Eurocarni 7-2017

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali € 5,42

Anno XXXII N. 7 • Luglio 2017

Tuttofood 2017: Milano parla col mondo SUMMER LAMB

Suini, le tendenze di settore

Le Dop e Igp di carne in Europa



Una Storia di Famiglia


Referente vendite per l’Italia

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Passione per la carne per tradizione.


7/17 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali

EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi

Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910

Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 – New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Prof. Carlo Cantoni – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CS5.5. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CS5.1.

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EUROCARNI La prima rivista veramente europea

In questo numero: La carne nel mondo

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Immagini

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Naturalmente carnivoro

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Attualità

Industria 4.0, sguardo al futuro

Sebastiano Corona 16 20

Federcarni si rinnova e si prepara a una nuova fase Slalom

G7: più ombre che luci

Cosimo Sorrentino

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La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Aziende

Pragmatismo, serietà e tanto cuore: 80 anni di stile per la Merlo Ercole Srl

Elena Benedetti

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Nuovo reparto di disosso per Vitelco

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Eventi

Birre, carni e formaggi di malga: a Roma la Baviera si fa bella

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Analisi di settore

Carne e ittico, il consumatore vuole di più

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Trend

Hamburgermania e nuove tendenze

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La Qualità

Le Dop e Igp di carne in Europa

Andrea Gaddini

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Sicurezza alimentare

Il sistema inglese di interazione fra controlli ufficiali e certificazioni volontarie

Giulia Mauri

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Mercati

Suini, tendenze di settore

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Speciale Tuttofood

Grande, bella e ricca: la Milano World Food Exhibition parla col mondo

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Zootecnia

Zootecnia 4.0: allevare in salute e comunicare con i consumatori

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Acqua e produzione di carne: utilizzo e non consumo

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Giovanni Ballarini 92

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Carne stellata

Summer Lamb

Nutrizione

Sale negli alimenti: resta ancora troppo alto, ma qualcosa si muove

Formazione

Tappa a Lubiana per la Meat Academy

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Gare carnivore

WBC: ecco la Nazionale Italiana Macellai

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Butchers for children

I macellai per Casa Sebastiano

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Macellerie d’Italia

Luca Colzera e La Succulenta: carne scelta dal 1915

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Assemblee

35 anni di Compral: una realtà che ha modernizzato la zootecnia cuneese e valorizzato la filiera della razza Piemontese

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Convegni

La biosicurezza fa il tutto esaurito alla Giornata della Suinicoltura

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Tecnologie

Statistiche

96 Roberto Villa

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Con il CSB-System tutti i processi in pugno

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Da Jarvis cartucce certificate per un abbattimento efficace

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Una materia prima buona e poco costosa

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Il commercio con l’estero delle carni anno 2016

Aurora De Santis

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Il patrimonio bovino, suino e ovicaprino al 1o dicembre 2016

Aurora De Santis

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ANAS: bilancio comunitario per carni suine, bovine, avicole e ovicaprine. Previsioni 2017 e 2018

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In copertina: Summer meat, tutti al fresco (photo © jon11 – stock.adobe.com).

www.eurocarni-online.com 6

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LA CARNE NEL MONDO Australia A Melbourne è stata recentemente presentata una “rivoluzionaria” stampante 3D che “crea” proteine edibili da frattaglie e carne macinata: stiamo parlando di una sorta di inchiostro a base di carne. Gli esperti affermano che la tecnologia 3D della carne “stampata” non tarderà a diffondersi, diventando molto comune in breve tempo. Non solo una moda passeggera quindi: i rappresentanti dell’industria australiana della carne ritengono che possa infatti rappresentare un metodo per dare un valore monetario aggiuntivo ai tagli secondari e alle frattaglie, prodotti che spesso le aziende faticano a sfruttare economicamente. Inquietante, aggiungiamo noi della Redazione di EUROCARNI (fonte: www.alimenti-salute.it).

Francia Nel programma di EMMANUEL MACRON, il neopresidente della Repubblica francese, figura un piano di trasformazione agricola del valore di 5 miliardi di euro per finanziare progetti di modernizzazione ad “impatto positivo” sull’ambiente e sul benessere animale, con particolare attenzione per la filiera corta. Macron si è inoltre assunto l’impegno di vietare, entro il 2022, la vendita di uova provenienti dagli allevamenti in batteria. Già durante la campagna elettorale il presidente aveva parlato di animal welfare, sottolineando il fatto che gli allevatori, prima degli animalisti o delle persone che promuovono battaglie di questo tipo ma “stanno dentro agli uffici”, hanno a cuore il benessere dei propri capi. «Non ho mai conosciuto un allevatore che fosse felice di avere animali malati», aveva dichiarato. Macron manterrà il divieto di coltivazioni OGM in campo. «Svilupperemo alternative per l’alimentazione animale e studieremo la possibilità di un divieto di OGM negli alimenti per gli animali», ha aggiunto (fonte: www.anmvioggi.it; in foto, Emmanuel Macron in visita al Salone dell’Agricoltura a Parigi lo scorso 1o marzo).

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Filippine Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Philippine Statistics Authority, nelle Filippine, dopo una serie di stagioni negative, la produzione agricola è aumentata del 5%, grazie anche alle buone performance del settore avicolo e di quello suinicolo. Il segretario del Dipartimento dell’agricoltura EMMANUEL F. PIÑOL ha dichiarato che, grazie alle condizioni favorevoli del mercato, il settore agroalimentare vive un periodo positivo e l’agricoltura del paese si sta sviluppando nella giusta direzione. Per stimolare ulteriormente questa crescita, ha chiesto un più facile accesso al credito. Il settore zootecnico, che rappresenta il 17% di tutta la produzione agricola nazionale, nel periodo gennaio-marzo 2017 ha fatto registrare un aumento del 3,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il settore suinicolo è quello che ha contribuito principalmente a questa crescita, registrando un aumento del 3,5%. In moneta locale, e a prezzi costanti, l’output del settore è stato pari a 65,4 miliardi di pesos filippini, vale a dire il 9,4% in più rispetto a un anno fa. Secondo la PSA, sono stati concessi prezzi più alti agli agricoltori e c’è stata una maggiore richiesta da parte del settore alberghiero. La produzione avicola, invece, ha fatto registrare performance sempre positive ma inferiori rispetto a quella suinicola, con un incremento, rispetto all’anno precedente, del 2,2%. Il settore rappresenta il 15,4% della produzione agricola nazionale totale. L’aumento di prodotti avicoli ha interessato tutti i settori, compreso quello della carne di pollo, la cui produzione era scesa nel 2016 per poi aumentare dell’1,5% nel primo trimestre 2017. Il numero di uova di gallina prodotte è aumentato del 3,1%, mentre alla crescente domanda di prelibatezze è attribuibile l’incremento dell’1,8% delle uova di anatra (fonte: WATTAgNet – www.unaitalia.com; in alto, un mercato locale di carne a Manila, capitale delle Filippine; photo © Zhang Chaodao).

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Olanda Frigomundo Colstore, il centro logistico del freddo del Gruppo Zandbergen World’s Finest Meat, situato a Zoeterwoude (Paesi Bassi), è stato oggetto di un investimento in termini di “energia sostenibile” che lo ha trasformato nel più grande magazzino refrigerato rivestito di pannelli solari di tutta l’Olanda. Sono infatti 5.800 i pannelli installati sulla superficie di 10.500 m2 del tetto. Il sistema ha ora una capacità di 1,577 MWp, che produce annualmente 1.388 MWh. Frigomundo utilizza circa 2.915 MWh di energia ogni anno, il che significa che circa il 50% del fabbisogno viene ora coperto dall’energia solare. Frigomundo gestisce tutte le operazioni di logistica e stoccaggio di carni fresche, surgelate e refrigerate del Gruppo in una location strategica, data la vicinanza del porto di Rotterdam e dell’aeroporto di Schiphol (fonte: www.frigomundo.com; photo © Zandbergen World’s Finest Meat).

Partnership strategica tra Dawn Meats e Dunbia Dawn Meats ha concordato una partnership strategica con Dunbia per dar vita ad una joint-venture che riguarderà tutte le operazioni dei due Gruppi negli stabilimenti del Regno Unito. Dawn Meats acquisirà separatamente le attività di Dunbia ubicate in Irlanda. Il deal è soggetto ad approvazione da parte delle autorità competenti. In Irlanda Dawn Meats avrà quindi 9 stabilimenti (inclusi 5 macelli), cui seguiranno due impianti di Dunbia, ovvero uno stabilimento di macellazione a Slane e uno di disosso a Kilbeggan. Il business in UK sarà commercializzato come Dunbia e potenziato per acquisire nuove quote di mercato e garantire un miglior servizio agli allevatori e ai clienti dei segmenti retail, trasformazione, ingrosso e food service. I due business sono fortemente complementari e grazie a questa joint-venture garantiranno una migliore performance nella fornitura di manzo e agnello lavorati nei 15 stabilimenti presenti tra Scozia, Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord. Jim Dobson, amministratore delegato di Dunbia, diventerà il CEO della nuova Dunbia Joint-Venture mentre il CEO di Dawn Meats Niall Browne sarà executive chairman. La joint venture verrà gestita e coordinata dal quartier generale Dunbia a Dungannon, in Irlanda del Nord. «Entrambe le attività hanno una gestione di tipo famigliare e sono fortemente legate alla cultura e alla tradizione dell’allevamento locale, basato sulla qualità e sostenibilità degli animali» ha dichiarato Niall Browne. «Data l’incertezza della Brexit, questa partnership rafforzerà la nostra offerta di prodotto sui mercati a vantaggio di tutti i nostri clienti in UK, Irlanda ed Europa». «Siamo molto ottimisti sullo sviluppo futuro delle due aziende» ha quindi sottolineato il CEO di Dawn Meats, aggiungendo che «saremo operativi attraverso 3 unità di business: Dawn Meats in Irlanda, Dunbia nel Regno Unito e Elivia in Francia con i nostri partner cooperativi Terrena» (fonte: www.dawnmeats.com; in foto a lato, in occasione della passata edizione di SIAL Paris, Niall Browne e il direttore vendite Europa Paddy Browne hanno incontrato il ministro dell’Agricoltura Michael Creed presso lo spazio espositivo di Dawn Meats; photo © twitter. com/dawnmeatsgroup).

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Quanto ne sa il vostro software di carne? Il nostro davvero tanto. 0DVVLPD PRELOLWj HG Hà©•FLHQ]D FRQ OD VROX]LRQH 0 (53® GL &6% 6\VWHP WXWWH OH IXQ]LRQL FRPSOHWH GHO VRIWZDUH (53

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IMMAGINI

Come riconquistare il cliente delle carni? A questa domanda ha dato risposta SGMarketing in un seminario specialistico svoltosi all’interno del salone milanese Tuttofood, edizione 2017. I punti chiave sono due: occorre lavorare fortemente sull’informazione, a più livelli, e su tre macro direttrici. Quali? Il benessere animale, l’impatto ambientale e il salutismo. Le persone hanno “fame” di contenuti, ma faticano a trovarne di affidabili. Qui bisogna intervenire, in modo da fare “cultura sul processo” e sostenere in modo positivo il vissuto del prodotto. A pagina 40 trovate un resoconto dettagliato dell’analisi presentata da Raffaello Bernardi e Salvo Garipoli di SGMarketing.

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NATURALMENTE CARNIVORO

E siamo arrivati a 7! La nostra rubrica dedicata al “Naturalmente carnivoro” la iniziammo un po’ per gioco e un po’ per provocazione esattamente 7 anni fa, con il numero di Eurocarni luglio 2010. L’incipit di questa “avventura” non l’avevamo mai raccontato però: durante una cena con amici si stava discutendo di “carne”, allora appena entrata in quel cono d’ombra a livello mediatico che avrebbe portato da più parti a sparare a zero sul prodotto e contribuito ad una flessione dei consumi. L’amico Alberto Franchini se ne uscì con lo slogan “Naturalmente carnivoro!” e, il giorno dopo, in Redazione, Federica Cornia inventò un timbro rosso, dal tratto sporco e spontaneo. Da allora questo slogan si è diffuso, trasformato in t-shirt, poster, idee e visioni di una carne naturale, giusta, autentica. Numero dopo numero Eurocarni ha ospitato volti di carnivori che lavorano in questo settore con orgoglio e con passione. Per celebrare questi 7 anni non potevamo scegliere persona più centrata e coerente. Roberto Liberati, con la sua Bottega di via Flavio Silicone nel quartiere Don Bosco di Roma, ha un approccio empatico con le sue carni e gli allevamenti presso i quali si rifornisce. Quello di Roberto è un grande lavoro di selezione, che va oltre il gusto e la bontà di un prodotto che deve essere il più naturale possibile, senza forzature. Eccolo qui insieme alla sua bella brigata in uno spazio che c’è dagli anni ‘60 e da tempo si è trasformato in un meraviglioso laboratorio di ricerca. Ed ecco quindi i nostri 7 “Naturalmente carnivori” di luglio: da sinistra, Manola Paloma Masili, Christian Celli, Dario Metalli, Roberto Liberati, Carla Di Luca, Pietro Gregori e Johnny Shak Suplo.

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ATTUALITÀ

Industria 4.0, sguardo al futuro È in atto la quarta rivoluzione industriale della storia, che, come quelle precedenti, stravolgerà il mondo del lavoro, dell’impresa e della persona. Tutti i comparti sono coinvolti, agroalimentare compreso. Ma l’Italia è pronta? di Sebastiano Corona

È

un termine che spaventa ed affascina quello dell’Industria 4.0, la strada dell’automazione finalizzata all’aumento della produttività, con una netta riduzione dei costi. Si va verso l’introduzione in azienda di sistemi digitalizzati, altamente performanti, che permettono di ottenere rese straordinariamente superiori, con un impiego di gran lunga inferiore di manodopera. Si riducono dunque i tempi, le risorse impiegate, il numero dei lavoratori coinvolti… Tradotto ulteriormente significa sistemi completamente nuovi, che richiedono un intervento umano specializzato, ma allo stesso tempo modesto.

Insomma, l’Industria 4.0 permette di produrre di più e meglio, grazie soprattutto ad un impiego intelligente di persone e macchine. Macchine che, per rendere la produzione più flessibile ed efficiente, comunicano tra loro in stabilimenti dove si opera in rete. Stabilimenti che, a loro volta, fanno parte di un network dove, grazie a sensori, attivatori e computer integrati, la produzione si organizza autonomamente e in proprio, all’occorrenza anche al di fuori dei confini aziendali. Industria 4.0 travalica quindi la singola impresa, così come travalica il singolo impianto. Il concetto che vi sta alla base, infatti, non consiste solo nell’introdurre macchinari

all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, ma nel combinare diverse tecnologie e, in tal modo, integrare i singoli anelli delle stesse filiere produttive, così da renderle un sistema integrato in cui macchine, persone e informatica dialogano tra loro. Non si tratta tanto o solo di allestire una fabbrica intelligente, ma di interconnetterne diverse tra loro, creando così un’unica ed autonoma catena produttiva che componga un sistema tanto complesso quanto autonomo. Un sistema che ha come unico scopo quello di rispondere alle richieste del mercato, siano esse di un singolo oppure di una moltitudine. Sarà infatti straordinariamente più

Anche l’agricoltura è coinvolta dalla nuova rivoluzione industriale e il piano nazionale Industria 4.0 prevede proprio una serie di misure dedicate alla filiera agricola e agroalimentare (photo © www.agricolturafinanziamenti.com).

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semplice e veloce modulare la produzione nei tempi e nei contenuti coerentemente con la domanda, partendo dalla produzione della materia prima, passando per il magazzino e la trasformazione, e definendo persino la logistica per la consegna. Un’ipotesi ancor più sofisticata è quella che prevede in un luogo fisico la progettazione, per demandare la produzione, in via del tutto automatizzata, in altri Paesi, dove si concentra la domanda, saltando così anche la fase del trasporto. In molte imprese le nuove tecnologie sono già parte integrante dell’azienda, ma in molti casi la loro applicazione è ancora limitata perché impiegata prevalentemente sul controllo di processo e progettata unicamente per una produzione massiva. L’Industria 4.0 implica invece la gestione completa di reti che incorporano, integrano e mettono in comunicazione macchinari, impianti e strutture produttive, sistemi di logistica e magazzinaggio, canali di distribuzione. E il risultato è — tra gli altri già citati — una straordinaria capacità di reagire immediatamente alla domanda, tenendo conto delle specifiche di prodotto richiesto e dei flussi di approvvigionamento delle materie prime, in un automatismo che garantisce flessibilità, velocità, precisione e nel contempo riduce al minimo gli errori e i difetti. Il rinnovamento della tradizione L’Italia, che attorno al concetto di tradizione e di territorio sta costruendo l’immagine del proprio comparto agroalimentare, non è e non sarà esclusa da questo processo. L’innovazione, al contrario, consentirà alla tradizione di rinnovarsi. Sarà l’Industria 4.0 a permettere all’agroalimentare nazionale di diventare sempre più sostenibile ed innovativo, puntando su ricerca e tecnologia, senza dimenticare storia e identità. Per questo il Ministero delle Politiche Agricole ha da tempo promosso iniziative e Linee guida che costituiscono parte integrante del progetto Industria 4.0, con l’obiettivo di far crescere le tecno-

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logie di precisione in agricoltura e arrivare, entro il 2021, al 10% delle superfici coltivate con queste innovazioni. La scelta fatta dal nostro governo, per tutto il manifatturiero, è quella di intervenire con un sostegno indiretto, seppur importante. La Legge di bilancio 2017 ha introdotto alcune di queste misure, quali la proroga del superammortamento, l’introduzione di una maggiorazione del 150% sul costo di acquisto di beni strumentali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale (iperammortamento) e l’introduzione di una maggiorazione del 40% sul costo di acquisto di beni strumentali immateriali (alcuni software, sistemi IT e attività di system integration) per i soggetti che beneficiano dell’iperammortamento. Tali misure si aggiungono al taglio delle aliquote IRES dal 27,5% al 24% e alle misure già vigenti, a partire dal cd. Patent Box — sia a fini IRES che IRAP — del 50% dei redditi derivanti dallo sfruttamento di beni immateriali, quali brevetti industriali, marchi d’impresa, disegni e modelli industriali, software coperti da copyright. I benefici ascrivibili a tutte le misure richiamate sono cumulabili tra loro e sono altresì cumulabili con le principali leggi di agevolazione del nostro Paese (una per tutte, la cosiddetta Legge Sabatini). Pertanto lo stesso acquisto potrebbe rappresentare un costo davvero modesto per l’impresa che lo sostiene. Queste misure sono ovviamente utilizzabili anche nell’ambito della filiera agricola e agroalimentare e si aggiungono a quelle relative agli investimenti per favorire l’accesso delle imprese alla banda ultra-larga, l’azzeramento del costo della garanzia primaria ISMEA, il rilancio e l’estensione dei contratti di sviluppo anche per le imprese agricole e la filiera agroalimentare e il potenziamento della ricerca con il CREA. Si intravede dunque uno sforzo importante a favore del manifatturiero, nel tentativo di aumentare l’efficienza dei processi, ridurre i


L’Italia non è e non sarà esclusa da questo processo. Grazie all’Industria 4.0 il food made in Italy potrà diventare sempre più sostenibile ed innovativo, puntando su ricerca e tecnologia, senza scordare storia e identità

costi e migliorare la produttività complessiva del Paese, nella speranza che tutto questo sia sufficiente a determinare un nuovo posizionamento strategico dell’Italia nelle catene internazionali della creazione del valore e nell’intercettazione di nuovi mercati. Industria 4.0 è flessibilità, velocità, produttività, integrazione, sicurezza, sostenibilità, innovazione di prodotto e molto altro ancora, e per questo motivo si mostra come un processo straordinariamente affascinante per le prospettive che offre. L’Italia, però, non appare ancora perfettamente al passo coi tempi. Lo studio NOMISMA-FONDAZIONE METES, sopra richiamato, effettuato su un campione di 200 aziende, rileva che, tra le imprese più grandi, il

57% ha già introdotto tecnologie digitali, ma il restante 43% è ancora fuori da questo processo. Ma la cosa più preoccupante è che un terzo degli imprenditori non appare affatto interessato a superare il gap, nemmeno sfruttando i benefici del Piano ministeriale. Ma questo è un processo a cui — piaccia o meno — se non intendiamo soccombere, dovremo far fronte. Tra le rivoluzioni industriali, quella in atto è forse la più dirimente, la più inclemente, diretta a spazzare via dal mondo del lavoro e dell’impresa tutti coloro che si fanno trovare impreparati. Sarà un processo che opererà su scala globale, rendendo la competizione, se possibile, ancor più dura di quanto già non sia. Il problema è vasto e non appare relegato unicamente agli investimenti in impianti produttivi. Sono necessarie competenze altamente specializzate, mentre tenderanno a scomparire quelle generaliste. I compiti di natura manuale verranno svolti in maniera automatica dalle macchine. Saranno piuttosto necessari soggetti capaci di utilizzare i sistemi, di garantirne la manutenzione, l’assistenza, l’utilizzo al massimo delle potenzialità. Si crea pertanto la necessità di formazione e di specializzazione.

Si prospettano problemi rilevanti sul fronte dell’occupazione, che non solo dovrà essere altamente professionale, ma verrà ridotta al massimo, per l’intervento delle macchine. Si pongono nuovi ostacoli in termini di sostenibilità sociale, in un mercato del lavoro che verrà completamente stravolto. Si configurano nuovi scenari in termini di orari di lavoro, di ottimizzazione dei consumi delle risorse energetiche e non, di produzione e riutilizzo dei rifiuti. La vita delle persone sarà ridisegnata completamente da questi ed altri fattori e si costruirà attorno ad un nuovo modello di lavoro, che non potrà che travolgere il resto della nostra vita. Il rischio è, infatti, anche quello di una società senza lavoro. Rischio che può essere scongiurato solo intervenendo per tempo, senza lasciare indietro nessuno. La rivoluzione avrà luogo perché inarrestabile. Anzi, a dirla tutta, l’Industria 4.0 “non è qualcosa di là da venire”. È un processo già in atto in cui ci troviamo probabilmente in ritardo, soprattutto in certi contesti e in certi territori. Recuperare questo gap e prepararsi al meglio è l’unica scelta che abbiamo per non soccombere rispetto al resto del mondo. Sebastiano Corona

Chi non fa non falla Segnaliamo ai lettori che sugli scorsi numeri di EUROCARNI 5/20017 ed EUROCARNI 6/20017 sono state riportate delle imprecisioni. Riportiamo di seguito le informazioni corrette e ce ne scusiamo: – EUROCARNI 5/2017, articolo Viva i Macellai, tutti di Elena Benedetti, pag. 118 nella didascalia. Si precisa che Gianni Giardina, della Macelleria Giardina di Canicattì (AG), non è presidente Federcarni Sicilia. Ci scusiamo con Federcarni per l’errore; – EUROCARNI 6/2017, articolo DEF e “manovrina” primaverile di Cosimo Sorrentino, pag. 40. Nella terza colonna, circa a metà, la frase corretta è la seguente: “… In sostanza, quindi, sarà necessario ancora ampliare il deficit pubblico rispetto alle previsioni, facendo ricorso alle clausole di flessibilità con le note querelles tra Italia e UE”.

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Federcarni si rinnova e si prepara a una nuova fase Comunicazione interna ed esterna, formazione capillare su tutto il territorio nazionale e la macelleria nelle filiere corte per rafforzare un mestiere che mantiene vive le tradizioni gastronomiche della carne

È

la Federazione Nazionale Macellai aderente alla CONFCOMMERCIO, che dal 1947 rappresenta le istanze del comparto della distribuzione tradizionale composta macellerie a conduzione famigliare, vero punto di riferimento per tutto l’alimentare fresco. Federcarni ha attuato una recente ristrutturazione e ora ha in programma una serie di attività incentrate sulla comunicazione e sulla formazione, due temi tanto attuali quanto urgenti per il sostegno e lo sviluppo del canale tradizionale della vendita al dettaglio della carne. “Crediamo che con la forza dei numeri di tutta la categoria possiamo essere ascoltati — scrive MAURIZIO AROSIO,

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presidente di Federcarni, nella presentazione della federazione sul portale web dedicato — chiediamo di poter continuare il nostro lavoro, di non disperdere il valore professionale del nostro mestiere, soprattutto oggi, perché in molti si sono accorti che non bastano delle vaschette esposte con cura a vendere un prodotto ‘difficile’ come la carne, sempre diverso nella sua essenza. Ma, soprattutto, crediamo nella nostra esperienza, che viene da molto lontano nel tempo e che è fondamentale al consumatore nella scelta del prodotto migliore per le sue esigenze”. Abbiamo incontrato a Bologna il vicepresidente vicario STEFANO CASELLA per sondare le ultime novità in seno alla federazione.

Le novità a breve: si punta su comunicazione e formazione «Tutto l’organico di Federcarni è al momento concentrato sulla comunicazione interna ed esterna» dice Casella. «Vogliamo raggiungere tutti i macellai del territorio nazionale che fanno parte del gruppo di federazione con una comunicazione incentrata su temi vari». Tra le novità a breve Federcarni lancerà una seconda campagna nazionale con le shopper di carta, veicolo pratico e importante per comunicare la valenza positiva del prodotto carne e la professionalità del macellaio. Altro tema strategico è quello legato alla formazione. «Vogliamo am-

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In alto: Stefano Casella e Maurizio Arosio, rispettivamente vicepresidente vicario e presidente di Federcarni, Augusto Muraro, il signor Mengoni ed Enrico Vannini, a capo del comitato tecnico tributario di Federcarni, in occasione dell’edizione 2017 di iMeat a Modena Fiere. In basso: tra gli obiettivi di Federcarni c’è il potenziamento della formazione e l’avviamento alla professione (photo © ©goodluz – stock.adobe.com).

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pliare l’area della formazione e stiamo riflettendo per definire come e con chi farlo» anticipa Stefano Casella. «Vogliamo impostare un progetto di formazione a livello nazionale che sia spendibile nelle varie province e regioni utilizzando le risorse dei bandi comunitari e offrendo un servizio capillare su tutto il Paese». Un punto particolarmente caro a Federcarni è il discorso legato alle filiere corte della carne, quelle che legano produttore agricolo, macello e macellerie. «Stiamo riflettendo parecchio anche su questo fronte per capire come possiamo entrare nella filiera corta, sviluppando i rapporti con i piccoli allevatori locali avendo come tramite un macello».

Il macellaio è in una fase di passaggio. Un passaggio spesso generazione, un passaggio di abitudini nel consumo delle carni e nei comportamenti di acquisto. Se ne discute e se ne scrive da tempo, oramai, e a tutti gli effetti stiamo già vivendo la fase successiva nella quale, oltre a prendere coscienza che tutto è radicalmente cambiato, occorre mettere in atto azioni e strategie di cambiamento. «Il passaggio vincente è quello sulla gastronomia nella quale il maestro delle carni fa consulenza al cliente, orientandolo al taglio giusto, fornendo informazioni sul prodotto, dando consigli sulla cottura» sottolinea Stefano

Casella. «Per questo e tanti altri fattori, ricordiamolo, oggi noi macellai siamo quelli che mantengono vive le tradizioni gastronomiche della carne. Un esempio? Mentre il polpettone industriale è standardizzato e uguale in tutta Italia, quello del macellaio cambia sempre, da città a città e, su richiesta del consumatore, in base alle sue esigenze». >> Link: www.federcarni.com Canale YouTube: www.youtube.com/channel/ UCkqZt7JTf5YOjSIQbx4q9Fg Nota A pagina 20, photo © weyo – stock. adobe.com

Consorzio Italia Zootecnica: il futuro del made in Italy viaggia attraverso le etichette e le informazioni al consumatore «Mi preoccupa non poco leggere le affermazioni a mezzo stampa del presidente della CIA Dino Scanavino quando definisce interventi “spot della politica” obbligare ad indicare la provenienza della materia prima in etichetta» ha dichiarato Fabiano Barbisan, presidente del Consorzio Italia Zootecnica e Unicarve. «Noi allevatori di bovini da carne è dal 2000 che indichiamo in etichetta il Paese di nascita, di allevamento e di macellazione del bovino e stiamo lottando da tempo per andare oltre, con l’utilizzo dell’etichettatura facoltativa che nel 2014 era ad un passo dall’essere cancellata dalla Commissione europea su pressione della lobby “dell’industria dell’anonimato”. Siamo importatori netti di quasi tutto il cibo che consumiamo, carne, latte, ortofrutta, cereali, possiamo, come consumatori, sapere da dove provengono? Possiamo fornire informazioni ai consumatori per metterli in condizione di scegliere cibi da noi prodotti? Sappiamo la marca delle scarpe che indossiamo, ma fatichiamo a sapere da dove arriva il cibo che mettiamo nel piatto. Spero che la CIA si attrezzi per migliorare le etichette, tipo quella del latte che qualcuno, la solita “industria dell’anonimato”, ha reso “furba”, per continuare ad acquistare prodotti in Paesi dove i costi di produzione sono nettamente inferiori a quelli italiani». D’accordo con Federalimentare nell’auspicare che la UE detti regole uguali in tutti i Paesi Membri «Concordo con Federalimentare quando dice che l’Unione Europea deve dettare per le etichette regole uguali in tutti i Paesi» ha concluso Barbisan. «Nel frattempo cerchiamo però di non demolire le conquiste fatte, per quanto incomplete siano. Spero quindi che la CIA, che ha ricevuto la “Carta di Padova per la zootecnia bovina da carne”, appoggi la proposta di decreto legge per la tracciabilità delle carni bovine nella ristorazione. Una cosa che, quando la chiedi ai gestori, sembra un tabù e rischi anche di essere mandato a quel paese. Spero anche che le organizzazioni sindacali italiane ci diano una mano a diminuire la dipendenza di approvvigionamento di ristalli dall’estero, per ridurre il miliardo di euro che esportiamo, soprattutto in Francia, così, anziché dover scrivere in etichetta “Allevato Francia/ Italia”, si potrà scrivere “Origine Italia”, per favorire il “Sistema Italia”» (photo © Laure F. – stock.adobe.com). (Consorzio Italia Zootecnica)

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Dal 1950, il meglio dal mondo La BERVINI PRIMO nasce nel 1950 da una tradizione famigliare come bottega per la lavorazione delle carni. Proseguendo nella propria crescita in termini di qualità e servizio alla clientela, crea le condizioni per estendere la propria offerta inserendosi nel mercato sia nazionale che internazionale come azienda di importazione, lavorazione e vendita di carni refrigerate e congelate di diverse specie animali consolidandosi negli anni. Da anni offriamo carni porzionate e confezionate skin pack e recentemente offriamo la linea gourmet di bistecche, macinati e “hamburger” con carni provenienti dal mondo. Importatrice e distributrice anche di altri prodotti congelati, quali articoli ittici e verdure surgelate, oggi l’azienda è in grado di fornire una ricca, diversificata e qualificata offerta di prodotti e un servizio accurato al mercato del catering e retail in Italia come all’estero.


