Eurocarni 6-2016

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali â‚Ź 5,42

Anno XXXI N. 6 • Giugno 2016

AZOVE, prospettive per la carne bovina Benessere animale in etichetta, il modello britannico Alimentaria 2016

INALCA acquisisce Unipeg




Dal 1950, il meglio dal mondo La BERVINI PRIMO nasce nel 1950 da una tradizione famigliare come bottega per la lavorazione delle carni. Proseguendo nella propria crescita in termini di qualità e servizio alla clientela, crea le condizioni per estendere la propria offerta inserendosi nel mercato sia nazionale che internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni refrigerate e congelate di diverse specie animali consolidandosi negli anni. Da anni offriamo carni porzionate e confezionate skin pack e recentemente offriamo la linea gourmet di bistecche, macinati e “hamburger” con carni provenienti dal mondo. Importatrice e distributrice anche di altri prodotti congelati, quali articoli ittici e verdure surgelate, oggi l’azienda è in grado di fornire una ricca, diversificata e qualificata offerta di prodotti e un servizio accurato al mercato del catering e retail in Italia come all’estero.


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6/16 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Anteprima

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Naturalmente carnivoro

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Carnivori prêt-à-porter

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Legislazione

La nuova ISO 9001

Attualità

Parte da Bruxelles una campagna per rilanciare le carni e la zootecnia in Europa

Slalom

Autonomia e indipendenza della BCE La migliore IFFA di sempre?

Cosimo Sorrentino 26 Franco Lazzari 28

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

Aziende

Inalca acquisisce Unipeg Officina Masetti: da 105 anni sul mercato Carne d’oca: l’avventura dei fratelli Littamé Hälsingestintan, la buona carne etica svedese

32 34 Gian Omar Bison 36 Tania Mauri 42

Info alle imprese

Contributi a fondo perduto, i bandi disponibili

Filiera carni

Scrivi Blonde d’Aquitaine e leggi Garronese Veneta

Elena Benedetti

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Retail marketing

La centralità della carne in GDO

Salvo Garipoli

54

Indagini

Il pollo è la carne preferita dai bambini

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Mercati

Ancora in crescita il mercato delle salse

Denis Valdemarin 62

Formazione

La Qualità Verificata di AZOVE dal Veneto alla Puglia

Elena Benedetti

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Sebastiano Corona 20 22

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Benessere animale

Benessere animale in etichetta: il modello britannico

Alfonso Camassa Angelo Quaranta

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Razze

La vacca delle Quattro Province e il difficile recupero della Varzese in Lombardia

Nunzia Manicardi

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Nutrizione

Cibo o alimentazione spazzatura?

Giovanni Ballarini 78

La carne in tavola

Siamo nati per soffriggere

Clara Scaglioni

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Macellerie d’Italia

Ricci: storia e entusiasmo verso il futuro

Riccardo Lagorio

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Meat blogger

Ritorno al passato o ritorno… al futuro?

Andrea Laganga

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Convegni

Comunicare: cambio di passo del Gruppo Giovani Assalzoo Criticità, valori e prospettive future della filiera carne bovina

Anna Mossini Gaia Borghi

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Eventi

1, 2, 3, Salumi da Re

Gaia Borghi

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Rassegne

Una passerella da star per le più belle bovine da latte

Anna Mossini

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Fiere

Alimentaria 2016, semplicemente splendida

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Tecnologie

Salumificio Valpolicella e CSB-System, collaborazione vincente CMP, prodotti innovativi per l’industria della carne Cryovac® BL120: la nuova tecnologia esclusiva che potenzia il settore avicolo

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Statistiche

Consistenza comunitaria, import-export e benessere suini Previsioni prezzi delle carcasse di classe E (classe R per l’Italia) in alcuni Paesi UE

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In copertina: la carne bovina è un’ottima fonte di proteine e nutrienti, fondamentali per la crescita.

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LA CARNE NEL MONDO Carni rosse made in Belgio Nel 2015 il Belgio è tornato ad esportare una notevole quantità di carne bovina. La crescita è stata notevole rispetto all’anno precedente, soprattutto nei Paesi al di fuori della UE: +17% per i primi dieci mesi. Ma anche all’interno della UE nei canali di distribuzione è entrato il 4,7% di manzo in più. Paesi Bassi, Francia, Germania e Italia restano i più grandi consumatori di manzo belga, ma anche l’Africa si affaccia all’orizzonte, con il Ghana e la Costo d’Avorio tra le destinazioni più importanti. La quota di volume di esportazione dei tagli e delle frattaglie è rimasta più o meno stabile (fonte: Belgian Meat Office, www. belgianmeat.com)

MHP si espande in Europa con un impianto di trasformazione L’azienda di trasformazione avicola dell’Ucraina MHP sta progettando di lanciare il suo primo impianto nei Paesi Bassi, al fine di stimolare la crescita delle esportazioni di carne di pollo in Europa. Anastasya Sobotuyk, responsabile settore rapporti con gli investitori e i media di MHP, ha confermato che si tratta di un piccolo investimento, che riguarda solo una linea di lavorazione. Obiettivo principale è ottenere la registrazione di una sede all’interno dell’Unione, che teoricamente possa consentire all’azienda di fornire prodotti al di fuori del sistema di quotazione destinato ai produttori dell’Ucraina. Come riporta NATALIA SHIPIGOTSKAYA, analista della società di investimento Dragon Capital, attualmente il Paese può esportare duty-free 16.000 tonnellate di filetti di pollo e 20.000 tonnellate di altri tagli, e per questo MHP sta cercando una soluzione per aumentare la sua quota all’interno del mercato comunitario. TARAS VYSOTSKY, CEO di Ukraine Club of Agricultural Business, ha dichiarato che le tasse cui è sottoposta l’offerta di prodotti avicoli ucraini non compresi nelle quote comunitarie sono talmente elevate da non renderla economicamente sostenibile. Dopo il lancio dell’impianto in Olanda, MHP chiederà di registrare la nuova sede all’interno dell’UE e, al contempo, cercherà di ottenere contingenti supplementari per la carne di pollame. L’azienda ha recentemente richiesto ad un ufficio belga una consulenza sulle questioni legislative dell’UE. In generale, gli esperti ritengono che l’Ucraina abbia la capacità di esportare verso l’UE fino a 200.000 tonnellate di carne avicola e una grande quantità di uova. Nei primi 2 mesi del 2016 le aziende ucraine hanno esportato quasi 35.000 tonnellate di pollame in Europa, esaurendo completamente le quote di quest’anno (fonte: World Poultry – UNAItalia).

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Negli USA una piattaforma di spot market per la carne di pollo La nuovissima piattaforma americana The Poultry Exchange è uno spazio virtuale in cui è possibile effettuare compravendita spot di carne avicola. Secondo il CEO della società, JANETTE BARNARD, gli acquirenti erano pronti per effettuare transazioni business on-line. «L’idea è nata dopo aver avuto numerose conversazioni con acquirenti e venditori che, scontenti dello status quo del mercato, erano alla ricerca di un modo migliore per fare affari nel mercato spot» ha dichiarato BARNARD a WATT GLOBAL MEDIA. «Sembrava quindi ci fosse il presupposto per avventurarci in questa tipologia di mercato». Per quanto riguarda il costo del servizio, Barnard spiega che gli acquirenti dovranno pagare «un canone mensile di abbonamento per l’accesso alla piattaforma (350 dollari per utente o 300 ad utente per le aziende con due o più account). Anche per essere inseriti nelle liste come venditore o produttore è previsto un canone di abbonamento e il pagamento di alcune commissioni calcolate in base alle libbre». Attualmente la piattaforma è destinata ad acquirenti nazionali ma con la crescita della piattaforme e la possibilità di esportare anche prodotti congelati si attendono al più presto anche transazioni internazionali. L’obiettivo della piattaforma è portare nel mercato maggiore efficienza e trasparenza, fornendo un meccanismo semplificato ai venditori che vogliono raggiungere un maggior numero di acquirenti, e agli acquirenti che vogliono trovare il prodotto più adatto alle loro esigenze. Il tutto ad un prezzo di mercato equo. La piattaforma, inoltre, può generare dati in tempo reale,consentendo di monitorare il movimento del mercato e dando ai partecipanti un maggior numero di informazioni da utilizzare durante il processo decisionale. La piattaforma, dopo il lancio della versione “Beta” di maggio, nel giro di due mesi sarà aperta a un maggior numero di utenti. Ecco il link che rimanda a un video demo su YouTube: goo.gl/deiMb0 (fonte: WattAgNet – UNAItalia).

Tribunale di Perugia Concordato Preventivo n. 21/2011 Complesso aziendale costituito da beni mobili ed immobili, adibito ad attività di macellazione carni sito in Foligno (PG). Prezzo base € 1.246.080,00. Il Liquidatore Giudiziale invita a formulare offerte di acquisto in busta chiusa entro e non oltre le ore 11:00 del giorno 13/07/2016. Informazioni c/o Liquidatore Giudiziale, Avv. IVANO BRIGANTI, via M. Fanti n. 2, Perugia (telefono 075 5731505).

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USA: previsioni dell’export di carni suine L’export di pollame e carni rosse dagli Stati Uniti dovrebbe aumentare nel corso dei prossimi dieci anni per la crescita economica a livello globale e la conseguente domanda di proteine animali di alta qualità. Anche le esportazioni di carni suine dagli USA dovrebbero aumentare nel prossimo decennio, rafforzate dall’efficienza produttiva dell’industria, la cui competitività a livello internazionale è notevole. I paesi del Pacifico e il Messico sono mercati chiave per la crescita a lungo termine dell’export delle carni suine dagli Stati Uniti. Le importazioni russe di carne di maiale dovrebbe invece continuare a diminuire nel corso dei prossimi dieci anni, a causa delle politiche interne che intendono incrementare ulteriormente l’espansione del proprio settore suinicolo nazionale, limitando la dipendenza dalla carne estera, proveniente soprattutto dagli Stati Uniti e dal Brasile(fonte: www.ers.usda.gov – www.3tre3.it).

La filiera italiana delle carni richiede al Governo un Piano di comunicazione istituzionale Con una nota congiunta, l’Alleanza delle Cooperative Italiane Agroalimentare, ASSALZOO, ASS.I.CA., ASSOCARNI, CIA, CONFAGRICOLTURA, COPAGRI, FIESA CONFESERCENTI, UNAITALIA e UNICEB, a seguito dell’incontro tenutosi al Ministero delle Politiche Agricole lo scorso 9 marzo, hanno evidenziato al ministro Martina e alla struttura dirigente del MiPAAF alcune linee d’azione a supporto e a salvaguardia del settore delle carni. Le associazioni rappresentative del comparto carni hanno ipotizzato “una serie di iniziative a breve e a medio-lungo periodo, incentrate su una corretta informazione al consumatore sia sui sistemi di allevamento presenti sul territorio italiano, sia sulla salubrità degli alimenti zootecnici garantita dagli operatori della filiera e dai controlli del Servizio Sanitario Nazionale, sia sulle proprietà nutrizionali e su una corretta alimentazione”. Nella nota, le associazioni fanno riferimento all’interdisciplinarità dell’intervento e alla necessità di comunicare al consumatore finale in modo da “fornire al cittadino un punto di riferimento, fruibile, semplice e oggettivo, in cui reperire le corrette informazioni che troppo spesso i social network, blog, siti internet, articoli stampa e trasmissioni televisive diffondono in maniera errata e faziosa”. Allo stesso tempo, occorre un’informazione ufficiale in modo che possa “essere una fonte utile al lavoro di informazione svolto dalla stampa nazionale, evitando il diffondersi di informazioni non corrette e non verificate nonché inutili allarmismi”. La proposta, poi, mira a coinvolgere nel progetto comunicazionale gli operatori sanitari di base e quelli dell’informazione di modo che possano essere esposti “con chiarezza il sistema di produzione nazionale, il rispetto delle regole da parte degli operatori della filiera sia in ambito alla sicurezza alimentare sia in ambito al benessere animale, nonché il sistema di controlli che assicurano ai consumatori la salubrità del prodotto nazionale”. Infine, è stata avanzata la proposta di programmare cicli dedicati alla corretta educazione alimentare, affidata a professionisti dell’alimentazione per informare i più giovani sui contenuti nutrizionali, sui principi della corretta ed equilibrata alimentazione, sui sistemi di produzione nazionale della filiera della carne, sulla salubrità degli alimenti e sul rispetto del benessere animale (fonte: www.confesercenti.it).

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ANTEPRIMA

Con l’acquisizione della cooperativa di allevatori Unipeg per 86 milioni di euro, Inalca, Gruppo Cremonini, diventa il polo numero uno in Europa per la lavorazione e la produzione di carni bovine. In occasione di Cibus 2016, presso lo stand del Gruppo, Serafino Cremonini e Luigi Scordamaglia, rispettivamente direttore commerciale e AD di Inalca, hanno illustrato l’operazione. «Diventiamo il primo polo privato — ha detto Scordamaglia — ma, soprattutto, un modello unico a livello internazionale. Spesso e volentieri le grandi aziende di proteine animali producono o distribuiscono, mentre nel nostro modello le due anime coincidono». Serafino Cremonini ha poi sottolineato come «il poter vantare una filiera tutta italiana sia un punto di forza anche nella nostra carne in scatola che è tutta italiana». A Cibus, Inalca ha anche presentato i nuovi superburger Montana, con un packaging innovativo in skin. Sul numero di EUROCARNI di luglio troverete un ampio reportage dell’evento fieristico di Parma.

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

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NATURALMENTE CARNIVORO

Foto di squadra per un gruppo rappresentativo della “Garronese Veneta”, un bel progetto messo in piedi sei anni fa grazie alla tenacia e all’ostinata volontà di professionisti e operatori che hanno creduto e credono in un prodotto d’eccellenza che mette tutti d’accordo e che oggi è una realtà. In piedi, da sinistra, tra gli altri: William Pirone, Bruno, Saverio, Samuele e Stefano Savoldi, Giovanni Fratton, Fabio Rossi, il dott. Alberton, Domenico Rossi e Vittorio Baldi. Nella fila in basso, sempre da sinistra, il dott. Passilongo, Iuri Martinato, Michele Savoldi, Antonio Massagrande, Ferruccio Rossato, Luciano Agostini e Luigi Sartori. A pagina 48 un viaggio alla scoperta di questa carne, francese di nascita e veneta d’azione e ristallo (photo © Elena Benedetti).

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CARNIVORI PRÊT-À-PORTER Chiamatelo orgoglio carnivoro o voglia di riscatto per quel 93% (Rapporto Eurispes) della popolazione italiana che sceglie anche le proteine animali nella propria dieta. Questo orgoglio da oggi si può anche indossare e sorseggiare!

T-shirt “Naturalmente carnivoro” Sono finalmente disponibili le t-shirt carnivore, di ottimo cotone bianco resistente a parecchi lavaggi. • Uomo: taglie M – L – XL– XXL • Donna: taglie M – L • Prezzo: 1 t-shirt carnivora € 15,00, IVA inclusa, da pagare in contrassegno, alla consegna del pacco (per ordini di 2 o più tshirt non ci sono spese di spedizione a carico; per gli ordini di 1 t-shirt c’è un contributo spese di spedizione di 5 euro).

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Ovunque voi siate, siamo soliti servirvi al meglio Da oltre 40 anni Cremonini opera nel settore alimentare con passione e competenza, anticipando i gusti e le esigenze dei consumatori che, oggi più che mai, sono in continua evoluzione. Innovazione, tracciabilità, sicurezza, tutela dell’ambiente, sono da sempre i principi ispiratori delle attività del Gruppo Cremonini. Con 12.300 dipendenti, Cremonini, è uno dei più importanti gruppi alimentari in Europa: forte di un network industriale di dieci stabilimenti all’avanguardia nella produzione di carni bovine e salumi, leader nella distribuzione di prodotti alimentari al foodservice e protagonista nella ristorazione “in movimento” per chi viaggia sui treni, nelle stazioni ferroviarie e in autostrada.

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LEGISLAZIONE

La nuova ISO 9001 di Sebastiano Corona

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a norma volontaria ISO 9001 può essere adottata all’interno di un’organizzazione, indipendentemente dal settore e dalle dimensioni. Viene normalmente applicata allo scopo di fornire un prodotto o un servizio di qualità e soddisfare il cliente migliorando le proprie prestazioni in termini di efficacia ed efficienza. Di fatto si tratta di uno dei sistemi di gestione maggiormente diffusi. Secondo Qualitiamo (www.qualitiamo.com), le organizzazioni implementate sono più di 800.000 per oltre 160 Paesi nel mondo. Molte di queste sono imprese del settore alimentare. La sua importanza deriva anche dal fatto che sia lo standard di riferimento da cui dipende la struttura delle altre norme gestionali ed abbia quindi un ruolo strategico nel panorama normativo dei SG. Non a caso una delle maggiori difficoltà incontrate dal comitato tecnico ISO, nella fase di revisione, pare sia stata proprio quella di allineare la nuova stesura con i protocolli che regolano gli altri sistemi, non ultima, per esempio, la ISO 14001 relativa alla gestione ambientale.

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L’esigenza di introdurre il sistema in un’organizzazione è dovuta ai motivi più disparati, tra cui quello, importantissimo, di fornire, in modo continuativo, prodotti e/o servizi conformi ai requisiti richiesti dal cliente. Non solo: si tratta di una norma che impone all’organizzazione la ricerca di un miglioramento continuo, gestendo il rischio a partire dall’analisi del contesto, per individuare i potenziali vantaggi di sviluppo del business, le minacce e le opportunità. ISO 9001 significa altresì: • programmare meglio il lavoro all’interno dell’organizzazione; • definire e mantenere la standardizzazione e l’ottimizzazione dei processi; • valorizzare e sviluppare le risor se umane, coinvolgendo attivamente tutto il personale nel miglioramento dei processi; • diminuire il numero delle non conformità e i costi interni; • predisporre informazioni documentate che consentano di tenere sotto controllo le attività critiche di processo; • trasmettere al personale un maggiore senso di coinvolgimento

consapevole nei confronti della gestione operativa e conseguentemente migliorare i prodotti o servizi erogati. Il tutto si traduce — o almeno così dovrebbe essere — in un aumento della soddisfazione del cliente, tenendo presenti anche le aspettative e le richieste delle parti interessate all’attività dell’organizzazione. La ISO 9001 è un ottimo biglietto da visita per l’azienda e rappresenta una sorta di garanzia per il cliente, sebbene certificazione, in questo caso come in altri, non significhi necessariamente alta customer satisfaction. Molto spesso, soprattutto quando l’implementazione viene vista all’interno dell’organizzazione come un mero processo da seguire e non un modello di lavoro funzionale, la norma non genera i risultati sperati, né all’interno dell’azienda, né in termini di mercato. Anche al fine di correggere gli aspetti critici, ogni normativa inerente i sistemi di gestione viene sottoposta a revisione periodica. La norma ISO 9001 non è esente da questo processo e di recente è stata modificata anche al fine di chiarire meglio punti e passaggi che hanno

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“Tra i più noti sistemi di gestione del pianeta, questa certificazione ha subito recentemente una revisione che diventerà operativa nel corso del prossimo triennio. C’è ancora tempo per attuarla, ma è bene iniziare a prepararsi e prendere visione di tutte le modifiche introdotte. Che non sono poche”

“Un consiglio che rimane sempre valido: la ISO 9001 non deve essere considerato un punto d’approdo, ma piuttosto una modalità per giungere allo scopo. Troppo spesso si perde di vista il fatto che per l’azienda certificata, ed anche per quella che non lo è, a voler essere sinceri, la soddisfazione del cliente deve essere il fine che guida ogni azione”

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sinora creato fraintendimenti. La revisione è stata realizzata per creare un modello di riferimento ancor più semplificato, che si adatti meglio a tutte le organizzazioni, prescindendo dalle dimensioni, dal settore e dalla struttura interna. La novità della ISO 9001:2015 risiede in una nuova gestione del rischio. Una gestione che implica non solo la funzionalità dell’organizzazione, ma anche e soprattutto la sua efficacia in termini di redditività. Cosa che sinora era stata sotto certi aspetti trascurata. Un modello organizzativo implementato con la ISO 9001 poteva mostrarsi, infatti, perfettamente applicato, ma non consentire comunque all’azienda di sviluppare utili. Questo aspetto era scarsamente preso in considerazione dalla norma prima della recente revisione. Con la nuova versione, non verranno più utilizzati requisiti standard per l’analisi del rischio. Piuttosto, per ogni azienda si andrà ad analizzarlo singolarmente e specificamente, al fine di pianificare un sistema di gestione adeguato ai bisogni di ciascuna realtà ed effettivamente calato nel contesto. Il nuovo approccio prevede infatti un’analisi adeguata del rischio e poi delle misure appropriate da adottare in termini di possibili soluzioni e contromisure per affrontarlo. La revisione non è stata però adottata solo a questo scopo, ma anche per essere meglio utilizzata come base comune per tutti gli altri standard, migliorando la compatibilità e l’integrazione con gli altri schemi certificativi. È altresì previsto un maggiore coinvolgimento del top management e una semplificazione della documentazione del sistema, a cui si affiancherà una maggiore flessibilità per le aziende, che sono libere di scegliere la profondità e il dettaglio che intendono utilizzare per la loro documentazione scritta. Scelta, quest’ultima, che tiene maggiormente conto della strutturazione aziendale e della sua complessità, e che può essere effettuata in base a vari fattori di opportunità e risorse, non ultima quella della competenza del personale. D’ora in poi ogni

processo verrà definito e conterrà specifiche chiare per la misurazione dei parametri prestazionali e per la definizione dei ruoli e delle responsabilità. In particolare, lo standard fornisce una più precisa e dettagliata attenzione al controllo dei processi, prodotti e servizi forniti da esterni. Questo per rispondere alla realtà odierna in cui le aziende operano, in un ambiente sempre più complesso. Tutte le imprese già in possesso della certificazione ISO 9001, o che vorranno introdurla, saranno tenute ad applicare il nuovo standard. Per quelle che già lo adottano è previsto però un periodo transitorio della durata di tre anni, durante il quale potranno aggiornare il proprio sistema di gestione. Tuttavia, poiché la migrazione al nuovo modello richiede del tempo e una nuova organizzazione interna all’impresa, il suggerimento è quello di affrontare sin da subito la materia perché non solo sono previste moltissime modifiche, ma sarà necessario un approccio culturale alla norma completamente nuovo, e questo processo necessiterà di tempo, tanto più che avrà un impatto importante sulle risorse umane. Vista però l’esperienza sinora diffusa in merito a questo sistema di gestione, spesso purtroppo applicato sulla carta ma poco nella pratica, un consiglio rimane valido sempre: la ISO 9001 non deve essere considerato un punto d’approdo, ma piuttosto una modalità per giungere allo scopo. Troppo spesso si perde di vista il fatto che per l’azienda certificata — anche per quella che non lo è, per essere sinceri — la soddisfazione del cliente deve essere il fine che guida ogni azione. Troppo spesso questo aspetto, pur importantissimo, si dimentica, anche laddove la norma viene applicata alla regola. Questa ed altre esigenze hanno spinto alla revisione, ma nessun sistema può sortire l’effetto se la norma non viene fatta propria dall’organizzazione e se non si trasforma in un modus operandi che prescinde dagli aspetti formali della sua attuazione. Sebastiano Corona

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ATTUALITÀ

Parte da Bruxelles una campagna per rilanciare le carni e la zootecnia in Europa

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o scorso aprile i due enti europei COPA1 e COGECA2 hanno lanciato a Bruxelles una vasta campagna per evidenziare i molteplici benefici del settore europeo dell’allevamento per la crescita economica e l’occupazione delle zone rurali, e delle carni, essenziali per una dieta equilibrata. «I benefici nutrizionali derivanti da un consumo di carni bovine, di vitello e agnello, di pollame, di coniglio, di carni ovine e suine e di uova sono chiari e sono legati principalmente all’apporto proteico», ha detto il presidente del COPA, MARTIN MERRILD. «L’allevamento è inoltre cruciale per l’economia delle zone rurali in cui spesso non vi sono alternative occupazionali. Oggi ci troviamo ad affrontare diverse sfide, a partire da quella riguardanti i

prezzi dei prodotti di base al livello più basso mai raggiunto mentre i costi di produzione sono in costante aumento. Inoltre, la UE sta accelerando i negoziati di libero scambio con il blocco commerciale dei paesi dell’America latina, il MERCOSUR, e ciò colpirà fortemente il settore agricolo europeo, in particolare le carni bovine: ricordiamoci infatti che questi Paesi non sono tenuti a rispettare le elevate norme ambientali, di sicurezza e di benessere della UE. Ecco il perché allora di questa campagna, che durerà due anni e che mira ad aumentare la conoscenza tra i consumatori dell’alto livello delle norme produttive europee. La comunicazione sarà volta in particolare ad evidenziare i numerosi benefici per l’Europa derivanti dal settore dell’allevamento in termini

di crescita, occupazione, protezione ambientale e, naturalmente, verranno sottolineati i benefici nutrizionali del consumo di carne anche attraverso la pubblicazione di ricettari con piatti semplici e facili da preparare». Troppo spesso i consumatori non hanno abbastanza tempo da dedicare alla cucina o sono mal informati circa i benefici derivanti dal consumo di carne per una dieta equilibrata dal punto di vista nutrizionale. Si pensi solo alla vitamina B12, fondamentale per i bambini, di cui i prodotti animali sono la fonte naturale principale. La carne è anche importante per contribuire a nutrire una popolazione in crescita, che dovrebbe aumentare del 60% entro il 2050. Il vicepresidente di COGECA, THOMAS MEMMERT, ha poi evidenziato il ruolo importante delle

Le cooperative agricole come COPA e COGECA sono state create nel XIX secolo in circostanze difficili da un punto di vista economico e sociale come forma organizzativa in grado di ovviare alle deficienze strutturali degli agricoltori che operavano quali piccole entità autonome. Le cooperative esistono oggi in tutti gli Stati Membri dell’UE, nonché in altri Paesi europei.

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“Giornate di porte aperte nelle aziende, ricette facili e veloci, show cooking, ma anche video e dibattiti sui social media, depliant e concorsi fotografici. Riparte dal fronte unito di COPA e COGECA l’offensiva degli allevatori europei per aumentare il consumo di carne, con una maxi-campagna informativa di due anni per far conoscere i benefici di una dieta equilibrata, le norme ambientali e di benessere animale che sono tenuti a rispettare, l’impatto per la crescita e l’occupazione”

cooperative agricole che aiutano gli agricoltori a riunire le proprie risorse, facendo sì che questi possano ottenere un prezzo migliore per la loro produzione. Inoltre, le cooperative agricole forniscono consulenza ai loro membri su come migliorare i livelli di efficienza a livello economico e di reddito, ambientale e sociale, definendo piani d’azione per ottimizzare le norme di produzione. Specificatamente riguardo al settore suinicolo, COPA e COGECA, insieme ad altre organizzazioni europee operanti nei settori agroalimentare, veterinario, dei trasporti e del benessere animale, stanno definendo delle iniziative volontarie per arrivare a garantire norme di benessere animale ancora più elevate.

Calendario attività (secondo semestre 2016) Giugno • Dichiarazione di COPA e COGECA sui risultati del gruppo di riflessione della UE sugli ovini e diffusione di nuove ricette a base di agnello facili da preparare: copertura media, social e web. • Evento fissato per il 20 giugno al Parlamento europeo destinato a euro deputati, ministri, commissari, media e altre parti interessate, per promuovere il settore europeo dell’allevamento e i suoi benefici, con degustazione di prodotti da tutta Europa ed esempi di usi innovativi, accompagnati da cucina dal vivo, con la partecipazione dei presidenti di COPA e COGECA e di chef di punta. Luglio • Nuovo depliant per la promozione di un’alimentazione sana e di ricette salutari da tutta Europa: copertura media, social e web. • Nuovo depliant sulle attività in corso di COPA e COGECA per affrontare la resistenza antimicrobica: copertura media, social e web. Settembre/Ottobre • Nuovo depliant per promuovere le buone prassi di produzione e visita della stampa a un’azienda agricola: copertura media, social e web. • Nuovo depliant sui benefici della suinicoltura e sulle Linee Guida sul trasporto: copertura media, social e web. Ottobre • Nuovo depliant sul contributo dell’allevamento alla biodiversità: copertura media, social e web. Novembre • Lancio di un concorso fotografico sulle buone prassi di produzione, con evento nel 2017 per la rimessa del premio: copertura media, social e web. Dicembre • Chat/dibattito su Twitter: copertura media, social e web. >> Link: www.copa-cogeca.be

In che cosa consiste il progetto e come si procederà Il settore europeo dell’allevamento è costretto ad affrontare un numero crescente di sfide riguardanti la futura politica sul cambiamento climatico, le questioni sanitarie, i vincoli legati al benessere degli animali, le problematiche specificatamente commerciali e un probabile calo nel consumo di carne nella UE entro

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L’importante valore nutritivo della carne è dato dalla presenza di proteine e dalla forte concentrazione di microelementi ritenuti da sempre essenziali per la crescita e lo sviluppo dell’uomo. Le proteine sono i mattoni del nostro organismo e, insieme ad altri micronutrienti fondamentali della carne, sono preziose per il funzionamento del sistema immunitario, per il corretto sviluppo della struttura corporea, per le funzioni enzimatiche e fonti preziose di energia (photo © www.globalmeatnews.com). il 2025. Proprio per reagire e far fronte comune alle tante difficoltà, gli agricoltori europei e le loro cooperative agricole di appartenenza stanno sviluppando nuove iniziative per promuovere abitudini alimentari sane fin dalla più giovane età, come i campi scuola sull’alimentazione volti soprattutto a combattere il dilagante fenomeno dell’obesità, e per rimettere i consumatori in contatto con la natura. Si registrano infatti in tutta Europa sempre più giornate i cui le aziende, le fattorie e gli allevamenti aprono le porte a chi è interessato ad avvicinarsi alla campagna e a conoscere da vicino allevatori, contadini, agricoltori, approfittando magari da corsi di cucina. Cosa succederà allora? Ci saranno dimostrazioni culinarie dal vivo, durante le quali gli chef forniranno anche consigli nutrizionali. Verranno realizzati eventi stampa, una brochure e video che presenteranno ricette innovative e facili da preparare tipiche di tutti i

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Paesi europei, dibattiti su Twitter, depliant e video su quanto fatto dagli agricoltori e dalle cooperative agricole per combattere la resistenza antimicrobica e per rispettare le elevate norme di produzione. Un concorso fotografico sulle migliori prassi di produzione verrà indetto a novembre. Tali eventi e azioni avranno luogo ogni mese per tutto il 2016 e durante il 2017, in tutta Europa. Segui la campagna di comunicazione sui vari canali: • Twitter: @COPACOGECA @COPACOGECAMEAT @COPACOGECAFOOD @COPACOGECAMILK #livestockcounts #enjoyagrifood • Web: www.copa-cogeca.eu • FB: www.facebook.com/CopaCogeca-1555712338031047 Note 1. Il COPA (Comitato delle organizzazioni professionali agricole della UE)

annovera 60 organizzazioni dei Paesi Membri della UE e 36 organizzazioni partner da altri Pesi europei, quali Islanda, Norvegia, Svizzera e Turchia. Sin dal principio, il COPA è stato riconosciuto dalle autorità comunitarie come l’organizzazione che si esprime a nome del settore agricolo europeo nel suo complesso. 2. Il COGECA (Confederazione generale delle cooperative agricole dell’Unione Europea) rappresenta gli interessi specifici e generali di circa 40.000 cooperative agricole che impiegano pressoché 660.000 addetti e rappresentano un fatturato annuale complessivo di oltre 300 miliardi di euro in tutta l’UE allargata. Fin dalla sua creazione, COGECA è stato riconosciuto dalle istituzioni europee come il principale organismo di rappresentanza e il più importante portavoce dell’intero settore delle cooperative agricole e della pesca.

