EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXII N. 6 • Giugno 2017
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Kebab (R)evolution WORLD BUTCHERS CHALLENGE Vitellone Piemontese della Coscia IGP
Tendenze della carne bovina
Una Storia di Famiglia
6/17 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero: La carne nel mondo
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Anteprima
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Immagini
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Naturalmente carnivoro
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Attualità
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Sa paradura, esempio per l’Italia intera
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Oltre l’agnello pasquale
Dario Casati
Il semaforo della discordia
Sebastiano Corona 22 26
Vitelloni Piemontesi della Coscia, finalmente l’Igp Carne bovina inquinante, falsa verità
Giovanni Ballarini 32
Aspettando FICO!
Massimiliano Rella 36
Slalom
DEF e “manovrina” primaverile
Cosimo Sorrentino
40
La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
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Aziende
Consorzio: Carne + Qualità + Piemonte
Elena Benedetti
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Commercializzazione
Gli USA riscrivono le regole in fatto di igiene e sicurezza e tutto il mondo si adegua
Guido Guidi
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Indagini di mercato
Sapori dal mondo
Macellerie d’Italia
Eurispes e IRI, analisi Italia 2017: tornano a crescere i consumatori di carne
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Tendenze e dinamiche recenti delle carni bovine
58 Riccardo Lagorio
Nunzia Manicardi 70
Tolin, la macelleria innanzitutto
Gian Omar Bison
Giachero: di filetti baciati, prosciutti cotti e altre bontà in armonia con la natura Riccardo Lagorio
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Scusi, le interessa assaggiare lo yak? Tutti pazzi per le Buffalo Wings
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Eventi carnivori
Tanto cuore con i Butchers for Children
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Gare carnivore
World Butchers Challenge 2018: Belfast ci aspetta
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Meat blogger
Federico Dal Lago, l’importanza di condividere
Andrea Laganga
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Street food
BabeK, la kebab (R)evolution approda a Milano
Tania Mauri
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Fiere
A Parma una due giorni all’insegna dell’efficienza e del business internazionale
Tecnologie
Sistemi intralogistici innovativi per un efficiente product handling
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Lazzari Equipment distribuisce per l’Italia i sistemi a microonde dell’americana AMTek
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Vantaggi competitivi grazie alla sostenibilità
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La magia del sottovuoto, in stabilimento e a casa La pagina scientifica
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Guido Guidi
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Cinghiali e peste suina africana, un pericolo alle porte
Giovanni Ballarini 116
La decontaminazione superficiale delle carcasse
Alfonso Piscopo
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Statistiche
Suinicoltura italiana: le stime per il 2016
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Libri
Barbecue surprise
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In copertina: la versatilità del macinato di carne non passa mai di moda (photo © sergeyshibut – Fotolia).
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LA CARNE NEL MONDO
Mondo Secondo gli ultimi dati forniti da Rabobank (Rabobank Global Pork Quarterly Q2), il mercato suinicolo globale risulta relativamente stabile, con un aumento dell’offerta da parte delle Americhe facilmente assorbito nei principali mercati d’importazione dell’Asia. La situazione ha portato ad un aumento costante del Rabobank Five-Nation Hog Price Index. In pratica la continua e crescente domanda da parte dei paesi asiatici sta sostenendo i prezzi del maiale in tutto il mondo. «In questo momento la prospettiva complessiva è positiva» ha spiegato JUSTIN SHERRARD, Global Protein Animal Protector di Rabobank. «La domanda continuerà a spingere per tutto il secondo trimestre, sostenendo margini lungo l’intera catena di approvvigionamento». In Cina il ripristino e la regolamentazione della produzione suinicola favorirà un buon livello dei prezzi e, nei prossimi mesi, stabilizzerà le importazioni. Nel terzo trimestre l’approvvigionamento locale inizierà a riprendersi e gli investimenti effettuati negli ultimi anni raggiungeranno la loro redditività. Il mercato europeo dei suini è in piena espansione, con un rapido aumento dei prezzi a causa della pressione da parte dell’offerta. Questa situazione proseguirà fino all’estate. Le esportazioni, sempre molto attive, definiranno il prezzo di mercato. Per gli USA, nel 2017, si prevede un aumento del 4% della produzione di maiale. Con il consumo ormai a livelli record, le esportazioni determineranno il livello finale dei prezzi. Gli attuali prezzi bassi sono favorevoli a livello globale e rappresentano una sfida anche per il blocco dei paesi dell’Unione Europea, principale esportatore mondiale. Il Brasile sta costantemente aumentando la propria posizione nei mercati d’esportazione, registrando volumi crescenti nei confronti di tutte le principali destinazioni, in particolare la Cina. Il recente scandalo della carne ha avuto un lieve impatto sui volumi e sui relativi prezzi. «Negli ultimi dieci anni, i sistemi di produzione dei suini si sono diversificati in molti paesi, con un focus sulle materie prime destinate ad una produzione più specializzata» continua Sherrard. La relazione fornisce inoltre un’analisi dello sviluppo del settore suinicolo e delle sue implicazioni per la catena di approvvigionamento. Per molti anni l’industria suinicola internazionale ha applicato una strategia molto semplice: produrre il più possibile e venderlo al più alto prezzo possibile a livello mondiale. La produttività, il volume e il prezzo di un prodotto sempre più “magro” erano le variabili chiave. Ciò ha determinato un prodotto intercambiabile e una crescente concorrenza. Tuttavia, questo metodo di produzione è mutato, in risposta soprattutto ad alcune preoccupazioni dei consumatori riguardo il benessere degli animali, la salute umana e l’ambiente. Inoltre, gli scandali sulla sicurezza alimentare hanno aumentato, a livello di consumatori al dettaglio e di settore HO.RE.CA., la domanda di prodotti attentamente tracciati. Questa visione non ha preso piede solo nei paesi sviluppati ma, grazie soprattutto dei social media, anche nelle città dei paesi in via di sviluppo. Queste richieste hanno determinato lo sviluppo di nuovi sistemi di produzione o concept. I concept si differenziano dai sistemi di produzione tradizionali perché applicano requisiti specifici in materia di salute animale, salute umana, alimentazione sana, sicurezza alimentare, uso di medicinali, ecc… I principali promotori di questi nuovi sistemi produttivi sono gli allevatori che cercano una maggiore redditività, i macellatori che tutelano i canali di vendita o i rivenditori che creano catene di approvvigionamento dedicate e tracciate al 100% magari destinate a nicchie specifiche (fonte: Rabobank – UNAItalia).
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ANTEPRIMA
Tuttofood, il grande salone internazionale del B2B dedicato al food & beverage di Fiera Milano, svoltosi dal 8 al 11 maggio scorsi, si è confermato il palcoscenico ideale per presentare le produzioni del made in Italy alimentare al mercato nazionale ed internazionale. Il Padiglione 2, dedicato alle carni, ha ospitato parecchie aziende italiane ed estere che nel corso delle quattro giornate hanno accolto buyer e visitatori. Sul prossimo numero di Eurocarni troverete un ampio reportage sulla fiera.
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IMMAGINI
E siamo arrivati a 100! Lo scorso maggio Roadhouse Restaurant, la catena di ristoranti specializzata in carni alla griglia tutta italiana lanciata dal Gruppo Cremonini, ha aperto a Fidenza (PR) il 100º ristorante. Qualche numero di questa realtà in forte crescita: otto milioni di clienti l’anno, 2.600 dipendenti, 1.000.000 di soci del Club Fedeltà e un fatturato 2016 pari a 125 milioni di euro, vale a dire un aumento del 25% rispetto all’anno precedente. «Sono particolarmente orgoglioso dell’apertura del nostro ristorante numero 100 proprio nelle “Terre Verdiane”, uno dei luoghi più caratteristici della food valley italiana», ha detto Vincenzo Cremonini, presidente di Roadhouse e AD del Gruppo. «A Parma siamo presenti già da tempo e in Emilia-Romagna presidiamo idealmente tutta la Via Emilia — ha ricordato Cremonini — in più, siamo presenti in altre 10 regioni e le nostre carni sono apprezzate da milioni di Italiani. Fin dall’inizio i nostri ristoranti si sono sempre contraddistinti per la capacità di innovare, intercettare per primi nuove tendenze e le svariate esigenze della clientela. Negli anni il format è cambiato, si è evoluto con importanti investimenti nella ricerca e nello sviluppo di nuovi prodotti, nella formazione delle risorse umane e nella progettazione di servizi ad alto contenuto tecnologico. Tutti e tre gli aspetti — cibo, servizio al tavolo e tecnologia — concorrono a creare un’esperienza unica, la Roadhouse experience. Quando inaugurammo il primo locale nel 2001, mettemmo a frutto al tempo stesso l’insostituibile competenza nelle carni bovine, l’ampia scelta della materia prima e l’esperienza e il know how maturati nel settore della ristorazione commerciale. Possiamo dire di aver realizzato un sogno a lungo accarezzato, grazie anche a un’accurata fase di studio di analoghi modelli internazionali: non esiste oggi in Europa un altro luogo in cui si mangi carne di qualità a questo prezzo. Il successo sempre crescente ce lo conferma pienamente» (photo © Gruppo Cremonini).
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NATURALMENTE CARNIVORO
È stata una bella festa carnivora quella che domenica 7 maggio ha animato piazza Aldo Moro a Mirano (VE). Regista dell’even di qualità la raccolta di fondi da destinare alla Città della Speranza di Padova. Quest’anno il cuore di Mirano è stato il palcoscen a dare il loro contributo, con la presenza anche di Dario Cecchini dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti (FI). Rico Frarelli della Macelleria da Alfonso e Tina, entrambi da Torino, Giorgio Pellegrini della Macelleria Pellegrini da Milano, Roberto Maggio di Milano, Massimo Corrà della Macelleria Max Goloso di Coredo (TN), il gruppo delle macellerie trevigiane di Tutti Ma Matteo Villani di Zanè (VI), le padovane Macelleria Canton, Macelleria Beghin e Macelleria Tasca, Nicola Negro della Macelleria
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nto, Moreno Favaretto, il bechér veneziano che da anni organizza I Sapori della Solidarietà, unendo alla promozione delle carni nico di carni alla griglia, barbecue, musica “live” e tanti colleghi macellai del gruppo Butchers for Children giunti da tutta Italia ordiamo Francesco Camassa della Macelleria Camassa di Grottaglie (TA), Antonio Chetta della Macelleria da Premio e Raffaele o Papotti e il suo staff della Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO), Francesco, Giuliana e Daniele Biassoni della Macelleria atti per la Ciccia, con Oscar Camillo, Luciano Stocco e Massimo Guidolin, Riccardo Ricci e lo staff dell’Antica Macelleria Cecchini, equina di Trebaseleghe (PD) e il Salumificio Mion di Mirano (VE).
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ATTUALITÀ
Sa paradura, esempio per l’Italia intera
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e qualcosa di positivo si può scorgere dietro un terremoto come quello che ha devastato il Centro Italia nei mesi scorsi è la solidarietà che ha generato. In un Paese come il nostro, provato da numerosi e gravi problemi, c’è ancora tanta gente che tende una mano al prossimo, preoccupandosi delle disgrazie altrui prima che delle proprie. È il caso dei pastori sardi, i quali, pur afflitti da una crisi senza fine, hanno trovato modo di aiutare i colleghi umbri. Gli allevatori isolani hanno infatti voluto rinnovare quello che nell’Isola viene chiamato il rito de sa paradura. Commuovendo mezza Italia, con un gesto carico di significato, hanno donato ai colleghi meno fortunati un migliaio di pecore “perché possano ricostituirsi un gregge”. Questa prassi, le cui ori-
gini si perdono nei secoli, prevede che quando un pastore perde il suo bestiame per calamità naturali o per una disgrazia di altro tipo, gli altri pastori gli donino una pecora a testa, in modo che quel patrimonio che è andato disperso e che per lui era fonte di vita e di sostentamento, possa così ricostituirsi. Cascia in festa L’iniziativa è partita da un cantante e pastore, GIGI SANNA, noto ai più come leader del gruppo musicale Istentales. In breve tempo Sanna è riuscito a mobilitare centinaia di colleghi sardi distribuiti in più di 150 comuni e a mettere assieme, oltre ad un migliaio di pecore, anche oltre 500 quintali di foraggio: linfa vitale per una quarantina di aziende d’oltre Tirreno. Una grossa mano è
stata altresì data da COLDIRETTI, ma anche dalle compagnie del Gruppo Onorato Armatori che hanno contribuito fattivamente, abbattendo i costi di trasporto del bestiame e del gruppo di pastori che l’ha accompagnato. Commovente e carica di significato è stata l’accoglienza a Cascia, la città di Santa Rita in provincia di Perugia, dove allevatori ed animali sono stati ricevuti da un comitato di benvenuto visibilmente emozionato. I capi sono stati assegnati ai pastori locali con una consegna casuale, “a stumbu”, seguendo anche in questo caso un’antica tradizione sarda: per evitare disparità di trattamento, le pecore sono state infatti divise in box precostituiti e numerati e poi estratti a sorte da alcuni bambini bendati.
L’arrivo delle pecore a Cascia (photo © www.sardiniapost.it).
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Oltre l’agnello pasquale L’azione di chi utilizza in maniera forzata l’immagine dell’agnello induce a molte riflessioni, innanzitutto sulla modalità violenta con cui essa viene condotta, senza considerare poi che a venir attaccata è un’attività antica ed economicamente importante come l’allevamento ovino di Dario Casati
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ella settimana che ha preceduto la Pasqua le prime pagine dei giornali e le televisioni si sono a lungo e ampiamente interessate degli agnelli. Grandi personaggi con un sicuro fiuto per la comunicazione sono stati effigiati con agnellini e pecore di forte effetto emotivo. È stata affrontata una grande varietà di temi, confondendo fede e gastronomia, civiltà e tradizioni, ma anche l’iniziativa concreta di COLDIRETTI “SalvaUnPastore” con quella legislativa che vuole impedire la macellazione di numerose specie, fra cui, appunto, gli ovini. Nel passato, dopo il cane, i primi animali addomesticati furono, circa 8.500 anni fa, pecore e capre nell’area della mezza luna fertile. Nacque così l’antica consuetudine di queste specie con l’uomo, impiegate nello sviluppo dell’agricoltura e per il contributo dato all’alimentazione. A quel tempo risale la loro rilevanza nelle religioni nate in quell’area come quella ebraica e poi quella cristiana, in cui scompaiono i sacrifici di animali e si forma l’evidenza simbolica. Le nascite primaverili sono collegate al rito celebrativo della Resurrezione. Si rafforza il simbolo dell’Agnus Dei, l’agnello innocente. Oggi la battaglia contro il consumo di carni ha scelto la sua fine brutale come indice di grande efficacia. Personalmente non accettiamo la morte dell’abbacchio, inutilmente cruenta, ma allo stesso tempo siamo convinti sostenitori della necessità per l’organismo uma-
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Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’associazione Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, e Silvio Berlusconi, si sono fatti ritrarre nella villa San Martino di Arcore con alcuni agnellini“scampati così alla mattanza pasquale”. Gli scatti sono immediatamente rimbalzati in rete e non sono mancate parecchie risposte ironiche sui social network (photo © TGCom24 – Mediaset).
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no di completare la sua nutrizione con gli alimenti di origine animale. La loro pericolosità viene associata dalla scienza all’eccesso quantitativo e alle modalità di preparazione delle carni, non al consumo in sé. L’azione di chi utilizza in maniera forzata l’immagine dell’agnello induce a molte riflessioni, su almeno due delle quali vorremmo fermarci. La prima riguarda la modalità con cui essa viene condotta, che è paradossalmente violenta sia per le frange più oltranziste, spesso fortemente ideologizzate in senso anti-società, sia per quelle più moderate e istituzionali, che vogliono l’affermazione della loro posizione con leggi che renderebbero obbligatori comportamenti individuali che sono invece liberi per loro natura. Un’imposizione inaccettabile in una società come la nostra, costruita sui diritti e le libertà fondamentali dell’umanità. La battaglia per la diffusione dell’alimentazione veg è lecita, come lo è il consumo di carni, ma in un contesto non coercitivo. Per non parlare del fatto che gli improvvisati salvatori degli agnelli sembrano ignorare una verità che ci è stata sottolineata da un pastore: senza agnelli la pecora non produce nemmeno latte, quindi non si fanno formaggi, ma soprattutto non si prolunga la catena madri-figli, con tanti saluti alla salvaguardia della specie. Il secondo aspetto riguarda l’attacco ad un’attività economica antica e importante come l’allevamento ovino (e caprino) per assecondare
La battaglia per la diffusione dell’alimentazione veg è lecita così come il consumo di carne, ma in un contesto non coercitivo. Per non parlare del fatto che gli improvvisati salvatori degli agnelli sembrano ignorare una verità che ci è stata sottolineata da un pastore: senza agnelli la pecora non produce nemmeno latte, quindi non si fanno formaggi, ma soprattutto non si prolunga la catena madri-figli, con tanti saluti alla salvaguardia della specie
una posizione ideologica che potrebbe essere sostenuta in modi meno drastici e dannosi per altri esseri umani come consumatori, agricoltori, allevatori, trasformatori di cibi derivati dagli ovicaprini. In Italia vengono allevati 6,2 milioni di capi ovini e 750.000 caprini. Le carni prodotte sono circa 60.000 tonnellate e collocano il nostro paese al settimo posto in Europa, con un valore, nel 2015, di 170 milioni di euro. Nonostante il modesto consumo, pari a 1,2 kg pro capite, il nostro paese deve importare circa un terzo del fabbisogno interno ed è al terzo posto fra i paesi europei come importatore. La produzione di latte è di 5,2 milioni di ettolitri per un valore di 570 milioni di euro e alimenta un flusso di esportazioni che solo per il Pecorino romano ammonta a 162 milioni di euro, a fronte di importazioni di formaggi pecorini pari in quantità a meno della metà. Il Pecorino romano, per
quantità prodotta e per valore, è al quinto posto fra i formaggi a denominazione protetta e al terzo per quelli esportati, dopo i due giganti Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Dunque un settore con grandi spazi, specie per territori fragili ed economicamente in difficoltà, come ora dopo il terremoto in Abruzzo. Non siamo certi che la questione possa essere imposta da una parte minoritaria, ma fortemente aggressiva. Ci chiediamo se questa battaglia, condotta con mezzi tanto rilevanti, abbia un senso logico ed economico e, se così fosse, quale sia. Se gli aspetti criticabili non possano essere affrontati con maggiore civiltà e senza imposizioni. I nostri agnelli, comunque li si considerino, meritano di meglio, come gli allevatori che li curano e il territorio che con essi vive da millenni. Dario Casati Accademia dei Georgofili www.georgofili.it
Assocarni e l’animalismo politico: per un pugno di voti si sputa nel piatto dove si mangia Con riferimento all’iniziativa del leader di Forza Italia che ha “adottato” 5 agnellini, aderendo alla campagna della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente “A Pasqua scegli la vita, scegli veg”, riteniamo incredibile che, per accaparrarsi l’elettorato animalista, SILVIO BERLUSCONI, pur essendo un imprenditore, contribuisca a danneggiare una filiera e un’industria come quella della carne, i cui consumi sono tra più equilibrati dell’Unione Europea (79 kg bovino, suino, pollame ovino e salumi) dando il colpo di grazia alla filiera ovina, che ha un ruolo fondamentale per la produzione di formaggi e carni di alta qualità, i cui allevamenti allo stato brado contribuiscono al mantenimento del territorio. Le reti Mediaset hanno incassato e continuano ad incassare miliardi promuovendo brand e eccellenze alimentari di origine animale (formaggi, salumi, ecc…) e Berlusconi viene opportunisticamente folgorato da conversione animalista. L’auspicio è che gli inserzionisti da ora in poi scelgano meglio. (Assocarni)
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Il semaforo della discordia Tornano alla carica i sostenitori dei colori nelle confezioni dei prodotti, utili ad identificare la natura dei cibi. Uno strumento dalle finalità apparentemente nobili che, nella sua applicazione, sta incontrando invece un coro di no di Sebastiano Corona
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e etichette sono oggi sempre più complete e ricche di informazioni utili se non necessarie al consumatore. Peccato che una loro corretta lettura non sia così facile, né scontata. Certe volte è difficoltoso, anche per gli addetti ai lavori, interpretarne alcuni elementi fondamentali. Chissà se l’intento di chi ha ideato l’etichet-
tatura a semaforo era — almeno inizialmente — quello di renderci la vita più facile davanti allo scaffale. Chissà se anche questa idea, che oggi appare ai più discutibile, sia in realtà nata un giorno con intenti nobili e condivisibili. A primo impatto, un sistema di tale immediatezza potrebbe sembrare la soluzione giusta per guidare
il consumatore verso il prodotto più sano e genuino. Con soli tre colori, rosso, giallo e verde, sarebbe dunque teoricamente facilissimo, secondo i britannici, stabilire se un certo alimento sia consigliabile o meno per mantenersi in salute. È stata la Gran Bretagna, infatti, a proporre questo strumento per la prima volta nel 2013. Strumento che oggi
L’etichetta a semaforo è un sistema in uso nel Regno Unito per segnalare i possibili impatti sulla salute dall’assunzione di alcuni cibi. Questo tipo di etichettatura, però, non solo non aiuterebbe minimamente il consumatore in sede d’acquisto, ma lo indurrebbe in errore, tanto più che i valori espressi sono calcolati su una base di 100 grammi di prodotto e non per singola porzione (photo © www.agrodolce.it).
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Questo strumento non solo non è utile al consumatore, ma appare come una grandissima trovata in termini di marketing, perché getta discredito su prodotti genuini, a vantaggio di quelli di sintesi e a basso costo. In più, si sta cercando di far apparire l’operazione come un’azione meritoria alla causa della promozione del buon cibo
è molto gradito ad alcune importanti multinazionali e non sembra dispiacere a Bruxelles, come invece era accaduto a suo tempo. I colori — che in questa nuova versione, nel caso, passerebbero da 3 a 5 — dovrebbero fare sintesi dei contenuti di grassi, sale, acidi e zucchero, ma il timore è che, in questo modo, cibi notoriamente nocivi acquistino improvvisamente il titolo di alimento naturale, mentre altri, contenenti importanti sostanze per il nostro benessere, vengano bollati come dannosi. A mostrare preoccupazione sono soprattutto i Paesi della dieta mediterranea, Italia in testa. E a destare sospetti sulla reale bontà del metodo c’è il fatto che diverse multinazionali, le più grandi del pianeta, abbiano accolto con entusiasmo la nuova prospettiva. Per fare un esempio di immediata comprensione, le bibite gassate senza zucchero, concentrati di prodotti chimici, avrebbero pieno titolo per acquisire il bollino verde, mentre l’olio extravergine d’oliva o un buon salume rischierebbero il semaforo rosso per valori di grasso in un caso e sale nell’altro. Per essere ancora più espliciti, nel confronto tra due bevande, una frizzante sugar free e un succo di frutta, sarebbe solo la prima ad apparire negli scaffali con bollino verde. Quella proposta dei cugini inglesi, che appariva ormai accantonata, è oggi all’ordine del giorno in sede europea. C’è però in atto una levata di scudi trasversale, guidata dall’Italia e capeggiata dal ministro Martina. Un’indignazione diffusa che per una volta, nel nostro Paese, mette d’accordo tutti, agricoltura, trasformazione e persino i consumatori. Il Ministero si è attivato immediatamente scrivendo una nota a Bruxelles, a cui hanno fatto seguito le rimostranze di COLDIRETTI e, separatamente, anche di CONFINDUSTRIA, che hanno annunciato iniziative di protesta. L’etichettatura a semaforo, infatti, non solo non aiuterebbe minimamente il consumatore in sede d’acquisto, ma lo indurrebbe in errore, tanto più che i valori espressi sono calcolati su una base di 100 grammi di prodotto e non per singola porzione, generando ulteriori equivoci sull’effettivo valore nutritivo dell’alimento. Quest’ultimo aspetto sarebbe l’unico a cui l’Unione Europea sembra al momento disposta a soprassedere. Per il resto, la direzione appare ormai presa, a dispetto delle numerosissime rimostranze, sebbene
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L’etichetta a semaforo prevede uno speciale bollino sulle confezioni con le tipiche colorazioni della segnaletica luminosa stradale: rosso per gli alimenti pericolosi, giallo per quelli da assumere con moderazione e verde, naturalmente, per quelli che non rappresentano alcun rischio. — è importante precisarlo — lo strumento diverrebbe, nel caso, ad uso volontario e non obbligatorio. Che il consumatore venga tratto in errore e non comprenda esattamente che il semaforo può avere un valore relativo, e per giunta fuor viante, è cosa ampiamente dimostrata. Sono state condotte, infatti, alcune sperimentazioni in altrettanti Paesi europei e i risultati hanno provato quanto si temeva: di fronte ai colori, il consumatore si disorienta e hanno la meglio prodotti poco consoni ad una dieta sana ed equilibrata, che non abbiamo difficoltà a definire “di livello inferiore”. Anche NOMISMA, noto istituto di ricerca, ha valutato l’impatto del semaforo nel mercato britannico, in merito ad alcune tipologie di prodotti francesi e italiani e i risultati si sono mostrati disastrosi, evidenzian-
do un calo delle vendite di alimenti tipici della Dieta Mediterranea. Da questo si rileva che il consumatore medio non è in grado, da solo e in presenza di uno strumento simile, di fare valutazioni in autonomia e di contestualizzare la validità dell’informazione che gli viene fornita. A gioire all’idea dell’introduzione del semaforo sono le grosse multinazionali — e non poteva essere altrimenti — che non hanno celato l’entusiasmo e anzi si stanno adoperando alacremente perché l’operazione veda davvero la luce. D’altronde, questo strumento non solo non è utile al consumatore, ma appare come una grandissima trovata in termini di marketing, perché getta discredito su prodotti genuini, a vantaggio di quelli di sintesi e a basso costo. In più, si sta cercando di far apparire l’operazione come
Anche in tale frangente Bruxelles conferma che l’Unione Europea difficilmente diventerà un unico organismo che si muove in armonia, nell’interesse di tutti. Rimarrà invece una semplice sommatoria di tante entità, contribuendo, con questa politica, ad alimentare le fila, già molto folte, degli anti-europeisti
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un’azione meritoria alla causa della promozione del buon cibo. Le multinazionali che stanno promuovendo l’iniziativa, infatti, alcune delle quali impegnate nell’acquisto di importanti aziende che hanno fatto la storia del made in Italy, sostengono che l’attenzione sui prodotti alimentari, in questo momento storico, è massima e che lo strumento del semaforo sia un grande contributo all’informazione al consumatore. I colossi mondiali del cibo — molto del quale è cibo “spazzatura” — dichiarano che il semaforo, così concepito, possa essere una grande conquista, prima per il pubblico che per essi stessi. In più promuovono questa operazione sottolineando la necessità di uniformare le comunicazioni al consumatore tra i vari Paesi che, pur essendo in un mercato comune, hanno norme in buona parte differenti. È in queste occasioni che emergono tutti i limiti dell’Unione Europea, così com’è oggi concepita. Un tempo Bruxelles si era mostrata perentoria nel negare questa possibilità alla Gran Bretagna, al punto che i britannici si erano visti costretti a fare appello alla Corte europea. Ma oggi si starebbe riflettendo sull’ipotesi di passare la “patata bollente” ai singoli Stati. Come altre volte accaduto, quando la situazione si fa difficile, anziché assumere una posizione chiara e dare un segnale esplicito, di reale tutela del consumatore, si demanda ai territori. Il rischio è di avere regole disomogenee in un contesto che invece meriterebbe sempre più norme comuni, visto che è comune il mercato. Questa sarebbe stata un’ottima occasione per compattare le diverse anime che albergano nel nostro Continente. Invece anche in tale frangente Bruxelles conferma che l’Unione difficilmente diventerà un unico organismo che si muove in armonia, nell’interesse di tutti. Rimarrà invece una semplice sommatoria di tante entità, contribuendo — con questa politica — ad alimentare le fila, già molto folte, degli anti-europeisti. Sebastiano Corona
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Vitelloni Piemontesi della Coscia, finalmente l’Igp Per la più importante razza bovina da carne italiana per consistenza numerica si aprono ora straordinarie occasioni di valorizzazione e di tutela, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo
È
stato finalmente ottenuto il riconoscimento IGP per la carne di Vitelloni Piemontesi della Coscia fortemente sostenuto dagli allevatori della COLDIRETTI da quando è partito l’iter nel 2009. Lo rende noto la stessa associazione nel sottolineare l’importanza della tutela comunitaria avvenuta con la pubblicazione della domanda di registrazione nella Gazzetta Ufficiale UE serie C del 23 dicembre
2016. Non viene infatti solo difesa una tradizione alimentare unica come la vera “battuta al coltello”, ma anche tutelato un patrimonio unico del made in Italy dal punto di vista della biodiversità, dell’ambiente e dell’economia con la razza bovina Piemontese che — sottolinea Coldiretti — conta oltre 350.000 capi con 6.000 aziende impegnate nell’allevamento, sia tradizionale sia legato al pascolamento in alpeggio,
garantendo così il presidio delle montagne e dei territori svantaggiati. Annualmente sono impiegati oltre 15.000 addetti, per un fatturato che, per il solo allevamento, vale oltre 500 milioni di euro e per l’intera filiera, comprendente logistica, trasporto, mangimistica, macellazione e sezionamento, raggiunge il miliardo e 30 milioni di euro. L’allevamento della Piemontese ha una presenza centenaria, rilevata per la
Allevamento di bovini di razza Piemontese. Molto rustica, la razza si adatta bene a qualunque condizione climatica ed ambientale (photo © langheroeromonferrato.net).