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G7: più ombre che luci di Cosimo Sorrentino

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ll’indomani del G7, il vertice di due giorni con i leader dei primi sette paesi più industrializzati del mondo — svoltosi a fine maggio a Taormina, in Sicilia —, fanno discutere i risultati dell’incontro. In realtà le aspettative che erano state considerate e sperate in senso positivo, riguardanti le soluzioni comuni ai problemi che attualmente vengono dibattuti in sede mondiale, sono state per la maggior parte disattese. Un fallimento, questo, che è di carattere politico e, al tempo stesso, simbolico, anche in virtù della località scelta per il dibattimento. Come ha dichiarato con parole “poco diplomatiche” ANGELA MERKEL, il G7 è risultato “molto insoddisfacente”. Esiste però anche un’altra interpretazione, secondo la quale a un

simile vertice non si poteva chiedere di più, in considerazione di una formula di governance globale priva di strutture operative e decisionali stabili e realizzata unicamente attraverso riunioni periodiche, che producono grandi spettacolarità e documenti di buone intenzioni nella migliore delle ipotesi. Ma stavolta anche le buone intenzioni risultano alquanto annacquate, per non dire contraddittorie, tra i diversi interlocutori, protagonisti della delusione generale. Sappiamo anche che il G7 non riflette più, ormai da parecchio tempo, i veri equilibri di potere sulla scena internazionale e perciò appare difficile decidere sui destini del mondo quando non lo si rappresenta se non in piccola parte. Tutto ciò premesso e volendo indi-

care, in sintesi, le conclusioni del vertice, racchiuse in sei pagine, si può affermare che si deve notare la fatica del compromesso su migranti e libero scambio, mentre sul clima si è preso atto che negli Stati Uniti è tuttora in corso una riflessione sull’accordo sottoscritto tra 175 paesi due anni fa (presente l’ex presidente USA OBAMA, in posizione diametralmente opposta a Trump), ma non si intravede una prosecuzione comune nell’attuazione delle regole già fissate, nonostante gli USA, in termini di emissioni pro capite, siano di gran lunga i primi, seguiti da Cina, Germania e Italia. Si noti però che tutto ciò che accade negli USA, per la dimensione del mercato, per le innovazioni tecnologiche in atto e per il ruolo politico di traino per il resto del

I leader riuniti lo scorso maggio a Taormina (photo © Ansa).

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mondo, assume sempre particolare rilevanza. E quindi anche il negazionismo dell’effetto serra, proclamato, a più riprese, dalla nuova amministrazione americana, che riscuote, come è noto, successo tra molti elettori statunitensi. Per quanto riguarda il commercio internazionale, i leader, in primis la Germania, hanno affermato la necessità di tenere i mercati aperti e di combattere il protezionismo, impegnandosi ad adottare politiche appropriate, così che aziende e cittadini possano ottenere il massimo delle opportunità offerte dall’economia globale. Il gruppo si è detto favorevole la rimozione delle pratiche commerciali distorsive come il dumping, barriere non tariffarie discriminatorie, trasferimenti di tecnologie forzati, sussidi ed altri sostegni concessi da governi e istituzioni, allo scopo di incoraggiare reali condizioni uguali per tutti. Sulla questione del protezionismo ci sarebbe molto da dire e il tutto non si può esaurire in questa sede. Nessuno è esente da colpe, sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea, senza dimenticare altri grandi Paesi rappresentativi del commercio mondiale, i quali non hanno lesinato pratiche distorsive ad ogni livello, nonostante affermazioni di principio più volte proclamate in senso contrario, tanto che ora, negli scambi mondiali, esiste un grande disordine e da più di vent’anni è

sempre più difficile concludere accordi multilaterali sugli scambi, visto anche il ruolo indebolito delle istituzioni internazionali sorte per allargare il consenso tra i diversi paesi della scena mondiale. Vero è che il commercio internazionale deve fare i conti con l’emergere di nuove culture, diverse tra loro, che stanno mettendo a dura prova quelle politiche tradizionali che hanno influenzato finora i comportamenti soprattutto dell’Europa. Risulta complicato avere un commercio libero e nello stesso tempo bilanciato. Anche per i flussi migratori non si nota chiarezza, pur se la loro gestione è vista come una necessità da gestire a livello nazionale ed internazionale. Pur sostenendo i diritti umani di migranti e rifugiati, si sono affermati i diritti sovrani degli Stati, “individualmente e collettivamente”, alla tutela dei confini in termini di sicurezza, stabilendo politiche a tal fine adeguate. Riportato nel contesto europeo questo principio vuol significare, a parer nostro, che l’Italia dovrà continuare ad affrontare da sola, senza l’aiuto degli altri partner europei (sembrati quasi sollevati per questo), l’emergenza umanitaria degli sbarchi sulle proprie coste e l’emergenza sociale degli immigrati cui dare assistenza logistica, una volta a terra. La sordità dei partecipanti ci sembra ovvia.

Solo il problema del terrorismo ha mostrato “l’unità dei maggiori Paesi del mondo libero”, in risposta ai recenti attentati, che certamente hanno colpito al cuore tutti i Paesi partecipanti al vertice. Il fenomeno rappresenta quindi un problema sensibilissimo, tanto che si intendono estendere controlli a tutti i livelli, anche sul web, impegnando risorse adeguate. In conclusione, facendo una modesta sintesi sui risultati del vertice, con la riposta speranza di vedere seppur timidi segnali di cooperazione, ci appare chiaro che gli Stati Uniti, almeno per ora, non si considerano interlocutori dell’Europa, ma piuttosto un potenziale antagonista sulla scena internazionale, essendo più interessati a dialogare singolarmente con Gran Bretagna, Giappone o Canada, non esclusa la Cina, ormai attestatasi su un nuovo versante economico e commerciale, secondo le esclusive priorità interne. L’Europa, al contrario, denuncia l’unilateralità degli USA, ma, al di là della sua retorica sull’unità, l’integrazione e la leale collaborazione tra i suoi membri, non è esente da colpe. Restano le differenze di visioni, interessi e scelte sulle materie davvero cruciali e, mentre si bacchettano gli Stati Uniti sul clima, si mostra evidente disinteresse sul grave problema dei migranti, che nessuno vuole in casa propria. Cosimo Sorrentino

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LA CARNE IN RETE

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1. New Butchery a Montréal Bello boucheriegrinder.ca, il sito web di Boucherie Grinder, macelleria canadese a Griffintown, Montréal. Il maestro macellaio è CHARLES BIZEUL (in foto), formatosi da Fleischer’s a New York e oggi specializzato nelle lunghe frollature e nella cosiddetta neo-butchery, il nuovo trend che promuove tracciabilità, ricerca della razza e il lavoro di filiera. Per chi non riesce ad andare a visitarla “fisicamente” a Montréal, oltre al sito della macelleria, ci sono i canali social Facebook e Instagram (photo © prevel.ca).

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2. Macellaio RC, storytelling perfetto ROBERTO COSTA, un’avventura da Genova a Londra per il ristoratore che nei suoi tre locali Macellaio RC di Union Street, South Kensington e Exmouth Market racconta la carne e la sua filiera con emozione e passione. Il sito www.macellaiorc.com è bello e potente. Oltre alla carta di piatti e vini ci sono anche le Butchery Masterclass, per scoprire tutti i segreti della Fassona piemontese, i tagli di carne, le frollature e i segreti della cottura (photo © HeadBox).

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meat Benedetti

3. Piattaforma UE sul benessere animale È attiva da poche settimane la piattaforma sul benessere animale che aggrega 75 organizzazioni sia pubbliche che private oltre a enti intergovernativi europei. L’obiettivo? Quello di raccogliere, diffondere e promuovere la discussione dei risultati prodotti in materia di animal welfare. Per favorirne lo sviluppo all’interno dell’Unione Europea, per dare risposte ai consumatori e diffondere più cultura e informazioni sull’argomento. Ecco il link, disponibile in lingua inglese: ec.europa.eu/food/animals/welfare/eu-platform-animal-welfare_en (photo © Morenovel – Fotolia).

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4. Savigni, agricoltori con stile Allevatori in quel di Pavana (PT) e trasformatori di carni e salumi, i SAVIGNI amano definirsi “macelleria agricola”. Tutto gira intorno alla loro terra di origine, alle stalle e ai loro animali. Il sito web www.savigni.com racconta la storia di questa famiglia attraverso belle immagini “sporcate” da un design bello e moderno, che sottolinea i particolari e aiuta il visitatore a calarsi nella loro realtà. Li trovate in Bottega a Pavana, al Mercato Centrale di Firenze, al Mercato Centrale di Roma insieme a Roberto Liberati e a Ponte Calcaiola (PT) presso il Podere di Monaverde. Bravissimi!

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Pubblicate le linee guida per valutare l’idoneità al trasporto dei suini in UE Frutto di due anni di lavoro di UECBV, Copa e Cogeca, Eurogruppo per il benessere degli animali, organizzazione Animal’s Angels, FVE, IRU, ELT, INAPORC e Cooperl Arc Atlantique, queste linee guida volontarie per i suini, accolte favorevolmente dalla Commissione europea, completano l’insieme di linee guida relative alla capacità degli animali (bestiame e equini) di sopportare il trasporto. Esse mirano a fornire ai professionisti coinvolti nel trasporto dei suini in Europa un aiuto e consigli facilmente comprensibili sulle migliori modalità di trasporto al fine di garantire un elevato livello di benessere degli animali. Avere animali che non sono in buona salute durante i viaggi non giova a nessuno, in quanto ciò può comportare multe, perdite finanziarie e il ritiro della patente di guida del conducente e/o l’autorizzazione per il trasporto di tali animali. Le linee guida sono disponibili nella maggior parte delle ling0ue della UE. Le parti interessate sono grate alla Commissione per il suo sostegno nel tradurre il documento, accelerandone così l’accesso da parte di tutti i professionisti interessati. La versione inglese è già stata scaricata da più di 200 operatori in tutta l’UE, compresi agricoltori, veterinari, trasportatori, università, ecc... Gli operatori possono richiedere una copia tramite il sito www.uecbv.eu o via e-mail a: info@uecbv.eu (Fonte: UECBV – Eurocarne.it)

MIPAAF Social con risposte in tempo reale su Facebook Messenger È attivo il nuovo servizio chatbot del MiPAAF su Facebook Messenger per rispondere in tempo reale, 24 ore su 24, alle domande degli utenti su notizie e indicazioni pratiche. “Le risposte in un clic”: cliccando, infatti, “Invia un messaggio” sulla pagina Facebook del Ministero, è possibile attivare la chatbot, selezionare l’argomento desiderato e ricevere immediatamente le informazioni necessarie. Dagli ultimi comunicati stampa alle misure adottate in favore dei giovani, dai fondi e strategie della Politica Agricola Comune al settore della pesca, alle norme e ai decreti in vigore. Chi non trova immediatamente la risposta può inviare comunque un messaggio diretto a cui risponderà l’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Ministero. Si tratta di un filo diretto per semplificare ulteriormente l’accesso alle informazioni e accorciare ancora di più le distanze tra i cittadini e la pubblica amministrazione. «L’importanza di una comunicazione immediata e diretta delle attività del Ministero per il mondo agricolo e agroalimentare — ha affermato il ministro Maurizio Martina — rende imprescindibile l’utilizzo di nuovi strumenti e piattaforme. Lo abbiamo visto anche con le giornate di formazione gratuita che abbiamo organizzato per le aziende e i consorzi a Verona e a Trento con gli esperti del web. Sfruttiamo allora le potenzialità dei social network per promuovere e tutelare le nostre eccellenze e per rafforzare il dialogo con i cittadini, liberandoci dai lacci della burocrazia». >> Link: www.facebook.com/politicheagricole

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Pragmatismo, serietà e tanto cuore: 80 anni di stile per la Merlo Ercole Srl di Elena Benedetti

E

ra il 2007 quando ci incontrammo negli uffici storici della Merlo Ercole Srl, a pochi passi dal Duomo di Milano, per festeggiare un traguardo importante, i settant’anni di un’azienda leader nel commercio carni fondata da ERCOLE MERLO e, successivamente, guidata dal figlio NINO e quindi dal nipote CLAUDIO e dalla sorella STEFANIA. Sono trascorsi 10 anni e oggi ci ritroviamo con Claudio Merlo a Tuttofood, nella bella hospitality che l’azienda meneghina ha allestito

per la kermesse fieristica dedicata al food. Quest’anno sono 80 gli anni di attività della Merlo Ercole Srl. Un risultato straordinario! «L’azienda è stata fondata il 19 novembre 1936, quindi 80 anni fa» mi dice Claudio Merlo, mostrandomi il documento che attesta la costituzione dell’impresa. «Il nonno già si occupava del commercio delle carni con i genitori che erano impegnati nel settore

agricolo. Io oggi rappresento la terza generazione di famiglia che si occupa di carne» sottolinea Claudio, un imprenditore del settore che si è formato sui banchi e tra i libri del liceo classico, i viaggi in Argentina ancora giovanissimo a seguito del padre, una scrivania in azienda subito dopo il diploma e una laurea in Economia e Commercio presa studiando alla sera. Strumenti tutti fondamentali in quel passaggio di testimone che Claudio, nel corso degli anni,

Claudio Merlo.

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ha preso con consapevolezza e serietà da Nino, mancato da pochi mesi, e che ogni giorno lo aiutano in questo lavoro tanto complesso e impegnativo quanto ricco di soddisfazioni. Gli anni del Novecento per la Merlo Ercole saranno sicuramente stati entusiasmanti… «Certamente. L’azienda si è evoluta nel corso dei decenni, tra la Seconda Guerra mondiale, il Dopoguerra, il momento del boom economico e il consolidamento di una fascia di consumatori che iniziava a chiedere più proteine animali» precisa Claudio Merlo. «Nel corso degli anni ‘50-‘60 ci fu l’apertura al Sud America. L’Italia era fortemente deficitaria in materia di carne e quello era un periodo in cui si mandavano navi di prodotto dall’America Latina all’Europa, utilizzate anche nell’industria, mentre oggi si mandano container. Il consumo italiano nel dopoguerra e negli anni ‘60 era molto diverso rispetto ad oggi, sia per quantità che per varietà di prodotto. Nonno Ercole e papà Nino ebbero questa grande intuizione di approvvigionarsi in Sud America, un mercato di riferimento mondiale per le carni bovine, considerando che il Brasile conta 180 milioni di capi (e un numero pressoché uguale di abitanti)». Perché l’America Latina? «Perché il Sud America è un punto di riferimento non solo quantitativo ma, soprattutto, qualitativo. I motivi sono tanti: il pregio delle razze da carne, il benessere animale che da sempre caratterizza gli allevamenti, gli enormi spazi nei quali gli animali crescono a contatto con la natura, senza condizionamenti né forzature» sottolinea Claudio Merlo. «Dai nostri fornitori selezionati parte la merce refrigerata dall’Argentina destinata ai canali HO.RE.CA., GDO e grossisti. Oggi consegniamo a bancale da Nord a Sud in tutta Italia e per il refrigerato — che è mono-prodotto rigorosamente con sola carne argentina — arriviamo a 20/30 cartoni».

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Ma se i mercati evolvono e seguono i nuovi stili di vita e di consumo delle carni, dice Claudio Merlo, il nostro stile resta una costante, fondato su attenzione al cliente, un servizio al massimo livello e un consolidamento delle relazioni commerciali. Ai tempi di Ercole, mio nonno, bastava una stretta di mano. Oggi il contesto nel quale operiamo è diverso ma noi lavoriamo con la stessa serietà e lo stesso rigore

Quali sono gli ultimi sviluppi dell’azienda? «Siamo molto soddisfatti del lavoro e della canalizzazione che si sta sviluppando anche nei mercati considerati maggiormente di nicchia, nonostante il nostro punto di forza resti ancora la distribuzione di prodotti freschi e congelati per l’industria. Ma se i mercati evolvono e seguono i nuovi stili di vita e di consumo delle carni, il nostro stile resta una costante, fondato su attenzione al cliente, un servizio al massimo livello e un consolidamento delle relazioni commerciali». La vostra azienda è conosciuta per la sua serietà e perché gestisce l’attività su valori etici, non è vero? «È vero, non siamo percepiti come dei classici trader. A noi piace lavorare con il nostro stile, vogliamo fare le cose per bene e ci teniamo parecchio a crescere sul mercato in modo serio, competitivo e, soprattutto, affidabile. E le assicuro che questo non è poco! Perché essere affidabili oggi vuol dire essere costosi! Vede, crescere è difficile e faticoso ma lo è ancor di più mantenere certi standard di affidabilità. Noi ragioniamo seguendo una logica di lungo periodo: non ci interessa speculare sul breve. Vogliamo consolidare il rapporto col cliente, seguirlo nel tempo. Ai tempi di Ercole, mio nonno, bastava una stretta di mano e per quanto mi è dato sapere mai alcun contratto verbale non è stato poi onorato. Oggi il contesto nel quale operiamo è diverso ma noi lavoriamo con la stessa serietà e lo stesso rigore».

Che cos’è il servizio per voi? «È il contatto con il cliente, sempre fondamentale. Il rapporto fiduciario con il cliente è quello che ci interessa di più e il servizio, ovvero la capacità di soddisfare le sue richieste, tra oscillazioni di prezzo, disponibilità di prodotto, campagne diffamatorie della carne e un’instabilità generale che governa il mercato internazionale delle carni, per noi è importantissimo». Alle porte c’è la quarta generazione, i due figli di Claudio, ancora piccoli e con un futuro tutto da tracciare. «Questo è un lavoro che ha richiesto tanto sacrificio e lavoro. Per me ha avuto un senso, come lo ha avuto per mio padre e per mio nonno». Serietà e concretezza, con la solidità di una famiglia che ha dato affetto e insegnato un mestiere, ma anche strumenti per far crescere l’attività in contesti mutati da una società sempre più complessa. La famiglia Merlo è un gran bell’esempio di imprenditorialità italiana, fatta di pragmatismo, duro lavoro e tanto cuore. Avanti così! Elena Benedetti

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Nuovo reparto di disosso per Vitelco L’azienda olandese leader nella fornitura di carni di vitello bianche e rosate ha inaugurato un nuovo reparto a ’s-Hertogenbosch. Una linea con cui sarà in grado di soddisfare al meglio le esigenze della clientela, gestendo la produzione con maggior efficienza e garantendo tracciabilità e prodotti customizzati

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opo una totale ristrutturazione, la società olandese Vitelco ha inaugurato un nuovo reparto di disosso delle carni a ’s-Hertogenbosch. Vitelco esporta ad una vasta clientela in tutto il mondo e le richieste variano parecchio da cliente a cliente e da Paese a Paese. Il livello di personalizzazione nel reparto della ricezione e della

preparazione degli ordini è assai elevato, anche per piccole quantità: i clienti esigono tipologie di carne, tagli, qualità, spessore di grasso, peso e confezioni diverse. Per questo motivo il nuovo reparto disosso, tre volte più capace, ha consentito all’azienda di aumentare la varietà dell’offerta e di gestire al meglio i vari tagli del vitello.

Personalizzazione e tracciabilità «Da un’analisi del mercato risulta che la domanda di vitello non disossato in uscita dal macello sia diminuita sensibilmente» ci racconta HAN PARIDAANS, direttore commerciale Vitelco. «Ora è solo pari al 30-40%, rispetto al 90% di circa dieci anni fa. Prevedo un ulteriore calo del 10% entro cinque anni. È chiaro che

Il nuovo reparto di disosso delle carni di Vitelco a ’s-Hertogenbosch.

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Sin dal 1936 la Merlo Ercole S.r.l. è un punto di riferimento nell’importazione e distribuzione di tagli, refrigerati e congelati di pregiate carni bovine sudamericane.

Una realtà che con passione ed esperienza garantisce da sempre un servizio puntuale al cliente. Oltre ottant’anni di genuinità e affidabilità.

Merlo Ercole S.r.l. – Via S. Antonio, 13 – 20122 Milano – Tel. +39 02 58480101 – Fax +39 02 58315867


Vitelco è uno dei principali operatori europei nel settore macellazione e disosso delle carni. L’azienda olandese confeziona e fornisce carni di vitello bianche e rosate, nonché vitellone di tutti i tagli, porzioni e volumi. La lavorazione è gestita secondo processi strettamente controllati, all’insegna della massima personalizzazione dei servizi al cliente, dell’accurata selezione dei fornitori e di un’attenta scelta dei capi di bestiame. La passione sprona Vitelco ad operare al meglio, in collaborazione con i propri partner della catena di fornitura di prodotto, per conseguire i massimi risultati operativi con un’offerta di qualità nel pieno rispetto degli animali. L’azienda appartiene a PALI Group, che opera a livello globale nel settore del commercio e della produzione di carni di vitello. Han Paridaans, direttore commerciale Vitelco. clienti non vogliono più la carcassa intera: i buyer oggi si specializzano sempre di più e optano per i tagli specifici di cui necessitano. Questo è un bene, però, perché vuol anche dire minimizzare gli scarti» prosegue Paridaans. «Data la nostra copertura del mercato mondiale, in Vitelco possiamo trovare il cliente giusto per ogni taglio, quindi nessuna parte dell’animale viene scartata! Siamo

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in grado di soddisfare alla perfezione le esigenze del cliente compresa la porzionatura e la lavorazione PAD. I tagli sono oggi diversificati e personalizzati. In precedenza questo non era possibile, perché si lavoravano grandi lotti. Il nuovo reparto di disosso è perfetto per questo tipo di lavorazione: le parti della carcassa restano unite lungo tutta la linea, per poi essere etichettate subito dopo.

Tutti i disossatori Vitelco sono ora equipaggiati con un apposito schermo che riporta i tipi e le tecniche relative a ciascun taglio e li guida nella sequenza delle operazioni. Poiché le istruzioni sono automatizzate per ogni capo, non esiste margine di errore.

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Quindi sappiamo esattamente da che parte della carcassa proviene ciascun taglio di carne. Possiamo garantirne la tracciabilità fino al confezionamento». Istruzioni automatizzate Tutti i disossatori Vitelco sono ora equipaggiati con un apposito schermo che illustra i tipi e le tecniche specifici per ciascun taglio. Poiché le istruzioni sono automatizzate per ogni capo, non esiste margine di errore e ogni taglio può essere personalizzato. Il PC determina la sequenza degli interventi sulla carcassa, quindi il monitoraggio risulta facilitato. L’etichettatura avviene automaticamente a fine linea e l’apposita videata rileva subito se le operazioni si sono svolte secondo le istruzioni impartite. Di conseguenza, anche il controllo qualità è più semplice. «Questa è un’altra delle caratteristiche esclusive del nuovo reparto di disosso — specifica Han — garantire che il cliente riceva effettivamente la qualità richiesta. Oltre al fatto che diventa sempre più importante indicare con precisione l’origine del prodotto, ora possiamo farlo per ciascun capo, mentre in precedenza ciascun lotto comprendeva più vitelli. I nostri prodotti assicurano oggi maggiore tracciabilità e sono pienamente conformi ai requisiti di qualità».

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EVENTI

Birre, carni e formaggi di malga: a Roma la Baviera si fa bella

U

na splendida terrazza con vista mozzafiato sulla Capitale per celebrare i rapporti tra Baviera e Italia, da sempre forti e proficui per entrambi i Paesi. Lo scorso 11 maggio, ospiti del Grand Hotel Flora, il Ministero per l’Alimentazione, l’Agricoltura e le Foreste della Baviera e la Camera di Commercio italo-tedesca di Monaco hanno organizzato un incontro al fine di ampliare i rapporti tra la rete distributiva italiana e le aziende bavaresi. Un nutrito pubblico di addetti del settore, agenti di commercio, ristoratori e giornalisti ha assistito e partecipato con interesse alla conferenza stampa con il ministro HELMUT BRUNNER, moderata dal

critico gastronomico LUIGI CREMONA. «Il mercato italiano è il principale destinatario dell’export bavarese: si parla di 1,6 miliardi di euro tra latte, latticini, carne bovina e birre», ha detto Brunner. A suggellare questo percorso di fusione culturale la creatività e il talento in cucina di quattro giovani chef romani: MARCO CLARONI, Osteria dell’Orologio, DAVIDE DEL DUCA, Osteria Fernanda, ROBERTO CAMPITELLI, L’Osteria di Monteverde, e RICCARDO LORENI, Cuoco & Camicia. A loro il compito di interpretare le eccellenze dei prodotti d’oltralpe, dal formaggio di malga dell’Algovia agli asparagi di Schrobenhausen, in un suggestivo menu degustazione, con

la coordinazione dello chef bavarese STEPHAN FUSS. Reduce dal salone milanese Tuttofood, ANTON JANSSEN, country manager di Vion Chiasso, ha presenziato all’evento insieme a STEFANO GIOVANARDI, sales manager bovino per il mercato italiano. «Con i suoi stabilimenti nel sud della Germania, Vion riesce a coniugare una capacità di offerta di carni locali bavaresi che rimandano ad una professionalità artigianale nell’allevamento e nella cura degli animali unita a una lavorazione che può portare tagli e frollature al cliente finale in tutto il mercato italiano», ha sottolineato Janssen. «È un grande orgoglio e un grande piacere essere qui stasera».

All‘evento romano, tra storiche birre, formaggi, latte e salumi, sono state presentate anche le carni bavaresi di Vion Food Group. «È un piacere e un orgoglio per noi essere qui stasera per far conoscere la nostra carne agli chef romani e al pubblico presente» ha dichiarato durante la serata Anton Janssen, qui fotografato insieme al ministro Helmut Brunner e a Stefano Giovanardi (photo © Andrea Di Lorenzo).

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1) I tipici salamini in stick, perfetti con un calice di birra artigianale della Baviera. 2) Vion Food Group ha presentato la carne bovina Goldbeef, certificata con un marchio di qualità e disponibile anche nella linea biologica. 3/4/5) Alcuni scatti durante la presentazione dei prodotti bavaresi alla stampa e agli operatori sulla terrazza del Grand Hotel Flora. 6) Il ministro Brunner con Stephan Fuss e gli altri chef al termine della cena di gala (photo Š Andrea Di Lorenzo).

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ANALISI DI SETTORE

Carne e ittico, il consumatore vuole di più Più informazioni, una maggiore attenzione agli allevamenti e alla sicurezza, approfondimenti su ciò che acquista e sulle preparazioni. Il seminario tenuto a Tuttofood da SGMarketing apre a soluzioni interessanti per riconquistare il cliente finale dei settori meat & seafood

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na maggiore consapevolezza, unita al cambio delle abitudini, ha modificato il sentiment legato a carne e ittico, due categorie avviate verso sorti differenti. Qualcuno ancora acquista carne? Ebbene, quali criteri utilizza? Da cosa è frenato? Quali analoghe considerazioni si possono associare a chi consuma ittico? E la GDO? Deve iniziare a pensare a una riduzione degli spazi per queste categorie o può puntare a rivitalizzarle? “Una volta consumavo carne rossa quasi tutti i giorni, ora pochissimo”. “Il pesce? Sì, lo acquisto, ma non so se è sempre fresco”. “Desidero aumentare il consumo di Omega-3, quindi salmone certamente, e poi?”. “Cosa vogliamo dire degli antibiotici nei polli di allevamento?”. “Chi mi spiega la filiera della carne?”. “Ma lei lo sa che le mucche vengono nutrite a OGM?”. Sino a qualche anno fa, pochissimi consumatori avrebbero posto i quesiti di cui sopra: oggi i temi sono all’ordine del giorno, in un contesto — anche di comunicazione generalista —, che condiziona gli atteggiamenti e la vulgata, aumentando il senso di smarrimento nel confronto di certe categorie di prodotto. Occorrono cautela, chiarezza e comprensione di queste dinamiche, per supportare il consumatore e fare in modo che, di fronte al banco della carne e dell’ittico, sia sereno e ponga in essere scelte consapevoli (ossia basate sulla conoscenza), che allo stesso tempo lo soddisfino e sia-

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no coerenti con una (se desiderata) sana alimentazione. L’argomento — dato l’andamento del mercato, specie della carne rossa — è molto delicato. A supporto di una maggiore comprensione, da parte degli operatori del settore, è arrivato il seminario specialistico “Il freschissimo al centro. Carne e ittico per il consumatore che cambia”, organizzato in occasione

di Tuttofood da SGMARKETING. Posto che i consumatori possono essere identificati attraverso quattro cluster (responsabili, esperti, contemporanei, distaccati), cosa succede ai destini di carne e ittico? Carne, da dove vieni? Dopo il prezzo, il primo criterio di scelta espresso dai consumatori è la provenienza italiana, seguito da

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MGA GROUP

Vicentini Carni. Qualità garantita dalla A agli Zoccoli.

Vicentini Carni è un nome storico a forte tradizione familiare nel panorama delle aziende specializzate nell’allevamento e macellazione di carni bovine di Alta Qualità. Grazie al progetto Filiera, Vicentini garantisce qualità e controllo in ogni fase, portando le carni bovine più prelibate direttamente sul banco delle migliori macellerie italiane. Vicentini Carni, oltre 50 anni di passione, per offrirvi solo il meglio!

