Eurocarni 7-2016

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXI N. 7 • Luglio 2016

Comprendere il consumatore per essere competitivi IFFA 2016 da record

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Frollare humanum est



Una Storia di Famiglia


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7/16 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Agenda

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Immagini

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Naturalmente carnivoro

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Tendenze

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Storytelling, ogni piatto è un racconto

Carnivori prêt-à-porter

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Legislazione

Prodotti a denominazione: in arrivo nuove, ulteriori regole

Sebastiano Corona

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Slalom

Crescita in saliscendi e debito in aumento

Cosimo Sorrentino

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Retail marketing

Comprendere il consumatore per essere competitivi

Raffaello Bernardi

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Interviste

Il signore delle carni d’Oltremanica

Elena Benedetti

38

Passione Preparati Planet 2.0

Elena Benedetti

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Carne e cultura

Consuming Life

Speciale Cibus

Cibus 2016, quando le ciambelle escono col buco

Gaia Borghi

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Made in Italy, made in future

Sebastiano Corona

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Analisi del food

La carne in tavola

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Kit di gastronomia, un nuovo modo di fare cucina

Giovanni Ballarini 72

Una tavola priva di…

Guido Guidi

Il Castrato di Romagna

Nunzia Manicardi 79

Il piacere della paura

Giovanni Ballarini 82

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Mercati

Il mercato della carne in Lettonia

Enrico Cicchetti

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Zootecnia

La crisi del mercato del latte impoverisce il patrimonio zootecnico

Fortunato Tirelli

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Razze

Il suino basco Txerria

Roberto Villa

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Meat blogger

Frollare humanum est

Andrea Laganga

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Macellerie d’Italia

Metzgerei Stefan, macelleria, gastronomia e… panificio

Riccardo Lagorio

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L’arte storica del bechér a Venezia

Gian Omar Bison

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Rassegne

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Sovizzoincarne 2016 Come ti gusto e ti abbino il formaggio, i salumi e le carni in villa

Gian Omar Bison

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Fiere

IFFA 2016 da record

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Tecnologie

Microonde continuo per tempering di carne

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CSB-System a IFFA

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Statistiche

Sistema di apertura facilitata Grip&Tear Small Tab

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Dati ANAS sulla suinicoltura

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In copertina: costine di agnello pronte per il barbecue.

www.eurocarni-online.com 8

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LA CARNE NEL MONDO

Germania Secondo quanto pubblicato da ISN, durante lo scorso anno i dieci maggiori stabilimenti di macellazione della Germania hanno lavorato un totale di 45,10 milioni di suini, vale a dire il 75,9% del totale dei soggetti macellati, con un incremento dell’1% rispetto al 2014. Risalta la differenza tra i primi 3 macelli e i rimanenti: Tönnies, VION e Westfleisch, con 16,2, 8,80 e 7,69 milioni di capi suini, insieme hanno macellato oltre la metà (55%) dei capi (fonte: 3tre3.it – www.schweine.net).

Olanda Nel 2015, secondo i dati del Centraal Bureau voor de Statistiek, è stato battuto il record di esportazione di carni suine dall’Olanda per un totale di 944 milioni di chili, corrispondente ad un +6% rispetto al 2014. Nonostante l’aumento di volume, il valore però è diminuito, stante i bassi prezzi di vendita. L’aumento in volumi più significativo, esattamente il doppio rispetto a due anni fa, ha riguardato l’Asia. Il mercato principale per l’export di carni suine olandesi rimane comunque l’Italia, con 279 milioni di euro, seguita da Germania e Spagna. L’Olanda è anche il maggior fornitore di carni suine della Grecia. Per l’export di carni suine, l’Olanda si conferma al sesto posto in ordine di volumi, dopo Germania, Stati Uniti, Spagna, Danimarca e Canada.

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Giappone Il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha reso noto che il Giappone ha rimosso il blocco delle importazioni di carni bovine che durava da 15 anni, ovvero dall’epoca dell’epidemia di BSE. «Finalmente le nostre carni potranno arrivare in Giappone» ha commentato il ministro Maurizio Martina. «Un risultato, questo, raggiunto grazie al costante lavoro diplomatico che abbiamo portato avanti insieme al Ministero della Salute in questi mesi, anche durante Expo e nell’ultimo G7. Ringrazio il ministro Lorenzin per l’impegno e la Commissione europea che ha dato il proprio supporto a questa importante operazione. In questa fase complicata per la zootecnia l’apertura di nuovi mercati può essere un grande contributo nella difesa del reddito degli allevatori» (fonte: MiPAAF; in foto, il principale santuario dedicato al kami Inari, situato a Fushimi-ku, Kyōto. Inari è il protettore degli affari, venerato dai commercianti e dagli artigiani giapponesi).

Europa Gli ultimi dati pubblicati dall’UE indicano un aumento del 26,5% delle esportazioni di carne di maiale durante il primo trimestre di quest’anno, per un totale di 924.902 tonnellate. La prima meta continua ad essere la Cina, con il 42% della quota totale ed un incremento del 77% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, seguita da Giappone, Hong Kong, Filippine e Corea del Sud, con una quota di mercato rispettivamente del 9,4%, 9,2%, 6,5% e 5,4%. A livello globale, l’Unione Europea è attualmente il principale esportatore di carne suina, seguita dagli Stati Uniti, che non raggiungono comunque le 600.000 tonnellate. Canada e Brasile, al terzo e quarto posto, si distinguono entrambi per un aumento significativo in volumi rispetto all’anno precedente (fonte: 3tre3.it).

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AGENDA

Builth Wells, Galles L’appuntamento con l’edizione 2016 del Royal Welsh Show è dal 18 al 21 luglio sempre a Llanelwedd, Builth Wells. Si tratta di una delle fiere rurali e zootecniche più affollate d’Europa, con sede nel cuore del Galles, una regione che ha più animali al pascolo che abitanti. Questo grande happening agricolo e zootecnico sarà animato da 15.000 volontari, migliaia di allevatori in visita, oltre 7.000 capi di animali (tra bovini, ovini, suini, cavalli, oche) e un totale di oltre 200.000 visitatori attesi (photo © Elena Benedetti). www.rwas.co.uk

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Costi

Produttività o 1

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IMMAGINI

Pierre Oteiza, l’allevatore che negli anni ‘90 ha dato avvio all’opera di recupero di suini di razza Txerria. Su questa razza il bell’articolo di Roberto Villa a pagina 96 (photo © Laurent Pascal, www.moobiler.mobi).

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NATURALMENTE CARNIVORO

Lo chef Cesare Casella, l’artista e scultore Andrea Salvetti e il super butcher Andrea Falaschi presso il Center for Discovery di Hurleyville nello Stato di New York. La foto è stata scattata lo scorso maggio durante un viaggio che ha visto coinvolti Salvetti e Falaschi, insieme ad Andrea Borghini, in una performance di arte, filosofia e cultura carnivora a sei mani, realizzata anche presso il College Holy Cross di Worcester, Massachusetts. A pagina 48 un servizio che racconta questa trasferta americana (photo © Gianna Viviani).

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TENDENZE Storytelling, ogni piatto è un racconto

Storytelling è una parola che si sente spesso pronunciare ultimamente e che letteralmente significa “raccontare storie”. Molto più semplicemente, quindi, è l’arte del narrare. Per il marketing non basta più comunicare, coinvolgere, ma diventa necessario raccontare storie. E così il marketing diviene narrativo. Anche nella ristorazione c’è chi ha mutuato questo nuovo concetto e l’ha trasformato in un’idea di business. È stato GIUSEPPE LOPS, titolare di Storytelling, un gastro-pub a Corato (BA), nel cuore della Murgia pugliese, che propone piatti e taglieri rigorosamente a km zero. L’idea è quella applicare la filosofia della filiera corta anche all’American bar. Ogni piatto è un racconto di ingredienti, materie prime e trasformazione (nella foto, manzo ai ferri con gocce di Caciocavallo podolico e mosto cotto, servito con chips di Margherita di Savoia e puntarelle, abbinato a un cocktail con fragole, shrub all’arancia e rosmarino; photo © Gab Cialdella per Storyteller). >> Link: www.facebook.com/storytellercorato

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WEST COUNTRY PGI BEEF & LAMB È la pregiata carne bovina e ovina a marchio IGP inglese. L’area OMWOZIÅ KI LQ XZWL]bQWVM LQ Y]M[\M KIZVQ v KW[\Q\]Q\I LI [MQ KWV\MM VMT []L W^M[\ LMT XIM[M" +WZVW^IOTQI ,M^WV ,WZ[M\ /TW]KM[\MZ[PQZM ;WUMZ[M\ M ?QT\[PQZM KPM QV[QMUM NWZUIVW TI KW[QLLM\\I regione West Country LMTT¼1VOPQT\MZZI 1 XI[KWTQ ^MZLQ M ZQOWOTQW[Q QT KTQUI mite e l’alimentazione a base di erba NIVVW LQ Y]M[\M KIZVQ ]V XZWLW\\W LQ Y]ITQ\o []XMZQWZM

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CARNE MATURATA

MATURED BEEF 4I \MVMZMbbI LMTTI KIZVM LQ UIVbW QVOTM[M Matured English Beef v ZQKWVW[KQ]\I IVKPM LI ]V LQ[KQXTQVIZM LQ M\QKPM\\I\]ZI NIKWT\I\Q^W" ]V IQ]\W KWVKZM\W XMZ QVKZMUMV\IZM ]T\MZQWZUMV\M TI Å L]KQI LMQ consumatori italiani VMTTI Y]ITQ\o LMTTM carni bovine inglesi.

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CARNIVORI PRÊT-À-PORTER Chiamatelo orgoglio carnivoro o voglia di riscatto per quel 93% (Rapporto Eurispes) della popolazione italiana che sceglie anche le proteine animali nella propria dieta. Questo orgoglio da oggi si può anche indossare e sorseggiare!

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LEGISLAZIONE

Prodotti a denominazione: in arrivo nuove, ulteriori regole Le aziende che utilizzano il riferimento ad una denominazione europea nell’etichettatura di un prodotto composto, nella sua presentazione o pubblicità, sottostanno a nuovi obblighi di Sebastiano Corona

L

e imprese che, nella propria produzione, impiegano come ingredienti prodotti DOP, IGP o STG, sono tenute a osservare una serie di rigide norme, ma soprattutto a richiedere l’autorizzazione all’utilizzo del nome al consorzio di tutela o in alternativa al Ministero delle Politiche Agricole. Il riferimento normativo è quello al DLgs n. 297/04 e, più in generale, al Regolamento UE 1151/12. Il MIPAAF ha pubblicato a questo proposito due circolari presenti anche sul portale internet del dicastero, ma è necessario sgomberare subito il campo da ogni dubbio: l’obbligo non sussiste per le imprese che

utilizzano la denominazione tutelata esclusivamente nella lista degli ingredienti e quindi senza darne risalto. L’obbligo di richiedere l’autorizzazione sussiste invece nel caso in cui il nome appaia in etichetta, nella presentazione e nella pubblicità del prodotto composto o elaborato, compresi i siti web, i documenti commerciali e gli imballaggi riguardanti gli stessi, salvo diverse disposizioni decise dal consorzio di tutela. Quella della richiesta di autorizzazione è però solo una delle numerose indicazioni prescritte dal MIPAAF nelle due circolari in esame e ovviamente non solleva il produttore dall’obbligo del rispetto di tutte

le altre norme nazionali e comunitarie in materia di comunicazione al consumatore e di pubblicità. La prima regola è che per ottenere l’autorizzazione dal MIPAAF, le diciture Denominazione di Origine Protetta o Indicazione Geografica Protetta o i loro acronimi dovranno essere posti in etichetta di seguito alla denominazione tutelata. Deve essere infatti chiaro e non suscettibile di indurre in errore il consumatore, il fatto che l’acronimo sia riferito al prodotto impiegato come materia prima e non al prodotto trasformato che si sta proponendo per la vendita. Per scansare ogni equivoco dovranno essere posti tra virgolette

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sia la denominazione tutelata, sia le diciture o gli acronimi. Il Ministero detta indicazioni anche sulla dimensione del carattere utilizzato per il riferimento alla denominazione. Questa deve essere infatti inferiore a quella del carattere utilizzato per la denominazione della ditta, dei marchi dalla stessa utilizzati, nonché della denominazione di vendita del prodotto composto, elaborato o trasformato. In sostanza, il rilievo posto sulla presenza di un prodotto a denominazione deve essere in qualche modo sobrio e misurato. Anche per indicare l’ingrediente a DOP o IGP nell’etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità del prodotto trasformato devono essere utilizzati, per l’intera denominazione, il medesimo carattere delle medesime dimensioni. Lo stesso carattere e le medesime dimensioni utilizzate per indicare la denominazione devono essere utilizzate per le diciture DOP o IGP. Aspetto molto importante che il Ministero ha voluto in questa sede ribadire con forza e sempre allo scopo di evitare di indurre in errore il consumatore è che è vietato l’utilizzo del simbolo comunitario nonché del logo della denominazione tutelata. Logo che si può infatti apporre solo su un prodotto riconosciuto dall’Unione Europea. Un’apertura viene data dal fatto che è possibile riportare, esclusivamen-

La nuova norma intende tutelare maggiormente i consumatori da una serie di comportamenti e messaggi che ne possono compromettere la capacità di scelta. te in aggiunta al riferimento alla denominazione DOP/IGP in lingua italiana, anche la traduzione della stessa in altra lingua, mentre non è possibile riportare l’acronimo, neanche se tradotto. Ma le dimensioni dei caratteri utilizzati per il riferimento alla DOP/IGP nella lingua diversa dall’italiano non potranno essere superiori a quelle dei caratteri utilizzati per la versione in italiano. Elemento da non sottovalutare, che può generare problemi con il proprio fornitore di fiducia, è che l’utilizzatore, cioè colui che trasforma, ha l’obbligo di garantire che il prodotto a denominazione che utilizza come ingrediente sia acquistato

da un soggetto sottoposto al controllo dell’organismo di cui all’articolo 37 del Reg. (UE) 1151/12. Non che i dettami già elencati siano particolarmente semplici da mettere in pratica, ma la questione si complica quando il soggetto che trasforma il prodotto deve sottoscrivere e mantenere l’impegno a dimostrare, tramite registrazioni, che la quantità di prodotto DOP o IGP utilizzata nel processo produttivo corrisponde alla quantità di prodotto acquistata. Elementi, questi, che devono essere dimostrati anche dalla documentazione nella disponibilità dell’impresa. Di contro, infatti, l’utilizzatore deve

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Abbacchio romano Igp. anche sottoscrivere l’impegno a registrare mensilmente il numero di confezioni del prodotto composto, elaborato o trasformato contenenti il riferimento ad una denominazione, a trasmettere una scheda tecnica che descriva il prodotto trasformato, nonché a comunicare la sede dello stabilimento nel quale avverrà la produzione. Eventuali cambiamenti di stabilimento dovranno essere preventivamente comunicati al Ministero. Un ulteriore problema si pone in merito allo stoccaggio della materia prima che nel caso in esame deve essere conservato separatamente dagli altri prodotti appartenenti alla stessa categoria merceologica. In ultimo, il trasformatore è tenuto a dichiarare che l’autorizzazione concessa dal MIPAAF o dal consorzio, non sarà ceduta, neanche in sub-concessione, a terzi, né a titolo gratuito, né a titolo oneroso e che, in caso di cessazione dell’attività e/o della produzione specifica, cesserà l’uso del riferimento alla denominazione tutelata nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti trasformati. Manco a dirlo, l’autorizzazione potrà essere concessa esclusivamente per i singoli alimenti per i quali è richiesta. Resta inteso che queste nuove norme si intersecano e si aggiungono a quelle già esistenti in ambito nazionale e comunitario, anche non necessariamente dirette a disciplinare il comparto alimentare.

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Il principio ultimo che ha guidato il Ministero anche in questo passaggio normativo è lo stesso che ispira l’art. 7 del Reg. UE n. 1169/11, il quale, dettando le norme sulle pratiche leali d’informazione, stabilisce che le indicazioni sugli alimenti non devono indurre in errore il consumatore sulle caratteristiche dell’alimento e, in particolare su natura, identità, proprietà, composizione, quantità, durata di conservazione, Paese d’origine o luogo di provenienza e metodo di produzione. Lo stesso Regolamento UE, in un altro passaggio, precisa che la comunicazione relativa al prodotto non deve suggerire la presenza di un particolare alimento o di un ingrediente, mentre di fatto un componente naturalmente presente o un ingrediente normalmente utilizzato in tale alimento, è stato sostituito con un diverso componente o un diverso ingrediente. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una norma che introduce elementi di forte burocratizzazione del sistema produttivo e che lo imbriglia nelle morse delle carte e delle autorizzazioni. D’altra parte si rileva però un interesse sia collettivo sia privato di assoluto rilievo e che, in quanto tale, necessita di tutela. Vanno protetti i prodotti a denominazione e le aziende che li realizzano e vanno tutelati i consumatori da una serie di comportamenti e messaggi che ne possono compromettere

la capacità di scelta in autonomia. L’attenzione sempre crescente sui prodotti di qualità, non ultimi quelli a denominazione, implica infatti che qualunque loro richiamo sia un elemento di vendita importante per qualificare in maniera significativa anche il prodotto trasformato che ne vede l’impiego tra gli ingredienti di cui è composto. La sola forza trascinante dell’evocazione geografica è talvolta decisiva in fase d’acquisto. Per questo i prodotti a denominazione devono ricevere una tutela che — se possibile — deve essere anche maggiore di quella sinora garantita dall’ordinamento comunitario e nazionale. Non spetta infatti solo ai consorzi vigilare sull’uso distorto del nome del proprio prodotto, ma è altresì compito delle autorità proteggere i consumatori dagli abusi del mercato e far conservare ai prodotti di pregio un’immagine acquisita solo grazie ad una certa qualità delle materie prime impiegate e a consuetudini produttive che si perdono nel tempo. Questa ulteriore restrizione sull’utilizzo di determinati nomi di prodotti a denominazione sarà quindi un onere aggiuntivo, ma è giustificato dal fine di garanzia che la norma si pone. Per i consorzi di tutela e per il MIPAAF rappresenterà un’altra incombenza in termini di controllo, ma sarà anche un vantaggio sul corretto rientro di una promozione indiretta e a costo zero. Il pericolo è che di fronte a tali e tanti oneri che costringeranno le imprese a rivedere completamente anche la propria comunicazione, il trasformatore possa valutare l’ipotesi di rinunciare al vantaggio prospettato dall’utilizzo di una denominazione nel proprio processo produttivo, per optare per produzioni similari il cui uso non comporti una tale mole di norme e di divieti. La finalità è certamente quella di andare nella direzione della reale valorizzazione dei prodotti a denominazione, ma sarà solo il tempo a dire qual è il vero esito delle nuove restrizioni e se il provvedimento ha avuto davvero un suo riscontro positivo per il comparto nel suo complesso. Sebastiano Corona

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

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Crescita in saliscendi e debito in aumento di Cosimo Sorrentino

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are affidabili previsioni in economia è sempre difficile e lo è soprattutto ora, considerando molte delle caratteristiche che l’economia ha assunto a livello mondiale. Ne abbiamo avuto prova quando, nella prima settimana di maggio, è stato dato ampio risalto ad un recupero del PIL italiano nel primo trimestre 2016, dopo le incertezze dei mesi antecedenti. Il passo avanti è risultato dello 0,3%, con un guadagno annuo dell’1%. Un’ascesa certamente lenta, ma pur sempre un’ascesa, anche se inferiore a quella degli altri Paesi della zona euro, che ha fatto registrare, nello stesso periodo, uno 0,5% complessivo, con il balzo dello 0,8% della Spagna e dello 0,7% della Germania. Da tali dati si può stabilire che, dal 2008 ad oggi, la ricchezza del Paese ha perso ben il 7% e la nota agenzia Standard & Poor’s ha rivisto quindi le sue stime sulla crescita di quest’anno con una discesa dall’1,3 all’1,1%. Su tale valutazione pesa anche il macigno del debito pubblico, che è ancora il terzo più alto tra i 130 Paesi valutati dalla predetta agenzia, dopo Grecia e Giappone, e che, secondo calcoli effettuati dalla Banca d’Italia, a marzo ha toccato un nuovo record storico, con un balzo di 14 miliardi rispetto a febbraio, facendo salire l’ammontare complessivo a 2.228,7 miliardi. Nonostante tutto, però, come abbiamo detto, nel primo trimestre, il PIL è risultato in lenta accelerazione rispetto alla fine dello scorso anno, quando l’ultimo trimestre si era chiuso con un +0,2%. L’Italia, quindi, si trova a metà strada per raggiungere l’obiettivo fissato dal nostro Governo, che per fine anno si

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aspetta una progressione dell’1,2%, nonostante la diminuzione delle esportazioni, soprattutto quelle dirette verso Paesi extraeuropei, e il possibile indietreggiare della domanda interna, nonostante il timido aumento del primo trimestre di quest’anno. Sulla citata lieve crescita è stato espresso nei giorni scorsi un giudizio sostanzialmente positivo dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), che a metà maggio ha rivisto al rialzo le stime di crescita portandole all’1,1% per quest’anno e all’1,25% nel successivo biennio. Tuttavia, lo stesso FMI avverte che il percorso di crescita implicherebbe un ritorno ai livelli di produzione del 2007 soltanto verso la metà del prossimo decennio, perciò bisogna approfittare dell’opportunità data dai bassi tassi d’interesse, sfruttando la piccola ripresa e proseguendo sulla strada delle riforme. I fronti sui quali bisogna agire, sempre secondo il FMI, sarebbero tre: 1. riformare il mercato dei prodotti e servizi mediante l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza; 2. completare la riforma della P.A., soprattutto razionalizzando gli acquisti e privatizzando le partecipate; 3. riformare la contrattazione collettiva, garantendo una efficace contrattazione di secondo livello per aumentare la produttività. Fin qui le considerazioni svolte, supportate da ricerca approfondita a vari livelli, soprattutto per quanto si riferisce alla ripresa, seppur lieve, sopra indicata. A fine maggio, però, la nostra ISTAT, contraddicendo la situazione descritta, ha fatto rilevare che l’industria italiana ha registrato

a marzo la peggiore frenata per fatturato dall’estate 2013, con un –3,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e una discesa degli ordinativi del –3,3%. A determinare tale caduta sono stati certamente lo stop del settore auto, con il forte calo delle vendite, il crollo di quasi un quarto del fatturato del comparto estrattivo e petrolifero, e il calo degli ordinativi sia domestici che esteri. A far registrare tali andamenti, all’apparenza contraddittori, non sono estranei fenomeni mondiali, che procedono a strappi e che influenzano le aspettative delle famiglie e delle imprese italiane, quali l’andamento del prezzo del petrolio, la tenuta della Cina rispetto all’eventualità di una crisi del suo sistema finanziario, l’attesa incerta di nuovi aumenti dei tassi della FED americana rispetto alla ripresa degli Stati Uniti, le notizie settimanali sulla crisi del Brasile, i sussulti europei (crisi di Schengen, nuovo compromesso sulla Grecia, ma con voto negativo della Germania). Tutti questi fattori contrastano con la possibilità di tornare a un vero traino dell’economia italiana da parte dell’export, come avvenne nel 2010-2011. Con tali incertezze non può essere esclusa la necessità di concentrarsi su fattori che possano consentire la crescita sul mercato interno: i redditi, i consumi e gli investimenti. Non c’è più tempo per bonus discrezionali, limitati nella platea e nel tempo; servono sgravi fiscali universali e a tempo indeterminato, e tali interventi, più saranno rilevanti con coperture serie sostenibili nel tempo, più daranno solidità alla ripresa italiana.

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LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. WellDone Burger, l’hamburger bolognese stiloso L’avventura dell’hamburgeria italiana gourmet WELLDONE BURGER (welldoneburger.com) è iniziata a Bologna nel 2013 e oggi conta 6 punti vendita. Il loro segreto? La cura maniacale nella scelta delle materie prime come le carni, che qui sono le indiscusse protagoniste, tra cui quelle selezionate della Macelleria Savigni e di Golinelli 1975 e i panini artigianali del Panificio Quadrifoglio di Bargellino di Calderara di Reno. Il tutto condito con una grande attenzione al design e alla comunicazione con il sito web.

2. Hidalgo e le lunghe frollature HIDALGO SUITES & RESTAURANT è una meta sicura per carnivori alla ricerca di piatti ricercati. Si trova a Postal, nei pressi di Merano, e offre una selezione di carni di manzo statunitense, sudamericano, tirolese e giapponese. Oltre ad essere un ristorante, Hidalgo offre anche il pernottamento in suite di grande comfort. Per info e prenotazioni: www.restaurant-hidalgo.it

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meat Benedetti

3. Grinder Shop, la visione moderna della macelleria canadese Ha aperto a Montreal GRINDER SHOP, una macelleria con la cella di frollatura completamente a vista sulla strada e sull’interno del locale, che accoglie un lungo tavolo da macellaio ristrutturato, ampi spazi, un banco carni (anche) a libero servizio e un’atmosfera new butchery che si ispira al newyorchese Fleisher’s. Volete farci un giro? Basta un clic: boucheriegrinder.ca (photo © Alexander Wiseman).

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4. The Butchers Guild, la confraternita dei macellai Fratellanza, integrità e comunità. E ancora: cuore, materie prime, mani e voce. Sono questi gli elementi chiave di THE BUTCHERS GUILD, la confraternita 2.0 dei maestri delle carni americani. Per aderire basta pagare 175 dollari on-line sul sito www.thebutchersguild.org. I servizi sono molteplici: la formazione permanente, entrare a far parte di una rete di esperti macellai e colleghi, la promozione di eventi e di visibilità del proprio business, imparare a usare l’intero animale sia nella vendita che nella ristorazione.

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Benessere del pollame durante il trasporto al macello, documento di consenso europeo È stato di recente pubblicato, sul sito del Centro di Referenza per il Benessere Animale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (www.izsler.it), il documento di consenso europeo sul benessere del pollame durante il trasporto al macello, elaborato da esperti provenienti dagli Stati Membri UE, coordinati dalla FVO – Food Veterinary Office (che da gennaio 2016 ha cambiato nome in Directorate on Health and Food Audits and Analysis). L’intento è quello di promuovere il miglioramento degli standard di benessere animale durante il trasporto commerciale del pollame, fornendo alle autorità competenti e agli operatori del settore indicazioni sulla natura e le cause dei rischi principali per il benessere nella fase immediatamente antecedente alla macellazione nella produzione del pollame, con un’enfasi particolare sul pollo da carne. Più in particolare il documento si propone di: • promuovere miglioramenti nel mantenimento, nel monitoraggio, nella registrazione e nell’applicazione delle norme relative al benessere degli animali durante il trasporto commerciale del pollame, con particolare attenzione al rispetto del Regolamento (CE) n. 1/2005 e di altre normative pertinenti, individuando i fattori di rischio per stabilire un ordine di priorità nella pianificazione dei controlli e fornendo esempi metodologici e delle migliori prassi per organizzare i controlli; • indirizzare e sostenere le autorità competenti nello stabilire le priorità, nell’organizzare e nell’eseguire controlli più efficaci sul benessere del pollame durante il trasporto, riducendo i rischi di possibili lesioni o sofferenze inutili, migliorando le condizioni di trasporto per tutto il pollame trasportato per la macellazione e riducendo il numero di volatili giunti morti al macello; • aiutare le autorità competenti e gli altri soggetti che rientrano nel campo di applicazione del Regolamento (CE) n. 1/2005 a definire un approccio comune per l’attuazione di alcune sue disposizioni; • promuovere le attuali conoscenze e servire da strumento di formazione per innalzare i livelli di benessere degli animali e migliorare i risultati economici. (SIMeVeP)

Loren ottiene l’IFS Certificate, standard di sicurezza globale e qualità In data 16 maggio, il macello Loren Srl di Malalbergo (BO) ha superato l’esame per l’ottenimento della certificazione IFS. Come ci ha confidato Massimo Armaroli, uno dei titolari, si tratta di un ulteriore passo avanti dell’azienda bolognese nell’offerta di una qualità e sicurezza sempre migliori e all’avanguardia. IFS Food è uno standard riconosciuto GFSI-Global Food Safety Initiative per gli audit alle industrie alimentari. Riguarda i processi alimentari delle industrie produttive e delle industrie che confezionano alimenti sfusi. Il suo obiettivo è la sicurezza alimentare e la qualità dei processi e dei prodotti. L’IFS Food si applica quando i prodotti sono“lavorati”o durante il confezionamento primario, quando ci sono pericoli di contaminazione del prodotto. Lo “standard” è importante per tutte le industrie alimentari, specialmente per i prodotti a marchio privato, perché contiene molti requisiti che riguardando il rispetto delle specifiche del cliente. Tutto ciò fa sì che si abbiano dei benefici anche per il reparto marketing, che si riscontrano nel miglioramento della reputazione commerciale dell’azienda. Loren Srl Via Scalone 11 – 40051 Malalbergo (BO) Telefono: 051 872161 – Fax: 051 6620168

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Ora di punta in Galles Qui il tempo scorre cosĂŹ: al ritmo delle stagioni, senza fretta, fra nuove conoscenze e antichi saperi. Nati e allevati su pascoli estesi e incontaminati, gli agnelli gallesi offrono carni genuine, dal sapore autentico. Garantisce il marchio IGP.

