EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 7 • Luglio 2018
Gli Influencer della carne
€ 5,42
Providore Global con PMI Foods Italia Reportage CIBUS e MEATTECH
Dall’eccellenza di un prodotto unico, la Battuta di Fassone, nasce una nuova linea
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EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali
EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD
Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Rossana Balugani – Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi
Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 059220727 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985
Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Lorenzo Fiorentin – Luigi Credi Fotografia Luigi Credi
Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Via Taglio 24 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Ufficio stampa e Media Partner
Comitato di redazione Gianni Mozzoni (Legacoop) – Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Redazione Bruxelles Jean-Luc Meriaux: UECBV, rue de la Loi, 81/A Box 9 B 1040 Bruxelles, Belgio Tel. +32 2 230 4603 – Fax +32 2 230 9400 E-mail: uecbv@scarlet.be Redazione New York Stefano Spadoni 1732 1st Ave #27220 New York, NY 10128 Tel. +1 212 956-8566 E-mail: Stefanony@stefanospadoni.com Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Prof. Fausto Cantarelli – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata – Prof. Sergio Ventura Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo viene elaborato e impaginato con Adobe® InDesign® CC 2018. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2018.
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EUROCARNI La prima rivista veramente europea
In questo numero: La carne nel mondo
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Immagini
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Naturalmente carnivoro
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Legislazione
Nuove sanzioni per le violazioni in materia di etichettatura degli alimenti Marco Cappelli
Attualità
UE: al bando le carni avicole di 20 stabilimenti brasiliani per i numerosi riscontri di Salmonella
Roberto Villa
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Impatto economico dei veri o presunti scandali alimentari nel settore zootecnico e ruolo dei media
Eugenio Demartini
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Osservatorio internazionale La guerra commerciale: un’avventura pericolosa
Sergio Ventura
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Slalom
Pregiudizi e realtà economica dell’Italia
Cosimo Sorrentino
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La carne in rete
Social meat
Elena Benedetti
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A pagina 50.
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Aziende
Providore Global, con PMI Foods Italia il manzo australiano non è mai stato così vicino
Elena Benedetti
La nuova generazione di packaging a salvaguardia dell’ambiente Comunicare la carne
Influencer, la parola del momento
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Elena Benedetti
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Fassone, Fassona, Fassoneria: consigli per non sbagliare
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Marketing
Carni gallesi in Italia: in partenza un piano triennale nell’era post-Brexit Elena Benedetti
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Macellerie d’Italia
Macelleria Caffa, il futuro è adesso
Elena Benedetti
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Gigliani, storica bottega al Testaccio
Gian Omar Bison
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Eventi carnivori
Genazzano chiama, i Butchers rispondono. Ed è subito festa
Elena Benedetti
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La carne in tavola
Misteriosa beccaccia
Giovanni Ballarini
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Ristoranti carnivori
Macellaio RC: prima apertura milanese nel cuore di Brera
Sono 180 grammi, lascio?
They call me a butcher
Speciale Cibus
Cibus 2018, 82.000 sì
Speciale MEAT-TECH
92 Giovanni Papalato
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Calcolato per la prima volta l’impatto ambientale degli hamburger in Italia
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MEAT-TECH, buona anche la seconda!
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A pagina 92.
EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXIII N. 7 • Luglio 2018
€ 5,42
Gli Influencer della carne
Providore Global con PMI Foods Italia Reportage CIBUS e MEATTECH
In copertina: le tecnologie nella lavorazione e nel confezionamento delle carni sono state protagoniste di MEATTECH 2018 a Fiera Milano (photo © tanchy25 – stock.adobe.com).
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Assemblee
Sebastiano Corona
Federalimentare, il valore aggiunto siamo noi Unicarve lancia il “Mandato a vendere”
Convegni
Tecnologie
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Un anno da record: spicca il volo nel 2017 la produzione emiliano-romagnola
Anna Mossini
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Razze tipiche, benessere e prodotti di alpeggio
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La pianificazione è solo metà dell’opera! I vantaggi crescono se è integrata nel sistema ERP
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Il metodo Micvac
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Statistiche
Il sito dell’Istat
Libri
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LA CARNE NEL MONDO Europa Il Parlamento europeo ha allocato € 600.000 per un progetto pilota dal titolo: “Establishment of a harmonized internal market for pig meat obtained from pigs that have not been surgically castrated” (tradotto in italiano con “Definizione di un mercato interno armonizzato per le carni suine ottenute da animali non castrati chirurgicamente”). Le risorse stanziate serviranno a sostenere le due “dimensioni” del progetto: la prima, iniziata a marzo e della durata di 8 mesi, riguarda il censimento di tutte le “buone pratiche” ad oggi esistenti nell’UE; la seconda riguarda la comunicazione di queste buone pratiche a tutti i soggetti coinvolti. Questa parte del progetto conta sui due terzi del budget ed è considerata fondamentale, in quanto “il valore dell’informazione aumenta quante più sono le persone coinvolte” (fonte: Boars2018; photo © DerPaparazzo – stock.adobe.com).
Cina Tra i principali fattori che potrebbero spiegare la diminuzione dell’importazione di carne suina da parte della Cina nel 2017 c’è senz’altro l’aumento dell’offerta domestica: il numero di capi macellati nel Paese durante lo scorso anno è stato infatti di 221,82 milioni, in crescita del 6,3% rispetto al 2016. A ciò si aggiungono la diminuzione dei prezzi del suino domestico e il fatto che i consumatori cinesi preferiscono tradizionalmente le carni suine fresche a quelle congelate (la carne congelata viene acquistata principalmente da aziende alimentari nazionali). In relazione alla quota di mercato degli esportatori di carne suina in Cina, la Spagna ha esportato un totale di 237.514 tonnellate nel 2017, classificandosi al primo posto tra i Paesi esportatori. Con una quota di mercato del 19,5%, la Spagna è seguita dalla Germania (17,4%) e dal Canada (13,7%) (fonte: 3tre3.it; in foto, prodotti della salumeria cinese a base di carne di maiale, photo © So happy – stock.adobe.com).
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Germania Ad aprile la catena di distribuzione Lidl ha annunciato l’introduzione di un proprio marchio da applicare sui prodotti a base di carne fresca relativo al benessere animale. Il marchio prevede un sistema di 4 livelli di qualità (livello 1 per animali allevati nelle stalle in conformità con la legislazione in vigore; livello 2 per la cosiddetta “stabulazione plus” dell’Animal Welfare Initiative, che garantisce agli animali più spazio; livello 3 per animali con accesso sufficiente agli spazi aperti e alle aree aperte e nutriti con mangimi no OGM; livello 4 per gli allevamenti biologici). Il ministro federale dell’Agricoltura JULIA KLÖCKNER (CDU) si è detta a favore dell’introduzione di un marchio di Stato a favore del benessere degli animali che deve essere «affidabile e vero, così da guidare in modo chiaro i consumatori nella scelta dei loro acquisti di carne» (fonte: 3tre3.it).
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Inghilterra, UK Il Regno Unito si conferma leader mondiale sul fronte del benessere animale grazie all’entrata in vigore dell’obbligo di installare sistemi di telecamere a circuito chiuso (CCTV – Closed Circuit Television) in tutti i macelli del Paese, consentendo l’accesso illimitato a tutte le riprese da parte dei veterinari pubblici ufficiali, i quali potranno così verificare l’effettivo rispetto degli standard di benessere, anche nelle ipotesi di macellazione rituale. Il termine per l’adeguamento alle norme è fissato nella data del 5 novembre 2018. Questo regolamento fa seguito ad un’interrogazione del Segretario di Stato dell’agosto 2017 sull’impegno del Governo ad utilizzare telecamere in tutti i macelli inglesi e in tutte le aree in cui vi sono animali vivi. Altre recenti riforme per migliorare il benessere degli animali includono, tra l’altro, l’aumento delle condanne per la crudeltà sugli animali fino a sei anni e l’avvio di una consultazione pubblica sull’esportazione di animali vivi (fonte: Defra UK; photo © xy – stock.adobe.com).
Danimarca Tra il 2016 e il 2017 le esportazioni danesi di carni suine e suini vivi sono aumentate di 1.681 milioni di DKK (+5,5%). La Germania è la principale destinazione per la carne suina danese, con importazioni per un valore di 7.800 milioni di corone nel 2017 (il che equivale ad un aumento di oltre 1 miliardo di DKK sul 2016). In tonnellate, la Germania rappresenta il 29,1% delle esportazioni danesi di carne suina e animali vivi. I maggiori importatori a seguire sono la Polonia (15,8%) e la Cina (12,8%). In generale, la maggior parte della carne suina danese viene esportata nell’UE, che nel 2017 rappresentava il 71,9% delle importazioni (fonte: 3tre3.it; photo © erllre – stock.adobe.com).
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IMMAGINI
Uno splendido taglio di check eye roll steak made in Australia. Carne allevata e lavorata da Providore Global e distribuita in esclusiva per lâ&#x20AC;&#x2122;Europa da PMI Foods. A pagina 50 unâ&#x20AC;&#x2122;intervista a Sam McNiven, managing director di Providore Global.
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Premessa: nella comunicazione digitale si lavora per creare legami duraturi con le community di riferimento e in questo contesto il ruolo dell’influencer è proprio quello di definire i trend del settore e guidare le percezioni degli utenti. Domanda: nel mondo delle carni cosa sta succedendo? E ancora: quali sono le piattaforme social più utilizzate? A che punto siamo con i contenuti #meat? Quali sono i protagonisti? A pagina 58 trovate tutte le risposte (photo © glisic_albina – stock.adobe.com).
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Il meglio della
C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Un perfetto Menu estivo? Una tartare di carne di vitello leggera e gustosa. Trovate la ricetta dello Chef Stefano De Gregorio insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. Responsabilità sociale d’impresa per il VanDrie Group: essere responsabili del mondo che ci circonda. Noi del VanDrie Group conosciamo le nostre responsabilità e ce ne facciamo carico verso i dipendenti, il consumatore, gli animali, il nostro prodotto e l’ambiente. www.vandriegroup.com
La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).
“TARTARE MEDITERRANEA” interpretata da Chef Stefano De Gregorio
Ricetta
Giraudi International Trading S.A.M. Tel: +377 931 042 42 E-mail: giraudi@giraudi.com
Intraco S.r.l. di Niclas e Simona Herzum Tel: +39 010 374 277 8 E-mail: herzum@ekro.nl
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NATURALMENTE CARNIVORO
Ilenia Cremona e Maartje Kuijper di Vion Chiasso hanno presidiato, insieme a Anton Janssen e ad altri colleghi, lo spazio del Gruppo olandese-tedesco a Cibus 2018. Tra clienti, buyer, visitatori e curiosi che hanno raccolto informazioni sulla linea di manzo di qualità GOLDBEEF e su ROBUSTO, le cosce super selezionate di suino destinate ai salumifici italiani. A pagina 98 lo speciale dedicato al Salone Internazionale dell’Alimentazione di Parma.
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100% qualità Bovillage 100% il gusto che ami 100% selezione La carne Bovillage proviene da vitelloni di razze da carne selezionate*, frutto del know how e della tradizione dell’allevamento francese, per offrire un rendimento e una conformazione ottimali.
100% soddisfazione Il capitolato Bovillage è stato creato per ottenere una carne che gli italiani apprezzano per il colore a crudo, il sapore, la tenerezza e la succosità.
100% servizio Una marca adatta alle esigenze di mercato che offre un prodotto di qualità costante e un approvvigionamento regolare, garantito solo dalle migliori aziende francesi. * di cui almeno uno dei due genitori è di razza da carne
Francia, terra di allevamento Celebre per la ricchezza e l’estensione delle sue terre e per la tradizione zootecnica, la Francia - con più di 13 milioni di ettari di pascoli - è il primo produttore di carne bovina in Europa. Detiene il patrimonio zootecnico europeo più grande con 19 milioni di capi (razze da latte, da carne e bivalenti), suddivisi in 6 grandi aree di allevamento. Le pratiche estensive offrono tutte le condizioni per una produzione di qualità con un forte potenziale di crescita e di garanzie sanitarie. Il pascolo estensivo degli animali vanta un ruolo di primo piano nella tutela della natura, soprattutto nelle zone difficilmente accessibili all’uomo e alle macchine. L’allevamento svolge quindi una funzione di protezione contro il deterioramento dell’ambiente, la desertificazione delle campagne e le numerose minacce alla bellezza dei paesaggi europei. Il pascolo, permettendo il controllo progressivo e diversificato della vegetazione, svolge un ruolo attivo nella prevenzione dei rischi naturali. Gli animali infatti “dissodano” le zone inaccessibili, mantengono l’erba rada sulle pendici montagnose, limitando le valanghe di neve d’inverno, brucano parte dei rovi del sottobosco o delle zone incolte, rendendoli meno fitti e contribuendo così a prevenire il rischio di incendio. L’allevamento estensivo permette quindi il mantenimento dell’equilibrio biologico attualmente molto minacciato in numerose regioni europee.
www.bovillage.eu
Mai sentito parlare di Goatober? È un evento che si svolge abitualmente in ottobre e che per tutto il mese celebra e valorizza i piatti a base di carne di capra in una serie di ristoranti di Londra, Bristol, Manchester e della regione del Somerset in Inghilterra. A capo di questo “movimento” c’è James Whetlor, un passato decennale da chef e ora fondatore di Cabrito, allevamento, produzione e vendita diretta di carni di capra. Gli animali provengono spesso dalla piccola industria casearia e le loro carni di qualità sono destinate principalmente alla ristorazione UK. «Dovremmo tutti mangiare più carne di capra — scrive Whetlor nel suo libro “Goat” — perché è sostenibile, etica, veicolo di nutrimento prezioso e buonissima. La carne di capra ci racconta la storia di come il cibo e la cultura dell’allevamento si sono sviluppati nel mondo Occidentale grazie all’apporto di questo animale, fonte importante di latte, carne e pellame». Per saperne di più su Cabrito, per ordinare i tagli di capra on-line e seguire il prossimo Goatober, c’è il sito web: cabrito.co.uk (photo © crumbsmag.com). 18
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La qualità Bioalleva nasce da una reale scelta biologica nel totale rispetto del territorio e della genuinità: la si ritrova già negli ampi spazi aperti, dove i nostri animali seguono i ritmi naturali del pascolo, liberi di muoversi su terreni privi di pesticidi, OGM o altre sostanze di sintesi. Inizia da qui un percorso in armonia con la natura, una filiera tracciabile e certificata, per portare in tavola prodotti buoni, sani e sicuri. Con il sapore della qualità vera.
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LEGISLAZIONE
Nuove sanzioni per le violazioni in materia di etichettatura degli alimenti di Marco Cappelli
L’
8 febbraio 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 15 dicembre 2017, n. 231, inerente la disciplina sanzionatoria per le violazioni delle disposizioni previste dal Regolamento (UE) n. 1169/2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (etichettatura). Infatti, benché ogni Regolamento dell’Unione sia direttamente applicabile in tutti gli Stati Membri,
le sanzioni devono essere definite a livello del singolo Stato Membro, secondo l’ordinamento giuridico nazionale, rispettando i criteri di effettività, proporzionalità e dissuasività. Durante la lunga attesa del dispositivo sanzionatorio, per effetto della Circolare del 6 marzo 2015 del Ministero dello Sviluppo Economico, erano rimaste valide, ove applicabili, le sanzioni previste dall’art. 18 del DLgs n. 109/1992,
a suo tempo emanato in attuazione delle Direttive n. 89/395/CEE e n. 89/396/CEE. L’applicabilità delle “vecchie” sanzioni era limitata, tuttavia, alle violazioni dei precetti confermati dal Regolamento (per esempio l’elenco degli ingredienti, la data di scadenza), mentre per i precetti affermati “ex novo” dal Regolamento e per i precetti da esso modificati, tali sanzioni erano dichiarate non più applicabili (per
Il dispositivo sanzionatorio in materia di etichettatura e di informazioni sugli alimenti al consumatore supera la lunga fase transitoria protrattasi per oltre tre anni, dal momento dell’applicabilità del Regolamento (UE) n. 1169/2011 (13 dicembre 2014), rendendo possibile agli organi di controllo la piena esigibilità del rispetto delle norme in esso contenute. L’introduzione di alcune norme nazionali, anch’esse sanzionate, ha completato il quadro legislativo sulla materia, proseguendo sulla via, da molti anni tracciata nel nostro Paese e poi a livello comunitario, che garantisce la possibilità di scelte alimentari consapevoli e tutela la salute pubblica.
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Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace. In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato. Professionalit con totale Þducia.
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T: +32 (0)14 21 51 50 F: +32 (0)14 21 44 42 E: info@vanlommel.be www.vanlommel.be
• Titolo IV, artt. da 25 a 31, disposizioni finali (clausola di mutuo riconoscimento, autorità competenti, procedure per l’irrogazione, disposizioni transitorie, abrogazioni, entrata in vigore).
La consistenza degli importi delle nuove sanzioni, in generale aumentati rispetto alla normativa precedente, dovrebbe costituire un deterrente nei confronti dei comportamenti scorretti che dovessero persistere nonostante le procedure di prevenzione ormai consapevolmente adottate dalla maggior parte degli operatori. esempio, per quelli inerenti le modalità di indicazione degli allergeni, di nuova istituzione), con l’inconveniente della creazione di un vuoto normativo che costringeva il personale addetto al controllo ufficiale, allo scopo di rendere esigibili gli obblighi previsti, ad impartire quando possibile altri provvedimenti, per esempio prescrizioni (imposizioni ai sensi dell’art. 54 del Regolamento n. 882/2004) in riferimento alle procedure dell’impresa alimentare, in una situazione di scarsa chiarezza, rinviando l’applicazione di sanzioni amministrative all’esito eventualmente non favorevole di verifiche successive. Il Decreto, in vigore dal 9 maggio 2018 (90 giorni dopo la pubblicazione), abroga tra l’altro il Decreto Legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, rimasto formalmente in vigore anche dopo l’applicazione del Reg. n. 1169/2011, benché le “vecchie” norme fossero da disapplicare se incompatibili con quelle del Regolamento. Struttura del DLgs n. 231/2017 Il Decreto n. 231/2017 è costituito da titoli, capi e articoli, secondo la successione che segue:
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• Titolo I, artt. 1 e 2, principi generali; • Titolo II, disposizioni sanzionatorie per le violazione delle disposizioni del Regolamento 1169/2011: − Capo I, artt. 3 e 4, violazioni delle disposizioni generali; − Capo II, artt. 5, 6 e 7, violazioni relative alle informazioni obbligatorie sugli alimenti preimballati e alle relative modalità di espressione; − Capo III, artt. da 8 a 15, violazione delle disposizioni specifiche sulle indicazioni obbligatorie; − Capo IV, art. 16, violazioni in materia di informazioni volontarie sugli alimenti; • Titolo III, adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) n. 1169/2011: − Capo I, artt. da 17 a 20, adeguamento della normativa nazionale (indicazione del lotto, etichettatura degli alimenti non preimballati, distributori automatici, etichettatura degli alimenti non destinati al consumatore finale o alle collettività); − Capo II, artt. da 21 a 24, violazione delle normative nazionali;
Clausola di riserva penale Il Decreto fa ampio uso della clausola di riserva penale, vale a dire della dicitura “salvo che il fatto costituisca reato”, indicando la cedevolezza della sanzione amministrativa rispetto a illeciti penali eventualmente configurabili. Viene lasciata aperta la possibilità di procedere, anziché con la sanzione amministrativa, all’azione penale nei casi in cui il fatto commesso sia riconducibile a un reato, come per esempio tutti i casi nei quali sia ravvisabile l’ipotesi della frode nell’esercizio del commercio prevista dall’art. 515 del Codice penale: consegna di una cosa per un’altra, diversa da quella pattuita per origine, provenienza, qualità o quantità (delitto punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a duemilasessantacinque euro (€ 2.065,00), con riduzione da un terzo ai due terzi in caso di delitto tentato qualora non si sia ancora concretizzata la
La mancata indicazione degli allergeni presenti nell’alimento potrebbe configurarsi come delitto di frode o tentata frode nell’esercizio del commercio, ma anche come delitto di commercio di alimenti pericolosi per la salute pubblica, anche in forma colposa, benché si tratti di alimenti innocui per la maggior parte dei consumatori, ma pericolosi per quella parte della popolazione costituita dai soggetti allergici
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transazione commerciale). Per alcune delle violazioni sanzionate dal Decreto, tuttavia, non è prevista la riserva penale, e in particolare: • per tutte le violazioni alle norme nazionali introdotte dal Decreto con gli articoli da 17 a 20 e sanzionate dagli articoli da 21 a 24, relative all’etichettatura degli alimenti non preimballati, compresi quelli venduti con distributori automatici, e di quelli non destinati ai consumatori finali e alle collettività, ma destinati invece all’industria o ad utilizzatori intermedi, nonché relative all’indicazione nelle etichette degli alimenti preimballati del lotto o partita; • per le violazioni relative alle modalità di indicazione degli ingredienti (art. 9 del Decreto); • per le violazioni relative alle modalità di indicazione degli allergeni (art. 10 del Decreto); • per la violazione relativa all’indicazione, nell’etichetta degli alimenti preimballati molto deperibili dal punto di vista microbiologico, della data di scadenza al posto del termine minimo di conservazione (art. 12 del Decreto); • per la violazione relativa alle modalità di indicazione, nell’etichettatura delle bevande, del titolo alcolometrico volumico effettivo se superiore a 1,2% (art. 14 del Decreto); • per le violazioni in materia di modalità di indicazione delle informazioni nutrizionali (art. 15 del Decreto). Può far discutere la mancanza della riserva penale nel caso delle violazioni sulle modalità di indicazione degli allergeni, alle quali la normativa vigente assegna una grande importanza: ma occorre precisare che ciò riguarda solamente, appunto, le modalità di indicazione di cui all’art. 21 e all’allegato II del Regolamento 1169/2011, non l’indicazione stessa (prevista dall’art. 9, par. 1, lettera c del Regolamento), soggetta alla riserva penale (vedere art. 5 del Decreto). La mancata indicazione degli allergeni presenti nell’alimento
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potrebbe configurarsi come delitto di frode o tentata frode nell’esercizio del commercio (art. 515 e art. 56 C.p.), ma anche come delitto di commercio di alimenti pericolosi per la salute pubblica (art. 444 C.p., punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a cinquantuno euro, € 51,00), anche in forma colposa (art. 452 C.p., con pena ridotta da un terzo a un sesto), benché si tratti di alimenti innocui per la maggior parte dei consumatori, ma pericolosi per quella parte della popolazione costituita dai soggetti allergici. In pratica, la violazione per mancata indicazione dell’allergene è sanzionata in via amministrativa, ma può dar luogo a procedimento penale, mentre la violazione riferibile all’impiego di scorrette modalità di indicazione dell’allergene (per esempio, senza evidenziarlo graficamente nell’elenco degli ingredienti) è sanzionata sempre ed unicamente in via amministrativa. Le nuove sanzioni Il nuovo impianto sanzionatorio interessa nel dettaglio le numerose fattispecie previste dal Regolamento. Inoltre, come si è già accennato, sono previste sanzioni per le violazioni di alcuni obblighi nazionali introdotti dallo stesso DLgs 231/2017: indicazione del lotto (recepimento di direttiva comunitaria), elenco delle informazioni obbligatorie per i prodotti non preimballati (già prevista dall’art. 16 del DLgs n. 109/1992, ora abrogato, e demandato dal Regolamento alle disposizioni degli Stati Membri) e per i prodotti venduti mediante distributori automatici, disposizioni per i prodotti non destinati alla vendita e commercializzati in fasi precedenti la vendita al consumatore. Si elencano in Tabella 1 le sanzioni stabilite per le fattispecie violate, con un raffronto tra nuovi e vecchi importi. Questi ultimi in alcuni casi non sono citati, data l’assenza, nella precedente normativa (DLgs 109/1992), di una previsione sanzionatoria o la difficoltà ad individuare la corrispondenza tra le fattispecie previste nelle vecchie e nelle attuali norme.
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Art. 4, comma 1
Art. 4, comma 2
Art. 4, comma 3
Art. 4, comma 4 (primo caso)
Art. 4, comma 4 (secondo caso)
Art. 8, par. 3 (in riferimento a norme del Regolamento e norme nazionali)
Art. 8, par. 4
Art. 8, par. 6
Art. 8, par. 7, comma 1
Art. 8, par. 7, comma 2
Art. 5, comma 1
Art. 3
Art. 7
Art. 9, par. 1, lettera c
Articolo del DLgs 231/2017 (sanzionatorio)
Articolo violato del Reg. 1169/2011 (o altre norme)
2.000/16.000
1.000/8.000
1.000/8.000
1.000/8.000
Fornitura da parte dell’OSA di alimenti di cui conosce o presume, in base alle informazioni in suo possesso in qualità di professionista, la non conformità alla normativa in materia di informazioni sugli alimenti applicabile e ai requisiti delle pertinenti disposizioni nazionali Modifica delle informazioni che accompagnano un alimento Mancata assicurazione che le informazioni sugli alimenti non preimballati siano trasmesse all’operatore del settore alimentare che riceve tali prodotti Violazione delle disposizioni relative alla fornitura delle indicazioni obbligatorie degli alimenti destinati al consumatore finale ma commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore finale, o destinati alle collettività per esservi preparati, trasformati, frazionati o tagliati Violazione delle disposizioni relative alla fornitura delle indicazioni obbligatorie nel caso in cui queste siano state riportate solo sul documento commerciale
OSA diverso dal soggetto responsabile che non influisce sulle informazioni relative agli alimenti
Soggetto responsabile
OSA
OSA
OSA
5.000/40.000
500/4.000
Violazione delle disposizioni sulle pratiche leali d'informazione
OSA
Mancata apposizione delle indicazioni obbligatorie relative alle sostanze che possono provocare allergie o intolleranze, fatte salve le deroghe previste
3.000/24.000
Fattispecie violata
OSA
Sanzione ammin.va minimo/ massimo €
Soggetto trasgressore
Tabella 1 – Sanzioni introdotte dal DLgs 231/2017
10.000
2.000
2.000
2.000
4.000
1.000
6.000
Sanzione ammin.va in misura ridotta €
Non prevista
600/3.500
600/3.500
Non prevista
Non prevista
Non prevista
3.500/18.000
Sanzione ammin.va DLgs 109/1992 (abrogato)
Eurocarni, 7/18
25
Art. 3
Art. 5, comma 2 (primo caso)
Art. 5, comma 2 (secondo caso)
Art. 5, comma 3
Art. 6, comma 1
Art. 7, comma 1
Art. 8, comma 1
Art. 8, comma 2
Art. 7
Art. 9, par. 1 (indicazioni diverse da quelle dell’art. 9, par. 1, lettera c) Art. 10, par. 1 (indicazioni obbligatorie complementari per alimenti specifici) Allegato III
Art. 9, par. 1, lettera g
Art. 9, par. 1, lettera h
Art. 9, par. 2 e 3 Artt. 12 e 13 Allegato IV
Art. 14
Art. 17, par. 1 e 4
Art. 17, par. 1 e 4
3.000/24.000
1.000/8.000
2.000/16.000
2.000/16.000
Indicazione in etichetta del nome, ragione sociale e indirizzo del produttore o confezionatore in luogo, se diverso, del nome, ragione sociale e indirizzo del soggetto responsabile Mancata osservanza delle modalità di espressione delle indicazioni obbligatorie… nonché delle condizioni di presentazione e di posizionamento delle indicazioni obbligatorie Violazione delle disposizioni relative alla vendita a distanza Indicazione della denominazione dell’alimento in violazione delle disposizioni (denominazione legale, usuale, descrittiva) o sostituendola con una denominazione protetta come proprietà intellettuale, marchio di fabbrica o denominazione di fantasia Come al comma precedente, solamente con errori o omissioni formali
Soggetto responsabile
Soggetto responsabile Soggetto responsabile
Soggetto responsabile
Soggetto responsabile
500/4.000
3.000/24.000
Mancata apposizione dell’indicazione delle condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni di impiego quando richieste dalla natura o dalle caratteristiche dell’alimento
Soggetto responsabile
3.000/24.000
3.000/24.000
Violazione delle disposizioni sulle pratiche leali d'informazione
Mancata apposizione di una o più delle altre indicazioni obbligatorie, fatte salve le deroghe previste
Soggetto responsabile
OSA
1.000
4.000
4.000
2.000
6.000
6.000
6.000
6.000
Non prevista
600/3.500
Non prevista
1.600/9.500
Non prevista
1.600/9.500
1.600/9.500
3.500/18.000
26
Eurocarni, 7/18
Articolo del DLgs 231/2017 (sanzionatorio)
Art. 8, comma 3
Art. 8, comma 4
Art. 8, comma 5
Art. 9, comma 1
Art. 9, comma 2
Art. 9, comma 3
Art. 10, comma 1
Art. 11, comma 1
Art. 12, comma 1
Articolo violato del Reg. 1169/2011 (o altre norme)
Art. 17, par. 2 e 3
Art. 17, par. 5 Allegato VI
Art. 18, par. 2
Art. 18, par. 1 e 3 Allegato VII
Art. 18, par. 1 e 3 Allegato VII
Allegato VII
Art. 21 Allegato II
Art. 22 Allegato VIII Art. 23 Allegato IX
Art. 24 Allegato X, par. 1
Soggetto responsabile
1.000/8.000
1.000/8.000
Violazione delle disposizioni relative all’indicazione quantitativa degli ingredienti… nonché violazione delle disposizioni relative all’indicazione della quantità netta Violazione delle disposizioni relative all’indicazione del termine minimo di conservazione
2.000/16.000
Violazione delle disposizioni relative ai requisiti dell’etichettatura di alcune sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze
Soggetto responsabile
Soggetto responsabile
1.000/8.000
Violazione delle disposizioni relative all’indicazione e designazione degli ingredienti
Soggetto responsabile
500/4.000
Come al comma precedente, solamente con errori o omissioni formali
Soggetto responsabile
2.000/16.000
Violazioni del regolamento in materia di denominazione e designazione degli ingredienti
Soggetto responsabile
Non corretta indicazione dell’elenco degli ingredienti, compresi i nano-materiali ingegnerizzati
—
Come sanzioni previste per la denominazione art. 8, commi 1, 2, 3, 4
Violazione delle disposizioni relative alla denominazione degli alimenti e alle indicazioni specifiche che la accompagnano
Soggetto responsabile
Soggetto responsabile
2.000
1.000/8.000
Non corretto uso della denominazione legale dello Stato Membro di produzione negli Stati Membri di commercializzazione
Soggetto responsabile
—
—
4.000
2.000
1.000
4.000
1.000
500/4.000
Fattispecie violata
Sanzione ammin.va in misura ridotta €
Sanzione ammin.va minimo/ massimo €
Soggetto trasgressore
Tabella 1 – Sanzioni introdotte dal DLgs 231/2017 (segue da pag. 25)
600/3.500
600/3.500
Non prevista
600/3.500
—
600/3.500
600/3.500
600/3.500
600/3.500
Sanzione ammin.va DLgs 109/1992 (abrogato)
Eurocarni, 7/18
27
Art. 12, comma 2
Art. 12, comma 3
Art. 13, comma 1
Art. 13, comma 2
Art. 14, comma 1
Art. 15, comma 1
Art. 16, comma 1
Art. 16, comma 2
Art. 24 Allegato X, par. 2 e3
Art. 24 Allegato X
Art. 26
Art. 26
Art. 28 Allegato XII
Artt. da 30 a 35 Allegati XIII, XIV, XV
Art. 36, par. 1
Art. 36, par. 2 e 3
Come al comma precedente, solamente con errori o omissioni formali
Soggetto responsabile Soggetto responsabile
—
Sanzioni previste agli artt. da 5 a 15 (come per le informazioni obbligatorie)
3.000/24.000
Violazione delle norme sulla fornitura volontaria di informazioni sugli alimenti
Fornitura di informazioni volontarie che inducono in errore il consumatore, o non basate su dati scientifici, o che non rispettano gli atti di esecuzione della Commissione sulla presenza eventuale e non intenzionale di allergeni, sugli alimenti per vegetariani o vegani, sugli alimenti destinati a gruppi specifici di popolazione
Soggetto responsabile
Soggetto responsabile
6.000
4.000
2.000/16.000
Violazione delle disposizioni relative a modalità di indicazione, contenuto, espressione e presentazione della dichiarazione nutrizionale
Soggetto responsabile
1.000
500/4.000
1.000
4.000
10.000
4.000
Violazione delle disposizioni relative alla modalità di indicazione del titolo alcolometrico
Soggetto responsabile
2.000/16.000
Violazione delle disposizioni relative a contenuti e modalità dell’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza
Il cedente o il soggetto che espone l’alimento
500/4.000
5.000/40.000
Cessione di un alimento, a qualsiasi titolo, o esposizione per la vendita al consumatore finale, oltre la sua data di scadenza
Soggetto responsabile 2.000/16.000
Violazione delle disposizioni relative all’indicazione, rispettivamente, della data di scadenza e della data di congelamento per la carne, le preparazioni di carne e i prodotti della pesca non trasformati congelati (sanzione non applicabile per i surgelati)
3.500/18.000, non espressamente prevista per le indicazioni volontarie
Non prevista
Non prevista
600/3.500
Non prevista
Non prevista
1.600/3.500
1.600/9.500 (solo per data di scadenza)
28
Eurocarni, 7/18
Art. 21, comma 2
Art. 22, comma 1
Art. 22, comma 1
Art. 22, comma 2
Art. 23, comma 1
Art. 17 del DLgs 231/2017
Art. 18, comma 1, DLgs 231/2017
Art. 18, comma 2, DLgs 231/2017
Art. 9, par. 1 Art. 44, par. 1, lettera a
Art. 19 del DLgs 231/2017
Art. 23, comma 2
Art. 21, comma 1
Art. 17 del DLgs 231/2017
Art. 9, par. 1, lettera c Art. 44, par. 1, lettera a
Articolo del DLgs 231/2017 (sanzionatorio)
Articolo violato del Reg. 1169/2011 (o altre norme)
OSA
OSA
OSA
OSA
Omissione, nella vendita dei prodotti non preimballati e degli alimenti non preimballati serviti dalle collettività, dell’indicazione delle sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze
3.000/24.000
1.000/8.000
5.000/40.000
Omissione dell’apposizione sui distributori automatici dell’indicazione delle sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze Violazione delle disposizioni in materia di vendita dei prodotti non preimballati
1.000/8.000
Le predette indicazioni obbligatorie non sono riportate in lingua italiana
1.000/8.000
Violazione delle disposizioni sulle informazioni obbligatorie degli alimenti non preimballati messi in vendita tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati
OSA
1.000/8.000
Indicazione del lotto, o partita, con modalità differenti da quelle previste
OSA produttore o confezionatore o primo venditore stabilito nella Unione Europea
3.000/24.000
Omissione dell’indicazione del lotto o partita
Fattispecie violata
Sanzione ammin.va minimo/ massimo €
OSA produttore o confezionatore o primo vendi tore stabilito nella Unione Europea
Soggetto trasgressore
Tabella 1 – Sanzioni introdotte dal DLgs 231/2017 (segue da pag. 27)
6.000
2.000
10.000
2.000
2.000
2.000
6.000
Sanzione ammin.va in misura ridotta €
Non prevista
600/3.500
Non prevista
600/3.500
600/3.500
600/3.500
1.600/9.500
Sanzione ammin.va DLgs 109/1992 (abrogato)
600/3.500 500/4.000 Art. 24, comma 1 Art. 20 del DLgs 231/2017
OSA
Violazione degli obblighi sulle menzioni obbligatorie (nome o ragione sociale o marchio depositato, indirizzo dell’OSA, lotto, sull’imballaggio, recipiente, confezione o etichetta o sui documenti commerciali) e sulle modalità di apposizione delle stesse per i prodotti destinati all’industria, agli utilizzatori commerciali intermedi e agli artigiani per i loro usi professionali, nonché i semilavorati
1.000
600/3.500 500/4.000 Art. 23, comma 4 Art. 19, comma 7, DLgs 231/2017
OSA
Omissione, nelle fasi precedenti la vendita al consumatore o alle collettività, delle indicazioni obbligatorie previste (nome o ragione sociale o marchio depositato, indirizzo dell’OSA, lotto), anche solo su un documento commerciale che accompagni l’alimento o sia inviato prima o contemporaneamente alla consegna
1.000
Non prevista 500/4.000 Art. 23, comma 3 (2o caso) Art. 9, par. 1, lettera c, Art. 44, par. 1
OSA
Come al comma precedente, solamente con errori o omissioni formali
1.000
Non prevista 2.000 1.000/8.000 Art. 23, comma 3 (1o caso) Art. 9, par. 1, lettera c Art. 44, par. 1
OSA
Indicazione delle sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze nella vendita dei prodotti non preimballati e degli alimenti non preimballati serviti dalle collettività, resa con modalità difformi da quelle previste dalle disposizioni nazionali Eurocarni, 7/18
Il “soggetto responsabile” Il “soggetto responsabile” di cui al Decreto Legislativo n. 231/2017 è l’Operatore del Settore Alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti di cui all’art. 8 del Regolamento (UE) n. 1169/2011, definito come “l’operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto”; nel caso in cui tale soggetto abbia sede in un Paese Terzo, viene identificato come operatore responsabile l’importatore nella UE. Tale soggetto “assicura la presenza e l’esattezza delle informazioni sugli alimenti, conformemente alla normativa applicabile in materia di informazioni sugli alimenti e ai requisiti delle pertinenti disposizioni nazionali”. Non coincide necessariamente con la figura del “produttore” (o “confezionatore”) dell’alimento, e deve indicare in etichetta, tra l’altro, lo stabilimento di produzione secondo la norma nazionale prevista dal DLgs n. 145/2017. Indicazione del lotto Il Regolamento n. 1169/2011 non prevede, tra le indicazioni obbligatorie per i prodotti preimballati, quella del lotto (o partita) di appartenenza del prodotto alimentare. Pertanto, la Circolare del 6 marzo 2015 dichiarava ancora applicabile la sanzione prevista dall’art. 18 del Decreto Legislativo n. 109/1992 per la violazione dell’art. 3 dello stesso decreto, che invece prevedeva tale indicazione al comma 1, lettera h, trattandosi di materia non espressamente armonizzata a livello di Unione Europea. Tuttavia, l’obbligo di indicazione del lotto, introdotto dalla Direttiva 2011/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, diviene cogente in Italia con il recepimento operato dall’art. 17 del Decreto Legislativo n. 231/2017; le sanzioni per le violazioni sono ora previste dall’art. 21 del medesimo Decreto. Tale informazione è fondamentale per consentire una corretta rintracciabilità ai sensi dell’art. 18 del Regolamento n. 178/2002 e per rendere efficace il sistema di allarme rapido relativo agli alimenti non conformi.