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Dopo il prezzo, la provenienza italiana è il primo criterio di scelta per la carne. freschezza, data di scadenza (i.e. due indicatori di servizio) e sicurezzasalubrità. A spingere il consumo di carne è un aspetto prettamente gourmand, ossia il piacere dell’alimento. A seguire si trovano item legati al costo (specie per suino e avicunicolo) e alla fiducia relativa al prodotto acquistato (specie per avicunicolo). L’indagine risponde a un quesito “delicato” per tutti gli operatori della Grande Distribuzione, ossia: quali sono i freni al consumo della carne? Secondo gli “avversi”, sono soprattutto il fatto che mangiare carne “faccia male alla salute” (riferimento soprattutto alla carne rossa); molti soggetti lamentano una poca fiducia nei confronti dell’alimentazione praticata specie sull’avicunicolo, e una sensibilità nei confronti del benessere dell’animale. Quest’ultima motivazione è la principale espressa da chi non consuma, né consumerà, carne in futuro. «Queste evidenze — spiega SALVO GARIPOLI, senior consultant e responsabile dell’area Politiche di marca e trade marketing di SGMarketing — ci lasciano un messaggio molto chiaro: occorre lavorare fortemente sull’informazione, a più livelli. E su tre direttrici: 1. la prima è quella del benessere

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animale, che deve essere raccontato in modo adeguato, a sostegno della segmentazione dell’offerta e del posizionamento dell’insegna; 2. la seconda è quella dell’impatto ambientale. Le persone hanno “fame” di contenuti, ma faticano a trovarne di affidabili: qui bisogna intervenire, in modo da fare “cultura sul processo” e sostenere in modo positivo il vissuto del prodotto; 3. il salutismo, infine, non deve essere considerato una barriera tra il consumo di carne e il consumatore, anzi. Il tema va però gestito correttamente e l’adozione di questi prodotti deve essere spiegata in una logica di valorizzazione della dieta mediterranea”. Ideale sarebbe, per il consumatore, poter fruire di informazioni capaci di accompagnare tutti i momenti di consumo, in modo smart; di “pillole informative” (accessibili anche da piattaforme digitali) che stressino il valore positivo della carne, anche in combinazione con il consumo e la sua preparazione».

Occorre lavorare sull’informazione a più livelli e seguendo almeno tre direttrici: benessere animale, impatto ambientale e salutismo. Ideale sarebbe, per il consumatore, ad esempio, poter fruire di informazioni capaci di accompagnare tutti i momenti di consumo in modo smart; “pillole informative” che comunichino il valore positivo della carne

Possiamo affermare, dice Salvo Garipoli in riferimento sia alla carne che all’ittico, che il consumatore abbia rivisto le proprie priorità. I suoi focus, oggi, sono orientati verso l’accessibilità del prodotto, ossia la sua disponibilità immediata, il benessere psicofisico legato al consumo e la garanzia di qualità e sicurezza, per se stesso e l’animale, anche in fase di preparazione

Pesce, salute e gusto, connubio vincente Non ci sono dubbi: il consumatore usa, come criterio di scelta per il

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pesce, la sua freschezza. Seguono il prezzo, la sicurezza e salubrità, la provenienza italiana o locale. Perché lo consuma? Perché fa bene alla salute, perché gli piace. Agli occhi, invece, di coloro che sono avversi al suo consumo, il pesce sconta peccati originali quali il costo eccessivo, la scarsa fiducia sull’alimentazione praticata nell’allevato, motivazioni legate al benessere dell’animale e dell’ambiente, la poca capacità di cucinarlo. I non user, invece, stressano con particolare vigore il benessere dell’animale, così come i motivi etici e ambientali. Dal punto di vista dei contenuti informativi, i consumatori sono alla ricerca di garanzie relative al prodotto (allevato, pescato, biologico; alimentazione), ma anche delle sue caratteristiche nutrizionali, della sua origine, della preparazione (dai tempi di cottura, alle ricette, all’assenza di spine). Una cultura di base, insomma, che «va resa disponibile — precisa il senior consultant RAFFAELLO BERNARDI

di SGMarketing — tenendo ben presente che, nel caso dell’ittico, il cliente finale sceglie, come sua fonte di informazione, molto spesso il venditore, e che non disdegna di attingere ai programmi televisivi, al social e al web in generale. Se gli operatori della Grande Distribuzione vogliono incontrare le esigenze del loro cliente, devono iniziare a raccontare in special modo il benessere animale e l’impatto ambientale della pesca, entrambi temi molto sensibili». Cambiare in un mondo cambiato «Possiamo affermare — conclude Garipoli — in riferimento sia alla carne che all’ittico, osservando il processo di acquisto del consumatore, che questi ha rivisto le proprie priorità. I suoi focus, oggi, sono orientati verso l’accessibilità del prodotto, ossia la sua disponibilità immediata; il benessere psicofisico legato al consumo; la garanzia (di qualità e sicurezza, per se stesso e

l’animale), anche in fase di preparazione». Le esperienze dei professionisti del retail Nella seconda parte della mattinata i lavori si sono concentrati sul racconto delle esperienze dei professionisti del retail, con la tavola rotonda, moderata da CRISTINA LAZZATI, direttore responsabile delle testate MARK UP e GDOWEEK, a cui hanno partecipato GIOVANNI PANZERI, direttore prodotti freschi di Carrefour; MASSIMILIANO LAZZARI, responsabile reparto, piattaforme, elaborati, innovazione e assortimento carni di Coop Italia; DUILIO CIARDI e FLAVIO ZANGIROLAMI, rispettivamente responsabile acquisti carni rosse e tecnici carne e area manager settore ittico di Despar Aspiag; GREGORIO MARTELLI, direttore acquisti Gruppo Gabrielli; MASSIMO BOLCHINI, standard development director di GS1 Italy. (Fonte: SGMarketing Agroalimentare) >> Link: www.sgmarketing.it


TREND

Hamburgermania e nuove tendenze

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Si compra di meno, ma si spende di più. Bisogna innovare i prodotti verso nuovi stili di consumi, aumentare la gamma e non mummificare la tradizione, promuovendo l’export, l’educazione alimentare, la promozione sui mercati, incentivando l’innovazione e migliorando l’efficacia dei controlli

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ala il consumo di carne, soprattutto rossa, eppure quello degli hamburger aumenta a due cifre. «L’hamburger di Chianina sta salvando le nostre razze locali»: una ricchezza tutta italiana, regionale, salvata da un cibo americano. Il racconto del professor ANGELO FRASCARELLI, docente di Economia agraria all’Università di Perugia, sembra un paradosso. Invece, più che un testacoda glocal, è la conseguenza di nuovi stili alimentari ai quali inevitabilmente gli imprenditori e le filiere agroalimentari dovranno dare risposte in linea con le esigenze manifestate. «Ci ritroviamo — considera il professor Frascarelli — nella fase dei prodotti more or less, con qualcosa in più o senza qualcosa, con aggiunta di Omega-3 o senza olio di palma, senza glutine o con vitamine, tanto per fare un esempio». L’agricoltura o la filiera delle carni, che si incontreranno sul terreno comune di Fieragricola ed Eurocarne, in programma a Verona dal 31 gennaio al 3 febbraio 2018, non potranno non tenere conto dei cambiamenti in atto. Va benissimo sostenere tradizione, tipicità, identità delle produzioni figlie dell’agricoltura dei nostri territori. Tuttavia, secondo Frascarelli, «se rimaniamo in questo schema e non capiamo che

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i consumi si stanno evolvendo siamo morti. Bisogna seguire i nuovi stili di vita, che cambiano in maniera — e ad una velocità — impressionante». Il professor Frascarelli è intervenuto a Milano all’evento di presentazione di Milkcoop, la piattaforma per l’innovazione delle filiere lattierocasearie cooperative voluta dall’Alleanza delle Cooperative Italiane Lombardia. «Se guardiamo i dati dal 2000 al 2016 i consumi alimentari sono diminuiti del -7,4% in quantità» ha proseguito Frascarelli. «Si compra di meno, ma si spende di più. E aumenta l’export». Gli ultimi dati, resi noti via Twitter dal ministro delle Politiche Agricole MAURIZIO MARTINA, vedono una crescita dell’8% su base tendenziale del valore delle esportazioni agroalimentari nel primo trimestre 2017, per un valore complessivo di 9,7 miliardi di euro. «Bisogna innovare i prodotti verso nuovi stili di consumi, aumentare la gamma e non mummificare la tradizione, promuovendo l’export, l’educazione alimentare, la promozione sui mercati, incentivando l’innovazione e migliorando l’efficacia dei controlli». Suggerimenti che valgono per tutto il comparto agricolo e non solo per la filiera delle carni, naturalmente. (Fonte: Eurocarne News)


LA QUALITÀ

Le Dop e Igp di carne in Europa di Andrea Gaddini

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a venticinque anni i marchi DOP e IGP proteggono le denominazioni dei prodotti agroalimentari tipici dell’Unione Europea: il Regolamento CEE n. 2081 del 14 luglio 1992 ha esteso infatti a tutti i prodotti la possibilità di protezione che già esisteva, fin dal 1962, per i vini. Il regolamento nacque dalla necessità di dare un quadro normativo comune alle prassi nazionali, molto diverse fra loro, riguardanti la protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, per i prodotti per i quali esiste un nesso fra le caratteristiche e l’origine geografica. Nuove disposizioni furono fissate dal Regolamento CE n. 510 del 20 marzo 2006, fino ad arrivare

alla norma attualmente in vigore, il Regolamento UE n. 1151 del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari. L’attuale normativa prevede la tutela tramite tre marchi: la Denominazione di Origine Protetta (Dop), l’Indicazione Geografica Protetta (Igp) e la Specialità Tipica Garantita (Stg). La differenza tra questi marchi è che la DOP prevede che tutto il ciclo produttivo si svolga nell’area di origine geografica, mentre per l’IGP la produzione deve svolgersi “per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata”. Nel caso dei prodotti di origine animale, la differenza è di solito nella provenienza dei mangimi o dei giovani animali, che è strettamente l’area d’origine

per le DOP, mentre può essere più ampia per le IGP. Le STG sono invece intese a salvaguardare prodotti ottenuti con metodi di produzione o trasformazione, materie prime o ingredienti tradizionali, che impartiscono loro caratteristiche particolari, ma senza essere strettamente legate ad un particolare territorio. Questo legame con il processo di trasformazione spiega perché questo marchio è poco usato per la carne fresca; al momento esistono, infatti, solo due STG suine ed una avicola, entrambe britanniche. Il riconoscimento di una DOP o IGP è l’ultimo stadio di una procedura che parte dalla proposta iniziale, di solito presentata da un gruppo

Dopo il “Vitellone bianco dell’Appennino Centrale Igp”, l’Italia ha recentemente registrato una seconda Identificazione geografica protetta: i “Vitelloni piemontesi della coscia” (photo © www.spazifood.it).

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Suino di razza Bísara. Tipico del nord del Portogallo, da questa razza si ottiene la carne di Bísaro Transmontano Dop. di produttori, e prevede una serie di esami di conformità successivi, da parte delle autorità nazionali e poi della Commissione europea, con possibilità di opposizione da parte di soggetti che ritengano che i propri legittimi interessi siano lesi dalla protezione del marchio. L’esame è soprattutto sul disciplinare di produzione, documento che fissa le norme riguardanti le materie prime, la trasformazione, la zona di produzione ed ogni altra caratteristica tecnica, e che ne spiega la particolarità e le ragioni della diversità da altri prodotti simili. Una volta approvato, il disciplinare è pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, ed è a tutti gli effetti una legge, vincolante per chiunque voglia produrre la DOP o la IGP, ma che istituisce anche una protezione, visto che impedisce di usare la denominazione o l’indicazione protetta per prodotti che non siano inseriti nel circuito del marchio. È importante ricordare che i marchi DOP e IGP non tutelano in modo diretto la qualità dei prodotti,

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ma piuttosto la denominazione, legata al particolare prodotto. È quindi proibito usare il nome sottoposto a protezione, sia per prodotti analoghi, sia per prodotti di differente natura. La tutela è estesa ad ogni Stato Membro dell’Unione Europea, le cui autorità di controllo, anche in contatto tra loro, devono verificare la presenza in commercio di prodotti che violino la protezione delle DOP e delle IGP usando in modo improprio le denominazioni o anche solo evocandole con nomi allusivi. Tutti gli operatori che costituiscono la filiera di produzione devono sottoporsi periodicamente, a proprie spese, a controlli ufficiali da parte dell’organismo di controllo designato per la DOP o la IGP, per verificare il rispetto del disciplinare. In caso di violazioni sono previste sanzioni che possono arrivare all’esclusione dal circuito della denominazione. La Commissione europea può decidere la cancellazione di una DOP o di una IGP, se il rispetto del disciplinare non è più garantito o se

il prodotto non è più in commercio da almeno sette anni. Va infine sottolineato che le DOP e le IGP non sono limitate a prodotti degli Stati Membri dell’Unione Europea, ma possono interessare anche quelli di Paesi terzi. Ciò significa che la prossima uscita del Regno Unito dalla UE non pregiudica la protezione dei prodotti britannici nei paesi europei, mentre potrebbe affievolire la protezione dei prodotti dei paesi dell’UE nel Regno Unito, che non sarà più tenuto ad applicare le norme europee. Al momento della stesura dell’articolo (08/06/2017) esistono in Europa quasi 1.400 denominazioni protette, senza contare le denominazioni di vini (circa 2.000) e quelle di bevande spiritose (oltre 250). La classe più numerosa è la 1.6 (Ortofrutticoli e cereali), che conta 377 prodotti, mentre alla classe 1.1 (Carni fresche e frattaglie) appartengono 160 prodotti e i prodotti a base di carne (classe 1.2) sono 168. L’Italia è il primo paese come numero di DOP e IGP, con 292

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(circa il 21% del totale) a fronte di 240 francesi, ma nel settore delle carni fresche il nostro paese conta appena sei marchi (circa il 3% del totale), di cui due di carne bovina, tre di carne ovina, e uno di carne suina. Denominazioni di carne bovina Dei 48 marchi di carne bovina, ben 25 provengono dalla penisola iberica: 13 dal Portogallo, 11 dalla Spagna e uno da Andorra. Anche la Francia, con 13, vanta un numero significativo di DOP e IGP. L’Italia conta due sole denominazioni: le IGP Vitellone bianco dell’Appennino centrale, che interessa bovini di razza Chianina, Marchigiana e Romagnola, allevati in un’area piuttosto estesa dell’Appennino centrale, e macellati tra i 12 e i 24 mesi, e Vitelloni piemontesi della coscia — registrato il 22 aprile 2017 — riguardante le carni di bovini oltre i 12 mesi allevati in un’area che comprende gran parte del Piemonte e diversi comuni della Liguria. In Portogallo le denominazioni fanno di solito riferimento a razze locali da carne, come Alentejana, Cachena da Peneda, Barrosã, Maronesa, Mirandesa, Arouquesa, Marinhoa, Mertolenga, Brava de Lide (denominata Carne de Bravo do Ribatejo) e Preta (con denominazione Carne da Charneca). L’allevamento prevede sistemi tradizionali e a basso impatto, basati sul montado, pascolo abbinato a querce da sughero e altre essenze arboree. I restanti marchi fanno riferimento alla zona ma non alle razze di produzione, come la Carne delle isole Azzorre, o la Carne de Bovino Cruzado dos Lameiros do Barroso, riservata ad incroci allevati con sistema estensivo. Infine, è protetta la IGP Vitela de Lafões, attribuita ad animali di razza Arouquesa e Mirandesa o loro incroci, abbattuti prima dello svezzamento (5-7 mesi). Le undici denominazioni della Spagna, tutte IGP, sono invece di solito legate alla zona di provenienza, come le carni di vitella Ternera de Aliste, Ternera Gallega e Ternera de Extremadura, e quelle di bovini di diverse età, Carne de la Sierra de

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Guadarrama, Carne de Cantabria e Carne de Vacuno del País Vasco, tutte costituite da animali di razze locali oppure cosmopolite e dai loro incroci. In alcuni casi la denominazione è legata ad una singola razza, come la Carne de Morucha de Salamanca, o la Carne de Ávila, prodotta da animali di razza Avileña-Negra Ibérica in purezza, o da incroci di prima generazione con Charolaise e Limousine. La denominazione Ternera Asturiana è riservata a vitelli delle razze Asturiana de los Valles e Asturiana de la Montaña e loro incroci, mentre la Ternera de Navarra è costituita da varie razze, ma per il 90% è costituita dalla razza autoctona Pirenaica. Il principato di Andorra, situato tra Spagna e Francia, ha registrato la IGP Carn d’Andorra, unica denominazione di carne di un paese extra-UE prodotta da animali di razza Bruna d’Andorra o suoi incroci con razze da carne francesi. Esistono due IGP transfrontaliere, la Rosée des Pyrénées catalanes e la Ternera de los Pirineos catalanes, condivise tra Spagna e Francia, aventi la stessa zona di produzione e provenienti entrambe da animali di razza Bruna dei Pirenei, Aubrac o Gasconne, o loro incroci con le razze cosmopolite. La differenza tra le due è l’età di macellazione, tra i 5 e gli 8 mesi, senza svezzamento, per la Rosée, per ottenere una carne di vitello bianca, e tra gli 8 e i 12 mesi per la Ternera. La Francia dispone di quattordici marchi ed ha scelto anch’essa una strategia legata alla regione: solo le DOP Bœuf de Charolles, (razza Charolaise) e Maine-Anjou (razza Rouge des Prés) sono strettamente legate ad una razza, il cui nome comunque coincide con la regione, mentre la DOP Taureau de Camargue è attribuita ad animali oltre i 18 mesi delle razze Biou (raço di Biou) e de Combat o loro incroci. I restanti marchi, Veau du Limousin, Bœuf Charolais du Bourbonnais, Charolais de Bourgogne, Génisse Fleur d’Aubrac, Bœuf de Bazas e Bœuf de Chalosse, sono riferiti alle razze da carne francesi ormai cosmopolite, come Limousine, Charolaise, Aubrac,


Tagli di Ternera Gallega, una delle 11 denominazioni di carne bovina spagnola. Blonde d’Aquitaine, oppure a diffusione locale, come la Bazadaise, o ancora senza specificazione di razza, come il Fin gras du Mézenc, il Bœuf de Vendée o Boeuf du Maine. La nazione ha agito come precorritrice delle denominazioni di origine con il marchio nazionale di qualità e tipicità Label rouge, attribuito per la prima volta ad una carne bovina nel 1974. La maggior parte delle DOP e IGP francesi di carne avevano già ricevuto il Label rouge e questo ha garantito ai prodotti una lunga conoscenza e confidenza da parte del consumatore.

Tra i marchi del Regno Unito si conta una DOP, la carne bovina delle isole Orcadi (Orkney Beef ) prodotta da animali delle razze Aberdeen Angus e Shorthorn/Blue Grey, e tre IGP, la carne bovina gallese (Welsh Beef ), prodotta da bovini di razze Welsh black e Hereford o loro incroci, e due denominazioni senza limitazioni di razza né di età alla macellazione, la Scotch Beef, carne bovina scozzese, e la West Country Beef, proveniente dall’omonima regione del sud-ovest della Gran Bretagna, che comprende la penisola di Cornovaglia e due contee adiacenti.

È importante ricordare che i marchi Dop e Igp non tutelano in modo diretto la qualità dei prodotti, ma piuttosto la denominazione, legata al particolare prodotto. È quindi proibito usare il nome sottoposto a protezione, sia per prodotti analoghi, sia per prodotti di differente natura. La tutela è estesa ad ogni Stato Membro dell’Unione Europea

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Per l’Ungheria il marchio è la DOP di carne della razza podolica locale, la Grigia ungherese (Magyar szürkemarha hús), strettamente imparentata con le razze podoliche italiane e particolarmente simile alla Maremmana. La Danimarca conta la IGP Vadehavsstude, da giovani maschi castrati della razza Holstein, allevati su pascoli salati in una zona costiera, mentre per la Germania i marchi sono la IGP Bayerisches Rindfleisch ossia carne bovina bavarese, e la DOP Weideochse vom Limpurger Rind. Denominazioni di carne ovina Tra i 45 marchi di carne ovina, il primato spetta alla Francia con 13, ma i paesi iberici sono ben rappresentati, con 9 denominazioni per il Portogallo e 6 per la Spagna. L’Italia dispone di tre IGP: Abbacchio Romano, con età di macellazione fino a 40 giorni, Agnello del Centro Italia, di razze italiane prevalentemente da carne, da agnelli con età di macellazione fino a 12 mesi, con le tipologie “leggero”, “pesante” e “castrato”, e Agnello di Sardegna, di

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razza Sarda o da suoi incroci, con tre categorie in base al peso: “da latte”, “leggero” e “da taglio”. In Francia i marchi sono in gran parte IGP, tutti legati alla zona di produzione, e ciascuna denominazione prevede l’utilizzo di una o più razze locali, da latte o da carne, in pochi casi anche con intervento di arieti di razze estere (Suffolk). Un’altra differenza rilevante tra le denominazioni è la tipologia di agnello commercializzato: si passa da agnelli da latte, come Agneau de lait des Pyrénées e Agneau de Pauillac, ad agnelli di età intermedia, come Agneau de Lozère, Agneau de l’Aveyron, Agneau du Bourbonnais, Agneau du Quercy, Agneau du Périgord e Agneau de Sisteron, o, infine, di età e peso maggiore, come Agneau du Poitou-Charentes e Agneau du Limousin. Esistono due DOP, caratterizzate dall’allevamento su paludi salmastre, dette “prati salati” (Prés-salés) sul Canale della Manica, la Baie de Somme e la MontSaint-Michel, e una DOP di carne di ovino adulto (pecora o castrato) di razza Barèges-Gavarnie. Anche per gli ovini, la gran parte delle denominazioni francesi hanno in precedenza beneficiato del Label Rouge.

In Portogallo prevale il tipo dell’agnello dal latte (borrego), caratterizzato dal nome della regione, prodotto da razze locali o loro incroci, come le IGP Borrego do Nordeste Alentejano, Borrego do Baixo Alentejo e Borrego da Beira, o da una sola razza, come nelle DOP Borrego Serra da Estrela e Borrego Terrincho e nella IGP Borrego de Montemor-o-Novo. La stessa tipologia di ovino nel Nord-est del paese è detta cordeiro, ed è rappresentata dalle DOP Cordeiro Mirandês e Cordeiro Bragançano e dalla IGP Cordeiro de Barroso. In Spagna sono presenti solo IGP: alcune di agnello da latte, come Cordero Segureño e Cordero Manchego delle omonime razze, e Lechazo de Castilla y León dell’omonima regione, prodotto da varie razze locali. Altri marchi riguardano animali di peso ed età maggiori, come il Cordero de Extremadura svezzato e macellato entro i 100 giorni, da razza Merino o incroci, anche con razze da carne francesi, e il Ternasco de Aragón da razze locali. Infine, il Cordero de Navarra, proveniente solo dalle razze Navarra e Latxa, prevede sia la tipologia del lechal,

o agnello da latte, sia quella del ternasco, con età alla macellazione fino a 110 giorni. La Grecia vanta una sola DOP di agnello da latte, Arnaki Elassonas, che può appartenere ad una delle numerose razze ovine autoctone elleniche. Lasciando l’area mediterranea, come prevedibile, la tipologia degli ovini varia, spostandosi verso pesi ed età alla macellazione maggiori. Il Regno Unito, paese di tradizionale forte consumo di carne ovina, vanta quattro DOP e tre IGP, tutte legate alla regione di provenienza. Le denominazioni di agnello (lamb) sono riferite ad animali con età alla macellazione fino a 12 mesi; tra di esse, le IGP “gemelle” di quelle bovine: West Country Lamb, Scotch Lamb e Welsh Lamb, e le DOP Orkney Lamb, da agnelli allevati nelle isole Orcadi, al nord della Scozia, Shetland Lamb dall’omonimo arcipelago scozzese e dalla razza autoctona con lo stesso nome e relativi incroci, e la Manx Loaghtan Lamb, con territorio molto limitato, quello dell’isola di Man, riferita ad una unica razza rustica locale, nota per avere due o tre paia di corna, macellata entro i 15 mesi

Agneau du Limousin Igp (photo © fr.wikipedia.org).

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di età. La DOP Lakeland Herdwick riguarda ovini di razza Herdwick allevati nel Lake District e macellati come agnelli tra 8 e 12 mesi oppure come ovini adulti. In Irlanda la IGP Connemara Hill Lamb è riferita ad agnelli di razza Black Face, macellati in età più precoce (14 settimane) rispetto a quelli inglesi, di conseguenza con peso carcassa inferiore. La Germania vanta due DOP di carne da razze tipiche di palude, Diepholzer Moorschnucke, e di brughiera, Lüneburger Heidschnucke. La Danimarca presenta una IGP di agnello, Vadehavslam, da pa scoli salmastri, analoga a quella bovina. La Svezia ha la DOP Hånnlamb, comprendente agnelli con età alla macellazione fino a 15 mesi e ovini adulti di una razza locale. Infine la Polonia conta la IGP Jagnięcina podhalańska, riferita ad agnelli di razze locali macellati entro i 60 giorni di età.

Denominazioni di carne caprina I marchi di carne caprina sono solamente sette, di cui sei portoghesi ed uno greco, relativi a razze locali e ad animali macellati a peso vivo ridotto. I marchi del Portogallo sono riferiti alla tipologia del cabrito con diverse età alla macellazione: la DOP Cabrito Transmontano prevede la macellazione entro i 90 giorni di età, le IGP Cabrito da Beira entro i 45 giorni, Cabrito de Barroso entro i tre mesi, Cabrito de Alentejo entro i 120 giorni, Cabrito das Terras Altas do Minho, 2-4 mesi, e Cabrito da Gralheira entro un anno. La DOP della Grecia Katsikaki Elassonas è analoga alla denominazione di carne ovina Arnaki Elassonas, già menzionata, e prevede la macellazione tra 30 e 55 giorni. Denominazioni di carne suina Le denominazioni di carne suina sono solo 12, mentre sono a base di suino, come è logico, quasi tutte le 168 specialità di carne trasformata della classe 1.2. Per l’Italia

troviamo la Cinta senese a marchio DOP, come le due denominazioni di razze autoctone del Portogallo, nera (Alentejana) e cinta (Bísaro Transmontano). Sono poi registrate nove IGP, sette delle quali sono della Francia, tutte legate alla regione e senza menzione di razze suine particolari: Porc d’Auvergne, Porc de Franche-Comté, Porc de la Sarthe, Porc de Normandie, Porc du Limousin, Porc de Vendée e Porc du Sud-Ouest. Le restanti due IGP sono di origine tedesca, derivante dalla razza tradizionale della Germania Schwäbisch-Hällische Landschwein, e del Lussemburgo, Viande de porc, marque nationale grand-duché de Luxembourg, che copre tutto il territorio nazionale, senza distinzione di razza. Denominazioni di carne avicola Nel settore avicolo la scena è dominata dalla Francia, che vanta ben 41 delle 46 denominazioni attualmente registrate, delle quali

Pollo di Houdan. Nel settore avicolo a dominare in Europa è la Francia, che vanta ben 41 delle 46 denominazioni attualmente registrate, delle quali solo tre sono Dop e 43 sono Igp. Tutte le denominazioni sono legate alla regione di produzione e 32 di esse sono definite come “volailles” e includono due o più specie o tipologie, come polli, capponi, faraone, anatre, oche e tacchini, allevati con modalità simili tra loro (photo © Pixaterra).

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La Finlandia possiede l’unica denominazione di carne di renna, la Lapin Poron liha Dop, che si ottiene da esemplari provenienti da aree al di sopra del 65o parallelo (photo © www.facebook.com/Paliskuntainyhdistys).

Dal confronto tra la situazione italiana e quella degli altri paesi del Sud Europa, appare evidente un investimento molto maggiore di Spagna, Portogallo e Francia sulla protezione delle carni tipiche locali, possibile grazie alla vasta disponibilità di razze autoctone. Il nostro Paese non è da meno come biodiversità, però finora ha scelto di proteggere soprattutto i prodotti trasformati e di tutelare solo in modo episodico i prodotti di carne fresca

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solo tre sono DOP e 43 sono IGP. Tutte le denominazioni sono legate alla regione di produzione e 32 di esse sono definite come volailles e includono due o più specie o tipologie, come polli, capponi, faraone, anatre, oche e tacchini, allevati con modalità simili tra loro. I restanti marchi sono una DOP croata e quattro IGP, da Portogallo, Spagna e Croazia. È infine interessante menzionare la DOP della Finlandia Lapin Poron liha, unica denominazione di carne di renna, proveniente da aree al di sopra del 65o parallelo. Conclusioni Dal confronto tra la situazione italiana e quella degli altri paesi del Sud Europa, appare evidente un investimento molto maggiore di Spagna, Portogallo e Francia sulla protezione delle carni tipiche locali, possibile grazie alla vasta disponibilità di razze autoctone. Il nostro Paese non è da meno come biodiversità, però finora ha scelto di proteggere soprattutto i prodotti

trasformati, come salumi e formaggi, spesso legati a specifiche razze zootecniche, e di tutelare solo in modo episodico i prodotti di carne fresca. L’esperienza degli altri paesi dell’area mediterranea mostra comunque che i produttori preferiscono sostenere le maggiori spese, dovute al sistema di controllo, in quanto sono compensate da una migliore collocazione sul mercato, grazie alla fiducia dei consumatori in un prodotto locale e tradizionale, in confronto al prodotto anonimo, che genera piuttosto diffidenza. Andrea Gaddini Riferimenti • Regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, L 343 del 14.12.2012. • Commissione europea, Banca Dati DOOR, ec.europa.eu/agriculture/quality/door/list.html

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SICUREZZA ALIMENTARE

Il sistema inglese di interazione fra controlli ufficiali e certificazioni volontarie di Giulia Mauri

L

a F OOD S TANDARDS A GENCY (www.food.gov.uk) è l’agenzia britannica che ha il compito di tutelare i consumatori e la salute animale. All’incontro organizzato da Regione Emilia-Romagna, Ministero della Salute e Assalzoo “Progetto sulle interazioni tra gli schemi di certificazione del settore privato e i controllo ufficiali nel settore dei mangimi e delle materie prime per mangimi” (Bologna, 7 ottobre 2016) era presente

come rappresentante della Food Standards Agency MARC DAVIS. Davis è il responsabile della sicurezza dei mangimi e del team deputato proprio ai controlli. Nel Regno Unito si contano 200.000 aziende mangimistiche che si occupano di importazione delle materie prime, produzione e trasporto dei mangimi per un giro di affari di 4,4 miliardi di sterline. Da un paio di anni è stato avviato un sistema di controlli

ufficiali definito e vigilato dalla Food Standards Agency (per brevità detta FSA) e eseguito dal personale delle autorità locali, qualcosa di simile alle nostre aziende USL. Si tratta di 147 autorità nel territorio inglese, 22 in quello gallese, 31 in quello scozzese, mentre il Nord Irlanda dispone di un dipartimento specifico. Queste autorità locali ricevono i fondi dalla FSA sulla base delle ispezioni eseguite o da eseguire, come previsto

Difficile negare che il sistema adottato in Gran Bretagna sposti i controlli dal campo al PC e alle carte aziendali e riduca il numero di ispettori in circolazione negli stabilimenti produttivi, sostituendo il controllo visivo sul posto a meeting periodici in ufficio con i detentori dello standard. Ai valutatori degli enti di certificazioni rimarrà gran parte dell’esecuzione dei controlli sul territorio. Con il rischio di allungare la catena del controllo di un anello.