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Carni sostenibili: una nuova vittoria per le carni italiane La zona di produzione di questa razza bovina include le intere province di Asti, Alessandria, Cuneo, Torino, molti comuni delle province di Biella, Novara e Vercelli, oltre che, in Liguria, delle province di Savona e Imperia. Il rigido Disciplinare va dall’allevamento alla macellazione. L’alimentazione di questi bovini si basa su foraggi conservati che, per almeno il 70%, devono provenire da prati naturali e quindi da essenze provenienti dalla zona di produzione, o da prati artificiali costituiti da graminacee o leguminose. I mangimi sono consentiti in quantità percentualmente mai superiori ai foraggi. Ma cosa rende questi bovini così speciali? Da una parte il forte legame con il loro territorio: si traccia la presenza di questi animali in Piemonte e sull’Appennino ligure già da due secoli. Dall’altra le loro caratteristiche morfologiche e fisiologiche dovute a una particolare mutazione genetica registrata nel comune cuneese di Guarene già nel 1886: un gene del vitello “della coscia”, infatti, non è più in grado di esercitare la sua funzione regolatrice sulla produzione di miostatina, determinando così uno straordinario sviluppo muscolare sui quarti posteriori di questi animali. Questa peculiarità condiziona positivamente le caratteristiche organolettiche della carne, che può, tra l’altro, vantare un ridotto contenuto di lipidi, un elevato contenuto di proteine e, cosa molto apprezzata dai consumatori, un colore rosso chiaro brillante. La carne dei Vitelloni Piemontesi della Coscia sarà riconoscibile dall’etichetta, che conterrà questa stessa denominazione e il suo logo, la dicitura Indicazione Geografica Protetta (IGP) e il simbolo dell’Unione Europea. La “battuta al coltello”, insomma, è diventata ancora più buona. >> Link: www.carnisostenibili.it
prima volta nel 1886 nel comune di Guarene (CN). Il carattere “della coscia” che contraddistingue questi soggetti dipende dall’azione di uno specifico gene che, in virtù di tale mutazione specifica, non è più in grado di esercitare la sua funzione regolatrice sulla produzione di miostatina, determinando così uno straordinario sviluppo muscolare, particolarmente visibile sui quarti posteriori dei Vitelloni Piemontesi della
Carne di razza bovina Piemontese (photo © www.ricette10minuti.it).
Coscia, che condiziona positivamente le caratteristiche organolettiche della carne più apprezzate dai consumatori, il ridottissimo contenuto in lipidi, l’elevato contenuto in proteine, il colore dal rosato al rosso chiaro brillante. L’indicazione geografica protetta Vitelloni Piemontesi della Coscia è riservata alle carni ottenute dalla macellazione di bovini maschi e femmine di razza Piemontese iscritti
Le speciali caratteristiche che contraddistinguono questi soggetti dipendono dall’azione della miostatina, che determina uno straordinario sviluppo muscolare degli animali e condiziona positivamente le caratteristiche organolettiche della carne più apprezzate ovvero il ridotto contenuto in lipidi, l’elevato contenuto proteico, il colore dal rosato al rosso chiaro brillante
al relativo Libro Genealogico, o figli di genitori entrambi iscritti al Libro Genealogico, di età superiore a 12 mesi, allevati e ingrassati, dallo svezzamento alla macellazione, nella zona di produzione che riguarda, nella regione Piemonte, le province di Alessandria, Asti, Cuneo e Torino e alcuni comuni della provincia di Biella, di Novara, di Vercelli, mentre in Liguria sono interessati alcuni comuni della provincia di Savona e di Imperia. La carne sarà riconoscibile dall’etichetta che contiene la denominazione Vitelloni Piemontesi della Coscia, il logo della denominazione, la dicitura Indicazione Geografica Protetta anche abbreviata IGP e il simbolo dell’Unione Europea. In etichetta dovrà essere riportata la denominazione di vendita bovino adulto prevista dalla normativa nazionale vigente. >> Link: www.coldiretti.it
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Disciplinare di produzione dei “Vitelloni Piemontesi della Coscia” Igp Descrizione del prodotto L’indicazione geografica protetta Vitelloni Piemontesi della Coscia è riservata alle carni ottenute dalla macellazione di bovini maschi e femmine di razza Piemontese iscritti al relativo Libro Genealogico, o figli di genitori entrambi iscritti al Libro Genealogico, di età superiore a 12 mesi, allevati e ingrassati, dallo svezzamento alla macellazione, nella zona di produzione. Le carcasse da cui deriva la carne dei Vitelloni Piemontesi della Coscia sono valutate secondo la Tabella comunitaria di classificazione delle carcasse bovine. Categorie: A carcasse di giovani animali maschi non castrati di età inferiore a 24 mesi; C carcasse di animali maschi castrati; E carcasse di altri animali femmine. Classi di conformazione: S, E e U. Per la categoria E è ammessa la classificazione R. Stato di ingrassamento: 1, 2. Il peso a freddo delle carcasse deve essere superiore a: 360 kg per la categoria A; 260 kg per la categoria E; 320 kg per la categoria C. La resa alla macellazione deve essere ≥ 62% per i maschi e ≥ 59 % per le femmine e i castrati. Il periodo di frollatura dovrà essere minimo di 4 giorni a partire dalla data di macellazione. Il pH delle carcasse a 24 ore dalla macellazione deve essere inferiore a 6. La misurazione del pH avviene sul muscolo Longissimus thoracis. Il colore della carne varia dal rosato al rosso chiaro brillante. Alimenti per animali Dopo lo svezzamento, compreso tra 3 e 8 mesi di età, e fino alla macellazione, l’alimentazione dei bovini si basa su una quota di foraggio e su una quota di alimento concentrato. La prima è costituita, per almeno il 70 %, da prati naturali o coltivati appartenenti alla zona di produzione; la seconda da mangimi semplici o composti, eventualmente addizionati con mangimi minerali-vitaminici e additivi ammessi dalla normativa vigente. Il mangime somministrato deve contenere una percentuale di cereali e sottoprodotti di cereali superiore al 60% del totale dei componenti il mangime stesso. Il foraggio che cresce nella zona di produzione, rappresentato prevalentemente da graminacee e leguminose, possiede ottime proprietà bromatologiche che si traducono in un aumento sensibile dell’efficienza alimentare a beneficio, anche, dell’assimilazione degli altri alimenti più energetici. Ciò giustifica l’inclusione, nei mangimi destinati ai Vitelloni Piemontesi della Coscia, dell’alta quota di cereali, prodotti anch’essi nella zona di produzione, necessaria a soddisfare gli elevati fabbisogni energetici di questi bovini. In questo modo è possibile produrre carcasse con un’ottima resa alla macellazione, un giusto tenore in grasso, un notevole sviluppo della muscolatura, una buona riserva di glicogeno fondamentale per l’abbassamento del pH delle carcasse, necessario per un’ottima conservazione della carne. Fasi specifiche della produzione che devono avere luogo nella zona geografica delimitata L’allevamento e l’ingrassamento dei bovini avvengono nella zona di produzione che comprende questo territorio: • per la regione Piemonte: le province di Alessandria, Asti, Cuneo e Torino; la provincia di Biella limitatamente ai comuni di Benna, Biella, Borriana, Camburzano, Candelo, Cavaglià, Cerretto Castello, Cerrione, Cossato, Crosa, Donato, Dorzano, Gaglianico, Graglia, Lessona, Magnano, Massazza, Mongrando, Mottalciata, Muzzano, Netro, Occhieppo Inferiore, Occhieppo Superiore, Pollone, Ponderano, Quaregna, Roppolo, Sala Biellese, Salussola, Sandigliano, Sordevolo, Strona, Valdengo, Verrone, Villanova Biellese, Vigliano Biellese, Viverone, Torrazzo, Zimone, Zubiena, Zumaglia; la provincia di Novara limitatamente ai comuni di Agrate Conturbia, Barengo, Bellinzago Novarese, Biandrate, Bogogno, Borgomanero, Borgo Ticino, Briga Novarese, Briona, Caltignaga, Cameri, Carpignano Sesia, Casaleggio Novara, Castellazzo Novarese, Cavaglietto, Cavaglio d’Agogna, Cressa, Cureggio, Fara Novarese, Fontaneto d’Agogna, Galliate, Gattico, Ghemme, Gozzano, Invorio, Landiona, Mandello Vitta, Mezzomerico, Momo, Novara, Oleggio, Oleggio Castello, Paruzzaro, Recetto, Romagnano Sesia, San Nazzaro Sesia, San Pietro Mosezzo, Sillavengo, Sizzano, Suno, Vaprio d’Agogna, Veruno, Vicolungo; la provincia di Vercelli limitatamente ai comuni di Albano Vercellese, Alice Castello, Arborio, Balocco, Bianzè, Borgo d’Ale, Buronzo, Carisio, Casanova Elvo, San Giacomo Vercellese, Cigliano, Crescentino, Crova, Desana, Fontanetto Po, Formigliana, Gattinara, Ghislarengo, Greggio, Lamporo, Lenta, Livorno Ferraris, Moncrivello, Palazzolo Vercellese, Ronsecco, Rovasenda, Saluggia, San Germano Vercellese, Santhià, Trino, Tronzano Vercellese, Villarboit; • per la Regione Liguria: la provincia di Savona limitatamente ai comuni di Altare, Arnasco, Balestrino, Bardineto, Bormida, Cairo Montenotte, Calizzano, Carcare, Casanova Lerrone, Castelbianco, Castelvecchio di Rocca Barbena, Cengio, Cosseria, Dego, Erli, Giusvalla, Magliolo, Mallare, Massimino, Millesimo, Mioglia, Murialdo, Nasino, Onzo, Osiglia, Pallare, Piana Crixia, Plodio, Pontinvrea, Roccavignale, Sassello, Toirano, Urbe, Vendone, Zuccarello; la provincia di Imperia limitatamente ai comuni di Apricale, Armo, Aquila d’Arroscia, Aurigo, Borghetto d’Arroscia, Borgomaro, Caravonica, Castel Vittorio, Cesio, Chiusanico, Chiusavecchia, Cosio d’Arroscia, Diano Arentino, Diano
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San Pietro, Isolabona, Lucinasco, Mendatica, Montegrosso Pian Latte, Perinaldo, Pigna, Pieve di Teco, Pontedassio, Pornassio, Ranzo, Rezzo, Triora, Vessalico, Villa Faraldi. Etichettatura L’etichetta contiene la denominazione Vitelloni Piemontesi della Coscia o il logo della denominazione, la dicitura Indicazione Geografica Protetta anche abbreviata IGP e il simbolo dell’Unione Europea. In etichetta dovrà essere riportata la denominazione di vendita bovino adulto prevista dalla normativa nazionale vigente. Specificità del prodotto La carne dei Vitelloni Piemontesi della Coscia deriva da carcasse caratterizzate da un peso superiore a quello dei capi di tipo comune, da una maggior resa alla macellazione e allo spolpo e da uno stato di ingrassamento della carcassa scarso o molto scarso. Tali soggetti differiscono rispetto ad altri bovini per aspetti anatomici e fisiologici, in virtù di una mutazione genetica naturale rilevata, nel 1886, in Piemonte nella provincia di Cuneo. Il carattere della coscia che contraddistingue questi soggetti dipende, infatti, dall’azione di uno specifico gene situato sul cromosoma 2, noto come “gene della miostatina”. In virtù di tale mutazione specifica, l’attività del gene non è più in grado di esercitare la sua funzione regolatrice sulla produzione di miostatina, determinando così uno straordinario sviluppo muscolare, particolarmente visibile sui quarti posteriori dei Vitelloni Piemontesi della Coscia, che condiziona positivamente le caratteristiche organolettiche della carne più apprezzate dai consumatori, il ridottissimo contenuto in lipidi, l’elevato contenuto in proteine, il colore dal rosato al rosso chiaro brillante. La mutazione, agendo sullo sviluppo muscolare, in particolare di quello della coscia, determina un miglior accrescimento degli animali, il raggiungimento di un elevato peso delle carcasse che presentano un ridotto stato di ingrassamento e, soprattutto, una miglior resa alla macellazione e allo spolpo. Le potenzialità genetiche determinate dalla mutazione trovano la loro massima espressione grazie ad un’alimentazione, gestita dagli allevatori nel solco di una tradizione consolidata negli anni, che si fonda principalmente e convenientemente su foraggi e cereali locali.
Carne bovina inquinante, falsa verità Che i bovini da carne, come altri animali, provochino l’inquinamento terrestre, è un insieme di post-verità, argomento ricorrente dei vegetariani contro coloro che si nutrono di carne anche in giusta misura di Giovanni Ballarini
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olte sono le accuse rivolte a coloro che hanno una nutrizione onnivora. Tra queste, una delle più ricorrenti è che gli animali, soprattutto i ruminanti, siano causa di inquinamento, in particolare relativamente alla produzione gas serra, causa di riscaldamento del nostro pianeta.
Carne bovina e post-verità Parliamo di post-verità, dall’inglese post-truth, quando, in una discussione su un fatto o una notizia, la verità è considerata una questione di secondaria importanza rispetto alla notizia, che viene diffusa, per-
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cepita e accettata come “vera” dal pubblico sulla base di emozioni e sensazioni, senza alcuna analisi effettiva della veridicità o meno dei fatti reali. In una discussione caratterizzata da post-verità, i fatti oggettivi, chiaramente accertati, sono meno influenti nel formare l’opinione pubblica rispetto alle emozioni e convinzioni personali. Tra le post-verità alimentari spesso ripetute vi è quella che, mangiando carne, soprattutto bovina, si provoca il riscaldamento della terra, perché questi animali emettono gas in grado di accrescere l’effetto serra, fra cui il metano (CH4) e l’anidride
carbonica (CO2). Altre post-verità sono che gli animali consumano acqua e il loro allevamento industriale distrugge aree naturali meglio utilizzabili dagli allevamenti biologici. Ruminanti e gas serra Perché gli animali erbivori, e in particolare i ruminanti, producono gas? Vediamo il caso di un bovino da carne che arriva al peso di circa 600 kg e che ogni giorno ingerisce circa 10 kg di foraggi (peso secco), in gran parte costituiti da cellulose, emicellulose e, in misura minore, lignina e amidi. Una dieta assolutamente improponibile per le specie
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onnivore, tra le quali l’uomo. Non per niente il bovino da carne preso in considerazione e anche gli altri ruminanti sono dotati di un apparato digerente che comprende non uno, ma quattro stomaci. Nel primo stomaco (rumine) il cibo è sottoposto ad un’intensa fermentazione prodotta da microbi anaerobi e protozoi unicellulari, favorita da una temperatura di circa 40 °C e da un controllo dell’acidità, assicurato da alcune decine di litri di saliva prodotti ogni giorno e da una fine triturazione dei vegetali che sono masticati più volte. Alla fine della fermentazione il materiale è filtrato
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da altri due stomaci, arrivando poi nel quarto e, infine, nell’intestino. L’animale, quindi, non si nutre di quello che ha mangiato, ma di quello che deriva dalla fermentazione di quanto ingerito. Dalla fermentazione ruminale risulta una quantità di batteri e protozoi (fino a un chilogrammo giornaliero) ricchi di proteine e vitamine e si producono acidi grassi volatili (acetico, butirrico e soprattutto propionico) carichi di energia. Mentre le proteine e le vitamine sono digerite nel quarto stomaco e nell’intestino come negli altri animali, gli acidi grassi volatili
sono assorbiti dalla parete del rumine e rappresentano la principale fonte energetica per l’animale. Non mancano altri gas che hanno origine dalla fermentazione anaerobica: tra questi anidride carbonica e metano, in quantità giornaliere di diverse centinaia di litri, che sono eruttati dall’animale e, passando nell’atmosfera, possono contribuire all’effetto serra che sta provocando il riscaldamento climatico. Una verità incontrovertibile, ma incompleta. Ruminanti nel ciclo della vita Le fermentazioni ruminali sono sostenute da una flora microbica e
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I supposti 100.000 litri di acqua che si dice siano usati per produrre la carne bovina sono la somma di molte postverità che nel loro insieme non sono mai una verità (photo © kadarjan_roman@yahoo.com). protozoaria che deriva dalla parte superficiale dei suoli, dove microbi anaerobi e protozoi compiono la naturale degradazione dei vegetali morti in un continuo riciclo vitale, producendo sia materiale organico riutilizzabile da nuove erbe e piante, sia metano e anidride carbonica. Considerando per semplicità il ciclo vitale di una prateria, con o senza animali, tutti i vegetali a fine ciclo sono degradati e producono metano o anidride carbonica, sia che subiscano una fermentazione sulla terra, sia che questa fermentazione avvenga nell’animale. Di conseguenza gli animali non sono la causa di una produzione di gas serra. Anzi, a voler essere più precisi, si può sostenere che le fermentazioni ruminali indirizzate anche alla produzione di acidi grassi volatili diminuiscono la quantità di metano e anidride carbonica. Inoltre, la fermentazione ruminale non è mai completa; anche per questo la parte non fermentata eliminata con le feci costituisce un buon concime
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per la terra e può essere sottoposta a una seconda fermentazione in un bireattore per la produzione di metano, il cosiddetto gas naturale o biometano. Ruminanti e acqua Il prof. GIUSEPPE BERTONI dell’Università di Piacenza (Georgofili Info, 8 febbraio 2011) aveva già osservato che, partendo da un certo tipo di letteratura con approccio “leggero” ai problemi reali (quella che ora si chiama post-verità), si giungerebbe a qualche imprecisione. Ad esempio, corrisponde a verità che, per avere 1 kg di pollo, servono 3.500 litri di acqua? Com’è possibile che ne servano 100.000 litri per 1 kg di manzo, con un rapporto di quasi trenta volte? Anche in questo caso si sommano utilizzazioni (e non consumi!) di acqua nelle diverse fasi di allevamento, dalla terra alla tavola, non considerando che l’acqua in gran parte non è consumata, ma è solo acqua “di passaggio” nel suo ciclo naturale. L’acqua che serve per le coltivazioni (pioggia e irri-
gazioni) ricompare come acqua di scorrimento o di profondità, l’acqua di abbeverata degli animali ritorna come acqua di concimazione, e via dicendo. Per questo, i supposti 100.000 litri di acqua che sembrano usati per produrre la carne bovina (o altra carne) sono la somma di molte post-verità che, nel loro insieme, non sono mai una verità. Ruminanti e allevamenti biologici Senza farsi ingannare dalle parole e dalle immagini, non è detto che gli allevamenti naturali danneggino meno l’ambiente, anzi, a parità di produzione di carne, è vero il contrario. Considerando un bovino da carne che da 250 kg arriva a circa 630 kg di peso, nell’allevamento industriale sono necessari 240 giorni, in quello biologico circa 440 giorni. Questa diversa durata ha profonde conseguenze economiche e ambientali. Nel primo caso, per ogni chilo di carne prodotta si ha il rilascio di 0,14 kg di metano, mentre nell’allevamento biologico il metano rilasciato è oltre il
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Sistema di allevamento convenzionale vs biologico Convenzionale (razione base mais)
Biologico (al pascolo)
Peso iniziale (kg)
254
254
Peso finale (kg)
635
635
AMG (kg)
1,61
0,87
Periodo di allevamento (dì)
237
438
Energia mantenimento (Mcal/dì)
6,21
7,88
Energia accrescimento (Mcal/dì)
7,16
3,58
Energia complessiva (Mcal/ciclo/capo) *
9.775
28.251
Energia (Mcal/kg incremento)
25,6
74
Metano rilasciato (kg/kg incremento)
0,14
0,38
Totale richiesta terreno (ettari)
0,21
2,70
* Compresa l’energia necessaria per la coltivazione degli ingredienti componenti le diete. doppio (0,39 kg). Inoltre, con il sistema biologico è necessaria una disponibilità di terreno circa tredici volte superiore (0,21 ettari contro 2,70), con un maggiore impiego di terreno naturale. Circa il numero di persone che sono nutrite da un ettaro di terra, bisogna considerare le grandi diversità territoriali, pensando ad esempio che in molte parti del mondo i ruminanti sono la quasi unica fonte di alimenti pregiati (carne e latte) e, agli abitanti di steppe, tundre, aree desertiche e semi-desertiche ecc…, i ruminanti (renne, cammelli ecc…) assicurano quasi tutto, perché i terreni naturali non offrono sufficienti fonti alimentari, non essendo coltivabili. Post-verità della carne come inquinante In questi ultimi cinquant’anni la ricerca scientifica ha stabilito molte verità e permesso di affrontare con intelligenza molte questioni non ancora risolte, come ad esempio l’impatto ambientale della produzione di carne bovina, limitare i problemi e rendere meno oneroso ciò che per l’uomo è essenziale: una dieta mista, perché la nostra specie è onnivora e non erbivora. Inutili,
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fuorvianti, dannose, se non scandalistiche, sono invece le campagne mediatiche basate su post-verità che enfatizzano dati parziali e non contestualizzati. Oggi si è consapevoli dell’impatto ambientale delle automobili con motore a combustione; tuttavia, non si pensa certo a eliminare questo mezzo di trasporto, piuttosto a razionalizzare e ridurre l’uso delle auto private, a ridurre le emissioni nocive con nuovi mezzi di propulsione, anche se a volte non si valutano a sufficienza i rischi ambientali causati dalla produzione e dallo smaltimento delle batterie elettriche o dalla produzione d’idrogeno. Lo stesso vale per la carne (di qualsiasi specie animale) o per il latte, alimenti che non possono assolutamente essere eliminati, ma per i quali è necessario promuovere un uso più corretto, insieme ad un miglioramento della loro produzione grazie alle nuove conoscenze che permettono un riutilizzo e un riciclo degli alimenti e agli allevamenti di precisione o 4D, nei quali le singole conoscenze sono tra loro integrate in una verità totale e non in singole post-verità. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
Prevista per ottobre l’apertura del grande parco agroalimentare
Aspettando FICO! di Massimiliano Rella
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prirà ad ottobre alle porte di Bologna il più grande parco agroalimentare al mondo: FICO, Fabbrica Italiana Contadina, il progetto più ambizioso di OSCAR FARINETTI, già ideatore di Eataly. “FICO” sarà un luogo di promozione delle eccellenze italiane, un luogo di formazione e didattica, di intrattenimento e
ristorazione, con 45 spazi ristoro tra osterie, pizzerie, bar, caffè, ristoranti, ma soprattutto — ed è questo a fare la differenza — un luogo di produzione del cibo. Saranno infatti 40 le “fabbriche” contadine: pasta, formaggi, salumi, carni, uova, ortaggi, frutta, pane; tutto sarà prodotto all’interno di un’area di 80.000 m2, comprensiva di ampi spazi verdi,
laboratori di trasformazione, caseifici, salumifici, forni, allevamento di animali (capre, pollame, vacche, ecc…), in un’area collegata alla città con frequenti navette e aperta al pubblico gratuitamente. Dentro quest’avveniristico parco a tema si potrà mangiare a partire da pochi euro fino a proposte gourmet decisamente più care.
Prevista per ottobre l’apertura di FICO, l’avveniristica fabbrica contadina, ultimo ambizioso progetto di Farinetti.
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Un po’ fattoria, un po’ Disneyland del cibo, un po’ scuola, un po’ ipermercato Tante cose insieme per un’iniziativa unica nel suo genere che ha già acceso i riflettori mediatici sull’Italia, su Bologna e sui nostri giacimenti agroalimentari. L’80% degli ingredienti utilizzati nei 45 punti ristoro sarà prodotto internamente a FICO, in una logica di filiera corta e km 0. Tra i ristoranti ce ne sarà anche uno interamente dedicato a servire un centro congressi da 1.000 posti. «Il nostro Paese ha ereditato un grande patrimonio agroalimentare» ha commentato Farinetti durante la presentazione al centro congressi romano di Eataly a Roma. «Abbiamo 1.000 varietà di mele sulle 1.200 esistenti in Europa, 1.200 vitigni autoctoni, siamo al primo posto tra
i desideri dei turisti mondiali ma al quinto per effettiva attrazione, dietro ad altri Paesi. C’è un problema tra quel primo e il quinto posto: il problema siamo noi. Con FICO — promette Farinetti — vogliamo farci perdonare la fortuna d’essere nati in Italia con il più grande parco agroalimentare mai realizzato al mondo. L’obiettivo è di far arrivare ogni anno 2 milioni di turisti internazionali, mezzo milione di bambini e studenti e 1 milione dei 17 milioni di pensionati italiani». E se FICO rischia d’apparire come un luogo di spettacolarizzazione del cibo, come un nonluogo, un grande contenitore di eccellenze delle province italiane ma fisicamente accentrato nel cuore dell’Emilia, sarà in ogni caso
un grande attrattore per il made in Italy, anche un primo approccio verso l’agroalimentare di qualità per quella parte di pubblico meno esperta. Sarà però anche un veicolo di promozione dei territori dove nascono tradizionalmente quei prodotti delle nostre regioni? Ovvero, da questa operazione trarrà beneficio anche il turismo enogastronomico nel resto d’Italia? Oppure FICO sarà principalmente un attrattore locale-regionale? «Abbiamo fatto un accordo con l’UNESCO per promuovere i nostri 51 siti protetti, il più alto numero al mondo, uno più della Cina», ha dichiarato Farinetti. Una cosa al momento è certa: FICO darà lavoro direttamente a 700 persone e a 3.000 nell’indotto.
L’area su cui si svilupperà FICO è di 80.000 m2.
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Fuoco, mare, animali, terra, bottiglia e futuro Tanti i nomi che salgono sul carro di questa nuova avventura dell’imprenditore di Alba. Per la ristorazione a tema, ad esempio, il ristorante La Pasta proporrà i primi piatti della Trattoria di Amerigo (Savigno, BO); il ristorante Il Pesce vedrà ai fornelli i fratelli Raschi del ristorante Guido di Rimini; il Salumi e Formaggi-Osteria del Culatello sarà curato da Antica Ardenga (Diolo, Soragna, PR); il ristorante La Carne proporrà piatti di razze bovine come piemontese e chianina, ma anche selvaggina e cacciagione, grazie al consorzio piemontese La Granda e alla famiglia Zivieri, macellai e norcini di Monzuno (BO). La pizza napoletana sarà preparata da Rossopomodoro, e così via. Inoltre, troveremo un cocktail bar che usa solo ingredienti italiani. Invece sul fronte della produzione tanti chioschi e piccole botteghe: la Porchetta di Renzini di Norcia, la Piadina di Romagna Food, il Pollo Campese. In alcune delle 40 “fabbriche” che produrranno a FICO il meglio dell’enogastronomia nazionale sarà possibile degustare autentiche specialità: la Prosciutteria di Ruliano, Mortadella World gestita dal Consorzio della Mortadella di Bologna IGP, i salumi di Nero di Calabria e Cinta senese del chiosco Il Suino Nero, gestito da Madeo (Calabria) e Savigni (Toscana). Inoltre, produzione di Pasta di Campofilone, Pastificio Gragnanese e chioschi di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Per tutti anche piste ciclabili interne e 6 grandi giostre multimediali educative per un percorso didattico che descrive il rapporto dell’uomo con le principali scoperte del mondo naturale: fuoco, mare, animali, terra, bottiglia e futuro. E ogni giorno 30 eventi e 50 corsi. Massimiliano Rella
Parco a tema avveniristico con spazi ristoro, dalla produzione di formaggio alla tartufaia, FICO sarà soprattutto un luogo di produzione del cibo.
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FICO – Eatalyworld Srl Via Paolo Canali 1 – 40127 Bologna Web: eatalyworld.it www.instagram.com/eatalyworld www.facebook.com/eatalyworld
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DEF e “manovrina” primaverile di Cosimo Sorrentino
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l Consiglio dei Ministri ha varato, a metà aprile, a ridosso del termine previsto dalla Legge 39/2011, il DEF (Documento di Economia e Finanza), da trasmettere alla Commissione della UE dopo l’approvazione parlamentare. In contemporanea il Governo ha anche approvato la cosiddetta “manovrina” da 3,4 miliardi, di cui abbiamo già scritto in precedenza, che rappresenta un vero e proprio anticipo della maxi-manovra da stabilire in autunno. Per quanto riguarda il primo importante provvedimento, si tratta del principale strumento di programmazione economico-finanziaria a disposizione del Governo per fissare le strategie da attuare nel medio termine e costituisce la base per la legge di bilancio annuale; essa verrà poi modificata e integrata attraverso la nota di aggiornamento che sarà presentata a settembre. Analizzandolo nelle sue varie parti, il DEF 2017 non consente, a prima vista, di esprimere un giudizio pienamente soddisfacente sulle reali prospettive
della nostra economia. Infatti, il nostro Paese, come già nel recente passato, rispetta il parametro del 3% del rapporto deficit/PIL, ma non riesce a ridurre il debito che, secondo gli ultimi recenti dati disponibili, ammonta a 2.240 miliardi di euro. Perciò si può affermare, in generale, che i principali dati macro-economici, pur ammettendo la costante ripresa degli ultimi anni, confermano il livello poco significativo dei miglioramenti, tanto che, almeno in questa fase previsionale, si registra una tendenza alla diminuzione della crescita e dello sviluppo per il biennio 2018-2019. Tuttavia, i principali obiettivi del DEF sono costituiti dal taglio del cuneo fiscale per le fasce più deboli e dal disinnesco delle ormai ben note clausole di salvaguardia riguardanti l’IVA, nonché da nuove ipotesi di riduzione della spesa pubblica. Il PIL è atteso in crescita, ma meno di quanto previsto lo scorso anno e soprattutto in una prospettiva di riduzione nei prossimi anni: per il corrente anno +1,1%, mentre per
il biennio 2018-2019 solo +1%. Ciò non risulta in linea con le necessità del nostro Paese, poiché si tratta di un andamento che conferma le difficoltà di un deciso recupero dopo le traversie della crisi. Il rapporto deficit/PIL si attesta in discesa al 2,1% nel corrente anno, mentre sono previste ulteriori diminuzioni all’1,2% nel 2018 e allo 0,2% nel 2019. In sostanza, quindi, sarà necessario ancora ampliare il deficit pubblico rispetto alle previsioni, facendo ricorso alle clausole di flessibilità con le note querele tra Italia e UE. Il pareggio di bilancio è rinviato dal 2019 al 2020; ciò fa pensare che si sia orientati a servirsi ancora del deficit nel rispetto del 3% in modo da rendere possibile il rafforzamento della crescita mediante il potenziamento delle risorse disponibili. Il rapporto debito pubblico/ PIL scenderà più lentamente del previsto al 132,5%, al 131% nel 2018 e al 128,2% nel 2019, anche se molti dubbi continuano ad angosciarci per questo enorme fardello. Tra le altre prospettive si indicano dimi-
Il Consiglio dei Ministri approva il Documento di Economia e Finanza (photo © Tiberio Barchielli).
