EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 6 • Giugno 2018
BARCELLONA capitale del food business VITELLO trend 2017
€ 5,42
La carne non fa male, la falsa informazione sì
6/18 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Ufficio stampa e Media Partner
Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero: La carne nel mondo
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Agenda
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Anteprima
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Immagini
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Naturalmente carnivoro
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Attualità
Animali senzienti e macellazione inconsapevole
Giovanni Ballarini 26
Anche in Italia si discute sulle telecamere nei macelli
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E se la carne suina “coltivata” in laboratorio fosse kosher?
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Commissione europea
Relazione della Commissione europea sul settore cunicolo
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Slalom
Revisioni economiche del Fondo Monetario Internazionale
Cosimo Sorrentino
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La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
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Aziende
BBQ4All entra in GDO
Comunicare la carne
Elena Benedetti
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In Angola il più grande centro agroalimentare d’Africa
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Unika burger, nuovo pack per l’Ho.re.ca.
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La carne non fa male, la falsa informazione sì
Giulia Bartalozzi
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Mr. Tender, sono morbido e lo è anche il mio manzo
Elena Benedetti
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Proteine animali e sostenibilità
Qualità, sostenibilità e sicurezza per il manzo made in Ireland
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Retail news
Notizie dalla GDO
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Interviste
La Cinta senese secondo Daniele Baruffaldi
Veronica Fumarola
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Mercati
Irlanda, export di carni e capi vivi da record
Roberto Villa
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Indagini
Ismea, carni di vitello 2017. Tendenze e dinamiche del comparto Italiani, nessuna paura del conto
68 Sebastiano Corona
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Dove va il nostro carrello della spesa?
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Trend
Il franchising italiano: una formula di successo
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La carne in tavola
Cavallo, carne dietetica ed ecologica
Giovanni Ballarini
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Le zampe di gallina, da scarto povero ad alimento raffinato
Nunzia Manicardi
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La lettura del fondo di cottura
Giorgia Fieni
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A pagina 82.
EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 6 • Giugno 2018
BARCELLONA capitale del food business VITELLO trend 2017
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La carne non fa male, la falsa informazione sì
In copertina: la carne di vitello in cucina si presta a tantissime preparazioni (photo © mythja – stock.adobe.com).
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Tel.: +39-045 890 55 93 | Fax: +39-045 890 55 86 info.it@csb.com | www.csb.com
Macellerie d’Italia
Macellai norcini si nasce o si diventa?
Elena Benedetti
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Macellerie del mondo
Slagerij Ottenheim, da oltre trent’anni frontiera del gusto
Riccardo Lagorio
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Lussino, molto di più di hamburger e cevapcici
Gian Omar Bison
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Sono 180 grammi, lascio?
Super Furry Animals
Giovanni Papalato 104
Fiere
Barcellona capitale del food business con Alimentaria e Hostelco
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#SIALFUTURELAB, il futuro dell’innovazione alimentare è qui
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La pagina scientifica
Giulia Mauri
L’aggressività fra bovini da carne Nasce il Progetto SUIS, Suinicoltura Italiana Sostenibile
120 Alfonso Piscopo
Il rosso che illumina la mente Tecnologie
Statistiche
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CSB Factory Erp è il factory software dell’anno nella categoria “Soluzioni complete”
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La carne recuperata meccanicamente, perché no?
130 Aurora De Santis
Il commercio con l’estero delle carni anno 2017
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A pagina 84.
A pagina 128. A pagina 38.
www.eurocarni-online.com 8
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LA CARNE NEL MONDO Danimarca Secondo il Ministero dell’Agricoltura della Danimarca, almeno la metà dei Danesi conosce il logo realizzato dal governo nel maggio del 2017 per indicare il livello di benessere degli animali da reddito e che compare, secondo la volontà dei produttori (il logo è un elemento accessorio volontario), sulle etichette della carne suina e dei prodotti a base di carne di maiale, per ora gli unici prodotti sui quali questo tipo di etichettatura è applicata. L’obiettivo era che il 40% della popolazione conoscesse il marchio entro la fine del 2018 e un recente sondaggio dimostra che la percentuale è addirittura del 49% per quanto riguarda la conoscenza e raggiunge il 67% se si parla di fiducia nel logo. Il ministro danese ESBEN LUNDE LARSEN si dice lieta che attraverso questa etichettatura i consumatori danesi abbiano a disposizione un elemento in più per effettuare una scelta consapevole. L’indagine, inoltre, dimostra che la maggior parte dei consumatori danesi è disposta a pagare di più per l’acquisto di un prodotto che garantisce un maggior livello di benessere degli animali. Il logo danese, che nel 2018 sarà esteso alle carni di pollo, indica tre livelli di benessere, rappresentati da altrettanti cuori. La presenza di tre cuori, ad esempio, attesta che i piccoli suini vengono svezzati a 28 giorni e che l’allevamento dispone di aree per il parto all’aperto (fonte: 3tre3.it; photo © www.globalmeatnews.com).
Spagna Nel 2017, la produzione spagnola di carne è stata pari a 5,03 milioni di tonnellate, con una crescita dell’1,4% rispetto all’anno precedente. Del totale, la carne suina è quella con la produzione più alta (+1,6% sul 2016), pari a 4,25 milioni di tonnellate: un livello mai raggiunto prima. Da parte sua, il settore della carne bovina ha stabilizzato il trend di recupero iniziato nel 2014, raggiungendo una produzione di 641.003 tonnellate (lo 0,6% in più rispetto all’anno precedente). Per il settore ovicaprino (125.487 tonnellate) si segnala invece una diminuzione dell’1% rispetto al volume del 2016. La produzione di carne lavorata è cresciuta dell’1%, attestandosi a circa 1,4 milioni di tonnellate. Il 2017 ha poi segnato un nuovo record per quanto riguarda il commercio estero: la vendita delle carni spagnole nei mercati di tutto il mondo ha generato un fatturato superiore ai 6 miliardi di euro, corrispondenti ad un volume di oltre 2,3 milioni di tonnellate tra carne, frattaglie e prodotti trasformati di ogni tipo. Un fatto, questo, che pochissimi settori economici rilevanti possono presentare e che aiuta ad alleviare il tradizionale deficit commerciale del Paese. La crescita delle vendite all’estero è stata del 2,5% in volume e del 9,4% in valore rispetto al 2016, il che indica che è in aumento l’esportazione di prodotti a più alto valore aggiunto. La Spagna è oggi uno dei quattro maggiori esportatori di carni suine al mondo, insieme a Germania, Stati Uniti e Danimarca, con 1.554.981 tonnellate, per un valore di 3.608 milioni di euro (un altro record), una crescita del 4,4% in volume e del 12,5% in valore, e cifre altamente positive anche per i prodotti trasformati (197.818 tonnellate, +8,3%; 1.267 milioni di euro, +10,1%). Anche per quanto riguarda le carni bovine, il saldo delle esportazioni di carni e frattaglie è stato positivo, raggiungendo 171.953 tonnellate esportate (+1,4%), mentre in termini di valore sono stati raggiunti i 610 milioni di euro (+5,3% rispetto all’anno precedente), confermando i progressi fatti dopo il 2015 (fonte: 3tre3.it; in foto: jamón serrano, photo © bondart.in.ua).
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USA-Cina È scattata con inattesa rapidità la rappresaglia della Cina ai pesanti dazi annunciati dall’amministrazione Trump e lo spettro di una escalation che potrebbe sfociare in una guerra commerciale aperta tra i due giganti, e non solo, si fa sempre più concreto. Il Ministero del Commercio cinese ha pubblicato una lista di 106 prodotti statunitensi sui quali, in data ancora da definire, intende imporre dazi fino al 25%. L’elenco include auto, piccoli aeromobili, soia e carne surgelata, per un controvalore annuo stimato in 50 miliardi di dollari. La soia, sottolinea COLDIRETTI, è uno dei prodotti agricoli più coltivati nel mondo, largamente usato per l’alimentazione degli animali da allevamento, con gli Stati Uniti che si contendono con il Brasile il primato globale nei raccolti seguiti, sul podio, dall’Argentina per un totale dell’80% dei raccolti mondiali. A seguito dei dazi, gli operatori cinesi potrebbero decidere di sostituire le forniture dagli USA con la produzione raccolta in Brasile, da dove già arriva circa la metà delle importazioni del gigante orientale, con uno sconvolgimento del mercato mondiale e ripercussioni sui costi dell’allevamento e sui prezzi di vendita della carne. L’Unione Europea, continua COLDIRETTI, è il secondo importatore al mondo di soia dopo la Cina e un andamento anomalo delle quotazioni metterebbe a rischio la competitività degli allevamenti e la produzione di carne anche nel vecchio continente. Un problema che riguarda quindi anche l’Italia, che è il primo produttore europeo con circa il 50% della soia coltivata e un raccolto pari a tre volte quella del secondo Paese, la Francia. Intanto, però, non tutti i mali vengono per nuocere e la guerra commerciale USA-Cina potrebbe avere effetti positivi per l’Italia in termini di aumento dell’export, rivelatosi già robusto lo scorso anno verso il colosso asiatico. In particolare, il vino italiano potrebbe avvantaggiarsi della situazione di tensione nelle relazioni commerciali fra i due paesi, dopo che le esportazioni made in Italy verso la Cina hanno raggiunto un record storico di oltre 130 milioni di euro nel 2017 (+29%). Gli Stati Uniti hanno esportato vino in Cina per un valore di 70 milioni di euro, in aumento del 33% nel 2017, e si collocano al sesto posto nella lista dei maggiori fornitori, immediatamente dietro all’Italia. Per effetto di una crescita ininterrotta nei consumi, la Cina è entrata nella lista dei cinque Paesi che consumano più vino nel mondo, ma è in testa alla classifica se si considerano solo i vini rossi. “Un mercato strategico per i viticoltori Italiani, mentre per quanto riguarda la frutta fresca l’Italia può esportare al momento in Cina solo kiwi e agrumi anche se il lavoro sugli accordi bilaterali per pere e mele è ad uno stadio avanzato e potrebbe aprire opportunità, dopo lo stop alle forniture statunitensi”, commenta in proposito COLDIRETTI. Ma c’è anche qualche preoccupazione alimentata dal protezionismo. Secondo COLDIRETTI, infatti, “l’estendersi della guerra dei dazi tra i due giganti dell’economia mondiale ai prodotti agroalimentari apre scenari inediti e preoccupanti nel commercio mondiale anche con il rischio di anomali afflussi di prodotti sul mercato comunitario che potrebbero deprimere le quotazioni” (fonte: EFA News; photo © www.glistatigenerali.com).
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com
La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
Ricetta
Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com
Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl
Tel: +31 055 549 82 22 E-mail: info@esafoods.com
Rabobank: le incertezze minacciano l’ottimismo nel commercio globale delle carni suine Gli impatti della disputa commerciale tra Cina e Stati Uniti distorceranno i mercati e peseranno sul valore della carne suina nel Nord America, mentre genereranno un potenziale per i produttori in Asia, Europa e Sud America. «La potenziale escalation della disputa commerciale tra Cina e Stati Uniti, insieme alla rinegoziazione del NAFTA in corso, creano un maggiore senso di rischio», racconta Christine McCracken, analista senior di Animal Protein. «Anche la presenza di malattie aumenta questa incertezza, compresa la minaccia della diffusione della peste suina africana (ASF) in Europa». Queste, oltre quelle a seguire, sono alcune delle conclusioni tratte dal Rabobank Pork Quarterly Q2 2018. Cina: politica commerciale che supporta il prezzo Il calo dei prezzi del suino (–30% annuo in corso) sta comprimendo i margini perché il mercato è ancora sovraffollato. Le tariffe annunciate dagli Stati Uniti sulla carne suina aiutano a stabilizzare i mercati a breve termine, ma è improbabile che compensino completamente le pressioni del mercato. I potenziali dazi sulla soia americana aumentano la pressione sui costi. Si prevede che le perdite continueranno, ma miglioreranno gradualmente man mano che l’industria adeguerà la propria produzione. La domanda di carni suine rimarrà buona, aiutata dalle feste primaverili e dai bassi costi. USA: la produzione ed il commercio pesano sui mercati Il monitoraggio della crescita pianificato nel 2018 si traduce in produzioni record stagionali, mentre i ritardi di aumento nella capacità e gli scambi commerciali riducono la domanda. Ci sono pochi cambiamenti immediati nei piani di produzione, dal momento che l’industria ha accumulato fondi per resistere all’attuale recessione. Con le rinegoziazioni del NAFTA in corso e la guerra commerciale con la Cina, i piani per aumentare la produzione devono essere riconsiderati. UE: l’aumento dell’offerta preme sui prezzi Si prevede che la crescita della produzione e l’indebolimento delle esportazioni limiteranno l’aumento dei margini nel 2018. La graduale crescita del patrimonio suinicolo riflette i buoni risultati nell’ultimo anno e un rimbalzo della produttività. Non ci si aspetta che l’UE veda una forte ripresa della domanda dalla Cina, ma si prevede una crescita in Giappone e Corea del Sud. La Peste Suina Africana (e il rischio sulle esportazioni) continua a rappresentare una minaccia per il mercato. Brasile: le esportazioni cinesi aiutano ad attutire il colpo Un aumento delle esportazioni verso Cina e Hong Kong sta aiutando a compensare il mancato accesso al principale mercato di esportazione, la Russia. Anche così, i produttori brasiliani continuano a lottare contro i prezzi deboli del maiale e i maggiori costi dei mangimi. Sulla base degli attuali livelli di reddito, è prevista una crescita più lenta della produzione per il prossimo anno. Fonti: research.rabobank.com – 3tre3.it
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Rabobank: massiccia crescita del commercio avicolo mondiale Sebbene nei primi tre mesi dell’anno la maggior parte delle industrie avicole abbia registrato buoni risultati, importanti fattori trainanti, incluse le ripercussioni dell’inchiesta sul settore zootecnico in Brasile, le restrizioni sul commercio comunitario e la gestione delle modalità di stordimento in Arabia Saudita, sono tra le questioni chiave che interesseranno il mercato internazionale. È quanto evidenziato dal rapporto Rabobank Poultry Quarterly Q2 2018: A Massive Global Poultry Trade Shake-U secondo il quale il commercio avicolo internazionale potrebbe essere influenzato dagli esiti delle rinegoziazioni del NAFTA e dalle indagini cinesi sul dumping del pollame da parte del Brasile. Ed è certamente il Brasile il Paese che al momento è sotto i riflettori. Nei primi due mesi dell’anno le sue esportazioni avicole sono diminuite di quasi l’8% e, nello stesso periodo, l’Arabia Saudita, cliente chiave per il paese sudamericano, ha ridotto il volume delle sue richieste di pollame del 12%: l’UE, la quarta maggiore destinazione, le ha diminuite del 38%. Meglio con Cina, Emirati Arabi, Sudafrica e Messico, che hanno aumentato il volume importato dal Brasile. In ogni caso, mentre le autorità brasiliane hanno fatto del loro meglio per chiarire che l’inchiesta della polizia federale in corso soprannominata Weak flesh è limitata alle irregolarità verificatesi in passato, è possibile che le esportazioni complessive possano in generale diminuire. Infine, alcuni impianti brasiliani sono stati ispezionati direttamente dai paesi importatori. Il mercato interno brasiliano ha registrato alcuni segnali di ripresa ma l’esito della bilancia con l’estero continua ad essere cruciale anche per la definizione dei prezzi interni. A febbraio, i prezzi all’ingrosso del pollo sono stati inferiori del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre quelli dei mangimi sono aumentati del 10%, a causa delle aspettative di una minore offerta di mais nel 2018. La posizione del Brasile nel commercio globale è quindi destinata ad essere messa in discussione: attualmente è il principale esportatore di pollame al mondo, con una quota di mercato del 35%. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, nel caso in cui le negoziazioni del NAFTA portassero a restrizioni del commercio avicolo USA-Messico, la solidità del settore avicolo nordamericano potrebbe essere messa in discussione. Il Messico è infatti il più grande mercato di esportazione degli Stati Uniti e assorbe circa il 20% delle 3 milioni di tonnellate di pollame che escono dagli USA (il Canada ne assorbe circa il 5%). Secondo Rabobank, se i negoziati del NAFTA portassero a restrizioni commerciali, gli Stati Uniti dovrebbero trovare nuovi mercati internazionali e questo probabilmente si tradurrebbe in un calo dei prezzi delle carni meno pregiate. Per gli allevatori statunitensi attualmente i margini rimangono accettabili, anche se solo leggermente superiori al break-even point ma, a causa di problemi di produzione cerealicola legati alla siccità in Sud America, nelle ultime settimane i livelli di redditività, suscettibili delle variazioni dei costi delle materie prime, sono meno prevedibili. Restano comunque intatte le precedenti prospettive di una crescita del settore broiler USA pari a 2,2%.
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I commercianti dell’Unione Europea e del Medio Oriente hanno sostituito il pollame proveniente dal Brasile con i prodotti di altre aree geografiche, principalmente dell’Europa orientale. Le conclusioni degli ispettori comunitari che hanno visitato gli impianti brasiliani, relativamente alle violazioni dei regolamenti UE sulle importazioni, in particolare per quanto riguarda la salmonella, saranno fondamentali per ridefinire i flussi commerciali con il Brasile. Un ulteriore fattore di incertezza è legato all’applicazione, da parte di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU), di un standard halal più rigoroso, che vieterà lo stordimento del pollame al momento della macellazione. Ciò non riguarderà solo gli impianti brasiliani, dai quali proviene circa il 65% delle importazioni su questo mercato, ma anche quelli della UE, dell’Ucraina e degli Stati Uniti. In generale, tuttavia, il settore avicolo dell’Unione Europea sta registrando risultati relativamente positivi, sebbene durante il primo trimestre dell’anno i margini siano influenzati dall’aumento dei prezzi dei mangimi (+3%) e da una domanda di mercato stagionalmente più debole. Esiste una buona situazione dal lato dell’offerta. Continua inoltre a migliorare la bilancia commerciale, con le esportazioni in crescita per 2 trimestri consecutivi: le esportazioni totali hanno raggiunto quota 1,7 milioni di tonnellate (+3%), con una forte domanda da Ucraina, Hong Kong, Vietnam e Africa. Nel 2017 le importazioni sono diminuite dell’11%, soprattutto a causa del calo delle spedizioni dal Brasile (–21%) e dalla Thailandia (–9%). Negli ultimi mesi in Cina la performance del mercato avicolo è migliorata notevolmente, e i prezzi dei polli con piume bianche sono aumentati del 40% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo ha assicurato che tutta la catena di approvvigionamento sarà in grado di realizzare profitti. I miglioramenti sono dovuti principalmente alla diminuzione della produzione, causata dalla diminuzione degli stock degli ultimi anni e da una ripresa della domanda interna. La diminuzione dei casi di aviaria, l’applicazione della vaccinazione obbligatoria contro il ceppo H7N9, le chiusure dei mercati di uccelli vivi, l’aumento dei livelli di biosicurezza hanno contribuito alla riduzione generale della mortalità. Nel rapporto Rabobank si legge che molte industrie avicole regionali stanno ottenendo buoni risultati, specialmente in Sudafrica, nonostante la crisi di Listeria, e in Messico, ma anche in Indonesia, India e Giappone. Di contro, Russia e Thailandia, dopo l’espansione del settore interno, stanno soffrendo di un eccesso di offerta, ma cercheranno di catturare parte della quota di mercato estero perduta del Brasile. Fonti: World Poultry – UNAItalia (photo © www.marcchesneau.fr)
AGENDA Milano L’industria delle carni si ritroverà a Milano a MEAT-TECH 2018, seconda edizione della fiera specializzata in tecnologie e soluzioni innovative per l’industria della lavorazione, del confezionamento e della distribuzione delle carni dal 29 maggio al 1o giugno. MEAT-TECH è targata IPACK-IMA ed è frutto della strategia e dell’esperienza di Fiera Milano e di UCIMA, l’Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio. MEAT-TECH è inoltre promossa da ASS.I.CA., l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi che rappresenta le imprese di produzione dei salumi (prodotti trasformati di carne suina e bovina) e di macellazione suina, e ANIMA ASSOFOODTEC (Associazione Italiana Costruttori Macchine, Impianti, Attrezzature per la Produzione, la Lavorazione e la Conservazione Alimentare) con le diverse realtà associative aderenti: COMACA, Costruttori Italiani Macchine per la Lavorazione delle Carni, i Costruttori Affettatrici, Tritacarne ed Affini, l’Unione Costruttori Impianti Frigoriferi (photo © itfoodonlineblog.com). www.ipackima.com/it/pages/meat-tech-2018
Dallas, Texas, USA Ospitata dall’International Meat Secretariat e da U.S. Meat Export Federation, l’edizione 2018 del World Meat Congress (WMC), il Congresso Mondiale della Carne, si terrà a Dallas, Texas, dal 30 maggio al 1o giugno. L’evento congressuale è giunto quest’anno alla sua 22a edizione e si preannuncia come un appuntamento imperdibile per imprenditori e stakeholders dell’industria mondiale delle carni bovine, suine, ovine e avicunicole. I partecipanti al WMC 2018 sono imprenditori, esportatori, addetti al marketing, economisti e analisti dei mercati delle carni. Tra i temi di questa edizione c’è lo sviluppo di nuove tecnologie nella lavorazione delle carni, lo sviluppo commerciale della carne a livello mondiale, il consumo, la sostenibilità e il benessere animale (photo © Andy Dean Photography). 2018wmc.com
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Francia Dal 31 maggio al 6 giugno si svolgerà l’edizione 2018 di Made in Viandes, il grande “porte aperte” della filiera delle carni francesi organizzata dalle interprofessioni Interbev e Interporc. Un bellissimo evento che ogni anno consente a visitatori, curiosi, consumatori di avvicinarsi alla filiera delle carni nella sua completezza, dagli allevamenti ai macelli alle macellerie e banchi carni dei supermercati. Per ascoltare che cosa significa filiera delle carni direttamente dalla voce di coloro che, ogni giorno, svolgono il loro mestiere con dedizione e passione. In stalla, nel macello o dietro ad un banco carni. Per comprendere che cosa significa razza, tracciabilità, allevamento e lavorazione. In altre parole, tutta la qualità delle carni francesi! www.la-viande.fr/made-in-viande
Genazzano (Roma) Domenica 10 giugno l’appuntamento per noi cultori, appassionati, comunicatori e promotori delle carni è a Genazzano (RM), al Parco dei Glicini, con la meravigliosa banda di macellai dei Butchers for Children e tantissimi amici capeggiati dal super macellaio MARIO ANGELUCCI, che ha organizzato “Il Gusto della Solidarietà”. Si tratta di un evento che offrirà degustazioni gastronomiche, un aperitivo dei macellai con bollicine e un grande pranzo carnivoro con specialità regionali, dal Lazio alla Puglia, dal Veneto alla Lombardia, passando attraverso l’Emilia e la Toscana. Sarà festa grande con GABRIELE BONCI, il maestro indiscusso delle lievitazioni e della panificazione, e con i macellai che da tutta Italia arriveranno nel piccolo comune di Genazzano, alle porte di Roma, per raccogliere fondi da destinare interamente alla onlus ROMAIL “Vanessa Verdecchia”, una sezione molto attiva dell’AIL, l’Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma. Perché tutto ciò? Perché non è mai abbastanza quello che si fa per aiutare i piccoli pazienti affetti dalle malattie del sangue. Vi aspettiamo numerosi! Date una mano alla vita! www.romail.it facebook.com/Butchers-For-Children-InsiemePer-Ricostruire-513675778689506
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ANTEPRIMA
Vi racconteremo tutto! Sul prossimo numero di Eurocarni troverete un ampio reportage sulla 19a edizione di Cibus, l’appuntamento che dal 7 al 10 maggio ha catalizzato l’attenzione dell’agroalimentare europeo, attraendo a Parma 3.100 aziende espositrici e oltre 82.000 visitatori specializzati. Il Gruppo Cremonini era presente con un ampio spazio che ha raccolto le varie realtà societarie, tra carne e salumi, e che è stato palcoscenico della presentazione del primo burger italiano “sostenibile” con la Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EPD-Environmental Product Declaration).
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FORNITORE UFFICIALE BOCUSE D’OR EUROPA 2018
UNA STORIA DI CARNE Noi del Consorzio Carni Piemonte la produciamo nei nostri allevamenti. Più di 120 allevatori si sono consorziati sin dal 2001. Oggi attraverso il nostro Macello Piemonte Nord , siamo in grado di fornire agli operatori del settore un prodotto sano, controllato e di origine certa.
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120 ALLEVAMENTI
SITO PRODUTTIVO - MACELLO PIEMONTE NORD S.R.L. - Via Nazionale, 13 - 10010 Carema (TO) Tel. +39 0125 80 68 62 - Fax +39 0125 19 02 034 - info@consorziocarnipiemonte.it
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IMMAGINI
In Italia, patria del buon cibo, da qualche tempo a questa parte all’insuperabile manicaretto preparato dalle amorevoli mani della mamma si preferisce sempre più la cosiddetta “esperienza sensoriale” di una pietanza esotica in un ristorante etnico, un’apericena con gli amici nel week-end o anche semplicemente un pasto frugale e veloce sotto l’ufficio, durante la pausa pranzo. Lo dicono i dati Censis e Coldiretti: Un terzo del budget in alimentari dei nostri connazionali finisce al bar e al ristorante. Mangiare fuori è un piacere, talvolta una necessità, quasi sempre un modo per socializzare e gratificarsi. A pag. 72 Sebastiano Corona ci racconta di questa nuova tendenza sempre diffusa tra i giovani e i meno giovani a partire dall’analisi del Rapporto Annuale FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, del 2017. Nessuna paura del conto quindi? Nella foto lui è Hisato Hamada, cofondatore insieme a Takumi Horie di Wagyumafia (www.wagyumafia.com), un concept di ristorazione che promuove la carne di Kobe e il Wagyu beef a Tokyo e in giro per il mondo. Lo scatto risale allo scorso aprile, durante la presentazione a Londra del celebre Kobe Cutlet Sandwich, un micro panino a base di manzo Kobe, venduto a 130 sterline! Non proprio il panino fuori casa quotidiano (photo © EatCookExplore.com).
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Ed ecco a voi i “Naturalmente carnivori” di questo mese: da sinistra, Emanuele Bardini, Gianfranco Lo Cascio, Daniele Faresin e Dario Salbego, i tre coach della BBQ4All University insieme al suo fondatore, in una giornata di griglie e fuochi. L’occasione è stata speciale e ha coinciso con la presentazione di un progetto innovativo che porta la cultura del barbecue in GDO. A pagina 40 l’articolo sulla serata svoltasi lo scorso 9 maggio, a pochi passi da Cibus, tra buyer, operatori del settore e stampa specializzata. Tra fuochi, fiamme e ottima carne!
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ATTUALITÀ
Animali senzienti e macellazione inconsapevole Considerare gli animali esseri capaci di avere sensazioni ed esperienze impone di rivedere in senso migliorativo l’organizzazione delle operazioni di pre-macellazione di Giovanni Ballarini
L’
Benessere degli animali senzienti Unione Europea ha compiuto un passo in avanti nella tutela dei diritti degli animali quando a Lisbona, il 13 dicembre 2007, ha riconosciuto giuridicamente nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) gli animali come esseri senzienti;
riconoscimento in base al quale gli Stati nazionali devono tenere pienamente conto delle esigenze del loro benessere. Un essere senziente, in accordo con la definizione utilizzata da molti filosofi moderni, è un essere dotato della capacità di sensazione, espressione usata in filosofia, nel diritto, nella bioetica
e nell’ambito delle teorie sull’autocoscienza per descrivere la capacità di avere sensazioni o esperienze. L’essere senziente presuppone una serie di tutele e prerogative ma non in modo specifico: l’articolo 13 del trattato, infatti, chiede che nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’UE gli Stati Membri,
Sulla linea del riconoscimento degli animali come esseri senzienti, nell’Unione Europea si è sviluppato un corpus legislativo di direttive e regolamenti dedicato alla protezione degli animali allevati che ha riguardato anche quelli da macello soprattutto nella fase del trasporto e dell’uccisione.
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che devono tenere conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettino anche le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini per quanto riguarda i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale. Sulla linea applicativa del riconoscimento degli animali come esseri senzienti, nell’Unione Europea si è sviluppato un corpus legislativo di direttive e regolamenti dedicato alla protezione degli animali allevati che ha riguardato anche quelli da macello nella fase del trasporto e dell’uccisione, con l’adozione di un’ambiziosa policy di medio periodo descritta in A new animal welfare strategy 2016-2020. Inoltre, l’EFSA (European Food Safety Authority), il 24 aprile 2017, ha diffuso il documento Animal Consciousness che si conclude affermando che different manifestations of consciousness can be observed in animals specificando che further refinement is still needed to characterize their level and content in each species. Macellazione inconsapevole Il 20 novembre 2017 il Comitato Bioetico per la Veterinaria (CBV) ha elaborato un documento sulla macellazione inconsapevole degli animali proponendo alcuni accorgimenti e, tra questi, l’uso di mattatoi mobili che potrebbero operare nell’allevamento e in condizioni di inconsapevolezza dell’animale ottenuta con farmaci ancora da studiare (in quanto devono essere rapidamente metabolizzati e i cui residui non siano nocivi per l’essere umano). A giudizio del CBV, la macellazione inconsapevole, comprese le macellazioni effettuate in allevamento, assieme a condizioni di allevamento migliorate, potrebbero costituire un risultato eticamente rilevante: chi mangia carne continuerebbe a farlo, ma con sofferenze animali sensibilmente minori e tali da giustificare l’assunzione di un rischio marginale da parte umana; chi non mangia carne per ragioni etiche, potrebbe apprezzare il miglioramento intervenuto e l’aumento di consapevolezza culturale sulle sofferenze animali che ne po-
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trebbero derivare. Il CBV auspica che si avvii una discussione pubblica sui temi della macellazione inconsapevole, chiedendo alle agenzie di finanziamento della ricerca di sostenere economicamente e svolgere studi sugli aspetti biologici, farmacologici e sanitari della macellazione inconsapevole ottenuta attraverso l’utilizzo di sostanze farmacologicamente attive, senza aumentare le sofferenze degli animali coinvolti nella ricerca. Chiede inoltre che siano effettuate ricerche per mettere a punto procedure e tecniche per gestire il processo di macellazione in modo da minimizzare la sofferenza e la consapevolezza dell’animale. Il CBV chiede anche la rimozione degli ostacoli normativi che rendono difficoltosa la macellazione presso gli allevamenti e che siano approfonditi i profili giuridici complessivi riguardanti la pratica della macellazione inconsapevole, raccomandando che siano definite specifiche filiere che rendano riconoscibili al consumatore le carni ottenute dalla macellazione inconsapevole. Consapevolezza e non coscienza del futuro Gli animali hanno la consapevolezza di una morte imminente? Consapevolezza è un’autocoscienza che descrive la capacità di avere sensazioni o esperienze che riguardano il presente confrontato con un passato, ma negli animali riguarda anche una previsione e cioè un futuro? Gli animali come esseri senzienti hanno coscienza di un futuro come l’uomo che proprio su questa dimensione progetta cambiamenti, ha costruito le religioni e, soprattutto, ha coscienza di una sua futura scomparsa e cioè di una sua morte, costruendo una serie di ritualizzazioni? Certamente la risposta a questi interrogativi è negativa, come dimostra il fatto che solo la nostra specie progetta un suo futuro e ha paura di una sua scomparsa con una morte che ritualizza nei modi più diversi. Per questi motivi, in un animale che con il ricordo del passato vive nel presente, non si deve considerare una
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soluzione proposta. Gli ipotizzati farmaci potrebbe infatti presentare potenziali, seppur minimi, rischi per la salute. Considerata inoltre la campagna d’informazione da tempo in atto sul rischio zero, sulla completa eliminazione di ogni residuo negli alimenti, sull’opportunità di abolire interventi di natura farmacochimica, ecc…, sarebbe possibile proporre delle carni che contengono residui di farmaci quantunque usati per abolire la consapevolezza degli animali prima della macellazione? Tutto ciò mi fa ritenere che la risposta sarebbe prevalentemente se non totalmente negativa.
