EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 6 • Giugno 2019
Migliora la percezione sul consumo di carne
â‚Ź 5,42
AZOVE, crescita e progressi
PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE
“Vitellone ai cereali” “Scottona ai cereali” “Fassone di razza Piemontese”
SITO PRODUTTIVO - MACELLO PIEMONTE NORD S.R.L. - Via Nazionale, 13 - 10010 Carema (TO) Tel. +39 0125 80 68 62 - Fax +39 0125 19 02 034 - info@consorziocarnipiemonte.it
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FORNITORE UFFICIALE
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi Segreteria di redazione Gaia Borghi
Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura
Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Lorenzo Fiorentin
EURO ANNUARIO CARNE 2019
Fotografia Luigi Credi
Euro Annuario Carne La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2019 Copia cartacea: € 95,00
Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone
Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
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Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910
Ufficio stampa e Media Partner
Stampa
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero:
La carne nel mondo
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Agenda
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Diamo i numeri
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Anteprima
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Immagini
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Naturalmente carnivoro
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AttualitĂ
Slalom
Migliora la percezione sul consumo di carne
Elena Benedetti
26
Dal campo alla discarica
Guido Guidi
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Via Libera al DEF
Cosimo Sorrentino
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Guido Guidi
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Osservatorio internazionale Brexit: primo atto di un doloroso distacco
A pagina 110.
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La carne in rete
Social meat
Aziende
AZOVE, crescita e progetti
44
Sealed Air: inaugurato il nuovo centro espositivo in Italia
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Interviste
Mercati
Elena Benedetti
42
La storia di Heather
Elena Benedetti
50
L’importanza del fattore tempo e la ricerca della regionalità
Sebastiano Corona
58
La carne di vitello olandese firmata VanDrie Group entra nel mercato cinese
60
Un’Italiana a capo dell’associazione delle industrie delle carni europee
62
Suini: prezzi in rialzo
64
Analisi di settore
Ismea: focus regionale sulla filiera carne
68
Proteine animali e sostenibilità
Origin Green, garanzia di sostenibilità
74
Meat blogger
Ma quanto mi costi!
Andrea Laganga
76
Retail news
Come si sta reinventando il mercato USA dei prodotti alimentari?
Elena Benedetti
78
Macellerie d’Italia
La Cantina della Carne, macelleria gourmet nel cuore di Parma
Veronica Fumarola
82
Macellerie d’Europa
Macellerie parigine con l’etichetta rossa
Riccardo Lagorio
84
Gare carnivore
World Butchers’ Challenge 2020, novità da Sacramento
Elena Benedetti
88
Eventi carnivori
Festa grande dal Bechèr nazionale
La carne in tavola
Tafelspitz, il bollito dell’Imperatore
Riccardo Lagorio
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Nutrizione
Nutrizionalità delle carni
Giovanni Ballarini
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A pagina 104.
EUROCARNI
Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIV N. 6 • Giugno 2019
Migliora la percezione sul consumo di carne
€ 5,42
AZOVE, crescita e progressi
In copertina: bouquet primaverile di zampetti di maiale (photo © Angel Simon).
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4XDQWR QH VD LO YRVWUR VRIWZDUH GL FDUQH" Il nostro davvero tanto. 3URFHVVL VSHFLÀFL GL VHWWRUH LQWHJUD]LRQH GL PDFFKLQH H LPSLDQWL PRQLWRUDJJLR H UHSRUWLQJ ULQWUDFFLDELOLWj RWWLPL]]D]LRQH ULFHWWH JHVWLRQH TXDOLWj H PROWR DOWUR
Maggiore trasparenza dei processi, LQWHJUD]LRQH QHOOD SLDQLÀFD]LRQH GHOOH SURFHGXUH H PHWRGL SL H੕FLHQWL SHU OD distribuzione e lo stoccaggio
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Prodotti tipici
Locali di gusto
Convegni
Alla scoperta della Zazzicchia
Elena Benedetti
102
Cosa vuoi di più dalla vita? Un Nero lucano!
Gaia Borghi
104
La Gare di Caravaggio, piatti colorati da felicità
Riccardo Lagorio
108
Osteria Plip: che parlino i piatti!
Gian Omar Bison
110
Qualità, benessere animale, filiera, Sigillo Italiano e organizzazione…
114
Mangiare carne fa bene, se è di Romagnola ancora di più
116
Le novità del miglioramento genetico nel settore bufalino
120
Tecnologie
Passione, Qualità, Innovazione
122
Sono 180 grammi, lascio?
Un cane da pastore, tra lupi ed agnelli
Giovanni Papalato 124
Storia e cultura
Fegato grasso tra gastronomia e benessere animale
Giovanni Ballarini 128
Statistiche
Scambi commerciali e bilancio cosce suine in Italia nel 2018
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Bilancio comunitario carni suine, bovine, avicole e ovicaprine…
132
A pagina 84.
A pagina 122.
A pagina 98.
www.eurocarni-online.com 8
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com
La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
Ricetta
Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com
Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl
Tel: +31 055 549 82 22 E-mail: info@esafoods.com
LA CARNE NEL MONDO Asia Secondo le stime di RABOBANK, per il 2019 si prevede una riduzione della produzione di carni suine dal 25% al 35% in risposta ai focolai di peste suina africana (PSA). Le segnalazioni di perdite estreme (oltre il 50%) sono limitate ad aree specifiche. Il deficit in Cina nella produzione di carni suine, insieme al deficit nel Sud-Est asiatico, genererà opportunità per gli esportatori di proteine animali. Dalla sua scoperta nell’agosto 2018, la PSA si è diffusa in tutte le province della Cina continentale. Sono previste perdite nella produzione di carne suina di quasi il 30% in più rispetto alla produzione annuale di carne suina proveniente dagli Stati Uniti ed equivalente alla fornitura annuale di carni suine dall’Europa. Poiché il governo cinese ha ridotto le restrizioni sulla movimentazione degli animali (e della carne suina), i prezzi regionali sono aumentati, ma sono aumentati in linea con la diminuzione del patrimonio suinicolo. Il recupero del patrimonio suinicolo in Cina sarà lento e richiederà diversi anni. I produttori restano prudenti dato il rischio di ricontaminazione e si concentrano sul miglioramento della biosicurezza negli allevamenti. Rabobank prevede che le forniture globali di proteine disponibili vengano reindirizzate verso la Cina nel tentativo di soddisfare questo crescente deficit proteico. È probabile che questi avvenimenti senza precedenti creino una volatilità di mercato a breve termine che alla fine si tradurrà in prezzi globali più elevati delle proteine. Un minor consumo di carni suine cinesi sosterrà l’aumento della domanda di pollame, carni bovine, molluschi e proteine alternative che modelleranno le tendenze della produzione globale. Le aziende di carne con eccedenza esportabile e accesso al mercato in Cina e nel Sud-Est asiatico beneficeranno dell’impatto della PSA. L’UE, gli Stati Uniti Brasile ed il Brasile sembrano essere ben posizionati per rispondere alla crescente domanda di importazioni di carni suine e altre proteine animali da parte della Cina e del Sud-Est asiatico. Per l’UE, la presenza di PSA in alcuni paesi complica la sua risposta commerciale. Gli Stati Uniti sono un importante produttore ed esportatore di carne suina, ma le attuali tariffe sulle esportazioni di carni suine dagli Stati Uniti alla Cina ne limitano il commercio. Per quanto concerne il pollame, gli Stati Uniti non possono esportare in Cina a causa di un divieto associato all’influenza aviaria imposto nel 2015 (fonti: Rabobank, 3tre3.it; photo © Magia Obrazu).
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AGENDA
Genazzano (RM) Sulla scia del primo appuntamento con i Butchers for Children tenutosi a Genazzano lo scorso giugno, il comitato organizzatore è tornato al lavoro ed è nato Il gusto della solidarietà – Bue allo Spiedo. L’evento, dedicato a LUCA ANGELUCCI, si svolgerà nei giorni 15 e 16 giugno presso il parco degli Elcini, in collaborazione con il Comune di Genazzano, Romail, Procarni, Reteimpresa, Saltatempo e Macelleria da Carlo. La cottura del bue inizierà sabato pomeriggio, proseguendo con una serata “a tutto BBQ”. Ad accompagnare la “visione” della cottura del bue e ad allietare la cena ottima musica dal vivo. Domenica mattina verrà spolpato e servito il bue, quindi saranno battute all’asta 2 costate di cui una Sashi Saiko gentilmente fornita dal super butcher genovese CARLO FERRANDO. Il ricavato della due giorni sarà devoluto per intero al reparto di ematologia pediatrica del Policlinico Umberto Primo di Roma.
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DIAMO I NUMERI
52%: è questa una percentuale che si ripete spesso in sede di convegni sulla zootecnia nazionale. Si tratta infatti della quota di fabbisogno di carne bovina allevata e prodotta in Italia. La filiera zootecnia bovina da carne si misura quotidianamente con temi imprescindibili come quello della qualità e attuali come sostenibilità e benessere animale e ambientale. «La qualità, in particolare, è una condizione necessaria ma non sufficiente» ha detto l’on. Paolo De Castro alla tavola rotonda che AZOVE ha organizzato in coda alla sua assemblea annuale. «Questa qualità la dobbiamo trasformare in reddito e per questo motivo dobbiamo organizzarci con l’interprofessione, per essere più forti sul mercato, con un marchio riconoscibile e una capacità comunicativa in grado di prevenire attacchi strumentali». A pagina 44 il resoconto dei lavori assembleari e del convegno.
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ANTEPRIMA
Si chiama Diego Cusano e si definisce un “fantasy researcher”, un “ricercatore di fantasie”. Il suo stile è unico e inconfondibile, un mix di disegni artistici e oggetti comuni. Ironico, leggero e originale. Per Tuttofood 2019 l’artista ha realizzato una serie di promo dei saloni tematici che si sono svolti a Fieramilano dal 6 al 9 maggio. L’evento milanese si è confermato la piattaforma internazionale per l’agroalimentare con oltre 80.000 operatori, il 21% dei quali esteri provenienti da 143 Paesi. Su Eurocarni Luglio vi racconteremo tutto su Tuttomeat, dagli espositori ai visitatori, dagli eventi ai prodotti presentati nel salone fieristico a più alto tasso carnivoro! Diego Cusano lo potete seguire su instagram.com/diego_cusano: è bravissimo! (photo © instagram.com/diego_cusano).
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I fornitori di carne belgi sono tra i precursori in termini di competenze professionali: in base alle specifiche del cliente, offrono un servizio personalizzato, su misura e con il massimo rendimento. Inoltre, la carne fresca viene fornita con estrema rapidità , come solo da un partner affidabile e di fiducia ci si può aspettare.
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Si è svolto ad inizio maggio a Sydney il Music and Barbecue Festival più amato dai pitmaster e appassionati delle cotture sulle braci. Si chiama Meatstock e ha luogo a rotazione tra Australia e Nuova Zelanda, più precisamente a Sydney, Melbourne e Auckland. Protagonista assoluta e indiscussa sempre lei, la carne, tagliata a regola d’arte e cotta da mani esperte. È andato a dare un’occhiata per conto di Eurocarni MIKE LAI, che di carni e di cotture se ne intende parecchio. Appuntamento al prossimo numero (photo © gcmag.com.au).
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IMMAGINI
Quali sono i trend di successo nelle macellerie tradizionali degli Stati Uniti? A pagina 50 vi raccontiamo il punto di vista di Heather Marold Thomason, che nel 2016 insieme a Cecilie May ha fondato la Primal Supply Meats a Philadelphia. Oggi, insieme ad uno staff di venti dipendenti e una nuova sede che comprende vendita, laboratorio, cucina e celle, l’attività è in crescita su tre livelli: fornitura di carne ai ristoratori, e-commerce e vendita diretta. Una storia molto femminile che parte da una profonda empatia con gli allevatori e con una certa idea di benessere, animale e ambientale (photo © Jason Varney).
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La Natura non é mai stata così Buona.
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Nel 2017 le imprese operanti nel settore della trasformazione delle carni erano 5.508 in tutta Italia, facendo registrare un leggero calo rispetto al 2016 (–1,2%). Questo aggregato di imprese, che comprende macelli e salumifici, è localizzato soprattutto in Emilia-Romagna e in Lombardia, dove si concentrano rispettivamente il 20% e il 15% delle imprese italiane di lavorazione della carne. La fonte è un focus di Ismea sulla filiera delle carni analizzata su base regionale. Il servizio è a pagina 68 (photo © contrastwerkstatt).
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NATURALMENTE CARNIVORO
All’interno di Tuttofood 2019 BBQ4All, la più grande community italiana di appassionati di barbecue e grilling capeggiata da GIANFRANCO LO CASCIO, ha ospitato una serie di conferenze incentrate sull’approfondimento delle carni e delle sue cotture. Dalle tecniche di bbq statunitense, alla Wagyu Miyabi fino alle carni australiane. Queste ultime sono state raccontate dal mitico ANTHONY PUHARICH della storica macelleria Victor Churchill di Sydney. Lo Cascio e Puharich, i nostri Naturalmente Carnivori, si sono confrontati con le loro realtà di mercato e hanno creato un’occasione unica di approfondimento sulla cultura delle carni (photo © BBQ4All). Sul numero di Eurocarni Luglio vi racconteremo tutto!
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ATTUALITÀ
Migliora la percezione sul consumo di carne La campagna “La stellina della carne bovina” di Assocarni e MIPAAFT ha centrato tutti gli obiettivi col format RAI “Lezioni di etichetta”. L’87% degli intervistati consumerà carne con più consapevolezza, il 95% la ritiene parte integrante della Dieta Mediterranea e l’84% pensa che un consumo equilibrato possa far bene ad ambiente e territorio di Elena Benedetti
C
ome si dice carne bovina nel linguaggio dei segni? Una curiosità che mi è sorta lo scorso 16 aprile a Roma al termine della conferenza stampa che ASSOCARNI (Associazione Nazionale
Industria e Commercio Carni e Bestiame) ha organizzato per tirare le somme della campagna pubblicitaria “La stellina della carne bovina”. Il progetto, realizzato da RAI Pubblicità col formato di “Lezioni di etichetta” e co-
finanziata dal MIPAAFT, è andato in onda su tutti i canali RAI (TV, digital, radio e Circuito Cinema RAI Pubblicità) per due settimane lo scorso novembre, in modo inclusivo, per arrivare cioè anche ai non udenti
Oltre a quello informativo sull’importanza della filiera bovina e dei suoi prodotti, un aspetto interessante di questa campagna di comunicazione è che, per la prima volta in assoluto in Italia, gli spot sono stati ideati e realizzati da RAI Pubblicità anche nella modalità di “Pubblicità Accessibile e Inclusiva”. In altre parole, una campagna pensata per essere fruibile da tutte le persone, incluse non udenti e non vedenti, con sottotitoli, Lingua Italiana dei Segni (LIS) e contributi audio dedicati.
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e non vedenti. I risultati sono stati presentati dal gruppo di lavoro che ha ideato, strutturato e realizzato il progetto. All’incontro con la stampa erano presenti LUIGI SCORDAMAGLIA , vicepresidente Assocarni, P IETRO G ASPARRI , dirigente del Dipartimento Politiche competitive e qualità agroalimentare del MIPAAFT, FABRIZIO FERRAGNI, direttore Relazioni Istituzionali RAI, EMILIA GRAZIA COSTA, responsabile Progetti Speciali e Nuove Tendenze RAI Pubblicità, e ANNA MARIA SALZANO, dell’Ufficio Studi e Progetti ENS (Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza dei Sordi). I risultati Dal campione rappresentativo della popolazione italiana è emerso che il 48,6% mangia carne bovina 2-3 volte a settimana, il 32,9% una volta, mentre chi non la mangia mai è il 2,3%. La maggioranza degli Italiani, pari all’87% degli intervistati, consumerà con più consapevolezza la carne bovina e l’83% si sente di consigliarne il consumo. Questi in sintesi sono alcuni dei risultati più significativi delle ricerche relative alla campagna. Per misurare i pubblici raggiunti e l’efficacia della campagna RAI Pubblicità ha infatti commissionato tre ricerche quali-quantitative, condotte pre e post la messa in onda ed effettuate su un numero complessivo di 2.900 interviste con metodo CAWI, su un campione rappresentativo della popolazione italiana (target di adulti di età compresa tra 18 e 64 anni). Carne bovina, stop ad una narrazione distorta «La carne bovina — ha detto Scordamaglia — è spesso al centro di un dibattito pubblico distorto da mezze verità o da vere e proprie fake news: i risultati di questa campagna dimostrano che si possono diffondere con efficacia anche le informazioni corrette. Dobbiamo ringraziare il Ministero che ha voluto promuovere una campagna informativa evidenziando l’importanza di questo alimento nell’ambito di una dieta equilibrata.
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Come si è modificata la percezione della carne bovina da parte di chi ha visto o ascoltato gli spot La conoscenza delle proprietà nutritive della carne (proteine, vitamine, minerali) è passata dal 93% di chi non ha visto lo spot al 96% di chi ha visto uno degli spot; la consapevolezza che il consumo equilibrato di carne bovina può contribuire al benessere delle persone è passata dall’83% al 90%; la conoscenza che il consumo equilibrato di carne bovina faccia parte della Dieta Mediterranea dal 83% al 95% e che il consumo equilibrato di carne bovina italiana faccia del bene anche all’ambiente e al territorio italiano è passata dal 65% all’84% (photo © akf – stock.adobe.com).
A fronte di un calo dei consumi di carne bovina in Europa e in Italia negli ultimi dieci anni e della crescita del food social gap che porta le classi meno abbienti a mangiare meno carne per motivi economici, lo scopo della nostra proposta non era quello di promuovere le proteine animali bensì di informare per rendere i consumatori più consapevoli dell’importanza della carne bovina italiana in una dieta equilibrata, all’interno del modello della Dieta Mediterranea. Visti i numeri, che sono andati oltre ogni più rosea previsione, l’obiettivo è stato centrato in pieno». Scordamaglia ha inoltre sottolineato che l’Italia è il Paese migliore al mondo per la produzione di eccellenze alimentari «ma sul fronte dell’informazione c’è ancora tanto lavoro da fare».
Tre parole chiave della campagna: crossmediale, accessibile e inclusiva «Il percorso narrativo proposto da ASSOCARNI e MIPAAFT — ha ben spiegato Emilia Grazia Costa — ha offerto una lettura dell’etichetta virtuale delle carne bovina e ha raggiunto un pubblico di oltre 60 milioni di responsabili acquisto e di oltre 19 milioni di “Be Transparent”, ossia il target delle persone più sensibili e attente al consumo consapevole. Grazie a questa campagna crossmediale, sempre più persone hanno capito cosa sono le carni sostenibili, quali sono le proprietà nutritive della carne bovina e qual è il rapporto virtuoso tra carne bovina e ambiente. Inoltre, è stata seguita e apprezzata anche dai Millennials e dalla Generazione Zeta».
Lo scopo della nostra proposta, ha detto il vicepresidente di Assocarni Luigi Scordamaglia in riferimento alla campagna “La stellina della carne bovina”, non era quello di promuovere le proteine animali bensì di informare, per rendere i consumatori più consapevoli dell’importanza della carne bovina italiana in una dieta equilibrata, all’interno del modello della Dieta Mediterranea. Visti i numeri, l’obiettivo è stato centrato in pieno
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Una campagna anche per i Millennials e la Generazione Z La campagna adv ha raggiunto un pubblico di oltre 60 milioni di responsabili acquisto e di oltre 19 milioni di “Be Transparent”, ossia coloro ritenuti più sensibili e attenti al consumo consapevole. Realizzato in una modalità crossmediale, su più canali tra cui il web, questo progetto ha fatto sì che sempre più persone abbiano compreso cosa si intende per carni sostenibili, quali siano le proprietà nutritive della carne bovina e quale sia il rapporto virtuoso tra carne bovina e ambiente. La campagna è stata seguita e apprezzata anche dai Millennials e dalla Generazione Zeta. I primi sono i nati fra i primi anni ‘80 e la fine degli anni ‘90 mentre per Generazione Z si considerano i nati dal 1995 fino al 2012. Soprattutto i secondi sono particolarmente avvezzi all’utilizzo della tecnologia e dei social media, che influenzano il loro processo di interazione e socializzazione e sono oggi oggetto di studio da parte dei brand che si troveranno presto a dover fronteggiare questa nuova categoria di consumatori (photo © anatoliycherkas – stock.adobe.com).
Fondata nel 1983, Assocarni è una delle principali associazioni del settore delle carni in Italia. Nell’ambito di Confindustria, di cui fa parte, Assocarni rappresenta l’intera filiera di produzione e di approvvigionamento, dall’allevamento alla produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione nei settori delle carni bovine, ovicaprine ed equine. >> Link: www.assocarni.it
La stellina della carne bovina è anche stata la prima campagna di Pubblicità Accessibile & Inclusiva che, ideata da RAI Pubblicità, è stata sviluppata in Italia, con sottotitoli in italiano, l’interprete della LIS (Lingua dei Segni Italiana) e contenuti audio dedicati. «Infine — ha concluso Emilia G. Costa — il 94%
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delle persone ha espresso un elevato gradimento per l’iniziativa. I contenuti audio e video di Pubblicità Accessibile sono stati riconosciuti come eticamente responsabili per l’84%, di utilità sociale e di servizio (86%) e coerenti con RAI, la Media Company di Servizio Pubblico (91%)».
«RAI Pubblicità, in qualità di concessionaria pubblicitaria del Servizio Pubblico radiotelevisivo e multimediale — ha detto FABRIZIO FERRAGNI — lavora sulla sperimentazione di pubblicità accessibile e inclusiva dedicata alle persone con disabilità al fine di favorire lo sviluppo di una società inclusiva, sussidiaria, equa, solidale e rispettosa delle diversità. I risultati di questa campagna dimostrano come anche la pubblicità possa rappresentare un’ottima occasione di inclusione, oltre a rafforzare il messaggio stesso». «L’Universal Design — ha detto ANNA MARIA SALZANO — approda nel mondo della pubblicità per la prima volta in Italia grazie alla collaborazione tra Assocarni e MIPAAFT, RAI Pubblicità e Ente Nazionale Sordi (ENS). In pieno spirito della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, Assocarni, MIPAAFT e RAI Pubblicità presentano un prodotto editoriale totalmente accessibile in cui un attrice sorda diventa protagonista attiva di un messaggio rivolto alla generalità della popolazione, andando ad infrangere il pregiudizio dell’incomunicabilità e dimostrando che ciò che viene progettato accessibile per alcuni lo può essere per tutti. Questo progetto rappresenta un primo importante traguardo e speriamo possa essere un esempio per le imprese e per futuri prodotti editoriali che consentano la piena partecipazione di tutti i cittadini ai contenuti culturali ricreativi e informativi da cui troppo spesso sono esclusi, dando un contributo concreto alla democratizzazione dell’informazione». Ritornando al linguaggio dei segni, per me tanto affascinante quando sconosciuto, ho imparato che basta darsi un pizzicotto sulla guancia (carne) e con il pollice e l’indice fare un gesto che rimanda alle corna dell’animale (bovino). Carne bovina! Stupendo. Elena Benedetti Nota * Fonti: Assocarni, RAI Pubblicità, www.lastellinadellacarnebovina.it
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Dal campo alla discarica In un mondo che non ha ancora del tutto sconfitto la fame, buttare il cibo — prassi consolidata nella vita moderna di tanti Paesi occidentali — è un vero e proprio sacrilegio. Non è solo una questione etica e di giustizia sociale, ma anche di ordine pratico e ambientale di Guido Guidi
S
embrerà strano, ma non esistendo una definizione univoca di spreco alimentare, darne un’esatta descrizione non è facile. In linea di massima si intende, con questo termine, quella parte di prodotto che viene acquistata e non consumata, per poi finire nella spazzatura. C’è però dell’altro. Il cibo che vede lo smaltimento come
sua destinazione ultima non è solo quello che passa nelle mani del consumatore. Anzi, certe volte non ci arriva nemmeno, venendo eliminato in fasi precedenti della filiera e ben più a monte del contesto domestico. La cucina di casa è, secondo il Ministero dell’Agricoltura, l’altare sacrificale solo del 50% degli alimenti che vedono la pattumiera
al posto del piatto. Il resto è opera delle imprese e della distribuzione, talvolta a partire dai campi. Secondo il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari, che ha elaborato una serie di dati ufficiali di più soggetti, invece, nel 2017 lo spreco in Italia avrebbe raggiunto lo 0,88% del PIL, per un totale di oltre 15 miliardi di euro, di cui
La cucina di casa è, secondo il nostro Ministero dell’Agricoltura, l’altare sacrificale del 50% degli alimenti che vedono la pattumiera al posto del piatto. Il resto è opera delle imprese e della distribuzione, talvolta a partire dai campi (photo © Daisy Daisy – stock.adobe.com).
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“To Good To Go” è la app attiva in ambito europeo che permette alle imprese di vendere a prezzo ribassato l’invenduto. Vi aderiscono nomi della GDO, ristoranti, bar e laboratori artigianali (photo © www.ristorazioneitalianamagazine.it). quasi 12 miliardi da ricondurre alle famiglie. Poco più di 830 milioni si disperdono ancora in campo, un miliardo nell’industria di trasformazione e quasi 1,3 miliardi nella distribuzione. I dati sono quindi discordanti, perché oggettivamente la misurazione di quanto viene gettato quotidianamente, soprattutto negli ambienti domestici, è un’attività molto complessa. È altresì difficile individuare la quantità media buttata da ognuno. La tesi più realistica, dopo anni di ipotesi e risultati di ricerche parziali, sembra l’ipotesi dell’Osservatorio nazionale sulle eccedenze del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, che indica in 370 grammi alla settimana la quantità di cibo sprecato dalle famiglie italiane.