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esecuzione delle ispezioni ufficiali, definite Earned Recognition (ER). Davis ha insistito sul fatto che le aziende subiscono le ER sulla base delle ispezioni condotte nel periodo 2009-2011 e non sulla base di un campionamento. Quindi, per ciascuna delle 200.000 aziende, si è valutato attentamente l’affidabilità in termini di sicurezza alimentare e, solo per le aziende che hanno superato un certo livello di aspettative, quelle che hanno dimostrato di possedere alti standard di aderenza alle norme legali, sono poi rientrate in quel gruppo di aziende che si è deciso di sottoporre a una riduzione dei controlli ufficiali e a una riduzione di oneri sulle azioni conformi. «In questo modo è possibile dedicare maggiore attenzione alle aziende che non rispondono a queste caratteristiche e presentano di conseguenza un livello di rischio superiore». Per venire classificato come ER, uno stabilimento deve applicare un codice di buona pratica, deve possedere la certificazione volontaria a uno standard approvato dalla Food Standards Agency e deve essere stato valutato conforme alle leggi dall’autorità locale. Se i controlli ufficiali eseguiti in qualsiasi momento dall’autorità non hanno esito positivo, l’azienda viene eliminata dal gruppo delle ER. Ad oggi la FSA ha approvato alcuni standard di certificazione della qualità: ad esempio, per il settore zootecnico la Red Tractor Assurance (assurance. redtractor.org.uk: il sito consente gratuitamente l’accesso allo standard) e la Agriculture Industry Confederation (www.agindustries.org.uk/home). dalla legge chiamata Feed Law Code of Practice. Prima che partisse il progetto del nuovo modello di vigilanza — cioè nel periodo 2009-2011 — i pubblici uffici veterinari del Regno Unito hanno eseguito controlli implementati di numero nelle aziende di materie prime per mangimi e nei mangimifici. Poi, nell’aprile 2014, si è entrati nel vivo del nuovo modello di controlli, che sono condotti con un approccio completamente diverso. Ed è proprio questa novità che Davis ha voluto presentare all’incontro di Bologna.

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Le Earned Recognition Dal 2014 ogni anno vengono spesi 3 milioni di sterline per eseguire i controlli ufficiali nelle aziende del settore mangimistico: «si tratta di controlli che oggi vengono eseguiti gratuitamente, ma forse un domani verrà chiesto alle aziende di pagarli»ha detto Davis. Sulla base della storia e della compliance aziendale e dei risultati dei controlli condotti dagli audit degli standard privati, la FOOD STANDARDS AGENCY ha definito una valutazione del rischio per ciascuna azienda e di conseguenza la frequenza di

Il ruolo degli standard volontari Quindi gli standard volontari svolgono un ruolo cruciale nella sorveglianza delle aziende nella filiera mangimistica; per questo, la FSA è molto attenta nel valutare le caratteristiche degli standard volontari da inserire nella lista di quelli che consentono a un’azienda certificata di cercare di entrare nel gruppo delle aziende ER. Inizialmente, sono i proprietari stessi dello standard che valutano se il loro schema è idoneo a selezionare le aziende come ER: naturalmente gli standard hanno molti vantaggi nel caso in cui si rivelino idonei, quindi i loro proprietari si impegnano a stilare nuove versioni dello standard che lo rendano conforme alle richieste dell’Agenzia. Successivamente, la

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Dal 2014 ogni anno vengono spesi 3 milioni di sterline per eseguire i controlli ufficiali nelle aziende del settore mangimistico. Sulla base della storia e della compliance aziendale e dei risultati dei controlli condotti dagli audit degli standard privati, la Food Standards Agency ha definito una valutazione del rischio per ciascuna azienda e di conseguenza la frequenza di esecuzione delle ispezioni ufficiali, definite Earned Recognition

La Food Standards Agency monitora attentamente anche i valutatori che eseguono gli audit: devono essere autorizzati e nominati secondo precisi criteri; inoltre, devono possedere precise competenze e qualifiche, che vengono controllate in continuo

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Food Standards Agency valuta l’aderenza dello standard volontario alle norme di legge, che Davis definisce “standard legislativi”. La richiesta di un proprietario di standard di inserire il suo schema nella lista di quelli che consente l’accesso alle ER può essere rifiutata o accettata dalla FSA. In caso positivo, viene organizzato un incontro con i proprietari dello standard e vengono definiti i passi successivi, fino ad arrivare, alla fine del confronto, a un protocollo di intesa. «Lo standard deve essere riapprovato ogni anno e questo consente di avere un feedback costante fra legislatore e proprietari dello standard e di mantenere sempre aggiornate le procedure richieste alle aziende». Ma non è solo la conformità alle richieste legislative a far decidere se uno standard può essere accettato o meno: anche l’attenzione all’autonomia e all’indipendenza dell’ente di certificazione che compie gli audit nelle aziende è posto sotto la lente di ingrandimento. A sua volta, l’ente deve essere certificato annualmente per il sistema di gestione della qualità. Gli audit stessi devono presentare alcune caratteristiche per essere considerati validi ai fini della ER: nell’arco di tempo, il loro numero minimo deve essere prestabilito e rispettato, ma non devono essere preannunciati oppure devono essere comunicati solo con un breve preavviso alle aziende; durante l’audit, la coerenza con quanto riportato nello standard nella sua interezza deve essere valutata. La Food Standards Agency monitora attentamente anche i valutatori che eseguono gli audit: devono essere autorizzati e nominati secondo precisi criteri; inoltre, devono possedere precise competenze e qualifiche, che vengono controllate in continuo. La FSA ha stabilito regole precise anche riguardo le informazioni che gli enti di certificazione devono inviare in seguito agli audit eseguiti. La questione della qualità, quantità e delle modalità di invio delle informazioni raccolte dai controlli eseguiti volontariamente per man-

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Con il nuovo sistema di vigilanza, nel 2014 si sono eseguite 9.400 ispezioni in azienda, a fronte delle 15.000 che si dovevano eseguire annualmente con quello precedente. E, nel 2017, si eseguiranno 2.284 ispezioni in meno nei soli mangimifici. tenere una certificazione volontaria sono la questione giudicata fra le più spinose durante il workshop di settembre 2016 organizzato dalla DG SANTE proprio per studiare le possibilità di interazione fra controlli privati volontari e pubblici. La Food Standards Agency ha stabilito che le informazioni che gli enti le inviano debbano essere di due tipi, gestiti diversamente: 1. quelle che riguardano l’individuazione delle possibili minacce alla salute umana o animale 2. quelle che riguardano altri tipi di non conformità. Le segnalazioni che gli enti privati inviano alla FSA in merito al rischio alla salute umana o pubblica devono essere accessibili in tempi brevi (meglio se in tempo reale). Quelle relative alle non conformità devono invece essere inviate periodicamente e hanno lo scopo di mostrare l’andamento della situazione. La FSA incontra regolarmente i proprietari degli standard e discute dell’andamento della situazione nel

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suo insieme, proprio alla luce delle segnalazioni condivise. Ad oggi la FSA ha approvato alcuni standard di certificazione della qualità, ad esempio, per il settore zootecnico la Red Tractor Assurance (assurance.redtractor.org.uk: il sito consente gratuitamente l’accesso allo standard) e la Agriculture Industry Confederation (www.agindustries. org.uk/home). Mentre il 95% dei mangimi composti commercializzati in Gran Bretagna proviene da aziende certificate UFAS o FEMAS. Questi standard permettono alle aziende certificate di entrare nel gruppo delle ER. Di conseguenza, una volta entrate, ricevono un numero inferiore di controlli ufficiali. Tenendo conto del rischio presente in azienda, della capacità di portare avanti l’autocontrollo, delle non conformità individuate durante le ispezioni e di altri parametri — oltre alla certificazione volontaria — le aziende possono vedere ridotto il numero di controlli da parte delle autorità locali da uno all’anno ad addirittura uno ogni quattro anni.

In questo modo, nel 2014 si sono eseguite 9.400 ispezioni in azienda a fronte delle 15.000 che si dovevano eseguire annualmente con il sistema di vigilanza precedente. E, nel 2017, si eseguiranno 2284 ispezioni in meno nei soli mangimifici. In totale, con il sistema completamente a regime si arriva a ridurre del 56% i controlli ufficiali. «La ER riduce l’onere sulle aziende già conformi e permette di concentrarsi con maggior tempo e risorse su quelle non conformi» ha spiegato Davis al pubblico in sala, piuttosto perplesso allo snocciolare di tali cifre. I numerosi veterinari AUSL presenti hanno storto il naso e LEA PALLARONI di ASSALZOO ha affermato che «certo noi non vogliamo un’interazione fra sistemi che porti ad una riduzione delle ispezioni ufficiali, tanto meno così marcata, perché è conoscendosi e lavorando fianco a fianco costantemente che si riesce a collaborare veramente». Completamente d’accordo con lei si è trovata SARA GALLETTI del Comitato tecnico-legislativo di ASSALZOO, men-

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tre CARMELO CICERO dell’Ufficio VII della Direzione Generale della Sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute italiano ha dichiarato che «fra l’altro, con l’elevato numero di veterinari pubblici presenti nelle AUSL italiane, è poco giustificabile una riduzione delle ispezioni in campo di tale portata: la nostra situazione non ha i presupposti per giungere alla stessa soluzione adottata in Gran Bretagna». Ma Davis ha spiegato come la verifica sugli standard sia continua e attenta, l’incontro con i proprietari degli standard avviene quattro volte l’anno e valuta tutti gli aspetti del disciplinare: in questo modo il feedback dell’autorità pubblica sui privati è presente e puntuale. Ogni standard va riaccettato ogni anno dalla FSA e il pubblico viene a conoscenza delle aziende nuove aderenti come anche di quelle che fuoriescono o perdono la certificazione. Per lo standard Red Tractor l’incontro con gli enti certificatori sulle non conformità rilevate avviene ogni 3 mesi (la notifica di pericolo per la sicurezza pubblica resta immediata), mentre gli incontri fra la FSA e le autorità locali deputate ai controlli ufficiali avviene ogni 6 mesi. Durante questi incontri si definiscono i controlli da eseguire sul territorio nel prossimo semestre e si discutono i risultati di quello appena concluso. «Dobbiamo rivedere e ottimizzare questo aspetto: le informazioni non giungono in maniera ottimale dalle autorità locali delle diverse regioni alla FSA. Ma stiamo migliorando, le grandi difficoltà si sono avute all’avvio del nuovo sistema di monitoraggio e ormai molte possono ritenersi superate» ha spiegato Davis. Fra le difficoltà iniziali si è registrata anche la mappatura di partenza delle aziende aderenti agli standard che permettono l’accesso alla ER, «dovuta anche al fatto che non tutte le autorità locali utilizzano lo stesso sistema informatico». Davis ci ha tenuto a sottolineare che l’autorità locale può comunque effettuare controlli ufficiali in qual-

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siasi momento, anche nelle aziende ER. Semplicemente il numero di controlli minimi si riduce, ma non è detto che debbano essere seguiti i valori indicati come minimi. Nel caso in cui l’autorità locale rilevasse che un’azienda non aderisce più allo standard volontario oppure presenta una non conformità, la cancellerebbe dall’elenco delle ER. Infatti è la FSA — tramite i controlli dell’autorità locale —che gestisce l’elenco delle ER e che può inserire o eliminare un’azienda dal gruppo. Una volta cancellata, l’azienda deve ripercorrere tutto il processo di adesione per poter essere nuovamente inserita. «Dal 2014 sono state individuate 11 aziende che hanno perso la nomina». Le sfide future che questo sistema britannico di controlli strettamente interconnessi deve affrontare sono — a detta di Davis — la scelta accurata di quali e quanti dati e informazioni debbano scambiarsi gli enti di accreditamento e le autorità locali. Ma anche il superamento del “cinismo” degli operatori coinvolti, che temono per il proprio posto di lavoro: «la trasparenza è la soluzione a questo aspetto»ha ribadito Davis. Alla prova dei fatti, l’efficacia del sistema messo in piedi in Gran Bretagna potrebbe presentare delle problematiche, ma «vedremo se gli allarmi origineranno in aziende di operatori iscritti allo standard oppure da siti non certificati. E se anche sorgeranno in aziende certificate, la risposta da parte dei proprietari degli standard sarà molto pronta e rafforzata. Perché più che impostare il sistema sulle minacce, l’adesione agli standard che aprono alla ER è motivata dai benefici commerciali che ne derivano» ha concluso Davis, probabilmente provocando un brivido lungo la schiena di molti dei presenti in sala. In effetti, il sito della Red Tractor Assurance pone molto l’accento sui vantaggi commerciali dell’adesione quali l’apertura di nuovi mercati, più che sulla riduzione delle ispezioni, che comunque viene sempre citata. Giulia Mauri


MERCATI

Suini, tendenze di settore Il 2016 chiude in positivo per il settore suinicolo, confermando i primi segnali di ripresa dell’ultimo triennio, segnato da una profonda crisi di mercato e dal crollo dei prezzi

T

ra il 2014 e il 2015 il settore suinicolo europeo è stato interessato da un eccesso di produzione conseguente alla perdita del mercato di sbocco russo e al calo della domanda da parte dei macelli, a cui l’allevamento ha tardato ad adattarsi. Inevitabile la ricaduta negativa sui prezzi di mercato, nonché l’impatto sulla riduzione dei margini di settore e sulla stabilità finanziaria delle imprese. A restituire fluidità ai mercati nel corso del 2016, con ricadute sia in termini di stabilizzazione dei prezzi che di aumento di redditività, hanno contribuito fattori congiunturali esogeni legati soprattutto all’aumento della domanda estera di carne suina da parte dei paesi extra-UE. Determinante è stato anche l’intervento della Commissione europea con l’attuazione di misure relative all’ammasso privato. La domanda estera extra-UE Nel 2016, l’export di carne suina della UE ha raggiunto il livello record di 2,8 milioni di tonnellate (+28%) grazie alla spinta delle esportazioni verso la Cina che ha interessato soprattutto la prima metà dell’anno. Nonostante la concorrenza di altri esportatori (soprattutto Stati Uniti e Canada) che ha fatto registrare un rallentamento nella seconda parte dell’anno, i livelli dell’export europeo sono rimasti al di sopra di quelli del 2015. Secondo le previsioni della Commissione europea, stilate nel rapporto Short Term Outlook 2017-2018 che riprende l’Agricoltural Outlook cinese, la domanda annuale di importazione di carni suine dovrebbe proseguire nel medio termine, ma ad un tasso

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inferiore. Sulla base di tali previsioni — rammenta la Commissione — il livello attuale delle esportazioni della UE verso la Cina deve essere visto come un’opportunità di breve termine, piuttosto che come una costante nel medio periodo. Le misure di ammasso privato della CE Al fine di ristabilire l’equilibrio del mercato, la Commissione europea ha proceduto — tra gennaio e febbraio 2016 — all’avvio degli aiuti per il ritiro temporaneo di carni suine dal mercato in attuazione del Regolamento (CE) n. 826/2008 e dei successivi Reg. (UE) n. 2334/2015 e Reg.(UE) n. 132/2016. La misura ha avuto effetti positivi sul mercato, con ricadute sui prezzi che hanno teso verso la stabilizzazione. Quotazioni all’origine in risalita Fattori congiunturali legati alla domanda estera e aiuti straordinari al mercato hanno sortito effetti inflativi sui prezzi che, nel corso del 2016, hanno registrato un netto rialzo su base annua. L’indice ISMEA dei prezzi all’origine (2010 = 100) dei suini si attesta su un valore medio di 118,1, in aumento del 6,8% rispetto al 2015. La corsa dei prezzi che ha caratterizzato il 2016 ha interessato in maniera significativa i suini da macello, a partire dal mese di maggio. Per tutto il 2016, le quotazioni sono sempre rimaste al di sopra dei livelli del 2015 anche se, in autunno, hanno conosciuto il loro stagionale declino. Entrando nel dettaglio delle singole categorie di animali, l’indice dei suini da macello nel 2016 si è attestato su un valore medio di 118,2, in aumento

del 6,4% rispetto al valore del 2015, mentre quello relativo ai suini d’allevamento ha subito un aumento del 10% su base annua, con un valore dell’indice di 117,7. Le quotazioni all’origine dei suini da macello hanno iniziato a risalire a partire dal mese di maggio. Il prezzo medio annuo del suino pesante (156-176 kg) — principale specializzazione produttiva italiana, destinato principalmente all’industria di trasformazione di alta qualità (DOP) — si è attestato, sulla piazza di Modena, su 1,45 €/kg, a fronte di 1,36 €/kg del 2015, con un recupero di 6,7 punti percentuali. Andamento positivo anche per il suino leggero (90-115 kg), destinato invece principalmente alle carni fresche, il cui prezzo ha registrato un recupero di 0,08 centesimi su base annua (1,55 €/kg), con una variazione del 5,2% rispetto al prezzo medio del 2015 (1,47 €/kg). L’andamento dei prezzi all’origine dei suini da macello ha registrato, dunque, nel 2016 livelli medi più alti rispetto all’anno precedente ed ha conosciuto un’impennata nei mese di settembre-ottobre per poi calare nel mese di novembre. I dati dell’ultimo quarto d’anno mostrano, infatti, un aumento più contenuto in termini congiunturali (+2%). Rimane sempre molto positiva la variazione su base tendenziale (+22% rispetto al quarto trimestre del 2015). Calo congiunturale a inizio 2017 Un nuovo calo congiunturale delle quotazioni suinicole ha interessato il primo trimestre del 2017, quando il prezzo medio dei suini da macello da 156-176 kg si è attestato, sulla piazza di Modena, su 1,57 €/kg.

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La redditivitĂ degli allevamenti dei suini nel 2016, dopo aver registrato un andamento progressivamente positivo nella prima parte dell’anno, ha conosciuto un calo nei mesi autunnali, per poi tendere alla stabilizzazione nei primi mesi dell’anno in corso (photo Š Josep Curto).

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Le macellazioni in Italia proseguono il trend positivo con un aumento in numero di capi. Nel 2016 sono stati registrati 11 milioni e 800.000 capi macellati, con un aumento del 4,8% rispetto al 2015 (photo Š contrastwerkstatt – Fotolia).

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Tale quotazione, sebbene in calo rispetto al trimestre precedente, rimane comunque ben al di sopra dei livelli dell’anno passato. Nel primo trimestre del 2016, infatti, il prezzo medio dei suini grassi sulla piazza di Modena non superava 1,26 €/kg. I prezzi all’ingrosso La tendenza inflativa ha interessato per tutto il 2016 anche i prezzi all’ingrosso dei tagli di carne industriali destinati alle produzioni tipiche. In media d’anno, le quotazioni delle cosce pesanti (12-15 kg) destinate al circuito DO — sulla piazza di Modena — spuntano il prezzo più alto recuperando 0,68 €/kg, con un aumento sul prezzo medio annuo del 18,2%. In aumento anche i prezzi della spalla senz’osso (+1,4% rispetto al 2015), mentre rimangono in negativo le quotazioni del Lombo Modena, in calo tendenziale del 3,2% rispetto all’anno precedente. In particolare, a seguito di una revisione dei prezzi dei tagli di carne fresca della CUN suini, a febbraio 2017 il prezzo del Lombo Modena ha toccato i 2,54 €/kg con un calo del 34% rispetto al mese precedente e del 37% rispetto a febbraio 2016. I costi di produzione Il rialzo dei prezzi all’origine, unitamente all’andamento dei costi di produzione che si sono mantenuti stabilmente bassi per tutto il 2016, ha dato ossigeno al settore. La redditività La redditività degli allevamenti, dopo aver registrato un andamento progressivamente positivo nella prima parte dell’anno, ha conosciuto un calo nei mesi autunnali, per poi tendere alla stabilizzazione nei primi mesi dell’anno in corso. Macellazioni UE L’andamento del mercato nel 2016, in particolare l’aumento della domanda d’importazione da parte della Cina, ha portato la produzione europea sulla strada della stabilizzazione (+0,8% a livello di UE 28). Significativa è stata la riduzione della produzione in Belgio (–63.000 t, che

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corrisponde ad un calo percentuale del 5,9% di capi macellati) e in Danimarca (con –33.000 t di carne suina macellata, –2,6% in numero di capi). Di contro, la Spagna ha contribuito maggiormente all’aumento della produzione con +204.000 t di carni macellate (+4% in numero di capi), seguita dall’Italia (+49.000 t, con un aumento di capi macellati pari al 4,8%). Secondo le previsioni della Commissione europea stilate nel rapporto Short Term Outlook 20172018, la produzione di carni suine nella UE dovrebbe diminuire nel 2017 dello 0,3% (circa 23 milioni di tonnellate) e stabilizzarsi nel 2018 grazie al buon andamento delle esportazioni e ai margini gratificanti. Macellazioni Italia Le macellazioni in Italia proseguono il trend positivo con un aumento in numero di capi. Nel 2016 sono stati registrati 11.800.000 capi macellati con un aumento del 4,8% rispetto al 2015. Riguardo alle tipologie di animali, i dati ISTAT rilevano un aumento nelle macellazioni di tutte le specie, con un aumento dei capi grassi (+4,8% di capi macellati), dei magroni (+3,5%) e dei lattonzoli (+6,8%). Bene l’export Sul fronte del commercio con l’estero la dinamica rimane positiva in termini di quantitativi esportati, ma appare ridimensionata dal calo del ricavato derivante dalle vendite all’estero. Le esportazioni italiane del segmento preparazioni e conserve suine nel 2016 hanno subito, infatti, un incremento pari al 6,7% di quantitativi esportati, sebbene con un minore aumento del ricavato (+4,7%) e quindi con una riduzione dei valori medi unitari all’export. Dinamica inversa per le pancette stagionate, per cui il ricavato derivante dalle esportazioni è aumentato più delle quantità esportate, segnale di un aumento dei prezzi per tale segmento. La dinamica commerciale evidenzia, inoltre, un particolare dinamismo nelle esportazioni in volume di prosciutti cotti (+13,8%), di prosciutti con osso (11,1%) e di salsicce e salami stagionati (9,5%).

In calo le importazioni Le importazioni di carni fresche, refrigerate e congelate, invece, continuano ad essere in flessione (–4,5% in volume, –1,9% in valore) rispetto al 2015. I prodotti che hanno registrato un calo maggiore sono le carni di suino disossate congelate (–20,4%) e le pancette (–15,7%). La bilancia commerciale recupera Il calo delle importazioni e l’aumento delle esportazioni hanno determinato nel 2016 un recupero della bilancia commerciale di circa 144 milioni di euro, che tuttavia rimane in passivo di 442 milioni di euro, a causa della strutturale dipendenza dall’estero di carni fresche e suini vivi. Segno meno per i consumi domestici È rimasto negativo invece l’andamento dei consumi sul mercato interno nel corso del 2016. I consumatori italiani hanno, infatti, diminuito le quantità acquistate di carni fresche del 4,8%, corrispondente ad una spesa inferiore del 5,5%. Diminuisce anche la spesa per i salumi di 149 milioni di euro (–3,3%) con un calo dei quantitativi acquistati del 4,2% rispetto all’anno precedente. Sempre meno presenti nel carrello della spesa degli italiani i würstel (che hanno registrato un calo del 13,9% in quantità e del 16,1% in valore) e la mortadella, i cui acquisti sono diminuiti di quasi cinque punti percentuali sia in volume che in valore. Rispetto ad altri prodotti tiene il prosciutto cotto, che ha registrato il calo inferiore (1% in volume e 2,5% in valore). In calo anche Parma e San Daniele Calo anche per le DOP italiane Prosciutto di Parma e San Daniele, le cui quantità acquistate nel 2016 sono calate rispettivamente del 7,4% e 4,8%. In aumento invece mortadella Bologna (+14,2%) e prosciutto crudo toscano (+62%) che ha registrato un aumento importante nel 2016. Andamento positivo anche per lo speck Alto Adige (+5,3%). (Fonte: Ismea Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale)

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SPECIALE TUTTOFOOD

A Tuttofood 2017 un made in Italy agroalimentare in gran forma

Grande, bella e ricca: la Milano World Food Exhibition parla col mondo

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hiude i battenti con numeri decisamente positivi la 6a edizione di Tuttofood, il salone internazionale B2B dedicato al food & beverage organizzato da Fiera Milano e tenutosi dall’8 all’11 maggio presso la fiera di Rho. Quattro giorni di incontri d’affari, relazioni e contenuti di qualità che rafforzano i risultati record della passata edizione, svoltasi in concomitanza con Expo. 80.146

visitatori professionali, il 23% dei quali provenienti da 141 paesi esteri e una presenza di paesi extraeuropei pari al 45%. Significativo il dato dei business match generato dalla nuova piattaforma MyMatching, apprezzata anche come supporto in manifestazione grazie all’app: oltre 30.000 gli incontri prefissati tra i 2.850 espositori, di cui 500 esteri (+10%), e i 3.150 buyer profilati. I buyer italiani hanno apprezzato

molto l’incremento degli appuntamenti mirati, le numerose iniziative dedicate in particolare sotto l’egida dell’iniziativa Retail Next, e l’ampia visibilità di espositori stranieri, incluse le collettive. Tra i buyer, particolarmente numerose le delegazioni dai Paesi target di questa edizione — USA, Canada, Sud America, Germania e Paesi del Golfo — con presenze interessanti anche da mercati storici come

Tuttofood ha consolidato i risultati record dell’edizione di Expo: quattro giorni di incontri d’affari, relazioni e contenuti di qualità, dimostrando, una volta di più, di essere un potente strumento per gli incontri B2B, capace di soddisfare le esigenze di compratori ed espositori (photo © www.tuttofood.it).

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www.centrocarnicompany.com


Per il ministro Martina, in visita in fiera, «oggi si aprono nuove prospettive per l’export agroalimentare e Tuttofood si conferma piattaforma fondamentale per lavorare in stretta relazione con il territorio. Il mondo guarda all’Italia come riferimento per cibo e salute, ci vogliono regole giuste in mercati aperti che facilitino il lavoro delle piccole e medie imprese»

Francia, Benelux e Regno Unito e da quelli a maggiore tasso di crescita quali Cina, India, Sud-est asiatico, Africa, anche grazie alla stretta collaborazione con ICE-Agenzia che ha portato al quartiere fieristico milanese 250 nuovi buyer. «Per vendere sul mercato francese — ha dichiarato PASCAL CHARROPPIN, dirigente di GPW — è indispensabile essere presenti nella GDO, che copre oltre l’80% delle vendite retail complessive. A Tuttofood abbiamo trovato i prodotti gourmet della tradizione italiana, che arrivano così a una platea più ampia». Articolati i punti di vista dei buyer extraeuropei. Per NINA LIU, assistant general manager della catena cinese Tube Station, «la classe media comincia ad apprezzare anche gli aspetti salutari del cibo italiano, ad esempio scegliendo olio d’oliva extravergine. La moda del momento però è il vino, in particolare rosso. Qui in fiera abbiamo raccolto materiale su prodotti food sia per le esigenze salutistiche, sia per quelle di tendenza». Per quanto riguarda gli Stati Uniti — primo mercato extraeuropeo per l’export F&B italiano — da segnalare la presenza con un team di ben 18 buyer di Walmart, che proprio a Tuttofood ha siglato con ICE-Agenzia un accordo che porterà sugli scaffali dei 3.600 supermercati della catena una gamma di produttori piccoli

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In alto: il ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Maurizio Martina (photo © www.tuttofood.it). In basso: a Seeds & Chips l’ospite d’onore è stato Barack Obama, 44o Presidente degli Stati Uniti d’America. Hanno partecipato inoltre Sam Kass, l’ex chef-consigliere della Casa Bianca, Kerry Kennedy, presidente del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights (photo © www.tuttofood.it). e medi di qualità sotto un brand tutto italiano. Oltre 500 sono stati i momenti di approfondimento fra Academy, Retail Plaza, Spazio Nutrizione e Seeds & Chips, che hanno confermato Tuttofood come polo che aggrega le filiere rivolgendosi a tutte le tipologie di attori del settore, anticipando trend e innovazione, oltre che momento irrinunciabile di business. Bene infine anche il debutto del “fuori salone” Week & Food che, con oltre 48.000 partecipanti ai propri eventi in città, ha

contribuito per circa un quarto ai 178.000 partecipanti complessivi alla food city milanese. Tuttogood, siamo tutti più buoni Il cibo non è solo un prodotto. È anche e, soprattutto, condivisione. E non c’è modo più gratificante per viverne questa dimensione che utilizzarlo per dare un aiuto concreto a chi ha più bisogno. È quello che ha fatto anche quest’anno Tuttofood con Tuttogood: l’iniziativa che, alla fine della manifestazione, ha raccol-

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1) Nello stand di CSB-System, Roberta D’Alconzo, Andrè Muehlberger, Giacomo Talloni e Guido Girardelli. 2) Nello stand Dawn Meats, da sinistra: Fabrizio Pavesi, Darragh O’Connor, Erika Untersteiner, Ciaran O’Connor e Brian Cullinane. 3) A Milano per la Turano Group di San Marco Argentano (CS), Gennaro Turano, Valentina Raimondo, Francesco Giostra e Leonardo Turano. 4) Lo staff della Merlo Ercole che ha affiancato Claudio Merlo in fiera a Milano: Giulia Tarsitano, Roberta Mezzanotte e Giulia Grandini. 5) Tonazzo ha allestito una grande area hospitality aperta ai visitatori e clienti dell’azienda padovana, tra ristorante e area commerciale. Qui tutto lo staff in posa all’ingresso dello stand. Da sinistra, Andrea Busato, Moreno Pistolato, Gloria Tonazzo, Isabella Berto, Enrico Tonazzo, Gioia Tonazzo, Stefano Tonazzo, Alberto Tonazzo, Guido Moioli, Albino Tonazzo, Andrea Molinari, Padraig Collins, Luca Collins, Irene Favaro, Camilla Rostin e Salvatore Di Mento.