Per ricette, informazioni e notizie visitate www.agnellogallese.eu

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RETAIL MARKETING

Il consumatore e le carni

Comprendere il consumatore per essere competitivi di Raffaello Bernardi

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C “Fra i settori merceologici trainanti, attore di primo piano è il fresco, capace di interpretare meglio di altri comparti le attuali esigenze del mercato. Tra gli attributi d’offerta oggi sempre più determinanti nel decretare il successo commerciale di un prodotto alimentare, invece, ritroviamo le voci di gusto, salutismo, naturalità e servizio”

omprendere le dinamiche evolutive del comportamento d’acquisto e di consumo e i desiderata della domanda rappresenta conditio sine qua non per sviluppare efficaci proposte commerciali e di prodotto. Un’evidenza, questa, da cui non può permettersi il lusso di sottrarsi neppure l’industria delle carni, pena l’inasprirsi di un quadro di mercato che, già nel 2015, è apparso decisamente avaro di soddisfazioni. Sulla scorta di questa convinzione, dedichiamo l’articolo di Luglio ad esaminare alcuni tratti salienti del consumatore nazionale, con l’obiettivo di fornire ai lettori spunti di riflessione funzionali a progettare strategie di marketing e concept d’offerta in linea con i nuovi modelli di consumo. Un primo elemento da considerare attiene al recupero di fiducia degli Italiani a partire dall’ultimo quadrimestre del 2015, da cui discende oggi, in termini generali, una superiore propensione all’acquisto; secondo NIELSEN, il desiderio degli Italiani di effettuare spese risale

finalmente al livello di cinque anni fa, con un rinnovato interesse anche per i consumi fuori casa. Il dato trova conferma nel trend misurato sulle vendite grocery, che, dopo un triennio di sofferenza, a partire dall’anno passato tornano in territorio positivo. Fra i settori merceologici trainanti attore di primo piano è il fresco, capace di interpretare meglio di altri comparti le attuali esigenze del mercato. Tra gli attributi d’offerta oggi sempre più determinanti nel decretare il successo commerciale di un prodotto alimentare, coerentemente con quanto evidenziato, ritroviamo le seguenti voci: gusto, salutismo, naturalità e servizio. Nello specifico: • per larga parte dei consumatori mangiare è vissuto come un momento di vero appagamento, ma, al contempo, si registra un’attenzione crescente al contenuto nutrizionale (grassi, calorie, ecc…) dei prodotti consumati, in risposta ad una domanda di benessere in progressivo sviluppo;

Tagli di carne fresca al banco macelleria. Il consumatore italiano oggi è sempre più indirizzato a un prodotto fresco, salutare e naturale, di facile preparazione.

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Per l’industria delle carni la vera sfida sarà proporre un prodotto che risponda alle esigenze del consumatore segnate dall’equilibrio tra il mangiar sano e il mangiare bene e che tenga conto della semplicità di esecuzione. • rientra nell’ampia sfera del salutismo il tema della naturalità, caratteristica sempre più ricercata in tutte le sue declinazioni: ingredienti 100% naturali, senza coloranti artificiali, senza OGM, a base di frutta/verdura, senza aromi artificiali, biologici e con aromi naturali sono alcune delle

traduzioni operative con cui dare sostanza al concetto, al fine di smarcare l’offerta da un possibile percepito di artificiosità; • anche il contenuto di servizio appare un fattore premiante, qualora si traduca in un risparmio di tempo in fase di preparazione dei pasti. Mai come oggi, in-

SGMarketing è la società specializzata nella consulenza e servizi di marketing per l’agroalimentare. Leader in Italia con oltre 20 anni di esperienza nella valorizzazione dei freschissimi e del beverage, l’azienda è stata costituita con l’idea di mettere al servizio dell’agribusiness le competenze del suo team di analisti per valorizzare i prodotti agroalimentari nei luoghi di acquisto e di consumo e dare un futuro alle filiere produttive e distributive di eccellenza e ai territori vocati. SGMarketing supporta le imprese accompagnandole nello sviluppo del loro business e nella creazione di un’immagine aziendale riconoscibile e competitiva. Grazie ad un know-how consolidato negli anni e forte di un approccio al mercato moderno e dinamico, essa offre un servizio integrato: dalla consulenza strategica al presidio diretto dei canali distributivi, nell’ottica di un’innovazione continua del business. >> Link: sgmarketing.it

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fatti, il consumatore italiano è alla ricerca di soluzioni che gli facilitino la vita, garantendo contestualmente una migliore conservazione e la riduzione degli sprechi rispetto a quanto acquistato. Il packaging, da questo punto di vista, assume un ruolo discriminante sia sul piano della funzionalità che come veicolo di comunicazione. Questo identikit del prodotto vincente trova conferma nell’andamento delle vendite rilevato da NIELSEN per il primo quadrimestre 2016 su un set di categorie che esprimono performance ben al di sopra della media di mercato: • nell’area dei prodotti pensati per uno stile di vita sano, il gluten free (+29,3%), gli alimenti ad alta digeribilità/senza lattosio (+4,9%), i cibi e il latte di soia (+15,7%), le gallette (+21,9%), gli integrali (+13,7%); • fra i prodotti naturali, la frutta fresca (+8,9%), quella secca (+12,3%), i cereali/legumi secchi (+9,0%); • nel segmento ad elevato valo-

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re aggiunto, i salumi affettati (+8,9%), i piatti pronti freschi (+31,2%), gli spuntini/tramezzini (+35,2%). Agli esempi riportati si possono, poi, aggiungere i casi del salmone (+12,2%), delle zuppe pronte (+41,7%) e dei prodotti biologici (+20,4%). La vera sfida, anche per l’industria delle carni, sarà, dunque, riuscire a far sempre più sintesi, in prospettiva, fra gli orientamenti illustrati, nella consapevolezza che gli stili alimentari del prossimo futuro saranno segnati dall’equilibrio tra il mangiar sano ed il piacere di mangiare bene, evitando, se possibile, eccessive complicazioni in cucina. In questa direzione dovrà muoversi l’innovazione di prodotto, con l’obiettivo di creare valore per il mercato e sostenere la profittabilità aziendale; se il 28% dei consumatori italiani è disposto a riconoscere un premium price, nel food, per innovazioni coerenti con le proprie esigenze,

sussistono positive premesse per un adeguato ritorno sugli investimenti richiesti. Si tratta di premesse che vanno capitalizzate, lavorando sia sul prodotto sia sulla relazione con la domanda, grazie anche alle opportunità offerte oggi dalla digitalizzazione. Come già sottolineato su queste pagine, il web costituisce ormai in Italia la fonte principale per la ricerca di informazioni su prodotti — alimentari inclusi — e servizi (è così per l’84% dei responsabili acquisto con accesso ad internet); risulta, pertanto, fondamentale una presenza attiva nell’ecosistema digitale, volta a garantire un contatto diretto con il consumatore e ad alimentare un processo continuativo di acquisizione di informazioni su preferenze, atteggiamenti e comportamenti di consumo, grazie ad un ascolto attento. Un approccio virtuoso finalizzato a mantenere l’azienda costantemente sintonizzata con il

mercato, così da farne interprete proattivo agli occhi dei propri interlocutori commerciali a valle, GDO in primis. D’altra parte i prodotti di carne, come il resto dei freschi, sono sempre più strategici per i retailer, in quanto proprio la qualità percepita su tali categorie, intesa come l’insieme delle caratteristiche che conferiscono al prodotto la capacità di soddisfare richieste espresse ed implicite, rappresenta criterio di scelta discriminante del punto vendita di fiducia per il 75% dei consumatori (fonte: CERMES, 2016). Sta ora all’industria delle carni agganciare al meglio tale opportunità, sviluppando concetti di prodotto distintivi, gustosi, salutistici e processati in maniera trasparente e naturale. Raffaello Bernardi SGMarketing Nota A pagina 32 il reparto carni di un punto vendita della GDO.




INTERVISTE

Il signore delle carni d’Oltremanica di Elena Benedetti

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ochi giorni fa, davanti ad un meraviglioso carrello degli arrosti in un locale alle porte di Modena, abbiamo incontrato JEFF MARTIN, da sempre punto di riferimento per le carni UK sul mercato italiano con il beef & lamb inglese e, da alcuni anni, anche con l’agnello e il manzo gallese. Con la recente new entry delle proteine animali dell’Irlanda del Nord, Mr. Martin ha consolidato la propria offerta commerciale di carne di qualità elevata e ha fatto con noi il punto sull’andamento dei suoi mercati nel Belpaese. «L’Italia ha sempre rappresentato un ottimo mercato, sia per quanto riguarda la ristorazione che la grande distribuzione, anche se non sono mancate le difficoltà» sostiene JEFF MARTIN, qui in tripla veste di referente per l’Italia dell’Agriculture and Horticulture Development Board (AHDB), l’ente inglese non governativo per il sostengo e lo sviluppo dell’industria agroalimentare, di HCC-Meat Promotion Wales, l’ente che promuove le carni rosse gallesi, e di Invest NI, l’agenzia per lo sviluppo economico del Nord Irlanda. Iniziamo dall’ultimo mercato acquisito, l’Irlanda del Nord, la macro-regione del Regno Unito, a nord-est dell’isola, un bacino naturale di pascoli e allevamenti… «La collaborazione con NI-Invest Northern Ireland è iniziata nel 2014, forte della mia esperienza sul mercato italiano. Principalmente opero nel settore del food & beverage, un comparto in forte espansione in Nord Irlanda, che oggi vale circa 4 miliardi di sterline e impiega 90.000 addetti, e con una forte vocazione all’export dato che il 70% della produzione viene esportato».

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Quali prodotti offre l’Irlanda del Nord? «Carni, pesce, latticini, birre, whiskey sono solo alcuni dei prodotti che vengono esportati quotidianamente. Trattandosi di prodotti diversi, che hanno interlocutori diversi, le modalità operative sono necessariamente varie. Per questo motivo spesso organizzo missioni di operatori professionali italiani sul territorio nord irlandese con visite in aziende locali e incontri B2B, mentre altre volte creo l’incontro in Italia presso i potenziali acquirenti. Ma la mia attività non si limita solo a questo, dato che offro anche consulenza agli investitori italiani affinché trovino nel Nord Irlanda il partner ideale. E tutto questo sempre nell’ambito della collaborazione con Invest Northern Ireland, che propone programmi di consulenza a 360 gradi per sviluppare e promuovere la propria economia».

Qual è oggi la situazione del mercato delle carni britanniche? «Il mercato della carne bovina, in generale a livello europeo, è parecchio complicato: in questi ultimi anni l’imperante concentrazione industriale, con fusioni e acquisizioni tra Gruppi, non ha certo contribuito a dare stabilità. Per quanto riguarda in particolare il commercio di carne tra Inghilterra e Italia, la tendenza generale è stata quella di una riduzione dei prezzi, dovuta anche alla difficile situazione economica che il Paese ha attraversato e sta tutt’ora vivendo, con un conseguente aumento delle importazioni di carne meno costosa, come quella polacca. Per la carne ovina la situazione è migliore, il Regno Unito è uno dei principali paesi produttori di carne d’agnello e il consumatore italiano apprezza molto la qualità dell’ovino inglese, anche se è una carne che si consuma ancora molto poco».

Jeff, come è iniziata questa collaborazione con NI-Invest Northern Ireland? «Sicuramente ha pesato la mia esperienza pluriennale sul mercato italiano. Tutti i contatti maturati in questi anni sono un elemento prezioso e poi mi piace pensare che ci sia stato anche un pizzico di romanticismo: il mio bisnonno era originario dei sobborghi di Belfast e la sua famiglia era proprietaria di una distilleria. Conducevano una vita abbastanza agiata e tranquilla per quegli anni (stiamo parlando del 1870), che lui però abbandonò quando si innamorò di una ragazza cattolica. Fu bandito infatti dalla sua casa e si trasferì in Galles. Ecco, di tanto in tanto mi piace pensare che in un qualche modo così sono tornato alle origini».

Come si muovono le carni inglesi? «Parlando di export verso l’Italia, abbiamo registrato una situazione di staticità negli ultimi due/tre anni, ma nei primi mesi del 2016 abbiamo già riscontrato un leggero incremento. Questo per noi è senza dubbio un segnale molto positivo, da ricondursi però principalmente alla discesa della sterlina e alla diminuzione dei prezzi del bestiame in Inghilterra». Qual è il punto di forza dell’English beef e dell’English lamb? «La nostra unica strategia è quella di puntare sempre e comunque solo su un prodotto di qualità e con le carni inglesi non potrebbe essere diversamente. L’Inghilterra ha una tradizione secolare nell’allevamento, basta avventurarsi nelle campa-

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Jeff Martin, responsabile delle carni gallesi, inglesi e nordirlandesi per il mercato italiano, qui in una recente visita al macello di Randall Parker Foods ad Andover in Inghilterra.

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Jeff Martin e un super butcher gallese al Royal Welsh Show, la tradizionale fiera rurale e zootecnica, che ogni anno, nel mese di luglio, a Llanelwedd, Builth Wells, celebra le attività legate alla terra e al bestiame. gne inglesi per rendersi subito conto che l’allevamento, il pascolo e la vita rurale sono nel nostro DNA. A ciò si aggiungano i metodi moderni di produzione, le conoscenze degli allevatori negli incroci fra razze e un sistema di frollatura che garantisce una tenerezza sorprendente. Insomma, la filiera è garantita in ogni passaggio, dall’allevamento alla tavola: tutti questi fattori contribuiscono a fare della carne bovina inglese un prodotto di alta qualità». C’è qualche novità in vista per il mercato italiano? «Sì, accanto ai nostri tradizionali tagli sottovuoto, garantiti dal marchio inglese Quality Standard, nel corso del 2016 ci sarà un incremento della presenza del manzo e dell’agnello inglese IGP West Country, la prima carne bovina inglese ad indicazione geografica protetta, proveniente dal sud-ovest dell’Inghilterra, precisamente dalle contee della Cornovaglia, Devon, Dorset, Gloucestershire, Somerset e Wiltshire. Un’altra grande novità sarà il lancio della carne bovina inglese nelle confezio-

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ni skin-pack, che permetteranno la distribuzione del prodotto anche in negozi più piccoli e specializzati».

viaggio. Non voglio svelare niente: il video verrà pubblicato sul nostro sito e sui canali social entro luglio».

Nel mondo delle carni oggi si riflette molto su una comunicazione più efficace, per arginare inutili e dannose polemiche alimentate dai media e fare un’informazione corretta verso il consumatore. Quali sono i vostri progetti al riguardo? «La stagione 2016-2017 sarà ricca di iniziative ed eventi, rivolti al consumatore e anche agli operatori del settore. Il progetto più importante riguarda la realizzazione di un video dedicato alla realtà dell’allevamento in Inghilterra: oggi le immagini possano comunicare molto più delle parole, per cui abbiamo pensato di far vedere ai consumatori italiani la bellezza della campagna inglese, portandoli alla scoperta dei luoghi da dove proviene questa carne. Si vedranno i bovini che pascolano all’aria aperta, gli ovini e i cani da pastore, ma non solo. Testimonial d’eccezione sarà un giovane chef italiano, un volto della TV molto amato, che accompagnerà il consumatore in questo meraviglioso

Passiamo ora al Galles, un’altra macro regione del Regno Unito di straordinaria bellezza e patrimonio di razze da carne ovina e bovina che qui crescono nella natura. Quali sono le novità? «Il Welsh lamb è presente in Italia ormai da una decina di anni. Per noi il Belpaese è quindi un mercato già affermato nel quale l’IGP, il marchio di qualità europea sia per la carne d’agnello che per quella di manzo ottenuto più di 10 anni fa, ha giocato un ruolo molto importante. Il consumatore italiano, infatti, oggi riconosce e comprende l’importanza di questo marchio che tutela la tipicità, insieme naturalmente alla qualità delle nostre carni». Dove si può acquistare l’agnello gallese IGP? «Il Welsh lamb IGP si trova nelle principali catene della Grande Distribuzione e la sua presenza si è consolidata ed è cresciuta di anno in anno. Questo significa che il consumatore

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AHDB Beef & Lamb è una divisione dell’ente britannico non governativo Agriculture and Horticulture Development Board (AHDB), che si occupa del sostengo e dello sviluppo dell’industria agroalimentare. Il suo ruolo è quello di sostenere l’industria inglese delle carni bovine e ovine lungo tutta la filiera, dall’allevamento all’esportazione. I suoi obiettivi sono: promuovere l’industria delle carni, contribuire in modo diretto al miglioramento dell’efficienza nei settori bovino e ovino e stimolare la domanda in Inghilterra e all’estero attraverso attività di comunicazione e marketing. AHDB si finanzia attraverso un prelievo parafiscale e il suo lavoro è moto importante poiché mette a disposizione risorse per investire nella ricerca, nel marketing e nella promozione con conseguenti miglioramenti di business. >> Link: www.carneperfetta.it

HCC-Hybu Cig Cymru è l’ente responsabile dello sviluppo, la promozione e la distribuzione delle carni del Galles. Tra i compiti di HCC vi sono: la promozione di tutti i prodotti di carne provenienti dal Galles, l’evidenziazione delle caratteristiche che differenziano i prodotti di carne Gallese, la collaborazione con le aziende agricole per diffondere la qualità, ridurre i costi e migliorare la salute degli animali, la collaborazione con tutta la catena di fornitori per migliorare l’efficienza e sviluppare la garanzia di qualità, l’attività per la diffusione e il miglioramento della comunicazione della qualità di questo settore. HCC rappresenta per vasta parte l’industria agricola del Galles e trae esperienza dai diversi componenti dei suo Board of Directors e dalle aziende a cui essi appartengono. >> Link: www.agnellogallese.eu – www.manzogallese.eu

NI-Invest Northern Ireland è l’agenzia governativa dell’Irlanda del Nord per lo sviluppo commerciale e ha come principale obiettivo quello di far crescere l’economia locale. Negli ultimi decenni l’economia dell’Irlanda del Nord ha avuto un forte impulso: grazie ad importanti investimenti nelle infrastrutture e ad un piano strategico che ha saputo valorizzare e salvaguardare le risorse disponibili, oggi questa regione è in grado di offrire prodotti di alto livello qualitativo. >> Link: www.investni.com

italiano conosce il nostro brand, lo cerca e lo acquista. Uno dei punti di forza che ci distingue da altri Paesi produttori di carne ovina è proprio il nostro stesso brand, fatto di qualità, storia e tradizione, che il consumatore riconosce e apprezza. Quando poi si ha la possibilità di assaggiare questa carne… allora si vende da sola! Il Welsh lamb è un prodotto di alta qualità e noi puntiamo tutto su questo aspetto intrinseco del prodotto». E sul fronte bovino? «Oltre alla carne di agnello abbiamo buone prospettive anche per quanto riguarda il Welsh beef IGP perché i rapporti con i nostri clienti italiani sono molto buoni e apprezzano la qualità dei nostri prodotti. Per ora siamo in una fase di “lancio”, ma siamo assolutamente fiduciosi

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che il mercato italiano risponderà positivamente. Per quanto riguarda il futuro, considerando il difficile periodo economico che l’Europa sta vivendo e il fatto che i consumatori tendono a risparmiare anche sulla spesa alimentare, ci aspettiamo di confermare e rafforzare la nostra presenza, se possibile, in termini di volumi, sul vostro mercato». Quali sono le strategie di comunicazione sul fronte Welsh lamb & beef? «Data la presenza ormai consolidata del Welsh lamb IGP sul mercato italiano è arrivato il momento di comunicare in modo più diretto ed efficace con il consumatore finale, attraverso i media tradizionali ma anche attraverso il mondo digitale, senza dimenticare le attività nei punti vendita. Ci attiveremo dunque

su diversi canali con l’obiettivo di incrementare la nostra riconoscibilità. Lanceremo un piccolo ricettario, realizzato in collaborazione con tre giovani chef milanesi, con altrettante ricette semplici e replicabili a casa, utilizzando i 3 tagli che il consumatore italiano trova nei negozi: spalla, coscia e carré. In autunno partirà anche un progetto con un gruppo di food blogger italiane che, seguendo il filone di tendenza dello street food, reinterpreteranno il Welsh beef IGP in chiave moderna e veloce. Inoltre punteremo molto sui social media: oltre a Facebook, Twitter e Instagram quest’anno lanceremo un blog interamente dedicato alle carni gallesi, con parecchie ricette e curiosità non solo sui prodotti, ma anche sul bellissimo Galles». Elena Benedetti

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Carne bovina e ovina di Alta Qualità ottenuta da risorse sostenibili

Dawn Meats, fondata nel 1980 a Waterford nel sud dell’Irlanda, è cresciuta in modo costante Àno a diventare oggi una delle principali realtà produttive irlandesi, con stabilimenti anche in Inghilterra, Scozia e Galles. Dawn Meats è rimasta fedele ai principi dell’impresa familiare ed al suo radicamento agricolo, con una forte attenzione all’innovazione ed alla sostenibilità, ponendo un costante impegno nel miglioramento della qualità e del servizio al cliente. Dawn Meats considera il mercato italiano uno dei più importanti ed è

un fornitore di riferimento per gli acquirenti di carne bovina ed ovina. L’ufÀcio commerciale di Parma è stato creato appositamente per essere vicino alle esigenze dei clienti e consolidare partnership solide e durature. Dawn Meats fornisce carne bovina in osso di scottona e vitellone e carne ovina in osso, nonché la gamma completa dei tagli anatomici sottovuoto. Produce inoltre hamburger congelati da carni di razze pregiate e piatti pronti slow cooked, disponibili sia in formato retail che food service.

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Passione Preparati Planet 2.0 Francesca Santin ci racconta il suo nuovo circuito di alta formazione che unisce l’Italia da Nord a Sud di Elena Benedetti

V

i ricordate la macelleria nella quale si trovava soltanto la classica fettina? Ecco, questo è uno scenario oramai abbondantemente archiviato. Nelle botteghe moderne l’offerta di preparati e pronti a cuocere è già una realtà, con prodotti di gastronomia e piatti pronti anche a base di verdure e di legumi. Ed è proprio questa la nuova strategia che FRANCESCA SANTIN, ideatrice del progetto iniziato nel 2013, ha consolidato negli ultimi mesi con Passione Preparati Planet, un vero e proprio network che aiuta macellai e operatori del settore a proporre ai propria clienti un’offerta il più possibile varia, attraverso ricette genuine e gustose. «Passione Preparati era nata dall’esigenza di dare una risposta alle nuove tendenze del mercato italiano della carne e non solo» aveva raccontato Francesca a EUROCARNE POST lo scorso anno. «Abbiamo cominciato tre anni

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fa con il fare formazione on-line, anche attraverso i social network, ad una serie di macellerie, proponendo sempre nuovi stili e ricette e insegnando non solo a cucinare, ma anche a confezionare e impacchettare. Sono convinta, infatti, che la filiera non finisca sul banco della vendita ma sulla tavola del consumatore». Andiamo ora a scoprire le ultime novità di questa vulcanica vicentina che coordina e aiuta un’ampia rete di maestri delle carni dalle Alpi alla Sicilia. Francesca, quali sono le novità di Planet? «Il nuovo circuito è nato da un’esigenza comune dei punti vendita che da anni seguono la filosofia di Passione Preparati. L’idea è stata quella di creare un’ulteriore innovazione nell’ambito della macelleria, tenendo conto delle nuove tendenze e degli stili del mercato attuale».

Come operate? «Attraverso una presenza costante h 24 on-line e sul territorio». A chi si rivolge Passione Preparati Planet? «A chi opera nel settore carnegastronomia-ristorazione e a chi ama contaminare questo ambiente con altri settori ancora, avendo voglia di crescere e di esprimere la propria creatività in gruppo». È un gruppo chiuso? «Assolutamente no! Non vogliamo caste, ma l’unità di un settore che ha la necessità di fare il salto per sopravvivere e rinnovarsi. Per questo servono conoscenza e formazione». La comunicazione social vi da una mano? «Certamente, siamo nell’era dei social, dell’interattività e questa è una benedizione per tutti noi! Mai

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ad esempio il glutine) per garantire una macelleria sana e per tutti. Ma è anche colui che allestisce i banchi di vendita in maniera accattivante, contribuendo in modo significativa a rendere il suo punto vendita una vera “boutique del cibo”, che conosce e sceglie gli imballi più innovativi e li usa sapientemente perché sa che la filiera certificata è fino alla tavola del consumatore e non finisce nel banco espositivo. Ed è il professionista delle cotture, che sa usare correttamente tutte le attrezzature di ultima generazione, limitando gli sprechi e ottimizzando la materia prima». Si delinea una figura completa e a 360° dal prodotto alla comunicazione «Sì, un professionista delle carni che in macelleria cura anche il marketing». Concretamente cosa significa far parte di questo circuito? «Significa essere comodamente a casa e contemporaneamente in contatto con la community di Passione Preparati; accedere a video su corsi, tutorial, slide e beneficiare di un’assistenza tecnica continua con tutor scelto da Passione Preparati che condivide la stessa filosofia e visione del business».

Francesca Santin, ideatrice del progetto Passione Preparati Planet. come ora riusciamo a raggiungere persone in varie parti d’Italia o del mondo con un clic, comodamente da casa nostra. Per questo abbiamo pensato di sfruttare al meglio la tecnologia, proprio per innovare il settore». Quali sono gli obiettivi che il circuito intende raggiungere? «Gli obiettivi che ci siamo prefissati sono molteplici: vogliamo creare più figure professionali all’interno del punto vendita alle quali siano trasferite competenze specifiche. Il maestro macellaio, figura indiscussa in Passione Preparati e pilastro fondamentale, è colui che

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segue e seleziona la materia prima dalla stalla al taglio della carne, che presta costante attenzione a tutta la filiera della carne ed esegue i piani di auto controllo, la rintracciabilità per lotto e l’etichettatura secondo le nuove normative CEE vigenti. Ecco, questa figura va tutelata e promossa con le nuove leve junior». Francesca, come lo immagini il professionista del pronto a cuocere oggi? «È colui che sa selezionare i tagli e le carni da usare, che cura le ricette tenendo conto delle eventuali intolleranze alimentari, che sa manipolare il prodotto evitando contaminazioni con allergeni (come

Dove è la sede dei corsi? «Presso l’Holistic Center Food a Bolzano Vicentino, in provincia di Vicenza. Qui da tre anni organizziamo con regolarità i nostri corsi. Grazie alla collaborazione con altre realtà del mondo della ristorazione stiamo per aprire altre quattro sedi sul territorio italiano per agevolare gli iscritti al circuito, accorciando le distanze e abbassando i costi di trasferta. Il nostro slogan è “il piacere di stupire con innovazione e lungimiranza”. Siamo sicuri che il nuovo format e circuito sarà, per chi ne farà parte, una vera fonte di energia avendo in quasi tutte le regioni italiane dei negozi pilota che aderiscono al progetto e che quotidianamente traducono in realtà le idee e i progetti del Planet». Elena Benedetti

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Sezioni regionali del circuito Italia Planet Liguria Macelleria da Carlo (GE) Matteo Favareto (SV)

Macelleria Carratu’ Giovanni (SA) Macelleria Iavazzo dal 1988 (NA) Macelleria Felice Siani (SA)

Piemonte Macelleria da Premio & Antonio (TO) Macelleria Alfonso & Tina (TO) Il Salumaio (NO)

Puglia Macelleria Loverre (BA) Macelleria Francesco Quercia (BA) D’Ambrosio Carni (BR) Macelleria Paolo Rosato (LE) Gastronomia Cro.me. di Fabio e Antonio (FG) Macelleria Paolo Rosato (LE)

Lombardia Gastronomia Contini 2.0 (CR) Macelleria Zanchi (MN) Gianni Macelar Radice (VA) Veneto Santin Francesca (VI) La macelleria di Luca e Diego Breccia (VI) La Bottega della carne (VI) Andrea Povolo (VR) Carni & Gourmet (VE) Cavarzano Carni (BL) Macelleria Massimo Peron (PD)

Sicilia Macelleria del Viale Salvatore Patorno e figlio (PA) Michele Napoli (PA) F.lli Aiello (PA) Macelleria Occhipinti Gaetano (RA) Macelleria Santangelo (AG) Tipica Norcineria dei Nebrodi (ME)

Trentino Alto Adige Macelleria dal Massimo Goloso (TN) Emilia-Romagna Macelleria Piasentina (PC) Toscana Macelleria da Stefano e Patrizia (SI) L’Arte delle Carni (LI) Molise Macelleria Coccagno (CB)

Passione Preparati Planet e Junior

Marche La Bottega Della Carne (AN)

Contatto: Francesca Santin Mobile: 331 6670403 E-mail: info@passionepreparati.it Web: www.passionepreparati.it

Lazio Palber Srl (RM) Angelucci Mario (RM) Macelleria Rossetti (RM)

Pagine Facebook: PassionePreparati PassionePreparatiPlanet PassionePreparatiE-senza

Basilicata Alessandro di Leo (MT)

Holistic Center Food Via Gorizia 8 36050 Bolzano Vicentino (VI)

Campania Scaramuzzo Scsarl (BN)

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CARNE E CULTURA

Consuming Life Un macellaio, uno scultore e un filosofo raccontano l’essenza della carne agli Americani

P

rendete uno scultore, un filosofo e un macellaio e portateli a Worcester in Massachusetts, USA. I tre sono legati, oltre che dallo stesso nome di battesimo, anche da un’amicizia e dall’appartenenza ad un territorio di origine, quello toscano, che da sempre esercita un forte imprinting nel loro essere. Ciascuno è protagonista del proprio mondo, che sia arte e design, insegnamento del pensiero filosofico o arte della lavorazione e trasformazione delle carni e ognuno è fortemente legato alla propria regione, ai prodotti della

terra e al fare e vivere le cose come si deve. E così lo scorso maggio i tre sono partiti per dar vita e forma al progetto Happy Hours (Consuming Life). L‘idea è nata da un pensiero: creare un filo conduttore tra una performance di ANDREA SALVETTI, di professione artista, scultore e designer di Lucca, abbinata a riflessioni filosofiche di ANDREA BORGHINI, docente di filosofia al College Holy Cross di Worcester, passando attraverso le mani (e i coltelli) del macellaio e norcino ANDREA FALASCHI, della Macelleria Norcineria Sergio Falaschi di San Miniato, Pisa.

