs.

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La ricetta per una carne genuina e un cliente fidelizzato

Lanza Srl: trasparenza di filiera e rigore, strumenti di successo di Elena Benedetti

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iamo a Negrar di Valpolicella, a nord di Verona, un paesaggio fatto di distese di vitigni e aziende vinicole, ai piedi dei rilievi prealpini e della montagna che tradizionalmente vanta una specializzazione nell’allevamento coi suoi prodotti derivati: le carni, i salumi e i formaggi. Un territorio, questo, sinonimo di cultura enogastronomica e, soprattutto, di un certo modo di lavorare bene, con rigore ed efficienza. Ne sa qualcosa LANZA SRL, che dal 1935 produce carni di alta qualità. L’offerta dell’azienda

oggi comprende vitelloni, vitelli e scottone, oltre alla linea di hamburger GUSTAmi®, realizzata con sole carni di primissima qualità e prive di conservanti e glutine. Incontro MARCO LANZA negli uffici dell’azienda. Figlio di DIEGO e fratello di ENRICO, mi accoglie con una stretta di mano forte e vigorosa. Qual è la visione di filiera per Lanza? «Nell’agroalimentare le materie prime e l’affidabilità dei fornitori sono di fondamentale importanza. Riteniamo quindi indispensabile

vagliare tutte le organizzazioni che collaborano nella produzione, nonché nella distribuzione del nostro prodotto finale. E questo ci porta a ragionare in termini di filiera. Per garantire maggiore sicurezza alimentare ed una migliore qualità globale del nostro prodotto è indispensabile monitorare l’intero processo produttivo, sia selezionando accuratamente e valutando tutti i soggetti in esso coinvolti, che sviluppando una serie di relazioni utili con imprese complementari nelle fasi a valle come in quelle a

Diego Lanza con i figli Enrico, a sinistra, e Marco, a destra.

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monte della supply chain. Nell’ottica di questo sviluppo “a rete”, la nostra filiera si estende pertanto dalla selezione delle razze fino alla fase di spedizione del prodotto finito. Siamo inoltre certificati secondo lo standard europeo di rintracciabilità UNI EN ISO 22005:08 che documenta l’origine e la storia di ogni singolo prodotto, rendendo i nostri processi aziendali maggiormente trasparenti e attendibili e creando così massima fiducia e credibilità presso il consumatore. Lo strumento della rintracciabilità di filiera, oltre che a garantire la conformità legislativa, è finalizzato anche a realizzare una vera e propria catena del valore». Quanta importanza date alle razze da carne che utilizzate? «La scelta delle razze è strettamente correlata ai diversi mercati, in quanto ne influenza la qualità e le caratteristiche organolettiche, il sapore e la tenerezza. Il patrimonio genetico di un animale, insieme all’alimentazione, determinano le caratteristiche qualitative della sua carne». Quale pensate che sia la fase più strategica del vostro lavoro? «Nonostante negli anni la nostra azienda di famiglia si sia trasformata in industria, le richieste di ogni nostro cliente sono state, sono e rimarranno il target su cui lavorare quotidianamente. L’obiettivo è quello di soddisfare al meglio la nostra clientela, cercando di personalizzare i nostri prodotti in base alle esigenze del loro mercato, salvaguardando la salute dei consumatori e dando loro la massima soddisfazione in termini di gusto. Il nostro impegno è mettere nei prodotti a marchio Lanza i benefici, i frutti di una catena trasparente e la garanzia di un alimento genuino, lavorato in modo artigianale e rigoroso nella sicurezza». Come è cambiato negli anni il vostro mercato e, al suo interno, il consumatore? «Oggi parliamo di un mercato e, al suo interno, di un consumatore attivo. Un soggetto che, dopo essere stato per anni il destinatario di una

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Dalla macelleria aperta negli anni ‘30 a Negrar da Riccardo Lanza ad oggi l’azienda Lanza di strada ne ha fatta tanta. Nel 2008, in particolare, lo stabilimento è stato raddoppiato, potenziando le capacità di disosso e dotandolo degli spazi necessari per lo stoccaggio dei crescenti volumi movimentati.

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Nella Filiera Lanza la produzione viene curata e seguita in ogni suo stadio: dalla nascita dell’animale alle tecniche di allevamento, dalla pianificazione agricola ai mangimi, dalla macellazione dell’animale alla lavorazione e confezionamento delle sue carni. Con questo connubio tra qualità e sicurezza approvato a monte dalla certificazione, Lanza soddisfa le aspettative del cliente inteso sia come GDO, sia come consumatore finale. comunicazione promozionale solo informativa, si mette al centro di campagne che diventano sempre più mirate e personalizzate. Il consumatore intercettato ora da una pubblicità di tipo emotivo vuol essere rassicurato, cerca traspa-

renza e sicurezza, esige la verità. Pertanto, l’esperienza che i nostri prodotti offrono al consumatore deve diventare autentica: significa che per raggiungere il consumatore abbiamo ora la necessità di condividere la nostra storia e quella dei

Elementi tracciati lungo la filiera Lanza: in allevamento: • alimenti zootecnici acquistati; • sementi delle materie prime ed alimenti zootecnici autoprodotti; • trasportatori degli animali; • animali; • trattamenti sanitari; • prodotti della pulizia; • in fase di macello: • singolo capo in fase di macellazione; • lotto di produzione (minimo un capo) in fase di sezionamento; • materiali per il confezionamento; • materiali per la detersione e disinfezione; • trasportatori degli animali vivi; • in fase di spedizione: • cliente destinatario; • quantità di carne fornita; • lotto di prodotto finito. L’obiettivo della certificazione di filiera è supportare la documentazione della storia del prodotto Lanza, consentendo di risalire in qualsiasi momento alla localizzazione e alla provenienza dello stesso o dei suoi componenti. •

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nostri prodotti, significa rispettare le normative vigenti e avere cura dell’ambiente, oltre che del consumatore stesso. I nuovi canali di comunicazione, primi tra tutti i social media, ci permettono di raccontarci e di condividere le nostre esperienze influenzando così le scelte d’acquisto dei consumatori che si basano soprattutto sul conforto con altri utenti e sull’approfondimento della conoscenza dei prodotti che acquistano. Anche le esigenze alimentari sono cambiate: da una parte l’attenzione alla salute ha portato al maggior interesse verso tutte le informazioni correlate al prodotto, dall’altra la necessità di avere prodotti sempre più ready-to-eat hanno determinato un cambiamento nel nostro modus operandi nonché l’esigenza di inserire nuove referenze nella nostra catena produttiva.” Quali sono i vostri principali canali di vendita? «Il nostro portafoglio clienti spazia dalla piccola macelleria alla Grande Distribuzione Organizzata ed è per questo motivo che il nostro maggiore punto di forza è la differenziazione delle lavorazioni dei nostri prodotti a seconda delle esigenze del segmento di mercato servito. Oltre alle due estremità del mercato (macelleria e GDO) serviamo anche molti altri settori merceologici quali HO.RE.CA., grossisti, industrie alimentari, ristorazione e alcuni enti pubblici e ospedali. La strategia è quella di affidare la distribuzione dei nostri prodotti a più canali contemporaneamente, sia direttamente che indirettamente (tramite intermediari), cercando di ottenere una sinergia tra gli stessi. L’obiettivo principale del nostro ufficio commerciale, ma anche di tutto il resto dell’azienda, è quello di creare e mantenere relazioni a lungo termine coi clienti, offrendo prodotti personalizzati al fine di massimizzare il livello di soddisfazione e, di conseguenza, di fedeltà». Efficientamento energetico e impatto sull’ambiente. Parliamone. «Nel 2017 abbiamo deciso di fare un primo passo verso la sostenibilità

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gia elettrica, rimpiazzare i superati corpi illuminanti fluorescenti con led di ultima generazione, l’installazione di una piccola centrale per l’autoproduzione di energia elettrica e calore, la sostituzione dell’esistente impianto frigorifero con un macchinario più performante e il ricambio dell’attuale centrale ad aria compressa con un sistema più efficiente. L’insieme di queste misure ha come obiettivo finale la riduzione dell’uso di energia primaria di circa 170 Tep all’anno, evitando così l’emissione di quasi 400 tonnellate di CO2 annuali». Elena Benedetti La linea di hamburger GUSTAmi®. richiedendo ad un team di esperti una diagnosi dei nostri consumi. L’obiettivo era implementare un programma di efficientamento energetico volto a ridurre il consumo di energia e il conseguente impatto sull’ambiente. L’analisi

condotta ha portato all’identificazione di 5 aree di intervento che abbiamo poi attuato nel corso del 2018 e nello specifico si tratta di: un impianto fotovoltaico di quasi 360 kWp che copre circa il 10% del fabbisogno aziendale di ener-

Lanza Srl Viale Europa 9 –37024, Negrar (VR) Telefono: 045 7500046 Web: www.lanzasrl.com

Rintracciabilità di filiera in un’ottica di trasparenza Tramite la sua concezione di rintracciabilità di filiera, Lanza Srl si è proposta di conseguire due macro obiettivi: 1. obiettivo di sicurezza: sviluppare un sistema di rintracciabilità tale da permettere un mirato e tempestivo richiamo del prodotto non conforme dal mercato e che permetta di correlare in ogni momento un lotto di prodotto ai controlli su di esso effettuati e ai relativi esiti; 2. obiettivo di qualità: tenere sotto controllo la qualità dell’alimento in tutte le fasi che risultano determinanti per la sua realizzazione. Forti del concetto che la qualità delle materie prime e dei vari processi produttivi è determinante per la qualità finale dei prodotti, lo strumento della rintracciabilità di filiera, oltre a garantire la conformità legislativa, è finalizzata a realizzare una vera e propria “catena del valore”. Questo sta ad indicare che è indispensabile considerare tutte le organizzazioni che collaborano alla produzione e alla distribuzione dell’alimento, in quanto tutti i soggetti coinvolti ne concorrono alla formazione. Il sistema di rintracciabilità implementato è in grado pertanto di: • documentare la storia dell’alimento e individuare in ogni momento la sua posizione nella filiera; • favorire la ricerca delle cause di eventuali non conformità; • migliorare l’affidabilità ed un uso appropriato delle informazioni; • raggiungere gli obiettivi sia da un punto di vista tecnico che economico. Detto sistema offre il massimo della trasparenza e della sicurezza perché consente di ricostruire la storia completa di ciascun animale tramite la registrazione accurata di ogni informazione inerente il ciclo di produzione.

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Il benessere animale secondo Lanza Srl Il CRENBA – CENTRO DI REFERENZA NAZIONALE PER IL BENESSERE ANIMALE ha realizzato uno standard nazionale volto a monitorare il benessere animale negli allevamenti di animali da reddito. Tale standard è stato riconosciuto sia dal MINSAL che dal MIPAAFT, il quale ha anche previsto e approvato l’informazione “Garanzia di benessere animale in allevamento valutato secondo lo standard del Centro di Referenza Nazionale” in fase di etichettatura del prodotto finito. Attualmente sono molti gli allevamenti che, oltre a far parte della Filiera Lanza, hanno anche ottenuto il certificato CReNBA e sottoscritto così il disciplinare tecnico con il quale si impegnano a rispettare i requisiti in esso stabiliti e acconsentono a sottoporsi ad un programma di controllo annuale. La valutazione del benessere e della biosicurezza viene eseguita da veterinari qualificati CReNBA e consiste in osservazioni scelte per indagare, verificare e misurare il benessere dei bovini da carne considerano sia fattori di “input”, come le strutture ed il management, sia fattori di “output”, come le condizioni degli animali. Gli aspetti dell’allevamento che vengono valutati fanno riferimento al personale di stalla, alla condizione delle strutture ed attrezzature che quotidianamente sono a contatto con i bovini, alle condizioni microclimatiche e ad alcuni aspetti sociali e sanitari. Durante l’ispezione il veterinario compila una check-list contenete tutti gli item previsti dal sistema con l’obiettivo di esprimere il livello della condizione di vita dei bovini presenti in un dato allevamento e la trasmette poi allo stesso CReNBA che provvede all’elaborazione dei dati e al calcolo della percentuale di conformità. Il risultato finale dell’applicazione del sistema di valutazione è quello di attribuire un indice numerico di benessere animale a ciascun allevamento. L’indice è dato dall’elaborazione di tutte le valutazioni che derivano dalle risposte di ogni singolo item a cui, in precedenza, è stato assegnato un “peso” in relazione all’importanza nella definizione dello stato di benessere. Questo sistema di valutazione, oltre a determinare lo stato di benessere animale in allevamento, è in grado di identificare le aziende che presentano non conformità rispetto ai parametri di legge: infatti, qualora durante la visita in allevamento si dovessero evidenziare, anche per un solo animale, non conformità legislative nei riguardi delle norme specifiche dell’allevamento del vitello fino a 6 mesi di vita (DLgs 126/2011) o generiche sulla protezione degli animali allevati (DLgs 146/2001), esse verranno segnalate sull’attestato finale. L’esito finale dell’intero processo di valutazione sarà la produzione di un certificato di benessere animale e di biosicurezza nel quale saranno presenti: • l’elenco delle eventuali non conformità legislative riscontrate; • il livello di benessere degli animali in relazione ad ognuna delle 3 aree di valutazione (area A: Management aziendale e personale; area B: Strutture e attrezzature; area c: Animal based measures); • il livello complessivo di benessere degli animali presenti in allevamento; • il livello di biosicurezza aziendale; • il livello di prevenzione dei grandi rischi e la presenza di sistemi d’allarme. Gli allevamenti che superano il punteggio minimo previsto dallo standard CReNBA sono giudicati come conformi ai requisiti di benessere animale previsti ed inseriti in un elenco apposito. Anche questo standard viene validato dall’ente CSQA che, solo per gli allevamenti che hanno ottenuto punteggio favorevole, rilascia un certificato di conformità con l’autorizzazione ad utilizzare il logo riportante la dicitura “Benessere animale in allevamento”; pertanto, esclusivamente sui prodotti provenienti da animali allevati negli allevamenti conformi, Lanza Srl può riportare in etichetta il claim attestante il rispetto del benessere animale secondo lo standard CReNBA. Annualmente gli allevamenti sono sottoposti a nuova verifica secondo la procedura sopra riportata, sia da parte del veterinario qualificato CReNBA che da parte di CSQA; conseguentemente, l’elenco degli allevamenti che supera il punteggio minimo viene aggiornato di anno in anno.

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Gruppo Vercelli, quando il vitello si fa integrato di Elena Benedetti

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i scrive sempre di qualità come driver per la promozione di un prodotto. Ma la qualità, si sa, è un concetto che, fatte salvo le certificazioni e gli accreditamenti a protocolli e sistemi, difficilmente può essere definita quantitativamente. Essa è legata a come e quanto è percepita dal mercato, e — nel nostro caso — dal consumatore di carne. Quest’ultimo, oggi, è un soggetto in completa evoluzione, sia nella modalità di acquisto, un tempo solo in bottega, poi in GDO, e ora in una nebulosa di comportamenti che sempre più comprenderà anche l’on-line, che nella scelta del prodotto, sempre

più elaborato. La percezione del cliente spesso non riguarda necessariamente quello che accade all’interno dell’azienda. Ciò che guida l’impulso all’acquisto è fatto di una sommatoria di elementi che, tutti insieme, possono fare la differenza: il prodotto in primis, ovvio, ma anche praticità e funzionalità nell’uso e consumo e, non ultimo, grafica e comunicazione. Mi sono a lungo confrontata su questi temi con GIAN LUCA VERCELLI, che, insieme al fratello ALESSANDRO, gestisce l’omonimo GRUPPO VERCELLI, una bella realtà nel settore delle carni bovine. Siamo a Formigliana, a pochi chilometri da Vercelli, un

territorio a forte vocazione agricola, in particolare per la produzione di riso. La storia della famiglia rimanda a 60 anni fa, con PIETRO e VITTORIO VERCELLI che intrapresero un’attività di commercio di bovini da ingrasso sul mercato nazionale ed estero. L’azienda — sempre a conduzione famigliare — si muove attualmente in un mercato sempre più esigente che richiede idee e uno standard qualitativo di prodotto che dia il giusto valore alla materia prima principe qui lavorata, il vitello. «Il nostro core business è infatti esattamente la carne di vitello» mi dice Gian Luca. «Con il marchio Il Vitello

Alessandro e Gian Luca Vercelli (photo © Vercelli Spa).

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Il Gruppo Vercelli conta 35 allevamenti ubicati in Piemonte, Lombardia ed Emilia, gestiti per il 50% in proprietà diretta e per il restante con contratti di soccida (photo © Vercelli Spa). di Casa Vercelli offriamo ad ogni consumatore solo carne di vitello italiano, di prima qualità e di provenienza certa, garantita grazie alla completa integrazione della nostra filiera. Dall’allevamento alla tavola, tutte le fasi sono raccolte sotto un’unica gestione e questo ci consente di dare una garanzia personale sull’eccellenza dei nostri prodotti». Filiera integrata con gli allevamenti Non a caso sul packaging della linea Il Vitello di Casa Vercelli troviamo la foto di Gian Luca e Alessandro Vercelli. Insomma, quando si dice metterci davvero la faccia! «Sì, proprio perché ci teniamo a far trasmettere il messaggio della filiera integrata, un sistema che ci permette di garantire — certificazioni alla mano — il controllo totale della produzione dall’allevamento fino al banco carni». Oggi il Gruppo Vercelli è organizzato attraverso strutture di allevamento facenti parte di una filiera integrata con l’impianto di

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macellazione, lavorazione e logistica che ha sede a Formigliana. «In questo modo abbiamo riunito sotto un’unica gestione famigliare un patrimonio di risorse e competenze che ci consente di essere reattivi alle esigenze del mercato in termini di qualità e sicurezza alimentare, prezzo ed elasticità e, punto non meno importante per noi, flessibilità nelle forniture. I nostri allevamenti sono estesi tra Piemonte, Lombardia ed Emilia, più precisamente nelle province di Reggio Emilia, Mantova,

Brescia, Pavia, Vercelli e Cuneo, e sono gestiti per il 50% in proprietà diretta e per il restante con contratti di soccida» mi spiega Gian Luca Vercelli, sottolineando che si tratta principalmente di Frisoni bianchi e neri acquistati e ingrassati fino al raggiungimento del peso per la macellazione. «Da sottolineare poi che per la linea Il Vitello di Casa Vercelli lavoriamo solo capi dei nostri allevamenti diretti, garantendo quel discorso di filiera integrata sul quale facciamo leva anche a livello comunicativo».

I numeri del Gruppo Vercelli • • • • •

35 allevamenti, in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna; 200 ettari di terreni coltivati; 50.000 vitelli allevati e macellati l’anno; 100.000 capi: potenzialità annua della struttura di macellazione ubicata a Formigliana (VC); 3 i punti chiave della gestione Vercelli: benessere animale, rispetto ambientale e tracciabilità delle carni. Una gestione rigorosa del ciclo produttivo che inizia con la scelta dei capi da destinare all’allevamento.

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Uno scatto all’interno dello stabilimento di macellazione e lavorazione carni del Gruppo (photo © Vercelli Spa).

Il Vitello di Casa Vercelli, piatti pronti per ogni esigenza Il Gruppo Vercelli ha lanciato sul mercato un nuovo marchio, Il Vitello di Casa Vercelli, pensato per la piccola e grande distribuzione, una gamma di prodotti facili e comodi da cucinare, messi a punto a Formigliana, che garantiscono l’eccellenza della carne di vitello italiano. I prodotti di questa linea sono infatti preparati con sola carne di vitelli nati, allevati e selezionati in Italia dal Gruppo. Tenera, altamente digeribile e con un buon contenuto proteico e meno ricca di colesterolo rispetto alle carni dei bovini più adulti, la carne di vitello offre qualità nutrizionali e organolettiche di primissimo livello. L’eccellenza di questi prodotti è assicurata dall’integrazione della filiera che fa la differenza: gli allevamenti, il macello e la logistica operano sotto un’unica gestione. Ciò permette alla famiglia e al Gruppo Vercelli di poter garantire personalmente sulla genuinità dei prodotti. A garanzia della qualità e della provenienza della carne di vitello, i prodotti Il Vitello di Casa Vercelli sono certificati dalla società di accreditamenti CSQA nel rispetto della norma ISO 22005:07. In occasione di Tuttofood — in calendario a Fiera Milano dal 6 al 9 maggio —, il Gruppo Vercelli presenterà l’Insalata di carne, sfilacci di vitello italiano da consumare con un filo d’olio evo e qualche goccia di limone, oppure come ingrediente per ricette, pizza o verdure. Il prodotto è garantito dal Gruppo Vercelli, il packaging è perfetto e il nome, insalata di carne, rende finalmente giustizia al meat sounding! Dopo il salame vegano, le bistecche di tofu, le cotolette di soia e gli hamburger vegetali, orientiamo l’acquisto dei consumatori di verdure verso un po’ di buona e sana carne di vitello italiana. >> Link: ilvitellodicasavercelli.com

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La filiera carne di vitello prodotto del Piemonte Il Gruppo Vercelli ha distinto con Prodotto del Piemonte una linea di carne lavorata da vitelli nati e allevati in Piemonte. Gli obiettivi sono duplici: • offrire una garanzia superiore sulla qualità e sull’origine del prodotto; • attuare una scelta a favore di un commercio più ecosostenibile. In questo modo, il Gruppo Vercelli si impegna a soddisfare i consumatori più sensibili alla tipicità dei prodotti alimentari. La tracciabilità del prodotto è garantita da procedure di etichettatura disciplinate e autorizzate dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. C’è poi una maggiore attenzione all’ambiente e al miglioramento del benessere animale, grazie all’abbattimento dei tempi di trasporto e, non ultimo, il sostegno al sistema produttivo locale e al consumo dei prodotti regionali.

Tutte le certificazioni del Gruppo Vercelli Certificazioni relative al sistema di allevamento • UNI EN ISO 9001 CSQA cert. n. 198 Allevamento di vitelli a carne bianca. Certificazioni relative al sistema di macellazione • UNI EN ISO 9001 CSQA cert. n. 2724 Macellazione, sezionamento e confezionamento sottovuoto di carni bovine fresche e congelate. Stoccaggio di prodotti conto terzi e commercializzazione di carni suine e ovine. • BRC Global Standard-Food cert. n. BRC-IS 6260 Macellazione, sezionamento e confezionamento sottovuoto di carni bovine fresche e congelate. • IFS cert. n. IFS-IS 2015-5239 Macellazione, sezionamento e confezionamento in sacchetto plastico sottovuoto di carni bovine fresche e congelate. Produzione (miscelazione con aromatizzanti) e confezionamento di preparazioni di carne pronti a cuocere in sacchetto sottovuoto idoneo alla cottura. Certificazione di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari • UNI EN ISO 22005 CSQA cert. n. 35304 Rintracciabilità del prodotto dalla fase di allevamento alla fase di consegna del prodotto finito confezionato al Cliente. Elenco soggetti di Filiera: Allevamenti, Macello, Sezionamento, Centro preparazioni gastronomiche, Capofila. Questa certificazione si applica ai prodotti di marchio Il Vitello di Casa Vercelli.

Benessere animale, una priorità Quanto conta il tema del benessere aziendale, al quale oggi il consumatore è — giustamente — sempre più sensibile? «È parte vincolante del nostro sistema e il Gruppo Vercelli, oltre a condividerlo, lo esige vincolando tutti gli allevatori al rispetto delle normative vigenti o a disciplinari volontari ancora più stringenti che regolamentano e sanzionano sia la protezione degli animali in allevamento sia il trasporto del vivo».

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Una strategia commerciale inclusiva A livello commerciale, il Gruppo Vercelli si muove su più livelli, forte di un’ampia gamma di prodotti e servizi che rispondono alle varie richieste dei mercati di riferimento, tra ristorazione, insegne della GDO e macellerie tradizionali. «Noi ci siamo per grandi e piccole forniture, con la nostra flessibilità produttiva, fino alla personalizzazione per capitolati di produzione, come nel caso di BENNET, COOP ITALIA, AUCHAN

e IL GIGANTE». Il canale tradizionale non è meno importante per i fratelli Vercelli e la scelta di essere sponsor ufficiale della Nazionale Italiana Macellai, resa nota a Modena nel corso di iMEAT 2019, è una garanzia, oltre che un investimento in questo grande progetto di comunicazione che mette la carne e l’arte della sua lavorazione al centro a livello mondiale. Anche il fronte export è seguito con attenzione, soprattutto per i mercati del Medio Oriente e asiatici. La certificazione Halal ha aperto il vitello del Gruppo a nuovi consumatori e clienti. Il tutto in una quotidianità di lavoro fluida e inclusiva che richiede impegno e attenzione su tanti temi e progetti. Insomma, il Gruppo Vercelli è un ottimo esempio di modello di business flessibile, che sviluppa le giuste strategie per rispondere al cambiamento di un mercato sempre più — diciamolo —, imprevedibile! Elena Benedetti

Vercelli Spa S.S. 230 Vercelli-Biella 15 13030 Formigliana (VC) Telefono: 0161 877811 E-mail: info@gruppovercelli.it Web: gruppovercelli.it ilvitellodicasavercelli.com

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Nuovo centro di raccolta e posto di controllo MAVI Srl La struttura è stata inaugurata lo scorso marzo a Limatola, in provincia di Benevento, nell’ambito dell’iniziativa “Campania: Porta d’Europa nel Mediterraneo”

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on questa apertura l’Italia si dota di un altro punto di riferimento per la gestione degli animali da reddito sia in entrata (in Europa) che in uscita (verso i Paesi terzi) e tutto questo nella provincia di Benevento: un grande risultato che, siamo sicuri, andrà a beneficio dell’intera collettività. I medici veterinari sono una pedina strategica nell’ambito della sanità pubblica e oggi abbiamo posto un ulteriore tassello che va a rafforzare questo

concetto così importante». Sono queste le parole di COSIMO IAVECCHIA, presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari di Benevento, intervenuto lo scorso 12 marzo, insieme a numerose autorità istituzionali, politiche e militari, all’inaugurazione del “Centro di raccolta e posto di controllo MAVI Srl”. L’apertura della struttura, che si trova a Limatola (BN), in via Sant’Antonio, fa capo al progetto “Campania: Porta d’Europa nel Mediterraneo”. A partecipare all’evento oltre 200 persone

provenienti da tutta Italia, per lo più medici veterinari. «Sono molto soddisfatto, c’è stata un’imponente partecipazione che non ci aspettavamo» ha dichiarato ANGELO COLETTA, vicepresidente dell’Ordine dei Medici Veterinari della provincia di Benevento e coordinatore scientifico degli interventi programmati in occasione dell’apertura del centro. Baricentro strategico del Meridione d’Italia Il centro di raccolta e posto di

Lo staff della MAVI Srl.

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Pad. 06 Stand L25 M28

La nostra qualità nasce dalla passione dei nostri allevatori.

Grazie allo stretto contatto quotidiano con ogni animale, gli allevatori francesi sono i primi attori del benessere degli animali, dalla nascita alla macellazione.

60 90%

è il numero medio di vacche per azienda in Francia.

dell’alimentazione dei bovini francesi viene prodotta nella fattoria.

62%

degli allevamenti di bovini aderisce alla Carta delle Buone Pratiche di Allevamento.

Portavoce della ĀĮĞåŹ±ƐÚåĮĮ±ƐϱŹĻå ÆŇƽĞĻ±ƐüŹ±ĻÏåžå


L’inaugurazione del Centro di raccolta e posto di controllo MAVI Srl a Limatola (BN) è stata organizzata dall’Ordine dei Medici Veterinari della provincia di Benevento in collaborazione con l’UVAC di Napoli. controllo MAVI Srl sarà appunto destinato ad accogliere animali vivi di interesse zootecnico provenienti dall’estero in transito sul territorio italiano allo scopo di farli riposare la notte dopo 24 ore di viaggio e ricevere le cure adeguate in caso di necessità. «In struttura sarà presente un veterinario della ASL che si occuperà del controllo capillare dei capi di bestiame» ha specificato Coletta. In rappresentanza del Ministero della Salute, UGO SANTUCCI, direttore dell’Ufficio VI, ha consegnato pubblicamente il decreto autorizzativo del centro, sottolineando che esso «rappresenta un tassello essenziale per tutto il “sistema Paese”, perché va a coprire un’area molto vasta che comprende tutto il Meridione d’Italia». La posizione della struttura nella provincia di Benevento è infatti strategica rispetto ai porti meridionali: Limatola dista infatti 49 km dal porto di Napoli, 82 km dal porto di Salerno, 240 km dal porto di Bari e 280 km dal porto di Civitavecchia.