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Autonomia e indipendenza della BCE di Cosimo Sorrentino

È

dal giorno del suo insediamento alla presidenza della Banca Centrale Europea che vediamo Mario Draghi contrapporsi alla Germania, in particolare ai suoi più alti rappresentanti, responsabili della politica monetaria del Paese. Soprattutto nell’ultimo periodo le tensioni del rapporto si sono andate sempre più acuendo, tanto da far esplodere il presidente della BCE, notoriamente calmo e misurato, allorché, di fronte all’ennesima provocazione, ha dovuto chiarire alcuni punti, e con toni che non aveva mai usato, nemmeno quando gli era stata attribuita la funzione di “commissario liquidatore dell’euro a trazione renana” e quella, da parte dei Tedeschi, di “salvatore di Italia e Spagna … con le nostre tasse”. Il tutto accompagnato da ironie e colpi bassi da parte dell’influente stampa locale e da azioni sleali praticate dal gruppo di economisti e operatori finanziari, che hanno portato per ben due volte la BCE davanti alla Corte Costituzionale di Karlsruhe perché gli scudi anti-spread andavano contro il mandato del suo presidente, che è quello di tenere sotto controllo l’inflazione (tema sempre molto caro in Germania). Dopo tante critiche, spesso infondate e dettate principalmente da forte egoismo — che nulla ha a che spartire con l’idea di un’Europa unita e solidale —, Draghi si è visto costretto a dichiarare con forza che i tassi resteranno bloccati al minimo storico, ribadendo per di più la totale autonomia e indipendenza della BCE da tutti e da tutto e rimarcando soprattutto un concetto, quello di lavorare per mantenere la stabilità dell’Eurozona, «non di Berlino, perché noi obbediamo alla legge, non ai politici».

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Così lo strappo politico, dopo i continui attacchi della Germania contraria all’espansione del Quantitative Easing, di cui abbiamo già scritto su questa Rivista, e ai tassi sottozero, ha fatto passare in secondo piano la scelta tecnica di lasciare fermo il costo del denaro: come già indicato in un precedente articolo, il tasso principale rimane a zero, quello sui depositi bancari a –0,40% e quello di rifinanziamento marginale a 0,25%. Anzi, il presidente Draghi ha lasciato intendere che i tassi potrebbero scendere ancora, così come potrebbe ancora aumentare il Quantitative Easing, quando a giugno scatteranno gli acquisti delle obbligazioni societarie, compresi i titoli delle assicurazioni. A riprova della fermezza dimostrata, il presidente della BCE ha altresì sostenuto che si continuerà con le politiche ritenute più appropriate, tenendo ben presente che occorrerà del tempo per far produrre i risultati sperati, con l’aggravante che le continue critiche producono inevitabili ritardi. Di fronte al messaggio forte di Draghi non è mancata la replica della cancelliera Merkel, la quale ha sostenuto che, pur riconoscendo l’indipendenza della BCE nelle sue decisioni di politica monetaria, riteneva legittimo discutere del basso livello dei tassi d’interesse, quasi come difesa d’ufficio delle preoccupazioni esistenti tra le varie istituzioni locali tedesche, da sempre molto lontane dal capo della BCE. In realtà, bisogna riconoscere che l’intervento della signora Merkel è apparso abbastanza contenuto e moderato poiché non ha ulteriormente inasprito i rapporti con la BCE, tenendo conto che forse sono

altri gli elementi che caratterizzano la situazione del Paese, legato a fatti che vanno, a nostro avviso, ben oltre la sua produzione affidabile e tecnologicamente all’avanguardia. Il sistema tedesco, attraverso i bond, si rifinanzia a zero, grazie allo spread tra la forza dei suoi titoli di stato e la debolezza dei bond dei paesi vicini, i quali hanno pagato un caro prezzo, in termini di competitività a causa dell’euro forte. Questa situazione ha fatto perdere loro quote di commercio estero, non a caso accaparrate dalla Germania, tanto da farla affermare ai primi posti delle esportazioni. Le misure della BCE, invece, mirano ad abbassare gli spread di paesi come Spagna e Italia e a indebolire la moneta unica, oltre ad altri elementi legati alla realtà tedesca dei quali sarebbe troppo lungo scrivere. Tanto premesso, riteniamo che le polemiche non possono che riflettersi negativamente sulla congiuntura europea perché potrebbero scoraggiare sia gli imprenditori che i consumatori e, come ha soggiunto Draghi, «possono indebolire l’efficacia delle politiche della BCE e possono essere controproducenti per quelli stessi che le propongono, in quanto possono far sì che non bastino le misure già prese e ne servano di più forti». È positivo che il presidente della BCE abbia idee chiare su dove andare e non abbia complessi di inferiorità nei confronti del Paese più forte dell’Eurozona; ma è altrettanto chiaro che vi è una crisi vera e propria al centro dell’Europa e che la Germania agisce contemporaneamente in più direzioni e più tavoli. Il nostro auspicio è che la BCE resista e possa praticare ancora una politica monetaria espansiva.

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La migliore IFFA di sempre? di Franco Lazzari

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uesta edizione di IFFA (la quindicesima alla quale prendo parte) si può veramente definire la migliore di sempre: per il bel tempo, che ha allietato tutti i sei giorni della manifestazione (a parte una pioggerella di un paio d’ore), per la grandissima affluenza di visitatori, in aumento rispetto alla precedente, e per una nutrita partecipazione di nuovi espositori. Non ultima, anche se scontata, la perfetta impeccabile organizzazione: stanno demolendo alcune strutture per ricostruire completamente la famosa Halle 8, pertanto vi sono alcuni passaggi non coperti. Ebbene, pensate che durante la pioggerella, all’uscita dei padiglioni, vi erano squadre di assistenti che offrivano ombrelli da rendere all’entrata seguente! Cartelli e segnalazioni chiarissime per recarsi da un padiglione all’altro, wi-fi perfetto dappertutto, toilette pulitissime, persino defibrillatori in ogni Halle. Forse gli organizzatori di fierette nostrane, invece di farsi la

guerra a tre, dovrebbero imparare qualcosa dai Tedeschi: per esempio che a fine fiera vi era già annunciata in bella vista la data della prossima nel 2019. Di ottimo livello la partecipazione di espositori italiani, come pure di visitatori, parecchi dei quali costretti però ad una “toccata e fuga” data la concomitanza con Cibus (è già la seconda volta!). Non tutte le aziende dispongono del reparto tecnico, oltre al commerciale, in modo da poter seguire due fiere in contemporanea: al riguardo abbiamo sentito dei commenti… irriferibili. Inoltre, la latitanza di alcuni prestigiosi nomi a IFFA, ci conferma l’errore di Parma. Non sarebbe stato più intelligente e costruttivo verso le aziende alimentari programmare CIBUS una settimana prima di IFFA, cosicché i nostri clienti, sentite le richieste dei loro, venissero a IFFA per trovare le proposte adatte? Non vorrei mai che si avverasse il detto “non c’è il due senza il

Franco Lazzari della Lazzari Equipment e Lazzari Packaging, insieme a Petra Holz, moglie del titolare di Holac e direttore marketing in azienda.

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tre”, quando due volte bastano e avanzano! Spezziamo una lancia in favore di Cibus fiere di Parma, che ha organizzato una piacevolissima serata ad inviti, a base di prosciutto, ovviamente di Parma, Parmigiano e Malvasia con qualche stuzzichino alla teutonica, alla quale abbiamo partecipato con vivo piacere, e durante la quale sono state espresse promesse di non ulteriori accavallamenti oltre ad una partnership con la fiera di Colonia Anuga: formuliamo un sincero augurio! Molto soddisfatti gli espositori italiani per il successo, unito a buoni ordinativi, alcuni dei quali inaspettati; anche noi, rappresentanti di Case estere, siamo rimasti più che contenti per avere raccolto commesse, in buona parte di alcune esclusive novità, quali i tunnel di “tempering” americani, i porzionatori a peso fisso belgi, le linee di piatti pronti precotti svedesi, i sistemi di lavaggio industriali spagnoli e le super cubettatrici ad alte prestazioni, naturalmente tedesche. Abbiamo rilevato con interesse una generale tendenza alla ricerca di: • idee per nuovi prodotti da lanciare sul mercato, con particolare riguardo verso chi ha poco tempo per cucinare ed i single; • soluzioni adatte ad incrementare la produttività, risparmiare tempo e manodopera, il tutto indirizzato verso l’economia energetica. Il che ci dimostra che le esigenze delle industrie alimentari di tutto il mondo si vanno sempre più uniformando. Nella speranza di poter festeggiare la mia presenza anche alla prossima IFFA, un grazie di cuore a visitatori, espositori ed organizzatori.

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2. Il würstel canadese come vuoi tu 1. Il primo burger kit by Giraudi Il mercato degli hamburger è letteralmente esploso, in ogni forma, variante, ingrediente e prezzo. Nella sola Parigi ogni secondo si vendono 30 burger. La divisione GIRAUDI CREATIVE MEATS, dell’omonimo Gruppo monegasco, ha creato un kit prodotto chiavi in mano. Per trasformare ogni boccone in un’opportunità di business. Tutte le info sono su gourmetboutiqueburgers.com

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meat Benedetti

3. MeatMatters, l’unione fa la comunicazione Gli enti Beef and Lamb New Zealand, Bord Bia, AHDB Pork, Danish Agriculture and Food Council, AHDB Beef and Lamb, Livestock and Meat Commission e Northern Ireland hanno unito le forze e gli intenti e sono presenti on-line con un portale che fornisce contenuti e informazioni sul prodotto carne ai consumatori. Il link è www. MeatMatters.com, un contenitore di pagine web con ricette, informazioni di carattere nutrizionale, schemi di qualità, notizie e un “panel” di esperti a disposizione per domande e curiosità.

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4. Carne di vitello on-line La carne di vitello non ha più segreti per il consumatore, sia per quanto riguarda le metodologie di preparazione e cottura sia per i valori nutrizionali. Sul sito www.carnedivitello.it si può scoprire tutta la filiera che dall’allevamento arriva alla tavola, con un link al canale YouTube per scaricare i video degli chef (photo © triedandtested1915.wordpress.com).

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AZIENDE

Inalca acquisisce Unipeg Nasce un nuovo polo strategico per la valorizzazione della filiera italiana della carne bovina

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Spa, società del GRUPPO CREMONINI, partecipata dal Fondo Strategico Italiano, ha acquisito due distinti rami d’azienda comprensivi delle attività del gruppo UNIPEG, il secondo operatore italiano nel settore. L’acquisizione, che ha decorso a far data dal 1o maggio, riguarda il ramo d’azienda di UNIPEG SOC. COOP. AGR., con le due strutture di Pegognaga (MN) e Reggio Emilia (attività di macellazione, lavorazione e commercializzazione

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NALCA

delle carni bovine e di prodotti a base di carne), e il ramo d’azienda di ASSOFOOD Spa, comprensivo di uno stabilimento a Castelnuovo Rangone (MO), dove vengono preparati prodotti elaborati a base di carne. L’operazione ha una valenza fortemente strategica sotto diversi aspetti: • si pongono le basi per creare un nuovo polo agrozootecnico/ industriale interamente italiano, che andrà a valorizzare e

rafforzare tutta la filiera bovina nazionale; • si consolideranno le attività industriali attraverso la razionalizzazione degli impianti produttivi e delle linee di prodotti; • si svilupperanno nuove e importanti sinergie commerciali in Italia e all’estero su diversi canali di vendita di cui già Inalca dispone. Inalca, attraverso la nuova acquisizione, raggiungerà un fatturato di circa 2 miliardi di euro. Come

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spiega LUIGI CREMONINI, presidente del Gruppo omonimo (in foto), «il disegno strategico è quello del consolidamento della leadership di mercato nel settore della lavorazione carni bovine in Italia, per generare sinergie e vantaggi per tutti gli stakeholder attivi nella filiera bovina italiana, in grado di offrire prodotti eccellenti e sempre più competitivi. Gli allevatori soci di Unipeg costituiscono un patrimonio rilevante per la nostra zootecnia e permetteranno a Inalca di rafforzare le fonti di approvvigionamento di carne che sono e rimangono fortemente radicate sul territorio nazionale. Inoltre, grazie alla capillare presenza distributiva nazionale e internazionale di Inalca, sarà possibile valorizzare al meglio, su tutti i mercati, i prodotti ottenuti negli stabilimenti acquisiti». L’enterprise

value dell’operazione è di 86 milioni di euro, comprensivo delle posizioni debitorie afferenti i rami aziendali trasferiti. Unipeg, con oltre settant’anni di storia, è stata la prima azienda cooperativa nel settore delle carni bovine in Italia e nel 2015 ha realizzato un fatturato di circa 410 milioni di euro. Gli 850 soci di Unipeg hanno conferito nel 2015 circa 150.000 capi bovini e continueranno a fornire Inalca. Infine, Inalca e Unipeg già collaboravano con una joint venture 50%-50% nel settore delle pelli. Nota Ad assistere l’operazione sono stati gli advisor finanziari Appeal Strategy & Finance e Studio Cerioli & Pellaccini, mentre per la parte legale gli advisor sono stati lo studio GSlex dell’avv. Giuliano Sollima e lo studio del prof. avv. Ettore Rocchi.

Inalca Spa è una società del Gruppo Cremonini, leader europeo nella produzione di carni bovine, salumi e snack, e nella distribuzione di prodotti alimentari all’estero, ed è una delle poche aziende italiane a presidiare l’intera filiera produttiva. L’azienda, partecipata dal Fondo Strategico Italiano e da altri fondi sovrani attraverso il veicolo IQ Made in Italy Investment Company, nel 2015 ha realizzato ricavi per 1,47 miliardi di euro, di cui il 50% realizzato all’estero. Vanta una presenza internazionale con 11 impianti produttivi (di cui 6 in Italia, 2 in Russia, 2 in Angola, 1 in Algeria) e 21 piattaforme logistiche di distribuzione (6 in Russia, 4 in Angola, 3 in Algeria, 3 in Congo, 3 nella Repubblica Democratica del Congo, 1 in Mozambico, 1 in Costa d’Avorio). Inalca commercializza ogni anno oltre 500.000 tonnellate di carne, produce 100.000 tonnellate di hamburger, 200 milioni di scatolette, con 7.200 referenze di prodotto (con i marchi Montana, Manzotin, Ibis e CorteBuona) e 4.150 collaboratori. Cremonini, con oltre 9.000 dipendenti e un fatturato complessivo 2015 con 3,4 miliardi di euro, di cui circa il 35% realizzato all’estero, è uno dei più importanti gruppi alimentari privati in Europa ed opera in tre aree di business: produzione, distribuzione e ristorazione. Il Gruppo, fondato nel 1963 da Luigi Cremonini e basato a Castelvetro di Modena, è leader in Italia nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne (Inalca, Montana, Manzotin, Ibis) e nella commercializzazione e distribuzione al foodservice di prodotti alimentari (MARR). È leader in Italia nei buffet delle stazioni ferroviarie, vanta una presenza rilevante nei principali scali aeroportuali italiani e nella ristorazione autostradale, ed è il principale operatore in Europa nella gestione delle attività di ristorazione a bordo treno (Chef Express). È infine presente nella ristorazione commerciale con i ristoranti a marchio Roadhouse. >> Link: www.cremonini.com

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Officina Masetti: da 105 anni sul mercato Costante garanzia di qualità ed esperienza: Officina Masetti da oltre un secolo è in attività, evolvendosi sempre al meglio. Presentiamo un’ulteriore innovazione sui carrelli

“Le modifiche effettuate alla pompa inox: ghiera esagonale di chiusura serbatoio, tappo laterale introduzione olio, fissaggio superiore stelo pompante con vite a brugola, catena maggiorata per comando discesa e boccola sterzo in bronzo”

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a oltre un secolo OFFICINA MASETTI SRL realizza prodotti di alta qualità e affidabilità: fondata nel 1911, dal 1958 l’azienda modenese è specializzata nella fabbricazione di transpallet ed è oggi un esempio dell’ingegno italiano. Officina Masetti ha celebrato qualche tempo fa i 100 anni di attività presentando il “Carrello del Centenario”, un transpallet di ultima generazione realizzato completamente in acciaio inox AISI 304 (o AISI 316 a richiesta). Questo innovativo strumento è stato pensato e studiato per ben 2 anni, progettato direttamente dall’Officina Masetti fin dai minimi dettagli, per soddisfare la richiesta dei clienti più esigenti con un prodotto di sempre maggiore qualità e flessibilità. I materiali

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utilizzati per la costruzione hanno la caratteristica di essere molto resistenti e rendono il carrello perfetto per essere impiegato nei luoghi dove le condizioni ambientali sono più difficili e in cui bisogna rispettare stringenti normative sanitarie. Avvalendosi di un innovativo metodo di costruzione, il nuovo transpallet in acciaio inox, targato Officina Masetti, garantisce una più lunga durata rispetto ai tradizionali transpallet. Questo carrello idraulico è infatti fabbricato con particolari in acciaio inox “microfusi” (procedimento a cera persa): nessuna parte è soggetta a ruggine ed è quindi molto più resistente alle aggressioni delle sostanze corrosive ed al naturale degrado dell’ambiente lavorativo. Ora Officina Masetti ha introdotto

ulteriori nuove migliorie su tutte le pompe (sia “Pompa del Centenario” che “Pompa Alta”), come è ben evidenziato nell’immagine che alleghiamo e che vedrete visitando il sito aziendale. Tutto si può migliorare, anche le cose ben fatte! >> Link: www.officinamasetti.it

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Carne d’oca: l’avventura dei fratelli Littamé Una virata all’insegna del coraggio quella dei due fratelli dell’azienda padovana “Il Dosso”. Dopo la crisi del bovino da carne del 2001 la decisione di puntare sull’oca. Oggi sono 3.000 i capi di razza Romagnola allevati e lavorati in un anno, la carne venduta nello spaccio o alla ristorazione regionale. Prodotto di nicchia e presidio Slow Food l’oca in onto di Gian Omar Bison

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a storia di MICHELE LITTAMÉ e della sua famiglia è profondamente bucolica, lontana nel tempo e piena di aneddoti. Densa come la nebbia che spesso avvolge queste zone, a Sant’Urba-

no, nella Bassa padovana estrema, quasi Polesine. Siamo a cavallo del 1948 quando nonno Attilio inizia da fittavolo ad allevare bovini da carne e a coltivare le campagne in gestione a seminativo (mais, barba-

bietola, ecc…) presso l’azienda “Il Dosso”. Gli subentra Ugolino, uno dei tre figli che nel tempo diventa proprietario. E da Ugolino il timone passa a Michele e a Luca e con loro arriviamo ai giorni nostri. «Mio pa-

Michele Littamé all’interno dell’azienda agricola “Il Dosso”, a Sant’Urbano, nella Bassa Padovana, che gestisce col fratello Luca.

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Oche di Romagna. Il sistema di allevamento nell’azienda dei fratelli LittamĂŠ è di tipo semibrado.

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“Alleviamo le nostre oche a latte e miele, dice Michele Littamé. Negli ultimi 30 giorni di allevamento ne viene infatti aggiunta una percentuale alle farine prodotte sempre dall’azienda. Un segreto, questo, di un procedimento brevettato dalla Camera di Commercio di Padova. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: la carne di queste oche è più delicata e, allo stesso tempo, saporita”

Oca in onto (photo © www.michelelittame.it). dre è mancato nel 1995 — ricorda Michele — e noi, pur lavorando già da tempo in azienda, eravamo molto giovani. Le idee non sono mai mancate ma la nostra cultura, la nostra educazione, è sempre stata improntata alla cautela, alla ponderatezza. E quindi avanti con bovini da carne e seminativo». Avanti fino al 2001, anno della seconda crisi del bovino da carne. «Lì abbiamo capito che dovevamo per forza diversificare la produzione e per fortuna la saggezza di mia madre Bruna ci ha illuminato. Allevate oche, ci disse, le cui carni sono “da signori” e non si trovano nei supermercati». Un condensato di saggezza popolare: l’oca la allevano in pochissimi e il prezzo medio è certamente impegnativo. «Storicamente — ri-

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corda Michele — era la carne dei signori perché i proprietari terrieri, spesso di estrazione ebraica, che si allontanavano dal centro città patavino e acquistavano campagne, pretendevano dagli affittuari, tra le cosiddette onoranze declinate nei contratti di conduzione (e ce ne mostra uno addirittura di fine Ottocento), una congrua fornitura di carne d’oca. Se a questo poi aggiungiamo che l’allevamento ed il consumo dell’oca era molto diffuso anche nella sua specialità “in onto” — cioè cotta e conservata nel suo grasso disciolto —, considerato che fino agli anni Sessanta del Novecento in pochi avevano il frigorifero, che la macelleria più vicina si trovava ad Este (PD) e quindi era un metodo comodo e prezioso di conservazione

“La lavorazione in onto consente una lunga conservazione delle carni. Al momento del bisogno si estrae dall’orcio la quantità di oca che serve e la si cuoce in casseruola per servirla come sugo o secondo piatto. Ottima con salsa di cren, patate o peperonata e polenta”

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Petto d’oca (photo © www.michelelittame.it). della carne, si capisce l’attenzione da sempre riservata all’allevamento e al consumo di oca». Le premesse ci sono, il coraggio pure, si parte. Dal 2001 al 2006 è tutto un susseguirsi di corsi, di studi, per perfezionare il sistema di allevamento, anche “latte e miele”, ma soprattutto per arrivare ad un listino di prodotti cotti, a basse temperature, da vendere al minuto o sottovuoto e pronti al consumo su cui costruire il futuro dell’allevamento. «L’azienda si estende per 37 ettari, molti, da sempre, a seminativo, per sostenere l’allevamento di bovini che ancora oggi abbiamo (sono soci UNICARVE) per 250 capi circa di Limousine all’anno. Ma sicuramente l’allevamento di bovini per noi sarà sempre più residuale. Non c’è redditività e per questo chiuderemo. Ci interessa invece crescere nell’oca e lo faremo». Al momento, nell’azienda Littamé si allevano e lavorano 3.000 oche Romagnole all’anno circa. La produzione viene venduta completamente nello spaccio al minuto o alla ristorazione regionale, oltre che nelle molte fiere e manifestazioni enogastronomiche alle quali partecipano. E sono organizzati anche per la spedizione di prodotti sottovuoto. «Non abbiamo mai pensato di proporci alla Distribuzione Organizzata perché tutto quanto produciamo è già di

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fatto destinato. Magari un giorno, crescendo, ci penseremo. Quello che certamente non faremo è l’incubatore dove far nascere gli animali. Costi e organizzazione richiesti sono improponibili. Per questo, per la fornitura dei capi, ci serviamo da un’azienda di Ravenna in grado di fornire migliaia di oche Romagnole a settimana. Le Romagnole sono tra le più feconde e ovaiole tra le oche (110/115 uova l’anno, dal peso minimo di 150 grammi). E, inoltre, il suo piumino è tra i più apprezzati». Il sistema di allevamento è semibrado perché l’oca da ingrasso ha bisogno di pascolamento. La superficie destinata al pascolo delle oche è suddivisa in lotti che permettono la rotazione e la ricrescita del pascolo (la superficie minima dei quali può essere 10 m2 per capo). La lettiera è di paglia e i ricoveri devono avere il pavimento tutto pieno. Nel ricovero notturno sono fondamentali acqua corrente a disposizione, luce, per la tranquillità dell’animale e contro i selvatici, integrazione alimentare. «Per l’alimentazione — conclude Michele — prepariamo miscele di materie prime alle quali aggiungiamo produzioni nostre aziendali (mais, orzo, ecc…) e scarto di lavorazione vegetale del territorio (cocomeri, meloni, lattughe, pomodori, frutta, ecc…). Nella parte finale di ingras-

so, oltre ad una percentuale di latte e miele, alimentiamo gli animali anche con nostre farine». I preparati a base d’oca spaziano da freschi a lavorati, dalla coscia al macinato passando per salame, prosciutto, salsicce, collo d’oca ripieno, oca farcita, duroni “in onto”, paté di fegato, ciccioli, ecc… Ma il prodotto di nicchia, di riferimento e per questo presidio Slow Food, resta l’oca in onto: per la conservazione in onto (detta anche oca in pignatto), le oche sono separate dalle loro parti grasse e tagliate a pezzetti. Le carni riposano sotto sale per alcuni giorni oppure sono cotte con erbe, aromi e un poco di vino rosso e, successivamente, si ripongono direttamente in un orcio di terracotta o vetro. Nella versione cruda si alternano pezzetti di carne a grasso d’oca fuso e foglie d’alloro; nella versione cotta invece si completa l’ultimo strato con il grasso fuso e si chiude il vaso. «È ottima — consiglia Michele — con la salsa di cren, con le patate o la peperonata e, in ogni caso, con la polenta, accompagnata ad un buon vino rosso veneto». Gian Omar Bison Az. Agricola Luca e Michele Littamé Via Dosso 2 – 35040 Sant’Urbano (PD) Telefono e fax: 0429 693292 E-mail: info@michelelittame.it Web: www.michelelittame.it

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Hälsingestintan, la buona carne etica svedese Questa è la storia di Britt-Marie Stegs e della sua azienda, la prima in Europa ad avere promosso i macelli mobili per i bovini. Gli obiettivi di questa coraggiosa imprenditrice? Migliorare il benessere degli animali, ridurre lo stress della macellazione e l’impatto ambientale, promuovere una comunicazione trasparente con il consumatore di Tania Mauri

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Il macello mobile utilizzato da Hälsingestintan è costituito da due camion che vengono uniti una volta arrivati in fattoria. Uno funge da mattatoio e l’altro è dotato di celle frigo per la frollatura.

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ici Svezia e subito pensi a bianchi paesaggi innevati tra renne e laghi ghiacciati, prati verdi e foreste incontaminate, Pippi Calzelunghe e gli Abba, bambini biondissimi davanti a grandi case di legno, donne bellissime come Greta Garbo e Ingrid Bergman… La Svezia è anche la patria di una donna dagli occhi azzurri, i capelli rossi e il sorriso dolce che nasconde una grande forza di volontà, capacità imprenditoriale, predisposizione al cambiamento, passione ed energia da vendere: BRITT-MARIE STEGS è tutto questo e, non a caso, nel 2014 ha vinto il premio come miglior imprenditrice dell’anno grazie alla sua azienda Hälsingestintan (www.halsingestintan.se), che produce carne etica di alta qualità e di cui vi raccontiamo la storia. Britt-Marie Stegs, insegnante, aveva un’azienda agricola in Järvsö, a 300 chilometri a nord di Stoccolma, dove allevava animali per la produzione di latte. L’entrata della Svezia nell’Unione Europea determina la “sua personale crisi

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etica” allorché si accorge che «la carne nei negozi svedesi arrivava quasi tutta dall’Irlanda, costava la metà della nostra e la qualità era pessima». In realtà, Britt-Marie non era stata l’unica ad accorgersi di questo: era il consumatore che stava cambiando, diventando più attento ed esigente a ciò che introduceva nel proprio corpo. «Molte persone iniziavano a farsi delle domande, a chiedersi come e dove veniva allevato e macellato l’animale, volevano avere la tracciabilità di ciò che stavano acquistando». Britt-Marie è sensibile a tutto ciò, «perché un tempo non era così, la nostra carne era buona e sana» e quindi prova a proporre la carne della sua fattoria ai negozi locali, sottolineando che la sua azienda si prende cura del benessere dell’animale, che significava no mangimi OGM, antibiotici e ormoni, e dando la possibilità al consumatore finale di conoscerne l’intera filiera produttiva. Un colpo di genio il suo perché il successo è immediato e in poco tempo deve cercare altri agricoltori

e allevatori che la aiutino e la seguano in questo modello di allevamento e produzione. Nonostante le cose vadano molto bene, vuole fare di più per il benessere degli animali e prova a coinvolgere i grandi macelli per sopperire al problema dei tempi di trasporto dei bovini che spesso stanno per lunghi periodi chiusi all’interno dei camion, motivo di stress e indebolimento delle carni. La sua proposta non ottiene la loro attenzione perché ritenuta poco interessante e troppo costosa. Ma Britt-Marie non si arrende e sviluppa un modello innovativo per la macellazione, il macello mobile. L’idea in sé è così semplice quanto geniale: non è più l’animale che viene caricato su un mezzo e trasportato al macello, ma è il macello che viene alla fattoria e gli animali macellati nel loro ambiente familiare senza stress. È lei stessa che ci spiega come funziona: «arriviamo la sera alla fattoria, dove mettiamo in collegamento i due camion: uno è dotato di ufficio e funge da mattatoio, l’altro è dotato di celle frigo per la frollatura,

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L’imprenditrice Britt-Marie Stegs. la conservazione e il trasporto. La mattina è lo stesso allevatore che accompagna il bovino all’interno del truck, accarezzandolo e parlandogli in modo da tranquillizzarlo. Per non spaventare l'animale abbiamo creato una grande porta sul fondo che si apre, in modo che abbia solo l’impressione di essere un passaggio. Dopo la sua uccisione, con la pistola di stordimento, comincia la macellazione vera e propria sotto l’attenta supervisione di un veterinario che è sul posto per controllarne le carni e gli organi vitali. In un giorno riusciamo a macellare 30/35 capi. Noi crediamo che questo tipo di macellazione sia il futuro e che

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possa aiutare a far ritrovare il vero sapore della carne, oltre a cambiare in meglio la vita degli allevatori». Migliorare la qualità di vita degli animali, fare un tipo di macellazione senza stress e ridurre l’impatto sul clima sono state la mosse vincenti di Hälsingestintan, la prima in Europa ad avere promosso la carne etica e i macelli mobili per i bovini. Ma non è finita qui. Oggi più che mai per Hälsingestintan è necessario migliorare costantemente la comunicazione tra l’azienda e il consumatore con una maggiore trasparenza in tutte le diverse fasi di allevamento e lavorazione. Anche in questo sono stati all’avanguardia: attraverso lo smartphone si può

fare la scansione di un QR-code posto sull’etichetta e conoscere l’agricoltore/allevatore che diventa lui stesso protagonista con la sua storia e la sua fattoria, le sue ricette e le sue foto. Sono stati i primi a permettere di visualizzare sui loro prodotti l’intera catena produttiva dall’azienda al negozio: «ogni vitello alla nascita viene contrassegnato con un chip elettronico sull’orecchio, che contiene le informazioni dell’animale e ne fornisce un’identità sicura, oltre a dare una serie di vantaggi logistici anche durante la crescita e la macellazione. Tutte queste informazioni vengono riportate nel codice a barre sulla confezione, attraverso il quale è possibile verificare età, razza, sesso e provenienza di ciò che si sta acquistando». Inoltre ha anche contribuito allo sviluppo e alle redditività delle piccole fattorie svedesi che stavano attraversando una grande crisi, incentivando così gli agricoltori e gli allevatori a preoccuparsi maggiormente del benessere degli animali, risparmiando loro lunghi viaggi — il macello arriva direttamente presso di loro — e migliorando la qualità della carne svedese. Britt-Marie è cosciente del fatto che nei prossimi anni, sia per motivi climatici, che di “numeri” e di salute, mangeremo sempre meno carne e più alimenti a base vegetale, e lei stessa sostiene che «è sempre più necessario fare un consumo consapevole di carne di qualità: con la carne etica i consumatori possono fare una scelta consapevole. Si è disposti a pagare di più se si conosce la provenienza di ciò che si sta mangiando, oltre a sapere che gli animali sono stati trattati bene e la carne è davvero gustosa. Sono convinta che la nostra carne etica sia il futuro della carne». Tania Mauri Nota A pagina 42, la “carne etica” dall’azienda svedese Hälsingestintan è buona in più sensi: anche la qualità della carne risulta migliore riducendo lo stress da trasporto degli animali (photo © Peter Hoelstad, www.halsingestintan.se).