Arte, filosofia, macelleria unite in un progetto “uno e trino” Un progetto semplice in sé ma molto spettacolare nella realizzazione. «In pratica, si è trattato di disossare un maiale e inserirlo in una corazza di alluminio a forma di maiale, realizzata per l’occasione da Andrea Salvetti, e fare una cottura sul fuoco a terra. Un’esperienza forte e suggestiva» ci ha raccontato Andrea. «L’animale proveniva da un allevamento locale in cui i capi vengono cresciuti in maniera molto naturale». Insieme agli alunni di Andrea Borghini è stata poi sviluppata

La demo di sezionamento e taglio delle carni suine ad opera di Andrea Falaschi della Macelleria Norcineria Sergio Falaschi di San Miniato, Pisa.

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Le carni di maiale sezionate ritrovano la loro collocazione nello stampo-scultura ad opera di Andrea Salvetti. Nelle cosiddette “sculture da fuoco”, ci ha raccontato Andrea, viene messo in scena un rituale sacrificale e il maialino, con la sua armatura, compie il suo ultimo viaggio sul carbone verso la tavola.

“Abbiamo cotto la carne all’interno della ‘scultura da fuoco’, mentre Andrea traghettava gli studenti verso una riflessione sull’atto sacrificale, sui valori nutrizionali e sulla scelta stessa della carne in chiave filosofica”

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la parte didattica del sezionamento e del disosso dell’animale. «Abbiamo cotto la carne all’interno della scultura, mentre Andrea “traghettava” gli studenti verso una riflessione sull’atto sacrificale, sui valori nutrizionali e sulla scelta stessa della carne in chiave filosofica». Un angolo di Toscana in America La seconda tappa del viaggio statunitense è stata il Center for Discovery dello chef CESARE CASELLA (www. thecenterfordiscovery.org), a Hurleyville, a circa due ore di auto da New York. Per restare in tema di toscanità, anche Cesare Casella proviene da questa regione, essendo nato a Lucca, anche se vive negli Stati Uniti da oltre vent’anni. «Questo è un centro di reintegrazione per ragazzi affetti da autismo. Abbiamo sezionato un suino allevato nella loro azienda agricola e poi lo abbiamo “ricomposto” nella scultura di

Andrea Salvetti e anche qui abbiamo effettuato la cottura a terra per circa cinque ore, sul fuoco» prosegue Andrea Falaschi. «Non è la prima volta che mi capita di lavorare negli USA, per progetti diversi, ma devo ammettere che diventa sempre più stimolante insegnare a ragazzi appassionati del cibo, il food, di come ci nutriamo e o, meglio, dovremmo nutrirci, il nostro metodo tradizionale di trattare e lavorare le carni. Sentono molto la necessità di imparare quelle che sono le nostre tradizioni. Insegnare a giovani che si avvicinano al traditional food in un mercato vasto come quello degli Stati Uniti è veramente una bellissima esperienza». >> Link: www.andreasalvetti.eu www.sergiofalaschi.com www.holycross.edu Nota Photo © Gianna Viviani.

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In alto: Andrea Salvetti, artista, scultore e designer di Lucca. In basso: la cottura della carne, tra le braci a terra.

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Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace. In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato. Professionalit con totale Þducia.

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Cibus 2016, quando le ciambelle escono col buco Parma si riprende il ruolo di guida del made in Italy agroalimentare: 3.000 aziende espositrici su 130.000 m2, 72.000 visitatori di cui 16.000 operatori esteri e 2.200 top buyer. È la migliore edizione di sempre dicono gli organizzatori, che, tra un sorriso e l’altro, lanciano un nuovo evento per il 2017. Cibus è tornato! di Gaia Borghi

“N

on sempre tutte le ciambelle escono col buco” si è soliti dire quando qualcosa, magari progettata da tempo, investendo tempo e fatica e riponendovi mille speranze, non

va proprio come ci si aspettava. Ma non è questo il caso: dopo l’anno di Expo e di Milano capitale, la ciambella Cibus 2016 preparata, cotta e servita da Fiere di Parma è riuscita anche meglio del previsto,

Questa è la migliore edizione di sempre, ha commentato Elda Ghiretti, Cibus brand manager. E sull’onda di questo entusiasmo, il salone raddoppia: l’appuntamento è infatti già nell’aprile del 2017 con il nuovo “Cibus Connect”.

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Nello stand di Alcar Uno di Castelnuovo Rangone (MO), Santino e Miriam Levoni con i figli Lorenzo, Luca e Leonardo. anzi, ha sbalordito persino gli stessi organizzatori. Un’edizione da record, praticamente sotto ogni aspetto, e i dati di fine fiera sono lì a dimostrarlo: 3.000 aziende espositrici su 130.000 m2 di superficie, 72.000 visitatori, dei quali 16.000 provenienti dall’estero, e 2.200 top buyer. Numeri mai toccati in precedenza si dice: si pensi solo che due anni fa i visitatori erano stati 67.000 e gli operatori esteri 13.000. La differenza c’è e si è vista. «È la migliore edizione di sempre — ha commentato ELDA GHIRETTI, Cibus brand manager — e ha visto il comparto agroalimentare italiano presentarsi con circa mille innovazioni di prodotto, pronte a conquistare i mercati esteri e recuperare posizioni su quello interno. Inoltre, abbiamo notizia di un alto volume di affari conclusi o ben avviati, con la piena soddisfazione delle aziende e dei buyer esteri e italiani». È vero, sul fronte della viabilità le cose da migliorare sono ancora parecchie e, magari, controllando il calendario fieristico annuale, si potrebbero scegliere date più consone

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per evitare di “scontrarsi” con altri saloni, agevolando la partecipazione degli espositori e degli operatori in visita, ma… Oggi non saranno i “ma” a richiamare la nostra attenzione. Oggi, come è giusto che sia, ci godiamo questo clima di rinnovato entusiasmo e guardiamo il bicchiere mezzo pieno, perché i successi e i meriti vanno prima di tutto riconosciuti e debitamente festeggiati. Cibus è tornato! «Bilancio semplicemente straordinario» sottolinea ANTONIO CELLIE, amministratore delegato di Fiere di Parma che, forte anche del nuovo accordo decennale firmato con FEDERALIMENTARE, riconsegna al salone parmense il ruolo di guida nella promozione mondiale del made in Italy alimentare. «Abbiamo raggiunto una visibilità incredibile» prosegue Cellie. «D’altronde, due anni fa lo avevamo promesso: avremmo riportato questa fiera al centro del made in Italy alimentare e ci siamo riusciti». E c’è di più: infatti, non solo Cibus ha vinto la propria sfida raggiungendo con

successo il traguardo di questa brillante edizione ma ha scommesso sul futuro, proprio e del settore tutto, investendo in un nuovo format che si svolgerà negli anni dispari con il nome di Cibus Connect e occuperà i padiglioni all’ingresso Ovest di Fiere di Parma. «In pratica Cibus ritorna annuale» osserva Celie. «L’edizione numero uno di Cibus Connect si svolgerà il 12 e 13 aprile 2017: praticamente quando finisce Vinitaly iniziamo noi, così possiamo

“Soddisfazione è stata espressa dagli organizzatori sia per il grande afflusso di visitatori che per la dinamicità della manifestazione, durante la quale sono stati presentati oltre mille nuovi prodotti e tutti i più noti chef si sono esibiti in show cooking”

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ottimizzare l’incoming dal mondo creando in un’unica settimana il meglio del food & wine italiano». L’evento, come è stato spiegato durante la presentazione, comprenderà un forum internazionale con esperti del settore che arriveranno a Parma da tutto il mondo ed una forma espositiva più “leggera”, specificatamente indirizzata al mondo della Grande Distribuzione. «Questo format degli anni dispari — continua l’AD di Fiere di Parma — è conforme alle esigenze delle aziende alimentari, che, proprio in quello stesso periodo, hanno già fatto un grande investimento con la fiera di Anuga a Colonia e quindi vogliono un evento dedicato solo al made in Italy in Italia e lo vogliono con un format leggero, ispirato al modello della fiera olandese del private label Plma. Niente stand, quindi, ma spazi modulari tipo desk e una VIP lounge dove poter ricevere ospiti e far cucinare per loro». Parola d’ordine, semplificazione. Istituzioni presenti Uniti contro la pirateria e lotta dura alla contraffazione, migliorare la comunicazione e la promozione delle nostre eccellenze agroalimentari sui mercati esteri e affrontare le sfide sul piano della sicurezza e dell’innovazione delle filiere. E ancora, promuovere l’idea di un’alimentazione sana, equilibrata, che privilegi le tipicità regionali e vada a sfatare i nuovi miti dietetici oggi di moda, partendo da una sinergia tra imprenditoria e ricerca scientifica, con medici e nutrizionisti alleati delle aziende per far chiarezza e fornire aiuto in termini di consapevolezza nell’acquisto ai consumatori confusi da allarmi spesso sproporzionati, paure e criminalizzazioni, sostenendo al contempo il comparto alimentare. Sono questi i tratti salienti che emergono dal messaggio “istituzionale” di Cibus, coi ministri MAURIZIO MARTINA, BEATRICE LORENZIN e il presidente di FEDERALIMENTARE LUIGI SCORDAMAGLIA in prima fila alla cerimonia inaugurale del salone. «Cibus — ha dichiarato ad esempio il ministro delle Politiche Agricole — è un’occasione per far

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In alto: nello stand della Dawn Meats, Fabrizio Pavesi, Darragh e Ciaran O’ Connor e Erika Untersteiner. Al centro: Simone Valli, Walter Marfisi, Sergio e Federico Tassi. In basso: Riccardo Mazzanti e Raffaella Nateri di Finpesca.

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Il gazebo della STEF offriva ricariche ai visitatori in riserva. avanzare l’esperienza agroalimentare nella sua unitarietà. Maggiore collaborazione tra produttori e trasformatori è utile per tutti». Per Beatrice Lorenzin, troppo spesso si dimentica che il cibo è il primo medicinale e malattie cardiovascolari, diabete e tante altre patologie possono essere prevenute e migliorate a partire dalla tavola. «Questo è il salone dell’alimentazione e l’alimentazione è appunto il primo passo per stare bene. Ecco perché spero che sul cartellone di

ingresso del prossimo Cibus ci sia anche il logo del Ministero della Salute». I sorrisi e i commenti degli espositori Soddisfatti, rilassati, indaffarati ma felici e, soprattutto, sorpresi, piacevolmente sorpresi: questi sono i tratti comuni di un’ideale fotografia degli espositori incontrati in fiera, con i quali è stato finalmente davvero piacevole scambiare quattro chiacchiere perché tutti, in gene-

100% qualità Bovillage, 100% il gusto che ami È questo il claim della nuova campagna di comunicazione e promozione in Italia: la marca Bovillage è da sempre espressione di carne bovina di qualità che ben si sposa con il gusto e la tradizione tutta italiana. Presso lo stand Bovillage in fiera sono state distribuite delle brochure informative e il pubblico di professionisti si è avvalso della presenza e della consulenza dei responsabili delle aziende del CVBE-Club delle aziende esportatrici francesi in aree dedicate e attrezzate. Al fine di favorire nuovi accordi commerciali e consolidare le relazioni esistenti presso lo stand è stato anche organizzato un aperitivo dedicato agli operatori di settore e alla stampa. Dal 2009 la Francia è il primo fornitore di carne bovina fresca e refrigerata dell’Italia: le esportazioni francesi di carne bovina fresca e refrigerata si sono attestate oltre 79.800 tonnellate nel 2015. L’Italia, il cliente numero uno della Francia, rappresenta il 33% delle esportazioni francesi di carne bovina, fresca, refrigerata e frattaglie, in volume. >> Link: www.sopexa.com

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rale, si sono dichiarati soddisfatti dell’andamento del salone, con tante e variegate presenze straniere da segnalare, presenze interessate e competenti, e persino contratti chiusi e firmati allo stand come non accadeva da tempo. «Siamo molto contenti» mi dice DINO NEGRINI della Negrini Salumi di Renazzo (FE). «Abbiamo avuto tantissimi contatti, anche decisamente inaspettati direi. Quest’anno, oltre alla nostra gamma tradizionale, abbiamo presentato due novità in fiera: il “Prosciuttino”, un prosciutto cotto senza cotenna, dal gusto dolce, delicato, e la mortadella “Nera”, preparata con la carne di varie razze europee di suino nero, come la Cinta senese, la Casertana, il Gascon francese, il Nero iberico e la Large Black». La Nera viene insaccata in vescica naturale e con una concia volutamente molto semplice per non alterare il sapore della carne e il suo grasso, che sono il vero valore aggiunto del prodotto. «Siamo molto soddisfatti di questa edizione di Cibus» mi dice VINCENZO ROTA della San Vincenzo Salumi di Spezzano Piccolo (CS), storico produttore di insaccati tradizionali calabresi. «Il nostro stand è stato sempre molto trafficato e visitato durante tutte le giornate. In fiera abbiamo lanciato gli affettati in bipack da 100 grammi con due prodotti: salumi e formaggi. Si tratta di un formato pensato per piccoli aperitivi, merende, per farsi un panino al volo. Per chi vuole gustare i salumi (e anche i formaggi) della nostra tradizione. Inoltre, abbiamo creato un nuovo marchio: “Sud & Italy”. Il made in Italy è sicuramente un concetto forte, che richiama il consumatore a un’origine italiana del prodotto ma noi non ci identifichiamo in pieno nel solo concetto di italianità. Per questo motivo facciamo leva, anche a livello comunicativo, sulla nostra terra, sul Sud. E questo non solo per ovvi motivi geografici ma anche e soprattutto per la cultura gastronomica, per le nostre tradizioni e per i nostri valori. Siamo gente del Sud e siamo anche Italiani, e a tavola lo siamo ancora di più!».

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1/2) Il Centro Carni Company di Tombolo (PD), in fiera con la linea dei nuovi burgers gourmet “You & Meat”. 3) Valentina Avanzi e Stefano Queirolo nello stand della Quabas. 4) Bovillage, la marca collettiva di carne bovina francese, si è confermata tra i protagonisti del salone. Ci spostiamo per assistere ad un vero e proprio show allo stand del Consorzio del Prosciutto di Modena DOP che ha chiesto a DANIELE REPONI, cuoco modenese e protagonista della trasmissione RAI “La prova del Cuoco”, di creare quattro originali panini i cui ingredienti consentissero di esaltare la versatilità di questo straordinario prosciutto crudo, saporito ma non salato, dal profumo dolce e intenso. Reponi ha così unito al prosciutto altre eccellenze del territorio da cui proviene come gli amaretti e il prezioso aceto balsamico tradizionale di Modena DOP, la confettura di amarene brusche e il Parmigiano Reggiano 30 mesi, le ciliegie di Vignola IGP, il tosone, la cotognata… Insomma, un tripudio di gusto che non può che confermare il successo di un prodotto oggi sempre più apprezzato anche fuori dai confini regionali e nazionali: in Germania, Inghilterra e Francia ma anche in Svizzera, Canada e Brasile.

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Restiamo in tema “prosciutto” ma ci spostiamo in Piemonte, e più precisamente a Cuneo, dove si produce un’altra gustosissima DOP, che ha radici storiche importanti e si sta facendo conoscere da un numero sempre maggiore di consumatori. «La nostra scelta primaria però è quella di non puntare sui numeri ma sulla qualità» dice CHIARA ASTESANA, presidente del Consorzio di tutela e promozione del Crudo di Cuneo DOP. «Cuneo ha un clima favorevole alla stagionatura dei prosciutti. Abbiamo la filiera più corta d’Italia e d’Europa: ciò significa che nel raggio di 30 km si svolge l’intero processo». Grande attenzione negli ultimi anni è stata posta all’aspetto nutrizionale del prosciutto, in particolare per quanto riguarda la percentuale di sale. «Per salare i prosciutti usiamo solo sale di Cervia — prosegue la Astesana — e la salagione avviene in tre tempi. Seguono la sugnatura e la stagionatura a 24 mesi. Il sale complessivamente è inferiore al

5%». Il Crudo di Cuneo è un prodotto di nicchia dalla dolcezza unica che viene distribuito solo nel canale tradizionale: attualmente lo si può acquistare in circa 250 salumerie, macellerie e ristoranti dislocate in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Ricordiamo che il Piemonte è una delle regioni più zootecniche d’Italia. Esso conta un patrimonio di 1 milione e 200.000 capi suini e vanta un’antica tradizione nella lavorazione delle carni e dei salumi. Gli allevamenti sono all’avanguardia per la tutela della salute e del benessere animale. «Cibus è una bella vetrina per la promozione delle nostre attività e per agganciare nuovi contatti» ha concluso la presidente del Consorzio. Torniamo in Emilia ma cambiamo salume: MARCELLO POMPONIO di Gigi Il Salumificio, da Castelnuovo Rangone (MO), ci apre le porte del meraviglioso mondo dei ciccioli. «I ciccioli sono il fiore all’occhiello della nostra azienda e a Parma

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Il grande spazio espositivo del Gruppo Cremonini di Castelvetro (MO). presentiamo le quattro versioni “aromatizzate” del prodotto fresco: al balsamico, al tartufo, al Lambrusco e al peperone». Accanto a queste proposte decisamente innovative, l’azienda ha presentato il bacon affumicato affettato, proposto anche in versione dolce, da 100 o da 500 grammi per l’HORECA. «Cibus è una bella vetrina promozionale, soprattutto per la clientela italiana. La nostra presenza in fiera è però legata altresì alla volontà dell’azienda di sviluppare nuovi canali e nuovi mercati: cercavamo quindi anche qualche buon contatto dall’estero». «Siamo entusiasti di questa edizione di Cibus» dichiara ANTONIO FALCONE dell’omonimo salumificio di Camigliatello Silano (CS). «La nostra azienda è presenti fin dalla prima edizione della fiera: Cibus ci ha dato la possibilità di crescere e di attivare contatti con la GDO. Oggi siamo presenti in Esselunga Coop e Conad». Quattro generazioni di cultura e tradizione del lavoro: questo è il motto della F.lli Falcone, una

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realtà storica della Calabria, nata nel 1846 come azienda di trasformazione delle carni e poi specializzatasi nella produzione di salumi. «La nostra azienda è stata fondata dal nonno Michele, poi è passata ad Arturo, poi ad Ugo e quindi a noi fratelli» prosegue Antonio. «A Cibus abbiamo presentato la ’nduja nelle varie grammature (da 100 grammi a 100 chili), un prodotto tradizionale noto in tutto il mondo che è riuscito a farsi conoscere attraverso la pubblicità più antica del mondo, il passaparola! Allo stand abbiamo in esposizione anche un prosciutto crudo stagionato 30 mesi, di razza autoctona. Lo stiamo valorizzando e riscoprendo grazie alle qualità nutrizionali delle sue carni». Ha aspettato la vetrina di Cibus per annunciare con una grande campagna di comunicazione multimediale il proprio manifesto: “O tutto, o niente. Noi abbiamo scelto tutto”, questo è lo slogan forte e dirompente che inaugura il nuovo secolo di Levoni, l’azienda di Castellucchio (MN) che si conferma tra i leader

del mercato, con i propri prodotti presenti, oltre che in tutta Europa, in America Centrale e in Sud America, nel Medio e nell’Estremo Oriente. «Tutti gli oltre 300 salumi a marchio Levoni sono ottenuti da suini nati, allevati e trasformati in Italia» spiega il presidente NICOLA LEVONI. «È una scelta coerente con la filosofia dell’azienda che da sempre cerca una qualità senza compromessi, offrendo al consumatore informazioni chiare per operare le proprie scelte. La decisione di esplicitare la provenienza delle carni è la naturale conseguenza del legame della nostra azienda con il nostro territorio. Qui vengono allevati i suini che utilizziamo per produrre i nostri salumi, qui è radicata la tradizione della lavorazione delle carni e qui, nella nostra azienda, da oltre 100 anni si tramanda da una generazione all’altra il sapere della produzione di salumi di qualità. Questo vale sia per la nostra famiglia, sia per le persone che, con passione, lavorano con noi».

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Inalca, primo polo strategico delle carni bovine in Italia In occasione di Cibus, presso lo stand del Gruppo Cremonini, l’amministratore delegato di Inalca Luigi Scordamaglia e Serafino Cremonini, direttore commerciale (in foto insieme a Claudia Cremonini), hanno illustrato alla stampa la recente ufficializzazione dell’acquisizione della cooperativa di allevatori Unipeg per 86 milioni di euro. In questo modo la società per azioni del Gruppo Cremonini diventa il polo numero uno in Europa per la lavorazione e la produzione di carni bovine. «Inalca rilancia e investe, rafforzando il modello che l’ha sempre caratterizzata» ha detto Scordamaglia. «Noi siamo produttori di carne e valorizziamo i prodotti italiani nel mondo. Con l’acquisizione di Unipeg-Assofood è stato realizzato il primo polo strategico privato delle carni bovine in Italia» ha poi aggiunto l’AD di Inalca. «Ora vogliamo crescere nella distribuzione estera. Inalca fino a ieri era un distributore di commodity e oggi con Inalca Food & Beverage vuole rafforzare e sviluppare la distribuzione delle eccellenze italiane nel mondo». >> Link: www.cremonini.com

Montana presenta i nuovi superburger con il packaging in skin Gli hamburger, nonostante le mode “strillate” contro la carne, sono di fatto i nuovi protagonisti della cucina gourmet, una tendenza sempre più apprezzata dai consumatori e valorizzata non solo dai numerosi ristoranti specializzati — hamburgerie gourmet — che aprono in tutte le città, ma anche dai principali chef a livello internazionale e dal mondo sempre più numeroso dei food blogger. Montana, principale produttore italiano di hamburger, accompagna da tempo questa tendenza e proprio all’interno della vetrina di Cibus ha presentato la nuova linea Hamburger Gourmet, realizzati con una ricetta semplice, gustosa e senza glutine, con carne al 100% da allevamenti italiani. Il gusto è garantito dall’innovativa lavorazione a bassa pressione che garantisce una perfetta consistenza e morbidezza anche a fine cottura. Altra novità riguarda il Superburger in skin, «una confezione innovativa che offre il vantaggio di allungare i tempi di conservazione mantenendo inalterata la qualità della carne, conferisce maggiore tenerezza alla carne consentendo il proseguimento della frollatura in assenza di ossigeno, riduce gli spazi di ingombro in frigorifero e, infine, è completamente riciclabile» ha detto Serafino Cremonini, nel corso della presentazione del prodotto alla stampa. Entrambi i prodotti sono stati al centro di un live cooking show dello chef Sergio Ferrarini, responsabile Ricerca & sviluppo e formazione prodotto della Marr, che ha preparato un miniburger con formaggio e un maxiburger con verdure. Ciò che contraddistingue gli hamburger Montana è la filiera bovina integrata tutta italiana: il presidio, dall’allevamento alla distribuzione del prodotto, permette all’azienda di garantire controlli adeguati ad ogni passaggio e di migliorare l’efficienza produttiva. Ciò si traduce in risultati tangibili per il consumatore, sia in termini di sostenibilità ambientale — come la “Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EPD)” realizzata sull’hamburger —, che di convenienza economica. In particolare, risulta che il consumo di acqua per produrre un hamburger Montana da 100 grammi è di 54 litri, circa trenta volte in meno rispetto ai dati internazionali 1,2. >> Link: www.montanafood.it

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1) Il Consorzio del Prosciutto di Parma in fiera anche per sostenere i propri associati. 2) La Levoni di Castellucchio (MN) ha lanciato a Cibus il suo manifesto, una grande campagna di comunicazione multimediale ispirata al “tutto made in Italy”. 3) L’industria alimentare Casale Spa di Casale di Felino (PR) a Cibus insieme al Salumificio S. Pietro di Lesignano de’ Bagni e alla Selva Alimentari di Langhirano (PR). 4) La Leoncini di Lazise (VR). 5) Galbani ha presentato in fiera un’intera linea di formaggi senza lattosio. 6) L’azienda Paganoni di Chiuro (SO) specializzata nella produzione di bresaola.

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Mauro Bernardini, della Bernardini Gastone di Cenaia Crespina (PI), salumi e prodotti affumicati, in particolare selvaggina, come vuole la tradizione toscana.