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F ILIPPO L IVERINI , presidente dell’Associazione Industriali di Benevento, ha posto in risalto l’azione imprenditoriale della MAVI Srl, che ha investito ingenti capitali in un progetto di portata internazionale, mentre il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, ANTONIO LIMONE, ha focalizzato l’attenzione su quanto si possa ottenere quando si fa sistema tra le istituzioni, sottolineando che questa esperienza della MAVI è un risultato concreto. Relazioni importanti sotto il profilo della professione veterinaria sono state quelle di ALESSANDRO RAFFAELE, direttore dell’UVAC PIF Campania-Basilicata-Calabria e Sicilia, di FRANCESCO BATTARINO, dirigente veterinario dell’UVAC Campania-Basilicata e referente interno per il benessere animale, e di ERMINIA CASTIELLO, dirigente veterinario struttura semplice dell’UVAC PIF di Napoli, che hanno affrontato ed approfonditi gli aspetti del “controllo ufficiale nel

trasporto internazionale degli animali”. Proprio gli uffici dell’UVAC PIF, diretti dal dottor Raffaele, con l’esperienza e la professionalità consolidata nel corso degli anni, hanno avuto un ruolo strategico e determinante nella realizzazione di questo nuovo centro. Tra gli interventi in programma spicca infine quello di FRANKLIN PICKER, direttore generale dell’ASL di Benevento, che ha evidenziato il ruolo che hanno i servizi veterinari nell’ambito della prevenzione a livello di sanità pubblica e, in particolare, nel complesso territorio della provincia beneventana.

MAVI Srl Via S. Antonio Snc 82030 Limatola (BN) Telefono/Fax: 0823 250 443 Web: www.mavilivestockimportexport.com

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Gruppo Ferri, in gara per il progetto europeo sulle biorisorse C’è anche l’azienda di produzione alimenti suini FERRI GROUP di Castelvetro (MO), in collaborazione con l’Università di Bologna, nel pool europeo che partecipa al bando BlueBio Cofund per progetti di bioeconomia “blu” sostenibile. Gli altri partner del consorzio sono l’Università di Palermo, l’Università della Murcia (Spagna), l’Istituto di Oceanografia della Croazia, l’Università di Eberswalde (Germania). Il progetto di ricerca industriale presentato dal gruppo promuove una sinergia mare/terra con la possibilità di produrre alimenti e mangimi a base marina. In particolare si studia la fattibilità di estrarre astaxantina, una molecola dalle alte proprietà antiossidanti, dai sottoprodotti della lavorazione delle specie marine (carapace dei crostacei, alghe, scarti della pesca) per introdurla nella dieta dei suini. Obiettivo di questo arricchimento naturale è ottenere nella carne una significativa riduzione dell’ossidazione del colesterolo, allungare il termine di conservazione (shelf-life), migliorarne colore e aspetto a favore del consumo. «Con questo progetto continua il nostro percorso di ricerca sull’alimentazione animale per il benessere dell’uomo con il supporto scientifico degli enti universitari» afferma Paolo Botti, AD del Gruppo Ferri. «Il risultato più recente è stata la nostra ricetta mangimistica certificata che consente di ottenere suini con carni ad alto contenuto di Omega-3». BlueBio Cofund, promotore del bando, è l’organismo di cui fanno parte 16 Paesi europei che finanzia programmi di ricerca e sviluppo per prodotti e servizi a base biologica da portare sul mercato e creare nuovi valori nella bioeconomia blu. >> Link: www.curanatura.mo.it

L’astaxantina è un carotenoide naturalmente presente in alcune alghe che conferisce il loro tipico colore a pesci come il salmone e a crostacei come l’astice e il gambero. È dotata di potere antiossidante: le viene pertanto attribuita la capacità di proteggere le cellule dai danni associati all’ossidazione. Inoltre, si ritiene possa migliorare il funzionamento del sistema immunitario. La sua assunzione viene proposta nel trattamento della malattia di Alzheimer, del Parkinson, dell’ictus, del colesterolo alto e della degenerazione maculare senile.

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MERCATI

Scenari e previsioni dell’Europa che verrà

Brexit, e ora che succede?

N

el 2016 gli Inglesi hanno votato a sorpresa per la Brexit, un evento inaspettato col quale è iniziato uno psicodramma politico e diplomatico senza fine. Con l’avvicinarsi delle date di scadenza e con i suoi sviluppi ancora incerti, quali saranno gli scenari di un comparto — quello agricolo britannico — che oggi esporta 2/3 della sua produzione nel vecchio continente, importando dallo stesso quasi il 70% tra frutta, verdura, carne e altri generi alimentari? Di questo, e molto altro, si è parlato lo scorso 29 marzo durante la conferenza “Brexit, what’s next?” organizzata da AHDB BEEF &

LAMB, la divisione di Agriculture and Horticulture Development Board, ente britannico non governativo per il sostegno e lo sviluppo dell’industria agroalimentare che rappresenta 110.000 allevamenti bovini e ovini nella sola Inghilterra. La data non è stata scelta a caso, dato che era il giorno che avrebbe dovuto sancire l’uscita di Londra dall’Unione Europea. La location altrettanto, il privé del ristorante Cracco in Galleria Vittorio Emanuele II. Lo chef veneto, milanese d’adozione, da parecchi anni è un estimatore delle carni britanniche nei propri ristoranti. «Da quando il 51,8% dei cittadini

Quando il Regno Unito aderì alla Comunità Europea nel 1973, già il 35% del suo commercio si sviluppava con gli allora 12 Paesi che ne facevano parte. Nel 2014 la quota raggiunse il 45%. UK ed Europa sono da sempre partner commerciali legati a doppio filo anche nel settore agroalimentare

Il carré di manzo britannico arrosto preparato da Carlo Cracco nel suo ristorante milanese in occasione della conferenza sulla Brexit organizzata da AHDB Beef & Lamb. Le carni hanno sempre rappresentato una parte importante del commercio fra l’Europa e i Paesi d’Oltremanica in entrambe le “direzioni”: l’UK è un mercato di sbocco importante per gli allevatori europei, così come un grande allevatore di bestiame (photo © Diego Bonacina).

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britannici si è espresso per il leave il 23 giugno 2016, ci siamo interrogati molto sul potenziale impatto che il commercio di prodotti agricoli avrebbe potuto subire a breve e a lungo termine», ha commentato JEFF MARTIN, responsabile AHDB Beef & Lamb per il mercato italiano. «Il comparto bovino e ovino, che noi rappresentiamo insieme a quello dell’orticoltura, sono in particolare i settori che potenzialmente potrebbero essere più colpiti da una Brexit senza accordo». Le carni hanno sempre rappresentato una parte importante del commercio fra l’Europa e i Paesi d’Oltremanica in entrambe le “direzioni”: l’UK è un mercato di sbocco importante per gli allevatori europei, così come un grande allevatore di bestiame. Basti pensare che nel 2015 il Regno Unito è stato il terzo più grande produttore bovino e il primo produttore ovino di tutta Europa. Tra il 2013 e il 2017 l’Inghilterra ha esportato una media di oltre 84.000 tonnellate all’anno di carne bovina fresca, pari ad un valore medio di 373 milioni di sterline. Durante questo periodo l’export verso l’UE ha rappresentato in media l’82% del totale. Irlanda, Olanda, Francia e Germania sono i principali paesi che hanno acquistato manzo britannico. Sul fronte ovino, nello stesso quinquennio, la media delle esportazioni è stata di quasi 100.000 tonnellate annue, pari ad un valore medio di 392 milioni di sterline. Ancora una volta l’Europa è stata la principale destinazione, con una media dell’89% delle esportazioni britanniche complessive. Francia e Germania sono stati i principali destinatari dei prodotti provenienti dall’UK. «Dati i numeri così importanti per le esportazioni di manzo e ovino britannici verso l’EU, la prospettiva del no-deal non è mai stata ignorata in AHDB», prosegue Martin. «Abbiamo lavorato da subito per aumentare la consapevolezza del potenziale impatto che lo scenario peggiore potrebbe avere sui nostri comparti di beef e lamb». Se sulle carni di provenienza britannica venissero applicati i dazi

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Carlo Cracco cura personalmente l’impiattamento del carré di manzo inglese servito con patate e asparagi agli ospiti presenti alla conferenza. Da anni lo chef veneto, milanese d’adozione, è un grande estimatore delle carni britanniche (photo © Diego Bonacina).

AHDB Beef & Lamb è una divisione di Agriculture and Horticulture Development Board (AHDB), ente britannico non governativo per il sostengo e lo sviluppo dell’industria agroalimentare. Il ruolo dell’ente è quello di sostenere l’industria inglese delle carni bovine e ovine in tutta la filiera: dall’allevamento all’esportazione. I suoi obiettivi sono: promuovere l’industria delle carni, contribuire in modo diretto al miglioramento dell’efficienza nei settori bovino e ovino e stimolare la domanda in Inghilterra e all’estero attraverso attività di comunicazione e marketing. AHDB si finanzia attraverso un prelievo parafiscale e il suo lavoro è moto importante poiché mette a disposizione risorse per investire nella ricerca, nel marketing e nella promozione con conseguenti miglioramenti di business. >> Link: www.carneperfetta.it

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Gli ovini del Regno Unito, numeri e curiosità • • • • • • • • •

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Il Regno Unito conta 31 milioni di ovini; alcune zone del Regno Unito hanno la più alta densità ovina al mondo; 73.400 sono gli allevamenti ovini su tutto il territorio britannico; grazie al clima umido della Gran Bretagna l’erba cresce verde e rigogliosa: le montagne del Lake District registrano le più alte precipitazioni in Europa; gli allevamenti di ovini inglesi sono i più grandi e redditizi d’Europa; il 56% del Regno Unito è ricoperto di erba; l’unico alimento degli ovini è l’erba: questo è tutto ciò di cui hanno bisogno; il Regno Unito vanta circa 3000 anni di storia nell’allevamento di ovini; gli ovini apportano un contributo fondamentale all’ambiente: i pascoli agiscono come un pozzo di carbonio, proteggono le risorse idriche, gli animali preservano ambienti fragili come dune, paludi e colline, preservano i paesaggi e viene protetta la biodiversità; il Regno Unito conta quasi il 70% delle brughiere del mondo. Gli ovini contribuiscono al mantenimento di brughiere, colline e montagne, compresi rinomati luoghi turistici come Exmoor, Dartmoor, Peak District, Lake District e Penines; gli ovini apportano e mantengono la biodiversità nelle aree costiere e paludose; nel Regno Unito esistono 106 razze ovine: di montagna, da lana, di carne, primitive, di “palude”; nell’isola di North Ronaldsay esiste una razza ovina che si nutre di sole alghe mentre la razza Shropshire non danneggia gli alberi; alcuni ovini non hanno corna, altri ne hanno due (di forme diverse), altri addirittura quattro. Alcuni ovini hanno il manto nero, alcuni marrone e altri, naturalmente, bianco; il 43% della produzione di agnello commercializzato in Europa proviene dal Regno Unito; il 40% della produzione viene esportato. I principali mercati di esportazione includono Francia, Belgio, Germania, Italia e Cina; l’agnello Inglese è una carne gustosa, tenera e saporita e questo è un dato di fatto!

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Il manzo made in UK, tra pascoli e tradizione • • • • • • • • • •

Ci sono 9,9 milioni di bovini nel Regno Unito (5,5 milioni nella sola Inghilterra); 97.000 sono gli allevamenti di bovini nel Regno Unito; i pascoli del Regno Unito sono molto rigogliosi grazie al clima umido: le montagne più alte del Lake District registrano le più alte precipitazioni d’Europa; i bovini nel Regno Unito mangiano principalmente erba e foraggio conservato; esistono molte razze di bovini nel Regno Unito, quali Hereford, Aberdeen Angus, Red Devon, South Devon, Sussex, Galloway, Longhorn, Shorthorn e anche razze continentali quali Limousine, Charolais, Simmenthal e Blonde d’Aquitaine; l’Inghilterra ha una storia gloriosa di produzione e consumo di carne bovina, che raggiunse il suo picco all’inizio del XVIII secolo; a partire dal XVI secolo in Inghilterra si svilupparono nuovi metodi di preparazione e consumo della carne; il Regno Unito produce circa 900.000 tonnellate di carni bovine, il 58% delle quali proviene dalla sola Inghilterra; il Regno Unito è il terzo produttore di carne bovina in Europa; l’industria britannica delle carni è sicura in tutta la filiera e all’avanguardia. Le tecniche moderne di allevamento e macellazione e la competenza degli allevatori garantiscono un prodotto dalla qualità costante, saporito e tenero.

doganali di un paese terzo, infatti, le esportazioni subirebbero una battuta d’arresto. Le tariffe applicate potrebbero essere molto alte, tanto quanto il costo del prodotto stesso, se non addirittura di più. Inoltre, aumenterebbero anche i controlli veterinari, alle dogane e i costi di trasporto. Questo ridurrebbe la competitività delle carni made in UK. Non da ultimo, una hard Brexit porterebbe alla perdita di 32.000 posti di lavoro.

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Anche sul fronte delle importazioni gli scenari cambierebbero radicalmente, impattando in modo significativo su tutti i mercati europei, sia in volume che in valore. La Gran Bretagna è un grande mercato per i 27: l’Irlanda, principalmente per le carni di manzo, e la Danimarca, per la carne suina, sarebbero i paesi più penalizzati. Anche l’Italia figura fra i top five esportatori di carne bovina in UK. «Il risultato più auspicabile per tutti gli operatori del settore,

britannici ed europei è sicuramente quello di un accordo che garantisca un commercio fra i due blocchi alle stesse condizioni esistenti ora» conclude Martin. «Non ci resta che seguire gli ultimi sviluppi che verranno comunicati in questi giorni». (Fonti: AHDB “Brexit prospects for UK beef and sheep meat trade” Horizon February 2019; ECBV– European Livestock and Meat Trades Union, “Crisis” The EU Meat Industry in a Hard Brexit Scenario)

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Ismea, mercato avicolo 2018: luci e ombre

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n mercato con luci e ombre quello avicolo nel 2018. La produzione di carni avicole in Italia è stata pari a 1.283.000 tonnellate, in diminuzione rispetto al 2017 (–3,1%). Il calo ha riguardato sia la carne di pollo (931.000 tonnellate, –3% circa) che, in maniera più importante, quella di tacchino: con 296.000 tonnellate il comparto fa infatti segnare un –4,2%, toccando i livelli minimi degli ultimi 4 anni. I numeri relativi ai consumi apparenti indicano nel complesso una contrazione: 19,7 kg pro capite rispetto ai 20,3 kg del 2017. La contrazione ha riguardato principalmente i canali HO.RE.CA., presso i quali hanno ripreso quota le carni rosse. I consumi domestici, secondo i dati Nielsen Consumer Panel, hanno

mostrato invece una certa stabilità con spunti positivi (+0,6% i volumi totali e +3,6% la spesa), supportati esclusivamente dalle carni elaborate (prodotti panati o ad elevato valore aggiunto), che nel 2018 sono cresciuti del 9,3% in volume e del 10% in valore, compensando la flessione per le carni avicole naturali (–1,5% in volume ma +1,5% nella spesa grazie ai prezzi più elevati). L’andamento del mercato per il 2018 evidenzia un aumento dei prezzi sui mercati alla produzione sia per il pollo che per il tacchino, rispettivamente del 1,7% e del 1,4% rispetto al 2017, aumenti poi riflessi nella fase ingrosso e distribuzione. È importante comunque sottolineare alcuni aspetti positivi del comparto avicolo:

• un valore ai prezzi di base superiore a 4 miliardi, con un’incidenza dell 8,2% sul totale del settore agricolo; • un’elevata autosufficienza, considerato che il 99% delle carni bianche consumate in Italia proviene da allevamenti nazionali, e un tasso di autoapprovvigionamento superiore al 100% (nel 2018: 107%); • una filiera totalmente integrata che esprime un sistema produttivo capace di garantire il controllo dell’intero processo, con conseguenti maggiori assicurazioni in termini di sanità, sicurezza e minor costi di intermediazione (quindi una giusta redditività per tutti gli anelli della filiera). Fonte: ISMEA

Il mercato avicolo nel 2018 segna un calo della produzione totale, con una riduzione drastica del comparto della carne di tacchino, mentre crescono i consumi domestici di carni elaborate (photo © Yaroslav Astakhov).

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INTERVISTE

Ambientalisti vs allevamenti intensivi, duello mai risolto Una petizione di Greenpeace chiede alla UE di rivedere i criteri di erogazione dei fondi comunitari destinati alla zootecnia. Un rapporto commissionato dall’associazione ambientalista al fondatore di FarmSubsidy.org afferma che il 71% dell’intera superficie agricola comunitaria riguarda l’alimentazione animale e solo il 19% è destinato a prodotti per l’alimentazione umana di Anna Mossini

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l titolo era ad effetto: “I fondi europei? Se li mangiano i maiali” e la pubblicazione del relativo articolo è apparsa sul CORRIERE DELLA SERA di qualche tempo fa (a lato lo screenshot della pagina del quotidiano on-line con l’articolo citato, © www.corriere.it). A dare la stura all’ennesimo dibattito sugli allevamenti intensivi, o meglio sugli effetti “negativi” che essi provocano nei confronti dell’uomo come degli animali, ma anche dell’ambiente e dell’economia europea, questa volta è stata Greenpeace. L’articolo, firmato da ALESSANDRO SALA, fa anche riferimento a un rapporto che l’associazione ambientalista ha commissionato a NILS MULVAD, data specialist e fondatore del sito FarmSubsidy.org contenente una petizione internazionale in cui viene chiesto a Bruxelles di rivedere i criteri adottati per l’erogazione dei fondi comunitari a vantaggio, a suo giudizio, di un’agricoltura sostenibile, visto che il 71% della superficie agricola comunitaria sarebbe destinata alla produzione di colture per l’alimentazione animale e solo il 19% per quella umana. Riduzione dei finanziamenti pubblici destinati all’agricoltura, antibioticoresistenza, invito ai consumatori verso una dieta più “vegana” e indice puntato sull’inquinamento

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prodotto dagli allevamenti: in buona sostanza Greenpeace chiede a Bruxelles di “avviare politiche che inducano gli allevatori a produrre meno e meglio e il settore agricolo a produrre più frutta e verdura, stabilendo severi

criteri sul numero di capi allevati e, a cascata, sull’inquinamento prodotto, determinando di conseguenza l’entità di finanziamenti pubblici erogati”. Qualcuno potrebbe dire “nulla di nuovo sotto il sole”, visto che pe-

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all’alimentazione umana. Peccato che trascuri il fatto che il fieno o i cereali impiegati a produrre i mangimi, che derivano dall’altro 71%, vengano destinati anch’essi all’alimentazione umana attraverso la mediazione dell’animale che produce carne e latte».

Il dottor Giancarlo Belluzzi. riodicamente gli allevamenti intensivi vengono accusati delle peggiori nefandezze soprattutto a carico degli animali allevati, dimenticando invece che la stragrande maggioranza delle aziende zootecniche italiane vanta una gestione e un sistema di controlli di alto livello sotto tutti i punti di vista: dal benessere animale all’innovazione tecnologica, dalla sostenibilità ambientale alla salubrità degli alimenti prodotti. A questo proposito abbiamo rivolto alcune domande al dottor GIANCARLO BELLUZZI, medico veterinario, consulente internazionale in materia di sicurezza alimentare e servizi veterinari. Dottor Belluzzi, lei ha letto l’articolo di cui stiamo parlando. Non crede che sul termine “sostenibilità” si stia facendo troppa confusione? «Penso che l’autore fornisca dati reali ma grezzi, che portano a una veloce valutazione forse un po’ faziosa, esponendo poi considerazioni con un marcato sapore ideologico». Secondo le sue fonti scientifiche, corrisponde al vero che il 71% di tutta la superficie agricola UE sia destinata all’alimentazione del bestiame e solo il 19% sia invece destinato a prodotti destinati all’alimentazione umana? «Anche in questo caso vale la risposta precedente: da un dato tal quale si trae una conclusione superficiale. Per di più l’autore considera grossolanamente la superficie agricola sentenziandone una parte (solo il 19%) destinata

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Greenpeace afferma che gli allevamenti intensivi sono considerati tra i principali responsabili dell’antibioticoresistenza. Come risponde a questa affermazione? «Ennesima forzatura di un problema reale, effettuata attraverso una semplificazione disarmante. Le cause dell’antibioticoresistenza sono molteplici e sarebbe troppo lungo, e quasi impossibile, trattare l’argomento in una semplice risposta a una domanda che presupporrebbe numerose risposte. Non si nega che in veterinaria si utilizzano antibiotici, così come avviene in medicina umana: i germi di infezione intraospedaliera, ad esempio, mostrano spesso una resistenza ai trattamenti e questo fenomeno è un’evidenza che ricorre sempre più spesso. Non si nega neppure che, in entrambi i casi, talvolta vengono impiegati “scorrettamente”, sia dall’allevatore che dal paziente ammalato. Chi non ha mai interrotto una terapia prima dei fatidici 5-6 giorni scagli la prima pietra; chi non li ha mai utilizzati senza una preventiva diagnosi mirata altrettanto; e via di questo passo si potrebbero elencare molte altre cause. Fortunatamente la sensibilità sta aumentando e oggi l’utilizzo di antibiotici, in entrambi i campi, avviene in maniera sempre più mirata, cercando di utilizzarli di meno (e le statistiche di tutto il mondo stanno effettuando un monitoraggio costante) e adottando una selettività severa. Non dimentichiamo, però, che con gli antibiotici abbiamo sconfitto quasi del tutto molte malattie letali, come la Tbc, le meningiti e diverse altre infezioni dell’uomo e/o degli animali: a proposito di questi ultimi, abbiamo debellato intere aree continentali dalla brucellosi, dalla salmonella o da altri batteri zoonotici. E non dimentichiamo anche che, con il loro utilizzo, abbiamo


rifornito con cibo buono e sano le tavole dei consumatori, assicurando proteine essenziali alla crescita di bambini, giovani e adulti ben nutriti che hanno goduto di un’aspettativa di vita più lunga e sana». Dati scientifici alla mano: è vero che gli allevamenti intensivi devono essere considerati tra i principali responsabili dell’antibioticoresistenza? «Anche questa è un’affermazione forzata. Sinteticamente, gli allevamenti intensivi esistono per dare una risposta efficace alla domanda di derrate, soprattutto proteiche, di elevata energia biodiversificata agli onnivori, come siamo noi umani. Popolazioni emergenti ad elevato impatto sul pianeta, come quella asiatica e/o africana, pretendono di alimentarsi come le popolazioni occidentali. Detto ciò, bisogna anche dire che, oggi, l’allevatore ha una sensibilità diversa: usa il farmaco in maniera mirata, dopo una diagnosi precisa e quasi sempre con un antibiogramma indirizzato sul microrganismo infettivo (scelta della molecola farmacologica indirizzata alla sensibilità del germe in questione). Infine, in Europa, l’Autorità competente emette già Linee guida severe sulle terapie ed esegue controlli altrettanto rigorosi e frequenti

sulle razioni alimentari, sui mangimi o su carni e latte che escono dalle aziende. I dati sono disponibili per chiunque e le non conformità hanno valori da prefisso telefonico». La richiesta dei Paesi emergenti va verso una sempre maggiore quota di alimenti proteici; gli ambientalisti, invece, vogliono invertire la rotta e dirigersi verso lo smantellamento degli allevamenti intensivi: come giudica questa asimmetria? «Parere personale: la considero sbagliata e in controtendenza rispetto alle popolazioni di questi Paesi. Posizioni così esagerate minano la crescita e anche la salute di ampie fasce di popolazione; per di più con ricadute sul lungo periodo difficili da rimarginare. Il dato di fatto è incontestabile: l’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione non è frutto del caso, ma di un’alimentazione attenta, sempre più calibrata che ci ha portato a una media che supera gli 80 anni». Lei conosce i meccanismi delle sedi istituzionali come EFSA, Ministero, Commissione UE. Come pensa dovrebbe muoversi l’Europa per contrastare queste campagne che danneggiano il settore primario quasi al pari degli effetti provocati dai cambiamenti climatici? «La risposta è complessa, perché

deve combattere una miscela di elementi fuorvianti che vanno dal fanatismo ideologico alla diffidenza istituzionale, fino all’azione di contrasto politico degli uni contro gli altri. Le campagne messe in atto contro le politiche agrozootecniche della UE sono alimentate da interessi difficili da individuare esattamente, per cui la risposta è di difficile focalizzazione. Tuttavia, penso a due strumenti tra i più efficaci: il dato scientifico e la sua trasparenza. I dati oggi vengono sistematicamente raccolti da diversi soggetti, istituzionali e professionali: lo sforzo che si sta facendo, a tutti i livelli, è quello di aggregarli (sistematizzarli) per renderli disponibili. Da alcuni anni ne sono stati raccolti moltissimi; giacciono disseminati nei meandri delle istituzioni o presso differenti soggetti professionali. Il lavoro che si è iniziato a fare è quello di renderli facilmente consultabili. Non è un lavoro semplice perché, oltre al tecnicismo, si deve lottare contro le gelosie dei portatori di interesse che ne vantano la proprietà. Per questo la trasparenza (il passo successivo al precedente) deve essere la strategia di contrasto a qualsiasi estremismo ideologico o, peggio, alle fake news». Anna Mossini

Stati Generali della Suinicoltura di Confagricoltura Si è tenuto lo scorso 29 marzo a Milano l’incontro dei vertici di CONFAGRICOLTURA del settore suinicolo per analizzare l’attuale situazione di mercato, le carenze strutturali del settore e valutare le azioni sindacali da porre in essere per il futuro della suinicoltura nazionale. Pur ravvisando un timido miglioramento nei listini dei prezzi nelle ultime due settimane dalla data dell’incontro, appare comunque netto il divario tra la situazione di mercato dei principali Paesi europei e quella nazionale, che di certo avrebbe dovuto segnare aumenti più significativi. Le cause della difficoltà del mercato nazionale sono state principalmente individuate nell’insufficiente valorizzazione e gestione delle produzioni DOP, nella mancanza di informazioni in etichetta, utili per una scelta consapevole del consumatore e nella scarsa o poco mirata promozione a livello nazionale ed internazionale dei prodotti DOP. «Serve una maggiore valorizzazione del prodotto nazionale attraverso i Consorzi di tutela, in cui la parte allevatoriale deve avere maggior peso sulle scelte relative alla programmazione della produzione e alla promozione del prodotto sul mercato nazionale ed internazionale» afferma CLAUDIO CANALI, presidente della Federazione nazionale di prodotto allevamenti suini di Confagricoltura. Confagricoltura ritiene, inoltre, che sia necessario arrivare ad una etichettatura più definita dei prodotti trasformati per stimolare il consumatore nell’acquisto delle produzioni agricole nazionali. L’Italia aumenta la propria quota di export, ma parimenti cresce l’importazione di materia prima di carne E ciò rischia fortemente di penalizzare il comparto agricolo; motivo per cui la trasparenza sull’origine della materia prima diventa una condizione essenziale. Questi ed altri temi discussi e azioni concordate da intraprendere nel prossimo futuro saranno oggetto di interlocuzione e richieste al mondo politico e alla filiera del settore suinicolo (fonte: Area Comunicazione Confagricoltura).

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PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE

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Château Boucher Allevamento semibrado e assenza totale di antibiotici fin dalla nascita? Sì, grazie!

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emibrado, una parola che racchiude un universo allevatoriale che è ricchezza per gli animali e per noi consumatori. Ma qual è il suo corretto significato? Incontriamo VINCENZO SISTO, da sempre nel commercio delle carni, che ci invita giustamente a ricercarne la definizione corretta sulla TRECCANI, l’enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti per eccellenza. “Semibrado: agg. [comp. di semi- e brado]. Parzialmente brado, detto spec.