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SERVIZIO DI PIATTAFORMA LOGISTICA CONTO TERZI DI CARNE FRESCA TRASPORTATA SU GANCIERE O CARTONATA

SERVIZIO DI LOGISTICA ANCHE PERANIMALI VIVI REGOLARMENTE RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON IL NUMERO CE 07/PS


INFO ALLE IMPRESE

Contributi a fondo perduto, i bandi disponibili

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ubblichiamo di seguito i bandi di settore attualmente disponibili per la richiesta di contributi a fondo perduto. Regione Lazio Sono operativi due bandi con scadenza 30 settembre 2016: a) per le aziende agricole (PSR 2014/2020, Reg. UE 1305/13, Mis. 4.1.1) con un contributo a fondo perduto dal 40% al 50% per investimenti fino a 2 milioni di euro; b) per le aziende agroalimentari (PSR 2014/2020, Reg. UE 1305/13, Mis. 4.2.1) con un contributo a fondo perduto dal 40% al 60% per investimenti fino a 7,5 milioni di euro. Regione Emilia-Romagna Sono operativi due bandi: a) per le aziende agricole (PSR 2014/2020, Reg. UE 1305/13, Mis. 4.1.01 scadenza bando 15/07/2016) con un contributo a fondo perduto dal 40% al 50% per investimenti fino a 3,5

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milioni di euro: b) per le aziende agroalimentari (PSR 2014/2020, Reg. UE 1305/13, Mis. 4.2.01 scadenza bando 30/06/2016) con un contributo a fondo perduto del 40% per investimenti fino a 5 milioni di euro. Tali bandi sono attivi nei settori carne bovina/suina/ovicaprina, latte e formaggi, ortofrutta, cereali, riso, avicunicolo, florovivaismo, olio d’oliva, miele , vitivinicolo, ecc… Si possono effettuare, a seconda delle tipologie di bando, i seguenti investimenti da realizzarsi nell’annualità 2016/2017 per: • nuova costruzione o ristrutturazione di fabbricati adibiti alla conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli; • acquisto di linee e attrezzature per la conservazione/commercializzazione dei prodotti aziendali; • investimenti per impianti termoidraulici, elettrici, frigoriferi, ecc…;

• acquisto di mezzi specialistici in grado di mantenere la catena del freddo nel trasporto della materia prima, per esempio, latte; • acquisto di macchine e attrezzature di campagna; • impianto o reimpianto di colture arboree o arbustive con la realizzazione dell’antigrandine; • investimenti per l’eliminazione e sostituzione dell’amianto; • riduzione dei consumi energetici o il miglioramento dell’efficienza energetica; • investimenti per la produzione di energia da fonti rinnovabili ad esclusivo uso aziendale; • investimenti con hardware e software per la gestione elettronica dell’azienda e al commercio; • spese generali (tecnici, studi di fattibilità, ecc…). Per informazioni FABO S.I. Srl Telefono: 0545 84488 Fax: 0545 84555 E-mail: info@fabosi.it Web: www.fabosi.it

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FILIERA CARNI

Scrivi Blonde d’Aquitaine e leggi Garronese Veneta Quando i piccoli uniscono le forze condividendo un’idea di carne di qualità, va a finire che fanno grandi cose di Elena Benedetti

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Come si riconosce una Blonde d’Aquitaine? Da un numero sull’auricolare. Le cifre 31, 32, 40, 64 e 65 corrispondono infatti ai Dipartimenti delle province, confinanti con i Pirenei.

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“Per il progetto Garronese Veneta, gli animali, importati dalla Francia, al peso di 220-240 kg ristallano non meno di 10 mesi arrivando a 580-600 kg. L’allevatore ha la sua quota di guadagno, il macellaio la sua resa e il cliente un prodotto di qualità superiore, garantito anche dal marchio Qualità Verificata Scottona ai cereali della Regione Veneto”

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viluppato tra il Veneto e la Lombardia grazie all’incontro di un gruppo di operatori che volevano portare sulle tavole dei consumatori un prodotto di alta qualità e al giusto prezzo, “Garronese Veneta” è uno speciale progetto di filiera delle carni, i cui registi sono LUIGI SARTORI e IURI MARTINATO. Luigi è il fondatore dell’Istituto Italiano Assaggiatori Carne“De Gustibus Carnis” e titolare della macelleria omonima a Brenzone, piccolo comune veronese che si affaccia sul Lago di Garda. Iuri, da sempre nel mondo delle carni come collaudatore e venditore di carcasse bovine, e con all’attivo 24 anni di lavoro in un macello, è oggi intermediario commerciale con la sua società Comm. Service. L’incontro con Sartori e con un gruppo di macellai veronesi e vicentini, la conoscenza del mondo allevatoriale del veronese sono stato l’incipit per questa avventura, che intende promuovere la carne bovina di Blonde d’Aquitaine, ovvero la Garonnese,

in un circuito di filiera completo, dall’allevatore alla macelleria e ristorazione. Eh sì, perché lo sbocco per questa razza tradizionalmente vocata alla produzione di una carne tenerissima, dalla giusta sapidità e dalla buona resa, è pensato per il canale tradizionale, il normal trade. Gli animali, importati dalla Francia, ristallano non meno di 10 mesi e arrivano a 560-580 chilogrammi di peso. L’allevatore ha la sua quota di guadagno, il macellaio la sua resa e il cliente un prodotto di qualità superiore, garantito anche dal marchio Qualità Verificata “Scottona ai cereali” della Regione Veneto. Lo scorso 17 aprile abbiamo trascorso una domenica alla scoperta di questa filiera, insieme ad un gruppo di macellai aderenti al progetto e ad alcuni operatori della ristorazione, che hanno fatto di questa carne la materia prima del loro lavoro. «Stiamo lavorando per completare tutta la filiera, dall’allevatore alla bottega delle carni fino ai ristoran-

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La Garronese Veneta è alimentata a cereali di produzione locale, tra cui mais, soia, paglia, fieno, girasole, polpa di barbabietola. In foto una manciata di fiocchi di mais auto-prodotti nell’azienda agricola Campagna di Michele e Stefano Savoldi a Lonato (BS). L’azienda conta una ventina di capi di Garronese e 200 capi di razza Limousine.

I plus di questa carne L'idea della “Garronese Veneta” è nata per portare sulla tavole dei consumatori un prodotto di alta qualità ad un prezzo ragionevole. Per arrivare al risultato che oggi è disponibile sul mercato è stato fatto uno studio sulla genetica degli animali al fine di trovare l’incrocio giusto tra animali diversi. Ma la genetica non basta per avere un prodotto “all’altezza”: anche l’allevamento e la crescita degli animali devono essere curati in modo oculato, garantendo il benessere assoluto dei capi. L’alimentazione con nutrienti studiati e dosati al dettaglio servono per far crescere i bovini in salute e nelle forme perfette per avere tagli definiti e circondati dal giusto quantitativo di grasso. L’abbattimento viene effettuato in strutture certificate, dove gli standard di igiene sono curati nei dettagli. Infine, la vendita viene concessa a professionisti di livello elevato perché anche la tecnica di taglio è importante per avere un prodotto finale ineccepibile. Le macellerie autorizzate sono periodicamente visitate per garantire che ogni dettaglio sia curato perché “per noi club della Garronese Veneta sono i dettagli a fare la differenza”. >> Link: www.garroneseveneta.it

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ti aderenti, con un prodotto e un marchio registrato, un capitolato di produzione e commercializzazione e un’etichettatura facoltativa» mi dice Luigi Sartori mentre ci avviamo a incontrare l’allevatore Nicola Nogarole Rocca, in provincia di Verona, prima tappa di questo tour della Garronese. Giro in allevamento L’azienda agricola conta 240 capi allevati di Garronese Veneta. Qui gli animali raggiungono i 180-220 kg fino ai 240 col ristallo. «Più l’animale è giovane meglio riesco a gestirne l’ingrasso per ottenere una carne come la voglio io», sottolinea Nicola, aggiungendo che gli animali stanno in stalla dai 10 ai 12 mesi e anche per periodi più lunghi. I punti di forza di questa piccola filiera sono innanzitutto la razza francese Blonde d’Aquitaine, che permette di determinare le caratteristiche della carne, la marezzatura, la fibra e il suo metabolismo. Segue a ruota l’alimentazione e «per questo

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non bisogna mescolare più razze insieme perché ogni razza ha le sue peculiarità ed esigenze» precisa Iuri Martinato. Un altro elemento importante è il tempo in stalla. «Questo animale francese, con soli 4-6 mesi di ristallo, permette già di ottenere una discreta qualità, ma noi la prolunghiamo a 10-12 mesi per ottenere il massimo» sottolinea Martinato. Le caratteristiche della carne La principale caratteristica di questa carne è la tenerezza che proviene da tre fattori: il primo è la tessitura muscolare molto fine, tipica caratteristica di questo animale. Segue una contenuta quantità di grasso e la scarsa presenza di collagene. Infine, gioca un ruolo importante il tempo di frollatura. Questo processo naturale, superiore ai sedici giorni per il treno posteriore, permette il rilassamento completo delle fibre muscolari, favorendo così la tene-

La Garronese Veneta da capitolato non è commercializzata presso la GDO. I canali di sbocco sono solo il normal trade e la ristorazione. Sul sito www.garroneseveneta.it c’è la rete di vendita con le nove macellerie che al momento aderiscono al capitolato, insieme al macello Savoldi Carni e ad un ampio numero di ristoranti. Tutta la filiera è associata a Unicarve.

Le macellerie aderenti al circuito Garronese Veneta Macelleria Gastronomia Fratton Giovanni Piazza IV Novembre 22 37064 Povegliano Veronese (VR) Telefono: 045 7970117

Supercarni Valdagno di Rossato Massimo Via Sette Martiri 14/E 36078 Valdagno (VI) Telefono: 0445 406464

Comm. Service di Martinato Iuri Commercio all’ingrosso e dettaglio Via Trivellino 6 25017 Lonato del Garda (BS) Telefono: 335 7743889

Macelleria Sartori Sas Commercio e forniture per Ristoranti e catering Via XX Settembre 19/21 37010 Brenzone sul Garda (VR) Telefono: 045 7420021

Macelleria Antonio Massagrande Via Vallecchia 4 37060 Sona (VR) Telefono: 045 6080811

Da Fabio Centro Carni Via Alighieri 15 45023 Costa di Rovigo (RO) Telefono: 0425 497494

Macelleria Peron Claudio Via Giavenale di Sopra 36015 Schio (VI) Telefono: 0445 671853

Macelleria Polleria Rosticceria dei F.lli Visentin Via Vittorio Veneto 28 37052 Casaleone (VR) Telefono: 0442 6008715

I Macellai di Vicenza Snc di Pozza e Rizzi Viale del Mercato Nuovo 37 36100 Vicenza Telefono: 0444 569908

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Romero, 14 mesi, incrocio di Blonde d’Aquitaine e Frisona nazionale. rezza del prodotto ed accentuando notevolmente lo sviluppo di profumi ed aromi in cottura. Anche a crudo la Garronese Veneta è molto delicata, apprezzata persino dai bimbi. La sottigliezza delle fibre è ideale anche per lunghe cotture, come i brasati e gli stracotti. La resa della Garronese La Blonde d’Aquitaine veneta arriva mediamente a 560-580 kg peso vivo e la mezzena a 360-380 kg peso morto. L’incremento è di 800-900 grammi al giorno contro 1,2 kg della Limousine e 1,5 kg della Charolaise.

I numeri e i prossimi step Attualmente i numeri della Garronese Veneta sono di 350 capi/ anno con un trend in forte crescita. Nell’ultimo anno i capi sono aumentati del 20-30%. «Essendo un prodotto fatto in 12 mesi dobbiamo lavorare molto sulla pianificazione: basta solo che entri nel circuito una nuova macelleria che dobbiamo investire nei capi per garantire il prodotto nei dodici mesi a seguire» puntualizza Iuri Martinato. Qui si va controtendenza: se il mercato del bovino spesso e volentieri segna un trend di decrescita, nel circuito

“I punti di forza di questa piccola filiera sono innanzitutto la razza francese Blonde d’Aquitaine, che permette di determinare le caratteristiche della carne, la marezzatura, la fibra e il suo metabolismo. Seguono a ruota l’alimentazione e il tempo in stalla. Gli obiettivi a breve? Sicuramente investire per aumentare le stalle, portando i capi dagli attuali 200 a 300 capi/stalla e la ricerca di nuovi allevamenti di 100-200 capi nelle province di Rovigo, Verona e Vicenza”

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della Blonde d’Aquitaine made in Veneto i numeri sono in aumento. «Il prodotto risponde molto bene» mi confermano i macellai Antonello Massagrande e Ferruccio Rossato. Quali sono i vostri obiettivi? «Sicuramente investire per aumentare le stalle, portando i capi dagli attuali 200 a 300 capi/stalla e la ricerca di nuovi allevamenti di 100-200 capi nelle province di Rovigo, Verona e Vicenza» mi dice Martinato, che aggiunge anche il lavoro in atto per dare una certificazione sensoriale alla carne in corso d’anno. La prossima fase del progetto è quella di costituire una linea vacca-vitello. Gli occhi sono tutti puntati su Romero, un incrocio di Blonde d’Aquitaine e Frisona nazionale di 14 mesi. Forza Romero! Elena Benedetti Nota A pagina 48 un particolare della stalla che ospita alcuni capi di Garronese Veneta nell’azienda agricola Campagna di Michele e Stefano Savoldi a Lonato, Brescia, a pochi chilometri dallo stabilimento di macellazione (photo © Elena Benedetti).

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Savoldi Carni, per una macellazione di qualità I capi di Garronese Veneta sono macellati nello stabilimento bresciano di Savoldi Carni alle porte di Lonato. L’impianto, strutturato per la lavorazione di bovini e suini, è dotato di celle per la frollatura e di un’area per la trasformazione delle carni in salumi. L’azienda offre un servizio di macellazione anche per privati e macellerie ed è dotata di un punto vendita aperto a tutti, aperto tutti i giorni (ad esclusione della domenica e del lunedì mattina) nei seguenti orari: 8-12 e 14,30-19. Nelle foto alcuni scatti nella cella frigorifera dello stabilimento di macellazione. In vista il bollino della Garronese Veneta su un taglio disossato confezionato(nella foto in basso, da sinistra, Bruno, Michele, Samuele, Stefano e Saverio Savoldi). >> Link: facebook.com/savoldicarni

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RETAIL MARKETING

La parola ai responsabili della GDO: Duilio Ciardi, Aspiag

La centralità della carne in GDO di Salvo Garipoli

Il reparto carni in GDO: un punto di riferimento per il responsabile acquisti all’indagine consumer SGM A R K E T I N G -V E R O N A F I E R E 2015 emerge chiaro il ruolo della moderna distribuzione nel sostegno al mercato della carne. In GDO il reparto carni è, dopo l’area ortofrutta, il settore maggiormente discriminante nella scelta del punto vendita da parte dello shopper. Se il 73,7% dei consumatori coinvolti nell’indagine si affida alla GDO quando deve acquistare carne bianca, tale incidenza scende al 68,6% per gli acquisti di carne bovina (dove

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in parallelo sale il gradimento del negozio tradizionale al 46%) e al 69,9% per la carne suina. Fra i plus del supermercato, i responsabili acquisti intervistati indicano i fattori prezzo (inferiore rispetto a quelli praticati dalla macelleria, grazie anche alla presenza continuativa di offerte e promozioni), assortimento (maggiore scelta, freschezza dovuta alle elevate rotazioni, praticità delle confezioni, visibilità del prodotto), garanzia (sensazione di maggior controllo sull’origine) e servizio (possibilità di evitare la fila attraverso l’acquisto in modalità self-service, estensione

oraria); fra le criticità vengono, invece, menzionati la qualità (diffusa insoddisfazione per il profilo qualitativo medio della carne di manzo in GDO) ed il gap di valore aggiunto della relazione personale (manca qualcuno a cui chiedere delucidazioni/consigli sulla carne). Ad ogni regione la propria dinamica di consumo Siamo tutti consapevoli ed orgogliosi che l’unicità del mercato italiano sia un plusvalore da difendere e non da combattere. Pur tuttavia, faremmo un errore strutturale a considerare il mercato nazionale

Interspar di Mestre, via Torino.

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se ne omologassimo le istanze di acquisto e consumo. Siamo di fronte a realtà diverse; basta guardare le dinamiche di acquisto per accorgersi che il consumo di carne, nel 2015 (fonte: ISMEA PANEL NIELSEN), è preponderante a volume in area Nielsen 4, la macro area che raggruppa le regioni del Sud (quota 32,9% a volume e 31,6% a valore) — in particolare, l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sicilia — ma è l’area Nielsen 1, il Nord-Ovest — rappresentata da Liguria, Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta — quella in grado di generare maggior valore in rapporto ai volumi acquistati (quota del 24,7% a volume, per una pari al 26,2% a valore). Inoltre, a fronte di un dato generale che evidenzia una quota di acquisto preminente per la carne avicola pari al 34,1%, per la carne bovina del 32,7% e, a seguire, per la suina del 21,2% e per le altre carni del 12%, le dinamiche di acquisto ci mostrano un andamento per tipologia di carne del tutto peculiare; in particolare: • il Nord-Ovest, area Nielsen 1, è l’area geografica a minore incidenza percentuale di carne fresca suina che rappresenta il 18,9% della carne acquistata, con un andamento in riduzione pari al –7,8% e vanta, allo stesso tempo, il podio per quanto riguarda la quota di acquisti di carne avicola (36,1%); • l’area Nielsen 2, il Nord-Est (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto), è la zona in Italia che ha manifestato nel 2015 il dato più alto di riduzione delle vendite di carne bovina, con un –9,6% a volume contro il nazionale –6,5%, e di carne suina, con –10,4%, rispetto al dato italiano del –8,2%; • è l’area Nielsen 3, il Centro Italia (Toscana, Lazio, Marche, Umbria, Sardegna), l’unica macro area che mostra, in rapporto al dato generale (–2%), un andamento positivo pari a +1,9% a volume in relazione alla carne fresca avicola e, con una quota di

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acquisto pari al 21,7%, mantiene un andamento sulla carne suina più positivo (–4,2%) rispetto al dato nazionale (–8,2%); • il sud, area Nielsen 4, presenta la struttura di acquisto con la quota di carne bovina più elevata a livello nazionale, pari a volume al 34,7%, a fronte di una media a totale Italia del 32,7%. Sotto la media nazionale è invece la quota di acquisto sostenuto per il prodotto avicolo: 31,2% vs 34,1%. Interpretare le peculiarità territoriali crea un vantaggio competitivo difendibile Resta evidente dunque il fatto che le differenze regionali, i localismi, le nomenclature differenti regione per regione, le ricettazioni rappresentano valori da difendere, strategici per veicolare valore, valori e posizionamento. In questo contesto, il retailer ha il compito di interpretare istanze, abitudini e trend di consumo e farne proposta merceologica da declinare in base al format distributivo e alla missione aziendale e dall’altro lato le aziende di produzione devono ripensare al proprio ruolo, trasformandosi da semplici fornitori a provider di comparto. I rapporti di fornitura, l’innovazione di prodotto e di processo, le relazioni industriali, tutto porta nella direzione della

costruzione di partnership sempre più strutturate a sostegno di un mercato stabile nel complesso che presumibilmente vedrà aumentare la quota relativa dell’avicolo. Dal Nord-Est intervista a Duilio Ciardi, responsabile acquisti carni rosse per Aspiag Tra le aziende della distribuzione abbiamo selezionato A SPIAG nella persona del suo responsabile acquisto carni rosse per avere un autorevole e privilegiato punto di vista sullo stato attuale del mercato e delineare possibili scenari futuri. Aspiag opera nel triveneto e rappresenta una delle realtà commerciali più radicate, articolate e dinamiche del panorama commerciale nazionale, potendo contare su tre insegne (Interspar, Eurospar e Despar) con più di 500 punti vendita tra piccole, medie e grandi superfici. Lo abbiamo fatto attraverso cinque domande corrispondenti ad altrettanti imperativi-guida nella gestione, sostegno e valorizzazione di un business complesso come il nostro. 1. Conoscere il proprio cliente La conoscenza dei propri profili di clientela risulta sempre più un elemento di successo nella formulazione della proposta commerciale. Ci può descrivere brevemente le caratteristiche del vostro consu-

SGMarketing è la società specializzata nella consulenza e servizi di marketing per l’agroalimentare. Leader in Italia con oltre 20 anni di esperienza nella valorizzazione dei freschissimi e del beverage, l’azienda è stata costituita con l’idea di mettere al servizio dell’agribusiness le competenze del suo team di analisti per valorizzare i prodotti agroalimentari nei luoghi di acquisto e di consumo e dare un futuro alle filiere produttive e distributive di eccellenza e ai territori vocati. SGMarketing supporta le imprese accompagnandole nello sviluppo del loro business e nella creazione di un’immagine aziendale riconoscibile e competitiva. Grazie ad un know-how consolidato negli anni e forte di un approccio al mercato moderno e dinamico, essa offre un servizio integrato: dalla consulenza strategica al presidio diretto dei canali distributivi, nell’ottica di un’innovazione continua del business. >> Link: sgmarketing.it

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matore di riferimento e le sue esigenze in relazione alle principali categorie carnee? L’allarme lanciato dall’OMS come ha influito sulle performance del reparto? «La nostra insegna è presente praticamente in tutte le province del Triveneto, comprendendo importanti aree urbane, piccoli comuni e località ad alta vocazione turistica sia in zone montane che lungo le coste. Questo significa che la tipologia della nostra clientela è piuttosto variegata. La massa critica è composta da famiglie, ma comprende anche persone di diverse età e condizione sociale, residenti stabili e turisti; tutti con differenti poteri di spesa. I risultati di fine 2015 relativi alle incidenze a volume delle famiglie merceologiche acquistate ci mostrano la seguente fotografia: il suino pesa per il 13,39%, il bovino rappresenta il 24,25% di carne, il vitello il 5,09%, l’ovino lo 0,59%, l’equino lo 0,80 %, l’avicunicolo il 25,16%, mentre gli elaborati cotti e crudi da industria e artigianali a base di carne e pollame rappresenta la quota più elevata con il 30,70%. Per quanto riguarda l’allarme OMS, segnalo che la settimana in cui c’è stato l’annuncio il reparto carni ha perso l’8% circa a volume e la settimana successiva il 12%. Nelle seguenti, invece, con l’avvicinarsi delle promozioni natalizie, abbiamo recuperato gradualmente fino a tornare a fine dicembre ai fatturati/ volumi precedenti». 2. Fare cultura di prodotto Il tema della insufficiente “cultura di prodotto” nel consumatore risulta essere un fattore critico durante l’atto d’acquisto. Quanto ritiene strategico presidiare quest’area in rapporto al vostro bacino di clientela attuale e potenziale? Quali percorsi la vostra insegna ha attivato o attiverà in prospettiva per ovviare a tale criticità? «Siamo consapevoli del bisogno di offrire al nostro consumatore più informazioni, non solo di carattere nutrizionale, ma anche relative alla qualità delle carni che vengono proposte sui banchi di vendita. Stiamo pensando ad una cartellonistica dedicata, a supporto delle vendite,

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Il Nord-Est è la zona in Italia che ha manifestato nel 2015 il dato più alto di riduzione delle vendite di carne bovina, con un –9,6% a volume contro il nazionale –6,5%, e di carne suina, con –10,4%, rispetto al dato italiano del –8,2%. che contenga informazioni relative alle caratteristiche delle nostre carni (tipo di allevamento, alimentazione dell’animale, ecc…). Riteniamo che anche i presidi di personale qualificato, fisicamente e direttamente a punto vendita, siano un efficace “strumento” per fare cultura sulla gestione delle differenti carni in chiave culinaria. Anche se sembra che la disponibilità sul mercato e la professionalità degli addetti ai reparti carni stia diventando un patrimonio in via di estinzione, crediamo molto che, i programmi formativi, sviluppati e realizzati in azienda, possano aiutarci a fronteggiare questa carenza. Stiamo per questo lavorando per elevare la qualità e il livello dei contenuti di questi corsi aziendali dedicati ai reparti freschissimi, tra cui il reparto carne. In fatto di “cultura di prodotto”,

credo anche che si debba intervenire per correggere l’opinione generale sulla salubrità delle carni rosse, opinione alimentata attraverso informazioni distorte ed incomplete da parte di esperti e meno esperti di alimentazione umana; un fattore, questo, che ha determinato un’ingiustificata impopolarità sul consumo delle carni, contribuendo, di fatto, alla “crisi” delle carni bovine. Forse iniziative concertate tra tutti i soggetti interessati potrebbero portare più equilibrio nelle informazioni messe a disposizione del grande pubblico». 3. Sostenere il valore in vendita Il posizionamento di prezzo, soprattutto per le carni bovine, rappresenta oggi un freno all’acquisto. Quali politiche avete adottato o adotterete per incidere positi-

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“La sfida per il moderno retailer è quella di riuscire a sostenere il proprio posizionamento distintivo in partnership con i propri selezionatissimi fornitori” vamente su questo aspetto in termini di pricing, promozione, assortimento, comunicazione e packaging? «Uno dei problemi che stiamo affrontando, ormai da tempo, è quello di non riuscire ad evitare la logica del “prezzo al ribasso... a tutti i costi”. È innegabile che il confronto immediato del consumatore, sulle merci proposte, ricade spesso sulla differenza di prezzo, specialmente in uno scenario in cui “il cliente migratore” è sempre più in movimento da un’insegna all’altra. Purtroppo questa logica commerciale, nel tempo, ha “svalorizzato” e sta continuando a “svalorizzare indebitamente” il prodotto carne, danneggiando economicamente, in questo modo, l’intera filiera. Anche le promozioni hanno raggiunto incidenze elevatissime sul venduto delle carni rosse, abbassandone la marginalità e, soprattutto, facendo perdere al consumatore e all’intero mercato il valore corretto da attribuire al prodotto finale. In azienda, pur continuando a fare uso della leva promozionale a favore dei fatturati, cerchiamo di mantenere il giusto equilibrio fra valore e qualità. La nostra scelta qualitativa sulle carni è, infatti, frutto di una precisa politica che non abbiamo intenzione di variare nel tempo. In altre parole, non siamo assolutamente disposti a derogare sulla qualità a favore di un prezzo più concorrenziale. Purtroppo spesso questa scelta, da parte di un consumatore poco attento e concentrato solo sul prezzo, non è immediatamente rilevabile. Siamo, comunque, convinti che questa rimane l’unica strada da percorrere per raggiungere la massima fidelizzazione del nostro cliente e per mantenere con lui un rapporto corretto. Poi tutto il resto: gli assortimenti, le filiere, il packaging

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sono tutti fronti sui quali abbiamo lavorato e stiamo continuando a lavorare. Ad esempio, ormai da qualche anno, stiamo offrendo al nostro consumatore una garanzia in più sul prodotto suino (come è avvenuto precedentemente sul pollame), garanzia data dalla certificazione di filiera definita “Passo dopo Passo”, che, ancor prima dell’entrata in vigore della regolamentazione della tracciabilità sulle carni suine/ ovine, già garantiva al consumatore una completa tracciabilità che conducesse ai macelli, agli allevamenti e, persino, ai mangimifici dei capi in arrivo sezionati e porzionati sui nostri banchi di vendita». 4. Differenziarsi sul mercato L’innovazione di prodotto rappresenta una possibile chiave da utilizzare per differenziare l’offerta e posizionare in maniera distintiva il reparti carni; quanto ritiene strategico operare in questa direzione nel reparto carne? Quali criticità ravvisa, allo stato attuale, nella gestione dell’innovazione in rapporto alle differenti categorie carne? «Siamo convinti che, in assenza di innovazione, non sia possibile alcuna crescita. È per questo che siamo alla continua ricerca di elementi di innovazione, soprattutto in tema di assortimenti. Il dato emblematico della crescita costante (in termini di volumi e di valore) della famiglia merceologica degli elaborati a base di carni avicunicole e rosse ci convince che questo è uno dei fronti su cui continuare a fare sviluppo, sia attraverso il nostro centro di trasformazione carni di Bolzano, che produce anche carni in atmosfera modificata, sia attraverso i nostri partner commerciali». 5. Fissare aree di lavoro da presidiare Dato l’attuale contesto di mercato e le sue possibili evoluzioni future, quali aree di lavoro ritiene strategico presidiare nel rapporto con i fornitori al fine di soddisfare più efficacemente le esigenze del consumatore e dunque le performance del reparto? «Come già accennato, facciamo della “qualità” un aspetto centrale

Duilio Ciardi responsabile acquisti carni rosse per Aspiag. della nostra strategia commerciale. Oltre ad una selezione severa dei nostri fornitori, l’attenzione è concentrata, poi, sulle singole forniture delle carni che, confluendo attraverso il nostro centro carni di Bolzano, vengono sottoposte ad ulteriore controllo, perché la garanzia di qualità divenga assoluta. Tornando al concetto di “rapporto qualità/valore”, non andiamo alla ricerca del “prezzo più basso… ad ogni costo” nemmeno in fase di acquisto della materia prima. I dati consolidati di volumi venduti (e di fatturati raggiunti) nell’anno “critico” 2014, ci hanno dato ragione della bontà della strategia, che intendiamo mantenere anche in futuro». Creare un business di successo Per creare un business di successo, non è più sufficiente l’esclusivo estro creativo o l’espediente last minute. Risulta sempre più rilevante riuscire ad analizzare la propria offerta in maniera sistematica e professionale in ascolto ed al servizio del proprio cliente-consumatore. La sfida per il moderno retailer è quella di riuscire a sostenere il proprio posizionamento distintivo in partnership con i propri selezionatissimi fornitori, in rapporto ad una concorrenza sempre più agguerrita, a clienti attuali e potenziali sempre più esigenti e con un vincolo strutturale: le specificità dei territori in cui opera. Salvo Garipoli twitter @salvo_garipoli

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INDAGINI

Ricerca DOXA/UNAItalia

Il pollo è la carne preferita dai bambini Piace alle mamme, perché è una carne magra e nutriente, e piace molto ai bambini, che in un’ipotetica top five lo pongono al quarto posto dopo la prevedibile triade pasta-pizza-dolci, ma, a sorpresa, prima dei formaggi

È

quanto emerge dalla ricerca DOX A/UNA I TA L I A “Le mamme e l’alimentazione dei loro figli”, che ha fotografato i comportamenti e le opinioni di 5 milioni di mamme italiane con figli di età compresa tra 1 e 14 anni (attraverso un questionario on-line somministrato ad un campione rap-

presentativo di 500). Ma come sono le mamme italiane quando si parla di scelte alimentari in famiglia? Se ne occupano in prima persona (il 90% prepara personalmente i pasti ai bambini), scelgono solo prodotti di qualità e made in Italy (9 su 10) e sono iper-critiche (solo il 24% promuove la dieta dei propri figli).