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nuzioni del tasso di disoccupazione e della pressione fiscale, ma con progressi che appaiono marginali e poco significativi, in un contesto tutt’altro che favorevole, in quanto anche le manovre di politica monetaria adottate dalla Banca Centrale Europea tendono ad esaurirsi, costituendo esse soltanto un rimedio temporaneo e congiunturale alle difficoltà esistenti. Tali difficoltà vengono evidenziate anche dal Fondo Monetario Internazionale, per il quale l’Italia resta ancora fanalino di coda nell’Unione Europea, pur manifestando una leggera crescita in un contesto di prevista ripresa mondiale che accelererà quest’anno e anche il prossimo (si potrà registrare un +3,6%). Per quanto riguarda, poi, l’attuazione della cosiddetta “manovrina” accennata, il Governo ha portato a termine l’impegno con la UE, pubblicando in Gazzetta Ufficiale il DL che contiene la correzione dei conti richiesti per il corrente anno. Detto provvedimento vale lo 0,2% del PIL, in cifra
assoluta 3,1%miliardi di disavanzo in meno, e serve ad evitare che sia aperta, nei confronti del nostro Paese, una procedura a causa dell’eccessivo debito esistente, che, come detto, stenta ad iniziare il suo percorso di riduzione rispetto al PIL. Come giustificazione il Governo ha invocato una serie di “fattori rilevanti”; tra questi, oltre alle avverse condizioni economiche che includono la “quasi” deflazione di questi anni, vi era anche l’impegno a ridurre il deficit 2017 come segnale di buona volontà. Per lo scorso anno l’Italia aveva ottenuto un margine di flessibilità pari quasi a un punto di PIL, di cui circa lo 0,5% legato alle riforme strutturali già implementate e il resto, in buona parte, come “clausola degli investimenti”. L’Unione Europea ha però già avuto modo di avanzare dubbi sulla prosecuzione di questo processo di riforme, per le quali intende verificare se esse siano state attuate o meno. Nel provvedimento, tra l’altro, è stato esplicitato l’avvio
della cancellazione degli aumenti IVA per il 2018; più precisamente lo scatto di tre punti dell’aliquota agevolata del 10% viene dimezzato, mentre resta in piedi quello previsto per l’aliquota ordinaria dal 22 al 25%. Resta l’impegno, comunque solo politico, ad eliminare tutti gli aumenti previsti. Per quanto sopra detto si può osservare che la manovra di politica economica delineata dal Governo appare come la continuazione di quella condotta negli ultimi quattro anni, con l’accordo, che è sembrato severo ma, in ultima analisi, accondiscendente, dell’Unione Europea, e lo sforzo è quello di attenuare (non di rifiutare) le richieste di austerità. Certo, così facendo la crisi italiana è destinata a continuare, ma la speranza è che le cose possano evolvere in modo più positivo, consentendo al nostro Paese di presentare miglioramenti nel prossimo autunno con risultati superiori alle aspettative. Cosimo Sorrentino
AVVISO D’ASTA
Attrezzature ed impianti di frigomacello Si comunica che in data 11/7/2017 alle ore 11:30 presso il Tribunale di Patti – Aula d’udienza (Professionista delegato Avv. Barbara Schepis), per delega del Tribunale Fallimentare di Messina – Fall. n. 6/2014 si terrà la vendita senza incanto dei seguenti beni in blocco costituenti attrezzature ed impianti di FRIGOMACELLO: 1. impianto elettrico quadri; 2. impianto idrico con addolcitore e centrale vapore; 3. impianto industriale GPL ed incenerimento; 4. impianto ad aria compressa; 5. impianto per celle refrigerazione carni; 6. linea di macellazione bovini; 7. linea di macellazione suini; 8. linea di macellazione ovini-caprini; 9. sistema di pesatura; 10. sistemi di ausilio per il ciclo di lavorazione; 11. guidovia; 12. attrezzatura varie. Prezzo base d’asta: € 191.213,92 (oltre IVA); offerta minima: € 143.410,44 (oltre IVA). Le offerte di acquisto, unitamente alla cauzione pari al 10% del prezzo offerto, dovranno essere presentate in busta chiusa presso lo studio del professionista delegato, sito in Brolo (ME), Via Libertà 66, entro le ore 12:00 del giorno che precede la data della vendita. Per maggiori informazioni in ordine alle modalità di presentazione delle offerte, alle condizioni generali della vendita, allo stato delle attrezzature, per la visione della perizia di stima e per eventuali visite è possibile contattare il professionista delegato Avv. Barbara Schepis ai numeri: 0941 561448 - 347 3480850.
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. IZSVe sempre più social È attiva su Facebook la pagina ufficiale dell’IZSVE, l’ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLE VENEZIE, al link www.facebook.com/izsvenezie. Gli obiettivi di questa presenza sul social network più trafficato dagli utenti del web è quella di far conoscere ancora di più le attività di ricerca e controllo, i servizi erogati, le iniziative di formazione e comunicazione condotte dall’IZSVe, nonché ascoltare l’utenza di riferimento e raccogliere informazioni e opinioni sulle attività e i servizi forniti (in foto, ispezione delle mezzene all’interno di un macello; photo © contrastwerkstatt – Fotolia).
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2. Lamb locator made in USA È ben fatto il sito web della carne di agnello a stelle e strisce www.americanlamb.com, realizzato dall’A MERICAN L AMB BOARD, associazione che raccoglie allevatori, macellatori e trasformatori sotto la supervisione del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. Bella l’idea del Lamb locator, che sulla mappa degli USA, attraverso la digitazione del codice di avviamento postale (CAP), segnala all’utente il ristorante, la macelleria, il supermercato più vicini che offrono e vendono l’American Lamb.
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meat Benedetti
3. Tramshed, carne e arte Se non avete modo di volare a Londra per provare la sua cucina, potete almeno dare un’occhiata al sito web di TRAMSHED, il ristorante molto carnivoro di MARK HIX, accessibile al link www.hixrestaurants.co.uk/restaurant/ tramshed. Il locale ospita installazioni e opere d’arte moderna che rendono l’atmosfera unica e davvero speciale. Ampia la scelta tra i vari menu, che offrono piatti anche per la clientela vegana e per gli amanti del pesce. Nella foto un dettaglio della gigantesca scultura al centro del locale (photo © decoholic.org).
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4. Arrosticini abruzzesi 2.0 Volete acquistare gli arrosticini abruzzesi on-line? Facile con ciccarni.it/arrosticini, il portale che C.I.C. CARNI, azienda di San Giovanni Teatino (CH), ha realizzato per diffondere la cultura di questo tipico prodotto della tradizione a base di carne ovina. Lo shop propone un’ampia offerta di arrosticini, oltre a tagli di manzo, agnello, maiale, salumi, griglie e accessori (in foto, arrosticini con fegato e cipolla; photo © ciccarni.it).
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Le foto dei cibi su Instagram aiutano gli utenti a mangiare sano Un nuovo studio dei ricercatori dell’Università di Washington riporta che alcune persone pubblicano su Instagram le foto dei cibi per tenere traccia di quello che mangiano o per essere ritenute a favore di un’alimentazione sana e dietetica. Nel corso della realizzazione di un test presentato in occasione di CHI 2017 (Conference on Human Factors in Computing Systems), conferenza svoltasi a Denver (USA) dal all’11 maggio scorsi, i ricercatori hanno intervistato 16 persone che fotografano e condividono costantemente quello che mangiano su Instagram, analizzando i benefici e le sfide dell’utilizzo dei social media per raggiungere obiettivi in termini di dieta e fitness. Il team di ricerca utilizzerà i risultati per delineare nuovi strumenti di supporto a favore di comportamenti sani. Invece di utilizzare semplicemente un tradizionale quaderno o un’applicazione che richiede agli utenti di scrivere o registrare tutto ciò che mangiano, gli intervistati usano scattare foto di ciò che hanno mangiato in un giorno, dalle ciotole di frutta sana al burrito, e le condividono su Instagram utilizzando hashtag come #fooddiary o #foodjournal. «Utilizzare le foto è più divertente che prendere nota su un quaderno o digitare centinaia di parole in un’applicazione», ha dichiarato Christina Chung, ricercatrice del Dipartimento Human Centered Design and Engineering all’Università di Washington che si sta occupando dello studio. «Inoltre, da un punto di vista sociale, è più discreto e permette di non far capire a tutti che si sta seguendo una dieta, anche se si è a cena fuori con gli amici: tutti scattano foto e nessuno se ne meraviglia». Oltretutto, avere sotto gli occhi tutto quello che si è mangiato in un giorno, sia in termini di volume che di qualità, può aiutare le persone a individuare problemi. L’importanza della condivisione e della community per mantenere i propri obiettivi Gli intervistati hanno affermato che il sostegno sociale ed emotivo degli altri utenti di Instagram li ha aiutati a rispettare i propri obiettivi e molti si sono impegnati a fornire tale supporto ad altri. In alcuni casi, sentirsi responsabile di altri utenti ha stimolato la gente ad essere più onesta sulle proprie abitudini alimentari. Una donna che in precedenza aveva usato l’app MyFitnessPal per tenere traccia della sua dieta, ha detto che spesso si auto-giustificava dicendosi che non aveva bisogno di registrare un sacchetto di patatine, dato che era minuscolo. Visto che Instagram permette di creare account diversi per scopi diversi sotto lo stesso profilo utente, gli intervistati hanno individuato più facilmente le community e gli utenti con interessi simili: monitoraggio degli alimenti, perdita di peso, mangiare sano, evitando però di coinvolgere amici e familiari non erano interessati a vedere le immagini di quello che mangiavano. Le persone hanno segnalato alcune incongruenze tra il desiderio di restare onesti su ciò che mangiavano e la riluttanza a fotografare il cibo percepito come indesiderato. Ma gli utenti che alla fine hanno raggiunto i propri obiettivi in termini di perdita di peso o fitness hanno anche scoperto che rimanere su Instagram, e fare da mentore incoraggiando gli altri, ha reso più facile mantenere i comportamenti desiderati e continuare ad essere consapevoli dello Un’immagine del bel profilo instagram dell’azienda romana Procarni Srl, mol- stato di salute raggiunto (fonte: Science Daily – UNAItalia). to attiva sul canale social e accessibile al link www.instagram.com/procarni_srl
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com
La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
Ricetta
Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com
Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl
Tel: +31 055 549 82 22 E-mail: info@esafoods.com
AZIENDE
Consorzio: Carne + Qualità + Piemonte Intervista a Marco Favaro, presidente del Consorzio Carni Qualità Piemonte, una realtà che unisce l’allevamento all’industria all’insegna di un prodotto di qualità e nel rispetto del concetto “dalla terra alla tavola” di Elena Benedetti
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iliera integrata, trasparenza e qualità del prodotto: questi i tre concetti principali emersi dall’intervista a MARCO FAVARO, presidente di Consorzio Carni Qualità
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Piemonte, o, come scherzosamente ama autodefinirsi, “l’animatore” di questa bella realtà tutta piemontese che oggi conta 40.000 capi di bovini di razze pregiate da carne.
Che cos’è CCQP? «Il Consorzio Carni Qualità Piemonte fu costituito nel 2001, promosso dalle organizzazioni professionali (COLDIRETTI, CONFAGRICOLTURA, CIA)
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e dalle associazioni dei produttori piemontesi, ASPROCARNE e AGRIPIEMONTE CARNE, oggi unite nell’organizzazione Produttori Carne Piemonte. Sono trascorsi 16 anni e parecchio lavoro è stato fatto per costruire una vera e propria filiera integrata che mette in relazione la produzione, ovvero le aziende agricole di allevatori piemontesi, con il mercato». Facile a dirsi ma, immagino, assai complesso da realizzare… «Proprio così. Il lavoro del Consorzio è infatti esattamente quello di creare un connubio tra allevamento ed industria. Ciò ha permesso di ottenere un prodotto di qualità nel pieno rispetto del concetto “dalla terra alla tavola”. Non dobbiamo dimenticare che il processo produttivo parte dall’allevamento, passa attraverso la fase della macellazione, del taglio e disosso e si conclude con la spedi-
zione dei prodotti in osso o confezionati sottovuoto, il trasporto e la commercializzazione». Quali sono le caratteristiche dell’impianto di macellazione? «La struttura di macellazione è stata acquisita e completamente ristrutturata a partire dal 2013. Il Macello Piemonte Nord Srl è una società che è parte operativa del Consorzio Carni Qualità Piemonte e ha sede a Carema (TO). All’interno dello stabilimento lavoriamo attualmente circa 12.000 capi su base annua, che è solo una parte dell’intera produzione dei nostri associati (40.000 capi annui). Il Consorzio aderisce ad Asprocarne Piemonte e insieme a questa organizzazione di produttori di carni bovine arriviamo a 110.000 capi annui. Nel macello ciascuna fase di lavorazione è sottoposta a rigorosi criteri di controllo e di verifica, secondo quanto richiesto dalla normativa attuale e dagli standard volontari applicati nell’ambito della produzione di carne fresca e confezionata sottovuoto». Qual è il vostro punto di forza? «Sicuramente la condivisione. La nostra idea è quella di incrementare gli accordi per avvicinare la produzione, ovvero i nostri soci allevatori, ai vari mercati di sbocco che sono rappresentati dalle insegne della GDO, dal canale tradizionale delle macellerie e gastronomie e anche da una clientela estera oggi particolarmente interessata alla nostra pregiata carne Piemontese. Io non ho paura dei controlli e della tracciabilità. Noi veniamo da una tradizione di accordi. Se vuoi ottenere dei risultati devi coinvolgere l’allevatore. Devi lavorare con lui per ottenere una filiera sempre più trasparente e non solo sottometterlo in una soccida asfissiante».
La nostra idea è quella di avvicinare la produzione, ovvero i nostri soci allevatori, ai vari mercati di sbocco che sono rappresentati dalle insegne della GDO, dal canale tradizionale, macellerie e gastronomie, e da una clientela estera oggi particolarmente interessata alla pregiata carne Piemontese
Il territorio è il nostro vero punto di forza, sostiene convinto il presidente CCQP Marco Favaro. Riteniamo che il Piemonte abbia la vera qualità e la parola “qualità” compare, non a caso, nel nostro marchio.
La trasparenza è un altro concetto che sta molto a cuore del Consorzio Carni Qualità Piemonte o sbaglio? «Assolutamente. Per noi il concetto di filiera trasparente coinvolge diversi temi, dal benessere animale agli allevamenti certificati che rispondono ai crismi delle buone
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Il fiore all’occhiello del Consorzio Carni Qualità Piemonte è la razza Piemontese, razza pregiata da carne italiana che fa numeri importanti. pratiche agricole fino, naturalmente, alla tracciabilità del prodotto». Quali sono i vantaggi nell’impostare un piano integrato e condiviso con l’allevatore? «Prima il mondo della distribuzione, ovvero la GDO, si rivolgeva al macello e chiedeva una certa selezione, un dato prodotto a un certo prezzo spesso negoziato al ribasso, l’allevatore era condizionato a produrre con parecchi vincoli. Oggi vogliamo lavorare in modo diverso, coinvolgendo tutti, anche e soprattutto gli allevatori. Perché così ne guadagna il prodotto finale». Sul fronte del prodotto qual è la vostra offerta? «Il nostro fiore all’occhiello è la razza Piemontese, l’unica — a mio parere — vera razza pregiata da carne italiana che fa numeri importanti. In merito all’offerta di prodotti dal macello proponiamo mezzene, quarti, sottovuoto sia per le razze francesi (soprattutto Blonde d’Aquitaine, Charolais e Limousin) che nazionali, con la Piemontese sia maschio che femmina in varie
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pezzature e tagli anche scompensati. Stiamo lavorando parecchio per le mense mentre abbiamo accordi anche con altre strutture di lavorazione per offrire alla nostra clientela prodotti in skin e in atmosfera modificata, utili per determinati canale di vendita. È in fase di stesura un disciplinare di etichettatura per una filiera senza antibiotico dall’origine». Il territorio è il vostro punto di forza? «Totalmente. Riteniamo che il Piemonte abbia la vera qualità, e la parola “Qualità” è, non a caso, anche nel nostro marchio. L’esperienza dell’ingrasso da noi è di lunga data e pone le radici nella razza Piemontese che, mediamente, è di difficile ingrasso; così i nostri allevatori da sempre si sono ingegnati a cercare i prodotti migliori per foraggiare gli animali, senza usare quei sottoprodotti a basso costo che spesso vengono impiegati, in quanto la nostra regione è più isolata e lontana dai porti. E poi non dimentichiamo che qui c’è una tradizione di controlli rigorosi da parte dei nostri veterinari. Insomma, tutte le carte sono in regola per fare bene e per
offrire un prodotto di eccellenza sui vari mercati di vendita, dal banco macelleria al banco carni del supermercato. Avvicinando così l’allevatore piemontese, detentore di quella conoscenza ed esperienza che lo rende così prezioso, al consumatore». Elena Benedetti
Consorzio Carni Qualità Piemonte Macello Piemonte Nord Srl Via Nazionale 13 10010 Carema (TO) Telefono: 0125 806862 E-mail: info@consorziocarnipiemonte.it Web: www.consorziocarnipiemonte.it
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COMMERCIALIZZAZIONE
La futura Bibbia dell’agroalimentare negli Stati Uniti d’America
Gli USA riscrivono le regole in fatto di igiene e sicurezza e tutto il mondo si adegua di Guido Guidi
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l contrario di quanto è stato erroneamente percepito nel resto del mercato globale, quella degli USA non vuole essere una politica restrittiva sull’importazione. La finalità è quella della sicurezza e lo è anche rispetto ad atti terroristici che il Governo federale teme possano essere attuati attraverso il cibo. Si chiama Food Safety Modernization
Act ed equivale al nostro Pacchetto Igiene. È quindi il documento destinato a diventare la Bibbia dell’agroalimentare negli Stati Uniti d’America. Fulcro dei nuovi protocolli è l’obbligo, per tutte le imprese che commercializzano prodotti alimentari negli USA, di adottare il sistema Hazard Analysis and Risk-Based Preventive Controls, una procedura di autocontrollo
molto simile al nostro HACCP. Si tratta infatti di un sistema di controllo e prevenzione dei rischi, insiti nel trattamento e produzione di prodotti, che ogni azienda deve considerare al proprio interno. Nella stessa norma vengono conferiti importanti e nuovi poteri alla Food and Drug Administration (FDA), quell’ente che potremmo semplicisticamente considerare
Gli Stati Uniti hanno messo a punto norme più severe per la commercializzazione dei prodotti alimentari che riguarderanno sia i prodotti del Paese che quelli d’importazione (photo © www.agraeditrice.it).
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Sin dal 1936 la Merlo Ercole S.r.l. è un punto di riferimento nell’importazione e distribuzione di tagli, refrigerati e congelati di pregiate carni bovine sudamericane.
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Fulcro dei nuovi protocolli statunitensi è l’obbligo, per tutte le imprese che commercializzano prodotti alimentari negli USA, di adottare il sistema Hazard Analysis and Risk-Based Preventive Controls, una procedura di autocontrollo molto simile al nostro HACCP (photo © Liudmyla Supynska). come l’equivalente dell’EFSA in Europa. A questo organismo sono riconosciuti compiti di controllo sanitario su alimenti e farmaci commercializzati nel Paese. Pertanto il suo ruolo diverrà prevalentemente di prevenzione dei danni derivanti dalla cattiva qualità degli alimenti, sia quelli prodotti localmente, che quelli importati. Ma la FDA ha così acquisito in questa sede anche nuovi poteri coercitivi, mirati ad ottenere maggiore adesione agli standard di sicurezza alimentare in generale.
La norma, licenziata dall’amministrazione Obama nel 2011, è molto vasta ed introduce, tra le varie cose, nuovi strumenti per assicurare che i prodotti alimentari importati rispondano agli stessi standard di quelli prodotti nel Paese, oltre a richiedere la costituzione di un sistema integrato nazionale di sicurezza alimentare, in collaborazione con le autorità statali e locali. Alcuni di questi passaggi si sono già attuati, come per esempio, l’attribuzione del potere che permette alla FDA di ordinare alle aziende il richiamo di prodotti. Altri, invece,
La nuova disciplina per la commercializzazione dei prodotti alimentari era attesa da tempo e si presenta decisamente in ritardo, sia sulla propria tabella di marcia iniziale che su provvedimenti europei similari, introdotti invece anni fa. E non varrà tanto o solo per le produzioni in ingresso negli Stati Uniti, ma anche per il mercato interno, senza distinzioni di sorta
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necessitano di ulteriori norme di attuazione. Con le stesse modalità di entrata in vigore a più step, anche l’obbligo per le imprese è diviso in scadenze diverse, a seconda dei parametri aziendali. Facendo una valutazione complessiva si può osservare che, sebbene la nuova norma rappresenti per i nostri produttori l’ennesimo onere, la sua introduzione è comunque un fatto positivo, non solo per i consumatori statunitensi, ma anche per gli esportatori europei. Le aziende dell’Eurozona si presentano infatti negli USA con produzioni di qualità medio alta e sono già da decenni soggette, in casa propria, a norme di stessa complessità e garanzia di quelle statunitensi. Il confronto quindi non solo non sarà traumatico, ma offrirà l’occasione di giocare una carta che un tempo, nel mercato, rimaneva nascosta e non poteva essere spesa. Non ci sono dubbi sul fatto che nel confronto con Paesi dove
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le regole e i controlli sui prodotti non sono adeguate, i nostri avranno la meglio. È bene altresì precisare che le nuove disposizioni non generano obblighi specifici per l’importazione, poiché la documentazione e le procedure richieste per l’ingresso negli Stati Uniti rimangono sostanzialmente le stesse. Tuttavia, l’adozione del protocollo HARPC è invece fondamentale ed obbligatoria in sede di ispezione degli impianti di produzione e dei magazzini, da parte della FDA. Alle aziende produttrici che non si fossero dotate di un sistema HARPC sarà vietato importare specialità alimentari negli Stati Uniti. Questo implica che qualunque importatore, dovendosi cautelare, a propria tutela richieda la prova dell’applicazione delle suddette norme. Il FSMA è composto da più parti, relative a temi comuni quali la prevenzione, l’aspetto ispettivo e la conformità alla norma, la sicurezza nella fase di importazione, la partnership e il miglioramento. La prima rule è finalizzata alla valutazione e prevenzione, ma comprende strumenti di monitoraggio di registrazione e relative azioni correttive. I soggetti interessati sono tutti i produttori alimentari, con alcune eccezioni relative ai settori dei succhi di frutta, del pesce, del vino e degli alcolici. I contenuti delle rules sulle ispezioni lasciano intravedere un aumento dei controlli, ma anche un metodo che prevede la valutazione dell’analisi del rischio specifico e la relativa risposta dell’azienda. Ogni caso si potrà pertanto considerare un caso a sé. Partnership e collaborazioni necessarie per aumentare la sicurezza a livello mondiale Allo scopo di elevare il livello complessivo della sicurezza alimentare, gli USA sottolineano nel documento la necessità di partnership e collaborazioni con tutte le agenzie per la sicurezza operanti a livello mondiale, a partire da quelle interne, nella consapevolezza che la cooperazione tra soggetti che
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operano con lo stesso scopo, sia fondamentale. Nell’ambito della sicurezza sulle importazioni è compreso, tra le varie cose, un programma di verifica per gli importatori, che offra uno strumento di controllo nei confronti delle aziende straniere che intendono commercializzare il proprio prodotto negli USA. Importatori che rispondono sia dei contenuti dell’etichetta che di eventuali adulterazioni e che, quindi, investiti di così vasta responsabilità, costringeranno le aziende partner ad operare in pieno rispetto della norma. Sono inoltre degne di nota le final rules che, tra le varie cose, prevedono indicazioni specifiche per le adulterazioni volontarie, il trasporto sanitario, i controlli di parte terza, i prodotti agricoli, l’alimentazione animale. Le differenze con la nostra normativa sono diverse e sebbene gli Stati Uniti siano arrivati a certa disciplina con anni di ritardo rispetto all’Europa, la legislazione americana appare altrettanto completa ed esaustiva e, sotto certi profili, molto severa. Rimane inoltre aperto il campo dello scambio di prodotti di origine animale, rispetto ai quali esistono accordi di equivalenza veterinaria, che sostanzialmente si traducono in un reciproco riconoscimento delle norme e dei sistemi di controllo dei due Paesi. Norme che, per quanto diverse tra loro, garantiscono agli uni e agli altri, una certa protezione della sanità pubblica, in quest’ambito. Le differenze di approccio, soprattutto nel settore delle carni, continuano infatti ad essere significative. Basti pensare alle nostre restrizioni sull’utilizzo degli ormoni, degli OGM, ai metodi di decontaminazione delle carcasse nei macelli utilizzati negli USA ed altri aspetti di minore entità. I tempi per l’adeguamento a queste nuove norme sono differenti a seconda delle dimensioni delle imprese, distinte in piccole o grandi aziende. Corre tuttavia l’obbligo di segnalare che, non
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Il Food Safety Modernization Act equivale al nostro Pacchetto Igiene ed è il documento destinato a diventare la Bibbia dell’agroalimentare negli Stati Uniti d’America (photo © www.slideshare.net).
potendo fare delle verifiche sul campo in maniera oggettiva e, altresì, per semplificare le cose, gli importatori stanno già chiedendo l’adeguamento alla norma a tutti, senza distinzioni di sorta. L’applicazione delle regole è quindi di fatto richiesta con notevole anticipo rispetto alle scadenze ufficiali. Gli importatori hanno la necessità di verificare le condizioni dei propri partner anzitempo, per tutelarsi dal rischio di sanzioni, anche penali. Inoltre, poiché l’applicazione delle disposizioni richiede tempi lunghi di introduzione in azienda, si vogliono altresì evitare lungaggini o, peggio ancora, l’arresto della circolazione delle merci, per impreparazione delle aziende. Nel frattempo, le società di consulenza e alcuni enti di certificazione in Italia si stanno attrez-
zando per supportare le imprese in questa operazione che — pur non particolarmente difficoltosa — non è realizzabile in qualche giorno di lavoro e richiede impegno, professionalità e risorse. Non solo: è necessaria infatti una gap analysis in fase preliminare, ma anche l’effettiva messa in pratica di quanto previsto dalla FSMA, con l’adozione di un manuale HARPC che deve essere predisposto da un soggetto qualificati allo scopo e identificato dall’azienda solo in presenza di una serie di requisiti specifici dettati dalla norma. In alternativa, è possibile seguire un corso di formazione tenuto da docenti direttamente formati e approvati dalla FDA, ma anche per questo occorrono tempo e denaro. Guido Guidi
Nasce Senza: la nuova linea di prodotti antibiotic free Eliminare l’uso degli antibiotici in allevamento per salvaguardare il benessere degli animali e dei consumatori: è questo lo scopo del progetto Senza. Nato grazie all’accordo stipulato fra Tramite, società leader in Italia nel lancio e sviluppo di nuovi prodotti food nel mercato internazionale, e Goland, principale azienda italiana specializzata nella produzione di genetica suina DOP, Senza si basa su un approccio diverso agli animali, a cui vengono garantiti un ambiente confortevole e un’alimentazione equilibrata. I suini sono infatti disposti in lotti isolati di piccole dimensioni e nutriti solo con mangimi vegetali no OGM, ricchi di probiotici, senza tracce di proteine e grassi animali. Tutti gli animali allevati sono italiani al 100% e provengono da stabilimenti situati tra le province di Belluno e di Treviso. L’intera filiera produttiva è controllata direttamente, garantendo così la massima qualità, tracciabilità delle carni e genuinità del prodotto, che risulta privo di qualsiasi residuo antibiotico dannoso per la salute dell’uomo. La qualità dei prodotti Senza è inoltre garantita da CSQA, società di certificazione leader in Italia nei settori dell’agroalimentare. >> Link: www.goland.it
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INDAGINI DI MERCATO
Eurispes e IRI, analisi Italia 2017: tornano a crescere i consumatori di carne
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el mese di aprile è stato pubblicato il Rapporto I talia 2017 di E U R ISPES (www.eurispes.eu). L’analisi, che come ogni anno fotografa l’Italia a livello politico, economico e sociale, ha rivelato aspetti decisamente interessanti. Come ad esempio il giudizio di stabilità economica del nostro Paese in relazione alle prospettive per il 2017, che accomuna la maggioranza degli Italiani nonostante le difficoltà di molte famiglie ad arrivare alla fine del mese. Oppure il fatto che solo una famiglia su quattro continua a risparmiare. O ancora la diminuzione di chi segue una dieta veg, che all’aumento dei vegani contrappone una diminuzione complessiva di persone che
non mangiano carne. Nonostante i vegani in Italia siano di più, nel corso del 2016 le persone che sono tornate a mangiare carne sono infatti aumentate. Secondo Eurispes oggi il 7,6% del campione segue una dieta vegetariana o vegana, mentre lo scorso anno era l’8,1%. Più vegani ma meno vegetariani, insomma, e nel complesso più Italiani che seguono una dieta completa ed equilibrata. Segnali di reazione forse più alla continua diffusione di allarmismi spesso infondati da parte dei detrattori del consumo di carne che non alla crisi economica arrivano anche dall’analisi di IRI per www.italiani.coop, strumento di analisi dell’ufficio studi COOP.
Le vendite di carne del mese di gennaio, confrontate con lo stesso mese degli ultimi due anni, hanno visto infatti un incremento tanto vistoso quanto inatteso, trattandosi tra l’altro delle settimane subito dopo le festività, periodo in cui di solito i consumi di proteine animali calano. “Se la fuga dalla carne ha caratterizzato i consumi degli Italiani degli ultimi anni (2010/2016 –13%) — scrive IL SOLE 24 ORE — nelle prime tre settimane del 2017 le vendite di cotechini e zamponi hanno registrato un +30% (spinta favorita dagli sconti post-festività). Ma anche la carne bovina fresca ha segnato un +14%, seguita da salumi e suino (rispettivamente +10% e +8%)”. (Fonte: Carni Sostenibili, carnisostenibili.it)
Nel 2016 la carne è tornata sulle tavole italiane. Secondo l’indagine Eurispes 2017, il 7,6% del campione analizzato oggi segue una dieta vegetariana o vegana, mentre lo scorso anno era l’8,1% (photo © contrastwerkstatt – Fotolia).
