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La Manzetta d’Abruzzo di Centro Carne Teramo Un’Italiana fuori dal coro
di Carlo Angelo Sgoifo Rossi
Siamo un’eccellenza in tutto il mondo, ammirati, copiati, stimati in ogni settore e in particolare dove la cura dei dettagli e il “gusto” risultano distintivi, basilari. Girando per il pianeta ci si rende conto che è così anche per il comparto del bovino da carne. Abbiamo le razze migliori, più efficienti, più versatili, più eleganti, che producono la carne migliore. Eh sì, proprio così… ma, nonostante ciò, esaltiamo, mitizziamo e promuoviamo chi ci ammira, da sempre, dal super Angus al fatty Wagyū. Sarà forse tardi quando realizzeremo che la carne italiana non ha eguali, non solo sotto gli aspetti sensoriali ma anche per quel concetto più ampio e moderno di qualità che include la sostenibilità e la salubrità del prodotto?
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Qualcuno fortunatamente l’ha già capito e ne fa un punto di forza invincibile. Questa evidenza o, meglio, questa certezza è la mission di Manzetta d’Abruzzo, un’iniziativa in totale controtendenza, fuori dal coro e dagli schemi, forte del suo valore e della certezza di piacere a tutti perché buonissima, italiana, testimonial grandiosa della Dieta Mediterranea, oltreché attenta all’ambiente e alla salute del consumatore. La valorizzazione di queste peculiarità si realizza nel connubio tra la tradizione e rusticità dell’allevamento abruzzese, la passione e professionalità della famiglia di CENTRO CARNE TERAMO e la conoscenza scientifica di settore. Una filiera di grande fascino e concretezza focalizzata a valorizzare personalità e peculiarità, salubrità, tenerezza e sapidità, ed un corretto tenore lipidico della carne.
Personalità e peculiarità
Personalità e peculiarità originano dal territorio e dalle tradizioni ed esso intimamente legate. I capi allevati nella filiera “Manzetta d’Abruzzo”, sono nutriti principalmente con alimenti locali che beneficiano sia delle peculiarità del territorio che delle tradizioni produttive. Tale aspetto non è certamente marginale o di scarsa rilevanza. Il filosofo tedesco LUDWIG FEUERBACH sottolineava “siamo ciò che mangiamo”, mentre sosteneva IPPOCRATE: “fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”. Tali consolidate verità valgono ovviamente anche per i bovini, dove ancor più il microbiota e microbioma ruminale e, nel complesso, l’intero metabolismo sono condizionati dall’alimento e dalle sue caratteristiche e, con essi, anche le peculiarità dei prodotti che ne derivano. La carne non è pertanto uguale anche quando le caratteristiche composizionali delle diete lo sono, ma si arricchisce di componenti specifiche legate al territorio e agli alimenti, acqua inclusa, che lo caratterizzano e che a loro volta influiscono sul microbiota digestivo dell’uomo e, di riflesso sulla sua digestione, salute e percezione emotiva, psichica e sensoriale.
Anche le razze che contraddistinguono “Manzetta d’Abruzzo” influenzano tali aspetti dal momento che la genetica condiziona lo sviluppo oltre che del rumine, anche di diversi altri organi incluso fegato e pancreas, inducendo una differente impronta e memoria fisiometabolica tra le razze e i loro incroci. Nella “Manzetta d’Abruzzo”, come dopotutto in altri prodotti tipici italiani, si racchiude pertanto tutta la ricchezza di nutrienti che caratterizzano il più bel Paese al mondo e la longevità, originalità, fantasia, arte e sentimento del suo popolo. Emerge sempre più chiaro ed evidente lo stretto legame che esiste tra tali aspetti e le peculiarità del cibo e dell’ambiente da cui esso origina.
Tabella 1 — Mortalità e morbilità in bovini d’importazione e bovini provenienti da una filiera corta Italiana
Fonte: Sgoifo Rossi, Agriumbria, 2023; Produrre carni di qualità in modo efficiente per una dieta sana.