Altro protagonista a Cibus è il Consorzio del Prosciutto di Parma, con uno stand bellissimo e tutta una serie di appuntamenti volti a celebrare il recente riconoscimento di Parma come “Città creativa per la Gastronomia UNESCO”. «Questa è anche una responsabilità maggiore per noi» dice CLAUDIO LEPORATI, responsabile marketing del Consorzio del Prosciutto di Parma. «Se dal punto di vista qualitativo non ci preoccupiamo, perché abbiamo prodotti interessanti, lo dimostra il riconoscimento della città che a sua volta è un grande riconoscimento per i prodotti, dall’altro lato è uno stimolo per lavorare sempre meglio e continuare a mantenere il prodotto “alto”. Il segreto è la semplicità, un prodotto naturale fatto con pochissimi ingredienti. Siamo qui per supportare i nostri consorziati che

non hanno lo stand: Cibus riesce a catalizzare l’interesse di moltissimi buyer, soprattutto stranieri. Non dimentichiamoci poi della XIX edizione del Festival del Prosciutto di Parma che anche quest’anno torna a settembre con chef stellati, buon cibo, musica e cultura». Molto soddisfatto di questa partecipazione al salone parmense anche MAURO BERNARDINI della Bernardini Gastone di Cenaia Crespina, Pisa, in fiera con le produzioni affumicate anche di selvaggina e ittiche, così come CINZIA DOGLIA, responsabile commerciale della parmense Gualerzi Spa, e il giovane ALEXANDRE BERTOLIN, del Salumificio artigianale Maison Bertolin di Arnad (AO). A Parma l’Italia non è mai stata così compatta e “unita”. Gaia Borghi

Gran festa per i 20 anni del Gruppo Suincom Nel 1996 un gruppo di manager con lunga esperienza dava vita ad un’azienda che da subito si collocava ai vertici nazionali del settore della lavorazione e commercio delle carni suine. Oggi, grazie alle acquisizioni di BP Prosciutti, azienda specializzata nei prosciutti crudi, e di Royal Prosciutti, con il moderno impianto di Sala Baganza dotato di una capacità di stagionatura di oltre 1 milione di prosciutti e abilitato al mercato USA, il Gruppo Suincom controlla tutta la filiera del crudo. Un fatturato che si aggira intorno ai 250 milioni di euro e oltre 350 addetti: questi sì che sono numeri da celebrare! In occasione di Cibus, infatti, proprio per festeggiare i primi 20 anni di attività di questa realtà importante e ottimamente posizionata sul mercato, si è tenuto un bellissimo evento nello stabilimento Royal, alla presenza di più di 280 persone. «Sono davvero onorato e commosso per la presenza di autorità e istituzioni, collaboratori, partner commerciali e dipendenti di Suincom alla festa per la celebrazione di 20 anni di attività», ha sottolineato il presidente del Gruppo Roberto Agnani (in foto con la figlia Valentina). «Sono orgoglioso della squadra che abbiamo creato in questi anni e che ci consente di essere un riferimento per le migliori industrie della salumeria e per la clientela del prosciutto crudo, Grande Distribuzione, grossisti e importatori stranieri. In un contesto di mercato difficile, e in considerazione del fatto che sui media si dà grande enfasi ai danni provocati dal consumo di carne senza alcun tipo di discernimento, ritengo che il comparto debba difendere il proprio lavoro, comunicando la qualità e la tradizione che lo accompagna». In fiera il Gruppo ha lanciato inoltre un nuovo prodotto, un prosciutto crudo stagionato unicamente con sale marino, totalmente privo di conservanti e glutine: il “Gran Naturale”.

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1) La Negrini Salumi di Renazzo (FE), in fiera con tante novitĂ . 2) I fratelli Falcone del Centro Carni Sila di Camigliatello Silano (CS). 3) Il mondo CLAI Salumi e Zuarina a Parma con tante gustose specialitĂ . 4) Arca Gualerzi, rinomato prosciuttificio di Pilastro di Langhirano (PR). 5) La Suincom di Solignano di Castelvetro (MO). Al centro Roberto e Valentina Agnani e una parte dello staff del Gruppo. 6) Vincenzo Rota della San Vincenzo Salumi di Spezzano Piccolo (CS). 7) Nello stand del Consorzio del Prosciutto di Modena Dop, la direttrice Anna Anceschi, il presidente Davide Nini e Daniele Reponi. 8) Chiara Astesana, presidente del Consorzio di tutela del Prosciutto crudo di Cuneo Dop.

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Made in Italy, made in future Cibus, la più grande manifestazione dedicata al cibo in Italia, ha aperto i battenti il 9 maggio. Ad avviare il dibattito, davanti a migliaia di produttori nazionali ed esteri e altrettanti visitatori e buyer, è stata Federalimentare, che ha celebrato l’assemblea annuale di fronte a istituzioni, operatori del settore e giornalisti. Lanciando una sfida a imprese e politica: cambiare per guardare avanti e cambiare tutti assieme di Sebastiano Corona

S

i respirava un’aria nuova all’inaugurazione della più importante fiera internazionale del food & beverage d’Italia. È evidente, infatti, che la crisi sia alle spalle, nonostante i segnali di ripresa nel Belpaese siano ancora davvero troppo timidi. Ma la “prova provata”

dell’inizio di un nuovo capitolo sono i dati sul numero degli espositori e dei visitatori, aumentati in maniera significativa. Questa edizione viene dopo l’EXPO di Milano, l’evento che ha segnato una tappa fondamentale per l’agroalimentare nazionale. Il padiglione Cibus dell’Esposizione

Universale, interamente smontato e rimontato all’interno di Fiere di Parma, ha rappresentato l’emblema del fatto che, dopo l’esperienza di Milano, il comparto non sia più lo stesso e che c’è un ponte virtuale tra quell’evento e questo. L’Italia ha accettato la sfida di raccontare

L’edizione 2016 di Cibus ha fatto registrare segnali positivi, che fanno ben sperare per il futuro del comparto del food & beverage.

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Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, Maurizio Martina, ministro del MiPAAF, Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, Gian Domenico Auricchio, presidente di Fiere di Parma, e Ivan Scalfarotto, sottosegretario allo Sviluppo Economico.

“La vera priorità di questo Paese, oggi, è eradicare il virus tutto italiano del sentimento anti-industriale. L’industria manifatturiera ha ancora un ruolo centrale nel creare ricchezza, lavoro, crescita e opportunità, ed è paradossale che in un Paese che il mondo invidia per genialità, determinazione e capacità creativa, il principale nemico sia proprio questo atteggiamento che frena lo sviluppo e impedisce uno sguardo al futuro”

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in modo nuovo il cibo, la cosa più antica del mondo. E ha vinto questa sfida introducendo quegli elementi di innovazione e di svolta che erano necessari per guardare finalmente al futuro. Più di una fiera, il simbolo dell’agroalimentare italiano In un contesto del genere non poteva che essere forte e chiaro il messaggio del numero uno di FEDERALIMENTARE all’assemblea annuale della federazione, tenutasi il giorno dell’inaugurazione della manifestazione alla presenza dei ministri BEATRICE LORENZIN e MAURIZIO MARTINA e del sottosegretario al MisE IVAN SCALFAROTTO. In prima battuta e per rendere omaggio a un evento che è divenuto sinonimo della migliore produzione nazionale, LUIGI SCORDAMAGLIA ha aperto la sua relazione precisando che è «limitativo definire Cibus una fiera, perché è molto di più: è il simbolo dell’agroalimentare italiano». Un simbolo destinato a diventare sempre più importante per i significati che assume anno dopo anno.

Cibus prima e meglio di altri ha colto l’importanza del binomio che tutto il mondo ci chiede: quello del made in Italy e del made with Italy, e quindi di una filiera nazionale che valorizzi la produzione agricola mondiale, grazie alla capacità di trasformare i prodotti in eccellenza, a prescindere dalla provenienza della materia prima. Ma parte da lontano Scordamaglia, quando dice che «è arrivato il momento di innovare e per innovare bisogna essere innanzitutto capaci di cambiare modo di pensare, di rinunciare a pregiudizi ideologici e di pensiero. La vera priorità del Paese, in questo momento, è eradicare il virus tutto italiano del sentimento anti-industriale. L’industria manifatturiera ha ancora un ruolo centrale nel creare ricchezza, lavoro, crescita e opportunità, ed è paradossale che in un Paese che il mondo invidia per genialità, determinazione e capacità creativa, il principale nemico sia proprio questo atteggiamento che frena lo sviluppo e impedisce uno sguardo al futuro».

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Uno sguardo forse per troppo tempo ostacolato anche da una politica che ha preferito cavalcare una visione demagogica, preoccupandosi più di come dividere la ricchezza, anziché di come crearla. Come fosse scontato che la ricchezza si crea comunque, a dispetto di tutto e di tutti. Ma non è affatto così. Il numero uno di FEDERALIMENTARE nazionale non esita però anche a fare un mea culpa riconoscendo che c’è una rivoluzione industriale e culturale che richiede preparazione e capacità. Imprese e manager si devono dunque mostrare all’altezza, cambiando il sistema produttivo e trasformandolo in un nuovo modo di fare industria. Non avere quindi paura dell’ingresso di capitali esterni, né di crescere. È arrivato il momento di smettere di pretendere la fetta grande di una torta piccola per aspirare invece al suo contrario, cioè alla fetta piccola di una torta grande. Perché questo i mercati internazionali impongono. E se l’industria

deve cambiare, non può che mutare di conseguenza il sistema della rappresentanza, sia imprenditoriale che sindacale. Nulla può più essere, infatti, come prima. L’Italia è il Paese caratterizzato dal divario più ampio tra salario e produttività, e così non può più essere: non si può più affrontare il futuro con strumenti e ideologie ottocentesche che tuttora sopravvivono, anche se il mondo è completamente mutato. Bisogna cambiare scenario e bisogna cambiarlo insieme, riducendo al minimo la conflittualità. E si fa ancora più preciso Scordamaglia, quando sostiene che «in un Paese come il nostro, dove pure l’agroalimentare è considerato il fiore all’occhiello, non è evidente solo la cultura anti-industriale, ma soprattutto quella contro l’industria alimentare. Una cultura che si rinnova e si rigenera ogni giorno, che provoca danni enormi, confondendo il cittadino e disorientandolo. Se una patologia come l’orto-

ressia, un disturbo alimentare caratterizzato dalla preoccupazione ossessiva di ingerire cibi pericolosi, colpisce oggi oltre mezzo milione di Italiani, significa che c’è qualcosa che non va nell’informazione. Siamo subissati di comunicazioni isteriche su regimi alimentari ora salvifici, ora malefici. Vengono eretti miti alimentari negativi o positivi difficilissimi da smantellare. Eppure viviamo un’era senza precedenti per salubrità dell’alimentazione, per controlli e ispezioni. E sono proprio i controlli, così rigidi, che fanno sì che emerga la notizia: è la dimostrazione che il sistema funziona. È anche grazie a questo sistema che gli italiani sono diventati i più longevi al mondo, addirittura superando i giapponesi; ma nessuno lo dice. L’Osservatorio Europeo sulla Sicurezza Alimentare ha accertato che in Italia la salubrità dei cibi è la quarta paura più diffusa, pari quasi alla paura del terrorismo e ad altre fobie del momento. Ed è chiaro che si fa audience cavalcando queste paure».

Istituzioni e industria in linea Sembrano completamente in linea con il numero uno di FEDERALIMENTARE i ministri presenti all’inaugurazione di Cibus 2016. Alla richiesta di LUIGI SCORDAMAGLIA di non fare dell’utilizzo della materia prima locale un fatto di ideologia pura che danneggia la trasformazione, MAURIZIO MARTINA ha risposto senza esitazione: «sono ministro delle Politiche Agricole, ma difendo l’industria e combatto una certa idea anti-industriale che non fa bene neanche agli altri settori. Serve un’esperienza unitaria dell’agroalimentare che possa contribuire al cambiamento del Paese». Nei distretti ci sono cose da migliorare, ma non tutto è da buttare. Sulla questione dei trattati TTIP, Martina sostiene che un accordo è necessario, anche se sulla sicurezza alimentare non si tratta. «Guai a leggere il Trattato e i suoi potenziali strumenti come un problema», ha detto il ministro delle Politiche Agricole. IVAN SCALFAROTTO, da sottosegretario del MiSE, ha invece dichiarato: «un cambiamento all’interno del comparto serve per fare sistema nella lotta alla contraffazione dell’Italian sounding, che passa anche attraverso un miglioramento e un aumento della comunicazione e della promozione del made in Italy con il retail estero, a partire da quello statunitense». Raccogliendo l’appello a garantire una migliore comunicazione, che eviti inutili scandali ed eccessivi sensazionalismi, BEATRICE LORENZIN, ministro della Salute, ha invece riferito che il suo operato è stato improntato sin da subito a riportare chiarezza su ciò che è vero e ciò che non lo è, su ciò che è scienza e ciò che non lo è, nel mondo terapeutico, come nel resto degli ambiti che le competono come dicastero. La Lorenzin, che al taglio del nastro si è presentata con suo figlio in braccio, ha ricordato che il comparto deve lavorare per garantire agli Italiani prodotti genuini «nella consapevolezza che il cibo è il primo medicinale» e che numerose patologie possono essere prevenute anche con una dieta equilibrata. E a sorpresa ha annunciato: «l’alimentazione nelle scuole è importantissima; per questo, su spinta anche di tanti genitori che mi hanno scritto, ho mandato i Nas per fare controlli a campione nelle mense scolastiche e per verificare se la qualità e la quantità dei cibi siano conformi. I controlli sono già partiti — ha spiegato la Lorenzin — del resto queste cose prima vengono fatte e poi annunciate». A proposito di diete inappropriate ha anche aggiunto: «assistiamo a casi limite in cui devono intervenire i tribunali perché a dei neonati vengono somministrati i nutrienti necessari per crescere. Tutto questo è inaccettabile».

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Errori di comunicazione e danni serissimi al comparto Una corretta informazione non può prescindere però da una trasparente e autorevole valutazione del rischio: non si può più prendersela con i media se non è chiaro cosa fa male e cosa no. «Alla stampa però va chiesto, pur senza sottovalutare i rischi, di evitare le criminalizzazioni generiche, le comunicazioni allarmistiche, e soprattutto quelle prive di fondamento scientifico», precisa il presidente di FEDERALIMENTARE, che aggiunge: «allo stesso tempo bisogna pretendere serietà e professionalità dagli organismi internazionali di riferimento; si deve anche avere il coraggio di contestare quando sbagliano o, peggio, quando si fanno strumentalmente utilizzare. Il caso dell’OMS è emblematico: ha provocato gravi danni a moltissimi settori, dallo zucchero alla carne, ammettendo poi in un secondo momento l’inadeguatezza delle basi scientifiche dei propri report. Nelle carni è successo qualcosa di incredibile: errori comunicazionali, poi ammessi; valutazioni su prodotti a base di carne che adesso dicono non essere neanche presenti in Europa ma solo in altri Paesi. Una comunicazione inopportuna, che ha causato danni serissimi al comparto». L’Europa siamo noi (?) Luigi Scordamaglia è ancora più esplicito quando parla dell’Europa. «Un’Europa impotente, bloccata a metà del guado, che legifera su cose di scarsa importanza, salvo poi defilarsi il più possibile e lasciare campo aperto agli Stati Membri. Noi, europeisti convinti, di questa Europa non sappiamo che fare. Siamo favorevoli a un innalzamento massimo degli standard qualitativi, se questi sono uniformi e omogenei a livello comunitario. Noi, la concorrenza e la competizione, le facciamo sulla qualità: trasformiamo latte e carne in qualcosa che i nostri amici tedeschi non riusciranno mai a creare». La materia prima è sempre la stessa, pertanto non si comprende — precisano da FEDERALIMENTARE — perché in Italia

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debbano essere fissate regole più severe per i produttori, se poi il prodotto di altre economie arriva nel nostro mercato interno. Solo per fare un esempio: se si vieta in Italia di fare passata di pomodoro dal concentrato e non lo si impedisce alla Germania, è evidente che i produttori locali saranno penalizzati e che ai consumatori arriverà di tutto. E non ci si può convincere che, se buona parte della mozzarella delle pizzerie italiane è tedesca, non sia solo perché in Germania sono consentite delle tecniche di lavorazione a noi vietate. Stessa cosa dicasi per il succo d’arancia, che in Italia deve rappresentare il 20% del prodotto, salvo poi sopportare la concorrenza di chi, a un chilometro di distanza dal confine, può invece fare quello che vuole. Ed è qui che Scordamaglia, all’inaugurazione di Cibus, ha chiamato in causa il ministro Martina, ricordandogli che su questa questione il suo dicastero ha una grande responsabilità, perché non ci si può rassegnare ad accettare scorciatoie che creano due pesi e due misure in un mercato unico. Ma a scanso di equivoci precisa: «noi come industria siamo i primi a volere che la produzione agricola di questo Paese si rafforzi. Siamo terrorizzati quando chiudono le aziende agricole. Molti di noi non vivono senza agricoltori. L’industria italiana non delocalizza, ma trasforma in loco creando ricchezza, lavoro, fiscalità e tutto il resto. Non vogliamo però neanche che venga fatta della ideologia pura sull’importazione di materia prima, di cui abbiamo assoluta necessità, che scegliamo, selezioniamo, validiamo e impieghiamo in quella che è la migliore trasformazione del mondo». L’industria alimentare italiana c’è In conclusione, da FEDERALIMENTARE hanno ricordato una serie di questioni di primaria importanza a cui bisogna fare attenzione assoluta. La prima è che della Russia non si può fare a meno, al contrario di quanto pensa la Commissione europea. Sempre in fatto di esportazioni, è importante riorganizzarsi superando i

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limiti dimensionali delle imprese e coprendo la rete distributiva dell’ultimo miglio, che è quanto finora ci ha impedito di essere presenti in tutti gli scaffali e ha lasciato il posto — anche legittimamente, visto che noi non ci arriviamo — all’Italian sounding. E su un tema molto sentito come il TTIP, FEDERALIMENTARE spiega perché il Trattato rappresenti un’opportunità e non una condanna. È falso, sostiene Scordamaglia, che sia un tentativo per smantellare gli standard comunitari e per farsi invadere dalla carne agli ormoni o dagli OGM. In più, non si intravedono alternative alla cooperazione: «o noi scriviamo le regole con gli Stati Uniti o gli Stati Uniti le scriveranno con l’altra sponda, non dell’Atlantico, ma del Pacifico, e noi le subiremo», ammonisce. Innovazione significa anche questo: accettare che i nostri prodotti non siano immutabili e che si fa innovazione anche adattandoli alle nuove esigenze. Ciò di cui dovremmo preoccuparci è che l’Italia, ormai è evidente, sta agganciando la ripresa molto meno di altri Paesi europei che hanno potenzialità inferiori. Il motivo è riconducibile a un sistema pubblico oggettivamente più inefficiente e inutilmente più dispendioso degli altri. In secondo luogo, la nostra produttività media è e rimane eccessivamente bassa. La vera sfida viene quindi adesso: «bisogna dare attuazione alle scelte politiche vincendo la madre di tutte le battaglie, cioè la lotta alla burocrazia, attraverso la riforma completa della pubblica amministrazione», precisa Scordamaglia, «perché solo così il Paese potrà realizzare appieno quelle enormi opportunità del nostro settore che tutto il mondo ci riconosce». Intanto da F EDERALIMENTARE assicurano: «l’industria alimentare risponde all’appello con la determinazione e il coraggio che caratterizza gli imprenditori che ne sono protagonisti». Solo così sarà possibile fare il salto ormai improrogabile che consentirà di trasformare l’attuale meraviglioso made in Italy in made in future. Sebastiano Corona

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Nasce vHive, la tecnologia digitale al servizio del benessere animale Zoetis e l’Università del Surrey hanno annunciato la nascita di vHive – the Veterinary Health Innovation Engine: un nuovo centro di ricerche multidisciplinare che vuole promuovere lo sviluppo e l’adozione dell’innovazione digitale nel mondo della salute animale. Nel prossimo futuro, infatti, le tecnologie digitali — come i dispositivi indossabili, le app, i sensori e i satelliti — consentiranno agli allevatori e ai veterinari di acquisire le informazioni sugli animali in tempo reale. Come per la eHealth umana, questo permetterà di capire prima e meglio le esigenze degli animali, migliorando così la loro salute. In più, la creazione di una piattaforma digitale sulla salute animale e lo sviluppo di un sistema sofisticato di apprendimento automatico faciliterà l’allerta veloce nell’ambito dei sistemi di sorveglianza delle popolazioni animali, particolarmente importanti nel caso della diffusione di epidemie, come quella del virus Schmallenberg o della“febbre catarrale degli ovini”, più comunemente nota come Bluetongue. vHive è un modello di open innovation, dove vengono integrate le competenze del Centre for the Digital Economy della Surrey Business School, del 5G Innovation Centre, della School of Veterinary Medicine, tutti afferenti all’ateneo inglese, e di Zoetis, allo scopo di sviluppare nuove opportunità di ricerca, formazione e business. vHive in futuro si aprirà al contributo anche di altre istituzioni di ricerca e aziende. La collaborazione può contare su un finanziamento congiunto di 8,5 milioni di sterline (circa 11 milioni di euro) in risorse dedicate allo sviluppo di nuove tecnologie per il benessere animale e sul supporto della Enterprise M3 Local Enterprise Partnership, un incubatore di imprese. L’Università del Surrey ha investito più di 127 milioni di sterline (oltre 161 milioni di euro) nello sviluppo di un ambiente di ricerca altamente multidisciplinare che include il 5G Innovation Centre, il Centre for the Digital Economy della Surrey Business School e la nuova School of Veterinary Medicine. Una combinazione di risorse che fornisce l’opportunità unica di sfruttare i benefici dell’era digitale a favore della salute e del benessere animale, degli allevatori e più in generale della società. Grazie alla partnership con Zoetis il nuovo centro di ricerca può sfruttare la leadership mondiale dell’azienda nello sviluppare prodotti e servizi innovativi e nel saper tradurre le nuove tecnologie in strumenti di valore per gli utilizzatori finali. Al centro della ricerca di vHive ci sono le nuove tecnologie digitali per l’acquisizione di dati e il monitoraggio del benessere animale, e lo sviluppo e l’integrazione di piattaforme digitali per eseguire analisi sofisticate che permettano di creare conoscenza e di offrire queste conoscenze ai decisori, includendo tutta la catena alimentare, dalla stalla alla tavola. «Zoetis ancora una volta — ha dichiarato CHIARA DURIO, AD di Zoetis Italia — conferma la propria vocazione all’innovazione; questa partnership con l’Università del Surrey pone la nostra azienda, già leader mondiale nella ricerca di farmaci biologici e diagnostici per la salute animale, anche all’avanguardia nello sviluppo di servizi innovativi che traducono le nuove tecnologie in strumenti di valore per gli utilizzatori finali. La speranza è che anche il mercato italiano si apra all’innovazione e che i nostri clienti possano presto adottare queste soluzioni digitali». (Zoetis)

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ANALISI DEL FOOD

Kit di gastronomia, un nuovo modo di fare cucina Sempre più Americani non cucinano. Per invogliarli a farlo, l’industria, con l’aiuto degli chef, ha messo in commercio dei kit che stanno avendo un grande successo e che si sono già visti anche in Europa, rappresentando un nuovo modo di vendere carni in confezioni pronte all’uso di Giovanni Ballarini

U

n terzo degli Americani non cucina, mangia fuori casa o, quando rientra, si limita a scaldare al microonde piatti pronti. Al massimo, durante i giorni di festa, chi ha un giardino si avventura in cotture sul barbecue di cibi già preparati; altri usano sempre più sistemi automatici o semiautomatici di cottura, seguendo le semplici istruzioni allegate. Molti sono i motivi di questa dilagante disaffezione

per “fare cucina”. La prima, e forse maggiore, ragione è che si preferisce dedicare il proprio tempo ad altre attività, dalla cura della persona alle attività sportive, ai viaggi, o a guardare la televisione, dove, non a caso, hanno sempre più spazio i cuochi e le preparazioni culinarie più svariate. Non bisogna dimenticare, però, che fare cucina non significa soltanto cuocere e “impiattare”, ma anche

e soprattutto eseguire una serie di essenziali preliminari che partono da una spesa oculata, con una scelta ragionata degli alimenti, che spesso richiedono noiose operazioni di pulizia e preparazione. È certamente per questo che hanno successo le verdure già preparate, le farine e i cereali precotti. Al tempo stesso è cresciuta l’attenzione per gli “spettacoli di cucina”, le prestazioni dei grandi chef e le cucine esoti-

Uno dei kit di cucina proposti dalla società americana Blue Apron (photo © www.blueapron.com).

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Kit di cucina della Plated per le “Chicken Empanadas” (www.plated.com). che, così, tra viaggi e televisione, gli Americani (come buona parte degli abitanti del mondo cosiddetto industrializzato), pur non facendo cucina, sono invogliati a cimentarsi con pentole e padelle, ma si fermano subito di fronte a una serie di difficoltà, prime tra tutte quella di procurarsi gli ingredienti e di prepararli. Per superare queste difficoltà, e dare a tutti l’impressione che si possa diventare bravi cuochi senza troppi sforzi e senza perdere tempo ad assemblare i vari ingredienti di una ricetta, viene in aiuto l’industria con i kit di cucina. Un settore che negli Stati Uniti, nel 2015, ha fatturato un miliardo di dollari e che si prevede possa raggiungere i dieci miliardi nel 2020, andando ad affiancare i kit fai dai te a cui siamo già ampiamente abituati (dall’arredamento alla manutenzione degli elettrodomestici o dell’auto). In sintesi, industrie come Plated, Hello Fresh o Blue Apron offrono dei kit che comprendono tutti gli ingredienti, puliti ed esattamente porzionati, disposti in idonee confezioni spesso sottovuoto o in atmosfera modificata, pronti per realizzare un piatto, con relative, dettagliate e precise istruzioni di uno chef, spesso celebre, che insegna passo per passo come operare, indicando anche le temperature e i tempi di cottura esatti. In media ogni ricetta preve-

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de sei ingredienti, ma si può arrivare anche a dieci. Gli ingredienti sono perfettamente pre-dosati e non c'è spreco. Le carni, spesso dichiarate naturali e di animali allevati senza antibiotici e ormoni, sono tagliate, preparate e confezionate sottovuoto pronte all’uso. Il tutto è confezionato in scatole termiche, la consegna è gratuita e avviene nel giorno prescelto, su prenotazione (e pagamento anticipato) tramite internet. Le ricette sono di ogni tipo, dalle tradizionali a quelle etniche e cambiano secondo le stagioni, le mode… I prezzi non sono bassi, ma neppure eccessivi, visto il servizio che viene dato. Considerando gli ingredienti (soprattutto la presenza o l’assenza di carne), il costo per una monoporzione si aggira tra gli 8 e i 12 dollari, diminuendo proporzionalmente se si acquistano confezioni per quattro o più persone. Nelle offerte non mancano le ricette italiane, ad esempio la romana cacio e pepe. Chi l’ha provata afferma che non è certo come quella che si gusta a Roma, ma è buona, e poi… vuoi mettere la soddisfazione di averla fatta con le proprie mani? Avere l’impressione di essere un cuoco esperto, cambiando spesso menu ad un prezzo tutto sommato accessibile, è la principale carta vincente del kit di cucina gastronomica. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma


Una tavola priva di… Latticini senza lattosio, pasta senza glutine, prosciutto senza polifosfati, merendine senza olio di palma: la lista dei cibi a cui manca un ingrediente si fa ogni giorno più lunga. L’offerta commerciale dei prodotti privi di uno o più elementi è sempre più vasta e fa la fortuna di chi la propone. Ma siamo sicuri che sia sempre necessario mangiare così? O forse questo nuovo modo di nutrirsi, più che far bene alla salute, è soprattutto la risposta ad un’isteria collettiva dovuta ad un’informazione distorta? di Guido Guidi

L

a crisi ha portato austerità, prudenza e razionalizzazione nei consumi. Uno stile di vita che siamo destinati a conservare nonostante i dati sulla situazione economica attuale del Paese mostri-

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no alcuni timidi segnali di ripresa. Gli Italiani, e non solo loro, hanno imparato un nuovo modo di stare a tavola, più orientato alla sobrietà e al risparmio: un nuovo modo di vivere il cibo, che sembrano poco

propensi a modificare nel breve termine. Ma la nuova frugalità non sarebbe unicamente dovuta alla scarsa disponibilità finanziaria. L’attenzione alla linea e alla salute costringe a fare scelte alimentari

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differenti rispetto a quelle di alcuni decenni fa. Secondo il Rapporto dei Consumi Coop 2015, lo scorso anno si sono ridotti in maniera significativa gli acquisti di prodotti ad elevato contenuto calorico, come grassi,

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zuccheri o alcolici, e qualunque altro alimento non coerente con stili di vita salutistici. Si rileva una progressiva estremizzazione delle pratiche alimentari, sempre piĂš riconducibile a delle scelte volon-

tarie vere e proprie, piuttosto che ad un obbligo dovuto a questioni terapeutiche. Alle fila di vegetariani e vegani, giĂ numerosi, si sono aggiunti i fruttariani, i crudisti ed ora anche i reducetaristi (che limitano il

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Tabella 1 – Gli attributi salutistici: quanto sono importanti nella scelta di cosa acquistare? (% di risposte molto/abbastanza importante) 100% naturale

86%

Senza coloranti

84%

OGM free

80%

Elevato contenuto di fibre

79%

Senza aromi artificiali

78%

Senza/basso colesterolo

76%

Senza/poco zucchero

72%

Senza/poco sale

71%

Senza/poco calorie

67%

Bio

66%

Fonte: Coop Italia su dati Nielsen.