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Tendenze e dinamiche recenti delle carni bovine
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li ultimi dati disponibili riguardanti la filiera bovina confermano la persistenza dello stato di crisi, ma offrono ai più ottimisti spunti per apprezzare che la curva discendente del mercato sta addolcendo la traiettoria flessiva e ci si sta avviando ad una stabilizzazione del sistema, dove gli attori rimasti sono pochi — sicuramente meno di qualche anno fa —, ma sono quelli che probabilmente resteranno sul mercato anche nel futuro. Il mercato è ancora in crisi ma con flebili segnali di ripresa La crisi ha investito il comparto anche per buona parte del 2016,
facendo vittime fra i più deboli: basta guardare i dati dell’Anagrafe nazionale bovina relativi agli allevamenti aperti e chiusi e si nota che nel triennio il settore ha visto scomparire oltre 6.000 aziende, di cui circa un terzo ad orientamento produttivo latte. In realtà, il numero complessivo di capi bovini sul territorio nazionale — sempre secondo la stessa fonte — non cambia, rimane sempre superiore ai 5,56 milioni di capi; si tratterebbe quindi più di operazioni di razionalizzazione, tipo “accorpamenti”, piuttosto che smantellamento della mandria. Malgrado ciò, la chiusura di alcune
aziende ha inevitabilmente portato alla macellazione di più bestiame nazionale. Dall’analisi della composizione dell’offerta in termini di capi macellati troviamo evidenza di quanto appena detto: l’aumento dell’attività di macellazione si esplicita in un incremento di quasi 4 punti percentuali in termini di peso e di quasi 6 punti percentuali in termini di numero di capi, rispetto al 2015. Infatti, le statistiche di macellazione prodotte dall’ISTAT registrano nel 2016 l’avvio al macello di oltre 2,75 milioni di capi bovini, per un equivalente in carne di 791.000 tonnellate, riportando un aumento su base an-
La buona disponibilità di carne di bovino adulto nei circuiti nazionali, in presenza di consumi stagnanti, si è tradotta in una riduzione delle importazioni del fresco. Nel 2016 la riduzione è stata di oltre 5,1 punti percentuali, per un ingresso in Italia di circa 356.000 tonnellate di carni fresche e di oltre 61.000 tonnellate di carni bovine congelate provenienti da oltre confine (photo © contrastwerkstatt – Fotolia).
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Grafico 1 – Macellazioni in Italia in termini di capi 2016 (trend e peso %)
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati ISTAT.
Grafico 2 – Prezzi medi per vitellone R3 in UE
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati Commissione europea. nua sia in numero di capi (+5,6%) che in peso morto (+3,9%). Il trend delle diverse categorie afferenti alle macellazioni bovine evidenzia anche il consueto legame con il mercato del latte. Osservando i dati disaggregati dei capi macellati (Grafico 1), infatti, emerge che l’incremento riguarda prevalentemente il patrimonio delle femmine, in particolare il segmento delle vacche, che registra — dopo il +17% del 2015 sul 2014 — un ulteriore aumento di 4,6 punti percentuali, raggiungendo una quota, in termini assoluti, del 20% sul totale bovini macellati. Da sottolineare che il segmento delle vacche ha accumulato negli ultimi due anni un incremento di quasi 23 punti percentuali, pari a oltre 100.000 capi in più avviati al
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macello (erano 436.000 nel 2014, sono 536.000 nel 2016). La fiducia nella tenuta del mercato si evidenzia nell’incremento delle importazioni di animali da ingrassare La buona disponibilità di carne di bovino adulto nei circuiti nazionali, in presenza di consumi stagnanti, si è tradotta in una riduzione delle importazioni di carni fresche. Nel 2016 queste si sono ridotte di oltre 5,1 punti percentuali, per un ingresso complessivo in Italia di circa 356.000 tonnellate di carni fresche e di oltre 61.000 tonnellate di carni bovine congelate provenienti da oltre confine. Di contro, complice anche la riduzione dei costi dei prodotti per l’alimentazione, le importazioni di
animali da allevamento, da ingrassare nelle stalle nazionali, hanno segnato un sostanzioso incremento (+5,8%), segnale questo di una ritrovata fiducia degli allevatori nel mercato nazionale del prossimo futuro. Trattasi infatti di acquisti di broutards avvenuti principalmente nei mesi tra agosto e novembre, che verranno pertanto immessi nei circuiti di macellazione tra marzo e giugno. Se le attuali dinamiche di domanda e offerta si dovessero confermare, probabilmente la flessione delle importazioni di carne potrebbe accentuarsi nei prossimi mesi, per la maggior presenza di vitelloni nazionali. Resta aperta la partita delle vacche da riforma del circuito lattifero che, sempre legate all’incerto andamento del mercato del latte, all’esito della revisione degli aiuti PAC e all’applicazione delle misure straordinarie UE volte a incentivare il contenimento dell’offerta di latte bovino, potranno essere avviate al macello, in misura crescente o decrescente. Alla domanda cedente il mercato risponde con minori importazioni di carne importazioni di carni I principali paesi fornitori di carni fresche restano, nel 2016, gli stessi degli anni passati, ma cambiano le quote in funzione delle mutate richieste del mercato: la Germania vede sostanzialmente ridotta la sua fornitura all’Italia (–22%) e il trend sembra protrarsi anche nei primi mesi del 2017; nell’ultimo periodo la dinamica è da ascriversi ad un’offerta in contrazione per un rallentamento delle macellazioni delle vacche lattifere dovuto a un rimbalzo del prezzo del latte e del burro. La Francia, con una quota del 23,5% sul totale, viene raggiunta dalla Polonia, dove invece la crisi del mercato lattiero-caseario sta spingendo alla riforma di molte vacche da latte; seguono i Paesi Bassi con una quota del 15,9%, la cui offerta è costituita però, principalmente, da carne di vitello, i cui consumi in Italia registrano una
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ABF s.r.l. Commercio Carni Via del Moscia, 1cde - 50060 Londa (Firenze) Italy Tel. ( +39) 055 835 1550 / (+39) 055 835 1557 — Fax (+39) 055 835 1600 / (+39) 055 835 2700 E-mail: info@abf-londa.it — Web: www.abfcarni.com
Resta aperta la partita delle vacche del circuito lattifero che, legate all’incerto andamento del mercato, all’esito della revisione degli aiuti PAC e all’applicazione delle misure straordinarie UE volte a incentivare il contenimento dell’offerta di latte bovino, potranno essere avviate al macello in misura crescente o decrescente (photo © Kadmy – Fotolia). crescente riduzione e per la quale la flessione delle forniture è di oltre 9 punti percentuali. Sempre riguardo l’Olanda, si prevede tuttavia un incremento dell’avvio al macello di vacche lattifere in seguito a disposizioni europee che imporrebbero la riduzione di 9 punti percentuali della mandria delle vacche per mantenere i fosfati entro la soglia consentita. Le dinamiche del 2016 evidenziano come a crescere siano le quote dei Paesi in grado di offrire indiscutibile competitività di prezzo (Polonia) piuttosto che quelli in grado di garantire superiore qualità merceologica (Irlanda) o migliore organizzazione logistica (Francia). Si può notare, dai dati di mercato, un generalizzato miglioramento della percezione della carne polacca da parte degli operatori italiani; infatti il prezzo per la Polonia, cui viene valutato il vitellone “R”, è in graduale aumento, con graduale avvicinamento a quello francese. Il maggior apprezzamento economi-
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co spinge gli allevatori polacchi ad un ulteriore incremento di offerta; i dati delle consistenze confermano questo trend segnando nel 2016, per i vitelli tra 1 e 2 anni, un incremento dell’11%. Questo comporterà una ulteriore pressione sul mercato italiano con influenza negativa sui prezzi (Grafico 2). Mercato comunitario Il prezzo della referenza AR3 (individuata in modo univoco in ambito europeo secondo griglia CEE, corrispondente al vitellone di buona conformazione con strato di ingrassamento mediamente importante) risulta, nel primo trimestre 2017, per l’Italia pari a 413,9 €/100 kg, contro i 327,1 €/100 kg della Polonia. Il valore medio registrato in Italia, oltre che poco competitivo, in quanto il più elevato tra quelli dei principali produttori europei, raffrontato agli analoghi trimestri dei due precedenti anni evidenzia un recupero in contrasto con una lieve regressione del prezzo della
Francia e della Germania (rispetto al primo trimestre del 2016). Mercato nazionale Nel primo trimestre del 2017 i prezzi del bestiame bovino hanno mostrato una generale ripresa per vitelloni e vacche; in particolare i prezzi medi dei vitelloni, dopo un 2016 nel complesso deludente, hanno visto i prezzi intraprendere una graduale ripresa, a partire dal mese di settembre, che, proseguita anche nei primi tre mesi del 2017, ha portato i prezzi medi di marzo su livelli superiori a quelli dei due precedenti anni. I dati dell’anagrafe registrano nel mese di febbraio un minor numero di capi maschi con età compresa tra 1 e 2 anni e un numero maggiore di capi femmine; pertanto è probabile che l’offerta, in questa primavera, sia costituita in gran parte da “scottona”. Considerato che mediamente i capi risulterebbero “pronti” nel mese di luglio, dalla scelta dei detentori dipenderà l’evolversi dei prezzi
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Grafico 3 – Prezzi in allevamento dei vitelloni da macello
Fonte: rete di rilevazione ISMEA.
Grafico 4 – Prezzi in allevamento dei vitelli da macello (€/kg peso vivo)
Fonte: rete di rilevazione ISMEA.
Grafico 5 – Prezzi in allevamento delle vacche da macello
Fonte: rete di rilevazione ISMEA.
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futuri: potrebbero infatti scegliere di ritardare l’immissione di questi capi nei circuiti di macellazione, a settembre, frenando la consueta risalita dei prezzi dopo l’estate, oppure potrebbero anticiparla ai mesi di maggio-giugno, appesantendo comunque il mercato di quel momento (Grafico 3). Diversa la dinamica per i vitelli (Grafico 4), capi giovani macellati entro l’ottavo mese, per i quali, dopo un 2016 da ritenersi, in termini di prezzo, discreto, ha visto, a partire dal mese di novembre, una evidente flessione dei corsi, protrattasi anche per il primo trimestre 2017. Alla base della dinamica una domanda sempre più contenuta e in graduale contrazione. Per quanto riguarda i prezzi delle vacche (Grafico 5), il 2016 è stato caratterizzato, per i primi dieci mesi, da prezzi inferiori agli analoghi del 2015, ma anche in questo caso la ripresa, a partire dal mese di novembre e protrattasi nel primo trimestre 2017, ha portato i prezzi di marzo su livelli in linea con il 2015 e superiori al 2016. Per questo prodotto più che per gli altri il mercato subisce l’influenza di quanto in atto negli altri Paesi europei, e un’accelerazione della riforma delle vacche in Irlanda (+16% nei primi due mesi del 2017) e nei Paesi Bassi (cui l’UE ha chiesto per il 2017 una riduzione del 9% della mandria), potrebbe influenzare negativamente i prezzi europei, deprimendo così anche i corsi italiani. Nel 2016 i costi di allevamento per il vitellone da ingrasso hanno segnato, per il secondo anno consecutivo, una lieve contrazione, cui hanno contribuito sia i costi per i ristalli che quelli per gli energetici; i costi per i mangimi, dopo la contrazione del 2015, si sono mantenuti stabili su fondo cedente, permettendo così un lieve miglioramento del margine di redditività. Nei primi due mesi del 2017, però, i costi per i ristalli hanno ricominciato a salire, e dall’evolversi di questi dipenderà il margine degli operatori nei prossimi mesi. (Fonte: Ismea)
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Focus sui consumi domestici di carne fresca di vitello Gli acquisti di carne fresca di vitello hanno subito nel Quote dei canali di vendita attraverso cui è 2016 un’ennesima importante contrazione; oltre ai avvenuto l’acquisto di carne di vitello nel 2016 volumi e alla spesa, sono diminuiti anche tutti gli altri Negozi tradizionali specializzati 33% indicatori: numeri di atti di acquisto (–6%); numero di famiglie acquirenti almeno una volta all’anno (–2%); Ipermercati 16% numero di famiglie acquirenti in promozione (–5%); Supermercati 35% quantità acquistata per atto. I dati degli acquisti domeHard discount 8% stici hanno registrato, rispetto al 2015, una contrazione in termini di volume del 6%, ma la flessione si è ripetuta Libero servizio 8% per il terzo anno consecutivo facendo registrare nel Fonte: ISMEA-NIELSEN (Consumer Panel). complesso, rispetto al 2013, una perdita di 18 punti percentuali. Di pari entità sono risultate le tendenze negative in termini di spesa. L’indice di penetrazione, ossia il numero di famiglie acquirenti sul totale del campione, si è attestato, nel 2016, al 62%, contro il 67% registrato nel 2013. Le contrazioni hanno investito tutti i cluster socioeconomici-geografici, pur mostrando entità differenziate che riflettono sia gli effetti derivanti dalla crisi economica (la carne di vitello ha un prezzo molto elevato rispetto agli altri proteici), sia la più profonda sensibilità etica, sia la maggiore elasticità nelle scelte alimentari della fascia di consumatori di giovane età (sono ormai molteplici gli alimenti proteici, sostitutivi della carne, disponibili negli scaffali della distribuzione). I dati confermano quanto sopra esposto; nel dettaglio notiamo infatti, nel 2016 rispetto al 2015, una contrazione del 15% degli acquisti (in volume) da parte di “giovani (single o coppie) sotto i 35 anni”, contro una contrazione di soli 2 punti percentuali per il cluster dei “single con età oltre i 55 anni”. Gli stessi cluster registrano variazioni, rispetto al 2013, rispettivamente del 35% e dell’11% a segno di un radicale cambio dello stile di consumo. Se da un lato l’acquisto medio per atto si è ridotto del 2% e l’intervallo di acquisto si è allungato di oltre 4 giorni (passando da 38 a 42), in coerenza con le campagne contro lo spreco alimentare, la restante parte della contrazione resta da ascriversi ad esplicite scelte sostitutive. Per quanto riguarda i canali di vendita è interessante notare come sia ancora importante la quota di acquirenti che si è rivolta almeno una volta alla macelleria (33%) piuttosto che alla Distribuzione Moderna, e come le flessioni siano state più importanti presso la GDO (–7%) piuttosto che presso i negozi specializzati (–5%). In particolare le maggiori flessioni si notano proprio nel segmento del “libero servizio”, ossia quel sistema di acquisto in cui il cliente, da solo, sceglie e prende il prodotto senza assistenza del personale addetto alle vendite, portando poi le merci all’uscita e pagandole alla barriera delle casse, a sostegno che una comunicazione diretta da personale specializzato è fondamentale per questo prodotto. Il trend dei consumi analizzati per fascia di reddito ha evidenziato invece una maggiore stabilizzazione per la “fascia a reddito medio alto” (addirittura in crescita del 3%) contro una flessione importante che ha interessato sia la “fascia reddito basso” (–10%) che quella (–13%) del “reddito molto alto” (fonte: Ismea; photo © Christophe Fouquin – Fotolia).
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SAPORI DAL MONDO
Scusi, le interessa assaggiare lo yak? Cruda e cotta, a Chengdu, Cina, potete assaggiare la carne di yak, fondamento della cultura himalayana. La prepara Zhou Kai, alla guida della cucina del ristorante del Tibet Hotel di Riccardo Lagorio
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HOU KAI si atteggia come un bonzo al compiersi di una complessa liturgia. Lascia trapelare con gesti lenti quell’elemento misterico che rende ogni mossa ricca di fascino e suggestione. Racconta di averla portata sino a qui dal suo villaggio che dista qualcosa in più di 400 chilometri. Chiamato ad essere parte di un’inattesa esegesi, mi accompagna con solennità nel retro della cucina. «Questa è carne
cruda di yak, assaggi» mi dice quasi commosso per mezzo del traduttore, un giovane sui trent’anni, orgoglioso di indossare sul bavero della giacca la bandiera del Partito. Fuori Chengdu: il massiccio ma ordinato traffico, l’aria greve di smog, la vita distesa dei suoi 15 milioni di abitanti ai piedi del plateau che possiede le vette più alte del mondo. Zhou Kai lavora in questa cucina da 25 anni e la dirige da 15, avendo spesso come
ospiti degli occidentali affascinati dalla cucina tibetana. Gli yak sono stati addomesticati dai pastori qiang sull’altopiano tibetano (in lingua locale, Qinghai) 5.000 anni fa e la cultura himalayana è strettamente legata all’allevamento di questo animale, fondamentale nell’avere reso possibile la colonizzazione umana dell’acrocoro per mezzo dello sfruttamento della carne, del latte, del pelo e delle ossa.
Stufato di yak con peperoncino servito in terracotta.
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La carne di yak appare di colore rosso intenso e, malgrado priva di marezzatura, risulta facilmente masticabile. Buono è il grado di succosità laddove al gusto emerge la dolcezza e la totale assenza di amaro, acido o astringente. Le analisi chimico fisiche informano che è ricca di proteine e che grassi saturi, colesterolo e calorie sono molto meno presenti che nella carne degli altri bovini
Lo chef Zhou Kai del Tibet Hotel di Chengdu, Cina. Il piatto di grido a base di carne di yak, però, è il carpaccio con salsa di soia e pomodorini. Lo yak possiede corpo allungato ma muscoloso; per poter affrontare i nevai le zampe sono corte, il pelo lungo che quasi tocca terra e la coda lanosa come quella dei cavalli. Le corna sono lunghe e ricurve, la sagoma lievemente gibbosa. «Lo yak vive sino a vent’anni. Gli esemplari femmine pesano da 270 a 370 kg; i maschi praticamente il doppio», afferma con precisione Kai. «La macellazione avviene di solito trascorsi 7 anni dalla nascita, poiché la crescita è lenta. Si tratta infatti di animali cresciuti allo stato brado a 3700 metri di altitudine, dove la biada è rara. Sono animali che non hanno grandi bisogni, semmai una grande adattabilità».
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Del resto anche i parti avvengono senza l’intervento umano: i piccoli sono dati alla luce quando il loro peso è di circa 13 kg. A macellazione dello yak avvenuta, in cucina si utilizza ogni sua parte. «In Tibet l’utilizzo prevalente è quello di servirla cruda: tagliata a listarelle, la carne è lasciata al vento e alle rigide temperature da due settimane a 6 mesi», racconta lo chef. Nel ristorante del Tibet Hotel il piatto di grido prevede che la carne fresca di yak sia tagliata sottile a carpaccio, servita con salsa di soia e pomodorini. La polpa viene mantenuta a temperature che ne consentono la indeformabilità; poi Kai la taglia a coltello sottilissima, dispone una fetta sopra l’altra senza
ostentazione malgrado sia simile all’atteggiamento contemplativo di certi cuochi nostrani. Il colore della carne di yak appare rosso intenso e, malgrado sia in sostanza priva di marezzatura, risulta facilmente masticabile. Buono è il grado di succosità laddove al gusto emerge la dolcezza e la totale assenza di amaro, acido o astringente. Non crea pellicole di grasso sul palato. Faccio osservare che l’odore è di carne, con piacevole sensazione retronasale di burro. Del resto le ultime analisi chimico fisiche informano che la carne di yak è ricca di proteine (23 grammi ogni 100), tuttavia evidenziano che i grassi saturi, il colesterolo e le calorie
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Lo yak possiede corpo allungato ma muscoloso; per poter affrontare i nevai le zampe sono corte, il pelo lungo che quasi tocca terra e la coda lanosa come quella dei cavalli (photo © Hunta – Fotolia). sono molto meno presenti che nella carne degli altri bovini. «Per tutte queste condizioni richiedono che la carne di yak sia adatta a cotture e condimenti poco invasivi», conferma Kai. «I succhi producono un brodo ricco e saporito, lo provi! Il brodo con rape, arricchito da anice stellato, un poco di corteccia di cassio e sale viene bollito per circa 40 minuti. Poi è pronto per il consumo». Colpisce il colore grigiastro, è fumante e privo di evidenti occhiature di grasso. La carne appare priva di marezzature e coperta da un sottile strato di grasso, sodo. «La tazza viene portata al tavolo e servita a ciascuno dei commensali», dice Kai.
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Alcuni tagli sono squisiti quando brasati e la carne si divide con facilità. Lo stufato di yak con peperoncino viene invece servito in terracotta. È un piatto coloratissimo: i peperoncini mediamente piccanti rossi e verdi si combinano bene con la carne; un poco disarmonica la presenza di porro, che copre il reale gusto della carne. Una curiosa preparazione, bene bilanciata e stuzzicante, è lo stufato di yak con castagne e zucca. Il tessuto connettivo, che rilascia i propri succhi, si taglia facilmente e combina i propri succhi con la consistenza farinosa delle castagne e della zucca. Il risultato finale può non piacere per il retrogusto dolciastro, che non si aspetta da uno stufato preparato
alle nostre latitudini. Tuttavia, si percepisce il buon grado di cottura della carne e la leggera speziatura a base di zenzero. Kai percepisce che siamo al termine dell’incontro. Il suo atteggiamento è disteso e calmo, ora. Non era mai stato sottoposto ad un’intervista su temi così specifici prima d’ora, dice il giovane traduttore. Anche lui, con ogni probabilità, alla prima prova sul campo come interprete. Riccardo Lagorio Yak Cafè c/o Tibet Hotel Chengdu North Renmin Road 10 610081 Chengdu (R. P. Cina) Telefono: +28 883183388 Web: www.tibethotelchengdu.cn
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Finger Food Old America Style
Tutti pazzi per le Buffalo Wings di Nunzia Manicardi
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l piatto non è certo dei più leggeri e dietetici: ali di pollo fritte, ricoperte di salsa piccante e accompagnate da un’altra densa salsa al formaggio e, tanto per non limitarsi, da patatine fritte (anche se la ricetta originaria prevede gambi di sedano e carote). Ma… questa è l’America! Le Buffalo Wings rimangono a tutt’oggi uno dei cibi più identitari e richiesti, nonostante i tentativi di educazione alimentare introdotti negli ultimi anni e dei quali Michelle Obama si era fatta promotrice istituzionale. Buffalo,
capoluogo della contea di Erie nello Stato di New York, è, dopo la capitale, la città più popolosa dello Stato; l’area metropolitana di Buffalo-Niagara Falls comprende circa 1,2 milioni di abitanti. Importante centro culturale, artistico e dotato di una sviluppata vita notturna, la città di Buffalo è inoltre il fulcro dell’agglomerato bi-nazionale costituito, oltre che dalla stessa Buffalo, dalle città di Niagara Falls (Stati Uniti d’America) e Niagara Falls (Canada), sulle sponde opposte delle omonime celeberrime cascate.
Gli immigrati europei si trasferirono qui sin dalla fine del XVII secolo, grazie anche al suo trafficatissimo porto fluviale, la cui fortuna però, a metà del XX secolo, declinò in seguito all’apertura del canale del fiume San Lorenzo, all’esterno della città. Furono quasi sicuramente questi europei delle prime ondate che portarono con loro il pollo, compreso ovviamente di ali, e che lo inserirono nell’alimentazione urbana. Il fatto di cucinarlo fritto, di renderlo piccante e ricoprirlo di
Le “ali di pollo fritte” e piccanti, accompagnate da salsa al formaggio erborinato, sono tipiche della città di Buffalo. Rappresentano uno dei cibi più identitari degli Stati Uniti, volando con immutato successo al di sopra di ogni tentativo di educazione alimentare (photo © www.taste.com.au).
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Due scatti rubati durante il National Chicken Wing Day del 2016. Nato nel 1977, è diventato in poco tempo un evento di portata nazionale. Momento attesissimo del festival è il Buffalo Buffet Competitive Eating Contest, la gara a chi mangia più ali di pollo (photo © Brendan Bannon).
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Super Bowl e Buffalo wings vanno a braccetto negli Stati Uniti: pensate solo che nel 2013, durante la finale del campionato della National Football League, sono state consumate ben 1,23 miliardi di ali di pollo fritte (photo © www.sarasotamagazine.com). uno spesso strato di salsa è invece un’elaborazione legata a quel gusto che piano piano si formò sull’eclettismo dei tanti e diversi popoli confluenti sul medesimo territorio e che finì per contraddistinguersi come tipicamente americano, tant’è che queste ali di pollo sono oggi il simbolo culinario non solo di Buffalo ma, insieme con altri, degli States in generale. La leggenda, perché una leggenda c’è sempre anche nelle tradizioni gastronomiche, ci racconta che fu un errore alla base della fortuna di questa preparazione. Il proprietario di un bar di Buffalo ricevette per sbaglio una grande fornitura di ali di pollo e, non sapendo come smaltirle, ebbe l’idea di farle friggere e renderle ancora più appetibili accompagnandole con un condimento piccante e una salsa al blue cheese (formaggio erborinato, quindi caratterizzato da muffe che conferiscono striature e chiazze di colore blu-verdastro).
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Poi, naturalmente, ci furono altri bar che rivendicarono la primogenitura dell’invenzione della specialità (tra di essi prevale l’Anchor Bar, che la farebbe risalire al 1964). Ma quel che importa, alla fin fine, è che il successo fu clamoroso e duraturo e diede vita addirittura alla celebrazione del “giorno natale” di tale fortunata intuizione. Ogni anno, quindi, dal 1977, il 29 luglio si tiene a Buffalo il National Chicken Wing Day. È davvero un evento di importanza nazionale: pensate che nel 2013 sono state consumate più di 27 miliardi di ali di pollo e, nel solo fine-settimana del Super Bowl (la finale del campionato della National Football League, la lega professionistica statunitense di football americano in cui la squadra dei Buffalo Bills è stata a lungo protagonista), il consumo è stato di 1,23 miliardi. Mettendole in fila una dietro l’altra, si potrebbe fare il giro della circonferenza terrestre non una ma ben due volte!
Anche la televisione ha contribuito alla loro diffusione La prima menzione sulla televisione nazionale potrebbe essere stata nel programma “Today” della NBC nel 1980. L’attenzione dei mass-media si focalizzò poi su Buffalo quando, tra il 1991-1994, la squadra del Buffalo Bills conquistò per quattro volte consecutive il Super Bowl, mostrando in diretta i cuochi mentre preparavano le ali e attirando su di esse l’attenzione generale. Il resto l’hanno fatto le grandi catene di ristorazione, soprattutto alcune di quelle specializzate nel fast food che hanno fatto delle Buffalo wings il loro piatto di richiamo principale. Una preparazione semplice L’ala viene fritta e ricoperta con una salsa piccante e poi accompagnata con un’altra salsa e, tradizionalmente, con bastoncini di sedano o di carote, per garantire un apporto di verdura fresca e bilanciare in qualche modo il piatto (ma le patatine
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fritte sono, come già accennato, ahimè, imperanti….). Gli ingredienti di base della salsa n. 1, quella piccante, sono pepe di Cayenna e burro fuso o margarina. La densità può essere lieve o media. Di solito le ali sono fritte in olio, ma a volte possono anche essere cotte alla griglia o al forno. Una volta cotte vengono, se fritte, ben scolate, ricoperte con la salda n. 1 e poi mescolate con la salsa n. 2 a base di formaggio, infine scosse ben bene per essere sicuri che quest’ultima aderisca e ricopra completamente l’ala. Si capisce, quindi, come sia difficile mangiare delle ali di pollo così rivestite senza sporcarsi le mani, creando non poco imbarazzo al consumatore (come è successo anche alla sottoscritta). Si tratta infatti, e mai definizione fu più azzeccata, di finger food, cioè “cibo da mangiare con le dita”, che però ha i suoi inconvenienti… Per tale motivo è ormai comune per i ristoranti offrire ali disossate che possono essere mangiate utilizzando una forchetta. Certo che non è la stessa cosa, perché scompare il fascino un po’ selvaggio di un piatto rude da “uomini della frontiera”. E di frontiera davvero si tratta, visto che il piatto è diffusissimo anche nel limitrofo Canada (Toronto, nell’Ontario). Super mangiatori di alette cercasi Gli eventi competitivi non si focalizzano soltanto sul “giorno nazionale”, perché molti bar e ristoranti incoraggiano i clienti a gareggiare fra di loro a chi mangia più alette ricompensandoli poi con una foto sul muro o un pasto gratuito. Per accrescere lo spirito di partecipazione creano di proposito una salsa extra-calda, che costituisce una prova nella prova. Anche la salsa mi ha messa in difficoltà, poiché mi è stata presentata una lista lunghissima contrassegnata da colori in tutte le sfumature cromatiche, dall’azzurro al rosso porpora e… oltre! Mi sono tenuta prudentemente nel mezzo e, in ogni caso, la salsa era bella forte. Inizialmente avevo provato a chiedere al cameriere di suggerirmi quella che a suo giudizio fosse più adatta a me, ma non c’è stato niente da fare: la responsabilità
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A segnare il successo delle ali di pollo fritte hanno contribuito le grandi catene di ristorazione specializzate nel fast food, che hanno fatto delle Buffalo wings il loro principale richiamo (photo © ladylagalag.com). doveva essere esclusivamente mia (e in effetti era giusto che fosse così). Buffalo style Questo tipo di frittura e di ricopertura è talmente associato alla città che la denominazione Buffalo viene ora comunemente applicata anche ad alimenti differenti dalle ali come altre parti del pollo, lo stesso pollo fritto, i gamberetti e perfino la pizza quando viene condita con la salsa in stile Buffalo (questa però non l’ho mangiata, anche se non mi sarebbe dispiaciuto cimentarmi nell’impresa). Esistono pure le chips Buffalo, patatine fritte di produzione soprattutto industriale con salsa e formaggio che simulano l’esperienza delle ali di pollo. Buffalo wings homemade La salsa piccante ha subito molte contaminazioni, con apporti anche da culture differenti, fra cui quelle caraibiche e quelle orientali. Stessa cosa per la salsa al formaggio. La lista ogni giorno si allunga: non resta che l’imbarazzo della scelta! Mantenendo le caratteristiche originarie si possono entrambe preparare in casa con facilità. Per la salsa piccante basta sciogliete il burro in una piccola casseruola e aggiungere Tabasco, pepe di Cayenna, sale e altro pepe a piacere. Per la salsa al formaggio
si devono mescolare bene in un mixer maionese, aglio, cipolla, panna acida, aceto e formaggio erborinato. Le ali vengono servite già ricoperte oppure con la salsa in un apposito contenitore. Prima di friggerle, o cuocerle al forno, sarebbe opportuno effettuare la marinatura delle ali impiegando anche il bicarbonato che le fa diventare molto croccanti. Prima di marinarle tagliate le estremità (l’ultima articolazione) per avere un’aletta compatta e facilmente impugnabile, anche se ovviamente risulterà più corta. Una volta cotte, passate la salsa piccante con un pennello così aderisce meglio. C’è invece chi suggerisce di immergerle, prima della cottura, in una salsa con farina, paprika, timo, aglio, sale e pepe, impanarle e metterle a riposare in frigo per qualche ora in un tegame con coperchio, poi versarle in una terrina contenete buttermilk, il latticello, cioè del siero residuo della lavorazione di alcuni latticini reperibile nei supermercati ben forniti o nei negozi etnici (sostituibile con una pari quantità di latte e yogurt bianco intero). All’impanatura si può naturalmente aggiungere paprika fin che si vuole o peperoncino o qualsiasi altra spezia a piacere. Nunzia Manicardi
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MACELLERIE D’ITALIA
Una bella realtà “con cucina” a Lozzo Atesino (PD)
Tolin, la macelleria innanzitutto di Gian Omar Bison
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dee tante, chiare molte, una su tutte: la macelleria innanzitutto. E dalla scelta degli animali, e quindi delle carni, al taglio e alla frollatura, all’utilizzo sapiente e singolare di tutti i quarti del bovi-
no, quinto compreso, la qualità è il tratto distintivo per proporsi e competere nel panorama gastronomico e ristorativo veneto e non solo. La macelleria con cucina di ANDREA e LARA TOLIN a Lozzo Atestino (PD),
tratto dei Colli Euganei a confine col vicentino, nasce con questo mantra scolpito sul bancone. Perché il rischio di diventare una trattoria di carne, sciccosa ed originale fin che si vuole ma comunque una tra
La macelleria con cucina di Andrea e Lara Tolin a Lozzo Atestino (PD).