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dell’allevamento dei cavalli o di altro bestiame quando gli animali vengono ricoverati in stalle dove ricevono custodia e alimento soltanto durante la stagione invernale, mentre nelle altre stagioni sono lasciati all’aperto in completa libertà”. A ciò aggiungiamo quanto specificato dal Movimento italiano Allevamento Etico, che ha migliorato e chiarito il concetto (www.allevamento-etico.eu). «Per comprendere la differenza tra stato brado e semibrado dobbiamo ricordare che allo

stato brado i capi devono trovare nell’ambiente tutto il necessario per sfamarsi, senza integrazioni di cibo da parte degli esseri umani — spiega DAVIDE LOVERA dell’azienda suinicola piemontese “da allevamento etico” PARVA DOMUS (Cavagnolo, Torino), — mentre nello stato semibrado gli animali si cibano in parte di quello che trovano nell’ambiente e in parte con mangime». Nel caso di Parva Domus quest’ultimo è rappresentato da un mix di mais, grano e crusca.

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Le carni di Château Boucher in Italia In Italia Château Boucher ha due partner commerciali: Vercelli Spa per il vitellone e Lombardia Carni per la scottona. Saranno loro a distribuire queste carni eccellenti. Per maggiori informazioni scrivete una e-mail a: sales@ bestmeat4you.com o usate il modello di contatto del sito www.chateauboucher.com e «saremo felici di rispondervi», parola di Vincenzo Sisto!

L’allevamento semibrado dei bovini, modello etico Questo modello etico di allevamento semibrado si sposa alla perfezione con quanto la natura ha donato alla regione del Limousin, nel cuore della Francia. Una regione collinosa ricca di pascoli incontaminati sui pendii occidentali del Massiccio Centrale. «Qui ci sono tante piccole fattorie a conduzione familiare, presso le quali allevare è una tradizione radicata» precisa Sisto. «E proprio in questa zona

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abbiamo selezionato un gruppo di allevatori virtuosi che conoscono vita ed abitudini dei loro bovini Limousine». I vitelli nati in modo naturale, al riparo di una stalla, vengono immediatamente lasciati liberi di seguire la madre nelle praterie. Lo svezzamento avviene naturalmente in pascoli estensivi. Gli animali sono e rimangono sani, non si ammalano e pertanto non necessitano di trattamenti medicinali di alcun tipo poiché gli anticorpi che la madre

trasmette nello svezzamento e gli enormi spazi che hanno a disposizione ne rispettano sia la natura che l’habitat naturale nella regione nella quale vivono da millenni (gli affreschi della non lontana grotta di Lascaux, che raffigurano capi di Limousine al pascolo, sono datati circa 20.000 anni fa!). La vita in libertà dura fino ai mesi invernali, periodo nel quale i capi bovini trovano riparo nelle stalle per tornare poi nei pascoli a primavera, con la crescita delle

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Château Boucher a Tuttofood Ecco le coordinate di Château Boucher presso la fiera internazionale del food in calendario a Fiera Milano dal 6 al 9 maggio: lo spazio espositivo di Vercelli Spa è presso il Padiglione 6 stand C49-D50, mentre quello di Lombardia Carni Srl è sempre all’interno del Padiglione 6 stand H19-L24. Nello spazio di Lombardia Carni sarà possibile degustare piatti a base di carni bovine Château Boucher.

prime erbe. Quando si avvicinano alle soglie della pubertà, una dieta a base di cereali e ricca di fibre ne assicura una crescita sana. Questo avviene negli ultimi 3 mesi circa prima della macellazione. Un allevamento rispettoso «I capi di Limousine hanno quindi una vita nel rispetto totale del benessere animale, della loro dignità, con una visione etica che si può definire breaded humanely, ovvero “allevata umanamente” nel senso più nobile che questa definizione contiene. Oggi finalmente insieme a questi allevatori virtuosi aderenti alla cooperativa CORALI, la COVILIM che ha il suo stabilimento a Limoges — capitale della regione Limousin —, e la Château Boucher hanno il piacere di presentare questa filiera al mercato». E se un bovino si ammala e bisogna curarlo nel rispetto del benessere animale? «Naturalmente per salvare la vita di un animale non esiteremmo a chiamare il veterinario che potrebbe anche decidere di usare terapie e medicine di ogni tipo

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Le carni di Château Boucher sono commercializzate in Italia da Vercelli Spa per il vitellone e da Lombardia Carni per la scottona. pur di salvarlo. In quel caso il bovino trattato viene semplicemente escluso dalla certificazione e tornerà una volta guarito ad una vita normale al di fuori di questa filiera virtuosa» risponde Sisto. Un modello replicabile È possibile realizzare questo modello in altre regioni europee? «Probabilmente sì. Noi siamo tuttavia contro il finissaggio al di fuori della fattoria di nascita. La “deportazione forzata” dei bagliotti (bovini molto giovani destinati all’ingrasso), separati dalla mandria di appartenenza e dal loro contesto sociale in cui sono cresciuti ed a cui sono affezionati, è contro ogni logica di benessere animale. I bagliotti vengono trasportati in condizioni non sempre appropriate e per lunghissimi percorsi, insieme ad altri bovini sconosciuti,

verso stalle di allevamento intensivo dove vengono ingrassati con un’alimentazione a cui non sono abituati, in un clima che non gli è consono, spesso in un paese straniero. Tutto questo non è coerente con il nostro concetto di benessere e con la definizione di filiera virtuosa e di breaded humanely). Quindi noi di Château Boucher rimarremo fedeli al concetto di un allevamento tradizionale effettuato nella fattoria di nascita in Francia per salvaguardare il benessere di questi animali. Benessere che ritroviamo prima nella loro salute e poi nella qualità delle loro carni». Nota Alle pagine 94 e 95, i bovini di razza Limousine allevati allo stato semibrado e selezionati da CHÂTEAU BOUCHER (photo © Jean-Christophe Dupuy).

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RETAIL NEWS

Notizie dalla GDO Amazon punta al supermercato tradizionale Secondo quando riportato dal WALL STREET JOURNAL, Amazon si prepara ad aprire una nuova catena di supermercati tradizionali negli Stati Uniti. Il primo store dovrebbe essere inaugurato a Los Angeles già entro la fine di quest’anno, seguito da altre aperture nel corso del 2020. Anche se è presto per conoscere i dettagli, la nuova catena di Amazon sarà presumibilmente molto più in linea col genere del supermercato tradizionale rispetto a WHOLE FOODS. Potrebbe ad esempio orientarsi verso un’offerta con prezzi più concorrenziali, approccio sempre più popolare a causa della crescita nel mercato USA di discount come ALDI e LIDL. Il che permetterebbe a Whole Foods di mantenere il suo posizionamento verso l’alta gamma del mercato, mentre il nuovo marchio raggiungerebbe un pubblico più tradizionale. La notizia della nuova catena dimostra che anche il colosso dell’e-commerce ha bisogno di negozi fisici per avere successo nel settore alimentare. «Il grocery è ancora un’attività basata sul negozio fisico. Amazon non ha ribaltato l’industria alimentare con Whole Foods, quindi ora intende agire in prima persona», ha commentato MATT LINDNER, analista senior e-commerce di Mintel. Sempre secondo il WALL STREET JOURNAL, Amazon utilizzerebbe i nuovi store anche come punti di distribuzione per la sua attività di e-commerce, sempre più incisiva nel settore grocery. Infatti, il servizio di consegna nello stesso giorno attraverso Whole Foods è già attivo in più di 60 città negli Stati Uniti, mentre il servizio di ritiro in negozio ne tocca più di 20. Entrambi i servizi sono disponibili, senza spese di consegna per i membri Prime. Inoltre, i nuovi store fisici di Amazon permetterebbero di gestire ordini di alimenti e bevande più velocemente e con meno costi. Solo la scorsa settimana Amazon ha lanciato Happy Belly, la sua prima private label di latte e prodotti lattiero-caseari, disponibile al momento solo attraverso AMAZON FRESH. Inoltre, una catena di supermercati convenzionali offrirebbe ad Amazon una strada in più per raccogliere i dati dei consumatori. Non resta che attendere (fonte: www.retailinstitute.it; photo © fool.com).

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Visitateci -Visit us PAD/HALL 6 STAND C45


SPECIALE IMEAT

La sesta edizione ha avuto luogo a ModenaFiere, dal 24 al 26 marzo

iMEAT by Ecod 2019, un anno da record

I

l progetto fieristico di ECOD dedicato alle macellerie, iMEAT, in calendario a ModenaFiere dal 24 al 26 marzo scorso, si è confermato un grande successo di affluenza, espositori e feedback tutti davvero molto, molto positivi. La carne è e continua ad essere il suo asse portante, il comun denominatore che unisce fornitori di attrezzature e servizi, prodotti, filiere di allevamento e macellazione, oltre ad una selezione di salumifici di alta gamma. La fiera raggiungeva quest’anno la sesta edizione, entrando in una cadenza biennale e con un passaggio da due a tre

giornate. Lo spazio espositivo è stato organizzato in due aree ben distinte: una riservata ad attrezzature, macchinari, ingredienti, commercio e lavorazione carni e l’altra dedicata alle eccellenze di prodotto finito. Accanto al classico programma dei corsi teorico-dimostrativi è stato affiancato quello delle gare. Oltre 9.000 visitatori si sono avvicendati tra gli stand degli espositori carichi di proposte innovative, tra show cooking, eventi e performance che hanno animato l’evento. iMEAT 2019 in numeri 161 espositori, 9.368 visitatori,

11.500 m2 suddivisi in due padiglioni: questi in sintesi i dati che hanno decretato questa edizione da record di iMEAT by Ecod. Provenienza geografica dei visitatori Sul podio delle provenienze sono salite, naturalmente, l’EmiliaRomagna, seguita da Lombardia e Veneto. Ma chi è stato in fiera ha sentito parlare pugliese e campano, piuttosto che piemontese e toscano: insomma, i visitatori, in un numero mai raggiunto in precedenza e superiore di circa il 30% rispetto all’edizione 2017, hanno animato

Oltre 9.000 visitatori hanno invaso i due padiglioni dedicati a iMEAT by Ecod presso il quartiere fieristico di Modena, per una tre giorni dall’alto contenuto carnivoro (photo © Ecod).

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VI ASPETTIAMO

vi dà il benvenuto al nostro stand a Tuttofood, Milano. Venite a trovarci per scoprire l’eccellenza della carne irlandese e per incontrare i nostri produttori.

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iMEAT by Ecod in sei edizioni ha creato un contesto di relazione tra domanda ed offerta con un obiettivo comune: valutare nuove idee, mettere in campo moderne strategie per sostenere, se non anticipare le richieste di un mercato che evolve, diventa più selettivo e attento ai contenuti qualitativi, all’ambiente, alle novità nelle sue varie sfumature

corridoi, stand, aula corsi e spazio eventi in un susseguirsi di inflessioni e dialetti provenienti da tutta Italia, con qualche punta “esotica” spagnola, inglese e francese. Il canale tradizionale con macellai da tutta Italia e anche dall’estero La compagine di visitatori formata dal dettaglio di macelleria ha confermato la sua supremazia, tuttavia al suo fianco non sono mancati gli operatori del settore della gastronomia e della ristorazione, questi ultimi giunti in visita a iMEAT by Ecod più numerosi che in passato. Attrezzature, ingredienti, carne Gli espositori (+20% sull’edizione

A lato: 1) Bella esposizione di pronti a cuocere realizzati dai macellai di Federcarni nel corso delle tre giornate di manifestazione. 2) Tra gli espositori in fiera anche numerosi salumifici e prosciuttifici. Questo è uno scatto allo stand del Salumificio Mec Palmieri di San Prospero (MO) presente con la sua mortadella Favola. 3) L’ente britannico per la promozione delle carni made in UK ha partecipato a questa edizione di iMEAT con la promozione del manzo West Country Igp (carneperfetta.it). 4) Preparati a base di pollo, appetitosi e facili da cuocere. 5) Carne galiziana Discarlux in bella vista. 6) Il maiale nero lucano della selezione di Filiera Cillo.

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2017) hanno offerto un panorama di proposte senz’ombra di dubbio in linea con l’evoluzione del mercato, sia in termini di novità che di diversificazione merceologica. Nel padiglione immediatamente adiacente all’ingresso, i contenuti di carattere più tecnologico e tecnico si sono alternati a quelli più di consumo: macchinari, impianti di refrigerazione, forni, apparecchiature di pesatura (solo per citarne alcuni) sono stati bilanciati da strumenti di uso quotidiano come coltelli, taglieri, abbigliamento, contenitori, ingredienti… E poi la carne, quella italiana di qualità, ma anche straniera, europea piuttosto che giapponese. Tante le eccellenze in esposizione Il secondo padiglione, aperto per la prima volta in questa sesta edizione di iMEAT, è stato consacrato alle eccellenze del made in Italy: prosciutti crudi e cotti, salumi della migliore tradizione italiana, carni processate e pronte al consumo, conserve, salse, oli, pasta… tutto ciò che può essere finalizzato ad un negozio di macelleria in evoluzione che punta ad ampliare la propria gamma di prodotti per intercettare le richieste di un consumatore più consapevole ed attento ad accompagnare la carne di ottima qualità, oppure vuole proporre preparati cotti o da cuocere, con tanti altri prodotti anch’essi dall’indiscussa valenza qualitativa. Eventi e suggestioni per innovare iMEAT by Ecod in sei edizioni ha creato un contesto di relazione tra domanda ed offerta con un obiettivo comune: ampliare le rispettive attività, valutare nuove idee, mettere in campo moderne strategie per sostenere, se non addirittura anticipare le richieste di un mercato che evolve, diventa più selettivo, più attento ai contenuti qualitativi, all’ambiente, alle novità nelle sue varie sfumature. Proprio l’innovazione è stato l’argomento che ha caratterizzato gli eventi collaterali implementati da Ecod. Accanto ai tre corsi teoricodimostrativi, focalizzati su tecniche


L’ampio spazio di Arredo Inox, azienda leader nel settore della trasformazione degli alimenti con una serie di impianti brevettati unici al mondo, tra cui anche Stagionello® e Maturmeat®. di lavorazione e di processo all’avanguardia, sono state organizzate due gare con protagonisti quattro coppie chef-macellaio e quattro giovani. I primi hanno realizzato quattro piatti partendo da due tagli di carni uguali; i quattro giovani si sono impegnati a realizzare finger food di carne per l’aperitivo in macelleria. Un altro evento assolutamente inedito per la fiera iMEAT by Ecod,

è stato “Il panino d’eccellenza”. DANIEREPONI, conosciuto “artista del panino”, si è esibito in cinque show cooking durante i quali ha realizzato quindici panini con i prodotti di alcuni espositori. Un successo che ha coinvolto i visitatori da una parte e, dall’altra, ha soddisfatto le aziende che hanno aderito all’iniziativa. Hanno completato il programma di eventi presentazioni di iniziative e prodotti, performance e LE

I prossimi eventi di iMEAT by Ecod Il prossimo appuntamento in Italia con iMEAT by Ecod, dunque, è fissato per il mese di marzo 2021, sempre nel contesto di ModenaFiere. Ma nel frattempo la macchina organizzativa di Ecod non si ferma: è infatti già in preparazione la seconda edizione di iMEAT España by Ecod: avrà luogo il 6 e 7 ottobre 2019 nella fiera di Cornella a Barcellona. >> Link: www.imeat.it

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contest di diversa natura organizzati dalle aziende espositrici e da gruppi di macellai provenienti da tutta la penisola. Le novità dell’edizione 2019 «La biennalità è stata decisa per dare ai protagonisti dell’evento più tempo: agli espositori per studiare e mettere a punto nuove proposte; ai visitatori, negozi di macelleria e gastronomia, ristorazione e aziende agrituristiche, di riflettere su innovazione, aggiornamento e/o rinnovamento della propria attività» ha sottolineato LUCA CODATO, grande regista insieme al suo staff dell’evento fieristico. «I tre giorni espositivi sono stati pensati proprio per riuscire ad intercettare un target di visitatori ancora più ampio, con esigenze di spostamento e programmazione diversificate, e la creazione dell’Area Eccellenze, a fianco di quella consolidata per attrezzature e componenti di servizio, è la risposta all’esigenza di diversificare la gamma prodotti da parte della moderna macelleria».

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1) Luca Codato di Ecod insieme a Dario Cecchini, dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti (FI), arrivato in visita a iMEAT nella giornata di domenica. 2) Uno splendido banco con tagli e preparati realizzati con le carni della Cooperativa Scaligera per l’allestimento di Criocabin. 3) Foto di gruppo per i butchers di Passione Preparati. Da sinistra, Mario Angelucci, Enrico Rossetti, Salvatore Patorno, Francesca Santin, Mauro Aiello, Vincenzo Santangelo, Giovanni Carratù e Paolo Rosato. 106

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1) Aldo Miraglia di Alitek, distributore esclusivo per l’Italia delle celle di maturazione e stagionatura Dry Ager. 2) Avvistato a iMEAT anche Michele Ruschioni, fondatore del seguitissimo portale web Braciamiancora. 3) Foto di gruppo per lo sta dell’ente di promozione delle carni irlandesi Bord Bia, presidiato da Michael Kenneally e Francesca Perfetto. 4) Donatella Manuela Bonaccorso, de La Pandinese, di Pandino (CR), azienda specializzata nella vendita e produzione di lame, coltelli e macchinari per la macellazione. Eurocarni, 5/19

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In alto: come da tradizione, iMEAT ha organizzato per la giornata di domenica un ricco programma di corsi teoricodimostrativi aggiornati ed innovativi. Due sono stati incentrati su preparati“take away” di diverse tipologie di carne, già cucinati, con sistema di cottura a bassa temperatura, o semi-lavorati: l’obiettivo è stato quello di diversificare ulteriormente il lavoro in macelleria arrivando a proporre referenze porzionate, confezionate, conservate in apposite apparecchiature refrigerate. Un corso ha poi riguardato i preparati multietnici, per intercettare quel pubblico, giovane, ma non solo, aperto a esperienze di gusto tipiche di altri Paesi e culture. Superare la stagionalità, infine, è stato il tema di un altro corso durante il quale sono state proposte nuove preparazioni che sdoganeranno la pancia di manzo, facendola diventare un ottimo piatto anche per l’estate. In basso, a sinistra: Ilario Lui con Enrico Perotti, Gaetano Bertelli e Ruben Basilico nello spazio Federcarni, presso il quale si sono passati il testimone numerosi colleghi nel corso delle tre giornate di fiera. A destra: anche la Nazionale Italiana Macellai ha presenziato iMEAT, con uno spazio dedicato alla presentazione della competizione mondiale World Butchers’ Challenge che, ricordiamolo, si svolgerà a Sacramento, California, il prossimo anno, facendo gareggiare 15 Paesi da tutto il mondo.

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Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace. In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato. Professionalit con totale Þducia.

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Nella pagina a fianco: 1) L’Organizzazione di Produttori Azove ha presentato la filiera della zootecnia bovina da carne. 2) La modenese Unimeat, progettazione di impianti di macellazione e lavorazione delle carni. 3) Menegon Ennio a iMEAT con FlastBlade, affilacoltelli professionale di nuova generazione. 4) Il Consorzio di tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale. 5) Jarvis Italia, leader nelle attrezzature per la lavorazione e macellazione di bovini, suini, equini, ovini o avicoli. 6) Treif Italia con la sua gamma di attrezzature per la trasformazione di carni e salumi, prodotti elaborati, tra cui cubettatrici, taglia-porzioni e affettatrici. 7) Foto di gruppo per Criocabin: Antonio Buglino, Matteo Cassetta, Filippo Rizzato, Alessandro Bolletta, Corrado Greco, Soccorso Cresta e Andrea Centonze. 8) Alimenta ha presentato prodotti e servizi dedicati al settore delle carni fresche presso macellerie, laboratori e piccole/medie industrie. Sopra: 1) Le carni equine di Coppiello Giovanni. 2) Ampio lo spazio espositivo di TecnaFood, specializzata in attrezzature ed accessori per l'industria alimentare. 3) Patrizio Fazzini di Fazzini Technology, azienda leader nella produzione e vendita di macchine affilatrici professionali. 4) Paolo Miotto e Nicola Pozzi di Mondel, specializzata nella progettazione e realizzazione di espositori refrigerati per alimenti, banchi gastronomia e attrezzature per la ristorazione. 5) Enrico Cuman e Massimo Marchesin del Consorzio AmicΩmega. 6) Francesco e Paolo Minozzi di Idealclima, azienda modenese specializzata nella realizzazione degli impianti di stagionatura salumi Stagionare.

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Daniele Reponi con due delle sue creazioni per iMEAT: il panino con bresaola Paganoni, formaggio caprino, fragole e perle di aceto aromatizzate al limone e il panino con prosciutto crudo Casa Graziano, burrata e acciughe.

I Butchers for Children a iMEAT 2019 Quest’anno l’area di Federcarni ha ospitato la banda di macellai dell’associazione Butchers for Children, capeggiata da Dario Cecchini e, data la location modenese, diretta da Roberto Papotti della omonima macelleria di Fossoli di Carpi (MO). Nel corso della domenica in un food truck rosso fiammante si sono avvicendate una quindicina di macellerie e, a fronte di un contributo di 10 euro, hanno offerto piatti e prodotto di ciascun territorio, dal Piemonte al Lazio, passando dalla Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana. L’incasso sarà destinato alla realizzazione di un parco giochi nel comune terremotato di Visso, Macerata. In alto, da sinistra, Giulio Gambassi di Terre di Siena, Mara Labella, Dario Cecchini, Lorenzo Chini, Roberto Papotti, Daniele Biassoni, Giorgio Pellegrini, Moreno Favaretto, Orlando Di Mario, Francesco Biassoni. In basso, da sinistra, Dino Mazzucchi, Ezio Gusmeroli, Chiara e Francesco Camassa e Sauro Vettori.

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MGA GROUP

Vicentini Carni. Qualità garantita dalla A agli Zoccoli.

Vicentini Carni è un nome storico a forte tradizione familiare nel panorama delle aziende specializzate nell’allevamento e macellazione di carni bovine di Alta Qualità. Grazie al progetto Filiera, Vicentini garantisce qualità e controllo in ogni fase, portando le carni bovine più prelibate direttamente sul banco delle migliori macellerie italiane. Vicentini Carni, oltre 50 anni di passione, per offrirvi solo il meglio!

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La potenzialità della carne nel nostro mercato, dal produttore al consumatore Lo scorso 24 marzo, all’interno della cornice dell’evento fieristico iMEAT, ha avuto luogo il congresso “La potenzialità della carne nel nostro mercato, dal produttore al consumatore”. Ideatore e promotore dell’evento, GIORGIO BONARINI —macellaio da 38 anni, formatore dei giovani macellai presso vari enti regionali e convinto assertore della necessità di rilanciare la produzione di carni di qualità sul nostro territorio nazionale (photo © vivalacarne.com) —, ha invitato i convenuti a riflettere sull’ipotesi di creazione di un consorzio per promuovere tutte le carni di qualità prodotte sul nostro territorio creando una filiera corta controllata. Oltre all’intervento di Bonarini, i relatori intervenuti, DOMENICO LAZZARI ed il DOTT. LUCIO TELI, hanno illustrato le difficoltà che incontrano i singoli a produrre e a commercializzare il proprio prodotto nonostante la necessità di carne di qualità, in Italia, sia ben superiore a quanta se ne produca e, talvolta, si tenta di sopperire a questa mancanza importando prodotti esteri di dubbia qualità. Il consorzio che si vorrebbe creare dovrebbe raggruppare i produttori di foraggio, i produttori della mangimistica, gli allevatori, i trasportatori, gli abbattitori, i macellai e i venditori, creando una catena produttiva controllata e certificata dove ognuno porterebbe la propria esperienza e competenza, mettendosi in gioco in prima persona ovvero mettendoci “la faccia” nel vero senso della parola. Infatti, vera novità di questo progetto, sarebbe che ogni associato disporrebbe di un proprio logo ed un proprio marchio identificativo che finirebbe nella “carta di identità” dell’animale allevato e della carne dello stesso, dopo la macellazione. In questo modo il cliente finale non solo avrebbe la possibilità di vedere l’intero iter produttivo della carne che si appresta a consumare ma avrebbe la possibilità di identificare ogni volta anche l’allevatore. L’intero progetto è rivolto ai piccoli e medi produttori e allevatori che spesso si vedono sovrastati dai grossi operatori del settore, i quali inevitabilmente precludono loro cospicue fette di mercato nonostante il piccolo (o medio) produttore spesso riesca ad ottenere un prodotto di qualità decisamente superiore. L’idea del progetto ha positivamente colpito tutti i partecipanti che hanno preso l’impegno di diffondere quanto appreso all’interno delle loro singole associazioni di categoria. «La certezza di aver fatto germogliare il seme di una nuova consapevolezza è innegabile, e ora sta ai singoli seguire questa idea — ha sottolineato Bonarini — per dare vita a questa nuova realtà nel mondo della produzione nazionale della carne di qualità». Il promotore del convegno ha infine ringraziato tutti i relatori e i partecipanti e, in particolare, Luca Codato, che ha permesso la realizzazione di questo approfondimento. •

Per info: giorgio.bonarini65@gmail.com

Fileni a iMEAT con prodotti e servizi vincenti per i migliori macellai Ad iMEAT 2019 l’azienda marchigiana ha presentato i prodotti della sua linea BIO e le ultime novità del Club dei Galli, la community di Fileni ideata per i professionisti della macelleria. Fileni BIO, lanciata sul mercato nel 2015 e divenuta punto di riferimento nel settore “benessere” per i consumatori italiani, offre tanti prodotti diversi per portare in tavola piatti sempre nuovi, nutrienti e gustosi: dal petto di pollo a fette ai panati crudi, dalla fesa di tacchino agli arrosticini di pollo, dagli hamburger alle polpette di pollo. Novità di quest’anno, presentata proprio ad iMEAT, i nuovi panati, frutto di una ricetta che li rende particolarmente croccanti. In fiera hanno trovato grande spazio anche i prodotti dedicati alle macellerie che aderiscono al Club dei Galli, ovvero una linea esclusiva e selezionata di carni di pollo e tacchino. Tutti i polli della linea sono scelti da personale appositamente formato per garantire ed esaltare un prodotto di eccellenza che rispetta le migliori pratiche di allevamento e sono certificati dal CSQA. >> Link: www.fileni.it – www.clubdeigalli.it

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Federcarni: l’arte della macelleria che esiste e resiste La Federazione Nazionale Macellai a iMEAT 2019 tra iniziative, successi e nuovi progetti di Alessandra Silvestri

L’

edizione 2019 di iMEAT (2426 marzo, Modena Fiere), giunta alla sua sesta edizione, è stata un successo in termini di presenze e iniziative. iMEAT è l’unica fiera nazionale business to business dedicata esclusivamente alla macelleria, nonché un’occasione unica per mettere in relazione i macellai italiani con i fornitori di tutte le merceologie dedicate e per esplorare una realtà che è in continua evoluzione e innovazione. Anche quest’anno la Federazione Nazionale Macellai è stata partner

ufficiale di iMEAT e ha partecipato dinamicamente alla manifestazione. Lo stand Federcarni, infatti, è stato teatro di una moltitudine di eventi che hanno coinvolto e affascinato i visitatori tanto da dar vita ad un’affluenza superiore a qualsiasi aspettativa. I macellai artigiani presenti allo stand hanno intrattenuto i presenti, divertendoli e allietandoli a suon di dimostrazioni, preparazioni e gioco di squadra. La creatività, la passione e l’entusiasmo sono stati il comun denominatore di tutte le attività

A Modena rappresentanti di differenti realtà europee hanno raccontato lo stato dell’arte della macelleria nei loro paesi. Francia, Grecia, Irlanda, Scozia e Spagna: sono le squadre che, al fianco di quella italiana, si sono messe in gioco a colpi di preparazioni e ricette tipiche