29
Etichettatura alimenti non preimballati L’art. 44 del Reg. 1169/2011 aveva demandato la materia agli Stati Membri (fatto salvo l’obbligo di indicazione degli allergeni). Il Decreto riprende in pratica quanto già previsto dal DLgs n. 109/1992 e successive modifiche, ora abrogato, e prevede l’obbligo di indicare in un cartello o con sistemi equivalenti, anche digitali (e questa è un’innovazione che tiene conto del progresso tecnologico), facilmente accessibili e riconoscibili nei comparti in cui gli alimenti sono esposti, almeno le indicazioni relative a: • denominazione del prodotto; • elenco degli ingredienti; • modalità di conservazione per i prodotti rapidamente deperibili, se necessario; • data di scadenza per paste fresche e paste fresche con ripieno; • titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande con contenuto alcolico superiore a 1,2% in volume; • percentuale di glassatura, considerata tara, per gli alimenti congelati glassati; • la designazione “decongelato” per i prodotti in tale stato. Il Decreto ribadisce anche, rispetto alla precedente normativa nazionale, la possibilità di utilizzare il sistema del cartello unico o del registro, da “tenere bene in vista, a disposizione dell’acquirente, in prossimità dei banchi di esposizione dei prodotti stessi, purché le indicazioni relative alle sostanze o prodotti di cui all’Allegato II del Regolamento siano riconducibili ai singoli alimenti posti in vendita”. Il riferimento all’Allegato II riguarda gli allergeni. Si ritiene pertanto che, in caso di utilizzo di tali modalità, sia indispensabile indicare sul comparto di vendita o sul contenitore in cui gli alimenti sono esposti almeno la denominazione, che deve corrispondere alla denominazione indicata sul cartello o sul registro, in modo che la corrispondenza sia immediata e senza possibilità di errore. Responsabile di tali informazioni è l’Operatore del Settore Alimentare operante la vendita al dettaglio del
30
Clausola di mutuo riconoscimento L’art. 25 del DLgs n. 231/2017 afferma l’inapplicabilità delle sanzioni previste dal Titolo III dello stesso (artt. da 17 a 24, in materia di: indicazione del lotto o partita; distributori automatici; prodotti non preimballati; prodotti non destinati al consumatore; relative sanzioni) ai prodotti alimentari legalmente fabbricati o commercializzati in un altro Stato Membro dell’Unione, in Turchia o in uno Stato Membro dell’EFTA (Associazione europea di libero scambio). Le norme nazionali di adeguamento al Reg. 1169/2011 non possono, infatti, limitare, mediante norme più restrittive, il libero scambio delle merci tra gli Stati Membri.
torità competenti designate con il DLgs n. 193/2007 (Ministero della Salute, Regioni e Aziende Sanitarie Locali). Il Decreto specifica anche la competenza dell’autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi del DLgs 2 agosto 2007, n. 145, e del DLgs 6 settembre 2005, n. 206. Si ricordi che la Legge n. 689/1981 prevede la possibilità di chiusura del procedimento sanzionatorio amministrativo mediante il pagamento, da parte del trasgressore o dell’obbligato in solido, della somma più favorevole tra la terza parte del massimo e il doppio del minimo della sanzione edittale; prevede inoltre la possibilità di inoltrare memorie difensive o richiesta di audizione, allo scopo di ottenere una valutazione favorevole da parte dell’autorità competente ad irrogare la sanzione. In alternativa all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione di pagamento, l’autorità può anche archiviare, con provvedimento motivato, il procedimento.
Autorità competente Secondo l’art. 26 del Decreto, la competenza all’irrogazione delle sanzioni (vale a dire a ricevere il rapporto di mancato pagamento, di cui all’art. 17 della Legge n. 689/1981, e ad emettere l’ordinanza ingiunzione, di cui all’art. 18 della stessa) è affidata al Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Si ricordi che tale competenza per le sanzioni relative all’etichettatura degli alimenti, dapprima in capo agli organi periferici delle Regioni in ambito sanitario, era stata assegnata agli UU.PP.I.C.A. (Uffici Provinciali dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato), successivamente alle Camere di Commercio, infine alle Regioni come organi del Ministero delle Attività produttive. Resta impregiudicata la competenza degli organi di controllo per l’accertamento delle violazioni, ai sensi delle normative vigenti: si ricordi che la materia rientra nel campo del controllo ufficiale per la sicurezza alimentare di cui al Reg. (CE) n. 882/2004, in capo alle au-
Conclusioni Il dispositivo sanzionatorio in materia di etichettatura e di informazioni sugli alimenti al consumatore supera la lunga fase transitoria protrattasi per oltre tre anni, dal momento dell’applicabilità del Reg. (UE) n. 1169/2011 (13-12-2014), rendendo possibile agli organi di controllo la piena esigibilità del rispetto delle norme in esso contenute. L’introduzione di alcune norme nazionali, anch’esse sanzionate, ha completato il quadro legislativo sulla materia, proseguendo sulla via, da molti anni tracciata nel nostro Paese e poi a livello comunitario, che garantisce la possibilità di scelte alimentari consapevoli e tutela la salute pubblica. La consistenza degli importi della nuove sanzioni, in generale aumentati rispetto alla normativa precedente, dovrebbe costituire un deterrente nei confronti dei comportamenti scorretti che dovessero persistere nonostante le procedure di prevenzione ormai consapevolmente adottate dalla maggior pare degli operatori. Marco Cappelli Tecnico della Prevenzione ASL n. 5 – La Spezia
prodotto sfuso o preimballato nel luogo di vendita per la vendita diretta, ivi compresi quindi i cosiddetti (secondo precedente normativa nazionale) prodotti “preincartati”.
Eurocarni, 7/18
Riferimenti normativi 1. DLgs 15 dicembre 2017, n. 231 – Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del Reg. (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo Reg. (UE) n. 1169/2011 e della Direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell’articolo 5 della Legge 12 agosto 2016, n. 170 “Legge di delegazione europea 2015” (GURI Serie Generale n. 32 del 08-02-2018). 2. Reg. (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i Regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la Direttiva 87/250/CEE della Commissione, la Direttiva 90/496/ CEE del Consiglio, la Direttiva 1999/10/CE della Commissione, la Direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le Direttive 2002/67/ CE e 2008/5/CE della Commissione e il Regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GUUE n. L 304 del 22-11-2011). 3. Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione generale della Politica Industria-
4.
5.
6.
7.
le, la competitività e le piccole e medie imprese, Divisione VIII Industria Agroalimentare, del Made in Italy e Industrie creative, del 6 marzo 2015 – Applicazione dell’articolo 18, in materia di sanzioni, del DLgs 27 gennaio 1992, n. 109 alle violazioni delle disposizioni del Regolamento (UE) n. 1169/2011. DLgs 27 gennaio 1992, n. 109 – Attuazione delle Direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari (SOGURI n. 39 del 17/02/1992) e successive modificazioni. Reg.(CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (rettifica in GUUE n. L 191 del 28-05-2004). Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398 – Codice penale (SOGURDI n. 253 del 28-10-1930) e successive modificazioni. Decreto Legislativo 15 settembre 2017, n. 145 – Disciplina dell’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, ai sensi dell’articolo 5 della Legge 12 agosto 2016, n. 170 – Legge
di delegazione europea 2015 (GURI n. 235 del 07-10-2017). 8. Direttiva 2011/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (GUUE n. 334 del 16-12-2011). 9. Reg. (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GUCE n. L 371 del 01-02-2002), modificato dal Reg. (CE) n. 1642/2003 (GUCE n. L 245 del 29-09-2003). 10. Legge n. 689 del 24 novembre 1981 – Modifiche al sistema penale (SOGURI n. 329 del 30-111981) e successive modificazioni. 11. DLgs 6 novembre 2007, n. 193 – Attuazione della Direttiva 2004/41/CE relativa ai controllo in materia di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comu nitari nel medesimo settore (GURI n. 261 del 09-11-2007, SO n. 228). 12. DLgs 2 agosto 2007, n. 145 – Attuazione dell’articolo 14 della Direttiva 2005/29/CE che modifica la Direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità ingannevole (GURI n. 207 del 06-09-2007).
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ATTUALITÀ
UE: al bando le carni avicole di 20 stabilimenti brasiliani per i numerosi riscontri di Salmonella Ma il primo esportatore mondiale ricorre al WTO di Roberto Villa
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numeri parlano chiaro e si prestano a ben pochi fraintendimenti sulla motivazione della messa al bando: tra gennaio 2017 e aprile 2018 i controlli microbiologici sulle carni avicole brasiliane effettuati alle frontiere dei 28 paesi dell’Unione Europea hanno rilevato, in oltre 300 casi, presenza di Salmonella spp., un batterio patogeno indice di scarse condizioni igieniche negli allevamenti e negli impianti di macellazione, sezionamento e lavorazione. La Commissione, il 19
aprile, ha infatti votato all’unanimità di tutti i suoi Paesi Membri la messa al bando di venti stabilimenti di proprietà di nove società, tra cui i giganti BRF e JBS, che rappresentano il 35% di tutto l’export avicolo del paese verso la UE, la quale costituisce poco più del 7% dei volumi esportati. Tale decisione è divenuta operativa a partire dal 16 maggio 2018, data in cui gli stabilimenti sono stati ufficialmente delistati. Il Brasile ha immediatamente annunciato di voler fare ricorso
all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) tramite la procedura per le dispute internazionali. E si capisce il perché: il Brasile rappresenta il secondo produttore (dopo gli Stati Uniti) e il primo esportatore mondiale di carni avicole; verso l’Unione vengono esportate annualmente una media di 500.000 tonnellate di carni avicole (principalmente petti di pollo congelati), delle quali 435.000 con il dazio standard e 65.000 con una tariffa speciale di 1.024 €/t.
La decisione della Commissione europea di vietare la carne di pollame proveniente dal Brasile sta avendo un effetto significativo sul settore del paese sudamericano. Ad esempio, Aurora Alimentos, il terzo produttore avicolo brasiliano, ha recentemente sospeso per 30 giorni la produzione in uno dei suoi otto impianti, chiudendo un’unità che trasforma il 12% della quantità totale di macellazione nel Paese. La fabbrica colpita si trova nello stato di Santa Catarina e impiega 1.283 lavoratori; il personale è stato mandato in congedo retribuito.
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Il ministro dell’Agricoltura BLAIRO MAGGI, sostenuto dalla Associação
Brasileira de Proteína Animal (ABPA), ha sottolineato che la procedura di blocco è basata su un trattamento iniquo, ovvero il fatto che le carni salate, con un contenuto medio in sale pari all’1,3%, sono sottoposte alla ricerca di oltre 2.600 fra specie e ceppi di Salmonella, mentre sulle carni fresche il piano dei controlli si ferma a due sole specie; inoltre, in Brasile, fanno notare che la quota di carni salate che entrano nell’Unione pagando la tariffa di 1.024 €/t è assoggettata ai controlli della carne fresca. L’Unione Europea controbatte che il problema sono gli scarsi controlli e financo le frodi del sistema sanitario brasiliano a destare preoccupazioni per la salute dei consumatori europei; pertanto il bando è pienamente giustificato. Aurora Alimentos, uno dei gruppi colpiti dal provvedimento, ha annunciato la chiusura per un mese sia dello stabilimento di Abelardo Luz, sia a seguire del magazzino di
stoccaggio a Guatambu, nei quali lavorano oltre 2.500 addetti, e sta facendo pressioni sul Ministero affinché si trovino strade per ripristinare degli sbocchi commerciali alternativi: trattative commerciali sono in corso con gli Stati Uniti e con la Cina, ma con il gigante asiatico i rapporti sulle forniture di carni sono piuttosto tesi. Infatti, veterinari cinesi hanno programmato ispezioni ad oltre ottanta macelli e magazzini frigoriferi, a seguito di un’intesa tra i due ministeri dell’Agricoltura volta a tranquillizzare la Cina sulle buone condizioni igieniche e fugare ulteriori dispute internazionali tra i due paesi, considerando che già oltre cento sono pendenti presso il WTO. Anche la multinazionale BRF sta facendo pressioni al fine di minimizzare l’impatto economico della decisione UE, sebbene tutta la vicenda abbia tratto origine da un’inchiesta che avrebbe messo in luce la corruzione di veterinari pubblici ad opera di BRF, allo scopo di insabbiare le analisi che mostravano
presenza di Salmonella spp. nelle carni prodotte nei propri stabilimenti. Le probabilità di successo del ricorso sono basse: la recente vicenda del bando russo sulle carni suine UE è ancora fresca Visti i precedenti, la probabilità che venga data ragione al Brasile è alquanto bassa; in particolare si può citare la recente sentenza del WTO che ha dato ragione all’Unione Europea sul ricorso al bando sulle carni suine che la Federazione Russa aveva giustificato con supposte motivazioni tecniche, giudicate infondate dall’Organismo transnazionale. Secondo gli esperti, la fondatezza delle ragioni della UE, riguardanti un principio assoluto e fondamentale come la sicurezza alimentare, potrà difficilmente essere confutata dal WTO. I tempi per queste dispute variano tra i 12 e i 18 mesi, a seconda che il ricorrente accetti la sentenza di primo grado oppure intenda fare appello. Roberto Villa
Impatto economico dei veri o presunti scandali alimentari nel settore zootecnico e ruolo dei media di Eugenio Demartini
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er un ricercatore in ambito economico, tra gli aspetti più interessanti delle fake news vi è certamente l’impatto che possono avere sul mercato. È noto infatti che l’informazione, veicolata anche dalle notizie diffuse dai media, può cambiare le opinioni e preferenze delle persone, cambiandone dunque le scelte. Da un punto di vista generale, non importa di quali scelte si parli. Le notizie possono cambiare i risultati elettorali, possono indurre le mamme a non far vaccinare
i propri figli, oppure cambiare la composizione del paniere dei consumatori. In particolare, nella presente relazione, si parla di quest’ultimo caso, ovvero dell’effetto delle informazioni esterne sulle scelte alimentari degli Italiani, con particolare riferimento alla carne bovina ed avicola. Un altro aspetto interessante riguarda come le notizie possano cambiare le scelte. In questo senso, il ricercatore in economia deve ipotizzare se l’impatto sarà positivo o negativo sull’oggetto in analisi. Nel
caso delle fake news il discorso è relativamente semplice; trattandosi di notizie non vere create per danneggiare un prodotto, è evidente che queste informazioni peggiorano le attitudini del consumatore nei confronti del prodotto, diminuendone la domanda di mercato. Il passaggio successivo è la stima dell’effetto. Ciò che sembra del tutto razionale, ovvero che una brutta notizia possa abbassare la disponibilità a pagare del consumatore per un prodotto, non è detto che si tramuti in un cambiamento apprezzabile
Le notizie false sono scritte per catturare l’attenzione del lettore spesso attraverso titoli sensazionalistici, esagerati o palesemente falsi con fini politici o economici. Un virus che ha la capacità di diffondersi ad un’incredibile velocità.
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I virus responsabili di focolai di influenza aviaria nel pollame in Italia si sono dimostrati sempre poco pericolosi per l’uomo. Inoltre, nei paesi in cui si sono verificati casi umani gravi, la trasmissione della malattia è avvenuta per uno stretto contatto con volatili domestici attraverso secrezioni e feci disseccate degli animali. sul mercato. Per poter misurare il fenomeno, la scienza economica è attrezzata di strumenti statistici che consentono di calcolare dimensioni e direzioni di questi cambiamenti, ovvero se essi si sono verificati e se hanno seguito il verso previsto dal ricercatore. L’obiettivo ultimo è quello capire quali notizie causano problemi al mercato e la loro portata, al fine di disegnare politiche di tutela o intervento per i settori potenzialmente coinvolti. Un problema grava però su questo tipo di analisi (come in realtà in tutte le scienze quantitative): si tratta della disponibilità dei dati, che devono essere in quantità e qualità tali da garantire stime attendibili. Nel caso delle fake news, il problema è sostanziale. In effetti, il fenomeno è nuovo e non esistono in letteratura casi già pubblicati di analisi del loro impatto sul mercato dei prodotti alimentari. Per poter discutere ugualmente dell’argomento si propone nel presente contributo di rifarsi a fenomeni simili e ben conosciuti,
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dove non è stata una fake news ma più probabilmente il sensazionalismo dei media a causare ingenti problemi agli allevatori. Come già accennato, i casi di studio sono due: i cambiamenti di consumo di carne bovina e avicola all’indomani della diffusione della notizia che una variazione della sindrome di Creutzfeldt-Jakob era da collegarsi al morbo della mucca pazza e alla scoperta delle potenziali caratteristiche epidemiche sulla specie umana dell’influenza aviaria H5N1. La reazione dei prezzi di mercato della carne bovina alla BSE Il 23 marzo 1996 viene data ufficialmente notizia del fatto che una variazione della sindrome di Creutzfeldt-Jakob era da collegarsi al morbo della mucca pazza, tecnicamente nota come Bovine Spongiform Encephalopathy (B SE). In un paper pubblicato nel 1999, M AZZOCCHI presenta uno dei pochi studi che fornisce una misura della reazione dei prezzi di mercato della
carne, “bersaglio”, suo malgrado, di questa comunicazione. Seguendo l’andamento giornaliero dei prezzi della carne bovina sul mercato di Modena pre- e post-diffusione della notizia, il ricercatore riesce in effetti ad isolare la dimensione di tale fenomeno. Semplificando molto la trattazione, per un cui apprendimento si rimanda al paper originale, il lavoro evidenzia tre periodi caratterizzati da cambiamenti differenti a seconda della distanza dalla diffusione della notizia e dell’intervento italiano sul mercato delle carni bovine. Tale intervento, dichiaratamente volto a tutelare la salute del consumatore, imponeva un bando all’import di carne dall’estero a partire dall’1 gennaio 1997. Il risultato finale dello studio dunque mostra che: 1. nel periodo aprile-giugno 1996, subito a ridosso della diffusione della notizia, si ha un calo drastico e generalizzato dei prezzi di mercato di qualsiasi categoria di prodotto venduto;
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Bisognerebbe partire dal fatto che l’uomo non è sempre razionale. Sia per la Bse che per il caso dell’aviaria, infatti, la sensazione di incertezza e la naturale avversione al rischio hanno spostato per un lungo periodo le preferenze italiane, con fortissimi danni per l’industria zootecnica
2. nel periodo luglio-dicembre 1996, alcune tipologie di carni bovine recuperano in valore ad indicare che, successivamente allo shock mediatico, il consumatore ha cominciato a recuperare fiducia in alcuni prodotti, differenziando e identificando il prodotto rischioso in alcune categorie invece che nella carne bovina in senso lato; 3. nel periodo gennaio-giugno 1997, a seguito dell’intervento di Stato e al bando della carne bovina importata, si ha un recupero dei prezzi, fenomeno molto probabilmente dovuto ad un misto tra il recupero della fiducia del consumatore ed alla diminuzione dell’offerta di mercato imposta per legge. Purtroppo il lavoro di Mazzocchi non integra informazioni sulle quantità scambiate, pertanto non è possibile ottenere la stima della perdita complessiva di ricavi per il settore bovino. È però vero che l’andamento dei prezzi (e l’accuratezza del modello) fa pensare che vi sia stata un’ingente diminuzione dei volumi acquistati, con altrettanto disastrosa ricaduta sul settore dell’allevamento. L’effetto delle notizie sull’influenza aviaria sui consumi avicoli italiani Nel 2008 sono invece BEACH et al. a pubblicare la ricerca quantitativa più interessante sul rapporto consumo di carni avicole e diffusione
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della notizia sull’influenza aviaria. Il giorno incriminato in questo caso è il 12 settembre 2015, data in cui esperti epidemiologi riuniti a Malta in congresso comunicano che il virus H5N1 ha tutte le caratteristiche per potersi trasformare in epidemia. Il giorno dopo le testate giornalistiche riportano titoli dai toni catastrofici del tipo “Virus dei polli. Colpirà 16 milioni di Italiani” (CORRIERE DELLA SERA versione on-line) o “Già un milione di casi e 300 morti negli USA. L’influenza colpirà il 40% della popolazione” (LA REPUBBLICA versione on-line). Ovvia è la reazione dei consumatori italiani, i quali, essendo i supermercati colmi di altri prodotti sostitutivi, smettono di acquistare carne avicola. Il lavoro dei ricercatori riesce a quantificare l’effetto delle notizie riguardanti l’aviaria sui comportamenti di consumo. Le stime mostrano in particolare un calo netto dei consumi fino al 40% nel primo semestre — calo collegato a notizie strettamente italiane e di carattere generale —, facendo vedere che, come per la BSE, anche in questo caso la diffusione di informazioni abbia causato una reazione avversa sul consumatore. Conclusioni Uno dei maggiori errori che possa commettere un ricercatore che studia il comportamento di mercato è dare la colpa al consumatore. Anzi, forse se il vecchio adagio secondo cui “il cliente ha sempre ragione” venisse adottato come regola generale da chi si occupa di economia politica, non ci si stupirebbe troppo delle analisi di Mazzocchi e del gruppo che ha lavorato con Beach. Al contrario, si accetterebbe come un fatto che l’uomo non è sempre razionale. Chi ha vissuto coscientemente il periodo della BSE e, ancora di più, quello dell’aviaria, ricorderà come appena qualche settimana dopo il primo impatto mediatico, i giornali si sforzassero di spiegare i confini reali del pericolo di contrarre il morbo di Creutzfeldt-Jakob o il virus H5N1. Eppure, la sensazione di incertezza e la naturale avversione al rischio hanno spostato per un lungo periodo le preferenze
italiane, con fortissimi danni per l’industria zootecnica. L’aspetto più impressionante è osservare i dati reali relativi all’impatto reale sulla salute umana a livello mondiale di queste due zoonosi. Secondo le stime infatti negli ultimi 30 anni, la BSE ha causato 231 morti (THE NATIONAL CJD R ESEARCH & SURVEILLANCE UNIT ), mentre l’aviaria H5N1 ne ha causati 451 in 15 anni (THE GLOBAL INFLUENZA PROGRAMME OF WHO). Per capire meglio il livello del problema, può essere utile consultare le pagine on-line dell’Istituto di Statistica Italiana, che per esempio calcola 675 morti per influenza non aviaria nel solo 2015 in Italia. Pochi se si considerano i 3.989 suicidi, i 22.246 morti per diabete mellito o le 512 persone decedute a causa di un avvelenamento accidentale, ovvero perché hanno ingerito qualcosa che non sapevano le avrebbe uccise (ISTAT). Infine, pare giusto indicare chi può essere indicato come colpevole per le reazioni spropositate del consumatore a certi eventi (e l’incoscienza che invece mostrano su altri rischi). Se non è colpa dell’ignaro consumatore, allora la colpa sarà dei media, ma anche dei ricercatori. Non si può infatti pensare che i giornalisti sappiano tutto e, al netto di chi per vendere due copie in più usa il sensazionalismo con dolo, è bene che anche gli esperti (e chi li forma) si doti di strumenti comunicativi adatti alle persone comuni e quindi, citando un ultimo lavoro di DIVO (2006) che si consiglia a tutti di leggere: “Se gli scienziati davvero credono nella portata del loro lavoro devono smettere di parlare in maniera specialistica e offrire anche ai comuni cittadini gli strumenti per comprendere la realtà delle cose di scienza”. Solo così si potranno costruire gli anticorpi e le medicine, se necessarie, per combattere le fake news, ma anche i sensazionalismi e la retorica di certa stampa, a volte colpevole, a volte ignorante, a volte semplicemente ignara. Eugenio Demartini Accademia dei Georgofili www.georgofili.info
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Meet the Lamb: Il sapore della nostra terra Con la campagna di informazione e promozione della carne ovina, Meet the Lamb: è sottolineata la qualità superiore della carne ovina, parte integrante del patrimonio alimentare europeo è potenziato il settore dell’allevamento ovino, pilastro della tradizione rurale europea, dall’antichità fino ai nostri giorni è promosso l’allevamento tradizionale che si basa sull’alimentazione naturale del bestiame è valorizzata la produzione con pratiche sicure e tracciabilità, secondo gli standard dell’U.E. è evidenziato il ruolo di tutti i componenti della filiera, dall’allevatore fino al macellaio.
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OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
La guerra commerciale: un’avventura pericolosa di Sergio Ventura
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l tema è stato già trattato in questa Rivista, con la consueta maestria, da COSIMO SORRENTINO1. Mi permetto di aggiungere alcune postille. Gli analisti della Banca Mondiale hanno calcolato che il livello medio dei dazi applicati sul valore delle merci oggetto di scambi internazionali è passato dal 13,1% nel 1995 al 7,5% nel 2016. Questa evoluzione, frutto soprattutto degli accordi conclusi sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), rischia di essere sconvolta se la recente decisione del presidente Trump di applicare un dazio del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio dovesse
provocare misure di ritorsione da parte della Cina, della Russia e dell’Unione Europea (come le confuse ed incaute dichiarazioni del presidente della Commissione sembrerebbero preconizzare). Nel frattempo, gli USA hanno deciso di esentare temporaneamente (nel momento in cui scrivo fino al 1o giugno) l’Unione Europea ed alcuni altri Paesi dall’applicazione dei nuovi dazi, che colpirebbero quindi soprattutto le importazioni dalla Cina e dalla Russia. Il presidente Trump si è basato su un dato di fatto molto semplice: anno dopo anno il deficit della bilancia commerciale degli USA
non fa che aumentare, passando da 286 miliardi di dollari nel 2009 ad un record di 738 miliardi di dollari nel 2017 (fatta eccezione dei prodotti energetici, in equilibrio grazie al boom degli idrocarburi di scisto). Ristabilire l’equilibrio degli scambi è stata una delle priorità del candidato Trump. Infatti, appena nominato, il presidente Trump ha preso di mira il deficit della bilancia commerciale, incitando le imprese a produrre sul territorio nazionale, riaprendo il negoziato sull’accordo di libero scambio tra USA, Canada e Messico, denunziando le pratiche commerciali cinesi, definendo
La firma del decreto sui dazi per acciaio e alluminio alla Casa Bianca lo scorso marzo (photo © Mandel Ngan).