Tabella 2 – Dinamiche negli stili alimentari: come pensi che cambieranno gli acquisti dei seguenti prodotti nei prossimi sei mesi? (saldo % risposte di più/di meno) Verdura

26%

Frutta

19%

Carne

–11%

Succhi

–15%

Pane

–16%

Formaggi

–21%

Piatti pronti

–25%

Torte e gelati

–31%

Snack e patatine

–37%

Cioccolata

–38%

Fonte: Coop Italia su dati Nielsen.

consumo di proteine animali ad un solo giorno la settimana), i pescetariani e i pollotariani che, adottando una variante della dieta vegetariana, consumano pesce e pollo, ma solo sporadicamente. Si tratta di regimi alimentari principalmente riconducibili a motivazioni etiche e non sempre a questioni legate alla salute. Regimi alimentari che generano una serie di rinunce, talvolta anche dure. Ma le privazioni non finiscono qui A registrare un’impennata nelle vendite ci sono infatti — oltre ai prodotti biologici, il cui successo sembra inarrestabile — quelli per intolleranti. Prodotti che forse sa-

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rebbe più corretto definire “senza”, visto che l’utilizzo solo per ragioni relative a intolleranze, allergie o altre patologie non è così scontato. Il prodotto “senza” è entrato ormai talmente in voga che non sempre c’è una correlazione diretta né con la salute, né con l’etica. Il “senza” è un trend che mostra di avere una vita propria e un rilievo commerciale di assoluto rispetto slegato dal portafoglio, dalle patologie e dalle credenze di ognuno. In origine era il gluten free che, nato per effettive esigenze terapeutiche, si è poi esteso a tutti coloro che, pur non essendo celiaci, mostrano una certa sensibilità al glutine e pertanto lo evitano. Ma è oggi ricercato

Frutti dai quali si ricava l’olio di palma, oggi “nemico” numero uno dei consumatori. anche da chi, pur non avendo nessuno di questi problemi, preferisce comunque metterlo al bando. Nel contempo spopolano i latticini senza lattosio, gli alimenti OGM free. E ancora: gli alimenti “senza zuccheri aggiunti”, “senza grassi idrogenati”, “senza aromi artificiali”, “senza coloranti”, “senza conservanti”, “senza polifosfati” e ultimo, ma solo per l’ordine di arrivo, il “senza olio di palma”. Qui la contrarietà all’impiego, universalmente diffusa, non risponde tanto o solo a ragioni salutistiche, quanto a questioni etiche e ambientali. Complice anche il Regolamento UE 1169/2011 sulle informazioni al consumatore, che finalmente ha imposto ai produttori la segnalazione di un lungo elenco di ingredienti che possono provocare allergie, sempre più soggetti decidono di adottare un regime alimentare che li esclude. Questo elemento non si rileva solo intervistando i diretti interessati in merito alle proprie scelte a tavola, ma anche guardando i dati sulla diffusione di alcuni disturbi che, nonostante l’impennata nelle vendite di certi prodotti alimentari, sono in realtà rimasti stazionari nella loro incidenza sulla popolazione. Le motivazioni sono dunque correlate a questioni commerciali del prodotto che genera interesse a prescindere dal suo reale impatto sulla salute di ognuno. Certe campagne di (dis)informazione hanno un riscontro notevole in termini di consumo. Pertanto, l’impennata o la caduta di alcune tipologie di prodotto

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nelle classifiche dei più ricercati può essere semplicemente causata dalle modalità in cui quel prodotto è presentato sui media o su internet, ambito quest’ultimo in cui la teoria del complotto sulla nocività di certi cibi, le bufale e le pseudoscienze supportate da pochi o nulli riscontri oggettivi dilagano senza freno e controllo alcuno. I dati COOP riportati nel Rapporto Consumi e Distribuzione 2015 in Tabella 1 parlano chiaro. Quattro Italiani su cinque, secondo la COOP, dichiarano di essere guidati, nell’acquisto dei prodotti alimentari, da caratteristiche che ritengono di naturalità, di salubrità e di sostenibilità. E in presenza di questi elementi più della metà dei consumatori italiani appare disposta a sostenere una maggiorazione di prezzo del prodotto. Il problema di fondo è che non sempre è chiaro e univoco ciò che sia davvero naturale, salubre e sostenibile, e anche su questi concetti la confusione spesso dilaga. Dalla Tabella 2 si rileva che anche la percezione del consumatore sul proprio consumo futuro e sul consumo generale di determinati prodotti è nella direzione di una limitazione di determinate categorie a favore di altre. Inoltre, da un’analisi dei top e bottom performer del largo consumo confezionato nell’ultimo anno, si rileva che, tra le categorie presenti a scaffale, a marcare l’incremento più consistente di vendite sono i cibi e le bevande a base di soia (quelli alla base delle diete vegane e delattosate), insieme agli integratori dietetici e ai prodotti senza glutine. L’exploit riconducibile al diffuso interesse per il benessere, la forma fisica e la salute si scontra però con il fatto che sempre più spesso ci si convince che un certo prodotto sia salutare anche laddove non ci siano elementi oggettivi per sostenerlo. Ecco che quindi la ricetta oggi più in voga diviene quella del “senza”, spesso in risposta a test che non hanno nessuna valenza scientifica dimostrata (basta andare su internet per trovarne più di uno) oppure per una lunga lista di elementi considerati velenosi secondo informazioni che girano su web da anni.

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Più che la risposta alle intolleranze e alle allergie, le nuove diete sembrano l’isterica reazione a una cultura antindustriale che va sempre più affermandosi. Una cultura che non si fida della produzione agroalimentare e che, di volta in volta, la pone pubblicamente sotto processo. Alcuni media, senza basarsi su dati scientifici validi, pongono sul patibolo ora quel cibo, ora quell’altro, generando danni incalcolabili e creando nell’immaginario collettivo alimenti nocivi o, al contrario, benefici, o addirittura miracolosi. La preoccupazione ossessiva di ingerire cibi dannosi per la salute o la linea o l’ambiente si fa sempre più diffusa nel nostro Paese, complice un’informazione sensazionalistica che, più che trasmettere notizie, crea scoop e genera sensazionalismo fine a se stesso. Ciò che gli esperti e gli addetti ai lavori non riescono a comunicare nelle dovute sedi, e con il necessario risalto, è che siamo nel Paese dove l’attenzione all’igiene e alla sicurezza dei cibi sono tra le più elevate e rigide al mondo e che ogni infrazione che viene registrata è il risultato di indagini, di controlli e di ispezioni che vengono svolte di continuo tra le nostre imprese, soprattutto quelle della trasformazione. Ciò che spesso non si dice è che non ci sono cibi che salvano la vita o che condannano a morte, ma che qualunque alimento deve sempre essere consumato con criterio e con misura perché, in assenza di patologie specifiche, il problema non è quasi mai nel cibo in sé, ma nella misura e nelle modalità in cui lo si consuma. Siamo nell’era dell’informazione, ma è doveroso che ognuno ricerchi quella corretta, che riporta notizie vere, pubblicate da fonti davvero attendibili. Guido Guidi Nota A pagina 74 e 75 il piatto “senza”, senza glutine, senza zuccheri aggiunti, senza grassi idrogenati, ecc…, è oggi sempre più in voga senza che ci sia quasi mai alcuna correlazione con problemi di salute.


CARNI NAZIONALI ED ESTERE CARNI BOVINE • CARNI SUINE POLLAME • PREPARATI A BASE DI CARNE SOTTOVUOTO • CONFEZIONATO ATM I nostri prodotti sono garantiti dalla cerificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2008, un riconoscimento di qualità che assicura al consumatore il rigoroso rispetto delle norme igienico-sanitarie, secondo i più severi standard internazionali, CON PARTICOLARE ATTENZIONE AI PROCESSI DI TRACCIABILITA’ (dall’allevamento alla tavola) e rintracciabilità del prodotto, gestiti attraverso specifiche procedure e un efficace sistema informatico. Stabilimenti: Via Soriso, 50/56 - 00166 Roma - Tel. 06.669501 - Fax 06.6695031 Spaccio Aziendale: Via Soriso, 124 - 00166 Roma - Tel. 06.66511594 - Fax 06.66510952

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LA CARNE IN TAVOLA

Il Castrato di Romagna di Nunzia Manicardi

C

on “Castrato di Romagna” (in dialetto castré, castròn) ci si riferisce sia all’ovino maschio castrato che alle carni fresche che se ne ricavano. In entrambi in casi si tratta di una tipicità regionale, ancora oggi molto apprezzata sebbene un po’ in disuso. Il castrato di Romagna è garantito dal marchio Qualità Controllata. Castrazione, allevamento al pascolo e macellazione Con la castrazione l’animale si sviluppa in modo precoce a livello somatico, soprattutto nelle regioni posteriori, perché assimila meglio e maggiormente gli alimenti: lo scheletro resta più leggero e la carne diventa più tenera e sapida. Il castrato romagnolo, che un tempo era un vero e proprio mito gastronomico, è però oggi non di rado sostituto con agnelloni di 8-9 mesi. Quello autentico è invece tuttora sottoposto all’operazione chirurgica della castrazione per compressione che

si effettua quando ha ancora pochi mesi di vita (adesso anche meno di un mese), mentre l’età minima per la macellazione è di circa 5 mesi con un peso di almeno 40 kg, benché per aver maggior gusto nelle carni sia consigliabile aspettare fino verso i 9 mesi e più. La dentizione rimane comunque sempre da latte. Dopo la macellazione è necessario un periodo di frollatura delle carni in frigorifero per almeno 5-8 giorni. L’animale viene allevato al pascolo e nutrito con erbe fresche, granaglie e cereali. Il tipo di erbe ingerito, anche a seconda della stagione, determina il colore del grasso infiltrato tra i fasci muscolari. La carne, molto tenera, è rosso acceso con striature di grasso di solito bianchissime, madreperlacee. Le masse muscolari sono tondeggianti, con la coscia molto rotonda. Il sapore è deciso ma gradevole (differente quindi da quello aggressivo “di pecora” che non a tutti piace); l’odore è leggermente acre.

I “tagli” e il loro utilizzo in cucina I tagli della sella, del carré (quindi le costolette), della lombata e del cosciotto sono ideali da cucinare arrostiti, in forno o allo spiedo, oppure alla griglia. Pur essendo di dimensioni piuttosto grandi rimangono ben morbidi. Quelli della spalla e del petto, interi o in spezzatino, sono invece adatti per preparazioni in umido. Ma la carne di castrato è ottima anche semplicemente cotta in graticola su braci e condita soltanto con olio, sale, aglio e rosmarino. Pure la marinatura, che viene effettuata abitualmente, è a base di sale, aglio e rosmarino. Il cosciotto Il cosciotto viene cotto al forno con 2 spicchi d’aglio e un rametto di rosmarino infilati in alcune incisioni praticate nella carne con la punta di un coltello e con l’aggiunta di sale e olio extravergine. Va cotto a 150 °C in forno pre-riscaldato per circa 2 ore, girandolo di tanto in modo da

Uno scorcio del castello di Brisighella, bellissima cittadina in provincia di Ravenna (photo © www.brisighella.org).

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dargli un colore uniforme e spennellandolo di tanto in tanto con olio ma non con il fondo di cottura o altro liquido altrimenti si impedisce il formarsi della crosticina. Se, verso fine cottura, la superficie dovesse risultare non ancora ben dorata, sarà necessario alzare la temperatura del forno a 200 °C. Il cosciotto può essere cucinato anche allo spiedo, sulla brace, impiegando più o meno lo stesso tempo. Mettetelo a più di 15 cm di distanza dalla griglia e ruotatelo spesso. A fine cottura lasciate riposare per circa 20 minuti, poi affettate e servite accompagnando con patate cucinate anch’esse al forno o in tegame sempre con aglio, olio, rosmarino e sale. La braciola La braciola, che è ricavata dal cosciotto ed è molto gustosa, dopo la marinatura viene cotta in graticola direttamente sulle braci. Va servita a cottura media. Le costolette Sono molto apprezzate anche le costolette impanate con farina, uova sbattute, pangrattato, parmigiano grattugiato e fritte in abbondante olio d’oliva extravergine oppure cotte alla griglia o alla brace. Zona tipica di produzione e razze La produzione è concentrata soprattutto nella zona collinare della Romagna. Attualmente la zona tipica è costituita dalla Romagna storica e quindi dalle province di Ra venna, Rimini, Forlì-Cesena e parte di quella di Bologna sino al comune di Castel San Pietro compreso. La carne del castrato di Romagna rappresenta una fonte assicurata di proteine non solo di alto valore biologico ma anche una composizione di amminoacidi complementare a quella dei cereali e altre proteine vegetali. Gli ovini di solito appartengono alle razze Bergamasca, Biellese Appenninica, Appenninica (autoctona) e Sarda. Proviene dalla transumanza Il castrato probabilmente nasce con la transumanza. I pastori che si fer-

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Cosciotto arrosto (photo © armoniapaleo.it). mavano a riposare qualche giorno nelle colline e nel piano romagnolo offrivano a fine soggiorno come ricompensa per l’ospitalità ricevuta alcuni dei loro agnelli che venivano fatti ingrassare dai contadini e macellati nel periodo estivo. Castrato in umido Il castrato è ottimo anche umido, prediligendo in tal caso le parti del collo o della pancia e cuocendo in un tegame di terracotta con un soffritto di sedano, carota, scalogno di Romagna, aglio, olio evo di Brisighella, sale, pepe e, per sfumare, un bicchiere di vino Sangiovese. Si copre con brodo vegetale, si aggiunge un po’ di concentrato di pomodoro e si lascia stufare piano, aggiungendo alla fine sale e pepe. Si serve anche soltanto con pane o polenta fumante. Un’altra versione prevede aglio, cipolla, un cucchiaio di strutto (o 50 grammi di burro), mezzo bicchiere di vino

bianco secco, 200 g di pomodorini, pepe, sale. Il cosciotto secondo l’Artusi Anche il celeberrimo gastronomo Pellegrino Artusi, romagnolo verace di Forlimpopoli, si è occupato del castrato nel suo notissimo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891), dove così scrive: “La stagione del castrato è dall’ottobre al maggio. Dicesi che si deve preferire quello di gamba corta e di carne color rosso bruno. Il cosciotto arrostito offre un nutrimento sano e nutriente, opportuno specialmente a chi ha tendenza alla pinguedine. Prima di cuocerlo lasciatelo frollare diversi giorni, più o meno a seconda della temperatura. Prima d’infilarlo allo spiede battetelo ben bene con un mazzuolo di legno, poi spellatelo e levategli, senza troppo straziarlo, l’osso di mezzo. Dopo, perché resti tutto raccolto, legatelo e dategli fuoco ardente da principio, e a mezza cottura diminuite il calore”. Nunzia Manicardi

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SERVIZIO DI PIATTAFORMA LOGISTICA CONTO TERZI DI CARNE FRESCA TRASPORTATA SU GANCIERE O CARTONATA

SERVIZIO DI LOGISTICA ANCHE PERANIMALI VIVI REGOLARMENTE RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ EUROPEA CON IL NUMERO CE 07/PS


Il gusto del piccante

Il piacere della paura di Giovanni Ballarini

L

a cucina delle carni, in particolare quelle bollite, vede il tradizionale accompagnamento di salse piccanti, dalle senapi francesi alle mostarde padane, dalla popolare pearà veronese al cren veneto. Sulla base delle più recenti ricerche fisiologiche e conoscenze antropologiche, sappiamo che il gusto del piccante è una caratteristica di maturità psicologica e si rapporta alla paura e ad altre manifestazioni nelle quali si cerca il “limite”. Spezie piccanti e paura nella cultura del cibo La vita si mantiene attraverso la difesa dalle azioni avverse, la nutrizione e la riproduzione e queste tre attività sono possibili attraverso i sensi e i loro organi, ma anche dalle condizioni e stimoli che li attivano. Tutti gli organi di senso sono coinvolti nell’alimentazione. Le sensazioni del gusto derivano dai chemiorecettori che l’organismo possiede

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e che sono stimolati da particolari molecole. Le stimolazioni che ne derivano sono accompagnate da sensazioni olfattive che originano da ricettori situati nella parte alta delle cavità nasali e sono mediate anche dalla sensibilità tattile, di pressione, termica (freddo e calore) e di dolore, al quale è connessa la condizione della paura. La particolare sensazione gustativa del piccante in tutte le culture umane ha sollevato non facili problemi interpretativi e di recente sta avendo una particolare e quasi insospettata soluzione, ovvero quella di una stretta relazione con la paura dei cibi. Questa nuova prospettiva permette anche di comprendere il successo che in alimentazione umana e soprattutto in gastronomia hanno avuto e continuano ad avere i cibi piccanti, sui quali molto si è scritto da un punto di vista storico, ma che rimanevano un fatto incomprensibile: perché il cibo piccante piace?

Cibo piccante: perché piace? Quando si nasce, si cerca sicurezza e conforto e per questo i cibi devono essere dolci, caldi, morbidi e bianchi, come il latte materno. Cibi amari o piccanti, duri e scuri, se non neri, sono un indicatore di pericolo e da evitare. Man mano che il bambino cresce, inizia l’interesse per la ricerca e la scoperta del mondo e con essa anche il piacere del rischio e della paura. Una ricerca che riguarda anche il cibo. Cibi nuovi e con sapori che se non sono ben dosati possono dare una sensazione sgradevole e persino di dolore, segnano l’inizio di un’indipendenza nella quale il gusto del piccante dei cibi e dell’amaro delle bevande divengono anche fonte di piacere, primo dei quali una raggiunta maturità, ma anche un dominio e superamento di un dolore, peraltro sicuro, limitato e, soprattutto, transitorio. È una constatazione comune che, quando si è

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Due hamburger di Chianina con barbabietola, rucola, prezzemolo, sale, pepe e salsa di rafano (photo © gnambox.com). raggiunta una maturità psicologica, gli uomini amano praticare sport estremi, andare sulle montagne russe, leggere racconti o romanzi polizieschi e noir, guardare film horror. In modo analogo, quando si è raggiunta una maturità alimentare, gli uomini iniziano a mangiare e ad apprezzare cibi che procurano un limitato e transitorio dolore e un senso di pericolo. Al tempo stesso, in tutti questi casi vi è un piacere, non tanto del rischio, quanto di una paura che è controllata ma, soprattutto, dominata. Spezie piccanti in natura Molte sono le spezie piccanti in natura. Tra le spezie che stimolano le mucose della bocca e a dosi ridotte provocano sensazioni d’irritazione e caldo — e a dosi più elevate dolore — vi sono anche la senape bianca e la senape nera. Queste spezie provocano anche una stimolazione delle mucose dell’occhio con lacrimazione e delle mucose del naso con aumento delle secrezioni (da qui la frase “mosca al naso”, errata traduzione dal fran-

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cese di moutarde au nez). Il piccante stimola i ricettori della mucosa orale attraverso la branca buccale del nervo trigemino, che manda un segnale d’allarme per avvertire che il palato sta “bruciando”. Questo segnale, attraverso il ganglio di Gasser, è inviato anche alle mucose nasali e oculari, che rispondono aumentando la secrezione e la lacrimazione. Queste stimolazioni sono inviate anche al cervello che le elabora anche in base alle sue memorie antiche e recenti. Al di fuori dei processi fisiologici degli stimoli e loro trasmissione ed elaborazione nervosa, complessi e in gran parte ancora inesplorati sono i significati delle attività irritanti di molti composti che, oltre la senape, sono presenti nei vegetali. Una presenza che deve essere esaminata e valutata in rapporto all’evoluzione biologica, al mondo dei vegetali e degli animali e, non da ultimo, l’alimentazione umana. Nel mondo delle piante, molecole come la sinigrina e sinalbina della senape sono molto diffuse, almeno per due motivi. Oltre a tenere lontani

dalle piante taluni parassiti, queste molecole servono per selezionare gli animali che diffondono i semi dei vegetali. Nel caso della senape, come del pepe e peperoncino, i semi non sono sparsi dai mammiferi che evitano di mangiare i frutti piccanti, ma dagli uccelli che sono insensibili alla loro azione pungente e che portano i semi a distanze molto grandi, con indubbio vantaggio per la specie vegetale. Cibi e allarmi che preoccupano Molte persone provano gusto, se non piacere, a mangiare cibi piccanti. Oltre quanto studiato e sostenuto da diversi psicologi, tra cui l’americano PAUL ROZIN, bisogna precisare che agli adulti spesso piace godere di situazioni nelle quali il loro corpo manda segnali d’allarme, mentre sanno che in realtà non vi è alcun pericolo. Infatti, gli ottovolanti, i paracadute devono essere sicuri, come i sistemi di protezione degli sport estremi. Allo stesso modo, godiamo leggendo romanzi o assistendo a spettacoli di genere horror quando ci si trova in una condizione

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La ricetta della Pearà illustrata da Arrigo Bedogni, artista vicentino (photo © www.micibo.it). priva di pericoli. Per piacere, quindi, anche i cibi che danno segnali di pericolo devono essere sicuri. Molto complesso è perciò il rapporto tra uomo e cibo piccante e va studiato nella prospettiva della storia evolutiva dell’uomo, la cosiddetta alimentazione darwiniana. Diversamente da moltissime altre specie animali, la nostra, dopo il breve periodo infantile durante il quale si alimenta solo di latte, progressivamente diventa onnivora e mangia di tutto. Questa caratteristica permette di non fare affidamento su un unico o solo pochi tipi di cibo, come invece avviene per gli animali monofagi. La polifagia, infatti, ha consentito alla specie umana di trovare fonti di sostentamento nutrizionale nel corso delle sue lunghissime migrazioni e in ogni ambiente che ha conquistato, dai poli all’equatore, dalle pianure alle montagne, dai climi aridi a quelli mediterranei, da una vita contadina a quella urbana. Gli esseri onnivori hanno grandi vantaggi, ma anche una serie di difficoltà, perché in natura non tutto

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quello che è masticabile e sembra mangiabile è anche commestibile e può essere anche tossico. Per questo, le specie animali onnivore, e tra queste la nostra in alto grado, hanno sviluppato un’alimentazione che si basa su una ricerca che si svolge attraverso complessi sistemi di sperimentazione, controllo dei risultati e loro comunicazione nella propria comunità o società. Ciò che è “buono da mangiare” passa dal biologico al sociale Da qualche tempo è noto che nelle comunità di topi, specie onnivora, di fronte a un cibo nuovo e sconosciuto vi è qualche individuo più ardimentoso che l’assaggia. Se in seguito si sente male o ha qualche disturbo, lancia specifici gridi d’allarme e il presunto cibo è evitato da tutta la colonia. Di conseguenza, ogni colonia di topi sviluppa una propria cultura alimentare che trasmette di generazione in generazione. Per questo, come veleni per topi, si usano esche avvelenate con il dicumarolo, che agisce dopo tre o più giorni dall’ingestione, impedendo ai topi di collegare il

cibo avvelenato al malessere che ha portato alcuni soggetti alla morte. Caffè, tè, cioccolata… Tra i segnali avversi presenti nei cibi vi è il loro sapore amaro, che ha una certa correlazione con la tossicità. Un’altra sensazione allarmante è quella del piccante, che in diverso grado si trova in pepe, peperoncino, senape, rafano, zenzero e altri vegetali. Come fanno i topi e altre specie onnivore, anche gli esseri umani, e con il passare dei millenni, ingerendo piccole quantità di cibo un po’ per volta, hanno imparato a nutrirsi di cibi dal sapore amaro o piccante, ma in quantità e con modi tali da non renderli velenosi, e ogni società umana ha creato le proprie regole di scelta e di utilizzo di questi cibi. Questo spiega perché ogni cucina umana ha il suo gusto amaro o piccante. Per il gusto amaro, nelle antiche culture dell’Africa vi era il caffè, in quella asiatica il tè e in quella delle Americhe la cioccolata. Per le spezie piccanti del passato in Asia vi era il pepe, in Asia e Africa la senape, in

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Entrecôte al pepe (photo © www.amc.info).

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America il peperoncino, in Europa il rafano. Più recentemente peperoncino e senape hanno invaso il mondo. Piacere della paura di cibo Le conoscenze antropologiche spiegano come la nostra specie abbia iniziato a mangiare cibi dal sapore non gradevole, ma non ci dice come mai ci piacciano cibi che sono, in sostanza, dolorosi (spezie) o sgradevoli (amari) da mangiare. PAUL ROZIN è uno scienziato che ha indagato le nostre abitudini alimentari con una serie di studi sul campo per capire cosa vi sia dietro il gusto apparentemente paradossale per il cibo piccante [ROZIN P., Why We Eat What We Eat, and Why We Worry about It, Bulletin of the American Academy of Arts and Sciences, 50 (5) 1997]. Viaggiando in Messico, dove i residenti hanno una dieta molto piccante, Rozin ha messo a confronto la loro tolleranza ai cibi piccanti con quella dei Nordamericani, che hanno abitudini alimentari meno estreme. Il risultato è stato che i Messicani hanno una tolleranza al piccante superiore, anche se di pochissimo, ma il livello di piccantezza che entrambi i gruppi apprezzano di più è quello appena sotto la soglia del dolore intollerabile. Rozin ha quindi concluso che nella ricerca e apprezzamento del piccante, il dolore è parte essenziale del fenomeno ed entra nella misura nella quale le persone si spingono a un limite, ma senza superarlo. Questa “ricerca del limite” è spiegata dal fatto che nel cervello umano le aree del piacere e del dolore sono molto vicine e una volta entrate in funzione attivano altre parti molto vicine del cervello dove ha sede la coscienza superiore. Infine, l’amore per il cibo piccante è la conseguenza di un’interazione tra le aree vicine del cervello

che controllano il dolore, il piacere e la coscienza, ma soprattutto una conseguenza di un rapporto tra questi tre elementi. In questa interazione, la sensazione di dolore e pericolo, confusa con il piacere, si accompagna alla consapevolezza che in realtà il palato non sta andando a fuoco e che il tutto è sotto controllo, anzi è un segno che di un proprio potere di controllo. A tutto questo si aggiunge il fatto che la sensazione dolorosa sparisce rapidamente, dando origine al piacere di una “guarigione”, di una liberazione, di un sollievo. Una condizione che ricorda tra l’altro il piacere che si ha dopo una fatica. Da un processo quasi masochista e autolesionista, nel quale il cervello in qualche misura è ingannato, una rapida realtà dolorosa, ma innocua, scatena un piacere. Non è questa l’unica attività umana in cui si verifica questo fenomeno perché, come citato prima, molte persone amano la paura e l’eccitazione prodotte da situazioni di pericolo simulato, ma controllato e quindi ritenuto sicuro! Il piacere dei cibi piccanti Anche per i cibi piccanti esistono dei limiti, diversi per ogni persona e a loro volta influenzati dalle abitudini alimentari. Il piacere che provocano giustifica la loro presenza e persistenza e per questo i cibi piccanti sono importanti cibi “culturali”. Il controllo del limite dei cibi piccanti (come anche quelli amari) in ogni cultura è ottenuto attraverso le tradizioni, spesso trasferite nelle ricette delle diverse preparazioni, loro associazioni con altri cibi e rituali d’uso, nei quali sono regolati dolore e piacere, paura felicità e allegria. Ben nota è la passione che gli antichi Romani avevano per il prezioso e costosissimo pepe, come è nota la diffusione rinascimentale delle mo-

“Gli esseri onnivori hanno grandi vantaggi, ma anche una serie di difficoltà, perché in natura non tutto quello che è masticabile e sembra mangiabile è anche commestibile e può essere tossico”

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starde, prodotto culinario diffuso nell’Italia settentrionale, realizzato con diversi ingredienti secondo la zona e la cultura che l’ha prodotta e della quale è espressione. Nella sua ricetta più essenziale, la mostarda consiste di frutta, zucchero ed essenza di senape, solitamente molto piccante. Alcune varietà, come la mostarda cremonese, spesso sono scambiate per canditi di grosse dimensioni, ma in realtà sono un alimento di gusto molto deciso da abbinarsi con piatti salati. Il termine mostarda a volte è fonte di equivoci, perché esso definisce sia la preparazione propriamente detta, sia, per rimando al francese moutarde, il condimento più noto in italiano come senape, che condivide la stessa base, essendo entrambi gli alimenti preparati con i semi della stessa pianta. Anche se l’etimologia è contestata, mostarda deriverebbe da mustum ardens, che compare per la prima volta in un testo francese del 1288, intendendo il mosto di vino reso ardente, cioè piccante, dall’aggiunta di farina di grani di senape. In tal modo è possibile conservare un prodotto facilmente deperibile come la frutta. A conferma dell’antichità della tradizione della mostarda si cita la Secchia rapita del TASSONI (1621), il quale, nel descrivere i doni ad un legato pontificio, menziona (XII, 38) “due cupelle di mostarda di Carpi isquisitissime”. Peraltro, già un secolo prima, nel 1522, il BERNI alludeva alla mostarda nelle sue lettere facete. La diffusione nell’Italia settentrionale avviene verso il Seicento, e il suo uso è associato alle festività natalizie, con diffusione nelle diverse città della pianura padana: Vicenza, Mantova e soprattutto Cremona, radicandosi in ricette tradizionali. La quantità di gocce di tintura di senape usualmente varia da dieci a venti per chilogrammo di composto, secondo la piccantezza desiderata. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota Photo © www.my-personaltrainer.it

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MERCATI

Risorgimento tra crisi ed embargo, tradizione e innovazione

Il mercato della carne in Lettonia di Enrico Cicchetti

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na terra verde, ricca di foreste lussureggianti e grandi pianure venate da laghi pescosi. Grande due volte il Belgio, la Lettonia è sempre stata un crocevia commerciale tra est ed ovest. Una repubblica giovane e frizzante — è indipendente dal 1991 — ma con molto da dire e da dare. Un terzo dei suoi 2 milioni di abitanti vive nella capitale, Riga: unica vera metropoli del Baltico e uno dei più influenti membri della Lega anseatica durante il Medioevo.