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tante, sta dietro l’angolo. «Se mai dovessimo smettere di riempire le borsette delle massaie per inseguire i coperti dei gourmet — chiarisce Andrea — significherebbe che qualcosa non sta funzionando. La nostra è una macelleria e i Tolin sono macellai da tre generazioni. Poi sì, ci piace la gastronomia. La ristorazione è importante per lo sviluppo, la crescita e la diversificazione dell’offerta aziendale». Ma il core business, indica Andrea, restano le fettine e non solo. Detta così sembra banale, svilente, ma condensa saggezza e pragmatismo di cui i veneti non difettano. Tanto se poi guardiamo
al menu, tra costate, fiorentine, grill e bolliti misti, carpacci, roast beef e tartare troviamo anche il fritTolin (animella, cervella e trippa fritta), la pasta fresca con ragù bianco battuto al coltello, il fegato alla veneziana, il Mac Tolin (hamburger di manzo con pane lievito madre nella versione 8 e 4 hg) e l’orecchio di elefante (braciola di vitello nazionale extra con osso, impanata e fritta). Scelte che caratterizzano l’offerta così come l’olio rigorosamente extravergine di oliva dei frantoi euganei di Cornoleda e Valnogaredo; gli insaccati artigianali Bazza di Terrassa Padovana, solo sale e pepe; il pane del forno quaglia di
Sant’Urbano (PD) e i grissini Patti di Biella. Sui vini la ricerca si eleva. Molte etichette che spaziano dai piemontesi ai toscani a veneti più classici, dal Barolo al Brunello fino all’Amarone. Ma anche i francesi non difettano con Crémant e Champagne di piccoli e ricercati vignerons vinificati con solo Pinot meunier. Il punto più alto lo troviamo comunque con i territoriali bianchi autoctoni (Garganega) e rossi internazionali (Cabernet, Merlot) tra i quali spiccano prodotti biologici, addirittura biodinamici come molti prodotti di Alfonso Soranzo dell’azienda Monteforche.
In alto: Andrea e Lara. In basso: i locali di ristorazione della macelleria.
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La carne lavorata e venduta da Tolin è per il 70% bovina da incroci di Limousine e razza Sarda. Il maiale è il classico suino pesante padano, l’avicolo proviene dall’allevamento Cosaro a San Tomio di Malo, Vicenza.
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Corner “petit gourmet” alla Macelleria Tolin Piccola degustazione a scelta del ristoratore: due/tre (non quattro) piccoli assaggi, forchettate o cucchiaiate facilmente raccontabili in profondità e molto identitari. Plus assoluti che caratterizzano l’offerta e ne raccontano il concept culinario dalla materia prima alla cottura. Un solo vino o una sola birra in abbinamento consigliato, che si presume armonico, che valorizza. Insomma, il vero biglietto da visita. Andrea, insieme al giovane chef Riccardo Bellin, ci presenta un piatto decoroso, lineare, impiattato bene, graduale nell’accostamento cromatico e nella crescente intensità gusto-olfattiva degli assaggi. L’esordio con la battuta di Sorana tagliata al coltello, incrocio bovino di Limousine e razza Sarda, 40 giorni di frollatura, solo fiocchi di sale Maldon: colore vivace, sapore pulito, delicato, intensa al naso. Il secondo step prevede lo stesso taglio di carne proposto come classica tartare e presentato con una cialda croccante di mais Marano. E qui il sapore si fa più intenso ma equilibrato, sicuramente persistente, senza perdere il profilo organolettico della carne. La chiusura è sfiziosa con una focaccia, pregevole per cottura, imbottita di fettine di lingua bovina cotta a bassa temperatura, salsa verde senza uova e cappuccio rosso marinato (in foto). La scioglievolezza e sapidità della lingua esaltata dall’acidità del cappuccio e accompagnata dalla tendenza dolce del pane. Materie prime ricercate, territoriali e accostate con pazienza e maestrie abbinate ad un Carmenere Monteforche (Igt Veneto) vendemmia 2015 vinificato in cemento, 12,5% il titolo alcolometrico. Il biglietto si spiega e si apprezza. Originale.
Da Tolin, fatturato 2016 equamente composto da ristorazione e macelleria, lavorano dieci dipendenti, due fissi in bottega e due in gastronomia e tra questi la moglie Lara Rigodanza ed i figli Camilla (22 anni) e Francesco (21). Una bella realtà la beccheria Tolin, che partita da Padova col nonno Aldo e ha poi visto Carlo, padre di Andrea, impegnato tra i banconi dai primi anni Cinquanta del Novecento. Lo sbarco a Lozzo nel 1975 per lavorare qualche anno in cooperativa e poi in solitaria
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padre e figlio dal 1988, insieme alla madre Erminia ed alla sorella Emanuela. Da subito rapiti dalla gastronomia con piccola cucina da esportazione, l’ultimo balzo verso l’attuale location c’è stato cinque anni fa. «Dopo un mese abbiamo messo cinque tavolini all’aperto con ombrelloni», ricorda Andrea. «Tre sere a settimana si apriva per fare piccola ristorazione. L’anno successivo siamo arrivati a trentacinque coperti, poi quaranta, poi abbiamo ampliato l’apertura.
Nella situazione attuale ci troviamo da novembre 2015, quando abbiamo completato la ristrutturazione e inaugurato i nuovi locali». Tanti i progetti per ampliare l’offerta e per accrescerne la qualità: «Mi piacerebbe innanzitutto che Francesco imparasse a fare il bechér per dare continuità e prospettiva ad un concept che dovrà continuare ad avere nella macelleria il punto di riferimento» sottolinea Andrea. «Detto questo, non abbiamo esigenze di crescere. Facciamo già tante ore. Certo, al bancone ci piacerebbe inaugurare una linea di costate e tagliate, ma anche di hamburger precotti e semplici da rigenerare. E in trattoria abbiamo l’intenzione di aprire una cella per la frollatura a vista per accompagnare e coinvolgere il cliente in un percorso degustativo e culinario ancora più consapevole e quindi, penso, appagante». La carne lavorata e venduta è per il 70% bovina. Attualmente si lavorano incroci tra maschi di Limousine e femmine di razza Sarda nati in un allevamento con pascoli in Sardegna con cui collabora la cooperativa locale alla quale la macelleria aderisce e che ha le stalle a Lozzo Atestino. «Ne deriva un animale da carne equilibrato tra anteriore e posteriore e una carne predisposta alla frollatura e particolare sotto il profilo organolettico. Stiamo lavorando con frollature anche di 45 giorni e anche su questo stiamo alzando il livello». Il maiale è il classico suino padano pesante e si lavora solo fresco. Lo stagionato, come detto, arriva da Bazza, tranne il prosciutto cotto Branchi, il crudo di Sant’Ilario e la mortadella Pasquini & Brusiani. L’avicolo proviene dall’allevamento Cosaro: oche, anitre, faraone e tacchinelle nere ma soprattutto pollo e in particolare il pollo a collo nudo. Una marcia in più. Gian Omar Bison Macelleria Tolin Via Chiesa 6 – 35034 Lozzo Atestino PD Telefono: 0429 94144 E-mail: info@macelleriatolin.it Web: www.macelleriatolin.it
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A Ponzone, Alessandria, una macelleria con norcineria ecosostenibile
Giachero: di filetti baciati, prosciutti cotti e altre bontà in armonia con la natura di Riccardo Lagorio
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Acquese è una terra dove si coglie il fascino di un passato fatto di villaggi appollaiati sulle colline, silenzi e tranquillità che altrove sono memoria. Dai rilievi più alti si avverte già il mare, che talvolta impregna i frutti con il suo calore, altrove pervade ricette e sapori. Terra fertile ma impervia, dove i macchinari in agricoltura sono spesso inutili, confondono le idee. L’uva, si sa, da queste parti trova il terreno migliore. E accanto al vino germogliano, germogliavano, botteghe di artigiani fuori dal tempo,
capaci di tener testa a chiunque in quanto a prestigio. Come quella di CLAUDIO GIACHERO che, a 800 metri sul livello del mare, mantiene aperta la macelleria e diletta i visitatori di Ponzone con i suoi salumi. Mille abitanti sparsi in sette frazioni. È l’esperienza di quasi 25 anni trascorsi dietro il bancone a guidarlo nella scelta degli animali, che provengono da piccoli allevatori delle Langhe. «Dev’essere razza Piemontese che ha passato almeno 18 mesi in stalla e si presenta finito, ovvero con due cuscinetti posteriori che
sono gonfi e sodi. Privilegio la forma alla resa, senza compromessi. C’è da dire che questo concetto veniva seguito da molte macellerie; oggi si guarda più alla resa che l’animale può ottenere al banco». Se i 5.000 tra Genovesi e Milanesi che arrivano in estate e durante le vacanze natalizie le provviste le vengono a fare qui, bisogna ammettere che la carne di Claudio Giachero abbia qualcosa di speciale. «Agli inizi i clienti mi chiedevano solo filetto; ora sono abituati a farsi guidare, una volta che mi dichiarano il piatto
Il “filetto baciato”, specialità della produzione norcina Giachero, non è altro che filetto o sottofiletto di maiale avvolto (e quindi baciato) da pasta di salame, fasciato in budello naturale e lasciato stagionare per non meno di 60 giorni. Per servirlo al meglio si consiglia di toglierne la pelle, affettarlo sottile e accompagnarlo con melone e kiwi. 80
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L’attività è gestita da Claudio Giachero e dalla moglie Carmen che, con dedizione, preparano i deliziosi prodotti esposti nella vetrina del negozio. Il loro fiore all’occhiello è il filetto baciato, un salame crudo artigianale inventato nel 1880 da Romeo Malò, salumiere e macellaio di Ponzone, la cui ricetta venne tramandata ai familiari Ponzone, in provincia di Alessandria, grazioso borgo ubicato fra colli e mare. che vogliono consumare. In questo modo utilizziamo tutti i tagli». E fa l’esempio del muscolo, che la gente usava solo per bollito mentre ora è apprezzato come spezzatino arrosto. Basta provare, insomma. Del resto proprio a Ponzone, era il 1880 e la popolazione il quadruplo di quella odierna, ROMEO MALÒ, macellaio e ristoratore, nel suo laboratorio sperimentava la produzione di un salume che ancora oggi è il fiore all’occhiello della comunità. E lo è, in particolare, grazie a Claudio Giachero, che dell’opera di Romeo Malò è il prosecutore. L’ultimo erede, EZIO MALÒ, cedeva nel 1992 la bottega a Claudio Giachero tramandando — come i precettori medievali — le più intime nozioni: che sia Claudio Giachero a impegnarsi nel continuare a produrre l’originale insaccato cercando di estenderne la conoscenza ad una clientela sempre più vasta! Il saper fare ultracentenario è quindi presente nella macelleria che propone il filetto baciato. Il nome ne racconta la storia: un filetto o sottofiletto suino viene avvolto da pasta di salame, e il tutto fasciato in budello naturale e lasciato stagionare per almeno 40 giorni nel particolare microclima di Ponzone. Facile a dirsi, impegnativo a realizzarsi, poiché si è calcolato che il prodotto passa nelle mani del norcino 16 volte prima di essere Eurocarni, 6/17
messo in commercio. Un salame labour intensive in un panorama dove si tende a fare tutto a macchina, tutto automatico. Taglio con la piastra da 8 mm: «le spezie amalgamano meglio», ci cita il norcino. Si deve infatti salare e rigirare il filetto per 4 giorni, massaggiando opportunamente il taglio affinché assorba il sale e rilasci gli umori. Poi giunge il turno dell’impasto, elaborato con le parti del prosciutto e della pancetta, pepe, sale e vino rosso. Soggetti che altrimenti diventerebbero Culatello di Zibello DOP, nati e cresciuti nella zona d’origine del prezioso salume. L’insacco avviene in budello ricostruito «perché risulta difficile reperire il diametro corretto e costante di quello naturale», riferisce. Ma sembra che l’altra ragione, più stringente, sia dovuta alla necessità di ottenere una maturazione e consistenza invariata per i diversi lotti. Tant’è che il salume non si lega a mano, ma è prevista una reticella che lo tenga compatto. Trascorsi i canonici 40 giorni (ma i 60 si raggiungono con facilità) in sale di stagionatura con ricambi d’aria che danno sull’esterno, se ne ottiene una fetta caratterizzata dalla rosea parte centrale e da un’aureola dai toni più accentuati, puntinata da regolari candide frazioni di grasso. Il filetto baciato trova il miglior compagno di avventure nel Brachetto secco che nasce tre le sottostanti colline.
L’altro esempio di norcineria d’alta quota proviene dal prosciutto cotto. Tassativamente privo di polifosfati e di conseguenza con un sensibile calo di peso, intorno al 20%. Un brodo vegetale che comprende macis e coriandolo è il luogo di riposo delle carni, poi zangolate e infine poste a bagnomaria negli appositi stampi. Ci stanno tra le 12 e le 14 ore e l’interno raggiunge la temperatura massima di 69 °C. Ciò porta ad avere una fetta succulenta e consistente, dal colore rosa omogeneo, assai equilibrata al gusto. Frutto di passione artigianale e molto distintivi sono i piccoli cotechini e la testa in cassetta che ricordano l’aroma del Marsala utilizzato nella lavorazione. Un occhio alla natura li rende più buoni: l’impianto fotovoltaico permette di realizzare salumi ecosostenibili (e con un sensibile risparmio in bolletta). Fuori il riposante silenzio e solo qualche automobilista che passa, si ferma, ne scende il proprietario, fa spesa nella botteguccia e riparte. Lasciando dietro di sé la quiete che aveva interrotto. Roba d’altri tempi. Riccardo Lagorio Macelleria Claudio Giachero Corso Acqui 6A 15010 Ponzone (AL) Telefono 014478077 E-mail: info@salumificiogiachero.it Web: www.salumificiogiachero.it 81
EVENTI CARNIVORI
Tanto cuore con i Butchers for Children
È
stata una domenica carica di energia quella che Moreno Favaretto ha organizzato lo scorso 7 maggio nella sua piazza Aldo Moro, di fronte alla sua bottega a Mirano (VE). Il bechér veneziano conosciuto anche per i suoi maxi
burger, gli aperitivi in macelleria e i catering con la battuta al coltello ha chiamato a raccolta oltre 20 macellerie di tutta Italia e ha montato una grande festa denominata I Sapori della Solidarietà, il cui incasso è stato devoluto al centro ricerca di
oncologia pediatrica La Città della Speranza. Un’altra tappa benefica dei Butchers for Children, i macellai capeggiati da Dario Cecchini che dal 2001 dedicano tempo e risorse per sostenere progetti di sostegno per l’infanzia. W i Butchers!
1) Massimo Corrà della Macelleria Dal Max Goloso di Coredo (TN), Dario Cecchini dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti (FI) e lo chef Bruno Sicher, dell’Hotel Pineta, che insieme a Corrà ha grigliato delle meravigliose bracioline di capriolo trentino. 2) Un tris di super macellai padovani: Macelleria Beghin di Bresseo (PD), Corrado Tasca della Macelleria Tasca e Francesco Canton della Macelleria Canton. 4) Moreno Favaretto con Matteo Villani, macellaio di Zanè (VI) e Denis Deganello. 5) I grigliatori Corrado Marchetto e Marco Carraro. 82
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1) Foto di gruppo a fine giornata con tutti i Butchers for Children a Mirano (VE). 2) Francesco Camassa e Chiara Fanigliulo della Macelleria Camassa di Grottaglie (TA). 3) Moreno Favaretto con Giorgio Pellegrini dellâ&#x20AC;&#x2122;omonima macelleria di Milano. 4) Elisa Martinello e Nicola Negro della Macelleria equina Negro di Trebaseleghe (PD). 5) La famiglia Biagioni sempre presente alle feste dei butchers: da sinistra Giuliana, Francesco e Daniele della Macelleria Maggio di viale Monza a Milano. Eurocarni, 6/17
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1) Il gazebo della Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO), con Roberto Papotti, Orietta Barbieri e l’intero staff emiliano che supporta Roberto nelle trasferte carnivore. 2) I butchers torinesi Antonio Chetta, della Macelleria da Premio, e Raffaele Frarelli della Macelleria da Alfonso e Tina. 3) Vittorio Gaudio e un collaboratore delle Macellerie Gaudio Carni 1930 di Genova. 4) Il gazebo dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano (FI) capeggiato da Riccardo Ricci insieme a Mirko Mori, Evora Zagli, Zacary Andreoni e Marco Ricceri. 5) I butchers trevigiani “Tutti Matti per la Ciccia” Gino Schievano, Ada Schievano, Massimo Guidolin, Oscar Camillo, Luciano Stocco e Cristina Callegari. 6) Lo staff del Salumificio Mion di Mirano (VE): da sinistra, Pietro, Renzo e Massimo Mion.
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World Butchers Challenge 2018: Belfast ci aspetta Anche la Nazionale Macellai Italiani volerà in Irlanda del Nord per partecipare alla sfida mondiale dei maestri delle carni in programma dal 16 al 21 marzo 2018
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e belle notizie sono due. La prima è che saranno 12 i Paesi che il prossimo anno si sfideranno a Belfast, a colpi di coltello, per celebrare l’arte della lavorazione delle carni al World Butchers Challenge, l’evento mondiale che nel 2018 giungerà alla 7a edizione. Il suo presidente, il neozelandese ROD SLATER, si era recentemente espresso chiaramente per estendere la competizione a più Paesi, oltre i
tradizionali Regno Unito e Australia. E così è stato. Ma la seconda grande notizia è che l’Italia sarà uno dei dodici Paesi, per la prima volta al World Butchers Challenge, con una squadra tecnica e un team di professionisti macellai che dal Nord al Sud del Belpaese daranno prova dell’abilità, della tradizione e delle capacità di un lavoro tanto antico quando oggi in piena evoluzione.
L’appuntamento è fissato dal 16 al 21 marzo 2018 a Belfast, la capitale dell’Irlanda del Nord, in concomitanza a IFEX, l’International Food Exhibition, e organizzato da Butchery Excellence Scheme. Le squadre che si sono iscritte alla gara sono Australia, Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda, Spagna, Sudafrica e Stati Uniti d’America. La competizione
I macellai partecipanti si sfideranno anche nella preparazione di pronti a cuocere e esposizione del banco carni.
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In alto: alcuni rappresentanti del Butchery Excellence Scheme, l’ente che curerà l’organizzazione dell’edizione 2018 del World Butchers Challenge, competizione mondiale che vede sfidarsi i migliori macellai rappresentanti delle nazioni partecipanti (photo © butcheryexcellence.com). In basso: uno dei partecipanti alla gara di disosso ad una passata edizione del World Butchers Challenge.
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Anche la Nazionale Italiana Macellai, associazione nata tra le figure di spicco del settore nazionale carni e i macellai professionisti, tra disosso, preparazione ed esposizione, andrà a rappresentare l’arte della macelleria italiana in Irlanda del Nord
mondiale metterà alla prova i maestri macellai di ogni nazione in una serie di prove che comprenderanno il disosso, la preparazione di pronti a cuocere e l’esposizione del banco carni. Sarà interessante confrontare stili, tecniche e manualità tra i vari concorrenti e con le varie tipologie di carne, dal manzo, al suino, all’ovino, pollame e selvaggina. Sicura-
Staff tecnico della Nazionale Italiana Macellai La squadra dei maestri delle carni che comporranno la Nazionale è in corso di definizione. Vi anticipiamo lo staff tecnico che sarà al suo seguito: • Gianni Giardina (referente); • Fabrizio Gasparrini (segretario); • Massimo Caldera (tesoriere); • Orlando Di Mario (patron); • Andrea Laganga (direttore); • Francesco Camassa (coach): >> Link: w w w.facebook.com/Nazionale -Italiana-Macellai-635715386626849
mente ogni Paese è caratterizzato da proprie tradizioni, legate alla disponibilità di una certa tipologia di carne (ad esempio l’abbondanza di carne ovina in Nuova Zelanda, così come la cultura delle tante razze di pollame in Francia). C’è poi l’arte del disosso e della lavorazione che spesso varia da regione in regione. Figuriamoci in un confronto tra Paesi così diversi. Una
bellissima avventura insomma! Nel corso dei prossimi mesi vi terremo aggiornati con gli sviluppi della squadra. Vinca il migliore ma noi tiferemo 100% tricolore! World Butchers Challenge 16-21 marzo 2018 Belfast (Irlanda del Nord, UK) Web: www.butcheryexcellence.com www.facebook.com/butcherschallenge
Ancora una volta i macellai europei giocheranno a golf per una buona causa Dal 9 all’11 luglio prossimi a Boppard, in Germania, avrà luogo il XIV Euro Meat Golf Trophy. I macellai appassionati di golf si sfideranno e il ricavato sarà devoluto in beneficenza. Quest’anno l’acclamato torneo si terrà presso il Jakobsberg Hotel & Golfresort. I partecipanti misureranno le loro forze in otto categorie. Ci sarà anche un corso introduttivo al golf per principianti, oltre al premio per il miglior macellaio. Come sempre il torneo si svolge per buona causa: il ricavato sarà infatti devoluto ad organizzazioni caritatevoli che si occupano dei bambini. «Supportiamo progetti volti a dare un futuro a bambini malati e svantaggiati. Per questo desideriamo dare il nostro contributo» ha dichiarato Hermann Schalk, presidente dell‘Unione “Sport per una buona causa“ e organizzatore dell’Euro Meat Golf Trophy. Tra i partecipanti al torneo ci saranno dirigenti e responsabili aziendali. Oltre alla competizione sportiva, sono in programma networking, scambio di esperienze e visite ad aziende europee leader nel loro settore. Quest’anno verrà visitata la Sander Gourmet GmbH a Wiebelsheim. Anche la città di Boppard ha però qualcosa da offrire, perché è situata al centro dell’alta valle del Reno, patrimonio mondiale UNESCO. Lì si trova anche la Loreley, la rupe di ardesia nota in tutto il mondo, alla cui figura leggendaria Heinrich Heine, con la sua famosissima poesia, ha dedicato il suo monumento letterario. Ulteriori informazioni sullo svolgimento del programma sul sito dell’evento. >> Link: www.euromeatgolf.com
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MEAT BLOGGER
Federico Dal Lago, l’importanza di condividere Ovvero, portare al di fuori del proprio negozio ciò che si sa fare meglio, collaborare con gli chef per creare piatti unici ed essere innovativi, differenziarsi, sempre, anche a costo di non essere immediatamente compresi di Andrea Laganga
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rosegue il tour di @MaremmacheCiccia nelle macellerie d’Italia per carpire i consigli dei grandi macellai su come rilanciare la propria attività. Ci siamo lasciati con le indicazioni del ferrarese LORENZO RIZZIERI e la sua visione della
macelleria, ovvero il privilegiare la collaborazione con le aziende agricole locali, il comunicare correttamente con la propria clientela e, quindi, l’uscire dalla propria bottega, portando “fuori” il proprio modo di lavorare. Ed è proprio da
quest’ultimo punto che ripartiamo oggi. Per farlo, siamo andati a trovare un nostro caro amico di Caltrano (VI), FEDERICO DAL LAGO. Per Federico tutto ha inizio alla fine degli anni Cinquanta, dal piccolissimo negozio del papà Antonio, il quale,
Federico Dal Lago ha due macellerie: a Caltrano (quella ufficiale) e Arsiero (VI). «Dal 2016 ad oggi il mondo del barbecue è diventato un ramo importante della nostra attività» dice Federico. «Le grandi soddisfazioni che i team del mondo BBQ e i nostri clienti ci danno quando parliamo barbecue ci hanno portato a fare nuovi investimenti, nuove sinergie che daranno nei prossimi mesi come risultato la presenza anche on-line attraverso l’e-commerce della nostra attività».
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con grinta e costanza e il sostegno della moglie, diviene in breve tempo il punto di riferimento per la ciccia in paese. Il successo acquisito si rivela in continua evoluzione, anche perché Antonio, sia per passione personale che per esigenze commerciali, decide di intraprendere collaborazioni ed aprirsi nuovi mercati. Nel 1992 Federico fa il suo ingresso nell’azienda di famiglia, decidendo, nel ‘95, di aprire una seconda macelleria da gestire in proprio. Da lì in poi l’attività cresce ulteriormente e si espande con altri punti vendita, assumendo nuove figure professionali, affiancando alle carni crude la preparazione di carni cotte… E così le macellerie Dal Lago diventano una realtà di “macelleria/gastronomia”. Nel 2014, infine, l’ingresso nel mondo BBQ. Scopriamo allora con Federico Dal Lago il perché dell’importanza di condividere i propri punti di forza con l’esterno. Federico, chi è per te il macellaio? «È una figura professionale che riesce a farsi notare portando la propria professione “al di fuori della macelleria”, perché la macelleria ha bisogno, soprattutto in questo momento storico, di essere rivalutata e lo si può fare solamente uscendo fuori dalle nostre quattro mura. Il macellaio di domani deve essere una persona che si aggiorna di continuo, segue i trend, se può e riesce anche anticipandoli, valutando in base alle proprie possibilità e conoscenze quali sono le migliori strategie». Nel tuo modo di lavorare cerchi sempre di portare qualche cosa di “tuo” all’esterno? «Sempre! Insieme ai miei collaboratori cerchiamo di portare fuori dai nostri negozi ciò che abbiamo di più buono e di più bello ed è più gradito dai nostri clienti. Portiamo fuori tutto ciò che sappiamo fare meglio, cercando di stupire il cliente con i nostri cavalli di battaglia». Già da diversi anni collabori con molti locali di ristorazione a tutti i livelli fornendo loro la tua carne. Perché dovrebbero scegliere la carne di una macelleria rispetto a quella di un fornitore tradizionale?
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«Un ristoratore che vuol fare la differenza nel proprio locale, oltre ad acquistare un ottimo prodotto, lo deve anche saper utilizzare e lavorare nel migliore dei modi. Questo perché solamente così sarà in grado di esaltare tutte le qualità di quel prodotto. Un buon macellaio non è solo un fornitore di carne, ma un consulente e una risorsa per lo chef! Solo così si potrà puntare all’obiettivo finale!». Macellaio e chef: due figure diverse che devono saper collaborare. Perché? «Lo chef è un maestro di cucina, ma il mondo della carne, soprattutto a livello “anatomico”, può rivelarsi molto complesso, mentre per noi è il nostro pane quotidiano. La collaborazione tra la figura del macellaio con quella dello chef porterà solo benefici, dai quali potranno nascere referenze uniche e menù di qualità anche a prezzi contenuti, perché il piatto stellato non viene dal filetto!». Quanto è importante essere dei fornitori innovativi? «Essere innovativi ha sempre dei vantaggi ma anche degli svantaggi. I primi sono sintetizzabili nell’unicità, mentre i secondi nel rischiare di non esser compresi. Ma se siamo sicuri delle nostre referenze, con la costanza e la determinazione, possiamo raggiungere obiettivi inimmaginabili». Quanto è importante saper individuare le richieste dei propri clienti offrendo loro il “prodotto giusto”? «La collaborazione e l’intesa professionale tra chef e macellaio in questi anni ci ha permesso di costruire menù personalizzati in base alle differenti attitudini lavorative, ottenendo risultati fino a qualche anno fa impensabili, rendendo unici dei prodotti che oggi sono esclusivamente di questo o quel ristorante, mettendo a punto anche ricette cucite su misura. Un prodotto giusto per un ristorante lo può far diventare unico nel suo genere».
di un prodotto finito, lo si deve fare andando a calcolare anche altri fattori che gli ruotano intorno, come il tempo di preparazione, i costi delle attrezzature, ecc… Dobbiamo anche però riuscire a saper gestire in modo efficace ed efficiente questi fattori, il tempo per primo. Per fare un esempio dico sempre che “un forno spento consuma di più di uno acceso”. Questo per dire che, se sappiamo ottimizzare il nostro lavoro, come per esempio far lavorare il forno per più cotture, riusciremo a spalmare quel costo su molti prodotti abbattendo le spese. Per fare tutto ciò, però, dobbiamo puntare su una formazione continua». Credi sia importante che ogni macelleria si specializzi su qualcosa? «È fondamentale per diversificarsi! Ognuno di noi deve essere specializzato in qualche cosa, cercare di creare referenze uniche e di qualità, ma non questo da solo non è sufficiente. Ai nostri clienti dobbiamo offrire più servizi. Il macellaio deve essere il consulente, il collaboratore, l’operatore preparato nel rispondere a qualsiasi esigenza che ogni consumatore o professionista pone quando si parla di carne». Abbiamo l’abitudine di concludere i nostri articoli lasciando ai nostri lettori una frase da portarsi con sé. Qual è la frase che accompagna la passione che metti nel tuo lavoro? «Non ho molte frasi a cui fare riferimento, ma questa credo sia quella che più mi rappresenta: diversificarsi sempre e non mollare mai!». Andrea Laganga Macellaio e blogger www.maremmacheciccia.com
Quanto è importante il prezzo? «Il prezzo della materia prima è diventato un fattore relativo. Per determinare il giusto prezzo di vendita
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STREET FOOD
BabeK, la kebab (R)evolution approda a Milano di Tania Mauri
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l kebab è tra gli street food più amati e diffusi del mondo. Tipico della cucina turca, è un piatto a base di carne, divenuto popolare grazie alle immigrazioni provenienti dal Medio Oriente. Il più famoso è il döner kebab, che potrebbe essere tradotto come “kebab che gira”, in riferimento allo spiedo verticale rotante sul quale viene infilzata e fatta abbrustolire la carne. Se il döner kebab è preparato in un panino, nel dürüm kebab si usa una piadina. Entrambi sono accompagnati da verdure e salse speziate per insaporire la carne. Non è un caso che siano stati quattro giovani studenti siciliani trapiantati a Milano a fondare la
start-up BabeK – Kebab (R)evolution (la Sicilia è la patria dello street food, Ndr). Il sogno nel cassetto di VIRGINIA, GIULIO, GAETANO e PIETRO era quello di restituire valore a quello che ormai è solo l’immagine stereotipata e industrializzata del kebab. Nasce tutto dalla tesi di Virginia, laureata in Scienze Gastronomiche a Pollenzo, dove sviluppa il progetto BabeK, studiando nel dettaglio il mondo del cibo di strada e l’approccio necessario per rivoluzionare questo prodotto (ricerca dei prodotti e dei produttori, creazione della filiera corta, sviluppo della proposta gastronomica, analisi dell’impatto ambientale e del contesto sociale e culturale). Il supporto di Giulio e
Gaetano, dottori in giurisprudenza ed economia, è stato quello di aver fatto le prime analisi di fattibilità e pensato di rivoluzionare il kebab. La rivoluzione inizia dal nome Il sogno dei quattro amici palermitani diventa realtà con l’apertura della bottega BabeK che offre specialità tipiche della cucina mediterranea di strada preparate con un’estrema attenzione al gusto, alla qualità e alla sostenibilità. La rivoluzione ha inizio sin dalla scelta del nome: BabeK è kebab al contrario, ovvero un approccio controcorrente che vuole riportare l’attenzione agli ingredienti, a quello che mangiamo, ai gesti di chi cucina.