Si tratta, infatti, di poco più di 20 grammi al giorno a persona e di un dato, quindi, che collocherebbe gli Italiani nella media dei valori di altri Paesi europei, che vedrebbero altresì l’Olanda con 365 g a famiglia a settimana, la Spagna con 534 g, Germania e Ungheria con 420 g. Sarebbero le bevande analcoliche, i legumi, la frutta e la verdura, la pasta fresca e il pane a raggiungere più spesso la pattumiera, secondo la Waste Watcher. Tra le principali cause dello spreco in ambito domestico ci sono le cattive abitudini di spesa; l’inosservanza delle più elementari modalità di conservazione degli alimenti; le date di scadenza troppo rigide e rispettate pedissequamente, anche laddove il termine di riferimento è solo indicativo; la tendenza a servire e servirsi porzioni eccessive; le promozioni della distribuzione
Tra le principali cause dello spreco in ambito domestico ci sono le cattive abitudini di spesa; l’inosservanza delle più elementari modalità di conservazione degli alimenti; le date di scadenza troppo rigide e rispettate pedissequamente; la tendenza a servire e servirsi porzioni eccessive; le promozioni che spingono ad acquistare di più
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che spingono ad acquistare cibo più del necessario. Dal rapporto CREA emerge inoltre una curiosa contraddizione: le quantità assolute di spreco domestico si incrementano all’aumentare dei membri della famiglia, ma paradossalmente la cattiva abitudine risulta più marcata nelle famiglie monocomponenti. Inoltre, c’è meno attenzione laddove l’età media si abbassa e dove c’è maggiore disponibilità economica. Uno studio della FAO non proprio recente — risalente al 2011 — stabiliva che ogni anno, nel mondo, venissero destinati alla discarica circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, l’80% dei quali ancora consumabile, e per oltre 222 milioni ad opera dei principali Paesi industrializzati. Una quantità enorme, che da sola potrebbe sfamare interi Stati dove la fame è ancora un problema diffuso. È bizzarro il fatto che, in tempi di crisi finanziaria in cui è spesso difficile far quadrare i conti, finiscano al macero intere derrate di alimenti nei vari anelli della filiera. E quali che siano le cifre, è inaccettabile che, a tutt’oggi, ci siano popolazioni dove ancora centinaia di migliaia di persone muoiono per le carestie ed altre dove il cibo viene invece buttato. Si tratta di un’iniquità intollerabile! Aspetti etici a parte, le considerazioni d’obbligo sono molte, non ultime quelle relative al fatto che un prodotto alimentare che deve essere smaltito genera ulteriori oneri per la collettività e comporta problemi ambientali. Ci sono inoltre aspetti prettamente economici, perché i costi dell’approvvigionamento prima, e dello smaltimento poi, non aiutano i bilanci delle imprese e delle famiglie. Fortunatamente, sul tema dello spreco si sta generando una sensibilità comune che investe i singoli quanto l’opinione pubblica e il mondo imprenditoriale. Anche i governi dei Paesi industrializzati hanno avviato un dibattito che, in diversi casi, ha portato all’introduzione di norme tese a limitare il fenomeno. Il succitato rapporto CREA sottolinea che gli Italiani,
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seppur poco attenti a non sprecare, hanno però una considerazione fortemente negativa dell’atto di buttare cibo nella spazzatura, tanto più che sono consapevoli dei risvolti in termini ambientali, sebbene ciò che li condiziona siano sempre “le tasche”. In Italia, da oltre due anni, vige la Legge 166/2016 che si pone l’obiettivo ambizioso di contribuire ad attività di ricerca, informazione e sensibilizzazione dei consumatori, soprattutto di quelli più giovani, e non solo in riferimento ai prodotti alimentari. Il tam-tam attorno a questo tema, una nuova coscienza collettiva, esigenze di risparmio vero e proprio, stanno dando i loro risultati: fioccano le app, le reti e i sistemi di privati e imprese perché il cibo in eccesso non finisca in discarica. Sono molte le forme di collaborazione — complice la tecnologia moderna — che permettono di trasformare lo spreco alimentare in valore condiviso. Facendo così un’ottima azione per sé stessi e
per gli altri. Uno dei progetti che merita menzione è quello di Last Minute Market, nato 20 anni fa come espressione dell’Università di Bologna e poi trasformatosi in impresa sociale. Questo ente, grazie ad una ragguardevole rete che raggruppa 350 punti vendita e oltre 400 soggetti del terzo settore, è in grado di recuperare annualmente 55.000 pasti cotti, prodotti alimentari per un valore di 5,5 milioni di euro e farmaci per un milione. C’è una app, che prende il nome di Too Good To Go, attiva in ambito europeo, che, contando ben otto milioni di utenti, permette alle imprese di proporre a costi modesti l’invenduto che sarebbe davvero un peccato buttare. Vi aderiscono nomi importanti della GDO, oltre che ristoranti, bar, laboratori artigianali. Ma gli esempi sono ormai tantissimi e coprono territori sempre più ampi. Gli accorgimenti raccomandati dalle istituzioni, che sempre più spesso conducono campagne di
sensibilizzazione in merito, possono sembrare banali, ma evidentemente non lo sono: dare priorità, nel consumo, agli alimenti con una data di scadenza ravvicinata; sistemare il cibo nel giusto ripiano del frigorifero, in modo che la corretta temperatura conservi al meglio il prodotto; fare una puntuale lista della spesa, prima di andare al supermercato, e osservarla religiosamente; imparare l’arte della cucina degli avanzi, per poterli recuperare, e non servire a tavola porzioni smisurate. Infine: la doggy bag, quel sacchetto che si porta via dal ristorante con gli avanzi, che tanto imbarazzo genera, dovrebbe invece diventare la regola, quando non si è consumato gran parte del cibo richiesto, vino compreso. È un segnale importante: rende onore a chi lo ha prodotto e a chi lo ha cucinato. Sottolinea la sacralità del lavoro che ne sta alla base, santifica la terra che lo ha concepito ed è un gesto importante di rispetto verso chi non ne ha. Guido Guidi
SLALOM
Via Libera al DEF di Cosimo Sorrentino
I
l 10 aprile u.s. — termine ultimo per la presentazione da parte del governo del DEF (Documento di Economia e Finanza) —, è stato reso noto il testo di detto Documento, che ha già iniziato il suo previsto percorso parlamentare. Il Documento, in realtà, non specifica la manovra di finanza pubblica che dovrà essere realizzata per il 2020, limitandosi ad indicare alcuni ambiti nei quali dovranno essere cercate le risorse, dalla prosecuzione della revisione della spesa alla revisione delle agevolazioni fiscali fino alla sempre presente lotta all’evasione. I risultati di dette misure, comunque tutte da precisare, si concentrerebbero nel biennio 2021-2022. Per il prossimo anno, invece, l’obiettivo programmatico di deficit in rapporto al PIL è fissato al 2,1%, in crescita di un
decimale rispetto allo scenario tendenziale, a seguito di un incremento degli investimenti previsti. A prima vista, e facendo un po’ di conti, l’impressione che si può ricavare dal documento di esame è che si tratta di trovare in autunno oltre 40 miliardi di euro, pur avendo limitate possibilità di ottenere ammorbidimenti delle regole europee, dei quali si è già usufruito negli anni passati. Inoltre, la preoccupazione che traspare dallo stesso documento è quella di non far scattare le clausole di salvaguardia, che per il momento sono state confermate e che porterebbero, il prossimo anno, l’aliquota ordinaria dal 22 al 25,2% e quella agevolata dal 10 al 13%. Bisogna tener presente tra l’altro che, oltre ai 40 miliardi citati, esigenze effettive o richieste di vario genere
si materializzano ogni anno in occasione della sessione di bilancio. Si tratta quindi di una manovra che appare ben superiore a quelle effettuate negli ultimi anni e per le quali il nostro Paese si è potuto avvalere della comprensione a livello europeo e che, oltre tutto, è ancora sub iudice per il definitivo via libera, da parte europea. Viste tali premesse, si può affermare che è stato redatto un documento all’insegna del realismo, tanto più che altri numeri importanti sono: • una crescita minima allo 0,2% quest’anno e allo 0,8% nel 2020; • un rapporto deficit-PIL in aumento al 2,4% quest’anno ed in flessione al 2,1% l’anno successivo; • il debito pubblico al 132,6 del
Nella sezione dedicata allo “Scenario macroeconomico e finanza pubblica tendenziali” del DEF si legge: “La lettura della previsione tendenziale deve tenere conto del fatto che la legislazione vigente, come modificata dalla Legge di Bilancio 2019, prevede un aumento delle aliquote IVA a gennaio 2020 e a gennaio 2021, nonché un lieve rialzo delle accise sui carburanti a gennaio 2020”. Ad oggi è in vigore la legge di Bilancio per il 2019, che prevede un aumento nel 2020 dell’IVA agevolata dal 10% al 13% nel 2020 e dell’IVA ordinaria dal 22% al 25,2% nel 2020 e al 26,5% nel 2021.
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PIL quest’anno ed in lieve diminuzione al 131,3% nel 2020. In contemporanea al dibattito scaturito sulla redazione del DEF, sono accaduti due nuovi eventi che fanno riflettere sulla congiuntura mondiale ed italiana. Il primo è un quadro pessimistico delineato dal Fondo Monetario Internazionale, secondo il quale la crescita mondiale sarebbe da tagliare per la terza volta in sei mesi, riducendosi al 3,3%, mentre quella italiana calerebbe allo 0,1%, con un futuro prossimo di una modesta ripresa allo 0,6% quest’anno ed un ritorno all’1% del 2020. Secondo il FMI il “momento è delicato” e l’economia mondiale rischia, ma il rischio è ancora più grave per l’Italia, sempre appesantita dall’enorme debito pubblico. Sempre secondo il FMI, “i dati deboli e la preoccupazione sull’Italia” sarebbero stati la causa della svalutazione del 3% dell’euro degli ultimi mesi. Perciò la situazione economica nel nostro Paese potrebbe rivelarsi come un “possibile fattore scatenante” di un “sentimento dei mercati internazionali”. Aggiunge ancora il FMI che, se l’Italia continuerà con “l’incertezza del bilancio e con rendimenti elevati dei titoli pubblici”, si potrebbero causare ricadute negative per le altre economie dell’Eurozona, anche perché, con gli alti costi che dovrebbero sostenere per le banche di finanziarsi, si potrebbero avere “investimenti deboli”. Secondo il FMI l’Italia si trova perciò in avaria, ma anche “gli altri” sarebbero in sofferenza, seppure non gravemente come noi: la Germania passa infatti dall’1,3% previsto a gennaio allo 0,5% dello scorso aprile e pesano le tensioni commerciali e la Brexit. La Germania risente del calo della domanda mondiale e più severe direttive sulle emissioni automobilistiche, che influiscono sulla sua produzione. Anche gli Stati Uniti fanno registrare una lieve contrazione, tanto che le previsioni di un 2,5% espresse a gennaio potrebbero scendere a 2,3% mentre l’unica economia in crescita più del previsto è quella cinese, al 6,3% rispetto al 6,2% precedente. Ed è che qui si verifica il miracolo del Belpaese, che, in relazione al primo trimestre di quest’anno, ha fatto registrare se pur timidi, segnali di ripresa della produzione industriale (+0,1) e nel trimestre in corso continua il quadro positivo: lo afferma l’Ufficio parlamentare di bilancio e lo conferma la nostra Banca d’Italia, anche se aggiunge che restano deboli i servizi e le costruzioni. Migliora anche l’esportazione italiana, con un +3,2% rispetto al primo trimestre dello scorso anno, e ben ha fatto il nostro Ministro dell’economia che in sede dei lavori del FMI ha sostenuto che “l’Italia non è un rischio globale e non c’è bisogno di alcuna rassicurazione”. Non intendiamo quindi propugnare entusiasmi, poiché la nostra crescita è minima e il pericolo di ricadute è dietro l’angolo, ma almeno per una volta le previsioni dei “non amici” dell’Italia hanno dato loro torto, almeno per un breve periodo; periodo che ci auguriamo non venga subito interrotto. Cosimo Sorrentino
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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
Brexit: primo atto di un doloroso distacco L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è un’operazione delicata e complessa che va fatta col bisturi e non con l’accetta. Perché sbaglia, e di molto, chi crede che le conseguenze saranno solo per Londra di Guido Guidi
I
divorzi, si sa, non sono mai un bel momento. Non lo sono nemmeno quando si è deciso di comune accordo, figurarsi se non c’è condivisione. La decisione è però ormai presa ed è davvero difficile, forse impossibile, tornare indietro. Bisogna pertanto attivare tutte le
procedure perché la separazione sia più indolore possibile, per tutti. Eh già, perché il problema non pende come una spada di Damocle solo sulla Gran Bretagna. La Brexit è un enorme punto interrogativo anche per tutti quegli Stati e quei soggetti che con il Regno Unito hanno a
che fare per motivi professionali o d’impresa. Intanto si è tirato un bel sospiro di sollievo quando a marzo è stata accordata la proroga sino al 31 ottobre prossimo: nulla era infatti pronto per il divorzio più importante degli ultimi decenni.
Con il termine “Brexit” si indica l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea così come sancito dal referendum che si è svolto il 23 giugno 2016.
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L’agroalimentare è uno dei comparti che maggiormente ne subirà le conseguenze, poiché sono diverse le produzioni oggetto di import ed export, per cui non è chiaro quali saranno le regole nelle transazioni, i problemi di documentazione, etichettatura, dogane e dazi. Per l’Italia, la Gran Bretagna rappresenta il quarto mercato estero di riferimento e il terzo se si considera la sola Unione Europea. Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori, la bilancia agroalimentare tra i due Paesi ha chiuso in positivo il 2018 (con +204 milioni di euro) e continua ad essere favorevole per l’export italiano anche dall’inizio del nuovo anno. Per quanto riguarda la voce della mera trasformazione, la crescita l’anno scorso è stata pari al 17%. Segno negativo, invece, per l’export agricolo che, sia su base congiunturale che tendenziale, ha chiuso a gennaio con valori sotto lo zero. Quello britannico, è un mercato che, nell’ultimo decennio, ha
incrementato i propri acquisti di agroalimentare made in Italy del 43%, ben più di quanto fatto nei confronti dei nostri concorrenti francesi o olandesi. Come sottolineato di recente da CONFAGRICOLTURA, le esportazioni annue del made in Italy agroalimentare verso il Regno Unito ammontano a 3, 4 miliardi di euro e, per il 30%circa, sono rappresentate da prodotti a indicazione geografica e di qualità. A dirla tutta, sembra che l’incertezza di un’uscita senza accordo sia stata positiva per le nostre imprese, visto che la paura, nei mesi scorsi, ha fatto segnare il record di sempre nelle esportazioni alimentari italiane. Il timore di dazi o balzelli ha portato a 243 milioni di euro, in un solo mese, il valore delle vendite di alimenti e bevande tricolori, Prosecco, Grana Padano e conserve vegetali in testa. Si tratta dunque di un mercato con il quale l’Italia ha grande interesse a mantenere i rapporti commerciali in entrambi i sensi. Per questo l’uscita senza
e
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accordo sarebbe una mannaia. L’auspicio è quello che siano messi in piedi una serie di accorgimenti che si traducano in accordi e trattati di salvaguardia delle relazioni, al fine di mantenere quanto possibile inalterati i rapporti commerciali bilaterali. I flussi di merci, infatti, non solo non possono e non devono essere bloccati, ma piuttosto vanno incentivati. Eppure le insidie sono tante Il maggior rischio è che, divenendo il Regno Unito un Paese Terzo, nei rapporti tra GB e UE potrebbero frapporsi dazi, procedure amministrative e doganali che complicherebbero i rapporti commerciali, aumenterebbero i prezzi e, in definitiva, scoraggerebbero l’acquisto dei prodotti in entrambi i Paesi, sia per quelli importati che per quelli da esportare. Non è un caso se il British Retail Consortium con le più famose catene della GDO britannica, come Sainsbury’s, Asda, Waitrose e Marks & Spencer, hanno inviato
L’agroalimentare è uno dei comparti che subirà più conseguenze, poiché sono diverse le produzioni oggetto di import e export, per cui non è chiaro quali saranno le regole nelle transazioni, i problemi di documentazione, etichettatura, dogane e dazi. Per l’Italia, poi, l’UK rappresenta il quarto mercato estero di riferimento e il terzo se si considera la sola Unione Europea
una nota ai parlamentari britannici, sottolineando che un eventuale NODEAL sulla Brexit potrebbe causare l’impossibilità di importare alcune produzioni, con tutte le nefaste conseguenze del caso. E, ancora, che le interruzioni di esportazioni e importazioni porterebbero ad un enorme aumento dei prezzi dei generi alimentari, soprattutto per alcuni cibi come insalate, formaggi, pomodori e frutti rossi. L’imposizione di barriere non tariffarie simili a quelle già applicate agli scambi commerciali UE-USA implicherebbero costi aggiuntivi per circa 40 miliardi di euro, con un conseguente calo di esportazioni dalla UE al Regno Unito per il 50,4%. E con un –47,4% per l’Italia. Per il Belpaese, che vanta il maggior numero di prodotti a indicazione geografica in Europa, quale sarebbe la tutela? La GB gli riconoscerebbe lo stesso peso giuridico e valore come ancora facesse parte della UE? La risposta non è scontata. E la lunga lista delle incertezze che spaventano non finiscono qui. A proposito di etichettatura: la Gran Bretagna diventa un Paese extra UE; questo significa che dovremo cambiare milioni di etichette dove l’UK viene menzionato in quanto Paese di origine della materia prima. Stessa cosa dicasi per il biologico, il cui logo europeo non può più essere usato per nessun tipo di prodotti UK. E ancora — ma questa è mera curiosità su come dovranno comportarsi i cugini inglesi in casa loro — come verrà riformato il diritto agroalimentare britannico (e non solo!) basato sinora prevalentemente su regolamenti europei? Quegli
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stessi regolamenti che da domani si potranno considerare legge di un Paese straniero? Ci sono poi una marea di “sottigliezze” che riguardano tutti. Eccone alcuni esempi a titolo indicativo e non esaustivo. In caso di esportazioni di merci verso i Paesi Terzi con cui la UE ha concluso un accordo di libero scambio, gli esportatori possono beneficiare di tariffe preferenziali, purché i prodotti vantino un certo contenuto UE secondo i parametri delle norme di origine. Dopo la Brexit, come verrà considerato l’apporto del Regno Unito al prodotto finito? Non potrà, infatti, più essere valutato come UE. Con fini di tutela di salute, sicurezza e ambiente, le norme della UE limitano l’importazione da e verso Paesi Terzi di determinate merci, tra cui animali vivi, prodotti d’origine animale e alcune tipologie d’origine vegetale. Come si procederà ad inserire il Regno Unito nell’elenco come Paese Terzo autorizzato? È quasi certo che, a decorrere dalla data del recesso, l’adempimento di tali requisiti sarà verificato al momento dell’entrata nell’Unione, mediante controlli di frontiera obbligatori; pertanto, nei punti d’ispezione frontalieri riconosciuti, dove ciascuna partita sarà sottoposta a verifiche documentali e d’identità. In tema di dogane, la questione è serissima perché, se l’accordo di recesso non sarà ratificato, si applicherà la normativa europea relativa alle merci importate ed esportate, compresi i dazi e le imposte, e si adempirà a tutte quelle formalità e controlli previsti oggi solo per i Paesi Terzi. Inoltre, la Commissione ha licenziato il regolamento
delegato mirante a includere i mari che bagnano il Regno Unito nelle disposizioni sui limiti di tempo entro i quali occorre presentare le dichiarazioni sommarie di entrata e le dichiarazioni pre-partenza prima dell’entrata nel territorio doganale dell’Unione o dell’uscita da esso. Restano poi una serie lunghissima di problematiche relative ai prodotti alimentari trasformati, soprattutto in merito alle informazioni al consumatore. Si pensi alla bollatura sanitaria e alla marchiatura d’identificazione, gli ingredienti alimentari, la composizione degli alimenti, i limiti di contaminanti e di residui, i materiali destinati a venire a contatto con i prodotti. A decorrere dalla data del recesso, sul bollo sanitario o sul marchio di identificazione dei prodotti della GB non figurerà più l’abbreviazione CE, perché è riservata agli stabilimenti ubicati nell’Unione, ma figurerà solo il nome del Paese. Un altro esempio, che ben descrive le diverse problematiche che potrebbero sorgere in caso di Brexit senza accordo, è quello degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati, il cui richiedente l’autorizzazione dell’uso o il suo rappresentante deve essere stabilito nell’Unione. A decorrere dalla data del recesso, ovviamente, gli stabilimenti della GB non potranno più vantare questo requisito. I problemi potrebbero essere però ancora più gravi sul piano pratico nei rapporti con l’Irlanda, dove, per un’ovvia questione geografica, i traffici di merci e persone sono continui e le due economie sono fortemente interconnesse, al punto che si stima una perdita del PIL del 4% in cinque anni. E la lista delle eventuali complicanze che potrebbero costare care al Regno Unito e al resto dell’Unione Europea sono molteplici e tutte serissime. Insomma, se proprio separazione deve essere — viste le nefaste conseguenze che si temono su tutti i fronti — almeno che sia consensuale e sancita da un accordo serio, completo, esaustivo, dove nulla sia lasciato al caso. Guido Guidi
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Social di Elena
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2. James Smith, butcher molto tatuato Bella la pagina Facebook del macellaio neozelandese JAMES SMITH, tutto potenza, coltelli e tatuaggi, che carica immagini e video del proprio lavoro alla pagina www.facebook.com/TattooedButchr. Il suo sogno è entrare nel New Zealand Team del World Butchers’ Challenge 2020 in quel di Sacramento (photo © facebook.com/ TattooedButchr).
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meat Benedetti
4. La Brigata Agricola per non mangiare compromessi
3. Se nutri la passione, puoi diventare grande Questo è uno dei payoff on-line di AZOVE, la prima Organizzazione Produttori Carni Bovine della regione Veneto e leader sul mercato italiano. La comunicazione web, tra portale www.azove.it e la pagina facebook.com/ azoveorganizzazioneproduttori, è un bell’esempio di mezzo efficace per raccontare al consumatore tutto il lavoro e l’impegno degli oltre 150 soci, tra cooperative e allevatori privati, nell’allevamento dei bovini e nella lavorazione delle carni (photo © AZOVE).
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L’idea è partita un po’ per gioco da un gruppo di amici allevatori, contadini e trasformatori, tra cui anche GABRIELE BONCI e ROBERTO LIBERATI. Perché una Brigata Agricola? Per promuovere un’agricoltura “resistente” che riporti l’attenzione alla terra, agli animali, ad un sistema sintonizzato ai ritmi e ai tempi della natura. Con la riscoperta del lavorare tutto l’animale, allevato nel rispetto del suo benessere e dell’ambiente che lo circonda. Una filosofia che non scende a compromessi e che ci fa riflettere sulle scelte che noi consumatori possiamo fare ogni giorno. Da seguire su www.instagram. com/brigata.agricola (photo © Brigata Agricola).
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AZIENDE
A Vicenza l’assemblea ordinaria dei soci dell’OP AZOVE Produttori Carni Bovine
AZOVE, crescita e progetti
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ostenibilità, benessere e qualità. «Queste sono tre parole che dobbiamo fare nostre nella quotidianità della professione» ha detto a Vicenza lo scorso 29 aprile il presidente di AZOVE FABIO SCOMPARIN nel dare il benvenuto ai partecipanti all’assemblea ordinaria dei soci di quella che è la prima organizzazione di produttori della regione Veneto che controlla l’intera filiera zootecnica della carne. «Massima attenzione quindi a ciò che il consumatore ogni giorno ci chiede, in un approccio al consumo che negli ultimi anni è cambiato
profondamente nella domanda di prodotti semilavorati, nell’attenzione verso temi quali l’innovazione, il benessere animale, in consumo di acqua e del suolo. Se vogliamo dare un futuro alle nostre aziende dobbiamo svolgere il nostro lavoro per dare continuità a chi verrà dopo di noi». Un’assemblea con il segno + In sede di assemblea l’approvazione del bilancio di esercizio del 2018 di AZOVE è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione della zootecnia bovina da carne, che
La nuova sede di AZOVE a Cittadella (PD) diverrà operativa verso fine 2019 (photo © AZOVE).
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finalmente sembra aver imboccato una fase di ripresa dopo anni di continua difficoltà. Emerge chiaro dai numeri e dai risultati dell’anno concluso: sono circa 45.000 i capi allevati e commercializzati, 38.000 i capi macellati direttamente (+12% rispetto all’esercizio precedente). A ciò si aggiungono i rapporti commerciali con i più importanti gruppi della GDO, senza trascurare il dettaglio tradizionale, e i progetti per il futuro. È stato un anno complessivamente positivo in cui tutti gli indicatori hanno fatto registrare un aumento, dal fatturato che ha superato i 127 milioni di euro, ai capi macellati, allo sviluppo della rete commerciale. Le novità dell’OP Gli interventi del presidente Scomparin e del direttore GIUSEPPE BORIN hanno infatti evidenziato le recenti novità della cooperativa: dal 1o gennaio 2018 è stata perfezionata la fusione tra AZOVE e AZOVE Carni. Ciò cosa significa? Che oggi AZOVE gestisce direttamente tutte le fasi della filiera del bovino da carne, dalla selezione dei bovini al supporto tecnico-sanitario agli allevatori, dalla informazione e formazione alla macellazione e lavorazione industriale ed infine alla commercializzazione delle carni di qualità. Con l’obiettivo di ottimizzare la gestione completa della filiera, è stato acquistato uno stabilimento di macellazione e lavorazione delle carni a Cittadella (PD). L’impianto diverrà operativo a fine 2019 dopo importanti ampliamenti e adeguamenti tecnologici e consentirà di unificare tutte le attività del Gruppo. Era questo l’unico elemento della
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Oltre all’approvazione del bilancio 2018 e alla programmazione delle attività 2019, la OP ha organizzato durante l’assemblea una tavola rotonda incentrata a dare spunti di riflessione sul futuro e sulle sfide della zootecnia da carne europea, lanciando tre parole chiave: sostenibilità, benessere e qualità
filiera non gestito direttamente da AZOVE e che ora consentirà di massimizzare il reddito degli allevatori soci attraverso la migliore valorizzazione delle loro produzioni, oltre a sostenere i valori e la missione dell’essere organizzazione produttori. In questo modo si completa tutto il ciclo produttivo e AZOVE si configura da oggi come cooperativa agroalimentare. A Cittadella sarà trasferita anche la sede legale e amministrativa, che diventerà il centro di direzione e controllo di tutte le attività e punto di riferimento per l’intera zootecnia bovina da carne del Veneto. I nuovi skin pack e le certificazioni QV e Sigillo Italiano Dopo la partecipazione alla fiera Marca di inizio gennaio a Bologna, AZOVE è stata presente con il proprio stand a Tuttofood, kermesse fieristica milanese, con la presentazione della nuovissima linea di prodotti porzionati di scottona e vitellone confezionati in skin pack, soluzioni ideali per esaltare la qualità della carne e al contempo salvaguardarne le caratteristiche organolettiche. L’obiettivo? Instaurare un rapporto diretto con il consumatore fornendogli un prodotto di assoluta qualità, supportato dalla certificazione di filiera (Filiera Certa). Ed è anche attraverso i nuovi prodotti, che potranno fregiarsi anche delle certificazioni QV (Qua-
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In alto: AZOVE e i propri soci si sono dimostrati sensibili ai danni subiti dai territori e solidali alle popolazioni del Veneto a seguito delle devastazioni e dei gravi danni causati dagli eventi atmosferici dello scorso autunno, donando 20.000 euro nelle mani del governatore della regione Luca Zaia (photo © AZOVE). In basso: Giuseppe Borin, Paolo De Castro e Fabio Scomparin alla conclusione della tavola rotonda. lità Verificata) e Sigillo Italiano, che «AZOVE persegue una politica di massima attenzione verso l’ambiente, il territorio e la qualità lungo tutta la filiera e questo ci permette di offrire sulle tavole dei consumatori un prodotto certificato, tracciato, sicuro e pieno di gusto», come sottolineato dal presidente Scomparin in sede di assemblea.
«In quest’ottica AZOVE ha partecipato in qualità di socio fondatore sia alla costituzione del Consorzio Sigillo Italiano per l’applicazione del Sistema di Qualità Nazionale e la valorizzazione delle carni e sia alla costituzione del Consorzio di tutela e promozione e valorizzazione dei prodotti a marchio Qualità Verificata della regione Veneto».
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L’Organizzazione di Produttori AZOVE segue tutta la filiera della zootecnia bovina da carne con impegno, costanza e lungimiranza. Progetti futuri, tra antibiotic free e bio L’organizzazione di produttori AZOVE ha messo sul tavolo due macro-progetti che realizzerà nei prossimi mesi. Il primo è di sicuro impatto sul mercato e complesso nell’attuale fase di raccolta dati e gestione del processo di realizzazione con gli allevatori. Si tratta della produzione a breve, al termine della sperimentazione in corso con gli enti di ricerca coinvolti, di carni bovine antibiotic free e a basso impatto ambientale. Ciò avverrà attraverso l’implementazione di nuove tecniche di allevamento e alimentazione innovative e naturali che consentiranno di avere animali più sani con minore necessità di ricorrere al farmaco. Il secondo progetto sul quale la OP veneta sta lavorando è l’attivazione di una linea di carne bovina biologica in collaborazione con gli allevatori di vacche da latte della montagna bellunese e del Veneto.
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Tavola rotonda sul futuro e sulle sfide nella zootecnia da carne europea A margine dell’assemblea, lo staff di AZOVE ha organizzato una tavola rotonda sul tema del futuro della zootecnia da carne in Europa, incentrando le riflessioni su tre macro temi: la sostenibilità, il benessere e la qualità. Presenti oltre cento allevatori del Veneto che hanno seguito con attenzione l’intervento di benvenuto di Fabio Scomparin e quelli del direttore dell’ente di ricerca francese INRA, JEAN-FRANÇOIS HOCQUETTE, del primo vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, on. PAOLO DE CASTRO, e del professore ordinario di Zootecnia Speciale presso l’Università di Padova MASSIMO DE MARCHI. Il presidente di AZOVE ha ribadito l’importanza di sviluppare sempre di più la sostenibilità dell’allevamento e la necessità, imprescindibile oggi, di attivare forme
adeguate di comunicazione per far capire al consumatore l’importanza di mangiare carne bovina di qualità. Dalla relazione del prof. Hocquette — tema a cui dedicheremo un articolo approfondito sul prossimo numero di EUROCARNI — è emerso che l’attuale sistema di classificazione europea delle carcasse non risponde ai criteri di valutazione che il consumatore moderno richiede. È quindi necessario sviluppare la ricerca tra il mondo scientifico, i produttori e i consumatori per mettere a punto un sistema di valutazione della qualità delle carni che tenga conto degli aspetti sensoriali, nutrizionali, sociali e ambientali (carbon footprint, animal welfare, biodiversity of pasture, rural development, ecc…), oggi particolarmente richiesti dal consumatore, garantendo comunque una redditività economica agli allevatori e agli altri operatori della filiera. L’onorevole De Castro ha confermato l’interesse del Parlamento europeo alle problematiche della filiera zootecnia bovina da carne illustrando i contenuti della proposta di modifica della PAC e si è quindi soffermato sulla recente Direttiva UE contro le pratiche commerciali sleali nel settore agroalimentare. Il prof. De Marchi ha infine illustrato i primi risultati del progetto antibiotic free beef, in fase di realizzazione, che ha come obiettivo la corretta gestione dell’allevamento per l’eliminazione/riduzione dell’uso degli antibiotici in allevamento.
AZOVE Organizzazione Produttori Carni Bovine Via Vallancon Nord 12 35045 Ospedaletto Euganeo (PD) Web: www.azove.it
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La nuova linea di porzionati di scottona e vitellone confezionati in skin pack progettata da AZOVE per sottolineare la qualità della carne della filiera veneta, salvaguardando al meglio le caratteristiche organolettiche (photo © AZOVE).
Bravi è bene ma certificati è meglio! AZOVE affronta le sfide del mercato seguendo la strada della qualità, fatta di cura e di importanti certificazioni: • le carni di AZOVE, tra i primi a certificare gli allevamenti per il benessere, si fregiano dell’indicazione in etichetta “Garanzia di benessere animale in allevamento valutato secondo lo standard del Centro di Referenza Nazionale”; • la certificazione di rintracciabilità di filiera, che comprende tutti gli allevamenti soci e le attività di macellazione e lavorazione delle carni, garantisce la corretta e trasparente gestione. Filiera Certa è la certezza di un controllo totale della filiera, dall'allevamento degli animali alla vendita di carni di prima scelta; • il marchio della regione Veneto Qualità Verificata, del quale AZOVE è concessionario. A tale progetto aderiscono 56 aziende associate, che in forza di un rigido disciplinare garantiscono produzioni di alta qualità grazie all’alimentazione a base di cereali, condizioni di benessere riservate agli animali in allevamento, non utilizzo di cortisonici. Oggi questa filiera comprende oltre 40 punti vendita distribuiti su 7 regioni dell’Italia e notevoli sono gli sforzi che la cooperativa sta compiendo per incrementare lo sviluppo e supportare le vendite grazie anche ad uno specifico progetto finanziato dalla regione Veneto ai sensi del PSR 2014-2020; • il marchio Sigillo Italiano per comunicare al consumatore le produzioni degli allevatori italiani ottenute nel rispetto del sistema di qualità nazionale zootecnia; • un disciplinare di etichettatura volontaria delle carni con autorizzazione ministeriale IT020ET per fornire informazioni, oltre a quelle obbligatorie, utili al consumatore per comprendere la qualità effettiva del prodotto.