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ProSus: nuove proposte della linea Premium skin. Debutta la linea Bio Tuttofood è stato il trampolino di lancio per le nuove iniziative della Cooperativa di Vescovato (CR), nota per integrare agricoltura, allevamento, macellazione e trasformazione della carne suina, di origine esclusivamente italiana, con il suo prosciuttificio ed i suoi prodotti pronti al consumo. Una filiera, quella di ProSus, “Dai campi alla tavola”, che mira a garantire qualità, rispetto per la tradizione rurale e uno stretto legame con il territorio. ProSus ha presentato in fiera l’estensione della gamma Premium skin (in foto le fettine di lonza), con un nuovo layout di packaging, e la conversione di tutta la produzione al senza glutine. Il nuovo pack della gamma Premium, che contiene tutti gli elementi caratterizzanti la linea già presenti nel precedente, è stato infatti rivisitato per dare maggiore visibilità a scaffale e ottimizzare gli spazi espositivi, rendendo più chiare ed immediate le informazioni relative al prodotto. La gamma passa poi dagli attuali sette prodotti a 16 nuovi pack Premium skin, sempre a peso fisso, in formati che vanno dai 180 ai 250 grammi. Milano ha visto anche il debutto della linea Bio in 4 referenze ProSus, proposta sia in vaschetta skin che tradizionale, nata grazie alla sinergia con cinque aziende socie della Cooperativa, recentemente convertite al biologico. Questi bacini produttivi rispondono a regole molto ferree dove le caratteristiche principali del capitolato biologico prevedono norme relative all’alimentazione, per la maggior parte derivata quasi esclusivamente da cereali nobili bio, precise direttive sugli spazi a disposizione degli animali, raddoppiati rispetto all’allevamento convenzionale, la possibilità per i suini di uscire all’aperto e tempi di svezzamento doppi rispetto a quelli classici. >> Link: www.prosus.it

E-Marco Polo, porta cinese dell’e-commerce per il food made in Italy Durante Tuttofood è stata presentata la nuova grande vetrina di e-commerce per le aziende e i brand del nostro Paese che intendono operare nel mercato cinese, E-Marco Polo, che oggi conta già diverse migliaia di prodotti venduti, oltre 100 referenze disponibili di food & beverage, 11.000 follower, 150.000 visitatori unici mensili. E-Marco Polo è l’e-shop B2C su Tmall Global di Alibaba, uno dei più grandi portali B2C e-commerce nel mondo, per vendere direttamente i prodotti italiani ai consumatori cinesi senza avere una presenza fisica nel paese. La società è una delle più importanti iniziative strategiche di “sistema Paese” ed è nata in seguito al Memorandum di Intesa siglato tra il Governo Italiano e il Gruppo Alibaba. Ha come partner industriali il Gruppo Cremonini, leader nella produzione e distribuzione di prodotti del food & beverage, la società di consulenza strategica specializzata su innovazione e internazionalizzazione delle imprese The Cambridge Management Consulting Labs (CMC Labs) e, come partner finanziari, Intesa Sanpaolo e Unicredit. «E-Marco Polo — ha spiegato il CEO Stefano Scarsciotti — è una vetrina B2C che funge da general contractor e permette di vendere i prodotti direttamente con un servizio end-to-end, con le attività di logistica a supporto dei processi di export/import, marketing, customer care, oltre alle strategie e alle azioni di brand-marketing. Grazie alla nostra piattaforma flessibile e modulare, copriamo l’intera value chain dell’export in Cina». Augusto Cremonini, presidente di E-Marco Polo, ha ricordato che la società «capitalizza l’enorme esperienza nella distribuzione internazionale del Gruppo Cremonini e il mercato cinese rappresenta una grande opportunità per l’e-commerce di prodotti alimentari. Considerando che la cucina italiana è la più apprezzata a livello mondiale, riteniamo che E-Marco Polo possa dare enormi vantaggi alle esportazioni dei produttori del nostro paese, soprattutto a quelli di piccole e medie dimensioni». >> Link: www.emarcopolo.it

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1) Sergio, Tonino e Walter Marfisi di Marfisi Carni. 2) Molto curato tra rimandi alla tradizione norcina toscana e linee di salumi d’eccellenza dal packaging curato lo spazio dell’Antica Macelleria Falorni di Greve in Chianti (FI) per la prima volta presente a Tuttofood. 3) Matteo Barbieri con Luca e Lorenzo Levoni di Alcar Uno, Castelnuovo Rangone (MO). Eurocarni, 7/17

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AHDB Beef & Lamb: le carni inglesi grass fed tra servizio e qualità Le carni ovine e bovine inglesi grass fed, già note al mercato italiano per le loro indiscusse qualità organolettiche, si sono presentate a questa quinta edizione di Tuttofood con parecchie novità. La prima riguarda il packaging: a partire da quest’anno infatti sia il manzo sia l’agnello sono disponibili in skin pack. Altre novità importanti si riferiscono ai tagli disponibili per il mercato italiano. A partire dal 2017 saranno presenti — per quanto riguarda il bovino — il roast-beef, la costata e il reale (quest’ultimo molto apprezzato nel Sud Italia). Accanto ai tradizionali tagli garantiti dal marchio inglese Quality Standard, quest’anno ci sarà un incremento delle carni Igp West Country, le prime ad indicazione geografica protetta, provenienti dal Sud-Ovest dell’Inghilterra. Ma sul fronte dei tagli grandi novità si registrano anche per quanto riguarda le carni ovine: da quest’anno infatti i tagli primari arriveranno sul nostro mercato in confezioni sottovuoto rendendo così molto più semplice — rispetto alle tradizionali carcasse — la gestione per la GDO. Costolette, spalla e pancia saranno i principali tagli disponibili sul mercato italiano. «Tutte queste novità — ci ha detto Jeff Martin (in foto), responsabile Italia dell’ente di promozione AHDB Beef & Lamb — hanno l’obiettivo di rendere le carni inglesi più presenti sui punti vendita italiani, principalmente nella GDO e, contestualmente, di soddisfare le nuove abitudini di consumo. Oggi la prima caratteristica che si cerca in un prodotto è la qualità e, da questo punto di vista, le carni inglesi non temono la concorrenza. I metodi di allevamento grass fed, le produzioni all’avanguardia e un sistema di filiera controllata e garantita rendono i nostri prodotti unici per gusto e tenerezza. I nuovi packaging accentueranno queste qualità: una volta aperte le confezioni la carne sarà pronta per essere cucinata. Ed anche i nuovi tagli sono in target con questo obiettivo: rendere più famigliare e frequente il consumo delle carni inglesi, in particolare quelle ovine». >> Link: www.carneperfetta.it

Fuoco alle griglie per la Baldi di Jesi Un “battesimo” con tutte le novità di gamma per la Baldi di Jesi (AN), azienda protagonista nel mondo delle carni per la ristorazione. Presente per la prima volta al Tuttofood di Milano, Baldi ha presentato agli operatori le ultime proposte aziendali. «Si tratta della nostra prima volta a questo importante appuntamento» spiega l’AD Emiliano Baldi. «Negli ultimi due anni abbiamo investito su diverse fiere e non potevamo mancare a Milano. Stiamo crescendo, vogliamo mostrare le nostre novità, incontrare i nostri partner e presentarci ai nuovi clienti nella veste migliore». In vetrina in particolare la Salamella P&P (Paprika e Peperoncino) da 120 grammi, realizzata con carne di suino italiano, e l’Hamburger di Fassona Piemontese da 200 grammi. Non mancavano gli ultimi successi firmati Baldi, tra cui il Tuboburger, disponibile nel formato da 800 grammi nelle ricette Angus USA, Chianina, cervo, cinghiale e “selezione Baldi”. L’involucro del Tuboburger è dotato di una striscia graduata che permette di misurare le porzioni desiderate e decidere così a piacimento la forma, lo spessore e le modalità più adatte alla propria ricetta. Un’idea molto ben accolta dai ristoratori, che possono così personalizzare i propri menu interpretando l’hamburger gourmet fuori dagli schemi classici. >> Link: www.baldifood.it

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Meet the Lamb: l’agnello greco si presenta per la prima volta in Italia Lo scorso 10 maggio, all’interno della cornice di Tuttofood, l’agnello greco si è ufficialmente presentato al pubblico italiano con un evento dedicato ad operatori e stampa. I produttori di carne ovina greca, da tempo intenzionati ad ampliare gli orizzonti della loro produzione, hanno infatti aderito all’operazione “Meet the Lamb”. Si tratta di un progetto finanziato dall’Unione Europea rivolto ai mercati della Grecia, dell’Italia e della Spagna, il cui scopo è valorizzare la qualità della carne ovina, aumentare la sua visibilità nei mercati summenzionati. Il progetto Meet the Lamb è attuato da Edok Hellas, l’Organizzazione Nazionale Interprofessionale delle Carni, la prima e unica organizzazione interprofessionale nel settore dell’allevamento e della carne in Grecia presieduta da Eleftherios Gitsas (in foto a lato con il direttore generale Andreas Georgoudis e Romina Tzarellas, Senior Account Manager di Sopexa Grecia che cura lo sviluppo del progetto di comunicazione e marketing Meet the Lamb). «Le carni ovine della Grecia sono da lungo tempo importate in Italia ma il prodotto sul mercato perde la propria identità» ci ha detto il presidente Gitsas. «Il consumatore mangia il nostro agnello ma non ne conosce la provenienza e questo è davvero un peccato». La carne ovina è da sempre parte integrante del patrimonio alimentare del Mediterraneo e in particolar modo della Grecia che rappresenta, da sola, il 9% della produzione europea complessiva. Fin dall’età omerica, infatti, gli ovicaprini costituiscono il settore più tradizionale dell’allevamento che, con il passare dei secoli, si è adattato alle condizioni del clima e del suolo greci, ed è diventato l’ambito di produzione di bestiame più rilevante, in cui gli ovini detengono una quota pari al 61,4%. La Grecia vanta inoltre un tipo di allevamento tradizionale che fa ricorso esclusivamente ad un’alimentazione naturale: gli animali vengono nutriti con sola erba foraggera e i terreni dei pascoli, situati anche oltre i 250 metri, non sono trattati con concimi e pesticidi. Ma non è solo la vocazione naturale del territorio che fa della Grecia un punto di riferimento nel panorama dell’allevamento ovino. I produttori greci osservano rigorosamente le norme istituite dall’Unione Europea, assicurando in ogni fase della filiera garanzia e tracciabilità. Moderni metodi di produzione e controlli sistematici caratterizzano la produzione e, grazie alla marchiatura del bestiame con appositi marchi auricolari in plastica tutto il bestiame acquisisce una propria identità con un numero individuale unico che lo accompagna dall’azienda zootecnica ai punti vendita al dettaglio. Tuttofood è un punto di riferimento per l’intero settore dell’agroalimentare ed è stata l’occasione perfetta per mettere in luce l’agnello greco e il suo esordio nel mercato europeo (in basso, i mini burger di agnello greco offerti ai visitatori di Meet the Lamb). >> Link: www.edokhellas.com

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1) Roberto e Valentina Agnani, BP Prosciutti, Gruppo Suincom, con Roberto Pini, Gruppo Pini. 2) Tim Neyrinck e Andrea Carta, rispettivamente direttore vendite e responsabile vendite Italia Lornoy, Edoardo Massironi e Antonella Robbe, collaboratrice vendite di Vitelco. 3) Lo stand espositivo di ProSus di Vescovato (CR). 4) Foto di gruppo presso Danish Crown con Agnieszka Przybylska, senior export manager di Sokolow, Andrea Costa, sales manager Danish Crown Beef, Johan B. Nielsen, sales manager Danish Crown Beef, Costantino Costa, sales director Danish Crown Beef, e Jan E. Noerhede, senior export manager. 5) Lo stand di Marfisi Carni a Tuttofood. Durante la fiera è stata presentata una linea dedicata ai piccoli consumatori, ideale dall’infanzia alla pre-adolescenza, biologica, porzionata e super selezionata. 6) Lo spazio di Ibis Salumi, marchio di Italia Alimentari. 7) Filiera, esperienza, tecnologia e passione sono i punti di forza raccontati nell’allestimento fieristico da Marfisi Carni di Treglio (CH). 8) Nel padiglione 2 uno degli spazi più trafficati è stato quello della Bervini Primo di Salvaterra di Casalgrande (RE).

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Bovillage, quattro giorni per scoprire la qualità della carne bovina francese con il macellaio e ristoratore Donato Turba Bovillage, la marca collettiva della carne bovina francese, è tornata protagonista del Salone dell’agroalimentare milanese. Dal 2009 la carne bovina francese rappresenta il primo fornitore per il nostro mercato nazionale, arrivando a 77.900 tonnellate nel 2016, e facendo dell’Italia il primo cliente con il 32,6% delle esportazioni totali di carne bovina (fresca, refrigerata e frattaglie) in volume. Nello spazio espositivo Bovillage, all’interno del padiglione 2 dedicato alle carni, un numeroso pubblico di professionisti presenti alla fiera ha incontrato i responsabili delle aziende esportatrici francesi, tra presentazioni, cocktail e gli show cooking di Donato Turba, macellaio da 5 generazioni, che ha peraltro ottenuto il riconoscimento dei Negozi Storici in Lombardia. Insieme al figlio Daniele e allo staff della sua macelleria, Donato ha fatto degustare il prodotto, raccontando i diversi tagli e spiegando le modalità di cottura a professionisti e visitatori. La presenza di Bovillage alla kermesse fieristica milanese testimonia ancora una volta l’importanza della filiera bovina francese riconosciuta come leader in Europa, pronta a unire le proprie forze per convincere il pubblico italiano dei plus del suo prodotto, frutto di un percorso di qualità, dal campo alla forchetta. >> Link: www.bovillage.eu

A sinistra: uno scatto dello spazio espositivo di Bovillage. Questa marca è stata creata su iniziativa di Interbev (Associazione francese del bestiame e delle carni incaricata della promozione della filiera bovina francese in Francia e nel mondo), con la collaborazione del CVBE (Club della Carne Bovina europea) e del CNPA (Centro Nazionale per la Promozione dei Prodotti Agricoli e Alimentari). A destra: Donato Turba e il figlio Daniele durante uno show cooking di manzo francese. La famiglia Turba gestisce l’Antica Macelleria Turba a Melzo (MI) e il Ristorante Macelleria a Rivolta d’Adda (CR).

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1) Giorgia Tausani e Matteo Marchetti di Lux Trading, l’azienda bolognese che rappresenta eccellenze del food italiane ed estere, tra cui carni e salumi selezionati. 2) Il Consorzio di Tutela dell’Agnello di Sardegna Igp. 3) Lo spazio di AZOVE, l’Organizzazione Produttori Carni Bovine, una realtà in costante crescita nella fornitura di carni selezionate e garantite. 4) Vion Group ha presentato al mercato italiano Goldbeef, il marchio di carne selezionata bavarese disponibile in un’ampia varietà di tagli e frollature. Da sinistra, Anton Janssen, Maartje Kuijper, Philippe Thomas, Laura Maraviglia, Ilenia Cremona e Mario de Rocchi.

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1) Una selezione dei prodotti del Prosciuttificio Salumificio Antica Foma di Nonantola (MO). 2) Lo stand della Baldi Carni di Jesi (AN). Baldi propone la qualità delle proprie carni secondo “orizzonti” ogni volta diversi: ricette, invenzioni e ingredienti per fornire ad ogni cliente nuove forme di business e plus distintivi. 3) Teunis Boer, direttore generale di T. Boer & Zn, Gruppo VanDrie, con i figli Christopher e Masha. VanDrie Group ha presentato il marchio JAN che propone un’ampia gamma di prodotti tra cui l’hamburger di vitello e la carne di vitello macinata. 4) Peter Snedker, managing director della divisione Pork di Danish Crown a Chiasso, con la moglie Andresa.

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Il Galles a Tuttofood: Welsh lamb & Welsh beef HCC – Meat Promotion Wales, l’ente che promuove le carni gallesi nel mondo, ha portato a Tuttofood due fra i prodotti più tipici della cultura alimentare del Galles: il Welsh lamb Igp, pregiata carne ovina nota ai consumatori italiani da molti anni, e il Welsh beef Igp, la tenera e gustosa carne bovina. • Spalla e pancia, senza scordare le costolette. Il Welsh lamb Igp sta vivendo da anni momenti importanti sul mercato italiano. Ormai punto di riferimento per il consumatore che ne riconosce le qualità organolettiche, la carne d’agnello gallese continua a registrare ottime vendite e anche l’export verso l’Italia è sempre in aumento. Non sta facendo eccezione questo anno, che ha già dato segni positivi e testimonianze di apprezzamento da parte dei consumatori e degli addetti ai lavori. «L’agnello gallese Igp è una carne dalle grandi qualità» ci ha detto Rhys Llywelyn (in foto), nuovo responsabile marketing di Meat Promotion Wales, alla sua prima edizione di Tuttofood. «La tenerezza e il sapore naturale e delicato sono le caratteristiche che ne determinano la bontà, mentre i tagli piccoli e diversi con cui viene presentata sul mercato italiano l’hanno resa una carne facile da cucinare, versatile e consigliata nella dieta quotidiana». In questi anni il Galles ha dialogato molto con la GD e GDO italiana sull’importanza di introdurre nuovi tagli per dare al consumatore valide alternative d’acquisto alle pezzature normalmente richieste. In particolare spalla e pancia arrotolata, oltre alle più classiche costolette, sono le proposte dell’ente gallese per questa nuova stagione: tagli adatti per diverse cotture che si prestano per numerose ricette, costano meno e hanno maggiore resa in cucina. • Manzo succulento, amato dai buongustai di tutto il mondo. Il Welsh beef Igp è un prodotto di altissima qualità e dalla lunga tradizione. Il prestigio di cui gode deriva da diversi fattori quali l’ambiente sano e pulito in cui crescono gli animali, la loro alimentazione naturale e il clima mite e piovoso che mantiene sempre verdi i pascoli. A queste caratteristiche territoriali e climatiche uniche bisogna aggiungere la tradizione secolare nell’allevamento, la professionalità degli operatori dell’intera filiera e i sistemi di controllo disposti sulla sicurezza e sulla tracciabilità. Il risultato è nel piatto. >> Link: www.hccmpw.org.uk

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

Ricetta

Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com

Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl

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Naturale, buona e sostenibile: il manzo irlandese saluta l’Italia con “Una storia di libertà” Le tendenze degli ultimi anni hanno evidenziato un’evoluzione costante e progressiva dei consumatori, sempre più consapevoli e attenti a ciò che mettono nel carrello. Un fenomeno che ha coinvolto anche i consumi di carne e di carne rossa in particolare: mai come oggi gli Italiani prestano grande attenzione alla qualità, alla provenienza e alla sostenibilità del prodotto. Tre concetti chiave su cui BORD BIA – IRISH FOOD BOARD, l’ente governativo per lo sviluppo e la promozione dei prodotti alimentari, delle bevande e dell’orticoltura irlandese, ha scelto di puntare per promuovere la carne di manzo irlandese in Italia, valorizzando un prodotto premium e assicurato dal Bord Bia Quality Assurance Scheme, che controlla e verifica la qualità e la tracciabilità lungo tutta la filiera. L’Irlanda vanta quasi 5 milioni di ettari di superficie agricola, di cui più dell’80% è dedicato al pascolo. Qui, gli animali sono lasciati liberi per 10 mesi l’anno e seguono un ritmo di vita naturale, cibandosi per oltre l’80% della dieta di erba fresca e sempre verdeggiante grazie alle frequenti piogge. Queste caratteristiche permettono di ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti e di garantire condizioni naturali di benessere ai capi di bestiame, che sono liberi di vivere nella natura. Il risultato è una carne unica nel suo genere: tenera, grazie a una vita trascorsa in libertà e senza stress, con un sapore intenso e distintivo, dovuto in particolare all’alimentazione naturale, e un colore rosso borgogna grazie all’alto contenuto di betacarotene. Inoltre, presenta ottimi valori nutrizionali, grazie al ridotto contenuto e alla migliore distribuzione dei grassi e al contenuto elevato di Vitamina A ed E e Omega-3. Come parte dell’attività volta alla valorizzazione del manzo irlandese, Bord Bia è stata presente a Milano per lanciare la nuova campagna di comunicazione: “Una storia di libertà” è il racconto di un Paese dagli spazi infiniti, di persone che hanno fatto della loro passione una vita, di rispetto delle tradizioni e della natura, di animali al pascolo e di una carne che rappresenta tutto questo. La nuova campagna di comunicazione, inizialmente focalizzata sul trade, è stata lanciata proprio in fiera alla presenza del nuovo CEO di Bord Bia, Tara McCarthy, e dell’ambasciatore irlandese in Italia, Bobby McDonagh. Ogni giorno poi un membro dello Chefs’ Irish Beef Club si è impegnato in uno show cooking dedicato alla preparazione della carne di manzo e agnello irlandese per dimostrare la versatilità del prodotto, tra altre attività di Origin Green, il primo programma nazionale al mondo per la sostenibilità nell’agroalimentare, e la Meat Academy, il programma educativo rivolto alla filiera della carne. >> Link: www.irishbeef.it

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Carne bovina e ovina di Alta Qualità ottenuta da risorse sostenibili

Dawn Meats, fondata nel 1980 a Waterford nel sud dell’Irlanda, è cresciuta in modo costante Àno a diventare oggi una delle principali realtà produttive irlandesi, con stabilimenti anche in Inghilterra, Scozia e Galles. Dawn Meats è rimasta fedele ai principi dell’impresa familiare ed al suo radicamento agricolo, con una forte attenzione all’innovazione ed alla sostenibilità, ponendo un costante impegno nel miglioramento della qualità e del servizio al cliente. Dawn Meats considera il mercato italiano uno dei più importanti ed è

un fornitore di riferimento per gli acquirenti di carne bovina ed ovina. L’ufÀcio commerciale di Parma è stato creato appositamente per essere vicino alle esigenze dei clienti e consolidare partnership solide e durature. Dawn Meats fornisce carne bovina in osso di scottona e vitellone e carne ovina in osso, nonché la gamma completa dei tagli anatomici sottovuoto. Produce inoltre hamburger congelati da carni di razze pregiate e piatti pronti slow cooked, disponibili sia in formato retail che food service.

DMS S.r.l,Via De Amicis n. 5, 43036 FIDENZA (PR) Telefono: +39 0524 84414 / +353 51309 200 Fax: + 39 0524 335294 Email: dms@dawnmeats.com / sales@dawnmeats.com Web: www.dawnmeats.com


1) Foto di gruppo per la bella squadra di Giraudi Group con Erminio Giraudi, Mariarita Napoli, Sergio Negro, Alessio Cavaliere, Eleonora Calò, Igino Pellini e Lara Messie, insieme a Teunis e Christopher Boer di T. Boer & Zn. 2) Una veduta dello stand del Gruppo Quabas di Castelvetro Piacentino (PC). 3) Tra gli espositori di Tuttofood 2017 anche il Consorzio Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp che rappresenta le razze bovine tipiche italiane Romagnola, Chianina e Marchigiana. 4) Il Gruppo Industrial Packaging con un numeroso staff presente ad accogliere visitatori e clienti in fiera. Da sinistra, Sara (commerciale interno), Gianna (responsabile commerciale), Davide (commerciale), Matteo (commerciale), Simone (commerciale), Benedetta (commerciale interno) e Giuseppe (commerciale). 5) I buoni salumi di Calabria della San Vincenzo di Fernando Rota, Spezzano Piccolo (CS).

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1) Lo spazio per gli show cooking di Giraudi Meats, tra carni innovative e concetti creativi, come i Gourmet Boutique Burgers, il Black Angus Americano, il manzo Charolais e le Kobe Kreations, una gamma unica di prodotti a base di manzo di Kobe giapponese certificata come il raro Jamon de Buey di Kobe. 2) Erminio e Riccardo Giraudi, fondatore e CEO, ovvero le due generazioni del Gruppo Giraudi, con sede a Montecarlo. 3) Affollatissimo lo spazio del Centro Carni Company di Tombolo (PD), tra show cooking e incontri business. 4) Le migliori carni d’importazione del Gruppo Quabas di Castelvetro Piacentino (PC). to il cibo ancora in ottime condizioni di conservazione, non entrato in contatto con il pubblico, e lo ha messo a disposizione dei partner del terzo settore Banco Alimentare e Associazione Pane Quotidiano per distribuirlo alle persone in condizioni di difficoltà socioeconomica attraverso i centri di riferimento. Tuttogood 2017 ha raccolto grande consenso tra gli espositori, per-

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mettendo di raccogliere 13.000 kg tra misti freschi (1.450 kg), secchi (6.500 kg), bibite (750 kg), prodotti congelati (730 kg), salumi e verdure. Portando avanti lo spirito del 2015, la lotta agli sprechi alimentari è stata infatti uno dei leitmotiv di questa edizione, non solo negli incontri specialistici che si sono tenuti in fiera, ma anche coinvolgendo i 48.000 cittadini e turisti che hanno

partecipato agli eventi in città del fuori salone Week & Food, attraverso iniziative di sensibilizzazione come la foodie bag che una selezione di ristoranti milanesi ha distribuito durante la settimana. L’appuntamento con la prossima edizione di Tuttofood è a Fiera Milano dal 6 al 9 maggio 2019. >> Link: www.tuttofood.it

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ZOOTECNIA

Zootecnia 4.0: allevare in salute e comunicare con i consumatori Con la “Carta di Padova” si sancisce il cambio di passo degli attori della zootecnia bovina da carne prodotta in Italia. E il ministro Martina invia un messaggio al Consorzio Italia Zootecnica, coordinatore dell’iniziativa

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i è svolta a Padova, lo scorso fine maggio, la tavola rotonda che ha sancito un decisivo cambio di passo degli attori della zootecnia bovina da carne prodotta in Italia. Un risultato importante, sottolineato anche da un messaggio del ministro MARTINA inviato al CONSORZIO ITALIA ZOOTECNICA che ha coordinato l’iniziativa, ossia“l’aver unito esigenze diverse per definire una

serie di impegni comuni”. Da anni manca al “Tavolo agroalimentare” e al “Tavolo zootecnico” del Ministero delle Politiche Agricole una rappresentanza della zootecnia bovina da carne, poiché, terminata l’esperienza delle storiche associazioni UNICAB e UNALCAB, figlie dell’altro secolo, entrambe liquidate da anni, il mondo zootecnico ha lasciato un vuoto colmato da un paio di asso-

ciazioni, non certo rappresentative del mondo della produzione, e dalla buona volontà del Consorzio Italia Zootecnica, non sempre invitato ai tavoli che contano. L’iniziativa di Padova ha consentito un ulteriore passo avanti nelle relazioni tra associazioni e organizzazioni di produttori e ha visto il debutto della neonata Assitama – Associazione Italiana Aziende di Ma-

Allevamento bovino da carne (photo © www.ablimousine.eu).