Alla fine dello scorso anno il Comitato Bioetico per la Veterinaria ha proposto di ridurre le sofferenze animali attraverso condizioni di allevamento migliorate, macellazione effettuata direttamente in allevamento e non al macello (attraverso l’uso di mattatoi mobili) e lo sviluppo di nuovi farmaci che diminuiscano la consapevolezza della morte imminente (photo © www.alibaba.com). consapevolezza della morte ma solo delle condizioni che la precedono e che riguardano il cambiamento di ambiente al quale l’animale è abituato e quando è posto di fronte a condizioni per lui completamente nuove, come quelle del trasporto e di un mattatoio. Una macellazione in allevamento con un mattatoio mobile cambia la situazione? A parte le complicazioni connesse alla struttura mobile e suoi spostamenti e condizioni d’esercizio presso gli allevamenti, resta sempre il cambiamento d’ambiente di animali che escono dall’ambiente dove sono cresciuti, sia questo un pascolo o una stalla. Ora si propone di stordire e macellare l’animale nel luogo di allevamento senza dover subire lo stress che deriva dal trasporto al macello. Una soluzione che sembra aver dimenticato le
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condizioni nelle quali si trovavano gli animali macellati in stalla o nella casa colonica (e che per il maiale davano origine al rito della maialata invernale). Farmaci per gli animali da macello Per abolire, se non controllare, la consapevolezza dell’animale prima della macellazione, si propone di sviluppare nuovi farmaci rapidamente metabolizzanti e i cui residui non siano nocivi per l’uomo. In altre parole, una specie di “tranquillante” per una medicalizzazione di una pre-eutanasia che renda possibile la macellazione in condizioni di inconsapevolezza dell’animale. Un’ipotesi realizzabile? Lo stesso CBV correttamente solleva la questione etica del bilanciamento di interessi (benessere animale versus tutela della salute umana) legato alla
Modifica migliorative delle procedure di premacellazione Solo considerando un totale veganesimo o vegetarianesimo si può applicare agli animali ammalati un’eutanasia preceduta da una inconsapevolezza farmacologica. Nelle attuali condizioni, in cui esistono animali da carne, il considerarli esseri dotati di avere sensazioni ed esperienze impone di rivedere e ridisegnare in senso migliorativo la struttura e l’organizzazione delle operazioni di pre-macellazione e macellazione. Innanzitutto bisogna ritenere che in condizioni d’allevamento ben definite (allevamenti di tipo biologico, all’aperto e allo stato semibrado ecc…) sia possibile una macellazione in loco usando specifici impianti associati anche strutture mobili di raccolta delle carni e sottoprodotti di macellazione. Per gli altri allevamenti, e alla luce di quanto emerge dal riconoscimento dei diversi gradi di consapevolezza degli animali, è necessario riconsiderare la struttura e il funzionamento degli impianti dove avviene la macellazione, con particolare attenzione, nella premacellazione, alle stalle di sosta e al trasferimento degli animali alle sale di macellazione e dove sono presenti fenomeni negativi legati alla consapevolezza degli animali per condizioni ambientali e di trattamento improprie o alle quali non sono abituati. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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Ex macello Italcarni acquistato da Filiera Sì Filiera Sì (51% Opas e 49% gruppo Alcar Uno di Castelnuovo Rangone appartenente alla famiglia Levoni), leader in Italia nella macellazione suina, ha annunciato l’acquisto dalla liquidazione coatta amministrativa, con un’offerta di 14 milioni di euro, del macello ex Italcarni di Carpi che già conduceva in affitto da novembre 2014. L’acquisizione da parte di Filiera Sì è avvenuta dopo l’aggiudicazione all’asta, secondo il bando pubblicato il 15 novembre 2017, del ramo d’azienda di Italcarni Soc. Coop. Agr., a seguito della cessata attività di macellazione datata fine 2014 con il subentro nella gestione da parte della cooperativa Opas. L’operazione di acquisizione si configura come la maggiore condotta a compimento nel settore della macellazione suina in Italia ad opera di una cooperativa agricola insieme ad un’azienda privata, con un’evidente rilevanza strategica per il settore e il territorio, in quanto garantisce continuità all’attività del maggiore macello di suini in Italia (nel 2017 Opas ha macellato 1.140.000 capi), occupando oltre 600 persone nella struttura di Carpi, sostenendo il comparto allevatoriale e valorizzando la filiera suinicola nazionale. Opas e Filiera Sì nel 2017 hanno raggiunto il fatturato aggregato di 423 milioni di euro, favorendo la valorizzazione dei suini degli oltre 100 soci allevatori attivi per lo più nel territorio delle Regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Friuli. Come ha dichiarato Alberto Cavagnini, presidente di Opas, «con questa acquisizione si conclude con soddisfazione un percorso faticoso, iniziato ormai quattro anni fa, partendo da una situazione di forte criticità che di fatto aveva portato alla chiusura dell’attività del macello Italcarni di Carpi con ricadute molto pesanti per il comparto allevatoriale e per l’occupazione. Ora abbiamo la possibilità non solo di dare continuità ma addirittura di sviluppare ulteriormente l’attività di macellazione con nuovi investimenti per valorizzare la carne suina dei nostri soci allevatori. Un ringraziamento va fatto alle istituzioni, alle parti sociali, alle organizzazioni di rappresentanza che ci hanno sostenuto in questi anni. Un particolare grazie va fatto ai soci, ai lavoratori, alla famiglia Levoni, ai clienti, ai fornitori di servizi e agli istituti bancari che hanno creduto in Opas». Lo stabilimento di Italcarni a Carpi, storico marchio cooperativo, conta sul maggior numero di certificazioni veterinarie per l’export e si estende su una superficie totale di circa 92.000 m2, dei quali 25.000 coperti. L’unità produttiva di Carpi garantisce linee di sfascio a caldo e a freddo, grandi capacità di congelare e stoccare con linee dedicate per lavorazioni, sottovuoto, cartonato nel rispetto delle più performanti regole di rispetto del benessere animale (fonte: 3tre3.it).
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Anche in Italia si discute sulle telecamere nei macelli Oltre ad organizzare una conferenza nazionale, CIWF Italia ha sondato la posizione degli schieramenti parlamentari sull’installazione delle telecamere nei macelli
L
a rappresentanza italiana di Compassion in World Farming (CIWF ITALIA) ha organizzato a Roma lo scorso 18 aprile una conferenza nazionale sulla videosorveglianza nei macelli (“Telecamere nei macelli. Più tutele per animali, lavoratori, veterinari e consumatori”). «Per la prima volta — ha dichia-
rato la rappresentante italiana di CIWF ANNAMARIA PISAPIA — abbiamo potuto mostrare le forti interconnessioni tra tutela degli animali e dei lavoratori, sia operatori che veterinari, all’interno dei mattatoi. Il messaggio che ne è emerso è forte e chiaro: la videosorveglianza potrebbe migliorare le condizioni
di tutti e fornire ai consumatori le dovute assicurazioni». «Le sempre più numerose richieste dei cittadini e diverse inchieste — ha spiegato NINO MORABITO, responsabile benessere animali di LEGAMBIENTE — dimostrano che le telecamere nei macelli sono uno dei modi in cui le nuove tecnologie possono essere
«L’Italia introduca una legge che preveda l’obbligo di installazione delle telecamere nei macelli per fermare i maltrattamenti, migliorare la protezione degli animali negli ultimi istanti della loro vita e tutelare anche veterinari e lavoratori». Questa è la richiesta rivolta al Parlamento di Legambiente, CIWF Italia e Animal Law lanciata nel corso della prima conferenza nazionale allo scopo di avviare un dibattito pubblico e trovare soluzioni condivise coinvolgendo veterinari e lavoratori, associazioni, giuristi, consumatori e ricercatori (photo © The Independent).
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messe, con intelligenza, a servizio dell’interesse collettivo». Ricordiamo che il tema è esploso in Francia nel 2015 e si sta riverberando su tutta l’Europa. In proposito, la FVE (Federation of Veterinarians of Europe) e l’UEVH (Union of European Veterinary Hygienists Veterinarians for Public Health) hanno predisposto un position paper che sarà votato dai veterinari europei a giugno. Il dibattito è arrivato anche in Italia, promosso da CIWF, che ha chiesto agli schieramenti parlamentari della 18a Legislatura di assumere un impegno, ricevendo sostegno da Liberi e Uguali, PD e Movimento animalista. Lega e Forza Italia non hanno risposto, mentre il Movimento 5 Stelle “ha preferito non dichiarare il proprio impegno” e, per voce dell’on. CHIARA GAGNARLI, ha dichiarato che «i controlli sul processo di macellazione sono fondamentali, così come quelli sulle condizioni in cui gli animali vivono all’interno delle aziende zootecniche. Potrebbe essere utile una norma che preveda anche attraverso le telecamere tali controlli, ma va necessariamente trovato il giusto equilibrio per tutelare la privacy dei lavoratori. Diversi sono gli strumenti da mettere in campo per affrontare il problema: vanno innanzitutto aumentati i controlli e inasprite le pene. Per le sue diverse connotazioni, l’argomento va ulteriormente approfondito e discusso nella prossima Legislatura approfondendo quanto avviato in questi ultimi anni». Intanto, l’on. MICHELA VITTORIA BRAMBILLA ha già depositato la “Disposizioni concernenti l’utilizzo di sistemi di video sorveglianza nei macelli e negli allevamenti”. Posizione della FVE: la videosorveglianza presenta molti vantaggi, ma non potrà mai sostituirsi al veterinario ufficiale L’uso di telecamere a circuito chiuso è arrivato alla ribalta dei media europea in seguito ad alcuni casi francesi: le condizioni degli animali diffuse in video virali sul web palesavano infrazioni alle norme sulla protezione all’abbattimento. In conseguenza dello shock mediatico,
il Parlamento francese iniziò ad esaminare una soluzione legislativa sul ricorso obbligatorio alla videosorveglianza per innalzare la trasparenza e quindi le garanzie per gli animali macellati. A distanza di un anno, il dibattito non si è ancora placato: a fine gennaio, infatti, il ministro dell’Agricoltura STÉPHANE TRAVERT si è espresso a favore della formazione degli addetti piuttosto che ai sistemi di videosorveglianza. La FVE segue l’evoluzione del problema su scala europea, dove le telecamere restano volontarie e sottoposte a regole nazionali molto diverse, ma sempre — e questo è il punto sollevato da FVE/UEVH — precluse ai veterinari ufficiali che non possono visionare i filmati e quindi correggere eventuali comportamenti non conformi alla legislazione, di cui resta comunque responsabile l’FBO, il Food Business Operator (in Italia l’OSA, Operatore del Settore Alimentare). Nella sua proposta di parere, la FVE elenca i vantaggi della videosorveglianza obbligatoria, fra i quali la possibilità di compiere studi osservazionali sui comportamenti degli animali (animal based indicators) e una maggiore sicurezza contro aggressioni, intimidazioni o pressioni ai danni dei veterinari ufficiali. I risvolti critici riguardano invece i maggiori costi, il maggior dispendio di tempo a carico dei veterinari ufficiali impegnati nel monitoraggio dei filmati e naturalmente la tutela della privacy di tutti i soggetti coinvolti. Ma l’accento del documento della FVE è posto sulla non sostituibilità del veterinario ufficiale: le telecamere “non possono in nessun caso essere utilizzate per sostituire o ridurre il ruolo del veterinario ispettore al macello. Semmai, la videosorveglianza deve essere intesa come uno strumento di utilità, al servizio di una maggiore efficacia delle azioni di controllo del veterinario ufficiale”. FVE e UEVH raccomandano pertanto ai Paesi che rendessero obbligatoria la videosorveglianza ai macelli di sviluppare un Codice di buona pratica sul corretto utilizzo dei sistemi di tele-monitoraggio. Fonte: www.anmvioggi.it
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Per il rabbino Yuval Cherlow sfugge al precetto religioso
E se la carne suina “coltivata” in laboratorio fosse kosher?
È
un punto di vista che farà discutere: il rabbino israeliano ortodosso YUVAL CHERLOW sostiene che la carne di suino “coltivata” in laboratorio sarebbe kosher. L’astinenza dal mangiare carne di maiale è un precetto fondamentale delle leggi religiose ebraiche, che proibiscono anche il consumo di carne e prodotti caseari insieme. Cherlow lo ha dichiarato a CALCALIST al termine di un convegno alla Bar-Ilan University di Ramat Gan, un sobborgo di Tel Aviv. Secondo il rabbino le leggi kosher esistenti non possono essere applicate alle carni prodotte in laboratorio poiché il maiale, di fatto, non è mai stato in vita. Queste leggi dettano anche il modo in cui gli animali dovrebbero
essere macellati e il modo in cui la carne viene lavorata. I progressi tecnologici nel campo della modificazione genetica e degli alimenti sintetizzati stanno spingendo i leader religiosi a rivalutare, e a volte a ridefinire, queste antiche tradizioni. Una sentenza religiosa formale su questo tema potrebbe avere implicazioni economiche significative sull’industria della carne “coltivata”, poiché il mercato globale dei prodotti alimentari kosher è legato ad un’industria multimiliardaria. Cherlow non è solo in questo ragionamento. Nel 2013, il rabbino MENACHEM GENACK, a capo della divisione delle certificazioni kosher presso l’Unione ortodossa di New York, ha affrontato le implicazioni
religiose della carne artificiale in seguito alla produzione in laboratorio del primo hamburger di manzo. In quell’occasione Genack disse che non esisteva alcuna restrizione religiosa al consumo di un hamburger prodotto in laboratorio con formaggio o prodotti caseari. Sempre nel 2013, il noto rabbino israeliano SHLOMO AVINER aveva affermato che la carne coltivata in laboratorio non dovesse essere considerata un prodotto a base di carne e potesse quindi essere consumata con prodotti caseari. Gli studiosi di giurisprudenza ebraica più rigidi non distinguono tra carne di maiale allevata in laboratorio e le altre carni tradizionali, affermando che le leggi kosher devono essere applicate
Da un’indagine Doxa-Coop Lombardia presentata a Expo 2015 meno della metà dei consumatori a livello internazionale sarebbe disposta ad assaggiare carne sintetica, una percentuale di diffidenza simile a quella degli OGM. La ricerca intanto va avanti e il 14 marzo 2017 a San Francisco è stata organizzata dalla Memphis Meats una degustazione di filetti di pollo e anatra ottenuti con la tecnologia della coltivazione in vitro da cellule provenienti da biopsia.
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Il rabbino israeliano ortodosso Yuval Cherlow. a questi alimenti indipendentemente dal modo in cui sono stati creati. Ma il precetto potrebbe essere in parte modificato se dovesse armonizzarsi con una domanda globale di carne che, secondo la FAO, dovrebbe raddoppiare entro il 2050. Dal primo hamburger prodotto in laboratorio nel 2013, diverse aziende hanno tentato di produrre carne artificiale o sostituti della carne; Beyond Meat di El Segundo, California, e Impossible Foods, di Redwood City, California, stanno sviluppando prodotti a base di proteine vegetali che hanno il sapore e “sanguinano” come carne vera, mentre la start-up Finless Foods di New York mira a sviluppare, produrre in serie e commercializzare frutti di mare coltivati in laboratorio. Le aziende produttrici di carni coltivate sostengono che i loro prodotti ridurrebbero l’esposizione alle malattie di origine alimentare così come l’inquinamento e il consumo di acqua. La compagnia di prodotti avicoli artificiali SuperMeat di Tel Aviv afferma che i suoi prodotti richiedono il 99% in meno di terra e il 98% in meno di acqua rispetto ai prodotti a base di carne convenzionali, emettendo il 96% in meno di gas serra. Cherlow è un rabbino ortodosso moderno e un’autorità nel panorama della legge ebraica. Dirige il dipartimento di etica dell’organizzazione rabbinica Tzohar in Israele e interviene regolarmente su questioni relative alla legge religiosa ebraica, esprimendo spesso atteggiamenti liberali.«C’è una motivazione profondamente religiosa e morale per sviluppare la ricerca genetica sul cibo» ha dichiarato. La coltivazione della carne da singole cellule è una nuova e significativa tecnologia con un’incredibile capacità potenziale di nutrire una popolazione in crescita, mentre le risorse alimentari mondiali stanno diminuendo, e con un impatto ambientale molto positivo. «L’ingegneria genetica è importante perché l’industria della carne è tra i grandi inquinatori mondiali, consumando inoltre una grande quantità di risorse naturali, come acqua e terra, e causando quindi problemi di natura etica alla sua stessa esistenza». (Fonte: Clamos – 2601 © World Food Press Agency Srl – EFA News)
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COMMISSIONE EUROPEA
Relazione della Commissione europea sul settore cunicolo In Europa l’allevamento di conigli a scopo alimentare si concentra in tre Paesi: Spagna, Francia e Italia. Il settore è “generalmente in linea” con le norme di protezione dei conigli d’allevamento, la sostenibilità commerciale del comparto invece è a rischio
L
a Commissione europea ha recentemente pubblicato una relazione — alla quale hanno partecipato anche gli esperti di UNAITALIA —, sulla cunicoltura nell’Unione Europea. Il settore è “generalmente in linea” con le norme di protezione dei conigli d’allevamento, ma la sostenibilità
commerciale del comparto è a rischio. Il documento diffuso è la risposta dell’esecutivo di Bruxelles al Parlamento Europeo e alla relazione approvata un anno fa: gli eurodeputati invitavano la Commissione a tracciare una tabella di marcia verso l’adozione di norme minime per la protezione dei conigli
di allevamento. La Commissione è partita da una ricognizione generale del comparto e, dopo aver delineato i fattori che contribuiscono al benessere dei conigli nei diversi sistemi di produzione, ha concluso che “il settore dell’allevamento di conigli è generalmente in linea con le attuali disposizioni legislative dell’UE” (Direttiva
Dai dati di UNAItalia, l’Italia è il secondo produttore e consumatore mondiale di carne di coniglio dopo la Cina (photo © AP Images/European Union).
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La Commissione ritiene che le due differenti tipologie di mercato — Sud e Centro Europa — dovranno sviluppare strategie diverse per trovare il miglior compromesso fra benessere animale, esigenze produttive, richieste dei consumatori e sostenibilità del settore
98/58/CE). A differenza di quanto avviene per altre specie di animali da carne, quella di coniglio proviene per il 34% da allevamenti rurali. Tanto che i tre maggiori produttori (Spagna, Francia e Italia) hanno sottolineato l’importanza dell’allevamento del coniglio nel sostenere le economie locali, le comunità
rurali, e l’occupazione. Dopo anni di calo del consumo di carne di coniglio e la caduta dei prezzi delle pelli, il settore sta affrontando sfide commerciali cruciali tali da minacciarne la sostenibilità. E la domanda è il principale fattore di influenza dei sistemi di produzione, soprattutto nel Sud Europa, insieme alla sempre maggiore attenzione dei consumatori sul prezzo del prodotto. In termini di benessere, la relazione sottolinea che l’85% degli allevamenti adotta gabbie tradizionali che limitano l’espressione naturale del comportamento animale e aumentano il potenziale di condizioni d’allevamento non conformi al dettato europeo. D’altro canto, però, la Commissione rileva l’adozione di misure appropriate di biosicurezza, in grado di agevolare gli interventi di disinfezione a tutto favore di migliori condizioni di salute. Nel Centro Europa, invece, se da un lato le condizioni di allevamento
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consentono l’espressione naturale e sociale della specie, la biosicurezza è carente e determina una maggiore mortalità e tassi di malattia più alti. Le carni di coniglio prodotte in questo sistema sono etichettate diversamente e sono più costose alla vendita al dettaglio. Complessivamente, in tutta Europa, il sistema di produzione che utilizza le gabbie arricchite si attesta al 9%, con ripercussioni sul benessere animale ma robuste condizioni di biosicurezza. In conclusione, la Commissione ritiene che le due differenti tipologie di mercato dovranno sviluppare strategie diverse per trovare il miglior compromesso fra benessere animale, esigenze produttive, richieste dei consumatori e sostenibilità del settore. Quanto al rispetto delle norme vigenti, i controlli ufficiali espletati dalle autorità competenti indicano una generale conformità con i requisiti di legge. (Fonte: ANMVI Oggi – UNAItalia)
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on le ultime previsioni sullo stato di salute economica del mondo, il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le stime di crescita per il biennio 2018/19, includendo anche l’Italia. Pertanto, si può affermare, a prima vista, che l’economia mondiale tiene ancora rispetto al recente periodo. La previsione di crescita sarà infatti del 3,9% per quest’anno e per il prossimo, in miglioramento rispetto al +3,8% già registrato nel 2017 — tasso di crescita più forte dal 2011 —, grazie ad un acceleramento del commercio globale. Per il nostro Paese non sono da trascurare
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i segnali in positivo poiché le sue stime di crescita per il 2018 si attesteranno sull’1,5% contro l’1,4% della previsione precedente, mentre nel 2019 si potrà avere un leggero rallentamento all’1,1%. Si tratta delle stesse indicazioni già fornite dal nostro Governo nell’ultimo Documento di finanza pubblica, la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza di settembre 2017. Tuttavia, anche se l’Italia mantiene il citato trend positivo, si attesta sempre negli ultimi posti tra i paesi europei: la Germania crescerà infatti quest’anno del 2,5%, la Francia del 2,1%, la Spagna del 2,8% e
perfino la Grecia potrà far meglio con un PIL in salita del 2,0%. Fin qui potremmo dire che ci sono toni ottimistici ma il FMI ci tiene a precisare che “il momento attuale non è garantito” in quanto, per il futuro, prevalgono “rischi al ribasso”. Un eventuale rallentamento della congiuntura potrebbe essere dovuto alla constatazione che la parte dei paesi dai quali deriva circa tre quarti del PIL globale ha fatto registrare una crescita più forte rispetto all’anno precedente. C’è poi da tener presente che l’espansione fiscale americana porterà il tasso di disoccupazione
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negli Stati Uniti al 3,5% e ciò potrebbe condurre ad un sostanziale aumento inflazionistico. E qui è da considerare che la Federal Reserve potrebbe reagire con una rapida stretta monetaria che i mercati potrebbero non apprezzare. Né va poi dimenticata l’aria protezionistica che attualmente si sente soffiare, poiché, come avverte il FMI, il 10% dei prezzi dei beni importati, a seguito delle recenti decisioni del governo statunitense, potrebbe ridurre il PIL mondiale dell’1,75%. Per quanto riguarda l’Italia, il FMI avverte che l’attuale incertezza politica potrebbe mettere a rischio le riforme attuate, che pur sono alla base su cui poggia la ripresa, considerando il consistente peso del nostro debito pubblico, il cui percorso di riduzione appare ben impostato, secondo le tabelle pubblicate dallo stesso FMI, mediante una progressiva discesa dal circa 130% di quest’anno al 116,6% del 2023. E ciò grazie ad un deficit che si fermerà all’1,6% quest’anno ed allo 0,9% il prossimo (ma questo si vedrà e si capirà solo tra qualche mese).
Un altro importante tassello, rimarca sempre il FMI, riguarda l’inflazione, ancora troppo bassa e lontana dagli obiettivi prefissati e riguardo la quale viene rivolto l’invito alla Banca Centrale Europea a perseverare in una politica monetaria accomodante, ritrovando il consenso del presidente Draghi. Quest’ultimo, in occasione del suo discorso pronunciato in sede di International Monetary and Financial Committee, uno degli organismi del FMI, si è detto concorde con la necessità di continuare ad immettere ossigeno sul mercato europeo, sempre mediante il piano di acquisti, attraverso il quantitative easing, ad un importo di 30 miliardi di euro mensili fino al termine di settembre 2018 ed oltre, se dovesse servire. Sull’inflazione, pur essendoci ancora incertezze, Draghi mostra una certa fiducia quando afferma che «è necessaria la pazienza, la persistenza e la prudenza in merito alla politica monetaria», a maggior ragione adesso per le minacce protezionistiche. D’altronde, la citata guerra dei dazi attualmente agitata viene chiaramente temuta dalla BCE, che
propugna con forza di preservare un commercio “libero e aperto”, legato alla cooperazione multilaterale, cruciale affinché l’economia globale possa “prosperare ed il potenziale di crescita possa essere garantito”. I rischi di uno stop improvviso alla ripresa ci sono, ma sarebbe una sconfitta se essi si verificassero, poiché l’euro area ha fatto finora passi importanti fino a raggiungere una crescita “robusta e diffusa tra i Paesi ed i settori”. I benefici si stanno sentendo anche sul mercato del lavoro con miglioramenti notevoli: ricorda la BCE, ad esempio, che il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi del 2008 ed il numero degli occupati è cresciuto di quasi otto milioni di unità rispetto al 2013. Possiamo concludere con la raccomandazione pronunciata da un importante uomo politico, che condividiamo in pieno, che soprattutto l’Italia si trova attualmente in un “provvidenziale intervallo”, aggiungendo che non dobbiamo dimenticare che si tratta solo di intervallo e che, in quanto tale, non sarà troppo lungo. Cosimo Sorrentino
Il commercio on-line di E-Marco Polo decolla in Cina Oltre 70.000 prodotti venduti, 2 milioni di visitatori, 220.000 followers: sono alcuni numeri del primo anno di operatività (il 2017) in Cina di E-Marco Polo, vetrina di e-commerce per le aziende e i brand alimentari italiani. I dati sono stati presentati a quest’ultima edizione di Vinitaly. E-Marco Polo Spa è una società controllata dal Gruppo Cremonini e ha come partner Intesa Sanpaolo e Unicredit: ha lanciato un e-shop B2C su Tmall Global di Alibaba, uno dei più grandi portali di e-commerce nel mondo, per vendere direttamente i prodotti italiani ai consumatori cinesi senza avere una presenza fisica nel paese. Alibaba è il più grande marketplace di e-commerce per l’on-line e il mobile al mondo. «E-Marco Polo è una vetrina B2C che funge da general contractor e permette di vendere i prodotti direttamente con un servizio end-to-end, con le attività di logistica a supporto dei processi di export/ import, marketing, customer care, oltre alle strategie e alle azioni di brand marketing» ha detto il CEO Stefano Scarsciotti. «Grazie alla nostra piattaforma flessibile e modulare, copriamo l’intera value chain dell’export in Cina» (fonte: © World Food Press Agency). >> Link: www.emarcopolo.it e-mp.tmall.hk
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Mazzo, the place to go (a Roma) FRANCESCA BARRECA e MARCO BACCANELLI, titolari di Mazzo Roma, hanno appena festeggiato i cinque anni di attività del loro ristorante cult di Centocelle, nella capitale. Un luogo speciale che aggrega materie prime super selezionate, un’idea di cucina che è passione allo stato puro e un racconto personalissimo fatto di suggestioni e ispirazioni (seguiteli su instagram.com/mazzo_roma). Unici (photo © instagram.com/mazzo_roma).
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2. Il dizionario delle carni francesi? C’è! Lo trovate all’interno del portale La Viande, realizzato dalle interprofessioni francesi delle carni bovine e suine INTERBEV (www.interbev.fr) e INAPORC (www.leporc.com), più precisamente al link: www.la-viande.fr/dictionnaire. Una bella idea che dovremmo anche noi prendere a esempio per comprendere che ogni singolo taglio di carne è cultura (photo © Denis Karpenkov).
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meat Benedetti
3. Beef Zavod, the place to go (a San Pietroburgo) È un ristorante dedicato alle proteine animali, la Mecca delle carni a San Pietroburgo, recentemente palcoscenico di eventi carnivori con i super butchers DARIO CECCHINI e HENDRIK DIERENDONCK. La comunicazione di Beef Zavod (www.beefzavod.com) è spesso e volentieri veicolata in russo e ovviamente poco comprensibile ma seguiteli comunque sui loro canali social (instagram.com/beefzavod e facebook.com/beefzavod). Vi innamorerete di loro! Come noi abbiamo fatto vedendo questo tavolo del locale con bella vista sulla cella di maturazione. Commovente (photo © coolhouses.ru).
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4. Ladies in Beef, le signore delle carni britanniche Sono tutte allevatrici di capi di bovini nel Regno Unito, accomunate dalla passione per un lavoro il più delle volte relegato all’universo maschile. Con l’associazione Ladies in Beef queste meravigliose signore promuovono l’allevamento del beef made in UK e, attraverso il loro sito (www.ladiesinbeef.org.uk) e i canali social (Facebook e Twitter), sono un bell’esempio di storytelling della cultura zootecnica del loro Paese. Bravissime (photo © ladiesinbeef.org.uk).