L’inaugurazione dello stand di Federcarni a iMEAT 2019. 116

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organizzate dalla Federazione che hanno visto alternarsi giovani leve del settore, squadre regionali e squadre europee in dimostrazioni e competizioni. Senza dimenticare la beneficenza del progetto Butchers for Children. Il sodalizio Federcarni con l’Europa Federcarni quest’anno ha dato vita ad un nuovo progetto: coinvolgere i colleghi europei in giochi di abilità, dimostrare come il macellaio che guarda avanti, che percorre i tempi, esiste e soprattutto resiste. Ed è soddisfatto del proprio lavoro, in Italia così come in tutta Europa, dove la Grande Distribuzione ha colpito ancora più duramente. A Modena rappresentanti di differenti realtà europee hanno raccontato, attraverso dimostrazioni e giochi di abilità, lo stato dell’arte della macelleria nei loro paesi. Francia, Grecia, Irlanda, Scozia e Spagna: queste le squadre che, al fianco di quella italiana, si sono messe in gioco a colpi di preparazioni ricercate e ricette tipiche del proprio territorio, mettendo le basi per un sodalizio che è destinato a durare nel tempo. #CarneSanaPassione: per un consumatore sempre più informato e consapevole In occasione di iMEAT 2019 è stata presentata una novità targata Federcarni: #CarnesanaPassione, l’opuscolo divulgativo dedicato ai consumatori distribuito nelle botteghe aderenti. Il dépliant, nato dalla collaborazione tra la DOTT.SSA MARY MATTIACCIO e l’Ufficio Marketing Federcarni, è pensato per rispondere all’esigenza del consumatore moderno di essere costantemente informato su ciò che mangia. All’interno di #CarneSanaPassione si trovano informazioni generali riguardanti la carne e le sue proprietà nutritive, ma non solo. L’opuscolo contiene informazioni utili e suggerimenti rivolti in particolare a quattro macrocategorie di consumatori di carne: gli adulti, i bambini, gli anziani e gli sportivi. Il consumo di carne apporta benefici ad ognuna di queste quattro cateEurocarni, 5/19

In alto: il presidente di Federcarni Maurizio Arosio con il prof. Marco Tassinari dell’Università di Bologna nel corso della presentazione dell’opuscolo #CarneSanaPassione (il dépliant può essere richiesto sul sito www.carnesanapassione.it). In basso: le preparazioni delle squadre europee. gorie: nell’opuscolo questi benefici sono descritti in modo diretto, chiaro e discorsivo con l’intento di eliminare i pregiudizi legati al consumo di carne. Per una dieta sana e equilibrata la carne deve essere consumata nelle giuste quantità: il segreto di una corretta alimentazione, infatti, sta nel variare gli alimenti che mettiamo in tavola, carne compresa. L’opuscolo nasce quindi con un duplice obiettivo: essere uno strumento per aprire un contatto con i clienti che

hanno paura di consumare carne, e al tempo stesso essere un mezzo per ridimensionare pregiudizi frettolosi e, spesso, infondati. Alessandra Silvestri Area Communication Endelab Ufficio Marketing Federcarni

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LA CARNE IN TAVOLA

Sua Maestà la Cotoletta alla Bolognese Bologna la Grassa e i suoi trofei: uno di questi è la cotoletta, conosciuta anche come “Petroniana”, un piatto antico e sontuoso, vanto della città delle Due Torri. Un’associazione di appassionati, “Gli Amici della Petroniana”, ne promuove la conoscenza, indicendo anche un concorso annuale di Nunzia Manicardi

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iciamo subito che, se avete problemi di dieta o comunque di linea, questo non è un piatto da consumare spesso. Però, almeno qualche volta, godetevelo in santa pace, in uno di quei templi gastronomici che Bologna conserva con gelosa e consapevole attenzione: vecchie trattorie oggi adeguate ai criteri più moderni, dove la “Cotoletta alla Bolognese”

la fa ancora e sempre da regina, nel suo tuttora indiscusso ruolo di simbolo gastronomico e identitario cui non nuoce, tutt’altro, il confronto a distanza con la più conosciuta cotoletta alla milanese. Questo secondo piatto di carne, davvero ricco, sostanzioso e sontuoso, fa onore all’appellativo di “Grassa” con cui, accanto a “Dotta” (per via della sua antichissima Università), è definita

la città di Bologna. Ma pure la ricetta di questa specialità è antica, anche se non tanto quanto l’Università felsinea, quell’Alma Mater Studiorum che, fondata nel 1088, detiene orgogliosamente il titolo di università più antica del mondo occidentale. Le origini della ricetta della cotoletta alla bolognese (depositata alla Camera di Commercio di Bologna il 14 ottobre 2004 dall’Acca-

La Petroniana della Trattoria Bertozzi (photo © www.cucchiaio.it).

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Cotoletta alla Bolognese La ricetta depositata alla Camera di Commercio di Bologna il 14 ottobre 2004 dall’Accademia della Cucina prevede (per 4 persone): • 4 fette di fesa di vitello • 4 fette di prosciutto crudo (sottili) • 120 g di parmigiano non troppo stagionato • 2 uova • pane grattugiato • poco brodo • succo di limone • sale e pepe • burro • sugo di carne • salsa di pomodoro.

demia della Cucina) risalirebbero, secondo alcune fonti, a prima del 1600 e comunque essa compare giĂ ne La Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene di PELLEGRINO ARTUSI del 1891, alla voce “Cotolette col Prosciuttoâ€?. La sua particolarità è costituita dall’utilizzo di: fesa di vitello, prosciutto crudo, formaggio Parmigiano Reggiano. Il procedimento richiede parecchi passaggi, comunque molto semplici. Innanzitutto pulite le fettine di vitello eliminando qualsiasi scarto o ritaglio, poi battetele ben bene col batticarne fino a farle risultare larghe nella parte centrale e piĂš ristrette ai lati. Passatele in successione nella farina, nelle uova sbattute con poco Parmigiano grattugiato, qualche goccia di succo di limone, sale e pepe. Premete bene per far aderire il tutto e lasciate insaporire per almeno 30 minuti (meglio ancora se fino a un’ora), quindi passatele nel pangrattato. Se le volete ancora piĂš gustose, potete ripassarle nuovamente nell’uovo, senza però lasciarvele a riposare, e ancora nel pangrattato. Mettetele a soffriggere in una padella con burro e fatele dorare da entrambe le parti. Stendete su ogni cotoletta una fettina di prosciutto crudo e alcune scaglie di Parmigiano Reggiano tenero. Aggiungete nella padella due cucchiai di brodo caldo e un poco di sugo di carne. Lasciatele sul fuoco lento, con coperchio, fino a quando il formaggio non si sarĂ fuso. Servitele subito, ben calde. Questa la ricetta base che — come sempre accade, in particolare nella cucina italiana, soprattutto se di origine popolare e di antica tradizione — viene poi personalizzata da cuochi sia della ristorazione pubblica che di ambito strettamente familiare. C’è chi serve le cotolette

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ulteriormente arricchite da un po’ di salsa di pomodoro (versione molto diffusa); chi le passa al forno per farle diventare piĂš asciutte e croccanti; chi aggiunge, sopra prosciutto e formaggio giĂ cotti, scaglie di tartufo dell’Appennino bolognese‌ Tutto buono, buonissimo, squisito. Consigliamo, modestamente, di non esagerare con troppe aggiunte e modifiche per non snaturare un piatto che giĂ si regge su un perfetto bilanciamento di base, tutt’altro che facile da ottenere fra tanti ingredienti di forte personalitĂ e gusto spiccato. Lo stesso Artusi, peraltro, suggeriva a sua volta di sostituire i tartufi (che quindi dovevano essere di impiego antecedente) col parmigiano e non di sovrapporli ad esso, e men che meno al prosciutto. A questo proposito ricordo anche che scriveva di inserire la fettina di prosciutto all’interno della panatura e non sopra la frittura giĂ effettuata. Ăˆ tale e tanta la passione dei bolognesi per questa loro cotoletta che otto di essi hanno fondato, alcuni anni or sono, il gruppo “Gli Amici della Petronianaâ€? con l’obiettivo di assegnare ogni anno il titolo di miglior cotoletta all’interno di una classifica top 10. “80 cotolette, 20 litri di vino, 10 locali vagliati, 2.800 euro di scontrino, un evento con oltre 70 partecipanti. Sono stati giorni di discussioni accese, confronti infuocati e pareri contrastanti, ma finalmente ci siamoâ€? hanno scritto i membri del gruppo sulla loro pagina Facebook. E i risultati di questo sicuramente non sgradito “lavoroâ€? sono stati i seguenti: al primo posto della classifica 2018 la Petroniana dello storico ristorante “Dianaâ€?, seguita da quella della trattoria “Bertozziâ€? e, terza, da quella dall’osteria “Oltreâ€?. Nunzia Manicardi

352*(77$=,21( ( )251,785( 3(5 ,1'8675,( $/,0(17$5,

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MACELLERIE D’ITALIA

La più antica macelleria equina ancora in attività a Parma Marcello e Giovanni, che nel 2018 hanno festeggiato gli 80 anni di vita della macelleria, propongono ogni giorno carne di cavallo di altissima qualità. Sicurezza alimentare al top e passaparola i loro punti di forza di Veronica Fumarola

U

n tempo le macellerie equine a Parma erano più di sessanta. Oggi il numero in città si è notevolmente ridotto. Eppure, nella capitale della Food Valley la carne di cavallo è un vero e proprio must. Ogni parmigiano che si rispetti non rinuncia mai al “caval pist”: carne di cavallo tritata e

macinata, da gustare cruda con un filo d’olio, un pizzico di pepe e un goccio di limone. Ma quali sono le caratteristiche di questa specialità e perché riscuote così tanto successo a Parma? Lo raccontano MARCELLO PALMIA e GIOVANNI SIMONETTI, titolari di una piccola macelleria equina nel centro storico di Parma, la più antica

in attività in città. «Questa macelleria è stata aperta nel 1938» racconta Marcello. «Non è stata la prima, ma è l’unica a non aver mai chiuso. Io l’ho rilevata dalla vecchia gestione nel 1994 col mio socio di allora, a cui è subentrato Gianni nel 2011, e insieme abbiamo cercato di migliorarla, mantenendo sempre alta, anzi

Nessun preparato nella vetrina della macelleria di Marcello e Giovanni a Parma, ma solo carne equina cruda di altissima qualità: «mai carne da cavalli da corsa, ad esempio, ma solo cavalli a sangue caldo, con un’età superiore agli otto anni. Meglio se ne hanno quindici» racconta Marcello.

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Carne bovina e ovina di Alta QualitĂ ottenuta da risorse sostenibili Dawn Meats, fondata nel 1980 a Waterford nel sud dell’Irlanda, è cresciuta in modo costante ďŹ no a diventare oggi una delle principali realtĂ produttive irlandesi, con stabilimenti anche in Inghilterra, Scozia e Galles. Dawn Meats è rimasta fedele ai principi dell’impresa familiare ed al suo radicamento agricolo, con una forte attenzione all’innovazione ed alla sostenibilitĂ , ponendo un

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Giovanni Simonetti e Marcello Palmia dietro il bancone della loro macelleria. altissima, la qualità. Non facciamo alcun tipo di preparati. Vendiamo solo carne di cavallo cruda e ci rivolgiamo a chi ama e apprezza questa specialità nella sua essenza». Dietro la passione per la carne equina si nasconde un amore profondo per la carne in generale, che ha radici ben lontane. «Andavo a scuola con il coltello» racconta Marcello sorridendo. «Prima mi divertivo ad affettare prosciutti e piccoli tagli di carne. Poi ho iniziato la mia carriera come macellaio di carni bovine. Ho cambiato diversi posti di lavoro finché non ho ricevuto un’offerta da una macelleria equina. Lo ammetto — confida — all’inizio ho accettato perché la proposta economica era davvero allettante, poi mi sono appassionato

sempre più, fino ad aprire un’attività tutta mia». Storia diversa quella di Giovanni che, dopo anni come operaio in azienda, nel 2011 si tuffa in questa avventura con l’amico di una vita. E la scelta è stata vincente: «Tutto quello che so lo devo a Marcello. Insieme siamo molto soddisfatti del nostro lavoro. La gente è contenta, abbiamo sempre una grande richiesta e non abbiamo mai speso un euro per farci pubblicità. La nostra forza è il passaparola». I due soci, infatti, hanno puntato tutto sulla qualità e sull’igiene. «I nostri cavalli sono ungheresi o tedeschi e, in piccola parte, nazionali. In macelleria arrivano solo capi iscritti all’anagrafe equina, che sono stati sottoposti a rigorosi esami dell’ASL.

I nostri cavalli sono macellati il lunedì e il giovedì. In macelleria non arrivano mai il giorno stesso, ma quello seguente, per permettere alla carne di raggiungere la giusta temperatura. Così possiamo posizionarla direttamente nelle celle frigorifere, a salvaguardia di freschezza e igiene

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Al banco non abbiamo mai cavalli da corsa, ma solo cavalli a sangue caldo, con un’età superiore agli otto anni. Meglio se ne hanno quindici» specifica Marcello. «La vita media di un cavallo è di trent’anni, quindi quella fascia di età è il periodo migliore della loro vita». A fare la differenza è però anche la maniacale attenzione verso l’igiene: «Ci teniamo così tanto — racconta sempre Marcello — che, molte volte, facciamo tamponi ogni tre mesi. I nostri risultati, grazie alla scrupolosa attenzione, sono sempre prossimi allo zero. E ogni volta che il veterinario viene da noi per fare il prelievo, non utilizziamo mai i sacchetti sterili che porta con sé, ma la carta con la quale incartiamo la carne ai nostri clienti. Questo perché vogliamo essere sicuri di quello che facciamo e, soprattutto, del prodotto che finisce sulle tavole di chi ci sceglie ogni giorno». C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare, a garanzia della qualità e della freschezza: «I nostri cavalli sono macellati il lunedì e il giovedì. In macelleria non arrivano mai il giorno stesso, ma quello se-

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Clienti in fila per entrare in macelleria. guente, per permettere alla carne di raggiungere la giusta temperatura. Così possiamo posizionarla direttamente nelle celle frigorifere ed evitare di tenerla appesa all’interno, sempre per una questione di igiene» precisa Marcello. Mentre Giovanni aggiunge: «Lavoriamo solo carne con l’osso e la prepariamo di giorno in giorno per garantire sempre un prodotto fresco al banco. Per fare questo ci svegliamo ogni mattina alle quattro». La macelleria, infatti, è aperta solo al mattino, dalle 8:00 alle 14:00 per evitare di manipolare eccessivamente la carne. «La carne equina sta meglio nelle celle frigorifere ed è bene toccarla il meno possibile affinché conservi tutta la sua bontà e le sue proprietà» continua Gianni. Questo è un tipo di carne con poche calorie, tanto ferro e pochissimi grassi ed è particolarmente indicata per le persone anemiche. Marcello e Giovanni raccontano che molti clienti si rivolgono a loro su indicazione medica e la maggior parte preferisce gustare la carne cruda: «Sicuramente il cavallo pesto va per la maggiore, ma questa carne si presta a varie preparazioni: carpac-

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cio, roast beef, stracotto, spezzatino, involtini, polpette. Escludiamo solo il bollito, anche se nel periodo della “mucca pazza” alcuni clienti ci richiedevano il cavallo per questo tipo di preparazione». Una vera prelibatezza, un altro fiore all’occhiello della tradizione culinaria Città Creativa UNESCO per la Gastronomia. L’ultima curiosità riguarda proprio la diffusione di questo piatto. Come mai il cavallo è così apprezzato in città? «Si dice che siano stati i Francesi a diffondere a Parma questa usanza. Un’altra leggenda narra che siano stati i Tedeschi ad aver fatto uso dei cavalli quando, accerchiati, pur di nutrirsi, decisero di macellare i loro “compagni equini”» racconta Gianni. Nessuno sa quali siano le vere origini del caval pist, quel che è certo è che la carne di cavallo così, la si può mangiare solo a Parma. Veronica Fumarola Macelleria Equina Palmia Marcello & Simonetti Snc Via Ferdinando Maestri 13/A 43121 Parma Telefono: 0521 234259


A Nizza Monferrato, Asti, una bottega d’altri tempi

Pietro Lorenzo Giolito: la macelleria tra arte ed economia di Riccardo Lagorio

È

un po’ filosofo, un briciolo poeta, certo un grande affabulatore. E un esperto macellaio. Lo sa chi passeggia il corso principale di Nizza Monferrato e viene fatalmente attratto dalla vetrina che ospita le carni in frollatura di PIETRO LORENZO GIOLITO. Figlio d’arte e con sessant’anni di coltelli, mannaie e battilardo sulle spalle è un fiume in piena, dispensa velati consigli a chiunque entri nella vecchia bottega, un tempio della carne con i banconi in marmo bianco. «A 78 anni non voglio mandare il cervello in ozio», si rivela. Inizio niente male, prima delle domande di rito. «Oggi la gente è sbandata, la cultura popolare ha tolto di torno la figura della massaia, che impersonava la vera economia, che si fa con la concorrenza alla farmacia, non ammalandosi. È la qualità degli alimenti che crea gli anticorpi». Si potrà pensare ad un giudizio affrettato e scientificamente poco rigoroso, ma come dargli torto? Da più parti i medici pontificano che una alimentazione sana sta alla base del benessere del consumatore e, per rimanere sul tema, una carne salubre ne è il presupposto. La selezione degli animali è quindi scrupolosa: «Acquisto animali nel raggio di un centinaio di chilometri e per questa ragione riesco a garantire soggetti cresciuti in piccoli allevamenti, mai in batteria. Alimentati in maniera più naturale e tradizionale possibile: cereali, legumi e poco altro. Quindi devo avere tanti fornitori per avere un’ampia scelta». Sotto il vetro vengono esposte tutte le parti del bovino, a ciascuna si affida una

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Pietro Lorenzo Giolito.

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Figlio d’arte e con sessant’anni di coltelli, mannaie e battilardo sulle spalle, Pietro Lorenzo Giolito è un fiume in piena, dispensa velati consigli a chiunque entri nella vecchia bottega, un tempio della carne con i banconi in marmo bianco: «Acquisto animali nel raggio di un centinaio di chilometri e per questo riesco a garantire soggetti cresciuti in piccoli allevamenti, mai in batteria. Alimentati in maniera più naturale e tradizionale possibile»

ricetta, un ruolo in cucina. Del resto, stigmatizza Giolito, «La figlia dell’emigrante contadino ha pensato di fare la ragioniera per fare la bella vita. Ha le mani levigate, si lascia comprare dalla pubblicità e mangia cibi al limite della ragionevolezza. Qui sa che non deve neanche entrare perché non trova quello che cerca. Per scelta non prepariamo piatti pronti». Esempio di offerta che guida esplicitamente la domanda e che, in certo senso, spiazza per franchezza. «Certi prodotti che la gente oggi consuma non donano calore al corpo, anzi lo indeboliscono. Con la complicità delle polveri sottili e delle altre brutture che siamo costretti a respirare». Certo il tema andrebbe approfondito, ma per restare alla carne, succulenta e marezzata, nell’atelier della frollatura le mezzene riposano per almeno un mese, spesso 60 giorni se si tratta di buoi dell’età di 5 o 6 anni. Poi i tagli vengono messi sottovuoto, allestiti per la vendita. Piccole, medie e grandi dimensioni in base al consumo familiare. Tagli indicati a seconda del piatto che si vuole ottenere. La famiglia e la scuola sono i luoghi dove l’individuo si forma: «Farei un appello alle scuole perché oltre alla cultura in sé propagandino anche l’esperienza, riportando le giovani generazioni a dare un valore alla realtà e non alla conoscenza virtuale». Niente di più concreto e tangibile. Del resto il mestiere del commerciante e del macellaio, così come il ruolo del consumatore, non devono farsi prendere la mano da facili illusioni: «La vera qualità si trova dove il prezzo non è troppo elevato, ma equo e corretto. Ancora

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una volta, un ruolo fondamentale lo gioca l’esperienza». Dove l’abilità del commerciante, che possiede la capacità di intuire, mediare, ottenere un buon prodotto a un prezzo ragionevole, e la conoscenza del consumatore raggiungono un equilibrio onesto e utile a entrambi. Quasi una lezione di economia. Solo che in questo contesto si tocca il mercato di tutti i giorni, da banco della spesa, diverso da quello insegnato nelle aule universitarie. Una laurea di vita, insomma. Uno spazio è destinato ai salumi di produzione propria. In particolare al salame gentile, il biachilé, lungo anche un metro, sottile e sempre morbido, con una stagionatura di almeno un anno. Questo da solo meriterebbe la sosta nella bottega d’altri tempi di Giolito. Sosta alla quale non si sono sottratti personaggi pubblici e dello spettacolo. Come quella di un anonimo, importante cliente degli anni Ottanta, il quale spediva una cartolina assicurando che “Al numero 10 si nascondono preziosi gioielli: uno a Londra e l’altro a Nizza Monferrato” (all’epoca la macelleria si trovava al numero 10 della stessa via, Ndr). ORNELLA VANONI e WALTER CHIARI erano affezionati clienti e VITTORIO GASSMAN amava tanto le carni di Giolito da invitarlo a frequentare un corso di recitazione a Roma. Che il nostro macellaio seguì: «Il commerciante deve essere un grande regista e attore di se stesso», chiosa. Riccardo Lagorio

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Il Wagyu non è Kobe di Matteo Villanti

L

o scorso febbraio sono partito per il Giappone con destinazione l’allevamento di Kamichiku, nella prefettura di Kagoshima, isola di Kyushu. Sono stato accompagnato da YOKOSAWA di JI FARM, azienda giapponese che acquista Wagyu (dal giapponese “wa” = Giappone e “gyū” = bue,

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Ndr) direttamente dal produttore ed esporta nel nostro Paese grazie a Ca.Form Italia, che distribuisce Wagyu su tutto il territorio nazionale. Dapprima siamo andati in visita allo stabilimento che produce mangimi, presso il quale mi è stata spiegata dal proprietario l’importanza dell’alimentazione per

questo bovino prestigioso e unico al mondo: mais, orzo, soia, residuo di patate dolci per la produzione di distillato (shochu) e riso sono gli ingredienti segreti che sviluppano il grasso dell’animale. Wagyu non è sinonimo di generico “manzo” giapponese e nemmeno di “Kobe” (Kobe è solo una delle

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tante zone di allevamento dei capi Wagyu); per essere considerato tale deve seguire uno specifico iter: nascita, allevamento e macello sul territorio giapponese, alimentazione controllata in assenza di vitamine. La caratteristica marmorizzazione del Wagyu è ottenuta infatti da una dieta specifica: latte per il primo mese, dal secondo mese anche mangimi, dal quarto al nono mese solo erba, dal decimo mese fino al momento della macellazione erbe e cereali. Nell’ultima fase l’alimentazione è povera di vitamine, che inciderebbero negativamente sulla produzione di grasso, ottenendo quindi una carne troppo magra. Un manzo di Wagyu al 30o mese viene a pesare circa 800 kg. L’allevamento dura da 26 a 29 mesi (l’UE, nel 2014, ha liberalizzato l’esportazione ma è vietato esportare Wagyu di oltre 30 mesi). L’azienda di Kamichiku, avendo uno stabilimento di mangimi di proprietà, può vantare di un sistema di controllo sul tutto il processo estremamente capillare. Non vi è alcuna differenza tra il Wagyu di Kagoshima, quello di Kobe o di qualsiasi altro allevamento giapponese: basta sia conservata la razza attraverso la selezione del sangue del toro maschio. Non vi sono eguali al mondo: il Wagyu giapponese mantiene così la sua peculiarità. La prima cosa che noto all’ingresso dell’allevamento è la musica classica, necessaria per rilassare e mantenere il grasso degli animali. Si tratta di manzi neri, tenuti in ambienti estremamente puliti e controllati, marchiati ognuno con un codice di 10 numeri per rendere tracciabile tutto il processo di allevamento di ogni singolo capo. Dopo avere visto la cura e il trattamento riservato agli animali ci siamo spostati al macello. Qui ci siamo vestiti e con la torcia abbiamo controllato il grado di marezzatura di varie mezzene. Per un macellaio come me è stato un sogno che ha completato i tanti anni di apprendimento e lavoro. Toccare con mano questa carne è stato un evento più unico che raro

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Il controllo della marezzatura della carne: è proprio l’elevato grado di grasso intramuscolare a donare al Wagyu un gusto unico e la ragione del crescente apprezzamento che riscuote fra gli intenditori di tutto il mondo.

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A sinistra: Matteo Villanti durante la visita all’allevamento di Kamichiku. A destra: degustazione della carne di Wagyu. e mi rendo conto che tanti professionisti del settore mi avrebbero invidiato e perciò sono onorato di aver vissuto in prima persona questa esperienza. Esistono 4 “razze” di Wagyu ma il 95% è Kuroge washu. C’è inoltre un sistema di classificazione molto rigido e preciso che attribuisce un punteggio da A1 a A5: la lettera indica la quantità di carne mentre il numero indica la quantità di grasso (quindi C1 sarebbe un manzo magro con poco grasso). La carne di Wagyu è tutta A ma cambia il grado di marmorizzazione: A5 è quella più grassa e quindi più costosa. Oltre a questo sistema esiste anche un’altra classificazione denominata BMS (Beef Marble Score) che

va da 1 a 12 in base alla marezzatura. Una carne A4 presenterà un BMS da 5 a 7, una A5 avrà un BMS da 8 a 12. Un funzionario statale decide se si tratta di A5. Il proprietario ci spiega che 9 anni fa l’85% era carne A2-A3 mentre adesso, proprio grazie all’alimentazione specifica, hanno sviluppato la produzione di carne di Wagyu A5. Quasi tutta la carne venduta quindi presenta elevati gradi di marezzatura. Una carne A5 costa il 15% in più rispetto ad una carne A4 ma il gusto dolce e la consistenza burrosa valgono la pena di essere pagati. La differenza è notevole e quando si confrontano i diversi tipi di carne è facile distinguerne il sapore.

I capi di Wagyu, patrimonio nazionale giapponese, sono il risultato di duecento anni di selezioni molto accurate. Gli animali, di colore nero, dimensioni ridotte e a crescita lenta, producono carni considerate fra gli alimenti più pregiati, e costosi, a livello mondiale

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Finito il nostro tour finalmente ci siamo seduti a tavola e abbiamo fatto una degustazione di 6 tagli di Wagyu: dai più classici, come il controfiletto, a tagli meno pregiati come coscia e spalla che ci hanno colpito maggiormente. In questo caso la carne è stata cotta su una griglia al centro del tavolo col metodo giapponese dello yakiniku (letteralmente “carne grigliata”), ma esistono diverse tipologie di cottura: shabu shabu (la carne viene fatta a fette molto fini e cotta in brodo di kombu con verdure), sukiyaki (la carne è saltata in padella con grasso a cui si aggiunge la salsa warishita a base di salsa di soia, porro e infine uovo crudo). La migliore che io abbia mangiato rimane la classica cottura al carbone, che rende la carne burrosa e al tempo stesso saporita. Me ne torno nella mia macelleria sotto il campanile carico di energia: adesso la nuova proposta dell’anno sarà il Wagyu! Dalla vendita diretta alle cene in casa, di certo conquisterà tutti. Matteo Villanti

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MACELLERIE E RISTORAZIONE

La carne, una passione di famiglia Il ristorante-macelleria Turba a Rivolta d’Adda (CR), tra cotture, carneteca, allevamenti locali ed educazione al mangiare sano e di qualità di Elena Benedetti

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Da sinistra Valentina Turba, responsabile di sala, Alessio Ghiso, Paola Nassaro, chef e responsabile del ristorante, Donato e Daniele Turba. La carta menù sposa la filosofia di Slow Food, valorizzando la carne con prodotti stagionali dei vari presidi.