Oggi l’economia lettone sta vivendo una fase di recupero e stabilizzazione, dopo la grave contrazione finanziaria seguita alla crisi del 2008. All’epoca, il premio Nobel per l’economia PAUL ROBIN KRUGMAN, nella sua rubrica sul NEW YORK TIMES, descriveva la Lettonia come “la nuova Argentina”. Ma, già nel 2010, l’agenzia di rating STANDARD & POOR’S alzava la propria valutazione sul debito lettone da negativo a stabile. KENNETH ORCHARD, senior analyst di Moody’s,

confortato anche dai dati del FMI, conferma che «l’economia regionale sta sostenendo il rafforzamento della produzione e delle esportazioni». Purtroppo le cicatrici sono ancora visibili, anche nel settore agroalimentare, che pure si è rinvigorito negli ultimi cinque anni. Nel maggio scorso EUROCARNI ha partecipato alla Settimana della ristorazione (Riga Restaurant Week) di Riga. Un viaggio alla scoperta dei sapori e delle eccellenze produttive del Paese baltico.

Specialità tradizionali lettoni al Mercato centrale di Riga. Oggi l’economia lettone sta vivendo una fase di recupero e stabilizzazione, dopo la grave contrazione finanziaria seguita alla crisi del 2008 (photo © Enrico Cicchetti).

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1/2/3) L’alimentazione e la gastronomia tradizionali del Paese si basano su prodotti agricoli e carne. 4) Māris Astičs, portabandiera della nuova generazione di chef lettoni, entusiasti, preparati e in attesa del 2017, anno che vedrà Riga Capitale dell’enogastronomia europea (photo © Enrico Cicchetti). Il risorgimento dell’agroalimentare IEVA RAVA, trade analyst della Commissione commerciale dell’ambasciata italiana a Riga, spiega che «la forte ristrutturazione dell’agricoltura e dell’industria alimentare seguita alla conversione all’economia di mercato occidentale dopo l’indipendenza del 1991 e l’implosione dell’Unione Sovietica, consente oggi alla Lettonia una buona autosufficienza nei comparti lattiero caseari e della carne. Quasi il 70% della domanda interna di carne viene soddisfatta dalla produzione locale, con circa 120 aziende

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che operano in questo settore, per quasi il 15% del fatturato totale dell’industria alimentare». Dopo il crollo avvenuto nel 2008/09, la produzione di carne lettone è in costante risalita. È passata dalle 79.900 tonnellate, stimate dall’Ufficio Centrale di statistica lettone nel 2010, alle 85.400 tonnellate del 2015. Ciò che è interessante notare, però, è il continuo calo nella produzione suina (dal 52% del totale nel 2003, al 47% nel 2010 fino al 42% nel 2015), contro l’aumento della produzione di pollame (dal 29 al 35% dal 2010 al 2015) ed una sostanziale stabilità della carne bovina.

Il naufragio (geopolitico) del maiale L’allevamento di suini costituiva in passato il settore più importante della produzione zootecnica lettone. Alcuni produttori raccontano che anche durante il periodo dell’occupazione sovietica era consentito allevare un maiale a testa per il consumo privato: la Lettonia era considerata una sorta di “fattoria” per la Russia. «Negli ultimi anni il settore suinicolo — spiega ANNA BLAUA, PR account executive dell’ufficio per lo sviluppo turistico di Riga — è stato gravemente danneggiato dall’embargo russo, ma era crollato

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Panoramica della città di Riga, con l’hangar in cui ha sede il Mercato centrale (photo © www.layoverguide.com). già nell’aprile 2012 a causa dell’influenza suina». Il 1o gennaio dello scorso anno la Lettonia ha rimosso lo stato di emergenza, che era stato applicato in 40 territori amministrativi da luglio a settembre. Ma le sanzioni economiche che l’UE ha introdotto nel 2014 verso Mosca— a seguito della crisi ucraina — e l’embargo di reazione da parte della Russia, sono stati altrettanto virulenti per i Paesi della periferia europea. «Dato l’eccesso di offerta sul mercato interno dell’UE a causa dell’embargo i produttori di carni suine lettoni hanno subito perdite significative — spiega Anna Blaua — i prezzi delle carni hanno registrato un netto calo. Ben al di sotto dei costi di produzione». Oltre all’embargo, anche altri fattori hanno influenzato negativamente il commercio: la caduta del valore del rublo, la recessione e l’aumento della competizione globale sui prezzi nella regione baltica. Secondo le analisi della FAO, la produzione di carne bovina, invece, è principalmente un sottoprodotto di quella lattiero-casearia. Avviene principalmente in aziende agricole a conduzione familiare o in compartecipazioni controllate da privati. La struttura delle aziende agricole che producono carne bovina è ancora frammentata, ma il numero

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di aziende con più di 500 animali è in aumento: la Lettonia ha un clima ed un territorio adatti a questa produzione. Si sta raggiungendo l’obiettivo nazionale dell’autosufficienza e la qualità è in netto miglioramento. Cucina lettone: tra innovazione e tradizione A causa del clima rigido e della difficoltà a ricavare suoli coltivabili, i Lettoni hanno dovuto sempre faticare molto per garantirsi il cibo. L’alimentazione e la gastronomia tradizionali, che si basano su prodotti agricoli e carne, rappresentano bene questa tendenza: una cucina piuttosto grassa, ricca di patate (consumo medio pro capite 88 kg/ anno), carne di maiale e pollame (rispettivamente 23 e 18 kg/anno pro capite), poco speziata e in cui i prodotti caseari fanno la parte del leone (96 kg/anno pro capite). Tra i formaggi tipici spiccano il Ķimeņu siers, un formaggio al cumino, e il Jāņi, che condivide il nome con i due giorni di festività del solstizio d’estate, in cui lo si consuma insieme alla birra artigianale. Altri cibi della tradizione sono la zuppa di barbabietola, salsicce e carni affumicate, stufati di manzo e selvaggina, i tipici speķa pīrādziņi, dei tortini al bacon, e la skābputra, una zuppa fredda a base di panna acida.

Ma la Lettonia non è solo tradizione: con una briosa generazione di chef giovani e preparati, il Paese partecipa alla rinascita della cucina nordica. Nel 2014 Riga era Capitale della cultura e le statistiche hanno registrato un notevole incremento dei turisti nei ristoranti e wine bar: l’ennesima dimostrazione del fatto che la cultura passa anche dalla tavola. Ma Riga, indubbiamente la capitale gastronomica degli stati baltici, aspetta con ansia il 2017. Tra un anno sarà infatti la Capitale dell’enogastronomia europea. Le tendenze sono quelle che hanno fatto esplodere la Nouvelle Vague nordica: prodotti locali e stagionali, ritorno ad elementi e metodi tradizionali, sapori dimenticati e selvatici. Il Mercato centrale di Riga Incontriamo MĀRIS ASTIČS — non ancora trentenne, portabandiera della nuova generazione di chef —, davanti ai padiglioni del Mercato centrale di Riga: negli anni Trenta era considerato il più moderno e grande d’Europa, prima ancora i suoi cinque enormi padiglioni custodivano i dirigibili Zeppelin. Con Astičs il tour fra chioschi e bancarelle diventa una lezione di cucina lettone e un modo goloso di scoprirne la cultura e la storia fatta di lunghe dominazioni e forti spinte indipendentiste: da una parte la carne affumicata e marinata, memoria “povera” della conservazione dei cibi quando non c’erano i frigoriferi. Dall’altra, occhieggia dai banchi il nobile e pregiato caviale. E poi montagne di crauti, gli immancabili cetrioli sottaceto, a ricordare la dominazione teutonica prima e tedesca poi. L’acqua di betulla e il pesce essiccato, che evidenziano le influenze scandinave. Mentre all’esterno le bancarelle dei contadini offrono kvass, una bevanda ricavata dalla fermentazione del pane nero, retaggio dei travagliati rapporti coi sovietici. Una passeggiata fra le bancarelle del Mercato di Riga può essere un viaggio nel tempo e nella storia dell’Europa. Enrico Cicchetti

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ZOOTECNIA

La crisi del mercato del latte impoverisce il patrimonio zootecnico di Fortunato Tirelli

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on è tempo perso ricordare che la crisi del mercato del latte e dei prodotti caseari ha ripercussioni negative sul patrimonio zootecnico. I numeri sono inequivocabili: dai 9 milioni di capi di bovini del 1980 (inizio regime quote) ad oggi siamo passati a meno di 5 milioni di capi e le stalle si sono dimezzate. Concediamo a chi guarda la realtà con prospettive positive che molte tra le stalle rimaste abbiano aumentato la loro consistenza; resta però la realtà del forte impoverimento numerico che ha portato con sé un deciso calo delle vacche in produzione. Si ritiene che il calo sia a sei cifre, cioè centinaia di migliaia di capi sottratti alla produzione del latte. Ammettiamo anche che qualche allevatore abbia conservato i capi, indirizzandosi alla produzione di carne. Prospettiva poco realistica, visto che il mercato della carne è altrettanto in crisi e come quello del latte offre ricavi che non compensano i costi di produzione. In questo contesto ci sono opinioni che prospettano come soluzione del problema il taglio della produzione, il ritorno al regime delle quote, di cui non c’è un ricordo soddisfacente né in Italia né in altri Paesi europei. Basta riportare alla memoria le multe pagate per gli sforamenti, inevitabili se i produttori ambivano ad avvalersi del contributo del progresso genealogico e tecnologico, una penalizzazione che mortificava la professionalità e gli stessi ricavi. Una strada che per percorrerla dovrebbe unire le scelte di tutti i

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produttori di tutti i Paesi europei, un obiettivo difficile da raggiungere anche se dovesse essere cavalcato da Bruxelles. E non si dimenticano le centinaia di migliaia di esseri umani che soffrono la fame: tagliare la produzione sarebbe un assurdo che va impedito dal buon senso, soprattutto oggi che molti immigrati scappano dai luoghi d’origine proprio per mancanza di viveri. Le eccedenze prodotte da un mercato regolare vanno indirizzate a questi Paesi promuovendo in parallelo

azioni di sviluppo locale, a cominciare dall’agricoltura, che consentirebbe la produzione di derrate e l’attivazione della manodopera, con conseguente possibile concreto freno all’esodo delle popolazioni. Infine, salvaguardare il patrimonio zootecnico e le sue produzioni vuol dire salvaguardare una percentuale elevata di occupazione nel settore primario, visto che solo la zootecnia costituisce una opportunità di lavoro diretto (allevamenti) e indiretto (lavorazione del latte e della carne).

La crisi del latte nella UE si protrae dal 2015. Nel giugno dello scorso anno, nella sua risoluzione sulle prospettive del settore lattiero-caseario dell’Unione Europea, il Parlamento europeo ha riconosciuto che la crescente volatilità del mercato lattierocaseario globale dopo la fine delle quote latte e l’impatto dell’embargo russo hanno provocato una pressione al ribasso sui prezzi dei prodotti lattieri. Il Parlamento ha invitato perciò la Commissione ad adottare misure appropriate volte ad alleviare le difficoltà per gli agricoltori.

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RAZZE

Il suino basco Txerria Una razza che ha sfiorato l’estinzione ora gusta e fa gustare il rilancio di Roberto Villa

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metà degli anni Quaranta del secolo scorso le scrofe censite di suino basco di razza Txerria (Euskal Txerria) superavano abbondantemente le 100.000: si era nel periodo del dopoguerra, la necessità di avere preziose calorie era ben sostenuta dalla carne grassa sviluppata da questo tipo di suino. Sebbene l’incrocio con le razze internazionali tipo Yorkshire o Landrace — similmente a quanto accaduto anche in altre aree rurali italiane ed europee — fosse iniziato già alla fine

dell’Ottocento, l’evoluzione verso un suino sempre più magro e più precoce nella crescita ha portato nei decenni a venire alla riduzione del patrimonio, tanto che all’inizio degli anni Ottanta del secolo appena concluso il numero di scrofe era sceso ad appena 50. Grazie all’opera e alla caparbia determinazione di pochi allevatori locali, la razza è riuscita a non estinguersi ed ora sta godendo di un meritato rilancio grazie alle elevate caratteristiche qualitative delle sue carni. L’opera di recupero

è iniziata grazie alla sensibilità di PIERRE OTEIZA, allevatore dei Paesi Baschi francesi. Nel 1997, constatando che nei Paesi Baschi spagnoli ormai sussistevano solo animali sparsi nelle cascine senza alcun vero e proprio gruppo in grado di costituire una unità autonoma, l’allevatore PELLO URDAPILLETA ed il veterinario M ARIANO G OMEZ si buttarono anima e corpo nella disperata impresa istituendo a sede il cascinale di Pello a Bidania, tra i monti di Guipúzcoa. In precedenza già

Esemplari di suino basco di razza Euskal Txerria (photo © tiritinyam.blogspot.it).

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Chistorra de León, tipiche salsicce di maiale, al forno (photo © Chez Silvia, www.chezsilvia.com). altre due razze dei Paesi Baschi avevano purtroppo subito una sorte altrettanto infelice: si tratta del Chato Vitoriano e della Baztanesa, popolazioni locali con le quali lo Txerria è direttamente imparentato

e delle quali ancora porta in dote alcune caratteristiche genetiche, tanto nell’aspetto quanto nella conformazione corporea. Il capo dello Txerria è di dimensione media, orecchie grandi che

La fiera di San Tommaso con l’esibizione bene augurale del porco in piazza È dal 1351 che in terra basca si celebra dal 21 al 24 dicembre la festa dell’apostolo Tommaso, nota localmente come Feria de Santo Tomás altrimenti abbreviata in Santamas, grazie alla concessione avvenuta in quell’anno da parte del Re Pietro I di Castilla y León. La festa di Mondragón è sicuramente quella che prevede le manifestazioni popolari più tipiche: ci sono la processione delle statue giganti dalle enormi teste (Gigantes y Cabezudos), l’esposizione del porco nella Plaza del Pueblo in segno bene augurale sull’abbondanza di cibo per l’inverno che comincia, infine i fuochi d’artificio nella notte con il toro de fuego o vaca loca, una struttura metallica dalla testa bovina sulla quale vengono appoggiati vari elementi pirotecnici che allietano la serata per le strade della cittadina. Nella città di Bilbao è invece solo a partire dal 1945 che la festa popolare ha assunto i contorni attuali di movida prenatalizia, con centinaia di bancarelle, attività sportive di piazza, premi per i migliori prodotti agricoli ed oltre centomila persone per le strade della grande città atlantica.

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cadono sugli occhi, il collo corto e potente; la linea dorso-lombare è incavata, con la groppa più alta rispetto alle spalle, le gambe sono piuttosto tozze ma di buon sviluppo osseo. Il colore del mantello è tipicamente bianco rosato nella parte centrale del torso e negli arti mentre è di colore grigio chiaro sul collo, sulla testa e dalla groppa alla coda inclusa la parte superiore della coscia. È una razza rustica, dal carattere docile, ben adattata al pascolo dei vegetali dell’entroterra iberico: ghiande, faggiole, nocciole, castagne, erbe e tuberi spontanei del sottobosco. Solo negli ultimi mesi prima della macellazione, che avviene al raggiungimento dei 120-140 kg di peso solitamente tra i ventidue ed i ventiquattro mesi di età, la razione naturale viene integrata con fave e cereali (mais, orzo, avena). Dalle carni abbondantemente infiltrate di grasso, fondenti al palato, si ottengono prosciutti rinomati ma anche una pancetta morbida e profumata e varie altre preparazioni

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“È una razza rustica, dal carattere docile, ben adattata al pascolo dei vegetali dell’entroterra iberico: ghiande, faggiole, nocciole, castagne, erbe e tuberi spontanei del sottobosco. Dalle carni abbondantemente infiltrate di grasso, fondenti al palato, si ottengono prosciutti rinomati ma anche una pancetta morbida e profumata e varie altre preparazioni di salumeria tradizionali”

di salumeria tradizionali, la cui ricetta risale molto indietro nei secoli e viene tuttora tramandata a livello artigianale. Tra le più note il chorizo (txorizoa in lingua basca) ed altri salami stagionati (salsichon curado), la lukainka, che come suggerisce il nome è una salsiccia fresca, la chistorra (txistorra per i Baschi) ovvero una salsiccia generosamente condita con aglio e paprika che viene cotta al forno o alla griglia ed è un cibo frequente tra le tapas, consumata come piatto tipico a San Sebastian o a Mondragòn nella festa di San Tommaso il 21 dicembre avvolta nel talo (una sorta di tortilla di farina di mais) e accompagnata dal sidro o da vino Txakolí (Chacolí). Anche tagli più magri come la spalla (paleta) e la lonza (lomo) sono consumati dopo stagionatura con spezie ed erbe di quella terra. Al momento della macellazione autunnale e invernale vengono prodotte anche le tipiche morcillas, insaccati a base di sangue con l’aggiunta di vari ingredienti; nei Paesi Baschi sono caratteristiche quelle di riso (morcilla de arroz) e di porro

(morcilla de puerro) ma ci sono anche versioni contenenti solamente sangue e verdure. All’ampliamento del patrimonio della razza — che rimane tuttavia ancora classificata come razza in pericolo di estinzione dall’Unione Europea — corrisponde anche una maggiore penetrazione nella cultura e nella gastronomia locale, una vera a propria ricolonizzazione dopo decenni di oblio di quei sapori così strettamente intrecciati con la cultura del territorio. Ed ecco quindi che, anche grazie all’appoggio di Slow Food, nei menu di ristoranti locali e di alcuni rinomati ristoranti baschi si iniziano a proporre piatti a base di Euskal Txerria, come anche nei negozi di specialità alimentari fanno capolino i saporiti salumi di uno dei più antichi suini della penisola iberica. Lo si può gustare semplicemente assieme al pane oppure in piatti più elaborati della cucina creativa da gourmet, in ogni caso portatore di una storia a lieto fine. Roberto Villa

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MEAT BLOGGER

Frollare humanum est Dry aging… non è un gioco da ragazzi di Andrea Laganga

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inalmente è arrivata l’estate: rispolveriamo le nostre amate griglie, la brace di “legna bona” e… su, mettiamo un bel pezzo di ciccia “a modo”! Questo è quello che ci piace fare nei giorni di festa nella nostra amata campagna maremmana. Ma che tipo di carne dobbiamo scegliere per non sbagliare?

Il piacere del dry aging Oggi vi voglio parlare di una parola che sta tornando di moda nel mondo della carne, la frollatura. La frollatura è un processo chimico-fisico naturale, atto a maturare le carni, rendendole adatte alla cottura. Questa però è anche una semplice definizione che sta alla base di un’arte degna dei “veri macellai”. Come ogni mestiere che si rispetti, infatti, la differenza anche in questo caso la fa la capacità di saper creare un prodotto unico. E per noi macellai questa è la strada che ci permette di “realizzarlo”. Addentrandoci nel mondo del dry aging ci accorgiamo subito che qui… non si scherza più. Si tratta, infatti, di un argomento pieno di variabili e di difficoltà insite dietro mille fattori. Ogni macellaio utilizza questa tecnica, ma non tutti conoscono i “piaceri” che tale operazione può regalare. È per questo che non potevamo trattare questo argomento da soli; abbiamo pertanto chiesto aiuto a chi di “piaceri e godimenti della frollatura” se ne intende davvero. Una persona che riesce a spingersi fino ai limiti del possibile, creando un prodotto di una qualità unica nel suo genere. Questa persona è FRANCESCO C AMASSA, della macelleria F.lli Camassa di Grottaglie (TA), nonché uno dei soci fondatori dell’AIMA, Associazione Italiana Macellerie Artigiane, nuova realtà formata da macellai professionisti, appassionati del proprio lavoro, provenienti da diverse regioni d’Italia. Attraverso la loro esperienza vogliono contribuire allo conoscenza e alla divulgazione della “macelleria moderna”, raccontando la loro passione, l’amore e l’attenzione per il proprio lavoro e l’importanza della cura degli animali.

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Buongiorno Francesco, e grazie per la tua disponibilità ad approfondire un argomento da te particolarmente amato e conosciuto. Insieme cercheremo anche di stilare il “Decalogo della perfetta frollatura”. Iniziamo però con la domanda più importante: cos’è la frollatura? «La frollatura è quel particolare processo di maturazione che rende le carni più tenere e, soprattutto, più saporite. La frollatura, in lingua inglese dry aging, è un processo molto importante per gli amanti della carne. Dopo l’abbattimento dell’animale, la carne non è immediatamente edibile, ma occorre far passare un tempo variabile durante il quale le carni diventano adatte al consumo. Il cadavere va dapprima incontro al “rigor mortis” a seguito dell’esaurimento dell’ATP, il carburante dei muscoli; essi si accorciano e si irrigidiscono. L’aumento di acidità e gli enzimi dei microrganismi presenti nella carne agiscono sulle proteine denaturandole, determinando un aumento di morbidezza, succosità e sapore. Collagene ed elastina sono meno influenzate da questi processi: questa caratteristica influenza la qualità delle carni». Il decalogo della frollatura by Francesco Camassa 1. Passione per il proprio lavoro «È il primo e anche il più importante dei fattori per addentrarsi in una tecnica così “particolare” e complessa. Solo il sacrificio e la costanza, la curiosità e la conoscenza del proprio lavoro porteranno al raggiungimento di un prodotto finito “fatto bene”. La passione è l’unico elemento che tiene uniti questi fattori, mantenendoli vivi anche nei momenti di sconforto dettati da possibili errori». 2. Qualità della carne «Questa tecnica, di spingersi oltre il quotidiano modo di lavorare, può essere svolta solamente utilizzando un prodotto di partenza ottimo, e per “ottimo” intendiamo che l’animale sia nato, cresciuto e allevato in modo sano e tradizionale, godendo di un benessere e


di una qualità di vita eccellente. Naturalmente l’animale in vita non dovrà essere stato trattato con prodotti non conformi, al di fuori delle buone pratiche allevatoriali e al di fuori della legge, e non dovrà essere stato caricato di liquidi. Allevare animali in modo poco serio, sia dal punto di vista etico che dal punto di vista qualitativo, comporterà solamente un prodotto finale con pessime caratteristiche». 3. Conoscenza dei tagli anatomici e delle loro distinte particolarità «Sicuramente, se vogliamo andare a creare un prodotto che in futuro sarà consumato grigliato, dovremo scartare tagli ricchi di tessuto connettivo e ricchi di forme collagenose. Tali parti, si sa, sono da trattare con altri tipi di cottura. Andremo quindi a scegliere tagli che contengono meno tessuto connettivo, come quelli posteriori e della zona lombare. Risulteranno più teneri e adatti a cotture leggere come la grigliatura, che non è in grado di sciogliere il collagene».

Francesco Camassa, titolare dell’omonima macelleria Camassa a Grottaglie (TA). «La storia della famiglia Camassa — racconta Francesco — parte agli inizi del ‘900 con il bisnonno Domenico, arrivato a Grottaglie come commerciante di bestiame. È lui a dare vita alle prime macellerie della dinastia Camassa, riuscendo a tramandare tutto il suo sapere, a partire dalla stalla fino alle prime preparazioni, passando dal nonno Francesco al papà Ciro. Oggi, con la nostra macelleria, esprimiamo l’arte della carne in modo innovativo, presentando le nostre carni anche in modo alternativo e originale, senza tralasciare tutto quanto concerne la ricerca continua della materia prima sul nostro territorio, per garantire sempre una qualità eccelsa».

4. Conoscenza dei fattori interni ed esterni «Temperatura e umidità sono i due fattori principali che dovremmo sempre tenere sotto controllo per ottenere una buona riuscita del risultato finale. Non esiste nessuna regola fissa o algoritmi algebrici costanti per ogni taglio di carne. Ognuno di questi valori dovrà essere modificato nel corso del tempo, tenendo presente ogni singola variabile interna (come per esempio la parte anato-

AIMA – Associazione Italiana Macellerie Artigiane è una nuova associazione formata da macellai professionisti, appassionati del proprio lavoro, che hanno deciso di divulgare la cultura della “macelleria moderna”: FABRIZIO GASPARINI, STEFANO VITALI, MASSIMO CALDERA, ALDO MUGGERI, LORENZO RIZZIERI, DAVIDE CECCONI, DIEGO FIORENZATO, FEDERICO DAL LAGO, ROBERTO PASSARETTA, FRANCESCO CAMASSA e BARBARA COMUNE. «Una prospettiva di crescita professionale a cui crediamo molto», si legge sul loro sito web. «L’associazione è una nuova e moderna idea che proviene dalle esperienze dei soci fondatori che vogliono contribuire allo scambio di buone prassi, alla conoscenza e alla divulgazione, nell’ambito professionale della macelleria moderna, dalla stalla alla tavola». >> Link: www.aimameat.com

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CARN AMB IDEES - CALL SEBALLUT - CARNE & IDEE


“Il lavoro del macellaio non termina con la preparazione di un prodotto. Bisogna riuscire a offrire al cliente il giusto prodotto affinché possa apprezzarlo al meglio”

mica utilizzata e il suo peso, il grado di grasso e la marezzatura, il sesso dell’animale, e quindi la trama data dalle fibre della carne) e le variabili esterne (come per esempio saper riconoscere e modificare in tempo eventuali fattori climatici — cambiamenti di temperatura e umidità — che andrebbero a modificare il microclima ottenuto nelle celle di maturazione)». 5. Tenere costantemente aggiornato un archivio della frollatura «Questo è un consiglio, oltre ad essere una buona prassi di lavorazione. Ad ogni inizio di frollatura è obbligatorio riportare su ogni pezzo di carne i dati dell’animale, in modo da essere in grado di risalire in ogni momento alla sua provenienza (rintracciabilità). È poi bene riportare in ogni momento i passaggi specifici di ogni determinato taglio, come ad esempio la data di inizio della frollatura, le variazioni di temperatura, di umidità, di ventilazione dell’area, annotando anche variazioni visive riscontrate sul prodotto. Questi semplici consigli vi aiuteranno a capire (là dove fossero presenti) eventuali errori commessi o a ripetere con precisione comportamenti giusti e corretti». 6. Disponibilità di attrezzature e spazi adeguati «Per effettuare il processo di frollatura non avremo solo bisogno di una cella normale, bensì sarà meglio riservare a questa tecnica spazi sufficienti e ben distinti da quelli di utilizzo quotidiano, ancor meglio dedicandovi uno spazio esclusivo e incontaminato. Naturalmente dobbiamo avere apparecchiature che ci permettano di variare e tenere sotto controllo la temperatura, il

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grado di umidità e la ventilazione. Meglio ancora sarebbe dotarsi di un apparecchio per monitorare il grado di variazione del pH all’interno del taglio». 7. Saper lavorare e servire in modo corretto un prodotto frollato «Abbiamo deciso che finalmente il nostro taglio ha raggiunto il grado di maturazione da noi desiderato: è importantissimo saperlo lavorare e servirlo nella maniera più corretta, sia per evitare di sprecare parte del prodotto che per offrire al cliente un prodotto sano, privo di parti di scarto». 8. Saper riconoscere il giusto cliente per offrire determinati prodotti «Il lavoro del macellaio non termina con la preparazione di un prodotto. Uno dei momenti più importanti e delicati del processo di frollatura, ad esempio, è proprio riuscire ad offrire il giusto prodotto al giusto cliente. Mi spiego meglio: è impensabile proporre un prodotto con un grado di stagionatura oltre i dieci mesi a un cliente che non ha mai assaporato prodotti con stagionatura minore. Questo perché per lui sarebbe impossibile riconoscere e apprezzare le variazioni organolettiche che quel prodotto ha sprigionato al suo interno. Ecco perché è preferibile consigliare al cliente finale un “percorso di stagionatura graduale”. Solo così lui stesso sarà in grado di apprezzare al meglio ogni singola sensazione gustativa del prodotto e, di conseguenza, anche ogni nostro sacrificio effettuato per arrivare a un determinato risultato». 9. Frollare nel modo giusto appartiene solo ai macellai «Il limite della “frollatura” è che richiede tempo, quindi denaro. Pertanto, l’industria alimentare è particolarmente attenta a tutte le possibili soluzioni per ridurre i tempi di frollatura, spesso con un danno alla sapidità e tenerezza del prodotto. In particolare sono state sviluppate alcune tecniche di frollatura rapida svolte a temperature di 18-20°C, nelle quali — per evitare l’eccessivo essiccamento, lo sviluppo

di microrganismi e la conseguente putrefazione — l’ambiente viene umidificato e trattato con mezzi sterilizzanti come le radiazioni ultraviolette. Quindi, se volete un prodotto di alta qualità, evitate di acquistare prodotti preparati in questo modo». 10. Esperienza, prove e determinazione «Se si decide di intraprendere questa strada, sappiate che è tanto particolare e difficile quanto altrettanto ripagante in termini di soddisfazioni. Dovrete essere pronti a sacrificare qualche cosa, perché sicuramente sbaglierete, ma pronti a ricominciare cercando di imparare dagli errori compiuti in precedenza. In commercio esistono macchine e sistemi di stagionatura computerizzata che possono aiutare, offrendo una frollatura standardizzata a livelli accettabili. Ma quello che riuscirete a “creare” da soli — spingendovi in tempi molto lunghi (anche 12 mesi e oltre) — mediante l’utilizzo dei vostri cinque sensi, è qualcosa di differente, perché sarà innanzitutto una vostra creazione. Dovrete essere pronti ad “ascoltare” la vostra carne, perché è lei che vi “guiderà” in questa impresa, secondo le “sue” necessità… Frollare “non è un gioco”, ma se saprete “ascoltare” la carne… il gioco è fatto!». Andrea Laganga Nota A pagina 100 taglio anatomico sottoposto a frollatura. Molto importante nella frollatura è la temperatura di conservazione delle carcasse, in quanto la lisi proteica è direttamente proporzionale alla temperatura e alla durata della conservazione.