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AZIENDE
BBQ4All entra in GDO La più grande community italiana dei cultori della cottura alla griglia del brand BBQ4All, entra nella Grande Distribuzione con tagli di carne pregiata per un barbecue perfetto di Elena Benedetti
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o scorso 9 maggio, a pochi passi dai padiglioni fieristici di Cibus a Parma, c’è stato il lancio ufficiale della più grande community italiana dei cultori della cottura alla griglia nel mercato della GDO. C’erano tutti gli ingredienti per una serata perfetta: i barbecue accesi, i numerosi i tagli di pregiata carne in cottura, un plotone di griller appassionati a domare le braci e a preparare i piatti, un emozionato GIANFRANCO LO CASCIO affiancato dal suo rodato staff di collaboratori e tanti amici, tra buyer, giornalisti e operatori del settore, a celebrare questa grande novità. La mission di BBQ4All e del suo fondatore è sempre stata chiara: sviluppare un approccio fresco e innovativo per comunicare il mondo della carne su tutti i canali, dai social network, al web, passando attraverso la formazione sul campo, in tutta Italia, a contatto diretto con gli appassionati, con la BBQ4All University Academy. Oggi BBQ4All possiede tutte le carte in tavola per offrire al consumatore carni di qualità, tagli innovativi e una consulenza sulle cotture. «Abbiamo lavorato tanto a questo progetto che ora finalmente è diventato realtà» ha detto con soddisfazione Lo Cascio nel corso della serata. «A breve saranno disponibili i nostri prodotti BBQ4All a banco, una linea di tagli di carne pensata per gli appassionati di barbecue nel banco macellerie della GDO». «Che cosa vi promettiamo? Di aiutarvi ad ottenere un risultato perfetto, garantito al 100%!» ha
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proseguito il grill master. La nostra BBQ4All University, on-line e off-line, è pronta è pronta ad accogliervi nel mondo di BBQ4All e ad accompagnarvi, per far sì che possiate comprendere quali sono i valori e le caratteristiche delle carni di qualità e guidarvi nella cottura migliore di quel dato taglio».
Il barbecue non è solo una tendenza passeggera, la moda di un momento. Sempre più persone nel nostro Paese si stanno interessando alle cotture alla griglia, per passione o curiosità. Lo stare insieme, la condivisione del pasto con amici o parenti, cuocere gli alimenti in modo corretto e raggiungere un
Il grill master italiano Gianfranco Lo Cascio nel corso della presentazione di BBQ4All presso il ristorante Euricide di Parma, a pochi passi dal quartiere fieristico. Per l’occasione la location è stata invasa da grigliatori scelti che hanno cotto burger, pulled pork e altri tagli di carne, in perfetto BBQ style.
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Barbecue accesi, tagli di pregiata carne in cottura, un plotone di griller a preparare i piatti sono stati gli ingredienti della serata perfettamente riuscita.
Questo progetto, al di là della novità data dall’opportunità di business che parte da una web community, ha tutti gli ingredienti per fare bene e dare valore aggiunto alla carne di qualità, veicolata col brand BBQ4All
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buon risultato, sono tutti elementi che uniscono gli appassionati di barbecue. Il web è spesso lo strumento attraverso il quale si cercano informazioni, si scambiano le idee per affinare le tecniche ed evitare gli errori. La carne è l’ingrediente più prezioso della griglia e c’è sempre grande attenzione a non rovinarlo. Ecco che questo progetto, al di là della grande novità data da quell’opportunità di business che parte
proprio da una web community, ha tutti gli ingredienti per fare bene e fornire un ulteriore valore aggiunto alla carne di qualità veicolata col brand BBQ4All. Elena Benedetti >> Link: www.bbq4all.it
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Prende forma il progetto su iniziativa del Gruppo Cremonini
In Angola il più grande centro agroalimentare d’Africa
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rende forma il progetto che, entro tre anni, porterà alla nascita in Angola di un Centro Nazionale Agroalimentare (CNA) per la confezione, trasformazione, conservazione e distribuzione di beni alimentari prodotti localmente. Sarà il più grande centro agroalimentare del continente africano e sarà costruito nell’area metropolitana di Luanda — vicino al centro abitativo di Kilamba —, su iniziativa del Gruppo imprenditoriale Cremonini, rappresentato da Inalca, società che opera in Angola dal 1980 ed è leader nel settore della carne bovina e nella distribuzione alimentare in Europa. L’infrastruttura, da installare in un’area di 192.000 m2, viene valutata in circa 200 milioni di dollari americani e creerà oltre 1.000 posti di lavoro. Prodotti come carne, pesce, cereali, farina, olio, frutta, verdura fanno parte dell’elenco dei beni che saranno trasformati e processati in questo centro, che prevede di incentivare la produzione nazionale e ridurre le importazioni, garantendo la sicurezza alimentare della popolazione. Il presidente di Inalca LUIGI CREMONINI, rivolgendosi alla stampa dopo la presentazione del progetto, ha affermato che il successo di questa sfida dipenderà essenzialmente dal sostegno istituzionale del Governo angolano. «Se il Governo angolano creerà incentivi e scommetterà sull’innovazione agrozootecnica e su altri settori chiave dell’economia nazionale, il progetto del CNA sarà un successo per entrambe le parti», ha dichiarato Cremonini, che ha difeso la necessità per ciascun agente economico di fare la sua parte, perché la produzione su larga scala e la sostituzione delle importazioni di
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Luigi Cremonini, presidente di Inalca Spa, nonché di Cremonini Spa. prodotti alimentari siano una realtà in Angola. È necessario stimolare, finanziare ed attuare una politica per la creazione di imprenditori che producano ricchezza per il Paese e garantiscano il benessere della popolazione ha detto Cremonini, il quale ha poi assicurato che la sua azienda è disponibile per la formazione del personale angolano in Italia. D’altra parte, l’Angola, ha specificato l’industriale modenese, è un Paese strategico per gli imprenditori Italiani, perché ha un potenziale idrografico molto ricco e risorse agricole infinite. Nell’occasione, il segretario di Stato angolano per l’Agricoltura e la zootecnia, CARLOS ALBERTO JAIME PINTO, ha riferito che la realizzazione del CNA costringerà il governo angolano ad accelerare il processo di produzione interna del settore agrozootecnico e che questa infrastruttura aiuterà il Paese
a ridurre significativamente i livelli di importazione di beni alimentari, soprattutto per quanto concerne la carne bovina, che negli ultimi anni hanno raggiunto le 300.000 tonnellate. Il governo, ha proseguito Pinto, è impegnato a creare condizioni e attuare programmi che mirano a stimolare la produzione nazionale e ad attirare gli investimenti privati. Alla cerimonia di presentazione del progetto ha partecipato anche l’ambasciatore italiano in Angola CLAUDIO MISCIA, che si è dichiarato disponibile a collaborare con le iniziative imprenditoriali tra i due Paesi, con la volontà di proseguire nel rafforzamento delle relazioni bilaterali tra i due popoli. Ricordiamo che negli ultimi anni Inalca ha investito in Angola almeno 50 milioni di dollari ed attualmente impiega più di 100 lavoratori. Fonte: EFA News © World Food Press Agency Srl
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Dallâ&#x20AC;&#x2122;eccellenza di un prodotto unico, la Battuta di Fassone, nasce una nuova linea
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Unika burger, nuovo pack per l’Ho.re.ca. L’azienda padovana Centro Carni Company lancia Unika Burger, il nuovo box da 8 burger destinato al food service e alla ristorazione, richiudibile, più pratico e funzionale
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n nuovo pack per gli hamburger di Unika, preparati con i migliori tagli di carne bovina e declinati in sei differenti ricette, più pratico e funzionale per gli operatori della ristorazione: stiamo parlando di Unika Burger, una nuova confezione richiudibile e facilmente posizionabile nel frigo,
all’interno della quale i burger sono confezionati a coppie, in sottovuoto. I burger di Unika — come tutti i prodotti del marchio — sono prodotti gourmet, in linea con le tendenze food del momento, nati per valorizzare la diversità e la varietà della carne bovina, ricavata da pregiati tagli anatomici, come lo scamone
e la noce, comunemente utilizzati per la preparazione di altri piatti. Unika propone sei tipologie diverse di burger: l’Aberdeen Angus, dal gusto deciso; la Chianina IGP, razza conosciuta per la sua succulenza; la Piemontese, dal gusto delicato; il Bovino dal sapore intenso e profondo; la Scottona, tenera e gustosa; il
Unika propone sei tipologie diverse di burger, tra cui l’Aberdeen Angus, la Piemontese, il Bovino dal sapore intenso e la Scottona, tenera e gustosa.
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Segaossa industriale
Il pack con gli Unika burger certificato Biologici. burger certificato Biologico. CENTRO CARNI COMPANY si impegna a mantenere alti standard qualitativi, garantendo al consumatore finale alcune tra le maggiori certificazioni del settore a livello europeo ed internazionale come la BRC-IFS, la certificazione Halal, prodotto Biologico e Gluten free. «L’idea di creare un nuovo pack per i burger di Unika è nata a seguito di un’analisi di mercato e di conseguenti valutazioni condivise in azienda e direttamente con i clienti» ha commentato RAFFAELE PILOTTO, socio, direttore commerciale e marketing di Centro Carni Company. «Vogliamo offrire al settore HORECA, e quindi al consumatore finale, un prodotto gourmet capace di esaltare le caratteristiche delle diverse razze che utilizziamo per la nostra linea di burger, garantendo sicurezza, bontà e unicità, con una nuova confezione
pratica e accattivante, utile per tutti gli operatori del food service». Il marchio Unika di Centro Carni Company deriva da una lunga tradizione nel disosso della carne bovina e dall’esperienza nella selezione del bestiame. È stato creato per dare al settore della ristorazione un prodotto dalle elevate proprietà organolettiche e caratterizzato uno standard qualitativo sempre costante. Centro Carni Company ha realizzato, per la linea Unika, una speciale cella all’interno della quale avviene una particolare frollatura, detta dry aged, frutto dei costanti e controllati livelli di umidità e di temperatura che preservano i prodotti dalla contaminazione batterica e garantiscono sempre costanza nel prodotto finale, rendendolo particolare e unico, con un gusto delicatamente stagionato. Unika è distribuita oggi in 19 Paesi.
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Centro Carni Company, con oltre 40 anni di esperienza, rappresenta oggi una delle maggiori aziende italiane nel settore della lavorazione della carne bovina ed è tra i leader nell’ambito specifico del disosso, con una potenzialità giornaliera di 70 tonnellate. Centro Carni Company si sviluppa su una superficie di 5500 m2 coperti, ai quali si aggiungeranno presto altri 4000 m2. Un costante trend di sviluppo ha segnato positivamente, anno dopo anno, l’attività dell’azienda, che si caratterizza per qualità e innovazione dei servizi. Link: www.centrocarnicompany.com
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Zandbergen World’s Finest Meat dal mese di luglio è il distributore di Beyond Meat® per il mercato europeo La sede è in Olanda e per la precisione a Zoeterwoude. Da qui Zandbergen World’s Finest Meat si appresta ad offrire ai clienti del foodservice di tutta Europa (ad esclusione di Germania e UK) Beyond Burger®, il prodotto di punta di Beyond Meat®. L’attività inizierà nel mese di luglio. «Il mercato europeo rappresenta un’importante opportunità per Beyond Meat® e siamo davvero felici di aver siglato questo accordo commerciale con uno dei maggiori distributori presenti attualmente sul mercato» ha dichiarato l’AD e fondatore di Beyond Meat® Ethan Brown. Il Beyond Burger® ha fama di essere un prodotto “rivoluzionario” poiché è interamente realizzato con prodotti vegetali, senza soia e senza OGM. Si tratta di un burger vegetale che la start-up californiana, fondata nel 2009 a Los Angeles, produce garantendo un gusto e una consistenza simili alla carne. Adriaan Figee, chief communications officer di Zandbergen World’s Finest Meat, ha sottolineato che «in Beyond Meat® abbiamo trovato un partner innovativo con prodotti davvero rivoluzionari, pensati per consumatori che sono alla ricerca di alternative alle proteine animali». Beyond Meat® ha tra i suoi investitori anche personaggi come Bill Gates, Leonardo DiCaprio e la multinazionale Tyson Foods. L’azienda californiana punta a sostituire la carne che mangiamo con proteine di tipo vegetale con la volontà di assicurare ai propri consumatori la sicurezza alimentare, riducendo al contempo l’impatto ambientale e prestando la massima attenzione alle risorse naturali e al benessere animale. Punti di vista e strategie di mercato che oggi significano una presenza in 27.000 tra negozi specializzati e ristoranti negli USA, Hong Kong e Australia. >> Link: www.zandbergen.com – beyondmeat.com
La delegazione di Zandbergen World’s Finest Meat insieme al fondatore e AD di Beyond Meat® Ethan Brown, in una recente visita al quartier generale della società a Los Angeles. Zandbergen World’s Finest Meat è importatore di proteine animali in Europa e produttore di carne di alta qualità. Dal mese di luglio sarà anche il riferimento commerciale per i prodotti della start-up californiana che, dopo una crescita vertiginosa negli USA, oggi punta a conquistare anche i consumatori europei.
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AZOVE: bilancio in netta crescita e consumi che fanno ben sperare Si è svolta a Vicenza lo scorso 27 aprile l’assemblea ordinaria dei soci di AZOVE per l’approvazione del bilancio dell’esercizio 2017. Con l’occasione sono state rinnovate le cariche sociali con la conferma del presidente Fabio Scomparin della provincia di Treviso e, alla vicepresidenza, di Paolo Zecchin della provincia di Venezia. Scomparin di recente è stato inoltre confermato quale coordinatore del settore zootecnico di Fedagri Veneto. L’occasione è stata propizia anche per fare il punto sulla situazione della zootecnia bovina da carne, che sembra aver imboccato una fase di ripresa dopo anni di persistente difficoltà. L’organizzazione di produttori veneti, che controlla l’intera filiera zootecnica della carne, chiude il 2017 con un fatturato del bilancio consolidato di oltre 127 milioni di euro. Positivo il risultato economico della cooperativa e in miglioramento anche la marginalità per gli allevamenti soci. Il 2017 rappresenta l’anno di inversione di tendenza dei consumi in quanto dopo anni di pesante e continua diminuzione si registra un aumento dell’1,7% in volume. A ciò si affianca un aumento della macellazione in Italia e una diminuzione dell’importazione di carne bovina da altri paesi. Le novità del 2017: uno stabilimento per la macellazione e lavorazione delle carni a Cittadella e la nuovissima linea di porzionati di scottona e vitellone confezionati in skin pack Gli interventi del presidente e del direttore Giuseppe Borin, durante l’assemblea, hanno evidenziato le recenti novità della cooperativa. Nel corso del 2017 è stata perfezionata la fusione tra AZOVE e AZOVE Carni con effetto al 01/01/2018. Oggi quindi AZOVE gestisce direttamente tutte le fasi della filiera del bovino da carne, dalla selezione dei bovini al supporto tecnico-sanitario agli allevatori, dall’informazione e formazione alla lavorazione industriale e, infine, alla commercializzazione delle carni. A tal proposito è stato acquistato uno stabilimento per la macellazione e lavorazione delle carni a Cittadella (PD) che diventerà operativo entro il 2018 dopo i necessari adeguamenti tecnologici. A Cittadella sarà trasferita anche la sede di AZOVE e diverrà quindi centro di direzione e controllo di tutte le attività. In occasione della fiera Cibus 2018, è stata presentata la nuovissima linea di prodotti porzionati di scottona e vitellone confezionati in skin pack, soluzioni ideali per evidenziare la qualità della carne e salvaguardarne le caratteristiche organolettiche. Tutto questo per instaurare un rapporto diretto con il consumatore fornendogli un prodotto di qualità supportato dalla certificazione di filiera e dal marchio “Qualità Verificata” della regione Veneto. «Da sempre AZOVE — ha detto Scomparin — persegue una politica di massima attenzione verso l’ambiente, il territorio e la qualità lungo tutta la filiera e questo ci permette di offrire sulle tavole dei consumatori un prodotto certificato, tracciato, sicuro e pieno di gusto. In quest’ottica AZOVE ha partecipato in qualità di socio fondatore sia alla costituzione del Consorzio Sigillo Italiano per l’applicazione del Sistema di Qualità Nazionale e la valorizzazione delle carni, sia alla costituzione del Consorzio di tutela e promozione e valorizzazione dei prodotti a marchio “Qualità Verificata” della regione Veneto». I numeri di AZOVE: • 127.000.000 euro di fatturato; • 40.000 bovini allevati dai soci; • 52.000 tonnellate di mangimi e materie prime acquistate per l’alimentazione del bestiame; • +26% dei capi macellati rispetto all’esercizio precedente.
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La nuova sede di AZOVE a Cittadella che diverrà operativa entro il 2018.
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COMUNICARE LA CARNE
La carne non fa male, la falsa informazione sì di Giulia Bartalozzi
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na ricerca di BLOOMBERG del 2017 ha dichiarato l’Italia come il Paese “più salubre” del mondo per la sua dieta (quella Mediterranea, diventata patrimonio dell’UNESCO nel 2010). Eppure in Italia ci sono 450.000 ammalati di ortoressia, ovvero persone assolutamente impaurite dall’idea di mangiare cibo non adatto o, ancor peggio, dannoso alla salute. Questo tipo di fobia, a vario livello, è spesso alimentata da un tipo di informazione senza basi scientifiche, che colpisce molto frequentemente
la carne, soprattutto la carne rossa. Eppure, secondo i dati FAOSTAT, in Italia il consumo medio di carne pro capite è di 96 grammi al giorno, quindi non si può parlare di un consumo eccessivo né tanto meno pericoloso per la salute. Tutt’altro, visto e considerato che nella Dieta Mediterranea il consumo di carne non solo è previsto ma anche auspicato, almeno 2 volte a settimana. La rinuncia dei consumatori alla carne è molto spesso dettata da pregiudizi di tipo salutistico (“la carne fa male”) o ambientale (“la produzione
di carne nuoce all’ambiente”), che non considerano il fatto che quello che conta è la quantità della carne consumata. Per sconfiggere questo atteggiamento occorre educare i consumatori a leggere le etichette, controllare la tracciabilità degli alimenti e, soprattutto, verificare le fonti e la completezza di certe informazioni. Non bisogna dimenticare che le paure alimentari colpiscono un settore che in Italia vale 137 miliardi di euro di fatturato: in due casi emblematici, quello della BSE o “mucca pazza” del 1996 e quello
Quali sono le motivazioni che spingono gli Italiani a mangiare poca carne? Per Alessia Cavaliere, Università degli Studi di Milano, i motivi sono molteplici: scelte salutiste e ambientali, prima di tutto, seguite da questioni morali, visioni animaliste, percezione del gusto, della sicurezza del prodotto, del prezzo e fede religiosa (photo © AZA. M.).
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Il 67% degli Italiani cerca informazioni sui prodotti alimentari direttamente sul web e il ruolo dei food influencer è sempre più importante nel dirigere le scelte d’acquisto dei nostri connazionali. della influenza aviaria H5N1 del 2005, le ripercussioni economiche nel comparto zootecnico furono immediate e molto gravi. Ma l’allarme si verificò eccessivo: infatti, l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) ha calcolato che ci siano stati 231 morti di BSE nel mondo in trent’anni e 454 di aviaria in 15 anni; numeri assolutamente irrilevanti nel panorama sanitario del nostro pianeta. D’altra parte, è verificato che i consumatori reagiscono sempre in maniera irrazionale alle food scares mentre i giornalisti sanno bene che i titoli sensazionalistici e gridati fanno aumentare l’audience e le vendite. Per quanto riguarda la rinuncia alla carne dettata da motivazioni di tipo etico-animalistico, anch’essa andrebbe ridimensionata: per un allevatore il benessere animale va di pari passo alla produttività e al suo ritorno economico, pertanto trattare animali con gli antibiotici (pratica che causerebbe nell’uomo la temuta “antibioticoresistenza”) non è conveniente e non si fa di abitudine ma soltanto in casi eccezionali. In conclusione, è necessario che scienza e imprese collaborino per aiutare il consumatore a distinguere le fake news dalle informazioni corrette. Di tutto questo si è parlato nel corso di una giornata di studio su
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“Fake news, sensazionalismo e consumo di prodotti animali”, che si è svolta lo scorso aprile all’Accademia dei Georgofili, su iniziativa del Comitato consultivo per gli allevamenti e le produzioni animali, alla quale hanno partecipato: LUIGI SCORDAMAGLIA, presidente di FEDERALIMENTARE, insieme ai professori VITTORIO DELL ’O RTO , A LESSIA C AVALIERE ed EUGENIO DEMARTINI dell’Università di Milano. Cavaliere: il problema di come comunicare la scienza e i possibili strumenti di informazione al consumatore ALESSIA CAVALIERE dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze e politiche ambientali – ESP, ha analizzato i dati relativi al consumo di carne apparente nel 2011. Sulla base dell’elaborazione di dati FAOSTAT, la Cavaliere ha sottolineato che nel 2011 la disponibilità teorica mondiale di carne era arrivata a circa 300 milioni di tonnellate annue, delle quali poco meno del 50% nel solo continente asiatico e con Europa e Nord America che contribuivano in modo più limitato. Le specie di carne più consumate sono il suino, il pollo e il bovino, anche se con trend annui differenti. Il consumo di carne bovina è sostanzialmente stabile
da oltre vent’anni, mentre nello stesso periodo i consumi di carne avicola sono raddoppiati. È quindi indubbio il fatto che i consumi di carne abbiano subito, da vent’anni a questa parte, un netto incremento a livello globale. Studiando invece il consumo di carne e salumi in Italia, Alessia Cavaliere ha sottolineato che il valore di consumo apparente si aggira attorno ai 230 grammi di carne pro capite al giorno, mentre il consumo reale è pari a circa 110 grammi. Questa differenza è peraltro coerente ai dati di resa media tra la carne edibile e la carcassa degli animali. Il consumo reale di carne bovina è stimato tra i 10 e gli 11 kg pro capite annuali, lontano dal valore apparente su cui si sviluppano tutti i ragionamenti sull’eccesso di consumi, che è pari a 19,2 kg. Quali sono quindi le motivazioni che spingono gli Italiani a mangiare poca carne? Secondo Alessia Cavaliere i motivi sono molteplici: scelte salutiste e ambientali, prima di tutto, seguite da questioni morali, visioni animaliste, percezione del gusto, della sicurezza del prodotto, del prezzo e, infine, fede religiosa. Demartini: le responsabilità negli “scandali alimentari” dei direttori dei giornali e dei ricercatori Interessante anche l’intervento di EUGENIO DEMARTINI dell’Università di Milano, che ha studiato la sensibilità dei consumatori ai cosiddetti “scandali alimentari” come la BSE del 1996 o l’influenza aviaria. Che impatto ebbero i titoli allarmistici dei media sulla quantità di carni consumate? Crollo di prezzi e consumi, panico e confusione. Ma di chi fu “la colpa” di questa disinformazione? Secondo Demartini i responsabili furono per il 50% i direttori di giornali e per il restante 50% i ricercatori che non furono in grado di comunicare in modo efficace. «Se gli scienziati davvero credono nella portata del loro lavoro, devono smettere di parlare in maniera specialistica e offrire anche ai comuni cittadini gli strumenti per comprendere
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la realtà delle cose di scienza» ha ribadito Demartini.
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Scordamaglia, fake news e false mode nel settore alimentare: danni e pericoli per produttori e consumatori Il presidente di FEDERALIMENTARE e AD di Inalca, Gruppo Cremonini, ha fatto luce sugli ingredienti della cattiva informazione. Primo fra tutti è l’approccio scandalistico, ovvero quell’atteggiamento ostile da parte dei media che si relazionano ai temi alimentari senza alcun tipo di approfondimento. C’è poi la scarsa attendibilità delle fonti: in assenza di una comunicazione chiara e fruibile, gli utenti si appellano più al “sentito dire” che alla realtà scientifica. È poi noto a tutti il dramma delle fake news che proliferano sul web, dove circolano notizie false, reperite on-line e diffuse da siti il cui unico scopo è quello di ottenere traffico. Infine, c’è il tema della scarsa autorevolezza dei personaggi dello spettacolo: spesso chi viene contattato dai giornali o convocato nelle trasmissioni televisive non ha alcuna autorità per parlare di temi delicati come food safety, nutrizione, qualità dei prodotti alimentari, ecc… Sul web i cittadini sono esposti a miti infondati che li portano verso diete sbagliate e da siti spesso non attendibili c’è un proliferare di flussi informativi non certificati, senza adeguata base scientifica, che avanzano risposte infondate e devianti alle richieste dei cittadini, generando pesanti impatti negativi. «Per 3 Italiani su 10 la reputazione di chi produce alimenti è più importante del prezzo e per 5 su 10 è importante almeno quanto il prezzo! Pertanto, la demonizzazione infondata di alimenti genera un danno enorme per le imprese e per interi settori (e su questo punto non sottovalutiamo il ruolo dei food influencer)» ha detto Scordamaglia. «È sul web che il 67% degli Italiani cerca informazioni sui prodotti alimentari, mentre il 16% vi acquista/ ordina direttamente il cibo». Giulia Bartalozzi Accademia dei Georgofili www.georgofili.info
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Mr. Tender, sono morbido e lo è anche il mio manzo Quando un’agenzia di creativi racconta che quella data carne non è e non sarà mai dura! di Elena Benedetti
S
ono creativi e, per forza di cose, pieni di idee. Sono anche statunitensi e quindi amanti delle buone bistecche da cuocere sulle griglie roventi. La Fairly Painless Advertising è un’agenzia di comunicazione che, tra i tanti clienti, ha anche la Family Fare Supermarkets, una catena retail che conta punti vendita in Michigan, North Dakota, Nebraska, Iowa e South Dakota, per la quale ha sviluppato una campagna di comunicazione rivolta ad una linea di prodotti USDA Certified Tender, cioè teneri! Di nome ma soprattutto di fatto “A nessuno piace la carne dura,
ma il problema è che nessuno sa mai se un taglio di carne sia più o meno duro di un altro” scrivono i signori della Fairly Painless sul loro sito, fairlypainless.com. Vero! E allora che fare? “La USDA Certified Tender designation, che è stata assegnata solo alla linea di prodotti Tender Ridge Angus di SPARTANNASH, ha finalmente dato ai consumatori la garanzia che, scegliendo questa tipologia di carne, non compreranno mai più un taglio duro (…). Per raccontare questa storia in un modo diverso, che si allontanasse dai soliti stereotipi visivi del bel taglio di carne e fosse allo stesso tempo molto efficace, abbiamo quindi creato
Mr. Tender (Signor Tenerezza) per la TV e per internet” raccontano all’agenzia. Ma quali sono le specifiche del manzo Tender Ridge Angus? Innanzitutto il superamento di numerosi controlli effettuati dall’USDA, il Dipartimento dell’agricoltura statunitense, poi una frollatura minima di 14 giorni, l’etichettatura del prodotto, l’OK di differenti test scientifici che valutano la tenerezza della carne e un programma di training a cui devono attenersi tutti gli operatori coinvolti nella lavorazione dei prodotti a marchio Tender Ridge Angus.
Ecco Mr. Tender, impossibile resistere a lui e al suo messaggio (photo © fairlypainless.com).
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PROTEINE ANIMALI E SOSTENIBILITÀ
Con Bord Bia Quality Assurance Scheme
Qualità, sostenibilità e sicurezza per il manzo made in Ireland
B
enessere animale, allevamento sostenibile, qualità costante e sicurezza: questi sono i quattro fattori che compongono il programma di qualità assicurata per la carne di manzo e agnello promosso da Bord Bia – Irish Food. L’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi da anni lavora incessantemente per tutelare gli allevatori e assicurare così una carne di altissima qualità e conforme a standard rigorosi. La stessa qualità, nel corso del tempo,
muta e si evolve adeguandosi al mercato, all’innovazione e alle tendenze ed esigenze di consumo. In particolare, negli ultimi anni il concetto di qualità si è arricchito di nuovi valori che, sempre più spesso, interpretano caratteristiche legate ai temi della sostenibilità, della biodiversità e delle tecniche di coltivazione e allevamento che rispettano i cicli naturali, come gli alimenti biologici. Per questa qualità percepita i consumatori oggi sono disposti a spendere: secondo il CENSIS, infatti, il 70% degli Italiani ha dichiarato di
essere disposto a pagare un prezzo più elevato per i prodotti sostenibili. Ma se la sostenibilità è condizione necessaria, essa non è sufficiente: altri fattori per i quali si è disposti a pagare di più sono la certificazione di qualità (importante per il 78,5% dei consumatori) e la certezza che i cibi siano effettivamente sottoposti a rigorosi controlli (77,3%). Come si fa a trasmettere le informazioni sul prodotto ad un consumatore che si dimostra attento, curioso e sensibile? La risposta è il packaging, con etichette che veicolano informazioni puntali sugli ingredienti (71%).
Il programma BLQAS – Beef & Lamb Quality Assurance Scheme si estende a tutta la filiera delle carni irlandesi e abbraccia i tempi di tracciabilità, sostenibilità, benessere animale, sicurezza e igiene (photo © Fabiano – stock.adobe.com).