Da un lato sono attente e pignole, ma si scoprono anche ansiose e insicure: 4 su 10, circa due milioni di loro, ammette di avere dubbi su cosa far mangiare ai propri figli, non sa a chi chiedere consiglio, si sente in colpa se non è presente ed è molto preoccupata per il rischio, sempre possibile, che i propri figli prenda-

Il pollo è un alimento che convince le mamme. A questa carne sono riconosciute indiscutibili proprietà nutrizionali ed è premiato dai consumi, ma una mamma su due vorrebbe approfondire il tema sicurezza con l’aiuto di un esperto.

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Carne di vitello bianca Carne di vitello rosata Carne di vitellone Capretti

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Il pollo arrosto è uno dei piatti preferiti dai bambini (photo © tastefoodblog.com). no cattive abitudini alimentari. E, quando hanno un dubbio, subito dopo l’esperto guardano lo smartphone: è infatti il web il luogo a cui 1 mamma su 2 si rivolge quando cerca un’informazione su un alimento. Secondo la ricerca a mettere in ansia è soprattutto il timore che i propri figli non seguano una dieta equilibrata (61%) e non consumino a sufficienza frutta e verdura (55%). 8 mamme su 10 giudicano il proprio livello di informazione da buono (65%) a ottimo (17%). Il 18% si dà la sufficienza e ammette di informarsi ma con tanti dubbi da chiarire, solo l’1% non si ritiene abbastanza informata. E sulla “teoria” se la cavano abbastanza bene: la quasi totalità (90%) ritiene

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(a ragione) che pasta o riso non vadano abbinate a pane o patate, o che le patate siano da sostituire al primo piatto (80%). Cadono in errore invece sui secondi piatti: 1 su 2 sovrastima la quantità di formaggi da proporre nel menu (3-4 volte a settimana) e 3 su 10 considerano i legumi un contorno da abbinare ad un secondo proteico. Ma alla prova dei fatti solo 2 mamme su 10 giudica positivamente la dieta dei figli, considerandola varia ed equilibrata. Oltre 1 mamma su 2 (55%) considera troppo poca la quantità di frutta e verdura assunta dai figli. Un’altra abitudine scorretta è l’assunzione di cibi e bevande troppo zuccherate (24%). Troppi carboidrati e poche proteine

secondo il 20% delle mamme. Per chiudere, la consapevolezza che assumano troppi grassi (13%). Non sembra destare preoccupazione, invece, l’assunzione di proteine, troppe solo per il 5% del campione. Pane e pasta compaiono quasi quotidianamente nel menu dei bambini (da tutti i giorni a 3-4 volte a settimana, rispettivamente, per l’80 e il 90% delle mamme). Molto meno presenti cereali (2,4 volte a settimana in media), riso (1,5) e patate (1,4). Proporre quotidianamente pasta e pane è una scelta corretta secondo GIUSEPPE MORINO, responsabile UO Educazione Alimentare dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, che consiglia però di «non associare questi alimenti tra loro e

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di differenziare il più possibile, inserendo cereali più ricchi di fibre, o prediligere pasta e pane integrali». La carne compare in tavola in media 3 volte a settimana. Tra le varie tipologie, il pollo trova il maggior apprezzamento da parte delle mamme e viene proposto con maggior frequenza: l’84% lo propone ai propri figli almeno una volta la settimana. Ma, nonostante sia presente nel menu, il 44% delle mamme vorrebbe consigli da un esperto proprio sul ruolo della carne nell’alimentazione di un bambino o un adolescente. «La carne è un alimento dall’elevato valore nutritivo, poiché è una fonte primaria di alcuni nutrienti e micronutrienti solitamente assenti (come la vitamina B12), o scarsamente rappresentati (zinco, selenio, niacina e riboflavina), o meno biodisponibili (come il ferro) nei prodotti di origine vegetale. Buona la scelta di prediligere le carni bianche, ottima fonte di proteine, con pochi grassi e di buona qualità, una elevata digeribilità e un ragionevole apporto calorico», continua il pediatra. Tra gli altri alimenti proteici vengono proposti più frequentemente formaggi (il 33% delle mamme da 3-4 volte a settimana a tutti i giorni), molto meno legumi e pesce (in media 1,5 volte a settimana). «È importante la giusta rotazione degli alimenti proteici, proponendo pesce, carne e legumi ognuno almeno 3 volte a settimana. I restanti giorni si

“La carne viene promossa e compare nel menu in media 3 volte a settimana, con una spiccata preferenza per il pollo, unica tipologia di carne ad avere la piena fiducia delle mamme e a non aver subito sensibili riduzioni dei consumi, dopo l’allarme OMS sui possibili rischi legati al consumo di carni rosse e trasformate”

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possono alternare uova, prosciutto o formaggi (1-2 volte a settimana al massimo)» conclude Morino. E, se è vero che le verdure sono il tasto dolente, ecco arrivare in soccorso SONIA PERONACI, cuoca e food blogger, con le sue “ricette tranello”, semplici escamotage per far digerire le verdure ai bimbi dal gusto più difficile. «Giocate con le forme e stravolgetele: se un bimbo storcerà sicuramente il naso di fronte ad un piatto di petto di pollo con verdure, non potrà resistere ad un bruco di polpette di pollo che striscia su un letto di crema di spinaci o broccoli. Disegni e decorazioni nel piatto attraggono maggiormente i piccoli. Certo, aumenta il tempo trascorso in cucina, ma ne varrà la pena!» Quanto è buona la cotoletta di pollo: sana, sicura e made in Italy Il pollo piace al 93% dei bambini: a conquistarli sono soprattutto la cotoletta (piace molto al 57%) e il pollo al forno (massimo grado di apprezzamento per il 51%). Seguono crocchette (47%) e scaloppina in padella (41%). Ma il pollo è un alimento che convince anche le mamme, che gli riconoscono indiscutibili proprietà nutrizionali e plus, ed è quindi premiato dai consumi (+4% nel 2015). Tuttavia, 1 mamma su 2 vorrebbe approfondire il tema sicurezza: il 49% delle mamme ritiene infatti (a torto) che la carne di pollo contenga ormoni, mentre il loro utilizzo è illegale e non c’è alcun rischio di trovarli. Il 37% delle mamme (il 49% delle over 45) ritiene invece che il pollo contenga residui di antibiotici, mentre i controlli sanitari confermano che nei polli italiani non c’è alcun residuo pericoloso per l'uomo. «Il pollo che consumiamo in Italia» spiega LARA SANFRANCESCO, direttore UNAItalia «è un prodotto sano, sicuro e made in Italy: il 99% del pollo che mangiamo in Italia è nato, allevato, macellato e confezionato nel nostro Paese. Il vero problema è che su alcuni argomenti resistono pregiudizi e antiche convinzioni dure a morire». (Fonte: UNAItalia www.unaitalia.com)


MERCATI

Ancora in crescita il mercato delle salse di Denis Valdemarin

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lla fine di un 2015 che ha visto il grocery (l’insieme di prodotti alimentari, toiletry e cura casa) e il comparto del food confezionato (+0,6%) in leggera ripresa, le salse sono risultate sostanzialmente in linea come risultati: +1% di crescita di fatturato e stabilità nei volumi. È comunque da segnalare come questa categoria sia sempre stata in crescita negli ultimi tre anni, con un +1% nel 2014 (anno negativo per l’alimentare) e un +3,5% nel 2013. Nell’ultimo anno, la crescita delle salse è stata spinta dall’area 1 (Nord-Ovest) che ha registrato un aumento di fatturato del 3%, grazie a un lieve aumento dei volumi e soprattutto al contributo dei prezzi (+2%). È risultata positiva anche l’area 2 (Nord-Est), seppure su livelli inferiori. Questi trend sono in linea con il grocery, dove si osserva la migliore performance del Nord Italia (legato alla più veloce ripartenza del ciclo economico), mentre rimane più in sofferenza l’area 4, l’unica ad evidenziare una flessione (–0,9 a volume, –1,8 a valore) pure a fronte di un elevato e crescente sostegno promozionale (in crescita dai 37 ai 39 punti). Considerando invece i canali distributivi, in termini di fatturato sono risultate positive le grandi superfici (iper e super), in particolare gli iper (+2,1%) che hanno puntato ulteriormente su un’amplissima scelta assortimentale per il consumatore (passando dalle 77 alle 79 referenze) e che hanno supportato la categoria con un sostanzioso sostegno promozionale (vicino al 33%). Anche i supermercati hanno incrementato la gamma di referenze e ne hanno beneficiato di conseguenza (+1,3% di fatturato).

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Infine, si segnala la crescita rilevante del discount (+5,1% a valore), un risultato più elevato del totale grocery (+4.2%) dipeso sia dalla maggiore varietà di prodotti, sia dalla risalita dei prezzi. Da ultimo, sono state in lieve calo di fatturato le superfici più piccole, i liberi servizi e i negozi tradizionali (rispettivamente –2% e –5%). Sul calo ha pesato la concorrenza delle grandi superfici e dei discount, che hanno puntato su un assortimento maggiore e hanno offerto prezzi inferiori, oltre alla riduzione numerica legata alle chiusure dei negozi, in particolare dei liberi servizi (–8%). Piacciono le nuove proposte Nell’ultimo anno la categoria è stata sostenuta principalmente dalle salse da contorno (+6% in fatturato), grazie alla crescita di tipologie come la barbecue, la tonnata e la messicana. La buona performance è legata all’aumento assortimentale e al maggiore sostegno (anche pubblicitario) all’utilizzo di nuovi tipi di salse rispetto alle tradizionali, impiegando anche la leva promozionale e di riduzione dei prezzi per “invogliare” lo shopper alla prova dei prodotti. I prodotti più tradizionali sono stati invece poco dinamici: su livelli migliori il segmento principale della maionese (+0,4%), che è rimasto quello con maggiore utilizzo promozionale (33%), mentre è stato in calo l’altro segmento importante, il ketchup, sia nei volumi (–2%) che nei fatturati (–1%) nonostante la spinta promozionale rilevante. Negativa invece la senape (–6% a volume e –4% a valore), un segmento tradizionale e poco promosso, che potrebbe aver risentito anche del forte calo di una categoria com-

Pork ribs con salsa barbecue. plementare come i würstel (–9%), che hanno mostrato un trend in sensibile sofferenza. Infine, il piccolo segmento delle salse dressing, cresciuto solo a volume (+6%) con un prezzo medio più basso (–7%) legato all’aumento distributivo nei discount e all’aumento sensibile delle promozioni che si sono portate oltre il 20%. In un anno ancora poco dinamico, la leva principale è stata la crescita assortimentale focalizzata sul segmento delle salse da contorno, con il sostegno alla prova di nuovi gusti e modalità di utilizzo diverse (es. salsa barbecue). Infatti le salse contorno offrono un’ampia scelta di gusti (in continuo aumento sugli scaffali) anche più “appaganti” e diversi dal solito per il consumatore, ma sarà importante che le aziende sostengano l’utilizzo frequente del prodotto in modo che i consumi ne beneficino nel tempo. (Fonte: Nielsen Italia www.nielsen.com)

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FORMAZIONE

La Qualità Verificata di AZOVE dal Veneto alla Puglia di Elena Benedetti

L

o scorso 21 aprile AZOVE, Soc. Agr. Coop. Organizzazione Produttori, ha organizzato un seminario formativo per gli operatori addetti alla vendita delle carni dell’insegna Simply. Destinazione del viaggio la Puglia e più precisamente Rutigliano, in provincia di Bari, per incontrare i dirigenti e gli addetti banconisti di Apulia Distribuzione. Una realtà importante per l’economia pugliese L’azienda fa capo ai fratelli SGARAMELLA, presenti nel settore del commercio all’ingrosso fin dagli

anni ‘80 e dal 2001 a capo di questo progetto, finalizzato ad intercettare l’evoluzione del commercio da tradizionale a moderno, che ha preso il nome di Apulia Distribuzione. Nel 2004, grazie ad un accordo di master franchising siglato con il Gruppo Auchan, Apulia ha sviluppato una rete commerciale di vendita al dettaglio sul territorio utilizzando i marchi Simply, Ipersimply e Puntosimply. Oggi Apulia Distribuzione è uno dei principali operatori della distribuzione organizzata del Sud Italia e conta su una rete di oltre 300 punti vendita in Puglia, Basilicata, Calabria e Molise, che occupano 2.000 dipendenti.

Perché la carne veneta di AZOVE «Acquistiamo carne in osso, disossata, lavorata e anche confezionata», mi dice MICHELE LEONE, della direzione commerciale, mentre la sala formazione inizia a riempirsi con i partecipanti del seminario. «Con la carne veneta di AZOVE, garantita da una tutela in più che è il marchio Qualità Verificata, riconosciuto e promosso dalla Regione Veneto, abbiamo riscontrato ottimi risultati sia nei nostri franchising, sia nei punti vendita diretti», aggiunge Leone. I motivi di questo successo? «AZOVE ci garantisce un prodotto costante e con tutte le caratteristi-

Maria Teresa Abruzzese e Michele Leone, il prof. Carlo Sgoifo Rossi, Francesco Giordano e Giuseppe Borin.

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che che ci richiede il cliente, in termini di qualità, sapore e tenerezza», precisa il manager di Apulia Distribuzione, che sottolinea anche l’importanza del servizio al cliente e la capacità di adattarsi alle sue esigenze. L’incontro viene aperto da MARIA TERESA ABRUZZESE, respon-

sabile Risorse umane e a capo dei progetti formativi dell’azienda. La parola passa quindi a GIUSEPPE BORIN, direttore di AZOVE, che sottolinea la realtà dell’OP Veneta, «una vera filiera corta e controllata che va dal produttore al consumatore, che ha fortemente a cuore il benessere

degli animali allevati. All’interno di Apulia Distribuzione ci sono oggi 25 punti vendita che hanno aderito a QV-Qualità Verificata, il marchio di qualità finalizzato a produrre e, soprattutto, garantire una carne bovina ottenuta nel rispetto di un rigido disciplinare di produzione».

In alto: desk con materiale informativo su QV Qualità Verificata. In basso: l’apertura del seminario formativo sulla filiera delle carni di AZOVE con i banconisti e i venditori di carne di Apulia Distribuzione, nella sede centrale di Rutigliano (BA).

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Focus sulla comunicazione «Il consumatore oggi vuole essere informato sull’intera filiera. Non possiamo più permetterci di essere sul mercato con un prodotto indifferenziato», aggiunge il direttore di AZOVE, sottolineando che la differenziazione viene così fatta con una qualità aggiunta e percepita. I bovini allevati nelle aziende agricole degli associati in Veneto sono per la maggior parte di origine francese, ma da oltre una anno è stata avviata anche una produzione nazionale, con bovini nati in Sicilia e altre regioni, e poi allevati in Veneto. Un po’ di chiarezza sul fronte dei tanti (troppi) allarmismi Molto efficace è stata la relazione di CARLO SGOIFO ROSSI, professore ordinario del Dipartimento di Scienze Veterinarie di Milano, che agli operatori di Apulia Distribuzione ha spiegato l’excursus “isterico” dell’informazione mediatica sul rapporto OMS dello scorso fine ottobre, che tanto ha danneggiato

il comparto. «La valutazione del rischio pubblicata dallo IARC si è basata su un’indagine epidemiologica fondata su una ventina di studi selezionati tra oltre 800», ha detto Sgoifo Rossi. «Questi 20 studi erano caratterizzati da consumatori di carne con abitudini al consumo diverse, provenienze diverse, carni allevate in modo diverso». Interessante anche la prospettiva diversa con la quale il professore ha inquadrato il tema della comunicazione: «noi Italiani mangiamo mediamente 385 grammi di carne alla settimana e il livello ottimale — secondo la rivista scientifica LANCET — è di 500 grammi. Già dire che tu individuo puoi mangiare fino a 500 grammi di carne alla settimana mette una certa ansia! Ecco, l’informazione dovrebbe essere totalmente diversa, e spronare al consumo delle dosi consigliate». Anche l’approfondimento sulla qualità della carne è stato un tema particolarmente seguito dal pubblico di operatori.

Carlo Sgoifo Rossi ha ricordato che i fattori determinanti, a livello qualitativo, sono l’età dell’animale, l’alimentazione e le buone pratiche d’allevamento che garantiscono un elevato standard di benessere nell’accrescimento. «Nell’età ridotta, che AVOZE pone sotto i 22 mesi, la carne mantiene un bel colore rosso brillante e inoltre la texture è caratterizzata da una quantità inferiore di collagene che si traduce in maggiore tenerezza e fibra più fine». Nell’incontro è stato anche presentato un folder da distribuire ai consumatori, che illustra i valori nutrizionali della carne bovina, i contenuti del disciplinare Qualità Verificata e come riconoscere la qualità della carne. Elena Benedetti Nota Per informazioni e approfondimenti: • www.apuliadistribuzione.it • www.azove.it


BENESSERE ANIMALE

Benessere animale in etichetta: il modello britannico di Alfonso Camassa e Angelo Quaranta

L’

interesse e l’attenzione dei consumatori nei confronti del benessere degli animali, specialmente di quelli coinvolti nelle filiere produttive, hanno raggiunto livelli davvero importanti, tanto da influenzare non poco le tecniche di allevamento moderne, risultando anche determinanti nell’ottenimento di un discreto successo sul mercato. Ma come possono gli allevatori far conoscere ai consumatori i propri sforzi organizzativi e finanziari affrontati per produrre in modo etico e sano? E come possono i consumatori riconoscere i prodotti (carne, latte, uova,

ittici e relativi derivati) ottenuti da animali allevati in modo totalmente etico e privo di stress, in allevamenti aventi caratteristiche peculiari tali da permettere la libera espressione dei comportamenti naturali di specie? Chi garantisce i consumatori riguardo all’ottimale qualità delle tecniche di allevamento? Nel Regno Unito i consumatori e gli allevatori, grazie ad un illuminato e costante impegno, hanno trovato già nel 1994 le risposte a queste importanti domande. Prima di descrivere dettagliatamente lo specifico “meccanismo di tutela” inglese, è utile analizzare il point of

view della popolazione britannica nei confronti degli animali e del loro benessere. Era il 1824 quando un gruppo di politici di varie fazioni fonda a Londra, esattamente nel pub Old Slaughter’s Coffee House, un’organizzazione chiamata “Society for the Prevention of Cruelty to Animals” (SPCA) inizialmente impegnata nel migliorare le condizioni di vita degli animali da lavoro, sport e servizio (cavalli da traino militari o di trasporto pubblico); l’iniziativa piace molto all’allora regina Vittoria, monarca di indiscutibile progressismo culturale e molto ben voluta dai

Nel Regno Unito gli allevatori di bestiame già dai primi anni ‘90 hanno trovato il modo di rendere ben visibile sulle confezioni dei prodotti gli sforzi affrontati per migliorare le modalità produttive in termini di benessere animale (photo © newstatesman.com).

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suoi sudditi, che nel 1840 rende la suddetta società onorata del Royal Status, modificandone il nome in “Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals” (RSPCA), ancora oggi operante con grande successo (www.rspca.org.uk/home). Da allora RSPCA ha lavorato costantemente ed ininterrottamente, ampliando le sue competenze e tutele, tanto da arrivare al 1994 (momento successivo all’epidemia BSE) quando, grazie ai recenti lavori scientifici relativi al benessere animale negli allevamenti, pubblica un marchio da etichetta RSPCA Assured (www.rspcaassured.org.uk) che tutela il consumatore, garantendogli che il prodotto deriva da un animale allevato secondo direttive dettate dalla RSPCA e controllate quotidianamente sul campo dai propri ispettori. Chiunque può consultare i welfare standards in allevamento, suddivisi per specie e attitudine (science.rspca.org. uk/sciencegroup/farmanimals/ standards). Accanto a questo rigido marchio di tutela del benessere, nel 2000 viene fondato il Red Tractor Food Assurance (www.redtractor.org. uk), ente di controllo e tutela delle qualità e degli standard produttivi in agricoltura. Il Red Tractor quindi, rispetto alla RSPCA, tutela il consumatore non solo in merito al benessere animale in allevamento e durante la macellazione, ma anche

La Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA) è un ente che opera in Inghilterra e nel Galles promuovendo il benessere degli animali fin dal 1824. in merito alla tracciabilità delle filiere, all’impatto ambientale dei residui, all’utilizzo dei fertilizzanti e al corretto management degli alimenti destinati agli animali da produzione. Anche in questo caso sono facilmente consultabili gli standard qualitativi previsti da Red Tractor, suddivisi per specie e attitudine produttiva (assurance. redtractor.org.uk). È facilmente immaginabile che gli allevatori e le aziende che dispongono dell’autorizzazione

di utilizzo di questi loghi trovano più facilmente sbocchi di mercato (soprattutto nella grande distribuzione), e possono affacciarvisi con prezzi superiori rispetto alla concorrenza, certi che il consumatore medio è assolutamente consapevole del significato dei due diversi marchi, ed è perciò disposto a pagare un prezzo leggermente più alto pur di consumare, in maniera etica garantita, prodotti ottenuti nel pieno rispetto del benessere animale.

Il benessere animale sul packaging Brocéliande non è solo il nome della foresta bretone citata nelle leggendarie storie su Re Artù e mago Merlino. Si tratta infatti di una marca che rappresenta oltre 300 allevatori riuniti in una cooperativa, la Cooperl Arc Atlantique, che hanno fatto del benessere animale il loro punto di forza. Dal 2014 Brocéliande propone una serie di salumi affettati e di carni suine, ottenuti da carni lavorate da animali allevati in Francia, alimentati con mangimi no OGM e senza uso di antibiotici, con la massima attenzione verso il benessere animale. Quest’ultimo è messo ben in evidenza sul packaging dei prodotti distribuiti presso 1.200 punti vendita della GDO francese (a lato, una confezione di prosciutto cotto. Si noti lo slogan “Il prosciutto ben allevato” e i colori che rimandano ai pascoli e alla natura). >> Link: www.broceliande.fr

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Un veterinario (pugliese) in Gran Bretagna

Alfonso Camassa, originario di Taranto, attualmente vive e lavora a Salisbury nello Wiltshire in Inghilterra.

In alto: il marchio RSPCA Assured tutela il consumatore, garantendogli che il prodotto deriva da un animale allevato secondo direttive dettate dalla RSPCA. In basso: il Red Tractor Food Assurance è un ente di controllo e tutela delle qualità e degli standard produttivi in agricoltura. Nel mercato italiano e nelle sue importanti filiere produttive manca un analogo sistema di garanzia: sarebbe auspicabile, pertanto, che aziende o enti, sia pubblici che privati, comincino ad intraprendere un percorso di registrazione di un protocollo etico delle produzioni, una sorta di “marchio di qualità etica”, che verrebbe senza dubbio

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accolto con estremo favore dalla platea dei consumatori, sempre più consapevole e attenta ai temi etici. Alfonso Camassa Endell Veterinary Group Ltd Salisbury, Wiltshire UK Angelo Quaranta Dipartimento di Medicina veterinaria Università di Bari

Alfonso Camassa, medico veterinario, è in Inghilterra dal 2015. Nei primi mesi dello scorso anno ha lavorato per l’agenzia governativa Food Standard Agency come veterinario ispettore carni (Vet Meat Hygiene Inspector) in impianti di macellazione carni rosse ad alta capacità (65 capi/ora), per poi passare al Farm Department del gruppo Endell Veterinary Group. Questa è un’azienda di servizi veterinari a 360 gradi operante in quattro differenti regioni del South West. Camassa vi opera in qualità di Official Veterinarian per la gestione delle profilassi delle malattie infettive di Stato e come Veterinarian Surgeon per il servizio clinico, non tralasciando comunque le attività di ricerca.

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RAZZE

Razze bovine autoctone a rischio di estinzione

La vacca delle Quattro Province e il difficile recupero della Varzese in Lombardia di Nunzia Manicardi

N

el territorio delle Quattro Province era molto diffusa, fino a qualche decennio fa — mentre oggi è addirittura a rischio di estinzione — la vacca montagnina, che assume varie denominazioni locali a seconda dell’incrocio a cui è sottoposta, ma che, sostanzialmente, è la stessa specie di animale definita scientificamente come Varzese, Tortonese o Ottonese. Quattro Province per quattro (e anche cinque) Regioni Questa è una vacca presente non solo in quattro diverse province, ma anche in quattro diverse regioni italiane, dato che con il toponimo di

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origine piuttosto recente di Quattro Province si intende quella porzione dell’Appennino ligure compresa nelle province italiane di: • Alessandria, in Piemonte (Val Curone, Val Grue, Valle Ossona, Val Borbera, Val Sisola, Valle Spinti, media Valle Scrivia); • Genova, in Liguria (alta Valle Scrivia, alta Val Trebbia, alta Val d’Aveto, Val Fontanabuona); • Pavia, in Lombardia (Valle Staffora, alta Val Tidone); • Piacenza, in Emilia-Romagna (alta Val Trebbia, Val Boreca, bassa Val d’Aveto, media Val Tidone, Val Luretta). In realtà però le province, a ben

vedere, salgono a cinque, poiché essa è presente anche in Toscana. A seconda dell’incrocio e delle località di diffusione cambiano non soltanto il nome ma anche alcune caratteristiche fisiche. Si passa così dal biondo verso il Tortonese al rossiccio in alta Val Trebbia, dando origine nel complesso alle varietà della Varzese (a Pavia), Ottonese (a Piacenza), Pontremolese (in Toscana), Cabellotta o Rossa Montanina (a Genova) e Tortonese (ad Alessandria), a cui si può aggiungere pure la Bobbiese (sempre in Lombardia) anche se, più sbrigativamente, questa vacca in dialetto viene chiamata semplicemente Biunda (Bionda).

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Cambiano anche le dimensioni, più che altro per il tipo di alimentazione (e la possibilità di trovarne!) e il grado di consanguineità dovuto alla collocazione geografica che, per via del territorio montano, certamente non agevolava gli incroci. L’animale più grande era forse quello allevato in Val di Nizza e nella zona di Bobbio (Bobbiese), il più piccolo in Val Boreca. Tutti i vari ecotipi derivavano dal ceppo tortonese, caratterizzato dal mantello colore fromentino, vale a dire del frumento, cultivar S. Pastore, tipico degli animali rustici e selvatici. Si può parlare, sintetizzando, di numerose “razzette” oggi riunite in un unico nucleo o razza.