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MACELLERIE D’ITALIA

Metzgerei Stefan, macelleria, gastronomia… e panificio di Riccardo Lagorio

È

macelleria, gastronomia. Anche panificio per i mille abitanti della pittoresca frazione. E, in verità, per le migliaia di turisti che giungono ai piedi dello Sciliar nei quattro mesi delle passeggiate estive e durante i tre mesi dedicati agli sport invernali. S TEFAN R ABENSTEINER ha aperto questo emporio universale a Siusi all’inizio degli anni Duemila, con l’orgoglio e la competenza che un’esperienza di tre decenni passati dietro il banco di una macelleria di Castelrotto potevano assicurare. È così che la conoscenza approfondita del mercato di acquisto e di smercio lo hanno condotto a privilegiare carni ovine e bovine locali. I bovini provengono esclusivamente dall’altopiano e sono di razza Grigio alpina (si veda in proposito di LAGORIO R., La razza Grigio alpina protagonista in Val di Funes, in EUROCARNI n. 7/2014, pag. 67). La domanda si concentra intorno alla carne di manzo e gli animali che Stefan propone sono di età compresa tra 24 e 30 mesi. La scelta dei soggetti da macellare avviene ancora in maniera informale. Semplice: l’allevatore chiama, Stefan si reca nel maso, vede l’animale. Se ritiene che possa servire alla sua attività è comprato, altrimenti l’allevatore-contadino si rivolgerà ad altri. «Ma quasi sempre quando chiamano, hanno soggetti che m’interessano. Ormai conoscono bene le esigenze della mia macelleria», sostiene. L’età dell’animale è assai importante per garantire la carne migliore; anche la crescita dell’animale deve svolgersi secondo ritmi rallentati. In questo modo si ottiene una carne adeguatamente marezzata, morbida e saporita.

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La razza Grigia alpina si contraddistingue proprio per una crescita lenta, anche in virtù di un’alimentazione che prevede solo fieno e cereali. «Il muscolo per il gulasch e le bistecche sono le parti più richie-

ste dai nostri clienti. Hanno subito un calo evidente della domanda i pezzi anatomici che devono essere lavorati a lungo in cucina mentre in inverno vengono ancora assai apprezzati i tagli per brodo».

Stefan Rabensteiner nella sua macelleria a Siusi.

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Salumi tipici Dal giorno dell’apertura dell’attività Stefan Rabensteiner utilizza la carne di manzo per la produzione di salumi. Quello più caratteristico è la punta d’anca affumicata con legno di pino: il distintivo aroma rende ogni fetta una tentazione. Nel bancone e sugli scaffali si trovano inoltre le numerose varietà di würstel: da quello di vitello senza conservanti a quello di carne bovina e suina, dall’affumicato di manzo al servelade (con l’aggiunta anche di cotiche finemente tritate). Già… il suino. «Meno del 30% dei suini che vendiamo in negozio sono del luogo; per il resto acquistiamo mezzene dall’Austria o dal sud della Germania. L’estate è il periodo in cui la carne suina è più richiesta, soprattutto costolette e hamburger. Durante l’inverno c’è particolare richiesta di fegato, che serve per la preparazione dei canederli, insieme a pane, cipolla, latte, spezie, aglio e prezzemolo. L’unico piatto pronto che preparo in alta stagione sono proprio i canederli». Ovviamente anche questi declinati in base al gusto del consumatore: alle rape rosse, allo speck, al formaggio, ai funghi porcini. Per il resto vengono suggeriti spiedini e coppa marinata con le spezie che si possono utilizzare sulla griglia. «Per quanto riguarda la carne di pecora però — sottolinea Stefan — c’è stata una sensibile contrazione negli ultimi dieci anni. Per quegli agnelli

Specialità già pronte e l’assortimento dei würstel della macelleria di Stefan. che ancora si vendono, mi rifornisco da un produttore locale, PAUL SCHGAGULER, proprietario del maso Wiedner appena fuori dal paese».

“La scelta dei soggetti da macellare avviene ancora in maniera informale. Semplice: l’allevatore chiama, Stefan si reca nel maso, vede l’animale. Se ritiene che possa servire alla sua attività è comprato, altrimenti l’allevatore-contadino si rivolgerà ad altri”

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Paul Schgaguler, altro che hipster EUROCARNI ha voluto intervistare anche questo allevatore di pecore, uno dei pochi rimasti ai piedi dell’Alpe. Con la strada che si inerpica di poco, fuori dal centro abitato proprio all’incrocio che porta sull’Alpe di Siusi, ecco il maso Wiedner. Ci apre le porte un personaggio uscito dalla penna di JOHANNA SPYRI, la barba bianca e vissuta, niente a che fare con quelle barba-macchiette che popolano i rotocalchi del 2016. La traduzione che l’Agenzia turistica

dell’Alpe di Siusi (seiseralm.it) ci ha organizzato aiuta molto. Visto così, a Paul Schgaguler non si può certo dare un’età anagrafica, ma senz’altro ha molto più fiato di chi scrive. Lo manifesta l’erto viottolo che collega il maso al recinto degli animali. Gregge composto da due razze che vivono in promiscuità: la Funes dagli occhiali (dal vello bianco) e la Tirolese (dal vello marrone o nero). «Sono due razze ideali per questo clima, si adattano molto bene anche alla rigidità dell’inverno quando comunque vivono fuori. La Funes dagli occhiali ha la schiena dritta, ideale per trarne costolette. Il nostro maso alleva complessivamente 80 animali all’anno, meno

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rispetto a soli 10 anni fa». La razione di cibo che ci mostra e conferma essere quella quotidiana è composta da erba, fieno e cereali. I parti sono due all’anno, in autunno e in estate, così che la disponibilità di agnelli è pressoché costante. Qualora non riuscisse a piazzare gli animali più vecchi, questi vengono utilizzati per elaborare squisite salsicce, con l’aggiunta di pancetta di maiale, sale, pepe e aglio. Con l’avvertenza che la carne ovina deve essere ben mondata. Ma Schgaguler racconta anche di come siano cambiati i consumi. Infatti la richiesta di agnelli oggi ha pareggiato quella di animali adulti. «Nelle macellerie locali e dell’Alto Adige gli ovini vengono sempre venduti giovani; la richiesta di soggetti adulti, oltre un anno e mezzo di vita, viene dall’Italia dove sono sempre più frequenti le comunità islamiche», rimarca. Poi si lascia andare ad uno sfogo, conclamando quell’orgoglio contadino di cui i Bauern sono fieri portatori. D’estate sull’Alpe ovviamente gli animali pascolano liberi. «Noi contadini continuiamo ad avere notevoli perdite dalla presenza delle aquile e delle volpi. Per ogni agnello che ci viene sottratto c’è una franchigia di 250,00 euro. All’atto pratico la Provincia autonoma di Bolzano non ci rimborsa nulla. Ma soprattutto sono i contadini a proteggere la natura e vorremmo collaborare con tutti. Eppure la carne la vogliono pagare sempre meno, vorrebbero solo costolette e cosce perché i cuochi non sanno cucinare il resto dell’animale. Così comprano i pezzi anatomici già tagliati e messi sottovuoto che vengono da altri continenti». Come darle torto, Herr Schgaguler? E purtroppo questo accade ormai da troppo tempo. Ne sanno qualcosa i suoi colleghi a sud di Salorno… Riccardo Lagorio

Paul Schgaguler, proprietario del maso Wiedner, con il suo gregge che comprende ovini di due razze, la Funes dagli occhiali e la Tirolese.

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Metzgerei Stefan Piazza Oswald Von Wolkenstein 1 39040 Siusi (BZ) Telefono: 0471 704249 E-mail: info@metzgerei-stefan.it Web: metzgerei-stefan.it

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perience


L’arte storica del bechér a Venezia Alberto Battistel, che ha rilevato nel 1983 la macelleria di viale Garibaldi a Venezia, ci racconta cosa vuol dire fare il macellaio oggi nella splendida città lagunare, tra mille difficoltà e l’orgoglio di offrire un buon servizio al cliente di Gian Omar Bison

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enezia e i Veneziani. La Venezia degli indigeni, degli autoctoni. Quelli che “mia nonna non è mai stata in terraferma”, “al di là del ponte (il ponte della libertà che unisce Mestre a Venezia) sono tutti campagnoli” e “se il ponte crollasse il resto del mondo sarebbe un’isola”… Di questa venezianità, al di là di lustrini e mascherine per gitanti, resta parecchio. Di sicuro restano i sestieri più veneziani di tutti: Cannaregio e Castello. Chi vive qui sfoggia una venezianità orgogliosa. Si sentono gli eredi, in riserva, dei nativi della Serenissima. E così si sente anche ALBERTO BATTISTEL, macellaio di via Garibaldi, la parte di città tra San Marco e Sant’Elena. «Fino a cinque anni fa e per venticinque anni ho tenuto la bottega in Campo Santa Margherita, poi ho rilevato questa macelleria storica. Un’attività secolare che il gestore precedente ha condotto per oltre sessant’anni» ricorda Battistel. «Venezia “sconta” caratteristiche proprie e irripetibili, sia per i costi di gestione e i trasporti che per la conduzione commerciale, certamente maggiori rispetto alla terraferma. In questa zona ho trovato una più alta concentrazione di residenti ed è con loro che si lavora». Qui la carne arriva in barca, porzionata; si riforniscono da “Rosa Carni” di Camposampiero (PD) perché vogliono dare al cliente qualità e servizio. «Inutile girarci attorno — sottolinea Battistel — siamo nell’oc-

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chio del ciclone. La produzione, la macellazione, la vendita e il consumo di carne oggi è roba da eretici. Da debellare. E invece, da un punto di vista nutrizionale, oltre che per il piacere della buona tavola, la nostra carne controllata e verificata dagli allevamenti al macello è salubre e di qualità. Che i talebani del vegetale facciano come credono, ma la smettano di demonizzare i carnivori e mettere in difficoltà l’economia della carne». Nella Venezia bella, unica, triste, nobile e per certi aspetti decadente, satura di turisti e di contraddizioni, internazionale per storia e tradizione, somma di secolare meticciato culturale, politico e religioso, la macelleria non era solo un’arte, ma una Scuola. E tanti sono le calli e i campielli veneziani che richiamano al bechér o alle beccarie. Una delle scuole riconosciute come corporazione era quella dei becheri: “istituita sul volgere del 1200, la sede era nella Chiesa di San Mattio di Rialto di cui eleggevano il parroco dal 1436, poi demolita, vicino al campo delle beccarie. Tanti i macelli in città e tante le scuole e le professioni legate alla scuoiatura degli animali e all’utilizzo delle frattaglie: luganegheri (confezionamento e vendita di carni suine e teste, zampe e interiora dei bovini); conciacurami per la concia di pelli di montone e di capretto e la preparazione del cuoio detto ‘curame’; calegheri (calzaturieri…” (fonte: GIOVANNI

CANIATO e RENATO DALLA VENEZIA, a cura di, Il Macello di San Giobbe, Università Cà Foscari, Venezia). «Dalle 150 macellerie di qualche decennio fa — prosegue Battistel — ci siamo trovati in 22. Al di là delle difficoltà tipiche di una città come questa, si è sommata la concorrenza dei centri commerciali, che continuano ad aprire puntando su una clientela che ha poco tempo per selezionare i negozi e quindi acquista tutto da un unico fornitore. Facciamo fatica, ma abbiamo l’orgoglio di voler raccontare al cliente dove acquistiamo, come selezioniamo; di consigliarlo su un taglio piuttosto che su un altro a seconda della preparazione culinaria; di proporgli preparazioni gastronomiche e rosticceria selezionata. Insomma, a volte ci sentiamo gli assistenti sociali dei carnivori». Un pensierino alla ristomacelleria è stato fatto ma… «acquistare mura, restaurare e inseguire i coperti a Venezia significherebbe caricarsi di costi difficilmente ammortizzabili. Meglio concentrarsi sul servizio e sulla qualità delle carni, uscire per andare dal fornitore, a macello, a vedere e valutare il prodotto di persona, e poi raccontarlo al cliente con dovizia di particolari». Macelleria Battistel Alberto Castello 997/A –30122 Venezia Telefono: 041 5203198 E-mail: info@macelleriavenezia.com Web: www.macelleriavenezia.com

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Alberto Battistel nella sua macelleria di via Garibaldi a Venezia.

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RASSEGNE

Sovizzoincarne 2016 Grande festa con Tiziana Nogara e i colleghi macellai per l’appuntamento carnivoro biennale della cittadina vicentina. Griglie roventi, tanta carne, musica e magliette

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o scorso 29 maggio, incuranti dei temporali primaverili, centinaia di persone hanno invaso il centro storico di Sovizzo, in provincia di Vicenza, per l’edizione 2016 di Sovizzoincarne, la grande festa carnivora che, con cadenza biennale, TIZIANA NOGARA e il suo staff della Macelleria Salumeria Nogara organizzano nel paese. «Questo è un grande lavoro di squadra» ci ha detto Tiziana, la Lady dei Butchers for Children, presenti numerosi con

un grande spazio condiviso. «C’è un comitato organizzativo e tantissimi volontari che lavorano tantissimo prima, durante l’evento e anche dopo». Come per le precedenti edizioni, con gli ingressi agli stand gastronomici e la vendita di magliette sono stati raccolti fondi che sosterranno l’associazione Centro Aiuto alla Vita e la Città della Speranza. >> Link: www.macellerianogara.it

Il taglio del nastro che ha ufficializzato l’edizione 2016 di Sovizzoincarne. Tra gli altri, da sinistra, Saverio, volontario del Centro Aiuto alla Vita, Giorgio Nogara, i macellai Niccolò Donà e Giuliano Costa, Antonio Zanotto della Città della Speranza, il dott. Chiarenza, pediatria di Vicenza, Marilisa Munari, sindaco di Sovizzo, Tiziana Nogara e il macellaio Alberto Ghiotto (photo © Elena Benedetti). La t-shirt dell’edizione 2016 di Sovizzoincarne è ancora disponibile presso la Macelleria Salumeria Nogara. Per informazioni: info@macellerianogara.it

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1) Per la Macelleria F.lli Beghin dal 1914 di Teolo (PD) e la Macelleria Canton di Padova, Marina Oddo, Francesco Canton, Albano e Francesco Beghin. 2/3) Una rappresentanza dei Butchers for Children sempre presenti all’appuntamento di Sovizzo: Daniele Biassoni della Macelleria Maggio di Milano, Roberto Papotti della Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO) e Moreno Favaretto, dell’omonima macelleria di Mirano (VE). Nello spazio condiviso dai Butchers era presente anche lo staff della Macelleria Pellegrini di Milano con Giorgio Pellegrini. 4) Donato Turba e Paola Nassaro della Macelleria Turba di Melzo (MI) e del ristorante Antica Macelleria Turba di Rivolta d’Adda (CR) con Giuliana Biassoni della Macelleria Maggio di Milano. 5) Tiziana Nogara e Stefania Brotto della Macelleria Brotto di Cassola, Bassano del Grappa (VI). 6) Battuta di carne della Macelleria F.lli Beghin (photo © Elena Benedetti).

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Come ti gusto e ti abbino il formaggio, i salumi e le carni in villa di Gian Omar Bison

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ormaggi protagonisti a “Formaggio in Villa 2016”, kermesse gastronomica giunta alla sesta edizione e svoltasi in Villa Braida a Mogliano Veneto (TV) dal 16 al 18 aprile. Una cornice sontuosa in un esempio caratteristico di architettura veneta dell’Ottocento con un parco intorno di quattro ettari. La manifestazione, nata con l’intento di riconoscere ed esaltare l’autorevolezza del cacio abbinabile a tutto pasto con prodotti diversi, è diventata, con l’attenta regia di

“Guru del Gusto” e ALDO MARCOMINI, una tra le più interessanti vetrine nazionali di degustazione. Duecento aziende produttrici di formaggi, ma anche salumi e specialità gastronomiche per l’alta cucina. Numeri che evidenziano un 30% in più di espositori e l’84% in più di accrediti di operatori specializzati. Un target professionale e foodies piuttosto che “popolare”. Nei banchi d’assaggio anche confetture, mostarde, marmellate, gelatine, aceto balsamico, burro, olio extra vergine di oliva,

pasta, cioccolato e dolci. E con la possibilità di apprezzare un buon toscano degli amici del “Club del Toscano”, accompagnato a distillati e cioccolato di modica. Un percorso lineare, cadenzato, che ha portato palati curiosi tra i saloni della villa e nelle tenso-strutture esterne nel parco, insieme a vini e birre artigianali. «Gli apprezzamenti e i consensi che abbiamo ricevuto in questi giorni — afferma Marcomini — ci hanno ripagato delle fatiche sostenute negli ultimi mesi per organizzare

La rassegna Formaggio in Villa è giunta alla sua sesta edizione.

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A Villa Braida erano presenti almeno duecento aziende produttrici.

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Accanto ai formaggi protagonisti della rassegna, c’erano tante altre prelibatezza a Villa Braida, a cominciare dai salumi, ai quali è stato dedicato una sorta di “Salone dell’alta salumeria”. un evento che in qualche momento ci è sembrato più grande di noi. Esprimiamo un vivo ringraziamento a tutti i partecipanti, al pubblico, alle aziende, agli sponsor e a tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di Formaggio in Villa 2016». Interessanti le aziende vitivinicole ed i vini presenti, selezionati dalla Fondazione Italiana Sommelier del Veneto, e, tra questi, laboratori con degustazioni guidate di pregio assoluto. Il Consorzio Brunello di Montalcino, ad esempio, ha presentato, con Massimiliano Masini alla conduzione, un percorso sul rosso tra

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i più nobili dell’enologia nazionale prodotto con cento per cento di sangiovese e dotato di grande struttura e longevità. Note rosse, calde e avvolgenti dei seguenti Brunello di Montalcino DOCG apprezzati anche in abbinamento a formaggi pecorini Fior di Montalcino: Lambardi 2011, La Palazzetta 2011, Podere Canneta 2011 e La Fornace 2011. Ma anche i vini dell’azienda sarda Binzamanna hanno raccolto numerosi favori del pubblico, dal più classico Cannonau al blend di Cagnulari e Bovale fino al Cagnulari in purezza, una vera poesia autoctona: gradazione alcolica

importante, mineralità e sentori di vegetazione tipiche della macchia mediterranea. Sugli scudi la cremosità del burro superiore dei fratelli Brazzale di Zanè (VI), burrificio dal 1784, la sapidità e la persistenza del Ragusano DOP, la pasta De Castro, la sopressa di Casa Cason, la porchetta di Ariccia Argentati, l’oca di Michele Littamé e la pagnottella della Macelleria Romanelli di Martina Franca (TA). Anche quest’anno, imperdibile e ricca di sorprese la grand soirée dedicata al premio Italian Cheese Awards 2016. Gian Omar Bison

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IFFA 2016 da record Crescita di espositori e visitatori, con una connotazione decisamente internazionale. Grande soddisfazione da parte di tutti i rappresentanti del comparto

P

er l’edizione 2016 della fiera europea più importante dell’industria della carne sono arrivati a Francoforte oltre 63.000 visitatori provenienti da 143 Paesi, segnando un incremento di circa il 5% rispetto all’edizione del 2013 (60.509 visitatori da 144 Paesi). Incrementi significativi dei visitatori si sono avuti in particolare da Russia, Spagna, Polonia e Italia. Anche sul fronte degli espositori l’edizione 2016 di IFFA ha registrato una partecipazione record, con 1.027 aziende presenti (966 nel 2013) su una superficie espositiva di 110.000 m2. Sono stati presentati con successo

nuovi prodotti e tecnologie per la macellazione e la trinciatura, la lavorazione, il confezionamento e la vendita. «All’insegna del motto meet the best!, l’intero settore si è riunito a Francoforte per scoprire le innovazioni e i futuri trend del comparto. IFFA si conferma la fiera leader mondiale dell’industria della carne: il grado d’internazionalità estremamente elevato, la presenza di tutti i leader di mercato e la carica innovativa dei prodotti e delle tecnologie presentati parlano da soli», ha dichiarato WOLFGANG MARZIN, presidente del comitato direttivo di Messe Frankfurt.

Per i produttori di macchinari e impianti IFFA rappresenta la principale vetrina internazionale e offre il più vasto network di esperti. «IFFA 2016 è andata molto bene per i costruttori tedeschi di macchinari», ha dichiarato KLAUS SCHRÖTER, presidente dell’associazione tedesca costruttori di macchine e impianti VDMA (www.vdma.org). «Sono stati allacciati tanti nuovi contatti e sottoscritti molti contratti, anche per grandi progetti. I nostri clienti sono entusiasti delle nuove tecnologie e dell’ampia gamma di prodotti, che non trovano in nessun altro luogo al mondo in così grande varietà».

Un nuovo record per l’edizione del 2016 di IFFA, che ha incrementato le presenze internazionali del 66% rispetto all’edizione 2013 (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH – Petra Welzel).

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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

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Lo stand dell’azienda tedesca Holac Maschinenbau GmbH a IFFA. Il marchio in Italia è distribuito da Lazzari Equipment.

Ampio consenso per Risco a IFFA 2016 A poche settimane dalla conclusione di IFFA è il momento di tirare le somme sul lavoro svolto: per RISCO le aspettative sono state pienamente rispettate, con una buona affluenza di visitatori e un notevole interesse per le novità proposte. All’interno dell’ampio stand particolare attenzione è stata riservata alla gamma di insaccatrici della serie RS 100 in abbinamento a vari sistemi di formatura, alle nuove linee Frontal Linker serie RS 26x e ai porzionatori per carne macinata in vaschetta modello RS 918 e RS 920. Tra i sistemi per carne macinata particolare interesse ha suscitato il modello RS 920, il sistema brevettato Risco di ultima generazione composto da una insaccatrice sottovuoto Risco con macinatore integrato, con possibilità di utilizzare uno o più coltelli e piastre, denervatore, un doppio nastro di porzionatura e un sistema di taglio in continuo per assicurare una mattonella di carne più controllata ed una maggiore accuratezza di porzionatura. I tre diversi modelli di insaccatrice sottovuoto della serie RS 100 presentati a IFFA si contraddistinguono per affidabilità e prestazioni elevate in termini di qualità di insacco, precisione di porzionatura e output orario. Le insaccatrici della serie RS 100 sono facilmente abbinabili alla vasta gamma di accessori e sistemi Risco studiati per la formatura di prodotti di diversa dimensione, forma e consistenza, come richiesto dai nuovi trend di mercato. Ancora una volta Risco ha affermato il proprio ruolo da protagonista nell’industria dei prodotti insaccati e la vetrina di IFFA ha confermato l’impegno che la Risco costantemente esercita per migliorare i propri prodotti. >> Link: www.risco.it

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Salone delle Tecnologie per l’Industria Alimentare

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proficua sia per i visitatori che per i rappresentanti delle macellerie artigianali tedesche. IFFA è davvero unica». Elevato grado d’internazionalità Il 66% di visitatori internazionali: un numero che rende onore al lavoro degli organizzatori di questo appuntamento che, rispetto a tre anni fa, è cresciuto, confermando altresì la propria unicità nel panorama fieristico europeo e internazionale. Le dieci nazioni maggiormente rappresentate tra i visitatori, quest’anno, sono state Federazione Russa, Spagna, Polonia, Italia, Paesi Bassi, Cina, Stati Uniti, Austria, Australia e Ucraina. Per quanto riguarda i Paesi europei, è stato registrato un forte incremento di presenze da Spagna, Polonia, Gran Bretagna, Irlanda, Romania e Grecia. In aumento sono stati anche i visitatori provenienti da Paesi extraeuropei come Ucraina, Cina, Stati Uniti, Giappone e Sudafrica.

Lo stand della Vemag (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH – Jochen Günther). IFFA rappresenta un appuntamento imperdibile anche per il comparto dei macellai, presenti in massa all’evento. «Nel complesso IFFA è stata per noi e per i nostri partner un’occasione eccezionale per

presentare i nostri punti di forza», ha affermato HEINZ-WERNER SÜSS, presidente della Deutscher FleischerVerband, l’associazione tedesca che li rappresenta. «Il nostro bilancio a fine fiera? Una partecipazione

“Nel comparto delle macellerie le parole chiave sono ‘convenience’ e soluzioni ‘to go’, oltre ad efficienza energetica e semplificazione dei processi lavorativi. Altri temi chiave del comparto carneo sono il ‘clean label’, che esprime la richiesta, da parte dei consumatori, di avere prodotti il più possibile privi di additivi, e la riduzione del sale”

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Debutto fortunato per IFFA Forum e IFFA Talk Oltre alle novità degli espositori, la fiera ha offerto un ricco programma collaterale che ha trattato i temi d’attualità e i più recenti sviluppi del settore. Un esordio di grande successo ha contraddistinto IFFA Forum, che dall’8 all’11 maggio ha chiamato a raccolta oltre 750 partecipanti. Consensi particolarmente ampi ha registrato il dibattito sul tema “Automazione e ottimizzazione delle prestazioni”, insieme alle altre conferenze specializzate su “Ingredienti”, “Sicurezza dei prodotti alimentari e tracciabilità”, “Efficienza delle risorse e sostenibilità”. Un format altrettanto nuovo, che ha riscosso subito grande successo, è stato quello di IFFA Talk, svoltosi la sera del primo giorno di fiera. La tavola rotonda, che contava sulla presenza di numerosi esperti, politici, manager e operatori della Grande Distribuzione, ha trattato vari temi, dal veggie trend alla mancanza di manodopera specializzata. Con quasi 3.000 prodotti in gara, i concorsi internazionali organizzati dalla Deutscher Fleischer-Verband hanno battuto ogni record. Oltre

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Innovazione protagonista a IFFA 2016. All’interno di sette padiglioni espositivi, l’industria del settore ha presentato le tecnologie più innovative e le nuove tendenze per tutte le fasi del processo di lavorazione della carne: dalla macellazione e trinciatura alla lavorazione, fino al confezionamento e alla vendita (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH – Petra Welzel). 2.300 prodotti sono stati valutati nel corso di IFFA, più di 300 prodotti hanno partecipato ai due test internazionali condotti dalla DFV negli Stati Uniti e in Russia. Durante la fiera, i partecipanti ai test che si sono svolti prima di IFFA hanno ricevuto attestati, medaglie e coppe. Espositori e visitatori estremamente soddisfatti Gli espositori e i visitatori hanno valutato in maniera estremamente positiva la loro partecipazione alla fiera, come è emerso dal sondaggio condotto da Messe Frankfurt. Il 97% dei visitatori ha dichiarato di aver raggiunto i propri obiettivi; allo stesso tempo il 91% degli intervistati ha espresso un giudizio positivo circa la congiuntura del settore. Le categorie di visitatori più rappresentate appartenevano al commercio al dettaglio di generi alimentari, all’industria della lavorazione della carne e alle macellerie artigianali. Per quanto riguarda gli espositori, l’87% ha espresso soddisfazione circa il raggiungimento dei propri obiettivi fieristici e l’81% è riuscito ad entrare in contatto con i propri target di visitatori. L’89% delle aziende espositrici ha definito positiva l’attuale congiuntura del settore.