Salubrità
È riconosciuto come i bovini d’importazione presentino un maggior rischio di problematiche sanitarie e un conseguente maggior utilizzo di antibiotici. L’inevitabile trasporto, la lunga distanza, il rimescolamento con altri soggetti provenienti da zone e allevamenti molto diversi, le variazioni ambientali, sociali e gestionali, sono infatti stress che inducono un’immunosoppressione proporzionale all’entità di tale stress
[ARTHINGTON A.H. et al. (2003), Effect of transportation and commingling on the acute-phase protein response, growth, and feed intake of newly weaned beef calves, J. OF ANIMAL SCI 81:1120–1125; SGOIFO ROSSI C.A. et al. (2013), Individuazione e valutazione dei fattori di rischio per la BRD nel bovino da carne da ristallo, LARGE ANIMAL REVIEW 19: 65-72].
Diversamente dai bovini nati e allevati localmente, i bovini importati incorrono molto più frequen- temente e gravemente nella tipica patologia respiratoria che caratterizza il rimescolamento di animali con un diverso patrimonio microbico, ma in particolare con protocolli di profilassi sanitaria assenti o sconosciuti. Tale criticità — e cioè il non conoscere la “storia sanitaria” di un soggetto d’importazione —, da sempre affligge allevatori e veterinari, mentre non riguarda la “Manzetta d’Abruzzo” per la quale ogni dettaglio relativo alla sua storia, sanitaria e non, è chiaramente conosciuto e condiviso. I vantaggi di tali condizioni sono così importanti da risultare persino inimmaginabili (Tabella 1).
Le problematiche sanitarie, oltre ad aumentare l’utilizzo degli antimicrobici nonché la mortalità dei soggetti, sono anche responsabili di una grave riduzione dell’incremento ponderale medio giornaliero, dell’indice di conversione alimentare e della qualità del prodotto finale carne.
La riduzione della crescita proiettata sull’intero ciclo di allevamento si attesta infatti su valori medi che vanno dai 150-200 g/giorno, con punte di oltre 300 g nelle recidive [SGOIFO ROSSI C.A. et al. (2013), Individuazione e valutazione dei fattori di rischio per la BRD nel bovino da carne da ristallo, LARGE ANIMAL REVIEW 19: 65-72] che si traducono non solo in un maggior impatto ambientale ma anche in un aumento dell’età alla macellazione e in una riduzione dello stato di ingrassamento, aspetti cruciali per la qualità della carne.
Tenerezza e sapidità
Tenerezza e sapidità sono infatti strettamente legate ad età e stato di ingrassamento dell’animale. Un soggetto allevato con amore e nel pieno rispetto del benessere fin da vitellino cresce nel modo migliore, raggiungendo uno stato di ingrassamento ottimale in giovane età e cioè, e con specifico riferimento alla “Manzetta d’Abruzzo”, entro i 17 mesi, conferendo alle carni eccellenti qualità sensoriali. È riconosciuto infatti che, al crescere dell’età, si verifica un aumento non solo del collagene in toto, cioè la componente che rende la carne tenace, ma in particolare della quota di collagene insolubile, durissimo da masticare anche dopo lunghe frollature o cotture.
Relativamente al bel vivere e quindi al buon allevare, ci sono studi che evidenziano quanto un animale che trascorre i suoi giorni serenamente, alimentato e abbeverato ottimamente ed a volontà, conferisca una carne migliore sia in termini di tenerezza, gusto e aroma, conservabilità e salubrità, grazie al raggiungimento di un pH ottimale post macellazione e ad una minor attività della calpastatina, l’enzima che contrasta il processo di intenerimento operato in primis dalle calpaine.