“La razza bovina Varzese — o Tortonese o Cabannina o Montana o Cabellotta — è un patrimonio delle valli dell’Appennino delle Quattro Province, vale a dire quella porzione dell’Appennino ligure compresa nelle province italiane di Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza”

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Fu Annibale ad introdurla? Secondo le fonti storiche la presenza di vacche fromentine in territorio italiano sarebbe documentata fin dall’età romana. Ma come sarebbero arrivate sul nostro territorio? La maggioranza degli studiosi sostiene che ciò sarebbe avvenuto al seguito del generale cartaginese ANNIBALE, al tempo delle guerre puniche, quando, all’inizio del III secolo a.C., egli valicò le Alpi provenendo dall’odierna Tunisia attraverso Spagna e Francia per andare alla conquista di Roma e portandosi dietro non solo gli elefanti, ma anche mandrie di bovini che servivano per l’alimentazione e il lavoro. Siccome poi nel Piacentino (Val Trebbia) dovette accamparsi a lungo perché fu fermato dall’accanita resistenza locale, ciò spiegherebbe la diffusione delle vacche a partire da quella zona, oltre al fatto che sia in Spagna che sui Pirenei esistono tuttora razze simili. Seguendo le ipotesi suggerite da quest’ultimo dato, l’introduzione potrebbe anche essere dovuta ai Liguri, allora ampiamente diffusi dall’Appennino settentrionale fino alla Spagna, lungo tutto il litorale. In tempi più recenti, intorno al VI secolo d.C., sarebbero stati i nuovi arrivati Longobardi a favorire, sia pure indirettamente, l’incrocio fra la razza già presente e le altre portate al loro seguito (che, in base alle fonti storiche, erano sicuramente

di colore fromentino), dando così origine alle varie “razzette” successive. Altre testimonianze attestano inoltre l’intenso incrocio avvenuto in passato con la razza Reggiana. Un “latte diverso” e migliore Un tempo la Varzese era classificata come razza a triplice attitudine (latte, carne e lavoro), classificazione che oggi è scesa soltanto a due (latte e carne) poiché i lavori agricoli da tempo non si svolgono più con la trazione animale. Ha il mantello, come già detto, tipicamente del colore del frumento; la taglia è media (altezza al garrese nei tori 130-145 cm, nelle vacche adulte 120-135 cm); le corna sono a forma di lira, dirette verso l’alto e ripiegate all’indietro, di colore giallognolo sino ai due anni, per divenire poi di color ardesia in punta con riflessi madreperlacei. Molto longeva, può arrivare fin quasi ai venti anni di età. Presenta anche il vantaggio di nutrirsi con quello che c’è, accontentadosi dei foraggi tipici delle zone appenniniche più povere, impervie e climaticamente ostiche, dove pascola con assoluta tranquillità. Questa razza produce una discreta quantità di latte, da 1.500 a 3.100 litri all’anno, che viene utilizzato per la produzione di formaggi tipici locali quali il Montébore, la Formaggella di Menconico e il Nisso, rivestendo perciò un’importanza di marketing territoriale piuttosto significativa per quanto marginale. È un latte di elevata qualità, più ricco di altri per quanto riguarda l’apporto di grassi e proteine, avendo in media il 4% di grasso, il 3,5% di proteine e il 5% di lattosio. Ciononostante è più digeribile poiché la dimensione dei suoi globuli lipidici è minore. La carne ottenuta è giudicata a fibra morbida, ben infiltrata di grasso, di notevole sapidità. Eppure stava per scomparire… Eppure questa bella razza nostrana, che presenta tante caratteristiche positive, è stata a fortissimo rischio di estinzione e ancora oggi il pericolo non è del tutto scongiurato: è infatti passata dai 40.000 capi negli

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Esemplare di razza Varzese (photo © Medialogo, www.youtube.com). anni ‘60 fino a scendere, all’inizio del Duemila, a 50/60 capi! Il declino è iniziato negli anni ‘70, ma già prima della seconda guerra mondiale, in epoca fascista, erano stati fatti dei tentativi per attuare un miglioramento per selezione. Il disastro della guerra li ha poi spazzati via, attraverso la massiccia sostituzione della Varzese con ceppi cosmopoliti che apparivano, almeno in un primo momento, più adatti alle nuove concezioni economiche e commerciali rispetto a razze considerate di modesta importanza e di interesse strettamente locale. Fortunatamente le istituzioni più sensibili e preparate hanno cercato subito di correre ai ripari. La Regione Lombardia, per esem-

“Fondamentale per la tutela della razza è stata la sua iscrizione, nel 1985, al Registro anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione”

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pio, ha varato nel 1980 il “Piano di salvaguardia e valorizzazione del bestiame bovino Varzese” e in seguito ha organizzato convegni specifici (come La vacca Varzese nell’anno della Biodiversità, Voghera 2010, ma già altri in precedenza erano stati organizzati a Varzi nel 2003 e a Val di Nizza nel 2006). Fondamentale per la tutela della razza è stata anche la sua iscrizione, avvenuta nel 1985, al neoistituito “Registro anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione” che ha permesso, tra l’altro, l’utilizzo di tori di Varzese nelle monte, fatto questo di fondamentale importanza per tutelare il suo patrimonio genetico. Ovviamente tutto ciò non avrebbe dato risultati senza l’impegno di allevatori, accademici e appassionati tra i quali non si può non citare L. CHIERICO, L. VERARDO, B. GALMOZZI, M. MARONE, M. LONGERI, L. MOLTENI, insieme a tanti altri. Importante è stato anche il ruolo di alcuni media nazionali come la RAI che, durante la stagione 2000-2001, ha dedicato una puntata di Linea verde alla tutela della Varzese. Ma l’estinzione, nonostante tutti questi ammirevoli e importanti

tentativi, sembrava inarrestabile. Per fortuna, alla sempre crescente consapevolezza da parte delle istituzioni dell’importanza delle razze autoctone e della variabilità genetica da esse veicolate si è unita anche una sempre maggiore presa di coscienza da parte degli stessi allevatori e, non ultimi, di una fascia consistente di consumatori che ha favorito ulteriori progetti di recupero i quali, pur tra mille difficoltà di ogni genere, hanno ben presto cominciato a dare risultati di tutto rispetto e, quel che più conta, incoraggianti. Per fortuna c’è qualche recente risultato positivo Attualmente, infatti, la situazione appare notevolmente migliorata. I dati parlano chiaro: a giugno 2009 erano presenti negli allevamenti 234 capi di Varzese così distribuiti nelle diverse province: Alessandria 42, Genova 28, Milano 66, Pavia 80, Piacenza 18 (dati APA-PV). Da evidenziare la presenza di un nucleo consistente di individui anche in provincia di Milano grazie al Progetto Biodiversità promosso dalla Provincia stessa. Sono sempre numeri troppo bassi, ma se non

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altro impediscono quell’estinzione che qualche decennio fa sembrava inevitabile. La mission della famiglia Fossati nell’Oltrepò Pavese Guardiamo adesso più nello specifico che cosa succede in Lombardia. In questa regione la razza di cui ci stiamo occupando è presente nel Pavese e nel Piacentino ed è l’unica autoctona. Sul territorio interessato assume rispettivamente la denominazione di Varzese o Montana, Ottonese, Cabellotta e Tortonese. Oltre ai già citati interventi e progetti di recupero di natura più istituzionale, va valorizzato quello individuale messo in atto dalla famiglia FOSSATI nell’Oltrepò Pavese, a Casale Staffora, frazione del comune di Santa Margherita Staffora, là dove la Lombardia ormai incontra sia l’Emilia-Romagna che il Piemonte e la Liguria. Qui GIANCARLO FOSSATI e il figlio DANIELE gestiscono l’azienda di famiglia, dove Daniele anche vive con moglie e figli. Il loro progetto di recupero è reso ancora più difficile dal fatto che si trovano a oltre mille metri di quota, ma loro si impegnano senza fermarsi di fronte a nessun ostacolo per riportare sul territorio l’antico patrimonio locale della Varzese, abbinandolo al moderno obiettivo di realizzare prodotti tipici di qualità. Anche Daniele, infatti, conferma

che quello della Varzese è un “latte diverso” (in senso migliorativo), come ha dimostrato pure uno studio condotto dall’Università di Pavia. Per coniugare al meglio queste due esigenze di recupero e riproposta, i Fossati nutrono le loro vacche soltanto con fieno, mentre i vitelli vengono allevati esclusivamente con il latte materno. In progetto c’è anche la costruzione di un caseificio vicino alla stalla, di un laboratorio e di uno spaccio in cui vendere il formaggio. I contributi europei ci sono, per fortuna, anche se non molto cospicui: 200 euro l’anno per ogni capo adulto. I capi adesso sono una ventina, ma l’azienda stenta a decollare in pieno e i Fossati devono ancora fare affidamento sulle altre produzioni locali — patate e, a rotazione, grano — per tenersi almeno in pareggio. Ci si sono messe quest’anno anche le mutazioni climatiche a ostacolare la produzione del fieno locale, con la scarsità quasi totale di piogge e umidità che ne ha impedito la crescita… Insomma, i sacrifici sono tanti e continui, ma il giovane Daniele, pur avendo ricevuto proposte di lavoro altrove, non ha mai voluto accettarle. Ama la sua terra e accetta la sfida, così come continua a fare suo padre che della Varzese ha ricordi ben precisi che risalgono fino all’infanzia, quando egli stesso

le portava al pascolo. Ricorda anche le tradizioni del tempo, come quella — in occasione della festa di San Giovanni — di far rotolare a gara la “forma” sui campi prima di mangiarla. Questa “forma” era e tuttora è il formaggio tipico del paese, il San Zanino, che deve il nome proprio alla festa di San Giovanni del 24 giugno (solstizio d’estate). Allevamento, produzione casearia e tradizioni sono qui un tutt’uno, tant’è vero che padre e figlio hanno anche intenzione di svolgere ricerche sulle tradizioni casearie locali, allargando quindi sempre di più lo sguardo sul territorio. Il recupero da parte dei Fossati è iniziato nel 2001 con i primi tre esemplari presi da una cascina vicino a Pavia. In seguito si è arrivati all’attuale numero di venti, compresi tre maschi e perfino tre parti gemellari. Padre e figlio non sono del tutto soli, fortunatamente, ma associati al circuito “Terra madre, la comunità del cibo”. Essi amano l’associazionismo tra allevatori, ma non da tutti il loro progetto è capito e condiviso. Bisognerebbe, dicono, anche legare questa attività produttiva al turismo, per valorizzare le belle montagne e i tanti bei percorsi per camminare che la zona offre, ma che ancora sono troppo poco conosciuti. Tuttavia, la voglia di esserci e di continuare a farlo c’è e diventa sempre più forte, ed è ancora più ammirevole in questi territori che il grande esodo degli anni ‘60 e ‘70 ha spopolato quasi integralmente. Anche la Varzese, quassù, può aiutare a continuare a vivere. In un modo moderno, al passo con i tempi, ma in perfetto equilibro con il proprio passato. Nunzia Manicardi Azienda Agricola Aietta di Daniele Fossati Strada Provinciale 48 Fraz. Casale Staffora 27050 S. Margherita di Staffora (PV) Telefono: 339 5817228

Daniele Fossati (photo © www.mountcity.it).

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Nota A pagina 72 e 73, Santa Margherita di Staffora.

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NUTRIZIONE

Cibo o alimentazione spazzatura? di Giovanni Ballarini

I

l cibo spazzatura, espressione ricalcata dall’inglese junk food, è un tipo di cibo considerato malsano per il basso valore nutrizionale o, meglio, per lo squilibrio compositivo dovuto alla presenza di poche proteine e/o ricchezza di grassi o zuccheri. Riconducibili a questa tipologia di alimenti troviamo gli hamburger e gli hot dog, le patatine fritte, i soft drink preparati e distribuiti dall’industria, ecc… Le malattie più comuni verso cui conduce l’uso esagerato di questi cibi sono l’obesità, il diabete, le patologie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro, depressione, alterazione dei normali parametri negli esami del sangue, ecc… Fino a che punto tutto questo risponde a realtà? Un cibo può essere più o meno completo, più o meno equilibrato e non va giudicato in sé, ma riguardo all’uso che se ne fa e al suo inserimento nella dieta. Lo stesso latte, forse il cibo più naturale che esista, se usato da solo e per lungo tempo risulta deleterio. Nel passato possiamo ricordare come molti nobili inglesi abbiano contratto la gotta alimentandosi quasi esclusivamente

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di carne. Forse, allo stesso modo di hamburger e patatine, dovrebbero essere giudicati, se non proprio cibi spazzatura, per lo meno dannosi sotto molti aspetti, anche tanti cibi tradizionali italiani, come i crostini o la polenta fritta con il lardo pestato mantovani, la torta e il gnocco fritto parmigiani, reggiani e modenese accompagnati da salumi, e altri alimenti fritti e grassi, molto scarsi di proteine. In passato questi cibi non costituivano un pericolo perché usati sempre con moderazione, da chi possedeva uno stile di vita molto attivo. Cibi mangiati inoltre di preferenza in inverno, quando era necessaria avere una dieta molto calorica. Oggi i cibi grassi e ipercalorici diventano dannosi per i giovani e i giovanissimi perché ne fanno un uso smodato; e ci riferiamo soprattutto a merendine, bevande gassate, snack salati, dei quali spesso si ignorano le quantità di grassi e zuccheri che contengono. Per di più, a questo tipo di alimentazione squilibrata si associa una vita sedentaria sia per il tempo riservato allo studio o al lavoro che per quello dedicato allo svago e al divertimento.

Il divano di casa davanti al televisore e i videogiochi hanno sostituito i giochi, lo sport e anche le semplici e sane passeggiate, e sono spesso accompagnati da un incontrollato consumo di caramelle, cioccolatini, noccioline e bevande analcoliche o moderatamente alcoliche molto zuccherate. Non sono gli alimenti in sé, ma questi stili di vita i responsabili dell’obesità e del sovrappeso di molti giovani e meno giovani e dell’aumento di tante patologie ad essi collegati. Uno studio condotto da PAUL JOHNSON e PAUL KENNY dello Scripps Research Institute suggerisce che il consumo di junk food altera l’attività cerebrale, in modo simile alle sostanze stupefacenti quali cocaina

“Un cibo deve essere sano. Se non lo è, non è cibo. Non esistono cibi spazzatura, ma solo cibi resi buoni o cattivi da come sono usati”

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o eroina. Esperimenti condotti sulle cavie hanno rilevato che, se l’uso abbondante si protrae per molte settimane, la parte del cervello destinata alle stimolazioni del piacere diventa insensibile e richiede quantità sempre maggiori di cibo per ritornare sensibile. Nel 2007 il British Journal of Nutrition ha pubblicato uno studio secondo il quale le madri che mangiano junk food durante la gravidanza aumentano la probabilità di malattia nei figli e un articolo simile del 2008 suggerisce che questi bambini sarebbero più inclini all’obesità, al diabete, all’ipercolesterolemia e alle problematiche riguardanti la circolazione del sangue. Va poi precisato che spesso vengono criminalizzati (fino ad arrivare alla creazione di vere e proprie leggende metropolitane) degli alimenti senza conoscere le condizioni e le tecnologie di preparazione che stanno alla loro base. Così un hamburger preparato con carne fresca macinata e cotta alla piastra è certamente più salutare di certi fritti misti e di certe polpette preparate con gli avanzi di carne lessata e fritta in tegame! Anche se ad alcuni può sembrare paradossale, molti prodotti industriali sono più sicuri di quelli tradizionali perché preparati nel rispetto di norme igieniche rigorose, e non è un caso se gran parte delle infezioni e intossicazioni alimentari, anche in Italia, avvengono nell’ombra delle cucine di casa. Un altro fattore importante è costituito dall’apporto nutrizionale degli alimenti. Per ridurre l’uso di quelli con elevato contenuto di calorie (ad esempio, anche oltre 400-500 Kcal/g 100) l’Unione Europea, con il Regolamento 1165 del 2012, ha affermato la necessità di informare e di educare i cittadini ad un consumo consapevole degli alimenti, suggerendo loro di leggere con attenzione le etichette dove sono riportati micronutrienti, grassi, proteine ed energia dei vari prodotti. Questo avvertimento è spesso ignorato dai consumatori; così, per attirare la loro attenzione sul

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L’hamburger è una sorta di polpetta di carne macinata, schiacciata in modo da dargli una forma tondeggiante o ovale; solitamente è preparato con carne bovina, ma può essere anche di pollame, maiale, selvaggina, ecc…. È un alimento diffuso pressoché in tutto il mondo, specialmente dalle catene di fast food. La composizione varia secondo le diverse insegne, ma in generale gli apporti nutrizionali contenuti in 100 g di prodotto sono i seguenti. Energia (kcal)

240-265

Proteine (g)

12-15

Carboidrati (g)

15-30

Grassi (g)

8-16

Fibre (g)

0,8-1,0

Sodio (mg)

problema, si tentano soluzioni più o meno bizzarre e discutibili, che vanno dai semafori proposti dagli inglesi alla tassazione delle bevande zuccherate proposta dai francesi. In Italia si preferisce evocare una “dieta mediterranea”, senza però considerare che questa dieta, assolutamente ipercalorica, deve essere accompagnata da una buona attività fisica. Se esaminiamo, infatti, quella che era la dieta mediterranea giornaliera dei nostri nonni o bisnonni, più o meno comprendeva circa mezzo chilo di pane, due etti di pasta ben condita, un pezzo di formaggio, un chilo di frutta matura e almeno mezzo litro di buon vino rosso, per un totale di oltre quattromila kcal. Quasi sempre mancava la carne, per il semplice motivo che non era disponibile ai più. Una dieta che, se seguita alla lettera, oggi provocherebbe percentuali di persone obese molto superiori a quelle esistenti. Una soluzione semplice Salvo rare eccezioni non esistono “cibi spazzatura”, ma soltanto “comportamenti alimentari spazzatura” o quanto meno non equilibrati e corretti. Eppure non dovrebbe essere difficile seguire un’alimentazione corretta. La soluzione c’è, infatti, ed è molto semplice. Basta mangiare e bere moderatamente i tanti alimenti di origine vegetale e animale a nostra disposizione nei limiti delle

160-490

1.800-2.000 kcal giornaliere e fare un adeguato movimento fisico. Per il calcolo delle calorie si possono leggere le etichette che accompagnano gli alimenti trasformati. Per gli altri (frutta, verdura, carne, pane, pesce) si può ricorrere alle informazioni facilmente reperibili dai tanti siti istituzionali, come quello dell’ex INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), soppresso e assimilato al CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura). Senza dimenticare la regola validissima di mangiare solo ai pasti principali, evitando la sequela di spuntini, merende e merendine, e soprattutto adottare la saggia norma di alzarsi da tavola… con un poco di fame! Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Cenni bibliografici • JOHNSON P.M., KENNY P.J. (2010), Addiction-like reward dysfunction and compulsive eating in obese rats: Role for dopamine D2 receptors, in NATURE NEUROSCIENCE, 13(5): 635-641. • GOODWIN J. (2010), Junk food “addiction” may be real, Business Week (www.businessweek.com). • Craving for junk food “inherited” (2007), BBC News (news.bbc. co.uk). • DE NOON D.J., Moms Eat Junk Food, Kids Get Fat (2008), in CBS News (www.webmd.com).

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LA CARNE IN TAVOLA

Fritti misti con carne

Siamo nati per soffriggere di Clara Scaglioni

“F

ritta è buona anche una ciabatta”, dice un detto popolare. Questa citazione contiene una grande verità perché il fritto misto è certamente il piatto che più caratterizza la nostra cucina. Si pensi solo che all’estero è talmente conosciuto ed apprezzato da essere definito e nominato, nei vari dizionari gastronomici, con il suo nome in lingua italiana. La serie dei fritti misti, all’interno della nostra cucina regionale, è numerosa e variegata, ma, catalogati, ve ne sono almeno cinque, definiti dei “classici” nonostante le diverse caratteristiche: il fritto piemontese, il

bolognese, il fiorentino, il romano ed il napoletano. Ognuno di loro ha, al suo interno, delle varianti legate agli ingredienti di volta in volta utilizzati e alla differente tecnica scelta nel prepararli. Ciò è dovuto alle abitudini culinarie del luogo dove la carne e le verdure vengono preparate per essere fritte ed alla loro stagionalità. I classici Non c’è timore di venire smentiti se si afferma che, pur sconsigliato dai dietologi, il fritto misto è una della preparazioni più apprezzate dalla maggior parte di noi perché tra le più ricche e, in un certo senso, più

estrose e fantasiose della cucina nazionale. Va poi ricordato come ogni diverso elemento destinato a comporlo richieda, prima di essere introdotto nel grasso in cui sarà fritto (olio o burro o strutto), un’attenta e diversa preparazione. Per le carni si utilizza di solito la classica impanatura, con un primo passaggio nell’uovo leggermente sbattuto seguito da quello nella farina e poi nel pane grattugiato. Per le verdure e la frutta, invece, si prepara una pastella morbida realizzata, a seconda delle abitudini, con acqua frizzante, birra o bianco d’uovo sbattuto, miscelati ad

Fritto misto piemontese (photo © langhe.net).

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Scopri il Sapore... ...Scopri la Genuinità!

COPPIELLO GIOVANNI Tel. 049 725 596 Fax 049 893 0525 www.coppiello.it - info@coppiello.it

Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Bresaola, 2 Zucchine, 2 Carote, 1 Limone 1 Bustina di Zafferano, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, Pepe in Grano, 20 gr. Sale al Sedano.

Studio Canaletto Associato . studiocanaletto.com

Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Bresaola di Cavallo con Perle di Verdure e Salsa Zafferano Esecuzione: con l apposito scavino realizzare le perle di verdure e lessarle. Condire con un emulsione di succo di limone, olio, zafferano, pepe ed un pizzico di sale. Servire la bresaola di cavallo su un letto di rucola e guarnire il piatto.

Bresaola di Equino

Salame di Equino

Julienne Di Bresaola di Equino

Sfilacci di Tacchino

Sfilacci di Manzo

Sfilacci di Equino


Pollo fritto (photo © Con Poulos). un poco di farina, mentre, in altri casi, si utilizza la sola infarinatura. Occorre tenere ben presente che gli ingredienti necessari alla preparazione della doratura, della pastella e della impanatura non andrebbero mai troppo salati perché, essendo il sale un ingrediente che richiama l’umidità, potrebbe danneggiare la croccantezza del fritto, che va salato sempre solo quando, dopo essere stato asciugato dal grasso di cottura, sarà portato in tavola per essere servito.

come agnelli, maiale o vitello, veniva divisa all’interno della famiglia. Le frattaglie, cioè le animelle, i filoni, il fegato, le cervella, essendo di difficile conservazione, si friggevano — impanati nel pane grattugiato — nel giorno festivo successivo alla macellazione a beneficio di parenti e amici. Nato come piatto conviviale tipico dell’autunno e dell’inverno, ormai è facile trovarlo durante tutto l’anno nei ristoranti che, per mantenerne

Il fritto piemontese Il fritto piemontese, realizzato di norma con olio e burro miscelati, viene considerato un piatto di antica tradizione popolare, quando gli animali erano macellati in casa e la carne di quelli di grossa taglia,

“Gli ingredienti necessari alla preparazione della doratura, della pastella e dell’impanatura non andrebbero mai troppo salati perché, essendo il sale un ingrediente che richiama l’umidità, si potrebbe danneggiare la croccantezza del fritto”

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viva la tradizione, ne hanno fatto il loro fiore all’occhiello. La quantità e varietà di verdure, melanzane, zucchine, carciofi, fiori di zucca, e carni, come costolette di agnello, fettine di maiale, fegato di vitello, crocchette di pollo, e tanto altro che lo compone, è notevole, ma l’ingrediente che certamente lo caratterizza è l’amaretto: bagnato nel latte poi strizzato, impanato e fritto, diventa un’insolita, squisita prelibatezza.

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Fritto alla bolognese Il fritto alla bolognese si potrebbe paragonare ad un pasto completo essendo composto da pollo, tacchino, maiale, agnello, melanzane, zucchine infarinate, fiori di zucca in pastella soffice, cipolle bianche, mele, frittelle dolci di semolino e bombine di riso. Ciò che caratterizza questo fritto è il particolare utilizzo della mortadella. Il tipico salume locale, tagliato in fette piuttosto alte, impanato e fritto a mo’ di cotoletta, in tale veste è gustosissimo. Ed è ancora più invitante, quando, nelle abili mani dei cuochi bolognesi, diventa l’ingrediente fondamentale dei tipici stecchi che si realizzano alternando quadretti di formaggio Emmental, mortadella e carne avvolti in una besciamella dura. Questi mini-spiedini vengono passati nell’uovo e nel pane grattugiato e poi fritti. Certamente super calorici sono anche super gustosi! Il fritto toscano Per quel che riguarda le carni, in questo fritto sono privilegiate quelle bianche come il pollo e il coniglio, che sono marinate con olio e limone per ammorbidirle e renderle più saporite. Una volta asciugate, infarinate e passate nell’uovo sbattuto, sono fritte, mentre, nel caso delle carni rosse, come ad esempio le bracioline ben battute e le costolette di agnello, si procede all’impanatura. Le verdure sono le classiche di stagione: i carciofi, gli zucchetti, le patate e le profumate foglie di salvia. Il fritto romano Per tradizione il grasso di frittura di questo piatto doveva essere lo strutto, ma da tempo ormai si preferisce utilizzare l’olio di oliva. Tra gli ingredienti che non possono mancare ci sono le costolette di abbacchio panate insieme ad animelle, schienali, cervella e fegato di vitello. E se per la Vigilia di Natale le frittelle di baccalà sono per tradizione presenti su tutte le tavole dei romani, i carciofi, se la stagione lo consente, ci sono sempre ed accanto a questi, praticamente un simbolo della gastronomia regionale, si trovano

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anche le mele ranette. Altro fritto tipico romano è il pane raffermo, guarnito di mozzarella e acciughe, dorato e impanato, insieme alle crocchette di patate e ai supplì, detti al telefono, perché la mozzarella all’interno, con il calore, forma dei fili. Vale anche la pena ricordare quello che, nella cucina classica romana, viene definito il “fritto scelto”, composto solo di animelle e cervello di abbacchio, testicoli, schienale: è un fritto dorato passato prima nella farina poi nell’uovo. Fritto napoletano È detto nel dialetto locale frienno e magnanno, perché andrebbe fatto man mano che lo si mangia, con un rinnovo continuo delle portate e degli ingredienti serviti nei famosi cuppetielli, i classici cartocci di carta gialla capaci di assorbire l’untuosità. Gli ingredienti fritti che non debbono mai mancare sono le crocchette di patate, i panzerotti, la mozzarella in carrozza e le varie paste cresciute, insieme alle animelle, al cervello e al fegato di vitello. Una particolare cura ed attenzione viene rivolta alle verdure, che di solito sono passate in una pastella morbida per renderle ben dorate e croccanti. Ed è proprio con questa stessa pastella, nel caso ne avanzasse, che si fanno le invitanti zeppoline da servirsi con il fritto. Pancia mia… Cosa dire di fronte a tale accattivante bontà presente in tante zone del nostro territorio? Potremmo ricordarci qualche volta del detto poco elegante ma molto efficace che così suona: “pancia mia fatti capanna”, per prenderci e gustarci allora, senza rimorsi e serenamente, ma ogni tanto, questo lusso… PS: chi volesse fare una vera follia dovrebbe mangiare la cotoletta realizzata, invece che con la classica fettina di carne, con quella di zampone che si trova sottovuoto nei supermercati. Impanata e fritta risulta essere una vera e propria “bomba”… ma almeno una volta nella vita vale la pena assaggiarla. Clara Scaglioni


MACELLERIE D’ITALIA

Ricci: storia e entusiasmo verso il futuro Stefano Ricci porta avanti la sua attività ad Acqui Terme scegliendo i migliori capi di razza Piemontese da piccoli allevamenti in zona, seguendo le orme del padre e del nonno. Ai clienti propone carne fresca, meglio se maturata, dispensando consigli sull’utilizzo dei vari tagli di Riccardo Lagorio

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vapori della Bollente e la raffinata edicola di GIOVANNI CERUTTI traggono l’interesse costante di turisti, incantati dall’eruzione d’acqua sulfurea che si trasforma in nebbia impalpabile appena uscita dalle bocche delle fontane. Raccoglie invece, letteralmente a due passi, l’attenzione dei carnivori locali la

storica macelleria della famiglia Ricci, che dà sul centralissimo Corso Garibaldi di Acqui Terme. Dietro il bancone, STEFANO interpreta la terza generazione di una dinastia esperta nell’imbracciare coltelli e mannaie dopo l’omonimo nonno e il padre Bruno, macellaio con il vizietto del pedale in questa terra che ha dato i

natali a grandi ciclisti, da Giovanni Cuniolo a Costante Girardengo, fino a Fausto Coppi. Abbandonati in fretta gli studi in Economia per imparare il mestiere dal babbo, Stefano inizia subito a frequentare le colline e i borghi spopolati dell’alto Alessandrino e Astigiano alla ricerca dei migliori

Stefano Ricci dietro al banco nella sua macelleria ad Acqui Terme (AL).

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“Stefano Ricci sta cercando di abituare i consumatori all’acquisto di carne matura: da anni spiego che se vendo carne appena macellata, risulta più dura e poco gustosa, dice Stefano, quindi suggerisco l’acquisto di tagli con almeno due settimane di frollatura. Non è sempre facile poiché i clienti mangiano con gli occhi e chiedono soprattutto carne rossa”

Numerose le gualdrappe che i Ricci vantano nella macelleria, frutto di vincite ai concorsi nelle diverse categorie (manze, tori, buoi) con gli animali da loro acquistati. animali di razza Piemontese. Si affida all’esperienza di Bruno e alle parole dei contadini superstiti su questi cucuzzoli che sentono già l’odore del mare. Piccoli allevamenti, composti da due o tre capi: qualcuno cederà a un ridolino di sufficienza, ma per noi sono una cosa assai seria. E lo è anche per Stefano Ricci che ormai sa scegliere le carni migliori. Quando infatti la mandria è tanto minuscola, le attenzioni dell’allevatore nei confronti dei pochi animali si mol-

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tiplicano poiché essi rappresentano spesso l’unico mezzo di sopravvivenza. Vengono pertanto nutriti con il cibo più genuino, senza forzature, di frequente concordato tra Stefano e l’allevatore all’età di 7 mesi, che coincide pure con il momento in cui avviene l’acquisto, e protratto sino a quando il soggetto è finito, ovvero con tutte le caratteristiche che il mercato apprezza. Solitamente accade al compimento dei 15 mesi di età, ma si può protrarre sino a 22.

«I cinque agricoltori da cui ci riforniamo coltivano in proprio i componenti per la dieta dei loro animali: mais, orzo e fieno; poi crusca e fave. Possiedono anche piccoli mulini elettrici per macinare e mischiare tra loro gli ingredienti. Selezioniamo prevalentemente animali femmina poiché i clienti ne preferiscono la consistenza e la fibra, più fine. Talvolta prenotiamo anche qualche castrato, quando sappiamo che i clienti apprezzeranno carne più marezzata». Tuttavia, sui banchi della macelleria Ricci trovano quasi sempre spazio a rotazione tre capi e così era quando l’ha visitata EUROCARNI i primi giorni di gennaio di quest’anno. L’abilità di Stefano Ricci di suggerire tagli diversi per i piatti che i clienti desiderano riesce a completare la vendita di un intero capo nel giro di una decina di giorni. E, soprattutto, con non poco zelo, Stefano Ricci sta cercando di abituare anche i consumatori più riottosi all’acquisto di carne matura. «Da anni spiego che se vendo carne appena macellata, questa risulta più dura e tigliosa e principalmente poco gustosa; pertanto suggerisco l’acquisto di tagli che hanno almeno due settimane di frollatura. Non è sempre facile poiché i clienti mangiano con gli occhi e chiedono soprattutto carne rossa».