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Sealed Air: inaugurato il nuovo centro espositivo in Italia L’investimento nella nuova struttura Packforum a Passirana di Rho, Milano, testimonia l’impegno del Gruppo per l’innovazione e la sostenibilità nella regione EMEA
I
l 4 aprile Sealed Air Corporation (SEE alla Borsa di New York) ha accolto numerosi visitatori all’inaugurazione del suo nuovo centro espositivo, Packforum EMEA, a Passirana di Rho, Milano. Creato per consentire ai visitatori di scoprire nuove soluzioni di packaging e scambiarsi idee sul mercato globale e sulle tendenze di consumo, Packforum EMEA offre un’esperienza tecnologica con un’attenzione particolare all’innovazione, all’efficienza energetica e alle strategie omnichannel. Presso Packforum EMEA i clienti avranno modo di ideare, creare e testare soluzioni per il confezionamento di prodotti alimentari e non, usufruendo di un supermercato virtuale, di una pratica cucina per le dimostrazioni e di uno dei più grandi impianti produttivi dell’azienda nella regione, all’interno dello stesso sito. Gli specialisti Sealed Air, esperti di economia circolare, scienze alimentari, conformità alimentare, e-commerce e automazione del confezionamento, favoriranno l’innovazione e la collaborazione con i clienti. «Questo investimento è l’ennesimo esempio dell’impegno di Sealed Air nei confronti dell’innovazione e della sostenibilità, e costituendo un luogo di confronto con i nostri clienti per lavorare insieme a un futuro senza sprechi nei più svariati settori», afferma KARL DEILY, chief commercial officer di Sealed Air. Costruito e arredato con materiali di riciclo, la struttura ecocompatibile utilizza parte dell’energia da 48
Il taglio del nastro del nuovo centro Packforum EMEA. fonti rinnovabili, contribuendo notevolmente alla riduzione degli sprechi. «Eliminando gli sprechi dalle nostre attività e aiutando i clienti a fare lo stesso lungo tutta la catena di distribuzione non soltanto aumentiamo efficienza e redditività, ma facciamo il bene delle nostre
comunità e dell’ambiente», dichiara RON COTTERMAN, vice president, Corporate Innovation and Sustainability di Sealed Air. Oltre a questa nuova sede Sealed Air ha centri espositivi anche a Shanghai, in Cina, e presso la sede centrale negli Stati Uniti.
Sealed Air aiuta i propri clienti ad affrontare le sfide più significative nell’ambito del confezionamento, collaborando all’ideazione di soluzioni innovative che sapranno rendere migliori il mondo, l’ambiente e le comunità in cui viviamo. Nel portfolio dei suoi marchi universalmente riconosciuti figurano le soluzioni per il confezionamento alimentare Cryovac® e per l’imballaggio protettivo Bubble Wrap®, che rispettivamente assicurano una filiera alimentare più efficiente e la protezione delle merci spedite in tutto il mondo. >> Link: www.sealedair.com
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INTERVISTE
La storia di Heather Da graphic designer alle aziende agricole fino alla macelleria. Ecco la storia di un’imprenditrice che con Primal Supply Meats porta avanti un progetto di carni locali, sostenibili e provenienti da allevamenti nei quali “benessere”, animale e ambientale, è l’unica parola chiave di Elena Benedetti
È
stato grazie all’amico DARIO CECCHINI che ho conosciuto HEATHER MAROLD THOMASON. Complice una foto che Dario mi mandò nel corso di una serata organizzata con PRIMAL SUPPLY MEATS lo scorso gennaio a Philadelphia. Ho contattato Heather e mi sono fatta raccontare la sua avventura, un percorso di vita e esperienze professio-
nali che si incrocia continuamente con gli allevatori. Perché la carne, nella visione di questa butcher statunitense, è il prodotto di un lavoro di squadra nel quale le best practice degli allevatori si ritrovano nella qualità dei tagli nel banco carni. Una visione che si sta diffondendo negli Stati Uniti con una riscoperta delle piccole botteghe di macelleria,
sempre più sensibili a riallacciare il rapporto con gli allevatori del proprio territorio, per offrire un prodotto che si discosta dallo standard della GDO, sia per varietà di tagli che di resa qualitativa. E quando a tutto ciò si aggiunge un ideale di lavorazione dell’animale intero il cerchio si chiude e il progetto è completo.
Heather Marold Thomason e Cecilie May, fondatrici di Primal Supply Meats (photo © Jason Varney).
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Quando hai iniziato l’attività di Primal Supply Meats? «L’avventura è iniziata nel giugno del 2016 con la collega CECILIE MAY. Oggi il nostro business conta una ventina di dipendenti, la metà dei quali è in laboratorio, mentre gli altri si occupano della vendita in negozio, della guida dei mezzi per il carico delle carni in macello e della consegna a domicilio alla clientela, oltre naturalmente alla gestione del flusso di lavoro in ufficio». Che visione hai del tuo business Heather? «PRIMAL SUPPLY MEATS è nato dal desiderio di mettere in connessione gli allevatori locali ai clienti orientati all’acquisto di carni sostenibili. Il nostro impegno è quello di acquistare, attraverso un macello locale, solo l’animale intero dal nostro network di aziende agricole. È un business guidato dalla macelleria, che andando all’origine del prodotto, a monte della filiera, seleziona a carne e la lavora con estrema attenzione, garantendo il prodotto migliore nel nostro territorio. Sostanzialmente il nostro lavoro si sviluppa su tre linee di attività: la fornitura di carni all’ingrosso per ristoratori e chef, l’adesione al Butcher’s Club, che è sostanzialmente un servizio di abbonamento alla nostra meat box (un pacco di nostri tagli selezionati) che si può ritirare presso un centro di raccolta della zona e, non ultimo, la nostra macelleria con la vendita diretta. Attraverso questi tre canali, ai ristoranti, a domicilio con la box e la macelleria, siamo in grado di utilizzare tutti i tagli dell’animale ottimizzando le risorse e garantendo un servizio completo. Per questo motivo ci stiamo allargando e in primavera abbiamo ultimato i lavori nel nostro nuovo quartier generale che ospita il laboratorio di macelleria, il magazzino, una cucina professionale e il negozio. Il nostro prossimo passo sarà proprio quello di ampliare l’offerta di prodotti con piatti pronti. In questo nuovo spazio saremo finalmente in grado di ospitare lezioni e momenti di formazione oltre a eventi speciali,
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In alto: uno scatto all’interno di Primal Supply Meats a South Philadelphia (photo © Jason Varney). In basso: la macelleria offre carni fresche di manzo, suino, pollame, uova e salsicce (photo © Jason Varney).
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Le carni bovine sono lavorate e frollate mediamente per 8-12 settimane (photo © Jason Varney). tra cui cene a tema con la presenza di chef che collaborano con noi. Il tutto in un ambiente funzionale e accogliente, aperto ai clienti e alla nostra comunità». Come avviene la selezione delle carni presso gli allevamenti? «Sono stata molto fortunata a consolidare nel corso degli anni relazioni e contatti con parecchi allevatori nei dintorni di Philadelphia, professionisti che ogni giorno scelgono di crescere e allevare gli animali in modo sostenibile. E poi mi sono guadagnata una buona reputazione nell’ambiente nel riconoscere il giusto prezzo per i capi acquistati. Il contatto diretto è alla base di tutto: mi piace andare a trovare gli allevatori, insieme a loro visitare le stalle, ascoltare il loro punto di vista, comprendere le loro difficoltà. Il nostro è un rapporto continuo che non si esaurisce con l’acquisto degli animali: da parte mia tendo a condividere con loro i riscontri che abbiamo sulla qualità delle carcasse,
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sulla texture e resa delle carni. Tutto ciò al fine che anche loro possano migliorare le tecniche di allevamento al fine di una crescita comune e condivisa che va a vantaggio di entrambi! La nostra politica è quella di sostenere gli allevatori che scelgono di allevare gli animali in modo naturale, con attenzione al loro benessere e a quello dell’ambiente, lavorando la terra responsabilmente. Tutti gli animali sono cresciuti al pascolo, liberi nei movimenti, senza somministrazione di ormoni della crescita e antibiotici». Lavorate con certificazioni di carni biologiche? «La certificazione bio è molto costosa e pertanto proibitiva per la maggior parte delle aziende agricole con cui lavoriamo. A ciò si aggiunga il fatto che essa con prevede un disciplinare sul tema del benessere animale. Io sinceramente preferisco fare affidamento ad allevatori indipendenti che lavorano in un certo modo nell’approccio
con gli animali, nella scelta di non utilizzare pesticidi per i terreni coltivati, nel bandire foraggi OGM. Sono convinta che le best practice che sosteniamo e incoraggiamo con i nostri partner zootecnici siamo di gran lunga migliori di una certificazione bio». Che cosa cerca oggi il vostro cliente in macelleria? «Il nostro business consiste nella vendita di carni fresche, con numerosi tagli tra bistecche e arrosti, salsicce preparate da noi, carni avicole e uova. La scelta all’acquisto è tutta guidata dalla percezione dell’alta qualità e man mano che il cliente prende consapevolezza di questa resa qualitativa, oltre a tutto ciò che c’è dietro a quel taglio di manzo nel banco carni, ecco che ritorna e si fidelizza». Lavori con la maturazione delle carni? «Già da alcuni anni maturiamo le nostre carni bovine in osso e ci siamo stabilizzati su un periodo di 8-12 settimane».
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Dario Cecchini dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti ha recentemente fatto visita a Heather Marold Thomason e al suo staff presso Primal Supply Meats. Da sinistra Anna Hymanson, Kathryn Lipman, Heather Thomason, Dario Cecchini e Jesse Franklin (photo © Primal Supply Meats). Quali tipologie di carne offrite? «L’offerta di Primal Supply Meats comprende manzo, maiale e pollame, incluse anatre, conigli e faraone. Tagli di ovini sono disponibili solo stagionalmente. Non lavoriamo invece le carni di selvaggina poiché le normative USDA in materia richiedono una serie di protocolli ad oggi non realizzabili». Vendete più on-line o in negozio? «Siamo partiti con la vendita on-line e per i primi due anni la
clientela acquistava le scatole di prodotti attraverso l’e-shop o via email. Oggi con il negozio il contatto è diretto e sicuramente vincente per la relazione che si instaura. E i numeri lo confermano!». Sulla base della vostra esperienza c’è un trend nell’acquisto di carne? «Sicuramente negli USA la tendenza è sempre più verso gli acquisti on-line e sono sempre di più i business e le start up che offrono vendite di prodotti 24h attraverso
«Il contatto diretto è alla base di tutto», racconta Heather. «Mi piace andare a trovare gli allevatori, visitare insieme le stalle, ascoltare il loro punto di vista e comprenderne le difficoltà. Si tratta di un rapporto continuo che non si esaurisce con l’acquisto degli animali, di condividere. E tutto ciò al fine al fine di una crescita comune che va a vantaggio di entrambi!»
l’e-commerce. La nostra scelta è stata quella di lavorare con il nostro territorio, con allevatori locali, e per spiegare la nostra visione serve anche un contatto diretto, uno scambio. Per questo motivo il negozio fisico per Primal Supply Meats è e resta fondamentale». Organizzate corsi per la clientela? Ad esempio di taglio, cottura o BBQ? «Oggi siamo strutturati nell’offerta di corsi e demo sul taglio, come il disosso di una mezzena di suino
Chi è Heather Marold Thomason? Butcher e imprenditrice, artefice del suo progetto Primal Supply Meats, Heather ha un passato da graphic designer. La passione per l’allevamento e la lavorazione delle carni, oltre alla condivisione della filosofia dell’animale intero l’ha portata a intraprendere un percorso di formazione. Da prima come apprendista a Newport, Pennsylvania, presso North Mountain Pastures, dove ha appreso le basi dell’allevamento sostenibile, poi in un laboratorio di carni a Berkeley, California, nella macelleria The Local Butcher Shop. Nel 2014 è rientrata a Philadelphia ed è diventata head butcher a Kensington Quarters. Qui ha sviluppato una serie di contatti con gli allevatori e macellatori locali. Nel 2016 ha fondato Primal Supply Meats con la collega socia Cecilie May. Heather organizza corsi e demo di taglio dell’animale intero rivolti a clienti, appassionati e professionisti (photo © instagram.com/primalsupplymeats).
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ad esempio. L’obiettivo è spiegare l’anatomia dell’animale e la provenienza dei vari tagli. C’è poi la parte pratica con la preparazione di salsicce o il disosso di un pollo. Nel nuovo spazio dedicato all’attività didattica svilupperemo anche corsi di cucina, per insegnare le tecniche di cottura delle carni». In Italia la macelleria tradizionale detiene mediamente il 30% del mercato. I numeri sono più alti al Sud e sempre più i macellai si orientano verso la somministrazione di prodotti di carne all’interno del negozio, con servizi di ristorazione. Conosci la nostra realtà? «Purtroppo no. Negli Stati Uniti la macelleria era quasi scomparsa dalle scene ma negli ultimi 10 anni tantissimi piccoli esercizi sono riemersi guidati da una nuova generazione di butchers che ripropongono l’arte della lavorazione delle carni e un modello di vendita tradizionale. Molti colleghi stanno iniziando o sviluppando un discorso simile
al mio: quello di lavorare con allevamenti locali presso i quali c’è un contatto e un rapporto diretto, scegliendo poi la filosofia dell’animale intero». Heather, qual è stato il tuo percorso? Come sei diventata macellaia? Come si impara l’arte del disosso, della lavorazione e trasformazione delle carni negli USA? «Io sono partita a monte, dall’allevamento! Volevo capire che cosa significa allevare bene per ritrovare quella qualità nelle carni. Poi è iniziato il percorso in macelleria, prima come apprendista non retribuita per poter accedere ad una formazione diretta. Nel corso del tempo, maturata una buona esperienza, sono stata assunta fino a ricoprire il ruolo di head butcher e shop manager. È stato a quel punto che ho deciso di fare un salto e iniziare una mia attività. Al momento non ci sono scuole o percorsi di formazione sulla lavorazione dell’intero animale negli USA.
Alcuni piccoli esercizi si coltivano gli apprendisti ma spesso con difficoltà, soprattutto quando le risorse e le opportunità sono limitate. I supermercati e le grandi superfici al dettaglio fanno poco disosso e taglio, la maggior parte delle carni arriva già tagliata e porzionata dagli stabilimenti industriali. Io sono felice di aver realizzato il mio sogno e ancor di più di aver dato vita ad un business che è in crescita, che forma nuovi professionisti delle carni e, soprattutto, che preserva e promuove l’artigianalità del nostro mestiere». Elena Benedetti Primal Supply Meats 1538 East Passyunk Avenue Philadelphia PA 19147 (USA) Web: www.primalsupplymeats.com www.instagram.com/ primalsupplymeats Nota Alle pagine 52 e 53, photo © Jason Varney.
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Intervista a Marco Pedroni, presidente di Coop Italia
L’importanza del fattore tempo e la ricerca della regionalità di Sebastiano Corona
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a Coop sei tu. Questo lo slogan noto ed efficace che fa sentire ognuno di noi un elemento importante di una struttura — la più dimensionata della distribuzione targata Italia — che fattura oltre 14,5 miliardi di euro (2016) e conta, nello stesso anno, più di 53.600 dipendenti. Di questa azienda incontriamo il più alto rappresentante in carica, MARCO PEDRONI, presidente, dal 2013, della cooperativa più famosa del Belpaese. Il Rapporto Coop da anni fa una fotografia completa e argomentata dell’Italia moderna. Non solo dell’andamento dei mercati nel food e non, ma anche una ricerca approfondita sugli umori, le tendenze, le prospettive sociali di una popolazione le cui scelte di fronte allo scaffale non sono guidate solo dal portafoglio. Il Centro Studi Coop puntualmente mette in evidenza stati d’animo e atteggiamenti, talvolta cogliendo anche aspetti curiosi e interessanti del comportamento dei connazionali, che lasciano intravedere abitudini di consumo e di vita anche per il breve e medio termine. È da qui che partiamo nell’intervistare Pedroni, che subito apre con una vena di pessimismo. È in salute il più grande gruppo della distribuzione moderna in Italia? E come ci si trova ad essere circondati da stranieri? «La Coop è in salute e gli stranieri sono da molti punti di vista in ritirata, ma non solo non godiamo di questo; al contrario, non lo consideriamo affatto un buon segnale o una cosa positiva nemmeno per noi. La verità è che la concorrenza estera
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Marco Pedroni è presidente, dal 2013, della cooperativa più famosa del Belpaese, Coop Italia. sta disinvestendo in Italia perché la situazione non è delle migliori. La Grande Distribuzione Organizzata ha sofferto molto durante la crisi finanziaria e tuttora i consumi non sono tornati del tutto ai livelli di pre-crisi. Gli Italiani non si sentono ancora perfettamente al sicuro. C’è preoccupazione, c’è tensione, ci sono ancora sentimenti di inquietudine che non consentono di spendere con serenità. Stanno soffrendo soprattutto le strutture a superfici più ampie, e in particolare quelle inserite nei centri commerciali. Persino i discount, dopo anni di crescita, registrano un leggero stallo». Ma la gente deve pur mangiare! «La gente deve pur mangiare, ma anche a tavola si può tirare la cinghia. Ed è quello che è successo in questi anni. C’è stata una contra-
zione complessiva e in generale si è avuto un bipolarismo dei consumi: da una parte il prodotto di prezzo, preferibilmente acquistato nel discount. È lì che si sono orientati i ceti a basso o bassissimo reddito. Dall’altra un prodotto di qualità medio-alta, proposto da un altro tipo di distributore, prevalentemente rivolto ad una fascia di reddito elevata. Tutto quello che c’era e che tuttora sta in mezzo ha sofferto molto ed è ancora in difficoltà. Poi ci sono stati altri fenomeni interessanti: la crescita importante e inarrestabile del bio; l’incremento del segmento salute; il balzo in avanti dell’etnico, del “senza” e del “ricco di”». Quanto influisce invece il fattore tempo? «Assume un’importanza sempre maggiore. La facilità e la celerità con cui si fa la spesa è sempre più
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elemento che condiziona la scelta del punto vendita e quindi anche dell’acquisto specifico. In sostanza si cercano sistemi salvatempo, come app che semplificano il modo di fare il conto o sistemi informatici per evitare la fila alla cassa». Quale altro elemento è importante oggi in fase d’acquisto? «Beh, a proposito di app, il mercato oggi richiede uno sforzo in termini di trasparenza sul prodotto. E noi ci siamo da anni attrezzati per offrire, sui prodotti a nostro marchio, la storia del prodotto, la provenienza della principale materia prima e — sempre tramite lo stesso sistema — ricette e tabella nutrizionale». Quindi il prodotto regionale e quello locale sono particolarmente ricercati dal consumatore? «Assolutamente sì. Il mercato non chiede solo di sapere da dove viene il prodotto che sta acquistando, ma vuole che sia quanto più possibile vicino al suo territorio di riferimento. Da una parte abbiamo creato delle linee specifiche affinché le produzioni locali siano più facilmente individuabili nei punti vendita. Dall’altra, essendo noi una grande rete su livello nazionale, abbiamo veicolato prodotti di ogni
regione ovunque, anche di quelle in cui non siamo presenti con dei punti vendita. Ci sono produzioni importanti che meritano di essere valorizzate lontano dai propri contesti produttivi perché hanno grandi potenzialità e possono contribuire a far sviluppare dei territori». Vale lo stesso principio per la carne? «Nella carne il tema della regionalità è altrettanto sentito, forse anche di più. Sul bovino abbiamo infatti quasi esclusivamente prodotti a nostro marchio e una linea specifica. Conoscendo i timori del consumatore in materia di sicurezza alimentare e ben prima dello scandalo cosiddetto “mucca pazza”, avevamo messo in piedi un sistema di tracciabilità completo che tuttora manteniamo. Nel suino la percentuale a marchio Coop è di oltre la metà, ma inferiore a quella del bovino. Entrambi i segmenti, negli ultimi anni, hanno sofferto molto. Stiamo lavorando soprattutto per ampliare l’offerta del prodotto di seconda lavorazione, ad alto valore aggiunto, per rendere più interessante la proposta con anche modalità di consumo e cottura più versatili e veloci. Inoltre, su tutte le carni stiamo facendo uno sforzo importante per garantire un prodotto privo di antibiotici. Nel pollame e
L’immagine principale di “Alleviamo la salute”, la campagna di Coop volta a ridurre fino a eliminare l’uso di antibiotici negli allevamenti animali.
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Il mercato non chiede solo di sapere da dove viene il prodotto che acquista, ma vuole che sia quanto più possibile vicino al suo territorio di riferimento. Abbiamo creato delle linee specifiche affinché le produzioni locali siano più facilmente individuabili nei punti vendita e abbiamo veicolato prodotti di ogni regione ovunque
nelle uova la garanzia è sul 100% del prodotto. Sui bovini, per gli ultimi mesi di vita dell’animale». Come si vende invece il pesce in GDO? «Nel pesce il tema è quello dell’allevamento e del pescato. I mari sono infatti sempre più sfruttati e depauperati e l’unica alternativa valida è quella dell’allevamento. Il pesce può essere un ottimo prodotto se non proviene da un allevamento intensivo e se si mantiene un certo livello di qualità dei mangimi. Anche in questo caso, quindi, l’esigenza è quella della creazione di filiere controllate. Ci siamo riusciti sinora su 7-8 referenze e continueremo su questa linea, nel tentativo di offrire un prodotto sempre migliore, da ogni punto di vista». Abbiamo iniziato con una vena di pessimismo. Come vogliamo chiudere? «Chiudiamo con una battuta ottimistica: sono positivo per il futuro, non posso fare altrimenti. E in fondo i dati vanno saputi leggere e interpretare. Le medie di periodo, le medie delle vendite, sono sempre espressione di più valori, di cui alcuni molto positivi e alcuni che non lo sono affatto. Le abitudini cambiano, così come le scelte di fronte allo scaffale. Raramente è tutto completamente negativo o tutto completamente positivo. Da lì bisogna partire e guardare al domani con fiducia». Sebastiano Corona
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MERCATI
La carne di vitello olandese firmata VanDrie Group entra nel mercato cinese
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a notizia è importante: il mercato cinese ha aperto le proprie frontiere alla carne di vitello olandese. Lo scorso ottobre 2018 il VANDRIE GROUP, leader mondiale nella produzione di carne di vitello, è stato il primo produttore europeo di carne di vitello a ricevere l’autorizzazione a esportare prodotti a base di veal meat in Cina. Per festeggiare quest’apertura commerciale lo scorso 17 aprile a Pechino è stata festa grande con un Dutch Veal Event organizzato dal Gruppo VanDrie insieme all’Amba-
sciata dei Paesi Bassi in Cina e alla Dutch Meat Association (COV – Centrale Organisatie voor de Vleessector). All’evento, oltre ai partner commerciali del VanDrie Group, erano presenti anche rappresentanti del governo cinese e funzionari della Chinese Meat Association (CMA). Per il Gruppo VanDrie il 2019 diventa quindi l’anno nel quale incrementare la diffusione della conoscenza della carne di vitello in Cina. I suoi prodotti a base di carne di vitello made in Holland sono già disponibili presso i canali di vendita
al dettaglio e i servizi alimentari di Pechino e Shanghai. Una strategia mirata per una presenza in crescita MARIJKE EVERTS, delegato agli Affari societari del VanDrie Group ci ha raccontato che il Dutch Veal Event rappresenta solo l’inizio dell’arrivo del VanDrie Group sul mercato cinese. Una presenza destinata a crescere in futuro. «Il nostro obiettivo è creare il massimo valore per il cliente. Crediamo nei partenariati a lungo termine e per questo, insieme
Il VanDrie Group ha organizzato il Dutch Veal Event a Pechino il 17 aprile scorso insieme all’Ambasciata dei Paesi Bassi in Cina e all’Organizzazione Centrale Olandese per il Settore delle Carni (COV). VanDrie è il primo produttore europeo di carne di vitello a ricevere l’autorizzazione ad esportare prodotti a base di carne di vitello in Cina, autorizzazione concessa nel mese di ottobre 2018.
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L’apertura ufficiale del mercato cinese alla carne di vitello olandese è stata festeggiata con un Dutch Veal Event. ai nostri partner cinesi, abbiamo intrapreso una strategia mirata, finalizzata a portare la carne di vitello sulle loro tavole». La carne di vitello è un prodotto ancora sconosciuto nella cucina cinese. Inoltre, in Cina i consumatori pretendono requisiti severi per gli alimenti, per via di diversi scandali alimentari verificatisi negli ultimi
tempi. Il VanDrie Group è sicuro di poter soddisfare tali esigenze di mercato. «Partendo dalla nostra profonda conoscenza della versatilità della carne di vitello nella cucina europea, siamo certi che il prodotto si adatterà perfettamente anche alle abitudini alimentari e ai metodi di preparazione locali» ha sottolineato Everts. «La carne di
vitello è perfetta per piatti come hot pot, o fonduta cinese, zuppa di noodle e stufati. Inoltre, la carne di vitello olandese soddisfa i requisiti richiesti dai consumatori cinesi in fatto di sicurezza alimentare, tracciabilità e rintracciabilità e, non per ultimo, sapore». >> Link: www.vandriegroup.com
Grazie ad una texture fine e ad un gusto delicato, la carne di vitello è una prelibatezza molto apprezzata dai consumatori in tutto il mondo, facilmente digeribile ed altamente nutritiva. L’olandese VanDrie Group è leader di mercato per la carne di vitello ma, nonostante la sua attuale posizione, è rimasta un’azienda fondata sulle migliori tradizioni famigliari. All’inizio degli anni ‘60 Jan Van Drie acquistò il suo primo vitellino da allevare. Oggi il gruppo, con più di 20 aziende, costituisce la più grande azienda integrata al mondo nel settore della carne di vitello. Sotto il controllo del Safety Guard, un sistema unico ed innovativo per la gestione integrale della catena di produzione, vengono macellati ogni anno quasi 1,55 milioni di vitelli, di cui oltre il 95% viene esportato in tutto il mondo. Il VanDrie Group soddisfa il 20% circa del fabbisogno europeo, garantendo una consegna accurata via terra, via mare o via aerea, effettuata in parte anche mediante la propria rete di trasporto. >> Link: www.vandriegroup.it
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Un’Italiana a capo dell’associazione delle industrie delle carni europee Giorgia Vitali è stata eletta presidente del Clitravi, che rappresenta 28 associazioni nazionali
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VITALI, dell’omonimo Salumificio Vitali di Castel d’Aiano, in provincia di Bologna, è stata nominata lo scorso aprile a Salisburgo presidente del CLITRAVI, la Federazione Europea per l’industria della trasformazione della carne, per il triennio 2019-2022. Clitravi è l’acronimo di Centre de Liaison des Industries Transformatrices de Viandes de l’Union Européenne. Esso raggruppa e rappresenta 28 associazioni nazionali, 25 delle quali appartengono all’UE, mentre altre 3 hanno un ruolo di osservatore. Giorgia Vitali, rappresentante di ASS.I.CA., ricopriva già il ruolo di vicepresidente della federazione dal 2016. ASS.I.CA. ha espresso grande soddisfazione «in quanto era dagli anni ‘50 che un’azienda associata non assumeva la presidenza del Clitravi, dai tempi del cavaliere del lavoro FRANCESCO VISMARA che ne fu uno dei soci fondatori nel 1958», ha dichiarato DAVIDE CALDERONE, direttore di ASS.I.CA. IORGIA
Chi è Giorgia Vitali? Classe 1979, già presidente del Consorzio del Prosciutto di Modena, vicepresidente del Clitravi, membro del Consiglio generale di ASS.I.CA., consigliere dell’Istituto Valorizzazione Salumi Italiani, Giorgia Vitali rappresenta la terza generazione di un’azienda familiare legata al territorio, come nella migliore tradizione italiana. La storia del Salumificio Vitali Spa inizia nel secondo dopoguerra quando era solo una bottega in un piccolo paese
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dell’Appennino bolognese, dove il fondatore dell’azienda mise in pratica quanto aveva appreso negli anni precedenti lavorando come
norcino. In pochi anni la macelleria fu trasformata in un piccolo macello e salumificio e, negli anni ‘80, venne ampliata l’attività, acquistando uno
Giorgia Vitali, neopresidentessa del Clitravi, la Federazione Europea per l’industria della trasformazione della carne.