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Il ristorante-macelleria Turba nasce nel dicembre del 2014, ricavato negli spazi di in un antico mulino di famiglia, si presenta come un ambiente accogliente, sia internamente che esternamente. L’atmosfera è quella di casa, famigliare. La carne è lavorata direttamente dalla macelleria a Melzo, che selezione i migliori tagli per offrire delle vere primizie. La carne di Angus la fa da padrona, con frollature di 30-60-90 giorni

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iamo a Rivolta d’Adda, nella provincia di Cremona, a ridosso dell’hinterland milanese. Qui, nel dicembre del 2014, DONATO TURBA ha aperto il suo ristorante. Anzi, il ristorante di famiglia, dato che è ospitato nei locali ristrutturati di un antico mulino ereditato dalla madre, e sede di un progetto di ristorazione che vede direttamente coinvolti la moglie PAOLA NASSARO, chef e responsabile del ristorante, affiancata allo chef DAVIDE MALOBERTI, i figli VALENTINA, responsabile di sala, DANIELE e il nipote FEDERICO nello staff organizzativo. L’Antica Macelleria Turba quest’anno compie 100 anni: aperta a Melzo nel 1919 per opera di Francesco Turba con una tripperia e macelleria equina, oggi è una bottega che continua la filosofia di famiglia, ovvero “la garanzia di una qualità elevata della materia prima” e che, oltre all’equino, offre anche carni bovine, suine, avicunicolo, pronti a cuocere e una selezione di salumi artigianali di produzione propria.

Non poteva quindi mancare il passo successivo nell’evoluzione della famiglia Turba, quello della ristorazione. In Italia il trend della ristomacelleria è oramai sdoganato e cosa nota, ampiamente analizzato anche all’ultima edizione di iMEAT a Modena. Le belle botteghe, tra macellerie e salumerie, oggi possono cogliere ottime opportunità di sviluppo erogando servizi aggiuntivi, con aperitivi, brunch, servizi catering e, qualora i locali lo consentano, anche punti di ristorazione. La formula non è mai uguale per tutti. Essa va sempre declinata sulla base delle caratteristiche del locale, della posizione, del tipo di clientela con cui ci si ritrova a fare i conti. In questo caso siamo ad una ventina di chilometri dall’aeroporto di Linate e a poco meno di trenta chilometri da piazza Duomo in centro a Milano, in una zona frequentata dai turisti che gravitano su Milano, dai visitatori del vicino Parco della Preistoria, dai tanti cicloturisti che nei fine settimana possono prendere in

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alla cottura alla griglia e le sedute, sia dentro che fuori». Che cos’è la carneteca? «È per me un vero e proprio spazio di cultura e di educazione delle carni che consiste in due ampie celle, una dedicata alla frollatura delle carni e l’altra alla stagionatura dei nostri salumi, dell’ampiezza di 25 m2, progettate da noi e fatte realizzare su misura, che si aprono alla vista nella sala superiore, dedicata ad accogliere cene private, gruppi numerosi ed eventi ad hoc» mi spiega Donato. «I nostri clienti possono tranquillamente scegliere il taglio che preferiscono e noi lo cuciniamo sulla griglia esterna, di design e manifattura olandese».

In alto: una selezione di salumi della macelleria Turba, con prosciutto cotto di Angus, cotto “Il mio bambino”, lombo con lardo, stagionato 2 anni e leggermente affumicato con legno di faggio, e un salame nostrano. In basso: un dettaglio del dehors del ristorante-macelleria ospitato nei locali di un antico mulino a Rivolta d’Adda (CR). affitto le biciclette nei locali del vecchio mulino, dipendenti di aziende delle vicine Melzo, Treviglio, Lodi e Melegnano. La carneteca, dove trasmettere la cultura della carne… La macelleria ristorante Turba è oggi un punto di riferimento della

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zona per gli amanti delle buone carni. «L’idea è stata quella di portare la qualità della macelleria anche nella ristorazione» mi racconta Donato, mentre rendo onore ad un tagliere di salumi prodotti dai Turba. «Abbiamo creato questo luogo pensato come una macelleria, con la carneteca, un’area esterna riservata

…e degustarla Qui il ristorante macelleria Turba organizza verticali di carne con maturazioni di 30/60/90 giorni, oltre a degustazioni di carni italiane ed estere e serate enogastronomiche in abbinamento a cantine vinicole. «In quest’area in cui la carne è anche visivamente la protagonista offriamo esperienze che ci danno l’opportunità di continuare e sviluppare il lavoro della macelleria, trasmettendo più contenuti e valori del prodotto e del nostro modo di lavorare» sottolinea il figlio Daniele Turba. La parte “formativa” è infatti una componente importante della famiglia Turba: «Il cliente ha voglia di sapere, di comprendere il lavoro che c’è dietro ad un piatto di carne o di salumi ed è per questo motivo che noi ci impegniamo a trasmettere contenuti sull’origine del prodotto, sulla lavorazione artigianale e sulle cotture. Così come avviene in macelleria lo facciamo anche qua», dice Donato. Razze pregiate e salumi homemade, anche di cavallo Quali carni lavorate? «Per il bovino principalmente delle Frisone incrociate con Angus, Montbéliarde e Simmental, razze pregiate con un’ottima resa, provenienti da un allevamento del nostro territorio, che maturiamo nella carneteca per un periodo che non supera i 90 giorni», risponde Donato.

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1) Federico, Donato e Daniele Turba davanti alla carneteca, progettata da Donato Turba e fatta realizzare su misura. Dotata di una ventilazione statica, con un sistema di controllo dell’umidità del pH, ha tra le funzioni uno ionizzatore che tiene bassa la carica batterica delle carni. 2) Il manzo proviene in gran parte da Frisone incrociate con Angus, Montbéliarde e Simmental, razze pregiate con un’ottima resa, allevate nel territorio. I tagli delle carni lavorate in macelleria sono poi maturati nella carneteca per un periodo che non supera mediamente i 90 giorni. 3) La carneteca ospita anche la stagionatura dei salumi autoprodotti, realizzati anche con carni equine e bovine. La parte salumiera conta circa 130 quintali di salumi prodotti all’anno che comprendono salame nostrano, salamini, bresaole, slinzega, coppiette, jerky beef, lardi e petto d’anatra. Data la storicità nella lavorazione dell’equino, non manca una ricca offerta di prodotti a base di cavallo.

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Come fate a conciliare tutto, macelleria con annesso laboratorio e ristorazione? «I tempi sono diversi e numerose le sinergie tra le due attività» risponde Donato. «Certo è che i sacrifici sono tanti ma le soddisfazioni — a quattro anni e mezzo dall’apertura del ristorante — sono per noi la motivazione più grande». La sala è ormai pronta per

il servizio serale. La griglia è spenta, lo staff si è già dileguato. È arrivata giusto l’ora di andare ad aprire la bottega di macelleria nel vicino centro storico di Melzo. Elena Benedetti Antica Macelleria – Ristorante Turba V.le Piave 30 – 26027 Rivolta d’Adda (CR) Web: www.macelleriaturba.it

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STREET FOOD

Né hamburger, né pulled pork: è Porcobrado di Federica Cornia

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uò capitare che prendiate un panino, diate un morso e… Wow! È successo questo a Berlino, quando i giurati dell’European Street Food 2017, la più grande competizione di street food al mondo alla sua seconda edizione, hanno assaggiato Porcobrado, panino ideato da ANGELO POLEZZI, allevatore di Cortona che, dal 2016, ha deciso di promuovere la bontà della sua carne di Cinta senese caricandola su quattro ruote e portandola in giro. Nel marketing si parla di Effetto Wow per indicare qualcosa che colpisce tanto da suscitare stupore e meraviglia. E a quanto pare chef, giornalisti e pubblico votante hanno eletto Porcobrado il migliore nella

categoria Panini perché si sono trovati in bocca un hamburger che andava al di là delle loro aspettative, un hamburger che li ha sorpresi. Un hamburger davvero particolare, un po’ hamburger, un po’ pulled pork, in cui la Toscana la fa da protagonista: nella carne di Cinta senese, coccolata da lunga cottura, che riposa tra fette di pane ottenuto dalle farine integrali di grano Verna, tipico della Val di Chiana, macinato a pietra, fino alle salse homemade di cipolla rossa toscana caramellata, di aglione della Val di Chiana, di vino Syrah. A parte la salsa piccante di peperoncino jalapeño, tutti prodotti legati al territorio toscano.

Ma partiamo dall’inizio. Da Angelo Polezzi, ultima e più giovane generazione di una famiglia di allevatori che da almeno 100 anni è presente su questo territorio e che gestisce l’Azienda Agricola Borgonovo di Cortona, in provincia di Arezzo. L’azienda negli ultimi vent’anni si è specializzata nell’allevamento estensivo di Cinta senese DOP, salvandola dall’estinzione negli anni ‘60, e del Suino grigio, incrocio delle razze Cinta senese e Large White, razza molto diffusa in Val di Chiana negli anni ‘40 del secolo scorso. I suini allevati allo stato semibrado, si muovono liberamente vivendo principalmente all’aperto e quello di cui si nutrono all’esterno viene

Carne di Cinta senese da capi allevati allo stato semibrado, affumicatura con legni di ciliegio e melo e lunghe cotture: è il panino ideato da Angelo Polezzi che nel 2017 è stato eletto “Best Sandwich” all’European Street Food Awards.

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Porcobrado Milano. integrato con orzo e favino della Val di Chiana. In pratica, mangime a km 0. Il risultato, ci dice Angelo, è una carne molto buona, molto apprezzata quando cotta, ma difficile da vendere al cliente quando fa mostra di sé, cruda, sul banco macelleria. Questo perché tendenzialmente appare un po’ più grassa delle altre. Da qui il cruccio di Angelo: come fare per promuoverne la bontà della carne di Cinta senese superando il pregiudizio del cliente a banco? La risposta è arrivata, inattesa da un evento di street food: perché non allestire un food truck che venda panini farciti con la carne di suini di Cinta senese già cotta? Ecco allora l’idea di un food truck monoprodotto, che proponesse qualcosa di speciale, di diverso dal solito hamburger e del già visto pulled pork. Ed è così che nasce Porcobrado: dal desiderio di distinguersi dal panorama già noto del cibo di strada. Protagonista è la spalla di maiale di Cinta senese che come per il pulled pork viene affumicata e cotta a basse temperature. Per questo Angelo ha creato nel suo laboratorio una cella in cui ha messo a punto la sua particolare affumicatura, fatta con legni di ciliegio e di melo che danno alla carne un bouquet tutto particolare. Marinata con varie spezie, la carne è

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In alto: Angelo Polezzi. In basso: il food truck Porcobrado. sottoposta poi ad una cottura molto lunga, a temperatura non troppo elevata per mantenerne i succhi. La cottura finale avviene nel barbecue sul food truck e con il legno di quercia. La carne è finalmente pronta, viene affettata e messa nel panino. Da quel 2016, da quando cioè Angelo ha caricato Porcobrado sul food truck, è stato un successo: prima il riconoscimento come migliore food truck italiano, poi la soddisfazione di Berlino. Tutto questo è stato di stimolo per aprire un locale nel quartiere Isola di Milano. E da metà 2018 il logo di Porcobrado fa bella mostra di sé in via del Verme 17. L’idea è quella di lanciare un franchising.

Chissà se Angelo se lo immaginava che quel logo che raffigura un maiale e una catena spezzata con sopra la scritta Porcobrado di strada ne avrebbe fatta così tanta mentre nel 2000 lo depositava. Che una volta partito da Cortona su quattro ruote, facendo tappa intermedia a Berlino, arrivasse a Milano e mettesse su casa nel quartiere Isola. E non è finita qui: lo scorso marzo il GAMBERO ROSSO ha rico nosciuto Porcobrado come Miglior locale Street Food della Lombardia. Davvero niente male, complimenti! Federica Cornia >> Link: www.porcobrado.it

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CURIOSITÀ

A.A.A. Porcaro Cercasi

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on avrebbe bisogno di ulteriori spiegazioni la nuova iniziativa lanciata da LUCIANO e MASSIMO SPIGAROLI dell’Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (PR). O forse sì. Forse è necessario precisare che in questo castello sulle rive del fiume Po, avamposto della cucina italiana e culla della filosofia gastro-fluviale, il maiale non è semplicemente un animale da cortile e da allevamento ma un’autentica icona, all’origine di un simbolo del territorio come il Culatello, per onorare il quale sono stati allestiti un museo e commissionata un’opera che verrà installata nel 2020 in occasione dei 10 anni dall’inaugurazione del Relais. Questo contesto serve a suggerire un’idea della serietà e dell’urgenza con cui i fratelli Spigaroli

conducono la ricerca, a livello mondiale, del nuovo porcaro — che non deve essere per forza un uomo — dell’Antica Corte Pallavicina, una figura ormai scomparsa dal mondo rurale e dalla filiera norcina ma assolutamente fondamentale, che condivida le passioni dello chef Massimo Spigaroli (1 stella Michelin) e sappia cogliere la dignità di un lavoro all’aria aperta con i maiali (che sono animali molto intelligenti) nei 17 ettari di Pig Park a disposizione. È un’opportunità di lavoro per chi ama l’ambiente, il contatto con la natura e soprattutto gli animali. Il porcaro avrà come compito principale quello di farsi ascoltare e seguire dai maiali, ma sarà chiamato anche a trasferire agli ospiti e ai visitatori le suggestioni circa la propria esperienza.

Queste le caratteristiche richieste per presentare la domanda entro e non oltre il 23 giugno 2019 all’indirizzo porcaro@acpallavicina.com: * uomo o donna; * età minima: 18 anni; * conoscenza inglese livello B2 – italiano anche come seconda lingua; * titolo di studio libero; * predisposizione al contatto con gli animali e alla vita all’aria aperta; * disposto a trasferire le esperienze di ciò che sta vivendo. Al candidato prescelto — la cui selezione verrà ufficializzata durante la prossima Notte dei Culatelli — verranno garantiti vitto e alloggio, il contratto minimo di un anno dopo un periodo di prova e uno stipendio di 1.200 euro al mese, più la provvigione sui maiali nati.

Una famigliola di maiali neri al pascolo sotto i pioppeti nella Bassa parmense (photo © Antica Corte Pallavicina).

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RASSEGNE

Identità di carne n. 2, la rivincita

A Identità Golose Milano la carne sale in cattedra di Gaia Borghi

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lla recente edizione di Identità Golose Milano (MiCo, 2325 marzo) — il congresso internazionale di cucina d’autore organizzato da PAOLO MARCHI e MAGENTABUREAU giunto alla sua quindicesima edizione — la carne è salita nuovamente in cattedra, dopo la sua prima volta nel 2012, conquistando una sezione esclusiva. Una “trattoria” fuori dal gregge Ad introdurre gli interventi dedicati alla costruzione di nuove memorie (tema del congresso) carnivore nel

pomeriggio della domenica viene chiamato DIEGO ROSSI, chef di Trippa, indirizzo che proprio nella città più metropolitana d’Italia, in pochi anni dalla sua apertura (avvenuta nell’anno di Expo), ha saputo sì conquistare svariati riconoscimenti ma, soprattutto, è riuscito a far appassionare i milanesi al quinto quarto, di carne (la sua trippa fritta è diventata un must) e pure di pesce naturalmente. Perché a guidare Diego nelle scelte di cucina c’è prima di tutto un pensiero, una filosofia ben precisa. «Oggi mangiamo la

carne senza avere più rispetto per l’animale da cui proviene: ecco perché io preferisco lavorare la “bestia” nella sua interezza, valorizzandone ogni taglio, ogni parte» dice Diego. «Mangiare carne presuppone avere consapevolezza di tutto quello che sta dietro al prodotto che troviamo nel piatto, dall’allevamento alla macellazione dell’animale di cui, ripeto, non andrebbe sprecato nulla, fino al lavoro delle tante persone coinvolte lungo la filiera: è una questione etica insomma. Siate intelligenti nelle vostre scel-

Diego Rossi, chef del milanese Trippa, sul palco di Identità di carne con Federico Sisti (photo © Brambilla-Serrani).

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te, mangiatene magari meno ma, soprattutto, siate disposti a pagare un prezzo adeguato». Per la sua lezione Diego sceglie la pecora, «un animale dalle grandi potenzialità, consumato da tutte le religioni», e delle tantissime ricette che si possono preparare con questa carne ne presenta ben otto: due tartare, realizzate con il muscolo magro della coscia e piccole parti di grasso, condite prima semplicemente con sale e olio e poi sublimate, rispettivamente, una con pecorino, bottarga di muggine e cerfoglio e l’altra con maionese di cervella bollite: ricche di proteine, queste ultime funzionano come le uova. «Trovo che sia più divertente lavorare con le frattaglie — dice Diego — perché hanno intensità di sapori e consistenze diverse». La spalla, più tenace, condita con sale, limone, olio all’aglio, menta e timo, finisce in forno a 250 °C per tre ore e ne esce stracotta, da sfilacciare come fosse un pulled pork e si condisce col tamaro vicentino, un caratteristico mix di spezie che rinfresca il piatto e il palato insieme ad una ulteriore grattugiata di limone.

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In alto: Massimo Minutelli e Tony Melillo de La Griglia di Varrone, Milano. In basso: il midollo di pecora con filetto crudo sempre di pecora, sale Maldon e tartufo bianchetto di Diego Rossi (photo © Brambilla-Serrani). La pancia della pecora — «un taglio che mi dà una succulenza pazzesca» — diventa un ragù: la carne tagliata a coltello soffrigge con sedano, carota, cipolla. Mantecata con cumino, va a condire, insieme ad un po’ di brodo di pecora, la fregola sarda insieme al formaggio Fiore sardo affumicato e, di nuovo — guai se mancasse —, limone per

sgrassare e alleggerire. La parti più fibrose scartate dalla preparazione delle tartare, unite a fegato e rognoni dell’animale, condite con pecorino e pimentón de la Vera (ma si potrebbe usare in alternativa un italianissimo peperone crusco), vengono chiuse nell’omento per trasformarsi in crépinette servite con crema di pere, marasciuoli,

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Simone Cozzi, AD di HQF, con Oliver Glowig (photo © Brambilla-Serrani). cimamarelle e lampascioni pugliesi, più un jus di aceto invecchiato («la nota acida!»). Il collo, cotto a lungo nel brodo di pecora, diventa «un piatto ignorante», un’insalata di bollito con patate lesse, rosole di papavero, asparagi, le delicate foglioline del sedano, menta e prezzemolo spezzettati con le mani, pecorino di fossa e pepe nero. Siamo al cuore: cotto a bassa temperatura finisce sulla brace («e da lì prende i profumi») e viene racchiuso tra una crema di aglio orsino, fatta sempre con un po’ di brodo di pecora, minestra nera (verdura tipica campana), peperoncino fresco, due gocce di jus e aringa affumicata. Resta il midollo, cotto alla brace per pochi secondi, e il nobile filetto, che gli viene poggiato sopra crudo insieme a sale Maldon, pepe affumicato, rosmarino e tartufo bianchetto. Un piatto da re. A lezione da Varrone: “nuove” carni e nuove interpretazioni «Inventare nuove forme di consumo è un modo per rinnovare l’interesse verso l’eccellenza e la duttilità di certe materie prime». Così si presentano MASSIMO MINUTELLI e TONY MELILLO ovvero il fondatore e il direttore della sede milanese del ristorante La Griglia di Varrone, steak house di lusso dove si possono gustare alcune — se non tutte — tra le migliori carni al mondo. «Ho aperto La Griglia di Varrone a Lucca nel

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2006 con l’idea di distinguerla dal classico ristorante toscano specializzato in carne alla griglia o da quello argentino» racconta Minutelli. «Un concetto nuovo, che mi ha portato a conoscere razze e carni diverse, americane, spagnole, australiane, giapponesi, finlandesi… e, di conseguenza, diverse cotture, interpretazioni, lontane dalle preparazioni classiche, dai soliti cliché». La lezione di Minutelli e Melillo si basa su due piatti rappresentativi di questa filosofia: il pastrami e un’entrecôte alla griglia. Il pastrami di Varrone, uno degli antipasti più apprezzati del ristorante accanto al midollo di bovino della Macelleria Martini di Boves (CN), si prepara con la punta di petto di Black Angus americano — «un taglio da lunga e lenta cottura, pieno di tessuto connettivo» — marinata per 24 ore con senape, miele, aneto, paprica, cumino, aglio in polvere e cipolla disidratata; segue l’affumicatura per qualche ora con trucioli di quercia e la cottura in forno, molto lenta (12 ore) e a bassa temperatura (90 °C). La carne viene affettata sottilissima e va ad “imbottire” il pan de cristal catalano, croccante e leggero, con una riduzione del fondo bruno della carne, senape dolce artigianale olandese e cipolla rossa glassata. Con la Rubia Gallega si parla invece della tradizione spagnola di valorizzare animali anziani — non meno di sette anni —, allevati allo

stato brado, con lunghe frollature, in questo caso 40 giorni. Al resto ci pensano la qualità imprescindibile della materia prima e la magia del fuoco, della brace, che rombe il tessuto connettivo ed è elemento fondamentale per la buona riuscita della cottura della carne. «Sulla carne spagnola non usiamo mai il sale dopo la cottura o, se lo facciamo, è a discrezione del cliente, così da percepire appieno la piacevolezza del grasso che si scioglie in bocca in maniera omogenea». E il futuro della carne nella ristorazione? «Si può prendere esempio dai ristoranti di pesce e far degustare ai clienti tante tipologie di carne diverse in piccole porzioni e far percepire loro le differenze» dice Minutelli. È importante educare la propria clientela: «la nostra soddisfazione maggiore è proprio la fiducia che poi viene riposta in noi». High Quality Food e estro tedesco «La qualità della carne dipende da sue soli elementi: dove si allevano gli animali e cosa mangiano. Così crescono i grassi Omega-3 e la carne fa bene». Parola di SIMONE COZZI, che con la sua HIGH QUALITY FOOD distribuisce al settore HO.RE.CA. solo prodotti che rispettano i requisiti di tracciabilità di filiera, lavorazione artigianale controllata e certificazioni di qualità e ha di recente investito in un progetto allevatoriale ad alto tasso di tecnologia (HQF AGRICOLA) che si è aggiudicato l’Oscar Green di Coldiretti. Per questa occasione, lo chef OLIVER GLOWIG (Ristorante Poggio le Volpi a Monte Porzio Catone, Roma) prepara con le carni fornite da Cozzi un classico di ispirazione bavarese, la testina di vitello fritta, con finocchi, caffè e scampo, e un pollo e peperoni «immaginato proprio per rendere giustizia ai polli di vigna cresciuti nei nuovi allevamenti rurali di Simone» dice Glowig. «La nuova frontiera della produzione di carne è sfidare il mercato con una metodologia di allevamento che guardi al passato, disponendo dell’aiuto della tecnologia di oggi» conclude Cozzi. La quadratura del cerchio. Gaia Borghi

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A Identità Milano la frollatura al sale di Cervia secondo Ballardini Con l’Antica Macelleria Ballardini di Tione di Trento (www.ballardini.tn.it) a Identità Milano si parla di frollatura. GIOVANNI BALLARDINI, che gestisce oggi l’attività famigliare con i fratelli ROBERTO e ARRIGO, mi mostra la piccola cella dove, tra mattonelle di sale e rami di pino mugo, riposano, da almeno 60 giorni, splendide costate bovine. La carne beneficia dell’aria salmastra che si crea nella cella durante tutto il periodo di frollatura e noi percepiamo il risultato finale nel sapore che esplode in bocca al primo boccone. «Questo tipo di frollatura dona alle carni una particolare sapidità e tenerezza» racconta Giovanni. Per rendere le sue carni più tenere e succulente, infatti, questa storica macelleria trentina — in attività dal 1929 — ha scelto un tipo di frollatura al sale di Cervia: le mattonelle di sale, sgretolandosi, attraverso la ventilazione (vortice d’aria controllata), conferiscono naturalmente alla carne maggiore sapidità, a tutto vantaggio del gusto. «Nel nostro stabilimento a Ragoli, sempre in provincia di Trento, abbiamo progettato e creato una moderna grotta al sale di Cervia per le frollature dry aged, dove le carni vengono lasciate maturare dai 60 ai 90 giorni» prosegue Giovanni Ballardini. «È quindi logico che, con un periodo di frollatura così prolungato, la tenerezza della carne risulti ancor più evidente rispetto al metodo tradizionale». Le razze dell’allevamento da cui si rifornisce l’azienda trentina sono incroci tra la mucca di razza Rendena e il maschio Blu Belga. «Razze adatte alle condizioni locali e, di conseguenza, più resistenti e longeve» specifica Giovanni. «In macelleria offriamo le migliori carni del nostro territorio e il marchio “nato ed allevato in Trentino” certifica il nostro impegno costante nel proporre tagli superiori ottenuti esclusivamente da razze pregiate, considerando animali giovani di età compresa fra 15 e 18 mesi, in modo particolare le scottone. Le carni provengono da piccoli allevamenti locali, non di tipo intensivo, che tutelano il benessere animale: l’allevamento dei manzi in particolare segue il metodo biologico e questo significa che la loro alimentazione si basa su mangimi privi di additivi chimici e sull’assenza di terapie e medicinali antibiotici. Il loro principale nutrimento consiste in mais, fieno bio ed erba medica; il foraggio è prodotto su terreni locali. Inoltre, vengono rispettati i fabbisogni nutrizionali degli animali nei vari stadi fisiologici». Per una clientela esigente, attenta al proprio benessere e a quello degli animali da cui proviene la carne che acquista e gusta a casa propria così come quando si concede un uscita al ristorante. «Nel tempo si è via via sempre più sviluppato un rapporto significativo tra la nostra azienda e numerosi operatori della ristorazione e dell’hôtellerie» conclude Giovanni Ballardini. «Oggi alberghi qualificati e ottimi ristoranti preferiscono e richiedono le nostre carni garantite e gustose».

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Le migliori carni di Ridings Reserve in Italia con Longino & Cardenal RIDINGS RESERVE seleziona e lavora carni bovine e ovine direttamente dalle migliori fattorie inglesi. L’azienda utilizza collaudatissimi metodi di macellazione tradizionali rispettando i più elevati standard di qualità e sicurezza alimentare. Nel processo di selezione è considerata non solo la razza dell’animale, ma anche la copertura di grasso e la marezzatura: il risultato è una carne di una tenerezza, una succulenza e un gusto che non conoscono rivali nel mondo. La qualità dei prodotti Ridings Reserve è certificata da AHDB – Agriculture and Horticulture Development Board, l’ente che sostiene il comparto delle carni in tutta la filiera, dall’allevamento all’esportazione. I migliori tagli di carne dell’offerta Ridings Reserve sono stati al centro di un evento per la stampa organizzato dal marchio in collaborazione con Longino & Cardenal, che si è tenuto martedì 2 aprile a Milano, presso lo Spazio Identità Golose Milano in via Romagnosi 3. È infatti grazie alla storica partnership con Longino & Cardenal che i prodotti Ridings Reserve raggiungono il Belpaese. L’evento è stato introdotto dagli interventi di JEFF MARTIN, responsabile AHDB in Italia, e di RICCARDO ULERI, AD Longino & Cardenal. Con un’esperienza di oltre trent’anni, Longino & Cardenal è uno dei principali food globetrotter italiani, un’azienda sempre alla ricerca di “cibi rari e preziosi” che porta sulle tavole dei migliori ristoranti e alberghi e nelle vetrine delle più prestigiose gastronomie. Col supporto di Longino & Cardenal, i tagli pregiati di Ridings Reserve diventano protagonisti delle preparazioni di chef stellati in tutta Italia.