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Il banco macelleria con tagli di carne fresca. Nessun pronto da cuocere in vetrina, meglio prepararsi i piatti da soli. «Rilevai l’attività di mio padre perché credo nel lavoro artigianale del macellaio e anche se le nuove famiglie richiedono preparazioni che facciano risparmiare tempo, consiglio loro di farsi da sé il piatto. Al di là del risparmio, è un modo semplice per divertirsi in cucina» dice Stefano. Impegno coerente con le aspettative di questo ancor giovane macellaio, che si rifiuta di inserire nel suo negozio piatti preparati. «Rilevai l’attività di mio padre perché credo nel lavoro artigianale del macellaio e anche se le nuove famiglie richiedono preparazioni che facciano risparmiare tempo, consiglio loro di farsi da sé il piatto. Al di là del risparmio, è un modo semplice per divertirsi in cucina», afferma. E nel corso della visita ci siamo imbattuti anche in giovani mogli che non disdegnavano i consigli di Stefano su come cucinare parti che non avrebbero acquistato senza una corretta spiegazione. Ma in paziente attesa sulle seggiole erano presenti anche clienti con qualche anno in più sulle spalle. «Sono clienti storici, già compratori quando mio padre stava al bancone», svela Stefano. Conoscono la norma non scritta di questo locale: qualità, tradizione e genuinità. Arriva pure qualche turista olandese o svizzero, attratto dalla bellezza e dal buon cibo di queste colline. Anche in questa fetta di Piemonte il piatto di carne più caratteristico è anche quello più semplice: la battuta a coltello. «Serve carne magra di Fassona piemontese, ideale per la massa muscolare. Spesso mi viene

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chiesto di tagliare a coltello finemente la carne, che non deve essere macinata affinché le fibre non si strappino», afferma Stefano Ricci. «A casa la carne verrà condita con olio extravergine delicato, ligure o del Garda, sale ed eventualmente limone». O magari con una generosa grattata di tartufo bianco della Val Curone… aggiungiamo noi. L’attrazione per il macellaio di queste parti (e non solo) sono sempre le fiere: numerose le gualdrappe che i Ricci vantano nella macelleria, frutto di vincite ai concorsi nelle diverse categorie (manze, tori, buoi) con gli animali da loro acquistati. Come quelle conquistate a fine luglio alla fiera di San Desiderio a Monastero Bormida o a fine agosto alla fiera di San Giorgio Scarampi, nell’Astigiano, ed esposte nella macelleria. «Certo sarebbe bello un giorno poter contare su una propria stalla», sospira Stefano Ricci. Un’emozione che manifesta un futuro radioso a questa macelleria: storia e tanto tanto entusiasmo verso il futuro. Riccardo Lagorio Macelleria Ricci Corso Giuseppe Garibaldi 33 Acqui Terme (AL) Telefono: 0144322495

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MEAT BLOGGER

Il blog “Maremma che Ciccia” prosegue il viaggio alla ricerca della formula per una macelleria di successo

Ritorno al passato o ritorno… al futuro? di Andrea Laganga

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n altro mese insieme a parlare di ciccia, di macellai e di tutto il mondo meat che ci sta intorno. A maggio, su questa stessa Rivista, abbiamo parlato della figura del macellaio moderno, intervistando alcuni rappresentanti della categoria tradizionalista (LAGANGA A., Tradizione o innovazione?, in EUROCARNI n. 5/2016, pag. 85). Oggi parleremo quindi con i cosiddetti innovatori.

Chi è il macellaio innovatore per Maremma che Ciccia? Parlare di innovazione nel nostro mestiere è d’obbligo, basti pensare al reparto “gastronomia” in macelleria, dalle botteghe in cui si preparano piatti da chef ai semplici spazi dedicati nei vari negozi (chi più, chi meno), ai preparati di carne e pronti a cuocere. Innovazione significa per noi l’evoluzione indispensabile per la sopravvivenza,

dettata dalla richiesta del mercato in continuo evolversi, giorno dopo giorno. Naturalmente questo cambiamento viene recepito ed applicato in modo differente, coerentemente con la filosofia con cui conduciamo i nostri negozi. Detto ciò, parleremo con alcuni macellai che, pur sempre restando fedeli alla figura professionale di appartenenza, puntano molto sulla trasformazione della carne in creazio-

Marco Delfini col papà Roberto nella loro macelleria equina in corso della Vittoria, a Novara.

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“Il macellaio di oggi deve essere dinamico, avere i piedi nel passato e lo sguardo nel futuro, puntando sempre e comunque ad un unico obiettivo: la soddisfazione del cliente! Tutto questo lo si può fare solamente con prodotti di qualità. Con questo voglio dire che, se anche realizziamo preparati, la materia prima deve essere sempre e comunque top!”

ni artistiche tutte da gustare. C’è persino chi li definisce “pasticceri della carne”, visto l’utilizzo di vere e proprie tecniche di pasticceria, chi “artisti”, chi chiama “boutique della ciccia” i loro locali, data la cura del dettaglio e delle forme delle preparazioni. Ma c’è anche chi li definisce “non macellai”, disconoscendoli dall’appartenenza alla professione, considerandoli “deturpatori dell’anatomia animale”. Non ci resta che iniziare un nuovo viaggio su e giù per l’Italia: partendo dal Nord, a Novara incontreremo il giovane MARCO DELFINI, che riesce a trasformare le carni equine in creazioni che colpiscono l’occhio e il palato; passeremo poi da Genova a salutare un vero amico della ciccia, il grande CARLONE, e qui conosceremo il suo mondo del cake design abbinato alla carne. Scenderemo quindi al Sud, fino a Bari, dove conosceremo MICHELE

dell’omonima macelleria Rizzo, il quale, pur mantenendo vive le tradizioni dei genitori, “gioca” con la carne creando sfiziose innovazioni per il gusto dei propri clienti. Approderemo infine nella Sicilia di SALVATORE CANONICO, macellaio di Siracusa dai mille preparati di carne. Marco Delfini, il creativo della carne equina Chi è per te il macellaio di oggi? «Sono cresciuto nella macelleria di famiglia e nei miei quindici anni di lavoro posso dire che la professione è radicalmente cambiata. Noi lavoriamo solo carni equine e asinine, limitando così già il target di clientela. Ma le richieste oggi sono totalmente diverse e secondo noi il macellaio deve stare al passo con i tempi. Vengono sempre più ricercati prodotti pronti, veloci e sfiziosi, e siamo passati così da una

«Eccomi qui con il mio nuovo apprendista Simone, in cui ripongo una grande fiducia, e “la” mio braccio destro Andrea», dice il macellaio genovese Carlone. Afferma di non essere “figlio d’arte” (è figlio di fornai) e di essere approdato tardi nel mondo della carne, ma il suo entusiasmo per questo lavoro è totale.

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tivo. Chi vuole intraprendere questo lavoro deve conoscere i sacrifici che implica questo mestiere, nel quale le ore di lavoro non si contano! Detto questo, posso dire che grazie a questa professione si possono avere grosse soddisfazioni!». Carlone di Genova: il dinamico della ciccia re del “cake design” di carne

Michele Rizzo nella sua “bottega” di Giovinazzo, in provincia di Bari. macelleria tradizionale ad una gastro-macelleria. Nel quotidiano cerchiamo di rispondere alle esigenze lavorative associando la tradizione e la tipicità delle carni equine alle novità del prodotto pronto, dedicando sempre di più lo spazio di vendita a nuovi preparati di alta qualità, facili e veloci da cuocere e, al contempo, originali e appetitosi». Come si prepara un macellaio all’“innovazione”? «Negli ultimi anni ho partecipato a diverse fiere e corsi dedicati al mondo della macelleria moderna, rielaborando e affinando le tecniche nuove alle richieste della nostra clientela. I social oggi sono molto di aiuto, favoriscono il confronto con i colleghi di tutta Italia e ti forniscono spunti su nuove tecniche e preparati. Sta però a noi rielaborarle con la fantasia, rendendole uniche con creatività e una “firma” personale». Qual è la tua ricetta per avere successo nel campo dell’“innovazione” in macelleria? «Bisogna rinnovarsi continuamente, senza dimenticare le nostre origini, da dove siamo partiti. Il mestiere del macellaio moderno parte dalla scelta degli animali per arrivare alla creazione del prodotto da servire in tavola, pronto e innova-

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Chi è per te il macellaio di oggi? «Non sono figlio d’arte e devo confessare che la passione per questo mestiere è nata in me molto tardi, quando, dopo aver orbitato tra esperienze universitarie e il lavoro nel forno di famiglia, sono approdato nel mondo della ciccia con l’entusiasmo che il mio maestro macellaio ha saputo trasmettermi. La mia è una macelleria molto piccola, ma cerco il più possibile di arricchirla con una grande varietà di scelta, offrendo vitelloni piemontesi, scottone bavaresi, maiale emiliano, pollame piemontese… Tutta materia prima di altissima qualità! La nostra specialità sta però nel preparare più di ottanta ricette di “pronto cuoci” dalle più svariate caratteristiche, differenziandoci da tutti con le specialissime torte di carne a tema realizzate con il cake design (Carlone è stato il primo a creare una torta fatta esclusivamente con la carne, Nda) secondo le più svariate e numerose richieste dei miei adorati clienti». È cambiato il modo di lavorare negli ultimi anni? «Se devo essere onesto, non trovo grandi differenze, forse perché già quindici anni fa noi facevamo molti preparati ed eravamo sempre alla ricerca di nuove tecniche di lavorazione. Il quartiere dove si trova la mia macelleria è molto vivo e i nostri clienti sono molto variegati: da noi entra la classica massaia che fa grandi spese cucinando in casa, il giovane masterchef, l’amante della griglia, la donna che lavora e che ha poco tempo per preparare i piatti, il vedovo, l’inesperto… Per cui le richieste sono le più disparate, passando dalla classica fettina alla

Raffaele Canonico nella sua macelleria a Siracusa. torta cake design di ciccia, e il nostro compito è quello di cercare di accontentare tutti offrendo il meglio di noi stessi». Qual è la tua ricetta per avere successo nel campo dell’“innovazione” in macelleria? «Il macellaio di oggi deve essere dinamico, avere i piedi nel passato e lo sguardo nel futuro, puntando sempre e comunque ad un unico obiettivo: la soddisfazione del cliente! Tutto questo lo si può fare solamente con prodotti di qualità. Con questo voglio dire che, se anche realizziamo preparati, la materia prima deve essere sempre e comunque top! Un consiglio: provate a fare dei preparati, anche se siete dubbiosi. Almeno non rimarrete con il dubbio. Un altro consiglio che mi sento di dare riguarda l’atteggiamento verso i giovani che vogliono imparare: se veramente trovate una “bella persona” che sembra innamorato del nostro splendido mestiere, beh non fate in modo che incominci ad odiarlo e stategli vicino». Michele Rizzo: tradizione mantenuta creando “innovazioni” Chi è il macellaio di oggi? «Anche se non lavoro con la mia famiglia, la mia è una passione che

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si tramanda da padre a figlio. Nella mia bottega affacciata sul mare di Giovinazzo, in provincia di Bari, lavoriamo carne bovina, equina, suina, ovina, pollame, realizzando insaccati con suini nazionali di altissima qualità senza aggiunta di conservanti. Il nostro lavoro è cambiato molto negli ultimi anni. Prima si lavorava solo sulla classica fettina, ragù, soffritti e preparati semplici come gli hamburger. Ora invece la carne viene trasformata in preparati pronti da cuocere in pochi minuti, per soddisfare le richieste della clientela, mantenendo però la massima qualità e genuinità dei prodotti». Come si prepara un macellaio all’“innovazione”? «Il giorno che decisi di appassionarmi ai pronti a cuocere, frequentai per prova il primo corso di preparati con un’azienda del settore. Grazie a questa esperienza, in me si “scatenò” un forte desiderio di rinnovamento. Da lì è nato un nuovo percorso: abbiamo formato un gruppo con colleghi di tutta Italia per crescere insieme in questo mondo allora nuovo per tutti. Oltre a una forte amicizia, vera e sana, abbiamo creato una rete di scambio di idee e innovazioni da testare e offrire al pubblico. Tutto questo serve al macellaio di oggi, perché il nostro mestiere ha il dovere di “adeguarsi” alle esigenze delle nuove generazioni, facendo trovare loro sempre idee stuzzicanti nel rispetto del mangiare sano».

Quale è la tua ricetta per avere successo nel campo dell’“innovazione” in macelleria? «Ai miei colleghi dico di non abbandonare la tradizione realizzata dai loro genitori, ma nello stesso tempo di creare prodotti innovativi utili per stare al passo con il tempo. La mia ricetta per una macelleria di successo? L’atmosfera, la passione per il lavoro, la ricerca del “meglio” e la cura per il cliente». Salvatore Canonico: il siciliano dai mille preparati Chi è per te il macellaio di oggi? «La mia storia nel mondo della carne inizia all’età di 11 anni, quando, aiutavo il macellaio della bottega di fronte a casa mia come garzone. La mia è una storia di passione, che man mano è cresciuta sempre più, fino a quando, a 24 anni, ho deciso di aprire la mia macelleria ad Avola, in provincia di Siracusa. Dall’esperienza di trenta anni di lavoro, posso dire che il nostro mestiere è cambiato. Oggi le persone tendono a risparmiare di più, preferendo il prezzo alla qualità. Il macellaio, però, ha il dovere di restare “attaccato” alla qualità che la professionalità e le caratteristiche del nostro lavoro ci impongono, cercando però di stuzzicare in tutti la voglia di entrare nelle botteghe».

“veloce da cucinare”, “buono e sfizioso” sono le richieste che ogni giorno ci vengono rivolte, regole dettate dalla vita frenetica e dai tempi ristretti del lavoro. La nostra forza sta nel cercare di accontentarli il più possibile, offrendo svariati “pronti cuoci” dalle mille forme e colori, che attirino l’occhio e stuzzichino il palato, cercando, se possibile, di mantenere il giusto rapporto tra qualità e prezzo. Questo modo di essere, nella mia macelleria, lo abbiamo sposato in pieno. Da noi troverete solamente una vasta scelta di “pronto cuoci” e tagli pregiati di carne». Qual è la tua ricetta per avere successo nel campo dell’“innovazione” in macelleria? «La mia ricetta si basa solamente su poche parole: cercare di capire ciò di cui il cliente ha bisogno, qualità del prodotto, stuzzicare l’appetito, e giusto prezzo. Naturalmente tutto ciò va fatto con passione». Andrea Laganga Macellaio e blogger www.maremmacheciccia.com

Quale sono le “armi” a disposizione del macellaio innovativo? «Dobbiamo riuscire a capire quali sono le esigenze dei clienti:

Le macellerie Macelleria equina Delfini C.so della Vittoria 4/A 28100 Novara Telefono: 331 9548575 E-mail: macelleriaequina@libero.it Macelleria Da Carlo Corso De Stefanis 53/R 16139 Genova Telefono: 010 870968 FB: Macelleria da Carlo

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Macelleria Rizzo Via Molfetta 12 70054 Giovinazzo (BA) Telefono: 080 3942513 Macelleria Del Corso di Salvatore Canonico Corso Garibaldi 153 – 96012 Avola (SR) Telefono: 0931 561255 – 345 3050768 E-mail: salvocano@live.it FB: Macelleria Del Corso Salvatore Canonico Avola

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CONVEGNI

Comunicare: cambio di passo del Gruppo Giovani Assalzoo Si è svolto a Perugia un convegno dedicato alla corretta comunicazione rispetto a ciò che fa e rappresenta il mondo zootecnico. L’iniziativa ha riscosso notevole successo e ha visto la partecipazione di illustri esponenti e ricercatori del settore di Anna Mossini

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l Gruppo Giovani ASSALZOO, presieduto da BENEDETTA MAYER, ha di recente organizzato un convegno a Perugia dal titolo “Comunichi@ mo la filiera”. Una nuova iniziativa, organizzata all’interno della prestigiosa Università del capoluogo umbro, che ha voluto affrontare con un approccio diverso il tema

della comunicazione del comparto zootecnico, al centro soprattutto negli ultimi tempi di non pochi attacchi da parte di associazioni, più o meno animaliste, che lo accusano non solo di maltrattamento nei confronti degli animali, ma anche di contribuire notevolmente all’inquinamento ambientale.

Una serie di attacchi che, in apertura del convegno, il presidente dell’Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici, ALBERTO ALLODI, ha stigmatizzato sottolineando come l’attività dei mangimisti, oggi, sia letteralmente “disturbata” da questi attacchi, al punto «che abbiamo la necessità

Al centro, Benedetta Mayer, presidente del Gruppo Giovani Assalzoo.

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di difenderci, e questo — ha sottolineato — è inconcepibile. Siamo afflitti da un’attività mediatica che ha trovato nell’attacco agli allevamenti intensivi e a quanto abbiamo costruito negli ultimi settanta anni l’obiettivo da perseguire. Siamo di fronte ad un autentico gioco al massacro da cui, come ho detto prima, dobbiamo difenderci». E per difendersi l’unica strada percorribile è quella della corretta informazione, che deve arrivare al consumatore in una maniera diretta, semplice, comprensibile. Lo ha spiegato molto bene Benedetta Mayer, quando ha ricordato «la necessità che la filiera si attivi per elaborare un percorso comunicativo capace di fornire un’informazione più corretta, trasferendo il reale valore insito nel settore zootecnico, non solo in termini di garanzia di qualità e sicurezza delle produzioni, ma anche di tutela del benessere degli animali allevati e dell’ambiente in cui opera. È un percorso nuovo quello sul quale dobbiamo incamminarci — ha continuato la presidente del Gruppo Giovani Assalzoo — perché comunicare vuole anche dire agire sulla cultura. Il nostro è un progetto ambizioso che vuole riuscire a rendere più giovane ed efficace il nostro messaggio. Quando a febbraio abbiamo avviato un percorso di strategia interna sulla comunicazione, ci siamo chiesti innanzitutto il perché degli attacchi mediatici al comparto zootecnico e quindi il nostro è stato un approccio critico, a cui abbiamo risposto nel modo più ovvio: forse perché i mangimisti non sono così conosciuti. Da lì ci siamo confrontati su una lunga serie di riflessioni che alla fine ci hanno fatto capire quanto sia importante investire nella comunicazione. Cosa che faremo, non solo attraverso un’azione diretta, ma anche istituendo premi, come quello destinato agli studenti che, sia per il conseguimento della Laurea magistrale che per il Dottorato, realizzeranno lavori di alto livello nella ricerca in mangimistica. Inoltre, proprio nei giorni scorsi, abbiamo lanciato il progetto We

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In alto: il professor Agostino Macrì durante il suo intervento. In basso: l’Aula Magna dell’Università di Perugia dove si è svolto il convegno. Feed, destinato agli studenti delle facoltà di Veterinaria, Agraria, e anche di Economia, Giurisprudenza e Ingegneria. Non solo. A partire dal prossimo ottobre partirà un progetto di comunicazione sui social network che, nato da una comunione di intenti tra Gruppo Giovani ASSALZOO, Federalimentare, ASS.I.CA., Anga, intende portare avanti una comunicazione unica, allineata, con un messaggio coerente, trasparente, semplice. Sono obiettivi ambiziosi, l’ho detto — ha concluso Benedetta Mayer — ma in essi ci identifichiamo e crediamo. E proprio per questo, pur tra le diffi-

coltà che incontreremo, siamo certi di riuscire a centrare l’obiettivo». Gestire il cibo Il convegno ha potuto contare sulla presenza di illustri esperti del settore come AGOSTINO MACRÌ, biologo e veterinario, responsabile del settore alimentazione dell’Unione nazionale consumatori, secondo il quale, oltre a «trasferire in modo corretto le informazioni ai cittadini — ha chiarito nel suo intervento — occorre spiegare che i principali problemi dell’alimentazione sono gli errori alimentari e la gestione del cibo, soprattutto a livello domestico, e che

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Il tavolo dei relatori. ogni alimento presente sui mercati legali possiede ottimi livelli di sicurezza. Per fare questo, però, occorre organizzare una “cabina di regia” tra i produttori; imporre regole per una pubblicità corretta proattiva e non di rincorsa; coinvolgere i cittadini in campagne di informazione; denunciare sistematicamente chi diffonde notizie diffamatorie o false». Ma è toccato a GIUSEPPE PULINA dell’Università di Sassari mettere

“A partire dal prossimo ottobre partirà un progetto di comunicazione sui social network che, nato da una comunione di intenti tra Gruppo Giovani Assalzoo, Federalimentare, ASS.I.CA., Anga, intende portare avanti una comunicazione unica, allineata, con un messaggio coerente, trasparente, semplice”

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il “dito nella piaga” della cattiva informazione, quella che sta danneggiando in maniera incomprensibile e, diciamolo pure, gratuita, il settore zootecnico. «L’attuale dibattito sull’allevamento zootecnico — ha illustrato nella sua relazione il docente universitario — è ricco di contraddizioni e preda di pregiudizi ideologici, come l’affermazione che gli alimenti di origine animale sono innaturali per cui nuocciono alla salute; oppure che le produzioni animali non sono sostenibili sotto il profilo ambientale; o, ancora, che l’allevamento animale intensivo non è etico in quanto innaturale o, addirittura, che gli animali, soprattutto i ruminanti alimentati “innaturalmente” con concentrati, competerebbero con l’uomo per l’alimento, al punto da preconizzare che nel 2050 non ci sarà cibo sufficiente per sfamare il pianeta. Alla base di tutto questo vi è la convinzione diffusa che tutto ciò che è naturale è buono, tutto ciò che è artificiale è cattivo: l’agricoltura e la zootecnia, essendo attività umane, vengono quindi considerate totalmente “artificiali”».

«A questi preconcetti dobbiamo aggiungerne altri — ha continuato Pulina — che fanno riferimento alla salute umana. Infatti, gli alimenti zootecnici sono da più parti accusati di insalubrità perché causerebbero malattie cardiovascolari, insorgenza di neoplasie, obesità. Tutti ricordiamo lo studio dello IARC pubblicato nell’ottobre dello scorso anno sul consumo di carni rosse e lo scalpore che ha suscitato tra l’opinione pubblica, al punto che nel giro di pochi giorni i consumi erano crollati del 20%! Ebbene, ancora una volta emerge l’importanza di una informazione corretta, perché è proprio dall’informazione che possono arrivare messaggi confusi, distorti, inesatti, male interpretati, come è avvenuto con lo studio IARC, tant’è vero che, in base a riconosciute evidenze scientifiche, il rischio relativo legato all’insorgenza di patologie gravi è maggiore nei fumatori, a seconda oltretutto delle sigarette fumate ogni giorno, rispetto al consumo giornaliero di 100 grammi di carne rossa o di 50 grammi/ giorno di carne trasformata. Anche

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riguardo la riduzione dei gas serra sono i risultati della ricerca scientifica, opportunamente validati, a confermare che, se riducessimo del 50% le produzioni animali, ridurremmo dell’1,5% le emissioni derivanti dagli allevamenti intensivi, ma dovendo produrre più proteine vegetali le emissioni aumenterebbero dello 0,7% con una riduzione reale dello 0,8%. La domanda quindi sorge spontanea: ne vale la pena?».

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Troppi inutili controlli Così, se da una parte MASSIMO TRABALZA MARINUCCI, del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Perugia, ha ricordato che il settore mangimistico sta andando verso prodotti che riducono sensibilmente le sostanze di sintesi, sottolineando che quelle naturali possono avere una sensibile rilevanza sul benessere animale e sulla qualità dei prodotti, dall’altra MASSIMO CHIOVOLONI dell’AUSL Umbria 1, nonché direttore Uoc igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche, ha messo l’accento sui controlli che, nel nostro Paese, vengono effettuati sulla filiera mangimistica: nel solo 2014 sono stati quasi 11.000, con una percentuale di non conformità pari allo 0,63%. Per non parlare di quelli che hanno interessato gli operatori del settore mangimistico: 35.000, con un 4% di non conformità. Percentuali talmente irrisorie da certificare la sicurezza del settore e da non giustificare un dispendio tale di risorse ed energie da parte dei Servizi pubblici di controllo. «Comunicare non è difficile — ha affermato nel suo intervento conclusivo PAOLO LUCHERONI, responsabile sistema carni PAC 2000A di Conad — la comunicazione e le modalità con cui comunichiamo creano attesa e, se non si può fare comunicazione senza fare sistema, ricordiamoci sempre che esiste una soglia psicologica del prezzo che nessuno intende superare e dalla quale nessuno intende scendere». Anna Mossini

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Criticità, valori e prospettive future della filiera carne bovina A margine dell’assemblea annuale, Azove ha riunito gli operatori della zootecnia veneta per un confronto sul tema della comunicazione, in un contesto che ha ancora tante, troppe, ombre. Ma anche alcune luci, come la realtà di questa organizzazione riconosciuta di produttori di carne bovina, che ha chiuso il bilancio 2015 tutto in crescita di Gaia Borghi

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ZOVE, importante realtà dell’alleanza delle cooperative agroalimentari, a margine dell’assemblea che ha approvato i bilanci del 2015 con un

incremento di tutte le sue principali attività, ha organizzato un convegno per affrontare le tematiche del comparto zootecnia bovina da carne e definire le prospettive future.

Il comparto sta attraversando un momento di difficoltà senza precedenti dovuto alla combinazione di una serie di fattori legati alla crisi economica e ad un grave problema

Il tavolo dei relatori nel corso del convegno pubblico organizzato da AZOVE lo scorso 29 aprile a Padova, svoltosi al termine dell’assemblea dei soci. In foto il direttore e il presidente di AZOVE, Giuseppe Borin e Fabio Scomparin (photo © Elena Benedetti).

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Le prospettive di recupero per il settore zootecnico risultano ancora difficili, sia per il perdurare della crisi economica che penalizza i consumi, sia per l’attuazione della nuova PAC (allevamento di vitelloni; photo © informatorezootecnico.it). di disinformazione. Il risultato lo si comprende analizzando i numeri, con la contrazione dei consumi di carne bovina arrivata a –6% negli ultimi dodici mesi (un trend negativo che si protrae da anni) e un netto incremento delle importazioni di carni estere, più competitive rispetto alle carni italiane (ad esempio, su fonti ISMEA, dal 2012 ad oggi le importazioni di carni polacche sono aumentate del 63%). La conclusione non può che essere una: si consuma meno carne, ma il calo dei consumi è tutto a scapito della produzione nazionale. Alla contrazione dei consumi e alla concorrenza straniera va aggiunta la costante pressione mediatica cui è oggetto il comparto, in seguito anche alle dichiarazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e malgrado in Italia il consumo medio di carne bovina (350 grammi/settimana pro capite) sia nettamente inferiore ai quantitativi massimi raccomandati dai più importanti organismi scientifici.

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Una situazione di crisi che non può essere sottovalutata. «Nella regione Veneto, come nel resto del Paese, gli allevatori stanno vendendo le carni sotto costo, pressati da una parte dagli elevati costi di produzione, legati all’utilizzo di materie prime di qualità e al rispetto della normativa sul benessere animale e dell’ambiente, e dall’altra dalla concorrenza straniera», ha detto forte e chiaro il presidente FABIO SCOMPARIN. «Per questi motivi AZOVE, importante organizzazione di produttori sul territorio, sostiene le richieste avanzate dall’intera filiera con la volontà di sollecitare le istituzioni a compiere due azioni fondamentali da attuare con la massima urgenza: la promozione di una corretta informazione al consumatore sulle modalità di allevamento e sulle proprietà nutrizionali della carne bovina, parallelamente ad una politica mirata di rilancio e valorizzazione della qualità della carne italiana e delle produzioni nazionali, che assuma come valori

“AZOVE sostiene le richieste della filiera con la volontà di sollecitare le istituzioni a promuovere una corretta informazione al consumatore sulle modalità di allevamento e sulle proprietà nutrizionali della carne, attuando una politica mirata di rilancio e valorizzazione della qualità della carne italiana e delle produzioni nazionali, che assuma come valori base inalienabili la sicurezza alimentare e il benessere animale”

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Le rilevazione dei consumi domestici di carne bovina (ISEMA-Nielsen)

base inalienabili la sicurezza alimentare e il benessere animale», ha aggiunto. Ricordiamo solo che il Veneto è il principale produttore di carni bovine del Paese, con oltre un quarto del patrimonio zootecnico nazionale. Ripercorriamo quindi i punti salienti del convegno, che ha visto tra i relatori partecipanti ELENA BENEDETTI, direttore editoriale della nostra Rivista, con un intervento sulla corretta comunicazione delle proteine animali.