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Carne bovina e ovina di Alta QualitĂ ottenuta da risorse sostenibili Dawn Meats, fondata nel 1980 a Waterford nel sud dellâ&#x20AC;&#x2122;Irlanda, è cresciuta in modo costante ďŹ no a diventare oggi una delle principali realtĂ produttive irlandesi, con stabilimenti anche in Inghilterra, Scozia e Galles. Dawn Meats è rimasta fedele ai principi dellâ&#x20AC;&#x2122;impresa familiare ed al suo radicamento agricolo, con una forte attenzione allâ&#x20AC;&#x2122;innovazione ed alla sostenibilitĂ , ponendo un
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Non c’è dubbio che le misure protezioniste degli USA rischiano di provocare misure di ritorsione dei partner potenzialmente danneggiati, con la conseguente moltiplicazione di barriere doganali lesive per tutti. La storia offre molti esempi di misure protezionistiche che hanno provocato più danni che vantaggi La più grande fabbrica di BMW a Spartanburg, nella Carolina del Sud (photo © drivemag.com). l’OMC come un “disastro” per gli USA, minacciando di aumentare i dazi sulle importazioni delle automobili europee e, finalmente, aumentando i dazi sulle importazioni d’acciaio e d’alluminio. Su questo terreno, se si fa astrazione dal linguaggio usato, Trump non si distingue dai suoi predecessori, poiché sia BARAK OBAMA che GEORGE W. BUSH avevano denunziato le pratiche cinesi e adottato misure per proteggere l’industria statunitense. Nel marzo 2002 il presidente Bush impose dazi fino al 30% sull’acciaio ma venti mesi dopo dovette abrogarli in seguito alle misure di ritorsione adottate dai partner commerciali. Il successore di Bush, Obama, fece adottare un dazio del 35% sui pneumatici provenienti dalla Cina. Ne conseguì un aumento di 1.200 posti di lavoro nell’industria statunitense dei pneumatici, ma ad un costo estremamente elevato, che fu stimato a novecentomila dollari per ogni nuovo impiego. In realtà, l’aumento attuale dello squilibrio della bilancia commerciale statunitense ha le sue radici nella crisi mondiale del 2008. Per superare la conseguente recessione economica molti Paesi hanno voluto
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favorire le esportazioni ricorrendo a misure protezionistiche ma soprattutto a provvedimenti di carattere monetario. La Cina ha registrato un eccedente commerciale senza precedenti grazie ad una politica di credito molto generosa in favore delle imprese esportatrici ma anche dei clienti stranieri. Il Giappone ha svalutato lo Yen per ristabilire l’equilibrio della bilancia commerciale compromesso, segnatamente, dopo la catastrofe di Fukushima nel 2011. I Paesi della zona euro, soprattutto la Germania, hanno approfittato della politica della Banca Centrale Europea (che ha impedito un rincaro eccessivo dell’euro) ed hanno potuto registrare un eccedente commerciale molto significativo. Non c’è dubbio che le misure protezioniste degli USA rischiano di provocare misure di ritorsione dei partner potenzialmente danneggiati, con la conseguente moltiplicazione di barriere doganali lesive per tutti. La storia offre molti esempi di misure protezionistiche che hanno provocato più danni che vantaggi. Nel 1931 il c.d. SmootHawley-Act (dai nomi di due uomini politici dell’Utah e dell’Oregon) aumentò fino al 60% i dazi su circa
10.000 prodotti, soprattutto per proteggere i prodotti agricoli statunitensi. Le conseguenze furono disastrose, i Paesi partner aumentarono a loro volta i dazi e il volume delle esportazioni statunitensi diminuì dei due terzi. Oggi, tuttavia, gli USA, le cui esportazioni non rappresentano che il 13% del PIL, sono in grado di sopportare le conseguenze di una guerra commerciale molto meglio di paesi come Cina, Giappone o Germania, le cui economie dipendono in maniera rilevante dal commercio internazionale. In primo luogo una guerra commerciale penalizzerebbe pesantemente l’industria siderurgica europea: secondo alcune stime l’esportazione di acciaio dall’UE verso gli USA sarebbe ridotta di metà. Inoltre, le barriere tariffarie USA orienterebbero gran parte della produzione mondiale di acciaio verso l’UE, con un conseguente crollo dei prezzi, poiché nell’UE già oggi l’offerta tende a superare la domanda. Viceversa, l’aumento eventuale dei dazi sulle importazioni delle automobili europee, per le quali gli USA rappresentano il primo mercato d’esportazione sia in termini di volume (20%) che
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di valore (29%), non dovrebbe avere conseguenze troppo rilevanti. Occorre notare, innanzitutto, che i dazi USA sulle automobili importate sono soltanto del 2,5%, mentre i dazi europei sulle automobili provenienti dagli USA ammontano al 10%. Inoltre, le esportazioni delle fabbriche francesi, spagnole e italiane sono relativamente modeste. Soltanto i prodotti tedeschi soffrirebbero in seguito ad un aumento dei dazi USA. Infatti, quasi il 10% della produzione tedesca di automobili è esportata negli USA e più di 1,5 milioni di posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente dalle vendite in quel mercato. Tuttavia, i fabbricanti tedeschi dispongono di un’importante base industriale sul suolo americano. Per esempio, la più grande fabbrica di BMW (17% della produzione totale) si trova a Spartanburg nella Carolina del Sud ed un eventuale aumento dei dazi potrebbe essere neutralizzato aumentando la produzione locale (BMW ha in programma un investimento di oltre 600 milioni di dollari). Anche se i costi di produzione dovessero aumentare in seguito all’aumento dei dazi sull’acciaio e sull’alluminio (alcune stime valutano l’aumento dei costi a circa 200 dollari per veicolo), le marche di lusso, come BMW e DAIMLER, potrebbero facilmente ripercuotere questo aumento sulla clientela. Non sono mancati, soprattutto da parte dei rappresentanti dell’industria siderurgica europea, gli inviti ad attaccare in seno all’OMC le misure protezionistiche USA. Ma si sa che una procedura siffatta è destinata a durare per anni con scarse possibilità di successo, tanto più che gli USA disertano attualmente i tribunali arbitrali dell’OMC2. Si deve solo sperare che sia negoziabile un accordo per evitare una guerra commerciale. Questa guerra sarebbe lo scenario peggiore per l’UE, il cui benessere economico dipende per oltre il 30% dalle esportazioni3. Sergio Ventura Note 1. Misure restrittive degli Stati Uniti: conseguenze per l’Europa, in EUROCARNI n. 5/2018, pp. 34-35. 2. Sull’OMC è bene leggere (o rileggere) STEFANO CINGOLANI (2000), Guerre di mercato, Laterza, pp. 452-458. 3. Purtroppo, la recente decisione del presidente Trump di recedere dal cosiddetto “accordo nucleare” con l’Iran e di ristabilire il regime di sanzioni contro questo paese, mette in pericolo i legami commerciali dei paesi europei con l’Iran. Infatti, anche se questi paesi e segnatamente Germania, Francia e Regno Unito, hanno affermato di volere continuare a rispettare l’accordo, sussiste il rischio che l’esportazione in Iran di taluni prodotti, per esempio nel settore dell’aeronautica, sia ostacolata qualora questi prodotti contengano uno o più elementi provenienti dagli USA.
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SLALOM
Pregiudizi e realtà economica dell’Italia di Cosimo Sorrentino
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n queste ultime settimane, nell’attesa che si formasse, tra grandi difficoltà interne, il nuovo esecutivo, l’Italia è stata pesantemente esposta a massicci e intensi attacchi da parte dei paesi esteri, che hanno senza dubbio influito sul suo esito. Hanno cominciato i giornali inglesi e americani, si sono accodati quelli francesi, ma i peggiori sono stati quelli tedeschi, con un finale incandescente del commissario al Tesoro della UE GÜNTHER OETTINGER, seguito da quello del presidente della Commissione JEAN-CLAUDE JUNCKER, attestatosi su un livello pressoché intollerabile. Juncker, infatti, invece di sforzarsi di tenere insieme, con senno e misura, ciò che è diverso ma deve coesistere con equilibrio e senza prevaricazioni — i Paesi del Nord, quelli del Mediterraneo, la potenza tedesca, le prerogative degli altri che cercano crescita e sviluppo e non
possono più sopportare la logica di parametri rigidi —, ha contribuito a complicare un percorso già molto accidentato. Crediamo non sia il caso di replicare alle suddette provocazioni, del resto già condannate dalla maggior parte degli osservatori e dalla stessa Commissione UE, di cui Juncker è il massimo rappresentante, allorché ha pubblicato, a fine maggio, le ultime raccomandazioni di politica economica e di riforma e rapporto sul debito. Da un’attenta lettura di tale documento, molto importante anche ai fini di una stabilità da tener sempre presente, risulta chiaramente che l’Italia, per il 2017, è sostanzialmente in linea con le regole del Patto di Stabilità e Crescita, precisando che non sarà aperta alcuna procedura di infrazione per deficit eccessivo. Tuttavia, è stato sottolineato che l’aggiustamento dei conti pubblici, nel 2018, “ap-
pare inadeguato”, il paese sarà sotto osservazione e verrà rivalutato il rispetto delle regole sulla base dei dati ex-post per il 2018, che saranno notificati nella primavera del prossimo anno, quando non è da escludere che ci si possa confrontare con eventuali problemi. Il Documento della Commissione mette in evidenza la necessità di attuare uno sforzo strutturale almeno dello 0,3% del PIL per il 2018, “senza alcun margine addizionale di deviazione su un anno”; perciò le misure necessarie per rispettare le disposizioni debbono essere adottate a partire dal corrente anno e l’Italia dovrà poi realizzare un aggiustamento strutturale minimo dello 0,6% di PIL, cioè 10 miliardi di euro, nel 2019. Secondo quanto è dato intendere, non è stato necessario imporre una procedura di infrazione a causa del rinvio dal 2017 al 2018 degli aumenti salariali
Il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker. 46
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previsti da diversi rinnovi nella pubblica amministrazione. Inoltre, le raccomandazioni adottate dalla Commissione fissano una serie di paletti ulteriori: l’Italia deve ridurre la quota delle pensioni sulla spesa pubblica per dare spazio ad altre spese sociali; deve continuare a ridurre l’elevato stock di crediti deteriorati sui bilanci delle banche e deve aumentare gli sforzi per affrontare l’economia sommersa, incluso il rafforzamento dell’uso obbligatorio dei pagamenti elettronici, attraverso soglie più basse per i pagamenti in contanti. E ancora: deve ridurre la durata dei processi civili e difendere le riforme pensionistiche ottenendo risparmi “con interventi su quelle elevate non finanziate da contributi”. Esiste quindi un riconoscimento, pur con tutte le cautele, da parte della UE, nel senso che l’evoluzione del debito è conforme alle regole e i conti saranno valutati ex-post; non c’è una richiesta esplicita di manovra immediata, pur facendo intravedere che, nei prossimi mesi, ci potrebbero essere azioni di aggiustamento. Quanto al debito-PIL, il grande problema del Paese, che condiziona ogni comportamento operativo, sia per iniziative che non ci viene consentito di attuare, sia per l’impossibilità dimostrata di riuscire a ridurlo almeno parzialmente, nonostante promesse e sforzi finora mai concretizzati, viene sottolineato “il rischio di deviazioni del requisito nel 2019 e così per il biennio 2018-19”. In proposito, il commissario PIERRE MOSCOVICI, molto attento alle evoluzioni delle dinamiche economiche e finanziarie dei vari paesi, ma molto più equilibrato rispetto ai suoi colleghi, ha sostenuto che il debito pubblico italiano “essendo il secondo più alto
nella UE, è un problema importante e necessita di una risposta credibile”. L’Italia viene incitata a ridurre deficit strutturale e debito, anche perché questi due fattori, sommati alle dinamiche prolungate di debole produttività, comportano rischi, oltre che sull’economia italiana, anche sull’economia dell’Unione monetaria. Tuttavia, dal quadro di raccomandazioni delineato dalla UE non esce un’Italia fallimentare. Certamente il nostro Paese deve essere tenuto in debita considerazione per l’importanza che riveste nel settore manifatturiero e come esportatore. I problemi da risolvere sono ancora tanti e non devono farci dimenticare le nostre responsabilità, emerse anche in occasione dello scontro istituzionale che ha preceduto la formazione del nuovo Governo e che non ci ha senza dubbio ben accreditato. Anche se l’Europa non ha diritto di impartire lezioni all’Italia, è necessario che le persone scelte dimostrino competenza, esperienza ma, allo stesso tempo, anche autonomia intellettuale dalla sudditanza degli ambienti che attaccano il nostro Paese. Gli attacchi nei nostri confronti sono ingiusti e pericolosi, soprattutto quando vengono formulati da persone che dovrebbero incarnare l’equilibrio istituzionale; e bene ha fatto l’attuale presidente del Consiglio europeo DONALD TUSK, allorché, bacchettando l’incauto Oettinger, ha ricordato che “siamo qui per servire gli elettori, non per impartire lezioni”. E questo è il buon senso che dovrebbe avere ogni importante responsabile dell’UE, se si vuole che la ragione riprenda a parlare e la speranza a rifiorire, come ebbe a dire il grande GOETHE. Cosimo Sorrentino
Errata corrige Segnaliamo che il titolo dell’articolo di Cosimo Sorrentino, Revisioni economiche del Fondo Monetario Internazionale, pubblicato su EUROCARNI n. 6/2018 a pagina 36, doveva in realtà essere: Previsioni economiche del Fondo Monetario Internazionale. Ci scusiamo con l’autore e i lettori per l’errore.
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LA CARNE IN RETE
Social di Elena
1. Comunicare la carne a Los Angeles MELISSA CORTINA è una giovane butcher di Los Angeles, titolare di Bavette Meat & Provisions, spazio di vendita di carni e salumi sempre attivo sul web (bavettemeat.com) e presente nei farmers market di Hollywood e Altadena. La sua filosofia? Lavorare l’animale intero e tenere un contatto diretto con gli allevatori. La sua specialità? Il bufalo. Come comunica? Anche attraverso i podcast, scaricabili da iTunes (goo.gl/wnfRHb). Un perfetto esempio di storytelling fatto davvero bene che fa leva sui vari social e veicola il racconto della “buona carne” anche attraverso i file audio (photo © bavettemeat.com).
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2. Qui da Noi in rete www.quidanoi.coop è il portale web in cui si possono trovare tutte le informazioni relative alle cooperative agroalimentari che dispongono di negozi per la vendita diretta. Con un semplice clic tutti i punti vendita delle cooperative ed i loro prodotti vengono messi a disposizione dell’utente che ha la possibilità di geolocalizzare il negozio più vicino a casa, all’ufficio o, magari,quelli disponibili durante un piacevole viaggio di vacanza (photo © quidanoi.coop).
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meat Benedetti
3. Da Londra con passione Sulla piattaforma Instagram, che sta registrando nuovi accessi a ritmi vertiginosi preparandosi a diventare il canale social più seguito, c’è la macelleria londinese HG WALTER (www.hgwalter.com), accessibile al link www.instagram.com/hgwalter. Un profilo curato, dalle immagini impeccabili, evocative della cura delle carni lavorate. Super bravi! (photo © instagram.com/hgwalter).
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4. #BBQNation Volete dare un’occhiata ad una delle community del BBQ più attive di Instagram? Il link è www.instagram. com/bbq.nation, che conta oltre 160.000 followers e una sequenza di foto ad altissimo contenuto carnivoro (photo © @balwyncanteen).
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AZIENDE
Providore Global, con PMI Foods Italia il manzo australiano non è mai stato così vicino Alla scoperta di un brand che porta sulle tavole del mondo un superior beef australiano A+. Ce ne parla Sam McNiven, managing director di Providore Global di Elena Benedetti
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iamo a Hong Kong, crocevia del commercio tra l’Occidente e la Cina, oltre che meta per l’alta ristorazione. Quella ristorazione che è figlia di tante contaminazioni, europea, asiatica, fusion e tradizionale. La storia di PROVIDORE GLOBAL inizia qui, nei primi mesi del 2012, quando WANG TSE, ristoratore di fama internazionale, insieme ai due cugini e produttori di bestiame australiano di terza generazione, SAM MCNIVEN e JAMES MILLNER, danno vita e forma alla
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società PROVIDORE GLOBAL PURE BEEF OF DISTINCTION, una realtà pensata per i ristoranti e i retailer di tutto il mondo. E un’attività che manifesta una vera e genuina passione per le carni di manzo. Sam e Wang si conoscono dai tempi della scuola, da una ventina d’anni esattamente, quando frequentavano entrambi la Kinross Wolaroi School, nella cittadina australiana di Orange, New South Wales. James Millner è il cugino di Sam e allevatore con grande esperienza, con la sua azien-
da agricola Rosedale, una delle più premiate nell’allevamento di capi Angus-Charolais. Gli ingredienti per far bene a questo punto ci sono tutti: conoscenza approfondita dei mercati internazionali, la padronanza del prodotto partendo dalla razza, all’allevamento e alla sua trasformazione, fino al marketing, agli elevati standard qualitativi e, non ultimi, gli aspetti legati alla logistica e alla personalizzazione delle carni, preparate su misura per ciascuna esigenza.
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A sinistra: gli spazi incontaminati in cui cresce il bestiame di Providore Global, nel Sud-Est dell’Australia. In alto: il bestiame di razza incrociata Angus-Charolais garantisce la massima resa qualitativa delle carni in termini di sapore, tenerezza e marezzatura. Gli animali sono cresciuti al pascolo, a erba con finitura a cereali con zero prodotti chimici o ormoni della crescita.
Rosedale Ruby, qualità firmata Providore Global Ogni singolo taglio di carne Rosedale Ruby A+ premium si traduce in manzo allevato senza uso di ormoni o chimica, dalla genetica selezionata AngusCharolais e macellato sotto i 30 mesi. Gli animali sono allevati al pascolo nel Sud-est dell’Australia e per circa 150 giorni finiti a cereali al fine di garantire carni dalla texture tenera, marezzata e dal sapore unico. Il brand si rifà a Ruby, una vacca pluripremiata dell’azienda agricola Rosedale, localizzata a 4 ore di auto a ovest di Sydney. Il packaging della carne è curato in ogni sua parte, fortemente riconoscibile nella grafica e nel pay-off “Pure Australian Beef”.
Qual è il vostro segreto (la domanda la poniamo a Sam McNiven)? «È semplice: conosciamo la carne bovina. Sappiamo che cosa serve al mercato e il nostro compito è soddisfare le esigenze dei nostri clienti in modo efficiente, con continuità e in linea con gli obiettivi locali e globali dei nostri interlocutori commerciali». Quattro elementi chiave del vostro business? «Sicuramente la qualità, la si-
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In alto: burger. In basso: cube steak.
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curezza alimentare, il sapore della carne e il valore nutrizionale del prodotto sono per noi importantissimi. Per avere il controllo su tutti occorre attivare un’analisi continua lungo tutta la filiera, dall’allevamento alle celle frigorifere fino al tavolo del ristorante. Ogni passo, lungo questo percorso, viene seguito sotto la nostra stretta supervisione per garantire un’esperienza superiore dei nostri tagli premium di manzo».
Sam McNiven e James Millner, soci insieme a Wang Tse di Providore Global, la società con sede a Hong Kong che alleva e commercializza carni pregiate bovine A+ made in Australia (photo © Andrew Green).
Tutti gli step per arrivare all’A+ Allevamento Il bestiame di razza incrociata Angus-Charolais garantisce la massima resa qualitativa delle carni in termini di sapore, tenerezza e marezzatura. È cresciuto al pascolo, a erba con finitura a cereali nelle fattorie di proprietà nel Sud-Est dell’Australia, con zero prodotti chimici o ormoni della crescita. Tracciabilità L’azienda garantisce il 100% di tracciabilità, dal campo alla tavola. Tutto il bestiame è registrato all’interno del Livestock Identification System (NLIS) e ogni singolo prodotto Providore Global è provvisto di codice identificativo a barre che ricostruisce l’intero percorso lungo la filiera, dall’allevamento, al macello, al trasporto in container, alla logistica del freddo. Certificazione di qualità accreditata a livello globale Ogni aspetto della supply chain verticalmente integrata è connesso ai più rigidi standard di qualità internazionale e di sicurezza alimentare nei campi dell’allevamento, benessere animale, trasformazione, logistica e qualità di prodotto. Tra le certificazioni accreditate la società vanta Ausmeat, Meat Standards Australia (MSA), AQIS, Halal e la Certification and Accreditation Administration of the People’s Republic of China (CNCA). Cura della lavorazione e logistica Providore Global non scende a compromessi e garantisce una carne premium beef A+ che è il risultato di una certificazione della qualità che segue la filiera, dall’allevamento alla logistica. Marketing integrato Attraverso i propri uffici in Australia e a Hong Kong, Providore Global coordina il proprio business attraverso i vari canali, ingrosso, retail e mercati on-line.
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Quanto conta la razza? «È fondamentale. Noi alleviamo un bestiame pluripremiato, incrocio misto di Angus e Charolais, razze da sempre vocate alla produzione di carni di altissima qualità. Gli animali sono cresciuti al pascolo a erba e la finitura effettuata con un mix di cereali di nostra produzione assicura tenerezza, sapore e resa». La sostenibilità, tema oggi sulla bocca di tutti, è tra le vostre priorità? «È più che una priorità, è realtà attraverso il nostro Happy Herd Sustainability Policy che dà garanzie certificate in materia di attenzione, cura, zero stress dell’animale e ambientale lungo tutta la filiera, dal campo alla tavola. La sostenibilità è il mezzo attraverso il quale assicuriamo un prodotto superiore per gusto, marezzatura e valori nutritivi. Quella lettera A+ che è il nostro orgoglio e che vuol dire manzo australiano di primissima qualità». Elena Benedetti
Providore Global Pure Beef of Distinction Web: www.providoreglobal.com • DISTRIBUZIONE ESCLUSIVA PER L’EUROPA PMI Foods Distribution Telefono: 02 30578589 – +41 417674237 E-mail: zrh_lugano@pmifoods.com Web: www.pmifoods.com Nota Photo © Providore Global.
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MEAT-TECH: un successo i film compostabili e ultrasottili
La nuova generazione di packaging a salvaguardia dell’ambiente Alle crescenti necessità di preservare l’ambiente in cui viviamo, ITP risponde con progetti e proposte innovative, frutto dell’impegno e degli investimenti che in questi anni ne hanno caratterizzato la filosofia Inventare soluzioni di packaging amiche dell’ambiente a scorsa edizione di MEATTECH, parte del progetto The Innovative Alliance che ha riunito a Milano le principali fiere del settore, si è conclusa con
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grandi soddisfazioni da parte di ITP-Industria Termoplastica Pavese Spa, azienda attiva dal 1973 nella produzione di film flessibili per il confezionamento. «Abbiamo puntato sulla sostenibilità e quindi l’innovazione, forti della nostra lun-
ga esperienza di trasformazione delle materie plastiche nel settore food e dei numerosi investimenti in R&S» spiega PAOLA CENTONZE, responsabile marketing e comunicazione. «La nuova generazione di film a basso impatto ambientale risponde alle
ClearSkinPack™ su cartoncino facilita la raccolta differenziata.
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Il film ClearLidPack, film ultrasottile barriera e antifog, ha suscitato molto interesse alla recente edizione di MEATTECH. linee guida di COREPLA (Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica) che incoraggiano una progettazione del packaging affinché risulti facilmente selezionabile e riciclabile». Il film ClearSkinPackTM per confezionamento sottovuoto, già disponibile per vaschette monomateriali, dove garantisce una semplificazione del riciclo, ha subito un’ulteriore evoluzione con l’adesione su cartoncino. A MEAT-TECH ha suscitato molto interesse questa tipologia di confezione, in cui la plastica rappresenta solo il 15% del peso dell’imballaggio. Il restante 80% è costituito dal cartoncino, che è totalmente riciclabile. La separazione tra i due elementi è facile e immediata e consente di differenziarne la raccolta. Ulteriori novità sono state presentate, riscuotendo grande successo tra i produttori e i trasformatori di carne e insaccati. E a ragione. «I film compostabili, che contengono anche materie prime da fonti rinnovabili e da anni costituiscono parte della nostra offerta — continua Paola Centonze — sono oggi disponibili in versione alta barriera all’ossigeno e ai gas. Possono essere utilizzati come mono film oppure destinati alla laminazione».
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Grazie all’utilizzo della linea pilota è stato possibile fare un primo screening dei vari polimeri così da selezionare quelli più adatti all’estrusione in bolla e i tecnici di ITP possono dire con soddisfazione che il film compostabile barriera ottenuto per coestrusione rappresenta un esempio davvero pionieristico
nell’ambito del food packaging compostabile. Grande consenso anche sui film ultrasottili che, pur in uno spessore molto ridotto rispetto allo standard sul mercato — parliamo di meno di 25 µm — e senza necessità di ulteriori lavorazioni, mantengono le caratteristiche di resistenza
Industria Termoplastica Pavese Spa, con sede vicino a Pavia, è un’azienda leader nella produzione di film poliolefinici all’avanguardia, concepiti per soddisfare le esigenze specifiche di un mercato in continua evoluzione. La gamma di prodotti ITP® include: film retraibili, film adesivi e laminati per cartone e film protettivi, nonché una serie di prodotti speciali come i film coestrusi barriera per imballaggio alimentare, nelle versioni saldante, pelabile, richiudibile e antifog, e film per etichette. ITP® dedica le sue più importanti risorse alla ricerca applicata al prodotto che ha portato alla registrazione di 9 brevetti negli ultimi 7 anni. ITP® è supportata da numerose collaborazioni con Università, centri di ricerca — come il CNR — e con i clienti stessi che permettono all’azienda di comprendere le esigenze di un mercato in continua evoluzione. Oggi, su 58.000 m2 di superficie occupata, 800 m2 sono adibiti a un laboratorio dotato dei più sofisticati strumenti di controllo e misurazione, in cui opera personale altamente specializzato. ITP® è un marchio registrato in Italia, Europa, USA e Russia. ClearSkinPack™ è un marchio depositato in Italia. ITP – Industria Termoplastica Pavese Spa Via Cavallante 13 – 27040 Bosnasco (PV) Web: www.itp.it
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A sinistra: film laminato 100% PE, a basso impatto ambientale perché interamente riciclabile. ITP lo realizza per qualsiasi tipo di alimento in busta o vaschetta (top). A destra: la nuova struttura skinpack sottovuoto di ITP è una scelta ideale per la protezione di alimenti freschi e lavorati. meccanica, rigidità, di barriera all’ossigeno e ai gas e di anticondensa tipiche dei film accoppiati a supporti biorientati. La migliorata trasparenza e brillantezza di questi film è evidente da subito. Sono film leggeri che si traducono in una riduzione del volume, il quale equivale a minori costi di trasporto e, soprattutto, ad una riduzione significativa di emissione di gas serra. In questa nuova famiglia di prodotti ultrasottili, si inserisce poi il PE per laminazione ad aumentata rigidità che, se utilizzato in alternativa al BOPP o al PET in qualità di supporto alla laminazione a PE, fornisce una
L’impegno di ITP nella riduzione dell’impatto sull’ambiente e nel sostegno ad un’economia circolare è stato molto apprezzato a MEAT-TECH. L’azienda è in grado di fornire risposte concrete e su misura nel rispetto di esigenze specifiche di una clientela sempre più attenta alle tematiche ambientali
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soluzione di accoppiato 100% PE. Sviluppato in collaborazione con DOW e interamente riciclabile, il film ottenuto consente il confezionamento di qualsiasi tipo di alimento, sia in buste (stand-up pouches) sia in vaschette (top). Queste nuove generazioni di film si prestano infine ad essere stampate con tecnologie digitali oltre a quelle tradizionali. L’impegno di ITP, in collaborazione con i diversi attori della catena del valore nella riduzione degli impatti sull’ambiente e nel sostegno ad un’economia circolare è stato nel complesso molto apprezzato durante la fiera MEAT-TECH. L’azienda è in grado di fornire risposte concrete e su misura nel rispetto di esigenze specifiche da parte di una clientela sempre più attenta alle tematiche ambientali. Packaging e ambiente: la sfida La strada intrapresa dalla comunità internazionale ha come obiettivo quello di far convergere e mantenere, potenziandoli, i benefici resi dagli imballaggi in plastica nella conservazione del cibo e non solo, con la salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo. ITP risponde a questa sfida con numerosi investimenti. Fin dall’inizio della sua attività, nel 1972, l’impegno è stato quello di creare packaging innovativo, rispondendo in modo tempestivo alle
tendenze del mercato, alle nuove consapevolezze sociali ed etiche, e alla necessità di tutelare l’ambiente riducendo l’inquinamento. Il laboratorio, attrezzato per il controllo di qualità del materiale in ingresso e in uscita e per la prototipazione di nuovi film, è nato insieme all’azienda e si è sviluppato con essa. La costituzione, nel 2016, di un comitato tecnico-scientifico composto da 5 esperti — ingegneri, chimici e tecnologi alimentari — ha potenziato e migliorato il coordinamento del supporto specialistico fornito alla clientela. I 5 tecnici uniscono le loro competenze per metterle a disposizione non solo dei clienti ma anche dei fornitori, in un’ottica di collaborazione e partecipazione lungo tutta la catena del valore. I forti investimenti degli ultimi anni hanno anche interessato l’area produttiva, con l’installazione di nuovi macchinari e impianti deputati all’efficienza produttiva e alla riduzione dell’emissione di scarti e CO2. Due cogeneratori sono già a regime per la produzione di energia, acqua calda e acqua fredda, mentre un magazzino automatico la cui costruzione terminerà alla fine del 2018, lavorerà in ottica 4.0 in un ambiente a ridotto contenuto di ossigeno, per prevenire il rischio di incendi.
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Amadori, il fatturato 2017 supera 1,2 miliardi di euro Amadori ha presentato all’inizio del mese di giugno, nel corso del tradizionale incontro con le istituzioni finanziarie, i dati di bilancio dell’esercizio 2017, che confermano il gruppo ai vertici del settore avicolo e, più in generale, del comparto agroalimentare italiano. Il fatturato complessivo ha raggiunto i 1.208 milioni di euro (+3,6% rispetto al 2016). All’aumento del fatturato si è aggiunta la decisa crescita del margine operativo lordo, pari a 103 milioni di euro (+24% rispetto allo scorso anno). «Siamo soddisfatti di quanto raggiunto lo scorso anno — ha dichiarato il presidente del Gruppo Flavio Amadori — in termini di crescita generale dell’azienda. Questa performance è stata ottenuta grazie a molteplici progetti d’innovazione di prodotto e di processo, oltre che ad una politica commerciale e di marketing orientata a dare un sempre maggior livello di servizio ai nostri clienti. I risultati di bilancio 2017 premiano l’impegno di tutti i nostri collaboratori, oltre 7.600 in tutta Italia, e consentono alla nostra azienda di proseguire nel suo percorso di sviluppo verso una moderna food company pronta a soddisfare i bisogni del consumatore». Questi risultati sono legati anche all’importante piano di investimenti sostenuto dal 2015 al 2017: 170 milioni di euro, per cogliere tutte le opportunità di crescita in un mercato in grande evoluzione. Nei prossimi anni il piano industriale prevede investimenti per ulteriori 200 milioni di euro fino al 2022, destinati allo sviluppo di nuove filiere produttive e al consolidamento di quelle esistenti. Infine, l’azienda ha ufficialmente annunciato la nomina di Francesco Berti quale nuovo direttore generale. Berti, in Amadori dal 2013 con diversi incarichi, dal 2015 ha ricoperto il ruolo di direttore Amministrazione e Finanza, Controllo e Affari Societari (fonte: © agu – 3590, World Food Press Agency Srl; in foto, Francesco, Denis e Flavio Amadori).