Il vitello firmato VanDrie al food festival Omnivore C’è un evento a Parigi che, dal 2003, aggrega e amplifica il lavoro delle nuove generazioni di chef in quella che si può definire la moderna cucina d’autore. Si chiama Omnivore (www.omnivore.com) ed è diretto da LUC DUBANCHET. L’edizione 2019 si è svolta lo scorso marzo e ha ospitato l’Olanda come Paese d’onore. Per l’occasione, 130 tra cuochi, allevatori, produttori di vino e sommelier hanno discusso di cibo e della sua evoluzione. Tre top chef olandesi hanno rappresentato il paese dei tulipani: JORIS BIJDENDIJK di Rijks (Amsterdam), THIJS MELIEFSTE del ristorante Meliefste (Wolphaartsdijk) e SYRCO BAKKER di Pure C (Cadzand). «Comprendere e rispettare le origini per creare solide basi su cui costruire il futuro è stato il tema della recente edizione di Omnivore e la nostra visione è totalmente in linea con questa idea di sviluppo» ha dichiarato MARIJKE EVERTS, direttore Corporate Affairs del Gruppo VanDrie. «Per questo motivo VanDrie è stato partner dell’evento. Il vitello è una materia prima ottima e versatile, perfetta per un menù moderno». Il vitello olandese è stato quindi un protagonista celebrato e cucinato durante Omnivore 2019, sia dallo chef del Gruppo, DAVID VEENSTRA, che dai colleghi cuochi che hanno realizzato una speciale cena Pop Up. Secondo Thijs Meliefste il vitello è una materia prima indispensabile nella ristorazione. «È un’ottima carne» ha detto, aggiungendo che ha una consistenza ideale e un sapore col quale gli ingredienti del piatto possono emergere ed essere amplificati. Parola di super chef (in foto, Thijs Meliefste del ristorante Meliefste a Wolphaartsdijk; photo © VanDrie Group).

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FIERE

Cibus Connect, raddoppiano i numeri La formula smart di Cibus, che porta di fatto all’annualizzazione della fiera, registra tremila buyer esteri, alcuni in arrivo da Vinitaly, con la soddisfazione degli espositori

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a giovato a Cibus Connect la vicinanza con Vinitaly e con il Salone del Mobile di Milano. Una contemporaneità che ha portato a Parma 22.000 operatori commerciali a visitare gli stand di 700 e oltre espositori che hanno proposto mille marchi e 500 nuovi prodotti. La seconda edizione di Cibus Connect, organizzata da FIERE DI PARMA e FEDERALIMENTARE in collaborazione con ICE AGENZIA, si è chiusa giovedì 11 aprile tra la diffusa soddisfazione delle aziende espositrici che hanno

confermato la propria adesione sia a Cibus 2020 sia a Cibus 2021. Particolarmente affollate le due grandi aree dell’International Buyers Lounge, nelle quali cui le aziende italiane hanno sviluppato business con circa 3.000 buyer esteri, alcuni dei quali provenienti da Vinitaly, che hanno ritenuto funzionale il tasting dei nuovi prodotti nelle due grandi food court animate da cento cooking stations. «Il gradimento da parte degli operatori verso data e formula del Cibus degli anni dispari

è stato elevatissimo ma non ci ha sorpreso» ha commentato ANTONIO CELLIE, CEO di Fiere di Parma. «Una standardizzazione dei moduli espositivi, una durata ridotta e una rigorosa selezione dei visitatori non potevano che venire incontro alle esigenze dei nostri espositori. Così come una calendarizzazione armonizzata rispetto a Vinitaly e Salone del mobile, che ha consentito agli operatori esteri di visitare in pochi giorni le più grandi fiere italiane del wine, del food e del furniture».

Cibus Connect viene allestita negli anni dispari come formula smart della fiera Cibus, ha debuttato nel 2017 ed è giunta quest’anno alla sua seconda edizione, raddoppiando le sue numeriche.

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Nello stand di Alcar Uno di Castelnuovo Rangone (MO), da sinistra Matteo Barbieri, Barbara Cori, Lisa Minelli, Vania Mozzato, Lorenzo Levoni, Michela Panero e Giovanni Bortolotti. Grande interesse per la presenza delle start-up -realizzate da giovani imprenditori, che hanno presentato le loro proposte nell’area Food Vision Lab, allestita da FUTURE FOOD INSTITUTE e FEDERALIMENTARE in collaborazione con ICE AGENZIA, CIBUS e CRÉDIT AGRICOLE. Le nuove proposte sono state illustrate anche nel convegno Italian Food Startups – The power of innovation”. Il tema dei rapporti tra aziende alimentari e Grande Distribuzione è stato al centro di due incontri tenutosi a Cibus Connect: EUGENIO PUDDU, partner di DELOITTE ITALIA, ha presentato un’indagine realizzata su un campione di 3.000 persone di età compresa tra 18 e 70 anni e da cui risulta che il 70% dei consumatori legge le recensioni online prima di fare acquisti e il 58% dei consumatori a basso reddito sceglie di acquistare nel negozio fisico, mentre i consumatori a reddito medio-alto sono disponibili a pagare un sovrapprezzo per gli acquisti online e la consegna a domicilio. Le aziende devono inoltre adeguarsi alla nascita di nuove categorie di consumatori: in particolare i cosid-

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detti responsible go getters, che hanno capacità di acquisto elevata, fedeli al marchio se ne percepiscono il valore; e i discerning achievers che spendono di più sui prodotti di consumo con elevate aspettative in termini di qualità e capacità di acquistare prodotti innovativi. Di brand premium si è parlato nel convegno organizzato da GRUPPO FOOD e da Fiere di Parma Premium Brands & Premium Store Brands: drivers di sviluppo del retail food. MARCO LIMONTA, business insight director di IRI, ha sottolineato come, in un quadro generale di consumi stagnanti del Largo Consumo Confezionato (+0,1% a valore, –0,6% a volume nel 2018), il segmento premium abbia raggiunto una quota a valore del 19,6% con un incremento del 2,9%. L’evoluzione del concetto di premium presso il consumatore è stato illustrato da LINDA CORBETTA, Head of BU-Qualitative DOXA, attraverso le tante declinazioni di questa importante fascia di offerta: biologico, artigianale, sicuro, sostenibile, buono. Un patrimonio di autenticità sempre più apprezzato anche

all’estero, come hanno dimostrato le testimonianze degli operatori internazionali BRANDM e JUMBO SUPERMARKTEN, protagonisti di partnership di successo rispettivamente con MUTTI e GRUPPO PETTI-ITALIANFOOD. L’esperienza del presidio della fascia premium nella marca del distributore è stata raccontata da ROBERTO NANNI, responsabile strategia prodotto COOP, con l’esempio della linea di vini tipici: una gamma di 17 etichette destinata a crescere, in cui il brand Fior Fiore affianca il marchio del produttore garantendo la totale tracciabilità di filiera. Le strategie dell’industria di marca sono state infine al centro della tavola rotonda animata dagli spunti offerti da GUIDO CRISTINI dell’Università di Parma con le testimonianze di DE CECCO, ERIDANIA e ZANETTI. >> Link: www.cibus.it

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La digitalizzazione nel settore delle macellerie artigianali IFFA 2019 presenta una panoramica delle nuove applicazioni digitali per il settore delle macellerie artigianali

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lla prossima edizione di IFFA, la fiera internazionale dell’industria della carne in programma dal 4 al 9 maggio 2019 a Francoforte sul Meno, i macellai potranno scoprire come, nel settore delle macellerie artigianali, tradizione e futuro siano sempre più uniti. La trasformazione digitale e le svariate possibilità che offre aprono alle macellerie artigianali nuovi potenziali e opportunità. Considerando che questo settore sta vivendo una situazione economica stabilmente positiva, le imprese hanno ormai raggiunto il limite della loro capacità produttiva a causa della carenza di personale qualificato. Pertanto, i potenziali di efficienza inutilizzati devono essere sfruttati. Come? Investendo proprio nelle tecnologie digitali. Di fatto, col supporto del digitale, i lavori di routine che richiedono molto tempo possono essere eseguiti più rapidamente, ottenendo così più tempo da dedicare al cliente. Comunicazione al cliente: grandi potenzialità Digitalizzazione significa anche aggiungere una nuova dimensione alle relazioni con i clienti. Per MAX BECK, macellaio presso la macelleria Opfer a Ringgau e autore del blog Wursthandwerker (L’artigiano dei würstel), la digitalizzazione significa principalmente utilizzo dei social media per la comunicazione con i clienti. «Siamo una piccola impresa con un punto vendita al dettaglio. Per me la digitalizzazione è incentrata sull’utilizzo dei media digitali. Ad esempio, posso pubblicizzare una promozione che ha luogo la

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settimana prossima su Facebook e raggiungere esattamente i gruppi target che intendo informare, senza alcuna dispersione». Max ha in programma di ottimizzare lo shop on-line già esistente. «Tuttavia — afferma — è importante che il primo acquisto avvenga in negozio o in uno dei nostri stand al mercato, dove i clienti possono ricevere i nostri consigli. Per gli acquisti successivi va bene anche quello on-line». Automatizzare i processi aziendali La macelleria Bechtel di Zella punta su soluzioni pratiche per i suoi processi operativi. L’azienda, che conta tre filiali e un centro di distribuzione all’ingrosso, adotta, ad esempio, un sistema di registrazione degli orari di lavoro dei dipendenti completamente automatizzato. JOHANNES BECHTEL, macellaio laureato in Scienze economiche, finanza e

contabilità, promuove la trasformazione digitale nella macelleria dei suoi genitori e spiega: «La registrazione degli orari di lavoro ci ha semplificato enormemente la vita. Un’altra utile applicazione digitale è la telemetria nei distributori automatici di salsicce e würstel posti davanti a due nostre filiali. Mi permette di controllare le scorte direttamente dal cellulare». Bechtel ha anche altri progetti che riguardano in particolare la documentazione digitale delle misure igieniche e l’apertura di uno shop on-line. «Solamente con un sistema di ordinazione completamente automatizzato rendiamo facile e veloce effettuare gli acquisti per i clienti on-line». Come utente, ecco cosa si aspetta dalle applicazioni digitali: «Devono essere concepite in modo da poter essere usate con facilità e

Lo staff della Fleischerei Bechtel di Zella. IFFA rappresenta l’evento di riferimento per il settore delle macellerie artigianali.

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Commercio di BUDELLE, spezie, aromi, antiossidanti e affini.

La varietà dei moduli e delle soluzioni digitali è enorme: venite a conoscerla a IFFA 2019 (photo © Messe Frankfurt/Jochen Günther). rapidamente, consentendo però ai dipendenti di poter ancora “lavorare artigianalmente”. E non dimentichiamo che devono essere sicure!». Soluzioni su misura «La digitalizzazione è un mezzo giusto per raggiungere il nostro fine» afferma MAX ESSER, macellaio presso Wurstspezialitäten Esser di Erkelenz. «Non riscuotiamo successo perché siamo digitali, ma perché offriamo prodotti di buona qualità e una consulenza competente. Senza il supporto della digitalizzazione, però, probabilmente non avremmo raggiunto questo risultato. Utilizziamo le applicazioni digitali soprattutto per semplificare il lavoro dei dipendenti, come, ad esempio, le bilance digitali per la vendita diretta. Avendo così tanti articoli, difficilmente ci si può aspettare che i dipendenti, in particolare i tirocinanti e i collaboratori provenienti da altri settori, li padroneggino in tempi brevi. Attualmente, per semplificare il lavoro dei nostri dipendenti combiniamo i sistemi digitali ancora con molti sistemi analogici. Dovremmo diventare più efficienti sul fronte digitale: finché dovremo ancora inserire a mano il numero dell’articolo sulla bilancia, allora la bilancia digitale non è abbastanza efficiente». La macelleria Esser, con le sue oltre 25 filiali, per le merci utilizza un gestionale. MAX ESSER spiega che,

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grazie a questo sistema, si possono preparare le bolle di consegna velocemente e pianificare i prezzi delle offerte sistematicamente. «Non esiste la soluzione digitale perfetta e in massima parte sono persino troppo complicate. Ognuno deve cercare quella più adatta alla propria realtà. Se una soluzione digitale non semplifica il lavoro, significa che non è quella giusta». La Deutscher Fleischer-Verband/DFV (Associazione tedesca dei macellai) ha istituito un comitato strategico dedicato alla trasformazione digitale, facendo così di questo tema un aspetto importante della politica dell’associazione. I sostenitori di questo think tank si incontrano regolarmente e forniscono ai colleghi consigli pratici per muoversi in questo campo. G ERO J ENTZSCH , responsabile comunicazione presso la Deutscher Fleischer-Verband, dichiara: «Ci occupiamo soprattutto dei temi che servono a ottimizzare i processi aziendali. Una macelleria resterà sempre un’impresa artigianale e produrrà prodotti alimentari artigianali di alta qualità; questo è il suo punto di forza. Ma i processi collaterali che ruotano attorno alla produzione, ad esempio quelli relativi agli ordini o ai processi operativi, possono essere ottimizzati grazie ai servizi digitali». >> Link: www.iffa.com

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L’AIA e il sistema allevatoriale protagonisti alla 51a Agriumbria Si è chiusa a Bastia Umbra (PG) lo scorso 31 marzo la manifestazione agricola e zootecnica più importante del Centro Italia, Agriumbria. Qualificata come sempre la partecipazione dell’Associazione Italiana Allevatori-AIA e del Sistema allevatoriale nazionale, con in prima fila l’ARA UMBRIA e le associazioni nazionali delle razze che hanno contribuito alla piena riuscita delle manifestazioni zootecniche, sia quelle di Libro Genealogico — per la prima volta in terra umbra si è tenuta un’ottima nazionale dei bovini di razza Romagnola, oltre al “ritorno” in abbinata delle mostre nazionali delle razze Charolaise e Limousine —, sia delle altre rassegne. Gli occhi del pubblico, degli allevatori e dei tecnici sono stati tutti per gli splendidi animali delle varie razze che hanno sfilato nei ring: primo fra tutti il campione dei maschi adulti della razza Romagnola, il toro Dodo (in foto), un gigante di circa 1.350 kg, di proprietà dell’azienda agricola Cenni di Riolo Terme, nel Ravennate. Molto ammirati anche i campioni delle razze Charolaise e Limousine, rispettivamente il toro Il Est Beau (dell’azienda Eredi di Lauteri Antonio di Fiumicino, Roma) e Latino (dell’allevamento Lippi e Nocentini di Dicomano, in provincia di Firenze). Di buon livello anche le due mostre di livello interregionale, quella della Chianina e quella della razza da latte Frisona italiana, che hanno visto primeggiare allevatori umbri e laziali, e soddisfazione degli allevatori di casa per la buona riuscita dell’asta della razza Chianina. Umbria, Toscana e Lazio sugli scudi, ma anche grandi risultati per gli allevatori giunti da molte altre regioni d’Italia, dalla Sicilia alla Sardegna, alle Marche ed all’Emilia-Romagna. L’Associazione Italiana Allevatori ha aperto la “tre giorni” col convegno tecnico sul tema “Benessere animale e sostenibilità ambientale dell’allevamento bovino da carne“, organizzato in collaborazione con l’ARA Umbria ed il patrocinio della Regione Umbria. Nella mattinata del sabato, per il terzo anno consecutivo AIA ha riproposto un’iniziativa nata proprio ad Agriumbria, cioè il talk show sui temi della distintività dell’allevamento bovino italiano da carne sul tema “Consumare carni italiane consapevolmente: si può!”. Grande soddisfazione da parte del presidente dell’AIA ROBERTO NOCENTINI. «Ancora un grande risultato per gli allevatori italiani — ha detto Nocentini — che hanno dimostrato anche in terra umbra il loro alto livello di professionalità e la qualità indiscussa degli animali e delle produzioni che da essi derivano. La formazione continua, anche sul tema dell’innovazione in zootecnia, con lo stato d’avanzamento del progetto LEO sulla creazione di nuovi strumenti digitali e la condivisione dell’enorme mole dei dati rilevati nelle aziende con i controlli del Sistema Allevatori, l’attenzione verso i giovani allevatori, al benessere animale, alla sostenibilità ambientale, al dialogo con i consumatori ed all’internazionalizzazione sono i nostri punti di forza, e lo saranno anche per il futuro». >> Link: www.aia.it

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In programma a Verona dal 29 gennaio all’1 febbraio 2020

Fieragricola, accordo con UNAItalia per valorizzare avicoli e suini

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ccordo tra Fieragricola, rassegna internazionale dedicata all’agricoltura e alla zootecnia, e UNAItalia (Unione nazionale delle filiere agroalimentari carni e uova), l’associazione di categoria che rappresenta oltre il 90% dell’intera filiera avicunicola nazionale e una parte di quella suinicola, in vista della 114a edizione della manifestazione biennale, in programma a Veronafiere dal 29 gennaio all’1 febbraio 2020. L’obiettivo della collaborazione riguarderà la promozione nazionale delle filiere avicole e suinicole del sistema associativo di UNAItalia, a cui appartengono le principali realtà del settore. La partnership passerà attraverso una condivisa valorizzazione delle filiere già a partire dal 2019 e un solido programma convegnistico, volto a sensibilizzare il sistema rispetto a nuovi modelli organizzativi improntati alla qualità e alla tracciabilità e rivolti alla tutela del consumatore finale. «Alla luce di un’attenzione crescente che la nostra rassegna internazionale dedica all’allevamento quale elemento portante dell’azienda agricola, abbiamo ritenuto che UNAItalia potesse moltiplicare l’impatto diretto di Fieragricola sugli allevatori avicoli e su filiere che hanno grandi potenzialità sui mercati esteri» ha dichiarato il direttore generale di Veronafiere GIOVANNI MANTOVANI. «Siamo felici di poter valorizzare le eccellenze della filiera avicunicola e suinicola nazionale, che rappresentiamo grazie alla partnership con Fieragricola e alla crescente attenzione dedicata alla zootecnia»

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afferma il presidente di UNAItalia ANTONIO FORLINI. «Intendiamo portare all’interno di questo progetto tutte le migliori e più innovative esperienze che all’interno delle nostre filiere vengono sviluppate quotidianamente nella gestione degli allevamenti e nell’attenzione al benessere animale». Più specificatamente, gli asset sui quali approfondire l’offerta fieristica riguardano la genetica, le tecnologie per la realizzazione delle strutture e la gestione degli allevamenti, nutrizione e benessere

animale. UNAItalia avrà il proprio stand istituzionale al padiglione 11 e sarà coinvolta nella gestione dell’area Forum con convegni, seminari, tavole rotonde su innovazioni, tendenze e modelli relativi alla filiera avicola italiana, comprese case history di economia circolare, tema portante della fiera. UNAItalia, infine, sposterà a Fieragricola 2020 la terza edizione del Premio avicoltore dell’anno, che si celebrerà all’interno dell’area Forum. >> Link: www.fieragricola.it

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Jarvis, qualità certa, anzi certificata

Una nuova generazione di storditori e cartucce universali Sicuri che i sistemi a cui vi affidate siano certificati? Quelli di Jarvis lo sono. Le nuove certificazioni CE assicurano che le cartucce e le pistole per l’abbattimento Jarvis lavorino nel pieno rispetto del regolamento CE 1099/2009 per il benessere animale. La gamma delle cartucce Jarvis certificata C.I.P., è pienamente compatibile con i modelli di altre marche attualmente sul mercato. Il nostro centro di Assistenza tecnica è qualificato per riparazioni ed emissione test di conformità degli abbattibuoi di tutte le marche. Jarvis è una certezza di qualità ed assistenza tecnica. Jarvis è certificata.

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The Innovation Alliance: torna nel 2021 a Milano il grande progetto di filiera Dopo gli importanti risultati registrati al suo debutto nel 2018 con 150.110 presenze di operatori dei diversi comparti dell’industria manifatturiera, per il 27% esteri, The Innovation Alliance ha annunciato le date della prossima edizione, a Fiera Milano da martedì 4 maggio a venerdì 7 maggio 2021, confermando la logica di filiera e lo svolgimento in contemporanea di cinque manifestazioni dedicate alla meccanica strumentale (PLAST, IPACK-IMA, MEAT-TECH, Print4All e INTRALOGISTICA ITALIA). I numeri cui si punta per la prossima edizione si confermano importanti: 5 fiere su 17 padiglioni, praticamente quasi l’intera superficie del quartiere di Rho, per proporre una sorta di ideale linea industriale. Una formula pensata a vantaggio del visitatore professionale, che avrà modo di valutare nello stesso momento tecnologie applicabili in diversi contesti, sviluppando competenze di insieme e traendo vantaggio da contaminazioni virtuose. «La logica di sistema da cui nasce The Innovation Alliance si è dimostrata una chiave vincente, che può diventare d’ispirazione anche per altri appuntamenti. Agire in sinergia aumenta infatti l’attrattività internazionale e favorisce la competitività nel mercato globale. Inoltre Fiera Milano, i cui spazi e servizi ben si prestano a un format di simili dimensioni, e Milano, sempre più percepita come dinamica metropoli europea, potranno essere l’ulteriore tratto distintivo di un evento che in Europa, per le sue caratteristiche, è unico» dichiara Fabrizio Curci, Amministratore Delegato di Fiera Milano. Una proposta che raccoglierà il meglio delle macchine destinate all’industria manifatturiera, applicazioni differenti che vanno dalla lavorazione della gomma e della plastica alle tecnologie di processo alimentare, dal packaging per i comparti food e non food alla personalizzazione grafica, fino allo stoccaggio e alla movimentazione del prodotto finito. Macchine che gestiscono fasi diverse del processo produttivo industriale accomunate da un altissimo livello di innovazione e grandi investimenti in ricerca e sviluppo, soprattutto alla luce dei grandi cambiamenti che stanno investendo ogni comparto. Smart manufacturing, automazione avanzata, robotica, intelligenza artificiale, industry 4.0 stanno letteralmente stravolgendo il mondo industriale, imponendo non solo l’innovazione di sistemi e processi, ma anche una formazione specifica necessaria per valorizzare e rafforzare le competenze del capitale umano all’interno del nuovo scenario. In questo contesto di grande cambiamento, fare sistema tra settori vicini e spesso chiamati a interagire da logiche commerciali diventa un valore aggiunto. È questo l’obiettivo strategico condiviso che ha portato tutti i partner coinvolti — Fiera Milano, Deutsche Messe e le associazioni ACIMGA (Associazione dei Costruttori Italiani di Macchine per l’Industria Grafica, Cartotecnica, Cartaria, di Trasformazione e Affini), AMAPLAST (Associazione Nazionale Costruttori di Macchine e Stampi per Materie Plastiche e Gomma), UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il confezionamento e l’imballaggio) e ARGI (Associazione Fornitori Industria Grafica) — a rinnovare la collaborazione per riproporre un evento dalla grande attrattività internazionale, in grado di accogliere e valorizzare la capacità progettuale e produttiva di un made in Italy apprezzato a livello globale (la media dell’export è pari a circa l’80%) ma anche di dare spazio al meglio della produzione mondiale a servizio dell’industria manifatturiera. >> Link: www.ipackima.it

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LA PAGINA SCIENTIFICA

The Ethical Pig Farm Benefici, costi e opportunità di mercato dell’adozione di uno schema volontario di qualità basato su un elevato standard di benessere animale per l’allevamento suinicolo

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igliorare il benessere animale negli allevamenti intensivi può rappresentare un’opportunità per la suinicoltura lombarda, sia per tutelare l’immagine del settore che per migliorarne la redditività favorendo l’accesso a segmenti di mercato particolarmente sensibili alla componente etica dell’allevamento. L’obiettivo del progetto The Ethical Pig Farm, concluso lo scorso fine marzo, è favorire lo sviluppo di filiere animal friendly attraverso l’adozione di uno

schema volontario di qualità, da promuovere tra gli allevatori lombardi per differenziare e valorizzare la produzione. Allo scopo, è stata verificata la sostenibilità tecnicoeconomica di alcune delle tematiche che attualmente incontrano le aspettative dei consumatori e che in futuro potrebbero diventare oggetto di politiche comunitarie o normative nazionali, quali l’eliminazione o riduzione del confinamento delle scrofe al parto e in gestazione e delle mutilazioni (taglio della coda

e castrazione). Inoltre, è stata condotta un’indagine sulla percezione dei consumatori e della GDO nei confronti di prodotti provenienti da allevamenti con elevati standard di benessere animale. Le verifiche delle innovazioni tecniche previste dal progetto sono state effettuate presso sei allevamenti suinicoli in quattro diverse province lombarde (Brescia, Mantova, Milano e Lodi). I principali requisiti studiati sono stati la stabulazione nel reparto maternità con scrofa libera,

Il progetto Ethical Pig Farm è uno schema volontario di qualità basato su un elevato standard di benessere animale per l’allevamento suinicolo (photo © BillionBobbie – stock.adobe.com).

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la creazione di una zona a pavimento continuo, l’uso di materiale di arricchimento e le alternative alla castrazione chirurgica senza anestesia e analgesia. Dall’analisi dei risultati produttivi, per la soluzione con scrofe libere in box parto senza lettiera è emersa una maggiore mortalità nella nidiata (quasi un suinetto in media per parto). Le scrofe in box libero su paglia hanno riportato invece una percentuale di schiacciamenti paragonabile al gruppo in gabbia tradizionale, ma con scrofe più sporche e una conseguente maggiore richiesta di manodopera. In ognuno dei casi considerati si è calcolato un aumento dei costi di produzione, dovuto sia alla sostituzione delle gabbie, che alla maggiore mortalità nella situazione senza lettiera. I costi potrebbero ulteriormente aumentare nel caso l’allevamento dovesse ridurre il numero di scrofe per mancanza di spazio nel settore maternità. Il trasferimento delle scrofe in box di gruppo il giorno successivo alla fecondazione non ha invece influenzato i parametri produttivi, mentre l’aggressività è stata maggiore quando si è verificato un minore utilizzo dell’arricchimento ambientale, rappresentato da paglia in rastrelliera. L’uso di tappeti non ha dato risultati positivi per la creazione di una zona a pavimento continuo. Pur risultando una valida alternativa in strutture di nuova progettazione, i tappeti in gomma testati non si sono dimostrati idonei all’introduzione nelle strutture preesistenti oggetto di studio, in quanto lo stato di pulizia degli animali e del box sono risultati inaccettabili, sia per le scrofe sia per gli animali da ingrasso. Negli animali in postsvezzamento non si sono invece evidenziati effetti positivi del maggior comfort sulla riduzione dei comportamenti anomali (morsicature a coda e orecchie, aggressività). Da questo studio è emerso come la paglia in rastrelliera sia risultata efficace nel ridurre l’aggressività eccessiva, soprattutto nelle scrofe gestanti. Relativamente agli animali in post-svezzamento e ingrasso, invece,

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Cosa ne pensa la GDO? Secondo la GDO il maggior benessere animale viene richiesto dai consumatori più per la produzione di carne suina fresca che non per quella trasformata. I fattori che impattano sulla disponibilità del consumatore a pagare di più per prodotti con maggiori standard di benessere animale sono: l’inadeguata comunicazione; investimenti mediamente insufficienti da parte dell’industria, in particolare per la carne suina fresca, nell’innovazione dei processi produttivi e nel marketing/comunicazione nell’ambito del benessere animale; la riduzione del potere d’acquisto per la decennale crisi economica del Paese. L’opinione pressoché unanime della GDO è che in futuro si consumerà sempre meno carne ma di qualità superiore. Infine, secondo la maggior parte degli intervistati, le aspettative dei consumatori dovrebbero spingere la GDO a considerare sempre più il benessere degli animali come parte integrante delle loro politiche di sostenibilità (photo © lado2016 – stock.adobe.com).