I numeri della filiera bovina (Kees De Roest, CRPA) In rappresentanza del Centro Ricerche Produzioni Animali CRPA di Reggio Emilia, KEES DE ROEST ha catalizzato l’attenzione dei presenti commentando una serie di tabelle e grafici che raccontano l’andamento delle produzioni, consumi, import ed export delle carni, a livello sia nazionale che europeo. L’Italia resta uno dei maggiori consumatori di carne bovina, con 18,6 kg pro capite

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su base annua, contro i 10,7 della media europea. Ciò nonostante i consumi sono in trend di decrescita pressoché ovunque, fatta eccezione per i mercati dell’Europa dell’Est. Basti pensare che nel 2011 eravamo a quota 22 kg pro capite/anno. Anche sul fronte delle macellazioni lo scenario non è allettante,

dato un calo tra il 2012 e il 2014 e una stabilizzazione nel 2015. Comunicare la qualità della carne (Elena Benedetti, Eurocarni) ELENA BENEDETTI, direttore editoriale del nostro mensile EUROCARNI, ha focalizzato l’attenzione sul tema della comunicazione delle proteine animali, suscitando grande inte-

AZOVE è un’organizzazione di produttori di carne bovina riconosciuta dalla Regione Veneto, cooperativa Fedagri, che conta 150 soci, per una produzione annua di oltre 50.000 bovini da carne e un fatturato consolidato nel 2015 di oltre 135 milioni di euro (+5% rispetto all’anno precedente); 60.000 le tonnellate di materie prime e mangimi fornite ogni anno per l’alimentazione dei bovini. Ha sede ad Ospedaletto Euganeo, in provincia di Padova. Controlla l’intera filiera attraverso AZOVE CARNI, con sede a Loria (TV), braccio operativo che si occupa della macellazione (+15% capi macellati nel 2015), lavorazione e commercializzazione delle carni. >> Link: www.azove.it

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resse tra i presenti. «Raccontare la carne è affare complesso, perché ognuno di noi assorbe, elabora e interpreta le informazioni che riceve — spesso in modo superficiale e frammentato — in modo diverso. Poi ci sono comportamenti di consumo dettati dall’etica, da condizionamenti sociali. E, infine, ad aumentare il caos, c’è il ruolo destabilizzante dei media che non perdono occasione per spettacolarizzare le informazioni. Che cosa serve? Innanzitutto una voce comune. «Ottima quindi la notizia che la filiera delle carni abbia chiesto formalmente al Governo un Piano di comunicazione istituzionale, ovvero una serie di iniziative a breve e a medio-lungo periodo incentrate su una corretta informazione al consumatore sia sui sistemi di allevamento presenti sul territorio italiano, sia sulla salubrità degli alimenti zootecnici garantita dagli operatori della filiera e dai

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controlli del Servizio Sanitario Nazionale, sia sulle proprietà nutrizionali della carne bovina e su una corretta alimentazione», ha detto Elena Benedetti. Ma occorre anche cambiare passo e comunicare la qualità delle carni abbandonando quell’atteggiamento tutto italiano (come aveva già sottolineato Paolo De Castro in occasione dell’assemblea annuale di UNICEB lo scorso dicembre 2015) di scegliere sempre la difensiva senza mai andare all’attacco. «Serve più grinta e serve più orgoglio, perché la filiera delle carni bovine in Italia è fatta di realtà straordinarie che meritano più visibilità», ha aggiunto la direttrice di EUROCARNI. Saluti dal Parlamento europeo (Paolo De Castro, Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale) E proprio PAOLO DE CASTRO, parlamentare europeo e membro della

Commissione Agricoltura e dello Sviluppo rurale al Parlamento Europeo, ha preso la parola in un video messaggio mostrato ai presenti in sala. Impossibilitato ad essere presente a Padova in quanto impegnato a Bruxelles per i lavori della Commissione Agricoltura, De Castro ha sottolineato l’importanza di realtà come AZOVE nello scenario zootecnico italiano e la necessità di promuovere la carne in modo più coeso e aggregato, così come fanno le interprofessioni estere. Coesione e aggregazione Su quest’ultimo punto sono tutti d’accordo, iniziando da GIULIANO MARCHESIN del Consorzio Italia Zootecnica, che ha ricordato il grande risultato del decreto attuativo del Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia. «Il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia è un tassello importantissimo per la costruzione del Piano

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Carni Bovine Nazionale che ha, come prossimi passaggi, la costituzione del Consorzio di tutela, valorizzazione e promozione “Sigillo Italiano”, marchio che potrà finalmente distinguere la carne prodotta in Italia da quella che arriva dall’estero e l’avvio dell’Interprofessione, IntercarnePro, organismo costituito nel 2009, assieme ad ASSOCARNI, LEGACOOP e CONFCOOPERATIVE, tenuto in standby per tutto questo tempo, proprio per la mancanza del Sistema di Qualità stesso», ha detto Marchesin, portando i saluti

di FABIANO BARBISAN, impegnato in Regione Veneto. Anche CLARA FOSSATO, segretario generale di UNICEB, ha preso la parola per un saluto e per sottolineare l’importanza del Piano di comunicazione istituzionale, che fornirà al cittadino informazioni semplice e oggettive, «che troppo spesso i social, il web, la stampa e la TV diffondono in maniera errata e assai faziosa». «In tale contesto AZOVE è convinta della necessità di incentivare l’aggregazione e la riorganizzazione

dell’intera filiera della zootecnia bovina da carne italiana», ha precisato GIUSEPPE BORIN, in doppia veste di direttore di AZOVE e di moderatore del convegno. I circuiti commerciale e produttivo risultano fortemente frammentati, con inefficienze e costi che penalizzano tutto il comparto. «Dobbiamo uscire dal particolarismo e operare per la formazione di soggetti economici aggregati di dimensioni adeguate per dialogare e competere con gli altri attori della filiera». Gaia Borghi

L’emorragia dei consumi di carne bovina in Italia A livello nazionale, secondo gli ultimi dati ISMEA-NIELSEN, nel 2015 la spesa delle famiglie per l’acquisto di carni bovine ha subito una flessione del 6,5%, confermando la dinamica negativa dell’anno precedente (–5,6%). Anche le altre carni hanno fatto registrare una flessione che, per quanto riguarda il suino, è stata di quasi il 9%. Tali cali sono stati accentuati anche dalle continue e pesanti azioni negative svolte dai media nei confronti del consumo di carni. Particolarmente pesante è stato l’allarme lanciato dall’OMS verso la fine di ottobre. Allarme poi rivelatosi ingiustificato. Il calo dei consumi è continuato anche nei primi mesi del 2016 e, in considerazione degli andamenti di mercato, risulta a svantaggio delle produzioni nazionali in quanto gli acquisti di carni estere a costo più basso sono leggermente aumentati (in foto, un reparto carni deserto all’interno di un’insegna della GDO).

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EVENTI

1, 2, 3, Salumi da Re Con Gambero Rosso e la famiglia Spigaroli si celebrano le creazioni salumiere di artigiani e norcini del Belpaese di Gaia Borghi

E

siamo arrivati a tre, terza edizione per una tre giorni di festa dedicata al “Gotha” dei salumi made in Italy. Tre giorni di incontri, dibattiti, convegni, laboratori, assaggi e degustazioni. Così è andato in scena anche quest’anno dal 16 al 18 aprile scorsi l’appuntamento con “Salumi da Re”, il raduno nazionale di “allevatori, norcini e salumieri” organizzato da GAMBERO ROSSO in collaborazione con l’ANTICA CORTE PALLAVICINA di Polesine Parmense, azienda agricola, ristorante e albergo di charme. Ancora il tre, che ritorna, anche se, per descrivere questo magico angolo della Bassa parmense, col suo tesoro nascosto in cantina e una proprietà, i fratelli

Massimo e Luciano Spigaroli, che hanno saputo portare il nome di questo minuscolo paesino di poche anime nelle guide gastronomiche più importanti e sulle cronache dei più noti magazine e riviste internazionali, di parole ne servirebbero molte di più. O molte, molte meno, perché proprio “senza parole” è il commento che più di ogni altro si ode quando ci si affaccia per la prima volta sulle scale della corte, in una sorta di discesa in paradiso al contrario, alla scoperta dei culatelli e delle altre tentazioni conservate “sottoterra” da ammirare con una passeggiata unica nel suo genere, col naso all’insù.

Ciccioli a merenda Tanti i produttori chiamati ad esibire i propri prodotti, sistemati fuori e dentro gli spazi allestiti tra gli orti, sull’argine, intorno all’aia, e provenienti un po’ da tutt’Italia. Facciamo qualche nome. Iniziamo con il lardo di Arnad DOP della valdostana Maison Bertolin e proseguiamo col lardo prodotto con il grasso dei suini allevati allo stato brado dall’azienda di Corniglio (PR) Ca’ Mezzadri. Si continua con il salame e la salsiccia Cremona De.Co. della mitica Macelleria Contini di Cremona e con lo speck, la mortandela e il pollo speck affumicato di un’altra incredibile macelleria, Dal Massimo Goloso di Coredo (TN). Due realtà

La cantina che custodisce i culatelli preziosi prodotti dalla famiglia Spigaroli.

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1) La Macelleria Dal Massimo Goloso della famiglia Corrà. 2) Alzo e Fabrizio Zivieri dell’omonima macelleria di Monzuno (BO). 3) Andrea Amici e Alice Contini della Macelleria Contini di Cremona. 4) Dalla Puglia tutta la bontà dei salumi artigianali di Raffaele Giannelli. 5) Maison Bertolin di Arnad (AO). 6) L’ingresso alla Corte. storiche del settore che hanno saputo trasformarsi e lo fanno ogni giorno, con grande professionalità, confermandosi sempre pronte a restare al passo coi tempi. Immancabile la bresaola Paganoni, preparata anche con carne di Chianina, e quella firmata Ferraro, prodotta seguendo un’antica ricetta di famiglia senza nessun additivo aggiunto. Da segnalare il tradizionale ciauscolo e il salame lardellato di Re Norcino, da San Ginesio (MC), così come tutti i salumi di Giannelli, da Troia (FG), così profumati e incredibilmente ricchi di sapori: i salami, la salsiccia e la soppressata nel cui impasto viene aggiunto il

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miele, il finocchietto selvatico, il vino, o l’originale prosciutto barricato. E ancora, il bël e cöt di Russi, una sorta di cugino romagnolo del cotechino, i chisolini o chisulèn di Piacenza, protagonisti di una sfida “all’ultimo schizzo” col gnocco fritto modenese preparato da Robby del bar Via Taglio 12 e la benedizione di MASSIMO BOTTURA. È sempre un piacere salutare e trascorrere un po’ di tempo insieme ascoltando i progetti e le continue novità degli amici bolognesi della Macelleria Zivieri o riabbracciare quelli della Macelleria Giacobbe di Sassello (SV). Una menzione speciale va a MARA NOCILLO, anima e voce dell’evento, e

a Chef to chef emiliaromagnacuochi, la prestigiosa associazione che, nella giornata di lunedì, ha riunito i propri associati e celebrato “Cento mani di questa terra”. Bello vedere tra le “isole” dove si sono esibiti alcuni tra i più noti e capaci cuochi e ristoratori della regione, decine e decine di giovani, studenti e non, accorsi ad ammirare ma, soprattutto, ad imparare dalle stelle della cucina emiliano-romagnola. Bello vedere che con le nostre specialità, con il nostro saper fare, col valore delle nostre produzioni e la capacità dei nostri artigiani, si può ancora credere di costruirsi un futuro, un bel futuro. Gaia Borghi

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RASSEGNE

Una passerella da star per le più belle bovine da latte Presso il quartiere fieristico di Reggio Emilia si è tenuta la prima edizione della Mostra interregionale delle vacche da latte, rassegna organizzata da Araer che ha visto sfilare i migliori esemplari di Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto di Anna Mossini

S

ono stati oltre 170 i soggetti che hanno sfilato alla prima Mostra Interregionale delle Bovine da Latte svoltasi a Reggio Emilia dal 15 al 17 aprile scorsi. Centosettanta splendidi esemplari provenienti da 70 allevamenti distribuiti sul territorio dell’Emilia-Romagna, ma anche della Lombardia, del

Piemonte e del Veneto, e appartenenti, oltre che alla razza Frisona, alla Bruna, alla Jersey, alla Pezzata Rossa, alla Reggiana e alla Bianca Val Padana. L’appuntamento è stato organizzato dall’Associazione Regionale Allevatori dell’Emilia-Romagna (ARAER) e, nonostante il momento di grande difficoltà attra-

versato dagli allevatori, ha riscosso un grande successo sia in termini di affluenza di pubblico che di espositori, a dimostrazione che il settore è vivo e ha tutta l’intenzione di uscire dalla crisi puntando sulla qualità del latte prodotto, garantita dall’elevato livello genetico del bestiame allevato.

Da destra: la Campionessa assoluta delle Frisone, Gerboise; al suo fianco la vacca che si è aggiudicata il titolo di Riserva, Stanley Cup White, e quella a cui è andata la Menzione d’onore, Alexander Epica.

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“La distintività dei prodotti tipici regionali sarà l’isola che continuerà a sostenere i nostri allevatori, partendo dal patrimonio rappresentato dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ha dichiarato Davide Barchi, responsabile servizio e sviluppo delle produzioni animali della Regione Emilia-Romagna”

L’importanza della genomica Al termine della kermesse si è tenuta come sempre la premiazione della Campionessa assoluta, della Riserva e l’assegnazione della Menzione d’onore. Per la razza Frisona il massimo riconoscimento è andato a GERBOISE dell’allevamento Nure di Piacenza. Il titolo di Riserva è stato invece assegnato a STANLEY CUP WHITE dell’azienda agricola La Corte di Dotti, di Modena, mentre la Menzione d’onore è andata ad ALEXANDER EPICA dell’azienda Eredi Caserini di Mantova. Per la razza Bruna, il titolo di Campionessa assoluta se lo è aggiudicato P.Z. NAFTA della società agricola Sangonelli Antonio e Delbono Gabriella di Montechiarugolo (PR); quello di Riserva e quello di Miglior Mammella ha visto la vittoria di P.V. GITANO PAN dell’azienda agricola Palmas Antonio Maria di Parma, che ha ottenuto anche la Menzione d’onore con STEFANI MIKE LAURETTA. «Ancora una volta l’Emilia-Romagna ha dimostrato di essere una regione in recupero», ha dichiarato a margine della rassegna il presidente di ARAER, MAURIZIO GARLAPPI. «I giorni che ci aspettano saranno complicati: si calcola che negli altri Paesi l’aumento produttivo di latte arriverà a sfiorare il 15%, il che si traduce in arrivi di latte proveniente dai posti più disparati. Questa situazione ci impone uno scatto in più per caratterizzare la nostra produzione, uno scatto che sarà possibile solo puntando sulla genomica e sui controlli funzionali, due elementi

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Romagnola, aumenta il numero dei capi e degli allevamenti Negli stessi giorni in cui a Reggio Emilia si teneva la Mostra Interregionale delle Bovine da Latte, a Riolo Terme (RA) si svolgeva la 25ma edizione della Mostra Nazionale dei Bovini di Razza Romagnola, organizzata anch’essa da Araer e dall’Associazione Nazionale Allevatori Bovini da Carne (ANABIC). La suggestiva località termale romagnola ha ospitato per la prima volta la rassegna e per l’occasione ha visto la collaborazione di numerose istituzioni locali, prima fra tutte l’amministrazione comunale. Il titolo di campionessa è andato a Victoria (foto in basso), splendida fattrice dell’allevamento Donati di Ravenna, cui è andato anche il titolo “Best in show”. Un riconoscimento che si è contesa con Dario, imponente toro dei riminesi Umberto Andreini e Giuseppe Drudi, a cui è invece andato il titolo di campione tra i maschi senior, al quale si sono aggiunti il trionfatore dei torelli in lizza, Ercole, di proprietà di Manuel Giunchi di Ravenna, e la giovane Eva, anch’essa appartenente a Emilio Donati, come la campionessa Victoria, che si è imposta nella finale delle femmine junior. Finalmente, dopo 10 anni di decremento, il numero di bovini di razza Romagnola allevati nel 2015 ha conosciuto un aumento. «Oggi contiamo 12.532 capi iscritti al Libro genealogico — spiega il direttore di Araer, CLAUDIO BOVO — e 384 allevamenti. Si tratta di numeri ancora contenuti, certo, ma che segnalano un’inversione di tendenza rispetto anche a solo un paio d’anni fa, quando i numeri erano in netta flessione. Quindi non possiamo che leggere questi segnali in maniera positiva, senza però farci abbassare la guardia, aumentando invece la nostra attività di salvaguardia e promozione della razza Romagnola, al centro di un progetto di recupero che, oltre all’aspetto sanitario, coinvolge necessariamente anche il miglioramento genetico». Un tema che rientra nella tutela e nella valorizzazione della biodiversità, rispetto alla quale anche la nuova PAC prevede delle misure interessanti. «Il PSR 2014-2020 — ha spiegato VALTIERO MAZZOTTI, direttore generale Agricoltura, caccia e pesca dell’assessorato regionale all’Agricoltura dell’Emilia Romagna — tra le sue numerose iniziative prevede un contributo per gli allevatori che scelgono di allevare razze autoctone come la Romagnola. Per quest’anno sono state presentate 377 domande, di cui 205 per questa razza, pari a un contributo complessivo richiesto di 1.240.740 euro, a fronte di 1,7 milioni disponibili». A.Mo.

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ormai inscindibili per raggiungere i più elevati standard produttivi all’interno di allevamenti moderni ed efficienti, che garantiscono parametri impensabili fino a qualche anno fa». Premio “Vacca in forma” Tra le novità inserite in questa prima edizione della Mostra Interregionale delle Bovine da Latte va annoverato il premio “Vacca in Forma 2016”, un riconoscimento istituito per premiare le bovine che hanno prodotto per il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, entrambi DOP, con alle spalle un numero minimo di 5 lattazioni. Le valutazioni circa i parametri da considerare sono state effettuate da tecnici dell’AIA (Associazione Italiana Allevatori). Nove le premiate. La prima è stata RIND ELVIRA, razza Frisona, dell’azienda agricola Consolini Arrigo di Reggiolo (RE), con le sue 12 lattazioni, nelle quali ha prodotto 171.798 kg di latte con una resa in Parmigiano Reggiano pari a 11.706,5 kg; subito dietro si è piazzata RONCHI COMESTAR LEE LEA, della società agricola Bassi Mario di Fiorenzuola d’Arda (PC) con 7 lattazioni e una produzione di 160.962 kg di latte, per una resa in Grana Padano di 11.378,15 kg. Per la Bruna, il premio è andato a PALMIERI CHRISTIANS ACE LILLIN dell’azienda agricola Palmieri Mario di Gaggio Montano (BO), che nelle 12 lattazioni di latte destinato al Parmigiano Reggiano ha prodotto 133.190,5 kg, con una resa in formaggio di 9.868,34 kg. Dietro di lei JEMY TERRA dell’azienda agricola Roana dottor Giuseppe di Villanova sull’Arda (PC), che in 7 lattazioni ha prodotto 66.824,4 kg di latte destinato a Grana Padano, con una resa in formaggio pari a 5.249,89 kg. Innovazione aziendale Altro momento importante, nel corso dei tre giorni della mostra, il convegno dedicato alla sostenibilità degli allevamenti da latte e alle nuove tecnologie. «Le ricerche e l’esperienza stanno dimostrando che la genomica abbinata alla fecondazione artificiale favorisce l’accelerazione del miglioramento genetico — ha sottolineato nel suo

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In alto: il gruppo di allevatori vincitori del premio “Vacca in Forma”. In basso: alcuni esemplari di Frisone durante la passerella conclusiva per l’assegnazione del premio “Campionessa assoluta”. intervento il direttore dell’ANAFI (Associazione Nazionale Allevatori Frisona Italiana) GIORGIO BURCHIELLARO — a questo elemento così importante si unisce il rispetto del benessere animale, la sostenibilità ambientale, i cambiamenti climatici, tutti fattori che devono essere considerati e gestiti anche attraverso l’utilizzo di sistemi gestionali aziendali di ultima generazione». «La distintività dei prodotti tipici regionali sarà l’isola che continuerà a sostenere i nostri allevatori — ha infine dichiarato DAVIDE BARCHI, responsabile Servizio e sviluppo delle produzioni animali della Regione Emilia-Romagna — partendo dal

patrimonio che rappresentano il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano». Spenti i riflettori, per l’Associazione Regionale Allevatori di Reggio Emilia è già tempo di pensare alla mostra dell’anno prossimo, con la speranza di vederla ospitata ancora nel quartiere fieristico della città emiliana, nonostante le traversie giudiziarie che hanno travolto l’Ente fiera: i padiglioni, i paddock con i relativi servizi per animali e allevatori, la posizione a ridosso del casello autostradale, infatti, costituiscono la soluzione più idonea per questo tipo di manifestazioni. Anna Mossini

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n occasione della 40a edizione, Alimentaria, l’evento dell’agroalimentare che dal 25 al 28 aprile ha chiamato a raccolta oltre 140.000 visitatori nel quartiere fieristico Gran Vía di Barcellona, ha

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confermato e abbondantemente superato ogni più rosea aspettativa, confermando la sua anima internazionale. Con operatori provenienti da 157 Paesi (16 in più della passata edizione del 2014), Barcellona resta

una piattaforma espositiva capace di catalizzare interesse nello scenario del food & wine. Il 32% degli operatori che nel corso delle quattro giornate ha visitato in lungo e in largo i padiglioni proveniva infatti

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dall’estero. Di questi 44.000 visitatori la metà era europea, soprattutto di provenienza francese, seguita da Italia, Regno Unito, Portogallo e Olanda. Importante anche l’incoming di operatori provenienti

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dagli USA e dall’America Latina. Alimentaria 2016 è stata visitata da 800 top buyer esteri, tra importatori ed espositori europei, asiatici, statunitensi e del Sud America, per i quali sono stati organizzati incontri B2B

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In alto: nello stand del Gruppo Viñas, Joan Valls, Andrea Conticelli, Gloria Viñas, Beate e Carlo Nesi dell’azienda toscana Cola, Josep e Laura Viñas. In basso: nello stand della Fribin, Enzo Fatiga, Luis Bagaria, Cristina Gallart, Roberto Veschi, Jesus Gómez e Marena Tisheva di Let’s Meat.

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1) Presente alla fiera di Barcellona l’olandese VanDrie Group, leader di mercato nel comparto della carne di vitello. 2) Lo stand di STEF, lo specialista europeo della logistica del freddo per tutti i prodotti agroalimentari e termosensibili. 3) L’Agriculture and Horticulture Development Board Beef&Lamb, l’ente inglese che promuove nel mondo le carni bovine e ovine made in UK.

“L’evento ha confermato la forza dell’export spagnolo e l’interesse dell’agroalimentare mondiale verso i mercati del Sud Europa, anche alla luce delle innovazioni e dei nuovi trend del food”

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grazie alla collaborazione del FIAB, la federazione delle bevande e degli alimenti, il Ministero dell’Agricoltura e dell’Ambiente spagnolo, l’ICEX Spagna e il Governo catalano. «L’evento ha confermato la forza dell’export spagnolo e l’interesse dell’agroalimentare mondiale verso i mercati del Sud Europa, anche alla luce delle innovazioni e dei nuovi trend nell’industria del food», ha dichiarato con una certa soddisfa-

zione il presidente di Fira de Barcelona e di Alimentaria JOSEP LLUÍS BONET. «Oggi i prodotti spagnoli sono più conosciuti nel mondo e possono finalmente aspirare a conquistare una posizione privilegiata nel food service e sugli scaffali delle GSO e delle botteghe di qualità», ha aggiunto. Anche il direttore generale di Alimentaria Exhibitions, J. ANTONI VALLS, ha confermato il passo avanti

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A sinistra: il macellaio toscano Dario Cecchini si è esibito in uno showcooking per l’azienda spagnola Viñals Soler, conosciuta per i prodotti a marchio Carnrosada. A destra: lo chef stellato Nandu Jubany presente allo stand del Gruppo Viñas. che Alimentaria Barcelona ha fatto con questa edizione in termini di maggiore esposizione verso i nuovi mercati e vetrina di innovazione nei settori della carne, dei vini e nel comparto olivicolo. Sul fronte dell’internazionalizzazione Valls ha poi confermato gli sforzi fatti per «attirare a Barcellona ogni singolo profilo professionale del food service e del retail, con un’attenzione particolare all’Horeca».

“Visitata da oltre 140.000 persone provenienti da più di 140 Paesi, Alimentaria 2016 ha visto l’Italia giocare un ruolo da protagonista, essendo stato il primo Paese estero per numero di espositori presenti, variamente distribuiti nei 6 padiglioni fieristici”

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Innovare prima di tutto Oltre 4.000 aziende hanno presentato prodotti innovativi per rispondere a nuovi trend di mercato e a nuove esigenze emerse tra i consumatori, dalle biologiche al gluten free. Nell’Area Innoval sono stati lanciati 300 nuovi prodotti, tra i quali sono stati premiati brand come Bodegas Sanviver, Nestlé, Dulcesol, Aneto e Noel. Parola d’ordine differenziare Mai come in questa edizione è stato dato spazio a coloro che, per professione e talento, usano i prodotti agroalimentari per trasmettere un valore, un progetto e un’idea di cultura gastronomica. Sono tanti i nomi degli spagnoli che hanno preso parte a questo grande show catalano: dal super chef JOAN ROCA a MARIO SANDOVAL, ÁNGEL LEÓN, BEATRIZ SOTELO e CELIA JIMÉNEZ. Per l’Italia è stato presente il grande carnicero DARIO CECCHINI dell’Antica

Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti, definito il macellaio del XXI secolo dagli amici spagnoli. Il suo intervento è stato incentrato su temi a lui molto cari: la lavorazione dell’intero animale e la rivalutazione dei tagli di carne considerati, a torto, meno pregiati. Solo così si può rispettare l’animale e seguire un corretto e sostenibile consumo di carne. Avanti Italia! L’Area Italia si è presentata ai visitatori come una vera e propria vetrina delle eccellenze enogastronomiche nazionali, con una ricca varietà di prodotti quali pasta fresca e secca, insaccati, formaggi e latticini, conserve, prodotti da forno, liquori e vini, caffè e dolci. E ancora: pasta, gnocchi e salse bio o per celiaci, la mortadella di Bologna a ridotto contenuto di grassi, oltre a numerose novità per il mercato spagnolo come lo speck e il prosciutto d’oca, e la manna siciliana, presentata come la risposta italiana al dulce de leche. Non sono mancate nemmeno le ultime tendenze della tecnologia industriale italiana applicata al settore agroalimentare. Appuntamento al 2018 Alimentaria ha una cadenza biennale e la prossima edizione si svolgerà a Barcellona dal 16 al 19 aprile 2018. >> Link: www.alimentaria-bcn.com

Eurocarni, 6/16


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TECNOLOGIE

Per una gestione agile di attività diversificate

Salumificio Valpolicella e CSB-System, collaborazione vincente

N

ella splendida cornice delle omonime colline, il Salumificio Valpolicella è depositario della storia, della cultura e dell’economia prevalentemente agricola della Lessinia, suggestiva zona geografica delle Prealpi venete nonché sua terra d’origine, in cui iniziò ad operare all’inizio del ‘900 prima di spostarsi, negli anni Ottanta, nell’attuale stabilimento di San Pietro in Cariano, vicino a Verona. La famiglia Lavarini, composta dai fratelli Marco, Piero, Costantina, Valentino e Rita, conduce ancora oggi il salumificio, dedicandosi di generazione in generazione alla crescita e allo sviluppo dell’attività di norcineria e restando saldamente ancorata alle tradizioni e ai sistemi di allevamento e lavorazione artigianale della carne suina. I prodotti rispecchiano tutta la gamma tipica della tradizione gastronomica veneta e non solo: prosciutto cotto, salame, pancetta, mortadella, salamelle, speck, e così via fino al Grana Padano. «Noi — spiega MARCO LAVARINI — poniamo molta attenzione alla genuinità di ogni prodotto. Nella pratica significa impegnarsi a monte della filiera produttiva gestendo direttamente gli allevamenti dei suini, che alimentiamo in modo sano ed equilibrato nel rispetto del benessere animale». Oltre agli allevamenti, che fanno capo alla F.lli Lavarini, nel corso degli anni la famiglia ha diversificato e ampliato le sue competenze, aggiungendovi la produzione e commercializzazione di Grana Padano. Quest’ultime attività sono svolte dal Caseificio Ballottara e dalla Rodigina Latte, aziende

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Marco Lavarini con i fratelli gestisce il Salumificio Valpolicella. situate nella provincia di Rovigo, territorio idoneo alle produzioni di Grana Padano DOP come previsto dal relativo disciplinare di produzione. «La gestione di attività diverse ma pur sempre interdipendenti — continua Marco Lavarini — la necessità di garantire la sicurezza e l’alto standard qualitativo dei nostri prodotti, l’evoluzione del mercato, che ci richiedeva sempre maggiore velocità e flessibilità, e perché no, anche la mia lungimiranza, ci hanno convinti a cercare un software gestionale integrato “tagliato su misura” per dell’industria della lavorazione della carne e del latte, in grado di semplificare il nostro lavoro». E aggiunge, «avevamo già conosciuto la CSB-System in occasione di alcune fiere. Ho partecipato anche ai loro seminari nazionali ed internazionali prima di convincermi ad implementare il software nel salumificio di San Pietro in Cariano.

Il fatto che il CSB-System disponga di soluzioni preconfigurate per tutti i settori dell’industria alimentare in generale, si è rivelato per me un grosso vantaggio». I vantaggi di un gestionale intercompany Con un unico software si possono gestire più aziende dislocate in zone diverse e innumerevoli utenti, coprendo tutte le esigenze tipiche di qualsiasi azienda: Acquisti, Magazzino ed Allevamenti, Produzione, Tracciabilità, Vendite, Logistica interna e Gestione Giri, Peso-prezzatura, scambio dati EDI, Contabilità Generale e con cespiti, Contabilità Industriale fino alla possibilità per gli agenti, tramite strumento idoneo, di inserire direttamente gli ordini nel CSB-System. Pertanto il CSB-System è oggi adottato per gestire contemporaneamente il Salumificio Valpolicella, il Caseificio Ballottara, la Rodigina Latte

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e la F.lli Lavarini senza necessità di trasferire dati e informazioni da uno stabilimento all’altro. Il progetto un po’ più nel dettaglio: la produzione Il reparto di produzione è sicuramente il cuore pulsante di quest’azienda. Per mezzo del CSB-Rack, PC industriale multifunzione, il CSB-System registra gli ingressi della materia prima e i risultati della lavorazione, controllando in tempo reale efficienza e rese di reparto perché comparate con quelle attese sulla base della pianificazione e degli ordini di produzione. Attraverso l’utilizzo delle distinte base e ricette presenti nel modulo Produzione del CSB-System «siamo riusciti a valorizzare ed ottimizzare il sistema di lavorazione artigianale delle materie prime, per un risultato di qualità e tutela del sapore tradizionale» spiega Marco Lavarini. Grazie alle possibilità di pianificazione offerte dal modulo di produzione, che tiene conto delle informazioni provenienti da altri settori aziendali interni, quali i dati storici sulle vendite e le giacenze di magazzino, il Salumificio Valpolicella può contare sulla pianificazione ottimale degli approvvigionamenti con conseguente eliminazione delle situazioni critiche e relativo aumento della produttività a medio termine. L’importanza di un servizio efficiente verso clienti e fornitori L’abilità e affidabilità del Salumificio Valpolicella si ritrovano puntuali anche nella sua capacità di soddisfare in maniera flessibile e veloce le diverse esigenze di una clientela piuttosto eterogenea: si va dalla DO, all’industria della carne, dalle

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macellerie fino al settore HORECA, sia in Italia che all’estero. «Con il CSB-System noi processiamo fino a settanta ordini al giorno, con una media di dieci righe per ordine, garantendo un ricco assortimento di prodotti» ci dice Costantina, che segue principalmente la parte amministrativa e contabile dell’azienda. «Il CSB-System ci permette di ottimizzare i tempi minimi tra accettazione dell’ordine ed evasione dello stesso perché possiamo consultare a video le informazioni relative ad ogni reparto, inclusa contabilità con partite aperte, ultimi prezzi concessi, e così via. Questo consente, ad esempio, di proporre al cliente in fase d’ordine anche eventuali alternative di acquisto basate sulla disponibilità corrente». La gestione integrata dell’inserimento a sistema dei listini al pubblico personalizzati, garantisce, inoltre, massima flessibilità nella gestione di offerte e promozioni senza doppi inserimenti o possibilità di errore da parte del personale. Anche il rapporto con clienti, fornitori di materie prime e trasportatori è estremamente facilitato tramite l’EDI (Electronic Data Interchange) del CSB-System. Per tutti coloro che lo richiedano, viene creato un tracciato individuale che consente la trasmissione veloce di dati, sia come ricevimento di ordini che come invio di bolle di accompagnamento e fatture, senza necessità di supporto cartaceo. «Nostro obiettivo nell’immediato futuro — interviene Marco — è ottimizzare la comunicazione interaziendale del CSB-System. Qualsiasi documento di fornitura in entrata e in uscita relativo alla F.lli Lavarini, Caseificio Ballottara e Rodigina Latte, dovrà essere archiviato elettronicamente nel CSB-System per essere immediatamente disponibile sia per la contabilità sia per la sede in San Pietro in Cariano». Contemporaneamente verranno protocollate tutte le fasi di archiviazione. Etichette personalizzate Il salumificio veneto dispone di una linea di peso-prezzatura CSB-System collegata a bilance e CSB-Rack, utilizzata per il confezionamento e

la gestione di etichette personalizzate e multilingua. Così facendo la preparazione ordini, la pesatura e l’etichettatura diventano un unico processo operativo e si evitano le doppie gestioni dei dati, nel rispetto di una rintracciabilità completa e trasparente. Questi dati, inoltre, sono trasmessi in tempo reale e direttamente al gestionale. Gestione Magazzino e Controllo Qualità La gestione del magazzino è efficiente ed altamente flessibile grazie alle funzioni offerte dal modulo Magazzino del CSB-System, come, ad esempio, rappresentazione flessibile di diverse metodologie di inventario e statistica dettagliata delle giacenze di magazzino con diversi modelli di valorizzazione. Il sistema di Controllo Qualità, che consente la concreta applicazione delle norme ISO, IFS, HACCP, in materia di certificazione, rappresenta, infine, in un sistema di gestione aziendale completo, un’area di integrazione necessaria per una gestione della qualità totale e affidabile. «Negli ultimi anni si è registrato, in generale, un costante calo del consumo di carne. Noi però andiamo avanti fiduciosi perché consapevoli della bontà dei nostri prodotti. I riscontri positivi della nostra clientela ne sono una conferma» conclude Marco Lavarini, aggiungendo «la maggiore efficienza e flessibilità dei processi di filiera, introdotte dal CSB-System, hanno portato ad una riduzione dei costi e a un’ottimizzazione dell’impiego di risorse umane e materie prime, che erano per noi necessarie per continuare ad essere competitivi sul mercato… perché sulla qualità dei nostri prodotti non siamo disposti a trattare!». Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Gli innovativi Buggy e Freezer spacer

CMP, prodotti innovativi per l’industria della carne

P

er arricchire l’ampia gamma di prodotti dedicati all’industria della carne, la CMP Srl di Saluzzo (CN) presenta BUGGY, il nuovo vagonetto in plastica, e FREEZER SPACER, il distanziatore per il congelamento. Un vagonetto in plastica unico nel suo genere Buggy è un carrello porta carne e porta alimenti unico nel suo genere. Rispetto ai modelli tradizionali offre molteplici vantaggi: • attenuazione del rumore; • riduzione di peso; • facilità nella movimentazione; • massima igiene;

• ottimizzazione delle fasi di lavaggio e sanificazione. Buggy è ideale per il trasporto di prodotti a base di carni sia umide che secche, nonché di un’ampia varietà di altri prodotti alimentari quali sughi, antipasti,ripieni, formaggi, creme. È stato ideato per far fronte alle condizioni più severe, come la movimentazione della materia prima durante il processo di lavorazione della carne e di altri alimenti, ed è dotato di 4 ruote in nylon resistenti all’usura complete di rivestimento in poliuretano. Le staffe di sollevamento in acciaio inox sono integrate direttamente nella plastica e pensate per garantire

la massima robustezza e durabilità nel tempo. Buggy è facilmente movimentabile, grazie al peso ridotto di solo 22 kg. Essendo costruito con una tripla parete in polietilene, Buggy assorbe i rumori riducendo l’inquinamento acustico nelle aree di lavoro. Il livello di rumorosità diminuisce notevolmente, sia durante lo scarico dei prodotti di lavorazione sia durante le fasi di movimentazione. Buggy è insuperabile in quanto a versatilità: essendo disponibile in quattro colori differenti (bianco, rosso, verde, blu), infatti, permette di gestire in modo ordinato e sicuro le varie aree codificate dello stabilimento.