AVVISO D’ASTA
Attrezzature ed impianti di FRIGOMACELLO Si comunica che in data 6/11/2018 alle ore 12:00 presso il Tribunale di Patti – Aula d’udienza (Professionista delegato Avv. Barbara Schepis), per delega del Tribunale Fallimentare di Messina – Fall. n. 6/2014 si terrà la vendita senza incanto dei seguenti beni in blocco costituenti attrezzature ed impianti di FRIGOMACELLO: 1. impianto elettrico quadri; 2. impianto idrico con addolcitore e centrale vapore; 3. impianto industriale GPL ed incenerimento; 4. impianto ad aria compressa; 5. impianto per celle refrigerazione carni; 6. linea di macellazione bovini; 7. linea di macellazione suini; 8. linea di macellazione ovini-caprini; 9. sistema di pesatura; 10. sistemi di ausilio per il ciclo di lavorazione; 11. guidovia; 12. attrezzatura varie. Prezzo base d’asta: € 117.028,00 (oltre IVA); offerta minima: € 87.771,00 (oltre IVA). Le offerte di acquisto, unitamente alla cauzione pari al 10% del prezzo offerto, dovranno essere presentate in busta chiusa presso lo studio del professionista delegato, sito in Brolo (ME), Via Libertà 66, entro le ore 12:00 del giorno che precede la data della vendita. Per maggiori informazioni in ordine alle modalità di presentazione delle offerte, alle condizioni generali della vendita, allo stato delle attrezzature, per la visione della perizia di stima e per eventuali visite è possibile consultare il sito www.tribunaledipatti.net o contattare il professionista delegato Avv. Barbara Schepis ai numeri: 0941 561448 - 347 3480850.
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COMUNICARE LA CARNE
Influencer, la parola del momento di Elena Benedetti
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l web e i social media hanno rivoluzionato la vita di tutti noi. Anzi, la continuano a rivoluzionare, ogni singolo giorno, in un contesto che è in perenne mutamento. Se poco tempo fa tutti eravamo concordi sul ruolo predominante di Facebook per veicolare in modo efficace la comunicazione dei brand e delle nostre attività, ecco che ora tutta l’attenzione sta migrando su Instagram e, in particolare, sulle sue stories che, di fatto, sono un registro di comunicazione completamente diverso.
Oggi le aziende, gli imprenditori, piccoli o grandi che siano, hanno la necessità di interagire con gli utenti dei social web nel momento esatto in cui questi sono alla ricerca di prodotti o servizi. Quei prodotti o servizi che si accingono ad acquistare con un click o fisicamente nel punto vendita. Questa necessità di “intercettare” il momento fa sì che i brand oggi debbano adottare un approccio di comunicazione digitale 1-to-1. Perché? La risposta è ovvia: per allacciare legami di lungo periodo con le proprie community di
Numeri importanti. Secondo i dati di We Are Social oggi le persone connesse a internet nel mondo sono 4 miliardi. Di queste, 3 miliardi sono attive sui social media. Due cittadini su tre possiedono uno smartphone e oltre la metà del traffico web è generato dai cellulari
Uno dei primi butcher italiani a cimentarsi con le Instagram stories è stato Roberto Liberati, spesso in diretta dall’omonima bottega nel quartiere Don Bosco di Roma (photo © instagram.com/robelibe).
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UNI EN ISO 9001 — CERT. n0 6558
HIA - ITA - 00052
ISO 14001 — CERT. n 0 2731
La giornalista Cecilia Greco paragona l’influencer ad un’evoluzione del concetto di opinion leader, ovvero “un esperto che all’interno delle proprie cerchie relazionali riveste un ruolo carismatico e possiede una capacità di persuasione”. Tra i tanti mezzi di comunicazione, infatti, il più potente in termini di persuasione è costituito dall’individuo capace di esercitare un’influenza positiva
Come hanno contribuito i social media all’aumento di chi abbandona la carne? Attraverso le emozioni e precise fasi interconnesse. “Sono le emozioni a determinare se una campagna social contro o a favore di un’istituzione o un brand arriverà al punto di svolta, scrive Chiara Morini sul blog Ninja Marketing, citando la tesi dell’antropologo Ignacio Garcia Zoppi
In alto: su Instagram potete seguire in tempo reale Dario Cecchini, da Panzano in Chianti ai ristoranti-macellerie-hotel di tutto il mondo, tra manifestazioni, demo di tagli, conferenze ed eventi carnivori (photo © instagram.com/ dariocecchinimacellaio). In basso: il butcher belga Hendrik Dierendonck è molto attivo sui social, tra la macelleria, il ristorante Carcasse e i vari eventi ai quali partecipa (photo © instagram.com/dierendonck).
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Su facebook.com/groups/bbq4all, la community italiana di BBQ4All supera i 30.000 appassionati di fuochi e griglie roventi (photo Š Arina Habich 2014).
La top twelve dei Meat inďŹ&#x201A;uencer Gianfranco Lo Cascio (Italia)
Macelleria Da Carlo (Genova)
Facebook, 55.000
Facebook, 12.000
Dario Cecchini (Italia)
Macelleria Rizzieri (Ferrara)
Facebook, 43.000 Instagram, 27.000
Facebook, 11.000
Eurocarni Magazine Carni Sostenibili (Italia)
Facebook, 10.000
Facebook, 42.000
Bottega Liberati (Roma) Victor Churchill (Australia)
Facebook 7.000
Instagram, 38.000
Roberto Liberati (Roma) BBQ4All Community (Italia) Facebook, 31.000
Facebook, 5.000 Instagram, 3.000
Hendrik Dierendonck (Belgio)
Passione Preparati (Italia)
Instagram, 14.000
Facebook, 4.600
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La famosa cella di frollatura delle carni di Victor Churchill, macelleria australiana di culto a Woollahra, alla periferia di Sydney (photo © victorchurchill.com). riferimento, per fidelizzare l’utente. In questo contesto si inserisce l’influencer come parte integrante di questo processo e come attore che definisce i trend del settore e che guida le percezioni dei potenziali clienti. L’evoluzione dell’opinion leader La giornalista CECILIA GRECO, in un suo recente articolo dal titolo “Da grande voglio fare l’influencer” pubblicato su LA REPUBBLICA, paragona l’influencer ad un’evoluzione del concetto di opinion leader, ovvero “un esperto che all’interno delle proprie cerchie relazionali riveste un ruolo carismatico e possiede una capacità di persuasione”. Riprendendo le teorie di ELIHU KATZ e PAUL F. LAZARSFELD nella loro analisi del personal influencer, la Greco sottolinea che, tra i tanti mezzi di comunicazione, il più potente in termini di persuasione è costituito dall’individuo capace di esercitare un’influenza positiva. Secondo i dati di WE ARE SOCIAL (wearesocial.com), oggi le persone
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connesse a internet nel mondo sono 4 miliardi e, di queste, 3 miliardi sono attive sui social media. Due cittadini del mondo su tre possiedono uno smartphone e oltre la metà del traffico web è generato dai cellulari. Sempre secondo We Are Social oggi le piattaforme più utilizzate sono Youtube (62% degli utenti), Facebook (60%) e Instagram (33% e 16 milioni di utenti attivi al mese). Ma la crescita di Instagram, il social “fotografico”, nonostante ad oggi sia al terzo posto, in realtà nasconde una crescita esplosiva di cinque volte maggiore rispetto alle altre piattaforme e decisamente quella frequentata dagli utenti più giovani (età media tra i 24 e i 30 anni). #meat versus #vegan E nel mondo delle carni cosa succede? Su Instagram, per esempio, c’è ancora parecchio da fare. Siamo solo all’inizio e i contenuti sono tutti da costruire. Basta fare una ricerca con #meat per trovare 6 milioni e
mezzo di post. Decisamente un bel numero, ma se cercate #vegan i post sono 60.000. Come hanno contribuito i social media all’aumento di chi abbandona la carne? CHIARA MORINI, sul blog di comunicazione NINJA MARKETING (ninjamarketing.it), riporta la tesi di IGNACIO GARCIA ZOPPI, antropologo digitale e fondatore di TREE INTELLIGENCE. “Sono le emozioni a determinare se una campagna social contro o a favore di un’istituzione o un brand arriverà al punto di svolta. Zoppi ritiene che tali campagne di sensibilizzazione raggiungono il successo virale sui social media grazie a delle precise fasi interconnesse” scrive Morini. Sono quindi i contenuti emotivi, evocativi e personali le chiavi di svolta della comunicazione dei nostri tempi. E su queste frequenze occorre lavorare per raccontare il prodotto carne, la filiera che c’è a monte, le storie di allevatori che lavorano con passione, la cura nel trasformare la carne in un alimento fatto di proteine nobili. Elena Benedetti
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MGA GROUP
Vicentini Carni. Qualità garantita dalla A agli Zoccoli.
Vicentini Carni è un nome storico a forte tradizione familiare nel panorama delle aziende specializzate nell’allevamento e macellazione di carni bovine di Alta Qualità. Grazie al progetto Filiera, Vicentini garantisce qualità e controllo in ogni fase, portando le carni bovine più prelibate direttamente sul banco delle migliori macellerie italiane. Vicentini Carni, oltre 50 anni di passione, per offrirvi solo il meglio!
Vicentini Carni S.p.A. - 37056 Engazzà di Salizzole (VR) Italy - Via Palazzina, 510 int. 3 - Tel. +39 045 6954444 - Fax. +39 045 6954440 - contatti@vicentinicarni.it - www.vicentinicarni.it
Domande e risposte per arginare le fake news
Fassone, Fassona, Fassoneria: consigli per non sbagliare
F
ake news è un’espressione inglese traducibile in italiano con “notizie false”. La si utilizza per indicare quegli articoli che “inventano del tutto le informazioni, disseminano contenuti ingannevoli, distorcono in maniera esagerata le notizie vere”. Di fake news è imbottita la rete, che si parli di politica, costume o sport. Ma dove si toccano le vette del falso o dell’esagerato è nel campo della salute e dell’alimentazione. Per contribuire a fare chiarezza, per quanto
riguarda il mondo delle carni e in modo particolare quella della razza Piemontese, il dottor BARTOLOMEO BOVETTI, direttore della cooperativa di allevatori COMPRAL, ha stilato un piccolo “prontuario” di domande e risposte ricorrenti (FAQ) ad uso del consumatore. Cosa significa il termine Fassone o Fassona da cui deriva Fassoneria? «Il termine Fassone deriva da un’espressione gergale presente nell’antico dialetto piemontese di
derivazione francese. Si tratta uno dei tanti francesismi che si ritrovano nelle locuzioni piemontesi, in particolare il termine Fassone deriva dal francese façon, che significa modo o maniera. Gli allevatori piemontesi utilizzavano e utilizzano ancora il termine Fassone per identificare un animale a modo, giusto nel senso che esprime nella giusta misura le caratteristiche della razza Piemontese della coscia, quindi uno sviluppo muscolare sorprendente, una crescita importante e una
«La scorretta informazione nell’alimentare ha un peso più rilevante che negli altri settori perché va ad influenzare direttamente la salute» aveva dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione della presentazione della campagna #stopfakeatavola promossa proprio da Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Secondo un’indagine Coldiretti/ixè, infatti, quasi 3 Italiani su 4 crederebbero alle bufale che la rete mette in circolo sul cibo, spingendosi a comportamenti pericolosi per la salute.
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Fassoneria è un “luogo gourmet” che vuole rappresentare le migliori peculiarità gastronomiche della carne del bovino di razza Piemontese, con caratteristiche pregiate soprattutto per quanto riguarda la tenerezza, il sapore particolarmente delicato, che ricorda la nocciola, e la poca presenza di grasso
Fassoneria è un locale (oggi franchising) che serve carne proveniente solo da bovini di pura razza Piemontese, certificati e garantiti dagli allevatori della cooperativa Compral. Tanti gli hamburger proposti, con ingredienti tipici piemontesi o di ispirazione internazionale (photo © www.fassoneria.it). qualità della carne assolutamente unica. Da Fassone deriva Fassoneria: luogo in cui viene offerto del cibo, in particolare la carne di bovino di razza Piemontese, con caratteristiche pregiate soprattutto per quanto riguarda la tenerezza, il sapore particolarmente delicato e la poca presenza di grasso». Esiste la razza bovina Fassone? «Da un punto di vista zootecnico la razza Fassone non esiste, esiste la razza bovina Piemontese. La Piemontese è una razza bovina autoctona allevata quasi esclusivamente in Piemonte ed in particolare nella provincia di Cuneo, zona particolarmente vocata all’attività zootecnica in generale. La razza Piemontese è rappresentata da una popolazione bovina di circa 320.000 capi, di cui 160.000 fattrici. L’allevamento avviene in aziende medie a prevalente conduzione familiare, caratterizzate dal cosiddetto ciclo chiuso, ovvero fattrici e ingrasso nella stessa azienda utilizzando foraggi e cereali prodotti nell’azienda. Una parte delle fattrici (circa 30.000 capi), durante il periodo estivo, la stagione dell’alpeggio, raggiunge i pascoli della montagna per circa 100 giorni».
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Quali origini ha la razza bovina Piemontese? «La razza bovina Piemontese ha origini molto antiche. Secondo studi recenti sarebbe nata da un incrocio avvenuto circa 20.000 anni fa tra una razza zebuina di origine orientale (probabilmente uno zebù pakistano), che dopo una lunga migrazione si insediò sulla pianura pedemontana, e il bovino selvatico (Uro) oggi estinto. L’incrocio diede vita ad una razza autoctona di ceppo zebuino che via via ha colonizzato l’intera regione. Il bovino Piemontese è stato impiegato nei secoli per il lavoro nei campi e per il trasporto, solo successivamente per la produzione di latte e carne. Si tratta quindi di un animale a triplice attitudine: lavoro, carne e latte. Con l’avvento della meccanizzazione e l’affermazione delle razze a spiccata attitudine alla produzione del latte, la Piemontese è via via diventata una razza per la produzione di carne. Tale orientamento produttivo è stato ulteriormente enfatizzato dalla comparsa nei primi anni del 1900 del fenomeno della coscia o groppa doppia che caratterizza oggi la razza bovina Piemontese. Si tratta di una conformazione particolare caratterizzata da uno sviluppo imponente delle
masse muscolari: quindi maggiore resa, maggiore massa muscolare magra con un tessuto particolarmente tenero, croccante, e una nota di sapore che richiama la nocciola». Cosa vuole esprimere la Fassoneria nell’offrire la carne del bovino di razza Piemontese? «Fassoneria è un “luogo gourmet” che vuole rappresentare le migliori peculiarità gastronomiche della carne del bovino di razza Piemontese. Nella tradizione piemontese la carne viene apprezzata cruda, leggermente condita con olio, sale e un brivido di aglio… Può essere leggermente battuta al coltello oppure affettata, in questo caso la preparazione viene chiamata carpaccio o albese. In Fassoneria si trovano entrambe le preparazioni. L’hamburger si può gustare in vari modi: abbinato con i formaggi tipici piemontesi (Raschera, Bra, Toma) oppure con salse particolari. In ogni caso l'hamburger è preparato senza aggiunte di addensanti o conservanti, esprime un giusto rapporto tra parte grassa e parte magra. La cottura non sarà mai prolungata, al fine di conservare la tipica succosità e tenerezza della carne del bovino Piemontese». (Fonte: ARAP)
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Mister Manzotin fa cantare l’Italia in TV e radio Manzotin, storico marchio italiano con quasi 60 anni di storia, torna in TV con una nuova campagna su La7 e La7D. Manzotin è un brand di Inalca, società del Gruppo Cremonini. Leader nella produzione di carni bovine, Inalca è una delle poche realtà nel settore zootecnico ad aver completato una propria filiera bovina integrata, che copre tutte le fasi di realizzazione del prodotto: dall’allevamento alla trasformazione delle carni, fino alla distribuzione. Grazie a questo know-how, la nuova comunicazione di Manzotin, ideata dalla struttura indipendente TERRA, si è potuta incentrare sulla qualità e l’italianità del prodotto. Il protagonista dello spot ha debuttato per la prima volta sulla pagina Facebook di Manzotin. Qui, giorno dopo giorno, le sue avventure sono entrate nel cuore del pubblico. In TV, il funambolico Mister Manzotin si esibisce in uno spassoso balletto tra ingredienti tipici della Dieta Mediterranea e gustosi manicaretti estivi, sulle note del celebre “Mambo italiano”. La pianificazione televisiva sarà affiancata e sostenuta anche da una diffusione radiofonica. Una campagna a tutto tondo, dunque, che gioca sulla contaminazione dei linguaggi e punta a creare un solido legame tra social, TV e radio. Il Gruppo Cremonini Il Gruppo Cremonini, con sede a Castelvetro in provincia di Modena, impiega circa 16.000 dipendenti in tutto il mondo e nel 2017 ha realizzato ricavi per 4.031,0 milioni di euro. Il fatturato deriva per il 47% dalle attività di produzione (carni bovine, salumi e snack), per il 39% dal settore della distribuzione e il rimanente 14% dalle attività di ristorazione. Il Gruppo realizza oltre il 30% del proprio fatturato all'estero. Cremonini è la prima società privata in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne (Inalca, Montana, Manzotin e Ibis) ed è il numero uno in Italia nella commercializzazione e distribuzione al foodservice di prodotti alimentari (MARR). Detiene la leadership in Italia nei buffet delle stazioni ferroviarie e vanta una presenza rilevante nei principali scali aeroportuali italiani e nella ristorazione autostradale (Chef Express). In Europa è uno dei maggiori operatori nel settore della ristorazione a bordo treno. Nella ristorazione commerciale è presente in Italia con i ristoranti a marchio Roadhouse. • Guarda lo spot: www.youtube.com/watch?v=ctTDJ7jUeQk >> Link: www.manzotin.it – www.facebook.com/manzotinitalia
Eurocarni, 7/18
MARKETING
Carni gallesi in Italia: in partenza un piano triennale nell’era post-Brexit di Elena Benedetti
L’
uscita del Regno Unito dall’UE porrà fine all’adesione del Regno Unito all’Unione Europea, secondo le volontà espresse dai cittadini britannici nel referendum 2016. Le modalità di uscita, previste dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, sono in corso di attuazione e la stragrande maggioranza di persone, sia in UK che in Europa, auspica un’uscita soft, ovvero una soft Brexit.
HCC-H YBU C IG C YMRU M EAT PROMOTION WALES, l’ente che rappresenta le carni rosse gallesi nel mondo, si è organizzato per i prossimi tre anni con risorse e progetti che assicurano la presenza delle sue carni pregiate — come il Welsh lamb Igp, la carne di agnello a indicazione geografica protetta — sul mercato italiano. In che modo? Attraverso JEFF MARTIN, da sempre responsabile HCC Italia, e con KATE
PATTEN, la nuova HCC Export Development Officer, entrata a far parte dell’organizzazione di HCC-Hybu Cig Cymru Meat Promotion Wales lo scorso marzo. Abbiamo conosciuto Kate nel corso della sua prima visita in Italia, una tre-giorni frenetica di incontri tra aziende, buyer e retail, nella quale Kate ha avuto modo di conoscere meglio il mercato, le sue dinamiche ed esigenze in termini di prodotto.
Con i suoi 3 milioni di abitanti e 11 milioni di ovini, il Galles è il più grande produttore di carne ovina d’Europa. Questi animali crescono in totale libertà, tra colline verdi e pascoli rigogliosi. Un paesaggio caratterizzato da montagne e vallate che, insieme ad un clima particolarmente favorevole, crea un habitat unico e speciale per l’allevamento (photo © andreac77 – stock.adobe.com).
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Il Welsh lamb ha un gusto delicato, dolce, molto apprezzato da chi normalmente non ama le carni forti. Il suo gusto è dato dall’ambiente in cui nasce e cresce, mangiando l’erba che il clima mite e le piogge leggere fanno crescere in modo rigoglioso
«Non avendo più accesso ai fondi europei, HCC ha ottenuto 1,2 milioni di sterline dal Governo britannico da destinare al sostegno dell’export in EU ed extra Europa (tra cui Canada, Medio Oriente e Asia) per i prossimi tre anni» mi spiega. «Il mio compito è quindi quello di lavorare sul marketing delle carni rosse gallesi per rafforzare la presenza del prodotto sul mercato tra i consumatori, i retailer e distributori». Focalizzarsi sul trade con una campagna mirata di comunicazione e attività sul punto vendita Insieme a Jeff Martin, che da sempre è il referente per l’Italia del Welsh lamb e Welsh beef Igp, Kate e lo staff HCC, tra cui RHYS LLYWELYN e DEANNA JONES, sono al lavoro per dare continuità all’export delle carni rosse gallesi, definendo le basi per le strategie commerciali degli anni a venire. «Il nostro obiettivo è quello di focalizzarci sul trade attraverso una mirata campagna di comunicazione e con attività sul punto vendita, sfruttando le tecnologie moderne e le piattaforme web e social» sottolinea Kate Patten. «Vogliamo accorciare le distanze tra il prodotto a banco che il cliente trova al supermercato con l’ambiente incontaminato e totalmente naturale che contraddistingue i nostri allevamenti in Galles, 20.000 metri quadrati di zona collinare ricoperta da un folto manto erboso, dal colore verde intenso grazie alle abbondanti piogge.
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Kate Patten, Export Development Officer, e Deanna Jones, Export Executive di HCC-Hybu Cig Cymru Meat Promotion Wales, l’ente che rappresenta le carni rosse gallesi nel mondo. Un habitat unico al mondo, esempio di un allevamento totalmente sostenibile e naturale per oltre 400.000 capi, tra ovini e bovini» precisa Kate, che è cresciuta in Galles ed è figlia di allevatori. Agnello gallese: ode al pascolo e al gusto «Sul fronte dei prezzi stiamo uscendo ora da una fase di rialzo che aveva raggiunto livelli davvero fuori misura» ha puntualizzato Jeff Martin. «Il freddo anomalo di questo inverno con il burian siberiano ha rallentato la produzione di Welsh lamb, ma la situazione sta tornando alla normalità, sia nelle quotazioni della carne che nell’approvvigiona-
mento del prodotto» ha assicurato il responsabile HCC Italia. D’altra parte l’agnello gallese IGP è veramente il prodotto di un ecosistema legato in tutto e per tutto alla natura e ai suoi ritmi. Riconosciuta a livello mondiale come carne pregiata e unica, per sapore e tenerezza, questa carne ha raggiunto anche in Italia una presenza consolidata. Così è e così sarà anche nei prossimi anni. Buon lavoro Kate! >> Link: www.agnellogallese.eu www.manzogallese.eu • •
FB: agnelloemanzogallese Twitter-Instagram: @welshlambbeef
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MACELLERIE D’ITALIA
Macelleria Caffa, il futuro è adesso di Elena Benedetti
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anto si è scritto sull’evoluzione delle macellerie in Italia, sul passaggio generazionale nelle gestioni a carattere familiare, sulla capacità attrattiva che devono avere le botteghe moderne verso una clientela spesso confusa, tra disinformazione e mode alimentari esasperate dai social. Poi basta parlare con DEVIS, 30 anni e una professione ereditata dal padre in quel di Asti, per comprendere non solo che è tutto vero ma che una soluzione c’è e si chiama ricerca. Punto. L’incipit «Iniziai a lavorare in negozio a 14 anni, ma a me proprio non piaceva» esordisce Devis. Il motivo? «Mille
motivi: i pomeriggi, le festività, le estati, praticamente ogni volta che ero a casa da scuola i miei genitori avevano bisogno di un aiuto in negozio. Dopo aver ottenuto il diploma di perito meccanico, decisi di andare a lavorare come disegnatore tecnico in un’azienda di Asti. Finii così per prendere un’altra strada, divenni perito meccanico e incominciai a disegnare ammortizzatori. Questa esperienza durò un paio d’anni, dopodiché chiesi a mio padre di poter lavorare in macelleria» prosegue Devis. «Ricorderò sempre le sue parole, mi disse: “Se decidi di lavorare qui ti devi impegnare e lavorare sodo”». Dal 2010 la Macelleria Caffa è intestata a Devis e il 12 dicembre
2017 è stato aperto il nuovo locale, ubicato in piazza Vittorio Alfieri ad Asti, completamente ripensato nella progettazione di ambienti, arredi ed esposizione del banco carni e delle vetrine. La ricerca Iniziamo dalle carni e dalla loro provenienza. «La parte più bella di questo lavoro è proprio questa, ovvero andarsi a cercare le materie prime e, dato che io sono molto patriottico, sono andato alla ricerca di carni speciali proprio nel mio territorio, il Piemonte». La macelleria propone solo carne bovina piemontese, oltre a cappone di Morozzo, agnello Sambucano,
Alla Macelleria Caffa si prediligono le carni di animali allevati sul territorio: bovino piemontese, bue grasso di Carrù, cappone di Morozzo e pollo del circuito Carne Cuneo, così come il suino.
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e, dall’anno scorso, anche il bue grasso di Carrù. Sul fronte avicolo la scelta è stata quella di lavorare il pollo Fèlice del circuito Carne Cuneo, allevato nelle campagne cuneesi nel pieno rispetto delle naturali esigenze del pollo, forzature alimentari e ambientali. «E per il maiale intero selezioniamo capi suini allevati a castagna» aggiunge Devis. L’animale intero «Lavoriamo solo l’animale intero e questa scelta da una parte ci consente di selezionare a monte i capi migliori mentre, dall’altra, richiede tanto lavoro extra per usare tutta la carne» sottolinea Devis Caffa. «Prendiamo il suino: facciamo diverse lavorazioni, molte delle quali riprendono lo stile americano dei tagli, ma poi facciamo anche il prosciutto cotto, i cotechini quando è stagione e in estate i würstel, perché nulla va sprecato! Questo mestiere è straordinario ma richiede attenzione in ogni singolo passaggio» precisa Devis. «Per quanto riguarda il pollo, ad esempio, da noi in va forte il petto, vanno parecchio le cosce ma le ali non le vuole mai nessuno. Allora noi ci siamo inventati i Chicken lollipop, ovvero le alette da sgranocchiare, buonissime». Preparati, pochi e fatti sul momento Sul fronte tagli o preparati, qual è lo stile della Macelleria Caffa? «Io preferisco decisamente il taglio di carne selezionata, raccontato bene ai miei clienti per far comprendere loro la provenienza, il suo valore attraverso il lavoro fatto a monte presso l’allevatore, ma anche il preparato ha la sua valenza e, per questo motivo, ho seguito un consiglio che anni fa mi diede FRANCO CAZZAMALI, il macellaio di Romanengo (CR) che per me è preparatissimo, un grande esempio da seguire. Cazzamali mi consigliò di fare il pronto a cuocere sul momento, così usi solo quello che ti serve, riduci gli sprechi e il cliente aspetta un attimo in più ma assiste alla preparazione del suo hamburger, polpetta o polpettone, realizzato con carne fresca e senza aggiunta di altro».
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La scelta della Macelleria Caffa è di lavorare l’animale intero. Da una parte questo permette di selezionare i capi migliori e, dall’altra, richiede un lavoro extra per usare tutta la carne. Dal suino, oltre i tagli freschi, nascono prosciutto cotto e cotechino.
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Il nuovo locale della Macelleria Caffa inaugurato nel dicembre del 2017. Work in progress Il dry aged è un discorso che segui? «Sì, certo, ma solo per alcuni clienti. Adesso, per esempio, sto lavorando ad una versione del whisky dry aged beef con carne Piemontese e Jack Daniels, mentre col suino sto entrando nel mondo del salame col maiale nero di Cavour, che alleva l’azienda agricola TEO COSTA di Castellinaldo d’Alba, nel Roero, attraverso incroci di nero di Garlasco e Cinta senese». De Gustibus e collaborazioni Quanto conta la formazione per un giovane titolare di macelleria? «Conta tanto, perché è fonte di stimoli e crescita professionale» mi risponde Devis, da anni dentro al circuito di
De Gustibus Carnis, l’Istituto Italiano Assaggiatori di Carni (www.degustibuscarnis.it). «Coi colleghi veneti ho subito avuto grande empatia e li trovo non solo molto preparati ma anche aperti e collaborativi». Devis sta anche per entrare nel circuito di Carnè, il Consorzio Macellai Tipici di Cuneo (www.carnecuneo.it), che promuove la lavorazione di carne proveniente da capi bovini nati, allevati e distribuiti esclusivamente in provincia di Cuneo. Nuovo concept per un mestiere antico Lo scorso dicembre la famiglia Caffa ha inaugurato il nuovo locale con cambio di sede e di progettazione
Questo mestiere è straordinario ma richiede attenzione in ogni singolo passaggio, racconta Devis Caffa. Noi, ad esempio, lavoriamo solo l’animale intero e questa scelta da una parte ci consente di selezionare a monte i capi migliori mentre, dall’altra, richiede tanto lavoro extra per utilizzare tutta la carne. Nulla va sprecato!
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della macelleria. «Quando si entra l’attenzione è tutta rivolta al grande bancone di marmo — realizzato come quelli del passato — che presenta i vari tagli di carne della giornata. È la carne la vera protagonista! La nostra idea era quella di fare una gioielleria della carne, dove il cliente, più che indicare qualcosa di già pronto da incartare e portar via, ci spiega quelle che sono le sue esigenze e noi le soddisfiamo al momento». Un concept sicuramente nuovo quello della Macelleria Caffa, che mette al centro la relazione tra consumatore e prodotto, mediata da professionisti che sanno intercettare le necessità della clientela e raccontare in modo autentico e spontaneo il valore aggiunto del loro straordinario territorio. Elena Benedetti Macelleria Caffa Piazza Vittorio Alfieri 18 14100 Asti Telefono: 0141 530701 E-mail: info@macelleriacaffa.it Web: www.macelleria-asti.it
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Bologna
Gigliani, storica bottega al Testaccio di Gian Omar Bison
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oma e le macellerie sono un binomio curioso, in grado di raccontare avvenimenti secolari, mestieri e vocazioni che vanno oltre la culinaria in senso stretto. La Macelleria Gigliani del rione San Saba appartiene a quelle botteghe storiche costruite sul sacrificio e il lavoro di nonni, padri e nipoti. E Leonardo, attuale gestore, figlio di Sergio e nipote di Giovanni, si sente per certi aspetti depositario e garante di una tradizione nata in pieno Testaccio negli anni Quaranta del Novecento. «Tutto è iniziato con mio nonno, proprietario di alcune macellerie, dove vendeva in particolare la carne equina, nel cuore pulsante della “macelleria romana”, il Testaccio» ricorda Leonardo. «È l’area dove sorgeva il mattatoio di riferimento con un numero enorme di esercizi legati al commercio di carne. Tra questi, appunto, le botteghe di nonno Giovanni, un personaggio gioviale tra le cui passioni c’era la tenuta e la preparazione delle carrozze e dei cavalli di alcune famiglie nobiliari dell’epoca. Ma la concorrenza era elevata, così come la quantità di macellerie nel quartiere. Per questo, dopo essersi concentrati nella sola rivendita di via Galvani, mio padre, a trentadue anni, subito dopo essersi sposato, ha preferito rilevare il negozio attuale e dar vita alla sua macelleria. Una realtà in grado di rispecchiare il suo amore e la passione per il mestiere». Sergio prese in mano i coltelli nel 1953, all’età di dodici anni, nella bottega del padre in via Galvani. E non li ha più mollati fino alla scomparsa avvenuta qualche anno fa. Era l’epoca del primo
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Leonardo Gigliani. vero cambiamento dei consumi e dei costumi, delle aspettative gastronomiche: decollava il consumo di carne bovina e poi, negli anni successivi, comparvero a bancone i preparati. «Mi ricordo le prime polpette e i polpettoni, preparati con l’aiuto di mia madre, fino ad arrivare alle fettine panate e alle zucchine ripiene. E sembrava già tanto. Poi è stato un crescendo vorticoso e apparentemente senza fine, inseguendo i tempi e le esigenze dei clienti. Oggi abbiamo un listino con trenta preparati, realizzati con Massimiliano, dipendente e collega, ordinabili anche per tempo. E se non faccio trovare ai miei clienti alcuni preparati pronti da consumare in cinque minuti di fornello sarebbe finita. Non lo so dove finiremo di questo passo». L’avvicinamento di Leonardo alla macelleria è stato graduale, cadenzato. La scuola superiore, il diploma in ragioneria e, in mezzo,
qualche capatina in bottega. Al massimo qualche consegna in rione col motorino. «Poi però — sottolinea Leonardo — la passione di mio padre è stata contagiosa. Il suo amore per questo mestiere, la passione ed innata cortesia mi hanno rapito. A vent’anni il mio impiego in macelleria è stato pieno ma come un dipendente. Quando è mancato mi sono trovato in prima linea e mi sono reso conto che oltre ad un mestiere questa è un’attività che ha tutta la burocrazia e la contabilità che ne conseguono». Da Gigliani si consumano tutte le tipologie di carni in proporzioni sovrapponibili. Il bovino è danese, perché in grado, sostiene Leonardo, di garantire una carne saporita, marezzata bene e diversa dalle solite. «Abbiamo sempre lavorato questo prodotto e ci troviamo molto bene. Avevo mio zio che stava al mattatoio e ci ha abituati all’utilizzo di questa razza». Il pollame, altro plus secondo
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UNA STORIA DI CARNE Noi del Consorzio Carni Piemonte la produciamo nei nostri allevamenti. Più di 120 allevatori si sono consorziati sin dal 2001. Oggi attraverso il nostro Macello Piemonte Nord , siamo in grado di fornire agli operatori del settore un prodotto sano, controllato e di origine certa.