BabeK Slow: è la punta di diamante del locale milanese, farcito con ingredienti dei presidi Slow Food e realizzato con materie prime rigorosamente italiane. Protagonista è la carne bovina di razza Piemontese La Granda.
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BabeK bandisce la cottura verticale allo spiedo, in particolar modo del diffuso döner kebab preconfezionato BabeK desidera anche creare un’alternativa al kebab comunemente diffuso e lo fa restituendogli il suo valore storico, culturale e gastronomico: recupera la tradizione turca della cottura alla griglia previa marinatura e propone questo prodotto in una versione totalmente nuova e contemporanea. Per trasformare il kebab in un cibo gustoso ma digeribile, BabeK rinnova le tecniche di cottura, passando dal diffuso spiedo verticale alla cottura a bassa temperatura: il team di BabeK marina personalmente le carni nel laboratorio attiguo, prediligendo materie prime biologiche, fresche e di primissima scelta oltre ad una miscela personalissima di spezie, top secret. Arrivati nel laboratorio e rifilati, i tranci di pollo, manzo e pecora sono tagliati e lasciati marinare (ad eccezione della tagliata di bufalo) con yogurt, olio e un mix di spezie segretissimo che varia a seconda della tipologia. Messi sottovuoto, riposano in frigorifero per circa un giorno intero e sono successivamente cotti a bassa temperatura dalle 4 alle 24 ore: questo metodo ne favorisce la digeribilità, ne preserva la succulenza e le proprietà nutrizionali, oltre che esaltarne i profumi. Solo a questo punto le carni ben cotte e morbidissime sono tagliate e poi scottate alla piastra al momento. Gli ingredienti usati per la realizzazione dei babek sono tutti italiani e selezionati uno ad uno: nella filiera corta — curata con attenzione quasi maniacale — ci sono i migliori produttori che amano la terra e rispettano gli animali. Ci sono il pollo biologico, le carni di pecora, bufala e razza bovina piemontese allevati al pascolo; il pane prodotto con lievito madre, farine bio macinate a pietra, acqua vitalizzata e sale marino di Pirano; le spezie profumate e pregiate; il seitan fatto con grani provenienti da agricoltura biologica. Punta di diamante il BabeK Slow farcito con ingredienti dei presidi
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I proprietari del locale Virginia, Pietro, Giulio e Gaetano. Slow Food e realizzato con materie prime rigorosamente italiane, un panino molto goloso: pane arabo farcito con carne sfilacciata di Fassona piemontese, cipolla alla piastra, lattuga romana, fettine di pera, robiola di Roccaverano, pesto verde di capperi di Salina e acciughe, e salsa yogurt. È considerato il kebab bandiera del locale perché nasce dal desiderio di far incontrare in un panino alcuni presidi, ovvero prodotti che meglio incarnano la filosofia del “buono, pulito e giusto” tanto cara a BabeK. Nella ricetta dello Slow BabeK, infatti, la protagonista è la carne Piemontese, razza autoctona italiana allevata dal consorzio “La Granda”, dove gli animali, all’interno di piccole aziende spesso familiari, sono nutriti con alimenti naturali per la quasi totalità prodotti in azienda (mais, orzo, crusca, fave e fieno; niente insilati, integratori vitaminici oppure OGM). Il sapore di questa razza autoctona, tutelata nel paniere Slow Food, si esalta in accompagnamento alla robiola di Roccaverano, il caprino presidio Slow Food prodotto nella
Langa astigiana da un piccolo gruppo di produttori storici che lo fa seguendo una ricetta che risale a cento anni fa. Nello Slow Babek i sapori dei presidi piemontesi incontrano il gusto sapido delle acciughe e dei capperi di Salina, altro presidio che salvaguardia la coltivazione del cappero mediterraneo, un tempo molto diffusa e oggi a rischio di abbandono anche in Sicilia. Oltre allo Slow BabeK, nel menu non mancano altre reinterpretazioni creative del kebab. Si spazia da proposte di carne a base di pecora e di pollo biologico a proposte vegane, realizzate con pane arabo o di segale del panificio Grazioli. Il menu varia con le stagioni e le materie prime, spesso disponibili in quantitativi ridotti. Non mancano alcuni sfizi dedicati alla tradizione siciliana, come panelle, arancine sbagliate e crocché. Tania Mauri BabeK Via del Torchio 3 20123 Milano Telefono: 02 72095714 Web: www.facebook.com/babeKmilano
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FIERE
A Parma una due giorni all’insegna dell’efficienza e del business internazionale Archiviata la prima edizione del nuovo evento fieristico parmense dedicato al food & beverage italiano: soddisfatte le aziende alimentari partecipanti e i buyer. Appuntamento con Cibus a maggio 2018
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a regina francese dello stile COCO CHANEL amava ripetere: “prima di uscire, guardati allo specchio e levati qualcosa”. Seguendo i consigli di Miss Coco, quindi, eliminare qualche accessorio dal proprio abbigliamento sarebbe sempre la scelta migliore perché la nostra immagine nel suo complesso ne possa trarre immediatamente vantaggio. Visitando i padiglioni che hanno ospitato Cibus Connect, innovativo appuntamento ideato da FIERE DI PARMA e FEDERALIMENTARE, si è avuta la netta impressione che gli organizzatori abbiano fatto qualcosa di molto simile: dritti all’essenziale! Evitando comunque qualsiasi confronto con quella grandiosa manifestazione che è Cibus — il Salone Internazionale dell’alimentazione che per la prossima edizione si svolgerà a Parma dal 7 al
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10 maggio 2018 — il format di questa nuovissima e intensa due giorni (12 e 13 aprile) ha regalato un’aura di immediatezza all’esposizione, dimostratasi un concentrato di efficienza e spirito internazionale. Scelte azzeccate quelle dedicate agli stand (400 le aziende espositrici), ridotti negli spazi, con un’estetica lineare, molto pulita, in contrasto con l’ampiezza riservata invece all’area show cooking, di grande respiro, estremamente fruibile, dove sono state presentate con grande seguito, anche grazie alla presenza di chef molto noti e vere e proprie stelle della gastronomia, tutte le novità di prodotto. Significativo e, soprattutto, decisamente efficace il lavoro fatto in precedenza dallo staff organizzativo per richiamare i buyer esteri in fiera: erano in-
fatti almeno 1.000 quelli arrivati nella cittadina emiliana, attratti anche dalla contemporaneità con il Vinitaly di Verona. 10.000 gli operatori complessivi presenti tra la prima e la seconda giornata, che, dai commenti rilevati, si sono detti tutti piacevolmente colpiti da questo “nuovo Cibus”, che si terrà negli anni dispari e prevederà sempre un mix di esposizione, una ricca parte di workshop e convegni finalizzati alla divulgazione dei temi di attualità in ambito food e retail e business matching. La soddisfazione convinta delle aziende alimentari «È un progetto molto innovativo — ha riferito FRANCESCO MUTTI, CEO di Mutti Spa — ed il risultato è stato eccellente, per cui vanno
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novativa — ha rilevato N ICOLA LEVONI, presidente dell’omonima azienda di Castellucchio (MN) e di ASS.I.CA., l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi — e ci ha permesso di ampliare la comunicazione alla clientela. Molto utile anche il pratico stand pre-allestito». Soddisfazione espressa anche da NICOLA BERTINELLI, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano: «è stata un’occasione ottima per dare visibilità ai prodotti del territorio».
Roberto Giovannini, partner di Kpmg, che ha fornito dati puntuali sullo scenario globale dell’e-commerce nel food. fatti i complimenti a Fiere di Parma. La manifestazione è snella, con un’efficacia rara in termini di costi di struttura». «Cibus Connect è stata una sorpresa positiva» ha confermato il presidente di Granarolo GIANPIERO CALZOLARI. «Il nostro
stand ha registrato una buona presenza di buyer, sia italiani che stranieri, ed abbiamo presentato i nostri prodotti congelati, dedicati soprattutto all’export». «La dislocazione separata di stand e show cooking è molto in-
Food made in Italy: connettiamoci col mondo A Cibus Connect si è tenuto, sia nella prima giornata che nella seconda, il forum internazionale “Posizionamento del Made in Italy Alimentare nell’evoluzione internazionale dei consumi”, organizzato da Fiere di Parma e TEH-Ambrosetti. I lavori della seconda giornata sono stati aperti da ANDREA OLIVERO, vice ministro delle Politiche Agricole e Alimentari, che ha invitato «tutti
Tanti i nuovi prodotti presentati a Cibus Connect, molti dei quali orientati a soddisfare la domanda “salutistica” e di gusti nuovi e sfiziosi che arriva dai consumatori. Non sono mancate soluzioni originali e pratiche di packaging. Molto apprezzata dai visitatori la grande area riservata agli show cooking.
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gli attori a fare la propria parte e a dare un contributo per il potenziamento dell’export agroalimentare: il Governo, favorendo e facilitando l’accesso ai mercati e vigilando nel contempo sulla autenticità dei prodotti; gli imprenditori, facendo massa critica e insieme promuovendo strategie comuni di crescita che possano trovare un valido strumento nelle denominazioni DOP e IGP, che al meglio rappresentano l’alto valore aggiunto che i nostri prodotti traggono dagli imprescindibili legami con i territori di origine». «Qui a Cibus Connect le imprese vengono a illustrare cosa differenzia il sistema produttivo italiano rispetto a tutti gli altri Paesi» ha dichiarato LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente di FEDERALIMENTARE, intervenendo i chiusura di manifestazione «Ricordiamo che la produttività per ettaro della Pianura Padana è la più grande del mondo. L’industria alimentare ha imboccato con decisione la strada della innovazione e della sostenibilità. Le innovazioni di prodotto, tuttavia, non devono snaturarlo». V ALERIO D E M OLLI , CEO di The European House Ambrosetti, ha presentato la ricerca “Sostenere la crescita di lungo periodo e l’internazionalizzazione delle imprese del settore food & beverage in Italia”. «Nel rapporto sono state evidenziate le forze e le debolezze del food made in Italy anche dal punto di vista degli oltre 200 retailer internazionali intervistati per questa occasione. Il comparto alimentare italiano ha dimostrato una straordinaria resilienza alla crisi avendo fatto crescere di oltre il 13% il fatturato aggregato negli ultimi 15 anni, a fronte di un crollo della produzione industriale manifatturiera di 25 punti percentuali». Nel corso del workshop organizzato da GDO WEEK e MARK UP è stata analizzata la responsabilità di essere impresa che, al di là dei bilanci sociali, è tempo entri nel DNA delle imprese, diventandone coscienza sociale. In questo contesto si è parlato di Sud, partendo dal presupposto che, per il nostro
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In alto: sono stati 10.000 gli operatori presenti alla prima edizione di Cibus Connect. Al centro: Alcar Uno di Castelnuovo Rangone (MO) seleziona e acquista tagli primari di suino e li lavora personalizzandoli a seconda delle richieste di mercato. In basso: lo stand della casa editrice modenese di Eurocarni, Premiata Salumeria Italiana e Il Pesce, Edizioni Pubblicità Italia Srl.
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You&Meat è la linea di burger gourmet realizzati dal Centro Carni Company Spa di Tombolo (PD) con carni bovine di qualità e gusto come la razza Piemontese, la Chianina, l’Aberdeen Angus. Morbidi, stuzzicanti, prelibati, hanno riscosso grande attenzione in fiera. >> Link: www.youandmeat.com
Gran Naturale è la linea di prosciutti crudi che BP Prosciutti, del Gruppo Suincom, ha creato per chi apprezza questa eccellenza gastronomica italiana e che richiede un’alimentazione sana e leggera… naturale insomma! Gran Naturale viene stagionato nel moderno stabilimento abilitato all’export USA “Royal Prosciutti” di Sala Baganza (PR) con un metodo 100% naturale, senza l’aggiunta di alcun conservante o additivo chimico. Per la salagione viene usato unicamente il sale marino naturale, non raffinato né sbiancato chimicamente. Presentata lo scorso anno a Cibus, la linea Gran Naturale ha spiccato nuovamente nello stand di BP Prosciutti a Cibus Connect 2017. Nello stand, Valentina e Roberto Agnani, rispettivamente presidente di Royal Prosciutti e presidente del Gruppo Suincom, con Andrea Micheli, Diego Rossi, Marco Cioni, Andrea Ganzerli e Alessandro Masetti. >> Link: www.bpprosciutti.it
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Molto seguiti i workshop organizzati durante la due giorni parmense. Paese, il meridione può e deve diventare una risorsa importante, le imprese devono tornare ad investire, ma nel modo giusto. Responsabilità per chi opera nella filiera del consumo, dalle aziende dell’agroalimentare a quelle della distribuzione, significa anche educazione alimentare: quanto possono (e devono) incidere le aziende della filiera del consumo per aiutare gli Italiani a nutrirsi meglio? Nel corso del workshop è intervenuto FRANCESCO PUGLIESE, AD di Conad, che ha sottolineato come la «Grande Distribuzione debba assumere un ruolo sociale ed agire da collante tra il prodotto ed il consumatore. E il prodotto deve andare sempre più verso la natura, l’ambiente, essere fair trade, riciclabile e di basso impatto ambientale». Durante il convegno di Agrifood Monitor, Nomisma e Crif, si è parlato anche del rischio Brexit per l’export dei salumi italiani, nel caso in cui venissero applicati nuovi dazi. Tanto più che l’interesse dei consumatori inglesi per i salumi è elevato, come dimostra il fatto che
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circa l’87% di loro li ha acquistati almeno in un’occasione negli ultimi 12 mesi e il 57% più volte nel corso di una settimana. Fari puntati sul mercato USA nel workshop organizzato da THE PROGRESSIVE GROCER. I rivenditori di prodotti alimentari gourmet nel mercato statunitense hanno una cosa in comune: devono affrontare una concorrenza più spietata che mai da parte di tutti i canali di vendita al dettaglio. I rivenditori, qualsiasi siano i loro volumi di vendita, hanno bisogno di differenziarsi. In questo incontro, i relatori hanno condiviso le loro storie di successo, spiegando l’origine dei loro prodotti, il ruolo del cibo e dei vini italiani nei loro negozi, discutendo in generale di tutto ciò che influenza al momento il mercato statunitense. Di e-commerce nel comparto alimentare si è parlato anche al workshop di ICE Agenzia, durante il quale è stata presentata la nuova piattaforma B2B per l’outsourcing della distribuzione Rangeme.com, e nell’area Slow Food, grazie al
progetto Foodscovery, un mercato on-line al servizio di produttori e operatori professionali. La piattaforma permette a chiunque di ordinare prodotti icona della gastronomia regionale direttamente da contadini, pescatori, allevatori, trasformatori, produttori rappresentativi della tradizione locale saltando tutti i passaggi della distribuzione tradizionale. Nel corso della due giorni si sono tenuti altri numerosi workshop, tra cui quello organizzato da LEBENSMITTEL ZEITUNG sulla GDO tedesca, due organizzati da LSA, uno sui prodotti bio in Francia e Benelux e l’altro sui prodotti gourmet e regionali francesi; infine, due workshop organizzati da CONFIMPRESE, sulla ristorazione commerciale e sulla ristorazione travel. In fiera sono anche stati presentati i Tespi Awards, i premi dell’eccellenza assegnati alle aziende che si sono distinte nell’ideazione e realizzazione di attività di marketing e comunicazione durante il 2016. >> Link: www.cibus.it
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Slow Food Italia ha portato a Cibus Connect oltre 40 produttori di piccola scala selezionati dall’associazione. Numerose le aziende che hanno deciso di presentare le proprie produzioni ad un nuovo pubblico in questo nuovo evento: dai formaggi al pane, dai salumi ai dolci alla pasta artigianale e alla carne, come quella bovina di razza Piemontese del Consorzio La Granda (www.lagranda.it; in foto alcune proposte del Consorzio “in vasetto”). «Da sempre lavoriamo per favorire la nascita di relazioni tra le piccole aziende alimentari di eccellenza del nostro Paese, in primis i presidi Slow Food, e il mondo degli operatori professionali — ha commentato Roberto Burdese, consigliere delegato di Slow Food Promozione — perché è solamente grazie ad efficienti reti di distribuzione che possiamo riuscire a far conoscere questi prodotti a un pubblico sempre più vasto, continuando così a proteggere la biodiversità e promuovere l’educazione alimentare dei cittadini».
Levoni annuncia a Cibus Connect la partnership con Renato Bosco Per Levoni — storica azienda italiana specializzata nella produzione di salumi di Castellucchio (MN) — Cibus Connect è stata l’occasione per annunciare, a top buyer nazionali e internazionali, l’importante partnership con Renato Bosco. Una partnership che nasce in modo naturale perché frutto di un incontro tra visioni in armonia tra loro: la stessa attenzione per la qualità delle materie prime, lo stesso amore per la migliore tradizione italiana e la stessa passione per le cose fatte bene. Più di trent’anni di esperienza nel mondo del pane, della pizza e nell’arte della lievitazione conferiscono a Renato Bosco uno straordinario tocco e una particolare sensibilità per gli impasti, tanto da essere inserito, nel 2015 in concomitanza con le celebrazioni di Expo, nei 50 chef italiani scelti per rappresentare la cucina italiana nel mondo. Quello fra i salumi Levoni e i suoi celebri impasti è una collaborazione fra eccellenze della tavola che rappresentano con orgoglio gusti e sapori tutti made in Italy. Made in Italy che Levoni interpreta con oltre 300 salumi certificati 100% italiani perché ottenuti da suini nati, allevati e trasformati in Italia. Con la selezione delle spezie più pregiate che vengono macinate subito prima di essere aggiunte agli impasti. Con miscele esclusive di legni di montagna per un’affumicatura dal gusto inconfondibile. E perché il buono sia di tutti e per tutti, i prodotti Levoni sono senza glutine e senza lattosio. >> Link: www.levoni.it
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Referente vendite per lâ&#x20AC;&#x2122;Italia
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Passione per la carne per tradizione.
TECNOLOGIE
CSB-Hang & Move: competenza nell’automazione
Sistemi intralogistici innovativi per un efficiente product handling
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e esigenze di un efficiente product handling — vale a dire movimentazione, stoccaggio e gestione del prodotto — sono in continuo aumento in molti settori industriali. Specialmente nel commercio al dettaglio degli alimenti si nota un trend verso i prodotti in vaschette pronti per il consumo. Tutto questo mette i produttori di fronte a diverse sfide, perché viene loro richiesto di gestire a costi contenuti la crescente complessità in fatto di varietà di prodotti e tipi di imballaggio. Spesso la rilavorazione, il trasporto, lo stoccaggio e l’imballaggio dei prodotti semilavorati
all’interno dello stabilimento sono eseguiti manualmente e, quindi, richiedono un considerevole impiego di personale. Inoltre, in molti settori sussiste un notevole rischio igienico per gli alimenti. D’altro canto, l’automazione dei processi e l’impiego di nuove tecniche di movimentazione merce e di magazzini automatici possono offrire un enorme potenziale di risparmio.
notevoli vantaggi per un’efficiente organizzazione del product handling. I componenti principali del sistema sono: • l’innovativo supporto di carico “gondola”; • un sistema di movimentazione merci composto da guidovie sospese; • stazioni di carico e scarico automatiche.
Efficiente gestione dei prodotti grazie all’automazione L’innovativo sistema d’intralogistica CSB-Hang & Move con il suo elevato grado di automazione offre
Nuovi criteri nella gestione della carne in vaschetta I produttori di alimenti sanno bene quali siano le esigenze relative alla gestione delle vaschette aperte
Immagine 1 – Raffigurazione dell’innovativo supporto di carico, cosiddetto “gondola”
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Immagini 2-3 – Overview di un sistema di gondole con particolare di singola linea
a partire dall’uscita produzione. CSB-Hang & Move automatizza le fasi essenziali dei processi tra la produzione, il porzionamento e la sigillatura delle vaschette. Il supporto di carico sviluppato espressamente per quest’applicazione serve alla movimentazione della merce all’interno dello stabilimento e allo stoccaggio temporaneo. Il sistema viene integrato da stazioni automatiche che caricano e scaricano le vaschette senza utilizzo di operatori. L’intero processo integrato realizza anche il trasporto totalmente automatico delle vaschette alla macchina per il confezionamento e alla pesoprezzatrice. I vantaggi di questa soluzione consistono da una parte nella notevole riduzione dell’impiego di personale e dalla relativa limitazione dei rischi igienici. Dall’altra, grazie al sistema di movimentazione merce e di stoccaggio sospeso, è possibile sfruttare in modo più efficiente e flessibile sia lo spazio esistente che i sistemi di confezionamento e di etichettatura. Sistema di movimentazione merce con molteplici possibilità d’impiego Il sistema di guidovie sospese non serve solo alla movimentazione dei supporti di carico, ma può essere impiegato anche per il giusto rifornimento durante la lavorazione (ad esempio, prima della macchina per il confezionamento). Copre anche tutte le funzioni di un sistema a magazzino completo che realizza uno stoccaggio efficiente, economico e salva spazio.
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Incremento dell’efficienza tramite la desincronizzazione delle fasi di lavoro Le velocità di lavoro della produzione e delle successive fasi dei processi sono solitamente differenti l’una dall’altra. CSB-Hang & Move offre la possibilità di sfruttare in modo ottimale le capacità disponibili. Corrispondentemente a quanto previsto nella pianificazione della produzione e nella pianificazione degli ordini, i supporti di carico vengono portati là dove servono per le successive fasi di lavoro. CSB Linecontrol® controlla e monitora l’intero processo CSB Linecontrol® controlla e monitora l’intero processo intralogistico e il collegamento al sistema ERP superiore. Questo comprende tra l’altro l’elaborazione dei dati dell’ordine e le informazioni sulla rintracciabilità. Vantaggi dell’impiego di CSB-Hang & Move • Riduzione dell’impiego di personale — I processi di carico e movimentazione merce totalmente automatizzati realizzano una riduzione dei costi. • Incremento della flessibilità e dell’efficienza — La gestione mirata dei supporti di carico crea uno sganciamento temporale delle fasi di lavoro. • Rintracciabilità completa — L’identificazione univoca dei supporti di carico fornisce una rintracciabilità completa dei lotti produzione.
• Miglioramento dell’igiene — La riduzione notevole del personale impiegato nella movimentazione dei prodotti e delle casse diminuisce i rischi igienici. • Sfruttamento ottimale dello spazio — Grazie alle guidovie appese al soffitto gli spazi e le altezze vengono sfruttati in modo più efficace. Soluzioni innovative per l’automazione CSB-Automation inside CSB-Automation progetta e realizza assieme a produttori leader di impianti, di macchinari, di tecniche di movimentazione merce e di magazzini automatici, soluzioni innovative per l’automazione che soddisfano le esigenze di oggi e di domani. Se richiesto, CSB-Automation, come fornitore di un sistema integrato, può assumere la responsabilità completa del progetto “chiavi in mano”. CSB-Automation è una società del gruppo CSB-System.
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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Microonde per precuocere, pastorizzare e decongelare
Lazzari Equipment distribuisce per l’Italia i sistemi a microonde dell’americana AMTek
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EQUIPMENT distribuisce per l’Italia i sistemi a microonde dell’americana AMTEK, leader mondiale per l’applicazione di questi sistemi nel settore alimentare. I microonde industriali sono in continua evoluzione e solo negli ultimi anni si comincia a capirne l’enorme potenzialità per utilizzi che sembravano di non facile messa a punto. Ecco perché diventa importante lavorare con il partner migliore, con chi fa continuamente ricerca, sviluppo e perfeziona gli aspetti tecnici volti alla più intelligente e redditizia applicazione nel settore alimentare. AMTek ha sviluppato, per esempio, un eccellente sistema di cottura ibrido, operando una precottura con tunnel a microonde per poi finire il processo AZZARI
con un forno tradizionale, sia esso dedicato ad arrostitura, doratura superficiale o cottura tradizionale. Questo metodo di cottura ibrida permette di velocizzare i tempi, aumentando la capacità produttiva anche di forni tradizionali esistenti, senza occupare troppi metri quadri in produzione: con un piccolo forno a microonde abbinato ad un forno classico si riescono ad ottenere risultati incredibili, migliorando le rese con cali peso inferiori rispetto al sistema completamente tradizionale, per la minore permanenza del prodotto in forno dovuta alla estrema velocità di trattamento microonde. Utilizzando un tunnel microonde per la precottura diventa anche estremamente facile raccogliere e
convogliare i grassi colati recuperandoli in ottimo stato per altre lavorazioni. Ovviamente questo sistema di cottura non si addice a tutti i prodotti da cuocere, ma per alcune lavorazioni come il bacon affettato o arrosti di tacchino si dimostra di un efficacia incredibile. Anche per la preparazione di minestre, salse, sughi e prodotti a base liquida in genere, gli ultimi sviluppi di AMTek hanno portato alla messa a punto di cuocitori a pentola con sistema di riscaldamento a microonde. I vantaggi sono un controllo perfetto delle temperature, con riscaldamento omogeneo e nessuna scottatura del prodotto a contatto con la parete, al contrario di quanto avviene nei cuocitori tradizionali dove spesso a fine ciclo le incro-
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non teme il gelo. Decongelare in linea, adeguando all’istante la produzione alle richieste delle vendite… senza cali peso, carica batterica azzerata e nessuno spreco di proteina che scivola nei tombini inquinando acque che poi dovranno essere costosamente depurate. Non è più necessario sprecare preziosi m² per voluminose celle di decongelo, usiamo lo spazio per produrre e l’intelletto per decongelare! AMTek presenta l’innovativo ed esclusivo sistema che garantisce equalizzazione di temperatura tra cuore e superficie esterna del blocco, o di qualsiasi parte anatomica desideriate. Troppo bello per essere vero?
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Tempering: tunnel a microonde per decongelazione blocchi di carne. stazioni di prodotto bruciato sulle pareti della pentola costringono a difficili e lunghi cicli di lavaggio; calo peso ridotto, estrema rapidità nel raggiungere la temperatura impostata e migliore efficienza che si traduce in sale di lavorazione con temperature dell’aria molto inferiori al solito: infatti, non utilizzando fuoco diretto, non si disperde calore nell’ambiente, riducendo gli sprechi e migliorando l’ambiente di lavoro degli addetti alle produzioni. Altri recenti sviluppi dei sistemi a microonde AMTek riguardano la tanto discussa pastorizzazione e sterilizzazione controllata, mentre il prodotto fluisce all’interno di tubature prima di essere trasportato a confezionatrici in asettico. Dalla notevole esperienza maturata con grandi aziende alimentari americane AMTek può fornire sistemi di pastorizzazione e sterilizzazione in
continuo disegnate su misura per l’esigenza del cliente: e non parliamo di sistemi sperimentali, ma di linee automatiche super collaudate, installate ormai in grandi numeri e dalla provata efficienza. Anche nel mondo del tempering o scongelamento rapido e continuo AMTek ha sviluppato tunnel a microonde dalla grande efficienza ed automazione, risolvendo il problema di aree aziendali tipicamente sottosviluppate o semplicemente rimaste a metodi di lavoro ormai obsoleti. Spesso ci troviamo ancora davanti al metodo di prelevare la carne dalla congelazione, distenderla in anti-cella e… aspettare; oppure si fanno scorrere spropositate quantità di acqua, bene preziosissimo; altrimenti vediamo soluzioni dove si impiegano grandi superfici per camere a circolazione di aria forzata, con enorme dispendio di energia e
Pentola cottura: cuocitore a microonde per sughi e minestre.
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spazio avendone in cambio tempi di rinvenimento più o meno lunghi. Non solo, tutti questi sistemi — oltre alle perdite di tempo, denaro ed ai grandi spazi che richiedono — non consentono mai di avere il prodotto (molto spesso carne in blocchi) avente temperatura interna-esterna uniforme, ma rendono difficoltosa la successiva lavorazione, provocando per di più un notevole calo di peso e riducendo di molto le qualità organolettiche e proteiche delle carni, con innalzamento poco controllabile della carica batterica. Al contrario, con un tunnel a microonde AMTek studiato specificamente per il decongelamento di blocchi di carne, il prodotto uscirà in continuo alla temperatura desiderata, senza cali peso, senza perdita di proteina liquida, garantendo in tal modo qualità e salubrità e, soprattutto, veloce reazione ad ordini improvvisi, cosa impossibile con i sistemi di decongelamento tradizionali. Potrete visionate il nostro nuovo sito web di Lazzari Equipment,con la sezione dedicata al trattamento con microonde AMTek, all’indirizzo www.lazzariequipment.com/ prodotti/microonde
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EasyGrip™ permette un utilizzo di forza muscolare pari a circa la metà rispetto all’uso di un guanto normale. EasyGrip™ grazie alle sue placchette antiscivolo permette di afferrare saldamente e con meno sforzo ogni tipo di carne. EasyGrip™ è stato ideato dai tecnici degli stabilimenti Amadori, dove viene utilizzato con successo.
EasyGrip™ è un sistema brevettato IntPat.