The Ethical Pig Farm, finanziato dal PSR 2014-2020 della Regione Lombardia, è stato coordinato da ALLEVAMENTI DI NERVIANO SRL ed è stato realizzato da SV SOCIETÀ AGRICOLA, AZIENDA AGRICOLA PAGATI, AZIENDA AGRICOLA GUIDO DEL RE, AZIENDA AGRICOLA FORAFÒ ALESSANDRO, SOCIETÀ AGRICOLA BELLINI, coadiuvati dal Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione CRPA Studi Ricerche di Reggio Emilia.

l’unica tipologia di arricchimento che ha mostrato un effetto positivo sulla riduzione dei comportamenti anomali (es. morsicatura della coda) è la lettiera in paglia. Il costo dell’arricchimento con paglia in box di gestazione è stato quantificato tra 0,11 euro per suino svezzato fino ad un massimo di 0,13 euro nel caso in cui la produttività sia

inferiore a 23 suini svezzati/anno per scrofa. Riguardo alle alternative alla castrazione chirurgica senza anestesia e analgesia, il progetto ha studiato gli effetti della castrazione immunologica, evidenziando differenze tra il comportamento dei suini castrati chirurgicamente e quelli sottoposti al protocollo di

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immunocastrazione. Al contrario, gli indicatori sanitari e la qualità dei prodotti non sembrano esserne influenzati. Indagine di mercato sulla percezione dei prodotti a base di carne ottenuti con elevati standard di benessere animale Per analizzare le potenzialità di successo dei prodotti a base di carne suina ottenuti con elevati standard di benessere animale è stata effettuata un’indagine di mercato che ha coinvolto 203 consumatori lombardi presso i punti vendita di negozi tradizionali e della grande distribuzione. Un’indagine specifica è stata svolta anche presso buyer della GDO mediante colloqui personali riservati. Per i consumatori il benessere animale si colloca in quinta posizione di importanza, prima di aspetti come la marca, le caratteristiche nutrizionali o il basso contenuto di grasso. Per i trentenni e i quarantenni il benessere animale viene al quarto posto e rappresenta un aspetto molto importante per quasi l’80% degli indagati in queste fasce d’età. I meno sensibili al benessere animale sono risultati gli under 30. Nelle fasce centrali di età si è registrata una maggiore disponibilità di acquisto di prodotti ottenuti con standard elevati di benessere, sicuramente per la maggiore disponibilità di spesa complessiva dei consumatori in piena età lavorativa. Sono invece i trentenni e quarantenni quelli più attenti a cercare prodotti ad alto contenuto di benessere leggendo l’etichetta. L’indagine presso la GDO, condotta presso 7 importanti catene di distribuzione, ha evidenziato un crescente interesse per le filiere controllate e di qualità che aumentano gli standard di benessere. Non tutte però riconoscono un prezzo più elevato ai fornitori e, quando ciò avviene, il premio consiste in un prezzo più alto del 5-10%, fino al +15% rispetto al prezzo della carne suina “convenzionale”. Fonte: Fondazione CRPA Studi Ricerche www.fondazionecrpa.it

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TECNOLOGIE

CSB INDUSTRY ERP: la soluzione completa per l’intera azienda

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ell’ultimo decennio, la digitalizzazione ha molto accelerato i cambiamenti ed il progresso nel settore alimentare; sistemi automatizzati per la preparazione ordini, la rintracciabilità lotti completa o l’impiego di robot per preparare casse e/o pallet, sono solo alcuni esempi della spinta innovativa del settore. In questo contesto, il sistema ERP diventa uno strumento centrale per la gestione di un’azienda alimentare, ma fornisce dei vantaggi reali solo se soddisfa le richieste specifiche del settore in cui l’azienda opera, e riesce a coprire al 100% tutti i processi di creazione di valore aggiunto.

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Archiviazione documentale, Rilevazione presenze e Business Intelligence. Ottenete di più con CSB INDUSTRY ERP Con CSB INDUSTRY ERP l’azienda otterrà un livello di produttività totalmente nuovo. I processi diventeranno più efficienti, l’accesso alle informazioni sarà più rapido e la trasparenza dell’intera filiera aumenterà in modo considerevole. Perché CSB INDUSTRY ERP è più di un sistema ERP: è una soluzione completa che copre in lungo e in largo tutte le aree della catena di creazione di valore aggiunto dell’azienda. Tutti i processi potranno essere digitalizzati e ottimizzati.

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cludersi la possibilità di aver scelto il gestionale migliore per la propria azienda soprattutto nell’ottica di una crescita futura. CSB INDUSTRY ERP produce trasparenza ed efficienza L’impiego della soluzione completa crea una base dati unitaria per tutti i reparti. Le aree aziendali vengono collegate in rete, tutte le informazioni sono a disposizione in tutte le aree. Migliorano così la trasparenza, il flusso delle informazioni

Anche nell’era dell’Industria 4.0, il sistema ERP mantiene il suo ruolo di colonna portante tecnico-informatica dell’azienda. Il gruppo CSB-System offre soluzioni ERP per aziende di ogni dimensione e tipo. Oltre al CSB INDUSTRY ERP vi sono: • CSB BASIC ERP, pensato per le piccole imprese del settore Alimenti & Bevande che potranno così sfruttare la competenza del gestionale CSB-System in una soluzione di settore chiavi in mano, che contiene già le Best Practice di settore. Si implementa rapidamente e con una spesa minima. Può essere comodamente utilizzato in Cloud; • CSB FACTORY ERP, tagliato su misura per l’ottimizzazione dei processi produttivi; è quindi perfetto per la gestione degli stabilimenti produttivi di multinazionali e gruppi aziendali che impiegano già un ERP di gruppo.

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e la comunicazione. Decadranno allo stesso tempo ridondanze, inconsistenze e tempo speso in doppi inserimenti. I punti deboli verranno rapidamente riconosciuti, la capacità di reazione accelerata e i costi sostanzialmente ridotti. L’esperienza di un affermato partner di IT specialista di settore, come il gruppo CSB-System, che sappia valutare le particolarità specifiche dell’azienda, è un fattore imprescindibile nella strategia per l’introduzione di un gestionale di successo.

Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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TREIF a IFFA Francoforte, Pad. 11.1– Stand A71 Valore aggiunto grazie all’innovazione Ad IFFA 2019 TREIF svelerà le ultime innovazioni per cubettatura, porzionatura e affettamento. Verranno presentati vantaggi fondamentali per i clienti, con particolare attenzione a flessibilità, igiene e qualità, unitamente a esperienza e a nuove soluzioni software. •

Cubettatura – 60 anni di esperienza maturata in questo settore, contraddistinguono le attrezzature TREIF in grado di offrire il massimo livello di igiene insieme ad un’elevata flessibilità, per rispondere alle esigenze dei clienti. TREIF ha sviluppato soluzioni tecniche di cubettatura uniche nel suo genere, incluso il taglio di prodotti congelati con la macchina AVITOS, che ha creato nuovi standard operativi anche grazie alla facilità d’uso con software intuitivi. Porzionatura – La nuova generazione di porzionatrici industriali TREIF, FALCON evolution, offre taglio ad alta velocità con elevata produttività e precisione. FALCON evolution è indicata per prodotti con o senz’osso, per taglio a peso fisso o a spessore predefinito. Insieme alla nuova lama TREIF “nanoBlade LongLife”, sviluppata appositamente per una qualità di taglio perfetta e la massima precisione di peso, offre una durata di servizio notevolmente maggiore mantenendo inalterata le caratteristiche nel tempo. Le lame nanoBlade LongLife rappresentano uno dei componenti chiave delle soluzioni TREIF per l’industria. Affettamento – Qualità migliorata, facilità di utilizzo e alto grado di flessibilità sono i requisiti fondamentali sia per le macchine installate nei laboratori artigianali che per le soluzioni industriali. TREIF presenterà un nuovo modello con lo scopo di raggiungere una maggiore produttività riducendo i tempi di attesa, garantendo convenienza, flessibilità e qualità. Lo staff di TREIF Italia vi aspetta a Francoforte! Contattateci per biglietti di ingresso: 051 728138 / info.it@treif.com


Ad IFFA Lazzari con Scansteel Foodtech A/S Pad. 9.1 - Stand E1

I tritacarne più potenti e affidabili al mondo tornano in Italia

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uesta storia ha inizio molti anni fa: in Danimarca esisteva la WOLFKING, azienda specializzata nella costruzione di proverbiali macchinari da lavorazione di carni congelate e fresche per le industrie della carne e salumiere, casearie, pet food e rendering, conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo per l’incredibile robustezza e l’insuperabile qualità costruttiva. Le vendite in Italia, con buon successo, particolarmente dei grossi macinatori per congelata C 400, cominciarono nel lontano 1982 e continuarono sino al 1998, anno in cui l’azienda venne venduta alla CFS, che ne cambiò nome e marchio, abbandonando il vecchio stabilimento danese di Slagelse con tutto il contenuto di attrezzature, disegni e know-how. Nel 2011, la Cfs venne acquisita da GEA, altra grossa concentrazione, che proseguì la produzione delocalizzando. Nel

frattempo, un gruppo di dirigenti, progettisti e tecnici ex Wolfking crearono la SCANSTEEL FOODTECH A/S e rilevarono l’impianto di Slagelse, trovandovi tutto intatto. La nuova proprietà ha deciso di puntare alla massima qualità e robustezza, progettando e costruendo completamente in Danimarca ogni particolare. Grazie alla documentazione rinvenuta negli archivi la preziosissima esperienza Wolfking non è andata perduta, i progettisti si sono potuti così dedicare al miglioramento e modernizzazione di tutta la gamma delle macchine Wolfking, aggiungendovi anche, sotto il marchio Koncept Tech ApS, una serie di ricambi originali delle vecchie Wolfking ancora funzionanti sul mercato. Oltre a questo, un esteso catalogo ricambi è disponibile per le attrezzature marchiate Cfs, Gea, Krämer, Grebe e Simo.

Tramite Scansteel Foodtech A/S, ora LAZZARI EQUIPMENT SRL può offrire revisioni complete di tutte le vecchie macchine Wolfking, oltre a parti di ricambio ormai introvabili. La gamma Scansteel Foodtech A/S copre le esigenze delle grandi industrie della carne proponendo tritacarne per fresco e congelato a singola o a doppia vite, mixer e mixer con tritacarne incorporato a singolo e a doppio albero anche sottovuoto, emulsionatori sino a 4 piastre e 5 coltelli equipaggiati anche di sgrossatore, pompe per emulsioni e macinati ma anche pezzi interi sino alla dimensione di mezza carcassa di maiale, il potente pallet crusher per sgrossare in un solo passaggio un intero pallet di blocchi di carne congelata anche incollati tra di loro. Le applicazioni di queste attrezzature sono per l’industria della carne e salumiera, macchi-

Tritacarne CG400 a doppio albero per lavorare carne fresca e congelata.

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1) Sostituzione piastre tritacarne MG400. 2) Testata emulsionatore a 4 piastre. 3) Albero dentato sgrossatrice per interi pallet di blocchi di carne congelata. nari specifici e linee complete per le aziende produttrici di pet food e per gli specialisti del rendering ed estrusori ed emulsionatori dedicati all’industria casearia. Lazzari Equipment Srl ha assunto la distribuzione esclusiva per

Mixer a doppio albero controrotante.

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l’Italia sia di Scansteel Foodtech A/S che di Koncept Tech ApS nella certezza che tutti questi passaggi abbiano messo la parola fine ad una situazione precaria e insoddisfacente per la clientela, ben sapendo quanti tritacarne per congelata C 400 e C

300 e mescolatori, ben poco assistiti, siano presenti in Italia. Ad IFFA 2019 avremo il piacere di incontrare, alla Scansteel Foodtech A/S Padiglione 9.1 Stand E10, vecchi e nuovi clienti per proporre nuove macchine, soluzioni specifiche per intere linee produttive, revisioni complete di vecchie macchine e tutta la gamma di ricambi, compresi motoriduttori nuovi e revisionati, adattabile anche a macchine oramai anziane che necessitano di una “rinfrescata” per farle proseguire nel lavoro, oltre ad un esperto servizio di assistenza tecnica. Ci vediamo a Francoforte!

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Fast Blade: per tutti coloro che vogliono un coltello sempre in perfette condizioni Brevettato e prodotto dalla Menegon Ennio Sas, questo affilacoltelli professionale è veloce, pratico, sicuro e non necessita di manutenzione

I

professionisti del settore della carne e della ristorazione si ritrovano quotidianamente a lavorare con coltelli non taglienti, che compromettono non solo la qualità ma anche il servizio stesso. La soluzione al problema c’è e si chiama Fast Blade, un prodotto 100% made in Italy brevettato e realizzato dall’azienda metalmeccanica veneta MENEGON ENNIO SAS.

Fast Blade è un affilacoltelli che vanta una serie di caratteristiche che lo differenziano sul mercato: pratico, semplice, solido, di facile utilizzo ma, soprattutto, alla portata di tutti. Veloce, efficace e semplice «La praticità e velocità di utilizzo è uno dei punti di forza del Fast Blade, che sorprende chiunque lo utilizzi:

Fast Blade è un affilacoltelli professionale di nuova generazione. Le caratteristiche di questo affilatore professionale sono praticità, semplicità e velocità d’esecuzione, sicurezza ed efficacia.

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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

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Con questo straordinario affilacoltelli si possono lavorare lame in metallo o ceramica, con angolo di filo a punta o a botte. Inoltre, grazie alla diversa granulosità della vasta serie di nastri abrasivi, si possono realizzare innumerevoli finiture di lame senza la minima imperfezione o sbavatura

in un solo passaggio, infatti, si ottiene un’affilatura professionale senza la minima imperfezione o sbavatura in entrambi i lati della lama» ci raccontano i responsabili dell’azienda. «Se si utilizzano lame in acciaio o in ceramica poco conta: Fast Blade le lavora entrambe producendo un’affilatura eccezionale che sfrutta la lama in tutta la sua lunghezza, fino all’attacco dell’impugnatura».

Affilatura personalizzabile: con cinque marce in più Una ghiera centrale permette di selezionare 5 diversi angoli d’affilatura ed è stata creata appositamente per facilitare l’affilatura anche a tutti coloro che non sono qualificati o specifici nel settore (arrotini). La diversa angolatura permette inoltre di ottenere un angolo più o meno acuto del profilo della lama, quindi da una lama col profilo a rasoio fino alla lama dal profilo a botte. Solido Tutta la struttura e i vari componenti sono prodotti con i migliori materiali italiani per ottenere un’eccezionale durata d’esercizio. Il cuore della macchina è composto dai dischi e rotori che sostengono i tre nastri abrasivi, a garanzia della perfezione d’affilatura. Sostituirli è molto semplice: in pochi secondi si accede alla zona dove sono sistemati e con pochi passaggi si provvede alla loro sostituzione. I nastri abrasivi sono disponibili in varie granulosità; da quelli classici

per la lucidatura e affilatura degli utensili in metallo a quelli diamantati per ottenere la lucidatura e affilatura degli utensili in ceramica. Sicuro Fast Blade rispecchia tutti i canoni di sicurezza previsti dalle vigenti normative in materia, ogni componente viene lavorato e testato a tutela dell’operatore. Dimostrazioni e prove gratuite presso l’azienda La Menegon Ennio si rende disponibile a far provare senza impegno Fast Blade, come garanzia non solo dei vantaggi sopra elencati ma, soprattutto, per dimostrare all’utilizzatore la maggior durata del “filo” sui propri coltelli. Menegon Ennio Sas Via G. Barbarigo 30 36060 S. Cuore di Romano d’Ezzelino (VI) Telefono: 0424 570880 E-mail: info@fastblade.it Web: www.fastblade.it

A sinistra: in alto, che usiate lame in metallo o ceramica, per Fast Blade non fa alcuna differenza. In basso, Fast Blade garantisce un’affilatura su tutta la lama.

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Sei cose da sapere quando si acquista uno strumento

Misurare la temperatura

L

a tecnologia di misura riveste un ruolo fondamentale nel settore alimentare. La qualità di alimenti e bevande — e quindi la loro sicurezza — dipende in modo determinante dalla temperatura. Di seguito puoi trovare un vademecum da utilizzare per l’acquisto di un nuovo strumento di misura, in modo da escludere a priori eventuali brutte sorprese. 1. I punti di misura: dove bisogna misurare? Fai un giro di ispezione e segnati i punti in cui la qualità delle materie prime e dei prodotti finiti deve essere controllata con uno strumento di misura.

2. Il giusto metodo di misura: come bisogna misurare? I data logger e i sistemi di monitoraggio dei dati sono consigliati

laddove i valori della temperatura devono essere sottoposti a un monitoraggio costante. Gli strumenti di misura portatili sono invece più indicati per controlli a campione o misure di controllo periodiche. 3. Monitoraggio della temperatura: data logger o sistema di monitoraggio? Dal punto di vista della spesa iniziale, i data logger sono più economici, ma consumano più risorse nel medio e lungo periodo. Per i sistemi di monitoraggio della temperatura è invece esattamente il contrario. La scelta di uno o dell’altro dipende da due domande: * quanto tempo vuoi dedicare ogni giorno alla strumentazione di misura? * quanto è importante per te usare una soluzione digitale al passo coi tempi?

4. Strumenti di misura portatili: misura a penetrazione o di superficie? Meglio uno strumento combinato che può fare entrambe: misure a raggi infrarossi per controlli veloci e misure a penetrazione per controlli più precisi. Nei punti di misura in cui è richiesto solo uno dei due metodi, è sufficiente un termometro solo a raggi infrarossi o solo a penetrazione. 5. Tecnologia: gli strumenti di misura soddisfano le aspettative? La strumentazione di misura utilizzata per i generi alimentari deve soddisfare le normative vigenti (es. HACCP, EN 13485). Oltre ad un’idonea protezione contro l’umidità (es. IP65) e alla possibilità di lavare lo strumento, è necessario prestare attenzione alle caratteristiche di robustezza. Nel settore alimentare, infatti, è importante avere una strumentazione resistente e non fragile. 6. L’assistenza: chi si occupa della manutenzione e della taratura della strumentazione di misura? La strumentazione di misura dovrebbe includere un protocollo di collaudo al momento dell’acquisto. Successivamente dovrà essere ricalibrata a intervalli regolari, come richiesto anche dalle normative vigenti. Un buon costruttore di strumentazione di misura si occupa anche di riparazioni, calibrazioni e taratura. Per il settore alimentare, Testo dispone di una vastissima gamma di strumenti per la misura di temperatura e umidità. Inoltre, è in grado di offrire soluzioni di misura personalizzate, composte da software, strumenti di misura e un pacchetto completo di servizi. >> Link: www.testo.it

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Safefood, dispositivo laser portatile per controllare la qualità del cibo Contro le frodi alimentari, l’ENEA ha progettato un dispositivo laser portatile per lo screening rapido e affidabile della qualità del cibo che finisce sulle nostre tavole. Il progetto “TECHEA” (Technologies for Health: sistemi per applicazioni alla tutela della salute del cittadino) ha permesso la realizzazione di due prototipi: uno destinato alle attività ispettive di organi di controllo come i NAS dei Carabinieri e l’altro per i controlli di qualità nell’industria alimentare. Attualmente non esistono in commercio strumenti con queste caratteristiche. I controlli antifrode vengono fatti in laboratorio con analisi costose, lunghe e complesse che richiedono personale specializzato. Il nuovo strumento è basato sulla tecnologia della “spettroscopia laser fotoacustica”. Tecnicamente si “spara” sul campione un fascio laser a infrarosso. Il campione a sua volta si riscalda, si espande e genera un’onda di pressione, una sorta di “eco” che viene ascoltata come suono attraverso un microfono. In questo modo riusciamo ad analizzare qualsiasi sostanza, senza che le sue molecole vengano alterate, e ottenere immediatamente i risultati per capire se siamo di fronte a una frode alimentare. Il dispositivo destinato all’industria alimentare è stato progettato per integrarsi nel processo industriale e monitorare tutta la catena produttiva; mentre il secondo strumento per i NAS è maneggevole, di facile utilizzo e delle dimensioni di una valigetta. In quest’ultimo caso si tratta di minilaboratorio portatile, dove basterà inserire un piccolo campione di cibo per avere in pochi secondi uno screening rapido e preciso della presenza di eventuali contaminanti. Queste caratteristiche lo rendono adatto per controlli veloci e mirati in tutti i canali di distribuzione, dai mercati ai supermercati, dalle mense di scuole, ospedali e aziende fino ai piccoli negozi di alimentari. Finora questa tecnologia è stata testata su alimenti di grande consumo come pesce, bibite e succhi di frutta, latte in polvere, olio d’oliva e vino (fonte: Accademia dei Georgofili, www.georgofili.info).

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Il MIPAAFT a difesa del made in Italy È ragguardevole l’attività dell’Ispettorato Centrale per il Controllo della Qualità e Repressione Frodi, in Italia e all’estero. Mostra, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che il comparto è sempre all’attenzione di un occhio vigile e inclemente. Ma evidenzia pure quanto il prodotto italiano sia richiamato per vendere di più e meglio di Sebastiano Corona

S

i è spesso portati a pensare che le frodi in ambito alimentare siano andate aumentando negli anni. Abbiamo assistito, nel tempo, a scandali, talvolta anche gravi, che hanno impressionato l’opinione pubblica, causando danni d’immagine importanti a tutto il comparto. In altri casi, una

certa stampa, sempre pronta a fare allarmismo su qualunque vicenda, ha fatto il resto, con il prevedibile risultato che si è sviluppato un certo livello di diffidenza nei confronti di operatori e prodotti, come se l’inganno fosse sempre dietro l’angolo e non ci fossero sufficienti controlli a garanzia di chi acquista. Per usare

le parole del ministro CENTINAIO, nell’illustrare in Parlamento le linee programmatiche del dicastero che guida: «i controlli nell’agroalimentare sono sempre più un fattore di marketing attivo, capace di posizionare verso l’alto la reputation dei nostri prodotti». Quello che forse il consumatore medio è meno portato a pensare è

In merito alle carni e ai relativi derivati, nel 2018 sono stati 3.019 i controlli ispettivi e 207 quelli analitici, per un totale di 1.812 operatori, di cui il 16,1% risultati irregolari (photo © Santiago Nunez). 176

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In merito alle carni e ai relativi derivati, nel 2018 sono stati 3.019 i controlli ispettivi e 207 quelli analitici, per un totale di 1.812 operatori, di cui il 16,1% risultati irregolari. Sono state invece 233 le notizie di reato, 353 le contestazioni amministrative, 31 i sequestri e 322 tonnellate le quantità sequestrate, per un valore complessivo di 1.986.318 euro. Tra i principali illeciti accertati nel mondo delle carni si annoverano: l’impiego di suini non conformi al Disciplinare di produzione di prosciutti a DOP, preparazioni di carne suina e bovina con composizione nutrizionale difforme dal dichiarato, carne di pollo surgelata con tenore in acqua superiore al limite consentito, prosciutto cotto e altri prodotti a base di carne suina e avicola irregolarmente etichettati per omissione o errata indicazione degli ingredienti utilizzati, irregolare etichettatura di carni e preparazioni a base di carne per utilizzo di menzioni ingannevoli e per impiego ingannevole della designazione di origine, e infine irregolarità nel sistema di tracciabilità della carne. Uno dei casi che più di altri ha scosso l’opinione pubblica è quello dell’agnello di Sardegna IGP. Dopo mesi di indagini, infatti, di attività di sorveglianza del territorio e degli scali portuali, intensificati in prossimità delle festività pasquali, sono stati intercettati al porto di Olbia diversi camion, provenienti dalla Romania, che trasportavano agnelli vivi destinati ad essere macellati in Sardegna. Sono stati ritirati dal commercio circa 12.000 agnelli di origine incerta, per un valore complessivo di 1.200.000 euro. Di questi, 3.169 agnelli di origine francese e rumena spacciati per italiani e 1.156 agnelli commercializzati come agnello di Sardegna IGP (ma in realtà di origine rumena) sono stati sequestrati nelle principali catene della GDO in foto etichette sbagliate riguardanti agnello Igp di Sardegna; photo © www.sardegnalive.net).

che, se talune violazioni emergono, se gli illeciti nel campo diventano di pubblico dominio, è invece perché le ispezioni sono tante, sono frequenti e di responsabilità di numerosissimi soggetti. In Italia sono decine gli organi competenti a vigilare in materia. Fanno capo ai tre Ministeri Salute, Agricoltura e Sviluppo economico e in certi casi hanno competenze che si sovrappongono. Dalle aziende sanitarie locali agli istituti zooprofilattici sperimentali, dai carabinieri NAS e NAC agli uffici periferici di sanità marittima ed aerea, quelli veterinari, solo per citarne alcuni, sono moltissimi i soggetti che sovrintendono alla nostra salute, facendo applicare le norme in materia igienico-sanitaria e non solo. Tra i più presenti nel territorio, vi è certamente l’Ispettorato Centrale per il Controllo della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti alimentari, espressione diretta del MIPAAFT, particolarmente attivo su certe tipologie di illeciti. Certamente più

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di altri organismi in prima linea su violazioni che implicano una ricaduta sulla cosiddetta reputazione del made in Italy. Ogni anno l’ICQRF licenzia un documento che sintetizza il suo operato nei dodici mesi precedenti e che evidenzia gli errori più frequenti delle imprese agroalimentari, le violazioni più comuni, i più gravi reati. È evidente, da una prima lettura del Rapporto 2018, che l’ICQRF, per professionalità del personale impiegato e strumenti messi in campo, sia tra le principali autorità antifrode nel food al mondo. Nell’anno appena concluso le verifiche sono state complessivamente 54.098, per oltre 25.000 imprese e 53.000 prodotti. Le irregolarità rilevate hanno riguardato oltre il 20% degli operatori, più del 12% dei prodotti e quasi il 9% di campioni con esito analitico irregolare. Altri dati importanti: 721 le notizie di reato, che hanno registrato, tra l’altro, un incremento importante rispetto al 2017, con un +58%. Sono invece 4.194 le contestazioni

amministrative, anche queste in aumento: +13%. Si aggiungono 2.629 diffide e circa 17,6 milioni di chilogrammi di merce sequestrata, per un valore complessivo di oltre 34 milioni di euro. Poiché l’ICQRF non si muove solo dentro i confini nazionali, sono stati centinaia, 561 per l’esattezza, gli interventi in territorio extraregionale e sul web, a tutela del made in Italy. E poiché i controlli dell’ICQRF coinvolgono tutti gli anelli della filiera, l’attività ha riguardato per l’87% i prodotti alimentari e per il restante 13% i mezzi tecnici per l’agricoltura (mangimi, fertilizzanti, sementi, prodotti fitosanitari). Facendo invece una disamina dei singoli settori, si rileva che una buona fetta dei controlli, 17.820, ha interessato il settore vitivinicolo, 7.157 l’oleario, 5.102 il lattierocaseario, 3.226 il settore della carne, 2.967 l’ortofrutta, 2.666 i cereali e derivati, 2.202 le conserve vegetali, 1.961 le sostanze zuccherine, 911 il miele, 679 le uova, 516 le bevande

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spiritose e 1.959 altri settori. Sono 2.588 le ingiunzioni di pagamento, per un importo di circa 7 milioni di euro. In ragione dei cosiddetti Decreti Origine — che al momento in cui scriviamo riguardano i prodotti lattiero-caseari, riso, paste di semola di grano duro e pomodoro — l’ICQRF, nel 2018, ha disposto 28 diffide ed elevato 30 contestazioni amministrative. Interventi a livello internazionale e sul web Uno degli aspetti più interessanti dell’attività ispettiva del Ministero è la possibilità di intervento in ambito internazionale e sul web, per la tutela del made in Italy e soprattutto in merito alle indicazioni geografiche. Negli ultimi quattro anni gli interventi fuori dei confini nazionali e su internet sono stati 2.763: un’azione ragguardevole che nessun altro Paese europeo può vantare. Nel 2018 la cooperazione con Alibaba ed E-bay si è rinnovata, ed ha ottenuto risultati positivi anche quella su Amazon: 177 interventi, con il 99% di successi. Sono state avviate procedure di contrasto a usurpazioni ed evocazioni che hanno riguardato 561 casi, di cui 139 su E-bay, 16 su Amazon e 22 su Alibaba. 148 casi sono stati invece su prodotti in vendita su altri service provider, 236 prodotti vitivinicoli sul web e in locali pubblici. Allo stesso modo, si sono intensificati i rapporti con gli altri organismi di controllo internazionali, con 183 segnalazioni provenienti da autorità estere per verifiche antifrode richieste all’ICQRF. 41 invece le segnalazioni nell’ambito del Sistema Food Fraud Network per la cooperazione tra Stati Membri UE, in caso di frodi. L’ICQRF svolge inoltre, in Italia, la vigilanza sugli organismi di controllo, pubblici e privati, delle produzioni agroalimentari di qualità regolamentata, quali: produzioni da agricoltura biologica, prodotti agricoli e alimentari DOP, IGP e STG, vini a denominazione d’origine e a indicazione geografica, carni con etichettatura facoltativa. Nel 2018 l’attività di vigilanza si è concentrata su 52 ODC, dei quali 15 nell’ambito

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dei prodotti agricoli e alimentari a DOP, IGP e STG, 20 nell’ambito dei vini a DOP e IGP, 15 nell’agricoltura biologica e 2 nell’etichettatura carni. È importante anche il lavoro fatto in relazione alla gestione di banche dati agroalimentari: l’Italia è infatti l’unico Paese al mondo ad avere registri telematici per la movimentazione di vino e olio. I suddetti registri, insieme al Registro Unico dei Controlli Ispettivi, costituiscono preziosi strumenti e pongono l’Italia all’avanguardia nella gestione del rischio e nella conoscenza dinamica dei mercati. In quest’ultimo, il Ruci, confluiscono tutti i dati della cosiddetta Banca dati Vigilanza, la base informativa condivisa tra ICQRF e altre autorità competenti in materia di controlli. La sua realizzazione consente di ottimizzare l’attività ispettiva evitando la sovrapposizione di controlli sulle imprese agricole. Nel 2018 si sono resi disponibili, sul Ruci, gli esiti di oltre 625.000 controlli operati da ICQRF, Regioni, organismi di certificazione e Arma dei Carabinieri. Tra gli interventi più significativi dell’ICQRF come Eu Food Fraud Contact Point, citiamo in particolare: la pasta con indicazione di origine italiana in etichetta ma prodotta in Austria; due casi di olio di provenienza bulgara, commercializzati come olio di oliva extravergine ma risultati, all’analisi, miscele di olio di girasole e olio di oliva; vino illegalmente etichettato come “Prosecco”, prodotto in Bulgaria; grissini prodotti in Germania ma riportanti in etichetta il tricolore e il Ponte dei Sospiri di Venezia; olio di oliva extravergine greco, commercializzato come italiano; pesche dall’origine incerta di provenienza greca introdotte in Italia passando dalla Spagna. E molto altro ancora. Molti di questi casi lasciano intravedere l’interesse del mercato internazionale per i prodotti italiani, considerato che spesso si tratta di usurpazioni del nome, cioè di prodotti esteri spacciati come nostrani. A conferma che il made in Italy serve a vendere sia in Italia, sia all’estero. Sebastiano Corona

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STATISTICHE

Macellazione del bestiame a carni rosse, anno 2018 di Aurora De Santis

L

L’indagine nel 2018 e indagini congiunturali sulla macellazione del bestiame hanno interessato i mattatoi pubblici e privati, a bollo CEE, a capacità limitata e in deroga, risultati attivi sul territorio nazionale. Più in particolare, l’universo dell’indagine relativa alle “carni rosse” è costituito da circa 2.000 mattatoi tra i quali è stato estratto, in modo casuale, per l’anno 2018, un campione di circa 400 impianti rappresentativi del totale. A decorrere dal 1o gennaio 2009 il modello prevede la divisione della categoria dei vitelli in due nuove categorie: “vitelli fino a 8 mesi” e “giovani bovini” (da 9 a 12 mesi). Tale modifica è stata inserita in con-

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formità al nuovo Reg. 1165/2008. La rilevazione è compresa nel Programma Statistico Nazionale con il codice IST00163 e per essa è previsto l’obbligo di risposta. I risultati Nel periodo considerato, per i bovini si registra un numero di capi abbattuti pari a 2.659.000, per un peso medio pari ai 512,4 chilogrammi e una resa media del 57,8% (Tavola 1). I bufalini ammontano invece a 109.311 capi abbattuti nell’arco dell’anno, per un peso morto pari a 223.000 quintali. Per i suini si registrano circa 11,2 milioni di capi abbattuti, per una resa media pari all’81,1% e un peso

vivo medio di 161,1 chilogrammi. La categoria che più contribuisce alla macellazione della specie suina è quella dei “grassi”, che costituisce il 93,5% del totale. Per gli ovini, i capi macellati risultano pari a un totale di 2.754.982 capi, mentre i caprini macellati sono in totale circa 127.000 capi. Per gli equini, la categoria dei cavalli, pari al 92,9% del totale degli abbattimenti, fa segnare un numero pari a 19.008 capi abbattuti su un totale di equini abbattuti pari a 20.466. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

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Tav. 1 – Macellazione per categoria del bestiame a carni rosse (gen. - dic. 2018) Categorie

Capi numero

Peso vivo quintali

Peso vivo medio kg.