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Il futuro della bottega lo vedo impostato sul cotto, sui preparati, dice Leonardo Gigliani, anche se l’amministrazione romana è restia ad agevolare questa attività importante di complemento delle macellerie
Leonardo, arriva dall’allevamento San Bartolomeo di Viterbo. Il futuro della bottega? «Lo vedo molto impostato sul cotto, sui preparati, anche se l’amministrazione romana è restia da tempo ad agevolare questa attività imprescindibile di complemento delle macellerie. Eppure in giro per l’Italia ci sono rivendite anche molto piccole che cucinano di tutto senza troppe limitazioni. E poi è un problema generale su come viene vissuta la carne nell’alimentazione. Io credo profondamente alla bontà dei principi nutrizionali della carne e cerco di aggiornarmi e di approfondire. I clienti chiedono la provenienza dei bovini e molte altre informazioni. Penso sia giusto anche se di questo passo si rischia di eccedere: prima o dopo, di maggiore garanzia in maggiore garanzia, i consumatori inizieranno a farsi i propri allevamenti personali. Tutto questo è materia di riflessione e scambio con i colleghi che con me condividono l’adesione all’associazione macellai Roma Capitale nella quale sono membro del direttivo. Cerchiamo di fare formazione e di scambiarci le buone prassi». In negozio anche una piccola cantina di vini e la birra artigianale ’Na Biretta (del Birrificio di Ostia). Si commercializzano anche altri prodotti, come olio extravergine, caciocavallo, aceto balsamico, tartufata e altro ancora. Gian Omar Bison
In alto: l’esterno della macelleria nel rione San Saba. Al centro: il banco con tagli freschi e pronti a cuocere. In basso: taglio di bovino fresco. Da anni ormai la scelta dei Gigliani cade sul bovino danese.
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Macelleria Gigliani dal 1953 Via Andrea Palladio 4 – 00153 Roma Telefono: 339 6546874 Web: www.macelleriaaventino.roma.it
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EVENTI CARNIVORI
Genazzano chiama, i Butchers rispondono. Ed è subito festa di Elena Benedetti
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i sono giornate straordinarie che non si dimenticano, che si sviluppano in un susseguirsi di emozioni. Così è stato domenica 10 giugno nel bel parco adombrato degli Elcini, a ridosso del maestoso Castello Colonna e del centro storico di Genazzano. Il piccolo borgo medievale che dista una cinquantina di chilometri dalla Capitale ha infatti ospitato una tappa degli eventi carnivori dei Butchers for Children, la staffetta che i maestri macellai organizzano dal 2001 e che da Panzano in Chianti, con il suo ideatore DARIO CECCHINI dell’Antica Macelleria Cecchini, hanno fatto davvero il giro d’Italia e finanziato, nel corso del tempo, numerosi progetti rivolti all’infanzia per un valore complessivo che ha superato abbondantemente i 600.000 euro. Per la prima volta nella provincia di Roma, per volontà e iniziativa di MARIO ANGELUCCI, grandissimo macellaio per l’occasione regista e organizzatore della giornata, i butchers hanno allargato la loro rete benefica accogliendo nuovi colleghi e tante macellerie del Lazio, oltre che della Campania e Sicilia. Perché lo spirito dei butchers è contagioso, goliardico e travolgente, emozionante e irriverente nella celebrazione delle carni, che nel corso della giornata sono state raccontate e degustate da una grande folla di visitatori. Altissimo il livello per le carni offerte da ciascuna macelleria, dai salumi trentini e dal capriolo passando attraverso una meravigliosa battuta di pecora alle polpette di bollito, piccoli e profumati burger pugliesi, porchetta, cappone, marmellata di maiale, pulled pork milanese, signore costate cotte alla griglia e molto altro ancora.
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Mario Angelucci, macellaio di Genazzano (RM), è stato l’ideatore e artefice dell’evento “Il Gusto della Solidarietà”. L’incasso della giornata è stato interamente versato alla Onlus ROMAIL “Vanessa Verdecchia”, un’attiva sezione dell’AIL, l’Associazione Italiana contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma, a sostegno del Reparto pediatrico della Clinica Ematologica – Policlinico “Umberto I”, Università Sapienza, in ricordo di Luca Angelucci e di tutti i piccoli pazienti
colpiti da queste malattie. C’è tanto da fare, tanti sono i progetti da sostenere. I butchers rispondono sempre generosi, con un’energia che è contagiosa, veicolando la raccolta di fondi attraverso degustazioni di piatti del proprio territorio, tutti a base di una carne che — anche domenica — era bellissima e buonissima. Viva i macellai!
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Stefano Rizzi, Carlo Ferrando, Matteo Favareto, Francesca Santin di Passione Preparati, Massimo Corrà, Vincenzo Santangelo, Stefano Collepiccolo e Giovanni Carratù.
Un grazie speciale
Genazzano 2018, loro c’erano
L’evento è stato realizzato con il sostegno di tanti soggetti, dal Comune di Genazzano, che ha dato il patrocinio, alle associazioni del comune romano; da Gaetano Ciani della Procarni di Genazzano all’azienda Esseoquattro di Carmignano di Brenta (PD), che ha realizzano dei sacchetti di carta monouso su misura per l’evento.
Tiziano Amadio, Alessandro Ambrosetti, Mario Angelucci, Sandra Bertini, Daniele Biassoni, Francesco Camassa, Nicola Cappelletti, Giovanni Carratù, Davide Cecconi, Massimo Cis, Massimo Corrà, Angelo Damasi, Franco De Carli, Orlando Di Mario, Matteo Favareto, Carlo Ferrando, Antonio Gentili, Mara Labella, Andrea Laganga, Roberto Liberati, Stefano Magnani, Roberto Marchiori, Roberto Papotti, Mario Passalacqua, Roberto Passaretta, Vincenzo Santangelo, Marco Scaramuzzo, Enrico Rossetti, Luca Rossi, Francesca Santin, Daniele Viola
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1) Daniele, Francesco e Giuliana Biassoni della Macelleria Maggio di Milano con Roberto e Orietta Papotti della Macelleria Papotti di Fossoli di Carpi (MO), sempre presenti alle feste dei butchers con la loro squadra di amici e collaboratori, che da tanti anni si impegnano attivamente per ďŹ nanziare progetti destinati allâ&#x20AC;&#x2122;infanzia. 2/3) Roberto Liberati, titolare di Bottega Liberati nel quartiere romano Don Bosco, ha realizzato per gli amici di Genazzano una battuta di coscia di pecora lucana di Lauria, aromatizzata con olio extravergine di oliva Basilio Oro di Giano, sale di Maldon e pepe di Sarawak Maricha.
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1) Daniele Biassoni, Davide Cecconi, Roberto Passaretta e Daniele Viola della Macelleria I tre porcellini di Roma. 2) Andrea Laganga e Gaetano Ciani hanno fatto opera di “evangelizzazione” bistecca alla mano, tra le tante famiglie che hanno scelto di passare la giornata al parco degli Elcini, raccontando le frollature, spiegando la marezzatura e facendo toccare con mano che cosa significa carne buona, di qualità. 3) Sandra Bertini e Francesca Santin con le collaboratrici della Macelleria Scaramuzzo di Reino, in provincia di Benevento. 4) Direttamente dal Trentino Massimo Cis, Roberto Marchiori e Nicola Cappelletti. 5) Gli amici della Macelleria Scaramuzzo.
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1/2) La carne è cultura e passione. 3) Stefano Rizzi con Carlo Ferrando, Massimo Corrà e Vincenzo Santangelo. 4) La Nazionale Macellai, reduce dalla competizione mondiale di Belfast, ha conferito a Mario Angelucci lo stemma della partecipazione degli Azzurri al World Butchers’ Challenge 2018. Da sinistra: Davide Cecconi, Mara Labella, Roberto Passaretta, Mario Angelucci, Orlando Di Mario, Andrea Laganga e Francesco Camassa. 5/6) Tantissima carne di manzo e di maiale, oltre ad agnello e capriolo, è stata grigliata magistralmente dai macellai nel corso della giornata di festa.
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LA CARNE IN TAVOLA
Misteriosa beccaccia di Giovanni Ballarini
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olti sono i misteri attinenti alla beccaccia, preda ambitissima dei cacciatori per la bontà delle sue carni. Alcuni sono stati disvelati, come quello del suo apparire in ben precisati ambienti e in alcuni periodi dell’anno, soprattutto in condizioni di tempo piovoso, che coincidono con le migrazioni necessarie per un’alimentazione insettivora. Altri sono ancora ignoti, come, ad esempio, il suo omero non cavo, a differenza degli altri uccelli, oppure il motivo dello svuotamento quasi totale dell’intestino all’inizio della migrazione: è per alleggerire il suo peso? Oppure per liberarsi dei parassiti intestinali, anche se le tenie rimangono con la loro testa? Ci si chiede inoltre da dove deriva e come si forma il particolare aroma che si sviluppa nelle sue carni con una lunga frollatura.
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Beccaccia italiana La specie che si trova in Italia è la beccaccia eurasiatica o Scolopax rusticola, un nome che richiama la sua vita nelle campagne e il becco appuntito (scolopax vuole appunto dire “palo appuntito”). L’uccello ha un peso di 230-380 g, è provvisto di becco a punta lungo 6-8 cm, dotato di terminazioni nervose e cellule sensitive su tutta la lunghezza, che può aprirsi anche solo in punta permettendogli così di mangiare il cibo sottoterra. Gli occhi sono grandi e si muovono in alto e indietro, con la possibilità di vedere quasi fino a 360 gradi. Il piumaggio di colore marrone, variamente barrato di nero e bianco giallastro, ben si adatta all’ambiente che frequenta. In generale il maschio è meno massiccio e ha i colori lievemente più accesi della femmina. È un uccello insettivoro, che si nutre di vermi e
larve che trova nel sottosuolo dei boschi. In primavera nidifica negli ampi territori del nord Europa e dell’Asia centrale. In autunno, seguendo rotte migratorie precise, arriva nel nostro paese dove trascorre il periodo dello svernamento: tra ottobre e marzo la troviamo nei boschi, meglio se misti a caducifoglie, con prevalenza di betulle, carpini, frassini, querce, robinie, castagni, ontani, larici e faggi, ma anche abeti e pini, con terreni ricchi di insetti, larve e vermi. Eccezionalmente nidifica sulle Alpi e ancor più raramente sugli Appennini, dove costruisce il suo nido in depressioni del terreno, imbottendolo con foglie secche, rametti e fili d’erba e nel quale la femmina deposita in media quattro uova, che si schiudono dopo tre settimane di incubazione. Particolare curioso: tra le piume dell’ala si trova
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La beccaccia è specie cacciabile, ma ne è proibita la “posta”, ovvero la caccia all’alba e al tramonto. La caccia alla cerca invece si pratica con i cani da ferma. Il Cocker Spaniel è la razza considerata più adatta per questo tipo di caccia (photo © www.englishcockerhalloffame.com). una particolare penna, detta pennino del pittore, usata appunto dai pittori nelle rifiniture di precisione sulle tele per la sua particolare finezza. Caccia alla beccaccia PIERRE BELON (1517-1564), naturalista, scrittore e diplomatico francese, studiò anche ornitologia e scrisse in proposito diversi trattati. In uno di questi, L’histoire de la nature des oiseaux (1555), parla anche della beccaccia e racconta di cacciatori che, coperti da un mantello mimetico, la catturano con un laccio in periodi “magici”, compresi fra i segni zodiacali dello Scorpione (23 ottobre-22 novembre) e del Sagittario (23 novembre-21 dicembre), meglio se in giornate intensamente piovose. In questi mesi dell’anno le beccacce si nascondono con maggiore intensità dentro boschi umidi, silenziosi e impenetrabili. Oggi sappiamo che esse arrivano in Italia dall’Est Europa seguendo precise rotte di migrazione, volando in media a 60 chilometri orari (ma se hanno il vento a favore riescono
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a coprire anche 300 chilometri in 6-8 ore). In Italia la beccaccia è considerata la regina dei boschi per la sua maestosità e la difficoltà nella cattura. In passato ne era autorizzata la caccia anche all’alba e al tramonto (la cosiddetta posta), durante gli spostamenti per i luoghi di pastura, ma oggi questa pratica (detta posta infame) è proibita poiché in queste occasioni è particolarmente vulnerabile per il volo regolare, quasi “a farfalla”. È invece consentita la caccia alla cerca, che si pratica con i cani da ferma, perché le permette di mostrare tutta la sua abilità nel nascondersi all’olfatto del cane, rendendosi quasi imprendibile per via del volo veloce a zig-zag. La caccia alla cerca è più impegnativa per l’uomo ed è regolamentata nei tempi e nei carnieri. La razza di cane considerata più adatta è quella del Cocker Spaniel inglese (oggi cane da compagnia), già selezionata nel 1800 per questo tipo di caccia, il cui nome deriva appunto dal termine woodcock (“beccaccia” in inglese).
Frollatura della beccaccia Impossibile da allevare in cattività, la beccaccia è uno dei selvatici più apprezzati in cucina per gli aromi della sua carne che derivano dalla sua alimentazione. Sono infatti le interiora che le conferiscono un sapore molto intenso e particolare, e per questo motivo la frollatura della beccaccia si fa, diversamente dagli altri volatili, con l’animale non eviscerato, prima di cucinarlo. La frollatura, più o meno lunga a seconda della specie e dell’età del volatile, rende la carne più tenera, aromatica, con un sapore che diviene più marcato per l’azione di alcuni microrganismi normalmente presenti nell’intestino. Questi ultimi decompongono le proteine organiche in sostanze che, se si prolunga eccessivamente l’operazione, potrebbero diventare tossiche. Nel passato la frollatura della selvaggina era portata ai limiti dei processi putrefattivi, tanto che il gastronomo francese GRIMOD DE LA REYNIÈRE (XVIII secolo) sosteneva che un fagiano ucciso il martedì
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grasso sarebbe stato pronto per essere mangiato il giorno di Pasqua, mentre per la beccaccia si diceva che, appesa per il collo in una cantina fresca, sarebbe risultata frollata al punto giusto quando cadeva a terra. La beccaccia deve essere in effetti appesa per le zampe in luogo fresco, secco, aerato, mantenendo in sito gli intestini; si stima che una settimana in queste condizioni sia sufficiente perché esali al meglio il suo sapore e l’aroma. Non si deve temere la presenza degli intestini, perché ad ogni involo del selvatico si svuotano e sono dunque puliti. La beccaccia non va messa in frigorifero (che, come si dice, “uccide il selvatico due volte”), ma si possono fare delle eccezioni se fa molto caldo oppure se l’animale è stato danneggiato dalla fucilata. Nel primo caso è bene mettere la beccaccia, avvolta in un canovaccio, nella parte più bassa del frigorifero; nel secondo caso non va sottoposta a frollatura ed è meglio utilizzarla per un pasticcio. Va sempre spiumata all’ultimo momento. Cucina della beccaccia La cottura della beccaccia è in genere abbastanza breve; per meglio apprezzare la carne, deve essere servita al sangue o, se si preferisce, appena rosata, al fine di evitarne l’inaridimento. Si presta anche ad essere cucinata arrosto, insaporita con un ripieno aromatizzato al tartufo. La tradizione italiana, a seconda delle regioni, suggerisce ricette differenti; tra le più interessanti si ricordano la beccaccia alla lucana, tipica preparazione della Basilicata, e la beccaccia farcita, cucinata secondo la tradizione umbra. Specialità gastronomica particolare sono i crostini di beccaccia, preparati con le sue interiora. Beccaccia dei “futuristi” La beccaccia non è sfuggita alla moda futurista che ne subisce il fascino, e ANTONIO BULGHERONI, cuoco del ristorante La Penna d’Oca, le ha dedicato una ricetta abbastanza tradizionale, la Beccaccia al Monterosa con salsa Venere (si veda box a pagina 90).
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Crostini con la beccaccia (photo © Silvana Comugnero – stock.adobe.com).
Crostini di beccaccia Preparate delle fette di pane casereccio alte un centimetro, togliete la crosta e ritagliate dei quadrati di circa otto centimetri di lato; metteteli in una teglia con poco burro e fateli dorare da una sola parte. In un tegamino, con un cucchiaino di strutto e burro, rosolate a fuoco vivace gli intestini ben puliti e lavati di due beccacce assieme a due fegatini di pollo, mezza foglia di alloro e un pizzico di timo. Condite con sale e pepe e, allorché i fegatini saranno cotti, bagnateli con vinsanto; quando il vino è evaporato, ritirate dal fuoco e passate il tutto per un setaccio. A parte sciogliete mezzo cucchiaio di estratto di carne in mezzo bicchiere di brodo bollente, mettete al fuoco e, quando giunge a bollore, aggiungete un cucchiaino di fecola di patate sciolta in due cucchiai d’acqua fredda. Cuocete rimescolando fino a formazione di una densa crema che aggiungerete al miscuglio di fegatini e budelline. A freddo incorporate un rosso d’uovo e stendete il composto sulle fette di pane dalla parte dorata, dopo aver messo un pezzetto di burro. Mettete in forno per circa dieci minuti e servite come contorno alla beccaccia arrosto.
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Beccacce alla chiampese, secondo tipico del Veneto (photo © Silvana Comugnero – stock.adobe.com). Merdocchio di beccaccia Specialità rara nella cucina italiana, ma conosciuta nei paesi nordici, in particolare in Germania, dove è nota come Schnepfendreck. La denominazione merdocchio si riferisce al contenuto intestinale della beccaccia, estratto e raschiato con cura, depurato con aceto, pepato e drogato con qualche spezia, mischiato con pezzettini di rafano ed altre interiora dell’animale e poi consumato a fuoco lento in un soffritto d’olio, cipolla e rosmarino fino a fargli assumere un aspetto cremoso di colore marroncino tendente quasi
al nero, non dissimile da quello in uso nei crostini di caccia toscani, ma assai più piccante e nello stesso tempo più lieve. Spalmata sui crostini di pane abbrustoliti all’aglio il merdocchio è una specialità per i cacciatori maremmani e pochissimi altri buongustai, che la apprezzano in maniera incondizionata, ma che, descritta agli ignari, può apparire a dir poco “inquietante”, se non addirittura disgustosa, come succede per altre preparazioni “forti” (per esempio, la paiata di vitello romana).
Beccaccia al Monterosa con salsa Venere Prendete una beccaccia, pulitela, copritela con fette di prosciutto e lardo, mettetela in una casseruola con burro, sale, pepe, ginepro e cuocetela in forno molto caldo per quindici minuti innaffiando di cognac. Toglietela dalla casseruola, posatela sopra un crostone di pane quadrato inzuppato di rum e cognac e copritela con una pasta sfogliata. Rimettete in forno finché la pasta è ben cotta. Servite con una salsa preparata con mezzo bicchiere di marsala e vino bianco, quattro cucchiai di mirtilli, della buccia di arancia tagliuzzata, il tutto bollito per dieci minuti. Ponete la salsa nella salsiera e servitela molto calda.
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La beccaccia di Guy de Maupassant Nei Racconti della beccaccia (Les Contes de la bécasse, 1883), GUY DE MAUPASSANT narra di come il barone des Ravots preparasse ogni anno, per i suoi amici, particolari cene a base di beccaccia, una per ciascun convitato. Gli invitati dovevano però lasciare le teste (Comme il adorait l’incomparable oiseau, on en mangeait tous les soirs un par convive; mais on avait soin de laisser dans un plat toutes les têtes). Il barone ne sceglieva una, vi configgeva uno spillo e lo appuntava su di un turacciolo che avrebbe poi fissato su di una bottiglia, a mo’ di girandola. La testa veniva poi fatta ruotare rapidamente (…et le baron, d’un coup de doigt, faisait vivement pivoter ce joujou) e, quando si fermava, il becco indicava, a turno, il commensale che doveva raccontare una storia (…et chaque fois les dîneurs, levant leurs verres, buvaient à sa santé). Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma Nota A pagina 86, photo © Vitalii Hulai – stock.adobe.com
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RISTORANTI CARNIVORI
Macellaio RC: prima apertura milanese nel cuore di Brera Da Londra a via Fiori Chiari: Roberto Costa riporta la carne di Fassona piemontese al centro dello “spettacolo” con un ristorante scenografico curato negli allestimenti da Costa Group
L
o chiamano il Metodo Costa applicato alla ristorazione. Una garanzia di successo, almeno a giudicare dai risultati. Lui è ROBERTO COSTA, genovese, e lei MARIELLA RADICI, bergamasca: sono i soci proprietari di Macellaio RC a Milano, la prima location milanese del format, aperta in via Fiori Chiari, nel cuore di Brera. Tutto fa intendere che, anche questa volta, sarà un successo. Il format è l’evoluzione
del concetto Maxelà, ristorante macelleria aperto a Genova nel 2002. Dopo l’apertura di 14 location in Italia con altri soci, Roberto Costa decide di provarci da solo, questa volta a Londra. «Nel 2014, a South Kensington, è nato così Macellaio RC — racconta Roberto — la prima macelleria con tavoli che ha fatto scoprire agli Inglesi la vera Fassona piemontese». Per gli interni dello spazio milanese, 340 m2 per 100
posti a sedere, i proprietari si sono affidati a COSTA GROUP, come già per il ristorante di Union Street a Londra, e il risultato è un allestimento scenografico, che mette la carne al centro dello spettacolo. Così è per il bancone posto all’ingresso, enfatizzato da preziosi tendaggi in velluto rosso e da luminarie teatrali, palcoscenico d’onore del macellaio e della sua arte. Oltre il bancone, e affacciata sulla strada, la vetrina
Gli interni del locale Macellaio RC a Milano. Il concept del format mette la carne “al centro dello spettacolo” e il bancone, enfatizzato da tendaggi in velluto rosso e luminarie teatrali, è il palcoscenico del macellaio e della sua arte.
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Qualità, cucina a vista, vetrina della frollatura, attenzione al taglio e alla presentazione della carne: da Macellaio RC tutto è teso a mettere al centro la Fassona piemontese e la bravura del macellaio nel trattare la carne.
Costa Group Srl Via Valgraveglia Zai 19020 Riccò del Golfo (SP) Telefono: 0187 769309/08 Web: www.costagroup.net
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Macellaio RC Via Fiori Chiari 32 20121 Milano Telefono: 02 36587452 Web: www.macellaiorc.com
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L’ambientazione milanese di Macellaio RC è elegante e impreziosita da materiali e finiture d’eccellenza, come il soffitto a cassettoni. di frollatura, massima espressione della qualità della materia prima. Ovvero il Metodo Costa applicato alla carne e alla selezione del bovino. «Sempre e solo Fassona piemontese femmina — spiega Roberto — macellata sopra i quattro anni e frollata dalle 7 alle 9 settimane all’interno delle celle per darle più sapore e Eurocarni, 7/18
maggiore tenerezza. Importante, poi, è saper tagliare e presentare la carne agli ospiti, in modo spettacolare e divertente: non a caso è il teatro del macellaio». Che non dimentica, però, l’importanza del team di lavoro e della gestione economica-finanziaria del gruppo, «come una famiglia che
ti deve far sentire a casa, fondamentale per formare persone che credono in quello che fanno e che si propongono sempre con il sorriso, senza trascurare professionalità, serietà e competenza». A chiudere lo spazio, tavoli e sedute e un’ambientazione elegante, impreziosita da materiali e finiture d’eccellenza, come la texture che replica un soffitto a cassettoni riccamente decorato e l’elegante ma informale mise en place che accoglie gli ospiti. Al piano di sotto, la cucina a vista, e un area privè con altre sedute, che affaccia su di un piccolo cortile verde all’esterno. Progetti per il futuro? «Ci piacerebbe — conclude la padrona di casa Mariella Radice — replicare ulteriormente il format e mettere la nostra impronta nelle più belle città del mondo: si tratta però di fare un passo alla volta, per non perdere eccellenza della materia prima, estrema cura nel servizio e attenta gestione del gruppo». Nota Studio, design e progettazione: COSTA GROUP, architetto JACOPO VINCENTI. 95
SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
They call me a butcher di Giovanni Papalato
“I am an architect, They call me a butcher, I am a pioneer, They call me primitive I am purity, They call me perverted” Manic Street Preachers, Faster, 1994
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uffiano. Ruffiano e ipocrita. Ci sta che uno lo possa pensare di me leggendo questo articolo. Sì, perché dire su questa rivista che ho una sorta di atavica adorazione per i macellai può dare adito a certe considerazioni. Correrò questo rischio. Quando ero monello con il nonno di cui porto il nome, andavo tutti i sabati mattina in centro. Una passeggiata di pochi minuti dal nostro quartiere, che aveva come prima tappa Piazza Grande, poi si andava dall’orologiaio, ogni volta con un orologio diverso da consegnare o da ritirare. Mentre pescavo dal sacchetto di carta che mi era stato regalato al momento del mio arrivo — ma che non potevo aprire prima di un certo orario—, le mentine che di menta non avevano nulla essendo cerchi di zucchero colorato, mio nonno annunciava «Adesa andam dal pchèr» (Ora andiamo dal macellaio). Era il momento in cui dall’italiano con cui si esprimeva al di fuori delle mura domestiche, il babbo della mia mamma passava al dialetto modenese. Entrare in macelleria era un’avventura che mi entusiasmava. I colori, dal bianco al rosa al rosso, la luce, la pulizia, l’uomo col camice dietro al bancone, un sacco di donne. Mio nonno mi dava il Borsalino, si sbottonava la giacca e parlava col titolare della bottega,
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prima qualche convenevole, poi cosa aveva intenzione di prendere. Sì, perché con cosa poi si tornava a casa lo sceglieva il macellaio. Io ero proprio felice, era il momento che, ovviamente assieme al sacchetto delle mentine, attendevo di più. Ora, voi capirete certamente che con questa premessa per me fu un discreto tribolo amare una canzone che, poco meno di 15 anni più tardi, mi entrava tra stomaco e gola e che iniziava così:
“(I HATE PURITY, HATE GOODNESS, I
DON’T WANT VIRTUE TO EXIST ANY-
WHERE, I WANT EVERYONE CORRUPT) I AM AN ARCHITECT, THEY CALL ME A BUTCHER, I AM A PIONEER, THEY CALL ME PRIMITIVE, I AM PURITY, THEY CALL ME PERVERTED, HOLDING YOU BUT I ONLY MISS THESE THINGS WHEN THEY LEAVE”.
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L’accezione negativa con cui veniva utilizzato quel sostantivo mi lasciava interdetto, ma poi avrei capito. Adoravo i testi di M ANIC STREET PREACHERS e The Holy Bible sarebbe diventato uno dei miei dischi preferiti nel giro di pochi ascolti, ma quella frase in Faster, il primo improbabile — almeno a sentire le dichiarazioni della band —, singolo, mi disturbava. Ma andiamo con ordine. Gallesi di Blackwood, i Manic Street Preachers, sarcastica definizione dei poliziotti inglesi e dei loro manganelli nei thatcheriani anni ‘80, hanno alle spalle due album tra Punk, Glam e Decadentismo, con produzioni che laccano e alterano brani che nella maggior parte dei casi avrebbero meritato maggior fortuna. Pubblicano nell’agosto del 1994 un disco che invece viene prodotto da loro stessi e si sente. Il titolo denuncia un paradosso, facendo leva sulla presunta verità assoluta e inconfutabile di un testo sacro e la sua discussione da parte di chi nelle canzoni, al suo interno, voleva proprio denunciare le contraddizioni del potere. Un titolo che, con irriverenza, vuole affermare, dissacrare, sopportare ed esibire come una cicatrice. Ideali e reali quelle di R ICHEY JAMES E DWARDS . Autore di gran parte dei testi, responsabile della grafica dei dischi, non il frontman, chitarrista mediocre, era il cuore della band e in questa “Sacra Bibbia” assume il ruolo di icona, trasfigurando. Socialista, dopo un concerto, alla domanda se la band credesse davvero in quello che predicava, si incise con un rasoio 4 REAL sul braccio. Ecco quel they call me a butcher che senso ha. E mentre a metà ‘90 il mondo tende le orecchie a Grunge e Brit Pop, i Manics suonano post punk in cui immergono un innato senso della melodia ed una carica che viene dal basso e cresce. La copertina dell’album è uno sguardo spietato sull’Occidente opulento e sulla deriva che più o meno consapevolmente persegue: un corpo gigantesco, opera di JENNY SAVILLE, Strategia: lato nord, fronte, lato sud.
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I testi, dicevamo. In questa occasione sono del già citato Edwards e del bassista Nicky Wire e infatti ci troviamo al contempo la sfera personale e intima mischiata ad esternazioni politiche. Il tutto sotto forma di un taglia e cuci continuo, concreto e pulsante, quasi vivesse un dissidio interno: diari, citazioni, manifesti e confessioni, frasi campionate da trasmissioni televisive e radiofoniche, film e tutto ciò che in quel momento poteva rappresentare il dibattito politico e sociale filtrato dalla sensibilità di un approccio intimo e privato. JAMES DEAN BRADFIELD, che dei Manics è voce e faccia, deve lottare, stirando e sputando parole, rincorrendo metrica e tempi per rendere tutto organico, e lo fa con una passione commovente. I ritornelli sono come cascate a cui abbandonarsi dopo le strofe. Correnti che trascinano e spingono rendendo tutto un’esperienza estrema e difficile. Il lato A ha un inizio quasi convenzionale, YES è quasi pop, nonostante la ruvidezza e si distrae dall’intensità che invece strutturerà il disco. Tutto il contrario di Ifwhiteamericatoldthetruthforonedayit’sworldwouldfallapart, una rovinosa corsa di tempi dispari e spigoli, cavalcate e rincorse, il tutto a dipingere con realismo estremo il consumismo statunitense. In questo brano ci sono ancora certe scorie di Generation Terrorists, il debutto della band gallese. È con Walking Abortion che entriamo davvero nel disagio di Edwards: la strumentazione ridotta al minimo per evidenziare il testo, in cui al termine del brano si urla Who’s responsible, you fucking are. Non ci sono più scuse, tu che stai ascoltando non puoi più essere un estraneo. She is Suffering è un brano che avvolge, lentamente nel riff e nel tempo della batteria; parla di desiderio e consapevolezza e, come una spirale, sembra non finire mai. Un basso minimale e inesorabile caratterizza Archive Of Pain, che sottolinea come una certa lezione post punk non sia stata dimenticata.