Relativamente allo stato di ingrassamento, anch’esso è cruciale in quanto gusto e sapore derivano per il 70% dalla frazione lipidica e solo per il restante 30% da quella muscolare. Il grasso contribuisce inoltre alla tenerezza della carne favorendo la separazione delle fibre nonché la sensazione di succosità prolungata, entrambe fondamentali per una piacevole masticazione. Tale tenore lipidico deve però risultare adeguato e non certamente eccessivo, obiettivo magistralmente raggiunto nella “Manzetta d’Abruzzo”
Tenore lipidico
La carne prodotta in Italia, oltre a soddisfare le aspettative etiche e sensoriali del consumatore, dovrebbe anche e assolutamente differenziarsi dalle carni di qualità provenienti da ogni angolo del resto del mondo (l’Angus è la razza maggiormente allevata sul pianeta ed il Wagyū lo si trova oramai dall’Australia, al Brasile fino al Sudafrica). A riguardo, invece di allinearsi alle mode, tra l’altro persino dannose per il consumatore e per il comparto, la “Manzetta d’Abruzzo” porta fiera ed orgogliosa le proprie peculiarità, in linea con la filosofia che ha da sempre reso unici e inimitabili i prodotti italiani. Si allontana pertanto dall’errore comune di scimmiottare gli altri, dequalificandosi, seguendo un percorso che porterà al baratro e cioè quello di esasperare la marezzatura.
Carni di questo genere sono relegate ed emarginate a sporadiche occasioni e non certamente ad un consumo frequente e salutare. Tali prodotti, oltre a stufare e in alcuni casi persino disgustare, sono inoltre deleteri per la salute del con sumatore. Considerando infatti che la componente lipidica della carne è normalmente costituita per circa la metà da acidi grassi saturi, tenori lipidici superiori al normale 2-4% sul tal quale, possono risultare controindicati anziché vantaggiosi per il consumatore. Figuriamoci quando tali valori risultano superiore al 10-20 % o persino 30-40%, come nel caso delle carni super marezzate (Figura 1). Di più, in un momento in†cui si sta finalmente rivalutando l’immagine della carne rendendo edotto il consumatore sulle sue peculiarità nutrizionali e salutistiche, ci giochiamo tale opportunità auto sabotandoci e mettendoci in trappola da soli? La carne è infatti un alimento da consumare più volte durante la settimana senza incorrere nel rischio di stufare e tantomeno di compromettere la salute del consumatore a causa di un’eccessiva assunzione di grassi saturi e colesterolo. La “Manzetta d’Abruzzo”, a riguardo, si fregia di essere “adeguatamente magra e adeguatamente grassa”, oltre che tenera, saporita, salutare e persino sostenibile. Eh già, perché “fare grasso” comporta un aumento ingiustificato dell’impatto ambientale (spreco alimentare, conversioni bassissime, scarsissima efficienza, lunghissimi tempi di allevamento, scarti enormi al macello e al consumo), figuriamoci poi se il prodotto è importato e quindi sottoposto a lunghi trasporti.
Che sia chiaro, non si vuole denigrare il Wagyū, la Rubia Gallega, il simil Wagyū o il super Angus, che sono prodotti indiscutibilmente particolari, bensì valorizzare i prodotti nostrani, da cui origina la Dieta Mediterranea, semplicemente riconosciuta patrimonio dell’umanità (poca roba insomma…). Certo è che un’elevata marezzatura migliora la tenerezza ma altrettanto certo è che tali livelli di tenerezza possono facilmente essere raggiunti attraverso un’adeguata frollatura, nel rispetto però di un prodotto eccellente, gradevole, sano ed adatto ad un consumo frequente. Questo l’ulteriore punto di forza della “Manzetta d’Abruzzo”, la garanzia di una frollatura di almeno 30 giorni. Avanti tutta pertanto “Manzetta d’Abruzzo”, soddisfa i palati più sopraffini ogni qualvolta che lo richiedono, anche tutti i giorni alle giuste quantità, forte del fatto di essere tenera, gustosa, mediterranea, rispettosa dell’ambiente e assolutamente buona.
Prof. Carlo Angelo Sgoifo Rossi Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali Università degli studi di Milano
>> Link: www.centrocarne.com
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