Peso morto quintali

Resa media %

Vitelli minori di 8 mesi

557.401

1.277.628

229,2

759.405

59,4

Vitelli da 8 mesi e piĂš

51.091

142.562

279,0

86.978

61,0

Vitelloni maschi e manzi

889.940

5.533.863

621,8

3.236.978

58,5

Vitelloni femmine

609.732

3.487.062

571,9

2.024.024

58,0

Buoi

4.689

27.046

576,8

15.444

57,1

Tori

12.376

85.978

694,7

49.857

58,0

533.646

3.274.006

613,5

1.696.209

51,8

2.658.875

13.624.749

512,4

7.868.895

57,8

Vitelli bufalini

60.800

153.806

253,0

86.528

56,3

Bufale

39.619

213.796

539,6

113.114

52,9

8.892

44.125

496,2

23.641

53,6

109.311

411.727

376,7

223.283

54,2

2.768.186

14.036.476

507,1

8.092.178

57,7

2.258.606

350.443

15,5

210.455

60,1

159.947

56.308

35,2

32.087

57,0

Castrati

394

219

55,6

123

56,2

Pecore

332.364

179.010

53,9

95.180

53,2

3.671

2.278

62,1

1.207

53,0

2.754.982

588.258

21,4

339.052

57,6

Capretti e caprettoni

94.547

15.971

16,9

9.626

60,3

Capre

32.062

12.970

40,5

6.804

52,5

Becchi

996

598

60,0

306

51,2

Caprini

127.605

29.539

23,1

16.736

56,7

2.882.587

617.797

21,4

355.788

57,6

Lattonzoli

402.849

92.618

23,0

73.741

79,6

Magroni

324.052

241.467

74,5

191.289

79,2

Grassi

10.524.466

17.791.596

169,0

14.441.684

81,2

Suini

11.251.367

18.125.681

161,1

14.706.714

81,1

19.008

92.003

484,0

54.222

58,9

121

419

346,3

225

53,7

1.337

3.206

239,8

1.730

54,0

Equini

20.466

95.628

467,3

56.177

58,7

Struzzi

142

136

95,8

59

43,4

Vacche Bovini

Altri bufalini Bufalini Bovini e bufalini Agnelli Agnelloni

Montoni Ovini

Ovini e caprini

Cavalli Muli e bardotti Asini

Fonte: ISTAT.

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Macellazione del bestiame a carni bianche, anno 2018 di Aurora De Santis

A

partire da gennaio 2002 l’Istituto Nazionale di Statistica effettua mensilmente una rilevazione del bestiame a carni bianche macellato, con la finalità di ottenere informazioni sul numero di capi e il relativo peso (vivo e morto) degli animali abbattuti ogni mese sul territorio nazionale. Gli animali considerati, suddivisi in categorie, sono i volatili da cortile (avicoli, tacchini, faraone, anatre e oche), la selvaggina da penna e i conigli. L’indagine viene eseguita presso l’intero universo di mattatoi, pubblici e privati, a bollo CEE e a

capacità limitata, per un totale di circa 180 impianti, e riguarda sia il bestiame indigeno sia quello di provenienza estera. L’indagine è compresa nel Programma Statistico Nazionale con il codice IST001636 e per essa è previsto l’obbligo di risposta. I risultati I risultati dell’indagine relativa a tutto il 2018 evidenziano una macellazione di 534 milioni di capi avicoli, il 68,4% dei quali è costituto dall’abbattimento di polli da carne di peso superiore ai 2 kg; l’insieme

delle due categorie dei polli da carne, di peso inferiore e superiore a 2 kg, costituisce il 95,0% del totale avicoli (Tavola 1). La resa media degli avicoli risulta pari al 70,7% con un picco per la categoria dei polli livornesi e golden (76,4%). Il totale dei tacchini macellati è costituito da circa 27,8 milioni di capi per un peso morto pari a circa 300.000 tonnellate, una resa media del 74,8% e un peso medio di 14,5 kg. Per quanto riguarda la categoria delle faraone, i capi macellati in totale nel 2018 sono circa 4,6 milioni

Sono stati 534 milioni i capi avicoli macellati durante l’annata 2018, il 68,4% dei quali era costituto da polli da carne di peso superiore ai 2 kg (photo © unaitalia.inc-press.com). 182

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Tavola 1 – Macellazione per categoria del bestiame a carni bianche (gennaiodicembre 2018) Capi Categorie

Peso vivo kg

Peso medio kg

Resa media var. % %

Peso morto

migliaia

var. %

Polli da carne < 2 kg Polli da carne ≥ 2 kg Galline da riproduzione Galline ovaiole Capponi Polli livornesi e golden

141.788 365.725

–1,9 –3,1

227.592.170 1.085.026.980

1,6 3,0

154.539.194 776.471.947

–1,1 – 4,6

67,9 71,6

2.448 20.760 1.021

23,4 – 4,4 –25,9

9.197.973 45.602.135 3.259.024

3,8 2,2 3,2

6.519.463 28.328.132 2.420.270

26,6 11,3 –16,3

70,9 62,1 74,3

2.565

20,9

5.965.631

2,3

4.557.157

36,5

76,4

Totale avicoli

534.307

–2,7

1.376.643.913

2,6

972.836.163

–3,4

70,7

14.358

– 0,7

276.298.777

19,2

206.854.479

–1,7

74,9

13.078

–5,2

120.688.608

9,2

90.070.097

–5,9

74,6

Tacchini maschi da carne Tacchini femmine da carne Tacchini da riproduzione

kg

331

43,3

4.612.699

13,9

3.378.486

31,6

73,2

Totale tacchini

27.767

–2,5

401.600.084

14,5

300.303.062

–2,7

74,8

Totale faraone

4.572

2,5

8.820.323

1,9

6.352.244

4,1

72,0

Totale anatre

1.479

7,0

4.903.749

3,3

3.602.614

10,2

73,5

14

–26,3

74.963

5,4

56.288

–17,5

75,1

Totale oche Totale conigli

15.858

–16,5

41.600.370

2,6

23.741.045

–17,2

57,1

Quaglie Piccioni

13.088 522

0,5 –2,2

3.131.315 275.353

0,2 0,5

2.162.932 215.331

5,8 –1,4

69,1 78,2

Totale selvaggina

13.610

0,4

3.406.668

0,3

2.378.263

5,1

69,8

Fonte: ISTAT.

per un peso morto di circa 6.400 tonnellate e una resa del 72,0%. La macellazione delle anatre ammonta a circa 1.479.000 capi, con resa media del 73,5%, peso morto complessivo pari a circa 3.603 tonnellate e peso medio di 3,3 chilogrammi. I conigli macellati in questo periodo sono circa 15,9 milioni con una resa del 57,1%, un peso per capo di 2,6 chilogrammi ed una produzione pari a circa 23.700 tonnellate di carne. La sezione selvaggina, in cui sono compresi quaglie e piccioni, fa registrare complessivamente, nel periodo considerato, circa 13,6 milioni di capi macellati. La produzione risulta pari a circa 2.378 tonnellate di carne macellata (peso morto) e la resa è al 69,8% rispetto al peso vivo. Aurora De Santis Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

Assalzoo entra a far parte dell’O.I. Carne Bovina – OICB. Matteo Boso eletto presidente L’associazione nazionale tra produttori di alimenti zootecnici ASSALZOO è entrata a far parte dell’associazione O.I. Carne Bovina-OICB, costituita a novembre 2018 da ASSOGRASSI, FIESA-CONFESERCENTI, CIA-AGRICOLTORI ITALIANI, CONFAGRICOLTURA, COPAGRI e UNICEB per contribuire concretamente allo sviluppo, sia in termini di business che dal punto di vista innovativo, di un settore strategico per l’agroalimentare italiano e garantire una più equa distribuzione del valore tra i vari anelli della filiera. L’ingresso di Assalzoo è stato sancito dall’assemblea dei delegati delle associazioni costituenti, che hanno inoltre provveduto ad eleggere presidente l’allevatore veneto MATTEO BOSO (in foto). «Puntiamo a coinvolgere anche la piccola, media e grande distribuzione» ha spiegato Boso. «L’OICB è nata nell’interesse dell’intera filiera e ha tra i propri scopi la tutela e la difesa dell’immagine del settore dalle notizie false o tendenziose che spesso vengono diffuse e, al contempo, la promozione di un’assunzione consapevole delle proteine animali e la valorizzazione della zootecnia per la tutela dei territori rurali dalla desertificazione. Nel portare avanti le nostre attività punteremo molto sul ruolo inclusivo dell’OI, che è aperta a chiunque sia interessato a contribuire allo sviluppo del settore delle carni bovine». Proprio con lo scopo di rafforzare l’intento inclusivo dell’associazione, gli organismi che aderiranno saranno considerati, fino alla prima assemblea generale, tra i soci promotori. L’obiettivo è far sì che l’associazione diventi fulcro del dialogo tra tutti i rappresentanti della filiera. Il cuore operativo e propulsivo della struttura sarà rappresentato dagli stessi produttori: lo statuto di O.I. Carne Bovina-OICB prevede, infatti, la costituzione di appositi comitati di prodotto, il cui compito sarà quello di indicare le scelte e le linee di indirizzo per lo sviluppo del settore. Tali comitati si occuperanno delle questioni relative alla produzione e alla commercializzazione, con particolare attenzione ai processi di internazionalizzazione per l’accesso ai nuovi mercati, esaminando accordi, procedure e regole comuni, con l’obiettivo di abbattere i costi e migliorare le caratteristiche merceologiche, la logistica e le procedure di transazione (fonte: Copagri Nazionale).

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STORIA E CULTURA

Tournedos dal nome misterioso di Giovanni Ballarini

C

ANEVERI , nella seconda metà del 1800, a Parigi, conduceva un negozio di alimentari di pregio nel quale, un giorno, entrò GIOACCHINO ROSSINI per acquistare della pasta, probabilmente maccheroni. Tra i due si accese un dibattito sulla loro provenienza, al termine del quale Caneveri, avendo nel frattempo conosciuto il suo illustre interlocutore, esclamò: «Rossini! No, non lo conoscevo prima. Ma se s’intende di musica come di maccheroni deve scrivere della gran bella musica». Stretto è infatti il legame tra musica e cucina, e ad esse il musicista dedicò la sua vita: alla musica i primi 40 anni (dalla nascita, 1792, al 1832) e alla cucina i secondi trentacinque (dal 1833 alla morte, avvenuta nel 1868). Tra le tante ricette che lui stesso preparava o che gli sono state dedicate, la più celebre è sicuramente quella dei tournedos, cucinati al sangue poi coperti con foie gras e tartufo.

Tournedos, denominazione dalle molte interpretazioni Il tournedos è un trancio di carne di manzo ottenuto dal filetto, guarnito con una sottile fetta di pancetta e cotto rapidamente sui due lati. Il trancio deve avere uno spessore da 1 a 1,5 cm, un diametro da 10 a 12 cm e un peso approssimativo da 150 a 180 g. Se si superano queste dimensioni si ha una chateaubriand. Come per ogni altra preparazione di pregio non mancano poi le contraffazioni con altri pezzi di manzo meno teneri ma più economici e preparati allo stesso modo, che dovrebbero quindi essere denominati simil-tournedos. Le ricette dei tournedos sono tra le più numerose e in Francia, patria di questa preparazione; la Guide culinaire dello chef-ristoratore AUGUSTE ESCOFFIER (prima edizione 1903) ne registra non meno di 95, diverse per aggiunte e aromatizzazioni. L’origine della denominazione è controversa, tanto che anche Escof-

fier, nel 1903, affermò che troppe discussioni vi erano state sulla sua etimologia senza giungere ad alcunché di certo. Diciamo innanzitutto che il termine, francese, sembra essere composto da tournez e dos, letteralmente “girare o voltare” e “schiena o dorso”. L’Accadémie des Gastronomes, nel 1962, scrisse che i tournedos erano parti di filetto di manzo rimaste troppo a lungo nella dispensa di un ristorante e che il termine era stato inserito inavvertitamente sul menù, facendo sì che la clientela lo adottasse senza conoscerne il significato. Il LAROUSSE GASTRONOMIQUE fornisce però un’altra versione, rifacendosi proprio a Gioacchino Rossini, che in un ristorante avrebbe ordinato un tournedos con foie gras e tartufo e, di fronte a una così sorprendente richiesta, il maître d’hôtel l’avrebbe portata passando dietro le spalle (dans le dos) degli altri ospiti presenti in sala.

Tournedos alla Rossini (photo © www.dartagnan.com).

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Un’altra spiegazione del termine si rifà allo chef M. BEZANÇON, che nel 1876, nel ristorante Noël Peters a Parigi, ebbe l’idea di tagliare una fetta di filetto in due parti, farle saltare alla fiamma e poi metterle una contro l’altra, “di schiena” (da qui la denominazione). Di non facile accoglimento sono invece le ipotesi che, a partire dal XVIII secolo, associano il termine tournedos o tourne-dos a un modo di presentare un prodotto alimentare (in particolare il pesce) di dubbia freschezza, e vendere a tourne-dos significherebbe nascondere i difetti della merce. In modo analogo, alcuni sostengono che le origini del nome sarebbero dovute alla sanzione che veniva inflitta ai macellai della Halles de Paris, i quali, se trovati in possesso di merce non fresca, dovevano “girare la schiena” ossia allontanarsi dalle navate centrali di maggiore prestigio. Non mancano altre spiegazioni o presunte tali. Per alcuni, i famosi tournedos alla Rossini avrebbero assunto il nome di tournedos perché il maggiordomo del compositore era costretto a tourner le dos ai commensali per nascondere il segreto della lavorazione finale della ricetta ideata dal celebre cuoco MARIE ANTOINE CARÊME con la complicità e supervisione di Gioacchino Rossini. Per altri, invece, sarebbe stato il maggiordomo stesso di Rossini a dargli il nome, perché preparava il piatto voltando la schiena agli invitati, così da mantenerla segreta. Per altri, infine, il termine sarebbe nato durante un pranzo al Café des Anglais di Parigi dove, sempre Rossini, consigliando la sua ricetta allo chef e ricevendo sentite rimostranze, avrebbe esclamato “et alors, tournez le dos!” (allora, voltate la schiena, ossia andatevene). Ci sono poi quelli che non chiamano in causa Rossini, dicendo semplicemente che il cuoco, preparando il tournedos in sala con la lampada, voltava la schiena ai convitati per non colpirli con gli spruzzi della cottura. Modi di preparazione I tournedos sono uno dei gioielli

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della gastronomia francese, che i ristoranti tradizionali presentano con grandi varietà di condimenti, secondo i gusti del momento, le verdure stagionali, le produzioni regionali e locali e le capacità del cuoco e della sua brigata. La carne, avvolta dalla pancetta, può essere cotta su una semplice griglia, un barbecue, una piastra o in padella e divenire un’elaborata opera d’arte con aggiunta di fegato grasso, midollo di bue o tartufo; la si può accompagnare con salsa al Madera emulsionata con burro o salsa bernese, senza dimenticare altre salse anche a base di legumi. La cottura va compiuta esponendo al calore la carne sui due lati e quindi rovesciandola. In Francia quattro sono i gradi di cottura dei tournedos: * bleu, la carne è quasi cruda ma calda al cuore; * saignant o al sangue, la carne rossa al centro e i bordi croccanti; * à point, la carne cotta fino al centro ma non molto; * cuite, con la carne marrone al centro senza essere asciutta, cottura che per i più è da evitare. Una semplice e modesta ipotesi Senza scomodare nomi celebri della cucina, arte e gastronomia, in francese come in italiano i termini dos e dorso hanno diversi significati e non si riferiscono soltanto alla schiena o al dorso degli uomini, ai quali fanno riferimento le interpretazioni fin qui avanzate dei tournedos. Dos e dorso si attribuiscono anche agli oggetti (per esempio, dorso di un libro), e pure gli alimenti possono avere uno o due dorsi, come il trancio o la fetta di carne di filetto che deve essere uniformemente cotta sui due lati. Per questo è necessario cambiare e ruotare il dorso della fetta di carne esposta al calore. Un’ipotesi, quella del cambiamento di dorso della fetta di filetto nel corso della cottura, forse troppo semplice per essere presa in considerazione, ma probabilmente, proprio per questo, più vicina alla verità di tante altre fin qui avanzate. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma


SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

DIE, Iosonouncane

Stormi, Mandria, Carne di Giovanni Papalato

C

i sono album in cui la carne ha un collegamento più o meno diretto ed è interessante e divertente poterla raccontare. Altri, invece, hanno nel titolo di un brano o del disco stesso un riferimento netto ma non culinario. A più di un anno dal primo articolo, credo sia giusto ricordare il senso di questa rubrica, per dare valore ad entrambi i casi: grammatura, qualità, provenienza. No, non stiamo parlando di carne in questo caso, anche se potrebbe sembrare, ma di dischi. Sì, quei cerchi pieni di solchi che, se fatti girare sotto una puntina, irradiano musica. E i sostantivi con cui abbiamo aperto queste righe sono importanti per darne un valore oltre che per definirli. Perché se un vinile pesa 180 grammi, ha una resa migliore ed è più longevo. Perché la qualità dell’incisione è direttamente proporzionale alla sua resa. Perché sapere da dove viene, quando è stato stampato e da chi ci danno informazioni importanti per avere un’idea esatta della sua identità. Proprio come la carne che scegliamo, n’est pas? Ecco. Io amo tutti gli album che racconto qui e quello di cui andrò a scrivere ora appartiene alla seconda categoria poco prima descrittavi: si chiama DIE ed è il secondo di Iosonouncane. JACOPO INCANI è originario del Sud della Sardegna e si è trasferito per studi universitari a Bologna. Per Trovarobato ha inciso La Macarena Su Roma e questo è il suo secondo disco uscito nel 2015, al cui interno troviamo un brano che ha per nome Carne, ma anche Stormi e Mandria.

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DIE in sardo significa “giorno”, in inglese “morire” e in tedesco è l’articolo determinativo femminile. Una storia, un racconto, potremmo definirlo a tutti gli effetti un concept

ma personalmente sarebbe limitativo, carico di significati e sensazioni intense, mescolati tra respiri e movimenti, parole e immagini in uno scenario livido e drammatico.

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Colore

Colore

CERTIFICATO

MISURAZIONE DI POTENZA STORDITORI ,O SUHVHQWH FHUWLÀFDWR FRQIHUPD FKH OR VWUXPHQWR VRWWRLQGLFDWR q VWDWR WHVWDWR HG q FRQIRUPH DOOH VSHFLÀFKH WHFQLFKH ULFKLHVWH Modello: Numero di Serie: Testato da: Firma: Data: Valido con decorrenza dalla data di emissione. Lo strumento richiederà un nuovo test entro la data sottoindicata. Test Successivo (Data):


DIE narra la storia di un uomo in mezzo al mare e la sua paura di morire. Ma racconta anche la storia di una donna a riva con gli occhi rivolti al cielo carico di burrasca e la paura di non riabbracciare il compagno. Pochi secondi irradiati in 38 minuti, in una tensione estrema dei loro pensieri che si cercano e si intersecano. Questa narrazione in sei parti costituisce il disco. Aprono e chiudono questo cerchio su due facciate, due brani corali (Tanca e Mandria) al cui centro si trovano quattro canzoni che si sviluppano dalle due prospettive (Stormi, Buio, Carne, Passaggio). La sensazione di trovarsi al limite, sull’orlo di qualcosa che sta per accadere è presente lungo tutti gli episodi. I testi nel loro significare e nei loro forma, forza e ritmo sono tutt’uno con elementi di una musica poliforme in cui si cercano e si alternano prog, folk, elettronica, etnica, kraut, psichedelia, ambient e un certo pop orchestrale e obliquo attraverso canti a tenore sardo, filicorno baritono, tromba, trombone, sax baritono, chitarra sarda preparata, sampling, la voce di Incani. La ricchezza di questo disco è così anche nel modo in cui tutto ciò viene raccontato tra allitterazioni e assonanze. È quindi impossibile scindere i due linguaggi e così andiamo incontro ad una interpretazione stimolante e piena di suggestioni. La ripetizione, il flusso di coscienza, la ciclicità sono temi che ricorrono con insistenza nell’arco di tutto il disco, in ogni brano “il canto che muore / e ritornerà / per finire su un campo steso al sole” (Tanca). “E con la morte nel cuore correrò per tornare / dove il giorno rivive sul profilo degli alberi” (Stormi). “Ero io, / Nel solco ancora scorrerà / sete che divora i sorsi” (Buio). “Ogni giorno si sveglia e muore, / ogni giorno si sveglia e cade” (Carne). “Sui campi stesi / e muore ancora il giorno senza te” (Paesaggio). “Oggi bagnata dalle rive / fame ritornerà” (Mandria). La sensazione immediata di

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Grammatura, qualità, provenienza, perché? Perché se un vinile pesa 180 grammi, ha una resa migliore ed è più longevo. Perché la qualità dell’incisione è direttamente proporzionale alla sua resa. Perché sapere da dove viene, quando è stato stampato e da chi ci danno informazioni importanti per avere un’idea esatta della sua identità. Proprio come la carne che scegliamo

smarrimento nella meraviglia, poi di coinvolgimento e la successiva scelta di abbandonarsi nell’ascolto è stata, per chi scrive, estremamente appagante. Entrare completamente in questa storia, necessario. Così Tanca si apre con percussioni strisciate e la voce tenore che è un basso, per prodursi in una marcia in cui i versi di Incani si alzano, raddoppiano si sdoppiano e conducono. Tamburi e synth sono come un mare che ci accoglie e ci perde. Stormi è il sereno dopo che è stato nuvole. È l’episodio più pop, ha il ritmo e certi echi 60’s, i fiati aperti su armonie che descrivono il ritorno. L’arpeggio su cui si arrampicano tromba e tenore, poi si scopre una voce femminile e un sampling etereo, archi e rimandi ad un certo prog non autoreferenziale, un viaggio sospeso e sommerso, sono la soffice psichedelia di Buio. Carne è clapping e synth, irruenza e declamazione, accorata e lisergica, groove e ancora rimandi a certi anni ‘60, fiati che riempiono e trasportano. Il brano più breve (poco più di 2 minuti quando gli altri vanno da un minimo di 4 a 10), Paesaggio, parte come un liquido racconto minimale per poi salire in un crescendo di fiati che si sfoga fondendosi nel principio della conclusiva Mandria. La struttura elettronica lo rende il più uniforme tra tutte le composizioni, sequenze e bassi lo connotano in maniera marcata. Si evolve in maniera organica, raccogliendo tutte le suggestioni che nel corso del disco si sono rivelate, destrutturate e ricomposte con armonia.

Proprio come qualcosa di concreto e vivo, si muove e si afferma nella sua narrazione ritmica. La conclusione non suona come un epilogo, perché in fondo, davvero, non ci importa. Perché in DIE non c’è un’unica storia, un solo destino ineluttabile. La trama si carica fino a implodere e diventa superfluo cercarne una soluzione. Perché che l’uomo torni o meno, vivo o morto, la donna tornerà ogni giorno a riva, come il sole, sotto il sole. Al temine del disco ci si sente come travolti, attraversati. DIE è uno dei dischi più belli e importanti degli ultimi vent’anni, ma non solo. È un lavoro che ha nella sua scrittura, registrazione ed esecuzione così legate al territorio, così connotate, una meravigliosa internazionalità espressiva. Io ci ho sentito affinità con il BATTISTI di Anima Latina, con certi FLAMING LIPS, ANIMAL COLLECTIVE e CARIBOU. Ripeto, affinità e non derivazioni. IOSONOUNCANE parte dall’analogico per poi filtrarlo, distorcerlo, esaltarlo, mutarlo, riprenderlo per esaltarne la concretezza. È un album che certamente ha nei testi uno strumento centrale, ma che vive di un’identità così forte nella sua ricchezza da poter essere amato anche da chi non conosce la nostra lingua. Perché in questo caso l’idioma non è un limite, ma in quanto parte integrante del tutto, aldilà del significato arriva lontano,oltre certi confini geografici. Giovanni Papalato Nota Photo © Lucio Pellacani.

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