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Beef & Lamb Quality Assurance Scheme: il primo programma di qualità e sostenibilità assicurata per la carne Bord Bia Quality Assurance Scheme (QAS) è un programma di tutela della qualità e della sostenibilità dei prodotti irlandesi, certificato ISO 17065/2012, che lavora su due fronti: da una parte supervisiona il lavoro delle aziende irlandesi attraverso uno schema operativo che si basa su standard qualitativi rigorosi in grado di identificare le best practice. Dall’altra, esso tutela i consumatori e i distributori attraverso ispezioni e controlli periodici sui prodotti e con l’attribuzione del marchio di qualità assicurata QAS solo per quei prodotti che rispettano pienamente i requisiti dello schema qualitativo e con una validità di 18 mesi. Il programma BLQAS – Beef & Lamb Quality Assurance Scheme si estende a tutta la filiera delle carni irlandesi: dall’allevamento degli animali e dal loro benessere nell’azienda agricola fino alla sicurezza alimentare (in accordo con i parametri e le procedure stabiliti dal protocollo HACCP); dal benessere nelle fasi di trasporto alla rintracciabilità delle carni nei macelli, nelle sale di taglio e disosso agli impianti di produzione e trasformazione. BLQAS non si sostituisce alle attività di controllo svolte dal Dipartimento delle Politiche agrarie ma è un’attività supplementare che garantisce un processo solido e riconosciuto per la tracciabilità ed etichettatura di tutta la carne irlandese. E questa non è cosa di poco conto. Oggi la certificazione di qualità conta oltre 47.000 aziende agricole di allevamento bovino, pari al 92% della produzione nazionale, e oltre 11.000 allevamenti di ovini, pari a circa il 94% della produzione. Per queste realtà le ispezioni coinvolgono circa 500 allevamenti a settimana. Tutti gli audit confluiscono in un moderno sistema di monitoraggio informatizzato, che grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici, consente di raccogliere i dati dei singoli allevamenti, profilare il bestiame e incrociare le informazioni raccolte con il database a dispo-
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Filetto di manzo in crosta (photo © Bord Bia). sizione di Bord Bia. Da tutto ciò si ricava un feedback puntuale, preciso ed esaustivo relativo all’attività di ogni singolo allevatore. Tracciabilità completa a garanzia dell’eccellenza La produzione di carne bovina irlandese è garantita da una tracciabilità completa. Il Ministero dell’Agricoltura irlandese ha infatti realizzato uno dei più sofisticati sistemi europei per il monitoraggio degli spostamenti dei capi di bestiame, che attraverso un sistema informatico (denominato Sistema di Identificazione e Movimento degli Animali) consente di risalire a monte all’allevamento di origine dell’animale: alla nascita ciascun vitello riceve una targhetta con un numero di identificazione, registrato in un database centrale. Da questa banca dati per ogni vitello viene rilasciato un “passaporto” che lo accompagnerà per tutta la vita e registrerà tutti i suoi movimenti all’interno dell’Unione Europea. Questo processo di tracciabilità è articolato in una serie di elementi che
garantiscono una filiera controllata, oltre alla sicurezza che sulla propria tavola arrivi carne di qualità: • marca auricolare: ciascun vitello riporta in entrambe le orecchie la marca, che va apposta entro 20 giorni dalla nascita; • passaporto del bestiame: la carta di identità dell’animale che riporta dati quali la razza, il sesso dell’animale, il colore, il numero di marca auricolare…; • registro del bestiame presso l’azienda agricola e file con dati sull’ubicazione dell’animale: per garantire che ogni capo sia registrato, abbia una “famiglia di appartenenza” e per monitorare gli spostamenti da un’azienda agricola ad un’altra; • sistema di monitoraggio degli spostamenti del bestiame (CMMS): un’ulteriore garanzia di sicurezza, che permette di evidenziare, ad esempio, se un animale è transitato in zone in cui sono diffuse particolari malattie. Fonte: Bord Bia, Irish Food Board www.bordbia.ie
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RETAIL NEWS
Notizie dalla GDO
Accordo tra Carrefour e PayPal Fare la spesa in totale tranquillità, dove e quando si vuole. A renderlo possibile sono PayPal e Carrefour, due aziende leader della Grande Distribuzione, mediante una strategica partnership. La collaborazione tra le due società, prima nel suo genere in Italia, vede Carrefour Italia affidare la gestione dei suoi progetti on-line completamente a PayPal. Alla base di questa partnership c’è il desiderio di rendere il semplice fare la spesa molto più immediato, permettendo ai clienti di evitare code in cassa, di doversi spostare per raggiungere il supermercato più vicino e di accumulare stress. L’accordo darà per la prima volta la possibilità a tutti i consumatori ed utenti del servizio di pagare on-line connettendosi al sito italiano dell’azienda francese leader della GDO. Una volta creato il proprio profilo sul portale, ogni persona potrà fare la spesa scegliendo i prodotti da acquistare, sfruttando anche una serie di offerte di acquisto sulle merci elencate. Terminata la selezione, sarà poi possibile optare per il ritiro di persona o per la consegna a domicilio, pagando comunque il tutto con il proprio conto PayPal. Grazie a questa semplificazione digitale, nei 1.071 punti vendita Carrefour delle 18 regioni italiane si potrà rifornire la propria cucina senza muoversi dalla propria casa, ottimizzando così i tempi e riducendo lo stress. La partnership avrà anche il compito di rafforzare il ruolo già esteso di PayPal nel mondo del grocery italiano e di consentire a tutti i suoi utenti di spaziare dal fashion fino all’acquisto di alimenti freschi di qualità. Ad esprimere un parere riguardo questo innovativo modo di fare la spesa è JULIAN SAEZ, direttore amministrazione, finanza e controllo di Carrefour Italia. «Questa partnership faciliterà i nostri clienti e rappresenta un vero passo avanti verso una modalità di spesa più digitale, smart e rapida, in linea con le nostre priorità strategiche» ha dichiarato Saez. Altrettanto entusiasta dell’iniziativa è FEDERICO ZAMBELLI HOSMER, general manager per l’Italia di PayPal, secondo il quale «questo impegno comune andrà a semplificare il quotidiano di ogni utente, riducendo la distanza tra lui e il servizio di cui ha bisogno» (fonte: © World Food Press Agency Srl – EFA News).
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M&S presenta la campagna di tracciabilità del manzo British utilizzando l’analisi del DNA La notizia è di fine aprile: l’insegna britannica Marks & Spencer ha lanciato una nuova campagna marketing che punta tutto sulla capacità di garantire una completa tracciabilità delle sue carni made in UK, dall’allevamento al piatto. In questo modo M&S si conferma l’unico retailer al momento in grado di tracciare le carni di manzo che vende attraverso i propri punti vendita direttamente dal singolo animale di un dato allevamento. La campagna “We trace it, so you can trust it” (“Lo tracciamo affinché tu possa fidarti”) si basa sull’analisi dei campioni di DNA garantita da un’azienda con sede a Dublino, la tech company Identigen. La durata della comunicazione si estenderà a tutta l’estate 2018 e sarà veicolata attraverso canali televisivi, radio e stampa, mettendo in evidenza la bandiera Union Jack, per sottolineare l’origine britannica delle carni. M&S utilizza il campionamento di DNA prelevato da ogni singolo animale e in ogni allevamento che fornisce carne al retailer UK. A ciò si aggiungono migliaia di test fatti nel corso dell’anno su prodotti a base di carne presi a caso dai banchi carne di M&S e dai magazzini, per certificare la correttezza del processo di tracciabilità. STEVE MCLEAN, a capo della Divisione Agricoltura di Marks & Spencer, ha sottolineato che «l’insegna sostiene e promuove gli allevatori del Regno Unito e si impegna a lavorare con i propri fornitori per investire in nuove tecnologie. Questo campionamento che utilizza il DNA è la migliore tracciabilità che possiamo garantire ai nostri clienti e, per ogni singolo tagli di carne, siamo in grado di risalire al singolo animale, a come è stato allevato e come e quando la carne è stata movimentata lungo la filiera» (fonte: www.farminguk.com; photo © foodmanufacture.co.uk).
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Dal 1950, il meglio dal mondo La BERVINI PRIMO nasce nel 1950 da una tradizione famigliare come bottega per la lavorazione delle carni. Proseguendo nella propria crescita in termini di qualità e servizio alla clientela, crea le condizioni per estendere la propria offerta inserendosi nel mercato sia nazionale che internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni refrigerate e congelate di diverse specie animali consolidandosi negli anni. Da anni offriamo carni porzionate e confezionate skin pack e recentemente offriamo la linea gourmet di bistecche, macinati e “hamburger” con carni provenienti dal mondo. Importatrice e distributrice anche di altri prodotti congelati, quali articoli ittici e verdure surgelate, oggi l’azienda è in grado di fornire una ricca, diversificata e qualificata offerta di prodotti e un servizio accurato al mercato del catering e retail in Italia come all’estero.
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INTERVISTE
La Cinta senese secondo Daniele Baruffaldi Il presidente del Consorzio di tutela della Cinta senese racconta le origini della razza, il periodo di crisi e la rinascita di questo suino nero: dal Consorzio alla Dop, al Disciplinare di produzione, senza dimenticare gli obiettivi futuri della sua presidenza di Veronica Fumarola
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a settembre 2017 DANIELE B ARUFFALDI è il nuovo presidente del Consorzio di tutela della Cinta senese. Perito agrario, dopo vent’anni passati a lavorare come amministratore di un’azienda agricola toscana, nel 2001, quasi per gioco, inizia ad allevare maiali di Cinta senese: tre cinte allevate in un piccolo appezzamento di terra. È da questo momento che nasce in lui la passione per questa razza, tanto da decidere di diventare un allevatore. Oggi Daniele alleva circa 400 suini, fa parte degli allevatori del Consorzio di Cinta senese e ha aderito al Disciplinare che ne regola la produzione. Ma quali sono le particolarità di questa razza? La Cinta senese fa parte di quel gruppo di maiali neri ufficialmente riconosciuti in Italia insieme al Nero dei Nebrodi o Nero siciliano, l’Apulo Calabrese, la Mora romagnola e il Maiale sardo. «Se potesse, vivrebbe solo di pascolo, nutrendosi esclusivamente di erba» racconta Daniele. Tra tutte le razze è l’unica a non rischiare l’estinzione grazie al numero di riproduttori (circa 1.000) iscritti al registro genealogico. Ogni anno sono macellati mediamente dai 3.000 ai 4.000 suini DOP (4.300 nel 2017), la metà dei quali destinati al consumo locale, ma Daniele vuole invertire la rotta e per farlo si è prefissato degli obiettivi precisi da raggiungere durante
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Daniele Baruffaldi, allevatore e nuovo presidente del Consorzio di tutela della Cinta senese. la sua presidenza. Ma partiamo dall’inizio. Origini e caratteristiche La Cinta senese ha radici antiche: lo testimonia anche l’affresco “Effetti del Buon Governo in città e in campagna” di AMBROGIO LORENZETTI, che risale al 1342 e si trova nella sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. Nell’affresco sono rappresentati diversi momenti dell’epoca, compreso un contadino in compagnia di un maiale identico in tutto e per tutto ad una Cinta senese. «Questo fa pensare che la razza fosse presente
nel territorio già da centinaia di anni e vivesse libera intorno alla città» afferma Daniele. Il nome, invece, trova origine dalla striscia bianca che circonda il collo della Cinta, fino a ricoprire gli arti anteriori. Oltre alla striscia bianca, sono diverse le particolarità di questa specie: il muso è molto allungato, le orecchie sono piegate in avanti, quasi a proteggere gli occhi, caratteristica tipica degli animali che mangiano nel sottobosco. La Cinta si differenzia dalle altre razze anche per il numero delle mammelle. La coda in origine era dritta, ma oggi
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Il colore della carne degli animali appartenenti alla razza è più chiaro rispetto a quello della carne di un maiale bianco, ma la vera peculiarità risiede nel grasso: si scioglie facilmente, contiene Omega-3 e Omega-6, colesterolo “buono” e acidi grassi insaturi (photo © Beatrice Speranza ‘09). non rappresenta più un carattere determinante. Ama vivere al pascolo, è un animale autoctono. «Sin dalle origini si è sempre nutrito secondo i suoi bisogni, trasformando gran parte della sua carne in grasso, che serviva da riserva nei momenti di gelo, quando avrebbe trovato poco da mangiare» specifica il presidente del Consorzio. «Il colore della carne, invece, è più chiaro rispetto a quello della carne di un maiale bianco, ma la vera peculiarità di questo animale
risiede proprio nel grasso: si scioglie facilmente, contiene Omega-3 e Omega-6, colesterolo “buono” e acidi grassi insaturi». Rischio estinzione e rinascita L’elevata percentuale di grasso, negli anni Sessanta, ha rappresentato un problema per la razza e ne ha quasi provocato l’estinzione. «In quegli anni il grasso era considerato un vero e proprio veleno — racconta Daniele — così la Cinta senese è stata
Le carni di Cinta senese si caratterizzano per una forte presenza di grasso di marezzatura e una bassa perdita liquidi al momento della cottura. Nella trasformazione in salumi e insaccati, i prodotti si contraddistinguono per le proprietà organolettiche che li rendono una vera eccellenza della tradizione toscana
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completamente rifiutata, fino a raggiungere praticamente l’estinzione. Qualche anno più tardi, però, qualcuno si è accorto del patrimonio che si stava perdendo e si è impegnato per “ricostituire” la razza. Cercando nei pochi, forse addirittura solo tre, allevamenti rimasti attorno alla città di Siena, nel 1980 sono state trovate 20 femmine e due maschi, Cinte non purissime e con alcuni difetti». Da qui è iniziato il lavoro di ricostituzione della razza attraverso un’attenta selezione dei piccoli che nascevano. «Questa selezione viene effettuata ancora oggi — specifica Daniele — per combattere la consanguignità e far riprodurre solo gli animali con le caratteristiche più simili a quelle della Cinta senese delle origini». Grazie a questo impegno si è registrata una ripresa significativa, che negli anni ha portato alla nascita del Consorzio.
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Tra le caratteristiche della carne di Cinta senese risulta molto interessante la componente lipidica. Nello specifico, il non comune contenuto in grasso intramuscolare, che assicura gusto e sapidità alla carne (photo © Beatrice Speranza ‘09). Il consorzio e il disciplinare Nel 2000 nasce il Consorzio di tutela della Cinta senese, nel 2009 la razza ottiene la Denominazione di Origine Protetta, riservata esclusivamente alle carni fresche di suini di Cinta, nel 2012, invece, viene pubblicato il Disciplinare di produzione. Del Consorzio fanno parte circa 70 allevatori toscani, che crescono gli animali nel rispetto del disciplinare, che regola le modalità di allevamento e l’alimentazione dei suini. «La Cinta deve muoversi per consumare i lipidi in eccesso e non diventare una palla di grasso» afferma Daniele. «Per permettere agli animali di muoversi, dunque, possiamo allevare solo 1.500 kg di carne viva per ettaro, peso che corrisponde circa a 10 capi. Per quanto riguarda l’alimentazione, invece — continua il presidente —, i nostri animali devono mangiare
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prodotti naturali, in parte erba, in parte cereali e mais, prodotti rigorosamente in Toscana». Secondo il disciplinare, gli allevatori possono fornire ai suini parte dell’alimentazione, senza superare il 2% del peso vivo, per stimolarli a girare e cercarsi da mangiare. «Ma — specifica Baruffaldi — questo 2% deve essere composto per il 60% da prodotti di origine toscana e non può includere soia, prodotti OGM o derivanti da estrazioni chimiche». Questa scelta è dovuta ad una motivazione ben precisa: allevare gli animali proprio come una volta. C’è un altro aspetto che caratterizza gli allevamenti: i suini non possono essere macellati prima dei 12 mesi di età, ma mediamente la macellazione non avviene prima dei 14-16 mesi perché solo allora raggiungono il peso idoneo.
Fino ad ora il 99% della carne prodotta è stata trasformata in salumi: prosciutto di Cinta, capocollo, salame, rigatino e guanciale. Daniele, invece, vuole invertire la tendenza: «Nella mia epoca presidenziale vorrei parlare, sviluppare e promuovere soprattutto la carne fresca, per far comprendere le differenze rispetto alla carne di produzione industriale». Per raggiungere questo obiettivo, però, è necessario far crescere il numero di Cinte, sempre nel rispetto del Disciplinare e della razza, che deve essere tutelata e protetta. Veronica Fumarola Consorzio di Tutela della Cinta senese Strada di Cerchiaia 41/4 53100 Siena Telefono e fax: 0577 389513 E-mail: cinta-senese@libero.it Web: www.cintasenese.org
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MERCATI
Irlanda, export di carni e capi vivi da record Secondo i dati dell’Irish Food Board, nel 2017 l’export agroalimentare ha raggiunto i 12,6 miliardi di euro, con carni e capi da allevamento che segnano un +8% di Roberto Villa
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e esportazioni agroalimentari della Repubblica d’Irlanda hanno conosciuto nel 2017 un’annata particolarmente favorevole, con un incremento in valore del 13% rispetto all’anno precedente, per un totale di 12,6 miliardi di euro. Le carni nel complesso e il bestiame da allevamento hanno visto una crescita dell’8%, fino a sfiorare i 4 miliardi di euro, contrastando ampiamente il calo
osservato nell’anno precedente: le carni bovine sono la voce principale del comparto carni, con 615.000 tonnellate ed un controvalore di 2,5 miliardi (+5%) realizzato a prezzi pressoché costanti (+1%). Anche le carni suine hanno visto una tendenza positiva, con poco meno di 250.000 tonnellate esportate (+3%) oltre metà delle quali verso il Regno Unito ed un valore di circa 700 milioni di euro, così come
La Irish Farmers Association sta facendo pressioni affinché vengano agevolati i trasporti via nave verso l’estero. L’intenzione dell’associazione è di spedire oltremare 100.000 capi in più rispetto al 2017
In Irlanda è comune vedere greggi di pecore pascolare in semi libertà sugli altipiani erbosi a strapiombo sui laghi e sull’oceano (photo © Patrick McCabe – stock.adobe.com).
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le carni avicole, con 295 milioni di euro (+2%), e le carni ovicaprine, con 57.000 tonnellate (+14%) per un controvalore di 275 milioni di euro (+12%), un prezzo, tuttavia, mediamente inferiore al 2016. La situazione fluida del Regno Unito in seno all’Unione Europea e gli accordi commerciali che le istituzioni dei due sigleranno entro il prossimo anno stanno preoccupando seriamente i produttori agricoli e i trasformatori di derrate irlandesi, che già ora stanno attivamente ricercando canali di sbocco alternativi, in primis negli Stati dell’Unione: l’Irish Food Board sta ancor di più accelerando nella promozione di campagne per favorire la penetrazione dei prodotti nazionali (carni, pesce, lattiero-caseari) nei principali mercati dell’UE. Bestiame da ristallo +30%, gli allevatori chiedono di esportarne 100.000 in più nel corso del 2018: la Turchia da sola è in grado di assorbirli tutti Anche sul fronte del bestiame vivo il 2017 è stato un anno molto positivo, con oltre 187.000 capi imbarcati per l’esportazione (+30%) e destinati in gran parte a Spagna, Nord Africa e Turchia. A beneficiare della situazione sono stati soprattutto i vitelli grazie al taglio della tassa sull’export, scesa da 4,8 a 1,2 euro per capo. Nell’ottobre 2017 si è svolto ad Ankara un incontro tra rappresentanti dell’Irish Food Board e della Irish Farmers Association da un lato e del Consiglio per la carne ed il latte (ESK) del Ministero dell’Agricoltura turco, durante il quale questi ultimi hanno chiesto all’Irlanda di contribuire alla necessità della Turchia di provvedere ad importare 500.000 vitelli all’anno per rafforzare la propria filiera bovina. Gli allevatori irlandesi si sono detti in grado di rifornire il paese anatolico con circa 100.000 vitelli all’anno per il prossimo futuro, laddove nel 2017 erano stati 17.000 e nel 2016 20.000, con la maggior quota rappresentata da bovini di meno di un anno di età e di peso inferiore ai 300 chilogrammi. La debolezza della lira turca nei confronti dell’euro, con la valuta
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passata negli ultimi due anni da 2,8 pezzi contro un euro a 4,7, non è un fattore predisponente ma il Governo turco sembra fortemente orientato a raggiungere l’obiettivo a qualunque costo. Il 60% dei capi da ristallo che entrano in Turchia provengono da paesi molto lontani come Brasile e Uruguay — con qualche lecito dubbio circa il benessere animale per un tragitto via mare tanto lungo, ma nessuno di questi Paesi è soggetto alla normativa dell’Unione Europea — e il resto deriva da Paesi dell’UE ad esclusione della Francia, bandita da Ankara poiché colpita dalla blue tongue. L’export, valvola di sfogo per l’eccedenza di produzione interna. Scintille fra IFA e MII, Creed sostiene la corretta remunerazione agli allevatori con l’occhio puntato all’estero Per il 2018 la Irish Farmers Association sta facendo pressioni sul Ministero dell’Agricoltura affinché vengano agevolati i trasporti via nave verso l’estero: le intenzioni dell’associazione di allevatori sono quelle di spedire oltremare 100.000 capi in più rispetto al pur strepitoso anno concluso, attraverso convenzioni con le principali compagnie di trasporto marittimo che garantiscano un flusso costante di rotte verso i maggiori mercati di destinazione nel Mediterraneo. Le esportazioni di capi bovini vivi costituiscono una valvola di sfogo per gli allevatori, che nella seconda metà del 2017 hanno fortemente ed a più riprese contestato i tagli dei prezzi pagati dai macelli, arrivati a 100 euro per capo in meno rispetto al 2016. La Irish Farmers Association ha rimproverato alla Meat Industry Ireland, l’associazione dei macellatori, di aver esasperato la situazione adducendo motivazioni di mercato solo in parte dimostrabili, il Ministro dell’Agricoltura irlandese MICHAEL CREED ha organizzato dei tavoli di conciliazione e si sta prodigando con il suo staff per favorire l’export dei capi e ridurre di conseguenza le tensioni sui prezzi. Roberto Villa
INDAGINI
Dopo cinque anni di flessioni, finalmente un’inversione di tendenza
Ismea, carni di vitello 2017. Tendenze e dinamiche del comparto
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li acquisti di carne fresca di vitello, dopo cinque anni di importanti contrazioni, registrano nel 2017 una lieve ripresa in termini sia di spesa (+2,3%) che di volumi (+1,5%), non sufficienti certo a colmare il gap accumulato nel lungo periodo (–18% dal 2013 al 2016, pari a 228 milioni di euro in valore e 22.000 tonnellate), ma sufficienti a segnare una non del tutto scontata inversione di rotta. Una valutazione complessiva di tale dinamica non può prescindere dall’evidenziare l’accresciuta disponibilità di alimenti proteici
sostitutivi della carne sugli scaffali della distribuzione. In sintesi, questo il quadro 2017: • aumentano le famiglie acquirenti in promozione (+2%); • il prezzo medio desunto risulta solo leggermente superiore a quello del 2016 (+0,8%); • restano sostanzialmente stabili gli atti di acquisto nel corso dell’anno (–0,1%); • aumenta però il volume acquistato in ciascun atto (+1,8%) e la spesa (+1,2%). L’indice di penetrazione, ossia il numero di famiglie acquirenti sul
totale del campione, si attesta nel 2017 sullo stesso livello del 2016: solo 61 famiglie su 100 hanno acquistato almeno una volta carne di vitello. Si deduce quindi che sono i “consumatori affezionati” ad aumentarne il consumo e non un’ampliata platea di consumatori. A livello geografico si evidenzia, innanzitutto, come la maggior quota dei consumi sia concentrata nelle aree meridionali, dove viene acquistato il 51% dei volumi totali. A fronte di una lieve diminuzione degli acquisti negli areali del Nord-Est (–0,5%), si evidenzia un
Arrosto di vitello (photo © Viande Suisse).
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ISO 9001:200 8IEN CE UN
00 .00 .n RT
www.centrocarnicompany.com
Tabella 1 – Evoluzione dei consumi domestici Anno
Var. % Quantità
Var. % Spesa
2012
– 4,9
–3,1
2013
–7,0
–5,6
2014
–7,6
–7,2
2015
– 6,4
– 6,5
2016
–5,5
–5,0
2017
1,5
2,3
Fonte: Ismea-Nielsen Consumer Panel.
Tabella 2 – Tipologia delle famiglie acquirenti Tipo
Componenti
Pre-family
Single under 35 o coppie senza figli con responsabile acquisti under 35
New-families
Famiglie con bambini di età inferiore a 6 anni
Maturing-families
Famiglie con bambini tra 6 e 11 anni
Estabilished-families
Famiglie con figli da 11 a 17 anni
Post families
Single tra 35-54 anni o famiglie con responsabile acquisti tra 35-54 senza figli minorenni
Older couples
Famiglie con responsabile acquisti sopra 55 senza figli minorenni
Older singles
Single con età superiore a 55 anni
Fonte: Ismea-Nielsen Consumer Panel. rinvigorito interesse per questa tipologia di carne nelle aree del Centro e del Sud (rispettivamente +4,5% e +1,4% in volume), con dati relativi alla spesa in terreno positivi in tutte e quattro le macro aree, con crescita più che proporzionale a quella dei
volumi, per l’aumento dei prezzi medi (+0,8%). In relazione ai cluster socioeconomici, si nota ancora una flessione degli acquisti per le famiglie classificate “a basso reddito” (low affluence); d’altro canto è noto che la
carne di vitello ha un prezzo molto elevato rispetto agli altri proteici, pertanto il fattore prezzo è fortemente impattante sui consumatori con meno disponibilità. Il 2017 sembra ribadire come la categoria considerata continui a perdere appeal per la fascia di consumatori di giovane età (prefamily), che fa segnare una pesante contrazione dei consumi (–15%). Che siano questioni etiche o legate ad altri fattori, appare evidente il processo di disaffezione nelle generazioni più giovani nei confronti della categoria. Le coppie di anziani, insieme alle famiglie con bambini, al contrario, si confermano il “nocciolo duro” degli acquisti di categoria. Per quanto riguarda i canali di vendita, è interessante notare come sia ancora importante la quota di acquirenti che si è rivolta almeno una volta alla macelleria (32%) piuttosto che alla Distribuzione Moderna. Anche nel 2017 le flessioni si registrano solo nel “libero servizio”, ossia proprio quel sistema di acquisto in cui il cliente non ha, o ha in maniera molto limitata, interazione con il personale di vendita. Da un lato potrebbe quindi rivelarsi importante per l’acquisto della categoria il supporto di un addetto; dall’altro potrebbe anche semplicemente voler dire che le persone più anziane e affezionate alla categoria tendono a rivolgersi più frequentemente ai canali tradizionali (nelle tabelle e nei grafici sono riportati i dati più specifici sui trend). (Fonte: Ismea, www.ismea.it)
Grafico 1 – Evoluzione degli acquisti domestici di carne di vitello
Fonte: Ismea-Nielsen Consumer Panel.
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GraďŹ co 2 â&#x20AC;&#x201C; Ripartizione vendite e quote consumi di carne di vitello
Fonte: Ismea-Nielsen Consumer Panel.
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Italiani, nessuna paura del conto Un terzo del budget in alimentari finisce al bar e al ristorante. Mangiare fuori è un piacere, talvolta una necessità , quasi sempre un modo per socializzare e gratificarsi di Sebastiano Corona
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«C
risi da noi? Ma se i ristoranti sono pieni!». Fece inalberare mezza Italia quella famosa frase che SILVIO BERLUSCONI, da premier, pronunciò pubblicamente qualche anno fa. Eppure, a distanza di tempo e dati alla mano, non gli si può dare completamente torto. Mangiare fuori casa, nelle sue diverse forme, non è infatti tanto o solo una questione di disponibilità economica, ma anche di modelli di consumo. Non a caso, ci sono Paesi dove il reddito pro capite è elevato, ma la frequentazione dei locali è poco marcata e, viceversa, altre realtà dove c’è meno benessere, ma l’abitudine di consumare pasti fuori casa è, in confronto, molto più diffusa. In Italia, patria del buon cibo, all’insuperabile manicaretto preparato dalle amorevoli mani della mamma, si preferisce sempre più l’esperienza sensoriale di una pietanza esotica in un ristorante etnico o anche semplicemente un pasto frugale e veloce sotto l’ufficio, durante la pausa pranzo. Piacere & Necessità Che sia per piacere o necessità, che sia di chef stellato o povero e scarno, il piatto lontano dalle mura domestiche si mostra sempre più accattivante. Un’abitudine, questa, che sta diventando sport nazionale. Una disciplina per la quale gli Italiani sono disposti a spendere cifre sempre più alte e che nel 2016 ha raggiunto la spesa di 78 miliardi di euro (dati CENSIS e COLDIRETTI), a fronte di una complessiva stagnazione dei consumi in alimentari. Non solo si preferisce mangiare fuori, ma se proprio si deve restare in casa, che sia almeno un prodotto su ordinazione e magari consegnato a domicilio a gratificare il palato. Ed è così che, di pari passo con il trend positivo della ristorazione, schizza la richiesta dei cibi da asporto, talvolta non più cari di quelli preparati in prima persona, soprattutto se si considerano sprechi ed esperimenti mal riusciti. Non si è dunque persa l’abitudine di mangiare bene, ma certamente, anche alla luce delle
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nuove composizioni delle famiglie moderne, le esigenze sono mutate. Un tempo, quando era forte il piacere di riunire amici e parenti attorno alla tavola, lo si faceva nella propria abitazione e la padrona di casa passava ore a cucinare e giornate intere a riordinare. Oggi, complice il lavoro femminile, talvolta la poca dimestichezza in cucina, il fatto che le famiglie siano sempre meno numerose e più disgregate, riunirsi tutti per una cena fuori casa è diventato piacere ma finanche necessità. Ed è così facendo che i consumi in ristoranti e trattorie hanno raggiunto un terzo del nostro budget in alimentari. Quasi 9 persone su dieci consumano un pasto fuori dalle mura domestiche una volta all’anno, ma sono la metà circa quelli che lo fanno regolarmente. Il costume — questo è diventato, un fatto di costume — è più diffuso tra i giovani, in particolare i cosiddetti Millennial, ovvero i nati tra gli anni ‘80 e il 2000. Man mano che si va verso la terza età, la tendenza è invece sempre meno diffusa. Stesso dicasi per la distribuzione geografica: le campagne sono meno investite dal fenomeno, a favore delle aree urbanizzate, dove invece l’offerta è maggiore e più varia e anche la domanda non si fa attendere. Nelle grandi città i ritmi sono frenetici e la vita professionale invade ogni spazio possibile. Fare la spesa e cucinare dopo una lunga giornata di lavoro è considerata un’ulteriore incombenza, pertanto tutto porta a consumare uno o più pasti lontano dalle mura domestiche e, se possibile, a concludere la serata, dopo il lavoro, direttamente al ristorante, senza interruzioni di sorta. A conferma del fatto che mangiare fuori sia un’abitudine soprattutto per i piccoli nuclei famigliari, la maggior richiesta, dopo quella dei Millennial, viene dalla fascia di età prossima ai quarant’anni, rappresentata in particolare da coppie senza figli o con figli ormai indipendenti. La cucina regionale e nazionale resta la preferita, sebbene ci si faccia spesso tentare da alternative
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Quasi nove persone su dieci in Italia consumano un pasto fuori dalle mura domestiche una volta all’anno, ma sono la metà circa quelli che lo fanno regolarmente. Il costume è più diffuso tra i cosiddetti Millennial, cioè i ragazzi nati tra gli anni ‘80 e il 2000 (photo © estradaanton – stock.adobe.com). esotiche, di diversa estrazione e con prezzi anche molto differenti tra loro. Chi non avesse grandi disponibilità finanziarie, può sempre contare su offerte di prezzo, non meno varie, ma talvolta più sbrigative nel servizio. E c’è anche un proliferare di app e strumenti tecnologici che permettono di fare valutazioni oculate della destinazione per la serata e di risparmiare discretamente, con l’utilizzo di coupon o di formule decisamente vantaggiose. Un settore sempre più ricco e variegato in tutta Europa Ed è così che il mondo della ristorazione si fa ogni giorno più ricco e variegato e mostra numeri sempre più ragguardevoli di imprese, addetti e fatturato. È il Rapporto Annuale FIPE 2017 a darci un quadro completo ed esaustivo anche sui consumi e sulle caratteristiche del settore. Secondo la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, la spesa delle famiglie in servizi di ristorazione è stata nel 2016 di 80.254 milioni di euro in valore, con un incremento reale sull’anno precedente pari al 3%. Nonostante la crisi finanziaria internazionale, che pareva aver inizialmente riportato molti consumatori davanti ai fornelli di casa, la ristorazione è
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andata in controtendenza rispetto ai consumi alimentari in generale, che hanno invece subito una forte contrazione tra il 2007 e il 2016 (–10,5%, pari ad una flessione di 15,9 miliardi di euro). Il fuori casa vale oggi oltre il 35% del totale dei consumi alimentari delle famiglie, con un trend di moderata ma costante crescita. Dal 2007 ad oggi i consumi nella ristorazione hanno infatti registrato un aumento pari a 2,4 miliardi di euro. Anche nel lungo periodo, la tendenza si è rivelata positiva, seppur meno marcata. Dal 2000 al 2016 il trend della domanda nella ristorazione è stato infatti dello 0,6% complessivo, per l’azione combinata dell’aumento nella prima parte (2000-2007), una flessione nella seconda (2007-2013) ed infine una nuova fase di crescita nell’ultimo triennio (dati FIPE). Il tutto nel bel mezzo di una crisi economica mondiale senza precedenti nell’ultimo secolo. In ambito europeo la ristorazione ha un ruolo fondamentale: i consumi alimentari ammontano nel complesso a 1.522 miliardi di euro e si dividono per il 63,1% nel consumo nel canale domestico e per il restante 36,9% nel fuori casa. La ristorazione vale in Europa
561 miliardi di euro all’anno ed è frutto non solo della salute delle diverse economie nazionali, ma soprattutto di abitudini e stili di vita che caratterizzano le società, al di là della disponibilità finanziaria. Ne sono esempio realtà diverse di livello economico poco differente tra loro: la ristorazione rappresenta meno del 30% del totale dei consumi alimentari in Germania, mentre lo stesso valore sale al 47,6% nel Regno Unito, al 53,6% in Spagna e al 59% in Irlanda. In Italia la quota si attesta poco al di sotto della media europea (35%) e 6 punti percentuali al di sopra della Francia. In valori assoluti, invece, l’Italia è il terzo mercato della ristorazione in Europa dopo Regno Unito e Spagna con oltre 80 miliardi di euro. Questo elemento potrebbe forse rivelare una certa attenzione in più, degli Italiani, per la qualità del cibo. In Italia, alla fine del 2016 le imprese del settore (bar inclusi), erano quasi 330.000 (dati Camere di Commercio), con una presenza importante in Lombardia (15,4% delle aziende sul totale nazionale), nel Lazio (10,9%) e in Campania (9,5%). Ristorazione 2017: il rapporto annuale In questa ampia ed articolata rete di pubblici esercizi, la ditta individuale resta la forma giuridica prevalente, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno dove la quota sul totale raggiunge soglie che arrivano ad oltre il 70% del numero complessivo delle imprese attive (è il caso della Calabria). Le società di persone si confermano opzione diffusa soprattutto nel Settentrione. Le società di capitale continuano a rimanere marginali anche se in alcune regioni, il Lazio in particolare, raggiungono una presenza significativa. Di recente, e con grande sorpresa, il numero delle imprese registrate con il codice di attività Ateco 56.1, riferito a ristoranti e attività di ristorazione mobile, ha raggiunto la cifra di oltre 177.240 unità, facendo registrare per la prima volta il sorpasso dei ristoranti sui bar.