Buggy è disponibile in quattro colori differenti: bianco, rosso, verde e blu.

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“La CMP Srl vanta una vasta gamma di pallets e contenitori per offrire sempre la soluzione giusta ad ogni problema logistico. Una dinamicità connaturata permette all’azienda di essere presente su tutto il territorio nazionale. I prodotti proposti sono competitivi sia in termini di qualità che in termini di prezzo. I plus: servizio eccellente, consegne tempestive, cortesia e professionalità”

Freezer spacer. Un valido supporto per gli operatori del freddo Freezer spacer è il distanziatore per il congelamento e scongelamento ideato per dare un valido supporto agli operatori del freddo. La struttura e la forma dei distanziatori garantiscono la massima penetrazione di aria durante le fasi di congelamento o di scongelamento, agendo su due fattori fondamentali nel processo di congelamento: superficie di scambio e trasporto di calore. La robusta struttura in HDPE garantisce una elevata resistenza alle temperature (–50 ºC; +90 ºC) e agli agenti chimici, garantendo una lunga durata anche nelle condizioni di lavoro più

Eurocarni, 6/16

critiche. La struttura aperta consente un facile lavaggio ed un’efficace sanificazione. CMP Srl Via Revello 38 – 12037 Saluzzo (CN) Telefono: 0175 217560 Fax: 0175 217552 E-mail: info@cmp-plast.it Web: www.cmp-plast.it www.palletdiplastica.it


Cryovac® BL120: la nuova tecnologia esclusiva che potenzia il settore avicolo

A

ppena introdotto sul mercato, l’insaccatore verticale automatico Cryovac® BL120 di Sealed Air è stato subito adottato da una delle prime dieci principali aziende russe produttrici di pollame, Chelny-Broiler LLC, con sede nella Repubblica del Tatarstan. Analizzando i dati relativi alla produzione in rapida crescita e l’ambiziosa strategia di marketing di Chelny-Broiler, è facile capire che il motto “Bez buldirabiz” (Si può fare!), adottato dal Tatarstan per promuovere il suo modello economico vincente, rappresenta in pieno la strategia di sviluppo dell’azienda. Chelny-Broiler ha iniziato ad operare nel 2003 coprendo l’intero ciclo del pollame, a partire dall’uovo per proseguire con i processi di allevamento, macellazione e lavorazione. Rispondere alla domanda di pollame nel paese più grande del mondo non è un’impresa logistica facile. Quando la produzione ha superato le 58.000 tonnellate, si è resa necessaria la costruzione di un nuovo impianto di trasformazione, cosa che è avvenuta nel 2007, a Neberezhniye Chelny. Da allora, le vendite sono aumentate in modo esponenziale e nel 2014 il fatturato ammontava a oltre otto miliardi di rubli (pari a 114.700 milioni di euro), con un utile netto superiore a 1,1 miliardi di rubli (pari a 15,7 milioni di euro). La strategia di sviluppo di Chelny-Broiler mira decisamente in alto. L’obiettivo, entro cinque anni, è quello di inviare al di fuori del Tatarstan 119.000 tonnellate di prodotti al mese, corrispondenti al 74% della produzione totale dello stabilimento. L’azienda sta pianificando la sua espansione nelle catene di retail in

124

diverse città della Russia, tra cui Mosca e San Pietroburgo. La realizzazione pratica del potenziamento della produzione e l’espansione geografica sono state rese possibili grazie alla collaborazione con Sealed Air. Inizialmente, il processo produttivo di Chelny si basava su operazioni di insacco manuale, con l’utilizzo di sacchi di polietilene non termoretraibili, che garantivano una shelf-life di soli 5 giorni. Nel 2009, con l’aumento delle distanze da percorrere necessarie per la consegna dei prodotti, l’azienda ha scelto le soluzioni di confezionamento di Sealed Air, iniziando a usare, congiuntamente ai macchinari esistenti, i sacchi sottovuoto termoretraibili Cryovac® BN, in grado di estendere la durata di conservazione del pollame fresco da 5 a 10 giorni.

Ben presto la domanda ha superato l’offerta e i 12 operatori dell’azienda faticavano ad evadere tutti gli ordini: anche lavorando senza sosta, la produttività dell’insacco manuale era troppo bassa. Inoltre, era difficile mantenere un elevato livello di igiene in fase di produzione e quindi escludere ogni possibilità di contaminazione crociata. Per giunta, la presentazione del prodotto finale non risultava molto attraente per il consumatore. I dirigenti dell’azienda hanno iniziato a valutare opzioni di au tomazione del processo che potessero aiutarli a migliorare la produttività e ad aumentare l’efficienza aziendale, contribuendo così a raggiungere i piani di sviluppo. Nel 2012 l’azienda si è affidata a Sealed Air, le cui soluzioni personalizzate consentono di raggiungere

La linea rotante VR8630 di Sealed Air dell’azienda russa Chelny Broiler LLC nello stabilimento Neberezhniye Chelny, Repubblica del Tatarstan. Il principale produttore di pollame del Tatarstan si è affidato al rivoluzionario processo di automazione di Sealed Air per far fronte al massiccio aumento della produzione dovuto al successo commerciale.

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Polli Chelny-Broiler confezionati con sacchi sottovuoto termoretraibili Cryovac® BN. anche i traguardi più ambiziosi. E naturalmente, la risposta è stata: “Possiamo farlo!”. La scelta è caduta sull’installazione della linea rotante VR8630 e su tre insaccatori automatici BL 120. Questa tecnologia, che non richiede la presenza dell’operatore, fornisce risultati all’avanguardia in termini di efficienza di funzionamento, sicurezza alimentare e sviluppo del marchio, migliorando le prestazioni e la redditività delle aziende produttrici di pollame. Al fine di fornire la migliore soluzione per il processo produttivo di Chelny, gli insaccatori BL120 sono stati regolati dagli ingegneri di Sealed Air affinché si adattassero alle particolari dimensioni anatomiche dei polli interi. «La linea è stata personalizzata da Sealed Air in modo da rispondere ai requisiti tecnici e tecnologici del nostro stabilimento» ha dichiarato in proposito RAMIL MUKHAMETSHIN, vice direttore generale e responsabile tecnico di processo. «Gli insaccatori BL120 sono stati modificati secondo le particolarità anatomiche dei polli interi da noi prodotti. Siamo molto soddisfatti dell’altissimo livello professionale degli specialisti di Sealed Air». In seguito all’installazione delle apparecchiature Sealed Air, i cambiamenti positivi non si sono fatti attendere. I macchinari BL120 e

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VR8630 hanno consentito a Chelny di iniziare a fornire un prodotto realizzato senza manipolazione umana, dalla macellazione fino al consumatore finale. Grazie alle adeguate condizioni igieniche raggiunte attraverso l’utilizzo delle nuove attrezzature, l’azienda è stata in grado di aumentare la sicurezza del prodotto, aspetto cruciale per il mercato del pollame, riducendo il rischio di possibile contaminazione crociata trasmessa dal personale. Di conseguenza, la durata di conservazione del prodotto è notevolmente aumentata, con una conseguente riduzione degli sprechi alimentari. Inoltre, grazie al dispositivo per la rottura delle zampe a funzionamento pneumatico del BL120, l’azienda è riuscita a produrre confezioni di polli interi dall’estetica molto accattivante. In questo modo, le apparecchiature hanno contribuito a risolvere i problemi legati alla consegna alla Grande Distribuzione nelle regioni esterne al Tatarstan, oltre a rendere il prodotto finale attraente dal punto di vista estetico. Le apparecchiature hanno assicurato la flessibilità del processo produttivo e ridotto notevolmente i costi operativi. «Grazie alla nuova linea — ha commentato RAMIL MUKHAMETSHIN — abbiamo assistito ad una drastica riduzione del tem-

po impiegato in precedenza per le operazioni richiedenti l’utilizzo di manodopera; di conseguenza, la produttività è aumentata. La qualità e la presentazione del prodotto finale sono migliorate. La durata di conservazione fino a 10 giorni ha aperto all’azienda nuovi mercati di vendita». Il sistema garantisce inoltre notevoli vantaggi in termini di sostenibilità, come la riduzione degli scarti alimentari e dei materiali di confezionamento. Infatti, BL120 è il primo insaccatore che richiede sacchi di fascia più stretta (30 mm in meno) rispetto ai sistemi di insaccamento manuale, offrendo un ottimo rapporto sacco/prodotto. Inoltre, il sistema di automazione BL120 contribuisce a creare un ambiente sano e pulito per il personale, grazie a prassi igieniche migliorate e all’eliminazione della rottura manuale delle zampe, processo faticoso e ripetitivo.

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STATISTICHE

Dati ANAS sulla suinicoltura

Consistenza comunitaria, importLa consistenza suinicola comunitaria Totale Paesi

Spagna

Germania

Francia

Danimarca

Paesi Bassi

Polonia

Italia

Regno Unito

Austria

SUINI TOTALE 2014

130.543

26.568

28.339

13.300

12.709

12.065

11.266

8.676

4.510

2.868

2015

131.065

28.367

27.535

13.307

12.702

12.453

10.590

8.683

4.439

2.845

0,4%

6,8%

–2,8%

0,1%

– 0,1%

3,2%

– 6,0%

0,1%

–1,6%

– 0,8%

2014

11.097

2.358

2.052

1.035

1.245

1.106

956

586

473

242

2015

10.875

2.466

1.970

1.011

1.237

1.053

814

591

479

245

Diff. % 15/14

–2,0%

4,6%

– 4,0%

–2,3%

– 0,6%

– 4,8%

–14,8%

0,9%

1,3%

1,1%

Diff. % 15/14 SCROFE TOTALE

SUINETTI < 20 KG 2014

37.766

7.880

8.098

3.219

4.468

5.116

2.834

1.407

1.177

693

2015

37.701

7.910

8.031

3.261

4.416

5.408

2.576

1.408

1.154

683

Diff. % 15/14

– 0,2%

0,4%

– 0,8%

1,3%

–1,2%

5,7%

–9,1%

0,1%

–2,0%

–1,4%

SUINI DA 20 A < 50 KG 2014

30.017

6.010

5.759

3.549

3.777

1.748

3.149

1.629

1.158

762

2015

30.368

6.595

5.551

3.637

3.884

1.765

2.970

1.633

1.136

744

1,2%

9,7%

–3,6%

2,5%

2,8%

1,0%

–5,7%

0,2%

–1,9%

–2,4%

Diff. % 15/14

SUINI DA 50 A < 80 KG 2014

24.118

4.473

5.716

2.609

2.561

1.873

2.037

1.313

998

564

2015

24.141

4.882

5.560

2.492

2.518

1.879

2.028

1.314

979

560

0,1%

9,1%

–2,7%

– 4,5%

–1,7%

0,3%

– 0,5%

0,1%

–1,9%

– 0,8%

Diff. % 15/14

SUINI DA 80 A < 110 KG 2014

20.929

4.910

5.500

2.277

640

1.679

1.801

1.480

637

487

2015

20.890

5.039

5.287

2.300

629

1.781

1.753

1.472

625

484

Diff. % 15/14

– 0,2%

2,6%

–3,9%

1,0%

–1,7%

6,1%

–2,7%

– 0,6%

–1,9%

– 0,5%

SUINI DA 110 KG E OLTRE 2014

6.435

901

1.192

598

7

535

469

2.235

53

115

2015

6.912

1.438

1.110

596

7

563

434

2.237

52

125

Diff. % 15/14

7,4%

59,5%

– 6,9%

– 0,3%

0,0%

5,2%

–7,6%

0,1%

–1,9%

8,1%

Fonte: elaborazione ANAS su dati Eurostat (rilevazione di dicembre 2015).

128

Eurocarni, 6/16


export e benessere suini (dati in .000 di capi) Portogallo

Rep. Ceca

Irlanda

Finlandia

2.127

1.607

1.506

1.223

1.046

714

642

342

349

358

281

47

2.225

1.555

1.475

1.239

1.013

688

633

358

334

307

271

44

4,6%

–3,2%

–2,1%

1,3%

–3,2%

–3,7%

–1,4%

4,7%

– 4,4% –14,2%

–3,5%

– 8,1%

234

143

146

118

149

56

66

34

39

34

21

4

238

138

139

116

152

53

53

32

38

26

20

4

1,6%

–3,7%

– 4,6%

–1,7%

2,0%

–5,9% –18,9%

– 6,4%

– 4,7% –22,6%

–2,4%

–7,1%

714

440

439

328

298

125

138

126

81

112

64

11

762

416

408

345

284

120

147

130

74

98

60

10

6,7%

–5,5%

–7,1%

5,4%

– 4,7%

–3,5%

6,6%

2,8%

– 8,3% –11,9%

– 6,4%

– 8,8%

481

381

385

269

262

193

190

68

89

90

56

12

496

381

397

275

253

183

173

76

80

77

52

10

3,0%

0,0%

3,2%

2,3%

–3,4%

–5,0%

–9,1%

378

326

297

253

168

161

111

60

98

71

42

11

394

299

290

231

159

179

109

63

94

61

39

10

4,2%

– 8,3%

–2,2%

– 8,4%

–5,4%

11,7%

–1,3%

4,3%

–3,2% –13,8%

–7,5%

–2,6%

283

259

226

207

139

118

110

53

38

42

36

7

298

244

230

205

137

105

121

57

41

38

37

7

5,2%

–5,5%

2,0%

– 0,7%

–1,4% –11,0%

10,4%

8,5%

6,5% –11,6%

2,5%

1,8%

30

56

12

48

20

61

26

0

3

8

62

2

32

77

9

65

17

46

28

0

7

7

63

1

7,2%

35,8% –28,5%

Grecia Lituania

35,8% –15,0% –24,6%

Slovacchia

Cipro

Lettonia Estonia Slovenia Malta

11,6% –10,5% –14,3%

8,4% – 63,4% 102,9% –19,3%

– 6,9% –13,5%

1,3% –35,1%

I dati di Belgio, Bulgaria, Croazia, Lussemburgo, Ungheria, Romania e Svezia non sono disponibili.

Eurocarni, 6/16

129


Import-export suini vivi e carni suine nel 2015 Quantità (t)

Valore (€)

Suini vivi di cui – < 50 kg – > 50 kg – riproduttori

50.165,031

75.211.777

21,3

1,2

18.651,301 29.791,235 1.717,915

32.547.546 38.890.315 3.759.299

33,1 26,5 – 43,5

–3,9 10,6 –13,2

Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

943.918,958

1.677.387.358

–0,1

–9,5

584.377,187 151.581,476 34.701,096 12.762,844 15.661,339 144.835,016

945.123.751 262.595.390 69.442.532 23.322.247 39.945.092 336.958.346

0,2 –1,9 – 0,5 –23,0 – 4,1 3,8

–10,8 –9,2 – 6,7 –27,5 –14,8 –3,8

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

64.894,648

120.438.347

0,0

–7,6

2.681,786 1.904,165 7.456,690 4.461,644 328,821 48.061,542

4.903.214 5.177.159 17.018.704 8.199.956 1.151.669 83.987.645

–9,7 23,7 63,3 11,5 18,9 – 6,7

–18,3 14,1 50,3 – 4,7 12,4 –15,0

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: pancette prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 – carni salate o in salamoia di cui: prosciutti con osso pancette salate – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4

58.342,867

209.608.986

7,4

–1,2

15.056,042 529,782 6.299,086 8.179,290 9.600,270 451,441 1.879,403 18.022,352 3.341,441 14.210,821 15.664,203 10.829,648

65.475.787 2.180.811 17.195.899 45.745.854 33.914.215 2.372.628 7.086.945 49.159.287 15.723.984 32.151.734 61.059.697 44.989.467

0,3 –70,2 37,6 – 4,3 12,9 48,0 –17,1 15,8 –3,7 21,6 2,7 9,2

– 6,4 – 66,3 10,3 –3,5 9,4 48,0 –19,3 –1,0 – 4,9 1,7 – 0,9 – 0,1

12,973

43.131

1,3

–18,9

2.674,572

1.317.266

78,7

0,2

Grasso e strutto

12.496,376

5.045.712

–36,2

– 45,8

Frattaglie suine

27.843,732

12.036.910

22,7

1,3

1.776,406

343.786

61,7

8,7

1.152.092,557

2.101.433.273

0,9

– 8,3

Import

Lardo secco/affumicato Lardo fresco/cong/salato/salam.

Fegati suini Totale animali a peso morto e carni

130

% sulla quantità del 2014

% sul valore del 2014

Eurocarni, 6/16


Export

Quantità (t)

Suini vivi di cui – < 50 kg – > 50 kg – scrofe

Valore (€)

% sulla quantità del 2014

% sul valore del 2014

1.030,631

824.642

187,2

80,3

3,603 262,362 764,646

11.095 204.964 608.508

– 64,5 –24,8 —

–59,6 –52,3 —

Carni fresche di cui – cosce – mezzene – pancetta – spalle – lombate – altre, miste

23.031,825

59.184.722

–1,2

–1,3

4.524,576 3.972,910 2.014,017 1.475,077 611,070 10.434,175

14.672.743 5.875.612 6.830.454 1.159.107 2.525.695 28.121.111

34,1 –50,9 108,8 –15,0 – 6,1 22,8

4,6 –53,3 119,7 –34,7 0,3 8,4

Carni congelate di cui – cosce – lombate – pancetta – spalle – mezzene – altre, miste

34.844,126

81.402.716

–1,6

5,2

1.360,164 1.300,529 4.481,001 284,908 805,594 26.611,930

2.850.565 3.651.388 14.069.973 457.590 712.198 59.661.002

82,7 –30,6 118,4 –27,5 – 40,0 – 8,2

59,8 –3,4 371,3 –35,4 – 49,0 –10,6

162.448,989

1.300.081.507

10,7

7,3

73.513,991 4.734,920 63.698,470 4.901,751 63.578,027 28.169,153 34.735,831 23.345,953 20.392,028 2.011,018 468,626 947,613

747.014.822 23.735.497 687.293.950 33.861.844 393.057.784 263.960.095 123.374.514 142.324.036 121.286.834 17.684.865 3.618.755 10.181.799

8,9 7,9 8,9 11,5 6,4 10,3 3,3 29,7 44,5 39,7 60,5 23,5

7,4 –14,1 8,7 1,6 3,4 3,9 2,4 17,4 23,5 21,3 38,8 7,8

357,419

1.236.914

244,9

61,2

Lardo fresco/cong/salato/salam.

42.915,419

24.162.993

– 4,1

–27,7

Grasso e strutto

12.206,852

8.857.074

5,7

–11,7

Frattaglie suine

48.130,423

41.555.543

– 4,0

–20,3

3.292,033

958.788

26,2

–7,2

328.051,591

1.518.264.899

4,2

4,9

Carni lavorate di cui – carni secche o affumicate di cui: prosciutti con osso 1 prosciutti disossati 1 pancette – salumi e insaccati di cui: non cotti 2 cotti 3 – preparazioni e conserve di cui: prosciutti e loro pezzi 4 – carni salate, in salamoia di cui: pancette salate prosciutti con osso Lardo secco/affumicato

Fegati suini Totale animali a peso morto e carni

In linea di massima si intende: 1 2 prosciutti crudi e speck; salami e salsicce; 3 4 mortadella e würstel; prosciutti cotti. Fonte: elaborazione ANAS su dati ISTAT.

Eurocarni, 6/16

131


Benessere suini: il punto sul taglio della coda LA NORMATIVA COMUNITARIA IN VIGORE La Direttiva 2008/120/CE dispone che il mozzamento della coda e la riduzione degli incisivi dei lattonzoli non devono costituire operazioni di routine, ma devono essere praticati solo se sia comprovata la presenza di ferite ai capezzoli delle scrofe o agli orecchi o alle code di altri suini; prima di effettuare il mozzamento della coda si devono adottare altre misure intese ad evitare le morsicature delle code e altri comportamenti anormali, tenendo conto delle condizioni ambientali e della densità degli animali. È pertanto necessario modificare le condizioni ambientali o i sistemi di gestione inadeguati. Inoltre, la Direttiva dispone che i suini abbiano accesso permanente ad una quantità sufficiente di materiali che consentano loro adeguate attività di esplorazione e manipolazione (paglia, fieno, legno, segatura, compost di funghi, torba o un miscuglio di questi) senza comprometterne la salute. I PARERI SCIENTIFICI L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha fornito pareri scientifici sui rischi connessi alla morsicatura della coda dei suini e sui mezzi possibili per ridurre la necessità del taglio della coda (www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/611); l’EFSA ha fornito anche un parere scientifico riguardante un “approccio multifattoriale”, su misure basate o non basate sugli animali per valutare il loro benessere (www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/3702). LA RACCOMANDAZIONE (UE) 2016/336 DELL’8 MARZO 2016 Con questo provvedimento la Commissione ha indicato agli Stati Membri le misure da adottare per ridurre il ricorso al taglio della coda dei suini. In base alla Raccomandazione, gli Stati Membri sono invitati a: 1. provvedere affinché gli allevatori effettuino una “valutazione del rischio” di incidenza della morsicatura della coda utilizzando indicatori basati sugli animali e indicatori non basati sugli animali; 2. stabilire criteri di conformità alla normativa rendendoli disponibili al pubblico su un sito web. INDICAZIONI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO Nella valutazione del rischio dovrebbero essere controllati i seguenti parametri: a) i materiali di arricchimento forniti. Per controllare se i suini abbiano accesso a materiali di arricchimento adeguati e sufficienti, gli Stati Membri devono far sì che gli allevatori seguano le migliori pratiche per quanto riguarda gli indicatori basati sugli animali e gli indicatori non basati sugli animali. Sono indicatori animali: la presenza di code morsicate, lesioni cutanee e/o comportamenti anomali dei suini (ad esempio lo scarso interesse per i materiali di arricchimento forniti, la lotta per l’utilizzo dei materiali di arricchimento, il morsicare oggetti diversi dai materiali di arricchimento, il grufolare nelle feci oppure, nel caso delle scrofe, una maggiore tendenza a costruire un nido senza motivo). Sono indicatori non animali: la frequenza del rinnovo, l’accessibilità, la quantità e la pulizia dei materiali di arricchimento forniti; b) la pulizia; c) il comfort termico e la qualità dell’aria; d) lo stato di salute; e) la competizione per l’alimento e lo spazio; f ) l’alimentazione. In base ai risultati della valutazione del rischio dovrebbero essere considerate opportune modifiche nella gestione degli allevamenti, come la fornitura di materiali di arricchimento adeguati, condizioni ambientali confortevoli, la garanzia di un buono stato di salute e/o la fornitura di un’alimentazione equilibrata ai suini. CARATTERISTICHE DEI MATERIALI DI ARRICCHIMENTO I materiali di arricchimento dovrebbero permettere ai suini di soddisfare i loro bisogni fondamentali senza comprometterne la salute. A tal fine i materiali di arricchimento dovrebbero essere sicuri e: a) commestibili; b) masticabili; c) esplorabili; d) manipolabili (in modo che i suini possano modificarne la posizione, l’aspetto o la struttura).

I materiali di arricchimento dovrebbero essere forniti in modo tale da: a) incoraggiare il comportamento esplorativo ed essere regolarmente sostituiti e aggiunti; b) essere accessibili per la manipolazione orale; c) essere forniti in quantità sufficiente; d) essere puliti e igienici.

CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALI DI ARRICCHIMENTO I materiali di arricchimento dovrebbero essere classificati come segue: a) materiali ottimali: che presentano tutte le caratteristiche e che quindi possono essere utilizzati da soli; b) materiali sub-ottimali: che presentano la maggior parte delle caratteristiche e che quindi dovrebbero essere utilizzati in combinazione con altri materiali; c) materiali di interesse marginale: che costituiscono una distrazione per i suini, ma che non dovrebbero essere considerati tali da soddisfare i loro bisogni fondamentali. Con essi dovrebbero essere forniti anche materiali ottimali o sub-ottimali. La Commissione avrà il compito di controllare l’applicazione della Raccomandazione e pubblicherà su un sito web informazioni dettagliate sulle migliori pratiche in linea con le conoscenze scientifiche più recenti. Secondo le indicazioni della Raccomandazione, gli Stati Membri dovranno tenere conto degli orientamenti indicati e dovranno provvedere a un’adeguata divulgazione delle migliori pratiche con la partecipazione attiva degli allevatori. Il testo della Raccomandazione è consultabile al link: www.anas.it/Documenti/Raccomandazione_UE_2016_336.pdf

132

Eurocarni, 6/16



Previsioni prezzi delle carcasse di classe E (classe R per l’Italia) in alcuni Paesi UE

S

econdo gli esperti degli Stati Membri, l’andamento dei prezzi si manterrà sotto il livello dello scorso anno ancora per alcuni mesi. La previsione di inversione di questa sfavorevole tendenza è prevista in Germania, mercato guida, a partire dal terzo trimestre dell’anno. Successivamente, l’andamento dovrebbe consolidarsi: nel quarto

Paesi Germania

trimestre in quasi tutti i Paesi UE è atteso un miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2015. Permane, in sostanza, una situazione di criticità per il mercato suinicolo comunitario e per questo non è escluso un nuovo ricorso all’ammasso privato. Allo scopo di avviare un più approfondito monitoraggio della situazione del mercato delle carni, a livello comu-

nitario è prevista la costituzione di un Osservatorio per la carne suina e bovina. Inoltre, prosegue l’impegno della Commissione a promuovere negoziati commerciali con i Paesi Terzi, ad aprire nuovi mercati di sbocco per l’esportazione dei prodotti comunitari e a risolvere il blocco commerciale con la Russia (anche se la soluzione non sembra vicina).

1o trim. Diff. % (*) 2o trim. Diff. % (*) 3o trim. Diff. % (*) 4o trim. Diff. % (*)

Totale 2016 Diff. % (*)

–5,8

–7,1

1,9

9,0

– 0,6

Spagna

–10,2

– 6,2

–5,4

1,0

–5,3

Francia

–2,8

–5,9

–5,0

0,2

–3,5

Danimarca

–3,8

1,1

3,9

3,0

1,1

Olanda

n.p.

n.p.

n.p.

n.p.

n.p.

Italia

– 6,3

–5,6

–2,0

2,3

–2,9

Regno Unito

–15,9

–14,1

–15,8

–11,8

–14,4

Belgio

n.p.

n.p.

n.p.

n.p.

n.p.

Polonia

– 4,2

– 4,4

–2,2

5,4

–1,5

Irlanda

– 4,8

–9,0

– 0,3

– 0,3

–3,7

Ungheria

– 8,2

–12,6

–14,2

–5,1

–10,7

Austria

–12,1

–9,9

–7,0

0,0

– 8,5

Portogallo

–18,2

–12,8

–3,2

8,3

–7,0

7,1

3,7

5,7

2,1

4,6

Romania

–9,5

–9,4

Rep. Ceca

–5,2

–2,7

– 0,8

0,1

–2,1

Finlandia

– 6,5

– 4,0

– 4,1

–2,8

– 4,3

Lituania

–3,3

4,8

11,2

10,7

5,9

Grecia

–3,4

8,6

0,3

0,6

1,3

Croazia

–3,4

–3,6

–3,4

–3,8

–3,6

0,0

– 4,5

– 4,5

– 4,5

–3,4

Svezia

Malta

(*) Variazione % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Fatta eccezione per l’Italia, anche la variazione % del 1o trimestre 2016 è una previsione. Fonte: DG Agricoltura dell’UE su dati degli esperti degli Stati Membri – Dati ANAS.

134

Eurocarni, 6/16


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