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La carne a 360 gradi Dall’ampia offerta degli espositori presenti in fiera sono emerse chiaramente le tendenze imperanti nel settore dei macchinari e degli impianti per la lavorazione e il confezionamento della carne e dei prodotti a base di carne, ovvero i requisiti sempre più rigidi in termini di sicurezza e tracciabilità dei prodotti alimentari. L’attenzione è incentrata inoltre sull’ottimizzazione della produttività mediante l’efficienza energetica, i rendimenti elevati, i processi di pulizia semplici, l’automazione e le soluzioni sostenibili. Nel comparto delle macellerie artigianali le parole chiave sono convenience e soluzioni to go, oltre ad efficienza energetica e semplificazione dei processi lavorativi. Altri temi chiave del comparto carneo sono il clean label, che esprime la richiesta da parte dei consumatori di avere prodotti il più possibile privi di additivi, e la riduzione del sale senza dover rinunciare al sapore. Appuntamento al 2019 La prossima edizione di IFFA si svolgerà a Francoforte dal 4 al 9 maggio 2019. >> Link: www.iffa.com


1) Armadio per la maturazione delle carni (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH – Pietro Sutera). 2) Lezioni di macelleria e preparazione di pronti a cuocere (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH – Jochen Günther). 3) Prodotti di salumeria tedesca con insaccati e würstel (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH – Petra Welzel). 4) Pronti a cuocere preparati durante IFFA (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH – Jochen Günther).

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TECNOLOGIE

Microonde continuo per tempering di carne Lazzari Equipment distribuisce per l’Italia i tunnel a microonde dell’americana AMTek, leader mondiale nell’applicazione di questi sistemi per il settore alimentare. È una delle tecnologie che ha riscosso maggior successo tra i clienti italiani ad IFFA

D

opo un’incredibile IFFA, probabilmente la migliore di sempre, sia per la numerosa presenza di visitatori italiani, che, soprattutto, per l’alta qualità dei visitatori veramente interessati ad acquisire nuove tecnologie per la propria azienda, è tempo di tirare le somme e valutare in quale direzione il mercato si stia muovendo, per focalizzare meglio know how e sviluppo tecnico. Una delle tecnologie che ad IFFA è sembrata suscitare tanto interesse tra i nostri clienti italiani (e finalmente, diremmo noi), è il decongelo o tempering in continuo di blocchi di carne congelata da avviare direttamente alle successive lavorazioni, come würstel, mortadella o salame. LAZZARI EQUIPMENT, che distribuisce per l’Italia i tunnel a microonde dell’americana AMTEK, leader mon-

diale nell’applicazione di questi sistemi per il settore alimentare, proprio ad IFFA esponeva un tunnel destinato ad un importante cliente italiano. I microonde industriali sono in continua evoluzione e solo negli ultimi anni si comincia a capirne l’enorme potenzialità per utilizzi che sembravano di non facile messa a punto, ma probabilmente anche l’accresciuta esigenza di spazi in siti di produzione che non permettono troppi ampliamenti, ha reso questi sistemi molto analizzati e richiesti da diversi produttori di salumi. AMTek propone un tunnel a microonde di concezione modulare, ovvero componibile liberamente dal cliente in quanto a numero di cavità di trattamento (zone di decongelo) e di numero di magnetron (emettitori di microonde) da applicare ad

ogni zona di tempering del tunnel. La costruzione modulare permette quindi di dotarsi di un tunnel capace di decongelare, ad esempio, due tonnellate/ora di blocchi di carnette, ma se l’esigenza produttiva dovesse aumentare sarà facilissimo ed economico aggiungere semplicemente un’ulteriore stazione di trattamento con relativo magnetron, per raggiungere le quattro tonnellate/ora o addirittura di più. Il sistema di concepire il tunnel di tempering modularmente fa si che si possa iniziare ad avvicinarsi a queste tecnologie con un investimento limitato, abituando nel contempo anche la produzione ai nuovi flussi produttivi e metodologie di lavoro. Come dicevamo in precedenza, liberare grandi celle di decongelo oggi è molto importante: si può destinare spazio male utiliz-

Tunnel a microonde per decongelazione – tempering – di blocchi di carne.

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non teme il gelo. Decongelare in linea, adeguando all’istante la produzione alle richieste delle vendite… senza cali peso, carica batterica azzerata e nessuno spreco di proteina che scivola nei tombini inquinando acque che poi dovranno essere costosamente depurate. Non è più necessario sprecare preziosi m² per voluminose celle di decongelo, usiamo lo spazio per produrre e l’intelletto per decongelare! AMTek presenta l’innovativo ed esclusivo sistema che garantisce equalizzazione di temperatura tra cuore e superficie esterna del blocco, o di qualsiasi parte anatomica desideriate. Troppo bello per essere vero?

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In alto: blocchi di carne suina in ingresso a –20 °C. In basso: blocchi di carne in uscita temperizzati a –2 °C. zato e dedicarlo a nuove linee di lavorazione senza investire in opere edili (o molto limitatamente). Cambia, inoltre, totalmente la gestione delle materie prime. Se con i sistemi tradizionali si è costretti a prevedere le tonnellate di carni necessarie alle produzioni delle 48 ore successive,

utilizzando un tunnel si possono gestire i flussi semplicemente on demand: se la produzione lo richiede, basterà portare direttamente dalla cella di stoccaggio al tunnel l’esatta quantità di carne che serve. Nulla di più, ma neanche nulla di meno. Questo però non è il solo vantaggio:

“Con il decongelo continuo a microonde si otterrà una buona uniformità di temperatura superficie/cuore, senza la minima perdita di peso: solo questo vantaggio giustifica oggi l’investimento in questa tecnologia! In parallelo la qualità migliora moltissimo: la carica batterica, infatti, rimane inerte, accrescendo le qualità organolettiche e proteiche delle carni”

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le carni stoccate a decongelare in celle ad aria forzata, oltre ad essere di difficile gestione, hanno il problema del calo peso, dovuto sia ad evaporazione ma, soprattutto, alla perdita della preziosa proteina che inevitabilmente inizia a sgocciolare dalla superficie dei blocchi che cambia di stato prima del cuore. Con il decongelo continuo a microonde, invece, si otterrà una buona uniformità di temperatura superficie/ cuore, senza la minima perdita di peso. Solo questo enorme vantaggio giustifica oggi l’investimento in questa tecnologia! In parallelo la qualità migliora moltissimo: la carica batterica (che inevitabilmente si innalza decongelando ad aria) trattando con le microonde rimane inerte, accrescendo le qualità organolettiche e proteiche delle carni. I vantaggi nell’utilizzo di un tunnel di decongelo AMTek sono quindi molti, e non stupisce che oggi l’interesse dei produttori italiani, per anni rimasti ancorati ai sistemi tradizionali, si sia improvvisamente acceso con molte richieste di informazioni proprio durante la recente IFFA. Con un tunnel a microonde AMTek studiato specificamente per il decongelo di blocchi di carne, il prodotto uscirà in continuo alla temperatura desiderata, senza cali peso, senza perdita di proteina liquida, garantendo qualità e salubrità e, soprattutto, veloce reazione ad ordini improvvisi, cosa impossibile con i sistemi di decongelo tradizionali. Visionate il nostro sito con la sezione dedicata al trattamento con microonde AMTek al link: www.lazzariequipment.com/prodotti/microonde

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CSB-System a IFFA Il Gruppo si dichiara soddisfatto dei risultati ottenuti alla fiera leader mondiale per la lavorazione della carne

C

on un numero eccezionale di espositori e visitatori, il 12 maggio scorso si è conclusa la fiera internazionale IFFA. Particolarmente rilevante è stato l’accresciuto grado di internazionalizzazione dell’evento: oltre 63.000 visitatori da 143 nazioni diverse hanno visitato i padiglioni fieristici. Per ben sei giorni, 1.027 aziende provenienti da 51 diversi Paesi hanno presentato ad un pubblico di specialisti le loro innovazioni per l’intera catena dei processi della lavorazione della carne. Anche per il gruppo aziendale CSB-System, IFFA 2016 ha superato le aspettative. «Al nostro stand abbiamo incontrato più di 600 persone tra interessati, clienti e partner provenienti da 69

Paesi» ha commentato SARAH VANESSA KRÖNER, membro del Consiglio di Amministrazione. «Questo risultato conferma che a livello globale gli operatori del settore percepiscono l’importanza di investire in digitalizzazione e automazione al fine incrementare la produttività, l’affidabilità, la trasparenza e la flessibilità del processo di creazione di valore aggiunto». La trasformazione verso la Smart Meat Factory Tema centrale per il gruppo aziendale CSB-System è stato, infatti, la trasformazione digitale verso la Smart Meat Factory. Sono state presentate soluzioni software innovative per l’automazione e per l’e-

laborazione per immagini, che giocano un ruolo centrale nel contesto di Internet of Things. La preparazione ordini con l’aiuto dei “Google Glass”, gli occhiali a realtà aumentata, è stata sicuramente un’attrattiva per il pubblico. Il processo chiamato Pick by Vision è uno dei metodi più in novativi di preparazione ordini e consente processi rapidi e sicuri. Allo stand CSB-System il pubblico di specialisti ha potuto sperimentare di persona, nell’ambito di una dimostrazione dal vivo i vantaggi di questa soluzione. Aumento dell’automatizzazione dell’intralogistica Altro tema particolarmente rilevante è stato la crescente auto-

Lo stand di CSB-System all’IFFA: grande soddisfazione per i tanti visitatori curiosi di conoscere le novità in tema di automazione.

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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

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In alto: la soluzione Pick by Vision. In basso: CSB-Vision vince il premio Fleischerei Technik Award 2016 nella categoria Automazione. matizzazione dell’intralogistica; argomento che guadagna sempre più importanza proprio grazie alle elevate aspettative dei consumatori in termini di qualità e disponibilità dei prodotti. Le soluzioni per l’automazione presentate, come il sistema di supporto di carico CSB-Hang & Move, riducono i tempi di esecuzione, i tempi di consegna, le spese, ed incrementano la disponibilità del prodotto. Il sistema sviluppato da CSB-Automation AG serve ad ottimizzare sia la movimentazione che lo stoccaggio delle vaschette aperte, che, una volta riempite, non vengono allocate nelle classiche casse in plastica o in roll, bensì in un nuovo tipo di supporto di carico, chiamato “gondola”, che le sposta dentro e

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fuori in modo parzialmente o totalmente automatizzato, a seconda delle necessità. La tecnica di carico e scarico delle gondole offre enormi vantaggi in termini di efficienza e velocità, riduce lo sforzo manuale e migliora le condizioni igieniche delle vaschette aperte. CSB-Vision vince il “Fleischerei Technik Award” Con la linea di produzione CSBVision, il gruppo aziendale CSBSystem fornisce soluzioni nuove ed innovative per l’elaborazione industriale per immagini. CSB-Vision viene impiegata per ottimizzare l’utilizzo delle materie prime; un aspetto di particolare importanza per gli operatori del settore carne, perché qui i costi di impiego delle

materie prime sono più elevati che in tutti gli altri settori. Vi è ad esempio, tra le possibilità di elaborazione per immagini gestite dall’IT, la classificazione della classe commerciale delle carcasse dei suini, ineccepibile dal punto di vista igienico, come anche l’identificazione, l’ordinamento e la destinazione degli articoli tramite analisi per immagini, utile ad esempio in uscita sezionamento o in entrata produzione. L’elevato carattere innovativo di CSB-Vision è stato premiato all’IFFA, nella categoria Automazione, con il rinomato “Fleischerei Technik Award”. Considerati i fattori assicurazione qualità, riduzione dei costi, sostenibilità ed efficiente copertura dei processi, la giuria di esperti, composta da rappresentanti della comunità scientifica e giornalisti e direttori di riviste specializzate, ha individuato le migliori innovazioni delle undici categorie ammesse. Il gruppo CSB-System ha ricevuto con soddisfazione questo particolare riconoscimento, perché le tecnologie per l’elaborazione per immagini sono un elemento centrale sulla strada verso la fabbrica che lavora autonomamente. Grazie al CSB-Vision le aziende del settore carne sono in grado di analizzare le materie prime e i prodotti in termini di qualità e utilizzo ottimale, riducendo allo stesso tempo costi e quote di errori in modo totalmente automatico, senza l’intervento di un operatore, grazie ad un livello di misurazione sempre costante.

Referente Italia: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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Sistema di apertura facilitata Grip&Tear® Small Tab Sealed Air ha applicato una nuova facile apertura alla gamma di sacchi sottovuoto Cryovac® per garantire maggiore praticità, sicurezza e freschezza

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I

l sistema Cryovac® Grip&Tear® Small Tab è stato progettato per rispondere alle specifiche necessità delle imprese produttrici di generi alimentari, degli operatori del settore alimentare e dei consumatori. Il sacco sottovuoto è dotato di una linguetta laterale che consente la facile apertura della confezione con un unico rapido gesto. Non è più necessario utilizzare coltelli o forbici, aumentando così la sicurezza dell’utente. La perfetta termoretrazione e la trasparenza del sacco sottovuoto garantiscono un’eccezionale visibilità del prodotto. Si riduce la potenziale presenza di pieghe e di zone di saldatura eccessive grazie alla termoretrazione del materiale, migliorando l’aspetto del prodotto confezionato, attirando l’attenzione dei consumatori e quindi facilitando l’acquisto. Il sacco sottovuoto dotato del sistema Cryovac® Grip&Tear® Small Tab è adatto a prodotti di varie forme, quali piccole porzioni alimentari e confezioni di dimensioni maggiori, ad esempio pollame, carne rossa fresca, carne affumicata e lavorata, così come prodotti caseari. L’eccezionale robustezza del sacco garantisce ai produttori alimentari gli stessi vantaggi di conservabilità dei sacchi termoretraibili sottovuoto privi di apertura facilitata. Il nuovo formato può contribuire a ridurre i materiali di confezionamento fino al 20% rispetto ad altri sacchi dotati di apertura facilitata. Il sistema può essere utilizzato negli impianti di confezionamento sottovuoto esistenti: significa che può essere integrato in maniera rapida e semplice. La linguetta Small Tab è compatibile con tutti gli impianti di caricamento sacchi Cryovac® di tipo semiautomatico e automatico, così come con le linee sottovuoto Cryovac® VR e VS. Sealed Air segue sempre con la massima attenzione le ultime tendenze del mercato e applica le sue conoscenze approfondite, così come l’esperienza tecnica per sviluppare soluzioni di confezionamento innovative. «Abbiamo introdotto il sistema sul mercato EMEA dopo un’indagine svolta tra

Eurocarni, 7/16

“Sealed Air Corporation offre soluzioni di ogni tipo per soddisfare i propri clienti sotto qualunque aspetto possibile, con soluzioni di confezionamento alimentare, imballaggi di protezione a bolle e soluzioni di sanificazione, igiene e pulizia”

i clienti, allo scopo di soddisfare delle necessità specifiche», spiega ELENA CASATI, senior marketing manager smoked & processed meat Europa. «Il 97% dei nostri clienti percepisce i sacchi sottovuoto con apertura facilitata come un valore aggiunto per i consumatori e l’81% dichiara che questa comoda soluzione di confezionamento viene richiesta dagli stessi consumatori, che sono disposti a pagare un prezzo maggiore per averla». Il sistema Grip&Tear® Small Tab, insieme ai sacchi Cryovac® Grip&Tear® e Quick RipTM, rispecchia l’impegno di Sealed Air nel promuovere la sicurezza e la massima convenienza per gli operatori del settore alimentare e i consumatori finali. Sealed Air La società ha circa 23.000 dipendenti che si occupano dei clienti in 169 Paesi. Nel 2015, Sealed Air Corporation ha generato un fatturato pari a circa 7,0 miliardi di dollari USA. Nel portfolio aziendale sono compresi marchi noti, tra cui Cryovac®, soluzioni di confezionamento alimentare, Bubble Wrap®, imballaggio di protezione a bolle e, Diversey®, soluzioni di sanificazione, igiene e pulizia. Le soluzioni Sealed Air permettono una supply chain più sicura e meno dispendiosa, proteggendo le merci spedite in tutto il mondo.

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STATISTICHE

Dati ANAS sulla suinicoltura Bilancio comunitario carni suine – Importazioni e scambi intracomunitari verso l’Italia di suini vivi e carni suine

Bilancio comunitario delle carni suine – Previsioni 2016 e 2017 UE-28

2014

2014/13

2015

2015/14

2016

2016/15

2017

2017/16

Produzione (t peso carcassa)

22.568.000

+ 0,8%

23.375.000

+3,6%

23.301.000

– 0,3%

23.474.000

+ 0,7%

Macellazioni (t peso carcassa)

22.533.000

+ 0,8%

23.354.000

+3,6%

23.279.000

– 0,3%

23.453.000

+ 0,7%

Import di carne suina (t peso carcassa)

13.000

–13,3%

10.000

–23,1%

10.000

0,0%

10.000

0,0%

Export di carne suina (t peso carcassa)

1.909.000

–13,2%

2.074.000

+ 8,6%

2.136.000

+3,0%

2.243.000

+5,0%

Consumo (t peso carcassa)

20.637.000

+2,3%

21.291.000

+3,2%

21.153.000

– 0,6%

21.220.000

+ 0,3%

31,7

+2,3%

32,5

+2,5%

32,2

– 0,9%

32,2

+ 0,0%

109,0%

–1,8%

110,0%

+ 0,9%

110,0%

0,0%

111,0%

+ 0,9%

Consumo pro capite (kg – peso prodotto al consumo) * Autoapprovvigionamento (%)

(*) Il coefficiente di trasformazione da peso carcassa a peso del prodotto al consumo è 0,78. Fonte: elaborazione ANAS su dati della DG Agricoltura e dello Sviluppo Rurale della UE – Short Term Outlook.

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Germania Quantità (t)

Olanda

% (*)

Quantità (t)

Francia % (*)

Quantità (t)

Danimarca % (*)

Quantità (t)

% (*)

Spagna Quantità (t)

Austria % (*)

Quantità (t)

Bel % (*)

Quantità (t)

2.337

4,7

14.506

28,9

5.327

10,6

13.786

27,5

8.362

16,7

185

0,4

26

373

2,0

4.717

25,3

129

0,7

12.215

65,5

465

2,5

26

0,1

0

1.903

6,4

9.489

31,9

4.853

16,3

973

3,3

7.491

25,1

159

0,5

26

62

3,6

300

17,4

345

20,0

598

34,7

406

23,6

0

0,0

0

336.982

35,7

146.257

15,5

85.496

9,1

105.028

11,1

113.034

12,0

44.512

4,7

22.309

69.311

45,7

11.176

7,4

44.866

29,6

33

0,0

12.067

8,0

2.232

1,5

9.956

178.214

30,5

116.805

20,0

27.339

4,7

99.035

16,9

58.245

10,0

23.340

4,0

8.166

– spalle

5.167

40,5

379

3,0

1.115

8,7

6

0,1

4.048

31,7

1.105

8,7

82

– lombi

8.962

57,2

662

4,2

1.772

11,3

54

0,3

1.327

8,5

906

5,8

1.546

– pancette

13.807

39,8

2.434

7,0

4.608

13,3

1.032

3,0

6.317

18,2

881

2,5

746

– altre carni

61.521

42,5

14.802

10,2

5.796

4,0

4.868

3,4

31.030

21,4

16.047

11,1

1.813

Carni congelate

13.670

21,1

2.464

3,8

4.173

6,4

2.262

3,5

30.807

47,5

3.732

5,8

3.072

1.176

43,8

500

18,7

349

13,0

486

18,1

87

3,2

3

0,1

47

– carcasse o mezzene

121

36,7

5

1,5

1

0,4

3

0,8

144

43,7

21

6,5

0

– spalle

651

14,6

43

1,0

0

0,0

113

2,5

3.578

80,2

30

0,7

11

– lombate

465

24,4

28

1,5

315

16,5

0

0,0

578

30,3

79

4,1

389

– pancette

1.057

14,2

274

3,7

159

2,1

20

0,3

3.099

41,6

61

0,8

88

– altre carni

10.201

21,2

1.613

3,4

3.348

7,0

1.641

3,4

23.321

48,5

3.538

7,4

2.536

Carni lavorate

20.222

34,7

5.867

10,1

2.715

4,7

605

1,0

6.504

11,1

4.690

8,0

1.594

4.674

18,1

5.103

19,8

553

2,1

63

0,2

4.442

17,2

2.886

11,2

1.077

4

22,7

1

4,0

0

0,0

2

10,1

0

0,4

0

0,0

0

59

24,5

1

0,5

53

22,2

3

1,3

37

15,2

6

2,6

6

286

11,9

84

3,5

1.917

79,6

6

0,2

16

0,7

29

1,2

0

– altre carni

8.968

75,4

423

3,6

68

0,6

350

2,9

793

6,7

294

2,5

12

– insaccati

6.230

34,6

255

1,4

124

0,7

181

1,0

1.217

6,8

1.475

8,2

499

Frattaglie

991

3,6

140

0,5

184

0,7

85

0,3

8.422

30,2

3.269

11,7

249

Lardo

202

7,5

8

0,3

22

0,8

4

0,2

476

17,7

443

16,5

0

2.961

23,7

2

0,0

236

1,9

586

4,7

2.810

22,5

2.529

20,2

50

65

3,7

13

0,7

2

0,1

0

0,0

1.454

81,9

1

0,0

0

376.962 32,7 166.356 14,4

97.088

8,4 119.598 10,4 170.196 14,8

59.323

5,1

27.294

– fino a 50 kg – oltre 50 kg – riproduttori razza pura e scrofe Carni fresche – carcasse o mezzene – prosciutti

– prosciutti

– prosciutti – lombate – spalle – pancette

Grasso/strutto Fegati TOTALE

(*) Percentuale sul totale di riga. (**) Percentuale sul totale di colonna. (***) La categoria comprende i dati di Lussemburgo, Irlanda, Grecia, Svezia, Finlandia, Rep. Ceca, Slovenia, Slovacchia, Lituania e Portogallo, Malta, Fonte: elaborazione ANAS su dati Istat.

142

Eurocarni, 7/16


di suini vivi e carni suine per paese di provenienza nel 2015 gio % (*)

Ungheria Quantità (t)

% (*)

UK Quantità (t)

Polonia % (*)

Quantità (t)

Croazia

% (*)

Quantità (t)

Altri (***)

% (*)

Quantità (t)

Totale UE 28

% (*)

Quantità (t)

% (*)

Paesi Terzi Quantità (t)

% (*)

Totale import Quantità (t)

% (**)

0,10

1.064

2,10

0

0,0

1.174

2,3

3.293

6,6

3.398

6,8

50.165 100,00

0

0,00

50.165

4,35

0,00

222

1,20

0

0,0

505

2,7

0

0,0

0

0,0

18.651 100,00

0

0,00

18.651

1,62

0,10

842

2,80

0

0,0

664

2,2

3.293

11,1

97

0,3

29.791 100,00

0

0,00

29.791

2,59

0,00

0

0,00

0

0,0

5

0,3

0

0,0

8

0,4

1.722 100,00

0

0,00

1.722

0,15

2,40

25.777

2,70

120

0,0

58.349

6,2

0

0,0

5.996

0,6

943.860 100,00

59

0,01

943.919

81,93

6,60

1.148

0,80

0

0,0

269

0,2

0

0,0

523

0,3

151.581 100,00

0

0,00

151.581

13,16

1,40

19.591

3,40

6

0,0

51.862

8,9

0

0,0

1.758

0,3

584.362 100,00

15

0,00

584.377

50,72

0,60

309

2,40

82

0,6

56

0,4

0

0,0

414

3,2

12.763 100,00

0

0,00

12.763

1,11

9,90

151

1,00

0

0,0

277

1,8

0

0,0

4

0,0

15.661 100,00

0

0,00

15.661

1,36

2,20

593

1,71

0

0,0

4.255

12,3

0

0,0

29

0,1

34.701 100,00

0

0,00

34.701

3,01

1,30

3.985

2,75

31

0,0

1.629

1,12

0

0,0

3.268

2,3

144.791 100,00

44

0,00

144.835

12,57

4,70

369

0,60

103

0,2

3.271

5,0

0

0,0

673

1,0

64.595

99,50

299

0,50

64.895

5,63

1,80

7

0,30

0

0,0

0

0,0

0

0,0

12

0,4

2.667

99,40

15

0,60

2.682

0,23

0,00

0

0,00

34

10,4

0

0,0

0

0,0

0

0,0

329 100,00

0

0,00

329

0,03

0,20

2

0,10

26

0,6

7

0,2

0

0,0

0

0,0

4.462 100,00

0

0,00

4.462

0,39

20,40

11

0,60

0

0,0

0

0,0

0

0,0

39

2,0

1.904 100,00

0

0,00

1.904

0,17

1,20

73

1,00

32

0,4

2.579

34,6

0

0,0

13

0,2

7.457 100,00

0

0,00

7.457

0,65

5,30

275

0,60

11

0,0

685

1,4

0

0,0

609

1,3

47.778

99,40

284

0,60

48.062

4,17

5,30

1.557

2,70

306

0,5

10.160

17,4

1

0,0

4.020

6,9

58.240

99,80

103

0,20

58.343

5,06

2,70

1.519

5,90

94

0,4

4.921

19,1

0

0,0

325

1,3

25.657

99,60

103

0,40

25.759

2,24

0,00

0

0,00

12

62,7

0

0,0

0

0,0

0

0,1

19 100,00

0

0,00

19

0,00

4,20

0

0,00

0

0,0

0

0,0

0

0,0

75

31,1

240 100,00

0

0,00

240

0,02

0,00

11

0,50

19

0,8

0

0,0

0

0,0

42

1,7

2.409 100,00

0

0,00

2.409

0,21

2,50

22

0,20

27

0,2

19

0,2

0

0,0

917

7,7

11.893 100,00

0

0,00

11.893

1,03

0,00

6

0,00

153

0,9

5.220

29,0

1

0,0

2.661

14,8

18.022 100,00

0

0,00

18.022

1,56

0,90

2.516

9,00

1.531

5,5

9.492

34,1

0

0,0

965

3,5

27.844 100,00

0

0,00

27.844

2,42

0,00

1.513 56,30

0

0,0

2

0,1

14

0,5

18

0,7

2.688 100,00

0

0,00

2.688

0,23

0,40

2.906 23,30

116

0,9

144

1,2

0

0,0

136

1,1

99,80

20

0,20

12.496

1,08

13,6

1.776 100,00

0

0,00

1.776

0,15

0,00

0

0,00

0

0,0

0

0,0

0

0,0

242

2,40

35.491 3,10

2.177

0,2

82.358

7,1

2.649

0,2

14.768

12.476

1,3 1.151.611

99,96

482 0,04 1.152.093 100,00

Estonia, Cipro e Lettonia, Bulgaria, Romania.

Eurocarni, 7/16

143




dB Corn Fe

A n g u s B ee f

n

ef

C or B la

ck A ng us

Grazie ad una eccezionale marezzatura, al grading separato di prime, choice e select, il manzo Black Angus Beef si distingue per altissima qualità, sapore unico e tenerezza a prova di forchetta!

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NO ORMONI Tutti i bovini scelti per il programma Black Angus Beef non sono mai soggetti ad alcuna somministrazione di ormoni nè di agenti promotori della crescita, e provengono solo da programmi NHTC (non-hormone treated cattle).

UN'AZIENDA LEADER Nel Gruppo Quabas siamo impegnati fin dagli anni '70 nel commercio di carni della migliore qualità; importiamo direttamente manzo fresco e congelato, pollame congelato, agnello congelato, suino e selvaggina congelati dal Sud America, Nord America, Australia, Nuova Zelanda, Tailandia, dall'Europa e non solo.

Il manzo refrigerato

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