EasyGrip™ è una soluzione efficace che può portare miglioramenti concreti e tangibili per i lavoratori del settore della trasformazione alimentare.
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EasyGrip™ è realizzato in collaborazione con la prof.ssa Daniela Colombini presidente e direttore della associazione Scientifica EPM IES (INTERNATIONAL ERGONOMICS SCHOOL OF POSTURE AND MOVEMENT) - MILANO
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Vantaggi competitivi grazie alla sostenibilità Un incontro sulla sostenibilità, organizzato da Sealed Air, conferma la validità economica dell’approccio ambientale
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er i produttori europei di alimenti la “sostenibilità” è ormai una questione imprescindibile, che pone le basi per alcune sfide commerciali fondamentali: mantenere elevate performance attraverso processi e materiali sostenibili, ridurre al minimo gli sprechi nella filiera distributiva, gestire le emissioni di anidride carbonica rimanendo economicamente competitivi. Un imballaggio innovativo può offrire soluzioni vincenti per affrontare queste sfide e, nel contempo, aumentare la produttività e prolungare la durata di conservazione degli
alimenti. E i vari interventi tenuti in occasione dell’evento sulla questione della sostenibilità organizzato da Sealed Air lo scorso 22 marzo, presso la propria sede di Passirana di Rho (MI), lo confermano. Partendo dalla constatazione che un approccio responsabile sotto il profilo ambientale è indispensabile in ogni fase della catena produttiva, dall’uso delle materie prime fino al riciclaggio, i vari relatori hanno infatti dato vita ad una discussione altamente interattiva suscitando l’interesse dei partecipanti. Uno dei temi chiave dell’evento è stato l’importante funzione del
packaging agli effetti della riduzione degli sprechi alimentari. Basandosi sul fatto che, dati alla mano, circa un terzo degli alimenti viene gettato senza essere consumato, più esperti del mondo dell’industria alimentare, della distribuzione e del packaging hanno sottolineato il valore irrinunciabile del confezionamento high-tech per quanto riguarda la protezione dei cibi dalla contaminazione e dalla perdita di qualità. Una serie di studi analitici e presentazioni hanno dimostrato che il packaging spesso consente di risparmiare più risorse di quelle che consuma in termini di materie
Nell’ampia gamma Darfresh, troviamo Cryovac® Darfresh® on Tray, una tecnologia che rende il processo di imballaggio il 35% più rapido, utilizza fino al 40% di film in meno e riduce il volume della confezione del 50% rispetto ad altri sistemi di imballaggio.
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I nuovi sacchi termoretraibili sottovuoto Cryovac® OptiDure™ garantiscono un minor impatto ambientale rispetto ai sacchi tradizionali. prime ed energia. L’innovazione è quindi indubbiamente la chiave della sostenibilità. Il ruolo strategico dell’imballaggio Tenendo presente tutto questo, Sealed Air ha sviluppato diverse soluzioni innovative di packaging sostenibile, come i nuovi sacchi termoretraibili sottovuoto Cryovac® OptiDure™, che garantiscono un minor impatto ambientale rispetto ai sacchi tradizionali; i nuovi film mono-materiale per tray lidding e flowpack Sealappeal® PSF e OSF, rispettivamente per il confezionamento di prodotti freschi e piatti pronti. I materiali Sealappeal, più sottili rispetto ai tradizionali (da 40 a 17 micron), garantiscono un’elevata trasparenza, un’ottima pelabilità e una totale
riciclabilità. Il confezionamento sottovuoto skin Cryovac® Darfresh® assicura la massima estensione della shelf-life del prodotto. Nell’ampia gamma Darfresh, troviamo Cryovac® Darfresh® on Tray, una tecnologia che rende il processo di imballaggio il 35% più rapido, utilizza fino al 40% di film in meno e riduce il volume della confezione del 50% rispetto ad altri sistemi di imballaggio. La coerenza nella forma e nell’aspetto delle confezioni Darfresh® viene costantemente ottenuta mediante processi produttivi ad alta velocità, garantendo una sempre più elevata efficienza operativa. Pur mantenendo o migliorando le performance, queste soluzioni di confezionamento aiutano a ridurre notevolmente l’impatto ambientale.
Sealed Air Corporation crea un mondo migliore sotto ogni possibile aspetto. Nel 2016, la società ha generato un fatturato pari a circa 6,8 miliardi di USD, aiutando i clienti a raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità a dispetto delle maggiori sfide ambientali e sociali attuali. Il nostro portfolio comprende marchi noti, tra cui Cryovac® (soluzioni di confezionamento alimentare), Bubble Wrap® (imballaggio di protezione a bolle) e Diversey® (soluzioni di sanificazione, igiene e pulizia). Le nostre soluzioni permettono una catena di fornitura più sicura e meno dispendiosa, proteggono le merci spedite in tutto il mondo e migliorano la salute attraverso ambienti puliti. Sealed Air ha circa 23.000 dipendenti che si occupano dei clienti in 171 Paesi. >> Link: www.sealedair.com
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La magia del sottovuoto, in stabilimento e a casa Era il 1970 quando entrava prima nelle fabbriche e poi nelle cucine. Si tratta di una delle più grandi innovazioni nel campo della conservazione dei cibi, ma è divenuta ancora più interessante con la cottura di Guido Guidi
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l suo principio è molto semplice: dal contenitore di un prodotto alimentare viene eliminata l’aria o anche solo alcuni gas, come l’ossigeno, la principale causa di ossidazione. Questo processo, effettuato con l’ausilio di macchine specifiche, anche ad uso domestico,
e quindi molto semplici da utilizzare, impedisce alla maggior parte dei microorganismi e dei batteri di svilupparsi e attribuisce quindi al prodotto una vita decisamente più lunga, sia con i crudi che con i cotti. Oltre all’arresto dello sviluppo di microrganismi, di cui il nostro fisico
ringrazia vivamente, il sottovuoto impedisce la perdita di umidità e l’irrancidimento ossidativo, con un generale mantenimento della freschezza del cibo. Può essere inoltre abbinato alla refrigerazione, e in questo caso i vantaggi sui tempi si moltiplicano, poiché il sottovuoto
Il sottovuoto impedisce la perdita di umidità e l’irrancidimento ossidativo, con un generale mantenimento della freschezza del cibo. Può essere inoltre abbinato alla refrigerazione e, in questo caso, i vantaggi sui tempi si moltiplicano, poiché il sottovuoto ne può aumentare la vita, anche di cinque volte (photo © sovite.it).
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Oggi la pratica del sottovuoto rende possibile il particolare metodo di cottura “sous vide”, sottovuoto per l’appunto, grazie all’utilizzo di particolari macchine diffuse sia in ambito professionale che domestico (photo © www.miele.ch). ne può aumentare la vita, anche di cinque volte. Il suo utilizzo si è notevolmente esteso e tuttora è praticato non solo in campo industriale, ma anche domestico, consentendo, oltre che di attribuire al cibo una vita molto più lunga, di conservarne i sapori e profumi, lasciandone inalterate le proprietà organolettiche. Gli alimenti vengono così protetti da eventuali contaminazioni e odori esterni e, in più, non subiscono perdite di sali minerali o vitamine. Inoltre, in tempi di crisi e di politica di riduzione degli sprechi, il sottovuoto permette, in contesti diversi, di evitare di buttare il cibo in eccesso per utilizzarlo in un secondo momento. Il tempo di conservazione del prodotto differisce a seconda dell’alimento e del contenitore utilizzato. Si possono impiegare barattoli o contenitori di diversa tipologia, ma normalmente i più diffusi sono i sacchetti di plastica, la cui resa è
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molto differente a seconda della qualità e della tipologia. Nel caso di cibi prima sottoposti al metodo del sottovuoto e poi congelati, non sussistendo un problema di freezer burn, la vita del prodotto può passare da pochi mesi a un anno circa. Gli alimenti cucinati come la carne, i legumi o le conserve vegetali, che normalmente in frigo potrebbero sopravvivere per 4 o 5 giorni, se trattati sottovuoto e poi refrigerati possono durare per più di due settimane, evitando così inutili sprechi, di piccole e grandi quantità. Per frutta e verdura crude il tempo di conservazione può essere raddoppiato, soprattutto se il trattamento precedente è corretto. In questo caso, infatti, può essere più o meno opportuno lavarle o cucinarle prima, per garantirne maggiore freschezza. Nei salumi, nei formaggi stagionati e negli affettati in genere, i vantaggi si moltiplicano, visto che i tempi di conservazione possono va-
riare tra i 3 e i 6 mesi, in frigorifero. Gli impasti per prodotti da forno, conservati crudi, interrompono il processo di lievitazione, per poi riprenderlo dopo l’apertura della confezione. Più delicati risultano invece carne e pesce, dove, pur avendo garanzie di conservazione per qualche giorno, si possono comunque verificare delle alterazioni in termini di gusto. I tempi suddetti sono però altresì differenti a seconda della correttezza nell’effettuare la fase di aspirazione dell’aria, dell’efficienza della macchina utilizzata e della qualità dei sacchetti. Questi ultimi, oltre ad essere di tipologia diversa, essendo riutilizzabili, forniscono una differente prestazione a seconda della presenza o meno di residui al loro interno. Un secondo utilizzo in ambito domestico è infatti ammesso, seppure non raccomandato, ma solo nel caso di determinati prodotti che non lasciano residui particolari. Se ne sconsiglia il riuso in cibi come la carne, il pesce e le uova, dove i batteri possono resistere al lavaggio e generare problemi. La qualità della confezione può inoltre fare la differenza se, dopo la conservazione, si decide di effettuare anche la cottura o lo scongelamento con il sacchetto, siano fatti al microonde o in acqua. È chiaro che nessun trattamento sottovuoto può essere effettuato in assenza della specifica apparecchiatura. Le macchine sono però ormai molto diffuse sia a livello industriale che in ambito domestico, o nelle piccole attività di vendita o di ristorazione. Considerato che la presenza dell’adeguata strumentazione permette di salvare molti cibi o ingredienti che hanno una durata limitata e che i costi di acquisto sono nel complesso modesti, l’apparecchiatura necessaria può essere velocemente ammortizzata. Per completezza di informazione è tuttavia corretto precisare che anche il sottovuoto presenta dei limiti. Il primo è che, non potendo contrastare l’azione dei batteri anaerobici, come già precisato sopra, va
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quasi sempre abbinato ad un altro sistema di conservazione. Pertanto, oltre alla refrigerazione a temperature differenti a seconda del risultato desiderato, molto spesso i cibi, soprattutto in ambito industriale, devono essere sterilizzati prima del trattamento del sottovuoto. La cottura del prodotto ancora confezionato sottovuoto rappresenta un altro importante vantaggio di questo metodo. Essendo stata infatti eliminata l’aria in eccesso, il calore dell’acqua nella quale il cibo è immerso penetra più direttamente, arrivando subito al cuore della pietanza, anche con temperature non eccessive e comunque inferiori ai 100 ºC. I tempi di cottura sono decisamente superiori a quelli classici, anche di due o tre volte superiori. Un uovo sodo, per esempio, richiede sino a 35 minuti e un arrosto diverse ore; tuttavia, con una temperatura costante, i risultati in termini di tenerezza e succosità del prodotto saranno evidenti. Così come ne
Il SousVide Supreme è il primo forno ad acqua al mondo progettato specificamente per portare il metodo della cottura sottovuoto a bassa temperatura in casa, alla portata di tutti. guadagnerà il gusto, visto che non avviene alcuna dispersione nell’acqua di sostanze, vitamine e nutrienti propri dell’alimento. Il caso più evidente è quello della carne, la cui cottura sottovuoto,
con l’aggiunta di aromi e spezie, può portare risultati eccezionali in termini di gusto e consistenza. Purché si abbiano, però, delle ore a disposizione. Guido Guidi
Bovillage: la qualità della carne bovina francese anche sottovuoto La carne Bovillage proviene da vitelloni di razze da carne selezionate, frutto del know how e della tradizione dell’allevamento francese, per offrire un rendimento e una conformazione ottimali. In base alle necessità e alle richieste della clientela, la carne può essere venduta in carcasse o confezionata sottovuoto. Le carcasse sono sezionate e disossate e i muscoli destinati alla commercializzazione sotto forma di carne sezionata sono generalmente confezionati sottovuoto per garantire le migliori condizioni igieniche e di conservazione. La tecnica del condizionamento sottovuoto permette di allungare la durata di conservazione dei prodotti alimentari stabilendo una barriera all’ossigeno, fonte di degrado delle proteine, dei lipidi e dei carboidrati ad opera dei batteri e/o degli enzimi naturalmente presenti negli alimenti. Gli alimenti deperibili si mantengono quindi freschi più a lungo perché lo sviluppo di microrganismi è ridotto. Le carni Bovillage confezionate sottovuoto presentano logicamente un colore più scuro, quasi marrone, rispetto alla carne fresca. Questa alterazione di colore risulta dal cambiamento dello stato del pigmento responsabile del colore rosso della carne. Con il confezionamento sottovuoto, il pigmento passa dalla forma ossigenata rosso vivo alla forma ridotta rosso scuro-marrone. Ciò non significa che la carne sia andata a male, anzi, le qualità nutrizionali e gustative rimangono assolutamente inalterate. Prima dell’utilizzo (cottura) è necessario aprire il sottovuoto e lasciare riposare la carne per permetterle di riossigenarsi. Nel giro di un’ora la carne ritroverà naturalmente il suo colore iniziale. Bovillage è un marchio adatto alle odierne esigenze di mercato che offre un prodotto di qualità costante e un approvvigionamento regolare, garantito solo dalle migliori aziende francesi. >> Link: bovillage.eu
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LA PAGINA SCIENTIFICA
Cinghiali e peste suina africana, un pericolo alle porte La diffusione della peste suina africana nei paesi dell’Europa orientale è una seria minaccia all’Italia, particolarmente esposta all’infezione per la presenza nel suo territorio di una densa popolazione di cinghiali di Giovanni Ballarini
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olte città situate lungo la via Emilia hanno la curiosa caratteristica di avere, nella loro parte orientale, una località o un quartiere chiamato San Lazzaro: è il ricordo del lazzaretto, posto di controllo sanitario per i pellegrini che venivano dall’Oriente, perché era da quelle regioni che arrivavano le epidemie, soprattutto
le pesti, sia umane che quelle del bestiame. Pesti umane e animali, antiche e moderne Ancora oggi due gravi malattie degli animali provenienti dall’Oriente continuano a minacciare il patrimonio zootecnico italiano: si tratta della peste dei polli, ora nota
come influenza aviare, e la peste suina africana o PSA, causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfavirus (da ASF, sigla della denominazione della malattia in inglese: African Swine Fever), per la quale non esiste alcun vaccino efficace. Questa malattia merita una rinnovata, speciale attenzione per l’incremento della popolazione di
Quanto mai indispensabili sono i piani di controllo degli interventi sulle popolazioni italiane di cinghiali che stabiliscono oggi rapporti sempre più stretti con l’ambiente umano e i suoi allevamenti (photo © www.efsa.europa.eu).
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cinghiali che sta interessando tutta l’Europa e l’Italia in particolare. Peste suina africana, una tragedia economica Cosa succede con l’arrivo della peste suina africana? Premesso che questa infezione non è un rischio per la salute umana, l’Italia conosce bene i danni economici che questa malattia comporta, perché, essendo il nostro un paese esportatore, vengono a chiudersi le frontiere per gli animali sensibili, le loro carni e i salumi, con conseguente grave crisi di tutto il settore (senza considerare gli intralci anche turistici per i controlli alle frontiere). Non dimentichiamo che l’Italia ha già conosciuto la malattia nel 1967, introdotta dall’uso nei maiali di un medicinale infetto importato clandestinamente dalla Spagna. L’infezione, conosciuta in Kenya fin dal 1921, si è diffusa in molti paesi del mondo passando dai suini selvatici a quelli domestici. In Europa è arrivata dapprima in Spagna e Portogallo, paesi che avevano stretti rapporti con l’Africa, e la sua diffusione è stata facilitata dalla presenza della zecca Ornithodoros, dello stesso genere africano. Il virus si è poi propagato in vari paesi europei e anche a Cuba, in Brasile, Repubblica Dominicana e Haiti. In Italia l’infezione perdura in Sardegna, dove l’endemicità è facilitata da diversi fattori. Nelle zone interne di questa regione gli allevamenti di tipo intensivo sono presenti in numero ridotto, mentre molto diffusi sono gli allevamenti tradizionali di tipo brado e semibrado, in contatto più o meno stretto con i cinghiali, favorendo un continuo passaggio del virus tra animali selvatici e domestici. Peste suina africana nell’Europa dell’Est Negli ultimi anni la malattia si è ampiamente diffusa nel continente africano costituendo un rischio per l’Europa, che però è ora attaccata su due fronti. Uno dei due fronti è il Caucaso, dove l’infezione è comparsa nel 2007, giungendo probabilmente dall’Africa ai porti sul Mar Nero, per poi estendersi in Armenia, Azerbaijan e in Russia,
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Figura 1 – Diffusione della peste suina africana nel nord della UE nel periodo 2014-2017
Figura 2 – Popolazione stimata di cinghiali in Europa
Fonte: FAO-ASFORCE, maggio 2015.
avanzando prima localmente e poi, dal 2011, in aree sempre più vicine all’Unione Europea. Ora la malattia è penetrata nella UE e, continuando a progredire verso Settentrione, ha colpito l’Estonia, la Lettonia, la Lituania e la Polonia, con episodi soprattutto in cinghiali, ma anche nei suini domestici. La malattia sta ora avanzando verso il Centro-Sud europeo colpendo l’Ucraina, la Moldavia, e avvicinandosi a Slovacchia, Ungheria, Romania, ecc… Una percentuale molto elevata degli allevamenti di questi paesi è di tipo
estensivo, con scarsa biosicurezza e poche misure di monitoraggio che faciliterebbero una diagnosi precoce. Si teme pertanto che l’entrata del virus in questi paesi sia di molto difficile controllo e, dati i loro stretti rapporti con l’Italia, cresce il rischio di un arrivo dell’infezione nelle nostre zone. Peste suina africana e il rischio cinghiali La peste suina africana è un’infezione tipica dei suidi africani (potamoceri, iloceri, facoceri e loro sotto-
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Le popolazioni di cinghiali non sono soltanto causa di danni all’agricoltura: rappresentano infatti anche un grave rischio per l’allevamento suino e le esportazioni dei prodotti della salumeria italiana (photo © Stillkost – Fotolia). specie) che, per selezione naturale, hanno sviluppato una parziale resistenza al virus, divenendo al tempo stesso portatori, serbatoi e diffusori del virus ai suini selvatici asiatici ed europei (cinghiali) e ai maiali domestici, per i quali il virus è altamente patogeno. In ambienti selvatici o semi-selvatici sono serbatoi e diffusori del virus anche alcuni artropodi succhiatori di sangue, come le zecche del genere Ornithodoros. Nei maiali la malattia ha un vasto potenziale di diffusione internazionale, perché il contagio avviene per contatto diretto con altri animali ammalati e, in via indiretta, attraverso la diffusione di carni e materiali infetti, oppure con la somministrazione ai suini di residui di cucina contaminati, o ancora attraverso la puntura di artropodi vettori. La trasmissione indiretta è possibile per la presenza del virus nel circolo sanguigno (viremia) che dura dai quattro ai cinque giorni, ma soprattutto perché gli animali che superano la malattia, soprattutto i cinghiali, possono restare portatori del virus per circa un anno, assu-
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mendo un ruolo fondamentale nella sua persistenza nelle aree endemiche. Il virus è dotato di una buona resistenza e si mantiene in ambiente esterno anche fino a cento giorni, sopravvive all’interno dei salumi per alcuni mesi, nel sangue prelevato è rilevabile sino a diciotto mesi, e resiste alle alte temperature e a molti dei comuni disinfettanti. Come dimostra l’esperienza della Sardegna, quanto sta avvenendo nell’Europa settentrionale e orientale si spiega con l’alta e crescente presenza di cinghiali, con le entrate multiple della malattia attraverso cinghiali infetti, con la presenza di allevamenti suini di tipo brado e semibrado all’aperto e di tipo “biologico”, con le insufficienti misure di biosicurezza in zone ad elevata densità di cinghiali e per l’assenza di recinzioni in moltissimi allevamenti intensivi o estensivi. L’incremento della popolazione di cinghiali — un fenomeno che sta interessando in modo particolare anche l’Italia — è quindi da tenere in massimo conto nella valutazione del rischio di introduzione-diffusione-permanenza
del virus della peste suina africana in un territorio. L’ISPRA (Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale) stima che i cinghiali possano avere ormai superato da noi il milione di esemplari, diffusi in tutte le venti regioni e nel 95% delle province. In alcune aree si ritiene che i cinghiali siano triplicati negli ultimi anni e che gli allevamenti di suini “al pascolo” si sovrappongano a zone ad elevata densità di cinghiali. Stabilendo rapporti sempre più stretti con l’ambiente umano e i suoi allevamenti, anche di suini, soprattutto in alcuni periodi dell’anno, come quello estivo-autunnale, quando i torrenti sono a secco e nei boschi c’è poco cibo, sempre più spesso i cinghiali si spingono in pianura, vicino ai campi e ai centri abitati. La complessità del controllo della peste suina africana nelle attuali condizioni italiane rende necessario uno sforzo continuo per prevenire la sua entrata e per essere preparati a combatterla nel caso comparisse. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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L’Unione Europea scopre l’acqua calda
La decontaminazione superficiale delle carcasse di Alfonso Piscopo
L
e carcasse degli animali appena macellati risentono dell’influenza di agenti esterni (acqua, aria, strumenti, attrezzature, ecc…). È irreale quindi immaginare un macello come una sorta di sala chirurgica in cui le carcasse si mantengano sterili (GILL et al., 1976, 1978; ELDER et al., 2000; BELK, 2001). Nell’animale appena macellato i contaminanti inquinano le carni attraverso il tubo digerente e la pelle degli animali (ROSSET, 1982; ROSSET & LIGER, 1982; FOURNAUD, 1982) e costituiscono la principale fonte di contaminazione delle carcasse
al momento della macellazione (MCEVOY et al., 2000; CARTIER, 1997; FOURNAUD, 1978). Una serie di misure sono state adottate affinché sia ridotta o eliminata la carica microbica superficiale delle carcasse. L’acqua potabile è da sempre considerata come l’elemento chimico essenziale per la loro decontaminazione superficiale. Lo prevede il Regolamento (CE) 853/2004 che, all’articolo 3 paragrafo 2, recita: “Gli operatori del settore alimentare non usano sostanze diverse dall’acqua potabile — oppure, ove il Regolamento (CE) n. 852 /2004 o il presente regolamento ne consenta l’uso,
dall’acqua pulita — per eliminare la contaminazione superficiale dei prodotti di origine animale, salvo che l’uso sia stato approvato secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 2”. In base al citato regolamento, l’acqua utilizzata per la decontaminazione delle carcasse deve essere potabile e pulita. L’acqua potabile (H2O) è il composto chimico più utilizzato, a scopo sia di pulizia e igiene di strumenti e attrezzature che sanitario e/o decontaminante per ridurre la carica batterica superficiale. La normativa comunitaria impone alle industrie alimentari il rispetto di Buone
La contaminazione delle carcasse può avvenire in differenti punti della catena produttiva e può compromettere in modo significativo la shelf-life del prodotto finito (photo © Kzenon).
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Escherichia coli bacteria (photo © Borzywoj – Fotolia). Prassi Igieniche (di seguito BPI), al fine di garantire che i prodotti di origine animale non contengano microrganismi patogeni. A parte il lavaggio con acqua delle carcasse, le BPI non possono essere sostituite da trattamenti chimici decontaminanti di altra natura, a meno che non sia dimostrata la sicurezza e l’efficacia del trattamento da utilizzare. Il Regolamento (CE) 853/2004 ammette l’impiego di trattamenti decontaminanti ad integrazione delle BPI; i pochi trattamenti antisettici autorizzati dalla UE, quindi, non rappresentano dei surrogati delle BPI e ad ogni buon fine devono essere testati prima di essere utilizzati. Un ruolo cardine in tal senso è svolto dall’agenzia EFSA, che fornisce consulenza scientifica alle autorità europee preposte alla gestione del rischio dei trattamenti decontaminanti. Spetterà alle autorità europee decidere se adottare le sostanze chimiche ad integrazione delle BPI, dopo che l’EFSA ha espresso il parere scientifico favorevole (ad es. impiego di acido lattico). La decontaminazione, secondo lo Scientific Committee on Veterinary Measures Relating to Public Health
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(SCVPH, 1998) riguarda “l’eliminazione di elevati livelli di agenti patogeni per rendere l’alimento del tutto esente da microrganismi indesiderati”. Secondo l’EFSA (2005) la decontaminazione “è generalmente intesa come riduzione del numero e/o prevalenza di microrganismi patogeni”. Esamineremo di seguito il ruolo svolto dall’acqua nelle diverse forme di utilizzazione come decontaminante delle carcasse macellate, escludendo le sostanze chimiche di natura diversa, se non per qualche accenno, in quanto esulano dalla presente trattazione. Il ruolo dell’acqua L’acqua, in determinate condizioni, può svolgere un duplice ruolo di contaminante e decontaminante ambientale. Il suo impatto con le carcasse, se è invasivo, può influenzarne la qualità durante le operazioni di macellazione. Tra le principali cause indotte vi è la scarsa igiene, che può determinare lo sviluppo di microrganismi patogeni, i quali possono alterare lo stato naturale della carne. Dal punto di vista igienico, l’acqua utilizzata nei macelli deve rispondere a criteri di potabilità e di purezza; per questo è necessario procedere
a un controllo sanitario che prenda in considerazione i caratteri organolettici, fisici, chimici e biologici. Mantenere questi caratteri ottimali significa che igiene e qualità devono considerarsi come parametri fondamentalmente stabili durante tutte le fasi di processo. A tal uopo, se consideriamo ad esempio i caratteri biologi dell’acqua, si dovrà procedere ad un controllo sanitario che rispecchi i parametri di purezza e conservi la carne come prodotto da destinare al consumatore finale microbiologicamente ottimale, che non sia cioè — o che non possa diventare essa stessa — veicolo di trasmissione di contaminanti. Gli indici microbiologici sono determinati dalla Carica Batterica Totale (CBT; a 22 ºC e 36 ºC) e dagli Indici di Contaminazione Fecale (ICF). La CBT rimarca la qualità dell’acqua di massa esaminata nell’insieme; a 22 ºC evidenzia la consistenza numerica della flora microbica dell’acqua, mentre a 37 ºC la presenza di batteri adattatisi a convivere in simbiosi o parassitismo sull’animale a sangue caldo. Una ricerca specifica nell’acqua è data dagli ICF (Coliformi Fecali e Totali) di cui il capostipite
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è l’E. coli. Il valore di riferimento che consente un certo margine di sicurezza, per mantenere la carne come microbiologicamente ottimale, è determinato dalla sua assenza in 100 ml d’acqua. Altri indici di contaminazione fecale sono gli enterococchi (o streptococchi fecali) e i clostridi solfito-riduttori (spore). Monitorato il controllo chimico dell’acqua, esente da inquinanti fecali, possono persistere altre tecniche invasive, utilizzate nelle operazioni di pulizia per lo più da personale inesperto, che veicolano contaminanti ambientali, come ad esempio la pulizia di pavimenti e pareti durante la sosta delle carcasse nelle sale d’attesa (utilizzo di pompe e/o idropulitrici ad alta pressione) e ancor più nella fase di tolettatura per spandimento di materiale dal tubo digerente e dalla pelle che accidentalmente imbratta le carni (ROSSET, 1982; ROSSET & LIGER, 1982; FOURNAUD, 1982): caso emblematico questo, in cui l’acqua potrebbe veicolare i microrganismi patogeni aumentandone la carica batterica. L’acqua potabile per sprayzzazione produce un’azione blanda sulla riduzione della contaminazione microbica delle carcasse. Molto dipende da alcuni parametri che entrano in gioco, tra i quali il tempo di contatto, la pressione dell’acqua, la temperatura e il tipo di macchinario utilizzato (FUNGE et al., 2011). Alcuni autori (PRASAI et al., 1995; BELL, 1997; MCEVOY et al., 2003) hanno dimostrato che l’impiego di lavaggi con acqua potabile come agente decontaminante e preservante delle carcasse non riduce la carica microbica, ma può fungere da veicolo nella ridistribuzione delle contaminazioni sulla superficie delle carcasse (es. imbrattamento fecale). Risultati importanti si ottengono con l’utilizzo dell’acqua calda, che ha un potere decontaminante maggiore rispetto all’acqua fredda. Questo metodo, oltre ad essere autorizzato negli Stati Uniti (USDA-FSIS), è largamente utilizzato negli impianti di macellazione elevando la temperatura di lavaggio delle carcasse tra 74-85 ºC. In base alla temperatura
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utilizzata si ottiene un diverso grado di decontaminazione. L’AFSSA (Agenzia francese della sicurezza alimentare) ha preso in considerazione gli effetti decontaminanti derivanti dall’utilizzo dell’acqua calda di lavaggio delle carcasse a differenti temperature comprese tra 74-85 ºC. Si è così rilevato che a 74 ºC la decontaminazione delle carcasse di bovino diminuisce dell’ordine di meno 1 logaritmo. Questo dipende da alcuni parametri come la pressione dell’acqua, il tempo di trattamento, il mantenimento della temperatura costante, ecc…, e dal momento in cui viene effettuato il lavaggio (ad esempio a fine processo). Il lavaggio con temperature superiori a 74 ºC riduce notevolmente il livello di decontaminazione di 2-3 unità logaritmiche su carcasse inoculate preventivamente (AFSSA, 2007). Il lavaggio delle carcasse con temperature che superano gli 82 ºC riduce ancora la carica microbica; di contro, per l’effetto della temperatura elevata possono comparire delle decolorazioni momentanee delle carcasse rilevatesi nelle ore successive al trattamento con acqua calda (EDWARDS & FUNG, 2006), mentre l’utilizzo di temperature ancora più elevate (rapporto tempo/temperatura > 85 ºC per 20 secondi), dà un’impronta marcatamente visibile alla carne con una decolorazione più duratura delle carcasse, che si presentano, tra l’altro, di aspetto scadente. Il Reg. (UE) 2015/1474 Il Regolamento (UE) 2015/1474 disciplina l’utilizzo di acqua calda riciclata per eliminare la contaminazione microbiologica superficiale dalle carcasse, purché l’acqua calda sia: • ottenuta mediante riscaldamento e riciclaggio di acqua potabile, sottoposta a un regime minimo di temperatura/tempo di riscaldamento; • applicata su carcasse intere o su mezzene di ungulati domestici e selvaggina di allevamento (vietato applicarla su carcasse con contaminazione fecale visibile) senza determinare alcuna modifica irreversibile alle carni; • applicata prima che le carni
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Tabella 1 – Allegato I del Regolamento (UE) 2015/1474 Parte 1a – Condizioni d’uso dell’acqua calda riciclata per eliminare la contaminazione microbiologica superficiale dalle carcasse 1. L’acqua calda riciclata deve essere ottenuta mediante il riscaldamento e il riciclaggio di acqua potabile in un sistema chiuso e separato. 2. L’acqua riciclata deve essere sottoposta: a) a un regime minimo di temperatura/tempo di riscaldamento, prima della sua applicazione sulle carcasse; b) a un regime di rinnovo alla frequenza appropriata, comprendente se necessario l’estrazione delle particelle grossolane, la filtrazione e l’aggiunta di acqua potabile; devono essere garantite inoltre le conformità ai parametri microbiologici e chimici dell’acqua potabile. 3. L’acqua calda riciclata deve essere applicata solo su carcasse intere o mezzene di ungulati domestici e selvaggina d’allevamento, in condizioni controllate e verificate. 4. L’acqua calda riciclata non deve essere applicata sulle carcasse con contaminazione fecale visibile. 5. L’applicazione di acqua calda riciclata sulle carcasse non deve comportare modifiche fisiche irreversibili delle carni. 6. L’applicazione di acqua calda riciclata sulle carcasse deve avvenire prima che le carcasse siano collocate nel deposito refrigerato o di raffreddamento. 7. Le condizioni di cui ai punti 2 e 3 del presente paragrafo devono essere integrate in procedure basate sui principi dell’analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (HACCP) comprendenti almeno i criteri stabiliti nella parte 2a. Parte 2a – Criteri e parametri di controllo HACCP minimi 1. Il campionamento delle carcasse, ai fini della valutazione della conformità ai sensi del Regolamento (CE) n. 2073/2005, deve essere effettuato prima dell’applicazione di acqua calda riciclata sulle carcasse. 2. Il regime minimo di temperatura/tempo di riscaldamento cui è sottoposta l’acqua riciclata prima della sua applicazione sulle carcasse deve essere monitorato costantemente con misurazioni strumentali, documentato e registrato. 3. La conformità dell’acqua riciclata applicata sulle carcasse, ai parametri microbiologici e chimici stabiliti per l’acqua potabile, deve essere verificata periodicamente mediante analisi dell’acqua, documentata e registrata. 4. La conformità dell’acqua riciclata applicata sulle carcasse, al parametro indicatore di Clostridium perfringens stabilito per l’acqua potabile, deve essere verificata periodicamente, documentata e registrata (Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea L 225/9 del 28-08-2015).