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La Carta di Padova per la zootecnia bovina da carne prodotta in Italia PREMESSO CHE: – la zootecnia bovina da carne è stata colpita negli ultimi anni da ripetuti scandali legati a frodi internazionali, come lo Horsegate e la recente crisi in Brasile, le quali hanno recato danno alla reputazione del settore, pur essendo state generate in altre aree del pianeta, senza alcun coinvolgimento della filiera produttiva italiana; – altri scandali sono derivati da reportage condotti in vari Paesi, tra cui l’Italia, sulle condizioni di allevamento e macellazione nell’ambito di attività criminali, che rappresentano un’eccezione rispetto alla regola del corretto operato della quasi totalità degli operatori e meritano perciò di venire punite ai sensi della legge penale. Per il buon nome di una filiera sana, come quella italiana, la quale si è invece sempre distinta in Europa e nel mondo, avendo dedicato cospicue risorse e attenzioni, in ambito privato e pubblico, per la migliore garanzia della sicurezza alimentare e il benessere animale; – gli “allevamenti intensivi” sono stati oggetto di polemiche aprioristiche, basate sui predetti scandali, che hanno causato una diffidenza generalizzata nei confronti della filiera, senza distinguere la situazione generale degli allevamenti italiani, rispettosi delle migliori prassi oltreché delle regole, rispetto a quella dei pochi delinquenti internazionali a cui gli scandali vanno attribuiti; – il clima di diffidenza generalizzata, fomentato dalla (dis)informazione scandalistica dei media, ha favorito l’insorgere di ulteriori dubbi sull’affidabilità della filiera zootecnica italiana, con riguardo al benessere degli animali — anche per ciò che attiene ai trattamenti farmacologici talora indispensabili — e alla sicurezza degli alimenti da essi derivati; – ulteriori dubbi sono stati sollevati sull’impatto ambientale della filiera di produzione delle carni bovine, senza alcuna considerazione delle iniziative di rilievo adottate in Italia per ridurre l’impronta ecologica delle filiere, con peculiare attenzione ai reflui zootecnici e il consumo d’acqua; – a partire da settembre 2017 sarà introdotto l’obbligo di produrre il cosiddetto “Modello 4” informatizzato per la registrazione dei trasferimenti degli animali delle specie zootecniche. Tale documento, così come è stato concepito, non appare idoneo a valorizzare i dati che vi saranno inseriti. Si rischia perciò di perdere una straordinaria occasione per rassicurare i consumatori con informazioni utili a dimostrare, nei fatti, l’impegno della zootecnia italiana su entrambi i fronti del benessere animale e della sicurezza alimentare; – la filiera italiana della carne bovina ha tutto l’interesse a rendere trasparenti e accessibili ai consumatori le informazioni sullo stato di salute (no illness), sui trattamenti farmacologici ricevuti (no chemical/drug residue), sulle condizioni di allevamento (no suffering) degli animali allevati in Italia; – la “filiera zootecnica bovina da carne” applica, infatti, procedure che si collocano al di sopra degli standard previsti dalle norme cogenti (Compliance & Enforcement), al preciso scopo di offrire alimenti sicuri e di qualità, che provengono da animali sani e certificati; – le informazioni di cui sopra assumono rilievo non soltanto per i consumatori “onnivori”, ma anche per quelli vegetariani, i quali, a loro volta, vantano il legittimo interesse a ricevere garanzie in merito alle condizioni di allevamento e alla salute dei bovini impiegati per la produzione del latte e degli alimenti che ne derivano; – i consumatori devono altresì venire messi nelle condizioni di distinguere la carne bovina prodotta in Italia — che può distinguersi anche grazie alla completa trasparenza cui si ambisce — rispetto a quella importata dall’estero, la quale ultima, a tutt’oggi, rappresenta quasi il 50% della quota di mercato nazionale, grazie all’indicazione d’origine a suo tempo prescritta sulle etichette delle carni bovine (Regolamenti CE 1760, 1825/00), la quale meriterebbe di venire estesa alle carni impiegate nella ristorazione collettiva; I RAPPRESENTANTI DELLA FILIERA ZOOTECNICA BOVINA IN ITALIA CHIEDONO:

1. al Ministero della Salute, di stabilire un “doppio binario” per la compilazione del “Modello 4” (la dichiarazione di provenienza che accompagna l’animale durante il trasporto e riporta le informazioni riguardanti l’identificazione, le dichiarazioni per il macello riguardo ai trattamenti farmacologici, la destinazione, i dati del trasportatore e l’attestazione sanitaria del veterinario che ha visitato il capo prima dello spostamento), affinché gli allevatori possano gestire correttamente la compilazione dei dati: 1a – con strumenti informatici, ove le condizioni lo consentano; 1b – in modo cartaceo, se e fino a quando non risulti possibile utilizzare il sistema informatizzato; 2. al Ministro della Salute e al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentarie e Forestali, in accordo con la Conferenza Stato-Regioni, di presentare alla Commissione europea un progetto di Regolamento per l’istituzione di “una cartella clinica dei bovini nati in Europa” che consenta, oltre all’identificazione del bovino e alla registrazione dei dati anagrafici già in uso nelle banche dati europee, anche la registrazione dei trattamenti farmacologici, compresi

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quelli omeopatici, a partire dalla nascita, affinché tali dati siano disponibili in tempo reale alle autorità sanitarie di ogni Paese Membro, ai macelli e laboratori di sezionamento delle carni, con l’obiettivo di eliminare la compilazione del “Modello 4” in Italia (che sembra essere l’unico Paese ad utilizzarlo), da sostituire con un “sistema unitario per la tracciabilità della salute del bovino in UE”, volto a migliorare lo standard di sicurezza alimentare dei prodotti derivati (Health and Safety) e puntando decisamente sullo sviluppo della “ricetta elettronica”; alla Commissione europea di sviluppare un progetto di Regolamento per l’istituzione di una “cartella clinica dei bovini nati in Europa” e l’attuazione della “ricetta elettronica” che consenta — oltre all’identificazione del bovino e alla registrazione dei dati anagrafici già in uso nelle banche dati europee — la registrazione dei trattamenti farmacologici, anche omeopatici, a partire dalla nascita. Dati da rendere disponibili in tempo reale alle Autorità Sanitarie di ogni Paese Membro, ai macelli e laboratori di sezionamento delle carni, per ottenere in tempi rapidi un “sistema unitario per la tracciabilità della salute del bovino in UE”, volto a migliorare lo standard di sicurezza alimentare (Health and Safety); al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentarie e Forestali, di adottare il “Piano Carni Bovine Nazionale”, che da tempo è stato presentato da parte del Consorzio Italia Zootecnica, di darne attuazione, per quanto di competenza, e di sostenere l’avvio del Sistema di Qualità Nazionale Zootecnica; nonché le produzioni di bovini da carne ottenute con l’utilizzo di Disciplinari IGP riconosciuti dalla Commissione europea; alle istituzioni, di ogni ordine e grado, di intervenire a tutti i livelli, per mettere in condizione la zootecnia bovina da carne italiana e gli allevatori di lavorare con serenità; per soddisfare la richiesta di alimenti sicuri e salubri di oltre 500 milioni di consumatori europei. A tal proposito, si ribadisce l’effettivo impegno degli allevatori italiani a: 5a – garantire il benessere animale, mediante applicazione non solo della normativa cogente ma anche di protocolli migliorativi, quali i Disciplinari del Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale (CReNBA), IZSLER di Brescia per la “Valutazione del Benessere Animale e Biosicurezza”; 5b – applicare Disciplinari riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, dalle Regioni e dalla Commissione europea, per migliorare la qualità, oltre alla sicurezza, della carne prodotta; 5c – garantire la qualità dei prodotti utilizzati per l’alimentazione dei bovini, l’adeguatezza del clima nelle stalle nel corso delle stagioni, la protezione dai parassiti, la pulizia dell’acqua abbeverata, l’uso controllato dei farmaci per la salute dell’animale; 5d – applicare i Disciplinari di Etichettatura facoltativa delle carni bovine, per garantire maggiori informazioni ai consumatori, all’insegna della massima trasparenza e della completa tracciabilità di filiera; agli organi d’informazione, di adoperarsi per una narrativa veritiera e obiettiva sulla realtà della zootecnia bovina in Italia. Gli allevamenti sono aperti, alla luce del sole, e gli allevatori italiani sono orgogliosi di mostrare l’accresciuta professionalità che negli ultimi decenni ha consentito di realizzare progressi significativi. Poiché la sicurezza alimentare s’inquadra nel diritto umano fondamentale al cibo e il benessere degli animali è un valore degno di attenzione da parte di tutti. Fino a quando, almeno, l’intera umanità non deciderà di abbracciare diete vegetariane o vegane; alla Grande Distribuzione Organizzata, alla Distribuzione Organizzata e a quella tradizionale, più in generale a tutti coloro che commercializzano la carne bovina: è indispensabile garantire la correttezza e la trasparenza, riconoscere e condividere il “valore” della carne bovina prodotta in Italia. Un circolo virtuoso che parte dall’allevamento, laddove “carne italiana” significa garanzia di rispetto delle regole vigenti, ma anche delle migliori prassi e dei diritti dei lavoratori. Ed è un “valore” da preservare, riconoscendone i costi e gli investimenti che contribuiscono, tra l’altro, all’economia e all’occupazione nel Paese, oltre che a preservare le filiere e la sovranità alimentare (sempre più preziosa, a fronte delle cicliche fluttuazioni dei listini); ai medici di famiglia, ai nutrizionisti, ai dietologi, agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, di dare un giusto riconoscimento alle proprietà nutrizionali delle “proteine nobili fornite dagli animali” e di adottare, valorizzare e promuovere la dieta mediterranea, riconosciuta “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità” dall’UNESCO nel 2010, la quale si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo; al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, al Ministero della Salute, alle Commissioni Stato-Regioni dell’Agricoltura e della Salute, a tutte le autorità, enti e organizzazioni, di adoperarsi affinché l’Italia si doti di una legge per la corretta informazione dei consumatori circa gli alimenti forniti nei pubblici esercizi. Tale informazione, per ciò che concerne i piatti a base di carne, deve comprendere notizie sulla sua provenienza. In particolare sul Paese di nascita, nonché quelli di allevamento e di macellazione. Seguendo l’esempio della Francia, che dal 2002 ha introdotto un sistema di tracciabilità e informazione sulle carni impiegate nella ristorazione, ed è andata oltre, negli ultimi anni, definendo altresì l’obbligo di citare in etichetta l’origine delle carni utilizzate come ingredienti di altri prodotti (così come in Italia si è fatto con il cosiddetto Decreto Origine Latte del 09-12-2016). A tal proposito allegano una proposta di legge per la “etichettatura e tracciabilità delle carni bovine nella ristorazione”.

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La “Carta di Padova per la zootecnia bovina da carne” è stata presentata dalle seguenti associazioni produttori, organizzazioni produttori, consorzi, cooperative agricole, associazione macellatori: • Associazione Produttori Carni Bovine UNICARVE – Via I Maggio, 7 – 35020 Legnaro (PD) • Associazione Produttori ASPROCARNE – Via Sommariva 31/9 – 10022 Carmagnola (TO) • Organizzazione Produttori AZOVE – Via Vallancon Nord, 12 – 35045 Ospedaletto Euganeo (PD) • Allevatori Marchigiani BOVINMARCHE – Via Achille Grandi, 48/E – 60131 Ancona • Consorzio Carni di SICILIA – C/da Magione – 90024 Gangi (PA) • Cooperativa Zootecnica SCALIGERA – Via Don Brenzoni, 36 – 37060 Mozzecane (VR) • Soc. Coop. BOVINITALY Scarl – Via delle Fascine, 4 – 06132 S. Martino in Campo (PG) • Cooperativa Agricola Produttori Castellana Sca – Via Don Ernesto Bordignon – 31033 Castelfranco V. (TV) • Consorzio LA CARNE CHE PIACE – Via Genova, 11 – 29122 Piacenza • Associazione Produttori Carni Bovine del BOCCARONE – Str. Roverbella Bancole 20 – 46045 Marmirolo (MN) • Associazione Italiana Macellatori ASSITAMA – Via I Maggio 7 – 35020 Legnaro (PD) Coordinatori: Consorzio L’Italia Zootecnica – Unione Nazionale tra le Organizzazioni Produttori e Associazioni Produttori di Carne Bovina Scarl – con sede operativa in Via I Maggio, 7 – 35020 Legnaro (PD).

cellazione, con a capo LORIS COLOMBEROTTO, macellatore veneto, forte di una rappresentanza di tutto rispetto, destinata ad allargarsi e porre l’associazione ai vertici del settore. La tavola rotonda, moderata dal dott. FABRIZIO DE STEFANI, ha visto la partecipazione di rappresentanti delle Commissioni Salute e Agricoltura della Conferenza Stato-Regioni, del Ministero della Salute, del Ministero delle Politiche Agricole, della Regione Lombardia e dell’avv. DARIO DONGO, fondatore di GIFT (Great Italian Food Trade), esperto in diritto alimentare internazionale. Sotto la lente d’ingrandimento il cosiddetto “Modello 4”, prossimo ad essere obbligatoriamente informatizzato, documento che pochi Paesi in Europa hanno, che serve per accompagnare con informazioni i bovini al macello. Partendo da questo documento, gli organizzatori hanno messo in luce che la compilazione, passando da cartaceo a informatizzata, non avrebbe portato significativi

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miglioramenti, per il semplice fatto che le informazioni non sarebbero finite in un database utile a monitorare lo stato di salute dei bovini e che in molte zone del nostro Paese l’avere connessioni stabili è ancora un miraggio. Da qui è scaturita la “Carta di Padova” con tre richieste precise al governo italiano: 1. l’istituzione del “doppio binario” per la compilazione del “Modello 4” (cartaceo e informatizzato) con l’obiettivo di sostituirlo con una più efficace “cartella clinica del bovino”; 2. mettere in linea a livello europeo le informazioni sanitarie utili rendere trasparente il lavoro degli allevatori, da tempo sotto attacco da parte di vegani, animalisti, vegetariani e ambientalisti, che li accusano di usare gli antibiotici come “aperitivo”; 3. l’emanazione di un Decreto Legge per la “Rintracciabilità dell’origine delle carni bovine nella ristorazione e informazione al consumatore”. (Fonte: Consorzio Italia Zootecnica)

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Acqua e produzione di carne: utilizzo e non consumo di Giovanni Ballarini

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econdo alcuni calcoli, circa il 70% dell’acqua dolce utilizzata sul pianeta sarebbe impiegata dalla zootecnia e da un’agricoltura che nei paesi industrializzati produce cereali e leguminose che servono anche a nutrire gli animali d’allevamento. Negli Stati Uniti si dice che quasi la metà dell’acqua usata in agricoltura sia destinata alle coltivazioni di alimenti per il bestiame e che gli allevamenti usino una quantità d’acqua molto maggiore di quella necessaria per coltivare soia, cereali o verdure per il consumo diretto umano. Per questo si parla d’Impronta Idrica (Water Footprint) degli allevamenti di bestiame, con rilevazioni e calcoli che sommano l’acqua impiegata nelle coltivazioni, quella necessaria ad abbeverare gli animali e pulire le stalle e, infine, l’acqua usata nella macellazione o per altre trasformazioni delle produzioni zootecniche (carne, latte o uova). Impronta Idrica degli allevamenti Quello dello studioso olandese ARJEN HOEKSTRA è un metodo di calcolo nel quale molti aspetti sono inutilmente considerati, altri invece ignorati. Per gli allevamenti viene sommata l’acqua blu (prelevata dalla falda o dai corpi idrici superficiali), l’acqua verde (piovana e o traspirata dal terreno durante la crescita delle colture) e l’acqua grigia (necessaria per diluire e depurare gli scarichi idrici di produzione), senza distinzione in rapporto alla loro disponibilità idrica, il che è scorretto. Se l’acqua blu non fosse utilizzata, sarebbe disponibile per altri scopi, ma non l’acqua verde, che è proprio l’acqua preponderante nella produzione della carne, latte e uova, rappresentando più dell’80% dell’impronta idrica totale, in funzione della specie considerata. Pertanto l’acqua verde contribuisce in misura minima al fenomeno di una paventata carenza idrica. L’Impronta Idrica ignora anche la situazione specifica in cui avvengono la produzione e l’allevamento degli animali, che da tempo si sono maggiormente sviluppati dove vi è una maggiore disponibilità di acqua. Infatti, nelle aree a maggior densità

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zootecnica e secondo i dati raccolti a livello globale attraverso il Water Stress Index (rapporto tra acqua utilizzata e acqua disponibile tenendo conto della variabilità mensile e annuale delle precipitazioni), la presenza del bestiame non ha mai portato a un impoverimento delle riserve idriche anche sotterranee e, dopo secoli di allevamento, quei luoghi non si sono trasformati in aree desertiche. Utilizzo dell’acqua negli allevamenti Una vacca da latte beve duecento litri di acqua al giorno, cinquanta litri un bovino da carne o un cavallo, venti litri un maiale adulto e circa dieci una pecora adulta. L’acqua calcolata per produrre vari tipi di cibo vegetale e foraggio varia dai 500 ai 2.000 litri per chilo di raccolto prodotto. A partire da questi dati il bestiame utilizza in modo diretto solo l’1,3% dell’acqua usata in totale in agricoltura, ma se si prende in considerazione anche l’acqua richiesta per la coltivazione dei cereali e del foraggio per uso animale, la quantità d’acqua richiesta è enormemente più elevata. Ma quest’ultimo dato è vero? Acqua usata e non consumata Considerando la produzione di alimenti, e tra questi la carne, non bisogna confondere tra utilizzo e consumo di acqua: l’acqua, infatti, non si consuma, ma si può soltanto usare, e una stessa acqua passa in continuazione da un vivente all’altro. L’acqua che cade o arriva su un pascolo è usata prima dalle erbe, poi, attraverso queste, è passata agli animali che pascolano e che la restituiscono con le feci e le urine, che concimano il terreno, in un rinnovato ciclo della stessa acqua. Parte dell’acqua esce dal ciclo e nuova ne rientra, ma non è assolutamente corretto confondere i diversi passaggi della stessa come se si trattasse di consumo, sommando tra loro le diverse fasi del ciclo in uno stesso ecosistema. Cicli analoghi avvengono per le coltivazioni nelle quali si usa l’acqua. Considerando il ciclo dell’acqua in un ambiente ristretto come può


Nel calcolo dell’impronta idrica degli allevamenti di bestiame si tengono in considerazione tre tipi di acqua: blu, verde e grigia. L’acqua verde, acqua piovana, è preponderante nella produzione di carne, latte e uova, ammontando a più dell’ottanta per cento dell’impronta idrica totale, in funzione della specie considerata.

L’Impronta Idrica ignora anche la situazione specifica in cui avvengono la produzione e l’allevamento degli animali La presenza del bestiame non ha mai portato a un impoverimento delle riserve idriche anche sotterranee e, dopo secoli di allevamento, quei luoghi non si sono trasformati in aree desertiche

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essere un’intera vallata, è in sostanza ininfluente che vi siano o non vi siano coltivazioni o allevamenti, e che l’acqua passi o non passi attraverso le piante, gli animali e che questi siano usati per produrre alimenti destinati all’uomo. Relativamente più importante è la quantità eventualmente imbottigliata da una fonte d’acqua minerale della valle stessa e portata fuori dal territorio. Diversa deve essere l’attenzione per le acque di falda o fossili, per le quali entra in gioco il tempo di ripristino e che può essere di medio e anche di lungo periodo. Carne usata per la produzione della carne bovina Quando si dice che per produrre un chilo di manzo ci vogliono quindicimila litri di acqua, non si considera che in realtà solo una piccola parte di questa è effettivamente usata. Il valore di quindicimila litri d’acqua deriva infatti da un metodo di calcolo per molti aspetti improprio di stima dell’uso (non consumo)

di acqua nelle produzioni agricole e zootecniche. Altrettanto errata è la valutazione basata sull’equivoco tra consumo e utilizzo di acqua per cui si arriva a affermare che per produrre cinque chili di carne bovina si consuma (invece si utilizza) tanta acqua quanta ne serve a una famiglia media in un anno, soprattutto se questa ha una lavatrice, una lavapiatti… Il consumo italiano di acqua potabile di una famiglia media è infatti di circa duecentomila litri l’anno, anche se solamente una minima parte è utilizzata per bere e cucinare. Lo stesso avviene per il calcolo sulla quantità di proteine prodotte, ottenendo un rapporto molto sbilanciato a sfavore degli allevamenti: per un chilo di proteine animali occorrerebbe un volume d’acqua quindici volte maggiore di quello necessario alla produzione della stessa quantità di proteine vegetali. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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CARNE STELLATA

L’Agnello gallese Igp è la carne dell’estate 2017

Summer Lamb

L’

agnello è una carne prelibata, gustosa e molto versatile. Sebbene in Italia il suo consumo sia ridotto (poco più di 1 kg pro capite l’anno) e per tradizione lo si cucini quasi esclusivamente in occasione delle festività, la carne ovina è adatta a diverse tipologie di cottura e di preparazione, rappresentando una valida alternativa alle altre carni comunemente consumate. Tuttavia, quando ci si appresta a cucinare la carne d’agnello è bene informarsi sui tempi di cottura: una cottura sbagliata, infatti, può pregiudicare il risultato finale del piatto, guastando perfino la qualità della materia prima. Per questo, il 31 maggio scorso lo chef stellato LUIGI TAGLIENTI ha offerto la sua esperienza in una lezione

di cucina esclusiva, svoltasi presso il ristorante Lume all’interno di W37, spazio polifunzionale nato grazie alla collaborazione con MB America, destinata a un gruppo di rappresentanti della stampa di settore, per rendere al meglio questo prodotto dalle indiscusse qualità organolettiche. HCC-Meat Promotion Wales, l’ente che rappresenta le carni rosse gallesi nel mondo e presente sul mercato italiano con la sua carne di agnello a indicazione geografica protetta — il Welsh lamb PGI —, promuove ormai da molti anni una serie di attività volte a far conoscere questo alimento troppo spesso sottovalutato. «Molti consumatori pensano che la carne d’agnello sia difficile da cucinare e che richieda lunghe preparazioni,

ecco perché di solito questa carne viene destinata ai grandi pranzi delle occasioni», ha affermato JEFF MARTIN, responsabile Italia della società gallese. «La realtà è ben diversa: se la carne è di qualità, è molto semplice ottenere un grande piatto, basta cuocerla il giusto tempo e gustarla al naturale». A Taglienti dunque, che collabora con Welsh lamb da tempo, il compito di spiegare la cottura perfetta dell’agnello che, come spiega il giovane chef savonese, deve essere sempre rosa al cuore per garantire tenerezza, gusto e succulenza. Costolette, spalla e pancia arrotolata Protagonisti della lezione di cucina sono stati i tre tagli di Welsh lamb pre-

Luigi Taglienti nel suo ristorante Lume a Milano durante uno show cooking per la presentazione del Summer Lamb (photo © Diego Bonacina).

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Pochi sanno che l’estate è la stagione in cui la migliore carne d’agnello gallese arriva sulle nostre tavole. Grazie ad un allevamento assolutamente naturale, non intensivo e all’aperto per la maggior parte dell’anno, la stagione del Welsh Lamb Igp comincia proprio alle porte dell’estate e si conclude verso gennaio febbraio dell’anno successivo. Leggera, gustosa e altamente digeribile, questa carne è adatta anche come pasto veloce o per un barbecue all’aria aperta

La carne d’agnello abbina alle sue proprietà nutritive — è ricca di ferro, zinco e vitamine del gruppo B — un’altissima digeribilità, oltre ad essere ben tollerata da chi soffre di allergie alimentari. Nello specifico, il Welsh lamb Igp si caratterizza per un gusto leggero, delicato ed eccezionalmente tenero 1/2) Le costolette di agnello gallese sono alte almeno 3-4 cm, uno spessore che garantisce consistenza e tenerezza al taglio. La cottura ideale è veloce: sulla plancia o sulla griglia molto calda. 3) La pancia arrotolata si presenta come un piccolo arrosto di circa 700-800 g e può essere eventualmente farcita con erbe e verdure (photo © Diego Bonacina).

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senti sul mercato italiano: costolette, spalla e pancia arrotolata, un taglio molto richiesto nel sud Italia. Queste le proposte dello chef (si veda il box a lato; photo © Diego Bonacina): 1. Costoletta di agnello gallese Igp alla plancia, melone bianco e cipolla; 2. Spalla di agnello gallese Igp al forno con peperonata alla curcuma; 3. Pancia di agnello gallese Igp al barbecue con purea di patate.

Le proposte di Luigi Taglienti per l’estate

Inconfondibile! Da oltre 10 anni la carne d’agnello gallese IGP delizia i palati degli intenditori italiani: molto gradita per il suo gusto prelibato e dolce, per la freschezza e la tenerezza dei suoi tagli, oggi conferma anche la sua grande versatilità. Un atout che permette il consumo di questo prodotto in diversi momenti ma che tiene assolutamente conto del ciclo naturale di crescita degli animali. La stagionalità, infatti, rappresenta un motivo di vanto per questo prodotto: in Galles gli agnelli crescono in totale libertà in pascoli verdi e puliti e si cibano di erba seguendo l’andamento delle stagioni, per questo le esportazioni di carne ovina gallese sono più massicce da giugno a gennaio. I suoi diversi tagli, confezionati sottovuoto, si trovano oggi nei banchi di carne fresca delle principali catene distributive nazionali, riconoscibili dal brand Welsh lamb e dall’inconfondibile logo giallo e blu dell’IGP. >> Link: www.agnellogallese.eu www.manzogallese.eu Facebook: agnelloemanzogallese Twitter-Instagram: @welshlambbeef

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A prova di chef: destagionalizziamo l’agnello Anche i più grandi chef hanno sposato l’idea di destagionalizzare il prodotto: la carne d’agnello non è solo il piatto da servire a Pasqua o a Natale, ma può essere presente nei menu per buona parte dell’anno, quando la stagione giusta la rende ancora più tenera e gustosa. Luigi Taglienti ha creato per Welsh lamb due ricette adatte per il barbecue estivo: “Costoletta di agnello gallese Igp alla brace con asparago bianco, lampone e maggiorana” e “Filetto di sella di agnello gallese Igp alla brace, bietola e cipollotto”. Anche gli chef Matteo Fronduti, Misha Sukyas e Diego Rossi hanno dato la loro versione estiva di questa carne prelibata, con “Coscia di agnello gallese Igp, rabarbaro, ciliegie affumicate, erba ostrica”, “Agnello gallese Igp, calamaro e spezie (Prato Gallese)” e “Spalla di agnello gallese Igp arrosto, ricotta di pecora, barattiere e ciliegie”. Tutte ricette che, secondo la loro esperienza, meglio esaltano il gusto particolare di questo prodotto di grande qualità.

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NUTRIZIONE

Sale negli alimenti: resta ancora troppo alto, ma qualcosa si muove Si moltiplicano le azioni volte a ridurne il contenuto, anche attraverso un consumo più consapevole di Roberto Villa

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l Regolamento UE 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, nell’Allegato XIII stabilisce in 6 grammi il limite di riferimento per l’assunzione giornaliera di sale, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) suggerisce un

consumo massimo quotidiano di 5 grammi. Eppure questi valori sono largamente ecceduti in molti alimenti presenti in commercio. Se escludiamo quei prodotti tradizionali dove il sale è l’unico elemento conservante e non si può pensare ad una grande riduzione per via della

tecnologia produttiva codificata nei secoli, la cui variazione snaturerebbe il prodotto — basti pensare alle nostre principali DOP e IGP come i prosciutti a denominazione di origine, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano — la battaglia per avere alimenti sempre più rispon-

In Europa i valori dell’assunzione giornaliera di sale consigliati dalle autorità si aggirano intorno ai 5-6 grammi, ma i consumi reali della popolazione europea sono decisamente al di sopra (photo © librakv – Fotolia).

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I cibi conservati e precotti rappresentano la fonte principale di sodio con oltre il 50%, mentre il 35% deriva dal sale direttamente aggiunto sui cibi in tavola; la rimanenza è a carico dei cibi freschi. La Commissione europea stima che più del 75% del sale venga assunto da cibi industriali o consumati fuori casa

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denti a criteri di “mantenimento della salute” è appena iniziata. Sono diverse infatti le iniziative sorte in vari paesi europei per fare pressione sulle industrie affinché diminuiscano sensibilmente in tutti gli alimenti il contenuto in sodio — e quindi in sale; il rapporto sodio: sale è di 1:2,5 — soprattutto quelli dove esso è abbastanza occultato e poco percepibile, cioè dove il cibo non è identificato come salato ma può contenerne valori non trascurabili in relazione alle quantità ingerite (pasta, riso, pane, pizza, cracker, grissini, fette biscottate, dolci, biscotti). Recenti ricerche hanno messo in luce ad esempio che nei Paesi Bassi il consumo medio giornaliero è di 9 grammi, mentre in Slovenia si superano addirittura i 14 grammi, un valore quasi tre volte superiore a quello consigliato dall’OMS. Quanto all’Italia, uno studio del 2015 pubblicato sul British Medical Journal1 ha rivelato che il valore medio nazionale è intorno ai 9 grammi, con variazioni signifi-

cative tra regioni dove il consumo è inferiore a tale valore (Abruzzo, Molise, Trentino Alto-Adige, Valle d’Aosta, Lombardia, Toscana) rispetto ad altre nelle quali si evidenziano consumi decisamente superiori ai 10 grammi (Piemonte, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia). Tale studio ha correlato il consumo di sale al livello di istruzione: più la popolazione ha un titolo di studio elevato minore è l’ingestione di sale con la dieta, indice di una maggiore coscienza della nocività dell’eccesso di sale. Da dove proviene il sodio che assumiamo? I cibi conservati e precotti rappresentano la fonte principale, con oltre il 50%, mentre il 35% deriva dal sale direttamente aggiunto sui cibi in tavola; la rimanenza è a carico dei cibi freschi. La Commissione europea stima che più del 75% del sale venga assunto dai cibi industriali o consumati fuori casa. Se da un lato l’indicazione delle porzioni sugli alimenti di fabbricazione industria-

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le aiuta il cittadino ad un consumo consapevole — “una porzione da 40 grammi contiene …”, “un biscotto contiene…” — è altresì vero che è necessaria un’educazione alimentare orientata alla valutazione di tutte le fonti di sodio che normalmente vengono assunte, al fine di evitare un effetto sommatoria nella stessa giornata oppure per far seguire ad una giornata con cibi ricchi di sale un’altra dove si cerca di compensare. Non c’è dubbio, infine, che l’obbligo dell’indicazione delle informazioni nutrizionali in etichetta, in vigore nell’Unione a partire dal 13 dicembre 2016, abbia costituito per tutti i produttori un pungolo alla ricerca di nuove soluzioni orientate ad una maggiore salubrità dei cibi, con riferimento in particolare al tenore in grassi saturi, zuccheri, sale. E i primi risultati già si vedono: le analisi realizzate dall’Autorità della Sicurezza Alimentare della Repubblica d’Irlanda hanno mostrato una riduzione del contenuto in sale nel bacon, nei prosciutti cotti e nelle salsicce rispettivamente del 27%, 15% e 11% comparate con la precedente rilevazione. Come si stanno muovendo le associazioni di consumatori Nei Paesi Bassi un’associazione di consumatori ha fatto realizzare da un laboratorio indipendente delle analisi sui principali cibi industriali a marchio della GDO (piatti pronti, prodotti a base di carne). I risultati hanno messo in luce notevoli differenze tra il valore analitico e quello di alimenti simili: in taluni casi il valore riportato sulle confezioni non era accurato, pur considerando l’incertezza analitica (valore effettivo più alto o più basso di quello scritto in etichetta); pertanto è nata una mozione al Parlamento per intensificare il monitoraggio e porre dei vincoli all’industria e alle organizzazioni commerciali. Già dal 2014 è stato istituito un comitato scientifico con potere consultivo riguardo i contenuti in sale, zuccheri e grassi saturi dei cibi venduti sul territorio dello Stato.