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CARRELLO MULTILIFT
Il sito web del Clitravi è accessibile al link: www.clitravi.com stabilimento interamente dedicato alla stagionatura del prosciutto crudo. Nel tempo il prosciuttificio è cresciuto, sono stati acquisiti ulteriori impianti ed oggi la tradizione di allora si coniuga perfettamente con stabilimenti moderni, efficienti e tecnologicamente all’avanguardia, capaci di conquistare i mercati globali. «Ringrazio i miei colleghi del Clitravi per la fiducia ed ASS.I.CA. per il costante supporto di questi anni» ha dichiarato Giorgia. «La mia elezione rappresenta un progetto per il futuro che mi impegnerò a realizzare, con il contributo di tutti. L’obiettivo è portare il Clitravi dove merita, renderlo un interlocutore trasparente, credibile e professionale per tutti i livelli istituzionali della UE. Il Clitravi lavorerà attivamente alla costruzione delle politiche europee del settore che, è importante ricordare, non possono prescindere da un solido Mercato Unico, prerequisito irrinunciabile per affrontare le sfide del futuro e sul quale bisogna ancora lavorare. C’è bisogno di una migliore implementazione della legislazione vigente e di una maggiore armonizzazione del quadro nor-
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mativo per far fronte, soprattutto in questo momento, alle pressioni del nazionalismo economico che portano ad una pericolosa distorsione della concorrenza, riducendo drammaticamente la competitività delle nostre aziende. Consapevoli che le iniziative nazionali difficilmente scompariranno, il mercato dell’agro-alimentare, così come l’Europa intera, si trova ad un bivio: andare avanti, con risoluzione e determinazione, o ricadere nella mediocrità. Mi impegnerò affinché il Clitravi contribuisca a trovare risposte comuni a problemi comuni. Il primo è la necessità di costruire una politica industriale europea ambiziosa di lungo termine, che consideri il settore alimentare per quello che è, il primo settore manifatturiero europeo. Senza dimenticare l’esigenza di sviluppare un commercio globale favorevole attraverso gli accordi internazionali tra UE e Paesi Terzi, per dare più opportunità alle nostre aziende di esportare i loro prodotti nei mercati in cui la domanda di Made in Europe è in costante crescita» ha poi concluso la nuova presidente. Fonte: EFA News European Food Agency
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Suini: prezzi in rialzo Il report di Borsa Merci Telematica Italiana fa il punto sulle tendenze dei prezzi nel mercato suinicolo italiano
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no strumento informativo a disposizione di imprese e istituzioni per analizzare l’andamento dei prezzi lungo i diversi anelli di una filiera che rappresenta un pilastro del settore agroalimentare nazionale. È l’obiettivo del report sulle Dinamiche dei prezzi nel mercato suinicolo italiano nel 2018 realizzato da BMTI a partire dall’analisi dei prezzi formulati settimanalmente dalle Commissioni Uniche Nazionali del settore suinicolo istituite dal MIPAAFT. Il quadro che emerge è quello di una filiera suinicola nazionale che è stata segnata nel 2018 da consistenti ribassi di prezzo, dopo un biennio 2016-2017 che era apparso complessivamente favorevole. Cali che hanno contraddistinto anche i primi mesi del 2019 e che solo nelle ultime settimane hanno registrato un’inversione di tendenza. A monte della filiera, nel mercato dei suini da macello, il calo nel 2018 è stato del 10,9% rispetto al
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2017, con i prezzi dei capi di peso 160-176 kg destinati al circuito DOP scesi su un valore medio di 1,489 €/kg. Gap che si è ulteriormente accentuato in avvio di 2019. Il prezzo è infatti scivolato fino ai 1,137 €/kg di metà marzo, un valore più basso del 28% rispetto all’anno precedente. Le ultime settimane hanno visto però un’inversione di tendenza, con i prezzi risaliti lo scorso 11 aprile su 1,282 €/kg, sebbene il confronto anno su anno resti negativo e pari a –12,7%. Una ripresa che ha beneficiato indirettamente della crescita delle esportazioni dell’Unione Europea dirette verso la Cina. Nello specifico, sulla base dei dati diffusi dalla DG Agri della Commissione europea, a gennaio 2019 le quantità esportate sono cresciute del 14% su base annua. La Cina, infatti, sin dallo scorso anno si trova a dover affrontare la problematica della peste suina, con un conseguente abbattimento di un consistente numero di capi suini.
I ribassi, tornando al 2018, non hanno risparmiato neanche il comparto dei tagli di carne suina. In particolare, il prezzo medio delle cosce suine pesanti destinate alle produzioni DOP è sceso sui 4,66 €/ kg, in calo del 12% rispetto al 2017. Come per i suini, il calo è proseguito anche nei primi mesi del 2019, fino a condurre i prezzi sui 3,56 €/ kg dello scorso 29 marzo. Un valore inferiore del 28,8% su base annua. In questo caso la ripresa osservata ad aprile è stata però minima, con il prezzo attestato lo scorso 12 aprile sui 3,58 €/kg, sempre in forte calo (–26,2%) rispetto all’anno precedente. Scorrendo i dati contenuti nel report, emerge che anche per i prezzi dei prosciutti crudi stagionati nel 2018 è prevalso il segno “meno”. In particolare, i prezzi all’ingrosso del prosciutto di Parma con 12 mesi di stagionatura, rilevati presso la Borsa Merci di Parma, si sono attestati nel 2018 su un valore medio di 9,65 €/kg, accusando una flessione del
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7,5% rispetto al 2017. Anche in questo caso l’avvio del 2019 non ha modificato lo scenario, con i listini in ulteriore ribasso. Nella seconda settimana di aprile i prezzi si sono attestati sui 7,95 €/kg, in calo del 19,3% su base annua. Il 2018 in sintesi • Dopo un biennio 2016-2017 complessivamente favorevole sotto il profilo dell’andamento dei prezzi, il 2018 ha visto un rientro delle quotazioni lungo tutta la filiera suinicola nazionale. Un andamento che per i suini è stato dettato principalmente da una maggiore offerta di capi a monte della filiera e da maggiori macellazioni di suini appartenenti al circuito DOP. Dinamica che si è riscontrata in particolare nell’ultima parte dell’anno. A ciò va aggiunto che il mercato italiano ha risentito della debolezza riscontrata a livello europeo, dettata sia dal rallentamento della domanda cinese sia da una maggiore competitività nello scenario internazionale delle carni suine provenienti dal Nord America e dal Brasile. Negativo anche l’andamento dei prezzi nel comparto dei tagli di carne suina, con ribassi marcati per le cosce suine fresche, e segnali di debolezza sono emersi anche nei listini all’ingrosso dei prosciutti crudi stagionati. • A monte della filiera, i prezzi dei suinetti hanno registrato un deciso calo rispetto al 2017, sebbene il ribasso osservato nel mercato italiano sia stato meno accentuato rispetto a quanto visto nell’Unione Europea. Tra le singole tipologie, il prezzo medio annuo dei suinetti di 30 kg si è attestato sui 2,99 €/kg, perdendo il 9% rispetto al 2017 (elaborazione BMTI su dati CUN). • Dopo un 2017 positivo, caratterizzato da una crescita su base tendenziale per i suini da macello sia leggeri che pesanti, il 2018 ha mostrato nel mercato italiano una dinamica negativa dei prezzi, particolarmente accentuata nell’ultima parte
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dell’anno. I ribassi hanno interessato i prezzi dei suini destinati sia al circuito tutelato che non tutelato. Per i suini leggeri da macello il prezzo medio annuo nel 2018 si è attestato su 1,170 €/kg (elaborazione BMTI su dati CUN), in calo dell’11% rispetto al 2017 ma, a differenza di quanto visto in alcuni paesi produttori quali Belgio e Olanda, leggermente al di sopra dei livelli del 2016 (+2,3%). Prezzi in deciso ribasso anche per i suini pesanti. Il prezzo medio dei suini di peso 160-176 kg, destinati al circuito DOP, si è attestato su 1,489 €/kg (elaborazione BMTI su dati CUN), in calo del 10,9% rispetto al 2017. Gap che è apparso particolarmente accentuato nell’ultimo bimestre dell’anno, quando la variazione negativa si è attestata sui 20 punti percentuali ed i prezzi sono scesi sotto la soglia di 1,30 €/kg. • Anche i prezzi delle scrofe hanno mostrato un calo nel 2018 nel mercato italiano, seppur decisamente più marcato rispetto a quanto osservato per suinetti e suini. In particolare, il prezzo medio delle scrofe è stato pari a 0,534 €/kg, in calo del 20,9% rispetto al 2017. • Il 2018 è tornato a mostrare un andamento negativo anche per i prezzi all’ingrosso dei tagli di carne suina industriali. Ribassi
BMTI ScpA è la società pubblica per la regolazione, lo sviluppo e la trasparenza del mercato e per la diffusione dei prezzi e dell’informazione economica. È stata istituita dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo col Decreto n. 174 del 6 aprile 2006 e s.m.i. su iniziativa del sistema camerale italiano. >> Link: www.bmti.it
rispetto al 2017 si sono osservati per le cosce suine, sia destinate al circuito DOP che non DOP, per le pancette, per le spalle. Una dinamica nel complesso positiva ha invece interessato i prezzi all’ingrosso dei tagli da macelleria, con incrementi anno su anno per lombi e coppe. Il prezzo medio delle cosce suine pesanti destinate alle produzioni DOP, complici i ribassi accentuati registrati durante i mesi primaverili e nell’ultimo trimestre dell’anno, è sceso nel 2018 sui 4,66 €/kg, in calo 12% rispetto al 2017. Un livello leggermente più basso anche rispetto al 2016 (–1,4%). Di fatto, il valore toccato in chiusura di 2018 si è attestato ai minimi da luglio 2015 • Il calo marcato registrato per le cosce suine DOP durante i mesi primaverili, più accentuato rispetto a quello rilevato per le cosce non DOP, ha comportato una riduzione del differenziale
di prezzo a favore delle cosce suine DOP, passato da un valore medio di 1,19 €/kg del 2017 a 0,95 €/kg nel 2018. • A valle della filiera suinicola, dopo l’andamento nel complesso positivo registrato nel 2017, i prezzi all’ingrosso dei prosciutti crudi DOP hanno mostrato segnali di debolezza. Nel caso del prosciutto San Daniele ciò si è tradotto in una sostanziale stabilità dei listini durante l’anno, col prezzo medio attestato sui 14,94 €/kg, comunque in crescita del +3,5% rispetto al 2017. Negativa, invece, la dinamica dei prezzi all’ingrosso del prosciutto di Parma, che nel corso del 2018 ha subito una prolungata fase di calo, tornando a fine anno su livelli che si registravano a metà 2016. In particolare, i prezzi del Parma stagionato 12 mesi si sono attestati su un valore medio di 9,65 €/kg, accusando una flessione del 7,5% rispetto al 2017.
Filiere, MIPAAF: al via le Commissioni Uniche Nazionali CUN con maggiore trasparenza di mercato Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali rende noto che sono stati firmati nel mese di aprile, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico, i decreti direttoriali istitutivi di cinque Commissioni Uniche Nazionali – CUN, relative ad alcune delle filiere più rappresentative del comparto agroalimentare italiano. Dopo un lungo lavoro di condivisione e confronto con le filiere interessate, sono state rinnovate e allineate alla nuova normativa le Commissioni già esistenti (CUN Conigli, CUN Suini da macello, CUN Suinetti, CUN Tagli, CUN Grasso e strutti), recependo le ultime disposizioni in materia volte a garantire una maggiore trasparenza nelle relazioni contrattuali tra gli operatori di mercato e nella formazione dei prezzi. Per la prima volta i Ministeri hanno disposto una verifica dell’effettiva rappresentatività delle parti attraverso la raccolta delle deleghe dei loro associati e la relativa ripartizione dei commissari. Nella stessa direzione va anche la decisione di avvalersi di una quotazione unica a livello nazionale con l’elaborazione di un prezzo indicativo unico, attraverso la sospensione delle rilevazioni autonome delle borse merci per i prodotti trattati dalle rispettive CUN. I decreti, i Regolamenti di funzionamento, le Schede di mercato e i Listini relativi a ciascuna Commissione Unica Nazionale sono disponibili sul sito del MIPAAF e di Borsa Merci Telematica Italiana Scpa – BMTI, a cui sono affidate le segreterie delle Commissioni (fonte: MIPAAF).
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ANALISI DI SETTORE
Ismea: focus regionale sulla filiera carne Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte si confermano le regioni maggiormente specializzate nella produzione zootecnica, pari al 65% della produzione di carni totale nazionale
I
smea ha analizzato le diverse filiere nell’ambito del settore zootecnico, in particolare quelle bovina, suina, avicola e ovina. Ogni filiera presenta le sue caratteristiche e le sue peculiarità, di cui vengono presentati qui di seguito solo alcuni dati sintetici per regione. Struttura allevamenti da carne Per quanto riguarda gli allevamenti
bovini, l’analisi dei dati strutturali fa emergere che tra il 2010 e il 2013 c’è stata una concentrazione della produzione che ha portato a una riduzione sia del numero degli allevamenti (–12%) sia dei capi allevati (–4%) a cui è corrisposto un leggero aumento della dimensione aziendale media, poiché si è passati da una media nazionale di 45 capi per azienda nel 2010 a 49 capi per
azienda nel 2013. Piemonte, Lombardia e Lazio sono le regioni in cui è più elevata la concentrazione di aziende di bovini, ma è la Lombardia che si distingue per le dimensioni elevate dei suoi allevamenti, con una media di 127 capi per allevamento. Nel caso della filiera suinicola italiana, dai dati strutturali degli ultimi due censimenti si rileva una tendenza inversa rispetto a quella
Vitelli in un allevamento emiliano-romagnolo. Il sistema zootecnico italiano è in gran parte rappresentato da allevamenti a ciclo aperto, in cui gli animali vengono acquistati per essere ingrassati fino al momento della macellazione e della vendita (photo © Regione Emilia-Romagna Diateca Agricoltura).
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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2
Ovini al pascolo in Sardegna. La regione detiene il primato della produzione di carne ovicaprina con il 42% del prodotto nazionale (photo © ekaterinapokrovsky.com). degli allevamenti di bovini. Infatti, dal 2010 al 2013 il numero totale delle aziende che allevano suini è aumentato del 17%, anche se il numero dei capi è diminuito del 4% con conseguente riduzione della dimensione media aziendale (da 70 a 57 capi per azienda). Nelle regioni del Nord Italia si concentra la maggior parte della produzione nazionale: in Lombardia vengono allevati il 51% dei suini italiani, seguita dal Veneto con l’11% e il Piemonte col 10%. Per quanto riguarda l’allevamento di specie avicole, anche in questo settore si osserva una tendenza alla concentrazione della produzione,
con un calo del numero degli allevamenti tra il 2010 e il 2013 (–22%), ed un parallelo aumento del numero di capi per allevamento (+27%). Le aziende, che nel 2013 erano 18.603 in tutta Italia, si trovano soprattutto in Campania (23% del totale) ma sono di dimensioni molto limitate; quelle di dimensioni maggiori sono in Emilia-Romagna e nelle Marche: in queste regioni ogni azienda avicola alleva in media rispettivamente 39.000 e 35.000 capi, il maggior numero di capi si trova in Lombardia, dove vengono allevati oltre 26 milioni di capi. I dati dei due censimenti forniscono informazioni strutturali
In Italia il valore della produzione di carne bovina a prezzi correnti è pari a circa 3 miliardi di euro e tra il 2016 e il 2017 si osserva una tendenza positiva dopo diversi anni in cui il settore era stato protagonista di una flessione, che tra il 2007 e il 2015 ha portato ad una perdita del valore della produzione superiore all’11%
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anche sul settore delle carni ovine. Nel 2013 si registravano 60.343 allevamenti ovini su tutto il territorio nazionale (+18% rispetto al 2010), mettendo in evidenza una spiccata concentrazione di questo tipo di allevamento nelle regioni insulari (20% degli allevamenti si trova in Sardegna e il 10% in Sicilia). Come per i suini, la tendenza è opposta a quella generale: si registra un aumento del numero di aziende, con una riduzione del numero di capi per azienda: in media, tra il 2010 e il 2013 ogni allevamento ha ridotto di 10 unità il numero di ovini allevati. Dinamica della produzione Il settore delle carni in Italia nel 2017 valeva circa 10,4 miliardi di euro, con un incremento del valore della produzione (a prezzi correnti) del 6% rispetto all’anno precedente, in ripresa rispetto al calo che aveva fatto registrare tra il 2015 e il 2016 (Tabella 1). Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte si confermano le regioni maggiormente specializzate nella
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Tabella 1 – Carni: dinamiche della produzione a prezzi correnti e a valori concatenati (migliaia di euro)
Fonte: elaborazione Ismea-RRN su dati Istat. produzione zootecnica, arrivando a contribuire al 65% della produzione di carni totale italiana. Dall’analisi delle variazioni del valore della produzione, appare evidente come l’aumento della produzione a valori correnti registrato per il settore carni nel 2017 sia riconducibile ad un aumento dei prezzi, dato che a valori concatenati la variazione è stata negativa (–2%). Per quanto riguarda in particolare il comparto della carne bovina, la Lombardia si aggiudica il primato con una produzione a valori correnti pari a circa 700 milioni di euro, corrispondente al 23% della produzione nazionale. In Italia il valore della produzione di carne bovina a prezzi correnti è pari a circa 3 miliardi di euro e tra il 2016 e il 2017 si osserva una tendenza positiva (+2,2%) dopo diversi anni in cui il settore era stato protagonista di una flessione, che tra il 2007 e il 2015 ha portato ad una perdita del valore della produzione superiore all’11%. Il settore italiano delle carni suine ha raggiunto un valore di circa 3,4 miliardi di euro nel 2017,
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in crescita del 14% rispetto al 2016, confermando il trend positivo osservato anche negli anni precedenti. Anche in questo segmento produttivo, la Lombardia stacca tutte le altre regioni arrivando a coprire da sola il 39% della produzione nazionale di carni suine. Tuttavia, all’aumento della produzione a prezzi correnti corrisponde un calo del valore della produzione a valori concatenati (–2%), nel 2017 rispetto all’anno precedente. Se ne deduce che l’effetto “crescita” del valore a prezzi correnti sia imputabile all’aumento dei prezzi osservato nel 2017 rispetto al 2016. Per quanto riguarda il comparto della carne ovicaprina, nel 2017 si registra un calo della produzione che si attesta intorno al 3,5% sia a valori correnti che a valori concatenati. Come già osservato per la produzione di latte ovicaprino, la Sardegna detiene il primato della produzione di questa tipologia di carne, col 42% del prodotto nazionale. Nel periodo 2007-2015 il valore della produzione della carne avicola è aumentato del 30%, e dopo una
flessione registrata tra il 2015 e il 2016, nel 2017, la produzione ha ripreso a crescere, +6% rispetto all’anno precedente. Anche per questo comparto si osserva una forte concentrazione territoriale dell’offerta, legata alla presenza di allevamenti avicoli intensivi di grandi dimensioni in Veneto ed Emilia-Romagna che producono rispettivamente il 27% e il 20% della carne di pollame italiana. Imprese di macellazione, sezionamento e salumifici Nel 2017 le imprese operanti nel settore della trasformazione delle carni erano 5.508 in tutta Italia, facendo registrare un leggero calo rispetto al 2016 (–1,2%). Questo aggregato di imprese, che comprende macelli e salumifici, è presente soprattutto in Emilia-Romagna e in Lombardia, dove si concentrano rispettivamente il 20% e il 15% delle imprese di lavorazione della carne italiane. Commercio estero regionale di animali vivi, carni e salumi Il sistema zootecnico italiano è in gran parte rappresentato da
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dai mercati stranieri. Il commercio estero dei prodotti trasformati a base di carne sta dimostrando una dinamicità interessante e delle potenzialità di crescita. Tra il 2009 e il 2015, infatti, le esportazioni sono aumentate del 51% e anche nel biennio successivo si continua a registrare questa tendenza positiva. La maggior parte dei prodotti a base di carne che è destinato ai mercati esteri provengono dall’Emilia-Romagna (38% del valore nazionale), seguita dalla Lombardia, col 23% del valore esportato. Anche le importazioni di prodotti derivanti dalla lavorazione conservazione di carne sono consistenti ed in crescita. Nel 2017 le importazioni italiane di questa tipologia di prodotti hanno raggiunto il valore di circa 5,9 miliardi di euro, segnando un aumento del 4,4% sul valore del 2016. Il valore delle importazioni resta ben al di sopra di quello delle esportazioni, determinando un saldo commerciale negativo, che nel 2016 e nel 2017 risulta ulteriormente peggiorato, determinando un deficit per il settore carni che è pari rispettivamente a 2,5 e 2,6 miliardi di euro.
Bovino di razza Piemontese. Piemonte, Lombardia e Lazio sono le regioni in cui è più elevata la concentrazione di aziende di bovini (photo © widespacewidemind – stock.adobe.com). allevamenti a ciclo aperto, in cui gli animali vengono acquistati per essere ingrassati fino al momento della macellazione e della vendita. Tipicamente questo genere di ciclo si osserva nella filiera dei bovini da carne e nella filiera dei suini, dove è significativa la quota di capi da ingrassare provenienti dall’estero.
Nel 2017 le importazioni italiane di animali vivi hanno raggiunto un valore di 1,6 miliardi, facendo registrare un incremento tendenziale del 7%. Il Veneto, in cui è forte la presenza di allevamenti a ciclo aperto di bovini da carne, importa il 37% in valore degli animali destinati all’ingrasso che arrivano in Italia
I prodotti a marchio europeo Dop e Igp delle carni fresche e dei prodotti trasformati a base di carne rappresentano nel panorama italiano uno dei settori produttivi più importanti in termini di riconoscimenti. Le regioni del Nord Italia, Emilia-Romagna in particolare, detengono il primato di aree produttive di qualità del settore
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Carni e salumi a marchio IG I prodotti a marchio europeo DOP e IGP delle carni fresche e dei prodotti trasformati a base di carne rappresentano nel panorama italiano uno dei settori produttivi più importanti in termini di riconoscimenti, dopo ortofrutticoli e cereali, formaggi e oli. Tali prodotti incrementano del 5% il loro valore della produzione nel periodo dal 2010 al 2015 e, addirittura, del 10% nel 2016 rispetto all’anno precedente. Quasi tutte le regioni italiane si fregiano di prodotti a marchio in questo settore, tranne la Basilicata, la Liguria e la Puglia. Sono, invece le regioni del Nord Italia, Emilia-Romagna tra tutte, seguita dalla Lombardia e dal Friuli Venezia Giulia, che detengono il primato di aree produttive di qualità del settore carni fresche e prodotti a base di carne. Fonte: Le filiere agroalimentari nelle regioni italiane Ismea – MIPAAFT, Dicembre 2018 Rete Rurale Nazionale 2014-2020
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Il primo programma nazionale al mondo promosso da Bord Bia è in linea con l’attenzione degli Italiani verso i consumi alimentari
Origin Green, garanzia di sostenibilità
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alvaguardia dell’ambiente” e “tutela della salute”: sono questi i primi due concetti che gli Italiani collegano alla “sostenibilità” quando devono scegliere in merito a consumo o acquisto di bevande e alimenti. È quanto emerge dalla recente indagine Chi ha paura del cibo cattivo? Gli italiani e la sostenibilità realizzata da NOMISMA1. Secondo la ricerca, gli Italiani collegano il concetto di “sostenibile” all’ambiente e alla sua salvaguardia in 4 casi su 10 (39% degli intervistati), ma anche alla
tutela della salute (23%). Si registra quindi oggi un’attenzione crescente per queste tematiche da parte dei consumatori che si orientano sempre di più verso scelte di consumo responsabile. A questo risponde pienamente Origin Green, il primo programma al mondo introdotto a livello nazionale in Irlanda a favore di un regime di sostenibilità a tutti i livelli della filiera produttiva di distribuzione e consumo di cibo e bevande. Col supporto di BORD BIA, i membri di Origin Green – tutti volontari – hanno stabilito obiettivi
di sostenibilità misurabili e raggiungibili. Il programma è stato introdotto nel 2012 con lo scopo di sensibilizzare produttori e consumatori verso tematiche ambientali e di sostenibilità agroalimentare. Oggi le aziende che ne fanno parte come membri certificati sono oltre 320 e costituiscono il 90% delle aziende irlandesi che esportano prodotti food & beverage all’estero. Temi cari agli Italiani, parlando di sostenibilità a tavola: un’altra recente ricerca ha riportato che 7 Italiani su 10 sarebbero disposti a pa-
Basandosi sulla sua reputazione “verde”, l’Irlanda ha iniziato ad investire ed investe moltissimo sulla sostenibilità, con l’obiettivo di diventare uno dei principali fornitori di generi alimentari e bevande prodotti in modo sostenibile (photo © www.gettyimages.com).
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L’Irlanda è un paese con una ricca tradizione di allevamenti a pascolo: su una superficie di 5 milioni di ettari dedicata vivono 122.00 mandrie, per una media di 53 capi per mandria. gare di più per acquistare alimenti sostenibili e un generoso 62% di loro si definisce appassionato o interessato alla sostenibilità, percentuale che sta aumentando rapidamente2. Una necessità che viene percepita come primaria di conseguenza anche dai ristoratori. Davanti ai nuovi bisogni dei clienti, si informano in modo più approfondito sulle origini delle materie prime e sono particolarmente attenti a proporre piatti non solo gustosi, ma prodotti con tecniche che non hanno impatto sull’ambiente. A conferma del trend che vede i consumatori italiani sempre più esigenti, i dati recenti classificano l’Italia come terzo mercato più importante in Europa per le esportazioni dell’Irlanda — dopo Francia e Olanda — con un’attenzione particolare per la carne di manzo (32.400 tonnellate esportate solo lo scorso anno). Lo dimostrano anche i dati emersi dallo studio realizzato dalla Thinking House di Bord Bia3 sui comportamenti dei consumatori di carne in Italia, dai quali risulta che il 38% di loro si dichiara incline all’acquisto di manzo irlandese in futuro.
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Origin Green rappresenta una risposta alle richieste di sostenibilità e di maggiore controllo sulle materie prime ma anche tutela dell’ambiente e salvaguardia della salute degli animali, proprio grazie all’impegno dei suoi membri su tre aree chiave: l’approvvigionamento di materie prime, i processi di produzione e la sostenibilità sociale. Origin Green, infatti, conduce circa 650 audit ogni settimana in tutti i settori e ogni audit è verificato in modo indipendente da MABBETT4,
azienda internazionale leader nel settore della consulenza ambientale, ingegneristica, sanitaria, della sicurezza e sostenibilità. Dal 2012 ad oggi sono stati condotti più di 51.000 audit riguardo la carne bovina e di agnello. Note 1. www.bolognaaward.com/newseventi-dett-EN.asp?id=1 2. Centro Studi SPRIM. 3. Thinking House of Bord Bia Dublin. 4. Verification partner del programma.
Bord Bia – Irish Food Board è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria food & beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2018 le esportazioni dell’industria food & beverage irlandese sono arrivati a quota 12,1 miliardi di euro, con una crescita di quasi il 64% dal 2010. L’Italia è un mercato importante, con esportazioni del valore di 328 milioni di euro nel 2018; è il terzo mercato più importante per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, per l’anno scorso, a 192 milioni di euro. >> Link: www.bordbia.ie
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MEAT BLOGGER
Tutta colpa della ASFV – African Swine Fever Virus
Ma quanto mi costi! di Andrea Laganga
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rchiviata la Pasqua, arrivano il bel tempo e la stagione delle grigliate. Da sempre, non certo da oggi, il prezzo sul mercato lo fa la domanda e, come succede ogni anno, in questo periodo assistiamo a rincari, se pur modesti, del prezzo della carne suina. Quest’anno, però, c’è qualcosa in più. Non se ne sente ancora molto parlare attraverso le fonti di informazione ufficiali ma per noi del settore meat è un fatto già ben tangibile. Rincari super La parte dei cattivi tocca purtroppo sempre a coloro che ci mettono la faccia. In questo caso il butcher, anello fondamentale di congiunzione tra l’allevamento e la tavola, che si trova a gestire una spiacevole situazione. Non tanto per la natura economica del mercato quanto per il fatto che ancora una volta ci troviamo ad aumentare in modo significativo i prezzi delle nostre
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carni di suino e non solo per la dura legge del mercato. Il problema, infatti, andrà avanti per non si sa quanti mesi, e il tutto è motivato da situazioni gravi in Cina: stavolta si parte da là! Il caso Cina La causa di tutto questo movimento viene proprio dalla Cina, che dallo scorso anno è alle prese con un aumento dei casi di Peste Suina Africana causata da ASFV (African Swine Fever Virus), un virus che si diffonde rapidamente negli allevamenti comportando la morte della maggior parte degli animali. Secondo gli ultimi aggiornamenti da fonti ufficiali (OIE, FAO, Commissione europea), l’epidemia di peste suina iniziata il 3 agosto 2018 nella Repubblica Popolare Cinese conta attualmente 100 focolai in 23 province, con più di 706.000 suini abbattuti al fine di limitare la diffusione della malattia. Malattia che non rappresenta un rischio per la sa-
lute umana, ma risulta invece essere un grave problema economico per gli allevatori, a causa dell’alto tasso di letalità degli animali colpiti, che può raggiungere picchi del 100%. Ora voi mi direte: come mai questa situazione drammatica dall’altra parte del mondo va ad incidere sulla nostra situazione economica? La risposta è semplice. La Cina consuma da sola circa la metà di tutta la carne di maiale prodotta al mondo. Secondo le stime degli analisti mondiali (fonte REUTERS), a causa della Peste Suina Africana la produzione nel 2019 potrebbe subire una riduzione del 30%. Le ripercussioni economiche per il settore e non solo sarebbero pesanti e con numerose conseguenze, dall’aumento esponenziale dei prezzi delle materie prime fino alla mancanza di approvvigionamenti. Nonostante le prospettive indicate dagli analisti, per ora il governo cinese manifesta un certo ottimismo, ma secondo i dati dello stesso ministero dell’Agricoltura del Paese la
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quantità di maiali allevati a febbraio sarebbe diminuita del 16% rispetto all’anno precedente. Le conseguenze sull’Europa L’Europa, ricca di allevamenti di suini, specialmente al Nord (Germania, Olanda, Danimarca e Francia), vede scuotere il proprio mercato viste le richieste di carne di maiale dalla Cina. L’Italia, si sa, per sopperire al proprio fabbisogno di carne suina, deve per forza attingere al mercato estero, importando le carni sia per la vendita del “fresco” che per la lavorazione di prodotti stagionati come prosciutti, salami, ecc… Ed è proprio la Cina che in questo momento sta facendo traballare l’equilibrio del mercato del suino, stringendo accordi di fornitura con diversi Paesi europei per l’approvvigionamento di questa carne ed essendo disposta a pagarla ad un prezzo molto più elevato del normale, assicurandosi però la fornitura esclusiva e svuotando così il mercato europeo a disposizione delle consuete nazioni, Italia compresa. Sono arrivate infatti proprio nei giorni passati di festa informative da parte delle aziende fornitrici di un imminente aumento dei prezzi causato proprio dall’ingresso del gigante orientale in Europa. Aumento dei prezzi: giusto o sbagliato? L’aumento dei prezzi ha un impatto immediato sul consumatore, ma è anche doveroso. Dal report della BMTI SCPA, la società pubblica per la regolazione, lo sviluppo e la trasparenza del mercato e per la diffusione dei prezzi e dell’informazione economica, emerge infatti una situazione anomala dell’andamento dei prezzi del comparto suinicolo negli ultimi anni (www.pubblicitaitalia.com/news/ carne/2019/04/10142.html). La situazione Cina sicuramente ha aiutato il comparto degli allevatori di suini che da tempo cercavano di sbloccare una situazione negativa riguardo alla valutazione del prezzo del loro prodotto e hanno portato forse il prezzo di vendita ad una più equa valutazione dello stesso.