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I food truck sono una delle espressioni più simpatiche del variegato mondo della ristorazione attuale. Secondo il Rapporto annuale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi, il numero di ristoranti e attività di ristorazione mobile ha superato per la prima volta quello dei bar (photo © nenetus – stock.adobe.com). Una svolta importante che non è però solo dovuta alla modifica delle abitudini nel Paese, ma è anche da ricondurre ad aspetti più tecnici. C’è infatti in atto un’evoluzione del mercato, ma è anche sempre più diffusa un’offerta ibrida. È vero che al bar si può consumare un pasto caldo, ma sempre più spesso al ristorante — soprattutto nelle formule più moderne —, ci si può fermare unicamente per sorseggiare una bevanda o consumare uno snack veloce. Sono in più mutate parte delle regole sull’esercizio delle attività e gli imprenditori privilegiano oggi qualificarsi come ristoranti anziché bar per motivi legati ai vincoli nello svolgimento del lavoro. Una buona fetta di mercato è inoltre assorbita da aziende che effettuano banqueting, mense e ristorazione collettiva. Sono poco più di 3.000, concentrate principalmente in Lombardia, Lazio, Campania e Toscana, dove la presenza di importanti scali aeroportuali e di grandi industrie giustifica sia la diffusione, sia la struttura e l’organizzazione
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interna. La forma giuridica di queste aziende è infatti prevalentemente di società di capitali, talvolta di cooperative, che si rapportano al cliente in una relazione B2B e spesso passando per gare d’appalto. Gratifichiamoci! In generale, il mondo del pasto fuori casa è fortemente variegato e presenta formule gestionali e di offerte tra le più disparate. Si pensi alle gastronomie senza servizio di somministrazione al tavolo, dove in un locale con qualche tavolino o con semplici punti d’appoggio è possibile consumare un pasto caldo, semplicemente ritirandolo in prima persona al banco e fornendosi direttamente dal frigorifero per le bevande. Gli stessi locali offrono il servizio take away e talvolta la consegna a domicilio o in ufficio. I bar e finanche le pasticcerie, le pizzerie da asporto o le gelaterie hanno un’offerta sempre più varia e interessante di ulteriori piatti caldi e freddi, pietanze adatte ad una pausa pranzo, un semplice snack, un aperi-
tivo, spesso con l’offerta veg o senza glutine, solo per citarne alcune. Le occasioni per mangiare fuori casa, passando un po’ di tempo, fosse per svago o per lavoro, davanti ad una pietanza, non è più un lusso per pochi. In certi casi è una necessità dei nostri tempi, in altri un piacere a cui non si riesce a rinunciare, pena l’allontanamento dalla ordinaria vita sociale. La gratifica, che sia nel tempo libero o in una pausa dal lavoro, passa spesso per un piatto di lasagne fumanti. Così come accade per motivi prettamente professionali. Si pensi a quanti accordi si sono fatti nella storia dell’umanità ad una cena di gala o durante una colazione di lavoro. Di fronte ad un buon cibo e ad un ottimo bicchiere di vino, si chiudono affari di ogni genere. La tavola mette d’accordo tutti — o quasi! — e gli Italiani se ne sono accorti da un pezzo. Sebastiano Corona Nota Alle pagine 72 e 73, photo © zinkevych – stock.adobe.com
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Dove va il nostro carrello della spesa? Cosa dicono le etichette dei prodotti scelti in fase di acquisto e come cambia la spesa degli Italiani
C
ontinua l’attenzione al benessere e all’alimentazione equilibrata (con predilezione per alimenti free from o rich-in), cresce la sensibilità per le componenti green ed ecosostenibili (dal biologico al biodegradabile), si conferma il valore identificativo dei lifestyle (come vegano o kosher), ma
torna anche la voglia di premiarsi con prodotti più edonistici e con comfort food: è questo il bilancio dei fenomeni di consumo che hanno caratterizzato l’Italia nel 2017 e approfonditi nel terzo numero dell’Osservatorio Immagino. Quest’ultima edizione ha incrociato le informazioni riportate sulle etichette
di una base di 84.450 prodotti del largo consumo, nata dal confronto tra i 91.000 prodotti digitalizzati a dicembre 2017 dal servizio Immagino di GS1 Italy (che raccoglie ingredienti, tabelle nutrizionali, loghi e certificazioni, claim e indicazioni di consumo) e i prodotti in vendita nella grande distribu-
Il“metaprodotto”è un prodotto statistico disegnato dall’Osservatorio Immagino calcolando la media ponderata dei contenuti dei nutrienti indicati sulle etichette nutrizionali di 47.000 prodotti tra quelli appartenenti principalmente ai reparti delle bevande, della drogheria alimentare, del fresco e del freddo. Nel 2017 il metaprodotto Immagino si è arricchito ulteriormente di fibre e di proteine, ha cominciato a perdere carboidrati, ha visto ridursi gli zuccheri e i grassi saturi, e aumentare i grassi totali e le calorie (fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, ed. 3/2018).
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zione in Italia rilevati da NIELSEN. Complessivamente, gli oltre 84.000 prodotti alla base dell’Osservatorio Immagino hanno chiuso il 2017 con circa 34,4 miliardi di euro di vendite e rappresentano ben l’80% del giro d’affari complessivo annuo sviluppato dal largo consumo in ipermercati e supermercati di tutta Italia. «L’Osservatorio Immagino ha l’ambizione di fornire nuovi punti di vista per comprendere gli andamenti dei mercati e per offrire ciò che il consumatore vuole» ha commentato MARCO CUPPINi, research and communication director di GS1 Italy. «Ma il rischio è di dare risposte indifferenziate: prodotti uguali a tanti altri, su scaffali uguali a tanti altri. Il lavoro del produttore e del distributore di successo è molto più difficile. Le aziende devono trovarsi pronte con le soluzioni più giuste per dare risposte adeguate». Il valore nutrizionale dei prodotti alimentari venduti nella GDO Apporto calorico e contenuto di carboidrati, zuccheri, proteine, grassi, grassi saturi e fibre di 47.000 prodotti alimentari venduti in Italia: sono queste le informazioni su cui viene calcolata la media ponderata espressa dal metaprodotto Immagino, l’indicatore statistico che “riassume” il valore nutrizionale per 100 grammi dell’alimento medio comprato dagli Italiani. Nel 2017 il metaprodotto Immagino si è arricchito ulteriormente di fibre (+1,3%) e di proteine (+0,7%), ha cominciato a perdere carboidrati (-0,2%), ha visto ridursi gli zuccheri (-0,2%) e i grassi saturi (-0,6%), e aumentare i grassi totali (+0,8%) e le calorie (+0,3 %). Se alcuni di questi fenomeni confermano una tendenza rilevata dalle due precedenti edizioni dell’Osservatorio Immagino, due fatti rappresentano una novità: il ritorno alla crescita dei grassi totali (+0,8% contro il –1,1% del 2016) e la frenata nella riduzione degli zuccheri (–0,2% contro –1,8% del 2016). Una spiegazione si può trovare nell’andamento climatico anomalo che ha caratterizzato il 2017: la lunga e torrida estate ha
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inciso in modo pesante sulla composizione del carrello della spesa, spingendo gli acquisti di alcuni prodotti (come i gelati) che hanno fatto aumentare il valore calorico e l’incidenza dei grassi totali del metaprodotto Immagino. Uno sguardo sui fenomeni di fondo: le otto grandi tendenze L’Osservatorio Immagino ha identificato otto grandi tendenze che hanno un impatto rilevante sul carrello della spesa, sull’alimentazione degli Italiani e sulla loro cura personale e ne ha seguito l’evoluzione, semestre dopo semestre. Sono: l’italianità, il free from, il rich-in, le intolleranze alimentari, il lifestyle (come il biologico e il veggie), i loghi e le certificazioni (come il commercio equosolidale e l’Ecolabel), il cura persona. Nel 2017 il fenomeno più significativo, in termini di incidenza sull’offerta dei prodotti e sul giro d’affari di supermercati e ipermercati, è stato l’italianità: tra claim, indicazioni e bollini, riguarda oltre il 25,4% dei prodotti e il 22,5% delle vendite (arrivate a superare i 6,3 miliardi di euro), in crescita annua del 4,5%. Il trend più dinamico del 2017 è stato quello dell’area del lifestyle: i prodotti etichettati come vegetali o vegani, halal o kosher, o certificati come biologici, hanno visto crescere del 10,7% il sell-out, superando i 2 miliardi di euro, e sono arrivati a rappresentare l’11,6% di tutta l’offerta a scaffale. Oltre all’aggiornamento dei fenomeni di consumo più radicati, ogni numero dell’Osservatorio Immagino ospita anche approfondimenti sui temi emergenti. Nella terza edizione il focus è dedicato alla prima colazione, alle famiglie consolidate, ai golden shopper e alla cura casa green. Fonti: GS1 Italy, UNAItalia www.anmvioggi.it Nota • Per scaricare il terzo numero dell’Osservatorio Immagino: osservatorioimmagino.it • Per rimanere aggiornati e seguirlo sui social: #OsservatorioImmagino
Confezioni di pollo no-touch per i Millennial britannici: i giovani sono “spaventati” dall’idea di toccare carne cruda Sainsbury’s, la terza catena di supermercati del Regno Unito, ha annunciato che dal mese maggio sono state introdotte confezioni no-touch per i suoi prodotti di “pollo in pezzi”. Il packaging, noto come Doypack (in foto; photo © Davide Bonaldo), è rivolto a chi non ama toccare la carne cruda durante la preparazione dei pasti. Secondo un sondaggio pubblicato su Mintel, infatti, 2 Britannici su 5 (39%), di età compresa tra i 16 e i 34 anni, affermano che è difficile capire quando la carne viene cotta ad una temperatura sicura e oltre un terzo (37%) sostiene che preferisce non maneggiare carne cruda durante la preparazione. In un’intervista al THE SUNDAY TIMES, Katherine Hall, responsabile Sviluppo prodotti di carne, pesce e pollame di Sainsbury’s, ha dichiarato che molti giovani sono “spaventati” dall’idea di toccare carne cruda. Questo genere di timore sarebbe legato a quello di contrarre un’intossicazione alimentare causata da E. coli. Per i dirigenti Sainsbury’s è abbastanza sconcertante che così tanti giovani non capiscano come manipolare, preparare e cucinare in modo sicuro la carne; hanno quindi colto al volto l’opportunità di ridurre la superficie di contatto della carne con cui le persone devono avere a che fare per prepararla. Il packaging Doypack permette quindi di versare il contenuto in padella, semplicemente strappando la parte superiore della confezione. E se la sperimentazione andrà a buon fine, presto anche gli alimenti a base di maiale e pesce subiranno lo stesso trattamento (fonti: The Poultry Site – UNAItalia).
A proposito delle nuove confezioni per il pollame, i dirigenti della catena di supermercati Sainsbury’s hanno dichiarato che si è trattato di una scelta ponderata: il disagio che molti giovani consumatori sostenevano di provare di fronte alla carne cruda era abbastanza grave da indurli a intervenire.
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Fidatevi del Vostro Gusto e scoprirete la differenza. La bresaola e gli sfilacci di carne di cavallo di Giovanni Coppiello sono tutto il meglio e il buono che potete far provare ai vostri sensi. Scoprirete così un piatto unico dai pregi infiniti: ottimo antipasto, intingolo per condire paste bucate, oppure prelibato secondo. Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Sfilaccetti di Cavallo con Julienne di Verdure. Esecuzione: bollire per qualche minuto le verdure tagliate julienne, guarnire il piatto e condire con un emulsione di olio d oliva e sale di sedano. Ingredienti per 4 persone 200 gr. di Sfilaccetti, 2 Carote, 6 Cucchiai di Olio d Oliva, 2 Zucchine, 200 gr. Cappuccio Bianco,
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Presentato il Salone Franchising Milano 2018
Il franchising italiano: una formula di successo
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l franchising italiano è una formula imprenditoriale di successo. A sostenerlo ci sono i dati dell’ultimo report dell’Osservatorio Federfranchising CONFESERCENTI, diffusi in occasione dell’assemblea annuale di quest’anno: nel 2017, infatti, il franchising ha generato un fatturato complessivo di 24,2 miliardi di euro (+0,9% rispetto al 2016). Risultati ottenuti grazie all’espansione della rete sul territorio italiano: i franchisor attivi (le aziende) nel 2017 sono stati 977 (+2,7%) e i franchisee affiliati (gli imprenditori) hanno raggiunto quota 51.260 (+1%), con una rete dei
negozi in affiliazione di circa 51.000 punti vendita, localizzati nei centri urbani e nei centri commerciali in periferia, cioè ovunque incontrino grandi flussi di consumatori. I settori commerciali che interessano maggiormente i giovani, sono soprattutto food (31,5%), moda e abbigliamento (30%) e articoli per la persona (12,5%). Circa il 60% dei giovani intervistati ha dichiarato che la fiducia nel settore deriva dal fatto che sia una formula in grado di ridurre il rischio d’impresa grazie alla presenza di un franchisor che offre, insieme al brand, il proprio know how, l’assistenza, la pubblici-
tà e altri servizi. «Come dimostra puntualmente, il franchising è il settore di commercio e servizi che ha le maggiori chance di crescita» ha commentato PATRIZIA DE LUISE, presidente di Confesercenti. «Uno sviluppo che, per forza di cose, avrà sempre più a che vedere con le moderne tecnologie: web, cloud, ma anche big data e automazione. E che il franchising, per definizione fatto di reti, è naturalmente strutturato per recepire». Il sistema franchising ha però bisogno di un maggiore supporto sul fronte dell’internazionalizzazione: nonostante circa un quinto dei fran-
Il franchising continua a crescere: nel 2017 i negozi in affiliazione commerciale hanno generato un fatturato complessivo di 24,2 miliardi, con un incremento dello 0,9% rispetto al 2016.
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ABF s.r.l. Commercio Carni Via del Moscia, 1cde - 50060 Londa (Firenze) Italy Tel. ( +39) 055 835 1550 / (+39) 055 835 1557 — Fax (+39) 055 835 1600 / (+39) 055 835 2700 E-mail: info@abf-londa.it — Web: www.abfcarni.com
chisor sia già attivo all’estero, c’è un ulteriore 35% interessato a sbarcare fuori confine ma che ha segnalato la mancanza dei servizi necessari ad intraprendere con successo l’avventura. «Il problema per i retailer Italiani che vogliono oggi svilupparsi all’estero è quello di trovare dei master o Area developers con esperienza nel mercato di riferimento» puntualizza ALESSANDRO RAVECCA, presidente di F EDERFRANCHISING C ONFESERCENTI . «Bisogna promuovere incontri B2B con imprenditori che vogliono in-
vestire nel made in Italy con aziende realmente italiane e presenti sul territorio nazionale, creando gruppi o consorzi di operatori che assieme si presentino nel mercato estero sfruttando al massimo le sinergie». SFM dal 25 al 27 ottobre 2018 È iniziato il conto alla rovescia per la 33a edizione del Salone Franchising Milano (www.salonefranchisingmilano.com), che si terrà dal 25 al 27 ottobre prossimi a Fieramilanocity ed è organizzato da Rds Expo e Cam-
pus Fandango Club, in collaborazione con Fiera Milano. La rassegna è l’occasione in cui si ritrova l’intera filiera del franchising, per B2B e per chi vuole entrare nel mondo del commercio in affiliazione. Partecipano tutte le associazioni di settore: Assofranchising, Confimprese, Federfranchising. Quest’anno si prevedono più di 200 espositori (le insegne che operano nel franchising sono poco più di 900) e circa 15.000 visitatori. Fonte: EFA News
Beefbar Franchise, l’intuizione di Riccardo Giraudi fa il giro del mondo Riccardo Giraudi ha creato Beefbar tredici anni fa per soddisfare un suo desiderio, quello di offrire un’esperienza di degustazione delle carni migliori al mondo, selezionate tra origine e tagli, in un contesto di locale esclusivo, curato nella scelta degli arredi e dei materiali. Tutto ciò per far vivere al cliente un’esperienza completa nella quale viene soprattutto dato il giusto valore alla carne. Il primo Beefbar fu aperto nel Principato di Monaco nel 2005, dove ha sede Giraudi Group. Da allora Riccardo non si è più fermato e oggi si contano Beefbar a Mosca, in Messico, in Grecia (Mykonos), a Hong Kong (il locale che si è aggiudicato anche una stella Michelin!), sempre in Francia a Cannes, a Dubai, in Lussemburgo, a Riad e Budapest, con tante nuove aperture in calendario, tra cui Roma, Pechino e Parigi. Quali sono i requisiti per aprire un Beefbar? Innanzitutto una location prestigiosa dal forte carattere identitario, poi una cucina in grado di preparare piatti semplici ma distintivi per qualità delle materie prime e impiattamento, oltre ad un servizio personalizzato in un ambiente accogliente e rilassato. I Beefbar in giro per il mondo sono tutti caratterizzati da un interior design dallo stile contemporaneo e senza tempo, apprezzato da una clientela internazionale (photo © gastronomica.fr). >> Link: www.beefbar.com
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LA CARNE IN TAVOLA
Cavallo, carne dietetica ed ecologica Quella equina è una carne rossa con interessanti caratteristiche nutrizionali, prodotta con limitato impatto ambientale di Giovanni Ballarini
I
l consumo di carne di cavallo non è molto popolare nella maggior parte dei paesi ma, considerata la sua disponibilità e il riconosciuto valore nutrizionale, sta lentamente aumentando, soprattutto in diversi parti dell’Europa occidentale e potrebbe diventare un’importante carne rossa alternativa. Tradizionalmente gli Italiani sono tra i maggiori consumatori di
carne di cavallo nel mondo. Secondo il database EUROSTAT (2014), il consumo medio annuo è di 1,0 kg in Italia, superata dal Belgio (1,2 kg), alla pari con l’Olanda, e seguita da Lussemburgo (0,7 kg) e Francia (0,5 kg). Il consumo è concentrato soprattutto in Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Piemonte. Nel 2013 il consumo annuo era di 42,5 milioni
di chilogrammi e la produzione nazionale del tutto insufficiente a soddisfare la domanda. Nel 2012 solo il 25% del consumo derivava da animali nati, allevati e macellati nel nostro paese, mentre per il rimanente 75% si doveva ricorrere all’estero. I paesi di maggiore importazione risultano essere l’Est Europa, seguita dalla Francia e dalla Spagna. Ultime le Americhe, da cui importiamo
In Italia il consumo di carne di cavallo si concentra tradizionalmente in alcune regioni — Veneto, Puglia, EmiliaRomagna, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Piemonte — dove è protagonista di numerose ricette e preparazioni tipiche.
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In Giappone, e più in generale in Oriente, l’uso dei grassi equini a scopi cosmetici e terapeutici ha una storia millenaria. Del “bahyu” si parla infatti già in un testo di medicina cinese del VI secolo d.C. soprattutto carne congelata. Nel 2015, secondo la BANCA DATI EQUIDI (BDE), in Italia venivano registrati circa 450.000 equidi, per la maggior parte cavalli (420.000), seguiti da muli, asini e bardotti, allevati in circa 70.000 aziende per un totale di 125.000 proprietari. Il numero di equini macellati in Italia negli ultimi anni è stato rispettivamente di 42.482 (2014), 35.368 (2015) e 42.739 (2016).
Carne magra e con grassi dietetici In passato, per il consumo alimentare era impiegata carne di cavalli adulti o anziani a fine carriera, mentre in tempi più recenti sono sorti appositi allevamenti sicché l’attuale produzione di carne deriva da puledri di età inferiore ad un anno e da cavalli adulti di età non superiore ai 3 anni. Un tempo, la carne di cavallo si prestava a lunghe cotture, prima delle quali lo stracotto. Oggi
si presenta come una carne piuttosto magra e sapida, caratterizzata da sfumature dolciastre per il suo modesto contenuto di glicogeno, e si presta ad essere mangiata cruda (tartare), trasformata in hamburger e cotta al sangue, risultando molto tenera e ben digeribile. Per l’alto contenuto di ferro è spesso consigliata ad adulti che praticano attività sportiva, bambini, donne in gravidanza e persone affette da anemia. Di particolare interesse è l’alta concentrazione di acidi grassi polinsaturi n-3 (PUFA) presenti nel grasso di deposito e muscolare, con variazioni secondo i diversi tagli di carne. Secondo alcune indagini, i lipidi sarebbero caratterizzati da un alto contenuto di acidi grassi polinsaturi (15,8-8,4%) e da un alto grado di insaturazione (72,878,4%). Secondo altre indagini, complessivamente, il contenuto totale di PUFA n-3 varierebbe tra l’1,17% e il 18,9% nel grasso muscolare e tra l’1,52% e il 27,9% nel grasso dorsale. Inoltre, quasi il 5% dei lombi rilevati dalle carcasse di cavallo contiene oltre 300 mg di acido linolenico per 100 g; si deduce che la carne potrebbe essere commercializzata come una fonte di AF n-3.
Tabella 1 – Composizione chimica della carne di cavallo (valori riferiti a 100 g) Composizione
Parte edibile (%)
Composizione
Valore per 100 g
100,00
Energia (kJ)
597,00
Acqua (g)
74,90
Sodio (mg)
74,00
Proteine (g)
19,80
Potassio (mg)
Lipidi (g)
331,00
6,80
Ferro (mg)
3,90
61,00
Calcio (mg)
4,00
Carboidrati disponibili (g)
0,60
Fosforo (mg)
Amido (g)
0,50
Magnesio (mg)
Colesterolo (mg)
231,00 29,00
Zuccheri solubili (g)
0
Zinco (mg)
3,72
Fibra totale (g)
0
Rame (mg)
0,20
Fibra solubile (g)
0
Selenio (μg)
Fibra insolubile (g)
0
Tiamina (mg)
0,04
Alcol (g)
0
Riboflavina (mg)
0,18
Niacina (mg)
5,54
Energia (kcal)
86
Valore per 100 g
143,00
—
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Ricerche eseguite su carne di cavalli italiani mostra che la somma degli acidi grassi insaturi (50,3%) è superiore alla somma degli acidi grassi saturi (46,64%). Olio di cavallo in terapia e cosmetica Bahyu in giapponese significa “grasso di cavallo”. In Giappone, e più generalmente in Oriente, l’uso dei grassi equini a scopi cosmetici e terapeutici ha una storia millenaria e del bahyu già si parla in un testo di medicina cinese del VI secolo d.C., che lo raccomanda come rimedio per far ricrescere i capelli. Nei testi di medicina orientale classica il bahyu è consigliato nei
casi di scottature, emorroidi, contusioni, infiammazioni e per tutti i problemi di pelle, incluse le rughe. Composto soprattutto da acidi grassi saturi (in prevalenza palmitico) e polinsaturi (in maggior parte oleico e linoleico), l’olio di cavallo è così denominato per la sua alta fluidità. Per la capacità di legame con i fosfolipidi di membrana, questo grasso è facilmente assorbito dalla cute e usato anche nella cosmesi assieme a profumi. Nella tradizionale medicina veterinaria italiana, il grasso di cavallo, incorporato con iodio, era usato nella cura dello zoccolo e per trattare malattie della pelle e delle ghiandole linfatiche suppu-
rate nell’adenite streptococcica, i cosiddetti stranguglioni. Carne ecologica e sostenibile In allevamento, l’equino sfrutta territori e terreni marginali e zone di pascolo meno favorite. Inoltre, per la sua fisiologia digestiva e in confronto ai ruminanti, ha il vantaggio di produrre minori emissioni di un gas serra qual è il metano. Per questo, la carne di cavallo può essere considerata una valida alternativa al bovino, con grandi vantaggi per quanto riguarda l’impatto ambientale del suo allevamento e per il suo contenuto in acidi grassi polinsaturi. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
Gli Inglesi e la carne equina Lo scatto è del 17 aprile 1942 all’esterno di una macelleria a North Cheam, nella regione del Surrey, in Inghilterra. Durante la seconda guerra mondiale la disponibilità di carne — e di alimenti in genere — si era parecchio ridotta, anche a causa dei razionamenti imposti dalle autorità. Le carni equine, però, non furono vincolate alle restrizioni e assicurarono una preziosa fonte di proteine nobili ai consumatori inglesi, seppur non abituati a questa tipologia di carne (photo © Pinterest).
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Specialità esotiche ma anche nostrane
Le zampe di gallina, da scarto povero ad alimento raffinato di Nunzia Manicardi
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ono la preoccupazione e il tormento della maggior parte delle donne, ma le zampe di gallina di cui stiamo parlando non sono ovviamente le fitte rughe che — a ventaglio proprio come le zampe di questi pennuti — dagli occhi arrivano fino alle tempie, bensì uno dei piatti tipici più diffusi al mondo. Cibo di risulta di notevole valore In Cina, Giamaica, Perù, Filippine, Trinidad e Tobago e così in Vietnam, Thailandia e in Africa costituiscono tuttora uno dei piatti
nazionali più apprezzati da tutti gli strati sociali della popolazione. Ma anche in Italia non mancano i buongustai che sanno quanto la nostra “cucina povera”, di cui esse sono indiscutibilmente esempio, sappia donare esperienze gastronomiche validissime, a prezzi davvero molto, molto bassi e, tuttavia, con apporti nutritivi di grande valore. Ciò non toglie che, abitualmente, noi le scartiamo o addirittura le buttiamo via. Dentro alle confezioni di pollo e in mezzo ad altre carni e ossa che compriamo per fare il brodo oramai
non compaiono neanche più. Per fortuna, soprattutto in alcune regioni come Sicilia, Toscana e Veneto, il piatto a base di zampe di gallina è una ricetta locale ancora fortemente apprezzata da alcuni cultori. Pochi, sicuramente, ma siamo qui apposta per attirare l’attenzione dei più su una parte del pollo tutt’altro che disprezzabile. È vero che la maggior superficie della parte commestibile della zampa consiste in pelle e tendini e in poco, davvero poco muscolo. C’è poco da mangiare, in sintesi, e infatti
Zampe di gallina (photo © Luis Echeverri Urrea – stock.adobe.com).
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Brodo con zampe di gallina (photo © tatanora.blogspot.it).