L’immediatezza di un inno, pop ma con un irriverenza indiscutibile è Revol, che gioca con citazionismo e irriverenza. Arrivare al settimo brano e trovare 4st 7lb, che è il peso oltre il quale l’anoressia diventa senza possibilità di ritorno, sapendo del travaglio personale dell’autore, è disturbante nella sua estrema sincerità, chitarre e sussurri, sospiri e batteria militare, rigore e disciplina. Con Mausoleum saliamo su di un tetto a forza di spallate, per prendere spazio e riflettere commossi sulle vittime dell’Olocausto. Ecco quindi quella Faster di cui vi raccontavo all’inizio. Comincia con una citazione di 1984 di ORWELL e si imprime con la semplicità, che solo i grandi brani hanno, di entrare diretti nello stomaco di chi ascolta anche per la prima volta. Un manifesto che parla per contrasti: consapevolezza e autolesionismo, un altro inno senza la volontà di diventarlo, tra accenni di devoluzione e punk. Inganna nel suo incidere solare e pacificato This is Yesterday che esplode in un ritornello bellissimo e impossibile da ignorare ma si realizza nella finzione di chiudere gli occhi e pensare al passato. Die In The Summertime ritrova immediatezza nel riff concitato della strofa come giocando a rimpiattino per poi liberarsi nel ritornello. The Intense Humming Of Evil ha la forza di un racconto nei suoni industriali e nella sezione ritmica minimale e ossessiva, riprendendo il discorso iniziato con Mausoleum. È col brano finale P.C.P che si torna a cantare sotto le mentite spoglie dell’immediatezza di una lucida e consapevole deriva. Richey Edwards scomparirà circa un anno dopo l’uscita di questo album inghiottito dal suo disagio e i Manic Street Preachers non saranno più gli stessi. Questo disco, oscuro, inteso e disperatamente urgente, a me personalmente ha dato e continua a dare tanto. Gli ho perdonato presto quella frase che mi sembrava sbagliata, perché non lo era. Giovanni Papalato
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SPECIALE CIBUS
Cibus 2018, 82.000 sì Soddisfazione degli espositori che hanno incontrato migliaia di buyer esteri e nazionali. «Abbiamo fatto vedere al mondo di cosa è capace il made in Italy alimentare» ha dichiarato Antonio Cellie. Presente tutta la filiera, dal mondo agricolo alle insegne della GDO. Il futuro del cibo e della produzione alimentare analizzato in decine di convegni
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onfermando tutte le attese, alla 19a edizione di Cibus, il Salone internazionale dell’alimentazione svoltosi dal 7 al 10 maggio scorsi nel quartiere fieristico di Parma, hanno partecipato 3.100 aziende del settore alimentare, che hanno presentato oltre 1.300 nuovi prodotti ad una “platea” di
circa 82.000 visitatori. Straordinaria la partecipazione degli operatori stranieri, che dai commenti e dalle interviste rilasciate al termine del salone avrebbero chiuso molti accordi commerciali. Presente tutta la filiera, dal campo al supermercato, con gli stand delle associazioni rappresentative del mondo agricolo e
tante insegne della GDO, italiana ed estera. Decine di convegni e workshop hanno preso in esame le tematiche legate al futuro del comparto, attirando l’interesse di oltre 1.000 giornalisti (erano presenti tutte le testate nazionali, cartacee e televisive). Un risultato raggiunto grazie alla collaborazio-
Cibus 2018 è stato palcoscenico di convegni e seminari attraverso i quali sono stati presentati i trend futuri del cibo e le novità dell’agroalimentare. Straordinaria la partecipazione degli operatori stranieri. Al salone parmense era presente tutta la filiera, dal campo al supermercato, con gli stand delle associazioni rappresentative del mondo agricolo e tante insegne della GDO, italiana ed estera (photo © fiereparma.it).
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In alto: per sostenere e valorizzare il made in Italy alimentare, Coldiretti e alcune industrie alimentari italiane hanno dato vita a “Filiera Italia”, una nuova realtà associativa, presentata a Cibus 2018, che difende i valori comuni dell’identità territoriale e il “saper fare” nazionale (photo © fiereparma.it). In basso: Lorenzo, Leonardo e Luca Levoni con Camillo Cremonini nello spazio della Alcar Uno di Castelnuovo Rangone (MO).
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1) Claudia Cremonini, Claudio Mazzini, responsabile Freschissimi di Coop Italia, Vincenzo Cremonini e il cavalier Luigi Cremonini alla conferenza stampa organizzata allo stand Inalca per la presentazione del primo hamburger italiano “sostenibile” Montana con la Dichiarazione Ambientale in etichetta certificata dal Sistema Internazionale EPD®. 2/3) Lo spazio del Gruppo Cremonini a Cibus 2018 ha ospitato le varie realtà di prodotto della società, leader in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, salumi e snack, con le aziende e i marchi Inalca, Montana, Manzotin, Italia Alimentari, CorteBuona e Ibis.
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1) Allo stand di Dawn Meats, carni pregiate made in Ireland, Erika Untersteiner, Darrag h O’Connor, Brian Culminane, Fabrizio Pavesi, Ray O’Regan e Dermot Eviston. 2) Gaston Benedetto e Laura Marcolin di Esseoquattro, l’azienda di Carmignano di Brenta (PD) leader nel packaging innovativo del food. 3) I fratelli Falcone del Centro Carni Sila, storico salumificio di Camigliatello Silano (CS), dedito alla produzione di salumi calabresi di alta qualità. 4) Renato e Gaetano Ciani della Procarni di Genazzano (RM) in visita a Cibus. 5) Manuele Beccari, Francesco Buschi, Valentina Avanzi, Salvatore Magro e Mara Gagliardi del Gruppo Quabas di Castelvetro Piacentino.
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1) Foto di gruppo per Suincom, azienda leader nel settore della lavorazione di carne suina fresca, congelata e del confezionamento dei prosciutti crudi, con sede a Solignano di Castelvetro (MO). Al centro, Roberto e Valentina Agnani. 2) Lo spazio della Siciliani di Palo del Colle (BA), un Gruppo presente sul mercato da oltre 50 anni con carni di ďŹ liera di bovino, suino e vitello, oltre ad essere attivo nella commercializzazione di carni ovine, avicole ed equine. 3) Fabio Lorenzoni con Gianfranco DelďŹ ni e Mauro Perego del Gruppo CLAI Soc. Coop. Agricola di Imola (BO), presente a Cibus con i due brand CLAI e Zuarina, storico salumiďŹ cio di Langhirano (PR).
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ne dinamica tra Fiere di Parma e FEDERALIMENTARE, col sostegno di ICE-Agenzia e il contributo fattivo delle Regioni. «La soddisfazione delle aziende per questa edizione di Cibus è tangibile e allo stesso tempo prospettica» ha dichiarato ANTONIO CELLIE, CEO di Fiere di Parma. «Prima di tutto perché conferma le enormi potenzialità, fortunatamente ancora inespresse, del made in Italy alimentare. Da un lato, infatti, i buyer di tutto il mondo non vedono l’ora di tornare a Parma per continuare a mantenere e rinnovare i propri assortimenti; dall’altro, le nostre imprese sono altrettanto impazienti di proporre loro nuove e continue soluzioni per far mangiare sempre meglio i consumatori di tutto il mondo». Numerosi gli incontri anche nel corso della quarta e ultima giornata di Cibus. Tra questi, il convegno di Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Colorno, intitolato “Next Generation Chef: l’identità della cucina italiana nello scenario internazionale”. All’evento ha preso parte anche OSCAR FARINETTI, fondatore di Eataly. «Sta nascendo una nuova generazione di gastronomi — ha detto Farinetti — che deve essere consapevole che il cibo nasce nella terra e non in cucina. E come tale deve essere studiato, trasformato, offerto e raccontato. Prima di tutto occorre conoscere i territori, poi studiare le tecniche, più naturali possibili, di coltivazione, allevamento e pesca. Seguono le tecniche di conservazione e trasformazione in cucina, infine la narrazione al cliente finale. Il tutto permeato dalla storia, la tradizione e la cultura che provengono dai territori d’Italia». CONFAGRICOLTURA ha presentato l’associazione Agronetwork, costituita da diverse imprese alimentari, vari centri di ricerca e dall’associazione stessa; una piattaforma per accelerare i processi innovativi e promuovere le nostre eccellenze all’estero. In fiera si è parlato ha dell’incremento della disponibilità di grano duro biologico nazionale, in particolare attraverso la valorizzazione dei grani antichi, e il tema dei novel food è stato affrontato col contributo di figure
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La MEC Spa di Montanera (CN) seleziona i migliori capi provenienti da allevamenti situati soprattutto nel Cuneese e cura ogni singola fase della lavorazione, dalla macellazione al disosso, offrendo un ampio assortimento fresco e congelato di carni bovine di qualità. Al centro dello stand Claudio Formento, amministratore delegato dell’azienda.
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1) Sempre affollato lo spazio della Levoni Spa di Castellucchio (MN). 2) Al Padiglione 3 era presente il grande allestimento di Parmacotto. Tra le novità che l’azienda ha portato in fiera ci sono il Gran Cru, cotto nostrano premium, e la linea per la GDO Zero Antibiotici. 3) Il Salumificio Gualerzi di Langhirano (PR). 4) A Parma anche i würstel del Salumificio Jupiter di Oricola (AQ). Nello stand aziendale, Tiziano e Marcello Parmeggiani con la collaboratrice Daniela. 5) Il Consorzio dell’Agnello di Sardegna ha presentato ai visitatori la propria filiera di carni ovine certificate dall’Unione Europea con l’Indicazione Geografica Protetta. 6) Anche la Macelleria Falorni di Greve in Chianti (FI) era presente a Cibus con un’ampia offerta di salumi della tradizione toscana.
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La Bervini Primo di Salvaterra di Casalgrande (RE) era presente al padiglione 3 di Cibus con una selezione di carni pregiate provenienti dalle migliori filiere del mondo, dall’Europa all’America del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Stati Uniti fino all’Asia. L’azienda lavora sia il fresco che il congelato e vanta molta esperienza sul mercato delle carni, elemento fondamentale per garantire forniture di alta qualità. Tra le novità presentate a Cibus 2018, anche la nuova partnership con il Gruppo Moy Park dell’Irlanda del Nord. 106
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Bovillage ancora protagonista a Cibus Bovillage, la marca collettiva della carne bovina francese di qualità, ha presenziato anche quest’anno a Cibus con una postazione animata da showcooking e degustazioni a cura di Donato e del figlio Daniele Turba, quinta generazione di una famiglia di macellai e grande professionista, che, attraverso le sue dimostrazioni, ha illustrato ai visitatori i diversi tagli e le modalità di cottura della carne bovina francese. Benessere animale, sicurezza alimentare e affidabilità nel servizio sono da sempre i valori portanti di Bovillage, che oggi è garanzia di una carne bovina di alta qualità, riconosciuta ed apprezzata in particolare in Italia. Nel 2017 si sono registrate oltre 71.800 tonnellate esportate nel mercato nazionale (carne bovina fresca o refrigerata) che confermano l’Italia come primo cliente della Francia, con il 36,6% delle esportazioni totali di carne bovina (in valore; fonte: France Customs Office – elaborazione Sopexa). L’appuntamento di Parma è stata anche l’occasione per i professionisti ed operatori presenti di incontrare i responsabili delle aziende del Club Viande Bovine Europe (Club delle aziende esportatrici francesi) direttamente sullo stand, dove una particolare zona è stata riservata al Groupe Bigard (società Bigard, Charal e Socopa Viandes).
>> Link: www.bovillage.eu
Lo spazio di Bovillage anche quest’anno a Cibus è stato animato da showcooking e degustazioni a cura di Donato e Daniele Turba. Allo stand hanno presenziato anche Claudine Allain, responsabile comunicazione Export Interbev, Maxence Bigard, presidente della Commissione Commercio Estero Interbev e Dominique Guineheux, presidente C.V.B.E.
di spicco del mondo scientifico nel workshop di CONFCONSUMATORI che ha illustrato le frontiere della ricerca sui nuovi cibi, come i cibi a base di insetti e la carne “coltivata” in laboratorio. In chiusura di manifestazione, i volontari di Banco Alimentare hanno recuperato tra gli stand diverse tonnellate di cibo, distribuite poi a strutture caritative del territorio. Eurocarni, 7/18
«Stando ai dati FAO quasi 1/3 della produzione mondiale di cibo finisce nella spazzatura» ha dichiarato il vicepresidente di FEDERALIMENTARE AURELIO CERESOLI. «Solo in Italia, ogni anno, vengono buttati via alimenti per oltre 12 miliardi e mezzo di euro. Una battaglia che nessuno può vincere da solo». Da qui è nato nel 2016 LIFE-FOOD.WASTE. STANDUP, il progetto cofinanziato dal
programma LIFE 2014-2020, di FEDERALIMENTARE, FEDERDISTRIBUZIONE, FONDAZIONE BANCO ALIMENTARE onlus e UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI. «Molto abbiamo fatto per ridurre le eccedenze (lavorando con i fornitori, rendendo efficiente la logistica, studiando i comportamenti d’acquisto dei clienti, accelerando la vendita dei prodotti prossimi alla scadenza) e per aumentare il loro 107
Vion a Cibus 2018 con novità sul fronte suino e bovino Il Gruppo olandese-tedesco Vion era presente a Cibus con parecchie novità. Lo staff commerciale era al gran completo con la costante presenza di Anton Janssen. La divisione Pork ha presentato il brand ROBUSTO, una linea di prosciutti freschi che sta conquistando il mercato italiano grazie alla garanzia di un prodotto sempre costante e di qualità. Maartje Kuijper di Vion Chiasso ha sottolineato anche la linea di prodotti di De Groene Weg, la società di Vion dedicata alla produzione di carni biologiche e sostenibili. «C’è parecchio interesse da parte del mercato verso questa linea di prodotti sostenibili» ha detto Maartje. Sempre sul fronte del suino Vion ha presentato anche la linea di costine di maiale che si rifanno al taglio Tomahawk e destinate alle griglie dei cultori del barbecue. Ilenia Cremona, sempre di Vion Chiasso, ha illustrato ai tanti buyer in visita allo stand i plus di GOLDBEEF 100% Simmental, il manzo premium della Baviera che il Gruppo commercializza in un’ampia varietà di tagli, garantendo una totale sicurezza per quanto riguarda l’origine, la tracciabilità e la qualità di prodotto. «Ci stiamo avvicinando ad un mercato nuovo fatto non solo di grossisti ma anche di operatori del foodservice con un prodotto che ha tutte le carte in regola per soddisfare il cliente al 100%» ha sottolineato Ilenia. «La Simmental è una razza sia da latte che da carne, un fattore che contribuisce ad assicurare un migliore equilibrio ecologico ed un’agricoltura più sostenibile dal punto di vista ambientale. I nostri maestri selezionatori per il mercato italiano scelgono i tagli con una giusta marezzatura, sia in osso che in tagli sottovuoto. Stiamo quindi lavorando parecchio per trasmettere ai nostri clienti tutti i contenuti a livello qualitativo di questa carne, senza trascurare il packaging personalizzato». >> Link: www.vionfoodgroup.com
A sinistra: Ilenia Cremona e Maartje Kuijper con Anton Janssen di Vion Chiasso hanno presidiato lo spazio del Gruppo olandese-tedesco a Cibus 2018, insieme ai colleghi. Tra clienti, buyer, visitatori e curiosi che hanno raccolto informazioni sulla linea di manzo di qualità GOLDBEEF e su ROBUSTO, le cosce super selezionate di suino destinate ai salumifici italiani, oltre ai Tomahawk e alla linea di carni bio. A destra: alcuni prodotti esposti allo stand del Gruppo.
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You&Meat, il nuovo burger gourmet in versione gelo You&Meat è il brand di Centro Carni Company sviluppato tre anni fa per portare in tavola un burger gourmet ricavato da pregiati tagli anatomici, comunemente utilizzati per la preparazione di altri piatti. In occasione di Cibus 2018, Centro Carni Company ha lanciato il nuovo burger gourmet You&Meat in versione gelo da 150 grammi, confezionato singolarmente nel nuovo pack in PET Matt e venduto in confezione da 12 pezzi per ogni referenza. Il nuovo burger gourmet surgelato è stato selezionato dalla fiera tra oltre 60 proposte e aziende come prodotto innovativo ed era pertanto esposto nell’area dell’Innovation Corner. Il nuovo You&Meat nasce dalla collaborazione con il Gruppo Alì, leader veneto della Grande Distribuzione Organizzata, con una quota di mercato del 17,6% e 111 punti vendita, di cui 107 in Veneto e 4 in Emilia-Romagna. Le insegne Alì Supermercati e Alìper rappresentano in modo differenziato i due canali di vendita, rispettivamente dei negozi di quartiere e dei superstore, che danno lavoro a circa 3.500 dipendenti. Il burger viene proposto nelle varianti Chianina, Aberdeen Angus Sired e nell’esclusiva versione bovino adulto, disponibile solo surgelata. Un progetto che, pur mantenendo la stessa qualità e concept della versione fresca dei burger You&Meat, si affaccia al mercato con un nuovo approccio sia come formato, sia come posizionamento. >> Link: www.youandmeat.com
A sinistra: Raffaele Pilotto, socio, direttore commerciale e marketing di Centro Carni Company, con Luca Toni. A destra: lo stand dell’azienda con i numerosi prodotti esposti. L’unicità di You&Meat sta nella sua diversità: un ventaglio di proposte volte ad “educare” il palato del consumatore ai diversi gusti della vera carne.
recupero attraverso conferimenti ad enti caritativi. Questo sforzo ha prodotto risultati positivi, ma c’è ancora da fare» ha continuato CLAUDIO GRADARA, presidente di FEDERDISTRIBUZIONE. «A cominciare da una partnership che dia luogo ad iniziative sui territori che comprendano anche una premialità per i soggetti che donano, incentivando un comportamento virtuoso capace, attraverso le donazioni, di diminuire i rifiuti e i costi per la collettività». «È ancora tra le mura domeEurocarni, 7/18
stiche che si registrano i maggiori sprechi alimentari — ha concluso M ASSIMILIANO D ONA , presidente Unione Nazionale Consumatori— con circa 85 chili di cibo pro capite che ogni anno finisce nella spazzatura. Per questo è fondamentale sensibilizzare i consumatori verso corretti stili di vita. Ne va della stessa economia familiare: spesso non ci si rende conto di quanto si potrebbe risparmiare con una spesa più razionale, senza farsi influenzare da mode o pubblicità».
I prossimi appuntamenti Ci si vede a Cibus Connect il prossimo anno nel mese di aprile, mentre con la 20a edizione di Cibus nel maggio 2020. >> Link: www.cibus.it
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Calcolato per la prima volta l’impatto ambientale degli hamburger in Italia Montana lancia sul mercato il primo hamburger italiano “sostenibile” con Dichiarazione Ambientale in etichetta. Presentata anche la nuova linea di hamburger bio, senza glutine, certificati CCPB
Q
uanta acqua serve per produrre 1 chilogrammo di carne bovina? Da sempre si sente parlare di 15.400 litri per kg1, ma nessuno aveva mai fatto i conti prendendo in esame le caratteristiche specifiche degli allevamenti e della produzione degli hamburger
nel nostro paese. Ora, finalmente, arrivano i numeri reali: il consumo diretto di acqua per produrre un hamburger Montana di 100 grammi ammonta a solo 72,8 litri, equivalenti a 728,8 litri per chilo, valore ben diverso rispetto a quelli che siamo abituati a sentire, basati su diverse
metodologie di calcolo e che non tengono conto dei diversi contesti produttivi e sistemi di allevamento. Dunque, consumare 1 hamburger Montana da 100 grammi ha un impatto estremamente basso: basti pensare che il consumo giornaliero medio della sola acqua potabile ad
Inalca ha scelto la cornice di Cibus 2018 per lanciare, oltre alla nuova linea di hamburger Montana bio, senza glutine e certificati CCPB, anche il primo hamburger italiano “sostenibile” con la Dichiarazione Ambientale in etichetta.
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Giovanni Sorlini, responsabile Qualità, Sicurezza & Sviluppo Sostenibile di Inalca (photo © Gruppo Cremonini). uso domestico in Italia è di 180 litri a persona (fonte: ENEA). Non solo meno acqua, anche le emissioni di CO2 sono particolarmente contenute, pari a 1 kg di CO2eq, inferiore del 50% rispetto ai valori comunemente indicati per la carne bovina. Non solo consumi ed emissioni: il 99,9% degli imballaggi generati dal processo di produzione è avviato al riciclo, a dimostrazione che la filiera della carne Montana è un sistema circolare che non spreca, fortemente integrato e ad alto tasso di recupero. Sono solo alcuni dei dati emersi dalla Dichiarazione Ambientale
Per la prima volta abbiamo dati certi ricavati dalla realtà produttiva italiana. È un contributo importante nel dibattito nazionale sul rapporto carne–ambiente, che consente di valutare i reali consumi e impatti della nostra filiera, senza dipendere da studi scientifici appartenenti a sistemi produttivi molto diversi dai nostri
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di Prodotto2 (EPD-Environmental Product Declaration) realizzata per la prima volta assoluta in Italia sugli hamburger di bovino surgelati a marchio Montana prodotti con carne proveniente per il 100% da allevamenti italiani da Inalca (Gruppo Cremonini), il maggiore produttore europeo di carni bovine. I dati sono stati presentati in una conferenza stampa nello stand Inalca di Cibus 2018. «Per la prima volta — ha dichiarato GIOVANNI SORLINI, responsabile Qualità, Sicurezza & Sviluppo Sostenibile di Inalca — abbiamo dati certi ricavati dalla realtà produttiva italiana. È un contributo importante nel dibattito nazionale sul rapporto carne–ambiente, che consente di valutare i reali consumi e impatti della nostra filiera, senza dipendere da studi scientifici appartenenti a sistemi produttivi molto diversi dai nostri, i quali, pur veritieri e scientificamente fondati, sono troppo lontani dal nostro modello produttivo per essere considerati come un riferimento adeguato. I dati ottenuti dimostrano altresì come l’integrazione delle filiere latte e carne rappresenta un indiscutibile punto di forza, non solo per l’efficienza produttiva, ma soprattutto per gli impatti ambientali».
Che cos’è il Sistema Internazionale EPD®? Innovativo, indipendente e riconosciuto a livello internazionale, questo sistema permette di valutare tutte le caratteristiche, le prestazioni e gli impatti ambientali di prodotti e servizi pubblicati all'interno della Dichiarazione Ambientale di Prodotto e di comunicarli in modo oggettivo, confrontabile e verificabile all’esterno. La dichiarazione realizzata per gli hamburger Montana utilizza la Valutazione del Ciclo di Vita (Life Cycle Assessment) come metodologia che consente l’identificazione, la mappatura e l’analisi di tutti gli impatti ambientali del prodotto. Nel calcolo totale degli impatti3 sono stati considerati tutti i processi: allevamento (razioni alimentari somministrate, consumi energetici e idrici, rifiuti, fermentazioni enteriche, stoccaggio e digestione delle deiezioni), trasporto, macellazione e lavorazione negli stabilimenti Inalca (consumi di energia e acqua, gestione dei residui di macellazione e trattamento degli scarichi idrici, consumi per la catena del freddo), distribuzione, conservazione domestica, fino ad arrivare alla misurazione dell’impatto finale relativo alla fase di cottura domestica. Per quanto riguarda la distribuzione dei contributi all’indicatore Global Warming Potential (la cosiddetta Carbon footprint) per le diverse fasi del processo di produzione, dallo studio EPD si ricava che il 76% deriva dall’allevamento (di cui il 38% dalle fermentazioni enteriche), il 16% dalla macellazione e lavorazione della carne, il 7% dalla conservazione domestica e fase d’uso, ed il restante 1% per la produzione di imballaggi. I nuovi hamburger bio Montana ha presentato anche la nuova linea di Hamburger bio, senza glutine, da allevamenti italiani e certificati da CCPB che garantisce tutta la filiera. Il mondo del biologico, infatti, non include solo l’agricoltura, ma anche l’allevamento e garantisce il benessere animale, la qualità della carne e la tracciabilità di tutta filiera produttiva: dai prodotti
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REALIZZAZIONE IMPIANTI DI MACELLAZIONE E LAVORAZIONE CARNI
Una grafica dello spazio espositivo di Montana a Cibus 2018 spiega in modo chiaro ed esaustivo l’utilizzo di tutte le parti del bovino, eliminando gli sprechi e consentendo un uso sostenibile dell’animale. per l’alimentazione degli animali allevati, alle cure veterinarie, dalla possibilità di far pascolare gli animali all’aperto, fino alla lavorazione della carne. I nuovi hamburger bio Montana (4 hamburger da 100 grammi) si rivolgono a quella fascia di consumatori più sensibili che concentrano il massimo delle loro aspettative su un’offerta bio che oggi comprende, oltre ai classici prodotti di frutta e verdura, anche la carne. >> Link: www.inalca.it Note 1. MEKONEN e HOEKSTRA, 2012. 2. Oggetto della Dichiarazione è l’hamburger a marchio Montana a base di carne ottenuta
da bovini da latte (85%) e da carne (15%) allevati in Italia e commercializzati da Inalca in confezioni da 10 o 4 pezzi, molto noti al pubblico italiano. 3. Gli impatti ambientali sono stati calcolati sulla base di uno studio del ciclo di vita sviluppato secondo quanto previsto dalle regole generali dell’EPD Programme, oltre che dalle specifiche del gruppo di prodotti Product Category Rules 2012:11 Meat of Mammals fresh, chilled or frozen – CPC Code 2211 e 2113. I dati primari dello stabilimento sono stati completati dalle informazioni presenti su alcune banche dati quali ECOINVENT, PLASTIC EUROPE, LCA FOOD.
Inalca è la società del Gruppo Cremonini leader in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, salumi e snack, con i marchi Inalca, Montana, Manzotin, Italia Alimentari, CorteBuona e Ibis. Nel 2017 ha registrato ricavi totali per oltre 1,96 miliardi di euro. La società, con più di 5.000 dipendenti, ha 12 stabilimenti in Italia specializzati per tipologia di prodotto (sei per la produzione di carni bovine e quattro nell’area salumi, snack e gastronomia pronta), e 26 impianti e piattaforme distributive all’estero, con una presenza importante in Russia e in vari Paesi africani. Oltre il 40% del fatturato della produzione deriva dalle attività estere. Inalca è il maggiore produttore di hamburger in Europa, con una capacità produttiva di oltre 120.000 tonnellate di hamburger l’anno.
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MEAT-TECH, buona anche la seconda! A Fiera Milano The Innovation Alliance chiude con più di 150.000 presenze. La formula di filiera ha convinto il mercato
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conteggi ufficiali parlano di 150.110 presenze, delle quali 105.770 buyer dei diversi comparti dell’industria manifatturiera. Si chiude così la seconda edizione di The Innovation Alliance, che dal 29 maggio al 1o giugno scorsi a Fiera Milano ha visto svolgersi insieme i saloni PLAST, IPACK-IMA, MEAT-TECH, Print4All, INTRALOGISTICA ITALIA. Il format, ideato e realizzato da una collaborazione tra Fiera Milano, gli organizzatori e
le associazioni di categoria, ha lanciato un messaggio forte al mondo produttivo italiano e internazionale, dando una concreta dimostrazione: aggregare eventi in una logica di filiera non solo funziona, ma è un moltiplicatore di opportunità, che favorisce la competitività delle aziende in un mercato sempre più globale. Significative le presenze internazionali, pari al 27% del totale, provenienti in gran parte dall’Europa,
grande acquirente delle tecnologie in mostra (un visitatore estero su due proviene da qui), ma anche dall’Asia che, per alcuni Paesi, registra un numero di operatori vicino a quelli dei principali mercati europei (Germania e Francia). Rilevanti le visite dall’Europa dell’Est: se si considera anche la Federazione Russa, si sfiora il 25% delle presenze estere complessive. Ai visitatori stranieri vanno poi aggiunti i 1.000 top buyer provenienti
Fare filiera paga: il bilancio positivo di The Innovation Alliance, evento che ha saputo aggregare cinque eventi, PLAST, IPACKIMA, MEATTECH, Print4all, INTRALOGISTICA ITALIA, conferma come creare sinergie sia fattore di successo. In forte aumento il carattere internazionale della manifestazione, con presenze pari al 27% del totale, provenienti in gran parte dall’Europa, ma anche dall’Asia e Europa dell’Est.
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L’industria delle carni si è ritrovata a Milano a MEAT-TECH, seconda edizione della fiera specializzata in tecnologie e soluzioni innovative per l’industria della lavorazione, del confezionamento e della distribuzione delle carni. da 66 Paesi selezionati in collaborazione con Agenzia ICE: operatori di alto livello, dotati di potere decisionale, molti dei quali hanno colto l’occasione per acquistare le tecnologie direttamente in fiera. Internazionalità reale e virtuale IPACK-IMA e MEAT-TECH archiviano l’edizione di maggior successo della loro storia registrando piena soddisfazione da parte degli espositori presenti e una crescita significativa di tutti i principali indicatori. Nei quattro giorni di manifestazione sono stati 68.802 i visitatori che hanno varcato i tornelli di Fiera Milano.
Dall’area del bacino del Mediterraneo sono arrivati il 15% dei visitatori esteri, segno che la manifestazione è considerata un appuntamento di riferimento internazionale per gli operatori della regione (Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia sono i Paesi più presenti). L’Asia è il secondo continente per provenienza con oltre il 20% dei visitatori stranieri (Cina, India, Turchia e Federazione Russa i Paesi più presenti alla quattro giorni tecnologica) a cui seguono le Americhe con il 10% circa (affluenze maggiori da Stati Uniti, Messico, Brasile e Argentina). Il grande successo della
Per la prima volta insieme PLAST, riferimento per l’industria di materie plastiche e gomma; IPACK-IMA, tecnologie del processing & packaging; MEAT-TECH, specializzata nel processing e packaging per l’industria della carne; Print4All, dedicato al mondo della stampa commerciale e industriale e INTRALOGISTICA ITALIA, soluzioni e sistemi di movimentazione industriale e gestione del magazzino
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manifestazione è stato confermato anche sul web. Sono state 600.000 le visualizzazioni del catalogo interattivo, 870.000 le visite al sito della manifestazione. IPACK-IMA e MEAT-TECH hanno generato 2,45 milioni di interazioni negli ultimi tre mesi su LinkedIn, Facebook e Twitter. In mostra le tendenze di settori in continua evoluzione The Innovation Alliance ha offerto un ritratto sfaccettato della meccanica strumentale a livello mondiale, consentendo di scoprire le eccellenze del made in Italy in questo settore: le aziende italiane esportano in media il 70% delle macchine prodotte, che vengono acquistate sia da grandi mercati affermati come USA, Germania e Spagna, sia da Paesi in via di sviluppo come quelli africani. Inoltre ha mostrato le principali tendenze di settori in continua evoluzione e sempre più capaci di dialogare con le altre componenti della filiera produttiva. Tra tecnologie connesse ispirate al paradigma dell’Industry
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1) MEATTECH ha presentato numerose soluzioni nel campo del confezionamento, tra cui skin e wrapping. 2) Lo staff al completo di ITP, Industria Termoplastica Pavese Spa di Bosnasco (PV), specializzata nella produzione di film per imballaggio industriale e alimentare e in packaging innovativi in tema di riduzione degli sprechi e dell’inquinamento ambientale. Nello spazio espositivo dell’azienda, da sinistra, Katia Corti, Fabio Laberinti, Anna Kazarinova, Paolo Gazzotti, Vera Orlando, Paola e Massimo Centonze. 3) Matteo Vincenzi e Silvio Lazzari della Lazzari Packaging di Pescantina (VR), rappresentante in esclusiva per l’Italia di Micvac, azienda svedese leader nella tecnologia alimentare applicata alla produzione e al confezionamento di piatti pronti refrigerati. 4) Presente all’edizione 2018 di MEATTECH anche Berera Srl di Reggio Emilia, storica azienda specializzata nel commercio all’ingrosso di prodotti innovativi e attrezzature per l’industria alimentare e la lavorazione delle carni.