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Sta di fatto che noi butchers ci troveremo a dover giustificare con i nostri clienti questo improvviso aumento dei prodotti a base di carne suina. Aumento inaspettato, che andrà ad influire sul budget familiare: i soli esenti saranno vegetariani e vegani! Soluzioni? Ad oggi purtroppo non ci sono soluzioni imminenti, ma sicuramente la situazione fa pensare. In primis fa riflettere sulla legge che regola la tracciabilità delle carni suine cosiddette nazionali. Non so se tutti siete a conoscenza, memori anche di servizi di STRISCIA LA NOTIZIA o delle IENE, ma quando un suino viene importato vivo nel nostro Paese basta un minimo di giorni di permanenza e allevamento in Italia per diventare automaticamente italiano a tutti gli effetti. Tutto questo sicuramente ha danneggiato una fragile economia territoriale fatta di piccoli e medi allevamenti locali, costringendoli alla chiusura per mancanza di competitività con le grandi aziende importatrici del prodotto. Conseguenze? Un calo di produzione di carne 100% vera italiana, la mancata copertura del fabbisogno nazionale e una dipendenza, quindi, dal mercato economico europeo e mondiale. Ed ecco spuntare fuori una delle parole magiche del momento: l’importanza del territorio, argomento che prima o poi tratteremo dedicandogli maggior spazio. Tutto quello che sta succedendo nel mondo, soprattutto quando va a ripercuotersi sulle nostre tasche, dovrebbe farci scattare qualche cosa dentro. In ogni nostra azione quotidiana è possibile cambiare il nostro futuro, per esempio scegliendo prodotti provenienti da allevamenti locali. Chiedere ai nostri negozianti di fiducia di commercializzare prodotti del territorio potrebbe essere il nostro contributo e un primo passo per modificare la selezione dell’offerta. Come clienti, ne guadagnerete in qualità e farete del “bene” per il futuro vostro e di chi verrà dopo di voi. Anche questa è #sostenibilità: #staytuned! Andrea Laganga
RETAIL NEWS
Come si sta reinventando il mercato USA dei prodotti alimentari? Edgar Elzerman, di PLMA, la fiera internazionale dedicata al Marchio del Distributore, ha intervistato Fred Morganthall, ex vicepresidente di Kroger, insegna di negozi al dettaglio USA. Tante le riflessione emerse su un mondo in completa evoluzione, soprattutto negli Stati Uniti. E per questo motivo oggetto di grande attenzione da parte degli operatori di GDO e DO di Elena Benedetti
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l mercato alla distribuzione negli Stati Uniti e in Canada sta subendo cambiamenti significativi a causa delle sfide poste ai supermercati tradizionali da ecommerce e hard discount.
I distributori cercano di reinventare l’esperienza all’acquisto, sviluppare un solido programma per il marchio del distributore è ora diventato essenziale. EDGAR ELZERMAN ha intervistato FRED MORGANTHALL,
ex vicepresidente esecutivo delle operazioni di distribuzione presso KROGER CO., catena di negozi al dettaglio statunitense. Obiettivo dell’intervista? Comprendere come produttori e distributori debbano
Banco carne di Wegmans. In primo piano l’offerta di carne bio in skin pack (photo © mygasstove.wordpress.com).
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allearsi, investire in innovazione e aprire le porte ai fornitori europei. Efficienza, prezzo, esperienza d’acquisto e l’on-line store anche per il fresco Le parole chiave, da una parte, sono efficienza e prezzo, ed esperienza all’acquisto dall’altra, il tutto filtrato da un modello fluido nel quale al modello di commercio al dettaglio tradizionale si inserisce oggi a gamba tesa l’e-commerce. C’è infatti un modello che sta emergendo, il cosiddetto “two way stream”. «Questa è stata l’impronta seguita da WEGMANS, la catena di supermercati americana con un centinaio di store nell’area di New York e costa orientale, così come di WHOLE FOODs o KROGER» ha detto Morganthall durante l’intervista, che ne rimarca il grande pregio esperienziale, con acquisti veloci, piacevoli, ottimi prodotti e giusto prezzo. «Ma come fa un supermercato medio, che non è stato ristrutturato negli ultimi 8-10 anni a competere con queste insegne?» si domanda Morganthall. E per quanto riguarda l’on-line grocery? Elzerman ricorda che questo trend è in forte crescita ma è ancora relativamente contenuto. Morganthall sostiene che negli USA il solo 3% del venduto di grocery sia sulle piattaforme on-line ma il tasso di crescita annuo è del 30%. «Fra 10
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In alto: l’esterno di un Whole Foods supermarket (photo © 2014 Getty Images). In basso: Wegmans è da anni un punto di riferimento per le insegne anche italiane nell’analisi della customer experience. anni ci sveglieremo un giorno e il food e-commerce sarà al 10% e se non ti fai trovare pronto sarai fuori dal mercato». Altro trend in evoluzione è quello dell’on-line store che inizia ad occupare spazi fisici, come l’Amazon store a New York. Questa può essere avvertita come una minaccia per i supermercati tradizionali? «Sicuramente Amazon ha tutte le tecnologie per offrire un’esperienza all’acquisto, tra riconoscimento
facciale, gestione del pagamento automatizzata, e con l’acquisizione di WHOLE FOODS — molto forte nel fresco — ha maturato una certa esperienza che darà filo da torcere alle insegne tradizionali» ha concluso Morganthall. Elena Benedetti Nota Link all’intervista on-line: cdn.plmalive.com/WPL/2019/2019_04_ Morganthall.mp4
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MACELLERIE D’ITALIA
La Cantina della Carne, macelleria gourmet nel cuore di Parma di Veronica Fumarola
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ispetto della tradizione, qualità della carne, accurata scelta dei prodotti e rapporto con i clienti. Si potrebbe sintetizzare così la filosofia di RITA GRADELLINI e ALESSIO PERRONE, titolari della macelleria La Cantina della Carne. Siamo a Parma, in Oltretorrente, quartiere storico, il “cuore popolare” della città, ed è qui che, ormai da cinque anni, grazie all’AZIENDA AGRICOLA AN.FO.RA., i due gestiscono una macelleria come quelle di una volta. «Non acquistiamo i tagli di carne in base alle esigenze, ma
Carne di Fassona piemontese proveniente da un’azienda agricola di proprietà situata a Fontanellato, nelle campagne poco distanti, salumi ma anche prodotti di diverse aziende agricole locali: è questa l’offerta della macelleria parmigiana, che punta tutto sulla qualità, la ricercatezza e il rapporto umano
lavoriamo sempre l’animale intero. Questo vuol dire dare ai clienti la possibilità di scegliere i tagli dalla a alla zeta, comprese le frattaglie.
Anche quelle parti che in altre macellerie, e soprattutto nella GDO, è difficile, se non impossibile trovare» racconta Alessio.
Il banco della macelleria parmense con i tagli di Fassona e vitello piemontese, suino pesante e qualche piatto pronto.
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Ma il vero plus risiede nella scelta di offrire una particolare razza bovina, la Fassona piemontese: una carne molto magra e dal sapore inconfondibile. «Questo perché — specifica Alessio — abbiamo un esperto che, insieme a MICHELE FOGLIATI, uno dei titolari di An.fo. ra., segue costantemente la stalla e somministra, in base al percorso di crescita dell’animale e alle stagioni, diverse tipologie di cereali. Tutta la nostra carne proviene dall’Azienda Agricola An.fo.ra., con sede a Fontanellato, a pochi chilometri da Parma. Per questo possiamo considerarla un prodotto a km 0». Oltre alla Fassona, al banco è possibile trovare carne di vitello, sempre piemontese, e di suino pesante, quello utilizzato per realizzare i salumi tipici parmigiani. E proprio i salumi, tutti senza glutine e senza lattosio, rappresentano un altro fiore all’occhiello della macelleria. Prosciutto crudo, fiocchetto, culacce, spalla cruda e salame tradizionale riscuotono grande successo, ma a fare la differenza è il cosiddetto salame gentile. «Grazie alla grana più spessa del budello — racconta Rita — stagiona fino ad un anno, a differenza dei salami tradizionali, la cui stagionatura dura massimo tre mesi. Questo permette al salame di restare morbido e di sprigionare al meglio i suoi umori. Ma molti vengono da noi anche per le pancette, che facciamo stagionare per due anni. Difficilmente se ne trovano in giro di simili». Alla vasta scelta di salumi sono da aggiungere anche la mortadella e lo speck del Trentino Alto-Adige. A differenza degli altri salumi, che provengono dall’azienda agricola An.fo.ra. o da altri salumifici locali, questi sono prodotti di fornitori fidati, accuratamente selezionati. «Lo speck, ad esempio, è una scoperta che ho fatto la scorsa estate mentre ero in vacanza in Val Venosta. Ho conosciuto un piccolo produttore che alleva maiali su paglia e da allora ho scelto di portare il suo speck, i würstel e la lonza affumicata in macelleria»racconta Rita. «Ma questo è solo un esempio. Nel nostro punto vendita abbiamo solo
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Lo staff della macelleria-salumeria La Cantina della Carne: Alessio Perrone, Rita Gradellini e Michele Fogliati. prodotti di piccole aziende agricole, con cui veniamo in contatto durante le fiere e gli eventi a cui partecipiamo. Prima di proporli al cliente li assaggiamo personalmente, non prima di averne scoperto la storia, i valori e la filosofia di chi li produce» specifica. Una delle cose che colpisce di più in questa macelleria nel cuore di Parma, infatti, è proprio il legame con la tradizione, col territorio, a cui si aggiungono la voglia di fare rete con altre piccole aziende agricole dell’Emilia-Romagna (e non solo) e la capacità di raccontare la storia e il progetti che si celano dietro un vasetto, una bottiglia, una confezione. Rita e Alessio, dei veri e propri storyteller, scelgono solo prodotti che ben si coniugano con la carne per dare ai clienti la possibilità di acquistare tutti gli ingredienti necessari per preparare pranzi e cene di assoluta qualità: olio extra
vergine di oliva, risotti, mostarde, salse, formaggi. E anche gli unici “piatti pronti” che si possono trovare al banco (roast beef, vitello tonnato e ragù) sono preparati da una gastronomia di fiducia, che segue le ricette della macelleria e utilizza solo materie prime indicate da Rita e Alessio. Perché, come confidano i due: «Tutto quello che offriamo deve essere esattamente come noi lo mangeremmo a casa». E aggiungono: «Per noi è importante avere un approccio umano con i nostri clienti. Vogliamo trasmettere chi siamo e quello che vendiamo. È il nostro modo per fidelizzarli». Veronica Fumarola La Cantina della Carne Strada Nino Bixio 41 43125 Parma (PR) Telefono: 0521 289567 E-mail: info@cantinadellacarne.it Web: www.lacantinadellacarne.it
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MACELLERIE D’EUROPA
Macellerie parigine con l’etichetta rossa I prodotti a marchio Label rouge vengono commercializzati in due delle più affermate macellerie parigine, la Boucherie Le Bourdonnec Grenelle e la Boucherie des Gourmets. Siamo andati a visitarle, chiedendo ai due gestori il loro parere su questo sistema di etichettatura nazionale semplice e intuitivo di Riccardo Lagorio
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l sistema di riconoscimento, tutela e valorizzazione dei prodotti alimentari è un tema che appassiona le platee politiche e sindacali del nostro Paese. Con risultati non sempre all’altezza delle
aspettative dei consumatori. E ancor meno di chi effettivamente produce e dovrebbe essere tutelato. Il sistema di riconoscibilità dei prodotti che non godono di marchi europei è stato fissato dal Decreto
Ministeriale 350 del 1999, ideato per arginare la potenziale scomparsa di prodotti radicati nella storia ma a forte rischio di estinzione a causa delle nuove imposizione igienico sanitarie volute dalle lobby industriali
I prodotti Label rouge sono particolarmente apprezzati dai nostri clienti perché sanno che si tratta di prodotti davvero unici, ci raccontano i due macellai parigini intervistati per Eurocarni. Semplice e intuitivo, il sistema che fa capo alla Label rouge designa i prodotti francesi che, in base alle loro condizioni di produzione o di fabbricazione, hanno un livello qualitativo superiore rispetto ad altri prodotti simili solitamente commercializzati.
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Il macellaio Paul Regis Label. e imposte dall’Unione Europea. Il periodo indicato dalla norma nei 25 anni di continuata preparazione è necessaria per diventare un Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT), ma non si fa cenno a elementi peculiari del prodotto che lo rendono “riconoscibile”. Un tentativo di dare risposta a questo problema è stato perseguito configurando la Denominazione Comunale (denominazionecomunale.it) come marchio collettivo. I Comuni, a cui è diretto il progetto di tutela di questi prodotti locali, hanno in parte disatteso l’idea limitandosi a stilare una delibera che di per sé non ha alcun valore di legittimazione del prodotto. Semplice e intuitivo il sistema instaurato in Francia, dove l’Etichetta rossa (Label rouge) è un segno nazionale che designa i prodotti che, in base alle loro condizioni di produzione o di fabbricazione, hanno un livello qualitativo superiore rispetto ad altri prodotti simili solitamente commercializzati. La qualità, in questo caso, si riferisce a tutte le proprietà e le caratteristiche di un
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prodotto (oltre a quelle sensoriali) e gli conferisce la capacità di soddisfare esigenze implicite o esplicite percepite dal consumatore. In tutte le fasi della sua produzione e sviluppo, il prodotto Label rouge deve inoltre soddisfare i requisiti definiti nelle specifiche, convalidati dall’Istituto nazionale di origine e qualità (INAO) e approvati da un decreto interministeriale pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica francese. Il controllo del rispetto di questi requisiti e la tracciabilità dei prodotti è assicurato da un organismo di certificazione indipendente, sulla base di un piano di controllo convalidato dall’INAO. I prodotti che possono ottenere una Label rouge appartengono all’ambito alimentare e non alimentare o prodotti agricoli non trasformati tant’è che il marchio viene depositato dal Ministero responsabile per l’agricoltura. Il monitoraggio del mantenimento nel tempo della qualità superiore (anche nel gusto) è assicurato dalla regolare esecuzione di analisi sensoriali e test organolettici che
confrontano il prodotto Label rouge con il prodotto corrente. Infine, un prodotto a Label rouge può beneficiare simultaneamente di un’Indicazione Geografica Protetta (IGP) o di una Specialità Tradizionale Garantita (STG), ma non di una Denominazione d’Origine (DOP). L’uso del logo Label rouge deve inoltre consentire al consumatore di identificare, senza alcuna possibile confusione, prodotti con etichetta rossa e altri prodotti, compresi quelli che incorporano prodotti a etichetta rossa come ingredienti. A fine dicembre 2018 risultavano 427 i prodotti tutelati da Label rouge per un ammontare di vendite pari a 1,2 miliardi di euro all’anno. I prodotti a Label rouge vengono commercializzati in due delle più affermate macellerie parigine, la BOUCHERIE LE BOURDONNEC GRENELLE e la BOUCHERIE DES GOURMETS. Le loro invoglianti vetrine danno su vie tranquille, dove l’incessante passeggio dei turisti appare un lontano ricordo. La prima è gestita da PAUL REGIS LABEL e appartiene alla catena di macellerie di YVES-MARIE
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La Boucherie des Gourmets. LE BOURDONNEC, che da anni vanta il titolo di Migliore macellaio di Parigi e tra i più quotati di Francia. Contrario a commercializzare carne di animali allevati con metodi intensivi, racconta: «Il mio primo incontro con gli animali è stato all’età di 8 anni, nella fattoria di mio zio in Bretagna. Amava gli animali, spiegava tutto su di loro. Dobbiamo prenderci cura di loro, farli avere piccoli, rispettarli e allevarli per uno scopo specifico: venderli o fare latte, o anche carne per il loro consumo, e gestire il bestiame della fattoria. A 10 anni ho scoperto i gesti di un macellaio. Lo guardavo, affascinato. Volevo vedere tutti i dettagli, i gesti, i tagli e di ciò fare il mio lavoro». Accanto a interi costati di Wagyu con 100 giorni di frollatura (esibita a 240,00 €/kg), Angus di 90 (a 150,00 euro) e Limousine di 30 (a 60 euro) straordinariamente marezzati o di maiale Kintoa ricoperti da uno strato di grasso inconfrontabile con nessun altro, appare ad esempio il Poulet fermier jeune des Landes Label rouge (Pollastra di brughiera). «I prodotti Label rouge sono particolarmente apprezzati dai nostri clienti perché sanno che si tratta di prodotti davvero unici. Come unico è il nostro modo di trattare la carne: compriamo infatti le carcasse intere e sfruttiamo i pezzi con una nostra propria arte di taglio mentre la stragrande maggioranza dei
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macellai acquista carne pretagliata» aggiunge. L A B OUCHERIE DES G OURMETS si trova accanto a Rue Corvetto, un’appartata zona residenziale non distante dagli Champs Elysées sulla riva destra della Senna. Ha saputo mantenere l’aspetto di negozio di vicinato in stile retro, apprezzato dalla borghesia parigina. Anche FRANCK LECOEUR è un autentico macellaio che cura l’esposizione delle carni in maniera maniacale e la scelta dei salumi offerti con grande scrupolo (la Carne secca grigionese è venduta a 76,95 €/kg). Qui ad esempio, accanto al Magret de canard du Sud-Ouest IGP e al Poulet Blanc fermier des Landes élevé en liberté AOP (DOP) si vende il Poulet d’autre fois Label rouge, «che garantisce caratteristiche di grande pregio». Tutto ciò che avremmo voluto sentire in Italia riguardo ai PAT, rivelatisi un’inservibile medaglia, ignota ai più, compresi coloro che se ne potrebbero legittimamente vantare. Riccardo Lagorio La Boucherie Le Bourdonnec 208 bis Rue de Grenelle 75007 Parigi – Francia Telefono: +33 1 47050465 Web: le-bourdonnec.com Boucherie des Gourmets 15 Rue de Lisbonne 75008 Parigi – Francia Telefono: +33 1 45638096
GARE CARNIVORE
World Butchers’ Challenge 2020, novità da Sacramento Si preannuncia un’edizione strepitosa, in una location unica per capienza e tecnologia, sede di numerose partite dell’NBA di Elena Benedetti
È
ufficiale: la prossima competizione mondiale del World Butchers’ Challenge si svolgerà sabato 5 settembre 2020 presso l’arena polivalente Golden 1 Center a Downtown Sacramento, in California, mentre la gara dedicata agli apprendisti e ai giovani, la World Champion Butcher Apprentice and Young Butcher competition, avrà luogo nella stessa sede il giorno prima. La sede del prossimo WBC è prestigiosa e di ampia capienza:
sede di eventi musicali e sportivi — tra cui l’NBA dei Sacramento Kings — essa ospita fino a 19.000 persone ed è dotata delle più sofisticate tecnologie. ROD SLATER, presidente del World Butchers’ Challenge, ha visitato il sito lo scorso anno e si è detto entusiasta per la scelta della città e della location: «Non si tratta solo di una struttura davvero spettacolare per l’offerta di eventi che offre abitualmente» ha detto il chairman del WBC. «Sacramento ci accoglierà a
braccia aperte e sono certo del fatto che i nostri migliori butchers ci regaleranno uno spettacolo davvero unico! Sedici squadre provenienti da tutto il mondo avranno a disposizione tre ore e un quarto per trasformare una mezzena di bovino, una di suino, un agnello intero e cinque polli in tagli e preparati che rappresenteranno un banco carni espressione dell’identità e della cultura gastronomica di ogni Paese in gara, senza dimenticare che tutto
L’arena polivalente Golden 1 Center di Sacramento, California.
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Chi gareggerà a Sacramento? Ecco i Paesi in gara per l’edizione 2020 del World Butchers’ Challenge: •
Australia
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Brasile
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Bulgaria
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Canada
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Francia
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Germania
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Regno Unito
•
Galles
•
Grecia
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Irlanda
•
Islanda
•
Italia
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Messico
•
Nuova Zelanda
•
Stati Uniti d’America
•
Sudafrica
Il presidente del World Butchers’ Challenge Rod Slater. ciò avrà luogo nello stesso anfiteatro che ospita le partite dell’NBA o i grandi concerti rock, dando finalmente il giusto valore alla carne e ai suoi maestri!». Una competizione sana e sostenibile Creatività, innovazione e sana competizione saranno i driver dell’edizione 2020 del World Butchers’ Challenge e dei 100 macellai che si
metteranno in gioco, portabandiera dei Paesi d’origine. All’evento parteciperà anche Farm-to-Fork, una manifestazione organizzata da Visit Sacramento che promuove i prodotti agroalimentari del territorio, stimolando scelte di acquisto più sostenibili e in connessione con gli agricoltori e produttori locali. «A Sacramento la scelta di acquistare cibi freschi è parte in-
I giudici del WBC 2020 Nel corso della gara del 5 settembre 2020 i macellai potranno utilizzare i loro condimenti, spezie, marinature e guarnizioni per i pronti a cuocere e preparati. Un team di giudici indipendenti avrà il compito di valutare tecniche e capacità, oltre al rispetto delle regole, assegnando un punteggio ai prodotti innovativi, che meglio rappresentano l’artigianalità della professione, oltre alla presentazione finale del banco carni. A capo dei giudici ci sarà il neozelandese TODD HELLER (nella foto a destra) che lavorerà a fianco del giudice tecnico australiano TREVOR SAVILLE. In occasione di Sacramento 2020 nel team di giuria sarà inserito un giudice proveniente da ciascun Paese in gara, che per ovvie ragioni non potrà assegnare un punteggio alla squadra della propria nazione. I 16 team in gara saranno quindi esaminati da 15 giudici, assistiti da Heller e Saville. Ogni squadra sarà composta da 6 macellai: non sono definiti ruoli prefissati, ciascun butcher in corso di gara può muoversi come meglio crede. Generalmente le squadre si organizzano assegnando fasi del lavoro che vanno dal taglio, disosso, lavorazione dei preparati e allestimento finale del banco carni.
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In alto: la messa a punto del banco carni della squadra francese al WBC 2018. A lato: un concorrente del team australiano a Belfast. tegrante del nostro modo di vivere e l’opportunità di ospitare questo incredibile evento, unico al mondo, è per noi un onore» ha dichiarato MIKE TESTA, presidente e AD di Visit Sacramento. «La nostra città, che è anche la capitale della California, è circondata da oltre 1,5 milioni di acri di terreni agricoli e allevamenti» ha poi ricordato Testa. Per l’evento sono attesi migliaia di visitatori, ai quali saranno offerti menu personalizzati, alimenti sostenibili provenienti da un raggio di 150 miglia, con un’offerta ampia tra verdure e proteine animali tra cui le carni lavorate dai macellai in corso di gara. L’idea alla base di questa competizione, iniziata nel 2011 tra Australia e Nuova Zelanda, è quella di dare spazio e attenzione ad una professione artigianale, quella della lavorazione delle carni, del taglio e del disosso, che è espressione di tecniche e tradizioni differenti, ra-
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dicate in ogni Paese d’origine. Mettendo in gara i macellai provenienti da tanti parti diverse del mondo si promuove lo scambio di idee e di tecniche oltre alla conoscenza di professionalità diverse. Attraverso la competizione nascono relazioni, amicizie, scambi e contaminazioni che sono stimoli per la crescita professionale. Elena Benedetti
World Butchers’ Challenge 2020 5 settembre 2020 World Champion Butcher Apprentice and Young Butcher competition 4 settembre 2020 Golden 1 Center – Sacramento (California) www.worldbutcherschallenge.com
Nota Photo © World Butchers’ Challenge.
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PUNTUALITÀ AFFIDABILITÀ
CERTIFICAZIONI GARANZIA DI QUALITÀ
GARANZIA DI QUALITÀ
PUNTUALITÀ
GARANZIA DI CERTIFICAZIONI QUALITÀ
P PUNTUALITÀ
SUINCOM SPA · Strada Comunale Del Cristo 12/14 · 41014 Castelvetro Di Modena (MO) Frazione: Solignano Nuovo · Tel. 059 748711 · Fax 059 797232 · info@suincom.it · www.suincom.it
Due degli scatti più belli dell’edizione 2018 di Belfast, in Irlanda del Nord, alla quale per la prima volta ha partecipato la Nazionale Italiana Macellai, capitanata dal pugliese Francesco Camassa, che ha guidato i colleghi Mara Labella, l’unica donna della squadra, Andrea Laganga, Orlando Di Mario, Gianni Giardina, Fabrizio Gasparrini, Federico Dal Lago, Roberto Passaretta, Davide Cecconi e Ale Elaloui.
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Nazionale italiana Macellai, team e sponsor Ecco la formazione definitiva della Nazionale Italiana Macellai che a marzo volerà a Belfast per partecipare alla competizione dei butcher di tutto il mondo. È un team coeso e affiatato, quello italiano, che rappresenterà il Belpaese, dal Nord al Sud, e che sarà l’espressione di tradizioni, esperienze e di una professionalità di macellai che viene da lontano nel tempo: Federico Dal Lago, Andrea Laganga, Fabrizio Gasparrini, Gianni Giardina, Orlando di Mario, Roberto Passaretta, Mara Labella, Ale Elaloui, Davide Cecconi, Francesco Camassa *
Un grazie speciale va a VERCELLI SPA, azienda di macellazione e lavorazione carni a Formigliana (VC), main sponsor che sostiene l’avventura della Nazionale Italiana Macellai in quel di Sacramento, USA (in foto, l’imprenditore piemontese Gian Luca Vercelli dell’omonimo Gruppo insieme a Mara Labella e Orlando Di Mario, i due butchers in rappresentanza della Nazionale Italiana Macellai in visita allo stand a Tuttofood 2019).
>> Link: www.facebook.com/ItalianButchersTeam
Butchers for Children fa tappa in Lazio alla Festa del Macellaio In occasione della 24a “Festa del Macellaio”, organizzata lo scorso marzo da FEDERCARNI CONFCOMMERCIO LAZIO SUD a Sezze Scalo (LT), c’è stata una bella adunata di Butchers for Children. Erano oltre 150 i macellai provenienti dalle province di Frosinone e Latina che hanno partecipato anche ad un incontro formativo sul tema delle procedure HACCP e della conservazione delle carni. Nel corso della giornata sono stati raccolti quasi mille euro destinati alle attività per l’infanzia dei Butchers for Children. Oltre all’evento svoltosi nel mese di maggio da MORENO FAVARETTO a Mirano (VE), i butchers si stanno organizzando per una grande festa serale estiva il cui ricavato sarà devoluto all’ospedale pediatrico Bambin Gesù della Capitale: appuntamento fissato per domenica 14 luglio a Sabaudia, Roma (in foto, numerosi partecipanti della Festa del Macellaio con le magliette rosse dei Butchers for Children).
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EVENTI CARNIVORI
Festa grande dal Bechèr nazionale
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a solidarietà è un’utopia necessaria, ha scritto STEFANO RODOTÀ. Necessaria e sufficiente per trasformare una domenica di pioggia intensa a Mirano in energia pura! Alle porte di Venezia, davanti alla MACELLERIA FAVARETTO, il nostro bechèr nazionale MORENO FAVARETTO ha chiamato a raccolta i tanti colleghi giunti da tutta Italia per alimentare un’emozionante festa dedicata alla raccolta di fondi per la Città della Speranza di Padova. C’erano GIORGIO PELLEGRINI e DANIELE BIASSONI da Milano, il gruppo emiliano di ROBERTO PAPOTTI da
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Fossoli di Carpi, la brigata pugliese di FRANCESCO CAMASSA da Grottaglie, MARA LABELLA e ORLANDO DI MARIO da Sermoneta (Latina). E ancora, ANTONIO CHETTA da Torino, il gruppo dei lodigiani capeggiato da ILARIO LUI, RICCARDO RICCI e MARTINA BARTOLOZZI dall’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti, OSCAR CAMILLO e i colleghi macellai trevigiani, VITTORIO GAUDIO da Genova, i trentini MASSIMO CORRÀ e MASSIMO CIS, oltre a GREGORI NALON, ANDREA LAGANGA da Grosseto, in rappresentanza dalla Toscana, e la veneta Macelleria Nicola Negro.