vengano collocate nel deposito di refrigerazione. Il Reg. (UE) 2015/1474 è stato redatto sulla base del parere scientifico relativo alla sicurezza e all’efficacia dell’utilizzo di acqua calda riciclata come tecnica di decontaminazione delle carcasse di animali produttori di alimenti per l’uomo, adottato il 30 settembre 2010 dal gruppo di esperti scientifici sui pericoli biologici dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). In tale parere l’EFSA conclude che l’acqua calda riciclata ha la stessa efficacia dell’acqua potabile calda per ridurre la contaminazione microbiologica superficiale e che i principali rischi legati al suo utilizzo sono i rischi microbiologici associati a determinate spore batteriche resistenti al calore. Tali rischi possono essere limitati prevedendo un’associazione idonea di temperatura/tempo di trattamento dell’acqua nonché un idoneo regime di rinnovo. Nell’ambito del proprio piano HACCP, l’operatore del Settore
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Alimentare (di seguito OSA) che intenda utilizzare l’acqua riciclata per la decontaminazione della carcassa dovrà raccogliere dati sulla presenza e il potenziale accumulo di determinate spore batteriche nell’acqua calda riciclata. Nell’allegato I del Reg. (UE) 2015/1474 sono definite le condizioni d’uso alle quali devono conformarsi gli operatori del settore alimentare che intendono utilizzare acqua calda riciclata per eliminare la contaminazione microbiologica superficiale dalle carcasse. Tale allegato è diviso in due parti (Tabella 1): 1a parte: Condizioni d’uso dell’acqua calda riciclata per eliminare la contaminazione microbiologica superficiale dalle carcasse; 2a parte: Criteri e parametri di controllo HACCP minimi. Oggigiorno i metodi più utilizzati nell’industria di macellazione per la decontaminazione delle carni sono: la pastorizzazione con acqua calda e l’ausilio di acidi organici, la combinazione vapore/acqua e sottovuoto; da abbinare alla tolettatura
delle parti contaminate (EDWARDS & FUNG, 2006). In USA la quasi totalità dei metodi appena descritti viene utilizzata con esiti differenti; ovviamente entrano in gioco diversi parametri (tempo/temperatura ecc…) che determinano il grado di decontaminazione. In Europa l’uso del vapore quale mezzo di decontaminazione delle carcasse è stato recentemente oggetto di un avviso dell’AFSSA (2007) sui metodi alternativi alla decontaminazione chimica per la disinfezione delle carcasse. I dati finora raccolti indicano che la decontaminazione batterica delle carcasse, dopo l’applicazione del trattamento, si aggira intorno a 1 logaritmo (flora microbica totale) a seguito di 24 di stoccaggio. Inoltre, la percentuale di carcasse sulle quali è stata dimostrata la presenza di Enterobatteriaceae diminuisce dal 46% (pre-trattamemto) al 29% nelle 24 ore successive al trattamento (AFSSA, 2007). Poche indagini sono ancora disponibili sulle conseguenze di questo trattamento per periodi
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Per acque destinate al consumo umano si intendono le acque che, trattate o no, possono essere bevute, utilizzate per la preparazione di alimenti e bevande o per altri usi domestici a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori. Acque destinate al consumo umano sono anche quelle utilizzate da un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di cibi o prodotti destinati al consumo umano. Le acque utilizzate dalle imprese alimentari devono essere idonee al consumo umano, rispettare i requisiti (come per l’acqua da bere) e sussistere al momento in cui sono impiegate per la produzione e trasformazione di prodotti e bevande. L’OSA è responsabile della qualità dell’acqua impiegata nelle diverse fasi del ciclo produttivo. Il Reg. 852/2004 ha introdotto l’obbligo, per le imprese alimentari, di predisporre e attuare procedure di autocontrollo HACCP in ogni fase della produzione affinché sia garantita la sicurezza degli alimenti. Ai sensi dell’art. 5, comma 1, punto d, del DLgs 31/01 e successive modifiche e integrazioni, è stabilito che, per acque utilizzate nelle imprese alimentari, i valori di parametro dell’allegato I devono essere rispettati nel punto in cui sono utilizzate nell’impresa, e con il comma 2 si stabilisce che il titolare dell’impresa è responsabile della qualità dell’acqua utilizzata nel ciclo di lavorazione.
di stoccaggio superiori alle 24 ore. L’assenza di effetti avversi sull’aspetto delle carcasse (colore, deprezzamento, ecc…) fa ben sperare per l’adozione di questo metodo per la decontaminazione delle carcasse (AFSSA, 2007). Alcuni autori (WARRINER et al., 2001) hanno ipotizzato che il trattamento con vapore possa aumentare la capacità dei batteri di aderire alla superficie delle carcasse; gli autori sono però giunti alla conclusione che non esistono sostanziali differenze tra carcasse che subiscono il processo di pastorizzazione e quelle non trattate; così come non esiste neppure una diminuzione della capacità di aderenza dei batteri su carcasse precedentemente trattate (WARRINER et al., 2001). Conclusioni Negli stabilimenti di macellazione, gli agenti esterni presenti possono fungere da contaminanti ambientali. L’acqua utilizzata per la pulizia delle carcasse rappresenta l’elemento chimico essenziale di decontaminazione superficiale. Al fine di preservare la salubrità della carne, l’acqua deve essere potabile e pulita, non deve contenere microrganismi e parassiti e/o agenti contaminanti o altre sostanze in concentrazioni tali che, per mezzo della carne stessa, possano rappresentare un pericolo per la salute dell’uomo. Per tale motivo le norme che disciplinano l’utilizzo dell’acqua potabile non consentono il superamento di determinate sostanze a concentrazioni elevate, superate le quali l’acqua
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non è più potabile. In Tabella 2 sono riportati i valori massimi delle concentrazioni di alcune sostanze presenti nell’acqua affinché possa ritenersi potabile secondo la normativa (parametri chimici), a prescindere se l’approvvigionamento proviene dalla rete comunale o da altre fonti di distribuzione. Poiché, ai sensi dell’art. 5 del DLgs 31/2001, i valori di parametro fissati nell’allegato I prevedono per l’acqua utilizzata dalle imprese alimentari nel punto di utilizzo, in parallelo con la normativa europea (Reg. CE 852/04, allegato 2, capitolo VII, punto I), che il titolare dell’impresa alimentare sia anche responsabile della qualità dell’acqua utilizzata nel ciclo di produzione, egli deve effettuare le prove di campionamento almeno una volta all’anno, tenendo presente, anche sulla base della valutazione dei pericoli, che tali campionamenti possono aumentare di numero, al fine di garantire la salubrità degli alimenti lavorati e dei prodotti finiti. Le analisi routinarie con cadenza minima annuale, riassunte in Tabella 3, sono le seguenti: • analisi microbiologiche: coliformi a 37 ºC, Escherichia coli, enterococchi (inclusi controlli di routine e di verifica della rete di distribuzione); • analisi chimico-fisiche: parametri organolettici, pH, conducibilità, ferro, ecc… (procedere a controlli di routine). A partire dal 15 luglio 2017 le acque destinate al consumo umano dovranno rispettare il nuovo valore
di parametro precauzionale introdotto per il cromo esavalente, che deve essere inferiore a 10 µg/l. Questo nuovo parametro è stato introdotto con Decreto del Ministero della Salute del 14 novembre 2016 (Modifiche all’allegato I del DLgs n. 31 del 2 febbraio 2001, recante “Attuazione della Direttiva 98/83 CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano”), che integra la voce relativa al cromo esavalente dell’allegato I di cui al DLgs 31/2001. Il regolamento, in via provvisoria, adotta il nuovo parametro per il cromo esavalente come misura precauzionale di gestione del rischio “sulla base delle misure adottate di recente nel Regno Unito”. La norma precisa che il cromo esavalente va ricercato nel caso in cui il parametro del cromo superi i 10 µg/l (il valore di parametro già vigente è pari a 50 µg/l; ved. Tabella 2). In conclusione, l’unico metodo di decontaminazione superficiale delle carcasse nelle industrie della carne resta il lavaggio con acqua corrente, potabile e pulita. In Italia l’acqua potabile è regolata dal DLgs 31/2001, in attuazione alla Direttiva 98/83/CE, relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano. In tale contesto è inquadrata l’acqua di sanificazione delle carcasse, così come prevede la normativa comunitaria del pacchetto igiene, nella quale è specificato che le BPI non possono essere sostituite da trattamenti di decontaminazione diversi dall’acqua, che prevedono l’impiego di sostanze chimiche applicate direttamente sulle carcasse animali
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Tabella 2 – Valori massimi [μg/l *] delle concentrazioni di alcune sostanze presenti nell’acqua affinché possa ritenersi “potabile” secondo la normativa Sostanze
Valore di parametro
Caratteristiche
Arsenico
10 μg/l
Veleno molto pericoloso, elemento letale anche in piccolissime quantità.
Benzene
1 μg/l
È una delle principali sostanze inquinanti emesse dal traffico veicolare.
0,01 μg/l
Prodotto di combustione di carburanti, impiegato nella produzione di coloranti, plastiche, pesticidi, medicinali.
Boro
1 μg/l
Essenziale per le piante e importante costituente delle ossa dei vertebrati; tuttavia, se assunto in alte concentrazioni, può divenire tossico.
Cadmio
10 μg/l
Metallo utilizzato nell’industria (es. nelle pile). È pericoloso; tra l’altro inibisce la capacità delle cellule di combattere il cancro.
Clorito
200 μg/l
Usato soprattutto come candeggiante e come disinfettante. Pericoloso in concentrazioni elevate.
Cromo
50 μg/l
Stimola gli enzimi responsabili del metabolismo del glucosio. Ma in quantità eccessive si ha una inibizione dell’insulina. Il cromo esavalente è molto tossico.
Cianuro
50 μg/l
È uno dei veleni più potenti; molto pericoloso per la salute.
Fluoruro
1,5 μg/l
Sostanza utile per l’organismo. Contribuisce all’assorbimento del calcio e ostacola la placca dentale. Ma è pericoloso in dosi eccessive.
Mercurio
1 μg/l
È uno dei più pericolosi inquinanti, con effetti tossici sull’uomo (per sistema nervoso e reni in particolare).
Nichel
20 μg/l
Minerale in traccia essenziale nel corpo umano, ma è tossico per gli esseri umani se assunto a livelli elevati.
Nitrati Nitriti
50 μg/l 0,5 μg/l
In determinate circostanze i nitrati si trasformano in nitriti. Ciò avviene nel suolo, nell’acqua, negli alimenti e nell’organismo. I nitriti sono tossici; legandosi all’emoglobina del sangue, ostacolano l’ossigenazione.
Piombo
10 μg/l
È uno dei metalli contaminanti più tossici. Si accumula nel sistema nervoso centrale, nelle ossa, nel cervello, nelle ghiandole, nei peli e nei capelli.
Selenio
10 μg/l
Fondamentale per gli esseri viventi. È contenuto nell’enzima più importante dell’organismo nella difesa dai radicali liberi. Ma è tossico in dosi elevate.
Vanadio
50 μg/l
Presente in quasi tutti i tessuti. Non si conoscono bene i meccanismi nei quali è coinvolto, ma sono certi i rischi di un suo sovradosaggio (sicuramente tossico).
Benzopirene
(*) La presenza di una sostanza in acqua si esprime come la quantità, solitamente espressa in microgrammi (μg = un milionesimo di grammo), contenuta nel volume di un litro [μg/l]. Essa esprime la “concentrazione” di quella sostanza. Per esempio: la concentrazione di nitrati pari a 50 μg/l significa che in un litro d’acqua sono presenti 50 milionesimi di grammo di tale sostanza.
al fine di ridurre la presenza di microrganismi (come ad es. Salmonella, Campylobacter, Clostridium p.), e che dette sostanze vanno integrate a supporto delle BPI, però non prima che siano esse stesse state soggette a verifica dalle autorità preposte alla gestione del rischio sulla riduzione della contaminazione. Nell’Unione Europea, quindi, oltre all’acqua non sussistono altri trattamenti autorizzati di decontaminazione,
Eurocarni, 6/17
anche se in vari Paesi Terzi e negli USA, come anticipato, molti trattamenti sono leciti. In merito, le timide novità introdotte dalla UE, in deroga a quanto previsto dal Reg. CE 853/2004, riguardano il trattamento antisettico con acido lattico (Reg. n. 101/2013) e l’utilizzo di acqua calda riciclata (Reg. n. 1474/2015). In entrambi i casi il campionamento delle carcasse, ai fini della valutazione del
rispetto dei criteri microbiologici (ai sensi del Reg. 2073/2005) e chimici, deve essere effettuato prima dell’applicazione delle soluzioni di acido lattico e del trattamento con acqua calda riciclata direttamente sulle carcasse. I trattamenti antisettici, se da un lato forniscono carni più sicure, dall’altro richiedono una particolare attenzione nella loro applicabilità, poiché, se non correttamente utilizzati, rischiano
129
Tabella 3 – Analisi chimiche e microbiologiche ANALISI CHIMICHE Parametri organolettici
Parametri chimico-fisici
Sostanze indesiderabili
Parametri microbiologici
Parametri microbiologici
Colore Torpidità Odore Sapore
Temperatura pH / Conducibilità Cloruri / Solfati Sodio / Potassio Magnesio / Calcio
Cloro libero Ammoniaca Nitriti / Fosforo Ossidabilità Nitrati / Ferro
Diserbanti totali Metalli
Coliformi totali Coliformi fecali Streptococchi fecali Enterobatteri patogeni
di creare un clima destabilizzante sulle carcasse, per il fenomeno dell’antibiotico-resistenza. Come già detto, nell’animale appena macellato i contaminanti inquinano le carni attraverso gli stessi animali per mezzo del tubo digerente e della pelle; la contaminazione delle carcasse con materiale fecale può sviluppare la presenza di batteri resistenti. La contaminazione dei batteri resistenti presenti negli intestini può essere veicolata sulle carcasse superficiali, proprio attraverso un uso inappropriato di trattamenti antisettici. La batterio-resistenza può avere inizio anche prima della macellazione, al momento del carico e trasporto degli animali al macello, a causa dello stress durante il viaggio e delle continue defecazioni. Per tale motivo, l’impatto dei trattamenti antisettici sulla carne non può non essere tenuto in debito conto e devono rispettarsi tutte le condizioni preliminari di utilizzo degli stessi. In definitiva, nonostante l’utilizzo di antisettici come l’acido lattico o l’acqua calda riciclata sulle carcasse degli animali riesca a garantire carni più sicure, il loro impatto negativo può fare emergere la presenza di batteri resistenti. Tema molto dibattuto, su cui si continuerà a parlare anche in futuro. Negli ultimi anni, nel corso dei controlli ufficiali svolti dalle ASL presso le imprese alimentari, si è notato l’utilizzo, da parte dell’OSA, di apparecchiature per il trattamento dell’acqua potabile al rubinetto destinata al consumo umano senza una richiesta preventiva agli organi di controllo competenti. Tali impianti, se non correttamente installati e manutentati periodicamente, possono incidere negativamente sulla qualità dell’ac-
130
ANALISI MICROBIOLOGICHE
qua trattata e presentare un rischio igienico-sanitario per il consumatore. Alcune regioni, in testa il Piemonte, per l’installazione di questi impianti hanno imposto all’OSA di richiedere all’ASL competente la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), così come riportato dall’art. 2, comma 2, del DM n. 25 del 7 febbraio 2012 ed esplicitato nel capitolo 4, punto 4, delle Linee guida per l’informazione sulle apparecchiature per il trattamento dell’acqua destinata al consumo umano, pubblicate con il rapporto ISTISAN 15/08. Dott. Alfonso Piscopo Dirigente Veterinario Azienda Sanitaria Provinciale Agrigento Riferimenti normativi • Il Reg. (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale; in particolare l’art. 3, paragrafo 2. • La Direttiva 98/83/CE del Consiglio mira a proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone la salubrità e la pulizia. Nell’allegato I, parti A e B, di tale direttiva sono stabiliti i parametri microbiologici e chimici applicabili alle acque destinate al consumo umano. Da questa direttiva dipendono il DPR 236/1988 e i DLgs 31/2001 e 27/2002. • Il Reg. (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari, destinate agli operatori del settore alimentare,
•
•
•
•
tenendo conto in particolare del principio dell’applicazione generalizzata di procedure basate sull’analisi dei pericoli e sui punti critici di controllo (HACCP). Il Reg. (CE) n. 852/2004 definisce l’acqua potabile come “l’acqua rispondente ai requisiti minimi fissati nella Direttiva 98/83/CE”. Il Reg. (CE) n. 853/2004 stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, destinate agli operatori del settore alimentare. Esso dispone che gli operatori del settore alimentare non usino sostanze diverse dall’acqua potabile per eliminare la contaminazione superficiale dei prodotti di origine animale, salvo che l’uso di dette sostanze sia stato approvato in conformità allo stesso regolamento. Il Reg. (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano e dispone in particolare che tali controlli comprendano audit di buone prassi igieniche e procedure basate su HACCP. Il Reg. (CE) n. 2073/2005 della Commissione stabilisce i criteri microbiologici per taluni microrganismi e le norme di attuazione che gli operatori del settore alimentare devono rispettare nell’applicazione delle misure di igiene generali e specifiche di cui al Reg. (CE) n. 852/2004.
Nota La bibliografia è disponibile presso l’autore.
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STATISTICHE
Dati ANAS sulla suinicoltura
Suinicoltura italiana: le stime per il 2016 Stime per l’anno 2016 sulla suinicoltura italiana Produzione degli allevamenti italiani Numero suini grassi nati in Italia di cui, per il circuito Dop (*) Valore franco azienda (IVA esclusa)
10.700.000 capi 7.988.864 capi 2.522,164 milioni di €
– 4,7% rispetto al 2015 + 0,2% rispetto al 2015 +1,1% rispetto al 2015
11.848.037 capi
–2,0% rispetto al 2015
1.544.132 t
–3,2% rispetto al 2015
Import suini vivi (n. capi) di cui – suini < 50 kg – suini ≥ 50 kg
1.097.743 capi
+11,7% rispetto al 2015
743.139 capi 312.689 capi
+11,6% rispetto al 2015 +13,9% rispetto al 2015
Valore import suini vivi
93,936 milioni di €
+24,3% rispetto al 2015
1.063.504 t
– 4,3% rispetto al 2015
1.988,984 milioni di €
–1,9% rispetto al 2015
409.553 t
+14,2% rispetto al 2015
1.639,629 milioni di €
+ 8,1% rispetto al 2015
2.198.082 t
– 6,4% rispetto al 2015
63,4%
+ 0,5% rispetto al 2015
Macellazioni (n. capi) Produzione carcasse suine (t)
Import carni (inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati) Valore import carni Export totale (peso equivalente carne fresca, inclusi lardo, grasso, strutto, frattaglie e fegati)
Valore export totale Utilizzo (equivalente carcassa) % autoapprovvigionamento (*)
Il dato relativo al circuito Dop è IPQ/INEQ. Fonte: stime ANAS elaborate su dati ISTAT e CCIAA.
132
Eurocarni, 6/17
Eurocarni, 6/17
133
8.150
6.159
5.936
Danimarca
Olanda
Francia
1.156
1.175
831
1.098
979
712
641
543
285
293
229
240
212
157
152
132
57
32
13
Italia (*)
Portogallo
Austria
Romania
Ungheria
Irlanda
Repubblica Ceca
Svezia
Finlandia
Grecia
Croazia
Bulgaria
Lituania
Slovacchia
Cipro
Lettonia
Estonia
Slovenia
Lussemburgo
Malta
–7,1
–3,0
0,0
–17,0
–1,3
18,0
–3,6
– 4,0
2,7
2,4
–16,2
7,5
0,6
6,6
2,3
–2,8
6,3
0,4
– 4,7
– 0,7
–3,1
7,9
–2,5
– 4,8
–1,5
2,5
–5,6
2,0
– 0,9
Diff. % 2017/16
13
28
60
132
142
134
200
240
236
228
285
515
637
695
974
958
829
1.130
1.196
2.583
2.714
2.853
3.900
5.948
5.984
7.700
10.997
11.986
63.297
2o trimestre 2017
–7,1
–3,4
0,0
–15,9
4,4
0,8
6,4
– 4,0
– 4,1
–20,3
–10,9
–1,9
1,4
9,3
1,9
0,3
4,5
–1,7
–3,8
– 0,7
–2,4
9,9
– 4,9
3,0
–1,4
0,0
–1,7
6,6
0,8
Diff. % 2017/16
Le differenze percentuali sono calcolate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. (*) Per l’Italia le previsioni sono elaborate da ANAS su dati ISTAT.
2.744
2.760
Belgio
3.900
11.008
Germania
2.799
12.485
Spagna
Regno Unito
64.878
UE-28
Polonia
1o trimestre 2017
Paese
14
32
54
135
141
148
180
200
247
284
330
494
650
667
952
906
938
1.170
1.181
2.400
2.690
2.855
3.800
5.915
6.035
7.800
11.062
12.299
63.579
3o trimestre 2017
0,0
– 8,6
0,0
–15,1
6,8
8,0
–10,4
–18,4
–3,5
– 8,4
–5,7
–10,7
– 0,6
9,2
– 4,2
– 8,9
–1,7
2,6
– 6,5
–3,2
–5,1
6,4
–2,6
–2,0
–3,8
–3,0
– 0,8
7,3
– 0,5
Diff. % 2017/16
15
31
60
140
157
155
231
210
328
393
460
505
649
694
953
1.191
1.988
1.250
1.273
2.780
2.654
2.863
4.100
5.922
6.272
8.000
11.608
12.524
67.406
4o trimestre 2017
Produzione di capi suini nell’Unione Europea – Previsioni (dati in .000 di capi)
55
123
230
539
592
593
823
890
1.040
1.197
1.360
2.057
2.577
2.767
3.858
4.153
4.586
4.725
4.806
10.523
10.802
11.370
15.700
23.721
24.450
31.650
44.675
49.293
259.155
Anno 2017
–1,8
–5,4
– 0,4
–15,1
2,8
10,2
– 4,6
–10,1
0,1
– 6,1
–11,1
–3,1
0,2
7,7
–1,3
–3,3
6,4
2,2
– 4,4
–1,7
–3,9
6,5
–1,9
– 0,9
–2,6
– 0,3
–1,5
4,1
– 0,1
Diff. % 2017/16
Fonte: elaborazione ANAS su dati EUROSTAT.
0,0
– 6,1
0,0
–12,5
1,9
14,0
–9,4
–14,3
4,5
0,3
–11,5
– 6,3
– 0,6
5,8
– 4,9
–2,0
11,6
7,3
–2,5
–2,1
– 4,7
2,2
2,5
0,3
–3,8
– 0,8
2,0
0,9
0,2
Diff. % 2017/16
LIBRI
La stagione delle grigliate è alle porte
Barbecue surprise
C
reare piatti tradizionali e innovativi con il barbecue è molto più facile di quanto si possa immaginare. Ingredienti freschi, fantasia, creatività e un barbecue sicuro e affidabile rendono pranzi e cene memorabili. Questo è quanto sostengono I Signori del Barbecue, ovvero GIANNI GUIZZARDI e la moglie MAGDA MONGIORGI, punto di riferimento da oltre trent’anni per gli appassionati di questo sistema di cottura straordinariamente versatile, sito “fisicamente” con il grande negozio che vende i migliori marchi in circolazione a Casalecchio di Reno (BO), dove ha sede anche l’Accademia, la prima scuola di cucina al barbecue in Italia. “Con esperienza e passione selezioniamo e distribuiamo in Italia i barbecue e gli accessori di design più affidabili per indimenticabili grigliate in famiglia e con gli amici. Grigliare è facile e divertente. Sosteniamo un barbecue all’italiana, con pochi condimenti, per esaltare il gusto delle materie prime L’intento è portare la cucina al barbecue sulle tavole di tutti i giorni, con la sicurezza di poter creare in poco tempo interi menù alla griglia dall’antipasto al dessert (non solo salsicce e spiedini…) pane, pizza, lievitati, oltre a verdure, pesce, formaggi, frutta. Facciamo della formazione un elemento essenziale per conoscere il barbecue e le sue molteplici funzioni. Presso l’Accademia dei Signori del Barbecue organizziamo lezioni concepite per apprendere rapidamente le tecniche di base. Gli chef docenti alla scuola sono professionisti (alcuni fregiati della stella Michelin) che utilizzano i nostri barbecue nei loro ristoranti. Abbiamo raccolto le nostre esperienze, le ricette e le tecniche di cottura dell’Accademia in una serie di volumi, di cui siamo autori ed editori”. Nel volume “Barbecue surprise” — il primo di una collana che prevede altre due uscite e che si può ordinare direttamente
134
sul sito www.bbqsurprise.com e www.isignoridelbarbecue.com —, sono presenti ricette sfiziose che, come raccontano gli stessi Signori del Barbecue, “traducono la nostra passione per il barbecue”. Le ricette sono frutto della collaborazione con gli insegnanti dell’Accademia dei Signori del Barbecue e si possono facilmente riproporre a casa. Tutte sono state preparate dopo aver individuato la corretta tipologia di cottura e gli ingredienti, fotografate e, naturalmente, assaggiate. Il
gusto “barbecue” non è replicabile in un forno o in una griglia aperta e in queste pagine ne leggerete e scoprirete i motivi. L’obiettivo della pubblicazione è quindi è stimolare all’utilizzo del barbecue, per sperimentare e mettere in pratica ricette sempre nuove. Il segreto consiste nel corretto utilizzo dello strumento e delle tecniche. Una volta imparate, sarà un divertimento cucinare con facilità e ottimi risultati. >> Link: www.bbqsurprise.com
Eurocarni, 6/17
Filetto di maiale alle erbe con insalata di verdure grigliate Chef Mario Ferrara Ingredienti (4 porzioni) g 600 filetto di maiale • 2 zucchine • 2 patate • 2 melanzane piccole • 2 carote piccole • 2 cipollotti • erbe aromatiche miste • sale e pepe q.b. • olio extra vergine di oliva q.b. Esecuzione Insaporiamo le carni con il sale, il pepe e un filo di olio. Preriscaldiamo il barbecue a 160 ºC e lo predisponiamo per la cottura indiretta, quindi mettiamo il filetto di maiale a cuocere per 30-40 minuti sulla griglia ben calda. Nel frattempo tagliamo a metà le zucchine, affettiamo le melanzane, le patate senza buccia, i cipollotti. Cuociamo le verdure sulla parte della griglia con cottura diretta per alcuni minuti, girandole alcune volte, fino a che le zucchine, le melanzane, i cipollotti e le carote saranno segnati dalla griglia e le patate ben cotte (8-10 minuti). Tritiamo finemente le erbe aromatiche miste. Il filetto sarà cotto quando avrà raggiunto la temperatura interna di 58 ºC. Lo lasciamo riposare per tre minuti e quindi lo rotoliamo nel trito di erbe aromatiche miste. Serviamo il filetto affettato insieme alle verdure grigliate.
Eurocarni, 6/17
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Una Storia di Famiglia
dB Corn Fe
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NO ORMONI Tutti i bovini scelti per il programma Black Angus Beef non sono mai soggetti ad alcuna somministrazione di ormoni nè di agenti promotori della crescita, e provengono solo da programmi NHTC (non-hormone treated cattle).
UN'AZIENDA LEADER Nel Gruppo Quabas siamo impegnati fin dagli anni '70 nel commercio di carni della migliore qualità; importiamo direttamente manzo fresco e congelato, pollame congelato, agnello congelato, suino e selvaggina congelati dal Sud America, Nord America, Australia, Nuova Zelanda, Tailandia, dall'Europa e non solo.
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