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Ampio consenso per Risco a MEAT-TECH 2018 A poche settimane dalla conclusione di MEAT-TECH 2018 è il momento di tirare le somme sul lavoro svolto: per Risco le aspettative sono state pienamente rispettate, con una buona affluenza di visitatori Italiani e stranieri ed un notevole interesse per le novità proposte. All’interno dell’ampio stand Risco, particolare attenzione è stata riservata alle nuove linee RS 260 e RS 261 ed ai sistemi di formatura della serie TVM e AT. I visitatori hanno potuto conoscere in dettaglio la nuova formatrice Risco della serie TVM: la soluzione ideale per la produzione di burger di qualità, con forme e pesi diversi. Grazie ad una maggiore flessibilità, il produttore potrà creare soluzioni uniche e di tendenza. Il prodotto finale risulta compatto, con bordi ben definiti, senza sbavature, caratteristiche che rimangono inalterate anche nella fase di cottura. Le hamburgatrici Risco della serie TVM sono disponibili con piani di formatura a uno o più stampi, a seconda dell’output richiesto, con una produttività fino a 70 pezzi/minuto. È disponibile, come opzione, un interfogliatore ed un sistema di messa in vaschetta automatico. Tra i sistemi per salsiccia fresca, grande interesse ha suscitato il modello RS 261, il sistema evoluto per l’attorcigliatura di salsicce in budello naturale, collagene o artificiale. L’unità Risco RS 261 è un nuovo concetto sviluppato per raggiungere la massima efficienza nella produzione di salsicce in differenti budelli. Il modello RS 261 include un sistema integrato di attorcigliatura ed è abbinabile a tutte le insaccatrici Risco con servocomando. Le porzioni sono accuratamente ed efficientemente separate dal meccanismo di collegamento, garantendo volumi costanti e prodotti identici in termini di peso e lunghezza. Il vantaggio competitivo del doppio tubo rapportato ad un' unità di attorcigliatura tradizionale consiste nella riduzione al minimo del tempo di inattività durante il carico del budello. La linea continua a lavorare senza interruzioni, requisito fondamentale per perseguire una così grande efficienza nell'ambiente di produzione quotidiano. Ancora una volta Risco ha affermato il proprio ruolo da protagonista nell’industria dei prodotti insaccati e la vetrina di MEAT-TECH ha confermato il costante impegno esercitato per migliorare i propri prodotti. >> Link: www.risco.it
Lo stand della Risco a MEATTECH.
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1) Risco di Thiene (VI) ha presentato le linee di impastatrici, insaccatrici, tritacarne e legatrici per la lavorazione delle carni. 2) Ampio lo spazio espositivo della CRM di Verderio (LC), azienda leader nella costruzione di affettatrici e tranciatrici industriali automatiche per il taglio e la trasformazione di prodotti alimentari. 3) Non poteva mancare a MEATTECH anche Sealed Air, società internazionale specializzata nelle soluzioni di packaging sostenibile e innovativo. 4) Pulsar Industry di Spilamberto (MO) ha presentato le sue soluzioni tecnologiche avanzate nel campo dei processi produttivi, del confezionamento automatico e del controllo di produzione. 5) Assai visitato lo spazio di Tech Partner, l’azienda di Cinisello Balsamo (MI) fornitrice per tutta l’Italia della Poly-Clip System Gmbh di Francoforte.
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1) Lo spazio espositivo della Mombrini di Caravaggio (BG), azienda leader nella realizzazione di pavimenti e rivestimenti per l’industria alimentare. 2) Lo spazio della M.A.V. Engineering di Vedano al Lambro (MB), che opera da 50 anni nel settore dell’industria e dell’automazione dei processi di produzione. 3) Anche Cavalli Meat Processing Machinery con sede a Felino (PR) quest’anno ha scelto MEATTECH per presentare la propria linea di prodotti dedicati alla lavorazione delle carni e dei salumi. 4) Ricca l’esposizione di abbigliamento monouso, contenitori per rifiuti alimentari e altri prodotti di Linea Flesh di Arzignano (VI). 5) Espera Italia di Noceto (PR) ha scelto MEATTECH per presentare le sue tecnologie di pesatura ed etichettatura degli alimenti.
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1) Andrè Muehlberger, direttore della filiale italiana del gruppo CSB con sede a Verona, azienda leader nelle soluzioni ERP anche per l’industria delle carni. 2) Due visitatori speciali alla seconda edizione di MEATTECH: Graziano Roncaglia della LGR Equipment di Portile (MO), distributore esclusivo di attrezzature per la macellazione e lavorazione delle carni, insieme a Mike Filter, international sales manager della Bettcher Industries, azienda internazionale leader nella trasformazione delle carni. 3) Viviana Limido con Alberto Quaglia, direttore generale del Gruppo Aro, azienda con sede a Cavaria con Premezzo (VA) all’avanguardia nella produzione di etichette industriali.
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Primo pregio dell’evento milanese è stato mostrare il ritratto sfaccettato della meccanica strumentale italiana e mondiale, facendo scoprire le eccellenze del made in Italy, là dove eccellenza tecnologica e capacità creativa si incontrano per creare un tutto unico, come uniche sono le persone, vero “volto” della nostra industria
4.0, robot e automazione avanzata, realtà aumentata e sistemi di gestione digitale della linea produttiva, l’appuntamento ha acceso i riflettori su sostenibilità, sicurezza dei processi e dei prodotti e centralità della formazione. Infatti, accanto all’innovazione dei sistemi è emersa la necessità di figure professionali preparate, perché la digitalizzazione è una spinta alla creazione di nuova occupazione qualificata. Focus su eventi e temi d’attualità Nelle giornate di fiera si è svolto il secondo Packaging & E-Commerce Forum, durante il quale sono stati presentati i risultati dell’Osservatorio Netcomm & IPACK-IMA, e una tavola rotonda sul tema della crescita dell’e-commerce e della digital disruption in arrivo, con focus sulle conseguenze sui modelli aziendali e sul packaging. Durante il convegno Save Food a IPACK-IMA si è parlato di intelligenza artificiale e di #foodculture con ospiti d’eccezione come FABIO MOIOLI, ALBERTO VACCHI, LILIAM BENZI ed ENRICO AURELI.
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ASSEMBLEE
Federalimentare, il valore aggiunto siamo noi Cibus giunto alla sua XIX edizione apre, come di consueto, con l’assemblea pubblica annuale della Federazione Italiana dell’Industria Alimentare, dedicata quest’anno al nostro know how, dal titolo “Il quinto elemento. Made in Italy, made with care” di Sebastiano Corona
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nostri prodotti alimentari, quelli che ci danno il primato per i numeri di DOP e IGP, quelli per i quali la nostra cucina è nota in tutto il mondo, possono essere realizzati in un altro luogo del pianeta, con lo stesso risultato in termini di gusto? La risposta è immediata ed è negativa. Lo dice
forte e chiaro FEDERALIMENTARE e lo fa in un’assise speciale, quella del Cibus 2018, dove il 7 maggio scorso si è tenuta l’assemblea annuale aperta dal presidente LUIGI SCORDAMAGLIA. L’occasione non poteva essere più propizia: la XIX edizione della più nota fiera di prodotti agroalimentari di qualità, in un momento storico
in cui non solo la manifestazione registra numeri da record, ma anche il comparto dà segnali di ottimismo dopo una crisi senza precedenti. Il Centro Studi Federalimentare mostra infatti dati importanti, già per il primo bimestre del 2018: un +4,9% di produzione, rispetto allo stesso periodo del 2017; il fatturato
Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, in occasione di Cibus 2018, durante il quale si è tenuta l’assemblea annuale dell’associazione (photo © www.efanews.eu).
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Il tavolo dei relatori all’assemblea. pari a +3,7% (in linea con l’anno precedente), ma soprattutto l’export, che assume una ragguardevole accelerazione, con un +8,7%, superando l’industria totale di ben 2 punti percentuali. Il nostro cibo è in sostanza apprezzato in casa ma, soprattutto, oltre confine, dove i margini di crescita sono ancora notevoli, non solo per consolidare posizioni già acquisite, ma anche per penetrare nuovi mercati dove la presenza è ancora debole e coprire gli spazi che al momento sono occupati dal cosiddetto Italian sounding. Questa è stata l’assemblea di Federalimentare in cui — parole del presidente Scordamaglia — «facciamo una riflessione su noi stessi e su quello che siamo come comparto. Una serie di riflessioni prive di richieste e rivendicazioni quest’anno, tanto più che in assenza di Governo, non sapremmo a chi rivolgerci». Il quinto elemento È dal nome dato all’assemblea che si è partiti nella discussione, con un bellissimo video presentato da RICKY
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TOGNAZZI. Il noto attore figlio d’arte ha colto l’occasione per parlare della rappresentazione ricchissima, del cibo, nel cinema italiano, citando film e passaggi che ne hanno fatto la storia, dove uno o più piatti non erano solo scenografia, ma talvolta protagonisti. Entrando in intimità col pubblico presente, Tognazzi ha voluto regalare racconti della vita del padre Ugo, descrivendo nei dettagli la sua proverbiale e maniacale passione per la cucina, dove si cimentava quotidianamente, spesso sperimentando sapori e abbinamenti che sottoponeva al giudizio di amici e parenti. Cose che solo noi Italiani possiamo capire. Da qui si è partiti per spiegare quale sia il quinto elemento. Non sono tanto o solo l’acqua, la terra, l’aria, il fuoco a fare dell’alimentare italiano ciò che lo rende unico al mondo. C’è un ulteriore fattore che è il “fatto con cura”, il fatto in Italia, che rende ogni cosa unica ed irripetibile. È il made in Italy, quello straordinario talento del trasformare ogni materia prima in un prodotto di eccezionale pregio.
Siamo inimitabili, da molti punti di vista, ed è qui che risiede il nostro valore aggiunto. Ed è proprio per questo che gli stessi processi produttivi, con pari materie prime e pari procedimenti, realizzati altrove, non garantiscono uguali risultati. Non siamo tanto o solo incubatori di gusti pregiati, ma piuttosto un vero e proprio modello di produzione d’eccellenza, essendo riusciti nei secoli a trasformare in maniera magistrale materie prime anche non locali e poi, nel tempo, ad unire, in un’alchimia perfetta, tradizione ed innovazione, senza mai tradire la prima, senza mai rinunciare alla seconda. Tutto questo riporta l’Italia tra i Paesi maggiormente attrattivi per gli investimenti esteri e lo fa nonostante gli immensi ostacoli rappresentati da burocrazia, pressione fiscale, deficit infrastrutturale. L’alimentare nazionale è insomma un fenomeno in assoluta controtendenza e lo è a dispetto dei consumi interni che continuano a restare stagnanti e ancora inferiori a quelli pre-crisi.
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Distribuzione e investimenti il nostro tallone d’Achille Che ne siamo consapevoli o meno, abbiamo un ruolo di primaria importanza in un comparto che è diventato centrale a livello mondiale e sul quale si sta scatenando una nuova guerra fredda, a cui si dirigono gli appetiti dei principali attori finanziari del pianeta. È sul cibo che si rendono evidenti forti disuguaglianze tra fasce sociali e tra popolazioni, dove si esasperano le ingiustizie e le diversità. Ed è ancora sul cibo che si misureranno sempre di più le forze dei singoli e degli Stati, anche attraverso misure protezionistiche, barriere, limitazioni. In un’assise moderata in tandem dai noti giornalisti NICOLA PORRO e LUCA TELESE erano presenti anche il CENSIS, nella persona di MASSIMILIANO VALERII, direttore generale, e MICHELE SCANNAVINI, presidente dell’Agenzia ICE, Istituto per il Commercio Estero. È stato quest’ultimo a sottolineare che come Paese abbiamo molti più vantaggi competitivi di quanto si pensi. «Tuttavia — ha ricordato — ci sono due problemi che più di altri ci limitano nel raggiungimento degli obiettivi che ci siamo posti, sia in termini di consumi interni sia all’estero. Il primo è quello della distribuzione. Una distribuzione dove l’Italia è pressoché assente e che al momento, in Europa, è quasi esclusivamente in mani francesi e tedesche. Il secondo è quello degli investimenti, soprattutto nelle imprese più piccole, quelle che rappresentano la maggior fetta del nostro tessuto produttivo. Gli investimenti sono sempre troppo modesti». E per citare un esempio più che positivo, soprattutto per le performance all’estero, porta il caso del Prosecco, un vino che ha sfondato nella patria dello Champagne, dove è stata imboccata la strada giusta: presentare un prodotto qualitativamente più che soddisfacente, di prezzo però accessibile, proposto come aperitivo. In questa ed altre occasioni di consumo, il Prosecco è diventato esso stesso un’abitudine, una moda che ne impone l’utilizzo in una
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modalità completamente nuova per i Francesi. Cibus, contraddizioni, valori e potenzialità Prima delle conclusioni del presidente BOCCIA, ci hanno pensato Telese e Porro a rendere briosa la conversazione, con una domanda piccante, considerato il contesto. Nell’era del digitale e delle vendite on-line, che senso hanno ancora le fiere? «Le manifestazioni fieristiche hanno ancora un loro senso, eccome!» ha risposto prontamente Massimiliano Valerii. «Cibus per esempio, è un racconto di racconti, una straordinaria piattaforma di contenuti, un valore immateriale che prende forma. Oggi a Cibus, dopo molto tempo, ho visto la società nella sua migliore espressione, non la società del rancore, ma quella del fare, che guarda con speranza al futuro. Certo, non basta. Ci sono ostacoli importanti, ma molti non sono nuovi. C’è il problema delle fake news che periodicamente mettono in ginocchio settori interi. Ci sono tentativi protezionistici, ma anche questi esistevano già in passato seppur in forma diversa. Ci sono tendenze che mostrano tutte le contraddizioni di un Paese fortemente variegato dove molte anime, spesso diametralmente opposte, convivono, cercandosi uno spazio. Rimane in tutto questo un obiettivo importante: dobbiamo incrementare il valore di tutto ciò che produciamo e proponiamo». Sulla definizione del Cibus come luogo di perfetta rappresentazione di ciò che siamo, gli ha fatto eco il presidente di CONFINDUSTRIA, che nel suo intervento fortemente critico sulle imminenti prospettive economiche e politiche del Paese ha sottolineato: «girando per gli stand, il Paese non lo senti raccontare, ma lo vedi». In tutta la sua interezza, in tutte le sue contraddizioni, in tutte le sue potenzialità, aggiungiamo noi. L’agroalimentare nazionale è la testimonianza del fatto che nulla è perduto, nonostante le enormi difficoltà. Possiamo fare ancora molto, dobbiamo però fare presto. Sebastiano Corona
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Unicarve lancia il “Mandato a vendere” Accordi quadro e contratti commerciali, credito agevolato, costi di produzione, qualità della carne e marchi ombrello
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o scorso 7 maggio, a Padova, dopo gli adempimenti statutari di rito e l’approvazione all’unanimità del bilancio 2017, la neoriconosciuta Organizzazione Produttori Carni Bovine di Qualità Certificata OP Unicarve ha dato vita ad un meeting dal titolo “Il Mandato a Vendere” per organizzare la produzione e la commercializzazione dei bovini da carne”, un momento di approfondimento e riflessione con gli allevatori aderenti all’Unione sul tema della produzione e commercializzazione dei bovini da carne. Il presidente FABIANO BARBISAN, nella relazione introduttiva, ha posto l’accento sul “fallimento”, per il settore delle carni bovine, del Decreto Legislativo 102/2005, che obbligava la commercializzazione di oltre il 75% delle produzioni conferite dai soci delle OP, citando alcuni numeri, partendo dalla tabella ministeriale delle otto OP del settore carni riconosciute alla data del 31 dicembre 2017 dal MIPAAF. «Il valore totale
della commercializzazione riportato dal MIPAAF (in base ai dati esposti per l’anno 2016) ammontava a circa 205 milioni di euro, su una produzione stimata (calcolata in base a 1.352.688 bovini macellati tra gli 8 ai 24 mesi nel 2016) di circa 2,5 miliardi di euro, ovvero: le OP che commercializzavano direttamente, secondo i dati sopra esposti, rappresentavano complessivamente il 9,47% del prodotto commercializzato in Italia. Rimane quindi da organizzare la commercializzazione del restante 90,53% di prodotto “libero da vincoli”», ha sottolineato Barbisan. Partendo da questi dati, il presidente di UNICARVE ha lanciato l’idea di una forte aggregazione delle aziende di allevamento, per iniziare un nuovo percorso di concentrazione dell’offerta basata sulla capacità di negoziazione dell’OP UNICARVE, visto che, dopo il riconoscimento ufficiale avvenuto il 28 marzo scorso, le aziende di
allevamento associate sono 175 e rappresentano una produzione di circa 90.000 bovini da carne, per un valore della produzione pari a oltre 150 milioni di euro. A dare man forte al Barbisanpensiero, anche il prof. SAMUELE TRESTINI dell’Università di Padova che, dopo un’analisi del comparto e dei costi di produzione, quasi sempre non in linea con il mercato, certamente non gestito dagli allevatori, ha proposto tre linee d’azione: 1. l’utilizzo dello “Strumento di stabilizzazione del reddito”, recato dall’art. 39 del Reg. UE n. 1305/2013, aggiornato dall’Omnibus; 2. la programmazione della produzione e il coordinamento di filiera, tramite il sistema del “Mandato a vendere” con delega all’OP; 3. la definizione di accordi di filiera gestiti dagli allevatori tramite le OP. Il tutto, ovviamente, supportato
Unicarve è un punto di riferimento per la zootecnia bovina da carne a livello regionale (Veneto), nazionale ed europeo.
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dalla gestione di un marchio di qualità, in grado di comunicare con i consumatori per far riconoscere la carne prodotta in Italia, che tra l’altro non supera il 58%. Su questo argomento sono intervenuti il direttore del Consorzio L’Italia Zootecnica GIULIANO MARCHESIN, che ha presentato il marchio del Consorzio Sigillo Italiano, sposato da tutti coloro che hanno presentato i disciplinari di produzione a valere sul sistema di qualità nazionale zootecnia approvati dal MIPAAF (UNICARVE compresa), e il dott. PIETRO ESPOSTO, che ha relazionato sulle azioni che l’Agenzia AB Comunicazioni di Milano metterà in campo per sostenere il marchio “Sigillo Italiano”, grazie al bando ISMEA/ MIPAAF del valore di € 250.000 e al bando a valere sulla Misura 3.2 del PSR Veneto, per un finanziamento di € 150.000. Sull’Omnibus e sulle nuove competenze per le OP è intervenuto, con un video messaggio da Bruxelles, anche l’onorevole PAOLO DE CASTRO, che molto ha fatto per semplificare, mantenere e allargare la negoziazione nelle OP. Particolare attenzione e curiosità ha destato la relazione di FABRIZIO DE STEFANI, veterinario ufficiale, molto attento alle dinamiche di settore, che ha presentato la “rivoluzione Blockchain”, ovvero la catena della fiducia nell’era digitale riguardo la tracciabilità delle produzioni. Un concetto sempre più attuale che UNICARVE ha colto e proposto come riflessione ai suoi associati, per non
Il meeting si è svolto il 7 maggio scorso all’Hotel Crowne Plaza di Padova. farsi trovare impreparati quando sarà richiesta dalle grandi catene alimentari. «Ora la palla passa alle relazioni di filiera — ha concluso Fabiano Barbisan, in veste di presidente del Consorzio Italia Zootecnica — bisogna che gli allevatori escano dall’isolamento e dalla convinzione di essere tutti “numeri uno” nella commercializzazione. Con un bagno di umiltà e più collaborazione si potranno recuperare quote di mercato importanti ed assicurare un futuro migliore alla zootecnia bovina da carne prodotta in Italia». I prossimi traguardi, secondo Barbisan: l’interprofessione delle carni bovine e l’organizzazione di un’associazione di OP a livello nazionale, per stabilire un tavolo permanente di settore che oggi non esiste, per dialogare con le istituzioni e programmare e organizzare la produzione dei bovini da carne in Italia.
Unicarve in numeri • 809 aziende di allevamento associate, delle quali: – 726 aderenti al Disciplinare di etichettatura facoltativa riconosciuto dal MIPAAF con il codice univoco IT010ET; – 393 aderenti al Disciplinare Qualità Verificata; • 23 mangimifici qualificati; • 3 stabilimenti di macellazione/sezionamento qualificati; • 112 punti vendita qualificati (n. 99 Qualità Verificata); • 170.000 bovini certificati Qualità Verificata; • 280.000 bovini totali prodotti. >> Link: www.unicarve.it
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CONVEGNI
Un anno da record: spicca il volo nel 2017 la produzione emiliano-romagnola Presentato a Bologna il Rapporto agroalimentare, elaborato dalla Regione e da Unioncamere. L’export continua a premiare le produzioni regionali e lo scorso anno, coi suoi 6,2 miliardi di euro, ha messo a segno un +5% rispetto al 2016 di Anna Mossini
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i ricordate il film “Un’ottima annata” del regista RIDLEY S COTT , uscito nella sale cinematografiche qualche anno fa con RUSSELL CROWE nel ruolo di protagonista? Bene, lo stesso titolo potrebbe calzare a pennello per i risultati ottenuti dal settore agroalimentare emiliano-romagnolo nel 2017: decisamente un’ottima annata! I numeri parlano chiaro e sono stati illustrati alla fine del mese di maggio nel corso di un incontro durante il quale è stato presentato il Rapporto agroalimentare dell’EmiliaRomagna, elaborato dalla Regione e UNIONCAMERE, giunto alla sua 25a edizione. Solo segni più I numeri, dunque, praticamente tutti con il segno più: incremento del 6,6% del valore produttivo; +5% l’occupazione; +2,8% le nuove imprese gestite da giovani agricoltori; +2,9% il fatturato dell’industria alimentare; +5,1% l’export. Non solo. Negli ultimi 3 anni la PLV (Produzione Lorda Vendibile) ha registrato un incremento del 20% e il settore del biologico, rispetto al 2016, ha incassato un +13% della superficie complessiva e un +10% relativamente alle nuove imprese, percentuali che si traducono in un totale di 155.000 ha di terreno e 6.000 aziende. «L’agroalimentare 130
rappresenta uno dei motori dell’economia regionale — ha scandito nel suo intervento introduttivo al convegno il presidente della Regione STEFANO BONACCINI — ed è fonte di reddito e occupazione per imprese e lavoratori. L’anno che ci siamo lasciati alle spalle ha confermato le potenzialità del comparto anche come volano di crescita dell’export, che continua nella sua ascesa e ha raggiunto i 6,2 miliardi di euro, incassando un +5% rispetto al 2016. Nello specifico, la vendita all’estero di prodotti agroalimentari ha
inciso per il 10,4% in valore sull’intero export regionale, che si riflette in un +2,5% per quanto riguarda i prodotti agricoli e nel +5,5% per quelli dell’industria alimentare. Stiamo lavorando alacremente per ampliare l’area dei mercati esteri da conquistare con le nostre eccellenze sulla scia degli ottimi risultati ottenuti a seguito della missione organizzata nel novembre dello scorso anno in Cina, che sta aprendo ai nostri prodotti un mercato dalle enormi potenzialità. A questo dobbiamo aggiungere i
Il tavolo dei relatori alla presentazione del Rapporto agroalimentare 2017.
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90 nuovi bandi emanati nel 2017 all’interno degli investimenti del Programma regionale di sviluppo rurale che hanno fatto salire il conteggio finale a 170, pari a uno stanziamento complessivo di quasi 950 milioni di euro di fondi europei a favore delle imprese, cifra che rappresenta oltre l’80% della dotazione finanziaria complessiva del PSR 2014-2020.
A questo proposito, e in previsione di quanto emergerà dalle discussioni in atto a Bruxelles sulla prossima PAC (Politica Agricola Comunitaria), voglio sottolineare che poiché per noi l’agricoltura costituisce una leva di sviluppo fondamentale per l’economia regionale, è nostra intenzione batterci in tutte le sedi competenti per
difendere l’attuale livello dei fondi europei destinati alla PAC insieme alle politiche di coesione contro i tagli contenuti nella proposta della Commissione per il prossimo periodo di programmazione. Il nostro obiettivo è anche quello di riaffermare il ruolo di Regioni e territori, fondamentali per un’Europa che sappia davvero
Tengono le produzioni vegetali nonostante la grande siccità Delle produzioni zootecniche abbiamo già detto. Ma l’agroalimentare dell’EmiliaRomagna si compone di tante e altre eccellenze. E se il settore zootecnico nel suo complesso ha fatto registrare un +11,4% della PLV, più contrastanti sono stati i risultati legati alle produzioni vegetali che, pur segnando un +2,4%, hanno dovuto fare i conti con la prolungata siccità estiva causa del –8% di patate e ortaggi e del –4,6% di cereali, a cui fa però da contraltare un ottimo +27% per il vino grazie all’impennata delle quotazioni dell’uva determinata dalla scarsa vendemmia. Un discorso a parte merita la frutta, che complessivamente ha incassato una crescita della PLV pari al 5,7%, risultato che mette insieme il bilancio negativo delle specialità estive come pesche, nettarine, albicocche e susine e l’exploit di quelle invernali come mele, pere e kiwi. A. Mo.
La leadership della città con maggiore vocazione all’export spetta a Parma con 1,6 miliardi di euro, seguita da Modena (1,3 miliardi) e Ravenna (670 milioni).
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guardare alle esigenze e ai bisogni dei cittadini». Bene la carne bovina Torniamo ai numeri e alle percentuali contenute nel Rapporto. Quali sono stati nel 2017 i Paesi maggiori destinatari delle produzioni regionali? In ambito UE, la Germania risiede al primo posto con una quota in valore pari al 18,8% del totale, seguita dalla Francia (14%), dal Regno Unito (7,2%) e dalla Spagna (4,4%). Oltreoceano gli USA coprono il 6,7% del valore, mentre il Canada, lo scorso anno, ha registrato una crescita del 14,3% e la Russia del 20,6%. La leadership della città con maggiore vocazione all’export spetta a Parma con 1,6 miliardi di euro, seguita da Modena (1,3 miliardi), Ravenna (670 milioni) Reggio Emilia (circa 620 milioni), Bologna (590 milioni), Forlì-Cesena (550 milioni) Ferrara (382 milioni), Piacenza (260 milioni) e Rimini (190 milioni di euro). Il settore zootecnico, nel 2017, ha finalmente conosciuto un miglioramento delle sue performance con il comparto della carne bovina che ha mostrato i cambiamenti più rilevanti incassando un +7% nella produzione, determinato soprattutto dal recupero dei prezzi unitari e da un rallentamento dei costi legati all’alimentazione del bestiame. Relativamente al settore suino, il 2017 si è caratterizzato per un aumento in valore della produzione vendibile da addebitare principalmente all’andamento dei prezzi, visto che le quantità hanno fatto segnare un –2% rispetto all’anno prima. Bene anche il settore delle bovine da latte, che pur non avendo replicato l’importante incremento in valore registrato nel 2016, ha comunque mantenuto ottimi standard toccando un +9% in valore da attribuire all’aumento produttivo e alla positiva dinamica dei prezzi. Il settore avicolo, con la contrazione produttiva e una ripresa della domanda, ha alla fine incassato un +7% in valore. Stesso andamento per le uova, che però hanno regi-
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strato un incremento in valore del 40%, permettendo ai produttori di recuperare in un solo anno buona parte delle perdite del biennio precedente. Efficaci politiche regionali Il comparto lattiero-caseario emiliano-romagnolo, dominato dal Parmigiano Reggiano, ha registrato +3,9% di produzione rispetto al 2016, portando la quantità prodotta a 2.077 milioni di tonnellate e fissando ad una media di +1,7% l’incremento degli ultimi 5 anni. «Abbiamo davanti dei dati straordinari — ha dichiarato nel suo intervento l’assessore regionale all’Agricoltura SIMONA CASELLI — e per certi versi inattesi soprattutto se pensiamo alle condizioni climatiche che hanno caratterizzato il 2017. Questo, però, dimostra l’efficacia delle politiche regionali messe in campo, ad iniziare dalla gestione dell’emergenza idrica, dall’efficienza nell’attribuzione e nel pagamento dei fondi comunitari alle imprese, senza dimenticare la promozione di accordi di filiera per sottrarsi alla logica delle commodity e a quella internazionale. In soli tre anni la produzione lorda vendibile, col suo +20%, ha raggiunto un record storico. Non vi è alcun dubbio che gli assi portanti della politica regionale si concentrano sull’internazionalizzazione, sull’aggregazione, sulla qualità e sulla distintività delle produzioni. A questi aspetti dobbiamo unire la lotta al cambiamento climatico e all’uso sostenibile delle risorse. L’Emilia-Romagna è leader in Italia e in Europa nel sostegno alla ricerca e all’innovazione in campo agricolo, con uno stanziamento di 50 milioni di euro, in pratica il 5,3% dell’intera dotazione del PSR 2014-2020, di cui quasi 20 milioni già assegnati che hanno portato alla nascita di ben 93 partnership tra imprese agricole e enti di ricerca, i GOI (Gruppi Operativi per l’Innovazione), che favoriranno grandi avanzamenti nelle tecniche agricole e nella competitività delle nostre imprese nei prossimi anni». Anna Mossini
Focus sul tema della biodiversità nella zootecnia alpina
Razze tipiche, benessere e prodotti di alpeggio
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i è svolto lo scorso maggio, presso la Fondazione Caritro di Trento, un incontro sulla biodiversità zootecnica alpina. L’evento, realizzato col patrocinio della Federazione provinciale allevatori di Trento, la collaborazione della Provincia autonoma di Trento e il supporto della Fondazione Caritro, si inserisce nell’ambito delle celebrazioni della Giornata Internazionale della Biodiversità. Hanno aperto i lavori il direttore generale Fondazione Edmund Mach SERGIO MENAPACE, il
presidente della Federazione provinciale allevatori MAURO FEZZI, accanto al dirigente del Dipartimento territorio, agricoltura, ambiente e foreste della PAT ROMANO MASÈ, al responsabile dell’Ufficio produzioni biologiche FEDERICO BIGARAN e alla coordinatrice del Dipartimento biodiversità ed ecologia molecolare del Centro Ricerca e Innovazione FEM HEIDI CHRISTINE HAUFFE. In apertura dell’incontro, Menapace ha spiegato che la FEM sta cercando di strutturare al meglio
le attività di formazione, consulenza, sperimentazione e ricerca per supportare questo comparto fondamentale per il Trentino. «Per quanto riguarda la formazione, con percorsi specifici e i laboratori di trasformazione e lavorazione dei prodotti derivati dalla zootecnia; per quanto riguarda la ricerca, con progetti impostati al fine di favorire e mantenere la biodiversità e la funzionalità degli allevamento zootecnici; mentre, dal punto di vista del trasferimento tecnologico, abbiamo
Dagli strumenti della genomica per prevenire la mastite nei bovini da latte alla valorizzazione della biodiversità microbica del latte da alpeggio. Le attività di ricerca condotte dalla FEM a supporto del settore zootecnico, che si affiancano alle ormai consolidate attività di consulenza, sperimentazione e formazione, sono state messe in luce alla Fondazione Caritro nell’ambito di un incontro dedicato alla biodiversità nella zootecnia alpina, al quale sono intervenuti esperti italiani ed europei nell’ambito del tema della salvaguardia delle razze tipiche.
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potenziali indicatori microbici di rischio di sviluppo della malattia in bovini di razze tipiche trentine.