Indifferenti al maltempo, i macellai hanno animato la giornata con ottime carni, salumi, cotture al barbecue, musica dal vivo, cori e sana goliardia. Tutti a Sabaudia! Il gruppo dei Butchers for Children, fondato nel 2001 da DARIO CECCHINI, si riunisce con regolarità per raccogliere fondi da destinare all’infanzia. Volete vedere di che cosa sono capaci i macellai quando fanno rete? Il prossimo appuntamento è a Sabaudia (Roma) domenica 14 luglio. Segnatelo in agenda!
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A pagina 94 Moreno Favaretto, regista dell’evento dei Butchers for Children che si è svolto domenica 12 maggio in piazza Aldo Moro a Mirano (VE), destinato a sostenere le attività della Città della Speranza di Padova. 1) Francesco Camassa. 2) Mara Labella e Giorgio Pellegrini. 3) Ilario Lui e Vittorio Gaudio. 4) Da sinistra Lorenzo Chini, Moreno Favaretto, Daniele Baselli e Riccardo Ricci. 5) Antonio Chetta e Roberto Papotti. 6) Massimo Guidolin, Gino Schievano, Oscar Camillo e Luciano Stocco.
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LA CARNE IN TAVOLA
Tafelspitz, il bollito dell’Imperatore di Riccardo Lagorio
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ra i piatti caratteristici del Liechtenstein, il piccolo Stato alpino incuneato tra Svizzera e Austria, c’è il Tafelspitz. Questa pietanza era già in voga a Vienna nel Cinquecento, quando il principato di Vaduz era ancora di là da venire. Si tratta di posteriore bovino bollito e, dalla lettura dei testi di cucina dell’epoca, pare che questo piatto non abbia subito grandi modifiche nel corso dal XIX secolo. Il suo successo si deve probabilmente al fatto che nel Cinquecento gli Statuti della capitale austriaca non distinguevano dazi e tariffe per i diversi tagli di carne: si differenziavano infatti solamente filetto e controfiletto, più costosi di altre parti. Pertanto la carne bovina, in particolare il posteriore, affluiva sulle tavole dei
Viennesi con una certa facilità. Il brodo divenne quindi una delle principali portate e, grazie al suo alto valore nutritivo percepito, la carne con alto contenuto di grasso divenne più popolare delle carni magre; tendenza che perdurò sino agli anni Trenta del XX secolo. Nel Settecento, durante il regno di MARIA TERESA D’AUSTRIA, il bollito divenne il cibo per antonomasia, servito in ogni banchetto e in tutte le feste comandate tanto che, ancora nel 1829, veniva proposto quotidianamente nel ristorante Zum braunen Hirschen, nel centro di Vienna. In quegli anni era la vivanda classica di ogni ricettario di cucina, assurto a status symbol da parte della casa imperiale e della borghesia durante il periodo dell’impero
austroungarico. «Allora come oggi il vero segreto del successo del Tafelspitz è la varietà di ammennicoli che gli stano accanto» spiega STEPHAN MARXAR, macellaio responsabile della OSPELT, un negozio gourmet di Schaan (Landstrasse 6, Schaan, Liechtenstein, telefono: + 423 377888, web: ospelt-ag.li). I tagli della macelleria austriaca tradizionale differiscono dai tipici tagli italiani. Approssimativamente i pezzi indicati per il Tafelspitz sono quelli sopra la coscia come magatello, coda e scamone. «Se fino al decennio scorso si trovavano purè di patate, cavolfiori fritti e persino pasta, oggi prevalgono i cosiddetti classici, cioè rafano, salsa all’erba cipollina, fagiolini e aneto, spinaci, crema di cavolo rapa e zucca.
Il Tafelspitz, bollito di posteriore bovino, è un piatto classico della cucina viennese e popolare in tutta l’Austria, nel Liechtenstein e nella Baviera tedesca.
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La carne deve avere una buona copertura di grasso esterno, muscolosa e priva di grasso interno. Proprio al contrario della carne da cuocere o da fare alla griglia, che suggeriamo debba essere marezzata». Nella trattoria Au, a Vaduz (Gasthof Au, Austrasse 2, Vaduz, Liechtenstein, telefono: +423 2321117, web: gasthof-au.li), spiegano inoltre che «Il Tafelspitz è un piatto di contrasti: è caldo e freddo, speziato e cremoso, croccante e soffice. Talvolta aggiungiamo anche fette di midollo, che sono state bollite insieme al piatto principale». Nella smisurata vetrina di Ospelt, 125 anni di storia e 5 generazioni alle spalle, i tagli per il Tafelspitz concorrono con quelli delle carni da griglia e casseruola. In particolare con quelle che stanno maturando all’interno di una ambiente bene illuminato. «L’umidità dell’aria all’interno della stanza è di circa il 60% mentre la temperatura sfiora il punto di congelamento: più bassa è, più lungo sarà il processo di maturazione» racconta Marxar. «E poiché le carni arrivano già dopo 4 settimane dalla macellazione, continuiamo per altre 6 settimane a mantenerle in queste condizioni. Io ritengo che trascorse una decina di settimane le carni come le costate abbiano ottenuto uno stadio ottimale di maturazione. Anche per noi è questione di pazienza e cerchiamo di aprire il meno possibile la stanza». Il carré perde in media il 40% di peso mentre, come è noto, gli enzimi lavorano per rendere la carne più tenera e saporita. «Solo così nasce il caratteristico aroma di nocciola che piace a chi ama la carne. Nel frattempo anche il grasso sviluppa un gusto del tutto speciale. Tutti questi fattori e poiché anche un piccolo errore può pregiudicare l’intera produzione messa a maturare, si capisce che il prezzo è elevato. Tuttavia, una volta che si è provato una bistecca del genere, sarà difficile farne a meno» prosegue. In effetti anche noi, in Italia, ne sappiamo qualcosa… Riccardo Lagorio
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Stephan Marxar, macellaio responsabile della Ospelt, un negozio gourmet di Schaan con 125 anni di storia e 5 generazioni alle spalle.
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NUTRIZIONE
Gli Italiani non ne mangiano troppa, anzi…
Nutrizionalità delle carni di Giovanni Ballarini
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gni Italiano, si dice, mangia in media, in un anno, oltre 80 chilogrammi di carne. Un’affermazione basata sui dati forniti dall’Istituto Italiano di Statistica (ISTAT), e quindi veri. Va però precisato che l’ISTAT considera come carne “quello che esce dal
macello”, quindi le mezzene di bovini, suini ed altri ruminati, cavalli, pollame, ecc…, compresi ossa, tendini, grasso e, per i maiali, anche la pelle. Il muscolo (cioè la carne vera e propria) è soltanto una parte e neanche la maggiore. In realtà, come confermano anche le indagini
La carne, seppur nella variabilità dovuta alla specie, ai tagli e alle caratteristiche dell’animale considerato, è una fonte proteica ad alto valore biologico. Ciò significa che le sue proteine sono molto simili a quelle umane (per tipologia, quantità e rapporto di amminoacidi essenziali) e sono quindi perfettamente utilizzabili dall’organismo per soddisfare i vari processi metabolici in cui sono richieste (photo © vaszeit@gmail.com).
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sugli effettivi consumi di carne, gli Italiani consumerebbero 38 kg di carne all’anno, la metà di quanto stimano le statistiche, come risulta dallo studio contenuto nel volume Consumo reale di carne e di pesce in Italia (Franco Angeli editore), a cura di VINCENZO RUSSO, ANNA DE ANGELIS e PIER PAOLO DANIELI. La ricerca è stata svolta dalla Commissione di studio istituita dall’ASPA (Associazione Scientifica per la Scienza e le Produzioni Animali) e distingue fra consumo reale e consumo apparente. Applicando la nuova metodologia, la fotografia dei consumi di carne in Italia cambia radicalmente e, secondo i dati di consumo di FAO e ISMEA, il consumo apparente medio pro capite sarebbe di 237 grammi al giorno (dato comprensivo di tutti i tipi di carne), mentre quello reale corrisponderebbe a meno della metà, ovvero 104 grammi al giorno, pari a 38 kg all’anno. Un dato che ridimensiona l’allarme sui consumi eccessivi di carne in Italia e che, anzi, conferma la tendenza, almeno di una parte della popolazione, a mangiarne troppo poca. Carne sì, carne no I pareri sull’assunzione della carne nell’alimentazione umana non sono uniformi. Esistono i vegetariani, che non si nutrono di carne; i vegani o vegetariani totali, che non si nutrono neppure di uova o latte ma soltanto ed esclusivamente di vegetali; i fruttariani, i crudisti e gli appartenenti ad altre ideologie alimentari. La scelta vegetarianavegana è di tipo culturale e/o religiosa o laica, e pertanto va rispettata. Da un punto di vista nutrizionale, queste diete espongono il corpo ai rischi di talune carenze
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Secondo lo stile di vita, bisogna scegliere la quantità di carne da assumere così come la sua qualità, facendo distinzione tra carni magre e carni grasse, da preferire le prime in caso di vita sedentaria, le seconde in caso di vita attiva. (ad esempio mancanza di vitamine e di minerali), non perché siano assenti nei vegetali, ma perché questi nutrienti sono insufficienti o scarsamente biodisponibili ed assorbibili. Inoltre, il basso livello qualitativo delle proteine vegetali deve essere compensato da una loro maggiore quantità che sovraccarica intestino, fegato e rene. La presenza, in una dieta equilibrata, di carne magra, in giusta quantità, permette di ottenere i seguenti vantaggi: • riduzione dell’apporto proteico, e quindi un minore affaticamento dell'intestino, fegato e reni; • migliore assorbimento dei minerali
della dieta e soprattutto del ferro; la carne inoltre apporta notevoli quantità di zinco, selenio e cromo; • equilibrio tra calcio (largamente presente nei vegetali) e fosforo (di cui la carne è ricca); • stimolazione dell’accrescimento corporeo nel giovane e dello stato di tonicità muscolare nell’adulto e nell’anziano, controllando il peso anche per l’elevato potere saziante della carne. L’importanza di non eccedere, di equilibrare e regolare i consumi in rapporto all’età Le indicazioni nutrizionali non
La presenza in una dieta equilibrata di carne magra in giusta quantità permette di ottenere diversi vantaggi: dal miglioramento dell’assorbimento dei minerali della dieta, soprattutto ferro, alla stimolazione dell’accrescimento corporeo nel giovane e dello stato di tonicità muscolare nell’adulto e nell’anziano, controllando il peso anche per il suo elevato potere saziante
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possono dare regole rigide su quanta carne mangiare. In linea di massima, un’alimentazione equilibrata deve contenere circa 0,7 grammi di proteine per chilogrammo di peso, almeno un terzo delle quali di origine animale (da carne, pesce, uova, latte). Secondo le raccomandazioni dell’INRAN (Istituto Nazionale Ricerca Alimentazione e Nutrizione), secondo l’età e il sesso, si va da circa 20-25 grammi di proteine alimentari totali al giorno, a un anno di età, fino a circa 80 grammi nel giovane in accrescimento, con massimi di circa 100 grammi per una giovane donna in fase di allattamento. In un’alimentazione mista che contenga proteine vegetali e proteine animali di altra origine, assegnando alla carne non più del 20% dell’apporto proteico, si vede che, ad un anno di età, sono sufficienti 25 grammi di carne al giorno (che contiene circa il 20% di proteine), mentre per un giovane di 16-17 anni ne occorrono 100 grammi effettivi, ossia escludendo le ossa, la parte grassa o quant’altro è lasciato nel piatto. Eurocarni, 6/19
Secondo lo stile di vita, non solo bisogna scegliere la quantità da assumere, ma anche la sua qualità, facendo appunto distinzione tra carni magre e carni grasse, da preferire le prime in caso di vita sedentaria, le seconde in caso di vita attiva. Se si fa buona attività fisica, è consigliabile aumentare la quantità di carne magra fino ad una media giornaliera di 1,5 grammi di proteina per chilogrammo di peso vivo. Una quantità che, per un uomo del peso di 70 kg, equivale a circa 100 grammi di proteine, equivalenti a loro volta ad una bistecca da 250 g, se trasformate per metà in carne (muscolo). È evidente che vi sono altri alimenti proteici, ma per chi fa una buona attività fisica il consumo settimanale di carne dovrebbe addirittura raddoppiare, alternato ovviamente con pesce, uova, latte e latticini ed altri alimenti proteici di origine animale. L’uomo non può certamente vivere di sola carne,
un alimento di per sé squilibrato. Anche indovinando un giusto rapporto tra proteine e grasso (equilibrio plastico/energetico) la carne ha un eccesso di fosforo, è carente di glucidi e di diverse vitamine, ma, soprattutto, non apporta la fibra grezza alimentare necessaria (almeno 20-25 g al giorno, meglio se si arriva a 35 g). Comunque, nell’ambito di un’alimentazione equilibrata, anche superando i livelli minimi di utilizzo della carne, non si hanno inconvenienti, ovviamente in individui sani. In rapporto alle diverse età e agli stili di vita, l’assunzione di carne segue particolari indicazioni: • bambini e giovani in crescita: è bene che la carne sia presente nell’alimentazione almeno 4 volte alla settimana; negli altri giorni può essere sostituita da altre proteine di origine animale (latte e latticini, uova) in quantità che vanno da 25 grammi (da 1 a 3 anni) a 100-150 grammi nei giovani di 15-18 anni. Comunque è altret-
tanto consigliabile assumere carne tutti i giorni; • persone che fanno attività fisica (atleti, sportivi, ecc…): le quantità di carne sono superiori, senza dimenticare i necessari equilibri nutrizionali che riguardano soprattutto l’apporto di fibra alimentare tramite le verdure e il pane integrale: ogni giorno da 150 a 250 grammi di carne o 250 grammi di carne quattro volte la settimana, con una quantità di grasso che deve essere correlata al dispendio energetico; • adulti ed anziani: la carne dovrebbe essere assunta in quantità moderata (da 50 a 100 grammi al giorno) per sfruttare l’apporto di proteine complete e di facile digestione (rispetto al fabbisogno dell’organismo), il loro contenuto in minerali e vitamine. Sono da scegliere inoltre carni magre. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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Alla scoperta della Zazzicchia A Patrica, piccolo comune della valle di Sacco non distante da Frosinone, la famiglia Pellegrini porta avanti un lavoro di recupero dei sapori ciociari di Elena Benedetti
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ANTICA MACELLERIA PELLEGRINI è una piccola società cooperativa a conduzione familiare con un negozio di carni fresche e preparati e l’annesso laboratorio dedicato alla lavorazione di insaccati della tradizione. Gestita da MARCO PELLEGRINI insieme ai genitori, questa attività iniziata nei primi del ‘900 rappresenta oggi la continuità di una tradizione che, dopo oltre un secolo, è la manifestazione di una passione immutata nella lavorazione delle carni e dei salumi della Ciociaria. Il bisnonno si dedicava originariamente all’allevamento di ovini e alle donne di casa spettava il compito di lavorare
le carni trasformandole anche in salumi. Da qui un patrimonio di ricette e lavorazioni che Marco ha custodito e fatto proprio con quello che è il salume che più lo rappresenta, la Zazzicchia (salsiccia) di Patrica, riconosciuta dall’ARSIAL come prodotto tipico. Ed è sicuramente anche la più rinomata salsiccia del territorio ciociaro per la qualità delle carni e la ricercatezza degli ingredienti. «La Zazzicchia di Patrica ha origini nel lontano 1912 e risale ad una vecchia ricetta che la nostra famiglia si tramanda ormai da quattro generazioni» mi dice Marco Pellegrini. «L’artefice è la mia bi-
snonna Felicola, che intuitivamente e saggiamente seppe unire i prodotti del territorio». Alla base di questa salsiccia c’è la lavorazione delle carni suine, ricavate da animali che provengono da allevamenti locali dei monti Lepini, soprattutto di razze autoctone del maiale rosa e di quello nero. I tagli impiegati per il macinato di carne sono spalla, lombo e pancetta. I profumi aggiunti sono di finocchio selvatico, scorze di arancia, peperoncino e aglio precedentemente macerato nel vino. «L’impiego di queste spezie conferisce il giusto equilibrio tra carni magre e grasse» aggiunge Marco.
Zazzicchia di Patrica stagionata.
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1) L’Antica Macelleria Pellegrini è una piccola società cooperativa a conduzione familiare che con impegno e passione si è prefissa l’obiettivo di mantenere vivi e immutati nel tempo gli antichi sapori della Ciociaria. 2) Zazzicchia di Patrica sottolio. 3) La zazzicchia fresca.
La Zazzicchia di Patrica può essere consumata fresca, stagionata o sottolio. «La selezione delle carni, provenienti solo da allevamenti locali con animali nutriti in modo naturale, la lavorazione artigianale, imparata da mio padre e prima di lui, dal nonno e dal bisnonno, l’impiego di aromi pregiati e la stagionatura controllata quotidianamente, oltre a un giusto rapporto qualitàprezzo, sono alla base del nostro lavoro» racconta Marco Pellegrini
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Ottenuto un impasto omogeneo, questo viene lasciato una notte in cella per poi essere tagliato al coltello e insaccato. La Zazzicchia di Patrica può essere consumata fresca, stagionata (minimo una ventina di giorni) o sottolio. Ideale per gli antipasti o per uno spuntino, è perfetta per condire la pasta, come piatto unico con patate o broccoli, e coi formaggi. «La selezione delle carni, provenienti solo da allevamenti locali con animali nutriti in modo naturale, la lavorazione artigianale, imparata da mio padre e prima di lui, dal nonno e dal bisnonno, l’impiego di aromi pregiati e la stagionatura controllata quotidianamente, oltre a un giusto rapporto qualità-prezzo, sono alla base del nostro lavoro» sottolinea Marco. Nella macelleria l’offerta è incentrata su carni pregiate come Marchigiana o Chianina. «Siamo una macelleria autorizzata
dal Consorzio di tutela alla vendita del Vitellone bianco dell’Appennino Centrale». Il banco carni ospita anche polli e conigli provenienti da piccoli allevamenti locali, la bufaletta dell’Amaseno e il maiale nero. Progetti per il futuro? «Queste terre, un tempo ricche di attività agricole e dedite all’allevamento, si sono via via spopolate. Abbiamo dei terreni di famiglia e vorrei realizzare un piccolo allevamento per l’autoconsumo della mia macelleria» dice Marco. Un ritorno alle origini per questa famiglia che ogni giorno fa della propria professionalità un prezioso lavoro di tutela della cultura agroalimentare del territorio. Elena Benedetti Antica Macelleria Pellegrini Via Quattro Strade 146 03010 Patrica (FR) Telefono: 0775 222208 Web: www.anticamacelleriapellegrini.it
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Cosa vuoi di più dalla vita? Un Nero lucano! In provincia di Potenza, BioAgrimar, azienda certificata biologica di proprietà della famiglia Marottoli, alleva allo stato semibrado suini di razza Nero lucano e ne ricava straordinari salumi, come la Salsiccia a catena di Cancellara, simbolo del territorio di Gaia Borghi
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ra gli espositori chiamati a “costruire nuove memorie” ad Identità Golose Milano (MiCo, 23-25 marzo) — il congresso internazionale di cucina d’autore organizzato da PAOLO MARCHI e MAGENTABUREAU giunto alla sua 15a edizione — c’era anche un bel pezzo di Lucania. Quella magica regione, la più piccola per dimensioni del Meridione d’Italia, ufficialmente Basilicata, così chiamata in passato perché terra ricca di boschi (dal latino “lucus”) e che oggi è ritornata a far parlare tanto di sé a livello mondiale grazie alla notorietà crescente di una delle sue province, la Città dei Sassi già patrimonio dell’umanità UNESCO e insignita per il 2019 col titolo di capitale europea della cultura. «BIOAGRIMAR è la prima azienda lucana di sempre a partecipare a questo congresso» mi dice orgogliosamente VINCENZO MAROTTOLI, responsabile marketing e comunicazione di questa azienda biologica a gestione totalmente famigliare di Cancellara, in provincia di Potenza. Un paesino delizioso di origini romane situato su un colle a pochi chilometri dal Parco Nazionale dell’Appennino Lucano. «BioAgrimar nasce nel 1994 come azienda cerealicola e zootecnica. Nel 2011 abbiamo aderito ai dettami dell’agricoltura biologica, sostenendo diversi meccanismi di filiera corta. Quattro anni fa io e i miei fratelli, Ludovico e Domenico,
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I tre fratelli Vincenzo, Ludovico e Domenico Marottoli. BioAgrimar è un’azienda interamente certificata in biologico e produce salumi, olio extravergine d’oliva, cereali, legumi e formaggi.
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siamo entrati nella gestione diretta della società e abbiamo deciso di cominciare ad allevare suini di Nero lucano, una razza autoctona della regione Basilicata che è stata a lungo a rischio di estinzione. Da due anni a questa parte con le loro carni facciamo anche una linea di salumi tipici del territorio: 100% lucani, 100% artigianali nella lavorazione e così come nella stagionatura e, soprattutto, 100% tracciabili e 100% naturali, fatti cioè con materie prime semplici e la sola aggiunta di sale marino, erbe e spezie. Senza compromessi». “Naturale” è da leggersi quindi senza conservanti, farine del latte e senza nitriti e nitrati. La Salsiccia a catena e le altre delizie lucane Il maiale, insieme al peperoncino, è uno dei pilastri della cucina lucana. BioAgrimar alleva allo stato semibrado i propri animali in un bosco di circa 43 ettari di proprietà sempre a Cancellara, dove ha sede l’azienda. «L’alimentazione dei nostri animali è fatta di quello che trovano autonomamente in natura, ghiande, erbe, radici, bacche, e da sfarinati
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I maiali di razza Nero lucano dell’allevamento semibrado di BioAgrimar. preparati quotidianamente con i nostri cereali. E il loro nutrimento è alla base del valore del grasso» mi dice Vincenzo. Già, il valore del grasso… Lo si sente bene assaggiando il guanciale, un salume realizzato da tagli selezionati della guancia suina, salati e conditi con pepe in polvere e erbe aromatiche. Segue il massaggio manuale della carne, una maceratura di 15 giorni circa e la stagionatura per
circa 5 mesi. O il capocollo: la carne di maiale in questo caso è quella compresa tra la testa e la lonza; tagliata a coltello, viene salata, lavata e cosparsa di aromi ed erbe prima di essere inserita in budello naturale. Dopo la legatura si fa stagionare per un minimo di 150 giorni. «La carne dei maiali di questa razza ha caratteristiche organolettiche specifiche: un colore più intenso, una maggiore marezzatura, con
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Maiali allevati allo stato semibrado, carne lavorata a punta di coltello con perfetto equilibrio tra parti grasse e magre, sale, semi di finocchietto selvatico e polvere di peperone dolce locale a insaporire, insacco in budello naturale: ora si può formare la catena!
le tipiche striature di grasso ricco di Omega-3 e povero di colesterolo, una scarsa ritenzione idrica al suo interno. Tutti elementi che costituiscono una “specificità sensoriale” che si ritrova poi nel prodotto fresco e stagionato». Il prodotto più importante per l’azienda è però senza dubbio la Salsiccia a catena, un salume di origine antica, con tutta probabilità il ‘700, la cui ricetta e lavorazione sono rimaste invariate nei secoli. Quella della salsiccia a catena, a Cancellara, è una vera e propria arte, tale da averla resa il simbolo del paese e del territorio circostante, celebrata con un festival durante il quale i visitatori vengono accompagnati lungo le vie cittadine in un suggestivo itinerario storico e antropologico che consente loro di ammirarne le tecniche di produzione. Per la salsiccia a catena di Cancellara di BioAgrimar, le carni suine di Nero lucano vengono accuratamente selezionate e private manualmente delle parti nervose e del grasso in eccesso. All’impasto si aggiungono sale, polvere di peperone dolce locale e finocchietto selvatico. Si procede poi all’insacco in budello naturale di suino e si comincia a formare la tradizionale catena di almeno 3 anelli del diametro di 4 cm. Dopo circa 45 giorni di stagionatura, mantenendo nei locali appositi una temperatura fresca, al riparo da correnti e umidità, la salsiccia è pronta per essere consumata, magari con una bella pagnotta di Matera tagliata a fette spesse. «In
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In alto: la salsiccia a catena di Cancellara. In basso: il guanciale. ogni nostro prodotto c’è tutto il mondo che l’ha creato: dai campi dove coltiviamo i cereali al bosco dove crescono liberi gli animali, alla modalità con cui prepariamo i salumi» dice ancora Vincenzo. Salumi che, oltre a quelli citati, si chiamano soppressata, pancetta tesa, filetto lardellato, pezzente, prosciutto crudo e culatello e che, nel corso dell’anno, proprio per i motivi fin qui descritti,
hanno una disponibilità variabile e limitata: il rispetto dei tempi e della stagionalità che contraddistingue BioAgrimar ha infatti delle conseguenze ma, ricordiamoci che, come insegna il filosofo tedesco GOTTHOLD EPHRAIM LESSING, l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. Gaia Borghi >> Link: www.bioagrimar.com
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LOCALI DI GUSTO
Una sosta obbligata per i gourmet della Bassa Bergamasca
La Gare di Caravaggio, piatti colorati da felicità di Riccardo Lagorio
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uando si entra, l’occhio incappa sulle etichette di distillati. Se non rari, insoliti, scelti. È una delle indicazioni che dalla cucina usciranno piatti ragionati, da felicità. Si attraversa il bancone in pietra grigia, leggero e appena sbrecciato, lo stretto corridoio fitto di tavoli prima di entrare nella plancia di comando dove MARIO PESENTI dà forma alla sua preziosa e variegata esperienza. «Questo è un locale dove ci lavoro solo da 10 anni e cerco di mettere in pratica quei fondamenti che ho appreso nei miei viaggi, sapendo di dover imparare ancora molto». Vabbè, ci sta l’affermazione, ma la tecnica dei fondi e delle salse, di cotture e selezione delle materie prime è palpabile. Tutto riporta al villaggio di Vonnas, dove Pesenti ha trascorso i primi anni di carriera alla corte di monsieur GEORGES BLANC. Anche nel nome del ristorante, La Gare, c’è tutto quell’amore verso i piatti succulenti e immortali che s’incontrano nella profonda campagna francese. Alla stazione, lì di fronte, superata come tante altre, di tanto in tanto qualche treno che arranca fa pausa, spezzando in due il viale che porta al Santuario di Caravaggio. Da maggio, qualche tavolino spunta sotto il portico naturale di vite canadese e anche le squadernate carrozze riscaldano la coulisse. È tempo di asparagi e nel menu alla carta, che si propone la sera, le punte appena sbollentate e la loro crema accompagnano il filetto di rombo scottato e il “frullato” di lardo di Patanegra. Quella “burrosità”
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stuzzicante e seducente in cucina, praticata Oltralpe e tacciata dai nuovi mullah della dieta salutistica nostrana come riprovevole, fa capolino nelle rane fritte insieme ad uno spicchio d’aglio e servite su una purea di zucca marinata. Anche l’uovo si marina. Serve a completare la tartare di filetto di manzo, polvere di nocciole e lampone. Il tuorlo viene lasciato per 24 ore in sale e zucchero, poi essiccato in forno e tagliato con
l’affettatartufo sulla battuta. Corroborante… cromoterapia. Che non manca ai risotti i quali, ben lontani dall’avere in contenuto la carne, sanno regalare piacevoli cornici colorate e saporite: da provare quello mantecato ai formaggi, mostarda alle carote e caffè o mantecato alle castagne, radicchio e mandarino. Si capisce che la stagione, là dove possibile, detta e determina gli ingredienti, «la cui scelta risulta
L’arrosto di vitello con composta di mele e estratto di verdure.