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Tuttavia, le indicazioni fornite non sono state sempre accolte dai produttori. Per questo motivo alcuni gruppi politici vorrebbero che le opinioni del comitato divenissero vincolanti per l’industria e per gli artigiani ma vi è ancora un dibattito aperto sul tema. Analoga situazione in Francia, dove un’associazione di consumatori ha fatto analizzare oltre 130 alimenti presenti negli scaffali dei supermercati, confrontando ove possibile i risultati con quelli degli stessi prodotti analizzati nel 2013: su 77 prodotti analizzati a distanza di tre anni, solo 13 avevano ridotto il tenore di sodio. L’associazione ha quindi redatto una linea guida per costruire una dieta più povera di sodio scegliendo tra prodotti analoghi quelli più benefici al contenimento della pressione arteriosa mentre sta agendo verso il Parlamento perché ponga dei limiti restrittivi alle industrie. Effetto dell’eccesso di sale nella dieta Il consumo in eccesso di sodio comporta un innalzamento della pressione arteriosa, la quale rappresenta un fattore di rischio per malattie cardiovascolari, cerebrovascolari e renali. Un consumo entro i 6 grammi al giorno rispetto ai 9-10 medi di molti paesi europei consente di ridurre da 6 a 8 mmHg la pressione arteriosa sistolica (la cosiddetta pressione massima); insieme ad altre buone pratiche quotidiane come l’attività fisica, il consumo contenuto di alcool e una dieta ricca di frutta e verdura nonché il controllo del peso corporeo può contribuire nel complesso ad una riduzione da 25 a 40 mmHg. L’Unione Europea considera che il 36% delle malattie croniche sia direttamente legata all’ipertensione arteriosa. Roberto Villa Nota 1. CAPPUCCIO F.P. et al. (2015), Varianti geografiche e socioeconomiche del consumo di sale e potassio in Italia: le risultanze del programma MINISALGIRCSI, BMJ Open 2015.


FORMAZIONE

Tappa a Lubiana per la Meat Academy Vola in Slovenia l’evento formativo-educativo rivolto a chef, ristoratori e macellai, grazie al quale è possibile approfondire la conoscenza della carne irlandese attraverso presentazioni, dibattiti, workshop e, alla fine, via alla degustazione!

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BIA – IRISH FOOD BOARD, l’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari e bevande irlandesi, continua la sua “campagna di promozione” della carne made in Ireland. E questa volta lo fa attraverso la Meat Academy, la cosiddetta “Accademia della carne” con cui cerca di istruire ed educare il pubblico, dal distributore ORD

al consumatore finale, a distinguere la qualità e l’eccellenza nel settore delle carni. L’obiettivo è quello di aumentare le vendite nel settore e migliorare la conoscenza del manzo e agnello irlandese tra le macellerie tradizionali italiane e nel vasto mondo della ristorazione. A tal proposito, lo scorso 30 maggio, si è svolto a Lubiana, in Slovenia, un evento organizzato da Bord Bia

– Irish Food Board, in collaborazione con Dawn Meats e Selecta, in un contesto internazionale che ha coinvolto non solo clienti italiani, ma anche ristoratori e operatori del settore croati e sloveni. A prendere parte all’evento, GIORGIO PELLEGRINI, un grande sostenitore del manzo irlandese in Italia, nonché presidente dell’ASSOCIAZIONE MACELLAI di Milano e consigliere FEDERCARNI.

Giorgio Pellegrini e Igles Corelli.

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Alcuni particolari della giornata svoltasi a Lubiana.

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L'Irlanda, con la sua natura incontaminata, è un’origine privilegiata in termini di qualità, affidabilità, gusto e sapore della carne bovina. Con il brand Nature’s Meadow Selecta si pone come interlocutore diretto per la commercializzazione di carne irlandese di altissima qualità nei confronti degli operatori della ristorazione interessati a target alti di mercato

Cambiano gli spettatori, e gli chef o i macellai, ma il concept non cambia: attraverso la cosiddetta “Accademia della carne” si cerca di istruire ed educare il pubblico a distinguere la qualità e l’eccellenza nel settore delle carni. Giorgio ha dato un contributo fondamentale all’evento, con la sua esperienza e il suo carisma è riuscito a coinvolgere i partecipanti in un dibattito stimolante e costruttivo, e, da esperto macellaio, ha anche dato dimostrazione di come poter ricavare il meglio da diversi tagli di manzo irlandese. Ad arricchire questa Meat Academy è stata la presenza dello chef IGLES CORELLI, che con il suo lavoro di ricerca e la sua passione per il servizio continua a ricevere riconoscimenti importanti, come l’assegnazione della stella Michelin al ristorante Atman a Lamporecchio,

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in provincia di Pistoia: un ospite d’eccezione che ha deliziato tutti con i suoi piatti. La prelibata carne bovina irlandese sul mercato italiano grazie a Dawn Meats e Selecta Il gruppo Dawn Meats commercializza il brand Nature’s Meadow in esclusiva per l’Italia attraverso la rete distributiva di Selecta, che ha la possibilità di attingere, solo dalle migliori fattorie irlandesi, capi di bestiame allevati al pascolo che si nutrono di erba per la maggior parte dell’anno. I capi vengono selezionati in base alla conformazione ed

il livello di grasso secondo la scala “EUROP”. Sono macellati solo animali sotto i 30 mesi di età ed il cui peso della mezzena è compreso tra i 140 e i 180 kg, con conformazione R o U e grasso 4 o 5. Da queste carcasse viene selezionata la parte più pregiata, poi fatta frollare tradizionalmente. La frollatura permette la concentrazione dei sapori, la formazione di un gusto distinto, la tenerezza e un colore rubino intenso combinato alle striature di grasso che rappresentano la marezzatura naturale della carne. >> Link: www.bordbia.ie

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GARE CARNIVORE

È iniziato il conto alla rovescia per il 7o World Butchers Challenge

WBC: ecco la Nazionale Italiana Macellai

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ome vi avevamo anticipato nello scorso numero della RIVISTA, sono iniziati i preparativi tecnici e organizzativi per la 7a edizione del World Butchers Challenge, la sfida mondiale dei maestri delle carni che si terrà dal 16 al 21 marzo 2018 a Belfast, in Irlanda del Nord, in concomitanza a IFEX, l’International Food Exhibition. Sono 12 i Paesi ufficialmente iscritti e tra questi c’è anche l’Italia. L’evento, organizzato da Butchery Excellence Scheme, vedrà gareggiare i butchers italiani con quelli provenienti da Australia, Bulgaria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda,

Nuova Zelanda, Spagna, Sudafrica e Stati Uniti d’America, che si sfideranno a colpi di coltello tra disosso, lavorazione, preparazione del banco carni. Il tutto con stili, tecniche e manualità sicuramente differenti. A fine maggio è stata ufficializzata la squadra di macellai della Nazionale italiana. Ecco i finalmente nomi: • FEDERICO DAL LAGO, Arsiero (VI): da decenni nel mondo della carne, Federico ha “contaminato” la propria formazione con svariate tecniche e culture carnivore. Per lui nessun taglio ha dei segreti. Grazie alla sua esperienza, e con il suo inconfon-

dibile accento veneto, dirigerà le prime fasi determinanti del contest; • GIANNI GIARDINA, Canicattì (AG): determinato nell’agire, motivato e di grande esperienza, Gianni ha acquisito una tecnica nel disosso a velo che sarà un’arma vincente per la Nazionale Italiana Macellai; • ROBERTO PASSARETTA, Minturno (LT): specializzato nei preparati, cultore della precisione e sempre pronto a osare, Roberto si contraddistingue per l’eleganza dei suoi elaborati di carne. • ANDREA LAGANGA, Grosseto: il

Lo staff tecnico della Nazionale Italiana Macellai: Fabrizio Gasparrini (segretario), Orlando Di Mario (patron), Gianni Giardina (referente), Francesco Camassa (coach), Massimo Caldera (tesoriere) e Andrea Laganga (direttore).

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nella ricerca delle razze da carne. Francesco ha inoltre una indubbia capacità relazionale e inclusiva che lo aiuterà a gestire al meglio il team Italia. Australia Ad inizio maggio il team australiano degli Steelers è volato a Wellington, Nuova Zelanda, per una gara di disosso di due ore con i Pure South Sharp Blacks, la cosiddetta TransTasman Express, aggiudicandosi la vittoria. Nel corso della trasferta i macellai hanno lavorato insieme per presentare un banco carni completo con preparati a base di manzo, agnello e suino. Scopriamo i giudici Iniziamo con TODD HELLER, neozelandese, professionista di lunga data nell’industria del retail delle carni e attivo nel World Butchers’ Challenge dal suo inizio nel 2011. Stimato per la sua integrità, passione e affidabilità, Mr. Heller proviene da una famiglia di macellai che va indietro nel tempo fino agli anni intorno al 1880, periodo in cui il suo avo Gorg Heller emigrò dalla Germania alla Nuova Zelanda alla ricerca di oro. Nel 1985 Todd Heller aprì la sua prima macelleria a New Brighton, Christchurch, consolidando una professionalità che oggi tutto il comparto gli riconosce a pieno titolo.

In alto: un componente del team australiano (photo © beefcentral.com). In basso: il giudice Todd Heller (photo © World Butchers’ Challenge Council). più giovane della squadra, un toscano eclettico e rivoluzionario, Andrea è il fantasista della Nazionale, pronto ad osare con gusti, forme e sapori innovativi abbinati alla tradizione delle carni italiane; • MARA LABELLA, Doganella (LT): una rappresentante femminile di grande caratura per un

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mondo tipicamente maschile, pioniera nell’evoluzione dello stile in macelleria; • FRANCESCO CAMASSA, Grottaglie (TA): già coach della Nazionale, è il capitano della squadra, con grande esperienza maturata nel disosso, nei vari tagli e nella preparazione di elaborati, oltre che nelle lunghe frollature e

World Butchers Challenge 16-21 marzo 2018 Belfast (Irlanda del Nord, UK) www.butcheryexcellence.com www.facebook.com/worldbutcherschallenge www.instagram.com/ worldbutcherschallenge twitter.com/hashtag/ worldbutcherschallenge www.facebook.com/Nazionale-Italiana-Macellai-635715386626849

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BUTCHERS FOR CHILDREN

I macellai per Casa Sebastiano

1) Foto di gruppo con tutti i macellai e volontari che hanno partecipato alla giornata di solidarietà per Casa Sebastiano. Erano presenti Simone Fracassi dalla Toscana, dal Veneto Stefano Rizzi, Luca e Diego Breccia, Moreno Favaretto, Andrea Povolo, Francesca Santin di Passione Preparati; dal Piemonte la Macelleria da Guerrino; dall’Emilia Roberto Papotti; dalla Lombardia la Macelleria Maggio della famiglia Biassoni e Donato Turba dell’Antica Macelleria Turba; dal Lazio Luca Rossi e Mario Angelucci. Presenti anche molti macellai dell’Associazione Commercianti di Trento, con Massimo Cis, Val di Ledro, Nicola Cappelletti, Altipiani Cimbri, Massimo Corrà, Val di Non, Patrick Bazzoli, Val Rendena, Giuseppe Dagostin, Val di Fiemme, Roberto Marchiori Val di Non, Romano Giuliani, Rovereto, Massimo Zenatti, Rovereto e Albino Bertoldi, Riva del Garda. 2/3) La giornata che ha riunito maestri macellai e amanti delle auto d’epoca e supercars con il V raduno di AppassionAuto si è svolta nel comune trentino di Coredo, in Val di Non.

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o scorso 28 maggio, in una giornata che ha anticipato il caldo estivo, la piccola località trentina di Coredo, in Val di Non, ha ospitato una ventina di macellai giunti da varie regioni d’Italia per un obiettivo forte e chiaro: raccogliere fondi destinati alla Fondazione Trentina per l’Autismo Casa Sebastia-

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no, uno spazio per i ragazzi autistici che offre percorsi didattici, terapie individuali, gioco e formazione. Sotto la regia impeccabile di MASSIMO CORRÀ aka MAX GOLOSO, i macellai hanno proposto piatti carnivori ai piloti di 140 vetture tra auto d’epoca e supercars, giunte a Coredo a conclusione del V raduno di AppassionAuto.

È stata una bella domenica all’insegna della solidarietà, dell’amicizia, della carne e dei Butchers for Children, il movimento fondato nel 2001 da DARIO CECCHINI dell’Antica Macelleria Cecchini di Panzano in Chianti (FI), alla quale oggi aderiscono maestri macellai di tutta Italia con iniziative di supporto a progetti per l’infanzia.

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Casa Sebastiano: una nuova visione dell’autismo Un luogo di accoglienza, non per curare una malattia, ma per vivere percorsi di crescita educativi e riabilitativi, per sperimentare autonomie, un luogo di formazione e di studio: inaugurata lo scorso 2 aprile nella decima giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, Casa Sebastiano è oggi il più avanzato centro d’Europa per i disturbi dello spettro autistico, fortemente voluto dal suo presidente Giovanni Coletti e dalla Fondazione Trentina per l’Autismo. Ma chi era Sebastiano? Era un ragazzo autistico e aveva 10 anni quando scomparve nelle acque del torrente che taglia la Val di Sole. Era un ragazzo a cui piaceva l’acqua, tanto da buttarcisi dentro. «Gli piaceva nascondersi» ha ricordato papà Guido all’inaugurazione. «Vogliamo pensare che oggi sia nascosto in qualche angolo di questa casa». La struttura che ora porta il suo nome è un edificio colorato, arioso, realizzato con materiali ecosostenibili e nel quale nulla è lasciato al caso. Sono state oltre 35 le associazioni che hanno aiutato la Fondazione nella realizzazione di un progetto che ha visto il coinvolgimento di 1.800 volontari. Casa Sebastiano offre risposte ai bisogni dei soggetti con autismo e alle loro famiglie. Uno spazio con percorsi educativi individualizzati per rinforzare le competenze cognitive, comunicative e relazionali attraverso attività ludiche, ricreative e sportive; uno spazio residenziale di sollievo con programmi strutturati e personalizzati dove sperimentare e consolidare autonomie personali di vario genere. Al suo interno c’è anche la prima Stanza Multisensoriale Interattiva in Italia in grado di creare realtà virtuali da esplorare e giochi interattivi che vengono controllati dal movimento gestuale dell’utente, che interagisce direttamente con le immagini, i colori, i suoni e i profumi, andando a stimolare l’attività fisica e cognitiva di diverse competenze. L’innovativa tecnologia si avvale di un sistema di proiezioni interattive su pavimento e pareti, che produce immagini e suoni sensibili al movimento con software di oltre 300 applicazioni personalizzabili e sistema luminoso a LED per la cromoterapia (photo © tamaaernova.com). >> Link: www.fondazionetrentinaautismo.it

Molteplici le attività previste a Casa Sebastiano, tra le quali laboratori di cucina, falegnameria, pittura e arte, musicoterapia, attività di fattoria con la cura di animali, pet terapy, coltivazione di ortaggi ed educazione ambientale, laboratorio di attività motoria e inserimento protetto in contesti lavorativi del territorio. Tutte queste iniziative serviranno a sostenere Casa Sebastiano partendo da un semplice sillogismo ripetuto spesso dal presidente della Fondazione Trentina per l’autismo: «i progetti sociali devono piano piano sostenersi da soli per non pesare sempre sulle casse pubbliche».

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1) La squadra dei butchers trentini: in alto, da sinistra, Macelleria Cis – Massimo Cis, Macelleria Bertoldi – Albino Bertoldi, Macelleria equina Zenatti – Massimo Zenatti, Macelleria Dagostin – Giuseppe Dagostin, Macelleria Giuliani – Romano Giuliani. In basso, da sinistra, Macelleria Marchiori – Roberto Marchiori, Macelleria Bazzoli – Patrick Bazzoli, Macelleria Max Goloso – Massimo Corrà, Macelleria Cappelletti – Nicola Cappelletti. 2) Super griglie in azione per l’occasione. 3) Albino Bertoldi ha offerto la carne salada in degustazione agli ospiti della giornata. 4) Uno scatto presso lo stand della macelleria di Andrea Povolo. 5) Francesca Santin, a capo del gruppo Passione Preparati, con Mario Angelucci della Macelleria Luca Rossi di Roma e Stefano Rizzi della Bottega della Carne a Carrè (VI).

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MACELLERIE D’ITALIA

Luca Colzera e La Succulenta: carne scelta dal 1915 Carni bovine, suine e avicole fresche, insaccati di produzione propria e la nuova frontiera di preparati e pronti a cuocere a banco: diversificare l’offerta e dare un servizio in più al cliente è la sfida raccolta da Luca e famiglia di Gian Omar Bison

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COLZERA fanno macelleria dal 1915. Luca, appassionato titolare della bottega di famiglia “La Succulenta” a Treviso, documenta con testimonianze, anche fotografiche, l’attività che il nonno Luigi svolgeva da garzone a Padova. Tutti macellai e tutti dipendenti i Colzera, compreso il padre Antonio che,

dopo aver lavorato per esercizi diversi nel Padovano, compresi punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata, ha avviato una rivendita a Carità di Villorba (TV) nel 1982. «Ho iniziato a lavorarvi a diciassette anni» ricorda Luca. «Da allora, compresa l’evoluzione del nostro lavoro verso i preparati e i pronto

cuoci, dopo aver acquistato il primo forno a convenzione nel 2002, ci siamo trasferiti nel 2011 a Santa Bona, località di Treviso, per avere uno spazio più grande con annessa cucina per ampliare e differenziare l’offerta gastronomica. Un’offerta da proporre alla clientela anche sottovuoto e con cotture a bassa

Luca Colzera seleziona personalmente i capi di razza Limousine e Charolais da vendere in negozio.

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Il banco macelleria del negozio di Luca Colzera in via Bona Nuova a Treviso. temperatura». L’acquisto di materia prima è laborioso. Sostiene Luca di approvvigionarsi, nel caso del bovino adulto, soltanto da piccolissimi allevatori che ristallano quattro, al massimo cinque capi, solitamente di razza Limousine o Charolais, che va ad acquistare vivi direttamente nelle stalle. «Con queste dimensioni mi sembra di riscontrare un’attenzione maggiore per il benessere e l’alimentazione animale. E questo poi si nota, secondo me, nella maggiore qualità delle carni. Il vitello, invece, lo acquistiamo in allevamenti più grandi del Veneziano». Diverso il ragionamento sul maiale. «Il suino padano pesante lo compero da allevamenti di dimensioni importanti. Gli stessi che forniscono le cosce per il prosciutto di Parma. Sono convinto che l’alimentazione ponderata, corretta del maiale sia determinante per la resa organolettica. Inutile rivolgermi al piccolissimo allevatore che avendo una partita di arance acquistata sottocosto le propina come alimento principale per due settimane. Le carni ne risentono e si sente al gusto

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negli insaccati. Lo dico perché mi è capitato». Salami, salsicce, salamelle e sopresse si insaccano in house. E nel 2015 è arrivato il riconoscimento della comunità gastronomica trevigiana al concorso per la miglior luganega trevigiana bianca da riso, confezionata con la parte magra della pancetta fresca del maiale, macinata a grana fine, drogata con sale e pepe (la famosa dosa trevigiana) e insaccata in budello suino strozzato con legatrice ogni 8-10 centimetri. Senza conservanti e senza stagionatura. È un prodotto nato per condire minestre e risotti conferendo loro un sapore particolare, ben descritto nel libro del Maffioli “La cucina trevigiana” (Orme Editori). Tutto l’avicolo viene acquistato direttamente da un allevamento di Valdobbiadene (TV). «Tra l’altro noi siamo specializzati nell’oca che prepariamo in maniera diversa anche, con pietanze a base di fegatini e duroni» prosegue Luca. «Puntiamo molto sulla tradizione culinaria tipica della nostra regione che secondo noi è vincente».

Il futuro è nei cotti Ma è nella gastronomia che Luca Colzera scorge il futuro della sua macelleria. «Lavoriamo molto con preparati pronti che proponiamo alla clientela. In particolare carni diverse e disossate accompagnate da verdure di stagione come il radicchio visto che siamo nella terra di eccellenza di questo ortaggio. Non è che vendendo cotto vendo di più. Vendo sempre lo stesso quantitativo di carne ma, considerato il prezzo equo che cerchiamo di mantenere, sono convinto lo si faccia per diversificare l’offerta e dare un servizio al cliente. Il passaggio alla gastronomia è quasi un atto dovuto per chi ritiene di rinnovare e vivificare l’attività di macelleria. Ciò detto, ci piace cucinare (la figlia Camilla lavora da tre anni come cuoca a Londra in un ristorante nei pressi di Piccadilly Circus, Nda) sia a me che a mia moglie Loredana e questo è importante. Quando vendo un bel pezzo di carne cruda sono soddisfatto ma non ho chiuso il cerchio. Non so se il cliente sarà in grado di prepararlo, di cuocerlo nella maniera più adeguata per esaltarne le caratteristiche. Quando vendo cotto chiudo il cerchio e so di aver dato il massimo all’avventore». Il negozio è aperto dal lunedì mattina al sabato sera. «Mi sveglio alle cinque e sono in negozio alle sei tutti i giorni». In bancone tra le carni cotte troviamo la tagliata di pollo al lime, quella di vitello al basilico e arancio e di sorana con radicchio di Treviso e aceto balsamico. E poi la classica porchetta trevigiana, ragù di anatra o di coniglio con le olive taggiasche, di agnello con pomodori secchi. Una selezione di almeno quattro tipi di lasagne. «E poi vari tipi di arrosti e spezzatini accompagnati sempre da almeno una decina di varietà di contorni». Gian Omar Bison Macelleria Succulenta di Luca Colzera Via S. Bona Nuova 45 31100 Treviso (TV) Telefono: 0422 231104 facebook.com/macelleria.succulenta

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Il marchio Compral protagonista nel mondo della zootecnia di qualità

35 anni di Compral: una realtà che ha modernizzato la zootecnia cuneese e valorizzato la filiera della razza Piemontese

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er Compral il trend di crescita continua. Lo confermano i dati del bilancio 2017 (oltre 220 soci, fatturato in incremento a 27 milioni), che è stato portato all’esame dell’assemblea annuale convocata lo scorso 4 maggio al Giardino dei Tigli di Cussanio. È stato il presidente ROBERTO CHIALVA a presentare la relazione sociale, sottolineando gli importanti investimenti avviati e portati a termine negli ultimi anni dalla cooperativa

cuneese, con il caposaldo dell’ormai consolidato laboratorio di sezionamento e porzionatura delle carni al MIAC. «Ora quell’investimento coraggioso e in gran parte autofinanziato vale 4 milioni di euro postati alla voce patrimonio» osserva Chialva. «Il laboratorio ha consentito di aprire nuovi mercati, potenziando e migliorando l’offerta Compral su tutti i segmenti, dalla Grande Distribuzione all’export, ai punti vendita associati, al lan-

cio del brand Fassoneria, società partecipata in franchising che ai due locali di Torino ha aggiunto di recente la risto-hamburgeria di Reggio Emilia. Tutte iniziative che hanno fatto dei nostri produttori gli attori della prima vera filiera corta della razza Piemontese, nell’ambito del sistema allevatoriale al quale l’associazione regionale ARAP assicura servizi e assistenza continua con personale qualificato».

Nel 1982 si affacciava sulla scena agricola cuneese il marchio Compral. Oggi la cooperativa è una fra le più importanti realtà economiche dei bovini di razza Piemontese, con 10.000 capi macellati all’anno (photo © daniele moliners).

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Il Laboratorio Compral.

Oltre al confortante aspetto economico, il nostro è anche un percorso di riscatto sociale, ha raccontato Bartolomeo Bovetti, direttore Compral e figura storica del mondo zootecnico cuneese, per il forte impulso alla modernizzazione impresso al settore. L’aver fatto squadra, messo insieme risorse e progetti condivisi, ha cambiato il ruolo dell’allevatore, diventato produttore e imprenditore

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Era il 1982 quando sulla scena agricola cuneese si affacciava il marchio Compral, in una realtà ancora caratterizzata dai mercati bestiame vecchio stampo, all’interno dei quali la Piemontese faticava a imporre il suo profilo di eccellenza. Ognuno faceva per sé e nella battaglia dei prezzi era l’allevatore a dover soccombere; in questi 35 anni, pur fra le inevitabili difficoltà determinate dalla novità della sfida, il cammino di sviluppo non si è mai arrestato. E ora la Compral (sigla che significa Cooperativa Commercializzazione Prodotti Allevamenti) è una fra le più importanti realtà economiche dei bovini di razza Piemontese, con 10.000 capi macellati all’anno. «Oltre al confortante aspetto economico, il nostro è anche un percorso di riscatto sociale — ha raccontato BARTOLOMEO BOVETTI, direttore Compral e figura storica del mondo zootecnico cuneese — per il forte impulso alla modernizzazione impresso al settore. L’aver fatto squadra, messo insieme risorse e progetti condivisi, ha cambiato il ruolo dell’allevatore, diventato produttore e imprenditore». Il dott. Bovetti ha sottolineato l’importanza del sistema associativo — prima fondato sulle APA, ora integrate nel modello ARAP — in cui si muove l’orbita Compral. «Il passaggio alla dimensione orga-

nizzativa regionale ha dato lustro al Piemonte, additato a esempio nazionale. La razionalizzazione degli organici, delle varie attività e dei servizi, va a beneficio delle aziende che possono contare su un’assistenza continua e di alto livello. Lo tocchiamo con mano ogni giorno nel comparto latte e ne abbiamo la riprova come Compral Carni, dove il discorso della sicurezza sanitaria e della tracciabilità del prodotto è materia che richiede consulenza specializzata». Protagonista sul mercato interno (da oltre dieci anni la cooperativa serve i due massimi soggetti italiani della GDO) e con interessanti proiezioni verso l’export («Siamo stati i primi a portare la Piemontese a Hong Kong e a curarne la certificazione con le autorità locali», ricorda Bovetti), Compral Carni, come detto, sta puntando al consumatore giovane con la linea della Fassoneria (ristorazione, take away e area delivery). «L’apertura di Reggio Emilia, in un locale situato in pieno centro e ben gestito da due ragazzi in gamba — ha rimarcato il dottor Bovetti — ha avuto un successo superiore alle aspettative. Ora stiamo preparando con i nostri partner FABRIZIO BOCCA e BEPPE DE LUCA i prossimi sbarchi a Palermo, Roma e in altre città italiane». (Fonte: compral.it)

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CONVEGNI

La biosicurezza fa il tutto esaurito alla Giornata della Suinicoltura Successo del convegno organizzato a Montichiari (BS) da Expo Consulting Srl. Temi clou della giornata, la biosicurezza e le nuove frontiere della prevenzione

U

na sala convegni col tutto esaurito ha fatto da sfondo alla Giornata della Suinicoltura organizzata dalla bolognese Expo Consulting Srl svoltasi presso il Garda Hotel di Montichiari (BS) lo scorso 31 maggio. “Biosicurezza e salute animale. Le nuove frontiere della prevenzione in suinicoltura” era il titolo sul quale si sono snodati gli interventi dei relatori chiamati ad approfondire un tema di grande attualità, la biosicurezza dentro e fuori l’allevamento, rispetto al quale è in corso di svolgimento il Progetto

BioFaBenMa (Programma integrato biosicurezza-benessere-farmaco-macello) che vede coinvolti il Ministero della Salute e l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (IZSLER). «Il problema vero, in Italia, non riguarda i criteri di biosicurezza, quanto la loro applicazione», ha affermato LORIS ALBORALI, direttore della sezione Diagnostica dell’IZSLER, ricordando che dal 21 aprile 2021, con l’entrata in vigore della relativa normativa europea, la biosicurezza assumerà tutti i crismi di un Piano sanitario

e, di fatto, imporrà agli allevatori il rigoroso rispetto di quanto la norma prevederà. Sono 179 gli allevamenti al centro del Progetto BioFaBenMa, il cui obiettivo è quello di valutare la biosicurezza dentro e fuori l’allevamento. «Due i livelli in cui il Progetto si suddivide — ha spiegato Alborali — il primo, Bio 1, identifica i principali rischi ed è costituito da 52 domande generali che riguardano la quarantena, la riproduzione, lo svezzamento e l’ingrasso; il secondo, Bio 2, è composto da 109 domande

I relatori alla Giornata della Suinicoltura svoltasi presso il Garda Hotel di Montichiari (BS) lo scorso 31 maggio e organizzata dalla bolognese Expo Consulting Srl.

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A Montichiari i relatori sono stati chiamati ad approfondire un tema di grande attualità e di grande interesse, visto l’alto numero dei partecipanti alla giornata, la biosicurezza dentro e fuori l’allevamento, rispetto al quale è in corso di svolgimento il Progetto BioFaBenMa. per lo più concentrate sulla gestione aziendale. Siamo all’inizio, ma possiamo già affermare che la media attualmente registrata negli allevamenti italiani per il primo livello si attesta a 70, in un range che va da 0 a 100, e quindi, pur in presenza di una grande variabilità, il risultato è abbastanza soddisfacente. La media invece registrata per il Bio 2 si ferma a 65. I margini di miglioramento sono evidenti — ha spiegato ancora Alborali — soprattutto se ci riferiamo alla biosicurezza esterna l’allevamento. A questo proposito il primo e fondamentale passo da fare riguarda la scrupolosa applicazione del tutto pieno-tutto vuoto e la puntuale pulizia dei mezzi di trasporto dei maiali, un aspetto, quest’ultimo, che non può prescindere da un concreto coordinamento tra produttori e trasportatori. Sarebbe sbagliato vedere nell’applicazione della biosicurezza in allevamento un costo, perché in realtà si tratta di un autentico investimento: abbiamo infatti calcolato che per ogni euro investito il ritorno è pari a 7 euro». Il Progetto BioFaBenMa si concluderà a fine 2017 e successivamente verranno elaborati i risultati definitivi che permetteranno di avere un quadro definito della situazione negli allevamenti italiani.