Sono buonissime, molto economiche e, come confermato da recenti studi, ottime contro l’ipertensione e gli stati infiammatori tanto che negli Stati Uniti le chiamano la “penicillina della nonna”. In tutto l’Oriente sono talmente diffuse da essere uno dei più tipici piatti nazionali, con una ricetta molto complessa che prevede frittura, marinatura e stufatura in salsa appositamente preparata
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le zampe fanno parte di quell’insieme che costituisce la parte non solo meno nobile ma proprio da… poveracci! Cibo di risulta. Avanzi dei tagli ricchi. Ritagli, frattaglie, quinti quarti… Ma quanto gustosi! E sono anche un autentico toccasana. La cartilagine è come un farmaco naturale Le zampe di pollo hanno una grande presenza di cartilagine che conferisce alla zampa una consistenza, a sua volta gelatinosa, molto diversa dal resto della carne di pollo, che talvolta può addirittura risultare troppo stopposa. È proprio questa gelatina che, oltre a fornire consistenza e sapore, dona anche un ottimo rimedio per chi soffre di ipertensione. Dal Giappone sono infatti arrivati i risultati di una ricerca (salute24.ilsole24ore.com) che hanno rivelato quanto le zampe di gallina siano utili per coadiuvare tramite la dieta alimentare chi abbia la pressione alta. Lo studio1, coordinato da A. SAIGA, ha confermato attraverso numerose verifiche la presenza nelle zampe di pollo del
collagene, e quindi proprio della parte gelatinosa, in quantità tale da poter avere effetti sicuramente positivi sulla salute umana sia attraverso l’alimentazione sia, a quanto sembra possibile ipotizzare, anche attraverso futuri farmaci che da esse lo estraggano. Il collagene è una proteina i cui effetti sono simili a quelli degli ACE-inibitori, composti utilizzati per curare l’ipertensione (sono stati messi in evidenza per la prima volta nel veleno dei serpenti e quindi, anche in quest’ultimo caso, grazie ad esperienze plurimillenarie tramandate attraverso il sapere popolare). Anche nel petto di pollo si trova il collagene, ma in quantità troppo scarsa per poter dare risultati apprezzabili, mentre nelle zampe di pollo la percentuale è molto più alta e dunque utilizzabile per scopi terapeutici, come hanno già confermato i test eseguiti sui topi. Bollite, secondo l’uso italiano Vantaggi curativi e gradevolezza del gusto fanno sì che la zuppa di pollo, o anche semplicemente di zampe di pollo, negli Stati Uniti venga chia-
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mata “la penicillina della nonna”. Una pietanza sana, nutriente, facile da digerire, che può continuare ad accompagnare al meglio la nostra tavola, invernale e non solo. È anche semplice da preparare, purché si abbia la precauzione di pulire per bene le zampe prima di cucinarle. Esse sono infatti ricoperte da una spessa pelle che, una volta cotta, non sarebbe piacevole da mangiare e che inoltre è frequentemente ricoperta da penne o peluria. Le zampe vanno quindi pulite da crude, togliendo le unghie con un coltello adatto a tale scopo (la mannaia è l’ideale), e poi lavate in acqua salata strofinandole con cura una contro l’altra e nello spazio interno fra tutte le dita per rimuovere il terriccio e qualsiasi altra sporcizia, eliminando le parti di pelle giallastra e più squamosa. Eventualmente ci si può aiutare con le forbici da cucina. Sciacquatele ancora sotto l’acqua corrente e asciugatele ben bene. Poi passatele sulla fiamma viva rigirandole da parte a parte. Questa è la preparazione tipica italiana, cui segue la lessatura in acqua fredda
con bollitura di almeno 2 ore (meno se in pentola a pressione) insieme con un po’ di odori: sedano e carota sono sufficienti. Vanno servite molto calde, con accompagnamento di verdure cotte o purè di patate. Il brodo ristoratore e terapeutico Chiaramente non c’è molto da mangiare, a meno che non se ne mangi in grande quantità, e infatti è difficile che il piatto finisca così. È il brodo che si ricava, come dicevamo prima, che soprattutto va valorizzato sia come consommé, accompagnato da crostini insaporiti magari in olio e rosmarino, oppure per una minestrina leggera o anche semplicemente bevuto caldo, godendosi le sue ottime virtù antinfiammatorie e il ristoro che se ne ricava sempre, anche quando non si sia influenzati. La squisita gelatina da tagliare anche a fette Si può ottenere anche la gelatina, un tempo assai diffusa quando il freddo naturale della stagione fredda (fuori dalla finestra!) a cui si affidava il brodo per la conser-
vazione formava quel denso strato giallastro che la moderna cucina tanto spesso ripropone in maniera fin troppo ricercata. Per questa gelatina tutta naturale è sufficiente far bollire un po’ di più il brodo, circa un’altra ora, e in seguito filtrarlo se si vuole che risulti più limpido, senza residui di carne. Si fa raffreddare in frigorifero oppure, come un tempo, anche all’esterno se le condizioni climatiche lo consentono. Lo spessore dipende dalla profondità del contenitore prescelto. Basta un giorno e ve la ritroverete così dura da poterla tagliare a fette. Una prelibatezza a bassissimo costo. Anche arrosto o in padella Le zampe di gallina si possono cucinare anche arrostite, cucinandole sia da crude che dopo averle precedentemente bollite. La procedura è identica a quella di un pollo arrosto completo, con aggiunta di olio, aglio, rosmarino e salvia. Si accompagna pure allo stesso modo, cioè con patate anch’esse arrosto. Potete mettere le zampe anche in padella, bagnandole ogni tanto con
Zampe di gallina fritte (photo © reborn55 – stock.adobe.com).
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il sugo di cottura arricchito con gli stessi odori. La lunghissima preparazione della tradizione orientale Graditissime in Oriente, ma non da noi, sono poi le zampe di gallina fritte. In questo caso la preparazione è molto più laboriosa e complicata perché bisogna anche preparare l’inseparabile salsa di accompagnamento. Numerosi sono gli ingredienti, rigorosamente quelli originari e non sostituibili con altri pena la perdita degli inconfondibili aromi e sapori. Perciò, se volete cimentarvi, assicuratevi di esservi procurati tutto l’occorrente e di avere un bel po’ di tempo a disposizione. La ricetta cinese (per cui abbiamo fatto riferimento al sito www.wikihow.it) prevede infatti 3 fasi consistenti in: frittura, marinatura e stufatura. Inizialmente si procede come già descritto, avendo cura però di asciugare le zampe alla perfezione dopo averle lavate, altrimenti i residui d’acqua farebbero schizzare l’olio durante la frittura. Friggere in abbondante olio (meglio usare quello di arachidi per conservare il più possibile il gusto originario), utilizzando preferibilmente un wok e pinze da cucina (utili per calare i pezzi nell’olio e rigirarli). In 6-7 minuti le zampe dovrebbero diventare ben dorate. Mettetele a scolare su abbondante carta assorbente e passate alla fase successiva, quella della marinatura. In una pentola capace fate bollire l’acqua con sale, anice stellato, zenzero, stecca di cannella, foglie d’alloro e chiodi di garofano. Questa marinata può essere preparata anche in anticipo, basta che sia poi pronta per l’uso a temperatura ambiente. Immergete completamente le zampe di gallina nella marinata aggiungendo nello stesso momento vino di riso e acqua molto fredda allo scopo di interrompere il processo di bollitura. Spegnete il fuoco, coprite con un coperchio e lasciate riposare in frigorifero per almeno due ore. Quando andrete a scoperchiare vedrete che le zampe si saranno gonfiate. Nessuna paura, è un effetto normale e che contribuisce a ren-
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Le zampe di gallina si sono fatte largo nelle ricette di numerosi Paesi del mondo, ma la versione cinese servita come dim sum è una delle più conosciute su scala globale. dere più attraente la consumazione finale. Scolate gettando l’acqua della marinatura ma conservando tutti gli ingredienti che adesso utilizzerete per la stufatura oppure, a vostro piacere, gettate tutto e utilizzate ingredienti ex novo (ma perché sprecare?). L’importante è che ci siano vino di riso, anice stellato, zenzero e l’aggiunta di cipollotti. Fate bollire stabilizzando poi il brodo a fuoco medio e immergete le zampe cuocendole finché non diventano tenere, cioè per almeno altre due ore, sino a quando non è possibile forarle con una forchetta senza incontrare la minima resistenza. Scolate, ma conservando parte di questo brodo. Ultima fase: all’interno del wok mescolate in questo brodo gli altri ingredienti indispensabili per formare la salsa di accompagnamento: salsa di ostriche, salsa di soia, salsa di fagioli neri fermentati, zucchero, vino di riso, pepe bianco, peperoncino e aglio. Cuocete per un po’ a fuoco vivace e poi a livello medio. Versate nel wok un cucchiaino di amido di mais (serve come addensante) mescolato in precedenza con due cucchiai di acqua fredda aiutandovi con una frusta da cucina per ottenere una consistenza densa. Mescolate il tutto delicatamente, sempre usan-
do la frusta e amalgamando bene. Adagiate nella salsa così ottenuta le zampe di gallina e fate sobbollire dolcemente per circa 15 minuti finché la salsa non risulterà tanto viscosa da aderire perfettamente alle zampe. Servite immediatamente. Si possono anche conservare per il giorno dopo e riscaldarle al vapore. L’importante è che siano sempre ben calde e sempre ben ricoperte di salsa. La parentela gastronomica con le Buffalo wings americane Se poi si riflette, si noterà che questa ricetta, che al nostro gusto di occidentali può parere tanto strana, non è per niente dissimile (se si escludono marinatura e stufatura) da quella così famosa delle statunitensi Buffalo wings, cioè le ali di pollo fritte con salsa all’uso della città di Buffalo di cui ci siamo già occupati. Qui sono zampe, là erano ali, ma la ricetta è sostanzialmente la stessa e, alla fin fine, sempre di “scarti” di pollo si tratta. Nunzia Manicardi Note 1. SAIGA A. et al. (2008), Angiotensin I-converting enzyme-inhibitory peptides obtained from chicken collagen hydrolysate, J. Agric Food Chem., 22;56(20):9586-91.
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La lettura del fondo di cottura di Giorgia Fieni
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lcuni sono bravi a leggere i fondi del caffè e a vederci il futuro. A me piacerebbe saper leggere i fondi dell’arrosto. Quando tolgo dal tegame la portata principale, infatti, lo so che è proprio lì che rimane il buono: esattamente dove tutti i sughetti si sono riuniti per ingolosirmi… Perciò li raccolgo con cura e li uso come condimento (vi si può aggiungere frutta tipo pesche o mele o amarene o prugne per crearne una composta di accompagnamento). Il vero fondo, in realtà, è un brodo, ovvero acqua in cui sono state cotte parti di scarto (teste, code, lische, ossa); il mio, invece, è più che altro composto dai liquidi
naturalmente contenuti nella carne, nel pesce e nelle verdure (ovvero sangue e acqua), impregnati dei sapori usati. Alcuni di questi sono comuni a tutti gli alimenti, tipo erbe e spezie, succhi di agrumi, aceto di varia tipologia, salse; altri, invece, sono specifici, ovvero si tratta di trovare una miscela adatta, per qualità e quantità, al fine di poter valorizzare l’elemento principale della ricetta. Vediamo quali sono le possibili scelte. I sottoli, sottaceto e sotto sale sono importanti perché, anche se sciacquati (mi riferisco soprattutto ad acciughe e capperi) danno al fondo una nota forte e caratteristica. Il latte di cocco serve per il tocco esotico. I for-
maggi danno morbidezza e, siccome alcuni di loro hanno un gusto originale (tipo Roquefort e Gorgonzola), questo si trasferirà nella ricetta (per cui ne va tenuto conto al momento della preparazione). Lo stesso dicasi per i salumi (non solo l’affumicato dello speck, anche i mix di spezie che li coprono o, semplicemente, il sale del prosciutto). I frutti di bosco sono invece perfetti per l’asprezza e la dolcezza. Poi ci sono le aggiunte, quelle usate per deglassare e armonizzare il fondo. Prima fra tutte quella di liquori (Porto, Rum, Brandy, Cognac, Grand Marnier, Curaçao, Calvados, Acquavite), vino (o mosto) e birra, che creano anche “l’effetto fiamme”
Medaglioni di filetto di maiale con salsa alle prugne e Porto (photo © fooby.ch).
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in grado di appagare la vista. Poi zucchero o miele, che correggono l’eccessiva salinità o acidità, e salsa di soia, che dona al tutto il sapore di umami, ma anche salsa di pomodoro, che caramellando leggermente dà un gusto agrodolce. Infine, ci sono quelle particolari, che di primo acchito possono lasciare basiti ma incuriosiscono: ho saputo del torrone alle mandorle per gli straccetti, del cioccolato fondente per il coniglio, dei fegatini di pesce per la carne, di stracchino e ananas per il foie gras, di pasta di liquirizia per le quaglie, di uova strapazzate per le ali di pollo, di infuso di caffè e anice stellato per la faraona. Bisogna comunque rendere merito ai grassi di cottura (olio, ma soprattutto burro) riguardo la loro capacità di trattenere i profumi: cosa che possono fare grazie ai legami chimici che creano con queste sostanze. E alla farina (anche sotto forma di besciamella o roux, ma lo stesso discorso vale per la maizena) che, sciogliendosi, permette di ottenere “l’effetto cremoso” che appaga il palato. E alla panna, che amalgama e dà corpo. Grazie a tutti questi elementi, in alcune ricette il fondo assume
Il petto di piccione di Enrico Bartolini (photo © www.identitagolose.it). addirittura il ruolo di protagonista: il Petto di piccione in salsa di fegatini, di capperi, di uva fragola e col suo fondo di cottura (ENRICO BARTOLINI), lo Spaghetto alla chitarra con fondo di calamari e gelo di limone (MASSIMO BOTTURA), Alzavola col suo fondo, ostrica, alghe e semi (zucca, lino, girasole) tostati (MAURO ULIASSI), il Filetto di manzo al ginepro con fondo di mele, uva rosata e brandy o il Filetto al pepe verde con fondo fiammeggiato al brandy e aggiunto di panna.
E non dimentichiamo che, mescolato pane raffermo, uovo e panna, è anche un ottimo ripieno per i ravioli al burro e formaggio e che può essere il condimento per gli gnocchi. Segnalo infine Il silenzio del bosco di DANIEL FACEN: lo chef aggiunge al fondo del cervo carragenina kappa, lo fa bollire e poi lo mette in un palloncino per creare una botticella. Lì c’è poco da leggere ma molto da ammirare. Giorgia Fieni
Un 2017 eccezionale per le Igp Zampone e Cotechino Modena Più che rosei i dati resi noti dal Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP. Le due specialità tradizionali emiliane, infatti, nel corso del 2017 hanno fatto registrare vendite per un totale complessivo di oltre 3.500.000 kg, segnando così una crescita di quasi il 9% rispetto all’anno precedente, per un volume d’affari complessivo di oltre 28.000.000 di euro. Più in particolare, sono stati venduti 2.227.304 kg di Cotechino Modena IGP (+7,9% rispetto al 2016) e 1.279.390 kg di Zampone Modena IGP (+9,8% sul 2016). «Questi dati si commentano da soli — spiega con soddisfazione PAOLO FERRARI, presidente del Consorzio — abbiamo venduto quasi 2 milioni e 300.000 kg di cotechini e 1 milione e 300.000 kg di zamponi Modena Igp, la cui produzione ha coperto il 70% dell’intero mercato. Un anno, quello che si è chiuso, pieno di novità, che ha visto anche un restyling del marchio del Consorzio, creato ispirandosi al territorio di origine dei due prodotti. I nuovi colori — azzurro e oro — riprendono quelli dell’araldica della città di Modena e l’elemento caratterizzante rappresenta il rosone del duomo di Modena». Oltre al nuovo logo, il Consorzio ha investito molto anche sul prodotto dimostrando di avere sempre più attenzione verso il consumatore finale e alle sue esigenze in fatto di alimentazione. «Da gennaio 2017 — ha concluso il presidente — abbiamo un prodotto senza glutammato aggiunto, senza derivati del latte e solo con aromi naturali, che evidentemente, anche guardando gli ultimi dati, ha riscontrato il gradimento dei nostri consumatori».
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MACELLERIE D’ITALIA
Macellai norcini si nasce o si diventa? Vi raccontiamo la storia di Tino Pintaudi, un giovane messinese che non ha mai smesso di imparare e che oggi gestisce una bottega che fa la felicità dei suoi (tantissimi) clienti di Elena Benedetti
B
asta un’idea per realizzare un sogno? È sufficiente avere la conoscenza per trasformare le materie prime in prodotti che incontrano il gusto delle persone e ne soddisfano le esigenze? Per TINO PINTAUDI il saper fare bene il proprio mestiere e la voglia di costruire un’attività in proprio sono stati elementi fondanti di successo. TI.PI.CA. Norcineria dei Nebrodi è la sua creatura, che proprio ad aprile
di quest’anno ha festeggiato i tre anni di attività. Siamo nel Messinese, nei pressi di Capo d’Orlando, di fronte alle isole Eolie. Dopo il diploma della scuola alberghiera, un lavoro presso un salumificio siciliano e una collaborazione commerciale di alcuni anni con la F.lli Pagani, Tino aveva voglia di cambiare e, soprattutto, di mettersi in gioco. «Volevo un’attività mia a 360 gradi, dai salumi alle
carni». Detto, fatto! La Norcineria dei Nebrodi di Tino oggi dà lavoro a 9 persone e produce tagli freschi di carne, preparati, salumi e gastronomia. Tutta la gamma dei prodotti è realizzata nel laboratorio di TI.PI. CA. «Dai tagli freschi ai pronti a cuocere fino al banco salumeria, col prosciutto cotto, il cotto arrosto, il bacon, i salami tipo Napoli e ungherese, il salame Sant’Angelo, quello
Il banco macelleria di TI.PI.CA. Norcineria dei Nebrodi di Tino Pintaudi a Brolo (ME).
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Nella bottega di Tino c’è un’area dedicata all’enoteca con una bella selezione di bottiglie, oltre all’offerta di prodotti selezionati, tra sughi, paste con i grani siciliani, olio e conserve. Nel 2016 Pintaudi ha vinto il premio di Cronache di Gusto “Best in Sicily” come miglior macellaio. di suino nero, oltre a coppa, prosciutto e lardo lonzinato, anch’essi di suino nero» mi dice Tino. Eh già, perché nella sua bottega le carni sono rigorosamente di produzione locale o nazionale, tra bovini, suini e avicoli. La produzione salumiera della sua Norcineria può richiedere un Large white o un Nero dei Nebrodi, a seconda della consistenza delle carni e del grasso. Tino in azienda si alterna tra le varie attività, un po’ nelle retrovie
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tra il laboratorio e le celle di stagionatura dei salumi, e un po’ dietro al banco a intercettare le richieste dei suoi clienti, che trovano carni e salumi per i loro denti. Come fai a fare tutto? «C’è sempre tanto da imparare e a me piace tenermi informato, frequentando corsi, visitando fiere ed eventi di settore» prosegue Tino che, tra le altre cose, è parte attiva del circuito di macellerie Passione Preparati, la creatura di FRANCESCA SANTIN. E per il futuro? «A
settembre partiremo con la ristorazione in macelleria, 40 sedute per mangiare e bere, a pochi passi dal mare». Cosa volere di più dalla vita? Elena Benedetti TI.PI.CA. Norcineria dei Nebrodi Via Pio La Torre 17 (792,95 km) 98061 Brolo (ME) Telefono: 0941 560931 E-mail: tinopintaudi@libero.it Web: www.facebook.com/tipicanorcineria.deinebrodi
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MACELLERIE DEL MONDO
A Rurmonda, nella provincia del Limburgo, Olanda
Slagerij Ottenheim, da oltre trent’anni frontiera del gusto di Riccardo Lagorio
F
orse non è a tutti familiare il nome della provincia dove è inserita, il Limburgo. C’è senz’altro da dire però che Maastricht, nel 1992, ricevette grande notorietà per la firma del Trattato da parte di quei dodici Paesi che avrebbero dato vita di lì a poco all’Unione Europea. Una lingua di terra che si insinua verso sud tra Germania e Belgio e che per il suo essere di frontiera garantisce una combinazione di culture che, si sa,
fanno grande la tavola. Rurmonda è una delle città di questa provincia, nota per avere dato i natali a PIERRE CUYPERS, un architetto assai in voga nel XIX secolo, e ai gourmet soprattutto per gli asparagi bianchi, che nella seconda parte della primavera salgono sul podio delle preferenze tra i consumatori. Anche grazie al coinvolgimento dei ristoranti locali, come il Valuas di Venlo (valuas-hr.nl), cittadina a mezz’ora di macchina da Rurmonda verso
nord. A tal proposito, il cuoco ERIC SWAGHOVEN è un prestigiatore con gli asparagi: grigliati, stufati, fritti, serviti come zuppa o in risotto, riesce sempre a esaltarne il gusto. Assolutamente da assaggiare, quando si vada in stagione (fino a tutto giugno), il Merluzzo agli asparagi con pata negra, cipolla caramellata e sherry. Ma soprattutto Rurmonda può contare su una delle più note macellerie della provincia, che vanta oltre trent’anni di attività.
I coniugi Jan e Ria Ottenheim.
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Nell’ultimo decennio i piatti pronti, che prepariamo nel retrobottega, sono diventati assai richiesti, racconta Ria Ottenheim. Rappresentano ben oltre la metà di quanto vendiamo. Inoltre, possiamo tracciare l’origine di tutta la carne che vendiamo poiché la acquistiamo da cooperative composte da piccoli agricoltori. Un servizio in più che difficilmente le grandi strutture possono garantire
L’offerta della macelleria con tagli freschi di pollame, suino e bovino equamente distribuiti, i salumi e i piatti pronti. La gestiscono i coniugi JAN e RIA OTTENHEIM. «Lui era stato educato da amici dei genitori all’attività di macellaio e, quando ci siamo sposati, ha trasmesso anche a me la passione della macelleria. Per questa ragione, ancora da giovani, abbiamo deciso di aprire questo negozio», racconta Ria. Così la domanda corre d’obbligo: se trent’anni fa i desideri dei clienti fossero uguali o se e come si siano modificati. «I desideri dei consumatori si sono modificati parecchio negli anni. In particolare nell’ultimo decennio i piatti pronti, che prepariamo nel retrobottega, sono diventati assai richiesti. Rappresentano ben oltre la metà di quanto vendiamo. Ma soprattutto questo è da mettere in relazione al fatto che ci rivolgiamo a una clientela di fascia di reddito alta,
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che considera un risparmio non dover cucinare». E la concorrenza dei supermercati non la percepite? «Per nulla», risponde facile Ria. «Proprio perché ci rivolgiamo ad un segmento di consumatori ben preciso, sappiamo che questo esige un servizio su misura, che possiamo fornire grazie ai nostri collaboratori». La macelleria dà lavoro a 7 persone, ciascuno con un compito ben preciso. E i vostri clienti sono interessati a conoscere l’origine delle carni che utilizzate? «Questo è un altro aspetto fondamentale. Noi possiamo tracciare l’origine di tutta la carne che vendiamo poiché la acquistiamo da cooperative composte da piccoli agricoltori. Sono loro a comunicarci con precisione il luogo e le modalità di allevamento. Si tratta di un servizio in più che
difficilmente le grandi strutture possono garantire». Così, oltre ad un bancone di tagli freschi dove pollame, suino e bovino sono distribuiti in maniera eguale, numerose vaschette di cibi pronti fanno l’occhiolino ai clienti. Ria ci racconta che durante il periodo estivo il più gettonato è il koude schotel, tecnicamente traducibile come piatto freddo prodotto con maionese, carne di manzo bollita e sminuzzata, patate, piselli, carote e cipolla. La versione deluxe prevede anche ananas. Tuttavia, il piatto pronto più caratteristico è lo zuur vlees. La traduzione di “carne aspra” non dice nulla sulla sua caratteristica saliente: la materia prima è infatti la carne di cavallo, a differenza di altre aree del Paese dei tulipani dove la carne è quella bovina o suina. Lo zuur vlees è uno stufato che prevede
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1) Da qualche anno gli Ottenheim hanno iniziato a produrre anche salumi. Quelli che ci mostra Ria passano sotto il nome di salsiccia contadina, boeren metworst, e si trovano di diverse dimensioni. 2) Il piatto pronto più caratteristico della macelleria Ottenheim è lo zuur vlees, uno stufato che prevede la marinatura della carne di cavallo in aceto e la combinazione con melassa di mela. 3) Il sjtuf sjtumkes, polpette di carne di maiale e riso arrosto lasciate marinare con cipolle, curry e un poco di zucchero. 4) I pastei, salumi a breve maturazione a base di carne e fegato di suino. la marinatura della carne in aceto e la combinazione con melassa di mela che rende la preparazione agrodolce. Spezie, in particolare zenzero, e cipolle contribuiscono a dare freschezza. Si consuma con patatine fritte o purè di patate. Uno dei piatti che ha conquistato gli abitanti di Rurmonda nel corso degli anni è invece il sjtuf sjtumkes. In origine veniva prodotto durante il periodo di carnevale, mentre oggi è apprezzato tutto l’anno. Si tratta di polpette di carne di maiale e riso arrosto lasciate
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marinare con cipolle, curry e un poco di zucchero. La macelleria ha iniziato da qualche anno a produrre anche salumi. Vanno dalla gelatina di pollo al salame. In questo caso la carne viene macinata con piastra da 4 mm e insaccata in budello ricostruito. Passa sotto il nome di salsiccia contadina, boeren metworst. Nel banco frigo se ne trovano di diversi diametri. I pastei sono invece salumi a breve maturazione in cui carne e fegato suino vengono macinati più finemente e inseriti
in stampi, privi quindi di insacco. «Abbiamo iniziato la produzione di salumi perché i clienti li richiedevano. Per questo produciamo anche würstel. Quelli bolliti e affumicati in particolare vengono richiesti soprattutto in inverno». Per la gioia dei turisti tedeschi. Riccardo Lagorio Slagerij Ottenheim Schoenmakersstraat 7 6041 EX Roermond (Olanda) Telefono: 0031 0475 333978 Web: www.slagerijottenheim.nl
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Croazia: l’agroalimentare nel Quarnero studia marketing
Lussino, molto più di hamburger e cevapcici di Gian Omar Bison
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ussino (Lošinj in croato) è una perla tra tante splendide isole dell’arcipelago croato del Quarnero. Una località in grado di unire una rara bellezza paesaggistica ed ambientale alla qualità e completezza dei servizi. Costa frastagliata con tante piccole baie e insenature che si fanno spazio tra scogli e pinete fitte e rigogliose. Spiagge piccole, alcune sabbiose. Turismo balneare certamente, stanziale e nautico da diporto, ma anche
turismo esperienziale, in particolare enogastronomico. Materie prime di prim’ordine, in particolare pesce fresco, accompagnano un vero e proprio paradiso per gourmet: risotti e paste ai frutti di mare, scampi, crostacei e calamari. Ma anche carni diverse con la specialità tipica dell’agnello cotto sotto la campana (peka) a farla da padrona. Il tutto accompagnato da oli d’oliva tra i migliori al mondo e da
un uso sapiente di erbe aromatiche di cui l’isola è ricca. Particolare il mercato del pesce, costruito nel 1898 e aperto tutte le mattine. Ma particolari anche le botteghe e le gastronomie. Tra queste la macelleria di IVE SKAZLIC, cinquantasette anni, nativo di Zara (Zadar) ma a Lussino dal 1979. I coltelli in mano Ive li prende all’età di 18 anni lavorando come garzone in macellerie di Cherso (Cres) e Lussino. Avanti e indietro fino alla location
Il banco carni della macelleria di Ive Skazlic sull’isola di Lošinj (photo © Alvise Bison).
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In alto: Ive Skazlic col figlio Mateo. In basso: l’ingresso della macelleria Skazlic. Oltre a tagli di carne fresca e preparati vari, la proposta gastronomica del negozio comprende prodotti caseari, insaccati, prosciutti e vini a denominazione d’origine (photo © Alvise Bison).