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centrale nella riuscita di un buon piatto. Il saper fare, la tecnica contano, ma la materia prima incide almeno per la metà». Annuisce E LISA S CHINELLI , la compagna di sempre che ha seguito Mario Pesenti nelle esperienze tra le cucine stellate di mezzo mondo: ottima regista di sala, musa che si rende visibile secondo le necessità del tavolo. Sono le migliori quaglie del mercato a essere utilizzate per un piatto iconico, petti e cosce con tamarindo, capperi su purè e chips di zucca. L’amore per i volatili pare avere contagiato anche l’allievo, dopo avere stregato il maestro (Georges Blanc è portabandiera della Volaille de Bresse): se in carta, non lasciatevi sfuggire un mirabile torcione di foie gras, mousse di pere e Porto, fava di cacao e spezie. Il piccolo arrosto di vitello, dalla lunga cottura, è un altro esempio di grande musicalità di colori, accompagnata da un estratto di verdura, composta scarlatta di mele e spezie. Armonica allo sguardo, profumata e gustosa agli altri sensi. E la ‘nduja permette di completare con il suo gusto deciso, una volta sciolta, passata e servita a pois, il piatto di polpo saltato su una crema di patata affumicata e pane nero. Altrettanto gustosa la crema di patata dolce, radice amara di soncino, speck IGP e terra di olive verdi. Cottura paziente quella della guancia di vitello al Porto e ginepro su polenta. Nella sua semplicità la preferiamo allo shabu shabu di filetto di manzo con salsa verde, brodo di sakè, barbabietola e daikon (un cugino del nostro rapanello) dove Pesenti si prende il lusso di strizzare l’occhio all’Oriente senza dimenticarsi delle lande francesi. Autorevole nella sua umiltà, La Gare di Caravaggio è sosta obbligata per i gourmet della Bassa bergamasca. Riccardo Lagorio Restaurant La Gare Viale Papa Giovanni XXIII 25 24043 Caravaggio (BG) Telefono: 0363 53859 Web: www.restolagare.com
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In alto: Mario Pesenti. In basso: filetto di vitello con crema di champignon e scalogno caramellato (photo © instagram.com/ristorantelagare). 109
Osteria Plip: che parlino i piatti! di Gian Omar Bison
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a cucina alla base di un’esperienza sociale e culturale, paradigma di modernità, ricerca e sperimentazione. Ma soprattutto la buona pietanza e la soddisfazione organolettica come promessa al cliente da mantenere. La visione poliedrica e multidisciplinare che ha in questo senso DAVID MARCHIORI, chef e patron dell’Osteria Plip a Mestre (osteriaplip.com), si rispecchia nella scelta delle materie prime, nel menù e nella carta dei vini. Al bando l’autocelebrazione, parlino i piatti e i calici. E occhio allo storytelling che sta sacralizzando l’oggetto della narrazione, vino in particolare. «Anche noi — sottolinea Marchiori — la smeniamo un po’ come tutti, ma sempre cercando di non assalire il cliente di informazioni non richieste. L’effetto ridondanza stufa. Mettere davanti l’ego e la narrazione stufa. Fai innanzitutto una promessa al cliente che non sai
se potrai mantenere. E poi ti metti a raccontargli la rava e la fava senza chiederti se sia o meno gradito. Ma al cliente interessa? Sia mai che voglia soltanto mangiare in santa pace e gustarsi i piatti o godersi una bottiglia vista chissà dove nella più assoluta intimità». 46 anni, impiegato per lungo tempo nel mondo della formazione e del terzo settore, “aclista” di lungo corso e impegnato in politica, cinque anni fa la folgorazione dei fornelli. «Posso dire di essermi inventato un mestiere ed anche un format. E ho scelto di lavorare in un settore dove i risultati sono direttamente proporzionali all’impegno e alla coerenza. Con una base di competenza e passione sono entrato in questo mondo con consapevolezza dei miei limiti e spero modestia. Siamo partiti così e in quattro anni ci siamo prese delle soddisfazioni. Il mondo della ristorazione è spesso
eccessivo ma se hai determinazione e idee chiare un risultato a casa lo porti sempre. Vent’anni fa anche i cialtroni facevano i veri affari. Adesso no. Se uno fa una proposta onesta, senza bisogno di essere uno stellato e lo fa con passione, lo si vede nel piatto. Il piatto è lo specchio di chi cucina. Il cibo non mente mai». Plipland La società che gestisce, “Plipland”, vero e proprio incubatore di materie prime vendute tal quali nel mercato interno (dove troviamo dalle farine Agugiaro & Figna alle bottiglie di 32 Via dei Birrai, dai vini di Proposta Vini ai liquori dei giovani artigiani triestini Piolo & Max) e trasformate nell’osteria, è una cooperativa sociale di tipo B guidata da Marchiori insieme a STEFANO MONDINI, socio di DNA Italia, agenzia di comunicazione e pubblicità e presidente della Fondazione
Plip Burger: pane al latte, svizzera di manzo “nativa’’, agnello e maiale, cavolo nero, cipolla, scamorza affumicata, guanciale, maionese alla paprica affumicata (photo © www.sarabolognini.com).
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A sinistra: David Marchiori. A destra: la battuta di manzo con zabaione di Parmigiano. Forte Marghera. E poi c’è l’Auditorium Meme, con spazio dedicato ai concerti e agli eventi e sale degustazioni. «Prima del 2013 non avevo mai fatto il cuoco se non a casa. Mia moglie attaccava le mensole e io cucinavo. La cucina è il mio yoga. Ho un’attenzione maniacale, da sempre, alla materia prima. In cucina mi sono subito trovato. Abbiamo iniziato in due con quaranta coperti e adesso siamo in dieci. La proposta negli anni è cambiata e ora ho un gruppo di ragazzi veramente in gamba, composto anche da persone che stanno giocandosi una “seconda possibilità’’. Facciamo tutto noi, dal pane al ketchup ai dolci alla pasta fresca. Tutto con grande passione e competenza. I coperti sono 110, 150 i vini in carta e 100 le birre artigianali tutte italiane». Stagionalità al Plip è sinonimo di religione. «Da me non si troveranno mai le zucchine d’inverno. Ortaggi solo raccolti in campo e sono gli stessi che proponiamo al mercato». Tre le aziende biologiche del territorio che forniscono le verdure, l’azienda agricola Cerere di Salzano (VE) e due fattorie sociali (Casa di Anna e Istituto Don Orione). Per quanto riguarda le carni al Plip lavorano con l’azienda agricola San Giobbe, Val di Chiana, e a rotazione carni da altre zone. L’oca solo in alcuni periodi proveniente da Jolanda De Colò di Palmanova (UD), l’agnello da aziende del Padovano,
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il maiale locale e due volte all’anno dalla macelleria Falaschi di San Miniato (PI). «Cerco carni che valorizzino il mio lavoro anche perché buona quantità della carne bovina la facciamo cruda come battuta. E il tataki di filetto, una tecnica di preparazione giapponese». Il pesce si lavora intero. Si rifornisce da Selecta o Tesoratti. «Solo pesce adriatico, tirrenico e mediterraneo comunque. Non voglio oltre e non perché sia ideologico ma è un problema, secondo me, di conservazione, di metodo di pesca. L’unico strappo è per salmone e baccalà. Il salmone lo mariniamo noi. Baccalà lomo ed essiccato prendo il Ragno. Cosa aggiungerei alla carta? Mi piacerebbe fare un vino urbano e la pizza. Quella classica, con la giusta attenzione alla lievitazione. La pizza gourmet la vedo come una proposta difficile, complessa da mantenere credibile e competitiva nel tempo». Dove ti vedi fra tre anni e fra dieci anni? Sempre nella ristorazione? «Mi vedo qui! È come un figlio preadolescente che ha bisogno di me. Se dovessi smettere di fare questo lavoro qui dentro, lo farei all’estero. Dove non lo so, ma sono molto affascinato dagli Stati Uniti che per me incarnano l’idea del tutto è possibile. Sono andato a New York lo scorso anno ed ho riscontrato una grande capacità seduttiva rispetto all’entusiasmo con cui fanno le cose. Questo è un lavoro in cui ti
spacchi la schiena dalla mattina alla sera per cui lo devi fare o per tanto denaro o per tanta soddisfazione o per entrambe le cose». E magari con una crescente esposizione mediatica? «È divertente ma non la cerco. Ad esempio, siamo la cucina Slow Food al Vinitaly da tre anni ma non siamo nella guida Slow Food. Se capita bene ma senza patemi. Tra l’altro, a dicembre, dopo l’avvio del restauro generale dei locali, il ristorante e il mercato nuovo più tutti gli eventi culturali mi sono imposto di non muovermi per qualche mese. C’è bisogno di me». La proposta carnivora Tra gli antipasti citiamo la battuta di manzo con zabaione di parmigiano e chips di prosciutto crudo. Tra i primi le tagliatelle col ragù di bistecca alla Fiorentina. Tra i secondi il tataki di filetto di manzo con salsa di soia e tempura di zucca e le costine di agnello in crosta di nocciole con mousse al gorgonzola e caffè. Ma c’è pure un’ampia sezione dedicata ai fast lunch e alla burgeria con il Plip Burger composto da pane al latte, svizzera di manzo “nativa”, agnello e maiale, cavolo nero, cipolla, scamorza affumicata, guanciale, maionese alla paprica affumicata e il Gordo versione 1.0 con pane al latte, guancetta di vitello confittata al whisky, pecorino dei Monti Sibillini, carciofi fritti, salsa al miele e senape. Gian Omar Bison
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La transumanza nel Mugello È una storia contemporanea di transumanza, un’attività antichissima dell’uomo ma che sopravvive ancora in Italia grazie all’impegno ed alla passione degli allevatori in molte parti del territorio nazionale, soprattutto in aree difficili e marginali. Un’attività che di recente il nostro Paese — assieme a Grecia ed Austria — ha proposto in sede UNE SCO a Parigi affinché venga riconosciuta patrimonio culturale immateriale dell’Umanità, ma che oltre ad aspetti di conservazione di tradizioni agropastorali ha un grande valore economico e di gestione paesaggistica ed ambientale. Anche in Italia, e precisamente in Toscana, ci sono cow boy e cow girl che spostano le mandrie di bovini! Tutto questo è stato documentato a cavallo del 1o maggio da una troupe della televisione pubblica, con l’inviato ROBERT DINO LEE del Tg3 RAI Toscana che ha seguito e documentato per un giorno l’attività organizzata da una struttura del Sistema allevatoriale, in particolare dall’Associazione Regionale Allevatori (ARAT), in collaborazione con la CAF (Cooperativa Agricola Firenzuola-Centro Carni del Mugello) e la locale COLDIRETTI. Si è quindi ripetuta la tradizionale transumanza primaverile, accompagnando la mandria di bovine dalle stalle fino ai pascoli in alpeggio. In questo caso si trattava di bovini di razza Limousine italiana, allevati nella stalla Gello. Guida speciale è stato il presidente dell’ARA TOSCANA e della CAF ROBERTO NOCENTINI, che è anche presidente nazionale dell’Associazione Italiana Allevatori-AIA. «Questa attività — ha ricordato Nocentini —, che ancora oggi lega l’uomo alla tradizione, permette di testimoniare l’importante ruolo che ha la zootecnia mugellana nel mantenimento della montagna e dell’agricoltura marginale andando ad utilizzare tutte quelle aree che altrimenti verserebbero in uno stato di abbandono, garantendo al tempo stesso un importante presidio nella gestione del territorio a beneficio di tutta la collettività. Questo modello di allevamento — tipicamente al pascolo estensivo, realizzabile in alcune aree particolari dell’Italia — garantisce inoltre un elevato livello di benessere animale e fornisce alimenti freschi di grande qualità. Tutti elementi che contribuiscono, oltre alla selezione di razze rustiche autoctone o che lo sono divenute grazie al grande lavoro di miglioramento ed alla passione degli allevatori, a garantire un prodotto “carne” dalle caratteristiche uniche ed inconfondibili, particolarmente apprezzate dai conUna troupe di RAI 3 ha seguito in Toscana il “viaggio” di bovini e cavalieri da un sumatori che richiedono sempre più allevamento di Dicomano (Firenze) fino ai pascoli del Monte Giovi. Non solo una informazioni sulla qualità delle protradizione che si ripete ogni anno, ma anche la testimonianza di un’attività zoo- duzioni, sui sistemi di allevamenti, tecnica rispettosa dell’ambiente e del benessere animale, in una sinergia tra uomo sulle garanzie di tracciabilità della filiera» (fonte: AIA). e bestiame a favore del presidio del territorio in aree marginali e difficili.
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CONVEGNI
Le parole chiave della zootecnia per l’AOP Italia Zootecnica
Qualità, benessere animale, filiera, Sigillo Italiano e organizzazione di mercato
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uccesso di pubblico e qualità degli interventi: sono le due caratteristiche che hanno reso produttivo il convegno dello scorso 12 aprile a Padova organizzato dall’Associazione di Organizzazioni Produttori Italia Zootecnica. E azzeccata anche la definizione di riunione degli “Stati Generali della Zootecnia Bovina da Carne”, poiché sono giunti allevatori da ogni parte d’Italia, in veste di rappresentanti di migliaia di altri allevatori che ogni giorno fanno i conti con un mercato sempre più difficile, nonostante ci siano margini notevoli
per recuperare quote di mercato interno che vede un’importazione di carne estera pari al 47%. L’apertura del convegno è stata fatta dal presidente dell’Organizzazione Interprofessionale Intercarneitalia, FABIO SCOMPARIN, che ha posto l’accento sulla necessità di fare squadra, per mettere a frutto le opportunità offerte dalla PAC in materia di organizzazione di mercato, benessere animale, uso del farmaco e riconoscibilità delle produzioni. L’assessore all’Agricoltura della Regione Veneto, GIUSEPPE PAN, ha confermato la disponibilità a
sostenere in Conferenza StatoRegioni programmi operativi per il comparto della zootecnia bovina da carne, spaziando anche sui dati economici del settore, considerato che il Veneto è la prima regione, sia in termini di produzione che di macellazione di bovini da carne. Per il settore della macellazione è intervenuto ALESSANDRO DALLA RIVA, delegato dal presidente di ASSITAMA, LORIS COLOMBEROTTO, che ha relazionato su una proposta operativa per istituire un sistema pubblico di classificazione delle mezzene nei
I partecipanti al convegno organizzato a Padova dall’associazione Italia Zootecnica.
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macelli, per giungere in tempi brevi ad una definizione di prezzi dei bovini per resa alla macellazione anziché, come avviene adesso, con valutazione a peso vivo. Ovviamente con oneri a carico dei macellatori, ma con personale esperto in forza alla pubblica amministrazione, per ragioni di equità e trasparenza. L’avvocato DAVIDE PAROLIN ha spiegato le azioni da mettere in campo per la protezione del marchio “Consorzio Sigillo Italiano” a livello nazionale ed internazionale, la protezione delle denominazioni dei Disciplinari di produzione del Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia ed il Regolamento di utilizzo del marchio. VERONICA BERTOLDO, dirigente del settore Associazionismo Agricolo della Regione Veneto, ha relazionato sulla rappresentanza dell’AOP Italia Zootecnica, spaziando sui numeri delle OP e Associazioni Produttori che l’hanno costituita e sulle azioni da mettere in atto, quali la pianificazione, la gestione e concentrazione dell’offerta, le relazioni di filiera, la valorizzazione e promozione dei prodotti, la ricerca e sviluppo. Sono seguite le relazioni del prof. SAMUELE TRESTINI, dell’Università di Padova, e dei capi dipartimento del MIPAAFT, GIUSEPPE BLASI (Politiche europee e sviluppo agricolo) e ANDREA COMACCHIO (Politiche della qualità). Il prof. Trestini è intervenuto sullo scenario economico di riferimento, fornendo dati significativi, spaziando poi sulla proposta normativa per la PAC POST 2020 e i sostegni settoriali per l’OCM Carni bovine. Comacchio ha relazionato sulla normativa vigente per le AOP e OP e sui Sistemi di Qualità, proponendo una dettagliata analisi SWOT del settore e sulle opportunità recate dal recente Regolamento europeo “Omnibus” (relazione scaricabile dal sito dell’AOP insieme alle altre). Il dott. Blasi, nel riconoscere la forza e rappresentatività dell’AOP Italia Zootecnica, che è riuscita ad aggregare la quasi totalità della zootecnia bovina da carne in Italia,
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ha messo in guardia gli attori della filiera riguardo l’entità degli aiuti europei, subordinati alla Brexit, e la revisione della PAC che, se anche proposte da una Commissione uscente, devono essere vigilate poiché, in caso di applicazione senza modifiche sostanziali, con l’attuale orientamento, potrebbero riservare amare sorprese e problemi reali al settore, considerando, ad esempio, che molti Stati europei non vedono di buon occhio gli aiuti accoppiati per la zootecnia. Il dott. Blasi si è reso disponibile a partecipare ad un tavolo di discussione, per elaborare programmi per una futura OCM Carne bovina e per proposte programmatiche, da condividere con il settore. In chiusura del convegno è intervenuto il presidente dell’AOP, FABIANO BARBISAN, che ha ripercorso la storia di aggregazione portata avanti negli anni e posto le basi per recuperare il gap vissuto dalla zootecnia da carne, rispetto ad altri settori, come ad esempio il vino che, dopo lo scandalo del metanolo, ha saputo riorganizzarsi, passando dalla damigiana alla bottiglia, con etichette e produzioni di altissima qualità; azione analoga dovrà fare il settore zootecnico, sviluppando la qualità delle produzioni, comunicandole con il marchio del “Consorzio Sigillo Italiano”. Le conclusioni del convegno le ha tratte il dotto segretario, dott. FRANCO MANZATO, presentando per sommi capi il progetto di riorganizzazione delle filiere, in un’ottica di lungo termine, almeno vent’anni, per superare la PAC e sviluppare sinergie con marchi privati, per migliorare la commercializzazione delle produzioni. Anche l’on. Manzato ha sottolineato la validità dell’aggregazione fatta dall’AOP ed ha confermato che, per il settore della carne bovina, il marchio “Consorzio Sigillo Italiano” potrà rappresentare un valido appoggio per la comunicazione e valorizzazione delle produzioni zootecniche. (Fonte: AOP Associazione di Organizzazioni Produttori Italia Zootecnica)
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Mangiare carne fa bene, se è di Romagnola ancora di più Al convegno sul rilancio dei consumi di carne bovina di razza Romagnola organizzato a Forlì da Araer e AIA gli esperti hanno illustrato i benefici di questa produzione dalle indubbie qualità nutrizionali e organolettiche
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li allevatori di bovini da carne di razza Romagnola hanno partecipato numerosi e compatti al convegno svoltosi a Forlì lo scorso 16 aprile, organizzato da ARAER (Associazione regionale allevatori dell’Emilia-Romagna) in collaborazione con AIA (Associazione italiana allevatori). Il titolo dell’evento era “Parte dal territorio e dalla verità scientifica il rilancio della carne di razza Romagnola”, un rilancio che affonda le sue radici proprio nelle peculiarità di questa razza, come ha ricordato SEBASTIANA FAILLA, ricercatrice del CREA, sottolineando nel suo intervento che «la carne bovina Romagnola è un alimento altamente funzionale e proprio su questo aspetto e sulla sua composizione nutrizionale bisogna puntare per favorire un aumento dei consumi e una maggiore redditività per gli allevatori che la producono. La sua tenerezza è superiore a quella riscontrata nella Chianina e nella Maremmana e l’originaria e antica attitudine al lavoro, che ancora oggi fa parte del suo patrimonio genetico, ne fanno un animale dalle caratteristiche straordinarie che merita una valorizzazione e una quotazione superiore a quanto si registra attualmente». «A livello globale, il trend di crescita dei consumi di carne è in aumento — ha ribadito nel suo intervento RICCARDO NEGRINI, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e direttore tecnico di AIA — e anche per il nostro Paese le
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potenzialità di sviluppo del settore sono concrete, soprattutto se pensiamo che la nostra autosufficienza si ferma al 60%, mentre il restante 40% è coperto da una produzione importata. Purtroppo un certo tipo di informazione fuorviante, legata ai presunti effetti dannosi sulla salute umana che secondo alcune indicazioni non sempre scientificamente confermate sarebbero causati dal consumo di carne, può generare qualche preoccupazione. Ma si tratta di timori infondati che vanno sfatati, soprattutto se si ragiona in un’ottica di riorganizzazione produttiva finalizzata a rispondere a questa maggiore richiesta di prodotto che, nel caso della Romagnola, è di elevata qualità».
E che il mondo chieda sempre più carne emerge dai recenti dati, che Negrini ha illustrato, diffusi dalla FAO. «Nel 1960 un produttore di carne bovina doveva sostenere 26 persone» ha ricordato. «Oggi ne deve sostenere 155, ma nel 2030 questo numero salirà a 256 individui. La comunicazione può fare davvero la differenza La qualità, elemento indiscusso della carne italiana, non è però più sufficiente a convincere gli acquisti dei consumatori. Serve altro, soprattutto se analizziamo le richieste del mercato che, secondo un sondaggio svolto da EUROBAROMETRO, afferma che oltre il 20% dei consumatori vede nell’allevamento al pascolo un valore aggiunto, senza
I partecipanti al convegno. Numerosi gli allevatori presenti.
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Origine e caratteristiche della Romagnola •
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Origine: discendente dal ceppo podalico e dalle razze asiatiche giunte in Italia in seguito alle invasioni dei popoli dell’Est Europa, la Romagnola deve il suo nome al territorio d’origine, la Romagna (Forlì, Pesaro), anche se è allevata in alcune zone delle province di Rovigo, Padova, Venezia e Verona. Tra le razze bianche italiane essa conserva maggiormente, insieme alla Maremmana, le caratteristiche del ceppo podolico. Ottima la sua adattabilità al pascolo in diverse condizioni perché ottima utilizzatrice dei foraggi e resistente. Caratteristiche morfologiche: la Romagnola, all’aspetto, si presenta imponente, massiccia, raccolta ed armonica: testa piccola e breve, occhio grande ed espressivo, notevole giogaia. Il mantello, fromentino alla nascita, diventa grigio chiaro o appena brizzolato nelle femmine adulte, più scuro nel toro (presenza di peli neri nel treno anteriore e sulle cosce). Nei maschi si ha spesso l’occhialutura (presenza di peli neri attorno agli occhi). Le mucose e la cute sono pigmentate nere. Le corna lunghe, nere in punta, sono a forma di lira nella femmina e di semiluna nel maschio. Non sembra una razza alta perché presenta arti corti rispetto alla profondità toracica. È più piccola della Chianina e della Marchigiana, ma ha gli stessi pesi. Gli arti sono assai robusti, con unghioni duri e ben conformati. Caratteristiche produttive: questa razza è originariamente a duplice attitudine: carne e lavoro. Oggi è selezionata solo per la carne, che è di qualità ottima (giusta la marezzatura e tenera). L’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne (A.N.A.B.I.C.) gestisce dal 1966 i libri genealogici delle razze bianche italiane (Chianina, Romagnola, Marchigiana, Maremmana, Podolica; in foto, capi di Romagnola al pascolo, photo © informatorezootecnico. edagricole.it). (Fonte: agraria.org)
dimenticare l’importanza che oggi riveste il termine free, rispetto al quale, nel periodo compreso tra il 2012 e il 2017, la percentuale di consumatori che ha acquistato carne contrassegnata da questo termine ha registrato un aumento dell’8%». Non solo. Negrini ha sottolineato quanto i consumatori siano disposti a pagare di più i prodotti alimentari che acquistano se il packaging è ecologico, se viene rispettata la sostenibilità ambientale e se le condizioni di benessere animale sono state garantite e controllate. Quindi produrre bene non basta più. «Quali sono allora le chance che devono sfruttare gli allevatori per organizzare la loro produzione?» si è chiesto il docente universitario. «Il management aziendale e il miglioramento genetico. Due aspetti sempre più fondamentali che oggi possono contare su strumenti altamente innovativi come la genomica,
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che anche nel settore della carne, dopo aver dato ottimi risultati in quello delle bovine da latte, sta dimostrando tutta la sua validità. Il progetto I-beef, che il sistema allevatori sta approntando, va proprio in questa direzione. Per poter espletare però tutte le sue potenzialità ha bisogno dei dati che devono essere raccolti in azienda, operazione che vede l’allevatore grande protagonista in un sempre più costruttivo rapporto di collaborazione con le associazioni di riferimento». Unità, chiarezza delle idee e seria comunicazione sono gli aspetti a cui ha fatto riferimento ROSARIO TREFILETTI, presidente del Centro Ricerche Indagini 3, che ha invitato gli allevatori a farsi vedere e sentire di più, soprattutto in tema di comunicazione, anche per riuscire ad agevolare il comparto agroalimentare italiano, da lui stesso definito il “petrolio italiano”.
Per le conclusioni al termine del convegno la parola è passata al presidente di ARAER, MAURIZIO GARLAPPI, il quale ha ricordato che dalla genomica arriveranno sicuramente grandi novità in materia di selezione, «anche se dovremo continuare a fare i conti con una serie di adempimenti normativi e burocratici più laboriosi, come la ricetta elettronica, la gestione del farmaco, il benessere animale, il Classyfarm, che non sempre agevolano la nostra attività in allevamento. Ma siccome non possiamo permetterci di essere costantemente attaccati e al consumatore vogliamo fornire le massime garanzie sulla carne che porta in tavola, dobbiamo proseguire con impegno a lavorare nella filiera. L’esempio della Romagnola, che sul territorio rappresenta un presidio inespugnabile, va in questa direzione, e in questa direzione continueremo a camminare».
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Le novità del miglioramento genetico nel settore bufalino Tracciate le Linee per il prossimo futuro del miglioramento genetico della Bufala Mediterranea Italiana in un incontro tra allevatori tenutosi a Cancello ed Arnone (CE), che ha anche consentito di illustrare il nuovo indice di selezione aggregato
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Associazione Nazionale Allevatori della Specie Bufalina (ANASB) ha organizzato un importante incontro con gli allevatori lo scorso 16 aprile a Cancello ed Arnone, nel Casertano, provincia che rappresenta il “cuore” dell’allevamento bufalino campano e nazionale, con la presenza di circa 200.000 dei 400.000 capi allevati (dati BDN), distribuiti per il 40% nelle aziende provinciali. Un patrimonio che rappresenta il 50% in termini di consistenza del patrimonio bufalino italiano. L’incontro si è tenuto alla presenza di oltre 250 allevatori ed è stato introdotto dal vicepresidente dell’ANASB e presidente del CIPAB (Consorzio di Incremento Produttivo degli Allevamenti Bufalini) GABRIELE DI VUOLO e dal presidente ANASB NICOLA PALMIERI. I vertici ANASB hanno tra l’altro ricordato alla platea il ruolo svolto nell’ultimo anno dall’Ente Selezionatore della razza Bufala Mediterranea Italiana, soprattutto in termini di novità tecniche e selettive particolarmente attese dagli allevatori. Tra i temi al centro dell’incontro, infatti, le funzionalità del nuovo indice di selezione aggregato elaborato per la Bufala Mediterranea Italiana, la cui utilità è stata illustrata dal professor GIANLUCA NEGLIA, docente associato del DMPVA dell’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, e da STEFANO BIFFANI, ricercatore CNRIBBA. Il nuovo indice selettivo, denominato IBMI (Indice di Selezione Bufala Mediterranea Italiana), rap-
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presenta una decisiva innovazione trattandosi di un indice aggregato che tiene conto, oltre che della produzione di latte, della sua qualità e di accenni a tratti morfologici come arti e piedi ed apparato mammario, fondamentali per la gestione, la crescita e la valorizzazione dell’allevamento bufalino nel tempo. Lo scopo principale, quello di migliorare il livello genetico complessivo della mandria, porta dunque ad un punto di svolta nell’attività selettiva degli allevatori ANASB e costituisce la principale innovazione del momento nell’allevamento bufalino. Un settore che, si ricorda, grazie soprattutto al prodotto di punta, la Mozzarella di Bufala Campana DOP, rappresenta in termini di valore, tra produzione e
trasformazione, circa 400 milioni di euro l’anno, per un prodotto che ha scalato la classifica delle principali denominazioni d’origine protetta portandosi al quarto posto assoluto, anche come esportazioni all’estero. Al di là degli aspetti strettamente tecnici, legati alla genetica e alla genomica della razza Bufala Mediterranea Italiana, si è potuto prendere atto che anche nel settore bufalino si va in una nuova decisiva fase nella quale al progresso selettivo si accompagna una maggior attenzione al benessere degli animali, alla qualità delle produzioni, alla sostenibilità ambientale e ad un incremento della redditività aziendale per gli allevatori. (Fonte: ANASB, Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufalina)
La provincia di Caserta rappresenta il “cuore” dell’allevamento bufalino campano e nazionale, con la presenza di circa 200.000 dei 400.000 capi allevati (dati BDN), distribuiti per il 40% nelle aziende provinciali.
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È questo che accomuna l’azienda Sartori e CSB-System Srl
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el 1950 C ARLO S ARTORI , classe 1929, vista la povertà che ai tempi si pativa sulle sponde veronesi del Garda, decise di partire per la Valle d’Aosta per cercare lavoro. Ed è tra le Alpi della Cervinia che imparò la nobile arte della macelleria. Nel 1955 Carlo ritornò a Brenzone proprio quando il Lago di Garda iniziava a diventare una vera e propria meta turistica. Con coraggio e determinazione, allora, aprì la prima macelleria del paese, in prossimità del porto. Tutto è cominciato da qui. Oggi l’azienda è guidata dai suoi due figli LUIGI e GIANNANTONIO e dal nipote CARLO. «Nel 1961 ci siamo spostati nella sede attuale che è stata poi ulteriormente ampliata nel 1981 per ospitare maggiori servizi e nuove prelibatezze» spiega Luigi Sartori. Suo fratello Giannantonio continua: «Anche l’inserimento nel 1990 del reparto “pescheria” è nato dall’intuizione di cogliere le opportunità offerte dal nostro territorio: al pesce freschissimo proveniente sia dal vicino Lago di Garda che dal mare Adriatico, affianchiamo il banco del fresco con una selezione di pesce surgelato di alta qualità. D’altronde la nostra clientela è sì affezionata, ma sempre più attenta ed esigente». Innovare per non cambiare «La gestione familiare è sinonimo di estrema attenzione nella cura e ricerca della qualità dei prodotti scrupolosamente selezionati, sempre freschi, innovativi e controllati all’interno di tutta la filiera di produzione» spiega Carlo Sartori, responsabile di produzione. «La crescita e lo sviluppo dell’attività ha portato al conseguente aumento del lavoro. Ma piuttosto che tradire la filosofia e i preziosi insegnamenti di mio nonno Carlo — continua
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Un operatore di Sartori che utilizza il sistema della CSB-System.