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Ma se la biosicurezza non può esistere senza il benessere animale, come ha sottolineato nel suo intervento ELISA BIANCO, responsabile del settore alimentare di Compassion in World Farming, e i Piani vaccinali ad hoc contribuiscono ad elevare lo stato sanitario dei suini e a ridurre il consumo del farmaco, come ha ricordato STEFANO FIONI, medico veterinario, «per essere competitivi, oggi, occorre trovare sistemi di reale collaborazione tra i vari attori della filiera», ha dichiarato GABRIELE CANALI, direttore di CREFIS (Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole). «Le buone quotazioni che da un anno e mezzo stanno premiando la redditività degli allevatori — è stato il suo ragionamento — devono rappresentare un’occasione da sfruttare per pensare a strategie future. Oggi il mercato guarda al benessere animale con grande attenzione e la richiesta che arriva dal consumatore va proprio in questa direzione. Se vogliamo continuare a fare della qualità della filiera suinicola la nostra bandiera, dobbiamo saper cogliere questa opportunità e anticipare la domanda: il benessere animale non è un problema in più, ma una possibilità per essere migliori».

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TECNOLOGIE

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ggi più che mai si esige dalle imprese dell’industria alimentare di sfruttare al meglio le capacità di produzione e soddisfare puntualmente le richieste dei clienti. Entrambi gli obiettivi sono legati ad un complesso processo di coordinamento nella gestione delle merci. Questo processo può essere riassunto nel concetto di Pianificazione e Gestione della Produzione, grazie al controllo degli ordini di produzione e di vendita. Il CSB-System, soluzione gestionale particolarmente efficace per la produzione e la logistica, è indicato per la preparazione razionale ed efficiente nonché la disposizione in tempi brevissimi di prodotti freschi. In generale, il CSB-System garantisce totale automatizzazione e trasparenza del processo di produzione, stesura di previsioni di vendita affidabili ed informazioni costantemente aggiornate. Pianificazione e controllo della preparazione ordini Dopo l’inserimento e l’accettazione, gli ordini di vendita vengono suddivisi e assegnati ai singoli reparti e/o alle singole postazioni incaricate della preparazione, diventando così degli ordini di produzione. Automaticamente viene realizzato anche un piano di assegnazione delle postazioni di lavoro. Sulla base dei tempi previsti di preparazione impostati si possono anche effettuare pianificazioni di impiego oppure spostamenti. Controllo degli ordini di produzione con il CSB-System Una volta assegnato l’ordine di produzione, il CSB-System è in grado di sorvegliarne in maniera continua l’a-

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vanzamento. Per ogni lotto e ordine di produzione vengono confrontati i tempi effettivi con i tempi previsti, con l’ora iniziale e l’ora finale. In questo modo, i responsabili di produzione possono individuare ritardi e difficoltà insorgenti e così intervenire tempestivamente con misure correttive. Lo stato dei singoli lotti ed ordini di produzione viene visualizzato progressivamente con relativi colori o segnalazioni luminose: • giallo sta per lotti/ordini non ancora in elaborazione, ma che secondo lo stato attuale della pianificazione verranno realizzati in un determinato periodo (in altre parole, tutti gli ordini prima dell’inizio del lavoro); • verde sta per lotti/ordini evasi nei tempi previsti (importante: è possibile impostare un valore di tolleranza); • rosso sta per lotti/ordini che, nonostante il valore di tolleranza, non sono stati evasi puntualmente; • arancio sta per lotti/ordini che,

a causa del ritardo di altri ordini, verranno anche elaborati in ritardo; • lampeggiante sta per lotti/ordini che al momento sono in lavorazione. Controllo Qualità completamente conforme all’HACCP I rigidi controlli a cui sono sottoposti i produttori di generi alimentari, rendono il Controllo Qualità dei prodotti finiti una prassi consolidata prima di procedere all’evasione ordini. Il CSB-System dispone di un apposito modulo per gestire con accuratezza non solo le prove obbligatoriamente prescritte dalla normativa, ma anche quelle individuali volute dal cliente. I passaggi critici vengono analizzati in maniera precisa, seguendo i check-point del movimento merci, affinché il produttore possa dimostrare, tramite provvedimenti adeguati nell’area tecnica o prove univoche, che il prodotto non provoca alcun danno al consumatore. Se non si

Pianificazione degli ordini.

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osservano i parametri prestabiliti a sistema, vengono subito avviate le relative non conformità e azioni correttive. Il responsabile della qualità riceve, inoltre, automaticamente, un avviso riguardante il mancato rispetto dei valori limite. Logistica ottimale con il CSB-System Il dati riguardanti l’accettazione e la preparazione ordini di vendita consentono l’ottimizzazione e la sicurezza dei processi logistici dalla preparazione della merce al carico, fino alla conferma delle consegne eseguite nei giri. Questi dati vengono impostati nell’ambito degli “Accordi logistici” della Gestione Giri del CSB-System come base teorica per il flusso di ordini da prevedere. Il flusso di ordini continuo viene così monitorato, indifferentemente se gli ordini giungano tramite contatto telefonico con il cliente o per EDI. Arrivato il momento di avviso per ogni giro, il CSB-System segnala tutti i clienti che fino a quel punto non hanno ancora ordinato, o che non hanno ancora prenotato nessun ordine per la data di consegna. Se necessario, può essere generato automaticamente un piano di telefonate utilizzabile nel reparto vendite, affinché nessun ordine vada perso. I vantaggi di un processo produttivo controllato I moduli del CSB-System sono impostati strategicamente come sistemi di segnalazione tempestiva e di controllo. Essi assicurano in maniera costante la conduzione, la sorveglianza ed il controllo razionali dei singoli processi di produzione. Successo ed utilità si documentano da soli con: • aumento della disponibilità di consegna; • pianificazione semplificata delle risorse del personale; • eliminazione delle ore di lavoro straordinarie; • notevole miglioramento del servizio ai clienti. CSB-System gestionale completo e integrato Il CSB-System, come soluzione completa per l’industria alimentare

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In alto: preparazione ricette. In basso: preparazione ordini. a supporto totale della direzione d’impresa, integra anche le seguenti aree: • contabilità generale – contabilità finanziaria, contabilità industriale, contabilità cespiti; • totale (RIN)TRACCIABILITÀ integrata, con gestione lotti, date di scadenza, ecc…; • rilevazione presenze del personale, tempi macchinari e loro allestimento; • controllo qualità; • CRM (Customer Relationship Management); • collegamenti CIM (Computer Integrated Manufacturing) con integrazione di bilance, scanner in RF, magazzino a scaffali, pesoprezzatrici, ecc… Vale la pena sottolineare che tutti i moduli CSB-System possono essere forniti insieme oppure acqui-

stati in fasi diverse assecondando la crescita e le necessità aziendali. In questo modo, non sono più necessari né l’acquisto di prodotti extra né costose programmazioni né l’allestimento di interfacce supplementari.

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Da Jarvis cartucce certificate per un abbattimento efficace

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arvis Italia, distributrice esclusiva per l’Italia dei prodotti Jarvis USA, ha lanciato un nuovo prodotto nel campo degli storditori. La novità sta nella cartuccia, che ha ottenuto la certificazione dall’ente tedesco BAM (Bundesanstalt für Materialforschung und Prüfung). Sotto la sigla CIP, in evidenza sul packaging delle cartucce, si ha tutta la tranquillità di un prodotto di altissimo livello, certificato e in linea con le rigorose normative europee in materia di benessere animale. Jarvis propone queste cartucce per qualsiasi calibro dello storditore e per tutte le tipologie di animali, da quelli in piccola taglia ai tori. L’azienda, con sede a Suzzara, in provincia di Mantova, cura la commercializzazione, le demo, le installazione e la manutenzione di tutte le macchine ed attrezzature necessarie per l’abbattimento e la macellazione di bovini, equi-

ni, suini, ovo caprini e pollame, garantendo un servizio di manutenzione e ricambistica, oltre che di assistenza, su tutto il territorio nazionale.

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Una materia prima buona e poco costosa Parliamo della carne recuperata meccanicamente (CSM), lavorata con le macchine di Lima, Francia

Q

uesto prodotto, risultante da una particolare lavorazione di cui l’azienda francese Lima è leader mondiale, si ricava da rifilature varie di carni suine così come da ali e carcasse di pollo. In poche parole, si sfruttano fino in fondo alcuni scarti di lavorazione che, diversamente, finirebbero all’inceneritore, ottenendone un’economica materia prima dalle molteplici possibilità di utilizzo. Il procedimento è semplice: si introducono le parti da lavorare nella zona di carico. Queste cadono sulla coclea, che le sospinge verso la testata filtro dove si effettua il recupero, separando la carne rimanente dallo scarto definitivo. Il prodotto esce dai fori o dalle apposite feritoie presenti sulla testata, mentre lo scarto passa attraverso il centro della testata stessa e viene scaricato. Le testate filtro, in dipendenza dal prodotto che si lavora, si possono avere con fori da 3 a 4 mm, oppure con feritoie orbitali di spessore da 2 a 3 mm e lunghe sino a 25 mm. La resa produttiva si determina regolando la pressione di spinta della

coclea: a bassa pressione (sotto 100 bar) si ha una resa del 23% circa, ad alta (sino a 400 bar) si raggiunge il 77% circa. La famiglia di macchine Lima si suddivide in versioni adatte ad ogni possibile esigenza: • separatrici per recupero carne e per recupero polpa di pesce; • disossatrici per eliminare piccoli frammenti ossei; scotennatrici per separare parti di cotenna dal grasso; • snervatrici per eliminare nervi, tendini e cartilagini. La carne di manzo CSM è vietata in Europa, tuttavia ne è permessa l’eliminazione meccanica di tendini, nervi e cartilagini; per questo impiego Lima propone specifiche macchine, usabili anche per il suino (ad esempio per pulire i geretti). Tutta la gamma viene proposta in una tipologia tale da essere alla portata di ogni azienda: si parte da modelli con lavorazioni orarie da 100 a 300 kg/h per arrivare sino ai 20.000 kg/h. La carne appena recuperata, se destinata a prodotti da cuocere, va congelata subito.

Il contenuto residuo di calcio è minimo: 21 milligrammi su 100 grammi (la FAO consiglia da 4 a 500 mg al giorno), decisamente più basso di quello del prodotto ottenuto da macchine a cinghia con tamburo rotante, così come la resa, che raggiunge il 70% con Lima contro il 30% raggiunto con quelle a cinghia. Le carni CSM trovano già buona applicazione sul nostro mercato, ad esempio nei würstel: in certi tipi alcuni produttori ne aggiungono dal 40 al 70% agli impasti. Ogni macchina Lima, dalla più piccola alla più grande: • viene costruita con i migliori materiali e componenti; • l’impianto elettrico è racchiuso in una scatola a doppia prote-

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Eurocarni, 7/17


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zione, ha piedini regolabili, più basi fisse per facilitare la pulizia; • consuma pochissima energia (1 kW per 180 kg di prodotto) • è facile sia da usare che da lavare • infine, prima della consegna, viene sottoposta a scrupolosi controlli e ad ore di funzionamento. Ecco alcuni impieghi di carni CSM, oltre ai würstel: mortadella, paté, ripieni per tortellini, polpette impanate, palline di carne aromatizzate, macinati misti, salsicce da grill, sughi, surimi nel caso di pesce… E poi largo spazio alla fantasia tutta italiana dell’utilizzatore!

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STATISTICHE

Il commercio con l’estero delle carni anno 2016 di Aurora De Santis

L’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni: fonti e metodologia Istituto Nazionale di Statistica effettua, a partire dal 1990, un’elaborazione sul commercio con l’estero degli animali vivi e delle carni. Vengono elaborati mensilmente i dati prodotti dal servizio Commercio con l’estero, con riferimento al numero dei capi e al relativo peso vivo, nonché ai quantitativi di carne scambiati con l’estero. Le specie prese in esame

L’

sono: bovina, suina, ovicaprina, avicola ed equina. Si distinguono gli scambi intra-UE da quelli con il resto del mondo. I dati non vengono però aggiornati con le successive uscite del servizio Commercio con l’estero di dati definitivi. I dati sono disponibili in forma cartacea dal 1990 al 2008 e, successivamente, sono stati diffusi sul sistema informativo Agri.istat.it a partire dal 2009. Le fonti dell’elaborazione sono due rilevazioni ISTAT, entrambe mensili: Cessioni/acquisti beni

con i paesi UE (sistema INTRASTAT) e Commercio speciale esportazione/importazione extra-UE. Una volta acquisiti i dati, vengono effettuati controlli di congruenza con dati precedenti della stessa elaborazione e successivamente archiviati e diffusi su banche dati sia ISTAT che EUROSTAT. Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

La capra è, con la pecora, uno dei primi animali ad essere stato addomesticato. Dal punto di vista ambientale, inoltre, l’allevamento caprino si propone come un valido sistema di difesa del territorio montano e collinare. La capra contribuisce infatti a tenere puliti i boschi, a liberare i pascoli dalla flora arbustiva e, insieme a bovini e ovini, a consumare l’erba dei pascoli evitando la formazione di quello strato di erba sopra il quale può scorrere la neve provocando slavine (photo © Vladimir Gerasimov).

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Eurocarni, 7/17


Eurocarni, 7/17

133

972.995 29.413 23.533

Carni suine

Carni ovine-caprine

Carni equine

0,6

19,1

– 4,7

–5,1 5,9

– 0,2

–3,4

79,2

–2,0

7,9

6,7

8,7

273,8

10,2

– 48,1

24,1

– 4,6

Var. % rispetto all’anno precedente

21.501

25.924

972.374

318.426 20.006

13.676.922

35.625

18.492

1.103.678

1.603.227

1.153.411

121.325

228

451.075

4.688

216.996

359.099

di cui Europa

Fonte: ISTAT, elaborazione sul commercio estero degli animali vivi.

a) I dati sono provvisori; le variazioni pari a –100% si riferiscono a quantità molto piccole. b) Animali vivi in numero di capi, carni rosse in tonnellate. c) Europa a 28 paesi, sia importazioni che esportazioni.

336.458 48.795

13.676.922

Carni bovine – fresche o refrigerate – congelate

Pollame domestico

35.677

Equini

1.103.678

Ovini 18.492

1.603.232

Suini

Caprini

1.153.439

121.347

228

451.081

Totale bovini

Riproduttori di razza pura

Altri non domestici

Altri

4.688

216.996

Giovenche

Vacche

359.099

Totale mondo

Vitelli

Categorie

Importazioni

0,5

22,7

– 4,7

–5,6 16,4

– 0,2

–3,4

79,2

–2,0

7,9

6,7

8,7

273,8

10,2

– 48,1

24,1

– 4,6

Var. % rispetto all’anno precedente

2.090

2.665

100.789

87.827 41.653

16.309.484

1.798

576

2.784

2.050

40.401

3.325

1

243

1.447

991

34.394

Totale mondo

15,9

–14,0

38,7

2,6 2,3

–2,3

34,3

101,4

178,4

–57,9

–24,8

–3,3

–74,1

–25,1

– 63,5

–23,1

1.077

2.051

69.063

83.934 33.530

12.472.555

827

576

2.784

2.047

34.600

2.336

1

242

1.447

187

30.387

di cui Europa

Esportazioni Var. % rispetto all’anno precedente

Tavola 1 – Dati mensili sul commercio estero degli animali vivi e delle carni (gennaio-dicembre 2016)

18,9

–2,6

53,7

0,9 2,1

–7,0

1,3

101,4

–57,9

–26,6

–26,4

171,9

–15,6

– 63,0

–27,1

Var. % rispetto all’anno precedente


Il patrimonio bovino, suino e ovicaprino al 1o dicembre 2016 di Aurora De Santis

Indagine sulla consistenza del bestiame: riferimenti legislativi e metodologia Istituto Nazionale di Statistica effettua la rilevazione del patrimonio zootecnico nazionale bovino e suino a cadenza semestrale (1o giugno e 1o dicembre), secondo quanto disposto dal Regolamento europeo del 19 novembre 2008 n. 1165 che abroga le Direttive 93/23/CE e 93/24/ CE e le più recenti Decisioni della Commissione 2004/760/CE e 2004/761/CE del 26 ottobre 2004. Il patrimonio zootecnico ovicaprino

L’

viene rilevato, invece, annualmente con riferimento al 1o dicembre, come disposto dal medesimo Regolamento 1165/2008 che abroga anche la Direttiva 93/25/CE e la più recente Decisione della Commissione 2004/747/CE. In particolare, le suddette Decisioni stabiliscono le norme specifiche di esecuzione delle indagini, le definizioni delle variabili d’osservazione, nonché le deroghe per alcuni degli Stati Membri. Patrimonio bovino e bufalino Al 1o dicembre 2016 il patrimonio

bovino italiano era pari a circa 5,9 milioni di capi, in aumento del 2,6% rispetto alla stessa data dell’anno precedente (Tavola 1). Al 1 o dicembre 2016 il patri monio bufalino era pari a 3.786.000 capi, in aumento, rispetto all’anno precedente, del 3,5% (Tavola 1). Patrimonio suino Al 1o dicembre 2016 i suini ammontavano a 8,5 milioni di capi, in diminuzione rispetto alla stessa data dell’anno precedente (–2,3%). In particolare, sono diminuiti del 2,3%

Al 1o dicembre 2016 i suini ammontavano a 8,5 milioni di capi, in diminuzione rispetto alla stessa data dell’anno precedente (–2,3%). In particolare, sono diminuiti del 2,3% i lattonzoli di peso inferiore a 20 kg (photo © t-lorien).

134

Eurocarni, 7/17


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Tavola 1 – Patrimonio nazionale bovino e bufalino al 1o dicembre, anni 2015-2016 (capi in migliaia) Categorie

Variaz. % 2016/2015

2015

2016

1.634

1.618

–1,0

492

492

0,0

Altri – Maschi – Femmine

1.142 392 750

1.200 424 776

5,1 8,2 3,5

Bovini da 1 anno a meno di 2

1.330

1.397

5,0

Maschi

485

505

4,1

Femmine da macello

206

212

2,9

Altre femmine

639

680

6,4

2.818

2.839

0,7

82

84

2,4

Femmine – Manze e giovenche da macello – Manze e giovenche da allevamento – Vacche da latte – Altre vacche

2.735 65 525 1.826 320

2.755 67 566 1.822 300

0,7 3,1 7,8 – 0,2 – 6,3

BOVINI IN TOTALE

5.781

5.930

2,6

Bufale

241

239

– 0,8

Altri bufalini

161

146

–9,3

BUFALINI IN TOTALE

373

386

3,5

6.156

6.315

2,6

Bovini di meno di 1 anno Vitelli destinati al macello

Bovini di 2 anni e più Maschi

BOVINI E BUFALINI IN TOTALE Fonte: ISTAT. i lattonzoli di peso inferiore a 20 kg (Tavola 2). Patrimonio ovino, caprino ed equino Al 1o dicembre 2016 i capi ovini ammontano a circa 7,3 milioni facendo segnare un aumento dell’1,9% rispetto al 2015. Alla stessa data (1o dicembre 2016) i caprini ammontano a circa 1.026.000 capi, in aumento del 6,7% rispetto all’anno precedente. Gli equini, nel 2016, fanno segnare un valore positivo pari all’1,5% in totale, scendendo a 462.539 capi in totale (Tavole 3, 4, 5). Aurora De Santis Bibliografia • Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it • Sistema Statistico Nazionale (SISTAN), www.sistan.it

136

Tavola 2 – Patrimonio nazionale suino al 1o dicembre, anni 20152016 (capi in migliaia) Categorie

2015

2016

Variaz. % 2016/2015

Lattonzoli di peso < 20 kg

1.408

1.375

–2,3

Suini da 20 a 50 kg esclusi

1.633

1.602

–1,9

Suini da ingrasso

5.023

4.914

–2,2

– da 50 a 80 kg esclusi

1.314

1.211

–7,8

– da 80 a 110 kg esclusi

1.472

1.452

–1,4

– da 110 kg e oltre

2.237

2.251

0,6

619

592

– 4,4

28

29

3,6

– Scrofe montate

481

464

–3,5

– Altre scrofe

109

99

–9,2

SUINI IN TOTALE

8.683

8.483

–2,3

Suini da riproduzione di 50 kg e più – Verri

Fonte: ISTAT.

Eurocarni, 7/17


Tavola 3 – Patrimonio nazionale ovino, caprino ed equino al 1o dicembre per ripartizione geografica, anno 2015 (capi in migliaia) Ripartizioni geografiche Nord

Ovini Totale

Caprini

di cui pecore

Equini

Totale

di cui capre

Totale

Cavalli

459.045

326.839

253.708

203.916

190.142

156.703

Centro

1.461.089

1.290.015

63.323

52.774

113.990

98.554

Mezzogiorno

5.228.400

4.579.612

644.645

493.529

151.507

129.510

7.148.534

6.196.466

961.676

750.219

455.639

384.767

ITALIA Fonte: ISTAT.

Tavola 4 – Patrimonio nazionale ovino, caprino ed equino al 1o dicembre per ripartizione geografica, anno 2016 (capi in migliaia) Ripartizioni geografiche Nord

Ovini Totale

Caprini

di cui pecore

Equini

Totale

di cui capre

Totale

Cavalli

471.813

338.164

263.217

210.956

194.034

157.888

Centro

1.462.836

1.276.064

68.388

56.516

117.951

102.354

Mezzogiorno

5.350.225

4.700.944

694.658

527.107

150.554

128.082

7.284.874

6.315.172

1.026.263

794.579

462.539

388.324

ITALIA Fonte: ISTAT.

Tavola 5 – Patrimonio nazionale ovino, caprino ed equino al 1o dicembre per ripartizione geografica, variazione percentuale Ripartizioni geografiche

Ovini

Caprini

Equini

Totale

di cui pecore

Totale

di cui capre

Totale

Cavalli

Nord

2,8

3,5

3,7

3,5

2,0

0,8

Centro

0,1

–1,1

8,0

7,1

3,5

3,9

Mezzogiorno

2,3

2,6

7,8

6,8

– 0,6

–1,1

ITALIA

1,9

1,9

6,7

5,9

1,5

0,9

Fonte: ISTAT.

Suini: tiene l’allevamento ma peggiora la redditività della macellazione A maggio la redditività dell’allevamento suinicolo italiano è risultata in leggera diminuzione rispetto ad aprile (–0,4%) ma rimane molto più elevata rispetto a maggio 2016 (+21,4%). D’altro canto, anche il mercato segue un andamento simile: a maggio i suini pesanti da macello hanno quotato alla borsa di Modena 1,656 €/kg; un prezzo in leggero calo (–0,3%) rispetto al mese precedente ma fortemente più alto (+31,3%) nei confronti dell’anno scorso. Nel frattempo, prosegue la corsa dei prezzi dei suinetti da allevamento, che alla CUN sono stati scambiati a 3,755 €/kg, ovvero +1% su base congiunturale e addirittura +43,1% su base tendenziale. Sono molto negativi i dati rilevati a maggio dal Crefis per la fase di macellazione. L’indice di redditività è molto peggiorato rispetto ad aprile (–6,4%) e crollato nei confronti del maggio 2016 (–24,5%); un dato, quest’ultimo, che va letto alla luce del parallelo forte incremento tendenziale dei prezzi dei suini pesanti. A gravare sui conti dei macelli c’è anche l’andamento molto sfavorevole del prezzo dei lombi taglio Modena che a maggio è nuovamente sceso: –19,3% rispetto ad aprile e –26,3% rispetto al 2016. Le fortissime e anomale oscillazioni del prezzo dei lombi in questi mesi sono la principale causa delle variazioni dell’indicatore di redditività (fonte: Crefis).

Eurocarni, 7/17

137


ANAS: bilancio comunitario per carni suine, bovine, avicole e ovicaprine. Previsioni 2017 e 2018 Carni suine UE (.000 t peso carcassa)

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017 *

2018 *

22.753 19.299 3.454

23.055 19.609 3.446

22.554 19.336 3.218

22.384 19.277 3.107

22.568 19.284 3.284

23.276 19.909 3.368

23.319 20.039 3.279

23.242 19.940 3.302

23.289 19.900 3.388

Import animali vivi

0

0

0

0

0

0

0

0

0

Export animali vivi

67

62

36

26

36

21

10

9

9

Produzione di cui UE-15 di cui UE-13

Import carni

29

18

19

15

14

11

12

12

13

Export carni

1.844

2.189

2.191

2.238

1.947

2.217

2.795

2.543

2.492

Consumi di cui UE-15 di cui UE-13

20.871 16.382 4.489

20.822 16.306 4.516

20.347 16.091 4.256

20.134 16.065 4.069

20.600 16.260 4.340

21.050 16.643 4.407

20.526 16.441 4.086

20.703 16.494 4.209

20.801 16.454 4.346

Consumo pro capite 1 (kg) di cui UE-15 di cui UE-13

32,3 32,1 33,0

32,1 31,8 33,2

31,3 31,3 31,4

31,0 31,2 30,1

31,6 31,4 32,2

32,2 32,0 32,7

31,3 31,5 30,4

31,5 31,5 31,4

31,5 31,3 32,1

Grado autoapprovvig. (%)

109

111

111

111

110

111

114

112

112

1

Peso al consumo (coeďŹƒciente di trasformazione da peso carcassa a peso al consumo 0,78). * Previsione. Elaborazione ANAS su dati DG Agricoltura e sviluppo rurale. Fonte: Short-term Outlook, ec.europa.eu/agriculture/markets-and-prices/short-term-outlook/index_en.htm.

Carni suine (.000 t peso carcassa)

138

Eurocarni, 7/17


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Carni bovine UE (.000 t peso carcassa)

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017 *

2018 *

Produzione di cui UE-15 di cui UE-13

8.217 7.309 908

8.199 7.297 902

7.867 6.995 872

7.499 6.681 819

7.695 6.811 884

7.863 6.896 967

8.082 7.042 1.041

8.201 7.111 1.090

8.068 6.985 1.083

Import animali vivi

0

0

0

0

0

0

0

0

0

Export animali vivi

104

147

159

109

114

178

219

241

246

Import carni

321

286

275

304

308

300

306

315

326

Export carni

253

327

209

160

206

207

244

256

259

Consumi di cui UE-15 di cui UE-13

8.182 7.614 567

8.011 7.454 557

7.774 7.289 485

7.534 7.094 440

7.682 7.167 516

7.778 7.225 554

7.925 7.380 545

8.019 7.449 569

7.890 7.323 567

Consumo pro capite 1 (kg) di cui UE-15 di cui UE-13

11,4 13,4 3,7

11,1 13,1 3,7

10,7 12,7 3,2

10,4 12,4 2,9

10,6 12,4 3,4

10,7 12,5 3,7

10,8 12,7 3,6

10,9 12,8 3,8

10,7 12,5 3,8

Grado autoapprovvig. (%)

100

102

101

100

100

101

102

102

102

1

Peso al consumo (coeďŹƒciente di trasformazione da peso carcassa a peso al consumo 0,7). * Previsione. Elaborazione ANAS su dati DG Agricoltura e sviluppo rurale. Fonte: Short-term Outlook, ec.europa.eu/agriculture/markets-and-prices/short-term-outlook/index_en.htm.

Carni bovine (.000 t peso carcassa)

140

Eurocarni, 7/17


Carni avicole UE (.000 t peso carcassa)

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017 *

2018 *

12.130 9.500 2.629

12.368 9.683 2.685

12.703 9.812 2.891

12.792 9.809 2.984

13.270 10.060 3.210

13.784 10.292 3.492

14.392 10.569 3.823

14.490 10.614 3.876

14.604 10.631 3.973

Import animali vivi

1

1

1

1

1

1

2

2

2

Export animali vivi

9

9

10

10

11

10

10

10

10

Produzione di cui UE-15 di cui UE-13

Import carni

796

831

841

791

821

855

880

898

916

Export carni

1.150

1.290

1.306

1.293

1.331

1.346

1.472

1.487

1.523

Consumi di cui UE-15 di cui UE-13

11.767 9.366 2.401

11.901 9.491 2.411

12.229 9.679 2.550

12.282 9.693 2.589

12.751 10.044 2.707

13.284 10.436 2.847

13.792 10.763 3.029

13.893 10.845 3.048

13.989 10.862 3.127

Consumo pro capite 1 (kg) di cui UE-15 di cui UE-13

21 21 20

21 21 20

21 21 21

21 21 22

22 22 23

23 23 24

24 23 25

24 23 26

24 23 26

Grado autoapprovvig. (%)

103

104

104

104

104

104

104

104

104

1

Peso al consumo (coeďŹƒciente di trasformazione da peso carcassa a peso al consumo 0,88). * Previsione. Elaborazione ANAS su dati DG Agricoltura e sviluppo rurale. Fonte: Short-term Outlook, ec.europa.eu/agriculture/markets-and-prices/short-term-outlook/index_en.htm.

Carni avicole (.000 t peso carcassa)

Eurocarni, 7/17

141


Carni ovicaprine UE (.000 t peso carcassa)

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017 *

2018 *

949 833 116

963 844 119

928 812 117

902 786 115

901 780 120

925 811 115

929 803 126

943 815 128

950 819 131

Import animali vivi

0

0

0

0

0

0

0

0

0

Export animali vivi

10

22

27

34

36

38

52

52

52

Import carni

240

222

190

200

189

202

203

204

208

Export carni

12

15

24

36

32

20

19

19

19

Consumi di cui UE-15 di cui UE-13

1.167 1.077 90

1.149 1.057 92

1.068 979 89

1.032 950 81

1.021 939 83

1.070 993 77

1.061 976 85

1.076 991 85

1.087 995 92

Consumo pro capite 1 (kg) di cui UE-15 di cui UE-13

2,0 2,4 0,7

2,0 2,3 0,8

1,9 2,2 0,7

1,8 2,1 0,7

1,8 2,1 0,7

1,8 2,2 0,6

1,8 2,1 0,7

1,8 2,1 0,7

1,9 2,1 0,8

Grado autoapprovvig. (%)

81

84

87

87

88

86

88

88

87

Produzione di cui UE-15 di cui UE-13

1

Peso al consumo (coeďŹƒciente di trasformazione da peso carcassa a peso al consumo 0,88). * Previsione. Elaborazione ANAS su dati DG Agricoltura e sviluppo rurale. Fonte: Short-term Outlook, ec.europa.eu/agriculture/markets-and-prices/short-term-outlook/index_en.htm.

Carni ovicaprine (.000 t peso carcassa)

142

Eurocarni, 7/17


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