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attuale dove si trova da vent’anni e che recentemente ha restaurato profondamente per lasciare spazio alla proposta gastronomica affinata negli anni, non solo cevapcici e hamburger per quanti questi ultimi siano preparati in modi diversi, ma anche alla rivendita alimentare di vere e proprie eccellenze casearie, di insaccati e prosciutti (spettacolare quello cotto affumicato) e di vini croati a denominazione d’origine. «Anche a livello locale — sottolinea Ive — si è passati da un consumo indistinto alla ricerca della qualità e piacevolezza organolettica delle carni, del taglio, della proposta gastronomica. Il consumo si è ridotto in quantità pro capite ma si lavora bene se uno non si stanca di sperimentare e di cercare la soddisfazione del cliente. Compro la carne da allevatori fidati e so come vengono trattati e alimentati gli animali». Di tutta la carne venduta il 50% è bovina, di razza Simmental soprattutto ma anche Boškarin, il bue istriano, razza autoctona oggetto di recupero e attenzioni particolari in Croazia, il resto equamente distribuito tra avicolo e suino. Particolare l’attenzione per l’agnello, si utilizza quello di Cherso, che qui si consuma come specialità. In bottega con Ive, soprattutto durante la stagione estiva e applicato in particolare al marketing, con un curriculum di studi universitari giuridici e finanziari a Zagabria (l’altra figlia Ivana sta concludendo un dottorato a Vienna), il figlio Mateo. «Ecco — evidenziano — se dobbiamo sottolineare una difficoltà nostra, intesa come insieme di prodotti agroalimentari di qualità che il Paese produce, sta nel marketing. Nella difficoltà che la Croazia ancora ha nel tutelare e promuovere adeguatamente le sue produzioni di qualità accompagnandole nei mercati internazionali. Legando il tutto ad un turismo esperienziale ed enogastronomico che ci cerca, in particolare nell’olio e nel vino. Su questo dobbiamo crescere e nel nostro piccolo dobbiamo farlo anche noi. La recente risistemazione della bottega è stata onerosa ed impe-
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gnativa. Ma non vogliamo fermarci e intendiamo crescere, espandere il nostro business e migliorare nel medio-lungo periodo». A due passi dagli Skazlic la bottega di Boris Tomić, inaugurata ad aprile 2017. Personaggio istrionico ed ospitale con un passato di direttore di una stazione di idrovolanti, che accoglie i turisti, li chiama direttamente dallo struscio serale e li accompagna a degustare vini ed alimenti. «Ma solo se sono veramente curiosi, al
di là del fatto che poi acquistino o meno. Mi piacciono le persone che si domandano cosa stanno mangiando, che vogliono conoscere la provenienza dei cibi e dei vini. Che si interrogano sulla loro abbinabilità e caratteristiche. Non è una regalia ruffiana. È un investimento. Di solito incontro persone che dopo un po’ ritornano e mi chiedono cosa acquistare di particolare. Soprattutto nei vini». Nato e vissuto a Lussino fino ai diciotto anni, studi di marketing
alle spalle, un passato in panetteria a Cherso, Boris è tornato sull’isola nel 2016. «La ricerca della qualità e delle particolarità agroalimentari di valore assoluto, e che magari rischiano di perdersi, è stata sempre il mio pallino. Ed è quello che cerco e propongo nel pane, nelle farine, nei formaggi e negli oli, ma soprattutto nei vini». Tanti i vini, quasi esclusivamente croati, e di produttori che conosce direttamente. Gian Omar Bison
Tris per Roadhouse restaurant: Catania, Vigevano e Ascoli Piceno Tris di aperture per Roadhouse Restaurant, la steakhouse tutta italiana del Gruppo Cremonini (www.cremonini.com). Lo scorso 24 aprile ha infatti aperto un nuovo ristorante ad Ascoli Piceno: si tratta del locale n. 117 della catena e si va ad aggiungere a alle ultime due recenti aperture a Catania e a Vigevano. Quest’ultimo (in foto), situato in viale Artigianato 95 (SP 494 Vigevanese), ha 170 posti a sedere, un ampio parcheggio con oltre 70 posti auto e dà lavoro a 35 giovani. Il ristorante offre le innovazioni tecnologiche comuni a tutti i Roadhouse: il wi-fi gratuito e la possibilità, tramite l’APP Roadhouse, di utilizzare la fidelity card per ottenere sconti e promozioni esclusive, oltre a pagare tramite smartphone evitando la fila in cassa. Inoltre, per tutti i bambini è a disposizione l’innovativa area kids, con giochi interattivi dove potranno divertirsi in tutta sicurezza. Il ristorante di Catania è stato aperto presso il centro commerciale “Porte di Catania”, in via Gelso Bianco 192, ed è il secondo in Sicilia, dopo quello di Palermo inaugurato due anni fa. Il nuovo locale di Ascoli Piceno è invece il quinto nelle Marche: il ristorante si trova presso il centro commerciale “Città delle Stelle” (via Mutilati e Invalidi del Lavoro 106). Con queste nuove tre location i ristoranti Roadhouse diffusi in Italia sono saliti appunto a 117, distribuiti tra Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio e Sicilia. Ciascun locale offre un’esperienza unica nella degustazione delle migliori carni alla griglia e degli altri componenti del ricco menu. Il tutto condito da un attento e accurato servizio al tavolo e dalle migliori opportunità offerte anche dalla Roadhouse Card, con tutti i vantaggi esclusivi per la community, che ad oggi con un incredibile successo ha già superato il milione di iscritti. I ristoranti Roadhouse sono aperti al pubblico 7 giorni su 7, a pranzo dalle 12.00 alle 14.30 ed a cena dalle 19.00 alle 23.30. Il menu prevede un vasto assortimento di piatti unici a base di carne alla griglia (Ribeye, New York Strip, Filet Mignon, TBone Steak, hamburger, ecc…), accompagnati da un’ampia scelta di contorni e seguiti da una ricca varietà di dessert. Il prezzo medio a persona è compreso tra € 17,00 e € 19,00. Nel 2017 Roadhouse, con oltre 2.800 dipendenti, ha realizzato un fatturato di 150 milioni di euro.
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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
Super Furry Animals di Giovanni Papalato
«Finché le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non sono certe, e, finché sono certe, non si riferiscono alla realtà» Albert Einstein 1922, Sidelights on Relativity
S
uper Furry Animals, letteralmente “animali super pelosi”. A Cardiff, nei primi anni ‘90, c’era un collettivo chiamato così. GRUFF R HYS lo vide scritto sulle magliette che la sorella stava stampando in casa e decise che era perfetto per la sua band. Non è dato sapere a cosa si riferissero precisamente quando i musicisti di un gruppo alternative rock gallese scelsero quel nome. Io invece non ho dubbi ad associarvi il maiale di razza Mangalica. Lo so che sembra ridicolo, ma l’avete mai visto? Si tratta, infatti, di maiali tipici delle valli del Danubio, caratterizzati da un pelo folto e riccio, in genere biondo, che li fa somigliare più a pecore che a suini. Crescono lentamente, allo stato brado, e producono carni molto grasse ma con un basso grado di colesterolo (sono infatti ricche di grassi insaturi). Queste caratteristiche hanno fatto sì che in epoca moderna gli allevatori sostituissero la Mangalica — molto resistente al clima rigido —con razze più adatte all’allevamento intensivo e con caratteristiche di maggiore magrezza e crescita più rapida. Fortunatamente, dopo aver quasi rischiato l’estinzione, verso la fine degli anni ‘90 si sono riscoperte le qualità della Mangalica e l’allevamento di questo suino ha ripreso a crescere, tanto che in Ungheria, dal 2007, viene organizzato il Mangalica Fesztivál. La rinascita di questa razza suina è testimoniata anche dalla sua presenza nei menù di alcuni fra i
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più grandi ristoranti del mondo. Personalmente, ne ho assaggiato il prosciutto in un banco storico al Mercato delle Vettovaglie di Livorno, rimanendone entusiasta. Il giorno dopo, tornato a casa, ho messo sul giradischi Fuzzy Logic, appunto di Super Furry Animals. All’inizio dei Novanta, discostandosi dalla musica techno che suonavano in
principio, i Super Furry Animals pubblicano due EP per l’etichetta indipendente Ankst, il primo dei quali in gallese. Sono anni in cui, sull’onda del Welsh Language Act, band come Manic Street Preachers, Catatonia e Gorky’s Zygotic Mynci diventano l’espressione di un fermento culturale importante. È la fine del 1995 quando si concretizza
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l’occasione che cambierà la loro carriera: Alan McGee li vede suonare e li vuole per la sua Creation. Pochi mesi dopo esce il loro debutto Fuzzy Logic. Se facciamo un balzo in avanti di più di due decenni per arrivare ad oggi e, guardando indietro, scorriamo le immagini, troviamo un carro armato acquistato dalla band e utilizzato come sound system nomade in giro per i festival estivi, una raccomandazione parlamentare sul mancato utilizzo della lingua gallese, singoli di successo ultra profani e alcune delle più strane musiche pop mai finite in classifica. Il mondo di Super Furry è un posto strano e bellissimo e, a posteriori, possiamo dire che il quintetto gallese ci stava semplicemente invitando nel suo mondo più semplice. Semplice, non facile. L’iniziale God! Show Me Magic è una furia glamour di 110 secondi, punk e pop, uno sfrontato ossimoro che ci trascina in 40 minuti di canzoni su criceti, unicorni, signori della droga e annunciatori delle previsioni del tempo. Fuzzy Birds è una favola lisergica e irreale, di fiati, distorsioni, ritornello catchy e falsetto. Con Something For The Weekend siamo di fronte ad un brano che
ha tutto per essere un classico. Una corsa verso il ritornello beatlesiano, un solare e liberatorio singalong che non ti lascia quando il brano finisce. Quando parte Frisbee sembra di sentire Pavement e invece ci si muove tra reminiscenze Seventies. Hometown Unicorn è pura psichedelia distillata, poi mischiata col pop e infine rovesciataci addosso. Gathering Moss è una ballata quasi rinascimentale, una chitarra acustica e una voce lontana che sfociano in un epilogo puramente West Coast. Il primo lato si chiude con If You Don’t Want To Destroy You, forse l’episodio musicalmente più convenzionale in ambito britpop del disco, se non fosse per la coda che assomiglia più a una ironica provocazione. Sono velocemente trascorsi venti minuti ma carichi di stimoli e sollecitazioni. Il lato B si apre con un delirio fatto di Fuzz, mellotron, distorsioni vocali e loop che si chiama Bed Behaviour. La tastiera confidenziale con cui si apre Mario Man si perde nella voce filtrata dal vocoder e prende spazio con un giro di basso che si imprime e ci gira intorno, salendo di ritmo. Il protagonista di Hangin’ With Howard Marks è proprio Mr. Nice, uno dei più grandi
spacciatori di marijuana degli anni ‘80 (quando per la sua attività poteva contare 43 false identità) e ha il sapore di una celebrazione irriverente e compiaciuta. Ci sono archi marcatamente mediorientali a caratterizzare la litania di Long Gone e renderla insieme a una struttura veramente minimale qualcosa di inedito rispetto al resto dell’album. La conclusiva For Now And Ever è una pop song smaccatamente Sixties che ha il sapore del vero e proprio commiato e, mentre una voce fuori campo ribadisce il titolo del brano, tutto si conclude come alla fine di un party. E così ci si sente piacevolmente storditi. Fuzzy Logic è il primo disco di Super Furry Animals e, come già espresso, l’introduzione ha qualcosa di estremamente bello e non convenzionale in ambito Indie-pop. Proprio come Livorno, dove ho capito quanto mi piace il prosciutto di Mangalica. Da Carlo, se vi capiterà di andare, ditegli come vi garba Fuzzy Logic. Giovanni Papalato The Worst Taste In Music su Radio Antenna 1 FM 101.3 La Barberia Records Two Lonely Beards Once We Were Kids
La razza Mangalica — o Mangalitza, Mangalitsa — era molto diffusa in passato in Ungheria e nei paesi limitrofi (es. Romania) per la qualità delle carni, impiegate ad esempio per la produzione di salame ungherese. L’origine è incerta: deriverebbe direttamente dal cinghiale europeo (Cornevin), dall’incrocio tra il porco domestico europeo e quello indiano (Nathusius), dal maiale turco (Fitzinger) o dall’incrocio tra il maiale indiano e il cinghiale (Monostori). I suini di questa razza fecero la fortuna degli allevatori ungheresi e di altri paesi balcanici, che ne esportavano in gran numero, specialmente nella seconda metà del secolo XIX e nei primi decenni del XX, sino a quando le razze inglesi si diffusero con rapidità e gli animali molto grassi vennero sempre meno ricercati. Una caratteristica precipua della Mangalica è infatti quella di depositare un’enorme quantità di grasso, il cui spessore sul dorso può superare i 20 cm; anche la carne, gustosissima, è abbondantemente infiltrata di grasso. Il carattere tipico della razza è costituito però dal pelame, in genere biondo o bianco, ma anche nero o ventre di rondine. Le setole sono di due tipi: alcune, lunghe cm 6-8 e spesse 200-230 micron, sono comuni setole; altre, più corte (4-5 cm) e più fini (40-55 micron), sono crespe e conferiscono all’animale un aspetto particolare. Non sono animali di grande mole (l’altezza è di 70-75 cm), ma bene ingrassati possono raggiungere anche i 220-230 kg. Il numero di maialetti per parto è di 6-8 soltanto, ma la carriera riproduttiva è lunga e la resistenza ad avverse condizioni climatiche (freddi intensi) è accentuata (fonte: www.agraria.org; photo © Manfred Ruckszio).
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Barcellona, capitale del food business con Alimentaria e Hostelco Successo di pubblico e di espositori per questa prima edizione delle due manifestazioni che, insieme, hanno creato unâ&#x20AC;&#x2122;unica grande e sinergica piattaforma fieristica dedicata al food
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L’
appuntamento era fissato a Barcellona dal 16 al 19 aprile, per quattro intense giornate infrasettimanali che avrebbero chiamato a raccolta gli operatori internazionali dell’industria alimentare e dell’HORECA. Queste erano le previsioni e così è stato: nel grande quartiere fieristico della Gran Vía, nell’area della Fira de Barcelona, su una superficie di 100.000 m2, a pochi passi dal mare e dal centro della movida catalana delle ramblas, 4.500 espositori provenienti da 70 Paesi hanno accolto quasi 150.000 visitatori registrati,
il 30% dei quali proveniente da mercati esteri. Numeri che testimoniano ancora una volta la forza di Alimentaria come evento fieristico attrattivo per buyer e operatori che sono giunti nella metropoli catalana da oltre 156 Paesi per scoprire nuovi prodotti agroalimentari. La sinergia Alimentaria + Hostelco L’abbinata Alimentaria e Hostelco, la prima rassegna dedicata al food con settori multiprodotto e tematici (tra cui carne, conserve, vino, olio, panetteria) e la seconda pensata per il mondo HORECA, è stata deci-
Seguendo la formula multiprodotto, Alimentaria si è articolata anche quest’anno attraverso sei saloni tematici specializzati: Intervin, Intercarn, Restaurama, Interlact, Expoconser e Multiple Foods. L’edizione 2018 si è svolta insieme a Hostelco, la piattaforma internazionale dell’alimentazione, della gastronomia e dell’ospitalità (photo © Alimentaria Barcelona). Nel padiglione dedicato alla carne, era presente anche Vion Spain S.L., società del Gruppo olandese-tedesco leader nel mondo delle carni.
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1) Sjoerd van Leeuwen, sales director, e Axel Reese, managing director di Vion Spain S.L. 2) Foto di gruppo per Gutrei Galicia di Boveda (Lugo, Spagna), con i titolari Miguel Angel Gutiérrez Reimondez e José Manuel Gutiérrez al centro, insieme a Matteo Marchetti, export sales manager per l’Europa. 3) Andrea Conticelli, dell’omonima Andrea Conticelli Meat & Food Trading di Aquileia (UD), con Guillelem de Planell, Josep Viñas, Joan Valls, referenti di Grup Viñas, solida azienda spagnola che vanta oltre 50 anni di esperienza nella produzione di carne bovina. samente vincente poiché sinergica nell’offerta di prodotti e funzionale l’una all’altra. Il risultato è stato quindi «un primo grande evento internazionale che è un primo impegno a ripetere l’abbinata per il futuro», come ha sottolineato a poche ore dalla chiusura della fiera il presidente di Fira de Barcelona e Alimentaria, JOSEP LLUÍS BONET. Alimentaria e Hostelco 2018 si collocano a pieno titolo tra le più
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importanti fiere europee dell’agroalimentare nei rispettivi settori di appartenenza (food, bevande e foodservice da una parte, attrezzature, servizi per ristoranti, hotel e catering dall’altra), creando così un’offerta completa e trasversale per gli operatori del mondo food e HORECA. Pienamente soddisfatto anche il direttore generale di Alimentaria Exhibitions, J. ANTONIO VALLS, che ha sottolineato «quanto le dinamiche
espresse dai due saloni hanno dato vita ad un evento strategico che, ancora una volta, ha confermato la forte propensione all’innovazione». Il presidente di Hostelco, RAFAEL OLMOS, ha poi dichiarato che «questa nuova piattaforma contribuirà sempre più alla crescita dell’hôtellerie della ristorazione e dei servizi di catering, consolidando al tempo stesso l’internazionalizzazione della food industry».
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La cultura della carne italiana, tra professionalità e innovazione tecnologica Nel corso delle giornate fieristiche ad Intercarn, la piattaforma dedicata alle proteine animali di Alimentaria 2018, si sono svolti numerosi eventi tra show cooking, presentazioni, spunti di riflessione sulle attuali tendenze del commercio e del consumo delle carni, con attenzione a kosher e halal, all’innovazione di prodotto e alle Dop e Igp di salumi e carni. Non sono mancati workshop e demo sulle carni, tra cui uno seguitissimo con protagonista Dario Cecchini dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti (FI). Insieme a lui era presente il dottor Alessandro Cuomo, molto attivo in Spagna con corsi di formazione con la Federazione dei macellai spagnoli e con l’IRTA, l’istituto di ricerca dell’Università della Catalogna. «Esistono numerose metodologie per “conservare” la carne, ma solo con una è possibile maturare e gestire questo prodotto in modo sicuro e legale, protetto dall’unico brevetto esistente per la trasformazione della carne autorizzato dall’European Patent Office (EPO)» ha spiegato Cuomo nello spazio Maturmeat® ad Alimentaria. Questo metodo di maturazione è conforme alle normative europee e sono moltissimi oggi gli operatori nel settore carne, dalle macellerie, ai banchi assistiti della GDO, dai ristoranti al foodservice, che propongono prodotti di alta gamma, qualitativamente elevati e con un brand forte e riconoscibile.
Più business, innovazione e gastronomia L’unione delle due fiere ha attratto 1.400 operatori professionisti tra buyer, importatori e distributori provenienti da Europa, Asia, America Latina e USA. Nelle giornate fieristiche si sono contati 12.500 incontri B2B con gli espositori (+10% rispetto alla scorsa edizione). Questi meeting sono stati organizzati con la collaborazione del Ministero dell’a-
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gricoltura spagnolo (MAPAMA) e con ICEX España, l’ente governativo che promuove l’agroalimentare della penisola iberica. Ma non si è solo parlato di business in fiera. I visitatori hanno anche partecipato a numerosi eventi, workshop e demo, dal disosso delle carni con il nostro DARIO CECCHINI dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti (FI), tra i più fotografati e ripresi con ampia eco sui vari canali social, a degustazioni guidate
di oli, cocktail, formaggi, salumi spagnoli (primo fra tutti lo Jamón ibérico). Appuntamento al 2020 La prossima edizione di Alimentaria & Hostelco si terrà dal 20 al 23 aprile 2020 sempre all’interno della Gran Vía della Fira de Barcelona. Ci saremo! >> Link: www.alimentaria-bcn.com www.instagram.com/alimentariabcn
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Occhi puntati su Future Lab, il laboratorio delle anticipazioni alimentari di SIAL Paris
#SIALFUTURELAB, il futuro dell’innovazione alimentare è qui
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rima dell’innovazione ci sono riflessioni, perplessità e test condotti da ricercatori, divisioni R&S… Poi, misteriosamente, improvvisamente, la creazione prende vita, l’invenzione, quella che sarà ben in vista sugli scaffali dei punti vendita di tutto il mondo. Tutta quella materia grigia che sta dietro a questo processo trova finalmente il suo spazio in un grande appuntamento dedicato all’alimentazione: ecco che si accendono i riflettori su Future Lab. L’invenzione alimentare, il lato nascosto del food SIAL Paris, primo appuntamento mondiale per l’innovazione alimentare, uno dei luoghi in cui si inventa l’alimentazione di domani, vuole mettere in luce proprio questo lato nascosto. «Ma questo può succedere solo a SIAL Paris!» dichiara NICOLAS
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TRENTESAUX, direttore del network SIAL. «Probabilmente sono sia giudice che parte in causa, e quindi non necessariamente il miglior osservatore per essere obiettivo, ma c’è una realtà che emerge dai nostri 54 anni di storia e da tutte le esperienze e le storie di successo vissute dai nostri partner, espositori e visitatori. Il più grande laboratorio alimentare è qui a Parigi». Future Lab fa eco al SIAL Innovation. «Volevamo andare oltre il concorso SIAL Innovation per capire la storia e persino la preistoria dell’innovazione del food», conclude Trentesaux. Benvenuti nel pianeta food di domani Immaginiamo Future Lab come una proiezione nel futuro, uno spazio in cui sogno e realtà si intersecano. Questo spazio sarà posizionato nella zona all’ingresso del padiglione 6.
Fin dalla sua creazione, SIAL Paris ha puntato sull’innovazione, col 10% circa dell'innovazione mondiale alimentare presentata dai suoi espositori. Nel 2018, il salone sarà di nuovo il più grande laboratorio del pianeta food, dove gli operatori saranno in grado di testare migliaia di nuovi prodotti dal vivo. E con Future Lab si andrà ancora più lontano, grazie ad uno spazio che regalerà ai visitatori davvero una visione del futuro
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Organizzato da Comexposium Group, SIAL Paris è una delle fiere di SIAL Network, il più importante network mondiale di saloni dedicati all’alimentazione e alle bevande. Gli otto appuntamenti targati SIAL (SIAL Paris, SIAL Canada a Montréal e Toronto, SIAL Chine, SIAL Middle East e SIAL Interfood Giacarta e FOOD India Inspired by SIAL, a New Delhi) riuniscono 14.535 espositori e 359.800 visitatori provenienti da 194 Paesi. #SIALFOODLAB per iniziare #SIALFOODLAB è la prima dimensione di Future Lab, un “tunnel” in cui immergersi per scandagliare le tematiche alimentari che saranno al centro dei nostri pensieri in un futuro non troppo lontano. Ad esempio, quali proteine alternative saranno necessarie per nutrire 8,6 miliardi di persone entro il 2030? Se alcune persone si affidano alla carne “coltivata” in laboratorio, altre stanno considerando soluzioni vegetali. Insomma, il settore delle proteine alternative a quelle animali promette numerose e originali innovazioni! Tra gli altri argomenti trattati nell’ambito di #SIALFOODLAB, il “fatto in casa” digitalmente assistito e in che modo l’intelligenza artificiale rivoluzionerà — qualunque sia la tecnologia o lo scenario che prevarrà — le nostre pratiche alimentari. #SIALRISINGSTARTUP, lo spazio delle start up europee innovative La seconda dimensione di Future
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Lab è #SIALRISINGSTARTUP, uno spazio che offre l’opportunità ad una cinquantina di nuove aziende europee di partecipare a SIAL Parigi 2018. #SIALRISINGSTARTUP metterà in luce alcuni giovani designer che sono arrivati quasi al traguardo della loro avventura ovvero trovare soluzioni per l’alimentazione del futuro in termini di nuovi prodotti, servizi, packaging… Progettato in collaborazione con il network IDEFI-ECOTROPHELIA, #SIALRISINGSTARTUP sarà il primo spazio europeo dedicato alle start up nel settore agroalimentare. Selezionati per la loro audacia ed inventiva, in collaborazione con il network universitario europeo, questi giovani avranno un’ampia visibilità, in una fase cruciale della loro esistenza: la nascita. #SIALRISINGSTARTUP darà loro l’opportunità di condividere le esperienze con un gruppo di imprenditori, investitori, potenziali clienti e mass media, con l’obiettivo di conquistare un giorno, chi lo sa, il pianeta food.
#SIALVRLAB ovvero quando la realtà virtuale conquista il pianeta food #SIALVRLAB è la terza dimensione di Future Lab, quella virtuale. Creata in collaborazione con Laval Virtual/EasyCom, è un vero e proprio viaggio virtuale nel settore dell’alimentazione, per capire come questa tecnologia rivoluzionerà la nostra alimentazione quotidiana, al ristorante, al lavoro o a casa. #SIALVRLAB offre quattro diverse animazioni di realtà virtuale, con diversi tipi di cuffie, usi e applicazioni settoriali. Le sfide della realtà virtuale dell’alimentazione presto non avranno segreti per i visitatori di SIAL Paris.
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LA PAGINA SCIENTIFICA
L’aggressività fra bovini da carne Gestire questo comportamento è indispensabile per ottenere carcasse di buona qualità commerciale e per tutelare il benessere degli animali. Le cause sono molteplici e gli interventi devono essere valutati con attenzione di Giulia Mauri
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ARIA DEVANT GUILLE esper-
ta di nutrizione e management dei bovini della Ruminant Production dell’IRTA spagnolo è intervenuta alla sessione sul benessere dei vitelloni da carne del convegno internazionale della Sivar (Cremona, Centro Studi EV, 10-12 maggio 2017), durante il quale si è
anche parlato del comportamento aggressivo degli animali. Un problema, se gestito in maniera non adeguata, perché le lesioni e lo stress che i vitelloni si producono hanno effetti diretti sulla qualità e il prezzo della carcassa: gli ematomi sono visibili subito al macello e comportano un calo di reddito
per l’allevatore, ma anche per il macellatore perché le carni di animali stressati sono più facilmente DFD: più scure e con possibilità di conservazione più breve. Ma ancora di più, l’aggressività può costituire un punto critico per l’allevatore a monte, quando ha delle ricadute sull’accrescimento dei capi e sul
Bovini di razza Limousine. In Francia è la seconda razza da carne dopo la Charolaise.
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loro accesso a mangiatoia e abbeveratoio. L’aggressività è un fatto normale nei giovani maschi: è legata al loro sviluppo e all’influsso degli ormoni sul comportamento. Va tenuto conto di questo fatto quando si ha un problema di lesioni degli animali che stanno per essere inviati al macello. Ma esistono anche elementi strutturali e gestionali che favoriscono il manifestarsi di questo tipo di comportamenti. Ad esempio, la formulazione della razione influenza il comportamento dei bovini, compreso quello di aggressività (ne abbiamo parlato nell’articolo “Gli effetti dell’alimento sul benessere del bovino da carne”, in EUROCARNI n. 5/2018, pagina 96). Sono rilevanti poi anche l’organizzazione dei gruppi — che vengono rimescolati al loro arrivo e che sono stati rimescolati anche al momento della loro partenza dai luoghi di origine —, la densità dei capi nel box, la conformazione di questo, soprattutto per quel che riguarda l’accesso alla mangiatoia e all’abbeveratoio, la presenza di lettiera e la sua pulizia… Tutti questi elementi giocano un ruolo sul comportamento anche aggressivo degli animali. Comportamento interattivo Questo comportamento, però, è quasi sempre multifattoriale. Ecco perché di ogni allevamento deve essere valutata l’incidenza dei singoli possibili fattori scatenanti. L’osservazione diretta degli animali per un tempo sufficientemente lungo permette di farsi un’idea della
problematica della stalla. Tenendo conto che è necessario saper distinguere fra interazione e aggressività. Ad esempio, sono comportamenti sociali l’horning — lo spingersi reciprocamente ponendosi testa contro testa— e il grooming (attività di leccamento) reciproco o rivolto verso se stessi (il cosiddetto self grooming). Quando si assiste ad una lotta fra bovini, invece, si vedono altri tipi di comportamento, principalmente tre: la monta, lo “spiazzamento” (un capo spintona via l’altro animale) e le testate rivolte su varie parti del corpo. Aggressività sessuale Una certa percentuale di aggressioni è però riconducibile alle caratteristiche sessuali. L’aggressività tra maschi, infatti, è notoriamente correlata alla concentrazione ematica dell’ormone testosterone. È un tipico comportamento sessuale l’aggressività finalizzata al controllo del territorio. Questo tipo di aggressività comincia a manifestarsi verso i 6 mesi, con il sopraggiungere della pubertà, e si intensifica sensibilmente dopo i 9 mesi di età. Il testosterone influenza i circuiti encefalici che regolano il comportamento sessuale e, nei maschi, anche quelli aggressivi. Ecco perché le castrazioni che riducono fino a estinguere la presenza di testosterone nel sangue riducono l’aggressività. Sterilizzando i tori si assiste ad una riduzione (non alla completa estinzione però) dei fenomeni di lotta quali le testate sul corpo, gli spiazzamenti e le monte.