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— abbiamo deciso di intervenire sull’efficienza e trasparenza della nostra filiera e di ridurre gli sprechi ottimizzando il processo di sezionamento e produzione, stoccaggio e distribuzione. Obiettivi raggiunti grazie all’impegno lodevole di tutto lo staff e alla collaborazione con la softwarehouse CSB-System, della quale abbiamo implementato il gestionale». Il CSB-System è un ERP studiato in base alle necessità del settore carne e salumi, di cui copre già nello standard tutti i più importanti processi e richieste: ottimizzazione dell’acquisto di materie prime, efficientissimi processi produttivi e di stoccaggio, scambio dati elettronico con i partner commerciali, adempimento di tutte le richieste legislative e garanzia di qualità e trasparenza dei prodotti. I vantaggi di un software integrato «Nella nostra sala lavorazione utilizziamo una postazione CSB-Rack per il controllo delle merci in entrata e in uscita, e per la gestione delle varie fasi della produzione, ai fini di garantire e facilitare la completa gestione della rintracciabilità di un prodotto» spiega Carlo. Il CSB-Rack è un PC industriale che, grazie al collegamento con la bilancia, rileva i dati della merce in entrata e in uscita in tempo reale e li integra immediatamente nel gestionale, garantendo un controllo affidabile di quantità e qualità. È questa la base di inserimento di tutte le informazioni riguardanti la rintracciabilità dei bovini, dei suini e della merce commercializzata. Svariate altre funzioni come il controllo delle forniture oppure le statistiche per acquisti e fornitori sono costantemente a disposizione. Lo stoccaggio degli alimenti prodotti e della merce commercializzata è gestito anche dal CSBSystem con molteplici vantaggi quali il controllo in tempo reale delle giacenze, la possibilità di gestire piani di carico e scarico, la supervisione completa dei dati aziendali grazie a inventari, statistiche di fabbisogno e consumo. Grazie al collegamento integrato con l’inseri-
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mento ordini e l’aggiornamento automatico del magazzino, il modulo vendite del CSB-System garantisce all’azienda Sartori la gestione di una pluralità di offerte, prezzi, listini e condizioni. Etichette trasparenti «Il nostro negozio presenta un banco di carni rosse con una selezione di suino italiano, bovino scottona Garronese Veneta, vitello bianco veronese e un reparto di carni bianche di altissima qualità proveniente dal centro Italia. Abbiamo circa 2.000 referenze, di cui 180 al bancone dove offriamo un’ampia selezione di salsicce, salamini, cotechini di suino e bovino, würstel, tutti prodotti in azienda e circa 400 referenze per ristoranti, alberghi e strutture turistiche del Garda e del nord Italia, di cui siamo diventati punto di maggior riferimento nella vendita e nella fornitura di carne, pesce, salumi e formaggi locali». Grazie all’integrazione del software e alla conseguente possibilità di consultare a video le informazioni relative a tutti i reparti, l’azienda di Brenzone è riuscita a migliorare anche il servizio al cliente. La flessibilità, ovvero, la velocità di consegna è aumentata, riducendo i tempi minimi tra l’accettazione dell’ordine e l’evasione dello stesso. «Per tutte le produzioni con componenti variabili si possono impiegare procedure di ottimizzazione. Col CSB-System noi massimizziamo la resa delle ricette, non solo in termini economici, ma soprattutto di qualità. Il nostro obiettivo è stabilizzare le caratteristiche specifiche del prodotto per garantirne l’eccellenza» afferma Carlo Sartori. L’etichettatura è dunque molto importante e sfruttando a pieno la gestione integrata dei layout (Graphic Process Management – GPM) del CSB-System, si ottengono etichettature personalizzate per cliente, per pezzo e per cartone. In generale, il GPM Editor è lo strumento essenziale per visualizzare, stampare, modificare, creare non solo le etichette ma qualsiasi modulo stampa all’interno del CSB-System: che si tratti di una bolla, una fattura, una statistica e
così via. Grazie al GPM l’utente può liberamente decidere di utilizzare i moduli stampa preconfigurati nella versione standard del CSB-System oppure crearne di nuovi per esigenze specifiche dei propri clienti, della direzione aziendale, dell’operatore del reparto, ecc… Certificazione e rintracciabilità del prodotto In seguito agli investimenti fatti negli ultimi anni, i laboratori della macelleria Sartori sono oggi dotati del numero di certificazione CEE grazie al raggiungimento degli obbiettivi previsti dalle normative CEE che impongono la completa rintracciabilità del prodotto in particolare delle carni bovine e il rispetto dei canoni di igiene alimentari previsti dai regolamenti. L’azienda attua il piano HACCP, al fine di garantire le condizioni ideali per il sezionamento, il confezionamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle merci commercializzate. Da quasi sessant’anni la famiglia Sartori e il suo team lavorano con estrema cura, amore e tradizione che, unitamente ad una grande professionalità e serietà, fanno dell’azienda una garanzia di eccellenza, genuinità e di alta qualità. La collaborazione vincente tra l’azienda Sartori e la CSB-System sarà ulteriormente consolidata in vista della realizzazione di un nuovo impianto dove si sposterà tutta la produzione all’ingrosso, al massimo entro il 2021. La CSB-System è orgogliosa di essere il loro partner informatico di riferimento.
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
The Shepherd’s Dog, Iron & Wine
Un cane da pastore, tra lupi ed agnelli di Giovanni Papalato
P
er raccontare le connessioni tra cibo e carne di questo disco posso tracciare due linee che partono da una canzone che ha come sottotitolo il nome stesso dell’album: Il cane da pastore. Nel brano viene citato il garzone del macellaio all’interno del racconto di uno spaccato nordamericano unico e intercambiabile, ma non sostituibile, nella sua identità, con quella di migliaia di altre. Così è importante la provenienza, cosa ci viene trasmesso nel racconto e nella sostanza, in quello che mangiamo e viviamo, nell’ascolto e nella conoscenza. Ed è anche nell’aspetto rurale di un pastore, del suo cane e dell’allevamento, che si muove l’immaginario di questo disco, il terzo a nome di Iron & Wine, al secolo SAM BEAM. La copertina autografa raffigura a fronte un cane e sul retro l’autore stesso. Gli stessi occhi, gli stessi colori per entrambi. Un moniker che sa di romanticismo e di tradizione, ma che è stato ispirato da tutt’altro: un integratore aromatizzato all’interno di un drugstore, su una statale. Provenienza, quanto è… vero? Dopo due dischi che rimandano ad una tradizione folk legata ad un’espressione classica e poco strutturata, l’incontro con il duo dei CALEXICO nel 2005 con l’ep Woman King porta Sam Beam ad evolvere il suo stile, a lasciare il suo ruolo di docente di Arte Cinematografica all’Università della Florida e ad incidere un disco che è un deciso cambio di direzione verso chi vuole essere. The Shepherd’s Dog è un album che lascia
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la solitudine di un interprete e le parole sussurrate per emanciparsi in una band. Strutture armoniche
complesse e varietà di strumenti e suoni porterebbero ad immaginare un lavoro inaccessibile e ostico,
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invece è una sorpresa bellissima e affascinante quella che si svolge tra i solchi del vinile. Traspare una cura e un’attenzione alla produzione che permette un’incredibile chiarezza espressiva. A dirigere i lavori, dietro il vetro dello studio di registrazione, siede BRIAN DECK, già fondatore dei Red Red Meat e precedentemente al lavoro con Modest Mouse e Califone. È anche grazie a lui che si trova la voce giusta per raccontarsi, perché oltre alla band di cui sopra, con chitarre steel ed elettrificate, banjo, piano e fiati, ciò che permette di smarcarsi dal passato è un immanente componente percussiva. Tamburi, bacchette, pavimenti, bicchieri, le stesse mani, tutto è utilizzato per sorreggere, modellare, identificare i brani lungo l’Intero album. È già tutto chiaro con Pagan Angel and a Borrowed Car: bongo, tamburi, shaker, battiti di mani sono il ritmo malandato e organico di certi blues scalcinati di TOM WAITS in cui si muove sinuosa la voce di Beam. Una viola che rimanda a NICK DRAKE è l’elemento che spiazza e, al tempo stesso, risulta naturale, donando aspettativa e soddisfazione fin dal principio. Concentrico e orientaleggiante, le melodie vocali come in una spirale, White Tooth Man è uno degli episodi più chiari nella tracklist del modo in cui la cura e l’attenzione alla struttura pop si inseriscono nel contesto folk da cui ha origine Iron & Wine. In qualche modo, però, l’intimità peculiare del progetto si riaffaccia in un trittico di brani che inizia con Lovesong From The Buzzard sospesa tra ricami e ornamenti, echi di un avantfolk che ricorda certi Califone e che nel finale si intreccia con l’ammaliante Carousel. Xilofono e Vocoder, così apparentemente inconciliabili, si fondono e si aggiungono ad un wurlitzer che guida il brano attraverso una nenia senza tempo. House By The Sea ridesta con gentilezza e ha le caratteristiche più consumate e confortanti della ballad anche quando l’elemento percussivo si prende la scena nel finale.
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Durante questa suite, tre brani distinti ma uniti tra di loro, si ha come la percezione di trovarsi nel mezzo di una calura estiva e, per lasciarsi indietro il quotidiano, infilarsi in un bosco, camminando nella solitudine tra alberi e luce filtrata dai rami, in una sobria bellezza. L’arrangiamento acustico di Innocent Bones, soprattutto nell’utilizzo del banjo, distrae dall’anima r’n’b che rimane comunque esplicita e si concretizza ad ogni ascolto. Arriviamo cosi al brano che di fatto ispira questo articolo, nel sottotitolo e nel testo, quella Wolves (Song of the Shepherd’s Dog) che piazzandosi all’inizio del lato B e, dando il nome al disco, ha un’importanza simbolica notevole. Perché è una canzone che più di tutte segna un’emancipazione da ciò che più non è, nel suo tropicalismo, nel suo essere così radicalmente slegata dalla tradizione, nella sua inedita jam di riverberi ed echi, nel suo essere cosi collettiva e sperimentale. “Wolves in the middle of town and the chapel bell ringing through the windblown trees / She’ll wave to the butcher’s boy with the parking lot music everybody believes / And then dive like a dying bird at any dude with a dollar at the penny arcade The song of the shepherd’s dog / The waiter and the check or the rooster on a rooftop waitin’ for day / And you know what he’s going to say”. Eccolo, il cane da pastore, la metafora centrale e conflittuale dell'intera canzone. È solo ad un passo dall’essere un lupo, ma ha lo scopo di mantenere gli agnelli al sicuro, in linea con la guida del suo padrone. Nient’affatto scontato che l’ultimo sguardo a quello che non è più, in termini stilistici, sia la successiva Resurrection Fern, che sembra un ricordo già nella melodia e nel suo parlare al passato. Ma non ci sono rimpianti o rimorsi: lo dimostra la scelta di Boy With a Coin come primo singolo, retto da un insolito impianto tra il flamenco e il folk, che ritmicamente stordisce e ammalia, si fa sedurre da tregue slide e seconde voci.
Come in una mappa, certe canzoni in certi momenti, alcuni luoghi del disco sottolineano e rimarcano una nuova direzione, una nuova identità. La breve The Devil Never Sleeps sembra quasi una reprise ibrida di alcuni brani precedenti, una jam session estemporanea, forse inserita per dare ancora più forza al mood che ha portato alla registrazione dell’intero lavoro. Di nuovo rimandi orientali stavolta mischiati ad un blues lisergico e dilatato sono Peace Beneath The City. Nell’economia di un lavoro così vario questo è davvero un brano che trova collocazione senza nessun tipo di difficoltà, perfetta cartina tornasole di un lavoro davvero organico. La sequenza delle canzoni dà il senso di qualcosa di vivo e continuo, alternando brani contrastanti l’uno contro l’altro e terminando con la struggente e cruenta nella sua emotività Flightless Bird, American Mouth. L’armonia vocale mentre sale nel ritornello è un assoluto e commuove nell’offrire il senso di risoluzione che gran parte dell’album, volutamente, trattiene. Un malinconico e delicato valzer che ci culla nello straziante dubbio contenuto nel refrain: “Have I found you? / Flightless bird, jealous, weeping / Or lost you? / American mouth”. Quello che ha lasciato e quello che ha trovato con questo disco Sam Beam lo sa molto bene. Ha lasciato un contesto limitato ad un folk che, per quanto di spessore, lo avrebbe condannato alla ridondanza e alla ripetibilità, per un liberatorio caleidoscopio stilistico che da questo album lo ha portato a esplorare con rinnovata sensibilità scenari inediti. The Shepherd’s Dog è un album di rottura col passato, con una grazia e un equilibrio che lo rende tra i più riusciti di Iron & Wine e il suo preferito per chi scrive. Giovanni Papalato Nota A pagina 124 photo © Lucio Pellacani.
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STORIA E CULTURA
Fegato grasso tra gastronomia e benessere animale Il fois gras, uno dei simboli della gastronomia francese, è oggi contestato perché prodotto con sistemi ritenuti contrari al benessere animale e per questo in taluni Paesi, come l’Italia, ne è proibita la produzione, ma non l’uso di Giovanni Ballarini
Se begàtto potersi dire bégato / Avrei trovato la rima per fégato Giosuè Carducci?
S
i narra che GIOSUÈ CARDUCCI, noto anche per la sua predilezione per la buona cucina, sia stato sfidato a trovare una rima per la parola fegato. Il poeta avrebbe risposto con una breve
poesia nella quale inventa il termine bégato, ricavato da quello di begàtto. Va qui precisato che a Bologna, dove insegnava Carducci, esisteva una via con quest’ultimo nome, derivato da bachi (in dialetto begatti o bigatti), che in quella strada erano allevati per produrre la seta. Fegato, dal latino ficātum, in origine era un termine di cucina, propriamente iecur ficatum, calco del greco hepar, che significa fegato (d’animale)
ingrassato con i fichi. Il passaggio da ficātum piano a fégato sdrucciolo è un tipico caso di ritrazione dell’accento. Noi usiamo il termine fegato, abbreviazione della dizione iecur ficatum, fegato di animale, in particolare oca, ingrassata con i fichi. Un’innovazione così apprezzata, quella del fegato grasso, da indicare il fegato per eccellenza, e quindi la nuova denominazione passata dal linguaggio parlato a tavola e in
Toast con foie gras d’oca e chutney di fichi e timo.
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cucina a quello scritto. Questa semplice nozione etimologica nasconde molti e più complessi problemi, alcuni dei quali sono stati indagati e solo parzialmente chiariti. Fegato grasso d’oca, gioiello gastronomico romano In campo alimentare cosa ci hanno lasciato gli antichi Romani? Molto, ma in generale di non gran pregio. In linea di massima, possiamo dire che gli alimenti più diffusi erano quelli che oggi fanno parte della nostra dieta mediterranea; discutibili erano però le loro caratteristiche. Pane e piade erano di discreta qualità, quando non imperversavano le muffe e i parassiti. Molto vi sarebbe da dubitare sulla qualità delle olive e dell’olio, pensando ai parassiti e soprattutto ai mezzi di conservazione e trasporto. I vini erano densi sciroppi da diluire con acqua e già il loro uso suscita oggi forti perplessità: basta pensare all’abitudine di dare vini cattivi anche nei pranzi di nozze, soprattutto alla fine, quando molti erano già alticci o ubriachi, e di diluirli con acqua, perfino di mare. Tra le verdure imperavano cipolle e soprattutto aglio, da cui il detto ubi Roma, ibi allium usato con spregio dai Greci e soprattutto dai raffinati Orientali. Esiste un’eredità di alta gastronomia romana? Dopo quanto detto sembrerebbe proprio di no. I grandi banchetti erano per lo più pranzi spettacolo, con buona dose di esibizionismo, dove gli intervenuti si abbandonavano a sfrenate e chiassose baldorie. Un’altra perplessità riguarda il molto citato garum, liquamen di pesce fermentato che copriva ogni sapore originario degli alimenti, una pratica oggi per fortuna scomparsa. Tuttavia, la gastronomia deve qualcosa d’importante ai Romani, che, se non l’hanno inventato, quasi certamente lo hanno diffuso: si tratta proprio del fegato grasso, sia quello d’oca che quello di altri palmipedi. La Roma primitiva era costituita da diversi insediamenti sui colli, tra i quali passava il fiume Tevere formando zone acquitrinose. Comprensibile quindi la presenza
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Tabella 1 – Etichetta nutrizionale per 100 g di pâté de foie gras Composizione
Valore energetico (kcal) Proteine (g) Carboidrati (g) Zuccheri (g)
Valore per 100 g
462,00 11,40 4,67 0
Grassi totali (g)
43,84
Grassi saturi (g)
14,45
Grassi monoinsaturi (g)
25,61
Grassi polinsaturi (g) Colesterolo (mg) Fibra alimentare (g) Sodio (mg) di oche di passo, in parte addomesticate, che trovavano un ambiente umido adatto alle loro necessità. I Romani, a loro volta, erano interessati alle oche, perché, dal punto di vista gastronomico, fornivano una carne grassa e saporita e qualche uova. Ma non solo: anche piume e penne erano utilizzabili, soprattutto queste ultime come strumenti di scrittura o come impennaggi per le frecce dei guerrieri. Tante erano però le doti di questi volatili che col tempo i Romani impararono a conoscere e apprezzare: tra queste, il particolare attaccamento al loro padrone e il finissimo udito, che ne fanno ottimi animali da guardia anche notturna (prezioso fu il loro intervento quando il Campidoglio fu assalito dai Galli). Col passare dei secoli, non sappiamo ad opera di chi, le oche cominciarono ad essere ingrassate con i fichi secchi, importati a Roma dalle calde regioni meridionali, e ad essere allevate per la produzione del sopra citato iecur ficatum. La produzione del fegato grasso si diffuse in tutto l’Impero, in particolare dove esistevano condizioni favorevoli all’allevamento dell’oca. Oltre che in Italia (dove il termine usato è fegato), anche nelle Gallie (foie è il termine francese) e nella penisola iberica (hígado quello spagnolo). Non vi fu invece diffusione nei paesi anglosassoni, dove oggi la denominazione non
0,84 150,00 0 697,00 fa nessun riferimento ai fichi (liber in inglese e Leber in germanico). Sorprendente biologia del fegato grasso Le razze di oche che si prestano maggiormente alla produzione del fegato grasso, oltre che di carne, sono in particolare quelle di Tolosa e di Embden, la Bourbonnaise, le grigie incrociate, l’oca bianca ungherese, l’oca israeliana. Il fegato grasso si ottiene con una precisa tecnica di alimentazione, detta ingozzamento o gavage, consistente nell’introdurre nell’esofago dell’animale alimenti energetici (mais addizionato a strutto, frutti ed altri prodotti naturali), anche secondo segreti personali dei diversi produttori. La somministrazione giornaliera determina un progressivo ingrassamento dell’animale e, dopo un certo tempo, il trasferimento del grasso dai depositi sottocutanei e periviscerali al fegato. Il fegato grasso di oca, di colore giallo chiaro, deve pesare almeno 400 grammi e avere un’elevata percentuale di grasso di infiltrazione. Interessanti ricerche sul fegato grasso d’oca sono state eseguite dal prof. JULES TOURNUT della Scuola Nazionale Veterinaria di Tolosa. Non a caso questa città è la patria di uno dei più celebri foie gras d’oie della Francia e di una razza di oche specializzate per questa produzione, l’oca di Tolosa. Le oche, come tutti
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Oche grigie di Tolosa. gli uccelli che compiono lunghe migrazioni, per poterle affrontare accumulano grasso, il combustibile biologico più concentrato disponibile in natura (circa 9 kcal/g). Questo grasso deve essere facilmente trasportabile dai depositi ai muscoli e agli altri organi impegnati nel volo; quindi è un grasso fluido, costituito in buona parte da acidi grassi insaturi, “buoni” anche da un punto di vista dietetico. Gli studi del prof. Tournut e dei suoi collaboratori hanno dimostrato che, man mano che le oche sono alimentate con diete molto energetiche, il grasso che si forma si deposita sotto la pelle e tra i muscoli, non nel fegato. A un certo momento, in tempi abbastanza rapidi, a seguito di complesse e non ancora completamente note modificazioni organiche, quasi come se l’oca incominciasse a mobilizzare il grasso per il volo migratorio, si verifica uno spostamento del grasso dai depositi al fegato, che in pochi giorni si trasforma nel tanto apprezzato foie gras d’oie, utilizzato nella preparazione dei famosi pasticci di Strasburgo o pâté de foie gras. È questo il momento migliore per macellare l’animale e prelevare il fegato grasso. Un foie gras dietetico Il grasso del fegato d’oca ha caratteristiche biologiche particolari, dato che è costituito in parte da grassi strutturali epatici, soprattutto di
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mobilizzazione dai depositi sottocutanei. In entrambe le due categorie di grassi sono predominanti gli acidi grassi insaturi buoni e con relativamente scarse quantità di colesterolo. Nella maggioranza delle carni vi è uno stretto rapporto tra la quantità di grassi e quella di colesterolo, per cui vale l’equazione più grassi = più colesterolo. Questa equazione non si applica all’oca e in particolare al suo fegato grasso. Tra tutti gli uccelli usati in alimentazione umana, l’oca ha la minore quantità di colesterolo, soprattutto in rapporto all’energia apportata dai grassi. Un grasso quindi, quello dell’oca (ma soprattutto del suo fegato grasso), particolarmente dietetico! Foie gras e benessere animale L’alimentazione forzata produce una crescita abnorme del fegato e un aumento di grassi nelle cellule epatiche; questo fenomeno è stato interpretato da alcuni esperti come un adattamento naturale, da altri come una patologia, la steatosi epatica. Per questo motivo, le organizzazioni per i diritti degli animali e i movimenti animalisti classificano la produzione del foie gras come una crudeltà nei confronti degli animali. I produttori di foie gras sostengono invece che l’alimentazione forzata non causa né dolore né danni alla salute e che le prove scientifiche disponibili sull’argomento non sono sufficienti o perentorie.
Importante è il rapporto del Comitato Scientifico dell’Unione Europea (Committee on Animal Health and Animal Welfare on Welfare Aspects of the Production of Foie Gras in Ducks and Geese), del 16 dicembre 1998, che esamina vari indicatori del benessere animale, stabilendo che non è possibile trarre conclusioni sull’attività fisiologica degli uccelli a seguito dell’alimentazione forzata e che il tasso di mortalità negli uccelli oggetto di alimentazione forzata varia dal 2% al 4%, nelle due settimane del periodo di alimentazione forzata, contro lo 0,2% nelle anatre della stessa specie. Il rapporto mostra ancora che l’alimentazione forzata, che ha portato alla steatosi epatica nelle anatre e oche, è pienamente reversibile; che alcuni studiosi di malattie considerano tale livello di steatosi come “patologico”, ma altri no, concludendo tuttavia che l’alimentazione forzata, come praticata correntemente, nuoce al benessere degli uccelli. Si ribadisce che un animale sottratto al processo di alimentazione forzata ritorna al suo peso normale. I produttori (e il rapporto della UE) forniscono una risposta anche alle critiche mosse riguardo alla più alta mortalità degli animali, sancendo che il tasso di mortalità di anatre e oche nella produzione di foie gras è molto più basso di quello di polli e tacchini d’allevamento. La produzione di foie gras è illegale in molti paesi, in quasi tutti quelli della UE, in particolare in Italia dal marzo 2007. Il foie gras è definito dalla legge francese come “fegato di anatra o di oca fatta ingrassare tramite alimentazione forzata (gavage)”. Questo tipo di alimentazione è vietato in Germania da più di vent’anni ed esiste una direttiva dell’Unione Europea nella quale si raccomanda la cessazione di tale pratica. I paesi europei dove è ancora possibile produrre foie gras col gavage sono Francia, Spagna e Ungheria. Nel 2012 la California ha dichiarato illegali produzione e consumo di foie gras, disposizione in seguito annullata da un giudice distrettuale. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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STATISTICHE
Dati ANAS sulla suinicoltura
Scambi commerciali e bilancio cosce suine in Italia nel 2018
S
econdo stime ANAS elaborate su dati Istat, nel 2018 l’importazione di cosce suine fresche e congelate (incluse le cosce importate con le carcasse/ mezzene) è aumentata, rispetto al 2017, del 5,4%, per un totale di circa
Importazioni
61,197 milioni di pezzi. L’export dei prosciutti crudi e speck è incrementato del 5%, mentre quello dei prosciutti cotti è calato del 22,1% rispetto all’anno precedente. ANAS stima che nel 2018 la produzione nazionale di cosce suine sia stata di
circa 20,9 milioni di pezzi (+1,4% rispetto al 2017). Considerato l’import e l’export di cosce suine, il numero delle cosce suine utilizzate in Italia nel 2018 dovrebbe ammontare a circa 71,4 milioni di pezzi, in aumento del 5,1% rispetto al 2017.
Tonnellate
Stima cosce (n.)
Diff. % 2018/2017
Cosce fresche e congelate
581.405
58.140.499
+5,6%
Carcasse/mezzene importate
137.556
3.056.796
+ 0,7%
61.197.295
+5,4%
Stima cosce (n.)
Diff. % 2018/2017
Totale cosce importate Esportazioni Cosce fresche e congelate
Tonnellate 7.745
573.721
+24,6%
Prosciutti crudi e speck
72.335
8.037.221
+5,1%
Prosciutti cotti
19.422
1.942.233
–22,1%
6.866
105.631
–2,9%
10.658.806
– 0,4%
Carcasse/mezzene esportate Totale cosce esportate
Stime ANAS su dati ISTAT. I dati sono suscettibili di aggiornamenti.
Bilancio comunitario carni suine, bovine, avicole e ovicaprine. Aggiornamento 2019 132
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Carni suine UE-28 Diff % 2015 2016 2017 2018 2019 * (.000 t peso carcassa) 2019/18 Produzione 23.456 23.876 23.673 24.139 24.138 0,0 Import capi 0 0 0 0 0 0,0 Export capi 21 10 13 16 20 20,0 Import carni 11 12 14 15 16 10,0 Export carni 2.218 2.813 2.574 2.678 2.919 9,0 Consumo 21.229 21.065 21.100 21.460 21.216 –1,1 Consumo pro capite 32,5 32,2 32,1 32,6 32,2 –1,4 Quota % sul consumo totale carni 49,0 48,0 48,2 47,7 47,2 — Grado autoapprovvigionamento 110 113 112 112 114 — Carni bovine UE-28 Diff % 2015 2016 2017 2018 2019 * (.000 t peso carcassa) 2019/18 Produzione 7.835 8.070 8.104 8.242 8.137 –1,3 Import capi 0 0 0 0 0 0,0 Export capi 178 219 235 234 237 1,0 Import carni 300 304 285 312 324 4,0 Export carni 211 248 271 250 258 3,0 Consumo 7.746 7.907 7.883 8.070 7.967 –1,3 Consumo pro capite 10,6 10,8 10,8 11,0 10,8 –1,5 Quota % sul consumo totale carni 17,9 18,0 18,0 17,9 17,7 — Grado autoapprovvigionamento 101 102 103 102 102 — Carni avicole UE-28 Diff % 2015 2016 2017 2018 2019 * (.000 t peso carcassa) 2019/18 Produzione 13.797 14.503 14.576 15.256 15.565 2,0 Import capi 1 2 2 2 2 0,0 Export capi 10 10 8 9 10 4,0 Import carni 855 882 789 801 830 3,6 Export carni 1.388 1.546 1.532 1.593 1.626 2,1 Consumo 13.254 13.831 13.827 14.457 14.761 2,1 Consumo pro capite 22,9 23,8 23,8 24,8 25,2 1,9 Quota % sul consumo totale carni 30,6 31,5 31,6 32,1 32,8 — Grado autoapprovvigionamento 104 105 105 106 105 — Carni ovicaprine UE-28 Diff % 2015 2016 2017 2018 2019 * (.000 t peso carcassa) 2019/18 Produzione 907 914 925 915 906 – 0,9 Import capi 0 0 0 0 0 0,0 Export capi 38 52 52 51 51 0,0 Import carni 202 203 173 174 170 –2,0 Export carni 20 19 34 29 29 3,0 Consumo 1.052 1.046 1.011 1.009 996 –1,3 Consumo pro capite 1,8 1,8 1,7 1,7 1,7 – 0,5 Quota % sul consumo totale carni 2,4 2,4 2,3 2,2 2,2 — Grado autoapprovvigionamento 86 87 91 91 91 — * Previsione Fonte: elaborazione ANAS su dati UE – Short-term Outlook for EU agricultural markets – Primavera 2019 910 0 51 172 30 1.002 1,7 2,2 91
2020 *
15.749 2 10 859 1.652 14.948 25,5 33,2 105
2020 *
8.112 0 239 331 260 7.944 10,8 17,6 102
2020 *
24.254 0 22 19 3.065 21.186 32,0 47,0 114
2020 *
Diff % 2020/19 0,5 0,0 10,0 15,0 5,0 – 0,1 – 0,4 — — Diff % 2020/19 – 0,3 0,0 1,0 2,0 1,0 – 0,3 – 0,5 — — Diff % 2020/19 1,2 0,0 2,0 3,4 1,6 1,3 1,0 — — Diff % 2020/19 0,5 0,0 0,0 1,0 2,0 0,5 0,3 — —
Carni ovicaprine (.000 t)
Carni avicole (.000 t)
Carni bovine (.000 t)
Carni suine (.000 t)
BE
EF
TS
OA K EY
E X P OR