Il pubblico presente all’incontro. in corso attività innovative con la partnership del mondo zootecnico e del consorzio di difesa (in tema di polizze), oltre ad un’attività di supporto e consulenza sia in ambito di alimentazione degli animali che dal punto di vista economico». «I temi della mastite e della qualità del latte sono estremamente importanti per la salute degli animali, per la tranquillità degli allevatori e la qualità dei prodotti che ne derivano», ha dichiarato Mauro Fezzi, mentre Romano Masè ha spiegato che è importante sostenere un approccio che ponga al centro la biodiversità. Un termine, questo, collegato a quello della sostenibilità e della qualità, e sul quale si gioca l’economia di tutto il sistema trentino. Durante l’incontro, a cui hanno partecipato esperti del settore, allevatori, ma anche studenti e un pubblico più generale, diversi esponenti della comunità scientifica italiana ed europea sono intervenuti nell’ambito del tema della salvaguardia di razze tipiche alpine, dell’importanza della biodiversità genetica nella zootecnia e del ruolo della microbiodiversità nella salute umana e animale. Tra gli esperti: AJMONE MARSAN, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ed esperto di miglioramento genetico animale; WALTRAUD KUGLER, project director del
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Progetto SAVE (Svizzera) che si occupa di una piattaforma informativa sull’agricoltura tradizionale nelle Alpi; e MONICA BRUNELLI, che ha portato una testimonianza diretta dell’evoluzione della biodiversità nei masi d’alta montagna. Nel corso del convegno è stato illustrato l’impegno di San Michele sul tema della zootecnia e della salvaguardia della biodiversità agricola, evidenziando alcuni progetti in corso sul latte e il formaggio, la biodiversità microbica, la salute animale e la qualità del latte in alpeggio. A seguire, la sintesi di alcuni progetti presentati. Il progetto Mastirisk FRANCESCA ALBONICO, ricercatrice, ha spiegato che la mastite, nei bovini da latte, è causa di significative perdite economiche per le aziende zootecniche. Le attuali cure si basano su intensi trattamenti antibiotici che, oltre a dimostrarsi a volta inefficaci, possono contribuire alla diffusione dell’antibioticoresistenza tra le comunità batteriche. Da qui la necessità di sviluppare trattamenti tempestivi e/o alternativi che riducano l’utilizzo degli antibiotici. Il progetto Mastirisk, finanziato dalla Fondazione Caritro, prevede l’utilizzo delle più moderne tecniche molecolari per analizzare, per la prima volta, i cambiamenti della microflora del latte durante lo sviluppo di mastite subclinica, al fine di scoprire
Il progetto TrentinCla sulla biodiversità microbica del latte da alpeggio e da valle ELENA FRANCIOSI, ricercatrice FEM, ha parlato della biodiversità microbica del latte da alpeggio e da valle. Questa biodiversità può essere un valore aggiunto in ambito caseario, ancor di più se questa biodiversità viene da latte di alpeggio. Nell’ambito del progetto Caritro TrentinCLA sono stati effettuati dei campionamenti di latte da vacche stabulate presso un’azienda agricola della Val di Sole. La biodiversità del latte delle stesse vacche è stata messa a confronto a valle e in alpeggio a Malga Juribello. Il latte in alpeggio era molto più ricco microbiologicamente di quello prodotto dalle stesse vacche a valle; in particolare, ci sono evidenze di specie batteriche più utili dal punto di vista tecnologico e più salutari nel latte di alpeggio. L’importanza della qualità del latte in alpeggio Questo tema è stato illustrato dalla ricercatrice FEM ERIKA PARTEL, che ha evidenziato le peculiarità e le criticità dell’alpeggio della vacca da latte e ha portato i risultati ottenuti con l’applicazione del piano mastite in alpeggio(il piano mastite è il piano di gestione delle mastiti e di miglioramento della qualità del latte che FEM porta avanti da tanti anni, NdR), evidenziando quanto questo approccio coordinato fra consulenza tecnica, veterinari, allevatori e caseifici porti dei risultati in termini di qualità igienico-sanitaria del latte comparabile a quella presente nei migliori allevamenti di fondovalle, valorizzando così le produzioni. Questo approccio strutturato richiede maggiore professionalità ed attenzione da parte sia degli allevatori che dei malgari, ma porta indubbi vantaggi sia in termini di sanità delle bovine e delle produzioni che in termini di resa economica delle produzioni. >> Link: www.fmach.it
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MISURAZIONE DI POTENZA STORDITORI ,O SUHVHQWH FHUWLÀFDWR FRQIHUPD FKH OR VWUXPHQWR VRWWRLQGLFDWR q VWDWR WHVWDWR HG q FRQIRUPH DOOH VSHFLÀFKH WHFQLFKH ULFKLHVWH Modello: Numero di Serie: Testato da: Firma: Data: Valido con decorrenza dalla data di emissione. Lo strumento richiederà un nuovo test entro la data sottoindicata. Test Successivo (Data):
TECNOLOGIE
La pianificazione è solo metà dell’opera! I vantaggi crescono se è integrata nel sistema ERP Soluzioni IT per la pianificazione della produzione nel settore Alimenti & Bevande portano maggiore flessibilità e riduzione dei costi. Ancora meglio è se queste soluzioni sono direttamente integrate nel software ERP
I
produttori di Alimenti & Bevande hanno una clientela che diventa sempre più esigente per quanto riguarda qualità, freschezza e consegna dei prodotti; il tutto, possibilmente, a prezzi bassi e competitivi. Al tempo stesso i processi di produzione diventano sempre più complessi perché le richieste
dei consumatori finali spingono verso prodotti diversificati nel gusto, negli ingredienti e nel packaging. Sempre più spesso accade che il tempo tra l’inserimento e la consegna dell’ordine si accorci e può capitare che ordini urgenti debbano essere rimandati. La giornata lavorativa può diventare all’improvviso
frenetica: quale ordine deve essere consegnato per primo? Ci sono materie prime sufficienti in magazzino? Le linee di confezionamento sono ancora in funzione? Inutile dire che in questa situazione e con la crescente possibilità di varianti, sia davvero difficile mantenere una visione d’insieme.
Il modulo PPS del CSB-System offre agli utenti scenari di pianificazione a lungo, a medio e breve termine.
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Tutti i settori aziendali rilevanti devono essere presi in considerazione Gli strumenti di pianificazione tradizionali hanno difficoltà a compensare gli effetti di cambiamenti a breve termine del piano di produzione o tempi di inattività non programmati di macchinari e attrezzature, e dipendono troppo dalle capacità organizzative del responsabile di reparto. I sistemi di pianificazione e controllo della produzione basati su soluzioni gestionali sono sicuramente più precisi e flessibili. L’ideale, tuttavia, non è una soluzione ad isola bensì un programma per la pianificazione della produzione che sia integrato nel sistema ERP. Il gestionale ERP è, infatti, una piattaforma dati in grado di integrare nel processo di pianificazione tutti i settori aziendali rilevanti come Acquisti, Magazzino, Dispo e Vendite oltre alle distinte base e le singole aree di produzione. Altri criteri importanti che il sistema di pianificazione della produzione deve soddisfare sono il: • garantire che le materie prime e gli acquisti siano pianificati in modo ottimale e che le materie prime giuste, della giusta qualità, siano disponibili al momento giusto nelle macchine giuste; • consentire una pianificazione approssimativa e una pianificazione dettagliata; • pianificare la sequenza ottimale per la produzione degli ordini affinché i tempi di esecuzione siano i più brevi possibili; • considerare fattori di influenza cruciali nella pianificazione della sequenza quali colore, granulosità e ingredienti (allergeni/ OGM) oltre ai requisiti operativi indicati dal capo reparto; • disporre di strumenti flessibili per poter reagire in breve tempo a cambiamenti improvvisi; • garantire il raggiungimento di un livello costantemente elevato di utilizzo delle risorse in tutte le fasi della produzione e nei singoli reparti; • pianificare e considerare nella programmazione anche gli ordini di manutenzione;
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Impiego della tecnologia robotica. • assicurare che la gestione dell’inventario interna sia ottimizzata. Oltre a questi must have – caratteristiche irrinunciabili è importante che il software disponga di diversi scenari di pianificazione. Solo allora potrà coordinare la produzione in modo ottimale e allo stesso tempo lasciare sufficiente flessibilità agli utenti. Il software coordina la produzione Con uno strumento di pianificazione altamente flessibile come il CSB-System, software gestionale completo e modulare per il settore alimentare, diventa molto più semplice pianificare, organizzare
e controllare in modo ottimale tutte le risorse produttive come uomo, macchina e materie prime, anche in condizioni difficili causate dall’andamento incerto degli ordini e da una grande varietà di prodotti. Il modulo PPS (Process Planning System) del CSB-System offre agli utenti scenari di pianificazione a lungo, a medio e breve termine. Una buona pianificazione aiuta a garantire la necessaria freschezza, un utilizzo ottimale delle macchine, maggiore rapidità nella produzione ed una consegna puntuale. Nel modulo PPS una matrice di pianificazione configurabile individualmente collega le informazioni rilevanti quali
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pendenze che nascono a causa di diversi fattori, quali ad esempio il metodo di produzione, il tipo di macchina da utilizzare, il personale o il prodotto stesso e la possibilità di intervenire su ognuno di essi.
Preparazione dell’ordine. ordini, forecast, quantità disponibili, distinte base, restrizioni e procedure, con la variabile tempo e le visualizza successivamente in una matrice chiara. In generale, il processo di pianificazione è suddiviso in tre fasi: in primo luogo, viene impostata la matrice di pianificazione che produce determinate proposte; l’utente può successivamente elaborare o confermare la quantità di produzione suggerita. Il piano di produzione che ne risulta, infine, tiene conto dell’esplosione delle distinte base e sequenza di produzione nei reparti e sulle macchine. Le interdipendenze diventano visibili Alla fine del processo di pianificazione restano aperte ancora alcune domande: gli ordini di produzione che ne conseguono devono essere distribuiti automaticamente alle macchine e alle linee di produzione e confezionamento? Le risorse umane devono essere assegnate e
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distribuite automaticamente in base alla qualifica e alla disponibilità? Una pianificazione perfetta, allora? No, perché nella pratica la pianificazione perfetta non esiste affatto: vacanze, campagne promozionali e addirittura il meteo possono avere un enorme impatto sulle vendite e quindi direttamente sulla pianificazione della produzione. Un caldo improvviso, ad esempio, aumenterà la vendita di pasti leggeri, barbecue e bevande rinfrescanti; se invece le temperature sono più fredde del previsto, si acquisteranno probabilmente più insaccati. Quindi è bene che il software sia uno strumento flessibile che includa sì i dati storici nella pianificazione, ma consenta allo stesso tempo di modificare la pianificazione e quindi gli ordini di produzione. Il tutto secondo livelli di autorizzazioni per utenti, definiti dalla direzione aziendale. Uno dei maggiori vantaggi della PPS del CSB-System consiste nella capacità di visualizzare le interdi-
È andato tutto come pianificato? Pianificare, però, è solo metà dell’opera. D’altronde anche il miglior piano non serve a nulla, se poi alla fine si procede diversamente. È altamente raccomandato, pertanto, organizzare la pianificazione della produzione in combinazione con l’acquisizione dei dati di produzione. Questo è l’unico modo per i responsabili di produzione di avere un feedback affidabile sotto forma di confronto tra come doveva essere e come realmente è; feedback che si può ricevere in ufficio o su un qualsiasi apparecchio mobile. Il monitoraggio della produzione in tempo reale consente di intervenire tempestivamente con degli aggiustamenti, ma anche di acquisire importanti informazioni, per ottimizzare, ad esempio, i processi di produzione a lungo termine, renderli più efficaci e ridurre gli scarti. Anche un deficit oppure un surplus di produzione come anche ritardi nella stessa sono rapidamente visualizzabili. I moduli di Business Intelligence del CSB-System rappresentano in questo contesto uno strumento in più a supporto della pianificazione, che si completa con i valori di budget e la conseguente pianificazione della liquidità.
Referente: • Dott. A. Muehlberger CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (Verona) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com
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2017 EC Type-examination Certificate issued by PTB Braunschwieg / D
Il metodo Micvac Distribuita in Italia da Lazzari Packaging, arriva una novità destinata a rivoluzionare il mercato dei piatti pronti freschi
L’
azienda svedese di tecnologia alimentare Micvac, rappresentata in esclusiva in Italia da LAZZARI PACKAGING, ha preso parte a IPACK-IMA 2018, con una novità che è destinata a rivoluzionare il settore dei piatti pronti. Micvac ha infatti sviluppato una tecnologia decisamente innovativa per produrre e confezionare piatti pronti refrigerati. «IPACK-IMA ha offerto un’opportunità unica per illustrare il metodo Micvac» ci ha detto CHRISTINA FROHM KRAMER, direttore marketing & regional sales di Micvac. «Il nostro sistema presenta un tunnel a microonde assolutamente unico e concetti di confezio-
namento intelligenti, compresa la valvola brevettata Micvac che emette un fischio quando il cibo raggiunge la corretta temperatura». Il metodo Micvac consiste in una cottura e pastorizzazione all’interno della confezione in un unico processo eseguito all’interno di un tunnel a microonde. Ciò permette ai produttori di offrire piatti pronti di altissima qualità che restano freschi a lungo nei punti di vendita, senza richiedere l’aggiunta di conservanti e garantendo meno scarti nella catena alimentare. L’impianto pilota Micvac, in Svezia, è un’unità di produzione a tutti gli effetti dove i clienti possono vedere dal vivo
come funziona questo metodo, oppure possono produrre un piatto a loro scelta oltre a definire la loro strategia marketing. I clienti hanno inoltre la possibilità di acquistare un kit di prova. Questo kit può essere utilizzato per creare nuove ricette o per presentare il metodo ai decision-maker dell’azienda del cliente. «Per semplificare ulteriormente la decisione dei nostri clienti, abbiamo progettato il tunnel a microonde come sistema modulare. Se il cliente sa bene la produttività di cui ha bisogno, può acquistare il tunnel delle dimensioni giuste per le proprie esigenze. In un secondo momento può sempre aggiungere
Alta qualità con il metodo a microonde Micvac: piatti pronti freschi con pollo molto saporiti e senza conservanti.
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A sinistra: un inizio semplice col minimo investimento. Il kit di prova Micvac con termosigillatrice manuale per vaschette ed i materiali di confezionamento per cuocere e pastorizzare nel forno a microonde in dotazione. A destra: il tunnel a microonde Micvac 3.0 produce piatti pronti freschi e sani a lunga garanzia di conservazione. uno o più moduli in base al volume di produzione richiesto» ha sottolineato Christina Frohm Kramer. «Noi serviamo il metodo, voi servite il piatto» ha detto SILVIO LAZZARI, che con LAZZARI PACKAGING è distributore esclusivo Micvac per l’Italia. Il kit di prova I clienti possono acquistare un kit Micvac a basso costo. Il kit contiene tutta l’attrezzatura necessaria per la lavorazione degli alimenti secondo il metodo Micvac, il tutto in scala ridotta. Come ha spiegato FREDRIK LARSSON, direttore tecnico di Micvac, «il tunnel a microonde è molto simile alle unità per uso domestico ma, a differenza di queste ultime,
utilizza un riscaldamento continuo e non intermittente». Riempiendo a mano le vaschette, sigillandole poi con l’apposita confezionatrice e cuocendole nel forno a microonde, i clienti sono in grado di iniziare il loro unico processo di sviluppo di nuove ed esclusive ricette. «Il kit di prova Micvac si basa su una tecnologia altamente sofisticata ed è allo stesso tempo facilissimo da usare» conferma KAROLINA ELDH, communication e key account manager presso Micvac. «Offre ai clienti un’opportunità a basso prezzo e decisamente flessibile per definire le proprie necessità e i requisiti di produzione oltre ad offrire risultati decisamente tangibili». Il kit
contiene un forno a microonde ed una termosigillatrice manuale per vaschette fino ad 1 kg. È possibile acquistare anche una confezionatrice semi-automatica ad una o due cavità in base alle dimensioni della vaschetta da acquistare. I clienti che necessitano di opzioni alternative per il confezionamento dei loro piatti pronti possono acquistare anche una saldatrice per buste, in grado di sigillare buste di varie dimensioni. Approccio modulare Un’altra possibilità si ha grazie alla modularità delle linee Micvac: il tunnel è stato progettato per poter essere potenziato nel corso del
Come funziona? Il metodo Micvac comprende cottura e pastorizzazione all’interno della confezione utilizzando la tecnologia a microonde. Ciò garantisce piatti pronti freschi e gustosi senza compromessi in termini di gusto e vitamine. Inoltre, i piatti vantano una conservazione particolarmente lunga. La confezione all’interno del forno a microonde di casa emette un fischio per segnalare quando il piatto è pronto e perfettamente riscaldato. I componenti necessari per il metodo brevettato Micvac sono il tunnel a microonde ed il packaging intelligente, entrambi progettati espressamente per questo processo. Le vaschette Micvac vengono riempite con gli ingredienti e poi saldate con un film cui viene applicata la valvola brevettata Micvac. Le confezioni sigillate vengono poi cotte e pastorizzate nel tunnel a microonde. Ciò che rende questo processo assolutamente innovativo è la valvola: mentre il cibo viene cotto la pressione fa aprire la valvola. Il vapore viene eliminato dalla vaschetta e quindi anche tutto l’ossigeno. Quando il piatto inizia a raffreddarsi, la valvola si chiude di nuovo creando una depressione che genera un sottovuoto naturale. Quindi le confezioni vengono trasportate ad un’unità di raffreddamento. Questo processo riduce al minimo l’ossidazione nelle vaschette e garantisce che i prodotti siano saldati in modo sicuro, prolungando anche la freschezza del prodotto nel reparto frigo dei punti vendita. Ciò consente ai produttori di proporre una gamma più ampia di prodotti limitando gli sprechi. Un ulteriore vantaggio del metodo Micvac è che non serve alcun tipo di additivo o conservante, il che significa risparmio e prodotti freschi e più naturali. Grazie al microonde i tempi di cottura sono ridotti al minimo, mantenendo così invariati sapore, consistenza, colore naturale e vitamine dei singoli ingredienti.
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L’impianto pilota Micvac a Göteborg, in Svezia: i clienti possono scoprire il processo, sviluppare ricette e produrre piccole quantità di prova. tempo, in funzione delle necessità produttive. All’inizio si può optare per il modulo singolo da 18 kW, un tunnel in scala ridotta per bassi volumi o a scopo di prova e test di vendita. In seguito, in base all’aumento di produzione, si possono facilmente aggiungere ulteriori moduli, ognuno da 18 kW, in modo da incrementare i volumi. Per capacità superiori (36-108 kW) è raccomandato il sistema di alimentazione/ buffer automatico e una linea di produzione continua. Soluzioni di confezionamento Grazie al suo particolare approccio, Micvac è riuscita a sviluppare molto più di una mera unità di produzione
innovativa. I materiali di confezionamento sono un elemento fondamentale del processo di produzione e sono sempre compresi nelle diverse opzioni. Confezionamento e produzione sono messi a punto per garantire un prodotto finale eccellente e di lunga conservazione. Il metodo richiede sempre l’utilizzo di vaschette e valvole brevettate Micvac, elementi necessari per resistere alla pressione durante la cottura in quanto la confezione si gonfia a causa del vapore che si crea all’interno. Quando inizia il raffreddamento, si crea un sottovuoto naturale che allunga la shelf-life, ottenendo un vero e proprio packaging attivo, ingegnoso ed efficace.
Micvac è un’azienda di tecnologia alimentare che offre idee innovative per la produzione ed il confezionamento di piatti pronti refrigerati. Fondata nel 2000, la sua sede principale si trova a Mölndal in Svezia. Il suo innovativo metodo di produzione per piatti pronti è ora disponibile a livello mondiale. Oltre ai mercati strategici in Svezia, Norvegia e Finlandia, Micvac opera anche in Belgio, Polonia, Corea del Sud, Cile ed Australia. L’azienda è in continua crescita e si sta espandendo nel settore della ristorazione. Proprio in quest’ambito sta sviluppando nuovi metodi di produzione. Micvac sviluppa prodotti e soluzioni in stretta collaborazione con i suoi clienti. I produttori sono in grado di affinare e di testare le ricette presso “l’impianto pilota” all’interno dell’azienda. Ciò permette loro di sviluppare prodotti su misura in base alle esigenze dei propri partner nei settori alimentari del commercio e della ristorazione. >> Link: www.micvac.com
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Gamma ampia e completa di vaschette, film e buste I materiali di confezionamento sono inclusi in ognuna di queste opzioni di produzione. Essendo i materiali Micvac essenziali ai fini del processo, vengono sempre forniti come parte integrante. La gamma comprende vaschette mono o bis comparto disponibili in diversi colori o trasparenti. Ciò permette di differenziare i propri prodotti, con una presentazione esclusiva nei punti vendita. Per le termosigillatrici manuali e semiautomatiche del kit di prova, è disponibile un film con valvole pre-applicate. Per la produzione industriale film e valvole per le confezionatrici automatiche vengono forniti separatamente. Si può inoltre scegliere tra buste di diverso tipo e dimensioni, mentre anche per macchine termoformatrici film e valvole sono forniti separatamente. Assistenza completa Pronta a fornire assistenza a tutti i livelli, Micvac mette a disposizione del cliente uno specialista per la supervisione dell’intero processo, che offrirà validi consigli che spaziano dalla ricettazione alla produzione stessa. Se richiesto, gli specialisti possono accompagnare fin nel dettaglio del processo, donando quindi un livello di competenza in più. Gli esperti Micvac analizzano il processo e la capacità produttiva, le ricette ed il mercato del cliente. La loro competenza ed esperienza permettono di sviluppare soluzioni che soddisfano tutti gli aspetti dell’azienda, dalla strategia di mercato sino al processo di produzione, assistendo il cliente nella valutazione e nelle decisioni in corso.
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idea fresca, servita
Linee per cottura e pastorizzazione a microonde per piatti pronti Con il metodo a microonde Micvac, ogni confezione è una piccola pentola a pressione in cui cuociamo e pastorizziamo. La valvola brevettata fischia quando il piatto è pronto e ben caldo, avvisando il consumatore che è ora di togliere la confezione dal fornetto a microonde di casa.
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STATISTICHE
Serie storiche sul sistema agricoltura, zootecnia e pesca – Parte I
Il sito dell’Istat di Aurora De Santis
I
l sito dell’Istituto Nazionale di Statistica è sempre più ricco di informazioni e di dati. Ad esempio, digitando seriestoriche.istat.it è possibile accedere ad un archivio di serie storiche (Figura 1) ricco di circa 1.500 serie scaricabili e rielaborabili, articolate in 22 temi e 6 macro aree: Popolazione e Società, Istruzione e Lavoro, Salute e Welfare, Industria e Servizi, Ambiente e Agricoltura ed Economia e Finanza locale. Cliccando sulla voce Agricoltura, Zootecnia e Pesca nell’area Ambiente e Agricoltura si accede all’area dedicata appunto al sistema Agricoltura, Zootecnia e Pesca, a sua volta suddivisa in quattro aree:
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Aziende agricole, Coltivazioni agricole e forestali, Fertilizzanti, Zootecnia e Pesca. In particolare, il settore Zootecnia e Pesca contiene le serie storiche del bestiame macellato, del latte raccolto e prodotto e, infine, della produzione della pesca marittima e lagunare. Inoltre, a destra della pagina compaiono altre quattro sezioni che rappresentano altrettante possibilità di accedere ai dati oppure al glossario o, ancora, alla storia delle fonti e alle principali pubblicazioni di settore. Interessanti anche i link diretti ai siti ISMEA, EUROSTAT e FAO.
Infine, cliccando la voce Glossario viene visualizzato un documento, ovviamente diverso a seconda del settore scelto, con le principali definizioni correnti (Figura 2). Le fonti L’informazione sul sistema agricolo, e quindi sulla capacità di un paese di produrre beni per soddisfare le proprie necessità alimentari, costituisce un elemento fondamentale per conoscerne e guidarne lo sviluppo. Non stupisce quindi che le statistiche concernenti la produzione in senso stretto (quantità di cereali, ortaggi, carni per specie animale,
Figura 1 – La pagina iniziale dell’archivio di serie storiche. 146
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SPELLATRICI, SCOTENNATRICI E SOLUZIONI PER IL LAVAGGIO Spellatrice manuale e Scotennatrice per ogni po di carne come: x
Prosciu
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Tagli di carne di suino arrotonda
x
Possibilità di affe are il lardo
Scotennatrice per linee di lavorazione automa zzate ideale per ogni po di carne come: x
Pance e, Lonze, Bacon
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Lardello
x
E per l’affe atura del lardo
Spellatrice per membrane ideale per ogni po di carne: x
Bovino
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Vitello
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Suino
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Agnello
x
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Figura 2 – La pagina relativa al glossario. formaggi, ecc…) siano state avviate sin dal 1861. Le indagini svolte nel corso del secolo XIX, però, non sono in grado di garantire quella coerenza e completezza cui si giungerà quando, con il R.D. n. 1035 del 2 giugno 1927, le funzioni relative alla statistica agraria saranno affida-
L’informazione sul sistema agricolo, e quindi sulla capacità di un paese di produrre beni per soddisfare le proprie necessità alimentari, costituisce un elemento fondamentale per conoscerne e guidarne lo sviluppo. Non stupisce quindi che le statistiche concernenti la produzione in senso stretto siano state avviate sin dal 1861
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te all’Istituto Centrale di Statistica. Questo passaggio ha assicurato una maggiore qualità dei dati e una loro maggiore articolazione, grazie a nuove informazioni che prendono in considerazione, oltre alla produzione, anche le superfici relative alle diverse coltivazioni e i mezzi di produzione impiegati, seguendo uno schema che ancora oggi costituisce il riferimento della statistica agricola nazionale ed europea. Esempi significativi del ruolo svolto in quegli anni dall’ISTAT per promuovere le statistiche sul settore sono le indicazioni che, per la prima volta, vengono fornite ai direttori delle Cattedre ambulanti di agricoltura per l’effettuazione del Secondo catasto agrario, come pure la rilevazione sui fertilizzanti del 1927, svolta in collaborazione con la Federazione nazionale fascista degli industriali dei prodotti chimici. Come per altri settori, anche le tecniche di rilevazione impiegate nelle statistiche agricole si sono modificate nel tempo. Attualmente, nella costruzione delle stime sono
utilizzate diverse metodologie, dalle indagini svolte direttamente presso le unità produttrici (con interviste CATI, CAPI, CAWI) all’impiego di dati amministrativi, alle rilevazioni estimative. Queste ultime, condotte con il coinvolgimento delle diverse strutture territoriali, caratterizzano da sempre le statistiche agricole. All’inizio del secolo scorso furono utilizzati i direttori delle cattedre ambulanti di agricoltura divenuti, negli anni Trenta, ispettorati provinciali dell’agricoltura. Oggi, le rilevazioni avvengono con il coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome. A partire dal 1961, il quadro fornito dalle rilevazioni correnti è arricchito dalle informazioni derivanti dai Censimenti generali dell’agricoltura, eseguiti dall’ISTAT con periodicità decennale, presso i conduttori delle aziende agricole. I dati del sistema Di seguito l’elenco delle tabelle contenute nell’archivio. • Tavola 13.1 – Aziende e relativa superficie totale per forma di condu-
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zione, ai censimenti dell’agricoltura dal 1961 al 2010 (a) (superficie in ettari). Tavola 13.2 – Aziende e relativa superficie totale per classe di superficie totale ai censimenti dell’agricoltura dal 1961 al 2010 (a) (superficie in ettari; valori assoluti e composizioni percentuali). Tavola 13.3 – Aziende con bovini per numero di capi ai censimenti dell’agricoltura dal 1961 al 2010 (a) (valori assoluti e composizioni percentuali). Tavola 13.4 – Aziende con suini per numero di capi ai censimenti dell'agricoltura dal 1961 al 2010 (a) (valori assoluti e composizioni percentuali). Tavola 13.5 – Superficie agricola e forestale per utilizzazione –Anni 1861-2015 (valori assoluti in migliaia di ettari e composizioni percentuali). Tavola 13.6 – Superficie delle principali coltivazioni erbacee: cereali e leguminose da granella – Anni 1921-2015 (in migliaia di ettari). Tavola 13.7 – Superficie delle principali coltivazioni erbacee: patate, legumi freschi e coltivazioni ortive – Anni 1921-2015 (in migliaia di ettari). Tavola 13.8 – Superficie delle principali coltivazioni erbacee: coltivazioni industriali e foraggere – Anni 19212015 (in migliaia di ettari). Tavola 13.9 – Produzione delle principali coltivazioni erbacee: cereali e leguminose da granella – Anni 1861-2015 (in migliaia di quintali). Tavola 13.10 – Produzione delle principali coltivazioni erbacee: patate, legumi freschi e coltivazioni ortive – Anni 1861-2015 (in migliaia di quintali). Tavola 13.11 – Produzione delle principali coltivazioni industriali e foraggere – Anni 1861-2015 (in migliaia di quintali). Tavola 13.12 – Superficie delle principali coltivazioni legnose: vite, olivo e agrumi – Anni 1921-2015 (in migliaia di ettari). Tavola 13.13 – Superficie delle principali coltivazioni legnose: frutta fresca e frutta in guscio – Anni 1921-2015 (in migliaia di ettari).
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• Tavola 13.14 – Produzione delle principali coltivazioni legnose: vite, olivo e agrumi – Anni 1861-2015 (in migliaia di quintali salvo diversa indicazione). • Tavola 13.15 – Produzione delle principali coltivazioni legnose: frutta fresca e frutta in guscio – Anni 18612015 (in migliaia di quintali). • Tavola 13.16 – Produzione media delle principali coltivazioni agricole – Anni 1921-2015 (in quintali per ettaro). • Tavola 13.17 – Utilizzazioni legnose e non legnose dei boschi – Anni 19342015 (a) (in migliaia di quintali salvo diversa indicazione). • Tavola 13.18 – Fertilizzanti distribuiti per uso agricolo per categoria: concimi minerali semplici – Anni 19312014 (in migliaia di quintali). • Tavola 13.19 – Fertilizzanti distribuiti per uso agricolo per categoria: concimi minerali composti – Anni 19312014 (in migliaia di quintali). • Tavola 13.20 – Elementi nutritivi contenuti nei fertilizzanti per ettaro di superficie concimabile – Anni 1977-2014 (a) (in chilogrammi). • Tavola 13.21 – Prodotti fitosanitari e trappole – Anni 1996-2014 (in chilogrammi). • Tavola 13.22 – Principi attivi contenuti nei prodotti fitosanitari per categoria – Anni 1996-2014 (in chilogrammi). • Tavola 13.23 – Consistenza del bestiame per specie e altri prodotti zootecnici – Anni 1861-2015 (consistenza in migliaia di capi). • Tavola 13.24 – Bestiame macellato per specie – Anni 1861-2015 (capi in migliaia, peso morto in migliaia di quintali). • Tavola 13.25 – Latte prodotto, burro e formaggi – Anni 1861-1984 (in migliaia di quintali). • Tavola 13.26 – Latte raccolto e principali prodotti ottenuti – Anni 19812014 (in migliaia di quintali). • Tavola 13.27 – Produzione della pesca marittima e lagunare –Anni 1861-2014 (in migliaia di quintali). Aurora De Santis Bibliografia Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), www.istat.it
LIBRI
Grigliate e picnic
S
ono 130 le ricette contenute in questo volume della collana In cucina con Slow Food dedicato a grigliate e picnic. Se le déjeuner sur l’herbe, ovvero il picnic, è un’invenzione dei signori dell’Europa del Settecento, il ricettario di Slow Food propone un vero e proprio vademecum per un picnic ben organizzato e un ricco menù di pietanze che ben raccontano il mangiare a contatto con la natura dal Nord al Sud Italia. Ma stare all’aperto vuol dire anche grigliare e, anche se oggi non ci si accontenta più di accendere un fuoco tra quattro sassi e ci affidiamo ai barbecue, nei millenni si sono susseguite molteplici scoperte e ogni
civiltà ha escogitato propri sistemi di cottura sul fuoco: il maialino sardo, lo spiedo toscano, le grigliate miste di carne e di pesce… Allora ecco che il volume offre anche una panoramica sulle tecniche e gli strumenti per grigliare, marinare e preparare salse, per concludere con una full-immersion nelle ricette più ancestrali della gastronomia italiana: carni, ovviamente, ma anche pesce e crostacei, ortaggi e formaggi. BIANCA MINERDO (a cura di) Grigliate e picnic 130 ricette per mangiare all’aperto 2018, Slow Food Editore 1280 pp. – € 9,90 (on-line € 8,42) Prezzo soci Slow Food: € 7,92
C’è forse qualcuno che, arrivata la bella stagione, non ami pranzare all’aperto, immergendosi nella natura? Evidentemente la pensano così in molte parti del mondo se il 18 giugno è stata istituita addirittura la Giornata internazionale del picnic (International Picnic Day). Nel Regno Unito vanno addirittura oltre, tanto che al picnic viene dedicata un’intera settimana che quest’anno è stata dal 16 al 25 giugno (photo © www.westwing.it).
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Il manzo australiano di NH Foods Australia è distribuito in esclusiva da Black Angus Premium Farms S.r.l • Gruppo Quabas Via Mascherpa 12 • 29010 Castelvetro Piacentino (PC) • Italia • Tel. +39 0523 257100 • Fax +39 0523 257139 • info@quabas.it