L’immunosterilizzazione o immunocastrazione si ottiene intervenendo chimicamente sull’animale. È diffusa in Nuova Zelanda e in Brasile, Paesi in cui si effettua il pascolo libero e dove i consumatori apprezzano la carne marezzata, tipica degli animali castrati. Il Canada sta valutando l’opportunità di consentire nuovamente questa pratica che, attualmente, non è consentita in Europa, dove non ci sarebbero i presupposti culturali per portare avanti la richiesta per la sua diffusione
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Castrazione chirurgica La sterilizzazione può essere eseguita chirurgicamente oppure chimicamente. Quella chirurgica è definitiva, ma non è facile da affrontare. Attualmente è consentita dalle normative se eseguita con analgesia e anestesia. Tuttavia, è possibile che in futuro venga fortemente limitata o bandita a causa di motivazioni etiche avanzate da settori della società. Ma finché rimane legale, quando e come è opportuno procedere con la castrazione chirurgica? Eseguita a differenti età, si riverbera in maniera differente sia sul benessere dell’animale sia sulla qualità della carcassa. Dati alla mano, la Devant ha spiegato che, se condotta prima dei tre mesi di età, la castrazione è di facile esecuzione, ma comporta un calo di performance sia per quanto riguarda l’accrescimento sia per la qualità della carcassa poiché la massa muscolare si riduce. «Superati i tre mesi di età del torello invece è molto dolorosa, anche se eseguita con sedazione. Su capi superiori ai sette mesi inoltre diventa davvero di difficile esecuzione». Castrazione chimica L’immunosterilizzazione o immunocastrazione si ottiene invece intervenendo chimicamente sull’animale. Influenza il rilascio dell’ormone GnRH e non ha effetto permanente. Per poter essere efficace sono necessarie due inoculazioni. È diffusa in Nuova Zelanda e in Brasile: in questi Paesi si effettua il pascolo libero, che renderebbe probabilmente troppo pericolosa per l’uomo la presenza di bovini interi. Ma, cosa fondamentale, in questi Paesi i consumatori apprezzano la carne marezzata, tipica degli animali castrati. Il Canada sta valutando l’opportunità di consentire nuovamente questa pratica. Che invece non è consentita in Europa: la Devant ha spiegato che da noi non ci sono i presupposti culturali per portare avanti la richiesta di diffondere questa pratica, che modifica il peso delle carcasse e, soprattutto, la qualità delle carni in maniera peggiorativa per le nostre esigenze
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Le lesioni e lo stress che i vitelloni si producono hanno effetti diretti sulla qualità e il prezzo della carcassa. Gli ematomi sono visibili subito al macello e comportano un calo di reddito per l’allevatore, ma anche per il macellatore perché le carni di animali stressati sono più facilmente DFD: più scure e con possibilità di conservazione più breve. di mercato. E probabilmente la società avrebbe da ridire sulla diffusione di questo procedimento: è facile immaginare la circolazione incontrollata di allarmismi sugli effetti deleteri delle carni di animali trattati in questo modo sulla salute dei consumatori. Aggressività nel gruppo Un’altra causa di aggressività nei tori è la nostra abitudine di raggruppare per l’ingrasso gli animali di diversa provenienza. I gruppi sono costituiti in base a età e peso corporeo omogenei e si dà per scontato che nei giorni successivi le interazioni fra gli animali, soprattutto quelle di tipo aggressivo, saranno numerose. È un fattore di stress in più, che va a sommarsi allo stress del viaggio, del cambio di alimentazione, di clima e di stabulazione. I torelli combattono per costituire le relazioni di dominio, che sono molto stabili, una volta definite. Una volta che si sono presi reciprocamente le misure, infatti, ogni
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animale è in grado di stimare le sue probabilità di vittoria e mantiene la posizione ottenuta attraverso i precedenti combattimenti. Stabilitasi la gerarchia, il torello che è risultato essere dominante sugli altri utilizza solo atteggiamenti di minaccia (gli basta uno sguardo) per mantenere il suo rango, mente quelli con posizione più incerta proseguono più a lungo i loro scontri. Si è visto che peso corporeo ed età definiscono molto spesso l’esito delle interazioni aggressive, anche se non sono gli unici fattori che entrano in gioco: ad esempio le tecniche apprese nel comportamento di horning e le esperienze sociali pregresse possono essere “l’asso nella manica” di qualche animale meno prestante ma più baldanzoso degli altri. Si sa che vitelli che hanno potuto interagire fin dalla nascita con conspecifici sono più sicuri di sé e appaiono dominanti su quelli allevati isolati, anche a distanza di tempo (si veda l’articolo “Box singoli per vitelli: effetti deleteri sul comporta-
mento” pubblicato su EUROCARNI n. 4/2017). Invece, si sa ancora poco studi sui reali vantaggi che alcune caratteristiche delle corna possono portare all’animale nelle sue interazioni con il resto del gruppo, ha spiegato la Devant. Ma tutti questi fattori — abilità nell’horning, esperienze sociali, peso ed età —, per quanto importanti, non sono sotto il controllo dell’allevatore italiano, che in genere segue solo la parte di ingrasso e finissaggio dell’animale. Invece, la composizione del gruppo e le caratteristiche della stalla possono essere decise da chi segue le fasi finali di allevamento. La Devant ha spiegato che esistono due differenti scuole di pensiero per la formazione dei gruppi: alcuni sostengono sia meglio comporre gruppi eterogenei per taglia in quanto — se l’alimento è fornito in maniera adeguata a tutti gli animali — col tempo raggiungeranno tutti la stessa taglia. In compenso, la struttura sociale di questi gruppi si forma con maggior
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tranquillità in quanto i capi più piccoli sono ben consci delle loro possibilità, rinunciano in partenza a competere con quelli più robusti e si accontentano di accedere alla mangiatoia anche in un secondo momento. L’importante, in questi casi, è riuscire ad avere una razione ben miscelata, che non permetta ai primi di selezionare i bocconi più appetibili. La taglia degli animali più grandi del gruppo verrà raggiunta da tutti i membri del gruppo. Altri invece sostengono che comporre gruppi omogenei permetterà di avere a fine ciclo più omogeneità negli animali e, in generale, che sia più facile da un punto di vista gestionale lavorare su gruppi di animali della stessa taglia ed età. Anche perché con taglie ed età differenti ci si trova magari nella necessità di inviare gli animali dello stesso box al macello in momenti differenti. Il che è sicuramente poco pratico ed espone a un raggruppamento sul camion di vitelloni di diversi box — e il viaggio è di per sé già stressante — con un innalzamento del rischio di avere picchi di stress e carni a rischio DFD. In realtà gli studi sono molto contraddittori: a volte sembra che vi siano più monte nei primi tempi di composizione dei gruppi eterogenei, altre volte invece che siano messe in atto soprattutto nei gruppi omogenei in quanto la creazione dei rapporti di dominanza risulta più difficile. «Quello che appare chiaro con gli studi è che i gruppi formati con animali giovani presentano meno episodi di monta. Questo perché probabilmente i giovani comprendono prima le relazioni di dominanza che possono instaurarsi» ha spiegato la Devant. Dunque sarebbe opportuno concentrarsi sull’età degli animali più che sulla loro omogeneità. «Capisco che gli allevatori vorrebbero sentirsi dire suggerimenti più chiari in merito, ma al momento non abbiamo abbastanza studi per spingere con la massima convinzione la composizione di gruppi non omogenei» ha concluso la ricercatrice. Giulia Mauri
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Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali
Nasce il Progetto SUIS, Suinicoltura Italiana Sostenibile
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l Progetto SUIS “Suinicoltura Italiana Sostenibile”, previsto nell’ambito del PSRN – Biodiversità sottomisura 10.2, è un’importante novità per il miglioramento genetico delle razze Large White, Landrace e Duroc italiane selezionate per il suino pesante DOP. Il progetto prevede l’utilizzo delle nuove conoscenze della genomica (DNA) per migliorare in modo più efficace l’efficienza produttiva dei suini e delle scrofe, per selezionare suini più docili e adatti all’alleva-
mento in gruppo, per ottenere suini più resistenti alle malattie (PRRS e enteriti) ed all’aumento delle temperature estive. L’attività è iniziata nel corso del 2017 con la raccolta di nuovi fenotipi, metaboliti e genotipi nei centri genetici ANAS e negli allevamenti pilota del Libro genealogico. Benessere La normativa vigente (Direttiva 2008/120/CE e DLgs 122/2011) prescrive l’allevamento in gruppo
delle scrofe nella fase di gestazione; inoltre, esiste un crescente orientamento per prevedere nel prossimo futuro forme di allevamento che assicurino il comportamento sociale dei suini in tutte le fasi di allevamento. Nell’allevamento in gruppo, le aggressioni provocano sofferenza e peggiorano l’efficienza produttiva. Il fenomeno è scatenato da diversi fattori di natura ambientale, ma esiste una variabilità tra razze e tra individui entro razza. L’aggressività tra soggetti allevati in gruppo
Il progetto SUIS – Suinicoltura Italiana Sostenibile ha tra i suoi obiettivi il miglioramento genetico del benessere animale e della resistenza allo stress ambientale e alle malattie (photo © Rainer Fuhrmann – Fotolia).
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La capacità dei suini di adattarsi a diversi stressori (ambiente e malattie) è uno degli aspetti più importanti per consolidare la sostenibilità dell’allevamento delle razze italiane. Per quanto riguarda lo stress ambientale, le crescenti temperature medie rendono opportuno prevedere la selezione di suini più resistenti al caldo
e la paura nell’interazione con l’uomo sono aspetti parzialmente ereditabili; oltre a ciò, esiste una correlazione positiva tra la minor paura dell’uomo e una minore mortalità dei suinetti in lattazione (GRANDISON K. et al., Livest. Prod. Sci. 2003; 83, 141-151). Pertanto, il benessere dei suini può essere migliorato attraverso la selezione per ridurre l’aggressività tra animali e la paura verso l’uomo. La selezione di animali docili assume quindi una rilevante importanza per la sostenibilità dell’allevamento delle razze italiane negli allevamenti intensivi del nostro Paese. La questione è rilevante anche da un punto di vista giuridico: la normativa europea e nazionale (Dir. 2008/120/CE; DLgs 122/2011) consente il taglio delle code solo in via eccezionale e, per ribadire tale obbligo, la Commissione europea ha di recente emanato la Raccomandazione UE 2016/336, contente misure per ridurre il ricorso al taglio della coda. ANAS ha avviato la rilevazione di dati animal based sul benessere e sul temperamento dei suini al fine di valutarne l’adattamento agli ambienti di allevamento intensivo. ANAS intende anche verificare l’applicabilità di una selezione con marcatori Marker Assisted Selection (MAS) per il benessere animale sulla base dei polimorfismi del genoma suino con effetti su parametri metabolici e fisiologici che influenzano il temperamento. Resistenza allo stress ambientale La capacità dei suini di adattarsi a diversi stressori (ambiente e malattie) è uno degli aspetti più importanti per consolidare la sostenibilità dell’allevamento delle razze italiane. Per quanto riguarda
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lo stress ambientale, le crescenti temperature medie rendono opportuno prevedere la selezione di suini più resistenti al caldo. La tolleranza allo stress termico è stata oggetto di alcuni studi che hanno messo in luce una certa variabilità genetica tra individui e razze (BLOEMHOF S. et al., 2008; J. Anim. Sci. 86; 3330-3337). ANAS ha avviato la registrazione di dati per valutare la resistenza agli stress ambientali. In particolare, temperatura ed umidità saranno messe in relazione con i parametri di accrescimento, consumo degli alimenti e con le informazioni sanitarie e sarà valutato l’effetto di interazione tra genotipi ed ambiente con particolare riferimento alla risposta adattativa degli animali (resilienza). La verifica della variabilità individuale della risposta agli stress ambientali potrebbe permettere la messa a punto di schemi di selezione per animali resilienti con effetti positivi anche sullo stato di benessere della progenie ottenuta. L’obiettivo è il miglioramento dello stato di benessere dei suini attraverso la selezione di animali resilienti, che meglio sopportino aumento e sbalzi di temperatura e umidità ambientale. Resistenza alle principali malattie di interesse zootecnico La PRRS (Porcine Respiratory and Reproductive Syndrome) è considerata il più rilevante problema sanitario dei suini a livello mondiale. Si tratta di un virus capace di distruggere i macrofagi e quindi compromettere un’importante parte delle difese immunitarie dell’organismo. Questo virus ha inoltre un’alta capacità mutante che rende più complesso il quadro eziologico e la possibilità di
mettere a punto vaccini efficaci. Si stima che in Europa il danno economico per gli allevamenti suinicoli ammonti a 1,5 miliardi di euro (fonte: Pig Progress n. 2/2017). ANAS sta verificando l’associazione tra alcuni marcatori DNA e la resistenza alla PRRS o altre malattie. Qualora fosse confermata l’associazione, alcuni marcatori potrebbero essere utilizzati per la Marker Assisted Selection. La riproduzione di animali più resistenti permetterebbe la riduzione di morbilità, mortalità e scarti e contribuirebbe al miglioramento della salubrità dei prodotti e alla riduzione dell’uso di antimicrobici. Un altro problema sanitario rilevante è rappresentato dalle patologie enteriche: in particolare è stato dimostrato che i marcatori genetici MUC4 e FUT1 sono connessi alla resistenza alle forme enteriche da E. Coli nella fase di allattamento. Purtroppo, le situazioni più critiche si manifestano però nelle fasi successive. È ipotizzabile l’esistenza di altri geni di resistenza che potrebbero consentire di ridurre l’uso di farmaci. Diversi studi si sono basati su prove di challenge che sono costose e difficilmente attuabili nelle condizioni di allevamento. ANAS sta quindi considerando fenotipi misurabili in condizioni di allevamento. Per esempio, dati riguardanti profilassi e terapie praticate, comparsa forme enteriche post-svezzamento, esiti ispezioni sanitarie al macello, esiti analisi sanitarie, andamento curve di accrescimento e di consumo alimentare giornaliero. Questi dati vengono utilizzati in studi di associazione con le informazioni ricavate dalla genotipizzazione degli animali interessati, col fine di individuare marcatori utili per la selezione di animali più resistenti. (Fonti: ANAS – Associazione Nazionale Allevatori Suini MiPAAF – Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali)
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Il rosso che illumina la mente di Alfonso Piscopo
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lcune correnti di pensiero come il veganismo hanno voluto inculcare nell’opinione pubblica come le proteine animali, indicate commercialmente con la denominazione di “carne” e abbinate al colore rosso, influenzino negativamente il comportamento e il carattere di chi se ne ciba. Di converso, il vegetarianismo o vegetarismo creerebbe le basi per un atteggiamento caratterizzato da mitezza, socialità e condivisione. Come a dire che gli uomini che si cibano di proteine animali siano responsabili dell’inciviltà e della violenza di questo mondo. Al contrario, gli uomini che si cibano di sole proteine vegetali (“verdure”, abbinate al colore verde), sarebbero la parte
perbene e benpensante del pianeta. Una sorta di visione daltonica della realtà, che ha come obiettivo un allarmismo ingiustificato. Il daltonismo imperante e il rosso che illumina la mente La carne bovina fa parte del gruppo delle carni rosse e il suo caratteristico colore, contrariamente a quanto si pensa, non è provocato dalla presenza di sangue all’interno delle fibre muscolari bensì di una particolare proteina: la mioglobina. Questa proteina, a seconda della quantità di ossigeno presente nella fibra, dona alla carne il tipico colore rosso. È risaputo che per queste proprietà la carne svolge una funzione antianemica, e questo vale
sia per le carni rosse che per quelle bianche (la quantità di ferro contenuta nelle carni bianche è di poco inferiore a quella delle carni rosse), mentre la carne di cavallo supera le prime, contenendone fino al 50% in più. È ricca di proteine facili da assorbire e con elevato potere biologico perché si completano in amminoacidi essenziali. È ricca di creatina, stimolatrice dell’aumento di energia e della massa muscolare, e di CLA, acronimo di Acido Linoleico Coniugato. Il CLA derivato dell’acido linoleico, come per i capostipiti acidi grassi Omega-3 e Omega-6, non può essere sintetizzato dal nostro organismo e deve essere assunto con la dieta. L’acido linoleico trae origine dai vegetali: i
La carne è ricca di proteine di facile assorbimento e di elevato valore biologico; è ricca di creatina, che stimola sia l’aumento di energia dell’organismo, sia della massa muscolare; è ricca di CLA, un acido grasso polinsaturo derivato dall’acido linoleico capace di modificare la composizione corporea favorendo sia l’aumento di massa muscolare, sia la perdita di grasso; contiene vari minerali e in particolare ferro, sodio, potassio e zinco.
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Le carni rosse generalmente sono più ricche di ferro eme, zinco, selenio e di vitamina B12 rispetto alle carni bianche. Il contenuto in grassi e in colesterolo invece in genere è inferiore nelle carni bianche, dove sono concentrati principalmente nella pelle, per cui la sua rimozione ne determina una riduzione notevole
ruminanti lo assumono con il foraggiamento e, tramite l’azione dei loro stomaci e della loro microflora, lo trasformano in CLA. L’uomo può fornirsi di questo grasso essenziale attraverso la carne di ruminanti (bovino, vitello, capretto, agnello), benché altri animali siano in grado di produrlo (come il pollo e il suino). I ruminanti però lo producono anche per mezzo della ghiandola mammaria, per cui altre fonti di assunzione primaria sono il latte e suoi derivati. Il CLA concorre alla riduzione di grasso corporeo e allo sviluppo della massa magra, inoltre svolge un’azione benefica sul sistema immunitario, sul sistema cardiovascolare e sul regolamento del tasso glicemico. La carne bovina è ricca di zinco, fosforo, rame e selenio ed è tra i nutrienti che incidono maggiormente sullo sviluppo delle abilità cognitive nelle varie fasi evolutive dell’uomo. In generale tutti i cibi di origine animale favoriscono il corretto sviluppo del cervello grazie a particolari nutrienti che il nostro corpo non riesce a generare autonomamente. La prolungata carenza di vitamina B12, ad esempio, ha effetti sul funzionamento cognitivo di adolescenti che praticano una dieta macrobiotica protratta fino all’età di 6 anni, rispetto ai ragazzi della stessa età che seguono una dieta onnivora. I primi presentano
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La carne, soprattutto quella di manzo e in modo particolare il fegato dell’animale, rappresenta un’ottima fonte di vitamina B12, essenziale per la sintesi degli acidi nucleici, quindi dei globuli rossi e del tessuto nervoso. livelli più bassi di intelligenza fluida, capacità spaziale, memoria a breve termine rispetto agli altri. Anche lo zinco è essenziale per l’attività cerebrale, contribuendo a migliorare l’azione dell’ippocampo e rafforzando la memoria. Lo zinco si accumula infatti nei tessuti cerebrali, all’interno delle cellule dei muscoli, ossa, pelle e fegato, in minima percentuale nel plasma e nei globuli bianchi. L’azione del ferro favorisce diversi meccanismi enzimatici del cervello, tra cui quelli che riguardano la produzione di energia, la sintesi del recettore della dopamina, la mielinizzazione delle cellule nervose e la regolazione della sua crescita. Com’è noto il ferro e lo zinco
contenuti nella carne si assorbono meglio rispetto a quelli presenti nei vegetali, a causa dei legami con alcune sostanze come i fitati. Infine, sono da abbandonare le preoccupazioni che la carne sia un nutriente ad alto contenuto calorico. I progressi dell’industria del settore hanno portato a produrre carne con una riduzione della presenza di grasso fino al 30%. Vale comunque sempre il concetto che una sana alimentazione è il punto di partenza per la salvaguardia della nostra salute. Alfonso Piscopo Dirigente Veterinario Azienda Sanitaria Provinciale Agrigento Veterinario del Servizio Sanitario Nazionale
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TECNOLOGIE
CSB Factory Erp è il factory software dell’anno nella categoria “Soluzioni complete”
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l 2018 è stato il primo anno in cui si è svolto il concorso “Factory Software dell’anno” nell’ambito del “Congresso Factory Software 2018” organizzato dal Centro Applicazioni Industria 4.0, cattedra di informatica aziendale, processi e sistemi dell’Università di Potsdam, il 15 e 16 febbraio scorsi a Francoforte, in collaborazione con le edizioni berlinesi GITO, che da anni divulgano il sapere degli esperti nella pratica industriale, attraverso molteplici canali (web, carta stampata, seminari, ecc…). Le funzionalità dei software sono state presentate davanti ad
una rinomata giuria composta da consulenti, esperti del settore e giornalisti. Le candidature erano distinte per le diverse categorie, vale a dire: • Gestione dei processi; • Logistica; • Visualizzazione; • MES; • Security; • Internet of Things; • Industria 4.0; • Soluzioni complete. I premi sono stati assegnati sulla base delle prestazioni nelle seguenti aree:
La giuria ha apprezzato particolarmente la molteplicità di funzioni del software sviluppato dal gruppo CSB-System, poiché il CSB Factory ERP copre l’intera catena di creazione di valore aggiunto, sia per la produzione sia per la logistica, nei settori Alimenti & Bevande, Chimica, farmaceutica e Cosmesi
Il CSB Factory ERP fornisce un vantaggio in termini di trasparenza ed efficienza negli stabilimenti, perché grazie a questo software sia gli stabilimenti sia i loro diversi reparti vengono collegati in rete in un unico sistema con una base dati unitaria. In questo modo i clienti eliminano ridondanze, inconsistenze e lavoro speso per doppi inserimenti.
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Il logo del premio “Factory software dell’anno” ricevuto dalla CSB-System per la categoria “Soluzioni complete”. • • • • • •
Concreto vantaggio per i clienti; Idoneità della piattaforma; Interoperabilità / Standard; Approccio Brownfield; Comunicazione clienti; Ricerca & Sviluppo.
Primo premio per il CSB Factory ERP Nella categoria “Soluzioni complete”, il premio “Factory software dell’anno” è stato assegnato al CSB Factory ERP. La giuria ha apprezzato particolarmente la molteplicità di funzioni del software sviluppato dal gruppo CSB-System, poiché il CSB Factory ERP copre l’intera catena di creazione di valore aggiunto, sia per la produzione sia per la logistica, nei settori Alimenti & Bevande, Chimica, farmaceutica e Cosmesi. «Siamo orgogliosi di aver convinto la giuria!» ha affermato HERMANN SCHALK, direttore commerciale della CSB-System AG. «Con il CSB Factory ERP abbiamo gettato le fondamenta per una nuova categoria di software, fortemente richiesto dai nostri clienti in tutto il mondo. Un particolare ringraziamento va ai nostri clienti, consulenti e programmatori. Lavo-
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rando in sinergia hanno sviluppato questo potente software e hanno reso possibile oggi il ritiro di questo premio». Maggiore stabilità, trasparenza ed efficienza grazie al CSB Factory Erp La gestione ed il controllo del processo produttivo dell’azienda ad opera del CSB Factory ERP coinvolge la preparazione degli ordini, gli avanzamenti in quantità e tempo, il versamento a magazzino, nonché il collegamento diretto ai macchinari per ricavarne informazioni utili ad integrare l’esecuzione della produzione così come il controllo della stessa. Il Factory ERP del CSB-System fa in modo che si crei un legame tra gestione aziendale e gestione della produzione, facilitando il collegamento in rete macchina verso macchina. Il Factory ERP supporta inoltre gli operatori del settore nel loro lavoro di routine. Questo vale non solo per le sue funzioni di pianificazione e controllo ma anche per l’operatività vera e propria relativamente a produzione, confezionamento e preparazione ordini.
Competenza di settore programmata I vantaggi per i clienti derivanti dall’utilizzo di un’unica soluzione sono lampanti. In altre parole, il CSB Factory ERP fornisce un controllo operativo ottimale degli stabilimenti produttivi; le interfacce standard tra ERP di gruppo e CSB Factory ERP, dal canto loro, garantiscono un’infrastruttura di sistema stabile, flessibile e integrata. CSB Factory ERP fornisce un vantaggio anche in termini di trasparenza ed efficienza negli stabilimenti, perché grazie a questo potente software sia gli stabilimenti sia i loro diversi reparti vengono collegati in rete in un unico sistema con una base dati unitaria. In questo modo i clienti CSB-System eliminano ridondanze, inconsistenze e lavoro speso per doppi inserimenti; i punti deboli della filiera vengono individuati rapidamente, la capacità di reazione sul posto accelerata e i costi complessivi notevolmente ridotti. Il CSB Factory ERP è flessibile e facilmente ampliabile. Update e cambi release possono essere realizzati in modo rapido ed economicamente vantaggioso. Nuove richieste di mercato e modifiche del legislatore possono essere integrate con facilità. Il CSB Factory ERP, infine, è estremamente interessante sia per le imprese con attività diversificate sia per le multinazionali che operano a livello globale.
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La carne recuperata meccanicamente, perché no?
O
meglio, perché sì! Questo prodotto, infatti, risultante da una particolare lavorazione di cui l’azienda francese Lima è leader mondiale, si ricava da rifilature varie di carni suine così come da ali e carcasse di pollo. In poche parole, si sfruttano fino in fondo alcuni scarti di lavorazione che, diversamente, finirebbero all’inceneritore, ottenendone un’economica materia prima dalle molteplici possibilità di utilizzo. Il procedimento è semplice: si introducono le parti da lavorare nella zona di carico. Queste cadono sulla coclea, che le sospinge verso la testata filtro dove si effettua il recupero, separando la carne rimanente dallo scarto definitivo. Il prodotto esce dai fori o dalle apposite feritoie presenti sulla testata, mentre lo scarto passa attraverso il centro della testata stessa e viene scaricato. Le testate filtro, in dipendenza dal prodotto che si lavora, si possono avere con fori da 3 a 4 mm, oppure con feritoie orbitali di spessore da 2 a 3 mm e lunghe sino a 25 mm. La resa produttiva si
determina regolando la pressione di spinta della coclea: a bassa pressione (sotto 100 bar) si ha una resa del 23% circa, ad alta (sino a 400 bar) si raggiunge il 77% circa. La famiglia di macchine Lima si suddivide in versioni adatte ad ogni possibile esigenza: • separatrici per recupero carne e per recupero polpa di pesce; • disossatrici per eliminare piccoli frammenti ossei; scotennatrici per separare parti di cotenna dal grasso; • snervatrici per eliminare nervi, tendini e cartilagini. La carne di manzo CSM è vietata in Europa, tuttavia ne è permessa l’eliminazione meccanica di tendini, nervi e cartilagini; per questo impiego Lima propone specifiche macchine, usabili anche per il suino (ad esempio per pulire i geretti). Tutta la gamma viene proposta in una tipologia tale da essere alla portata di ogni azienda: si parte da modelli con lavorazioni orarie da 100 a 300 kg/h per arrivare sino ai 20.000 kg/h.
Ogni macchina Lima viene costruita con i migliori materiali e componenti; ha piedini regolabili, basi fisse per facilitare la pulizia, consuma pochissima energia, è facile da usare e lavare e viene sottoposta a scrupolosi controlli prima della consegna
La carne appena recuperata, se destinata a prodotti da cuocere, va congelata subito. Il contenuto residuo di calcio è minimo: 21 milligrammi su 100 grammi (la FAO consiglia da 4 a 500 mg al giorno), decisamente più basso di quello del prodotto ottenuto da macchine a cinghia con tamburo rotante, così come la resa, che raggiunge il 70% con Lima contro il 30% raggiunto con quelle a cinghia.
La famiglia di macchine Lima si suddivide in versioni adatte ad ogni possibile esigenza.
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Una separazione “di fatto” di grande qualità!
Il sistema a bassa pressione LIMA per il recupero meccanico di carne da carcasse intere o singole parti permette di ottenere carne di ottima qualità a bassissimo costo. Le macchine LIMA sono robuste, facili da usare e igienizzare,consumano poca energia e garantiscono un rapido ritorno dell’investimento. Nell’ampia gamma LIMA potrete trovare la macchina adatta alle vostre specifiche esigenze, sia di produttività che di applicazione: dalla separatrice meccanica alla disossatrice, scotennatrice o snervatrice.
Via Volta, 12/C - Settimo di Pescantina (VR) IT CUBETTATRICI · PORZIONATRICI A PESO FISSO · GRADER · SEPARATORI · DENERVATORI · DISOSSATRICI · SIRINGATRICI E ZANGOLE · SISTEMI A MICROONDE · LAVAGGIO INDUSTRIALE · ANTIBATTERICI NATURALI · BUDELLI PLASTICI · FILM FLESSIBILI E RIGIDI · PIATTI PRONTI PASTORIZZATI
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1) Carcasse di pollo. 2) Carne da carcasse lamellata. 3) Carré di maiale disossato. 4) Polpa di recupero a 3 mm.
Le carni CSM trovano già buona applicazione sul nostro mercato, ad esempio nei würstel: in certi tipi alcuni produttori ne aggiungono dal 40 al 70% agli impasti. Ogni macchina Lima, dalla più piccola alla più grande: • viene costruita con i migliori materiali e componenti; • l’impianto elettrico è racchiuso
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in una scatola a doppia protezione, ha piedini regolabili, più basi fisse per facilitare la pulizia; • consuma pochissima energia (1 kW per 180 kg di prodotto); • è facile sia da usare che da lavare; • infine, prima della consegna, viene sottoposta a scrupolosi controlli e ad ore di funzionamento. Ecco alcuni impieghi di carni CSM, oltre ai würstel: mortadella, patè, ripieni per tortellini, polpette impanate, palline di carne aromatizzate, macinati misti, salsicce da grill, sughi, surimi nel caso di pesce… E poi largo spazio alla fantasia tutta italiana dell’utilizzatore! Come
sempre Lazzari Equipment è a disposizione per ogni informazione, preventivo e richieste di dimostrazioni. Lazzari Equipment & Packaging Via Volta 12 C 37026 Settimo di Pescantina (VR) Tel.: 045 8350877 – Fax: 045 8350872 E-mail: info@lazzariequipment.com Web: www.lazzariequipment.com
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OFFICINA MASETTI Srl
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STATISTICHE
Il commercio con l’estero delle carni anno 2017 di Aurora De Santis
L’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni: fonti e metodologia Istituto Nazionale di Statistica effettua, a partire dal 1990, un’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Vengono elaborati mensilmente i dati prodotti dal servizio Commercio con l’estero, con riferimento al numero dei capi e al relativo peso vivo, nonché ai quantitativi di carne scambiati con l’estero. Le specie prese in esame
L’
sono: bovina, suina, ovicaprina, avicola ed equina. Si distinguono gli scambi intra-UE da quelli con il resto del mondo. I dati non vengono però aggiornati con le successive uscite del servizio Commercio con l’estero di dati definitivi. I dati sono disponibili in forma cartacea dal 1990 al 2008 e, successivamente, sono stati diffusi sul sistema informativo Agri.istat.it a partire dal 2009. Le fonti dell’elaborazione sono due rilevazioni ISTAT, entrambe mensili: Cessioni/acquisti beni
con i paesi UE (sistema INTRASTAT) e Commercio speciale esportazione/importazione extra-UE. Una volta acquisiti i dati, vengono effettuati controlli di congruenza con dati precedenti della stessa elaborazione e successivamente archiviati e diffusi su banche dati sia ISTAT che EUROSTAT. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it
Mezzene bovine.
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Eurocarni, 6/18
Eurocarni, 6/18
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966.143 25.125 22.031
Carni suine
Carni ovine-caprine
Carni equine
– 6,4
–14,6
– 0,7
–2,1 7,7
–3,4
–9,4
–7,0
–5,8
– 0,9
—
–10,0
3,1
6,7
6,2
– 0,6
– 4,8
Var. % rispetto all’anno precedente
20.025
22.364
965.552
314.174 26.582
13.218.089
32.274
17.191
1.039.467
1.589.137
1.153.297
109.211
235
481.382
4.977
215.733
341.759
di cui Europa
Fonte: ISTAT, elaborazione sul commercio estero degli animali vivi.
a) I dati sono provvisori; le variazioni pari a –100% si riferiscono a quantità molto piccole. b) Animali vivi in numero di capi, carni rosse in tonnellate. c) Europa a 28 paesi, sia importazioni che esportazioni.
329.356 52.571
13.218.089
Carni bovine – fresche o refrigerate – congelate
Pollame domestico
32.323
Equini
1.039.467
Ovini 17.191
1.589.154
Suini
Caprini
1.153.316
109.224
235
481.388
Totale bovini
Riproduttori di razza pura
Altri non domestici
Altri
4.977
215.733
Giovenche
Vacche
341.759
Totale mondo
Vitelli
Categorie
Importazioni
– 6,9
–13,7
– 0,7
–1,3 32,9
–3,4
–9,4
–7,0
–5,8
– 0,9
—
–10,0
3,1
6,7
6,2
– 0,6
– 4,8
Var. % rispetto all’anno precedente
2.559
3.907
93.865
81.157 46.326
16.326.392
913
3.225
18.690
1.281
19.468
1.979
83
366
1.194
577
15.269
Totale mondo
22,4
46,6
– 6,9
–7,6 11,2
0,1
– 49,2
459,9
571,3
–37,5
–51,8
– 40,5
8.200,0
50,6
–17,5
– 41,8
–55,6
1.547
2.639
57.661
79.356 37.112
12.697.882
699
3.225
18.690
1.281
18.091
1.524
83
363
1.136
76
14.909
di cui Europa
Esportazioni Var. % rispetto all’anno precedente
Tavola 1 – Dati mensili sul commercio estero degli animali vivi e delle carni (gennaio-dicembre 2017)
43,7
28,7
–16,5
–5,5 10,7
1,8
–15,5
459,9
571,3
–37,4
– 47,7
–34,8
8.200,0
50,0
–21,5
–59,4
–50,9
Var. % rispetto all’anno precedente
AUSTRALIAN Fed Beef
Gr ai
n-
BEEF
Gr ai
n
d Beef - Fe
NO OO ORMONI RMO RM ON NI
BE
EF
TS
OAKEY
EXPOR
Il manzo manzo ref refrigerato efrigerato
è distrib distribuito ibui u to in es escl esclusiva clus usiva per l’Italia da:
Il manzo australiano di NH Foods Australia è distribuito in esclusiva da Black Angus Premium Farms S.r.l • Gruppo Quabas Via Mascherpa 12 • 29010 Castelvetro Piacentino (PC) • Italia • Tel. +39 0523 257100 • Fax +39 0523 257139 • info@quabas.it